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Corso di Laurea in Ingegneria Informatica ed Elettronica Università di Perugia APPUNTI DI FONDAMENTI DI TELECOMUNICAZIONE Saverio Cacopardi Anno – Accademico 2009 – 2100

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Corso di Laurea in Ingegneria Informatica ed Elettronica

Università di Perugia

APPUNTI DI

FONDAMENTI DI TELECOMUNICAZIONE

Saverio Cacopardi

Anno – Accademico

2009 – 2100

Fondamenti di Telecomunicazioni 2

1. Uso delle unità logaritmiche

Le ampiezze dei segnali coinvolti nei sistemi di telecomunicazione coprono un intervallo di varia-

zione o, in altre parole, hanno una dinamica molto estesa con valori delle tensioni che possono e-

stendersi dai μVolt alle decine di Volt (10-6 ÷ 101). Un segnale all’antenna ricevente può presentare

una potenza di alcuni nW (nanowatt = 10-9 Watt) e grazie agli stadi di amplificazione del ricevitore

presentarsi in uscita (in ingresso all’altoparlante) con potenza dell’ordine di qualche decina di Watt.

Questa dinamica così estesa produce degli inconvenienti quando diventa utile confrontare grafica-

mente le grandezze associate ai segnali, perché sarebbero necessarie delle scale troppo grandi e poco

pratiche. Un altro tipo di inconveniente, che deriva da una dinamica così estesa, si presenta quando

si affrontano calcoli nei quali convivono numeri troppo piccoli e troppo grandi.

Un modo per ovviare a questo tipo di inconvenienti è quello di ricorrere a scale logaritmiche. In

Fig. 1 sono riportate le due trasformazioni logaritmiche in base “e” e in base “10”. Di quest’ultima è

riportata anche una versione amplificata di 10 volte e per comodità di riferimento è tracciata la tra-

sformazione y = x.

Fig. 1

Osservando la figura, si può apprezzare rapidamente che se si usa la trasformazione y = 10log10x,

una variazione di x nell’intervallo 10 ÷ 100 è compressa in una variazione di y nell’intervallo 10 ÷

20. Si osservi, inoltre, che l’effetto di compressione è tanto maggiore quanto più grande è la base

del logaritmo. Un altro vantaggio offerto dall’uso dei logaritmi è quello di poter trasformare i pro-

dotti e le divisioni, rispettivamente in somme e in sottrazioni, facilitando notevolmente i calcoli. La

trasformazione che si è consolidata nei sistemi di telecomunicazioni, quando si trattano le potenze, è

quella indicata con y = 10log10x che comincia a comprimere dopo che l’argomento assume il valore

10. Così se, per esempio, in ingresso a un ricevitore si presenta un segnale con una potenza Pi e

la potenza del segnale in uscita dal ricevitore è data da Pu, il guadagno in potenza del ricevitore

può essere espresso tramite il rapporto adimensionale i

u

PP G = oppure, in forma logaritmica

10 50 100

0

20

y = ln x

y = log10x

y = 10 log10x

y = x

x

10

y

Fondamenti di Telecomunicazioni 3

PPlog10G

i

u10dB = .

Fig. 2

Se, per esempio, Pu = 10000 Pi, il guadagno espresso tramite la compressione logaritmica diventa

dB 40 10log10 G 410dB == (decibel).

Se si tiene conto del legame esistente fra la potenza e la tensione

u

2u

ZV

u P = , i

2i

i ZV P = ,

dove Zu e Zi rappresentano, rispettivamente, le impedenze in uscita e in ingresso del ricevitore, si può

scrivere u

i10

i

u10

u

i2i

2u

10i

u10dB Z

Z10log VVlog 20

ZZ

VVlog 10

PPlog10G +=== .

i

u10dB V

V20log G = è definito come il guadagno in tensione espresso in dB e nell’ipotesi che le due

impedenze Zi e Zu siano uguali si ha VdB

PdB G G = .

Un piccolo calcolatore tascabile con la funzione logaritmo in base 10 consente facilmente di passa-

re ai decibel (dB), così per esempio 10 log10 4530 ≅ 36.56 dB.

L’operazione inversa prevede prima la divisione della quantità espressa in dB per 10 cioè 10ydB e

successivamente l’esecuzione della potenza 10y dB

10 . Dall’esempio precedente si avrà 103.656 ≅ 4530.

Per acquisire un po’ di sensibilità sulle grandezze espresse sotto forma logaritmica ed essere in

grado di fare dei conti a mente senza dover necessariamente ricorrere all’uso di un calcolatore si

suggerisce un criterio, piuttosto empirico, che prevede di utilizzare i teoremi associati ai logaritmi,

memorizzando soltanto le due relazioni seguenti:

dB 3 2log10 10 ≅ e dB 10 01log10 10 = . (1)

Supponiamo che un guadagno in potenza risulti uguale a 21 dB. Tenendo conto che 21 è un nu-

mero divisibile per 3, grazie alla prima relazione delle (1), possiamo mentalmente considerare che a

ogni 3dB corrisponda un 2 come argomento del logaritmo, per cui scrivendo in chiaro si risale al

valore 128 che, nei limiti dell’approssimazione, corrisponde a 21 dB.

Infatti,

128 10log 210log 2)22222(2 10log 3)dB 3 3 3 3 3 (3 dB21 107

1010 ≅≅××××××≅++++++=

• • • •RICEVITORE

Pi Pu

Fondamenti di Telecomunicazioni 4

Ma 21 dB è possibile scriverlo anche come 30 dB – 9 dB. Rammentando la seconda relazione, i

30 dB corrispondono a un argomento del logaritmo uguale a 103 = 1000; il segno meno corrisponde,

in base ad uno dei teoremi dei logaritmi, alla presenza di una divisione nell’argomento e, seguendo

il ragionamento precedente, 9 dB corrispondono ad un argomento uguale a 8, come evidenziato di

seguito.

( ) ( ) 8 10log 2 10log 222log 10 dB 333 103

10 10 ≅≅××≅++

Pertanto, 30 dB – 9 dB.

1000 / 8 = 125.

La discrepanza tra i due risultati ottenuti va attribuita, evidentemente, all’approssimazione introdotta

nella relazione dB 3 2log10 10 ≅ (in realtà 3 dB è = 1.995..). Si può intuire che nel risultato 128 c’è

una maggiore propagazione dell’errore, visto che l’approssimazione è usata sette volte, mentre nel se-

condo soltanto tre volte. E, in effetti, se il conto è effettuato con maggiore precisione risulta 10 2.1 =

125.89, più vicino al risultato ottenuto nel secondo modo.

Vediamo ora il caso di una grandezza in dB che non sia divisibile per 3. Per esempio, 22 dB.

Volendo utilizzare le uniche due relazioni memorizzate fornite dalla (1), l’unica strada da seguire è

quella di considerare

10 dB + 12 dB = 22 dB oppure 40 dB - 18 dB = 22 dB.

10 × 24 =16 = 160 10000 / 26=64 = 156

Come nel caso precedente, nella prima soluzione l’approssimazione è usata quattro volte mentre

nel secondo caso sei volte, per cui ci si aspetta che l’argomento del logaritmo sia più approssimato

dal valore 160. E, in effetti, il risultato è 158,489.

Altra curiosità, che può essere utile osservare, deriva dal valutare, per esempio, 1 dB , 11 dB en-

trambi non divisibili per 3.

10 dB - 9 dB = 1 dB 20 dB - 9 dB = 11 dB

10 / 8 = 1,25 100 / 8 = 12.5

Emerge che:

1 dB 1,25 2 dB 1,6 3 dB 2

11 dB 12,5 12 dB 16 13 dB 20

21 dB 125 22 dB 160 23 dB 200

31 dB 1250 32 dB 1600 33 dB 2000

41 dB 12500 42 dB 16000 43 dB 20000

Fondamenti di Telecomunicazioni 5

e lo stesso vale per gli altri valori.

Se un amplificatore è caratterizzato, nelle note esplicative fornite dal costruttore, da un guadagno

in potenza, per esempio, uguale a 35 dB con quanto suggerito è possibile farsi un idea rapidamente

che il guadagno è maggiore di 1000, anzi che è maggiore di 2000 ma che è inferiore di 4000 per-

ché 35 dB è si maggiore di 33 dB ma è inferiore a 36 dB. Ulteriore passo è quello di considerare

15 dB corrispondente a 25 = 32 e moltiplicare per 100 per ottenere 3200, come valutazione appros-

simativa finale (si consideri che il valore preciso è 35 dB = 3162,277…).

Se, come già detto, le due impedenze sono uguali, una volta valutato il guadagno in potenza, è

possibile risalire al guadagno in tensione applicando la radice quadrata. Così nell’esempio precedente,

il guadagno in tensione è un numero compreso tra 50 e 60 e in certi casi, per avere una idea piut-

tosto immediata, una tale approssimazione può essere sufficiente. Viceversa, se le due impedenze non

sono uguali, il passaggio al guadagno in tensione non è immediato, perché va tenuto in conto, sot-

traendolo, il termine associato alle impedenze.

Si osservi, per esempio, che l’aumento di 1 dB in potenza in un punto specifico di un sistema

vuol dire che ad esso corrisponde un incremento del 25% in termini di potenza, mentre se la varia-

zione è di - 1 dB ad essa corrisponde un decremento del 25% e ciò perché, come si è visto 1 dB

corrisponde a circa 1,25. Per 2 dB (a cui corrisponde 1.6) si tratta di un incremento di circa il

60%, mentre a - 2 dB corrisponde un decremento del 60%.

Sempre in base ad uno dei teoremi dei logaritmi, una quantità negativa in dB non è altro che

l’inverso di ciò che corrisponde alla quantità positiva in dB:

- 3 dB 1 / 2

- 7 dB 1 / 5

È sufficiente conoscere l’andamento del logaritmo per rendersi conto che l’intervallo 0 ÷ 1 delle

ascisse è espanso nell’intervallo 0 ÷ - ∞ lungo l’asse delle ordinate. Pertanto un’ascissa piccola come

0.001 = 10-3 corrisponde a – 30 dB oppure un’ascissa ancora più piccola come 10-6 risulta uguale a -

60 dB.

Le unità logaritmiche sono utilizzate, oltre che per esprimere rapporti tra potenze, tensioni o cor-

renti presenti in punti diversi di un sistema o di un apparato, anche per esprimere valori assoluti

delle grandezze precedenti, assumendo come denominatore del rapporto l’unità di misura corrispon-

dente. Esistono, così, unità di misura che si esprimono in dBm , dBw , dBv che sottintendono, rispetti-

vamente, grandezze misurate rispetto al milliwatt, al watt e al volt. Seguono alcuni esempi :

Fondamenti di Telecomunicazioni 6

Watt2 mW 2000 mW 1

2000 10log dB 33 10m ==≅

mW 50 mW 150 10log dB 17 10m =≅

Watt8 Watt1

8 10log dB 9 10w =≅

mw dB 30 dB 1 =

m10w dB 17 mW 50 Watt 0.05 Watt1

201

10log dB 13 ===≅−

Quale potenza corrisponde a - 7 dBw e a 27 dBm ?

2. Mezzi trasmissivi 2.1 Introduzione Per trasferire l’informazione tra due località sono necessari un trasmettitore, un ricevitore e un mezzo

trasmissivo che fornisca il percorso tra la sorgente e la destinazione dell’informazione. Il trasmettitore

deve essere in grado di trasformare l’informazione creata dagli umani o dalle macchine in un segnale

adatto a transitare sul mezzo trasmissivo scelto. Quest’ultimo deve consentire il transito del segnale

d’informazione in modo che il ricevitore sia in grado di riconoscere il segnale trasmesso. Infine, il ri-

cevitore converte il segnale dalla forma ricevuta alla forma intelligibile per gli umani o per le macchi-

ne.

Per quanto detto, diventa d’importanza fondamentale conoscere le caratteristiche del mezzo trasmissivo

sia per valutare le potenzialità di trasmissione sia per evidenziare i possibili ostacoli per un corretto

trasferimento del segnale e, conseguentemente, per approntare le opportune azioni correttive.

Per essere considerato ideale, il mezzo trasmissivo dovrebbe comportarsi come un filtro ideale, con

caratteristiche d’ampiezza ⎢H(f)⎢ e di fase ∠Η(f) al variare della frequenza, rispettivamente, costanti e

lineari. Non è necessario che tali caratteristiche si estendano su tutto l’asse delle frequenze. È sufficien-

te che esse si manifestino in tal modo soltanto nell’intervallo di frequenze utilizzato dalla parte signifi-

cativa dello spettro del segnale.

Per esempio, pensando a un segnale telefonico con banda significativa tra 300 e 3400 Hz, sarebbe

sufficiente un comportamento ideale limitato alla banda suddetta, come indicato in Fig. 3.

Fondamenti di Telecomunicazioni 7

Fig. 3

Purtroppo, i mezzi trasmissivi reali oltre all’attenuazione dovuta alla lunghezza del collegamento, che

causa una progressiva riduzione del livello elettrico dei segnali, presentano comportamenti che si disco-

stano da quelli indicati in Fig. 3, introducendo distorsioni sui segnali che si presentano al ricevitore.

Per quanto riguarda le distorsioni, è comodo distinguerle in lineari e non lineari. Le distorsioni line-

ari sono attribuibili agli scostamenti delle caratteristiche d’ampiezza e di fase dalle condizioni ideali so-

praindicate. Le seconde sono attribuibili alla presenza di dispositivi non lineari (per esempio : mixer e

amplificatori in condizione di lavoro nella zona di saturazione).

Inoltre, il mezzo trasmissivo raccoglie segnali spuri o rumori di natura elettrica che, combinandosi

con il segnale d’informazione peggiorano la sua qualità, tanto più quanto quest'ultimo è attenuato.

Una classificazione dei mezzi trasmissivi può essere indicata, in funzione delle caratteristiche fisiche,

come segue:

Rientrano, quindi, fra i portanti fisici tutti quei mezzi trasmissivi realizzati da un supporto continuo

che connettono i due estremi del collegamento quali i doppini telefonici, i cavi bilanciati o coassiali e

le fibre ottiche.

Per quanto riguarda i portanti radio, il mezzo trasmissivo è costituito da un onda elettromagnetica

che si propaga nell’aria o nello spazio libero, fungendo da portante.

Confronto fra le due classi Dal punto di vista dell’installazione, i portanti fisici possono presentare difficoltà legate al tipo di

percorso da affrontare (permessi per l’attraversamento di proprietà, protezioni per l’integrità del cavo,

incroci con ferrovie, strade ed elettrodotti), aspetti che sono aggirati dai portanti radio. Viceversa, un

ponte radio può richiedere la costosa realizzazione di tralicci per le antenne.

PORTANTI FISICI (Propagazione guidata)

PORTANTI RADIO (Propagazione non guidata)

FIBRE OTTICHE

MEZZI TRASMISSIVI

LINEE IN RAME

PONTI RADIO TERRESTRI

SATELLITI

300 3400 f

⎢Η(f)⎢

300 3400 f

−∠Η (f)

Fondamenti di Telecomunicazioni 8

Dal punto di vista della manutenzione, la concentrazione degli apparati e degli eventuali guasti nelle

due stazioni terminali del collegamento radio è sicuramente un vantaggio rispetto alla dispersione spa-

ziale dei guasti di natura meccanica e/o elettronica che possono caratterizzare i collegamenti in cavo.

Dal punto di vista dell’affidabilità, i collegamenti in cavo, anche se più vulnerabili per l’estensione e

per i possibili conseguenti danneggiamenti, presentano senz’altro una stabilità più elevata delle caratte-

ristiche di propagazione rispetto a quelli via radio.

2. 2 Linee in cavo a coppie simmetriche

Due conduttori di rame ricoperti da isolante, avvolti fra loro a elica (twisted- pair) per annullare il

campo elettromagnetico e impedire il comportamento da antenna, come in Fig. 4, costituiscono una cop-

pia o, in gergo, un doppino. Esso rappresenta il collegamento originariamente utilizzato per le trasmis-

sioni telefoniche e continua a rimanere il mezzo più diffuso per connettere l’utente alla rete. L’assem-

blaggio di più doppini realizza il cosiddetto cavo a coppie simmetriche, come indicato in Fig. 5. Ci so-

no due tipologie di doppini: la versione non-schermata e quella schermata.

Fig. 4 Sul mercato si trovano cavi che assemblano da un minimo di 6 a un massimo di 3600 coppie. Co-

me risulta dalla teoria delle linee di trasmissione, una linea omogenea bifilare è caratterizzata dalle

quattro costanti primarie R, L, C e G, dipendenti dalla conducibilità, dal diametro e dalla distanza dei

due conduttori oltre che dalla costante dielettrica del materiale isolante che avvolge il filo di rame.

Fig. 5

Le costanti precedenti rappresentano la resistenza [Ohm/km] e l’induttanza [H/km] longitudinali e, ri-

spettivamente, la capacità [F/km] e la conduttanza [Ohm-1/km] trasversali, secondo quanto suggerito

dal modello equivalente a costanti concentrate indicato in Fig. 6.

Fig. 6

Va detto che tale modello approssima in modo accurato il comportamento reale della linea per fre-

quenze elevate del segnale in ingresso, mentre in continua o per frequenze vicine a essa il comporta-

R L C G

Fondamenti di Telecomunicazioni 9

mento della linea è prevalentemente resistivo, con R dipendente dalla sezione del conduttore secondo

la nota espressione R = ρ×2 l /S.

I segnali che transitano sulla linea hanno forma qualsiasi e, in base alla teoria di Fourier, possono

essere pensati come una somma di componenti sinusoidali. Il segnale, dopo essere transitato sulla linea,

avrà la stessa forma del segnale applicato in ingresso (fedeltà del segnale ricevuto rispetto a quello tra-

smesso !) soltanto se tutte le componenti subiscono la stessa attenuazione e uno sfasamento lineare con

la frequenza, ovvero un ritardo di gruppo costante al variare della frequenza.

Per verificare tale comportamento al variare di f, si potrebbe cadere nell’errore di valutare la funzio-

ne di trasferimento H(f) del modello di Fig. 6. Infatti, la H(f) è definita con i morsetti secondari aperti

ovvero con impedenza di carico = ∞, cioè in condizioni definite di disadattamento. Viceversa, nelle linee

di trasmissione, per evitare le riflessioni è prevista una chiusura su un carico adattato, cioè su un'impe-

denza uguale a quella “vista” verso monte (secondo Thevenin). Dalla teoria delle linee, in condizioni di

adattamento, la funzione di trasferimento, considerata come rapporto tra la tensione in una generica se-

zione distante z dal generatore e la tensione ai morsetti d’ingresso, assume l’espressione

K(f)z-e 0)V(z)V( H(f) =

===

ll , (2)

dove K(f), detta costante di propagazione, data da C)j L)(G j (R ZY K(f) ωω ++== , (3) è una funzione complessa di f che può esplicitarsi tramite le caratteristiche di attenuazione α(f) e di

fase β(f)

(f)j(f)K(f) βα += .

Dato che la (3) può scriversi come

GL) (RCj LC-RG (f)K 2 +ω+ω= sarà

[ ] GL) (RC j LC-RG (f) j (f) 22 ++=+ ωωβα . Pertanto, eguagliando le parti reali ed immaginarie di entrambi i membri si ottiene

α2(f) – β2(f) = RG - ω2LC

α(f) β(f) = ω (RC + GL)

da cui risolvendo in α(f), e in β(f) si ottengono, rispettivamente,

α(f) = )C( )L (R LC) RG( 222222212

21 ωωω +++− G

β(f) = )C( )L (R LC) RG( - 222222

212

21 ωωω +++− G .

Fondamenti di Telecomunicazioni 10

Come si può osservare, le espressioni di α(f) e di β(f) sono, in generale, delle funzioni piuttosto

complicate di f e non soddisfano quelle condizioni perché il segnale in ricezione sia fedele rispetto al

segnale in ingresso.

Per familiarizzare con i loro ordini di grandezza, di seguito sono forniti dei valori delle costanti pri-

marie.

A 20° C, la resistività del rame, usato per i conduttori, è ρ = 17.4 [Ω mm2 / km] per cui, in base

alla (1) si ottiene:

per un conduttore di diametro d = 0.9 mm

/Km][ 55 = (0.45)

2 17.4 = R 2 Ωπ

×,

per un conduttore di diametro d = 0.6 mm

/Km][ 123 = (0.3)

2 17.4 = R 2 Ωπ

×,

e per un conduttore di diametro d = 0.4 mm

/Km][ 277 = (0.2)

2 17.4 = R 2 Ωπ

×.

Tali valori si mantengono costanti al crescere della frequenza fino a valori di f ≈ 20 kHz per poi

crescere, all’aumentare di f per effetto pelle, con legge proporzionale alla f .

L’induttanza/Km di una coppia in cavo è calcolabile tramite l’espressione

dD 2 Log 0.9 + 0.1 = L 10×

dove D e d rappresentano, rispettivamente, la distanza tra i due conduttori e il loro diametro. Come si

può osservare, l’induttanza non dipende dalla frequenza e decresce al diminuire della distanza dei due

conduttori (minor flusso concatenato !).

Valori realistici sono :

L = 0.75 mH/km d = 0.4 o 0.6 mm

L = 0.63 mH/km d = 0.9 mm

Per quanto riguarda la capacità/km C di una coppia in cavo, il suo valore dipende oltre che dai

parametri che caratterizzano i due conduttori della coppia, anche dalle capacità formate con tutti gli

altri conduttori vicini e dalle capacità formate con la guaina metallica che racchiude l’intero cavo.

Per ciascun tipo di cavo, i costruttori forniscono il valore della capacità che diventa un dato caratte-

ristico di quel cavo. Valori di capacità di 39 nF/ km sono tipici di coppie in cavo con diametro uguale

Fondamenti di Telecomunicazioni 11

a 0.6 o 0.9 mm, mentre per coppie in cavo con diametro uguale a 0.4 mm, la capacità scende a 32

nF/ km con comportamento costante al variare di f.

Infine, la conduttanza/Km G di una coppia in cavo dipende dalla frequenza e dal tipo di dielettrico

usato, in base alla relazione G = tg δ 2 πf C

dove C è la capacità/km della coppia, f è la frequenza del segnale trasmesso e δ è l’angolo di perdita

del dielettrico. Nell’ambito delle frequenze vocali, fino a 10 kHz si può assumere tg δ = 4 ×10 – 4.

L’uso del pvc (cloruro di polivinile) come isolante, favorisce una maggiore stabilità dell’angolo di

perdita e quindi del valore di G. In base all’espressione di G si hanno i valori indicati nella tabella.

f (KHz) G Ω - 1/ Km 1 10 - 6 10 10 - 5 100 10 - 4

In Fig. 4 sono riportati in modo approssimato gli andamenti dell’attenuazione al variare di f con sca-

le diverse della frequenza. Da essi si possono apprezzare gli scostamenti dalle condizioni ideali al va-

riare dei diametri dei conduttori.

Fig. 7 2. 3 Cavi coassiali L’uso di frequenze sempre più elevate nei sistemi di TLC rese non idonea la coppia simmetrica a

causa dell’irradiazione, e quindi della diafonia (interferenza), fra coppie adiacenti presenti nello stesso

cavo. Da qui l’origine della coppia coassiale costituita da due conduttori uno interno all’altro con l’asse

comune, da cui il nome. Inventata nel 1897 dal fisico inglese Lord Rayleigh, la coppia coassiale tra-

smette in modo efficiente, minimizzando l'attenuazione, segnali compresi in diverse bande di frequenza,

che possono estendersi rispettivamente fino a 4 MHz, 12 MHz e 60 MHz.

La coppia coassiale è in grado di garantire una larghezza di banda più ampia di quella offerta dal

doppino e la possibilità di essere un supporto per grandi quantità di dati con un elevato grado di pro-

tezione dalle interferenze elettriche ed una bassa incidenza di errori.

1 2 3 4 0

1

2

3 α dB/Km

f (kHz)

4/10

6/10

13/10

7/10

9/10

25 50 75 1000

3

5

9α dB/Km

f (kHz)

4/10

6/10

13/10

7/10

9/10

Fondamenti di Telecomunicazioni 12

Il conduttore esterno contribuisce alla guida del segnale lungo il cavo proteggendolo dalle interferenze

elettriche e prevenendo le perdite di energia tramite radiazione.

Fino alla comparsa della fibra ottica, essa fu ampiamente utilizzata nella rete telefonica per convo-

gliare molti utenti su un solo cavo, specialmente per collegamenti a lunghe distanze, evitando in tal

modo di posare cavi con un numero molto elevato (migliaia) di doppini.

Il conduttore interno di rame, di norma pieno, è mantenuto coassiale rispetto al conduttore esterno

da dischetti di materiale isolante distanziati fra loro o da un isolante di riempimento, come in Fig. 8.

Il conduttore cilindrico esterno è ottenuto tramite un nastro di rame avvolto.

Fig. 8

Oltre a un numero elevato di coppie coassiali, in un cavo possono essere presenti delle coppie sim-

metriche, come indicato in Fig. 9, chiamate coppie interstiziali, utilizzate per servizi accessori.

Il conduttore esterno di una coppia coassiale ha un effetto schermante nei due versi, dal conduttore

interno verso gli altri conduttori interni e viceversa.

Al crescere della frequenza del segnale utile, per effetto pelle, il campo elettrico utile si dispone sul-

la superficie esterna del conduttore interno e sulla superficie interna del conduttore esterno, ottenendo

l’effetto di ridurre la sezione di rame coinvolta di entrambi i conduttori e, quindi, aumentando la resi-

stenza della coppia coassiale.

Fig. 9

In genere, i cavi coassiali sono interrati ad una profondità di 70 ÷ 80 cm e ciò stabilizza la tempera-

tura a circa 10 °C con una variazione stagionale di ± 10 °C.

Normalmente, i cavi coassiali sono pressurizzati per evitare, in caso di danneggiamento della prote-

zione esterna, che entri umidità e che, pertanto, siano alterate le caratteristiche elettriche e di conse-

guenza la propagazione dei segnali.

Isolante esterno Isolante interno

Condottore interno

Conduttore esterno

Fondamenti di Telecomunicazioni 13

Esempi di coppie coassiali usate nelle TLC sono descritte dai diametri dei due conduttori :

2,6 / 9,5 mm “coassiale”

1,2 / 4,4 mm “coassialino”

0,7 / 2,9 mm “microcoassiale”

La scelta di questi diametri deriva dalla constatazione che la costante di attenuazione α(f) assume

valori minimi quando il rapporto D/d (D = diametro interno del cond. esterno, d = diametro esterno

del cond. interno) varia tra 3,5 e 4,5.

In base alla teoria delle linee, anche le coppie coassiali possono essere caratterizzate da una cascata

di celle elettriche elementari

con i valori delle costanti primarie R, L, C, G dipendenti dalle caratteristiche costruttive e dalla frequen-

za. Esaminiamo più in dettaglio le coppie coassiali indicate in precedenza.

Cavo 2,6 / 9,5 mm “coassiale”

L’impedenza caratteristica Z0 si mantiene costante intorno ai 75 Ω al variare della frequenza.

L’attenuazione α(f) presenta un andamento, al variare della frequenza, proporzionale alla f :

α(f) = 2.3 MHzf dB / km

inoltre, manifesta una notevole attenuazione di diafonia e immunità a disturbi esterni.

Sono considerati valori tipici di questo cavo

z0 = 75 Ω e α(f = 1 MHz) = 2.3 dB/Km. (4)

È usato come mezzo trasmissivo per segnali a banda larga (con un numero di coppie coassiali ugua-

le a 4, 8, 12, 16, 22 per cavo).

2700 canali telefonici analogici multiplati in frequenza con un’occupazione di banda fino a circa 12 MHz e passo di amplificazione di 4,6 Km. 10800 canali telefonici analogici multiplati in frequenza con un’occupazione di banda fino a circa 60 MHz e passo di amplificazione di 1,55 Km. 1920 canali telefonici numerici (140 Mbit/s) con passo di rigenerazione di 4 Km. 7680 canali telefonici numerici (565 Mbit/s) con passo di rigenerazione di 1,5 Km.

R LC G

Fondamenti di Telecomunicazioni 14

Cavo 1,2 / 4,4 mm “coassialino” Usato nei collegamenti interdistrettuali e distrettuali per segnali multiplati con bande meno larghe ri-

spetto al caso precedente.

Anche per questo cavo, l’impedenza caratteristica Z0 si mantiene costante intorno ai 75 Ω al variare

della frequenza.

L’attenuazione α(f) presenta un andamento, al variare della frequenza, proporzionale alla f :

α(f) = 5,2 MHzf dB/Km. (5)

Sono considerati valori tipici di questo cavo Z0 = 75 Ω e α(f = 1 MHz) = 5,2 dB/Km (con un

numero di coppie coassiali uguale a 4, 8, 12, 18, 24, 36 per cavo).

È usato come mezzo trasmissivo per segnali analogici e numerici :

900 canali telefonici analogici multiplati in frequenza con un’occupazione di banda fino a circa

4 MHz e passo di amplificazione di 4 km;

2700 canali telefonici analogici multiplati in frequenza con un’occupazione di banda fino a circa

12 MHz e passo di amplificazione di 2 km;

480 canali telefonici numerici (34 Mb/s ) con passo di rigenerazione di 4 Km; 1920 canali telefonici numerici (140 Mb/s) con passo di rigenerazione di 2 Km. Cavo 0,7 / 2,9 mm “microcoassiale” Realizzato come mezzo trasmissivo per i sistemi numerici di media capacità (8 Mbit/s e 34 Mbit/s),

utilizzati nella rete distrettuale e interdistrettuale, il microcoassiale presenta un’impedenza caratteristica

z0 = 75 Ω ed una costante d’attenuazione proporzionale alla f

α(f) ≅ 9 MHzf dB/Km (6)

sono considerati valori tipici di questo cavo z0 = 75 Ω e α(f = 1 MHz) = 9 dB/Km.

120 canali telefonici numerici (8 Mb/s) con passo di rigenerazione di 4 km. 480 canali telefonici numerici (34 Mb/s) con passo di rigenerazione di 2 km. Può essere utilizzato come mezzo trasmissivo per sistemi telefonici analogici multiplati in frequenza

da 240 a 900 canali con una occupazione di banda fino a 4 MHz e con passi di amplificazione di 4

km e di 2 km.

Per poter impostare un confronto, in Fig. 10 sono riportate la (4), (5) e la (6).

Fondamenti di Telecomunicazioni 15

Fig. 10

2. 4 Fibre ottiche

La fibra ottica consiste in un sottile filamento di vetro, costituito da un nucleo centrale (core) con

indice di rifrazione n1 e da un mantello esterno (cladding) con indice di rifrazione n2 < n1. Esterna-

mente al cladding è disposto un rivestimento (coating) protettivo, di uno o due strati, usato per ridurre

la diafonia quando più fibre sono presenti in un cavo.

Fig. 11

Una comprensione elementare del suo funzionamento si basa su pochi concetti essenziali, che dovreb-

bero essere noti all’allievo dai corsi di Fisica. Il primo di questi riguarda l’indice di rifrazione, nor-

malmente indicato con la lettera n. Per esso si intende il seguente rapporto

n mezzoun in luce della velocità

vuotonel luce della velocità=

Poiché nel vuoto la luce si propaga senza incontrare ostacoli, è ragionevole attribuirle la massima ve-

locità rispetto a quanto avviene quando attraversa altri materiali, dato che la loro struttura atomica con-

trasta il suo transito. Pertanto, l’indice di rifrazione degli altri mezzi presentano un indice di rifrazione

maggiore di 1. La tabella seguente riporta dei valori tipici di n per alcuni materiali. Materiali n

Aria

Acqua

Alcool

SiO2

1,00027

1,333

1,361

1,458

Cladding

Core

Coating

dB/km

101 102 10310-1 100 -5

0

5

10

15

20

25

[MHz]

Fondamenti di Telecomunicazioni 16

Si osservi come l’indice di rifrazione dell’aria sia molto prossimo a quello del vuoto. Pertanto se un

raggio di luce attraversa l’aria e colpisce la superficie dell’acqua, il cui indice di rifrazione è 1,33, es-

so subisce una deviazione.

Contrariamente a quanto si potrebbe dedurre dai valori precedenti, l’indice di rifrazione non si com-

porta come una costante ma, oltre che dal materiale, dipende anche dalla lunghezza d’onda. Inoltre va

precisato che al termine “luce” deve essere attribuito il significato più esteso di radiazione elettromagne-

tica. A tale scopo, in Fig. 12 è riportato la porzione dello spettro elettromagnetico limitato alla zona

d’interesse.

Tale dipendenza da λ, fa sì che l’indice n del diossido di silicio, SiO2, (costituente fondamentale

della fibra) assuma il valore 1,4533 a 800 nm, il valore 1,4469 a 1,3 μm e il valore 1,4434 a 1,6 μm.

Fig. 12

Il successivo concetto basilare riguarda le leggi della rifrazione e della riflessione delle radiazioni e-

lettromagnetiche (nel caso delle fibre: le radiazioni nell’infrarosso).

In Fig. 13 è rappresentata geometricamente la legge di Snell, dove una radiazione è in un mezzo più

denso e si dirige verso un mezzo meno denso (n1 > n2), per esempio dall’acqua verso l’aria. La radia-

zione incontra la superficie di confine tra i due mezzi con un angolo incidente rispetto alla normale

uguale a θ1. Dopo l’interfaccia tra i due mezzi, la radiazione si discosta dalla normale in modo da

soddisfare la legge

1

2

2

1

θsinθsin

nn

= (legge di Snell). (7)

Fig. 13

1010 10 GHz

1 cm

1011 1014 1013 1012

1mm 100 μm 10 μm

Hz

1,6 μm

700 nm 900 nm

600 nm 1,5 1,4 1,3 1,2 1,1 1 μm 800 nm

500 nm

400 nm

Luce visibile 750 nm 380 nm Bande su fibra

Radiazioni infrarosse

λ

λ

1 μm 100 nm

1015 1016

θ1

θ2Indice di rifrazione n2

Indice di rifrazione n1

Raggio rifratto

Raggio incidente

n2 < n1

Fondamenti di Telecomunicazioni 17

Poiché nell’esempio acqua-aria, il primo membro risulta uguale a 1,33 l’angolo θ2 risulta > di θ1.

Quando l’angolo incidente θ1 diventa ≥ ≈ 49°, θ2 diventa maggiore di π/2 e la radiazione è completa-

mente riflessa, non attraversa più il confine tra i due mezzi, restando tutta interna al primo mezzo.

L’angolo θc del raggio incidente, oltre il quale scompare il raggio rifratto, è definito angolo critico. Va-

le la pena osservare che in corrispondenza a θc, per la legge di Snell si ha

1θsinnn

c2

1 = (8)

Lo stesso accade nella fibra ottica e pertanto, se la radiazione si presenta al confine tra il core (n1)

e il cladding (n2) con un angolo ≥ θc, la fibra ottica si comporta come una guida d’onda circolare,

confinando la radiazione all’interno del core. In Fig. 14 è riportata una sezione trasversale della fibra.

Fig. 14

Per convenzione una fibra è indicata tramite una coppia di numeri, per esempio 50/125 μm, che rap-

presentano, rispettivamente, il diametro del core e il diametro esterno del cladding. Dopo alcuni anni,

nei quali i costruttori di fibre hanno offerto una ricca combinazione di diametri del core e del clad-

ding, si è consolidata una razionalizzazione dell’offerta, per cui le fibre più diffuse sono fondamental-

mente quelle indicate nella seguente tabella: Diametri diam. Core

μm

Diam. Cladding

μm

Rapp.d’aspetto

d/D

Angolo critico

[gradi]

Angolo di accet-

tazione [gradi]

Apertura

numerica

8/125 μm 8 125 0,064 85, 74 6, 32 0,11

50/125 μm 50 125 0,4 82, 25 11, 54 0,2

62,5/125 μm 62,5 125 0,5 79, 32 15, 96 0,275

100/140 μm 100 140 0,71 78, 73 16, 86 0,29

Oltre al rapporto d’aspetto che rappresenta semplicemente il rapporto tra i due diametri e all’angolo

critico illustrato in precedenza, per illustrare gli altri due parametri della tabella è opportuno fare rife-

rimento alla Fig. 15.

n2

n1

θ1≥ θc θ1

Cladding

Core

Cladding

Core

Fondamenti di Telecomunicazioni 18

Fig. 15

Per illustrare cosa rappresenta l’angolo di accettazione, la domanda da porsi è la seguente: quanto

può essere inclinata la radiazione che entra nella fibra rispetto all’asse centrale (tratteggiato) per garanti-

re che la radiazione all’interno della fibra non produca rifrazione o, in altre parole, che resti confinata

nel core ?

Applicando la legge di Snell sul confine aria-core si può scrivere

n0 sinθmax = n1 sin(90 – θc) = n1 cosθc (9)

dove n0 è l’indice di rifrazione dell’aria, ovvero ≈ 1. Elevando al quadrato la (9) si ottiene

c2

21

max2

θcosnθsin

= = 1 - sin2 θc (10)

Utilizzando la (8), la (10) può essere riscritta come

2

2

21

max2

1

2

nn

1 nθsin

−=

da cui risulta

n nθsin 22

21max −= (11)

Per un dato diametro del core della fibra, l’angolo θmax rappresenta il massimo angolo d’accettazione

della fibra, mentre il corrispondente sinθmax prende il nome di apertura numerica. Entrambe le gran-

dezze oltre a dipendere dal diametro del core, dipendono dalla radice quadrata della differenza tra gli

indici di rifrazione del core e del cladding e forniscono un’indicazione della quantità di radiazione ac-

cettata dalla fibra.

Modi di propagazione nella fibra

In Fig. 16 è riportato lo schema a blocchi di un collegamento in fibra ottica. Il segnale elettrico

originario è trasdotto in segnale luminoso da un dispositivo che svolge il ruolo di sorgente di luce. Ta-

le ruolo è svolto da diodi laser o da LED (Light Emitted Diode). Quest’ultimi sono più economici e

più semplici da usare ma presentano prestazioni inferiori rispetto ai diodi laser. Infatti, un LED trasferi-

sce alla fibra una potenza luminosa inferiore rispetto a quella trasferita da un diodo laser sia perché in

θmax

Core Cladding

Coating

n2

n1

θc θc

θmax

Cladding

Core

Cladding

Core

Aria n0

Fondamenti di Telecomunicazioni 19

genere emettono una potenza luminosa inferiore (≤ - 10 dBm) e sia perché il loro fascio di emissione è

più largo di quello emesso da un diodo laser.

Fig. 16

Quest’ultima caratteristica implica che i LED siano usati con le fibre che presentano i diametri più grandi.

Adottando come modello di propagazione quello secondo il quale la luce si propaga lungo dei per-

corsi rettilinei, la Fig. 17 mette in evidenza i vari percorsi o modi secondo i quali l’energia luminosa

viaggia lungo il core della fibra. In pratica, non tutti i raggi che rientrano nel cono di accettazione rie-

scono a propagarsi, riducendosi a un numero finito che cresce con il diametro del core e con l’apertura

numerica e decresce con la lunghezza d’onda. In tal caso si parla di fibre multimodo.

Fig. 17

I modi sono normalmente distinti in base all’ordine: i modi di ordine basso sono quelli che hanno

un percorso molto vicino all’asse della fibra (angoli relativamente piccoli rispetto all’asse centrale della

fibra) mentre quelli di ordine più elevato sono quelli con le inclinazioni più elevate, destinati anche a

essere rifratti e caratterizzati da cammini più lunghi.

È piuttosto semplice intuire che ai percorsi più lunghi (con un maggior numero di percorsi a zig zag)

corrispondano tempi di percorrenza maggiori. Pertanto, un impulso luminoso in ingresso alla fibra rag-

giunge l’estremità della fibra secondo una combinazione di impulsi ritardati tra loro, come indicato in

Fig. 18, producendo una dilatazione o dispersione (spreading) temporale del singolo impulso. In base

alla lunghezza della fibra, questa espansione dell’impulso può assumere un valore tale da determinare la

sovrapposizione degli impulsi inviati (la cosiddetta distorsione multimodale !). Per evitare o mitigare tale

distorsione va ridotta la bit rate degli impulsi entranti nella fibra, il che equivale a dire che la distor-

sione multimodale limita la larghezza di banda della fibra. Poiché la dispersione temporale cresce in

modo proporzionale con la lunghezza della fibra, la larghezza di banda è inversamente proporzionale

alla lunghezza. La distorsione multimodale è espressa tramite il prodotto (larghezza di banda ×distanza).

TX

Rivelatore

RX

Sorgente di luce

Segnale d’ingresso di natura elettrica Fibra

Segnale in uscita di natura elettrica

n2

n1 Cladding

Core

Cladding

Core 2θmax

Fondamenti di Telecomunicazioni 20

Per esempio una fibra multimodo tipo 50/125 μm può avere un prodotto uguale a 20 MHz×km. Se

la si utilizza per coprire una distanza di 1 km, la banda utilizzabile è di 20 MHz mentre se si vuole

che la larghezza di banda sia di 100 MHz la distanza di copertura non può superare 0,2 km (200 m).

Fig. 18

Riducendo il diametro del nucleo (core) e/o l’apertura numerica, i modi si riducono a uno solo, lun-

go l’asse (tratteggiato in Fig. 18). In tal caso la fibra è definita monomodo o a singolo modo (per e-

sempio la fibra 8/125 μm) nella quale è assente il fenomeno della dispersione temporale grazie alla

presenza di un unico percorso. In base a quanto appena detto, la scelta tra le fibre multimodo e mono-

modo dipende dal passo di ripetizione desiderato o dalla velocità trasmissiva (bit rate). Per i collega-

menti a lunga distanza o ad alta bit rate è preferita la fibra monomodo, mentre le fibre multimodo tro-

vano impiego nei collegamenti a breve distanza (per es. nelle reti LAN o nella videosorveglianza).

Attenuazione nelle fibre

Anche se le riflessioni interne non producono perdite della potenza, viaggiando lungo il nucleo, l’im-

pulso luminoso subisce un’attenuazione. Tale perdita ha fondamentalmente due cause:

• la prima di natura intrinseca, per i fenomeni di assorbimento e di dispersione (scattering) eser-

citati dal materiale del core;

• la seconda di natura estrinseca, dovuta a imperfezioni costruttive e/o a macro curvature.

Nel core di una fibra, costituito da diossido di silicio (SiO2), purtroppo restano intrappolati elementi

residuali o impurità. Pertanto, quando il segnale luminoso viaggia lungo la fibra, ogni tipo di impurità

assorbe parte della luce indebolendo il segnale. Oltre a tale assorbimento, atomi o particelle presenti nel

core disperdono la luce che li colpisce in ogni direzione. Parte della luce dispersa continua a essere

trasmessa in avanti, ma parte è persa nel cladding a causa dell’angolo d’incidenza inferiore a θc e parte

è reirradiata all’indietro. Entrambi i fenomeni si sommano. La luce è assorbita e dispersa con continuità

e alla fine della fibra il segnale è più debole di quello che era in partenza. Nelle Figg. 19 e 20 sono

riportati, rispettivamente, gli andamenti tipici delle attenuazioni per assorbimento e per dispersione in

funzione della lunghezza d’onda e nella Fig. 21 il loro effetto cumulativo.

n2

n1 Cladding

Core

Cladding

Core

Fondamenti di Telecomunicazioni 21

Fig. 19

Fig. 20

Fig. 21

Nelle Figg. 19 e 20 sono, rispettivamente, evidenziate le eventuali cause di deformazione e di curvatu-

ra della fibra che possono essere all’origine di perdita del segnale per sconfinamento dal core.

Fig. 22 Fig 23

2. 5 Portanti radio (propagazione nell’etere) Come anticipato nell’introduzione, un’alternativa alla trasmissione su mezzo fisico è quella via radio

(wireless). Primi esempi furono, a valle dell’attività di Marconi, le radiodiffusioni a modulazione d’am-

piezza (AM) e a modulazione di frequenza (FM) che, ancora oggi, lavorano nelle bande di frequenze

530 ÷1605 kHz e 88 ÷ 108 MHz. Esempio successivo (anni ’50) di trasmissione radio fu l’avvio della

diffusione televisiva nella banda VHF e successivamente nella banda UHF. Negli anni ’60 compaiono,

oltre ai collegamenti satellitari, i ponti radio usati nella rete telefonica per trasmettere fonia e/o dati,

come percorsi alternativi ai collegamenti in cavo. Infine, dagli anni ’90, dopo un lungo periodo

d’incubazione, la telefonia radiomobile diventa quel fenomeno di massa che è sotto gli occhi di tutti.

800 900 1000 12001100 1300 1400 1500λ (nm)

Ιa finestra

ΙΙa finestra ΙΙΙa finestra

3 dB

0, 5 dB 0, 3 dB

2 dB

1 dB

dB/km

800 900 1000 12001100 1300 1400 1500λ (nm)

dB/km

800 900 1000 12001100 1300 1400 1500λ (nm)

dB/km

assorbimento

Cladding

Core

Forza esterna

Imperfezione Cladding

Fondamenti di Telecomunicazioni 22

Consideriamo un’antenna che irradi nello spazio circostante una potenza PT. Supponiamo che

l’antenna irradi con uguale intensità in tutte le direzioni, ovvero si comporti come un’antenna ide-

ale (antenna isotropa). Sotto questa ipotesi, in ogni punto della superficie di una sfera di raggio r, con

centro coincidente con l’antenna, è presente una densità superficiale di potenza data da

2T

r4P pπ

= [W/m2].

L’antenna isotropa non è fisicamente realizzabile, ma è utile considerarla come riferimento, rispetto

alle antenne reali.

Queste ultime sono caratterizzate da una direzione privilegiata di irradiazione a scapito di quanto av-

viene per le altre direzioni, per cui per le antenne reali si può parlare di guadagno d’antenna GT,

dato dal rapporto fra la potenza che si ha effettivamente in un punto e la potenza che si avrebbe nel-

lo stesso punto se l’antenna fosse isotropa.

Il guadagno d’antenna GT(θ, ϕ), funzione della direzione (ovvero dell’angolo azimuthale θ e dell’an-

golo di elevazione ϕ), ma non della distanza r, è influenzato dalla forma e dalla dimensione dell’an-

tenna oltre che dalla lunghezza d’onda. Pertanto, la densità di potenza superficiale nel punto di coor-

dinate (r, θ, ϕ) è data da

[W/m2]

Dal punto di vista della forma del diagramma d’irradiazione, possiamo distinguere antenne, fortemente

direttive, destinate a collegamenti punto-punto, oppure destinate a radio-diffusione circolare, con dia-

grammi di irradiazione di tipo toroidale o ancora di tipo settoriale (120°).

Se un’antenna ricevente, con area equivalente Ae, è posta alla distanza r (anch’essa funzione delle

coordinate spaziali), la potenza ricevuta sarà data da

) ' ,' (A r4

) ,(GP P e2TT

R ϕθπ

ϕθ= [W]

L’antenna ricevente svolge la funzione inversa dell’antenna trasmittente e cioè mentre una corrente

che fluisce in un’antenna produce irradiazione ovvero un campo elettromagnetico, la presenza di un

campo elettromagnetico su un’antenna produce su di essa una corrente (principio di reciprocità).

Un’antenna ricevente “cattura” energia dal campo elettromagnetico in cui è immersa, convertendola in

una corrente elettrica.

2TT

r 4) , (G P ) , r, ( p

πϕϑ

ϕϑ =

Fondamenti di Telecomunicazioni 23

L’area equivalente Ae rappresenta la sezione trasversale (cross section), perpendicolare alla direzione

di propagazione, con cui l’antenna ricevente “cattura” la potenza PR.

Esiste un legame tra questa area equivalente dell’antenna e la sua superficie fisica. In genere non

sono uguali. Per antenne ad alto guadagno (fortemente direttive) a superfici fisiche piccole possono

corrispondere aree equivalenti più grandi e quindi l’antenna ha la capacità di raccogliere potenza da

una superficie maggiore di quella fisica.

Emerge, quindi, un legame tra l’area equivalente Ae e il guadagno di un’antenna e la relazione è

data da

G 4

A2

e πλ

=

In base alla precedente relazione, la potenza ricevuta PR può essere riscritta utilizzando i due guada-

gni, come

r) 4(

) ' ,' (G ) , (G P P 2

2RTT

R πλϕθϕθ

=

Da questa espressione scaturisce che, per valutare la potenza ricevuta ad una distanza r dal trasmetti-

tore, non è necessaria la conoscenza dell’area equivalente dell’antenna ricevente ma semplicemente il

suo guadagno, generalmente fornito dal costruttore.