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C O R S O D I

ESPOSIZIONEFOTOGRAFICA

MAX FURIA

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www.total-photoshop.com

Max FuriaCORSO DI ESPOSIZIONE FOTOGRAFICATutte le immagini sono di proprietà dell’autore salvo dove diversamente dichiarato.Copertina: © yellowj - Fotolia.comCopyright Logic Media srl - tuti i diritti sono riservatiVietata la riproduzione, la copia e la rivendita senza autorizzazione scritta dell’autoreTutti i marchi citati appartengono ai legittimi proprietari.Adobe e Photoshop sono marchi registrati di proprietà di Adobe Systems Inc.

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Prima di cominciare...

Dopo aver tenuto centianaia di corsi di fo-

tografia, dopo altrettanti (se non di più)

tutorial online, dopo aver girato pratica-

mente tutta l’Italia ed essermi confron-

tato con centinaia di fotografi (sia pro-

fessionisti che non) mi rendo conto che

l’argomento “Esposizione” in fotografia

soffre ancora di molte, moltissime incom-

prensioni.

Ed è anche spesso molto sottovalutato.

“Tanto poi c’è Photoshop, oppure Lightroom... tanto poi posso corregge-

re... tanto poi...”

Sono il direttore responsabile di una testata che si chiama Total-Photo-

shop per cui non sarò certo io a dirvi che pensare anche in termini di post

produzione sia sbagliato, anzi. Tuttavia la “post” si chiama così per un

motivo: viene dopo, post, appunto. Dopo la produzione.

In termini fotografici significa che prima dobbiamo occuparci della pro-

duzione e dopo della sua rifinitura.

Quando scattiamo, quando catturiamo un’immagine o un momento, dob-

biamo pensare all’inquadratura ma anche all’esposizione.

Prima di tutto a quella “corretta” e poi a quella creativa.

Quello che mi rendo conto sfuggire tanto spesso è sia la prima che la se-

conda.

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Esporre in modo tecnicamente corretto significa aver compreso esatta-

mente come funziona l’esposizione fotografica.

Esporre in modo creativo significa sapere cosa si sta facendo e cosa si vuo-

le ottenere.

Diversamente si tratta di fortuna.

Capita di esporre in maniera “fortunata”.

Capita sia ai professionisti che agli amatori.

Non è sbagliato. Benvenga la dea bendata, soprattutto in quei momenti

in cui devi pensare e agire velocemente. Chi fa reportage o fotografia di

matrimonio sa di cosa parlo.

Quello che però ci preme è poter riprodurre i risultati che abbiamo in

testa, ricreare, tutte le volte che lo desideriamo determinate condizioni,

parametri e regolazioni in modo tale da poter ottenere quel tipo di scatto

con quel tipo di esposizione.

Vi faccio un esempio pratico.

Dopo tanti anni so che entro in studio, accendo le mie torce flash, le posi-

ziono per come voglio che la luce modelli il soggetto o l’oggetto e so come

dovrò impostare la macchina per scattare ed ottenere un certo tipo di ri-

sultato.

So che ISO voglio usare, so che tempi voglio e che apertura di diaframma

è utile che utilizzi per ottenere la foto che mi sono messo in testa di fare.

Prima di arrivare a questo usavo l’esposimetro e facevo degli esperimenti.

Adesso il mio lavoro è quello di guardare una foto e fare il processo al

contrario.

Osservo il lavoro di un collega e capisco da che parte arriva la luce, quanta

profondità di campo c’è, che tipo di “grana” ha la foto, qual’è la definizione

che ha voluto dare all’immagine e che tipo di interventi di post produzio-

ne sono stati fatti e perchè.

Tecnicamente questo lavoro si chiama “reverse engineering”, ossia “inge-


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gneria inversa”. E’ un lavoro di decostruzione anziché di costruzione.

Questo lo puoi fare anche tu ogni volta che osservi una foto che ti piace o

che ti colpisce.

Forse, in questo momento, può essere che non sia particolarmente sem-

plice per te farlo, puoi però iniziare facendoti delle domande, del tipo:

• da che parte arriva la luce?

• dove sono le ombre?

• l’immagine è definita in tutte le sue parti oppure ci sono zone dell’im-

magine meno nitidte o addirittura sfuocate, meno leggibili?

• come sono i colori?

• c’è molto contrasto? oppure poco?

• com’è strutturata la composizione, l’inquadratura?

E così via.

Un mio vecchio maestro diceva che “sono più importanti le domande che

le risposte”. Le domande mettono in moto la mente. Le risposte la metto-

no a riposo.

Fare il lavoro di ingegneria inversa sulle foto richiede una certa padronan-

za di alcuni meccanismi. Il primo dei quali, guarda caso, riguarda proprio

l’esposizione.

Una volta che padroneggi tutti gli aspetti dell’esposizione senza doverci riflettere vuol dire che sei pronto per dedicarti alla creatività e a persona-lizzare il tuo processo di esposizione.Personalmente mi trovo in un momento della mia vita professionale in cui mi rendo conto che l’esposizione è anche una questione di stile, come la composizione o come il creare un set apposta per raffigurare qualcosa o


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qualcuno fotograficamente.

Quando non devi più pensare “all’esposizione corretta” incominci a pen-sare che l’esposizione corretta non esiste. Sembra un paradosso ma non è così.Esiste solo l’esposizione più significativa, quella adatta per l’atmosfera e l’emozione che vuoi trasferire nella foto che stai scattando.Incominci a pensare a quello che ti piace e che vuoi esprimere.

Quello che ti propongo in queste pagine è un percorso improntato alla semplicità, al cercare di pensare diversamente in modo fotografico e al modo in cui scatti.Un po’ come abbiamo fatto per le lezioni di composizione fotografica nella collana “SHOOTING”.Forse ci conosciamo da un po’. Magari hai già seguito qualche tutorial o hai già letto qualcuno dei nostri manuali o scaricato qualcuno dei nostri video corsi o video lezioni. Se lo hai fatto allora sai che non ci piace fare i seriosi o far diventare le cose più difficili di quello che sono.In questi anni, grazie al lavoro, ai corsi e alle esperienze fatte con altri fotografi molto, molto più bravi di me ho imparato e capito delle cose. Continuo a farlo. Tutti i giorni e tutte le volte che posso.Quello che farò nelle prossime pagine è cercare di trasferirti quello che ho imparato e capito. E cercherò di farlo, come al solito, in modo semplice e diretto.

Prima di iniziare a tuffarci nel mondo dell’esposizione voglio però fare una doverosa precisazione: per alcuni di coloro che leggono o leggeranno queste pagine può essere che alcuni concetti siano già consolidati e chiari. Per altri arriveranno come delle illuminazioni, della serie: “eureka! ora ho capito!”. Per altri ancora si tratterà di chiarimenti e dell’acquisizione di conferme che non fanno mai male.


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Indipendentemente dal tipo di lettore che sei e dal fotografo che ritieni di essere, le pagine che verranno e che leggerai vogliono comunque essere un’ispirazione a sperimentare un modo diverso per scattare le tue foto.Hai investito pochi euro in questo manuale ma sono certo che, una volta finito, lo consiglierai.Non perchè l’ho scritto io e nemmeno perchè ti spigherò chissà quale ri-cetta magica sulla fotografia (non ne esistono). Piuttosto perchè ti rende-rai conto che certi argomenti, se spiegati con semplicità, possono essere davvero utili a chiunque voglia avvicinarsi alla fotografia.E’ stato così per me e per milioni di persone prima di me.

Infine il mio solito consiglio finale: prendi queste pagine come fanno i bambini. Divertiti ad esplorare con curiosità e sperimenta.Non essere serio.Indossa il mantello magico di mago Merlino e scopri la magia della foto-grafia in un modo diverso.Libera la creatività e sorridi.Ti stai concedendo una bellissima passione. Non è da tutti.E di questo puoi esserne grato.

Un abbraccio, buona luce e buoni scatti.


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Le parole sono importanti

In un film, se non ricordo male del 1989, Nanni Moretti pronuncia, anzi

grida una famosa frase: le parole sono importanti!

Film e attore/regista a parte ho sempre sostenuto questa stessa tesi, ossia

che le parole hanno un’importanza cruciale.

Ha importanza il senso delle parole e il loro utilizzo. Come usiamo una

parola in una frase determina sia l’intenzione comunicativa che il senso

del messaggio che chi ci ascolta dovrebbe ricevere.

E voi direte: ma che centra tutto questo con la fotografia?

Siccome ci occupiamo spesso della tecnica senza badare a cosa c’è dietro

vorrei partire questo viaggio dal senso della parola “Esposizione”.

I fotografi e chi fotografa la utilizza continuamente.

Ma cosa accidenti vuol dire esattamente?

E perchè in fotografia si parla di “Esposizione”?

Nel vocabolario italiano esistono diverse definizioni di questa parola.

La prima è: Resoconto, descrizione. Si parla di corretta esposizione, per

esempio, dei fatti.

La seconda è: collocazione di qualcosa in vista. Pensa alle vetrine e a cosa

viene, per l’appunto, esposto.

Poi possiamo fare riferimento al termine esposizione come ad una fiera,

ad una mostra, ad una esposizione.

Mica finisce qui. Si parla di esposizione al sole, esposizione ai raggi utra-

violetti, alle radiazioni, alle intemperie.

E così via.


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Ci sono tanti modi per collocare una parola ma già esplorandone il senso

incominciamo a intuire cosa significhi per noi, dal punto di vista fotogra-

fico.

Il concetto di esposizione per come ci interessa nasce con la fotografia

stessa. Dal momento che è stato scoperto il processo fotografico sono stati

introdotti dei materiali particolari che servivano per imprimere l’immagi-

ne fotografata su un supporto.

Questi materiali (lastre metalliche, di vetro, pellicole e poi i diodi dei no-

stri sensori digitali) venivano e vengono esposti alla luce per raccogliere

l’immagine e fare si che questa rimanesse impressa da qualche parte per

essere poi riprodotta.

Che fosse una pellicola o una lastra o il sensore di oggi, tutti questi ele-

menti rimangono ermeticamente al buio dentro questa fantomatica sca-

tola che è la nostra fotocamera (di oggi o di 100 anni fa). Solo dunque

grazie all’ingresso della luce nella scatola (l’esposizione) l’immagine viene

trasferita sul materiale foto sensibile.

Nota che il termine “fotosensibile” significa, letteralmente, “sensibile alla

luce”.

Per rendere più comprensibile questo processo ai miei corsi faccio sempre

questo semplice esempio.

Ogni estate si compie un rituale sociale diffuso in quasi tutto il mondo:

quello dell’abbronzatura.

Ogni estate, o appena uno spicchio di sole caldo si fa largo tra le nubi

invernali e primaverili, ci precipitiamo (chi più e chi meno) sulle nostre

belle spiagge dorate liberandoci finalmente dei vestiti di lana.

Quello che facciamo è che scegliamo un posto ben preciso, una posizione

specifica in cui metterci comodi in costume da bagno e, ad una certa ora,


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incominciamo a prendere il sole. In altre parole ci “e-s-p-o-n-i-a-m-o”

al sole.

La nostra pelle diventa la pellicola che viene esposta alla luce.

Ma non finisce qui.

Infatti, come dicevo, scegliamo un certo orario per esporci al sole.

A mezzo giorno alla fine di aprile il sole è sicuramente alto ma non come

alla stessa ora di metà luglio.

La sua luce non sarà così forte e dura come in piena estate.

Scegliamo di conseguenza l’orario più giusto per la nostra pelle. Se ab-

biamo una pelle sensibile e delicata, come quella dei bambini, la nostra

esposizione al sole non dovrà essere eccessiva. In ogni caso cercheremo di

proteggere la sensibilità all’assorbimento della radiazione solare con un

prodotto ad hoc.

Se invece abbiamo una bella pelle olivastra o con una pigmentazione forte

allora ce ne preoccuperemo di meno. Magari proteggeremo comunque la

© olly - Fotolia.com


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più ridotto. Abbiamo una pelle che ce lo consente, poco sensibile in questo

senso, quindi con meno necessità di proteggerla.

Magari ti sembra un po’ strano questo discorso ma ti prego di continuare

a seguirmi.

Abbiamo quindi detto che ci esponiamo al sole scegliendo l’orario giusto

per la sensibilità della ostra pelle. Più la pelle è sensibile e più va protetta,

altrimenti ci scottiamo. Anzi, ci bruciamo.

Quando abbiamo una sensibilità cutanea troppo alta rischiamo degli eri-

temi che altro non sono che delle irritazioni della pelle dovute alla scot-

tatura. Si manifestano sottoforma di un disturbo che prende l’aspetto di

puntini rossi che diventano veramente fastidiosi (addirittura dolorosi) so-

prattutto quando viene la notte. Sembra quasi che con il buio il disturbo si

enfatizzi per una strana ironia del fato.

C’è chi sta sotto il sole tutto il giorno, come le lucertole, ma, generalmen-

te, tendiamo a scegliere un tempo per stare sotto il sole e un tempo stare

all’ombra per riuscire a far riposare la pelle (e non solo).

Curioso ma sembra che i momenti migliori per abbronzarsi siano quando

il sole è basso sull’orizzonte, vale a dire al mattino presto e poco prima del

tramonto.

Se poi, come si diceva prima, abbiamo una pelle delicata e sensibile, allora

quei due momenti renderanno la nostra abbronzatura più gradevole, ar-

moniosa e uniforme. Avremo presto una pelle “dorata” senza traumi,

Marai impiegheremo qualche giorno in più ma, alla fine, la nostra ab-

bronzatura sarà sicuramente più duratura, non avremo scottature e, tra

l’altro, non rischiamo di far ammalare la nostra epidermide.

Alla fine di tutto questo discorso che evoca le migliori vacanze che po-


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tremmo sognare sul mar dei Caraibi ecco svelato il funzionamento dell’e-

sposizione fotografica che altro non è che la metafora dell’abbronzatura.

Ripercorriamo insieme le tappe di questo racconto per inquadrarlo dal

punto di vista fotografico.

La nostra pelle è l’equivalente della pellicola fotografica o del più moder-

no dei sensori digitali.

Sia la pellicola fotografica che i sensori delle nostre reflex sono dotati di

una certa sensibilità, proprio come la nostra pelle. Questa sensibilità può

essere dosata e regolata. Nel caso della pelle abbiamo lozioni solari pro-

tettive più o meno potenti, nel caso del sensore (o della pellicola) abbiamo

a disposizione gli ISO che consentono di scegliere il livello di “protezione”

e reattività alla luce. Tecnicamente non è proprio esatto ma questo con-

cetto lo riapprofondiremo meglio nelle prossime pagine.

Esattamente come con la pelle esposta al sole decidiamo per quanto tem-

po e in quali orari metterci sotto i raggi solari, altrettanto facciamo con

la nostra fotocamera. Stabiliamo infatti i cosiddetti tempi di esposizione

e perfino gli orari migliori per esporre. Non solo, proprio come quando

siamo in vacanza scegliamo se stare all’ombra oppure in pieno sole, altret-

tanto facciamo quando dobbiamo scattare una fotografia.

Si, lo so, l’abbiamo presa un po’ larga, è vero. Ma tutto questo discorso mi ser-

viva per farti capire il concetto di base dell’esposizione.

Vogliamo renderla un po’ più tecnica e incominciare a parlare in termini più

fotografici?

Ottimo! Allora procediamo verso il prossimo capitolo.


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Continua a leggere...

Nel resto dell’ebook troverai:

• Il triangolo dell’esposizione: cos’è davvero e come si usa• Cosa sono gli ISO e cosa bisogna sapere per usarli al meglio• Ilrumorenellafotografiadigitale• Il Diaframma: cos’è, come funziona e come utilizzarlo per esposizioni che

“funzionano”• I Tempi di esposizione: come funzionano le unità di misura del tempo in

fotografiaecomesiscelgono• L’Esposimetro della fotocamera: cosa fa, come si interpreta e come usa-

re ledifferentimodalitàdiesposizione indiversesituazioni fotografiche(dal ritratto al paesaggio)

• I casi limite dell’esposizione: trucchi e consigli• Esposizione Creativa: spunti per andare oltre l’esposizione semplicemen-

te “corretta” e creare foto interessanti e coinvolgenti

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