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Legge naturale, coscienza e amore

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Corso alla Licenza 70445 Introduzione Prof. Livio Melina

Introduzione

1. L’interesse del Magistero della Chiesa per l’idea di legge naturale di fronte al relativismo

• Fenomeno della globalizzazione: incontri e scontri tra le civiltà.

• Nuovi poteri dell’uomo sull’uomo: biotecnologie, comunicazione, finanza.

• Relativismo etico: il potere arbitrario del più forte diventa leggetotalitarismo (VS 99)

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Il relativismo e la sua strategia contro la

famiglia

F. Remotti, Contro natura. Una lettera al Papa, Laterza, Bari 2008.

• Negazione dell’idea di natura umana, come criterio stabile e universale a favore di una visione relativistica delle culture.

• La “scienza” antropologica scopre la molteplicità assai elevata e irriducibile delle forme di famiglia nelle varie culture e quindi contesta ogni pretesa assolutistica di fissare un modello di famiglia come naturale.

• La legge naturale sarebbe strumento di dominio delle culture “forti”.

strategia: - affermazione di una pluralità di modelli di famiglia - negazione di un modello “naturale” - emarginazione del modello “naturale” (cattolico) come

minoritario.

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- Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1955:

“La legge naturale indica le norme prime essenziali che regolano la vita morale. Ha come perno l’aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell’altro come uguale a se stesso. Nei suoi precetti essa è esposta nel Decalogo. Questa legge è chiamata naturale non in rapporto alla natura degli esseri irrazionali, ma perché la ragione che la promulga è propria della ragione umana.”

- Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 97:

Legge naturale come difesa dei diritti fondamentali e inalienabili della persona umana.

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- Benedetto XVI, discorso del 6.10.2007

Con la dottrina della legge naturale si raggiungono due finalità essenziali:

1. da una parte si comprende che il contenuto etico della fede cristiana non costituisce un’imposizione dettata dall’esterno alla coscienza dell’uomo, ma una norma che ha il suo fondamento nella stessa natura umana.

2. dall’altra, partendo dalla legge naturale di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, si pone con essa la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in generale, con la società civile e secolare.

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Commissione Teologica Internazionale (2009)

“Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale.”

“La scoperta della legge naturale risponde alla ricerca di una umanità che da sempre si sforza di darsi regole per la vita morale e per la vita in società …”(n. 115)

“Chiamiamo legge naturale il fondamento di un’etica universale che cerchiamo di ricavare dall’osservazione e dalla riflessione sulla nostra comune natura umana.”(n. 113)

Contesto: ricerca di un’etica universale nel dialogo con le grandi tradizioni sapienziali e religiose.

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Ragioni di un’eclisse nella teologia morale

- Il dibattito sull’enciclica Humanae vitae (1968)Crisi della “natura” in nome del personalismo (libertà)

Ragioni di un ritorno

- Necessità di un criterio etico non estrinseco e arbitrario, comune a tutti gli uomini.“La persona ha una natura” (cf. Gaudium et spes, 51)

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2. La questione della coscienza

Gaudium et spes, n. 16: “la coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria.

“Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo.

Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale.”

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3. L’ipotesi del corso

- una rivisitazione del concetto di legge naturale e di coscienza nell’orizzonte del dinamismo dell’agire, che è guidato dall’amore.

- Il progetto del corso:1. Una premessa storica (status quaestionis): legge e

coscienza nella teologia morale2. La legge naturale nella tradizione e nel dibattito attuale3. La coscienza nella tradizione e nel dibattito attuale4. L’esperienza morale, il dinamismo dell’agire e l’amore5. La luce dell’amore come ermeneutica della legge

naturale e principio della coscienza morale.

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I. LEGGE e COSCIENZA nella TEOLOGIA MORALE

a) La morale “moderna”: contrapposizione tra coscienza e legge.• La manualistica post-tridentinada J. Azor (1600) al Concilio Vaticano II- la prospettiva della III persona (confessore o giudice)- I tre temi: atti - legge - coscienza (atti obbligatori, atti proibiti,

atti leciti)= S. Alfonso M. de Liguori, Theologiae Moralis, I,I (1755)“Duplex est regula actuum humanorum: una dicitur remota, altera proxima. Remota, sive materialis, est lex divina, proxima, sive formalis, est conscientia: quia licet conscientia in omnibus divinae legis conformari debeat, bonitas tamen aut malitiam humanarum actionum nobis innotescit prout ab ipsa conscientia apprehenditur”.

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• La deriva volontarista e legalista“bonum quia iussum, malum quia

prohibitum”(Guglielmo da Ockam, sec. XIV).

• Gli atti umani, “un campo di battaglia, dove si scontrano legge e coscienza, nell’intento di possederli”(L. Lehu, La raison règle de moralité, 1930).

Il linguaggio della casuistica:“possidet lex … possidet conscientia”

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b) Il conflitto recente

Humanae vitae, n. 10

“La peternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all’ordine morale oggettivo, stabilito da Dio, e di cui la retta coscienza è fedele interprete. (…)Nel compito di trasmettere la vita, (i coniugi) non sono quindi liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata nell’insegnamento costante della Chiesa.”

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• Nel post-Concilio:ambigua centralità della coscienza:

Non è più “mera applicazione della legge”. Che cos’è dunque?

-autonoma fonte della norma etica e del giudizio concreto di moralità?

- interprete di un ordine morale superiore?- Crea la verità morale o la rispecchia?

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• Le dichiarazioni ambigue di alcune conferenze episcopali dopo Humanae vitae (1968).

– Conferenza Episcopale tedesca: competenza ultima della coscienza sulla capacità persuasiva delle argomentazioni.

– Conferenza Episcopale francese: competenza ultima della coscienza nel caso di un conflitto di doveri.

• Il conflitto tra legge e coscienza diventa conflitto tra Magistero e coscienza

La “pace” ambigua: lasciare al Magistero il discorso “speculativo” astratto della norma e permettere alla coscienza di decidere liberamente sul piano “pratico” concreto.

Emancipazione della coscienza individuale dalla comunione ecclesiale: individualismo.

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c) Per uscire dalla contrapposizione

Superare la prospettiva di una morale di III persona:morale di I persona (prospettiva del soggetto agente, del dinamismo dell’agire, delle virtù e in particolare della prudenza).

rivedere i concetti di legge naturale e coscienza nella nuova prospettiva ritrovandone l’unità fondamentale.

trovare una visione teologica ed ecclesiale della coscienza.

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II. PARTELA LEGGE NATURALE

NELLA TRADIZIONE E NEL DIBATTITO ATTUALE

a) Ricerca attuale di un’etica universale- responsabilità planetaria e ricerca di un linguaggio etico comune- universalità: unum versus plura – una sola realtà rivolta verso molti aspettiUnità articolata ed organica.

Oggi: - Universalismo scientista - universalismo economico - universalismo mediatico

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Tentativi contemporanei di definire un’etica universale

“Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” (1948)“rimane una delle espressioni più alte della coscienza umana del nostro tempo” (Giovanni Paolo II, 5 ott 1995 all’assemblea ONU).- dopo la II Guerra Mondiale: reazione al positivismo giuridico, fonte del totalitarismo- oggi: tendenza a reintepretare i diritti dell’uomo separandoli dalla dimensione etica e razionale. Interessi e desideri privati rivendicati come “nuovi “ diritti (es. diritti della salute riproduttiva, diritti degli omosessuali…)

La risorsa delle grandi tradizioni religioseConvergenza verso un patrimonio morale largamente comune.- La “regola d’oro”: il riconoscimento dell’altro. La relazione che costituisce il soggetto e l’etica- C.S. Lewis, The Abolition of Man (1943)

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Tradizioni sapienziali e religiose

- tradizioni indù (dharma)- Buddismo: i cinque precetti (sīla)- civiltà cinese: Lao-Tse (Dao)

Confucio (pietà filiale Xiao)- Tradizioni africane: proteggere la vita nello scontro con la morte- Islam: scontro tra scuola mon’tazilita (il bene e il male sono nelle

cose) e ach’arita (il bene è decreto divino insondabile).- Cultura greca classica: Antigone (Sofocle) scontro tra sofisti (legge

del più forte) e Platone. Lo stoicismo: il Logos. Etica universalista.

- Tradizione romana antica: Seneca: “bisogna seguire la natura come guida: la ragione la osserva e la consulta”

Cicerone: “La legge è la ragione suprema inserita nella natura, che ci comanda ciò che bisogna fare e ci proibisce il contrario”.Ulpiano: “quae natura omnia animalia docuit”

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b) La legge naturale nella

tradizione del pensiero cristiano e occidentale: tra natura e ragione.

Rm 2,14-15: “Quando i pagani, che non hanno la legge (νομον) per natura (φύσει) agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo la legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori (γραπτόν εν ταις καρδίαις) come risulta dalla testimonianza della loro coscienza (συνείδησις) e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono”.

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I Padri: • Cristo: Logos divino della creazione, Sapienza

eterna del Padre.• λογοι σπερματικοι nella ragione umana (cf. M.

Spanneut, Le stoïcisme des Péres de l’Eglise. De Clement de Rome á Clemént d’Alexandrie, Paris 1956).

S. Agostino: “la legge eterna è la ragione divina o la volontà di Dio, che ordina di conservare l’ordine naturale e proibisce di turbarlo” (Contra Faustus, XXII, C. 27).

S. Tommaso: “ordo rationis”; “sapientis est ordinare”.

“participatio legis aeternae in rationali creatura”. “specialis participatio divinae providentiae”(I-II, q. 91, a. 2)

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La II Scolastica spagnola

• Francisco de Vitoria, OP (1492-1546): “jus gentium” (“Relectio de Indis”)

• Francisco Suarez, SJ (1548-1617): deduzione della legge natura dalla conoscenza della natura metafisica (agere sequitur esse)

Il giusnaturalismo• H. de Groot (Grotius), De jure belli ac pacis (1646)L’ipotesi empia: “etsiamsi daremus, quod sine summo scelere dari

nequit, non esse Deum, aut non curari ab eo negotia humana”.

La ragione e non più la fede fonda la società.• Puffendorf, Wolff: una natura umana immutabile da cui la

ragione deduce leggi universali valide per sempre e per tutte le società.

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La crisi del giusnaturalismo e l’insorgere del relativismo: risoluzione della natura nella cultura.

- La ragione come critica della natura e della cultura.- M. De Montaigne, Essais (1580): “Le leggi della coscienza, che noi

diciamo nascere dalla natura, nascono dalla consuetudine (constume); ciascuno infatti, venerando intimamente le opinioni e gli usi approvati e accolti intorno a lui, non può disfarsene senza rimorso, né conformarvisi senza approvazione… Ma il principale effetto della sua potenza è che essa (la consuetudine) ci afferra e ci stringe in modo che a malapena possiamo riaverci dalla sua stretta e rientrare in noi stessi per discorrere e ragionare dei suoi comandi. In verità, poiché li succhiamo col latte fin dalla nascita e il volto del modo si presenta siffatto al nostro primo sguardo, sembra che noi siamo nati a condizione di seguire quel cammino. E le idee comuni che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infuse nell’anima dal seme dei nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali. Per cui accade che quello che è fuori dei cardini della consuetudine lo si giudica fuori dei cardini della ragione; Dio sa quanto irragionevolmente, perloppiù.”

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F. Nietzche: crisi nella fiducia della

ragione.necessità (sostituita da)contingenzauniversalità pluralismocertezza fallibilitàunità diversità non componibileverità opinione, emozione, interesse

=etica senza verità, fondata su emozione o interessePost-moderno: venire meno nella fiducia teorico-pratica nell’universale

metafisico e antropologico. Disorientamento circa i riferimenti essenziali dell’esistenza individuale.

R. Guardini, La fine dell’epoca moderna (1950) (Das Ende der Neuzeit)

Ipocrisia del moderno: vivere i valori cristiani senza fedeDisincantamento del post-moderno: il volto disumano di una vita senza

Cristo La soluzione non è il fideismo, ma una considerazione dinamica di natura.

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Le alternative:

1. Positivismo giuridico: la legge è espressione della volontà del legislatore, e quindi valida per se stessa.

2. Etica contrattualistica: la legge è valida in quanto espressione di un originario contratto sociale, che funge da fondamento.

3. Etica della discussione (J. Habermas) e proceduralismo (J. Rawls): etica formale che si interessa delle regole procedurali per assicurare che in una finzione di discussione pubblica tutti i differenti punti di vista siano rappresentati senza violenza.

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4. A. Mac Intyre, After Virtue (1981-1985)

- il naufragio dell’etica moderna (Kant) lascia aperte solo due possibilità:

• nichilismo (Nietzsche)• virtù (Aristotele)

- Le evidenze etiche capaci di fondare una società possono ritrovarsi solo in una comunità e in una tradizione (cf. St. Hauerwas)Comunitarismo.

Narratività

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5. La via di J. Maritain, Neuf leçons sur la loi naturelle (ed.it. 1984, a cura di F.Viola)

- In crisi è solo la concezione giusnaturalistica, che è razionalistica e astorica. Non è in crisi una concezione tomista.

- Carattere analogico di legge (schemi dinamici di azione e non regole eterne di comportamento sociale).principi conosciuti per connaturalità (evidenti nell’esperienza e mediati dalla cultura)

- Possibilità di progresso o regresso nella cultura e nella conoscenza della legge naturale (=virtù).

- Differenza tra conoscenza per connaturalità e concettualizzazione riflessa.

- Non opposizione tra natura e cultura.

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c) Le proposte di

interpretazione della legge naturale nell’attuale dibattito della teologia morale

I nodi teorici: 1. nesso tra natura – ragione – cultura e persona

2. nesso tra uomo e Dio 3. eventuale fondazione

teologica/cristologica

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[1.] Legge naturale come autonomia della ragione

• J. Fuchs:- La legge naturale come “mandato di Dio all’uomo di essere

uomo”, in una progressiva umanizzazione di sé.

- La natura dell’uomo è mutabile, storica, personale. Nella natura fisica ci sono solo leggi fisiche, non ordinamenti morali (solo “pre-morali”). E’ compito della ragione intervenire e manipolare la natura per promuovere ciò che è degno dell’uomo

- La legge naturale è la “recta ratio” attraverso cui l’uomo scopre i criteri per manipolare la natura e progredire.

- Distinzione tra principi trascendentali (immutabili) e norme categoriali (mutevoli).

- Il riferimento a Dio non può implicare una deduzione di norme (sarebbe “antropomorfismo” vedere Dio come legislatore)

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• F. Böckle:

- Storicità della legge naturale, che fa sempre riferimento a una concreta auto-comprensione dell’uomo. La relatività è la struttura necessaria di un essere storico finito.

- Dalla natura dell’uomo non possono derivarsi norme morali immutabili, perché sempre esse sono dipendenti da una comprensione antropologica. E’ la ragione autonoma che ha il compito storico di cercare ciò che è meglio ora.

- Dio è il fondamento trascendentale della libertà umana e dell’autonomia (autonomia teonoma).

- Il magistero della Chiesa non ha nessuna competenza specifica sulla legge naturale, in quanto essa è opera della ragione autonoma.

Critica: - Dualismo antropologico - Deismo teologico

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[2.] La teoria “neo-classica” di G. Grisez e J. Finnis

• A partire da San Tommaso, ma oltre S. Tommaso:evitare sia il formalismo del tomismo convenzionale sia il razionalismo di una deduzione metafisica delle norme della natura (F. Suarez).

1) Autonomia epistemologica della razionalità pratica dalla metafisica.

2) Distinzione tra il primo principio della razionalità pratica PPRP (“fa’ il bene ed evita il male”, che vale per qualsiasi scelta anche quelle moralmente negative) ed il primo principio della moralità PPM (“volere solo quelle scelte che sono compatibili con il compimento umano integrale”).

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3) i principi pratici: “basic human goods” (vita, conoscenza, gioco, esperienza estetica, socialità, ragionevolezza pratica, religione e …matrimonio e famiglia).Essi sono: - fondamentali

- incommensurabili (non gerarchizzabili)

- plurali - pre-morali

4) Il fine ultimo è il compimento umano integrale (integral human fulfillment)

• Non esiste un fine ultimo trascendente• La religione è solo uno dei beni umani basici

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5) La dimensione morale è quella della scelta ragionevole dei beni umani basilari nella luce del compimento umano integrale.

Modi di responsabilità (principi morali intermedi tra PPM e le norme morali): servono per un piano di vita coerente.

Nessuna arbitraria preferenza tra le persone Distacco e impegno nel perseguire i beni umani Attenzione alle conseguenze Il bene comune La fedeltà alla coscienza

Norme morali specifiche con valore assoluto e permanente

6) La legge naturale trova oggi espressione nel linguaggio dei diritti dell’uomo. (J. Finnis)

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Limiti della teoria “neo-classica”o auto-evidenza empirica dei principi (beni umani

di base)?o frammentazione pluralista della vita moraleo distacco della morale dai fondamenti metafisici

e dalla dimensione trascendente e religiosa.

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[3.] La legge naturale come struttura della ragionevolezza pratica (M. Rhonheimer)

• Una interpretazione di San Tommaso nella prospettiva della virtù

• “La legge naturale non significa nient’altro che i principi della ragione pratica in base a cui l’aspirare intenzionale della virtù morale viene guidato cognitivamente”.La legge si trova là solo dove è la ragione pratica. Esiste un ordinamento naturale della ragione verso il bene (ratio naturalis).

• I “fini delle virtù” sono determinati per natura: sono qualcosa che la natura umana comprende in modo naturale (autonomia della ragione pratica come partecipazione ad una ragione eterna che la precede).

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Limiti o Non mostra come solo a partire dalle

inclinazioni spontanee degli appetiti l’uomo giunge a conoscere il bene spirituale (esiste un certo “iatus” tra il bene sensibile e il bene ragionevole).

o Non tiene conto della necessaria mediazione pratica e culturale della natura:

• È nell’esperienza pratica dell’agire che la ragione coglie il bene

• E’ nella mediazione del linguaggio, della storia e della cultura che appare ciò che è veramente ragionevole.

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[4.] Legge naturale e prospettiva narrativa (P. Hall)

• La prospettiva dell’etica narrativa: superando il razionalismo e la frammentarietà, ritrovare le dimensioni comunitarie, temporali e drammatiche dell’etica, che è sempre inserita nella storia.

• “Quando io parlo del carattere narrativo della nostra conoscenza della legge naturale in Tommaso, intendo innanzitutto che la legge naturale (sia in quanto conoscenza della natura umana sia un quanto tramite della sua realizzazione) si scopre progressivamente nel tempo e attraverso un processo di ragionamento implicato con il materiale dell’esperienza. Un tale ragionamento è messo in atto e continuato per individui, e ha una sua storia all’interno della vita delle comunità”. (Narrative and the Natural Law, Notre Dame 1994, p. 94).

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1. Pur essendo unica la legge naturale ha contenuti che vengono vissuti in modo diverso nelle diverse culture. La vita morale ha una storia.

2. La vita sociale determina uno stile di vita: ecco la cultura, fatta di narrazioni e di tradizioni.

3. l’accesso alla conoscenza della legge naturale non è di tipo deduttivo-teorico, ma pratico. Avviene nella vita, in un progresso storico carico di drammaticità (la libertà è sempre in gioco nella sua conoscenza).Valore di luce della esperienza morale.

Limite: manca una spiegazione esauriente del modo razionale della conoscenza morale.

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d) La prospettiva personalista

Che cosa significa “natura”per la fondazione della morale?

- Modello “naturalistico” di natura• Strutture fisiche o ontologiche dell’organismo vivente da cui la

ragione deduce le applicazioni pratiche.• Considerazione analitica delle facoltà umane e dei loro fini

naturali (intesi come bene)

- Modello “personalistico” e dinamico• Unità del soggetto morale nella prassi. Il legame tra persona e

bene emerge nella prassi.• Il bene morale è il bene di una prassi in cui la persona come

tale si realizza.

originalità della prospettiva morale

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- Denuncia dei limiti del naturalismoLa legge è concepita in riferimento alla natura biologica-animale (Ulpiano), invece la persona è libertà che supera la natura e la plasma secondo i propri fini

S. Kierkegaard: la morale riguarda ciò che è generale, la persona è singolarità, unicità.R. Guardini: la persona è libertà, la sua natura è di non avere natura

- Limiti del personalismol’appello alla persona e alla sua libertà non basta a garantire l’universalità e l’oggettività dell’appello morale.

- Quale rapporto tra persona e natura?L’ipotesi è quella per cui occorre cogliere la mediazione del bene (bonum rationis/bonum virtutis) e coglierla nel contesto originale dell’esperienza morale, che è esperienza interpersonale dell’amore.

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1.] “Il bene della persona” come persona

- “Che vale all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?” (Mt 16,26).

- “L’ultima perfezione della persona è un atto della persona: l’atto mediante cui la persona – e nessuno al suo posto – dinamizza se stessa ed attua se stessa”. (C. Caffarra)

- E’ il perfezionamento della natura dell’essere umano, costitutivamente incompiuta, mediante l’esercizio della libertà, che si autodetermina.

- E’ un bene pratico, incommensurabile, che decide dell’identità della persona.

E’ il principio primo della legge naturale, “bonum est faciendum et prosequendum, malum vitandum” riformulato in termini personalistici.

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2.] L’ideale di vita buona: la comunione

- Il bene della persona indica l’originalità della prospettiva morale, ma resta ancora formale e indeterminato.

- Si qualifica contenutisticamente in riferimento ad un ideale pratico di vita buona: la realizzazione libera della persona all’interno di relazioni con Dio e con il prossimo.

- Il bene non è solo appetibilità (Aristotele), è perfezione di essere.

- L’amore originario nella creazione e la risposta libera: comunione delle persone.Le azioni umane hanno sempre come fine ultimo (relative) le persone.

- Amore di Dio e del prossimo (Mt 22,34-40) come formulazione contenutistica adeguata del principio primo della legge naturale.

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3.] “I beni per la persona”e le inclinazioni naturali

- Le relazioni umane sono dirette verso beni che costituiscono fini concreti e immediati della prassi.

• Molteplicità dei beni per la persona, oggetto dei singoli appetiti naturali (mediazione tra la volontà e le facoltà motorie)

• Inclinazioni naturali spontanee:o A conservarsi nell’essere e a promuovere la vitao All’unione sessualeo Alla vita socialeo Alla conoscenza della verità

• Volontà: ha principato politico e non dispotico sugli appetiti. La ragione non può comandare agli appetiti se non mettendosi in ascolto di essi e del bene che indicano per la persona.

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4.] Ermeneutica delle inclinazioni naturali e virtù

• Il bene proprio dei singoli appetiti emerge solo in riferimento al bene sintetico della persona come tale.

VS 78: “L’atto è buono se il suo oggetto è conforme al bene della persona, nel rispetto dei beni moralmente rilevanti per la stessa”.

• I beni per la persona hanno valore euristico, ma come tali essi non definiscono già il bene morale come tale.Esso può emergere solo nella prospettiva del bene della persona, cioè nella luce dell’amore e della comunione delle persone.L’amore che vuole il bene della persona è il criterio ermeneutico della legge naturale.

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• La misura del bene morale non è dunque l’appetito naturale che mira ai beni per la persona,ma la virtù che orienta gli appetiti naturali a cercare i beni per la persona in vista del bene della persona (armonia).

• Emerge così il concetto di fini delle virtù (modi virtuosi di desiderare i beni per la persona in armonia col bene della persona).

• Compito ermeneutico delle virtù in relazione alla legge naturale:

o Rivelano la dimensione del bene personale nei differenti beni appetibili

o Permettono di riconoscere in concreto le azioni che promuovono la comunione.

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5.] Universalità e immutabilità della legge naturale

• Universalità: “si estende a tutti gli uomini nei suoi principi e precetti” (CCC 1956)

• Immutabilità: “permane inalterata attraverso i mutamenti della storia, rimane sotto l’evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso” (CCC 1958)

Ciò permette: Dialogo tra le culture Progresso etico dell’umanità

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6.] Verso una definizione della legge naturale

• Non è naturalismo o fisicismo: è “ordo rationis”• Non è razionalismo: è “ordo virtutis”• Non è trascendentalismo: è “ordo amoris” cioè ordine

personale dei beni

metafora della luce (carattere analogico di “legge”)“La legge naturale non è nient’altro che la luce

dell’intelligenza infusa in noi da Dio; grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare…questa luce e questa legge Dio l’ha donata con la creazione”.

(S. Tommaso, In Duo Praecepta caritatis… Prologus)

Nella luce del bene della persona, la ragione coglie il significato morale degli orientamenti naturali verso taluni beni per la persona.

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La persona e la natura Come conciliare universalità della

legge e singolarità della persona?

1. La persona ha una natura (GS 51)

2. La persona va oltre le determinazioni generali della natura, in relazione ad una chiamata singolare

- La legge va intesa non solo come:• Limite da rispettare • Ma anche come appello per un cammino positivo

da determinare personalmente di fronte a Dio

3. La persona ha una vocazione unica e irripetibile (LG 40; GS 22; OT 16) – vita morale in termini di vocazione alla santità.

E’ la vocazione all’amore (RH 10) in cui si compie la persona. “Amore è nome di persona” (S.Th 1,37,1)L’amore come pieno compimento della legge (Rm 13,10)

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e) La fondazione teologica della legge naturale

• Significato della legge naturale nell’orizzonte della legge di Cristo

• Nella luce dell’immagine di Dio S. Tommaso: “Dopo aver detto offrite sacrifici di giustizia

(Sal 4,6) come se alcuni gli chiedessero quali sono le opere di giustizia, il salmista aggiunge: Molti dicono: chi ci farà vedere il bene? E rispondendo alla domanda dice: La luce del tuo volto Signore è stata impressa su di noi”. Come se volesse dire che la luce della ragione naturale con la quale distinguiamo il bene dal male – il che è competenza della legge naturale – non è altro che l’impronta in noi della luce divina” (S.Th. 1-11, 91,2)

S. Ireneo: tensione dinamica tra “immagine” (dimensione ontica) e “somiglianza” (dimensione etica) (adv. Haereses V,6,1)

S. Bonaventura: vita morale come compito di realizzare liberamente l’expressio dell’immagine di cui ricevemmo l’impressio (Coll. in Hexaemeron XI, 16)

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Fondazione cristologica

della legge naturale

• Teologia neo-scolastica del duplice fine dell’uomo, naturale e soprannaturale: estrinsecismo e contrapposizione tra legge naturale e legge nuova di Cristo (idea di superadditum rispetto alla natura in se perfetta).

• Cristocentrismo: Cristo è l’immagine del Padre (2Cor 4,4), la forma archetipa e originaria dell’umano. Noi siamo fatti “ad imaginem” (Rom 8,29).

Originaria predestinazione di Cristo che include la “co-predestinazione” dell’uomo in Lui.

Cristo è “il Principio”, che avendo assunto la natura umana, la illumina definitivamente nei suoi elementi costitutivi e nel suo dinamismo di carità verso Dio e verso il prossimo” (VS 53)

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- La legge naturale, radicata nella legge eterna, trova una fondazione cristologica delle sue dimensioni proprie:

Immutabilità Universalità

- “Cristo è sempre lo stesso, ieri, oggi e sempre”(Ebr. 13,8)

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• La legge naturale è un ingrediente dell’integrale verità originaria dell’uomo, da sempre pensato in Cristo e creato in vista di Lui.

• Radicamento della legge naturale nella legge eterna, compresa cristologicamente. (Cristo Principio della legge).

• Finalizzazione della legge naturale alla legge nuova (suo compimento e sua ermeneutica): la legge naturale ha la sua perfezione nella carità.

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• Gradualità pedagogica della legge naturale rispetto a Cristo e alla legge nuova dell’amore.

S. Ireneo di Lione: La Legge fu data in modi e forme diverse “per abituare l’uomo sulla terra a portare in sé lo Spirito e a possedere la comunione con Dio”. Così Dio “dispose il genere umano, in molti modi, alla musica della salvezza” (Adv. Haereses, IV, 1, 14,2).

Valore pedagogico e graduale della legge divina (=legge divinamente rivelata da Dio nella storia della salvezza)rispetto alla legge naturale.

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Permanenza ed efficacia della legge naturale nel regime della legge

nuova

• La legge nuova di Cristo non rende superflue le esigenze della legge naturale, ma le conferma e le porta a pienezza nella carità.

La Redenzione non nega, ma compie la Creazione.

• Nella dinamica personale dell’amore proteso al bene della persona, ogni bene concreto, che diventa oggetto di un’azione umana, ha carattere simbolico, in riferimento alla pienezza del bene nella comunione con Dio.

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I “beni per la persona”, nell’orizzonte della carità, sono confermati nel loro valore fondamentale e permanente e nello stesso tempo sono relativizzati e orientati al compimento definitivo

• La vita nella prospettiva del dono di sé• L’amore coniugale - sacramento dell’amore di Cristo

per la Chiesa. - Trasceso nella

verginità consacrata

• La socialità realizzata nella communio personarum della Chiesa.

• La ricerca della verità compiuta mediante la fede in Cristo, Verità fatta carne

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Legge naturale e Magistero

L’obiezione della morale autonoma (F. Böckle):se la legge naturale esprime le esigenze della ragione, il Magistero non ha nessuna competenza specifica e nessuna autorità nell’insegnarla.

Risposta:1. L’osservanza dei precetti della legge naturale è

necessaria alla salvezza e quindi fa parte del compito affidato ai Pastori l’insegnarla. (HV 4; Jusiurandum Fidelitatis, comma 2)

2. Implicita inclusione nel Decalogo della legge naturale

3. Inclusione cristologica: la luce di Cristo permette l’ermeneutica definitiva della natura.

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III PARTE. LA COSCIENZA:

NELLA TRADIZIONE E NEL DIBATTITO ATTUALE• Che cos’è la coscienza?La discussione è antica:- Facoltà (Bonaventura) o atto della ragion pratica (Tommaso)?- Giudizio o decisione?• Osservazioni stupefacenti:Mentre la morale moderna ne fa un asse portante, alcune grandi

opere non la menzionano quasi:- Aristotele nell’Etica Nicomachea- Tommaso nella Summa Theologiae (solo un articolo)- Kant- F. Böckle nella Fundamentalmoral (1977)Due conseguenze:1- Ciò che viene espresso col termine coscienza può essere espresso

sotto altre voci.2- Ciò che il termine coscienza esprime varia da autore ad autore, da

epoca ad epoca.

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Nella Sacra Scrittura (Cfr. C. Spicq, Connaissance et Morale dans la Bible, Fribourg CH 1985)

• AT: il termine “cuore” (leb), centro della vita morale dove sarà scritta la legge nuova (Ger 31; Ez 36)

• NT: epistolario paolino: συν-είδησιςpolivalenza semantica:

1. accezione generica: dimensione morale-parenetica Rm 13,5: obbedire ai governanti per ragioni di coscienza

2. accezione conoscitiva: ragione praticaFil 1,9: la carità si arricchisce nel discernimentoRm 2,18: discernere ciò che è meglio

3. accezione psicologica: testimone e giudice interioreRm 2,15: testimonianza della coscienza nei pagani

4. accezione volitiva: il cuore da cui provengono le azioni e i pensieriEbr 9,14: il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza dalle opere morte.

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a) La tradizione teologica e magisteriale circa la coscienza

1. Sant’Agostino (+430): la “voce di Dio” - interiorità e trascendenza - “scintilla dell’anima”. S. Bonaventura: araldo di Dio – possibile aporia

2. S. Tommaso d’Aquino (+1274) (De veritate I, 16-17)Distingue 2 livelli:

• Sinderesi: “habitus” dei principi della legge naturale• “conscientia”: giudizio che applica i principi

all’azione concreta.- Primato della prudentia, virtù che perfeziona la ragione

pratica.

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3. Sant’Alfonso Maria de Liguori (+1787):

• “Ho voluto inserire questo primo trattato della coscienza, che apre l’accesso a tutta la teologia morale”.

• Lex, regula remota sive materialisConscientia, regula proxima sive formalis

La coscienza è la forma della moralità degli atti umani, in quanto sono imputabili come buoni o cattivi solo sulla base del giudizio della coscienza, che notifica e applica la legge.

• La coscienza non è infallibile, ma obbliga sempre. L’atto compiuto con coscienza invincibilmente erronea può essere meritorio senza essere virtuoso.

• Passaggio dalla verità alla certezza soggettiva. Già Duns Scoto e F. Suarez avevano distinto tra verità e

rettitudine della coscienza (è sufficiente la retta intenzione)

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4. John Henri Newman:

• “Brinderei prima alla coscienza e poi al Papa”.

• La coscienza ha dei diritti perché prima ha dei doveri. Il primo e supremo dovere della coscienza è cercare la verità e obbedire alla verità.

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Concilio Vaticano II

Gaudium et spes, n. 16:“La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo in cui

egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo la verità tanti problemi che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale. Quanto più dunque prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità. Tuttavia non di rado succede che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l’uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine al peccato.”

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Analisi di GS 16:

• La coscienza è posta nel contesto dell’antropologia: elemento costitutivo della persona umana, tra ragione (n. 15) e libertà (n. 17).“La coscienza non è nient’altro che la persona sotto l’appello del dovere” (K. Golser)

• Definizione agostiniana, tratta da Pio XII: dimensione ontologica profonda, che sintetizza le due tradizioni intellettualista e volontarista.

• Ricerca della verità in dialogo e solidarietà con altri.• Riferimento all’amore…cfr. Rm 2,15 – H. Schlier: agape come norma suprema della

cocienza per S. Paolo.• Coscienza invincibilmente erronea può non essere

colpevole.• L’uomo scopre una legge: norme oggettive di moralità

(cfr. GS, 51). Tensioni nel testo: “ein Kompromiβtext”? (J. Fuchs).

Tra personalismo e oggettività

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• Humanae vitae, n. 10“Recta conscientia est vera interpres…”

o Interprete: né solo esecutrice né arbitrao Rettitudine: non basta la mera sincerità

soggettiva

Contesto più ampio: GS 50-512:Coniugi cooperatori e quasi interpreti dell’ordine del

Creatore, che ha criteri oggettivi, fondati sulla natura della persona e dei suoi atti.

Vera funzione interpretativa della coscienza nella docilità alla funzione interpretativa della legge divina propria del Magistero (HV 4: Magistero come interprete anche della legge naturale)

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• Ruolo interpretativo del Magistero rispetto alla legge naturale (HV 4 e 18)

o Custodire, interpretare, insegnare a livello di precetti universali, vincolanti in coscienza se sono precetti negativi circa atti “intrinsece mala”

Il Magistero di Humanae vitae, n. 14 pur non essendo “ex cathedra” appartiene all’insegnamento ordinario universale dei Pastori della Chiesa, che gode dell’infallibilità (cfr. Lumen gentium, n. 25).

• Ruolo interpretativo della coscienza– Leggere le circostanze concrete della situazione– Applicare la norma morale, obbedendo al Magistero– Trovare le vie lecite di risposta alla volontà di Dio.

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b) Il recente dibattito teologico-morale sulla coscienza

• Alcuni modelli di coscienza e alcune interpretazioni del suo rapporto col Magistero entrano in conflitto con la “sana dottrina”. Esse trovano il punto di discernimento critico in Veritatis splendor, 54-64.

• Sono espressione di un estrinsecismo della coscienza rispetto alla verità, che porta alle estreme conseguenze l’impostazione della morale moderna e in particolare della manualistica post-tridentina.

• Contengono tuttavia elementi di verità e istanze di cui tener conto.

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1. Autonomia della coscienza (F. Böckle)Tre elementi per una concezione adeguata di coscienza• Coscienza fondamentale (Urgewissen): teonomia.

Appello incondizionato a realizzare ciò che si è riconosciuto come bene. Decide dell’identità morale della persona.

• Giudizio fondato (ein begründetes Urteil): autonomia razionale della coscienza morale, proprio della ragione pratica: autonomia.

• Personale scala di valori: dipende dall’esperienza morale in un processo storico-culturale.

Il nesso tra inclinazioni della natura umana e norme operative è opera creativa della ragione pratica (autodeterminazione libera e razionale), sulla base della flessibilità e storicità della concezione antropologica.

Critica:• Dualismo antropologico• Formalismo a livello soteriologico.

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2. Autoreferenzialità del giudizio pratico• J.F. Keenan (cf. B. Schüller, J. Fuchs)

due livelli del giudizio morale– Goodness/badness: riguarda la bontà del soggetto– Rightness/wrongness: riguarda l’erroneità del

comportamentoQuestione della coscienza erronea:“può essere chiamata buona una persona che, seguendo una

motivazione di amore, ma con coscienza erronea, compie azioni sbagliate?”

Risposta di Keenan: la bontà morale della persona non può dipendere dalla perfetta conoscenza di ciò che è retto.

• Critica a tre livelli:• Livello etico: mutua implicazione di bontà della persona e giustizia

degli atti.• Livello antropologico: unità della persona come soggetto degli atti

(VS 48)• Livello teologico: le opere sono rilevanti per la salvezza (fides et

mores)

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3. Dicotomia tra piano oggettivo della legge e piano soggettivo della coscienza (D. Capone)

• La coscienza non va vista solo nel suo momento di dipendenza dalla norma universale, ma anche nel suo porsi come decisione nella realtà concreta e individuale (sintesi creativa).

• Diversità tra verità speculativa della norma (oggetto di scienza etica) e verità pratica della coscienza. Il criterio della verità pratica, che decide della bontà del soggetto e della sua azione concreta, è la conformità con l’intenzione retta.

può dipendere dalla perfetta conoscenza di ciò che è retto.Caso Washington: 1968-1971 – Conflitto di 19 sacerdoti (Ch.

Curran) con il Card. O’Boyle e dichiarazione della Congregazione del Clero. Può essere “soggettivamente difendibile”, a livello di coscienza, ciò che è in sé “oggettivamente cattivo”?Veritatis splendor, n. 81.

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“Le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto disonesto per il suo oggetto in un atto “soggettivamente” onesto o difendibile come scelta”

Veritatis splendor, n. 81

Esistono atti che per il loro oggetto sono sempre “intrinsecamente cattivi” (intrinsece mala)

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Appendice esplicativa:Le fonti della moralità di un atto

- Oggetto (finis operis): il contenuto intenzionale oggettivo dell’atto. E’ ciò che determina la moralità di base dell’atto.

- Intenzione (finis operantis): l’intenzione soggettiva ulteriore di chi agisce.

- Circostanze: tutto ciò che sta attorno all’oggetto.

CRITERIO:Bonum ex una et integra causa, malum ex

quocunque defectuLa bontà morale di un atto determinato esige che siano

contemporaneamente buone tutte e tre queste fonti; se anche una sola è cattiva, allora l’atto è cattivo.

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4. Conflitto dei valori e teoria del compromesso (X. Thévenot)

Tre dimensioni della morale:- Universale: norme immutabili ma formali- Particolare: norme che condensano esperienze

del passato- Singolare: norme esistenziali, che esprimono ciò

che è effettivamente possibile per ciascuno.Il piano oggettivo e universale della morale, in cui si

colloca il Magistero, può offrire solo “points de repères” o “interpellationes”.

L’agire morale è una “regolazione di conflitti di valore” in cui l’ultima parola è sempre al livello singolare, dove è arbitra la coscienza.

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5. Valutazione critica e proposta sintetica

- Carattere interiore dell’obbligazione morale: autonomia o personalizzazione?

- Singolarità della situazione: situazionismo o specificazione?

- Globalità del fenomeno della coscienza per la persona: creatività di una decisione o riconoscimento di una verità?

- Garanzia dell’identità personale:Coerenza formale o fedeltà a una verità interiore?

Sul piano teologico: pensare alla forma cristiana del soggetto morale e della comunionalità ecclesiale.

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c) La forma cristiana della coscienza morale

Le tre dimensioni della coscienza morale:- veritativa- pratica- comunionaleSono assunte e riconfigurate nella novità della vita

in Cristo1. Rapporto con la verità in Cristo• La verità è una Persona – Cristo è rivelazione

definitiva e insuperabile della volontà del Padre• Coscienza morale cristiana – come

partecipazione alla coscienza filiale di Cristo

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• La fede come atto primo e fondamentale della coscienza morale cristiana: superamento del dilemma autonomia/eteronomia:Balthasar: l’alterità irriducibile della volontà del Padre è abbracciata nell’amore del Figlio, per lo Spirito Santo (cf. Mt 26,39).héteros (un’altra persona) e non héteron (un’altra cosa)

2. Dinamismo pratico della carità nello Spirito• Lo Spirito agisce interiormente nella coscienza

non solo come luce dell’intelletto, ma anche come affetto nuovo.

• La carità crea una connaturalità nuova, che è luce e amore.

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3. Nella comunione con la Chiesa, Madre e Maestra.• Ecclesialità come dimensione constitutiva e

intrinseca della coscienza morale cristiana.- Chiesa Sposa di Cristo: rapporto verticale con la

verità. L’atteggiamento della vergüenza (S. Ignazio): docilità mariana allo Spirito. “Noi abbiamo lo Spirito nella misura in cui amiamo la Chiesa” (S. Agostino).

- Chiesa Madre dei cristiani: rapporto orizzontale nel tempo disteso della storia

• Magistero della Chiesa• Formazione della conscienza nella

comunione ecclesiale

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• La fomazione come educazione “ad sentiendum cum Ecclesia”(S. Ignazio di Loyola; G. Fessard)

La necessaria conversione dalle apparenze superficiali: morte e resurrezione a livello del giudizio.

- Ciò che “vedo bianco” – ciò che ”è nero” (regola XIII)

- La mediazione storica e narrativa della comunità ecclesiale alla verità.

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IV PARTE. ESPERIENZA MORALE,

DINAMISMO DELL’AGIRE E AMORE

• Raccordo con le riflessioni precedenti:– Necessità per la coscienza di un riferimento

veritativo previo, che abbia la forma di un criterio intrinseco e di un appello interiore.

– I concetti di legge e di coscienza vanno rivisitati nel contesto del dinamismo dell’agire, che è un movimento libero guidato dall’amore. Vediamo ora l’esperienza morale e l’esperienza dell’amore, per cogliervi le radici del dinamismo dell’agire.

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1. L’esperienza morale

“Ci sono due concetti completamente diversi di esperienza: uno si riferisce all’osservazione di singoli esseri reali e all’induzione; l’altro si riferisce ad ogni rivelarsi concreto dell’essenza” (D. von Hildebrand)

• Esperienza della trasgressione della legge morale: implicazione del soggetto nei suoi atti.

• Esperienza dell’incontro col volto indifeso dell’altro: assolutezza dell’imperativo: “non uccidermi!”.

La moralità non è qualità estrinseca degli atti, ma una dimensione intrinseca dell’agire umano.

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• Agire è auto-determinarsi: essere di più o di meno. L’azione dell’uomo non è una semplice deduzione dalle dinamiche naturali dell’essere, bensì una manifestazione originale della persona, che così esprime la sua trascendenza mediante l’agire.

• Carattere intenzionale dell’agire. Se “what?” si spiega solo nella luce di un “why?” (E. Anscombe)

• Nell’agire è implicata la ricerca del senso anzi più radicalmente dell’identità personale.

• La razionalità intrinseca all’agire emerge a partire dall’intenzionalità che collega la persona all’azione.

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2. L’esperienza dell’amore

• Amore come luogo originario di verifica dell’esperienza morale, che scaturisce dall’incontro con l’altro e provoca una dinamica di comunicazione del bene.

• Amore come passione fondamentale e motore che determina ogni nostra azione.

• Superare le ermeneutiche riduttive dell’amore: emotivismo e romanticismo, che lo interpretano a livello soggettivo e irrazionale.

L’amore ha valore conoscitivo perché è legato alla realtà.

“Ipse amor notitia est” (S. Gregorio Magno)

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• Differenti livelli dell’esperienza amorosa:

– Livello affettivo: amorEssere colpiti, sperimentare la compiacenza,

avvertire l’attrazione

– Livello propriamente umano: delectioImplica un giudizio e una libertà che sceglie

l’altro per se stesso.

Verità dell’amore: affermazione dell’altro per se stesso.

Amare è volontà di promozione dell’altro (M. Néndocelle)

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• La struttura basilare dell’amore (S. Tommaso d’Aquino)

“In hoc praecipue constitit amor: quod amans amato bonum velit” (Contra Gentiles, III, 90).

Duplice intenzionalità dell’atto dell’amore:– Bonum (elemento oggettivo)– Amato (elemento interpersonale)Il bene è mediazione oggettiva necessaria della

relazione di amore di un soggetto verso un altro soggetto.

• Dinamica dell’amore:– Presenza (dell’amato, come dono previo di

coscienza)– Incontro (riconoscimento della corrispondenza

affettiva e attrazione)– Comunione (fine e compimento del movimento)

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• Comprensione metafisica: la radice dell’amore (presenza) precede le motivazioni coscienti delle azioni.Oggettività del bene, come mediazione dell’amore, fondata sull’idea cristiana di creazione, come atto primo di amore del Creatore, che concedendo l’essere a tutte le creature, imprime anche in esse un movimento di amore verso di Lui.

• La verità dell’amore è misurata da una verità sul bene oggettivo, contenuto delle scelte, in cui l’amore si determina.

La verità dell’agire lega intimamente la persona alla sua azione (autodeterminazione nelle scelte).

La verità dell’agire è legata alla verità dell’amore.

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V PARTE. LA LUCE DELL’AMORE,

COME ERMENEUTICA DELLA LEGGE NATURALE E PRINCIPIO

DELLA PRUDENZA1. Amore e legge• La prospettiva dell’amore permette di

riformulare la concezione della legge. La Legge come luce dell’amore che intrinsecamente guida il dinamismo dell’agire.

• Amore come volontà di promozione dell’altro secondo la verità sul bene.

• Metafora della luce (S. Th. I-II, 19, 4):Non è vista direttamente, ma è ciò che permette di

vedere. Razionalità intrinseca dell’amore, come luce del “bene della persona” sui “beni per la persona”, oggetto di scelta.

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- La tutela del limite minimo del bene della persona (leggi negative)

- La promozione senza confini della persona: appello a una crescita continua nell’amore.

• Universalità e concretezza dell’amore: Si fonda sulla comunicazione universale del

bene di cui tutti partecipano mediante la creazione.

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2. Amore e prudenza• La conoscenza morale non ha il suo culmine

nella conoscenza di una legge (scienza etica) e nelle regole della sua applicazione (casuistica), ma nella virtù della prudenza.

• E’ la virtù che perfeziona la ragione pratica: “recta ratio agibilium”.

Ha bisogno per esistere delle virtù morali, che le offrono la luce sul bene per connaturalità virtuosa.

• L’amore crea la connaturalità affettiva che è luce per il discernimento prudenziale.

- “omnis virtus dependet aliqualiter ab amore” (I-II, 56,3,1)

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• La prudenza cristiana:Espansione della carità: Fil 1,9-11Ή άγαπη υμων έτι μαλλον καί μαλλον περισσεύη έν

επιγνώσει καί παση αίσθησει,– L’amicizia con Cristo genera una sintonia

affettiva e una connaturalità che permette di partecipare alla sua sapienza e al suo discernimento. (J. Noriega).

– Commento di Origene a Es. 7, 10-ss.Sulla verga di Aronne, che divora i serpenti dei

maghi egizi.

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CONCLUSIONI“Camminare nella luce dell’amore”

L’amore guida dall’interno l’agire illuminando la ragione sul bene della persona e sviluppando la connaturalità virtuosa nella virtù della prudenza.