CORRIERE DELLE OPERE VII

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Cdo.net srl - via Melchiorre Gioia, 181 - 20125 Milano - Poste italiane SpA - D.L. 353/2003 (conv. 27/02/2004 L. n°46) art. 1 Comma 1, DCB Milano – House organ dell’Associazione Compagnia delle Opere insieme Nelle reti d’impresa le pmi possono lavorare in pieno accordo per innovare e internazionalizzare - come in una filarmonica. Lo dimostra l’esperienza del Matching Cdo, giunto quest’anno alla settima edizione Trimestrale della Compagnia delle Opere Ottobre 2011 7 n. C orriere o pere 7 n. C ORRIERE o pere

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Corriere delle Opere VII - Insieme

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La vita è fatta di alti e bassi.

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Evidentia Communication coordina la raccolta pubblicitaria di Corriere delle Opere, Matching e Meeting per l’amicizia fra i popoli.

Tre spazi appartenenti a settori diversi ma uniti nella volontà di diffondere momenti di incontro - e confronto - sul mondo del lavoro, della cultura, dell’impresa e dell’attualità, pronti a dare voce alle aziende dell’Italia che cresce.

Via Legnone 20, 20158 Milano - [email protected] Via Flaminia 18, 47923 Rimini - [email protected]

io ti vedo

desiderio e lavoroTemi e personaggi del Meeting di Rimini. Interviste a: Sergio Marchionne, James Murdoch, Maurizio Sacconi, Ettore Gotti Tedeschi e altre personalità del mondo della politica e dell’impresa

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creatività E INNOVAZIONEAspettando Matching 2010, dal 28 al 29 settembre Cdo organizza a Genova un appuntamento b2b per imprese che operano in settori ad alto contenuto innovativo: energia, trasporti, Ict e nuovi materiali

Incontri che cambiano il futuro raccontando il presente.

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d i B e r n h a r d S c h o l z

Le proposte di Compagnia delle Opere sono sempre orientate all’apertura di nuove possibi-lità di sviluppo per le imprese. In un contesto politico ed economico problematico e dai con-torni così incerti come quello odierno, infatti, proprio le imprese sono chiamate ad apporta-re il loro decisivo contributo per raggiungere l’obiettivo della crescita e della ripresa che crea occupazione. Ma, per fare questo, occorre ma-turare una consapevolezza sempre più elevata dei fattori in gioco e la conseguente adozione degli strumenti necessari per fronteggiare una sfida così impegnativa.Per questo motivo, il numero del Corriere delle Opere che avete tra le mani è dedicato all’ap-profondimento di una delle condizioni di base senza la quale sarà sostanzialmente impossibile per le piccole e medie imprese italiane essere competitive nei mercati esteri e, in molti casi, rimanere in quello nazionale: creare reti tra im-prese.È un tema che gli articoli e le interviste di que-sto numero affrontano da ogni punto di vista, dal più tecnico al sociologico, grazie agli interventi autorevoli di Luca Castagnetti, Giuseppe Tripo-li ed Enzo Maria Tripodi, ma sempre a partire dal dato originario che ne giustifica la rilevan-za strategica per il futuro: lavorare insieme con altri partner è un’esigenza fondamentale per poter progettare e concretizzare il cambiamento a cui ogni impresa è chiamata. Si tratta di una spinta alla collaborazione che può abbracciare ogni ambito della vita dell’impresa, da quello

produttivo a quello della ricerca dei fornitori o dell’organizzazione della rete di vendita. Evi-dentemente, occorre vedere nell’altra impresa non un ostacolo, ma un’opportunità. Questo atteggiamento esige un cambiamento culturale, al quale Compagnia delle Opere può e vuole contribuire in modo rilevante.Infatti, l’attività di Compagnia delle Opere può considerarsi in se stessa una rete: l’ami-cizia operativa che ne esprime il dinamismo e ne chiarisce l’impegno fanno sì che il singolo imprenditore o professionista sia sempre so-stenuto nelle scelte che poi solo lui, con re-sponsabilità, potrà compiere per il bene della propria attività. In questa chiave, la settima edizione di Matching, in programma dal 21 al 23 novembre e di cui in questo numero pre-sentiamo le principali novità, vuole essere un sostegno reale a chi vuole affrontare le sfide di un’economia che cambia in modo radicale e incontrovertibile. Non possiamo nascondercelo, il momento è particolarmente delicato e tutti, dal singolo im-prenditore alle istituzioni europee, sono chia-mati a un supplemento di responsabilità, come chiarisce l’intervista al professor Quadrio Cur-zio in apertura di numero. Ma questo non to-glie, anzi, amplifica la possibilità di guardare al futuro con ragionevole speranza. A tutti dunque un augurio di buona lettura del Corriere, con l’auspicio di poterci incontrare a Matching per condividere esperienze, progetti, difficoltà e risorse… insomma, per fare rete. n

insieme per affrontarela sfida del cambiamento

Il Matching, che si svolgerà a Milano dal 21 al 23 novembre prossimi, è lo strumento ideale per mettere “in rete” le impre-se (nella foto, un’immagine della scorsa edizione dell’evento b2b organizzato dalla Compagnia delle Opere)

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Anno XXVI - n. 7 - ottobre 2011Registrazione Tribunale di Milano n. 505 del 27 settembre 1986Iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione n. 7521

Direttore responsabileDario Vascellaro

RedazioneBettina Gamba, Carmelo Greco

UfficiVia Legnone 20, 20158 MilanoTel. +39 02 673961 - fax +39 02 67396230

EditoreCdo.net srl - via Melchiorre Gioia, 181 - 20125 Milano

PubblicitàEvidentia Communication srlVia Legnone 20 - 20158 Milano - Tel. +39 02 [email protected]

StampaCentro Stampa Editoriale - Via del Lavoro 1836040 Grisignano di Zocco, Vicenza

Progetto graficoCurious Design

ImpaginazioneMaurizio Saporiti

Distribuzione e confezionamentoComp Editoriale Veneta srl - Via Cappelletto 12 30173 Mestre (Ve)

L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli associati Cdo e la possibilità di richiederne gratuita-mente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Cdo.net srl - via Melchiorre Gioia, 181 - 20125 Milano. Le informazio-ni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli associati Cdo la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96 - tutela dati personali).Il numero è stato chiuso in redazione il 17 ottobre 2011.La percentuale di pubblicità di questo numero, comprensiva di inserti e allegati, è del 40%.

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SERVIZI ASSITECA. Un broker per i soci Cdo 16REGALONE. Un’idea regalo gustosa 20PORTALE. L’ufficio acquisti della piccola impresa 24

VITA CDOALBANIA. Un ponte sulla via Egnatia 26

attualitàQUADRIO CURZIO. L’Italia ce la può fare 28BEFERA. Per una nuova cultura fiscale 34

reti d’impresaSCHOLZ. È l’ora di crescere 40L’ESPERTO. Perché oggi si parla tanto di reti 48TRIPOLI. L’impegno di Mister Pmi 54INDIS. Solidarietà, reti, sviluppo 58INNOVAZIONE. Il network del domani 62INTERNAZIONALIZZAZIONE. Crescere all’estero 66TERRITORIO. La Lombardia aiuta a “fare squadra” 70BANCHE. Rating con lo sconto 74TAJANI. L’impegno dell’Europa per le pmi 78NON PROFIT. Tessuto sociale 84

MATCHING 2011INTERVENTO. Essere rete 98LA 7ª EDIZIONE. Al Matching l’imprenditore è protagonista 102

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L e b o t t e g h e d e l l’ i n s e g n a r eU n m o d o n u ovo d i e d u c a r ePiù di 700 insegnanti provenienti da tutta Italia hanno partecipato alla Con-vention Scuola dell’associazione Diesse che si è svolta a Bologna il 15 e 16 ottobre con il titolo “Insegnare e imparare, cioè guardare”. Diverse le personalità intervenute ad animare la due giorni: dal direttore del quotidiano La Stampa Mario Calabresi al presidente della Fondazio-ne per la sussidiarietà Giorgio Vittadini, dal presidente e amministratore delegato della Ducati Gabriele Del Torchio allo scrittore e poeta Davide Rondoni. L’appuntamento ha voluto offrire spunti costruttivi non soltanto a quanti sono impegnati in ambito educativo, ma anche a un più vasto pubblico. E non partendo da teorie e ipotesi più o meno corrette, quanto dalle esperienze di quanti vivono ancora il mestiere dell’insegnamento come una esperienza affascinante.In tal senso, grande importanza è stata data al metodo delle “botteghe” - in tutto quindici -, veri e propri laboratori suddivisi in base alle varie discipli-ne o alle competenze necessarie a chi opera nel pianeta scuola. «Le bot-teghe dell’insegnare - spiegano gli organizzatori - esprimono un soggetto che, mosso dallo stupore per la realtà, desidera conoscerla in un particolare, muovendo a sua volta altri nella stessa avventura della scoperta. Le botteghe rappresentano una condizione imprescindibile dell’insegna-mento: si comunica ciò che si è». Insieme alle botteghe, una delle proposte di quest’anno è coincisa con la Piazza della didattica, luogo espositivo in cui sono stati esibiti strumenti e materiali realizza-ti in tutta Italia da docenti di ogni ordine e grado con il contributo di Diesse. n

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Alla Convention Scuola organizzata dall’associazione Diesse (a destra, la locandina) hanno partecipato 700 per-sone da tutta Italia

I n a u g u r a t a l a s c u o l aO p e r e d i c a r i t à2 0 1 1 / 2 0 1 2È ripartita il 21 ottobre all’Istituto Sacro Cuore di Milano la Scuola Opere di Carità proposta da Cdo Opere Sociali e realizzata insieme all’associazione Scuola d’impresa. L’edizione 2011/2012 è stata inaugurata dall’intervento del presidente di Com-pagnia delle Opere, Bernhard Scholz. Alla gior-nata hanno partecipato moltissimi collaboratori, volontari e professionisti provenienti da organismi del terzo settore, i quali hanno seguito i lavori sia nella sede di Milano sia collegandosi da diverse città italiane. Come per gli altri anni, questa edi-zione della scuola alterna momenti di incontro e assemblee a visite presso enti non profit. Rientra fra questi ultimi Casa sollievo della sofferenza, l’ospedale fondato a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, da San Pio da Pietrelcina.Le precedenti edizioni della Scuola hanno visto gli interventi, oltre che di Bernhard Scholz, di Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, di Eugenio Nembrini, rettore della Fondazione Sacro Cuore di Milano, di padre Ser-gio Massalongo, priore del monastero Benedetti-no della Cascinazza. I loro contributi sono stati raccolti in un volume che può essere richiesto inviando una e-mail a [email protected]. Si può scrivere al medesimo indirizzo per ottenere ulteriori delucidazioni su modalità di iscrizione e partecipazione alla Scuola. n

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quella compagnia di opere nella mostra cdo al meetingLa partecipazione di Cdo al Meeting 2011 è stata caratterizzata dalla mostra “Ante gradus: quando la certezza diventa creativa”, allestita nel padiglione C1 della Fiera di Rimini, sugli affreschi della Sala del Pellegrinaio dell’ospedale di Santa Maria della Scala a Siena. La mostra, curata dalla professoressa Mariella Carlotti insieme al responsabile Comunicazione Cdo Marco Barbone, oltre alla riproduzione degli affreschi del Pellegrinaio, ha esposto anche quattro registri originali dell’ospedale, nelle cui copertine (dette “biccherne”) sono rappresentate scene della vita dell’opera. La Cdo ha finanziato il restauro della biccherna 71 su cui è dipinta la scena dell’Annunciazione a Maria di Arcangelo Salimbeni, conservata al Museo della biccherna di Siena. La scelta di mettere al centro della presenza Cdo al Meeting l’esperienza dell’ospedale senese è scaturita dal desiderio di indicare il valore di una iniziativa che, ieri come oggi, rappresenta una risposta al bisogno e l’impulso a una creatività che si sviluppa grazie all’adesione all’origine. Non a caso intorno alla mostra, nello spazio Cdo al Meeting, sono state ospitate otto realtà, tra organismi non profit e imprese, a dimostrazione di quanto sia ancora attuale l’itinerario testimoniato da questa sorta di medievale “compagnia di opere” che nei secoli ha offerto assistenza e cibo ai poveri, educazione, formazione professionale nonché attività finanziarie e prestiti a privati. E questo in virtù di quella “certezza” richiamata dal titolo del Meeting. Come ha ricordato il presidente Cdo Bernhard Scholz (sopra, mentre indica un particolare della mostra al presidente del Gruppo Fiat, John Elkann), all’inizio dell’appuntamento riminese di fine agosto: «La certezza rende creativi, il dubbio paralizza». Nei prossimi mesi la mostra, divenuta adesso itinerante, si potrà visitare in diverse città italiane. n

L’ a r t i g i a n o i n f i e r a 2 0 1 1A p p u n t a m e n t o c o n l’ e s t r oDal 3 all’11 dicembre si svolgerà nei padiglioni di fieramilano a Rho la sedicesima edizione di Af-L’Artigiano in fiera, l’espo-sizione internazionale di riferimento dell’artigianato che mette insieme l’estro creativo, la cultura, la tradizione e la manualità di oltre 2.900 espositori italiani ed esteri. Lo scorso anno sono state tre milioni le persone provenienti da tutta Italia che hanno visitato gli stand della manifestazione. Un totale di 150 mila metri quadrati di spazio stracolmi della ricchezza produttiva di testimonianze che arrivano da 109 Paesi di ogni parte del mondo. In aggiunta, rispetto al 2010, quest’anno Af ospiterà Abitare la casa, un salone dedicato sia a quegli artigiani che realizzano mobili e arredamento sia agli operatori che offrono tecnologie e soluzioni per una casa sostenibile. Accanto a questo salone, ritorna per la terza volta Econavigare, l’altro appunta-mento di settore riservato alle imprese artigiane del comparto nautico, con particolare riferimento alle imbarcazioni carrellabili, agli accessori e al turismo diportistico. n

La sedicesima edizione di Af, la manifestazione dedicata all’arti-gianato di tutto il mondo, quest’an-no aprirà i battenti in fieramilano il 3 dicembre per concludersi l’11 dello stesso mese. Nel 2010 i visita-tori sono stati tre milioni

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G i o r n a t a c o l l e t t a a l i m e n t a r eU n a i u t o a r i t r ova r e s p e r a n z aCome ogni anno la Fondazione Banco alimentare onlus invita a partecipare alla Giornata nazionale della Colletta alimentare dando le ragioni di que-sto gesto, giunto ormai alla quindicesima edizione, attraverso le cosiddette “dieci righe”. Nel 2010 l’iniziativa ha coinvolto più di 8.100 supermercati nei quali 110 mila volontari hanno raccolto un totale di 9.400 tonnellate di prodotti di prima necessità, il 9% in più rispetto all’edizione precedente. L’appuntamento - alla cui realizzazione contribuiscono Cdo Opere Sociali, l’Associazione nazionale alpini e la società San Vincenzo de Paoli - è fissato per il prossimo 26 novembre in gran parte dei supermercati di tutta Italia. Per l’occasione, le “dieci righe” affrontano esplicitamente il passaggio deli-cato che sta attraversando il nostro Paese. Di seguito, ecco il testo integrale: «Il momento storico che stiamo vivendo rimane molto delicato e drammati-co. I poveri sono in costante crescita e sono sempre più prossimi a ciascuno di noi. Non manca solo il cibo, manca il lavoro, la casa e soprattutto sem-brano venir meno le ragioni per sperare e per questo si è sempre più soli; una solitudine spesso avvertita da chiunque, poveri o ricchi. Cristo, presente ora, colma quella solitudine, risponde a tutte le esigenze del nostro cuore. Per questa esperienza, proponiamo a ognuno la Colletta alimentare, perché facendo la spesa per chi è nel bisogno, si ridesti tutta la nostra persona, co-minciando a vivere all’altezza dei desideri del nostro cuore». n

A sinistra, la locandina della Fon-dazione Banco alimentare onlus con la proposta delle “dieci ri-ghe”, il testo che spiega ogni anno le ragioni di un gesto che coinvolge migliaia di volontari

s c u o l a d ’ i m p r e s aa p p u n t a m e n t i 2 0 1 1L’Associazione Scuola d’impresa, nata per ini-ziativa di Compagnia delle Opere e Fondazione per la sussidiarietà, ha lo scopo di sostenere imprenditori e manager che operano nell’ambi-to delle pmi. Uno scopo perseguito attraverso la creazione di luoghi di scambio e di condivisione, che mettono in comune esperienze, conoscenze e metodologie. A tal fine le sue proposte - costituite da seminari, workshop e conversazioni imprenditoriali - voglio-no favorire una innovazione sostenibile, un effi-cace orientamento ai mercati, una lungimirante pianificazione finanziaria e, soprattutto, un reale coinvolgimento dei collaboratori.Il metodo della Scuola si basa su una riflessione sistematica incentrata sulla propria esperienza lavorativa, in modo da poter costruire con chia-rezza e determinazione percorsi imprenditoriali e impostazioni manageriali che aiutino ad affron-tare le sfide di un mercato sempre più compe-titivo.Gli appuntamenti della Scuola d’impresa previsti nel 2011 sono i seguenti: il 4 novembre a Como, con il workshop “Condurre le persone” guidato dal presidente Cdo Bernhard Scholz; il 9 e 10 novembre a Fidenza, in provincia di Parma, sul tema “Strategia d’innovazione” affrontato da Pietro Bazzoni; l’11 e il 12 novembre a Catania sul passaggio generazionale con l’intervento di Marta Benetti Genolini; il 5 e 6 dicembre a Roma con Francesco Liuzzi, che il 13 e 14 dello stesso mese si sposterà a Napoli.

Per il calendario aggiornato dei vari appuntamen-ti si rimanda al sito www.scuoladimpresa.net. n

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A l p r e m i o vo L O N T A R I A T O T E R A M OL A T E S T I M O N I A N Z A D I C A ’ E D I M A rVivere con il cuore ciò che altrimenti sarebbe invisibile e impossibile da percepire. Educare all’amore verso gli altri. Perché tutti, ma proprio tutti, sono educabili. Difficilmente gli studenti teramani dimenticheranno le paro-le di Mario Dupuis, fondatore del centro Ca’ Edimar di Padova, pronunciate senza che in teatro volasse una mosca in occasione dell’undicesima edizio-ne del Premio volontariato Teramo. Il tema della manifestazione, promossa dal Csv di Teramo (la cui organizzazione aderisce alla Cdo) e diventata nel corso degli anni uno degli appuntamenti di fine estate più seguiti e attesi in Abruzzo, era dedicato al rapporto tra nuove generazioni e solidarietà. Stand, mostre, incontri e, in serata, il talk show moderato dal giornalista Rai Umberto Braccili, che ha portato sul palco le testimonianze delle attività di volontariato svolte dai giovani e per i giovani. Sul palco, oltre a Dupuis, Rossella Sobrero di Pubblicità Progresso, il giornalista Rai Andrea Riscassi, il ricercatore Giovanni Ventrelli e il presidente della Regione Abruzzo Gian-ni Chiodi. Sono state premiate le associazioni che hanno realizzato progetti nelle scuole insieme al Csv di Teramo. Finale con Filippo Graziani, che ha interpretato le canzoni del compianto padre Ivan. n

In primo piano, Mario Dupuis, fondatore di Ca’ Edi-mar, mentre interviene al Premio volontariato Tera-mo, manifestazione organizzata dal Csv della città

A p e r t e l e i s c r i z i o n i a l l a s e s t aE d i z i o n e D e l m a s t e r p m i d i a lt i sVentuno giorni di aula, compatibili con gli impegni lavorativi; formazione a distanza con lezioni in ambiente Web dedicato; contenuti “rita-gliati” sulle esigenze delle piccole e medie imprese; applicazione costante dei concetti alla pratica aziendale anche grazie alla collabora-zione di Compagnia delle Opere e Confapi Milano. Sono alcuni degli elementi di forza dell’Executive Master pmi e competitività organizzato da Altis, l’Alta scuola impresa e società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, insieme a Fondazione per la sussidiarietà e Cer-si, il Centro di ricerca per lo sviluppo imprenditoriale della Cattolica. Giunto alla sesta edizione, il master universitario di primo livello partirà il 22 marzo 2012. Si rivolge a imprenditori, figli di imprenditori, manager ad alto potenziale, riproponendo - sotto la guida del direttore Marco Oriani, professore ordina-rio di Economia degli intermediari finanziari, e di Fa-bio Antoldi, docente di Strategia e politica aziendale - una formula di apprendimento articolata su nove moduli: strategia d’impresa, marketing per le pmi, contabilità e bilancio, programmazione e controllo, organizzazione e risorse umane, finanza per le pmi, operations management, business plan, transizio-ne generazionale. Il master darà ampio spazio al contributo di professionisti e manager, nonché alle testimonianze aziendali, proprio in vista di una rica-duta immediata di quanto si apprende nei rispettivi contesti imprenditoriali. È previsto uno sconto signi-ficativo per chi si iscrive entro il 16 dicembre 2011. La scadenza ultima per le domande di ammissione è il 5 marzo 2012. Per maggiori informazioni: 0248517156 www.unicatt.it/altis n

Allievi dell’Executive Master pmi e competitività proposto da Altis, l’Alta scuola impresa e società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

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Grandi chance per le imprese italiane nella re-altà più in corsa di tutta l’America Latina che quest’anno sarà il Paese-ospite del Matching: un mercato da 200 milioni di persone e dal portafo-glio in crescita. Se le aziende italiane che voglio-no internazionalizzarsi guardano solitamente alla Cina o all’India, come nuove potenze emergen-ti con le quali rapportarsi, una ricerca svolta da Kpmg dimostra che le aziende italiane, nei pros-simi quattro o cinque anni, dovrebbero guardare al Brasile. Il gigante sudamericano, infatti, può risultare più attraente della Cina, in quanto si tratta del Paese nel quale i prodotti italiani riscontrano il maggio-re successo. L’economia del Paese carioca, inol-tre, nei prossimi anni conoscerà tassi di sviluppo costanti sopra il 4%, diventando la settima econo-

Il Brasile sta di-ventando il Paese nel quale i prodotti italiani riscuotono il maggiore succes-so (nella foto sotto, veduta aerea di Rio de Janeiro)

L’ e l d o r a d o d e l m a d e i n i t a ly P o t r e b b e e s s e r e i l b r a s i l e

mia mondiale, mentre le fluttuazioni del tasso di cambio del real e l’inflazione sono sotto controllo da oltre dieci anni. Tra il 2014 e il 2016, inoltre, il Brasile ospiterà, in rapida successione, i Mondia-li di calcio e le Olimpiadi. Per i due eventi verran-no spesi circa 28 miliardi di euro, mentre per le infrastrutture del Paese gli investimenti in campo ammontano a 1.100 miliardi di reais. Un piatto ricco al quale, per le aziende italiane, sarebbe un peccato non partecipare. Proprio per promuovere il made in Italy nel Paese sudamericano, il ministero degli Esteri ha orga-nizzato il programma “Momento Italia-Brasil”, che presenta un fitto calendario di appuntamenti che si svolgeranno fra ottobre 2011 e luglio 2012, per un totale di 500 eventi, suddivisi fra 18 Stati brasiliani. n

i l s e r v i z i o o n l i n e c d od i i n c r o c i o d o m a n d ae o f f e r t a d i l avo r oLa Compagnia delle Opere ha inaugurato un nuovo servizio online, in collaborazione con Jobgenius.it, che contribuisce all’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Il sistema è totalmente gratuito sia per i can-didati sia per le imprese associate in cerca di collaboratori. Le persone incontrate tramite la Cdo e le altre realtà collegate possono inserire i propri dati e costruire così un profilo che metta in evidenza competenze e capacità professionali. A loro volta, le aziende possono accedere gratui-tamente al database dei candidati, in occasione di ricerche di personale, e interloquire con loro sia online sia direttamente. La piattaforma, oltre a permettere di calcolare il costo lordo/netto del contratto che si intende sti-pulare, offre anche la possibilità di individuare, tra le 30 forme contrattuali oggi in presenti in Ita-lia, quella più adatta alle esigenze dell’impresa e del lavoratore. Maggiori informazioni sono reperibili sul portale cdo.org oppure rivolgendosi alla sede locale Cdo più vicina. n

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I l va l o r e f o r m a t i vo d e l l avo r oN e l l’ e s p e r i e n z a d e l l a O l i ve r t w i s tIl 17 ottobre si è tenuto a Milano, nel palazzo Pirelli della Regione Lombardia, il convegno dal titolo “Giovani e lavoro: esperien-ze e prospettive, l’opportunità dell’apprendistato”. Presenti il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi e il governatore lombardo

Roberto Formigoni, è stata l’occasione per riflettere su un triste primato del nostro Paese e per presen-tare una best practice in materia. L’Italia, infatti, ha il record nega-tivo in Europa per la disoccupazione giovanile: sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d’età è del 29,6% rispet-to al 21% della media europea. Il problema dell’occupabilità dei giovani e della loro crescita ha trovato in questi anni una rispo-sta significativa in Regione Lombardia, come ha ben evidenziato Gianni Rossoni, assessore Istruzione, Formazione e Lavoro. E come hanno confermato i dati del rapporto Sussidiarietà e… Istruzione e formazione professionale dai quali si evince la potenzialità di una proposta formativa che parte dal lavoro. Che è poi l’esperienza della scuola Oliver Twist di Cometa la quale, a partire dalle sperimenta-zioni degli ultimi anni, ha sistematizzato un modello di integrazio-ne scuola-azienda centrato sul potenziale educativo e formativo del lavoro. Docenti e ragazzi si sono trasferiti in azienda trasformando i reparti in ambiti formativi strutturati. È stato avviato così il progetto “Azienda a scuola” all’interno del quale il lavoro è diventato ambito di apprendimento organico e sistematico. Un metodo oggi replicabile anche grazie al contratto di apprendistato. n

P i ù d i 1 5 0 i m p r e s e a I n o p e r a ,i l b 2 b d i c d o a b ru z z o m o l i s eUn luogo dove contano le relazioni tra persone, prima ancora dei prodotti. Il 15 e 16 ottobre si è svolta a Montesilvano, in provincia di Pescara, la sesta edizione di InOpera, evento promosso da Cdo Abruzzo Molise insieme a una rete di partner quali Confindustria Pescara, Confcooperative Abruzzo, Regione Abruzzo, Formedil, Cassa Edile Pescara, Coordinamento dei Csv dell’Abruzzo, Api Pescara-Chieti. L’appuntamento è stato articolato in due sessioni b2b (Collaborare e Costruire), a cui hanno partecipato oltre 150 imprese, dando vita a centinaia di incontri in soli due giorni. I momenti b2b sono stati affiancati da due expo (Mostrare e Gustare), e da un ricco cartellone di incontri che hanno affrontato i temi più stringenti dell’eco-nomia, del sociale, della politica. Particolarmente seguita la presentazione del Rapporto sulla sussidiarietà con Gior-gio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, e Paolo Gatti, asses-sore alle Politiche del lavoro della Regione Abruzzo. Così come grande interesse hanno suscitato sia il convegno sulla povertà, nel quale è intervenuto il direttore generale della Fondazione Banco alimentare Marco Lucchini, sia l’incontro conclusivo dedicato al tema dell’evento “Creatività coraggiosa, realismo audace”. n

Il convegno promosso da Cometa e dalla Fondazione per la sussidiarietà (a sinistra, la locandina) ha messo a tema il problema del lavoro per le giovani generazioni

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Sulla strada della libertà

Assemblea Generale di Co mpagnia delle Opere Domenica 20 novembre 2011FieramilanocityVia Gattamelata 5, Milano

Introduce e conclude Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere

Intervento di Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione

Testimonianze

Ingresso libero

Per informazioniTel. 0267396203e-mail: [email protected]

ProgrammaAccoglienza ore 10,30Inizio lavori ore 11,00Chiusura lavori ore 13,00

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16 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 7 O t t o b r e 2 0 1 1

u Sun broker p e r i soci cdo

Grazie a una recente convenzione,

Assiteca mette a disposizione di Cdo

le proprie strutture tecniche e com-

merciali per lo studio di convenzioni

assicurative per la copertura dei rischi

più signifi cativi

d i D a r i o Va s c e l l a r o

servizi

L’Associazione Compagnia delle Opere offre a tutti i p ropri associati un nuovo servizio di consulenza assicurativa gratuito. Tale servi-

zio è fornito da Assiteca, primario gruppo italia-no di brokeraggio assicurativo. Assiteca propo-ne convenzioni assicurative per la copertura dei principali rischi, offrendo ad esempio garanzie fi -

deiussorie, coperture di responsabilità civile terzi e dipendenti, assicurazione crediti commerciali e in generale un’analisi della situazione assicurati-va delle singole aziende associate. Sulla conven-zione Cdo-Assiteca abbiamo rivolto alcune do-mande al presidente di Assiteca Luciano Lucca.Cosa ha spinto la Cdo a offrire ai suoi associati

Il Gruppo Assiteca è uno dei principali broker assicurativi italiani. È presente in Italia in 19 città e in Spagna con 3 sedi a Madrid, Barcellona e Siviglia

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N . 7 O t t o b r e 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 17

servizi

un servizio assicurativo?«Come conferma una recente indagine di Ac-centure, le pmi tutelano solo un terzo dei rischi effettivamente sostenuti. Ciò accade perché mol-te aziende non dispongono di aree dedicate alle questioni assicurative e al risk management, temi che vengono invece seguiti, senza particolari competenze, dalle divisioni amministrative. Non essendo quindi il personale addetto generalmente preparato sulla materia, il ruolo del broker diven-ta sia di consulente sia di outsourcer. Di consu-lente perché attraverso l’analisi della situazione assicurativa in corso il broker è in grado di evi-denziare tutte le aree di miglioramento esistenti e di fornire suggerimenti in merito alle scelte di prevenzione adottabili, di outsourcer perché è disponibile a realizzare per conto del cliente tutti gli interventi necessari alla costitu-zione di un vero e proprio program-ma assicurativo. L’azienda, anche la più piccola, può quindi contare su una figura altamente specializzata che si fa carico anche della gestione amministrativa delle polizze assicurative e di se-guire direttamente le delicate e complesse fasi di gestione di eventuali sinistri, sgravando quindi le strutture interne all’azienda da tali incombenze».In che modo la convenzione tra Assiteca e Cdo verrà incontro alla necessità delle pmi associa-te di disporre di strumenti capaci di tutelare l’impresa, i suoi amministratori e i suoi dipen-denti?«Assiteca è in grado di offrire agli associati Cdo una serie di soluzioni assicurative esclusive che possano rispondere sia alle esigenze delle realtà più piccole, sia di società più strutturate, nonché di particolari settori merceologici. I prodotti as-sicurativi esclusivi sono a tutela del singolo im-prenditore o dell’intero management, come ad esempio la polizza di tutela legale, la D&O, che protegge il patrimonio personale degli ammini-stratori e dei membri degli altri organi di gestione qualora vengano chiamati in causa per risarci-mento danni, o la polizza Key Man, che consen-te di coprire i costi dovuti alla prematura scom-parsa di una figura chiave dell’azienda, come ad esempio un socio o un dirigente. Per il personale, vengono proposte, ad esempio, assicurazioni che consentano il rimborso delle spese mediche, be-nefit tra i più apprezzati e in grado di fidelizzare il personale. Assiteca, grazie alle diverse specia-lizzazioni, sia per aree di rischio sia per settore di attività, è in grado di proporre le polizze più

indicate e le soluzioni più innovative per affron-tare i rischi legati alle diverse realtà produttive». Scegliendo un broker assicurativo anziché una compagnia, quale plus ha ottenuto la Cdo per i suoi associati?«Affidandosi a un broker come Assiteca, l’azien-da può contare sulla professionalità e sulle com-petenze di esperti indipendenti, che effettuano un’analisi completa dei rischi e dei sistemi di prevenzione, per poi individuare le soluzioni as-sicurative migliori. Il broker, avendo accesso a tutti i prodotti e potendo liberamente scegliere a quali compagnie rivolgersi, ha il vantaggio di poter reperire quanto di meglio offra il mercato

assicurativo. Non solo: le dimensio-ni di Assiteca, che ha intermedia-to premi per 420 milioni di euro a giugno 2011, garantiscono un forte potere contrattuale, così da ridurre ulteriormente i costi. Nel completo interesse del proprio cliente, quin-di, il broker affianca l’azienda e ne diventa il consulente, senza alcun costo per l’azienda stessa, offrendo

un servizio personalizzato e puntuale. Infine, ma non per ultimo, il broker gestisce direttamente eventuali sinistri e garantisce tempi di liquidazio-ne celeri». Può descriverci la struttura che Assiteca met-terà a disposizione degli associati Cdo, la sua diffusione sul territorio?«Assiteca è presente su tutto il territorio naziona-le con 19 sedi, e ciò consente di poter conoscere le peculiarità delle diverse realtà socio-economi-che e di rispondere puntualmente alle specifiche esigenze del territorio. Gli uffici sono dislocati a Milano, Torino, Lecco, Manzano (Ud), Verona, Genova, Piacenza, Modena, Firenze, Arezzo, Li-vorno, Prato, Cesena, Ancona, Pescara, Roma, Napoli, Salerno e Taranto. Non solo: ci sono sedi dirette in Spagna, a Madrid, Barcellona e Siviglia, e, grazie a una capillare rete di broker corrispondenti in tutto il mondo, Assiteca può rispondere alle particolari esigenze delle azien-de italiane con sedi all’estero, o di quelle estere con sedi nel nostro Paese. A disposizione degli associati Cdo c’è tutta l’esperienza maturata in 30 anni di attività, esperienza che ha portato alla costituzione di apposite Divisioni speciali, scelta avvalorata dalle richieste dei clienti che si aspet-tano dal broker approfondita conoscenza delle loro problematiche e soluzioni innovative». Il target pmi è uno dei più interessanti dal pun-to di vista numerico (sono 4,3 milioni le piccole

Il broker gestisce direttamente eventuali sinistri e garantisce tempi di liquidazione celeri

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servizi

e medie imprese italiane) come da quello as-sicurativo: il 14% delle pmi italiane, secondo un’indagine Ania, non ha una polizza incen-dio, il 31% non si è assicurato contro i furti e il 33% verso i danni a terzi e quasi tutti igno-rano i rischi ambientali. Perché non si riesce a scalfire il gap assicurativo delle piccole e medie aziende? Si tratta di mancata percezione del rischio da parte degli imprenditori? E qual è l’impegno di Assiteca per aumentare il grado di diffusione del tema del rischio e dei sistemi per la sua gestione nelle imprese italiane?«Da sempre, fin dalla sua fondazione nel 1982, Assiteca persegue una filosofia basata sulla qua-lità e l’innovazione del servizio e ha come mis-sion aziendale la creazione costante di valore per i propri clienti. Tali obiettivi vengono concretiz-zati attraverso un sistema di valori che pone co-stantemente al centro di tutte le azioni intraprese dal Gruppo la piena soddisfazione del cliente. Assiteca ha realizzato negli anni diverse pubbli-cazioni dedicate allo studio dei rischi relativi alle attività industriali e imprenditoriali, e mirate alle più innovative soluzioni specifiche in tema di risk management. Pubblicare testi specialistici è testi-monianza dell’autorevolezza e della competenza acquisita sulla materia in anni di professione. La prima monografia, Segnali di fumo, relativa alla prevenzione incendi per i principali settori mer-ceologici, risale al 1996 ed è stata distribuita ad aziende clienti e prospect. Nel 2000, per sensi-bilizzare le aziende sull’importanza dell’ana-lisi dei rischi, sono state contattate le riviste di riferimento dei principali settori merceologici, sulle quali sono stati pubblicati articoli dedicati ai rischi tipici di ciascuna area, diffondendo ol-tre 250 mila copie in totale. La collana “Appro-fondimenti”, inaugurata nel 2006, è invece una raccolta di volumi dedicati non solo alla gestione del rischio, ma aperta a indagare anche temati-che assicurative di varia natura. A oggi sono sei i volumi editi: Evoluzione del risk management: dall’Insurance all’Enterprise Risk Management, Project financing: i Soggetti, i Rischi e le Coper-ture Assicurative, Segnali di fumo. Prevenzione Incendi nelle Aziende, D&O: la responsabilità civile degli organi di gestione e controllo delle società, DRP caratteristiche e diffusione del Di-saster Recovery Plan in Italia, Employee Bene-fits. Le soluzioni assicurative in Italia. Nel 2007, in occasione dell’entrata in vigore della nuova procedura di indennizzo diretto per la RC auto, Assiteca ha distribuito a tutti i propri clienti il vo-lume Risarcimento diretto. Quello che si deve sa-

pere e fare. Nel 2010, in un particolare momento economico pieno di incertezze, è stato invece pubblicato il volume Crediti commerciali. Lo scenario economico, le soluzioni assicurative, il mercato per rispondere alle esigenze di chiarezza e di approfondimento sul tema. Il volume è stato inviato a 2.000 aziende fra clienti e prospect. Al-tro strumento che consente ad Assiteca di divul-gare conoscenze di carattere tecnico-assicurativo, anche di natura legale, fiscale o legate all’attua-lità, è la Newsletter, che dal 1997 ha aggiorna-to oltre seimila aziende in merito a novità che avessero anche un riflesso diretto sull’operatività

Assiteca ha lan-ciato nel 2010 la prima edizione del Premio Assiteca “La gestione del ri-schio nelle imprese italiane”, un rico-noscimento che ri-veste un aspetto di unicità nel panora-ma nazionale, non essendo mai stato proposto un pre-mio in Italia sulla gestione del rischio

garanzie fidejussorie

assicurazione del credito

Grazie alla Divisione Speciale Cauzioni e Fidejussioni, Assiteca è in grado di reperire sul mercato assicurativo garanzie fidejussorie per le perdite subite dal mancato perfezionamento del contratto d’appalto, dalla mancata buona ese-cuzione dei lavori, dal mancato buon funzionamento dell’opera e da eventuali imperfezioni riscontrate nel collaudo.Il servizio predisposto fornisce - attraverso l’approccio più innovativo e tecno-logicamente più moderno - la risposta più adeguata alla maggior parte delle richieste ordinarie. La novità di questo servizio consiste nel permettere di emet-tere e stampare in autonomia le polizze con notevole risparmio di tempo e costi. Per l’emissione di una polizza on line l’associato deve contattare Assiteca per ottenere l’autorizzazione di accesso al portale. Una volta ottenuta l’abilitazione può inserire la propria richiesta on-line e, dopo l’eventuale perfezionamento del-la polizza da parte di Assiteca, può stampare la polizza.

Attraverso la Divisione Crediti Commerciali, Assiteca ha definito, in collaborazione con una primaria compagnia del ramo crediti, una polizza assicurativa crediti com-merciali da proporre ad aziende con fatturato complessivo inferiore ai c 3.000.000. Il prodotto ha caratteristiche di semplicità e facilità di accesso e potrà quindi essere fruibile attraverso Internet. Indicando fatturato e numero di clienti serviti, l’asso-ciato potrà aderire alla proposta corrispondente ai parametri dichiarati.

Informazioni e dettagli sul portale Cdo,Area convenzioni - Assicurazioni - Assiteca.

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delle aziende stesse. La diffusione di cultura as-sicurativa passa anche attraverso la presenza sul Web di Assiteca, che, con il sito www.assiteca.it, ottiene in media oltre 16 mila contatti al mese, anche grazie all’ottimo posizionamento ottenuto sui motori di ricerca, che premiano il costante lavoro intrapreso negli anni. Il sito consente di mettersi in contatto con la sede Assiteca più vi-cina all’azienda per ottenere una quotazione o semplici informazioni, rappresentando un impor-tante canale di comunicazione diretta. Non solo: grazie al magazine bimestrale AssitecaNews, una newsletter elettronica inviata a una mailing list di 17 mila contatti fra clienti, prospect, associazioni e giornalisti, vengono affrontati temi di caratte-re assicurativo, ma anche di attualità, economia e lifestyle. Nel 2010, ancora una volta precurso-ri in Italia, è stata lanciata la prima edizione del Premio Assiteca “La Gestione del rischio nelle imprese italiane”, che si basa sulla realizzazione di un’indagine funzionale a valutare il grado di preparazione delle aziende sul tema della gestio-ne del rischio. Lo scorso anno è stato approfon-dito il tema della sicurezza sul lavoro, ed è stato edito il volume La gestione del rischio nelle im-prese italiane Focus 2010. Prevenzione, rischi e responsabilità in tema di sicurezza sul lavoro che

ha raccolto i risultati dell’indagine e le case study delle aziende vincitrici. La seconda edizione del premio ha invece indagato l’approccio alla ge-stione del rischio crediti commerciali. Le aziende vincitrici verranno premiate durante il Top Mana-gement Forum che si terrà a Milano i prossimi 30 novembre e 1° dicembre». nPer informazioni sulla convenzione Cdo-Assi-teca è possibile consultare le pagine dedicate a servizi e vantaggi del portale www.cdo.org

Luciano Lucca, nel 1982, con un gruppo di colleghi, ha fondato Assite-ca e ne è diventato prima amministra-tore e successiva-mente presidente e amministratore delegato

garanzie fidejussorie

assicurazione del credito

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servizi

Molto spesso sono le intuizioni a contribuire alla nascita delle idee più geniali e vincenti. E molto

spesso sono le idee vincenti a conqui-stare i mercati. Di questo ne han fatto esperienza Matteo Romano e Cin-zia Bertuzzi ideatori di RegalONE, un’azienda nata nel gennaio del 2009 e già presente sul mercato nazionale a settembre dello stesso anno. Con sede operativa a Milano e con più di venti persone che ruotano attorno al proget-to, RegalONE si è saputa imporre in poco tempo nel settore dei cofanetti regalo, offrendo proposte nuove e inedite che hanno conquistato un’ampia clientela. Proponendo per primi un cofanetto 100% made in Italy e ideando proposte innovative come, ad esempio, “Motori e sapori”, per gli amanti delle due ruote e dell’enogastronomia, e “Hotel a quat-tro zampe”, per coloro che desiderano viaggiare con il proprio animale domestico, Matteo Roma-no e Cinzia Bertuzzi sono riusciti a conquistare una posizione di prestigio nel loro settore e a di-ventare il secondo player del mercato. «La nostra idea vincente - afferma Matteo Roma-no - è stata quella di proporre nuovi servizi e di ideare la formula del cofanetto multitematico con all’interno ogni tipo di esperienza. Ci sono poi cofanetti dedicati all’approfondimento di ogni passione con centinaia di proposte suddivise tra benessere, soggiorni, degustazioni, motori, sport, cene e tanto altro ancora».

u gun’idea regalo gustosaSapori d’Italia è un cofanetto che

mira a valorizzare le piccole aziende

dell’agroalimentare e permette di

ricevere i migliori prodotti della

tradizione italiana

di Francesca Glanzer

SAPORI D’ITALIATra le nuove idee per il 2011 merita una particolare menzione “Sapori d’Italia”, un progetto nato in collabo-razione tra Compagnia del-le Opere e RegalONE, con Solotipico.it come partner tecnico, che coinvolge più di 200 attività imprendito-riali di cui 100 associate a Cdo. Nato come offerta per por-tare alla ribalta piccole aziende del comparto agro-

alimentare, il cofanetto “Sapo-ri d’Italia” sarà distribuito nei canali della grande distribuzione nazionale, nei negozi di elettronica, nelle librerie, nelle agenzie viaggio e raccoglierà in un unico contenitore proposte prove-nienti da tutte le regioni d’Italia. Un’oc-casione unica per il consumatore buon-gustaio che vuole assaggiare o regalare prodotti buoni e tipici del gusto nostra-no e che vuole sostenere l’imprenditoria agricola di qualità. «Le aziende che hanno preso parte al pro-

getto - spiega Matteo Romano - sono presenti sulla guida interna del cofanetto con una pagina di descrizione della loro attività e una foto dei loro prodotti. Il consumatore, quindi, potrà con-sultare la guida e scegliere uno tra i cesti delle composizioni con i prodotti che più gli piacciono e li potrà ordinare usando il buono allegato. Solo-tipico preconfeziona oltre 200 combinazioni e si occuperà della fase di selezione e raccolta degli ordini nonché della spedizione dei prodotti».Per la scelta dei fornitori sono state inoltre se-lezionate alcune imprese non profit che svolgo-no anche finalità sociali di recupero per persone svantaggiate. Un valore aggiunto che unisce al gusto del palato anche quello, ancora più impor-tante, della solidarietà. n

Sopra, Matteo Ro-mano e due dei co-fanetti realizzati da RegalONE

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servizi

up

l’ufficio acquisti della

piccola impresaSono cambiate le pagine del sito

www.cdo.org che presentano

l’articolata serie di servizi e vantaggi

che la Cdo mette a disposizione dei

suo associati, al fine di offrire loro

tutto l’aiuto possibile per far fronte

alle esigenze che si presentano nella

vita dell’azienda

Se l’attività di Compagnia delle Opere consen-te a chi vi partecipa di trovarsi al centro di un complesso di relazioni in cui ciascun associato

può trarre benefici per la propria impresa e la pro-pria attività, i servizi e le convenzioni consentono agli associati di diventare ancora più protagonisti di questa rete, avvalendosi di accordi nazionali e locali con partner qualificati capaci di garantire condizioni vantaggiose in settori chiave, dalle cer-tificazioni all’energia, dal recruitment al mondo della finanza.L’ampio assortimento di convenzioni commerciali, che offre significative opportunità di risparmio e di facilitazione gestionale su telefonia, mobilità, in-formatica, parco autoveicoli, viaggi, logistica e ge-stione del personale, prima denominato Vantaggi, ha da un anno ripreso la sua denominazione origi-naria di Servizi e Convenzioni. Questo perché Cdo ha deciso di riportare al centro della propria pro-posta associativa la dimensione dei costi aziendali.Nell’attuale situazione del mercato, infatti, propor-re convenzioni e sconti è una sfida contro il tem-po: le offerte si moltiplicano ed è difficile trovare quella giusta. Cdo propone un approccio diverso, tramite un sistema di scontistica che aiuta il pro-prio associato nell’individuazione di partner com-merciali affidabili e verificati alla fonte. L’insieme degli sconti proposti ha lo scopo di contenere i costi e soprattutto di liberare l’imprenditore dalla necessità di vagliare, confrontare, sperimentare i fornitori per gli acquisti più diversi. Se le grandi aziende, infatti, hanno un ufficio acquisti, le pic-cole aziende non hanno una struttura dedicata e gli imprenditori devono preoccuparsi che la ricerca di

scontistica non rubi troppo tempo al proprio core business. Il sistema delle convenzioni e dei servizi offerti da Cdo, in un certo senso, costituisce una sorta di ufficio acquisti per le piccole imprese.

Comunicare le opportunitàPer comunicare l’ampio assortimento di conven-zioni commerciali offerte da Cdo, l’associazione dispone di uno strumento cartaceo, il fascicolo “Servizi e Convenzioni per i Soci”, e delle pagine del portale www.cdo.org dedicate a Servizi e Con-vezioni. Come il libretto è stato sottoposto a un aggiornamento della grafica, con il posizionamen-to in copertina del logo Cdo come suo elemento caratterizzante, al fine di sottolineare l’importanza dei Servizi e Convenzioni nell’ambito dell’offerta associativa di Cdo, anche le pagine del portale sono state sottoposte a un restyling.Le pagine dedicate a Servizi e Convenzioni sono state rese più omogenee con la grafica dell’home page principale. La grafica è più razionale, più semplice nella lettura, e la sezione è richiamata in home page da un elenco dei settori interessati dalle convenzioni commerciali Cdo e dei servizi erogati dall’associazione (internazionalizzazione, inno-vazione, formazione). Le opportunità offerte agli associati, infine, sono state riclassificate in base alle categorie di interesse per l’azienda, in modo da essere facilmente comprensibili, reperibili e di immediata navigabilità.Questo restyling è parte integrante del processo di continuo rinnovamento dell’immagine associativa e dello sforzo di Cdo di essere sempre di più uno strumento di servizio per gli associati. n

La sezione del por-tale www.cdo.org dedicata ai Servizi e Convenzioni per i soci

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u eun ponte sulla via egnatia

d i Elona Guri (sede di Tirana)

vita cdo

Un workshop del Matching 2009 titolava “Al-bania Porta dei Balcani”, gli autorevoli rela-tori delle istituzioni albanesi (il vice ministro

dell’Economia) e italiane (il consigliere commer-ciale dell’ambasciata italiana a Tirana) descrive-vano a una platea gremita di imprenditori Cdo le opportunità e le best practice per motivare il loro spirito di intrapresa a considerare l’Albania un Paese target per l’internazionalizzazione e quindi a percorrerlo come “porta” di accesso a un’intera area del sud dei Balcani in cui le economie, un tempo in via di sviluppo, oggi crescono a ritmo continuo e incessante inseguendo il traguardo lontano, ma non troppo, di poter entrare nella Comunità economica europea.In questi anni le molteplici attività succedutesi, con al centro l’evento Matching, hanno genera-to un continuo lavoro di rapporti e di scambi tra le imprese italiane con oltre 30 aziende albanesi che, accompagnate prima dal ministero dell’Eco-nomia e poi dal ministero dell’Agricoltura della Repubblica di Albania, hanno partecipato da al-lora alle successive edizioni del Matching, asso-ciandosi anche alla Cdo attraverso la sede locale di Bari che ha seguito dall’inizio tutte le fasi di scouting e di accompagnamento nell’area balca-nica, sempre in sinergia con Cdo Network.L’intensifi carsi dei rapporti, delle partnership e delle varie opportunità che avvenivano attraver-sando metaforicamente la porta defi nitivamen-te aperta, hanno generato anche in quest’area dell’Europa la consapevolezza che una “respon-sabilità che cresce con la forza dell’origine” non ha confi ni e non ha frontiere, e questo gene è or-

La missione imprenditoriale della Cdo di Bari in Albania, imprenditori alle prese con “Scuola d’impresa”

sull’Internazionalizzazione, Fiere, B2B e inaugurazione della sede di rappresentanza a Tirana

mai defi nitivamente “mappato” e documentato anche nel Dna della Cdo, come testimoniano le altre sedi all’estero e il crescente lavoro di Cdo Network. Per noi che seguiamo e accompagnia-mo i nostri amici mentre affrontano le continue diffi coltà, solcando l’Adriatico da una parte all’altra, la naturale conseguenza è stata propor-re e realizzare per loro, e siamo certi anche per tanti altri, un ponte su quella stessa direttrice millenaria che già il proconsole romano di ma-cedonia Gaio Ignazio aveva per primo realizzato come “infrastruttura” per avvicinare e integrare le province dell’Impero romano dall’Adriatico all’Egeo nel secondo secolo avanti Cristo e che da lui prese il nome di via Egnatia.

Sopra, gruppo di im-prenditori alla Fiera Agroalimentare a Tirana. Al centro si distinguono Mas-simo Ferlini (vice presidente Cdo) tra Vincenzo Papa (pre-sidente Cdo Bari) e Raffaella Valenti-ni in tailleur beige (consigliere com-merciale dell’am-basciata italiana a Tirana), e terzo da sinistra Paolo Preti (docente della Scuo-la d’impresa)

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N . 7 O t t o b r e 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 27

vita cdo

Il ponte ha come piloni le sedi di Bari e quel-la di Tirana, che è stata inaugurata lo scorso 22 settembre dal vice presidente Cdo Ferlini insie-me al ministro dell’Agricoltura e al presidente dell’Unioncamere di Albania, nell’ambito di una missione imprenditoriale durata tre giorni proposta dalla Cdo di Bari in occasione della Fiera Agroalimentare organizzata dal ministro dell’Agricoltura Genc Ruli.Il primo giorno della missione i 25 imprenditori italiani e albanesi hanno avuto la possibilità di partecipare a una giornata di Scuola d’impresa in full immersion con il professor Paolo Preti dal tema “Lo sviluppo delle pmi: internazionalizza-zione e innovazione”, affrontando e approfon-dendo in aula temi, contenuti ed esperienze che hanno immediatamente vissuto e applicato nei giorni successivi durante i workshop, la Fiera e i B2B organizzati per loro.L’ambasciata italiana a Tirana, attraverso Raffaella Valentini (consigliere commerciale d’Ambasciata) ha accolto in quei giorni la delegazione degli im-prenditori presso la propria sede organizzando un evento di presentazione del “Sistema Italia” in Al-bania cui erano presenti l’Istituto per il commercio estero, la Camera di commercio italiana in Albania e i due istituti di credito italiani presenti nell’area, ovvero Banca Intesa e Veneto Banca.Il ministero dell’Agricoltura albanese, nell’am-bito della Fiera Agroalimentare che si svolgeva negli stessi giorni a Tirana, da loro patrocinata attraverso l’impeccabile organizzazione del diri-gente Lauresha Grezda, ha dedicato uno dei prin-cipali forum alla cooperazione economica italo/albanese, chiedendo alla Compagnia delle Opere di moderarlo presentando il Matching e la Scuola d’impresa alla presenza del v. ministro Tomaj e del v. ambasciatore italiano Berlendi.Anche quest’anno, per la terza volta, altre im-prese albanesi saranno accompagnate dalla Cdo di Bari al Matching 2011 tra cui 10 del settore agroalimentare saranno guidate dal ministero dell’Agricoltura albanese, ancora una volta ospi-te in un workshop che vede tra i relatori invitati il ministro Genc Ruli e l’ambasciatore italiano in Albania S.E. Saba d’Elia che nella primavera del 2010 aveva fortemente voluto, promosso e orga-nizzato una stagione di eventi di cultura, impre-sa, sport e spettacolo dal nome “Due popoli, un mare, un’amicizia” che ha visto la Compagnia delle Opere tra i principali partner istituzionali.La rete tra istituzioni, associazioni e imprese continua a infittirsi e a crescere da una sponda all’altra dell’Adriatico, insieme ai buoni rapporti

cronologia delle tappe più significative di questi anni

l Aprile 2009, Fiera di Konfindustria Albania a Tirana. La Cdo di Bari presenta il Matching 2009 e sigla un accordo per accompagnare alcune aziende albanesi a Milano

l Giugno 2009, I Seminario sull’internazionalizzazione a Bari. Ospiti il ministero dell’Economia Albanese e Konfindustria Albania

l Settembre 2009, una piccola delegazione Cdo visita in giro per l’Albania le aziende partecipanti al Matching

l Novembre 2009, a Milano durante il Matching viene presentato il “Programma di cooperazione alla sviluppo delle pmi albanesi” voluto dall’ambasciata italiana e dal ministero dell’Economia albanese

l Marzo-Giugno 2010, in Albania si svolge la manifestazione “Due Popoli, un mare, un’amicizia” organizzata dall’ambasciata italiana a Tirana, di cui Cdo è partner istituzionale

l Novembre 2010, a Milano partecipano molte aziende albanesi con il ministero dell’Agricoltura

l Gennaio-Luglio 2011, si intensificano i viaggi, gli incontri e gli scambi tra imprese italo albanesi con il supporto della Cdo di Bari

l Settembre 2011, la Cdo di Bari inaugura la sede di rappresentanza a Tirana, organizza la prima Scuola d’impresa con imprenditori italiani e albanesi e una serie di eventi con le principali istituzioni italiane e albanesi

l Novembre 2011, al Matching saranno presenti ancor più numerose delle precedenti edizioni le imprese albanesi e anche il ministero dell’Agricoltura

e alle buone pratiche che rendono viva e presente l’amicizia che i due popoli stanno sviluppando sempre più uniti da un unico mare su cui oggi c’è per tutti un nuovo ponte.Concludo con lo stesso messaggio con cui ho dato personalmente il benvenuto alla delegazio-ne italiana lo scorso 21 settembre che estendo a tutti i lettori del Corriere delle Opere: sappiate che noi ci siamo e che da oggi in poi questo ponte resterà sempre aperto! n

Sopra, da sinistra: Massimo Ferlini, Raffaella Valentini, Vincenzo Papa, Lauresha Grezda (dirigente del ministero che ha organizzato la Fiera)

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I Fl’italia ce la può fare

Secondo Alberto Quadrio Curzio,

il nostro Paese può uscire dalla

crisi se, insieme a tutta l’Europa,

saprà assumersi le proprie

responsabilità, riconquistando la

fi ducia dei mercati internazionali

e una credibilità politica

d i D a r i o Va s c e l l a r o

attualità

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l’italia ce la può fare

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Negli ultimi due mesi soprattutto l’Eurozona è sembrata vacillare sotto i colpi di una tem-pesta finanziaria che ha travolto Paesi picco-

li come la Grecia, ma che ha creato non pochi problemi anche al nostro Paese. Per capire cos’è successo, cosa potrebbe accadere e come uscire da questa crisi, abbiamo parlato con un grande economista, Alberto Quadrio Curzio.Professore, innanzitutto le chiederei di spie-garci come mai siamo stati costretti a varare una manovra finanziaria così pesante.«Dopo la manovra di luglio, approvata in soli cinque giorni con il sostanziale consenso di tutto il Parlamento in quanto la stessa opposizione si è astenuta, anche grazie all’intervento del pre-sidente della Repubblica, i nostri titoli di Stato hanno cominciato ad avere un andamento forte-mente negativo. A quel punto, l’Europa, soprat-tutto con una lettera congiunta della Bce a firma di Trichet e Draghi, ha chiesto di anticipare il pa-reggio di bilancio di un anno, dal 2014 al 2013. Si è arrivati, così, alla manovra di agosto, che è di dimensioni notevoli e che, di fatto, ha portato a una correzione del deficit intorno ai 150 miliardi sul periodo 2012-2014 che vanno a sommarsi ad altri circa 110 miliardi sul periodo 2009-2010. In totale, in sei anni, la correzione del deficit italia-no è di 260 miliardi di euro. Nei giorni successivi al varo di una manovra così ingente, tuttavia, il differenziale dei titoli italiani rispetto a quelli te-deschi non è migliorato, ma soprattutto è peggio-rato e di molto rispetto a quello della Spagna. Un tale andamento non trova giustificazione nei fon-damentali economici, visto che l’Italia è molto più forte della Spagna, ma è stato causato da una forte caduta di fiducia nei confronti del Gover-no italiano. L’Esecutivo, infatti, durante agosto ha dimostrato un notevole sbandamento, e non solo per cause politico-partitiche, ma anche per fatti attinenti il presidente del Consiglio, che ha certamente danneggiato la credibilità del Paese. I mercati hanno ritenuto che la situazione italia-na comportasse un sovrappiù di rischio rispetto a quella spagnola che si avvia, ma con un processo molto più lineare, verso le elezioni».Quali saranno le conseguenze per le famiglie e per le imprese?«La conseguenza più preoccupante, soprattutto per il sistema delle piccole imprese, è che per un’Europa molto incerta nel prendere decisioni, con la Grecia sull’orlo del baratro e una Germa-nia che non segue una direzione precisa, anche nell’Italia dove pure il sistema bancario è solido i flussi di credito interbancari si sono pressoché

prosciugati. Le banche faticano a raccogliere sui mercati e, di conseguenza, faticano a erogare il credito alle imprese. Oltre a ciò, i requisiti di Ba-silea sono molto stringenti e perciò, con i titoli di Stato che le banche hanno in portafoglio deprez-zati sui mercati, gli istituti di credito si vedono costretti a ridurre il credito e ad aumentare i tassi, cosa che certamente non va a beneficio del siste-ma delle imprese».Quali sono le soluzioni per uscire da questa dif-ficile situazione?«Vedo due soluzioni. La prima è che l’Europa prenda una decisione netta riguardo gli eurobond. Si tratta di una misura che io ho sostenuto fin dal 2004, prima che la crisi scoppiasse. In un articolo recente scritto per il Sole 24 Ore insieme a Ro-mano Prodi, li abbiamo configurati come eurou-nionbond che dovrebbero avere come garanzia patrimoniale l’oro delle riserve ufficiali e titoli azionari delle reti di trasporto (energia, teleco-municazioni ecc.) partecipate dallo Stato. È una soluzione che io continuo a considerare non solo fattibile, ma anche auspicabile perché, attraverso le emissioni di eurounionbond, si potrebbe, da un lato, alleggerire il debito pubblico dei singo-li Stati, dall’altro lato, realizzare investimenti in infrastrutture europee che stimolino la crescita. Questa, secondo me, rimane la strada maestra. Continuo a interrogarmi sul perché le riserve au-ree, che sono “pietrificate” nelle Banche centrali europee - le quali hanno le maggiori riserve auree ufficiali del mondo -, non vengano messe a ga-ranzia di un’emissione obbligazionaria. Una tale emissione così garantita andrebbe a ruba, ma vi è una sorda resistenza, senza spiegazioni, verso questa soluzione. In ogni caso, se non si fanno gli eurobond l’Europa non uscirà mai da questa situazione. Capisco che la Germania non li vo-

Secondo l’economista Quadrio Curzio (nella foto a fianco), sarebbe opportuno che l'Europa adottasse gli eurounionbond che dovrebbero avere come garanzia patri-moniale l'oro delle riserve ufficiali e titoli azionari delle reti di trasporto (in apertura, la sede della Banca centrale europea)

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Per salvare l’Euro-zona - dice Quadrio Curzio -, ora che tutti gli Stati europei lo hanno ratificato, il Fondo di salvatag-gio deve diventare operativo

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glia perché teme di rimanere essa stessa gravata dai debiti degli altri se ci si dovesse basare solo su garanzie nominali. Ma gli eurounionbond sa-rebbero garantiti da beni reali come l’oro, azioni di partecipazioni statali in grandi reti di trasmis-sione di energia elettrica, nelle pipeline del gas, nella rete ferroviaria».Gli eurounionbond, dunque, sarebbero una so-luzione. Qual è l’altro rimedio?«L’altra soluzione minore è che quel Fondo di salvataggio, varato da molto tempo, che in luglio è stato autorizzato a comperare titoli di Stato e al quale è stata aumentata la dotazione, adesso che è stato ratificato da tutti gli Stati europei, si metta davvero a operare».Insomma, l’Italia e gli altri Paesi dell’Ue non potranno uscire dalla crisi senza un’assunzio-ne di responsabilità da parte dell’Europa.«Esatto. In più, per quanto riguarda l’Italia, ri-tengo indispensabile che il Governo assuma una caratura che garantisca maggiormente i mercati e gli interlocutori internazionali. Tale caratura in questo momento manca e ciò indubbiamente grava anche sul costo del piazzamento del nostro debito pubblico. Come poi si possa tradurre que-sto mio auspicio in termini di regole della demo-crazia italiana non intendo trattarne ora, ma non posso non rilevare la crisi della politica italiana. In più devo constatare che i mercati hanno regi-strato un calo verticale di fiducia nei confronti del Governo italiano. D’altronde, il giudizio che le tre maggiori agenzie di rating hanno di recente dato sull’Italia faceva esplicito riferimento anche alle incertezze politiche dell’Esecutivo e ai trava-gli interni del sistema politico italiano».Un Governo, che lei auspica più autorevole, quali ricette dovrebbe subito mettere in pratica per rilanciare lo sviluppo del nostro Paese?«Innanzitutto io credo che la dismissione dei beni pubblici, finalizzata alla riduzione del debito pubblico e al reperimento di risorse da destinare alla crescita, dovrebbe essere studiata oggi con modalità diverse rispetto a quelle degli anni 90. Oggi vendere tout court degli asset con i prezzi di un’economia in recessione vorrebbe dire sven-dere deprezzando i valori. Sarebbe meglio costi-tuire delle società in cui conferire i beni pubblici, cercando di quotarle in Borsa e usandole in parte per emettere obbligazioni, eventualmente con-vertibili. I beni pubblici non sarebbero venduti direttamente sul mercato, ma sarebbero conferiti in società “veicolo” che, a loro volta, sarebbero quotate sul mercato. In questo modo si potreb-bero raccogliere risorse finanziarie significative,

anche guardando all’estero. I fondi sovrani come quello cinese, ad esempio, ma anche altri, a mio avviso non sono stati avvicinati dall’Italia con modalità adeguate, anche se sono dotati di gran-di risorse, per la grande confusione del nostro Paese. Una entità che invece mostra ordine e ini-ziativa è la Cassa Depositi e Prestiti che potrebbe davvero svolgere, anche per professionalità, un grosso ruolo nella nuova ondata di privatizza-zioni. Questa può essere la strada per incassare risorse finanziarie e ridurre il debito pubblico. Un’altra strada molto più semplice, ma che ri-tengo praticabile, sarebbe quella di aumentare determinate forme di tassazione, riducendo con-temporaneamente i contributi sociali sul lavoro. Ciò avrebbe un effetto espansivo importante per-ché la riduzione dei contributi sociali da un lato può contribuire ad aumentare il potere d’acqui-sto dei redditi da lavoro, dall’altro può consenti-re alle imprese una eventuale riduzione dei prez-zi, se la riduzione del contributo non va tutta a beneficio del reddito da lavoro. Se vogliamo far aumentare la domanda interna e la competitivi-tà del sistema, dobbiamo alleggerire il gravame fiscale e contributivo sul lavoro, andando a cer-care le risorse dove si possono trovare, magari aumentando qualche imposta purché non di tipo una tantum e non per coprire una spesa pubblica indifferenziata». È favorevole all’introduzione di una patrimo-niale?«Non amo le imposte straordinarie. Credo che, laddove si reintroducano imposte sul patrimonio,

queste debbano essere imposte ordinarie,

non straordi-

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narie. Si potrebbe reintrodurre l’Ici sulla prima casa, in quanto si tratta di un’imposta sul patri-monio. Vedrei invece con molta preoccupazione un’imposta patrimoniale sulla casa una tantum. Qualcuno afferma che servirebbe ad abbassare il debito pubblico, ma questo in seguito potrebbe aumentare di nuovo sui flussi di spesa non ridot-ti. In più, le imposte straordinarie non concedo-no ai titolari dei patrimoni, cioè a chi è gravato dell’imposta, il tempo sufficiente per adeguare i propri comportamenti economici, mentre un’im-posta bassa e continuativa permette di farlo».Tra le ricette da applicare subito, pensa che ci vorrebbe anche una “sforbiciata” ai costi della politica?«Bisognerebbe, davvero, ridurre i costi della po-litica che rimangono molto alti. Se si riuscisse a ridurre tali costi e a utilizzare le risorse così libe-rate per ridurre i contributi sociali sul lavoro, il cuneo fiscale e contributivo, si compierebbe un passo importante sulla strada per la crescita. Da ultimo, credo che gli italiani debbano rendersi conto che ci troviamo in un periodo molto diffici-le, che ci vuole sobrietà, una forte spinta solida-ristica, di un solidarismo operoso, dinamico, non “al ribasso”».Secondo lei, a breve sarà necessaria una nuova manovra correttiva dei conti pubblici?«Non credo. Arriveremo al pareggio di bilancio nel 2013 o al più tardi nel 2014. Il Fondo mone-tario internazionale ha affermato che, per quanto riguarda i conti pubblici, debito escluso, l’Italia è il Paese messo meglio in Europa preceduto solo dalla Germania. Se facessimo un’altra manovra temo che non riusciremmo più a crescere. Le ma-novre, infatti, hanno anche effetti recessivi».In effetti, anche le speranze di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 si basano su pre-visioni di crescita forse sovrastimate.«Questo è vero. Tuttavia, se dovessimo fare un’altra manovra, la mia impressione è che la crescita si abbasserebbe ulteriormente. Per cre-scere ci vogliono interventi continui nel tempo. In Italia, invece, quando si passa da un Governo a un altro, si creano delle discontinuità. Se, mal-grado i cambiamenti di maggioranza, ci fosse una continuità della politica economica, ciò andrebbe a vantaggio del Paese».Ritiene che nel Paese ci sia una coesione socia-le sufficiente per rispondere alla crisi?«L’Italia ha una società forte che contiene tan-te forme associative che hanno un contenuto di solidarietà dinamica, creativa, operosa. Malgrado alcuni considerino che tali forme associative non

facilitino la concorrenza, io credo invece che sia-no un grande momento non solo di democrazia partecipativa, ma anche di stabilità sociale, che è anche un grande valore economico. L’Italia, an-che nella crisi, ha avuto meno problemi sociali di altri Paesi. I nostri ammortizzatori, la sanità funzionano, anche se, certo, si può fare meglio».Il patto generazionale, però, sembra che sia andato in crisi.«Questo è il punto debole del nostro Paese. Il pat-to generazionale è traballante. In una crisi come questa, però, questo patto si rinsalderebbe attra-verso forme di liberismo libertario? Credo, inve-ce, che sia molto importante dare corpo a soggetti sociali che svolgano il ruolo di ammortizzatori sociali. Ogni società ha le sue caratteristiche. Certamente sarebbe buona cosa se il mercato del lavoro fosse meno ingessato, ma è altrettanto vero che, per renderlo meno ingessato, senza cre-are contraccolpi su chi venisse espulso dal mer-cato del lavoro, bisognerebbe congegnare nuovi soggetti sociali, o valorizzare quelli esistenti per fungere da ammortizzatori. Solo così si potrebbe avere una società sana».Possiamo finire con una nota di speranza per l’economia?«Certamente. Sono convinto che l’Europa sia fortissima dal punto di vista economico, sociale, con un modello dai forti contenuti solidaristici operosi. Il nostro continente, però, deve ritrova-re quello slancio che ha avuto nei suoi momenti fondativi. Se ci fossero oggi personaggi come De Gasperi, Adenauer, Schumann, Kohl, usciremmo molto rapidamente dalla crisi». n

Le risorse rispar-miate tagliando i costi della politica - afferma Quadrio Curzio - dovrebbero essere utilizzate per ridurre i contributi sociali sul lavoro (nella foto, il Parla-mento europeo)

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p cper una nuova cultura fiscale

d i D a r i o Va s c e l l a r o

Da dove nasce la scarsa propensione degli italiani a pagare le tasse? Secondo Attilio Befera, direttore

dell’Agenzia delle Entrate, dal fatto che non si coglie l’utilità delle imposte in rapporto al bene comune

È stato più di 70 anni fa che Schumpeter ha usa-to il termine “cultura fiscale” nel suo celebre articolo “Economia e sociologia della Income

Tax”. Il punto di vista schumpeteriano è che «la cultura fiscale è una espressione della spirituali-tà e della creatività umana». Al direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, abbia-mo chiesto qual è stata l’evoluzione del sistema fiscale del nostro Paese, a partire dall’Unità d’Ita-lia, e quali sono stati i fattori economici, sociali, culturali, storici, geografici, psicologici che hanno maggiormente contribuito a creare la nostra cultu-ra fiscale.«Gli aspetti che maggiormente hanno caratteriz-zato l’evoluzione del sistema fiscale dall’unità a oggi possono essere così sintetizzati: passaggio da un sistema fondato prevalentemente sulla ric-chezza a uno fondato prevalentemente sul reddi-to; introduzione della progressività; introduzione dell’autodichiarazione e dell’autotassazione; au-mento considerevole della pressione fiscale com-plessiva. Per quanto riguarda la cultura fiscale, mi è capitato di dire in diverse occasioni (e ne sono sempre più convinto) che la principale difficoltà cui va incontro nel nostro Paese una seria azione di recupero dell’evasione è appunto di natura cul-turale. Naturalmente so bene che l’opinione pres-soché unanime, quale attestano i sondaggi, è che l’evasione fiscale sarebbe uno dei peggiori mali che affliggono l’Italia. Se devo però giudicare dal tenore di polemiche e dibattiti ricorrenti, temo che l’evasione contro cui, a ondate, si leva lo sdegno sia, per lo più, solo l’evasione altrui. La difficoltà di comprendere che la cura del proprio interesse non esclude affatto ma anzi esige la cura dell’in-teresse collettivo - che ha appunto, come suo momento cruciale, l’adempimento degli obblighi fiscali - rappresenta la distanza culturale che ci

separa dai grandi Paesi con cui ci confrontiamo. Questo deficit di intelligenza sociale ha origini lontane. Sono trascorsi più di quattrocento anni da quando Francesco Guicciardini tratteggiò nel-la sua Storia d’Italia la propensione degli italiani per il “particulare”. Stava ormai cominciando il lungo declino nel quale sarebbe sprofondata quel-la che era stata per tanto tempo fra le nazioni più fiorenti apparse sulla scena del mondo. Purtroppo non credo che questa propensione sia in seguito scemata». Più nello specifico, quali sono le cause dell’av-versione degli italiani verso le tasse?«Un recente studio della Banca d’Italia elenca quattro motivi storici: la destinazione del getti-to, che finiva in gran parte all’estero, al padrone straniero di turno; i difetti del meccanismo di esazione, che lasciava nelle mani degli esatto-ri percentuali elevatissime del riscosso (anche il 50%); la sperequazione del carico tributario, che

Attilio Befera è “l’uomo delle tas-se”, il direttore dell’Agenzia delle entrate; ha inventa-to Equitalia e rivo-luzionato il sistema di riscossione dei tributi

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ricadeva su chi aveva meno voce in capitolo; le numerose esenzioni a favore del clero e della no-biltà. Insomma, essere contribuente è stata a lun-go considerata una condizione socialmente squa-lificante. Il che non è molto diverso dall’attuale atteggiamento di quelli che pensano che chi evade è furbo e chi paga le tasse è uno sciocco. Pecca-to, però, che una somma di innumerevoli furbizie individuali genera inevitabilmente una profonda stupidità collettiva. Ma io sono convinto che un Paese di antica civiltà e dalla storia assolutamente unica per la stupefacente varietà della ricchezza culturale che ha saputo esprimere possa e debba trovare in sé l’orgoglio di proporsi l’obiettivo di diventare un Paese di coscienza civica più evoluta. Il nostro obiettivo come Agenzia delle Entrate è quello di contribuire a dare spazio a questa evo-luzione e sostenerla, facendo percepire con chia-rezza, a chi dà prova di lealtà, che non è da inge-nui, né da sciocchi rispettare gli obblighi fiscali. Per questo dobbiamo esigere con determinazione l’osservanza delle regole che abbiamo il compito di far rispettare al servizio dell’intera collettivi-tà. E dobbiamo farlo con misura, equilibrio e ra-gionevolezza, perché sono questi comportamenti che, come dimostrano anche ricerche empiriche, contribuiscono a incentivare la tax compliance, cioè l’adempimento spontaneo, su cui si fonda il nostro sistema fiscale». La buona cultura fiscale, oltre a promuovere un’equa imposizione, deve mirare a non soffo-care lo sviluppo economico. Ritiene che l’odier-na cultura fiscale italiana soddisfi entrambi questi requisiti? Se no, in che modo la si do-vrebbe modificare? Ci sono Paesi che dovrem-mo prendere a modello?«Per dirla in poche parole, l’affermazione di una buona cultura fiscale dipende, in ultima istanza, dalla chiara consapevolezza di quale sia l’utilità del pagare le imposte. Il che vuol dire, al di là di tante fumisterie, dare corpo e sostanza al con-cetto del “bene comune” e del “costo del bene comune”. Dal lavoro dell’Agenzia delle Entrate deriva l’acquisizione di gran parte delle risorse necessarie per far funzionare i servizi pubblici. È un lavoro - lo sappiamo bene - che nessuno dei destinatari, individualmente, gradisce (se scio-perassero i controllori del Fisco, potremmo im-maginarci proteste di piazza?). Pagare un tributo non è piacevole, come non lo è neanche pagare un prezzo per acquistare qualcosa. Se parliamo però di piacere, sembra ovvio che - nel confronto fra le due cose - le tasse escano di gran lunga scon-fitte. Per due motivi. Il rapporto fra il prezzo che

paghiamo e il bene privato che acquistiamo (da una penna a una casa) è in genere diretto e im-mediato, a differenza del rapporto che può esserci fra pagare un tributo e quanto ce ne viene in cam-bio. In secondo luogo - aspetto, questo, ancor più importante - il bene privato che acquistiamo, solo noi abbiano il diritto di godercelo, a differenza del bene pubblico. L’auto nuova ritirata dal con-cessionario c’è costata magari molto, ma è nostra e solo nostra, e questo è fonte di grande piacere. Chiediamoci, però, cosa potremmo mai farcene della nostra bella auto, se non vi fossero strade su cui viaggiare, se non ne fosse curata la manu-tenzione, se non ci fossero servizi di vigilanza, di controllo e di soccorso, senza i quali mettersi su strada assomiglierebbe a una pericolosa avventu-ra in una giungla selvaggia. Tutti questi beni spe-ciali - senza i quali i beni privati che giustamente amiamo perderebbero, se non tutto, comunque gran parte del loro valore - sono “beni pubblici”. Non costituiscono fonte diretta di piacere, perché non possono essere solo nostri, dato che nessu-no avrebbe mai convenienza a pagarseli da soli, così come nessuno avrebbe convenienza a pagarsi da solo l’illuminazione delle strade che percorre ogni sera per tornarsene tranquillamente a casa propria. Almeno fino a quando non acquisiamo un più elevato grado di maturità e di consapevolezza - ed è appunto questo l’essenza dello “sviluppo ci-vico” - i beni pubblici non ci procurano il piacere di cui ci gratificano i beni privati per il fatto di es-sere solo nostri. Ma il punto è che non godremmo alla fine di nessuno dei nostri amati beni privati, se non potessimo disporre di questi oscuramente preziosi beni pubblici, senza i quali - non temo affatto di esagerare - la nostra vita finirebbe per essere esattamente quella che Thomas Hobbes

L’affermazione di una buona cultura fiscale - afferma Be-fera - dipende dalla chiara consapevo-lezza di quale sia l’utilità del pagare le imposte

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raffi gurava nello stato di natura: “solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve”. Ebbene tutti questi beni pubblici - ospedali, scuole, strade, pubblica sicurezza ecc. - hanno necessariamente un prezzo, che si paga appunto con le imposte. Se tutto ciò sfugge, la conseguenza è inevitabile: le tasse sono viste come un sacrifi cio privo di utilità (e dun-que evaderle non sarà poi così grave…), mentre i servizi pubblici vengono tacitamente considerati qualcosa che esiste per suo conto da sempre, e che sarebbe strano non esistesse. Chi soffre di questo “strabismo” forse non ha mai pensato che, se il rubinetto del gettito dovesse improvvisamente chiudersi, questi servizi non potrebbero più essere resi. Diversi anni fa realizzammo uno spot tele-visivo che rappresentava, con poche, ma effi caci immagini uno scenario di questo tipo: infermieri senza più barelle, con i pazienti stesi a terra, pom-pieri con in mano idranti da cui non esce più ac-qua, tra i lamenti di persone che vedono bruciare le proprie abitazioni, e così via. Dalla disponibili-tà insomma di beni pubblici dipende la fruizione stessa dei beni privati. Possiamo certo augurarci che il collegamento fra imposte e servizi pubblici possa essere percepito in futuro più nitidamente grazie al federalismo fi scale. Parlando sempre di sostegno allo sviluppo economico-sociale, c’è an-che un altro aspetto - ugualmente in ombra - ri-guardo al quale può essere fondamentale l’azione dell’Agenzia. Mi riferisco all’aspetto della com-petitività delle imprese. Nel nostro Paese l’evasio-ne fi scale costituisce sicuramente uno tra i prin-cipali fattori di ostacolo a una concorrenza leale. Specie quindi in una congiuntura economica così diffi cile, contrastare l’evasione signifi ca - oltre che dare un sostegno indispensabile alla tenuta del bilancio pubblico - tutelare le imprese sane, e contribuire in questo modo al superamento della crisi economica». Cresce l’evasione fi scale in Italia che si confer-ma primatista europeo con il 51,1% del reddito imponibile non dichiarato. Ritiene che questa anomalia italiana sia legata a una peculiare cultura fi scale, o a un più generale scarso senso di appartenenza alla comunità statale?«La collocazione nella classifi ca europea, in real-tà, ci pone al secondo posto, dopo la Grecia. Que-sto dato fa emergere la rilevanza del fenomeno e la sua riconducibilità a cause insite nel tessuto so-cio culturale del nostro Paese, come ho già avuto modo di osservare in precedenza. La cultura della compliance è, invece, molto recente e purtroppo non ancora del tutto consolidata. Ritengo, infat-ti, che nel nostro Paese non vi sia un approccio

responsabile della società nei confronti del Fisco e una vera consapevolezza del valore della contri-buzione. In generale, si avverte una forte esigen-za di generare un cambiamento nella percezione diffusa del prelievo fi scale e di chi se ne sottrae. Stiamo assistendo però a un’inversione di rotta della mentalità fi scale grazie anche alle misure adottate da Parlamento e Governo e all’attenzione che il tessuto sociale sta dedicando al problema dell’evasione. L’Agenzia, dal canto suo, si sta im-pegnando quotidianamente affi nché la società sia sempre più consapevole della gravità del fenome-no dell’evasione che anche il presidente della Re-pubblica Giorgio Napolitano e il cardinale Angelo Bagnasco hanno vivamente condannato nei loro autorevoli interventi». Essendo l’evasione fi scale per certi versi un vero e proprio “fenomeno culturale” tanto sbagliato quanto diffuso, purtroppo, e non bastando le azioni mirate di contrasto, si rendono necessa-rie in merito anche delle campagne di informa-zione e di sensibilizzazione. Qual è l’impegno al riguardo dell’Agenzia delle Entrate?«La diffusione della cultura fi scale, intesa come concreta partecipazione dei cittadini alla realiz-zazione e al funzionamento della Cosa pubblica, rappresenta uno degli obiettivi fondanti per un operato effi cace dell’Agenzia delle Entrate. Ai fi ni del raggiungimento di quest’obiettivo, abbia-mo promosso lo scorso 8 agosto una campagna di comunicazione istituzionale, realizzata in colla-borazione con il ministero dell’Economia e delle Finanze e la Presidenza del Consiglio dei mini-stri, con spot televisivi e radiofonici, annunci sulla stampa e manifesti nelle principali stazioni e aero-porti italiani. Il messaggio veicolato è duplice: da una parte “Se tutti pagano le tasse - recita uno dei due spot - , le tasse ripagano tutti. Con i servizi”; dall’altra l’evasore è paragonato a un “parassita che vive a spese degli altri, danneggiando tutti”. La creazione di una consapevolezza nei cittadini

Nel nostro Paese - ricorda Befera - l’evasione fi scale costituisce uno tra i principali fattori di ostacolo a una con-correnza leale

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in merito alle conseguenze, positi-ve e negative, del proprio compor-tamento fiscale è fondamentale. Non bisogna dimenticare, infatti, che la nostra Carta costituzionale, all’articolo 53, prevede che tutti sono tenuti a concorrere alle spe-se pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il dovere di pagare le im-poste, quindi, nasce dalla necessità di contribuire al bene comune da parte di tutti i cittadini, che nello stesso tempo hanno il diritto di godere dei frutti del loro “investimento” condiviso. Anche questa campagna risponde a un intento di sensi-bilizzazione culturale e si affianca ad altre inizia-tive, come i 1.200 incontri all’anno nelle scuole italiane nell’ambito del progetto Fisco e Scuola. A partire dal 2002, grazie alla collaborazione con il Miur, l’Agenzia organizza questi incontri per in-segnare ai più giovani, che sono i contribuenti di domani, che pagare le imposte è un atto di civiltà. Con la stessa finalità abbiamo partecipato a “La nave della legalità”, promossa dal Miur insieme alla “Fondazione Giovanni e Francesca Falcone”, che coinvolge migliaia di studenti anche attraver-so tavole rotonde durante il tragitto da Civitavec-chia a Palermo».Gli importanti cambiamenti della politica fisca-le che si sono avvicendati nel corso degli anni sono stati accompagnati da adeguati cambia-menti nella struttura amministrativa del nostro Paese? E l’organizzazione dei processi azienda-li ha tenuto il passo con le crescenti richieste da parte dell’amministrazione fiscale?«La volontà di dar vita a un sistema efficien-te sul piano dei controlli e sempre più orientato al contribuente in termini di servizi e assistenza è l’obiettivo dell’Agenzia delle Entrate fin dalla sua nascita. Una revisione profonda delle strut-ture e dei processi in funzione dei cambiamenti normativi che si sono susseguiti negli anni hanno consentito il raggiungimento dei risultati attuali. Questo approccio flessibile che contraddistingue la nostra Amministrazione e che si sta dimostran-do vincente ci ha permesso di effettuare, in tempi brevi, una riorganizzazione di tutte le emanazioni periferiche al fine di rendere più efficiente il siste-ma. Grazie a questa riorganizzazione, l’attività di controllo prima frammentata in quasi 400 uffici è stata concentrata in poco più di 100 direzioni pro-vinciali. Sul fronte dei servizi, invece, le struttu-re sono rimaste capillari sul territorio, mentre gli operatori dei nostri Centri di assistenza multica-nale forniscono assistenza e informazioni ai citta-

dini via telefono, posta elettronica e sms. I risultati ottenuti assumono un rilievo ancora maggiore se si tiene conto che questo interven-to organizzativo ha portato a una maggiore economicità di funzio-namento dell’Agenzia rispetto alla struttura precedente. L’Ocse ha

riconosciuto all’Agenzia delle Entrate il primato nell’informatizzazione dei servizi. Si pensi che, nel 2010, 43 milioni di dichiarazioni sono state gestite telematicamente e oltre sei milioni di ser-vizi sono stati erogati in rete; la registrazione dei contratti di locazione può avvenire on line, così come il pagamento delle imposte con F24, la veri-fica della propria posizione attraverso la consulta-zione del cassetto fiscale, la richiesta di un parere su un caso specifico. Il percorso è ancora lungo, ma siamo sulla strada giusta». Come giudica i recenti provvedimenti presi dal Governo per combattere l’evasione fiscale?«Negli ultimi anni Governo e Parlamento hanno adottato numerose norme che ci hanno consentito di incrementare i risultati raggiunti in termini di recupero dell’evasione. Tra le misure più efficaci, rientrano a pieno titolo gli strumenti introdotti per contrastare le compensazioni indebite, le dispo-sizioni volte a combattere le frodi Iva, il raffor-zamento delle misure cautelari, il nuovo reddito-metro o lo spesometro, per citarne solo alcune. Il redditometro, in particolare, ci darà la possibilità di colpire l’evasione andando a incrociare i dati relativi alle spese sostenute con quelli rilevabili dalle dichiarazioni dei redditi. Grande importan-za riveste anche la possibilità offerta dall’ultima manovra di accedere in maniera diretta ai conti correnti, anziché ad accertamento già avviato, per verificare a monte particolari anomalie». Ritiene realistico basare buona parte della re-cente manovra finanziaria sulla previsione di recuperare gettito fiscale dagli evasori?«Ritengo sia fondamentale leggere le norme volte a combattere l’evasione in un’ottica non solo di contrasto ma anche e soprattutto di prevenzione. Penso che questa manovra finanziaria completi un percorso normativo che mette in campo una serie di misure che ci consentiranno sia di recuperare l’evasione sia di aumentare in modo strutturale la tax compliance. Un chiaro esempio di come la nostra attività, coadiuvata da norme sempre più efficaci, stia dando buoni risultati in termini di aumento degli adempimenti spontanei è fornito dall’aumento dell’Iva versata spontaneamente lo scorso anno, nonostante la crisi». n

Ministero dell’Eco-nomia e delle Fi-nanze, Agenzia del-le Entrate e Dipar-timento per l’infor-mazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei mini-stri hanno realizzato una campagna inte-grata di comunica-zione istituzionale per sensibilizzare i cittadini sulla ne-cessità e l’impor-tanza di pagare le imposte

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È I

reti d’impresa

È l’ora di crescere insieme

La prima e più rilevante motivazione alla costruzione di reti d’impresa si ritrova nelle connessioni con i fenomeni della globalizzazione della competizione e di inter-nazionalizzazione della stessa. Le ragioni prime sono quindi economiche e rispondo-no all’esigenza di attenuare le diffi coltà connesse al frazionamento industriale tipico soprattutto del contesto italiano

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reti d’impresa

d i N i c o l a Va r c a s i a

Lcrescita per le imprese è un fattore cruciale, so-prattutto in momenti di profonde trasformazio-ni sui mercati internazionali, e le forme di ag-

gregazione tra imprese rappresentano una risposta a questa necessità. È il caso delle reti d’impresa, forme di coordina-mento di natura contrattuale tra imprese, partico-larmente destinate alle pmi che vogliono aumen-tare la loro massa critica e avere maggiore forza sul mercato senza doversi fondere o unirsi sotto il controllo di un unico soggetto. Le imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete godono di un regime di sospensione di imposta di cui possono fruire gli utili d’esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal contratto asseverato.Di questa nuova forma contrattuale, utile stru-mento per traghettare la nostra economia nella globalizzazione, e di come, più in generale, le aggregazioni tra le imprese possano essere utili per lo sviluppo, abbiamo parlato con il presidente della Compagnia delle Opere Bernhard Scholz.Molti le indicano come una risposta tra le più valide per fronteggiare le turbolenze dei merca-ti internazionali. Ma che cosa sono e quali sono le caratteristiche di una rete?«Molte piccole e medie imprese italiane potranno reggere la sfida del mercato interno ed estero solo se sapranno sviluppare una rinnovata capacità di collaborazione. La forma della rete è la modalità che probabilmente meglio si addice alla struttu-ra imprenditoriale di questo Paese, costituito per il 95% proprio da pmi. I protagonisti di una rete, infatti, lavorano insieme mantenendo l’autonomia giuridica. Questa volontà di collaborare darà poi vita a forme di governance più o meno snelle, a seconda delle finalità che gli imprenditori si pre-figgono». Si tratta di un’evoluzione dei distretti indu-striali?«In un certo senso sì. I distretti sono stati situati nella stessa zona e gli accordi erano più impliciti o “taciti”. La nascita di reti tra aziende non situate nella stessa zona risponde a varie nuove sollecita-zioni. Innanzitutto la globalizzazione: se un’im-presa vuole operare in un nuovo mercato o cercare nuovi clienti è logico che si organizzi per gestire le sue relazioni con partner ritenuti affidabili e con i quali condividere il rischio. In secondo luogo, molte grandi aziende, per ridurre costi e rischi, tendono a snellire le proprie strutture affidan-do progetti, servizi e lavorazioni in outsourcing. Questo, per converso, apre a nuove forme di colla-borazione che possono evolvere da una semplice

È l’ora di crescere insieme

«La rete è uno strumento a

disposizione delle imprese,

soprattutto piccole e medie,

indispensabile per aprirsi

al mercato e rimanere

competitivi - dice il presidente

Cdo Scholz -, a patto che

non venga vissuta come un

compromesso inevitabile per

non chiudere i battenti in un

momento di crisi»

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reti d’impresa

fornitura verso una partnership stabile. Inoltre, le tecnologie digitali e la maggiore mobilità delle persone hanno eliminato alcune barriere geogra-fiche e merceologiche rendendo più semplice la costituzione di reti non “zonali”. Ciò però non si-gnifica necessariamente che il distretto industriale sia al tramonto». Quali sono le possibilità di sviluppo per le reti?«Sono enormi, a patto che gli imprenditori che decidono di dar vita a una rete siano disposti a operare al loro interno e nei rapporti con i partner tutti i cambiamenti necessari a che la rete funzio-ni. Può sembrare un’affermazione scontata ma non lo è, tenuto anche conto di un altro aspetto. L’esperienza insegna che non tutti mostrano lo stesso impegno per far progredire la rete e che oc-corre un soggetto “trainante” molto determinato, un protagonista che se ne assuma la responsabili-tà, anche, questo è un aspetto delicato ma impor-tante, con un certo grado di gratuità nel continuare a coinvolgere gli altri. Da questo punto di vista, la rete è un fatto tipicamente umano, in cui ci sono

molteplici fattori da considerare per giudicarne la convenienza».Perché un imprenditore dovrebbe aderire o promuovere una rete?«Il punto fermo per la nascita di una rete è che chi vi partecipa intraveda una convenienza nel perse-guire uno scopo difficilmente raggiungibile altri-menti. Tale convenienza può misurarsi in termini di raggiungimento di economie di scala, di sud-divisione del rischio, di condivisione del know-how, di capacità distributiva o altri fattori decisivi per la miglior riuscita di un progetto. L’errore più grande che si possa fare è quello di partecipare a una rete pensando che in fondo da soli si farebbe meglio. La rinnovata capacità di collaborare cui si accennava prima poggia su un’istanza culturale: il partner, sia esso un fornitore o un distributore, può essere visto come una risorsa oppure come un impedimento allo sviluppo. Nel secondo caso è meglio lasciar perdere: la rete non va vissuta come un compromesso inevitabile per non chiu-dere i battenti in un momento di crisi».

In tema di internazionalizzazione, le reti d’impresa offrono due grandi vantaggi: condivisione del rischio e comunione dei costi di sviluppo. Questi due elementi, se correttamente combinati, sono un connubio vincente. Le reti d’impresa, se ben strutturate, permettono la centralizzazione di alcuni “servizi” ad alto valore aggiunto che una singola azienda non sarebbe in grado di permettersi

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reti d’impresa

La presenza in Italia di tante pmi dovrebbe favorire la nascita di reti, è realmente così?«Dipende da come si affronta la questione. Se si fa riferimento alle aziende che hanno pro-vato a sottoscrivere un contratto di rete secon-do la nuova normativa che specifi camente disciplina questa for-ma di aggregazione, siamo ancora a una fase iniziale, con qual-che decina di contratti stipulati. Questi nu-meri cresceranno man mano che le aziende sperimenteranno l’ef-fettiva convenienza di questo “stare insieme” in base a un progetto sottoscritto e riconosciuto. Ma, per fare rete, utilizzando il termine in senso più esteso, non è necessario siglare un contratto, occorre adottare una modalità di lavoro alterna-tiva all’individualismo, dalla quale si generano inaspettatamente opportunità di cambiamento. In questo caso, la rete è già un’ancora di salvezza per centinaia di aziende che ne stanno scopren-do le potenzialità. Questa è anche la fi losofi a che guida il lavoro di Compagnia delle Opere quan-do accompagna con servizi qualifi cati le aziende verso le nuove sfi de, dall’internazionalizzazione ai percorsi di innovazione, da una corretta im-postazione del rapporto con gli istituti di credito alla gestione dei collaboratori. Così, la rete si crea promuovendo incontri, condividendo problemati-che e soluzioni, lavorando insieme e sostenendosi nel bisogno, quando possibile».Ci sono stati casi di successo di reti d’impresa? Quali?«Un esempio molto signifi cativo, che è anche il primo contratto di rete siglato in Italia, è la com-pagine Energy4life, promossa da Ici Caldaie in-sieme con Esco Europe, Forgreen e Linz Electric per sviluppare e commercializzare, con un mar-chio comune, tecnologie e soluzioni per il rispar-mio energetico. Un altro caso è il consorzio Pol.Me.C, che ha permesso a venti aziende della mec-canica nella zona del Castelleonese di costruire una rete commerciale comune, raccogliendo or-dinativi e creando occupazione. Ma non c’è solo l’industria, anche il mondo agroalimentare è ricco

di esperienze di rete, un settore dove la collabora-zione tra produttori è fondamentale».Tra possibili sottoscrittori di una rete non sem-pre c’e molta chiarezza su come funzionano, anche dal punto di vista degli incentivi. È que-sto l’elemento che davvero può fare la differen-za?«La confusione nasce dal fatto che nei mesi scorsi si era in attesa dei decreti attuativi della normativa sulle reti tra imprese. Il decreto sull’asseverazione del 31 marzo scorso e la circolare dell’Agenzia delle Entrate hanno chiarito il percorso, anche dal punto di vista fi scale. Le agevolazioni consisto-no in un differimento di imposta, per cui quella quota di utili - fi no al massimo di un milione di euro - che un’impresa destina al progetto di rete non concorre a formare il reddito di impresa se, entro l’anno successivo, tale quota è destinata alla realizzazione degli investimenti previsti dal pro-gramma comune di rete. Ma bisogna essere chia-ri: non sarà certo questa la ragione decisiva che può spingere gli imprenditori a mettersi in rete. Occorrono una volontà di collaborazione e una tensione al cambiamento molto determinati».Quali sono dunque i criteri chiave per scegliere la rete più adatta per la propria impresa?«Non si tratta tanto di “scegliere” la rete più adat-ta, quanto di costruirla con i partner che si riten-gono affi dabili per raggiungere un dato obiettivo. La rete non è la soluzione, ma uno strumento a disposizione delle imprese, soprattutto piccole e medie, per aprirsi al mercato e rimanere compe-titivi. Spesso la rete esiste già di fatto prima che

La rete - dice Ber-nhard Scholz - si crea promuovendo incontri, condivi-dendo problema-tiche e soluzioni, lavorando insieme e sostenendosi nel bisogno

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reti d’impresa

malmente incontrate nei processi di aggregazio-ne tra imprese. La rete potrebbe quindi facilitare i nostri imprenditori spingendoli a percorrere strade fino a oggi impensate: affrontare mercati lontani e complessi, offrirsi per forniture mag-giori delle proprie capacità produttive, fare ricer-ca integrando tecnologie proprie con quelle di altre imprese, coinvolgere gli istituti di credito nello sviluppo dei loro progetti (come ad esem-pio ha fatto il Gruppo Intesa Sanpaolo proprio in Energy4life). Per definizione la rete è un contrat-to aperto a innumerevoli possibilità».Quali sono i passi reale per un imprenditore che riconoscesse l’esigenza e l’opportunità di creare una rete?«Tutto parte dalla persona, dall’imprenditore e dalle sue mosse per far fronte alle sfide. La rete è un’opportunità per rispondere meglio a un bi-sogno concreto dell’impresa. Questo può acca-dere a vari livelli, il primo dei quali è la semplice ma fondamentale condivisione delle conoscen-ze, come avviene a Matching, il grande evento per promuovere le relazioni di business che Cdo promuove annualmente a fine novembre. Può poi proseguire fino alla costituzione di reti struttura-te, anche grazie alla modalità del nuovo contrat-to di rete, che può dare un grande impulso alle aggregazioni tra imprese». n

venga formalmente stipulata con contratto: na-sce dall’opportunità di rendere esplicito al mer-cato e ai vari portatori di interessi un livello di collaborazione tra imprese che esiste e che si in-tende far crescere all’interno di un programma di lavoro condiviso».Le reti esprimono una grande potenzialità, ma come sprigionarla pienamente?«Una rete, intesa nel senso ampio che abbiamo descritto, cresce con l’apporto di tutte le persone che la incrementano. In questo senso le poten-zialità sono enormi e quasi del tutto inesplorate dalle imprese italiane. Così può succedere che un’azienda della Brianza adatti le canne fumarie delle villette in cui è specializzata ai tunnel per la biancheria dei grattacieli di Dubai, diventando poi un punto di riferimento per gli operatori del Quatar che ricercano l’eccellenza italiana, crean-do opportunità anche per altre imprese. Oppure che un piccolo produttore italiano riceva un ordi-nativo superiore alle sue capacità da un colosso straniero e quindi sia così intelligente da rivol-gersi a una rete per trovare un partner adeguato e non farsi sfuggire l’occasione. La necessità di superare l’annoso tema dei limiti dimensionali delle nostre imprese può trovare nella rete uno strumento agile, elastico e utile in quanto per-mette di abbassare la soglia delle difficoltà nor-

Al Matching, il grande evento per promuovere le re-lazioni di business organizzato dalla Cdo, avviene la fon-damentale condi-visione delle cono-scenze, primo passo per la creazione di una rete (a fianco, un'immagine della scorsa edizione del Matching)

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reti d’impresa

PPerché oggi si parla tanto di reti

Uno dei massimi esperti in materia

spiega cosa sono, come funzionano

e perché le reti di imprese sono una

opportunità per innovare e migliorare

la competitività delle nostre imprese

di Luca Castagnetti partner Studio [email protected]

Il tema Reti interessa come fenomeno “aggre-gativo” in genere e come esempio per capire e cogliere, dall’esperienza concreta delle imprese,

i valori, le opportunità e le difficoltà che si incon-trano nel lavorare insieme. Una attenta lettura della situazione economica at-tuale ci fa dire che siamo di fronte a un serissimo problema di competitività delle nostre imprese.In questo momento è difficilissimo lavorare in Ita-lia per diversi motivi contingenti:l stagnazione economica;l irrigidimento delle regole di accesso al credi-

to;l difficoltà degli istituti bancari di valutare i

progetti degli imprenditori;l eccesso di regole da parte della PA per cui

vengono bloccati piccoli e grandi investimenti in attesa del via libera di persone incapaci di decisione;

l impoverimento generale della popolazione e Welfare sempre più costoso, al di sopra delle nostre possibilità;

l instabilità politica, elevata criminalità in al-cune zone d’Italia e alta tassazione sbarrano la strada agli investitori esteri (oltre a quelli locali).

Tutti concordano nel riconoscere che in questa situazione la crescita vera passa solo attraverso processi di internazionalizzazione e di creazione di reti di imprese.Nonostante la crisi non sia ancora finita (in que-

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reti d’impresa

RPerché oggi si parla tanto di reti

Una innovativa forma contrattuale può legare tra loro le imprese che vogliono condividere dei progetti comuni senza la necessità di istituire complessi orga-nismi societari. Di fronte alle difficoltà spesso incon-trate dagli imprenditori nell’affrontare il tema della crescita dimensionale delle loro imprese ora, con i contratti di rete, è possibile sperimentare un innova-tivo strumento che rappresenterà una via per la cre-scita delle nostre pmi (sopra, Luca Castagnetti, pre-sidente di Cdo Veneto ed esperto di reti d’impresa)

ste settimane sembra sia tornata a far sentire la sua voce con forza) si intuisce che la ripresa imporrà regole e condizioni più complesse. In particolare si ritiene che non sarà sufficiente presentare i no-stri prodotti come risultato di un sistema produtti-vo più efficiente. C’è bisogno invece di proposte capaci di integrare servizi, finanza e tecnologia. Inoltre i mercati interessati a queste soluzioni sono spesso all’estero e molti di essi sono in Paesi in via di sviluppo. Si comprende facilmente la comples-sità dello scenario e quindi la necessità di muover-si in rete!

COSA SONO LE RETIIl diritto societario da sempre norma e disciplina diverse modalità attraverso le quali le imprese pos-sono lavorare in “rete”:l società tra diverse aziende;l consorzi, Ati, Geie;l associazioni tra imprese;l cooperazione tra operatori/produttori.La caratteristica di tutte queste diverse e conosciu-te forme di aggregazione è la nascita di un sogget-to nuovo, diverso da chi lo ha originato. Un sog-getto che, se destinato a durare, diventa un autono-mo centro di interessi e di sviluppo. La difficoltà nel gestire il rapporto tra ciascuna azienda socia e il nuovo soggetto comune è alla base del falli-mento di molti progetti di aggregazione che, pur partendo da buone e nobili intenzioni, poi naufra-gano nell’incapacità di gestire relazioni industriali e commerciali complesse.Allo stesso modo il diritto commerciale ha da sempre previsto diverse forme di collaborazione commerciale: l i contratti di concessione;l gli accordi di distribuzione;l il franchising ecc.La caratteristica di questa contrattualistica è la pre-senza di un soggetto dominante: vige la logica di “spartizione del valore” e non quella della creazio-ne di un valore strategico nuovo per tutti i membri.Oggi si sta sviluppando una forma nuova di rete: il contratto di rete. Le sue principali caratteristiche sono: l non genera una autonoma soggettività giuridi-

ca;l è a metà strada tra un contratto associativo e

un contratto di scambio;l può avere una governance e un fondo patri-

moniale simile a quelli delle società;l ha uno scopo preciso: incrementare la com-

petitività e la capacità di innovazione delle imprese attraverso un programma di lavoro

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reti d’impresa➤

preciso e identificato.Scorrendo la lista dei 117 contratti di rete fino a oggi stipulati in Italia è possibile esaminare alcune casistiche esemplificative.1° caso: rete tra imprese per sviluppare un nuovo prodotto somma di diverse tecnologie e ricerche. Il vantaggio consiste nella trasformazione di un con-tratto di fornitura in una partnership di rete. Se la soluzione fosse rimasta nell’ambito dello “scam-bio” il costo della ricerca e/o della realizzazione del prototipo o la personalizzazione della fornitura sarebbe ricaduta tutta sull’azienda acquirente. Con il contratto di rete le imprese investono in un pro-gramma comune per realizzare non una fornitura ma un processo strategico di sviluppo di un nuovo prodotto per entrambi.2° caso: rete tra imprese per accrescere il valore

il contratto di reteContratto di rete: art. 42 legge n. 122 del 30/07/2010.Si costituisce con atto notarile.Scopo: accrescimento della competitività e dell’innovazione per le imprese attraverso la realizzazione di un programma di lavoro di rete.Forma “leggera”: un contratto di scambio commerciale.Forma “complessa”: un contratto a metà tra scambio e contratto associativo.Può prevedere un fondo patrimoniale comune e una forma di governance assimilabile a quella di una società.Non ha soggettività giuridica e pertanto non ha partita Iva e non può assumere personale. Quando ha un fondo patrimoniale comune a esso si applicano le norme del codice civile riferite ai consorzi: i creditori particolari dei partecipanti non possono far valere i loro diritti sul fondo medesimo; per le obbligazioni assunte in nome della rete da coloro che ne hanno la rappresentanza i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo patrimoniale comune; per le obbligazioni assunte dall’organo gestorio della rete per conto dei singoli contraenti questi ultimi rispondono solidalmente con il fondo. In caso di insolvenza nei rapporti tra contraenti, il debito dell’insolvente si ripartisce fra tutti in proporzione delle quote.È prevista una interessante agevolazione fiscale: i conferimenti al fondo consortile sono in regime di sospensione di imposta. Per godere dell’agevolazione (fino a un milione di euro per azienda) i contratti devono essere asseverati da appositi organismi accreditati.

un impianto di distribuzione di acqua calda in un edificio, ben presto si iniziò a vendere “il calore” (la tecnologia non bastava più a definire la perce-zione del prodotto da parte del cliente). Oggi inve-ce si vende “risparmio”. A tema restano sempre le tecnologie, ma una nuova lettura dei bisogni del mercato rende necessario un prodotto diverso che integri anche servizi e finanza.3° caso: rete tra imprese per la internazionalizza-zione attraverso la gestione di strutture comuni di vendita in alcuni Paesi esteri. I partner gestiscono alcuni showroom con un marchio comune e condi-vidono i rapporti con importanti dealer locali. Gli attori sul mercato globale diventano sempre più competitivi e solo chi riesce a strutturare una collaborazione stabile, riconosciuta all’esterno, con obiettivi e strategie condivisi e non episodici riesce a rendersi competitivo e a stare sui mercati.I risultati concreti che le attuali esperienze di rete porteranno e sapranno documentare ci diranno se questa nuova forma di aggregazione non solo si adatta allo spirito dei nostri imprenditori, ma an-che se essa è in grado di reggere le sfide e le com-plessità di un mercato sempre più difficile. I limiti che la legge oggi riconosce ai contratti di rete sono infatti molto precisi: una rete non ha una soggetti-vità giuridica, non ha una sua partita Iva e pertanto non può direttamente operare con i terzi ma solo organizzare i rapporti giuridici e i flussi economici e finanziari tra i propri soci e il mercato e non può assumere direttamente del personale. Si tratta di vincoli molto forti che auspico possano essere presto superati.Le esperienze a oggi conosciute e il lavoro svolto nel corso dell’incontro nazionale di Compagnia delle Opere a Bari lo scorso giugno ci hanno per-

aggiunto del prodotto integrando tecnologie, ser-vizi, finanza. È il caso della rete Energy4life. La rete è una risposta all’esigenza di arricchire il pro-dotto per sottrarlo alla concorrenza del costo. Solo aumentandone il valore e fornendo al cliente un prodotto-servizio più ricco è possibile vincere la scommessa della competitività globale. Si arric-chisce il prodotto di componenti di immaterialità sempre crescenti. Se un tempo si vendevano cal-daie come un oggetto complesso che si inseriva in

Da aprile 2010 a oggi sono stati sti-pulati 162 contratti di rete. Il maggior numero di imprese aderenti ai contrat-ti di rete è presente in Emilia Romagna (seguita da Tosca-na, Marche e Cam-pania)

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reti d’impresa

➤messo di cogliere i fattori distintivi del tema e di esprimere alcuni giudizi che di seguito riportiamo.Qual è il punto di partenza di una rete e quale il giudizio che fa muovere l’imprenditore? Il biso-gno indotto dai cambiamenti in atto. La rete vie-ne vista come strumento per cambiare e non solo come un’amara medicina per curare il cancro della carenza di competitività o delle ridotte dimensioni aziendali.Senza alcun dubbio Cdo è un luogo dove è favori-ta la collaborazione reale tra le persone in quanto l’identificazione ideale, l’esperienza di una stima reciproca che naturalmente ne nasce, l’accen-to sul protagonismo del socio e sulla sua libertà e responsabilità e l’impostazione sussidiaria che naturalmente ne nasce favoriscono l’emergere del bisogno specifico dell’imprenditore e sul bisogno si può essere operativi. Le difficoltà che nel tem-po emergono nel lavorare con altri sottolineano un ulteriore fattore strategico: la capacità di gratuità permette di superare le diverse velocità di lavoro tra le persone, fa cogliere come “valore” la pa-zienza che è necessaria per attendere la decisione dell’altro. È una socialità nuova che si esprime. Ri-tengo che queste sottolineature aiutino a compren-dere perché sia utile e necessario parlare di reti all’interno di realtà come Compagnia delle Opere.Ai numerosi imprenditori che ci chiedono infor-mazioni e indicazioni sul tema si possono dare alcuni semplici criteri per una iniziale analisi del loro progetto.Una rete parte dal basso: dall’imprenditore e non da un disegno di qualcuno esterno alle imprese interessato solo a gestirla. Il progetto di rete deve essere al cuore della strategia aziendale e non una opportunità tra le tante che, costando poco, ci si può permettere di provare.Deve esserci uno scopo conveniente preciso ed esplicitato: una rete si fa per raggiungere insieme uno scopo comune. Una rete non può nascere dal semplice riconoscimento che si lavora bene insie-me, ma dal fatto che si intravede una convenienza per raggiungere insieme uno scopo che interessa.Occorre un soggetto “trainante” molto determi-nato. Nel fare rete non tutti dimostrano lo stesso impegno. Occorre sempre un protagonista che curi il progetto in modo particolare e se ne assuma la responsabilità. Non si deve dimenticare un certo grado di gratuità nel continuare a coinvolgere gli altri partner. Sono rarissime le eccezioni in cui una rete nasce e tutti insieme la sostengono allo stesso modo.Spesso è facile intravedere una convenienza, ma poi è vincente l’idea che da soli si farebbe meglio

e si sta dentro una rete senza esserci veramente. L’ambiguità va spazzata via e per farlo servono ragioni adeguate, non basta l’affermazione di prin-cipio iniziale. La questione di fondo è di natura culturale: o l’altro viene visto come una risorsa o come un possibile impedimento al proprio svilup-po. La rete non può essere vissuta come il com-promesso inevitabile per non chiudere i battenti. Se si parte così, meglio non cominciare nemmeno. È una sfida alla fiducia, ma questa fiducia deve essere ragionevolmente fondata altrimenti decade subito perché gli interessi in gioco sono tanti.

COSA SI PUÒ FARE PER AIUTARE LE RETIOggi è necessario passare dai convegni ai fatti, altrimenti potremo annoverare solo interessanti riunioni e accesi dibattiti e i tentativi di rete in es-sere non troveranno vere opportunità di sviluppo. Il Matching sarà una grande opportunità per tutte le reti che non potranno non essere presenti per far conoscere la loro attività, per cercare nuovi partner e per approfondire anche le esperienze con gli istituti di credito. A questi ultimi in particolare dovremo essere in grado di proporre una vera col-laborazione in cui le loro strutture all’estero diven-tino un vero supporto alle nostre imprese in rete nel mondo. Non solo soldi ma servizi! nPer continuare il dialogo vieni su http://www.officineinnovazione.it/group/reti-di-impreseGruppo Reti di Imprese

Le imprese in rete hanno una miglio-re capacità di tene-re il mercato in un momento di grave crisi rispetto alle imprese isolate o non relazionate. Fare rete per met-te, dunque, alle im-prese di innovarsi e internazionaliz-zarsi

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reti d’impresa

Con la nomina di Giuseppe Tripoli a Mister Pmi, l’Italia è stata la prima in Europa a ri-spondere alla richiesta del vicepresidente

della Commissione europea, Antonio Tajani. La figura voluta dall’Unione europea come portavo-ce delle istanze delle piccole e medie imprese in sede Ue ha come compito principale quello di tu-telare gli interessi delle pmi, favorendone il rap-

I ML’impegno di mister pmi

Giuseppe Tripoli, il portavoce

italiano delle istanze delle

piccole e medie imprese, vede

nella rete lo strumento che

permette alle pmi italiane di

collaborare per un progetto

specifico, pur mantenendo

l’autonomia e la flessibilità

tipica delle piccole aziende

di Dario Vascellaro

porto con le istituzioni e vigilando sull’applica-zione delle normative nazionali ed europee, quali ad esempio lo Small Business Act.Una delle ultime iniziative prese da Tripoli è stata la convocazione di un tavolo con le reti di im-presa esistenti nel nostro Paese che ha l’obiettivo di diventare un punto centrale di confronto sullo stato di attuazione dei contratti, sulle difficoltà

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incontrate dalle imprese e sugli aspetti organizza-tivi, amministrativi e normativi da affrontare per rendere lo strumento della rete pienamente ope-rativo. Giuseppe Tripoli ci ha spiegato quale può essere il ruolo delle reti d’impresa per il futuro

del nostro Paese e qua-li iniziative si propone di mettere in campo per favorire queste for-me di aggregazione fra imprese.Per le piccole e medie imprese la crescita dimensionale rimane un percorso poco at-traente perché hanno paura di perdere la propria autonomia. Il contratto di rete idea-to dal Governo come risponde a queste re-sistenze?«Nel contratto di rete il nucleo fondamentale è che prevalentemente le piccole imprese, ma anche quelle medie e grandi, rimangono autonome ma si vin-

colano tra di loro, se sono complementari l’una rispetto all’altra, a collaborare per uno specifico obiettivo, per uno specifico progetto, che può essere quello di andare all’estero, di completare la filiera tecnologica. In questo modo, da un lato le singole imprese mantengono l’autonomia e la flessibilità tipica delle piccole aziende, soprat-tutto nel nostro Paese, dall’altro assumono una dimensione che le rende capaci di fare cose che altrimenti da sole non sarebbero capaci di fare. Ad esempio, appunto, andare all’estero».Qual è il valore delle reti per la politica indu-striale del nostro Paese in un periodo di diffi-coltà come l’attuale?«Prospetticamente è enorme. A oggi sono state

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reti d’impresa

Giuseppe Tripoli (nella foto piccola in alto), nato a Catania e laureato in Giurispru-denza, da maggio 2009 è capo del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizza-zione del ministero dello Sviluppo economico. Dal 2001 al 2009 è stato segretario ge-nerale dell’Unioncamere in qualità di componente di Eurochambres (Organizzazione europea delle Camere di commercio) e tra il 1999 e il 2001 ha ricoperto l’incarico di vice segretario generale della Confcommercio

costituite circa 160 reti. Il dato è significativo per-ché una rete sorge tra imprese che hanno un moti-vo per fidarsi e collaborare tra di loro. Non sono reti molto estese, non sono aggregazioni informi e numerose di imprese, sono invece aggregazio-ni che hanno obiettivi specifici. In pochi mesi ne sono sorte circa 160 e stanno crescendo numeri-camente in modo consistente a prescindere dagli incentivi: le imprese si mettono insieme in rete non per prendere dei soldi, incentivi o detrazioni fiscali, ma per ampliare il proprio mercato».Visto che tra gli impedimenti maggiori alla crescita dimensionale delle imprese c’è la scar-sa domanda interna e il difficile accesso ai fi-nanziamenti, lei come garante delle pmi cosa potrebbe fare per agevolare l’accesso al credito e ai finanziamenti pubblici da parte delle pmi, soprattutto quelle che aderiscono ai contratti di rete?«Quello dei finanziamenti pubblici è un discor-so complesso. Con una manovra che, in quattro anni, dovrà recuperare 130 miliardi, le risorse pubbliche destinate alle imprese saranno molto scarse. Sarà possibile indirizzare le poche dispo-nibili a favore delle imprese che presentino dei progetti stando in rete. La linea dei tradizionali finanziamenti a fondo perduto, comunque, ten-denzialmente si ridurrà sempre di più fino a esau-rirsi del tutto. Sul tema del rapporto col credito, invece, la rete può offrire delle chance. Ne dico due. In primo luogo, alcune banche stanno stu-diando se un’impresa che è in rete possa avere un rating migliore di quello concesso a un’impresa isolata, questo perché stando in rete ha un merca-to più solido e quindi è più solida essa stessa, pur restando una piccola impresa. In secondo luogo, sto lavorando con il sistema dei fondi di investi-mento di private equity perché una delle forme di irrobustimento delle imprese è quella della partecipazione di fondi di private equity. Un’im-presa in rete ha già superato una delle difficoltà maggiori incontrate dalle piccole imprese, che è quella di fidarsi degli interlocutori. Le imprese in rete, dunque, sono tendenzialmente più aperte alla collaborazione con i fondi di private equity e in questo senso si stanno intavolando dei discorsi che possono svilupparsi positivamente».Le reti d’impresa sono da vedersi come una panacea per tutti i mali, oppure sono utili sol-tanto per alcuni settori del nostro sistema pro-duttivo?«Sono nate in tutti i settori e tutti li riguardano, da quelli più tradizionali come l’agricoltura a quelli più avanzati come quelli delle nuove tec-

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nologie. Direi che il motivo fondamentale per cui sorgono è quello che un’impresa veda una chance di allargamento del mercato e, quindi, di far crescere il proprio fatturato mettendosi insie-me con un’altra. Che poi sia un’impresa che fa la stessa cosa o un’impresa complementare, la varietà di forme delle reti è molto vasta e tale secondo me resterà».Si dice che le reti d’impresa serviranno per fare massa critica? Cosa vuol dire esattamente?«Lo spiego con un esempio semplice. Se tre o quattro imprese della Sicilia che operano nell’agroalimentare volessero far conoscere i loro prodotti ad esempio in Russia, dove l’agro-alimentare italiano è molto apprezzato, da sole non ce la farebbero. Mettendosi insieme magari possono assumere personale in Russia o chiedere una collaborazione che le aiuti a far conoscere i loro prodotti in quel Paese. Ecco, questo signifi ca massa critica».Quali saranno i vantaggi pratici apportati dal-lo Statuto delle imprese e soprattutto il suo impatto sui processi di aggregazione nelle reti d’impresa?«Lo Statuto delle imprese capovolge il principio del rapporto tra la pubblica amministrazione e le imprese, con la prima che ha sempre avuto uno sguardo sospettoso nei confronti delle seconde, e riconosce alle imprese una serie di diritti “costi-tuzionali” nei rapporti con la pubblica ammini-strazione. All’interno dello Statuto delle imprese ci sono alcune norme che danno notevole impor-tanza ai fenomeni di aggregazione tra imprese, come la rete ma non solo quella. La rete, rispetto alle altre forme di aggregazione come i consorzi, ha una caratteristica: nel consorzio c’è sempre un rapporto di delega dei consorziati al consorzio stesso per sviluppare delle attività; nella rete que-sto accade molto di meno o non accade per nulla, per cui nella rete rimane piena la responsabilità dei singoli soggetti nel fare quello che devono fare e nel gestirlo insieme, non c’è la delega di responsabilità che c’è invece nel consorzio. Lo Statuto delle imprese riconosce alle reti e alle aggregazioni di imprese in senso più ampio una serie di opportunità, ad esempio negli appalti, che fi nora non avevano».L’impresa in tre giorni, gli sportelli unici te-matici, sono strumenti utili per il superamento dell’eccessiva burocratizzazione. Qual è lo sta-to dei lavori in questa direzione, soprattutto a favore delle reti?«Ci sono a oggi alcuni Comuni che hanno dichia-rato di essere già pronti ad avviare lo Sportello

unico delle attività produttive, mentre altri Co-muni hanno delegato le Camere di commercio perché la gestione dei processi dovrà essere tutta telematica e, in questi Comuni meno attrezzati, solo le Camere erano in grado di garantire il cor-retto funzionamento dello Sportello unico. Nella Manovra che è stata approvata un paio di mesi fa è stata inserita una norma per cui i Comuni che non hanno predisposto lo Sportello unico in modo telematico, o non hanno dato delega alle Camere di commercio per farlo, potranno esse-re commissariati al fi ne di realizzare lo Sportello unico. L’intendimento del Governo è di realizza-re effettivamente lo Sportello unico per le attività produttive, che poi vuol dire semplifi care l’avvio dell’impresa e della sua attività con la realizza-zione degli impianti. Il commissariamento è la misura più drastica che esiste».Qual è la prossima priorità per Mister Pmi, so-prattutto per le reti d’impresa?«Le reti d’impresa possono dare un contributo enorme all’internazionalizzazione del nostro si-stema di imprese, quindi la priorità sarà spingere, aiutare, sollecitare, collaborare con le imprese che si mettono in rete per andare all’estero».Anche se non c’è più l’Ice…«Anche se non c’è più l’Ice, perché oggi le forme di internazionalizzazione sono molto variegate. Intanto continueranno i programmi che l’Ice ave-va già avviato. Le formule dell’internazionaliz-zazione, poi, oggi passano attraverso il rapporto con le banche, attraverso le società di consulenza, le fi ere, i social network, le Camere di commer-cio italiane e le Camere di commercio italiane all’estero, le Regioni; una pluralità di strumenti, qualcuno dice persino eccessivi e disordinati, ma in questo momento serve qualunque cosa pur di allargare al mercato internazionale la prospettiva di lavoro delle nostre piccole imprese». n

Mister Pmi intende mettere a disposi-zione delle imprese una piattaforma on line per far condivi-dere le esperienze e le migliori pratiche

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reti d’impresa

L’argomento delle reti di impresa richiama tut-ta una serie di suggestioni, connesse all’illu-sione che l’idea di una “rete” sia in grado di

produrre, di per sé, un livello di efficiente collabo-razione. Il contratto di rete ne rappresenta l’estrin-secazione concreta ma, anche in questo caso, si tratta di una mera prospettiva non suffragata da alcuna dimostrazione effettiva. Una “rete” è uno strumento, un mezzo, non già il fine. Un contratto è anch’esso una struttura, una cornice che, seppur contenga dei precetti di “doverosità” giuridica, non è la finalità perseguita. Si tratta, in altre paro-le, di strumenti di lavoro. La vera domanda è la seguente: “strumenti per fare cosa?”.Troppo spesso, purtroppo, il mezzo e il fine sono stati sovrapposti lasciando al loro posto i “reali” termini delle questioni in gioco. Il contratto di rete - e la propaganda che lo accompagna - è stato im-

s ssolidarietà, reti, sviluppoMentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che

gettavano la rete in mare, perché erano pescatori (Mc 1,16).

Ed egli disse loro: «Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete» (Gv 21,6).

Simon Pietro allora salì sulla barca e tirò a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci; e

benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò

(Gv 21,11).

di Enzo Maria Tripodi coordinatore dell’Indis - Istituto nazionale distribuzione e servizi dell’Unioncamere

maginato quale risposta universale ai problemi di collaborazione tra le pmi. L’assunto è noto. L’Ita-lia, il Paese con il maggior numero di pmi, soffre la carenza di una “dimensione” delle imprese in grado di consentire una migliore competizione. Il problema è probabilmente corretto ma la ri-sposta proposta potrebbe essere del tutto errata. Esistono, infatti, altri strumenti di collaborazione imprenditoriale che hanno confini precisi rispetto all’impiego che se ne intende fare. Il rischio po-tenziale con i contratti di rete è che, data la loro potenziale “ampiezza” disciplinare, finiscano per diventare una risposta bon a tout faire a una do-manda posta in termini errati. Altro rischio è, pa-rimenti, quello di “trasformare” in contratti di rete modelli che già sono utilizzati con profitto, come il caso dei consorzi.Tutto ciò ci riporta alla domanda rimasta sullo sfondo: a che serve un contratto di rete?

Il coordinatore dell’Indis, l’or-ganismo tecnico dell’Unioncamere al quale è demanda-ta l’attività di studio e promozione del settore distributivo-commerciale e dei servizi, affida al nostro giornale una riflessione sulla na-tura e gli scopi delle reti d’impresa

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reti d’impresa

Evidentemente non è possibile, in questa limitata sede, offrire una risposta esaustiva, a cagione del-le numerose variabili che andrebbero introdotte nella nostra funzione. In termini comprensibil-mente generali possiamo affermare che una “rete” serve a fare insieme quello che una impresa, da sola, non è in grado di realizzare, ossia conseguire delle “sintesi” in una struttura collaborativa che sia qualcosa di più e d’oltre la mera “sommatoria” delle risorse (lavorative, intellettuali, economiche ecc.) messe in comune dalle imprese che condivi-dono un “programma di rete”.

Sintesi e condivisioneL’accento nell’affermazione precedente va posto su due termini: “sintesi” e “condivisione”.Rispetto alla “sintesi”, uno dei profili di ragio-namento più banali portano a considerare le reti quali strutture/strumenti per ridurre i costi di tran-sazione. In altre parole, con una rete l’obiettivo risiede nella riduzione/semplificazione/gestione efficiente dei costi di transazione tra le imprese coinvolte. Se provassimo a invertire i termini po-tremmo verificare che un “risparmio dei costi” (seppur auspicabile in un clima di crisi economi-ca) non sposta affatto i confini di una ridotta capa-cità di competizione e di innovazione delle nostre

imprese. In realtà, allorquando si propone una “sintesi”, occorre partire dagli asset per modifi-care la struttura delle imprese e, di conseguenza, delle reti a cui queste appartengono. Un esempio può utilmente illustrare quanto appena sostenuto.Immaginiamo un gruppo di pmi che intenda en-trare nel mercato dei prodotti di arredamento per la casa. Se costituiscono una rete per condividere un magazzino collettivo, ovvero una struttura lo-gistica, certamente potrebbero conseguire un ri-sparmio dei costi. Per questo la rete diventa mag-giormente competitiva? La risposta è sicuramente positiva rispetto a singole pmi non “associate” ma non riguardo a una grossa impresa che ottiene lo stesso risultato senza complicati equilibrismi in termini di governance della rete. Non avviene dunque alcun cambiamento davvero significativo.Immaginiamo ora un gruppo di pmi che assume la performance quale indicazione per fondare la strategia della rete. I temi potrebbero essere i se-guenti: riduzione dell’imballo, pochi pezzi, capa-cità di facile montaggio da parte dell’acquirente. Da questi indicatori - scelti non proprio a caso - derivano le successive modifiche del modo in cui l’impresa si “rapporta al settore scelto”: inno-vazione nella progettazione (tenuto conto anche delle esigenze del confezionamento) e coinvolgi-

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mento dell’acquirente (che si trasporta e monta da sé le cose). Ne conseguono numerose ricadute: ambiziosi obiettivi posti ai designer, attenzione all’ambiente, prezzi più bassi. Ikea che, con tutta evidenza, è il case history di cui si tratta poteva tranquillamente essere il risultato di un ragiona-mento di una rete di imprese ma solo, come visto, laddove l’obiettivo modifi ca signifi cativamente la stessa confi gurazione delle imprese.Passiamo ora all’altro elemento che abbiamo sot-tolineato: la condivisione. Qualcuno ha giustamente affermato che «una rete è tale quando si inizia a condividere» (Bernhard Scholz). Questo è un profi lo particolarmente si-gnifi cativo poiché nelle reti deve esistere anche un sentimento di condivisione, di solidarietà, senza i quali lo strumento impiegato è una mera soluzione di “opportunismo capitalistico” che si scontra frontalmente con la pluralità della parte-cipazione. Un modello di questo tipo esiste già nel nostro panorama ed è il contratto di franchi-sing in cui chi aderisce al “sistema” proposto dall’affi liante è sottoposto alla “direzione” del suo vertice. In un contratto di franchising di di-stribuzione - e nel sistema che ne deriva (deno-minato anch’esso come “rete”) - non vi è spazio per un atteggiamento “democratico”: le imprese, seppur giuridicamente autonome, soggiacciono alle regole imposte dalla “formula” e, quindi, dal suo leader.In un contratto di rete, al contrario, favorire la con-divisione e la solidarietà costituiscono elementi di marcata distinzione, in ossequio a recenti istanze, anche culturali, in cui appare evidente a osserva-tori attenti che un approccio ai temi imprendito-riali in chiave di teoria economica “capitalistica” tralascia di considerare la rilevanza di altri valori quali, ad esempio, il rispetto degli altri (imprese e consumatori). La società e i mercati sono popolati - scrive il premio Nobel Amartya Sen - da persone piutto-sto che da “sciocchi razionalisti”. La “rapacità” insita nell’homo homini lupus di una concezione capitalistica, che ha mostrato tutti i suoi evidenti limiti di sostenibilità (paradossalmente proprio nei suoi capisaldi economici), può e dovrebbe lasciare spazio a un’etica degli affari in cui le imprese “condividono”, anzitutto, un clima di fi -ducia tra loro e, subito dopo, la trasmettono ai ri-spettivi interlocutori. Con costoro instaurano una relazione basata su un “progetto” che tenga conto: a) delle loro reali esigenze; b) degli effetti di “giu-sta” competizione che può creare sul mercato. I vantaggi, anche in termini economici, non man-

cheranno forse proprio perché non costituiscono l’obiettivo principale. Ecco la rete. Ecco a cosa può servire un contratto di rete.Quando Simon Pietro ha gettato la sua rete ha compiuto un gesto di fi ducia e di speranza. Non pensava di poter pescare così tanti grossi pesci. n

un tavolo per le retiL’Indis, con il supporto dell’Istituto Tagliacarne, fondazione dell’Unioncamere per la promozione della cultura economica, ha promosso un’iniziativa per conoscere meglio le reti d’impresa e individuare i modi migliori per aiutarle a crescere. Ne abbiamo parlato con Corrado Martone dell’Istituto Tagliacarne. Perché si è deciso di dare vita al Tavolo tecnico sulle reti di impresa ?«Il Tavolo tecnico è stato concepito dall’Indis, che si avvale del supporto dell’Istituto Tagliacarne, come strumento di analisi e di proposizione di possibili azioni a sostegno delle imprese del settore distributivo-commerciale e dei servizi interessate ad assumere un assetto organizzativo basato sulle relazioni stabili e formalizzate con altre aziende. In altri termini il Tavolo tecnico dovrebbe formulare valutazioni e proposte operative in particolare riferite allo strumento del “contratto di rete”, rispetto al quale occorre approfondire le piene potenzialità di utilizzo nell’ambito del mondo della distribuzione».Quali sono gli obiettivi che l’iniziativa si prefi gge ?«L’obiettivo primario è quello di sensibilizzare il mondo imprenditoriale sulle opportunità offerte da uno strumento legislativo innovativo quale è, appunto, il contratto di rete. Lo stesso, tuttavia, ha vissuto un problematico percorso disciplinare che non trova ancora ampi ambiti di applicazione, come dimostra a tutt’oggi la bassa incidenza di contratti sottoscritti e registrati presso le competenti Camere di commercio. In quest’ottica ci auguriamo, pertanto, che l’iniziativa promossa possa fornire indicazioni utili alle pmi e fi nalizzate a una più agevole e corretta formulazione e gestione operativa del contratto stesso».Quali professionalità sono presenti in detto Tavolo tecnico?«Indubbiamente il pool di esperti deve comporsi sia di professionalità provenienti dal mondo pubblico sia dal settore imprenditoriale in quanto i temi da affrontare spaziano da aspetti previdenziali, fi scali ecc. a questioni fi nanziarie, organizzative commerciali ecc. Si è deciso, pertanto, di coinvolgere nel Tavolo tecnico, in primis, esponenti del ministero dello Sviluppo economico - cui spetta la titolarità dello strumento contratto di rete -, mentre dall’altro lato si darà voce alle imprese non solo del settore distributivo-commerciale ma anche a quelle del mondo artigiano, industriale e degli altri servizi, onde cogliere problematiche comuni e trasversali relative all’attivazione di un contratto di rete tra pmi appartenenti anche a settori diversi ma “relazionati”. Non meno importante in questa “rete” di esperti, infi ne, risulta l’apporto del mondo bancario che sarà rappresentato dall’associazione di riferimento».Cosa verrà prodotto alla fi ne dei lavori?«Coerentemente con gli obiettivi sopra richiamati, sarà predisposto, a conclusione delle attività di analisi e valutazione del Tavolo tecnico, un documento di lavoro contenente la prospettazione delle soluzioni ad alcuni dei problemi concreti che si potrebbero trovare ad affrontare le imprese interessate ad attivare un contratto di rete, di modo che dette imprese non siano costrette ad affrontare separatamente dei profi li problematici di cui intendiamo proporre una soluzione unitaria. Tale documento, ovviamente, sarà diffuso sia presso il sistema camerale sia presso il mondo associativo».

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un tavolo per le reti

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N dil network d e l domani

d i B e t t i n a G a m b a

reti e innovazione

Attraverso il sito www.offi cineinnovazione.it sta crescendo

una community on line di imprenditori italiani capaci di

mettersi in discussione e di fare innovazione vera della

loro impresa e del loro modello di business

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reti e innovazione

Pochi mesi di vita e già le Officine Italiane Innovazione hanno superato i 3.600 iscritti. L’interesse ad aggregarsi è reale e urgente,

come ribadisce uno degli artefici di questa piat-taforma (vedi box) progettata e realizzata per agevolare la formazione di reti tra imprenditori e

manager, italiani e non solo. Il lievitare quotidiano di iscritti a questo social network di ultima generazione è la conferma che si è centrato un bisogno. «Ogni idea imprenditoriale ha sempre e solo un unico momento giusto per essere lanciata e capita - spiega Pietro Bazzoni, direttore esecutivo di Know Net Officine Italiane Innovazione -. Quando la gente ha cominciato ad avere in mano iPhone e iPad e la fre-quentazione ai social network come Facebook e Linkedin è esplosa, abbiamo pensato che fosse finalmente giunta l’ora di partire con il nostro progetto». La sfida è che con il social net-working si lavori, ovvero che il Web diventi un’occasione privilegiata per “fare insieme”,

ottimizzando i costi e favorendo così tutti quei processi di aggregazione e collaborazione tra pmi.

L’Obiettivo delle OfficineCome ha scritto Edoardo Segantini su Corriere Economia (19/09/2011) questa iniziativa rappre-senta un segnale incoraggiante in giorni di «mer-cati depressi e manovre deprimenti», un esempio di «eccellenza nell’aggregazione delle imprese». All’interno delle Officine si respira la concretezza che si crea attorno all’opportunità di un business comune. Nella sezione Gruppi ogni settimana vie-ne scelto un tema su cui discutere. I Gruppi stessi possono definirsi degli “incubatori di reti”. Uno dei temi trattati in home page è stato, ad esem-pio: “Come il Web rivoluziona il mercato?”. Se si seguono le storie che emergono dalle discussioni e dalle interviste si capisce subito che di vera ri-voluzione si tratta. Un imprenditore, ad esempio, ha lanciato all’interno di Officine la sfida di cre-are un “beta marketing”, un laboratorio con più soggetti interessati coinvolti, imprenditori e pro-fessionisti, che condividono uno scopo e insieme vogliono raggiungerlo. Ciò che ne deriva è un pia-no marketing che serve alle imprese per vendere. Un professionista, come in questo caso, avvia una

Pietro Bazzoni riceve il premio di Unicredit “Ok Italia 2011”, dedi-cato a quelle imprese italiane che, attraverso politiche di aggregazione e sinergia tra loro, sono riuscite ad affrontare con successo le sfide di un mercato sempre più globalizzato e competitivo. A far salire sul podio la Know Net di Pietro Bazzoni è stato il progetto Officine Italiane Innovazio-ne. Nelle foto sopra, Pietro Bazzoni (a sinistra) e Franco Mercalli

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reti e innovazione

discussione e aggrega attorno alla sua idea altri imprenditori. Il “fare insieme” genera così delle idee o meglio, se uno è solo e vuole lanciare una propria intuizione, può utilizzare le Officine (a co-sto zero) per capire se quello che gli passa per la mente riscuote interesse o meno. La piattaforma digitale consente così di velocizzare i processi di rete, associando i comuni interessi e andando ol-tre ai limiti di spazio.

Innovazione a portata di mano «Tutto quello che sta arrivando in questo momen-to nelle Officine - continua Bazzoni - costringe gli imprenditori a mettersi intorno a un tavolo e a ragionare insieme su come muoversi». Se per grandi multinazionali investire il 5% del proprio fatturato in innovazione corrisponde a un budget quasi illimitato, per una piccola pmi il 5% del-le sue risorse equivale a una cifra irrisoria. «A questo punto - commenta Franco Mercalli, in-gegnere e ideatore insieme a Pietro Bazzoni del social network - l’aggregazione in rete diventa essenziale, perché un’impresa da sola non riesce a trovare abbastanza risorse per innovare». «Se in-vece - continua Mercalli - un gruppo di pmi che ben si integrano fra loro, non concorrenti, si met-tono insieme, il 5% del loro fatturato comincia a essere una cifra significativa». Le Officine, anche tramite le esperienze riportate di uomini e donne che fanno impresa, servono proprio a questo. «Il problema dell’Italia è l’eccessiva intermediazio-ne - osserva Bazzoni -: se io riesco a mettere in contatto diretto un imprenditore che ha una vali-da idea con un altro imprenditore, che condivide quella stessa intuizione, facilito enormemente la possibilità di farli lavorare insieme». Tutto que-sto consente anche alla piccolissima impresa di

avvalersi di opportunità di innovazione reale. Nel Gruppo RSE di Officine (gruppo del centro di ri-cerca del sistema energetico nazionale) si entra in contatto diretto con 330 ricercatori universitari che dialogano con una quarantina di imprenditori. A tema, principalmente, le opportunità che deri-vano dall’attivazione dei contratti di rete volti a sviluppare nuove tecnologie energetiche. Il Grup-po “Informatica”, invece, conta circa 160 membri, tutti titolari di aziende del comparto informatico che si stanno supportando per capire, insieme, verso dove si sta andando. Poi c’è il Gruppo “Cer-casi investitori”, il Gruppo “Matching”, il Gruppo “Asia” con oltre 56 membri interessati al mercato asiatico. Il Gruppo più grande in questo momento è “International Business” con oltre 200 membri,

una community di imprenditoriLe Officine Italiane Innovazione (www.officineinnovazione.it) sono il social network a disposizione di tutti gli imprenditori italiani: una piattaforma, costantemente moderata da un team di esperti, nata per favorire incontri, scambi di conoscenze e opportunità di business, tra imprenditori professionisti e manager. La formula riprende quella propria dei social network: iscrizione gratuita, possibilità di vedere la scheda personale di tutti gli altri iscritti, area Forum in cui porre domande e ricevere risposte, possibilità di scambiare messaggi personali con chi si desidera sia in forma pubblica, sia in privato. Ma nelle Officine c’è qualcosa che in Facebook o Linkedin non esiste: una redazione che ogni settimana pone un tema d’interesse aziendale e attraverso interviste a imprenditori ed esperti prova a suggerire consigli ed esperienze per affrontarli. Si è parlato di come gestire i clienti che non pagano, di come andare a vendere in Cina, di come accompagnare i propri collaboratori all’innovazione e altri esempi concreti e problemi reali su cui la community riflette e discute.

La squadra di Know-Net al completo

unico gruppo, per ora, costruito in inglese. In tale contesto sono numerosissime le richieste di im-prenditori stranieri che cercano prodotti italiani e, attraverso la “discussione virtuale”, si tenta di ri-spondere concretamente ai bisogni che emergono.

Utilizzare il web per fare rete In tempi in cui è facile scoraggiarsi, la voglia di fare impresa degli italiani è invece più viva che mai. «Fornendo assistenza tecnica - racconta Franco Mercalli - ci siamo accorti che c’è un alto numero di imprenditori iscritti che non ha dime-stichezza con il Web, ma pur di avere il proprio profilo scritto correttamente sta imparando a muo-versi nel social network».Se solo dopo 130 giorni di vita le Officine conta-no più di tremila imprenditori, vuol dire che una “piazza virtuale” di fiducia, in cui scambiarsi in-formazioni e conoscenze, era attesa. «Ogni giorno è un fiorire di occasioni da cui si è quasi presi in contropiede - commenta Bazzoni - . Il desiderio adesso è quello di rispondere in maniera sempre più efficace». n

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c ecrescere all’estero

Internazionalizzarsi è oggi l’unica possibilità che le imprese hanno per crescere e rimanere competitive rispetto agli aggressivi competitor

dei Paesi emergenti. Approcciare i mercati esteri è un’operazione delicata, che può riuscire meglio se compiuta in rete con altre imprese, come ci spiega Giovanni Castellaneta, presidente di Sace, il Gruppo che sostiene la crescita di oltre 20 mila imprese in più di 180 Paesi, garantendo fl ussi di cassa più stabili e trasformando i rischi di insol-venza in opportunità di sviluppo.L’export è sempre stato il volano dell’economia italiana. Con la crisi qualcosa è cambiato?«Il ruolo propulsivo dell’export per la nostra eco-nomia non è cambiato, anzi. Il processo di lento recupero delle nostre imprese è ancora trainato, nella maggior parte dei casi, dalle performance sui mercati internazionali. Questo vale anche per le pmi, che hanno dimostrato una buona capacità

reti e internazionalizzazione

di servire sempre mercati nuovi. Le turbolenze congiunturali hanno tuttavia infl uenzato signi-fi cativamente la geografi a dei rischi e delle op-portunità delle imprese che guardano all’estero. Sono ormai “avanzati” molti di quelli che chia-mavamo mercati “emergenti”. Non solo Brasile, Russia, India e Cina, ma anche Turchia, Indone-sia, Messico e Corea del Sud: è a queste nuove destinazioni a più alto potenziale che le nostre imprese hanno fi nalmente cominciato a puntare». Quindi puntare all’estero aiuta il Made in Italy a superare questa congiuntura diffi cile?«Sì. Per destreggiarsi in un mondo dove il virus della crisi contagia ogni giorno qualche Paese o settore economico diverso, la parola chiave per imprese e investitori è diversifi care. Hanno subìto minori riduzioni di domanda e redditività le im-prese che sono state in grado di attuare processi virtuosi di ristrutturazione prima del 2008, per

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Giovanni Castellaneta, presidente di Sace, spiega perché e, soprattutto, come le piccole e

medie aziende italiane devono puntare a espandersi sui mercati internazionali

d i D a r i o Va s c e l l a r o

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reti e internazionalizzazioone

poi far fronte alle difficoltà dei mercati tradizio-nali riposizionando le proprie azioni commerciali e investimenti verso mercati a maggiore crescita. Si tratta nella maggior parte dei casi di mercati lontani e costosi da raggiungere, caratterizzati da rischi e ostacoli operativi da affrontare con atten-zione e strategie nuove». Può spiegare meglio cosa intende per attenzio-ne e strategie nuove?«Attenzione significa individuare, comprendere e valutare, a 360 gradi, i rischi di ogni tipo rela-tivi alla controparte e al Paese. Strategie nuove significa tenere conto che è ormai tramontato il luogo comune secondo cui la leva di competi-tività delle produzioni dei Paesi emergenti sia essenzialmente legata al prezzo. Oggi è sempre più legata anche alla qualità. Per chi esporta, l’attrattività del proprio pacchetto finanziario è quindi strategica per massimizzare la competiti-

vità dell’offerta. I mercati emergenti stanno for-temente investendo nell’innovazione tecnologica della produzione industriale, in un rapido proces-so di catch-up dei competitor occidentali, insi-diando il loro storico primato. Una ragione in più per le nostre imprese per armarsi di tutti gli stru-menti finanziari idonei a massimizzare la com-petitività della propria offerta, laddove i vantaggi marginali derivanti dalla loro storica superiorità qualitativa si stanno progressivamente erodendo. La partnership con Sace offre alle imprese un’ac-curata analisi dei rischi e una solida conoscenza dei mercati internazionali e di poter scegliere tra un’ampia gamma di soluzioni per assicurare e rafforzare il proprio business. Con Sace, l’impre-sa può offrire ai propri clienti migliori dilazioni di pagamento o finanziamenti a condizioni com-petitive e contemporaneamente assicurarsi dal rischio di mancato pagamento».

Giovanni Castellaneta ha ricoperto, tra gli al-tri, gli incarichi di am-basciatore a Washington, Teheran, Canberra, di consigliere diplomatico del presidente del Con-siglio dei ministri e del ministro del Tesoro, di portavoce del ministero degli Affari Esteri, di vice rappresentante per-manente d’Italia presso le Organizzazioni Inter-nazionali a Ginevra, di responsabile dell’Ufficio per il Coordinamento dell’attività internazio-nale delle Regioni italia-ne e di coordinatore del Programma per la rico-struzione in Albania

Sace è una agenzia di credito all’esportazione, e assume in assicurazione e/o in riassicurazione i rischi a cui sono esposte le aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e negli investimenti all’estero. Sace, controllata al 100% dal ministero dell’Economia e delle Finanze, offre una gamma di strumenti per l’assicurazione del credito, la protezione degli investimenti, l’erogazione di cauzioni e garanzie finanziarie

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reti e internazionalizzazione

La maggior parte delle imprese, secondo alcu-ni, interpreta la necessità di sviluppo all’estero come mera esportazione. Tale approccio nel lungo periodo porta a un’inevitabile perdita di competitività. Lei è d’accordo? E quale do-vrebbe essere l’approccio per internazionaliz-zarsi con profitto?«L’export non è l’unico strumento di sviluppo all’estero per le imprese italiane, anche per quelle di dimensioni più piccole. La produzione in loco, per esempio, aiuta a comprendere meglio le esi-genze del mercato e a coniugare la specificità di un prodotto locale con la capacità di sviluppare e produrre questo prodotto in varie aree a livello globale, con maggiore prossimità ai nuovi clienti di riferimento. È insomma una leva di competiti-vità: lo si vede con l’asse Cina-Africa ad esem-pio, e per citare casi a noi più vicini, pensiamo a come la presenza di imprese italiane in loco abbia trainato il nostro export in mercati per noi oggi strategici come Turchia e Brasile. Questo vale non solo per le grandi aziende ma anche e soprat-tutto per le pmi».Crescere all’estero è una scelta con costi ini-ziali molto elevati. In che modo le reti possono facilitare il processo di internazionalizzazione delle pmi?«Le piccole dimensioni del tessuto produttivo italiano portano con sé numerose sfide: raggiun-gere livelli di efficienza adeguati, sostenere pro-cessi di ricerca e innovazione, confrontarsi con il processo di globalizzazione ed essere compe-titivi sui mercati internazionali. L’aggregazione

attraverso le reti di impresa può portare vantaggi strategici come la riduzione dei costi per le eco-nomie di scala, le sinergie di ricavi e l’accelera-zione dei processi di internazionalizzazione. In questa direzione va anche la Compagnia delle Opere, svolgendo un ruolo di spicco nella pro-mozione di una cultura favorevole allo sviluppo delle reti d’impresa. Lavorare in rete consente la centralizzazione di alcune funzioni ad alto valore aggiunto che una singola azienda non sarebbe in grado di permettersi, la condivisione del rischio e la comunione dei costi di sviluppo, creando una combinazione vincente per le pmi per affrontare mercati lontani e complessi». Come spiega l’avversione alla copertura del ri-schio di credito da parte delle nostre imprese?«È un fenomeno che riguarda particolarmente le aziende di dimensioni piccole, che tendenzial-mente percepiscono l’assicurazione dei propri crediti come un costo e non come un investi-mento e uno strumento a supporto della gestione aziendale. Esiste ancora una forma di pregiudizio che richiede un grande sforzo di education sia da parte nostra che da parte della stampa specializ-zata per far sì che gli imprenditori comprendano meglio i vantaggi dei nostri prodotti e non ne ve-dano solo i costi. Ma le cose stanno cambiando. È sensibilmente aumentata nelle imprese, e special-mente proprio nelle pmi, la percezione dei rischi a cui è esposto il business e del ruolo cruciale che un partner come Sace può svolgere per garantire una crescita in sicurezza, la protezione del fattu-rato e una migliore gestione finanziaria».In questo cambiamento culturale che sta inte-ressando specialmente le pmi anche la crisi nor-dafricana ha avuto un suo peso. Per chi investe all’estero, quali sono gli insegnamenti da trarne?«I recenti avvenimenti in Nord Africa hanno ri-portato alla ribalta il rischio politico e richiama-no alla necessità di una forte diversificazione dei mercati di destinazione, ma anche una valuta-zione completa dei rischi (economico-finanziari e politico-sociali) relativi alla controparte e al Paese di destinazione dei propri investimenti. In-sieme agli elementi di cautela e incertezza, questi avvenimenti aprono tuttavia nuove opportunità. Inediti processi democratici e liberali accompa-gnano la trasformazione di Paesi a noi vicini che schiudono prospettive di integrazione commer-ciale ed economica sia tra i mercati dell’area che tra le sponde nord e sud del Mediterraneo. Nel medio-lungo termine, ciò significa allargamento, sviluppo e consolidamento di tessuti produttivi e mercati di centinaia di milioni di consumatori». n

I mercati emergen-ti, ossia Brasile, Cina, India e Rus-sia, assorbono al-meno il 75% della crescita mondiale: verso di loro avvie-ne ormai più del 40% degli scambi globali. Impossi-bile per le nostre pmi fare a meno di questo “polmone” verso cui esistono strumenti di control-lo del rischio sempre più accessibili

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reti e territorio

Lo scorso luglio è stato approvato il bando per “la promozione e l’animazione delle aggre-gazioni di imprese” finalizzato a supportare i

soggetti intermedi, quali le associazioni impren-ditoriali, all’avvio di progetti in grado di dif-fondere e creare la cultura del “fare rete” come fattore di competitività. Del tema delle reti e del bando Ergon a sostegno dello sviluppo delle ag-gregazioni di imprese abbiamo parlato con An-drea Gibelli, vicepresidente e assessore all’Indu-stria e Artigianato di Regione Lombardia.Al Meeting di Rimini di quest’anno lei ha dichiarato che il «il Paese deve fare come la Lombardia». In un contesto sociale ed eco-nomico così delicato come quello odierno, in cui tutti invocano riforme strutturali e dove ad arrancare, insieme alle famiglie, è anche

LS

la lombardia aiuta a “fare squadra”di Bettina Gamba

«Con l’apertura del bando Ergon

Regione Lombardia prosegue la sua

opera di sostegno alla creazione

di reti e aggregazioni di imprese,

attraverso una dotazione di oltre 18

milioni di euro». Lo spiega in questa

intervista il vice presidente e assessore

all’Industria e Artigianato di Regione

Lombardia Andrea Gibelli

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reti e territorio

la lombardia aiuta a “fare squadra”

la piccola e media impresa, come tradurrebbe questa sua dichiarazione?«Attraverso la mia esperienza, che deriva dal contatto diretto col territorio lombardo, posso af-fermare che da parte dei grandi e dei piccoli c’è la preziosa volontà di “fare squadra”, cercando così di sfruttare l’esperienza e la capacità di tut-ti, con l’obiettivo di raggiungere anche i mercati internazionali. Penso sia molto importante pro-seguire in questa direzione, per superare defini-tivamente una crisi economica che non abbiamo voluto. Regione Lombardia mette a disposizione degli imprenditori strumenti grazie ai quali an-che le piccole medie imprese sono in grado di raggiungere i mercati internazionali».L’esperienza della Regione Lombardia è rivol-ta a valorizzare le aggregazioni tra imprese e il bando Ergon ne è un brillante esempio. Qual è stato il principio ispiratore del bando? «Con l’apertura di questo bando Regione Lom-bardia prosegue la sua opera di sostegno alla cre-azione di reti e aggregazioni di imprese, attraver-so una dotazione finanziaria di oltre 18 milioni di euro. L’idea che sta alla base di questo bando è dunque lo sviluppo delle aggregazioni in forma stabile tra imprese come fattore di competitività del sistema economico lombardo».Quante sono le reti d’impresa in Lombardia che potrebbero essere interessate al bando? «In realtà è un bando che può interessare po-tenzialmente tutte le piccole e medie imprese lombarde. Oggi, con una situazione economica ancora difficile, è fondamentale passare da una logica di eccellenza di singola impresa a quella di reti d’imprese d’eccellenza: solo così anche i piccoli possono conquistare mercati internazio-nali prima difficilmente raggiungibili. Il bando Ergon va proprio in questa precisa direzione».Lei ha più volte ribadito, perentorio, che «il fare rete tra imprese è l’unico modo per sbar-care nel futuro». È un’affermazione che non ammette altre vie d’uscita: o ci si mette insie-me o si muore?«Le reti d’impresa, i cluster sono sicuramente gli strumenti più importanti per conquistare nuovi mercati, così da garantire anche ai piccoli la pos-sibilità di superare definitivamente la crisi eco-nomica. È evidente che non esistono solo le reti d’impresa; infatti investiamo molto anche in ri-cerca, innovazione, attrattività, per rendere ogni territorio unico, attraverso il marchio “Made in Italy by Lombardia” che non ha pari nel mondo. È di questi giorni l’apertura del bando in settori strategici per le politiche in materia di ricerca e

innovazione, con un investimento di circa 120 milioni grazie al sostanziale contributo del mini-stero dell’Università e Ricerca».Sempre al Meeting di Rimini di quest’anno ha raccontato che più volte, come assessore, si è recato di persona nelle varie aziende lombar-de a conoscere gli imprenditori, le loro storie e i loro bisogni. Quali sono i modelli virtuosi di reti d’impresa che i nostri lettori dovrebbe-ro “imitare” e che lei ha potuto, grazie al suo compito, vedere da vicino? «In effetti, grazie alla mia iniziativa “Assesso-rato Itinerante”, ho conosciuto grandi realtà che contribuiscono a rendere la Lombardia la regio-ne economicamente più importante del Paese. Il tour, iniziato il primo ottobre dell’anno scorso, mi ha proprio consentito di dialogare con gli imprenditori durante le loro giornate di lavoro, ascoltarne le esigenze, confrontandole con le misure studiate e adottate da Regione Lombar-dia. In questi incontri di lavoro ho conosciuto anche esperienze di reti d’impresa d’eccellenza. Penso ad esempio al settore dell’aerospazio: una grandissima realtà come l’Agusta Westland fa da

Andrea Gibelli, vice presidente e assessore all’Indu-stria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione di Regio-ne Lombardia

Sopra, un’imma-gine del nuovo pa-lazzo della Regione Lombardia

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reti e territorio

traino alle imprese più piccole. A questo si ag-giunge il settore dell’agroenergia. Risultati im-portanti ce li attendiamo anche dal nuovissimo distretto del latte, nato in questi giorni a Lodi. Esempi straordinari che possono essere ripetuti su tutto il territorio lombardo». Piero Ostellino ha scritto sul Corriere della Sera che l’Italia è il «Paese dove, più che in ogni altro, la nascita di un’azienda, e la sua stessa esistenza, dipendono da un apparato legislativo e amministrativo invasivo e soffo-cante». Le reti d’impresa non rischiano di ri-sultare meno efficaci a causa della eccessiva burocrazia e cosa si può fare, e ha fatto o sta facendo la Regione Lombardia, per ovviare a questo problema?«La semplificazione è un altro tema fondamenta-le e, per questo, uno dei punti focali dell’azione del mio assessorato. Regione Lombardia, infatti, esorta una razionalizzazione dei processi am-ministrativi e una semplificazione delle misure a favore delle imprese, per renderli facilmente accessibili anche dalle micro piccole imprese. Tutti i provvedimenti inerenti le attività produtti-ve saranno quindi fortemente orientati allo Small Business Act. In questo primo anno di lavoro la Giunta Regionale ha approvato il primo prov-vedimento che va proprio nella direzione dello Small Business Act. Questo indirizzo compor-ta un’omogeneizzazione di regole, tempistiche, gestione dei provvedimenti, completa digitaliz-zazione del procedimento, fino ad arrivare alla semplificazione del processo di liquidazione. Un altro esempio concreto che ho fortemente voluto riguarda la digitalizzazione dei bandi; ora siamo a oltre il 50 per cento, ma entro la fine dell’anno ho posto l’obiettivo di arrivare al 100 per cento della informatizzazione. Un imprenditore non può perdere tempo venendo negli uffici regiona-li, quando si possono svolgere le stesse funzioni stando nella propria azienda». C’è un’evidente preoccupazione, ormai diffu-sa, sulle sorti del nostro sistema produttivo, e le attuali condizioni economiche non lasciano presagire che si possa diminuire il carico fi-scale che i piccoli e medi imprenditori devono subire. Un ente locale come la Regione Lom-bardia, pur in difficoltà a far quadrare i conti, può contribuire ad alleviare il peso del Fisco sulle aziende?«La normativa che sta alla base dei tributi regio-nali è prevalentemente di competenza nazionale. In molti casi infatti non è possibile per la Regio-ne intervenire direttamente per una riduzione del

fisco. Regione Lombardia mette in campo tutti gli strumenti a sua disposizione per sostenere ogni impresa, consapevole che le oltre ottocen-tomila imprese lombarde costituiscano il vero motore economico dell’intero Paese. Tra questi esistono anche misure molto innovative, come per esempio l’accordo con la Banca europea de-gli investimenti che prevede per i prossimi mesi un apporto di prestiti di parte corrente per le pic-cole e medie imprese lombarde in difficoltà di liquidità». n

Il Bando Ergon (Eccellenze regionali a supporto della governance e dell’organiz-zazione dei network di imprese), un programma cofinanziato da Regione Lombardia Direzione Generale Industria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione, ministero dello Sviluppo Economico e il Sistema delle Camere di Commercio Lombarde, prevede oltre 18 milioni di euro per sostenere il sistema delle micro, piccole e medie imprese lom-barde e favorire, tramite il processo di aggregazione delle imprese in rete, l’aumento di competitività sul mercato

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R Srating c o n l o scontoUniCredit sostiene le reti d’impresa, la nuova forma aggregativa “ibrida” che permette il

mantenimento dell’indipendenza e dell’identità delle singole imprese e, allo stesso tempo, il

superamento dei vincoli dimensionali necessario per competere sui mercati globali

d i D a r i o Va s c e l l a r o

banche e reti

La rete permette di superare la frammentazio-ne del nostro sistema produttivo e la piccola dimensione delle imprese, andando oltre la lo-

gica territoriale e dei distretti, ma consente anche alle aziende di non snaturarsi e di mantenere l’au-tonomia. Il Governo ha dato una cornice giuridica a questa nuova forma di aggregazione, ha previsto un’agevolazione fi scale e sta studiando misure di semplifi cazione amministrativa, ma è importante continuare a supportare questo strumento. Per far-lo, il ruolo delle banche è insostituibile, come ci spiega Rodolfo Ortolani, Head of Identity &Com-municationItaly di UniCredit.Il mondo delle banche guarda con interesse alla nuova realtà delle reti d’impresa?«Ogni giorno che passa è sempre più evidente che è necessario rivedere il modo di fare impresa non solo nel nostro Paese, ma in tutta l’Europa. L’Italia deve intraprendere un percorso soprattutto nell’ambito delle aggregazioni. Il nostro Paese, infatti, è caratterizzato da un iperfrazionamento delle imprese che ha radici lontane nel nostro impianto culturale. Se è vero che siamo il Paese dei Comuni, degli ottomila campanili, anche nel mondo delle imprese c’è lo stesso atteggiamento. Fino a qualche tempo fa, la piccola dimensione delle nostre aziende ha fatto sì che il sistema imprenditoriale risultasse particolarmente fl essibile. Purtroppo temiamo che oggi questo

Miglioramento del rating per le aziende aggregate in rete, un modello di servizio con un unico gestore e unico deliberante creditizio per offrire supporto qualifi cato sui progetti, gemellaggi con reti sui ter-ritori, sono alcune delle iniziative di UniCredit a favore della nuova forma di aggregazione tra im-prese (nella foto, Rodolfo Ortolani, Head of Identi-ty & Communication Italy di UniCredit)

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banche e reti

elemento positivo non sia più sufficiente. Coerentemente con quanto stanno facendo tutti gli altri attori del mondo dell’economia, quindi, anche il nostro Gruppo ha ritenuto di dover guardare con attenzione alle reti d’impresa, non per un’operazione di marketing, ma per dare un concreto contributo a rendere “attraente” per le imprese questa nuova forma di aggregazione, che va ad affiancarsi ad altre forme già esistenti. La rete può rappresentare un primo passo di supporto alle imprese per capire che insieme è più facile raggiungere economie di scala e di scopo che le mettano in condizione di poter competere nei mercati internazionali».Come avete approcciato la nuova realtà delle reti d’impresa?«Prima di tutto abbiamo cominciato a conoscere le reti che si sono formate finora. Abbiamo studiato dove sono localizzate, quali tipi di aziende le compongono (sia dal punto di vista dimensionale che del settore di appartenenza). Abbiamo anche cercato di capire quali erano i contenuti sostanziali del contratto che le legava, e se queste forme di aggregazione potevano effettivamente portare un valore quantificabile. Ci siamo resi conto che non tutti i contratti di rete sanciscono una reale capacità di realizzare progetti di investimento comuni, ma la maggior parte rappresentano un effettivo valore aggiunto. Per i progetti di rete validi ci siamo messi a disposizione per fornire servizi di consulenza legale, per un aiuto nella preparazione del business plan o per valutare se il progetto di rete è coerente rispetto ai mercati che le aziende in rete vogliono affrontare. Una volta che abbiamo analizzato e valutato i contratti di rete esistenti e parlato con molti leader di progetto, siamo arrivati alla conclusione che, se le reti rispettano determinate condizioni, noi attiveremo per loro delle “eccezionalità” rispetto al nostro modo ordinario di rapportarci con le imprese».Quali sono le condizioni che le reti devono rispettare?«All’interno del contratto di rete deve essere effettivamente rappresentata la volontà di stare insieme in termini di governance, in termini di fondo patrimoniale, di regole di entrata e uscita delle singole aziende dalla rete, qualora qualcuno volesse ex post recedere o subentrare. Nella rete, ancora, deve essere tutelata la proprietà intellettuale che può rappresentare uno degli obiettivi di questa tipologia di aggregazione, visto che spesso gli imprenditori sono restii a mettere a disposizione il knowhow della propria azienda.

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banche e reti

Il progetto di rete, inoltre, deve avere una sua coerenza d’insieme, cioè il mettersi insieme di un produttore, di un distributore, di un innovatore, o comunque dei vari soggetti che compongono la rete deve consentire di poter meglio sviluppare o realizzare un progetto imprenditoriale che le singole aziende non avrebbero potuto intraprendere».Una volta soddisfatte queste condizioni, quali sono le “eccezionalità” che attivate a favore delle reti d’impresa?«Le economie di scopo e di scala realizzabili all’interno di una rete costituiscono i presupposti per attivare delle reali attività di affiancamento. In questo contesto, mettiamo a disposizione di questo unico soggetto - anche se dal punto di vista giuridico non lo si può ancora considerare tale -, impersonato dal leader di progetto, le nostre strutture (anche legali e fiscali) e in pratica lo accompagniamo a sostenere processi di innovazione e/o a entrare e svilupparsi su nuovi mercati anche esteri dove il nostro Gruppo è presente. Per la rete d’impresa, ancora, è unica la figura del gestore commerciale, quindi c’è un unico interlocutore, sia di consulenza che commerciale, che dialoga con il leader di progetto per tutti i bisogni finanziari della rete. Per la rete d’impresa, inoltre, ci sarà un unico deliberante crediti che, al di là della dislocazione geografica delle singole aziende della rete, conoscendo il progetto di rete sarà in grado di valutare in una logica d’insieme le singole richieste di finanziamento al circolante, piuttosto che le singole richieste di finanziamento agli investimenti con mezzi permanenti. C’è un altro “trattamento straordinario”, però, che rappresenta la chiave di volta del nostro modo di affrontare il tema delle reti, cioè fare in modo che aggregarsi sia “attraente”».Qual è questo “trattamento straordinario”?«Come da parte dello Stato a favore delle reti d’impresa è stata predisposta la sospensione d’imposta, anche la banca deve in qualche modo favorire e rendere appealing la decisione di aggregarsi. A tal fine, quando un contratto di rete soddisfa gli aspetti legali e il business plan appare coerente, applichiamo a favore delle singole aziende della rete uno sconto, un override del rating da 0,5 a 2 punti della scala del nostro rating che va da 1 a 9. Naturalmente questo sconto sarà diverso per ciascuna impresa in funzione del proprio grado di interrelazione nell’ambito della rete stessa».Non esiste un rating della rete?«Non esiste in quanto tale. La rete, fin tanto

che non diventerà un soggetto giuridicamente e solidalmente obbligato nel momento in cui contrae un’obbligazione, è un insieme di soggetti con delle responsabilità singole. Non c’è il finanziamento alla rete, ma ci sono tanti finanziamenti alle singole imprese. Il rating della rete non c’è perché essa non è un consorzio, una srl, una persona giuridica, ma è l’insieme di tanti soggetti i quali hanno bilanci singoli, conti economici singoli, attività singole, finanziamenti singoli e obblighi contrattuali singoli. Tra l’altro, nell’ipotesi di un rating di rete, semplificando, potremmo trovarci nelle condizioni di avere un’azienda con un rating cattivo di 8 e un’altra azienda con un rating buono di 2, pervenendo per entrambe le aziende a un rating 6. Il che

Per rendere “attraente” la nuova forma di aggregazione tra imprese, Unicredit ha deciso di dar vita a un modello di servizio con un unico gestore e un unico deliberante creditizio, che approfondiscono la conoscenza del Programma di rete assieme agli im-prenditori e mettono a disposizione consulenza, prodotti e una valutazione del merito di credito unica e globale, in ottica di visione d’insieme della rete, come se fosse un oggetto unico. Ma, soprattutto, la banca ha pensato a un miglioramento del rating per le singole imprese partecipanti a valere su tutte le linee di credito grazie all’apprezza-mento da parte della banca dei fattori qualificanti della rete

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banche e reti

porterebbe a una forte penalizzazione proprio dell’azienda migliore».Quali sono i vantaggi dello sconto sul rating delle aziende in rete?«L’effetto del miglioramento del rating determinato dall’effetto aggregazione si riverbera sulle operazioni di finanziamento del circolante che vengono effettuate dalle aziende o nelle operazioni di finanziamento degli investimenti che vengono effettuati nell’ambito del progetto di rete, ma ha conseguenze anche nel rapporto ordinario che la singola azienda ha per tutti gli altri finanziamenti in essere con la banca. Quando un’azienda aderisce a una rete, nel concreto procediamo a una specifica valorizzazione del suo rating. In buona sostanza, invece di assegnarle il rating che dovremmo registrare ordinariamente - in base ai dati andamentali, agli insoluti, ai movimenti, alla regolarità dei pagamenti, agli indici di bilancio ecc. - consideriamo che l’essere dentro una rete le può consentire più agevolmente di innovare, internazionalizzarsi, mettere in comune le proprie competenze con quelle degli altri componenti della rete. In altri termini, semplificando, a un’azienda in rete facciamo una specifica valorizzazione del suo rating nella convinzione che, proprio per il suo essere in rete, da qui a un anno il suo rating migliori e sarà proprio quello che ottiene oggi».Unicredit è la banca più internazionalizzata d’Italia, quindi un punto di osservazione privilegiato sugli altri Paesi. Un contratto come quello delle reti d’impresa ha analogie in altre realtà europee?«Negli altri Paesi dove siamo presenti non abbiamo visto questa necessità delle imprese di legarsi sotto questa forma ibrida, o perché la dimensione delle imprese è molto più grande, come in Germania o in Austria, o perché, come nei Paesi del Centro Est Europa, ci sono dei fenomeni di crescita del Pil che stanno accompagnando la crescita organica delle singole aziende».Nel nostro Paese, da un po’ di tempo, sembra difficile disegnare politiche industriali. Le

reti d’impresa potrebbero essere soggetti catalizzatori di un cambiamento di prospettiva nel ridisegnare tali politiche?«Sicuramente possono avere un ruolo importante, anche se non sono la cura a tutti i mali dell’economia italiana. Le reti possono essere uno strumento atto a superare uno dei problemi dell’imprenditoria italiana: la mancanza di economie di scala che ostacola gli investimenti necessari per l’internazionalizzazione, per l’innovazione, attività che l’imprenditore singolo non ha il tempo né, soprattutto, le risorse per fare. Per quanto riguarda le politiche industriali, le pubbliche amministrazioni, soprattutto le Regioni, che hanno la delega sul territorio per favorire lo sviluppo e la crescita, dovrebbero concentrare le poche risorse che ancora hanno per favorire le aggregazioni tra imprese».La crisi finanziaria rende sempre più concreto il rischio del credit crunch. Le banche saranno

sempre meno in grado di supportare il sistema imprenditoriale?

«Il credit crunch, purtroppo, viene associato a una presunta volontà delle

banche di non prestare soldi alle aziende. In realtà, il prezzo del denaro è di recente molto cresciuto

e le banche devono spendere sempre di più per procurarselo.

Se questa crisi finanziaria durasse ancora qualche settimana, potrebbe

ostacolare il supporto delle banche al sistema produttivo perché gli istituti di credito hanno ormai esaurito la propria

capacità di autosostentamento e devono fare raccolta all’estero. In Italia, infatti, chi ha denaro e lo presta (ad esempio, i Fondi pensione) non vuole incassare meno di quanto incasserebbe investendo in Btp. A maggior ragione gli stranieri vogliono quel tipo di rendimento. Il dramma è che dall’Europa, ormai da un anno, i grandi investitori stanno scappando e quindi c’è una scarsa liquidità sul mercato. È un problema molto serio che, se protratto, aggiungerà ulteriore zavorra alla già scarsa competitività delle imprese italiane. Noi ne siamo consapevoli e stiamo cercando in tutti i modi di venire incontro alle necessità delle imprese. Lo sconto del rating alle reti d’impresa è una di queste modalità: grazie a un rating più basso, infatti, possiamo applicare un tasso inferiore alle aziende

quando prestiamo loro del denaro». n

In un momento difficile per l’eco-nomia, con le gravi tensioni sui mercati e con l’avvio di Ba-silea 3, il problema della liquidità ri-schia di diventare i n s o r m o n t a b i l e . Grazie al contrat-to di rete, però, la banca può avere una garanzia in più su un progetto comune

e chiaro

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78 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 7 O t t o b r e 2 0 1 1

reti e ue

Nell’Ue due terzi dei posti di lavoro sono nelle pmi, che rappresentano a loro volta il 99% di tutte le imprese nell’Unione. Di qui la parola

d’ordine scelta dalla Commissione nella sua po-litica per le imprese: “pensare prima in piccolo”. È questo il senso dell’iniziativa per rafforzare ulteri ormente la crescita e la competitività so-stenibili delle pmi, denominata Small Business Act (Sba), al cui centro c’è la convinzione che un contesto veramente favorevole alle pmi dipenda innanzitutto dal riconoscimento degli impren-ditori da parte della società. Lo Small Business Act mira perciò a migliorare l’approccio politico globale allo spirito imprenditoriale, ad ancorare irreversibilmente il principio “pensare anzitutto in piccolo” nei processi decisionali - dalla for-mulazione delle norme al pubblico servizio - e a promuovere la crescita delle pmi aiutandole ad affrontare i problemi che continuano a ostacolar-ne lo sviluppo.

IP

l’impegno dell’europa

per le pmiAntonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea

e responsabile di Industria e Imprenditoria, ci spiega come

l’Unione europea si adopera per creare il migliore contesto

possibile per le piccole imprese, soprattutto per quelle in rete,

e per i bisogni imprenditoriali

di Dario Vascellaro

Ispirata dai dieci principi enunciati nello Sba (vedi box) per guidare la formulazione e l’attua-zione delle politiche sia a livello Ue che degli Stati membri, l’Unione europea ha predisposto programmi e fi nanziamenti speciali per pro-muovere l’imprenditorialità e le competenze, migliorare l’accesso ai mercati da parte delle pmi e rafforzare il loro potenziale di crescita (promuovendo le capacità nel campo della ri-cerca e dell’innovazione). Sull’impegno passato, presente e futuro dell’Ue nei confronti delle pmi abbiamo parlato con Antonio Tajani, vicepresi-dente della Commissione europea e responsabile di Industria e Imprenditoria.In un momento come l’attuale che vede tutti i Paesi europei alle prese con diffi coltà econo-miche, l’Ue proseguirà nel suo Piano di soste-gno alle pmi?«Per noi sostenere le pmi vuol dire sostene-re l’economia reale, sostenere la crescita. Se è

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vero che la grande industria è lo scheletro del-la nostra economia, le piccole e medie imprese sono la rete venosa e arteriosa. Per questo siamo assolutamente convinti che piccole, medie ma anche micro imprese debbano essere sostenute. Non a caso abbiamo deciso di nominare anche un ambasciatore per le piccole e medie imprese a livello di Unione europea e poi abbiamo chiesto a tutti gli Stati membri di dar vita a un sistema di Mister o Miss Pmi collegato all’Ue. Al di là di ogni aspettativa, in poche settimane abbia-mo costruito una rete, composta da personaggi di primissimo piano, che è già operativa. Oltre a costituire questa rete abbiamo anche studiato una strategia comunitaria per fare in modo che le piccole e medie imprese possano crescere. L’obiettivo è quello di metterle nelle condizioni di poter essere protagoniste della crescita. Per far questo intendiamo ridurre i tempi per la cre-azione di una piccola e media impresa: il nostro obiettivo è quello di arrivare a tre giorni e di far spendere pochi euro per adempiere a tutte le pra-tiche burocratiche». State lavorando ad altri provvedimenti a favo-re delle piccole e medie imprese?«Se vogliamo far crescere questo settore del mondo imprenditoriale, dobbiamo puntare anche a un rafforzamento del mercato interno. Dobbia-mo permettere alle piccole e medie imprese di lavorare nel mercato interno. Per questo con il commissario europeo per il Mercato interno e i servizi, Michel Barnier, stiamo lavorando per la fatturazione e la firma elettronica, strumenti che agevolano le pmi che ancora oggi faticano a fatturare da un Paese all’altro. Si perde un affa-re, quindi denaro e occupazione, perché magari non si fa la fatturazione elettronica. Lo sviluppo del mercato interno, anche all’interno del Mar-ket Act, il “gemello” dello Small Business Act che prevede una serie di misure per stimolare l’economia europea e creare occupazione, punta allo sviluppo delle piccole e medie imprese. Con Barnier stiamo lavorando per preparare una sorta di Manuale comunitario per le piccole e medie imprese, che contenga tutte le cose che si posso-no fare per sostenere le piccole e medie imprese, con l’aiuto delle normative o dei progetti comu-nitari. Anche in prospettiva di una diminuzione delle dotazioni finanziarie nel prossimo futuro, abbiamo deciso di proporre al Parlamento e al Consiglio europei un forte sostegno alle pmi, in modo che ci siano dei fondi dedicati a questo settore importante dell’economia, non soltanto per incentivare l’innovazione, ma anche la com-

Lo Small Business Act è una legge Ue del 2008, aggiornata nel febbraio 2011, concepita per favorire lo sviluppo economico delle pmi in Euro-pa (nella foto, la sede della Commissione europea)

Antonio Tajani è commissario europeo per l’Industria e l’Imprenditoria nella Commissione Barroso II

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petitività, l’internazionalizzazione e per aiutare settori come il turismo, nel quale operano mol-tissime piccole e medie imprese. Abbiamo lan-ciato un segnale, mi auguro che il Parlamento e il Consiglio, proprio perché puntiamo sull’eco-nomia reale, sulla crescita e sulla competitività, possano darci ascolto e sostenere la proposta della Commissione».Quali sono i più importanti risultati concreti fi n qui ottenuti?«Un grande risultato che abbiamo ottenuto è sta-to l’approvazione della direttiva sul ritardo dei pagamenti che deve entrare in vigore in tutti gli Stati dell’Ue e fi ssa in 30 giorni o al massimo in 60 il pagamento da parte dell’amministrazione pubblica nei confronti dei propri fornitori (ma sancisce anche, salvo accordo in deroga, purché non pernicioso per le pmi, che questo valga pure nel rapporto tra grande e piccola impresa che spesso è subappaltatrice): ormai nessuno potrà più tirarsi indietro. Ci auguriamo che gli Stati membri si adeguino più rapidamente possibile per rimettere in circolazione circa 180 miliardi di euro. Ancora, stiamo lavorando moltissimo per facilitare l’accesso al credito da parte delle pmi. Se la sfi da con la concorrenza internaziona-le si vince sull’innovazione, dobbiamo permet-tere alle piccole e medie imprese di accedere al credito per potersi innovare. La grande industria lo può fare con i propri mezzi, mentre spesso la piccola e media impresa non è in grado di farlo.

Ecco perché ho dato vita a un gruppo di lavoro, cui ha aderito anche la Borsa di Londra: lo Sba Finance Forum, il Forum per l’accesso delle pmi alle risorse fi nanziarie, che serve a studiare tutti gli strumenti fi nanziari utili alle piccole e medie imprese».A questo proposito, cosa sta facendo l’Ue per evitare alcune criticità emerse riguardo l’ap-plicazione di Basilea 3 nei confronti delle pmi?«Abbiamo approvato una proposta di applica-

I dieci principi dello Small Business ActI Dar vita a un contesto in cui imprenditori e imprese familiari possano prosperare e che sia gratifi cante per lo spirito im prenditorialeII Far sì che imprenditori onesti, che abbiano sperimentato l’insolvenza, ottengano rapidamente una seconda possibilitàIII Formulare regole conformi al principio “Pensare anzitutto in piccolo” IV Rendere le pubbliche amministrazioni permeabili alle esigenze delle pmiV Adeguare l’intervento politico pubblico alle esigenze delle pmi: facilitare la partecipazione delle pmi agli appalti pubblici e usare meglio le possibilità degli aiuti di Stato per le pmiVI Agevolare l’accesso delle pmi al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commercialiVII Aiutare le pmi a benefi ciare delle opportunità offerte dal mercato unicoVIII Promuovere l’aggiornamento delle competenze nelle pmi e ogni forma di innovazioneIX Permettere alle pmi di trasformare le sfi de ambientali in opportunitàX Incoraggiare e sostenere le pmi perché benefi cino della crescita dei mercati

Tajani si augura che gli Stati membri dell’Ue si adeguino rapidamente alla direttiva sul ritardo dei pagamenti

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I dieci principi dello Small Business Act

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zione di Basilea 3 che potrà regolare il settore della finanza che, come stiamo ancora vedendo, qualche problema all’interesse dei cittadini l’ha creato, senza per questo impattare negativamen-te sull’attività delle imprese. Siamo riusciti a inserire nel testo una clausola che prevede che l’Agenzia di sorveglianza sulle banche possa re-alizzare uno studio per vedere se la proposta di Basilea 3 è a misura di piccola e media impresa. Questo studio dovrà arrivare alla Commissione entro metà 2012, in modo che si possano mo-dificare alcuni parametri contenuti nel testo in discussione al Parlamento e al Consiglio, che avranno così a disposizione uno studio indi-pendente di un’agenzia comunitaria che li aiuti a valutare l’impatto di Basilea 3 sulle piccole e medie imprese. Il nodo principale riguarda la garanzia che deve essere tenuta dalle banche quando si eroga un prestito. Noi siamo convin-ti che le piccole e medie imprese europee siano affidabili e quindi si debba abbassare il livello di garanzia».Nella realizzazione dello Small Business Act si è tenuto conto del nuovo strumento delle reti d’impresa?«Le reti d’impresa, come i cluster, sono strumen-ti utilissimi proprio per puntare sull’innovazione e sull’internazionalizzazione. I cluster e le reti d’impresa sono due realtà diverse ma “gemelle”. Sono entrambi un modo moderno di superare il modello del distretto industriale che, a mio giu-dizio, ha fatto il suo tempo. La rete d’impresa è uno strumento tipicamente italiano ma lo ab-biamo inserito anche nei nostri documenti per la realizzazione dello Small Business Act. È uno dei casi in cui è l’Italia a dare l’esempio, ed è un esempio molto positivo, come sono positivi gli esempi dei cluster».In che senso le reti d’impresa sono strumenti uti-li per l’internazionalizzazione e l’innovazione?«Basta citare un paio di cifre per capire quanto le reti d’impresa e i cluster possano fare per l’inter-nazionalizzazione delle nostre imprese, premet-tendo che internazionalizzare non vuol dire de-localizzare, ma andare a scoprire nuovi mercati. Ebbene, soltanto il 23% delle piccole e medie imprese europee lavora al di là dei confini nazio-nali e soltanto il 13% al di là dei confini dell’Ue. Questo vuol dire che c’è un potenziale mercato ancora tutto da scoprire, dove soltanto pochissi-mi hanno iniziato il lavoro di ricerca delle oppor-tunità di business o già vi operano. Per esplorare questi nuovi mercati servono organizzazioni di-verse: una grande industria può farlo da sola, una

lo statuto delle impreseLa proposta di legge Statuto delle imprese, approdata all’esame del Senato a metà ottobre, è finalizzata a sviluppare il dettato dell’articolo 41 della Costituzione declinando, sulla base dei princìpi di libertà di iniziativa e di sussidiarietà, i diritti fondamentali delle imprese, nonché a recepire l’invito rivolto dall’Unione europea con lo Sma. In quanto tale, essa costituisce un punto di riferimento imprescindibile per ogni legislazione e regolamentazione successive, nazionali, regionali e locali, alla stregua dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970) con riferimento alle normative sul lavoro. Essa si applica, tuttavia, non solo alle mpmi, ma a tutte le imprese, nella convinzione che «quello che va bene alla piccola impresa, va bene a tutte le imprese».

piccola impresa no. Il cluster, la rete d’impresa possono anche essere determinanti per andare a scoprire nuovi mercati. Per espandersi all’estero, poi, le imprese devono innovare e anche per que-sto le reti sono uno strumento utile. Daremo vita a una manifestazione per approfondire l’impor-tanza di questi temi, durante la quale si parlerà anche di reti d’impresa. Stiamo organizzando a Malta per l’inizio del prossimo anno un grande evento dedicato ai cluster e si parlerà anche delle reti d’impresa».Le iniziative di cui ci ha parlato finora sono utili anche per delineare una politica unica europea per le pmi?«Io credo di sì. La governance europea non lede il principio di sussidiarietà. È ovvio che le pmi devono essere lasciate il più possibile libere di agire, ma questo non significa che non ci pos-sa essere una strategia comune europea per le piccole e medie imprese. La rete dei Mister Pmi serve proprio a puntare ad avere una governance unica europea per le grandi scelte che si devono fare a livello delle piccole e medie imprese». n

La rete d’impresa è uno strumento ti-picamente italiano che è stato inserito nei documenti per la realizzazione del-lo Small Business Act (sopra, il Parla-mento europeo)

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lo statuto delle imprese

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t stessuto socialeNelle pagine seguenti presentiamo alcuni casi di network fra opere

che dimostrano la convenienza del lavoro comune e del la condivi-

s ione. E che hanno molto da insegnare anche al mondo for profit

a c u r a d i C a r m e l o G r e c o

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È una realtà giovane, ma con buone radici. Con.Opera, consorzio attivo nel settore dei servizi educativi per l’infanzia e la famiglia, è nato

in Toscana soltanto sei anni fa. Nel 2008 si è am-pliato a livello nazionale entrando a far parte del consorzio Pan (Progetto asili nido) in rappresen-tanza di Cdo Opere Sociali, una delle tre reti di organismi non profit (le altre sono Cgm e Drom-Legacoop) che, insieme a Banca Intesa San Pao-lo, hanno contribuito alla nascita del progetto nel 2004. Oggi Pan rappresenta la più grande orga-nizzazione italiana di servizi per la prima infan-zia con un marchio di qualità depositato presso l’Ue.«Quando Cdo Opere Sociali ha aderito alla co-stituzione di Pan - spiega Francesco Neri, presi-dente di Con.Opera - non aveva all’interno della sua esperienza un’area dedicata. Gli asili nido facevano riferimento un po’ alle scuole, un po’ alle opere sociali. Con.Opera è nato per riunire cooperative sociali, consorzi e associazioni già esistenti. Ognuno ha portato il proprio contributo specifico: chi nella gestione dei servizi educativi, chi dei servizi alla persona, chi nel rapporto col Pubblico, chi nei servizi alla famiglia. In questo modo abbiamo posto le basi per lo sviluppo di una rete in grado di favorire una condivisione di know-how e la partecipazione a commesse di una certa rilevanza socia-le». Come è accaduto di recente, ad esempio, nei Comuni di Roma e Milano. Nel capoluogo lombardo l’ultimo ban-do di accreditamento ha visto Con.Opera collocarsi fra i primi quattro enti socioe-ducativi con la conse-guente assegnazione di dieci asili nido, per un totale di oltre 450 bam-bini e un centinaio di operatori tra educatori

Nidi per bambini e famiglieCon.Opera, consorzio attivo nei servizi educativi rivolti all’infanzia, documenta

l’importanza dell’innovazione anche in ambito sociale e la necessità di un nuovo

approccio in termini imprenditoriali e di governance

e ausiliari, che saranno gestiti tramite due con-sorziati, la cooperativa Età insieme di Milano e l’Istituto San Giuseppe di Firenze. In tutta Italia gli attuali consorziati sono quindici, 152 gli asili in rete con Pan, 4.561 i bambini accolti, 911 le persone impiegate. A oggi il consorzio è presen-te in otto regioni, con sedi principali a Firenze e Milano. Se si aggiungono i servizi per l’infanzia, entrati a far parte del marchio Pan tramite la sua mediazione, le regioni salgono a tredici. A fine 2011, se si confermerà questo trend di crescita, Con.Opera arriverà a fatturare all’incirca due mi-lioni di euro. Cifre di tutto rispetto se si considera che il consolidamento della struttura operativa è avvenuto solo all’inizio del 2010, con l’arrivo di un manager di lungo corso quale Guido Boldrin nelle vesti di direttore generale, dopo otto anni alla guida di Cdo Opere Sociali.

Qualità e innovazioneAlle tradizionali attività di gestione, consulen-za organizzativa, rafforzamento del networking, Con.Opera affianca l’impulso agli studi scien-tifici inerenti le materie di propria competenza. In collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e con il contributo di Humana, l’an-no scorso ha promosso un’indagine empirica fo-calizzata specialmente sul tema della qualità dei

«Con.Opera - spiega il presidente Francesco Neri - pone le basi per lo sviluppo di una rete di cooperative, consorzi e associazioni e per una condivisione di espe-rienze e contributi»

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servizi per la prima infanzia. E sempre sullo stes-so tema sta organizzando un convegno insieme al consorzio Pan che si terrà a Milano il prossimo 4 novembre. «La certifi cazione di qualità nel no-stro campo - dice Boldrin - costa molto in termi-ni economici, di energie e tempo. Poterla offrire ai nostri consorziati rappresenta sicuramente un valore aggiunto». C’è un segno distintivo nell’im-postazione di Con.Opera che il presidente tiene a rimarcare: «La peculiarità del nostro consorzio è quella di mettere insieme servizi all’infanzia e alla famiglia. Ci piace sottolineare che i servizi educativi alla prima infanzia sono anche servizi alla famiglia. A volte i Comuni divido-no i servizi sociali dai servizi educativi, quindi gli asili nido fanno capo a un settore e le scuole dell’infanzia a un altro. In generale, poi, spesso si ragiona su un’infanzia slegata dal contesto fa-miliare». «Il nostro set-tore - aggiunge Boldrin - non è avulso da quello che ci circonda. In una situazione generale di crisi economica e di crisi del Welfare, tutti ne risentono: i Comuni e le am-ministrazioni sono sempre più parchi nella distri-buzione di risorse, mentre le famiglie affrontano cassa integrazione o licenziamenti. Ritorna, così, la fi gura della nonna, si allargano le reti sociali, le mamme rimaste a casa si mettono a disposizione di altre mamme». In uno scenario che muta così velocemente, servono innovazioni e cambiamenti. Gli ultimi anni, ad esempio, hanno visto la nascita degli asili nido aziendali. Con.Opera ne gestisce due: quello di Banca Intesa San Paolo a Milano, tramite un suo consorziato, e direttamente quello della Cassa di Risparmio di Firenze. Ma all’Ita-lia, patria delle imprese di ridotte e ridottissime dimensioni, serve un modello ancora più avanza-to. Visto che sono pochissime le grandi aziende che concentrano in un’unica struttura un nume-ro di dipendenti tale da giustifi care la presenza di un asilo nido, alcune sperimentazioni recenti stanno puntando a interloquire con quelle realtà che hanno sì numerosi addetti, ma diffusi su vaste aree metropolitane. Si pensi, ad esempio, alle ex municipalizzate oppure alle aziende sanitarie. A quanti lavorano in società di questo tipo l’offerta potrebbe essere modulata nei termini di posti-ni-

do disponibili in punti diversi del territorio gestiti da vari operatori in rete. Ma l’innovazione deve essere ancora più estesa: dalla connessione in rete di asili nido e scuole materne, per realizzare vere e proprie “fi liere educative”, alla compattazione di più micronidi - la cui singola gestione comporta oneri troppo elevati e talvolta poco sostenibili - in un unico nido più grande. Oppure, in alternativa, l’introduzione di una maggiore fl essibilità oraria e il sostegno a forme diverse come quelle delle tagesmutter, le “mamme di giorno” che anche in Italia cominciano a prendere piede.

La sfi da di Lisbona«Di fronte alla sfi da del cambiamento - conti-nua Neri - serve una formazione che sostenga il soggetto imprenditore ad accettare questa sfi da. Permangono tuttora anacronismi burocratici da Regione a Regione: in Lombardia il numero ri-chiesto nel rapporto tra educatore e bambini è di uno a otto, in Toscana è di uno a nove; nel Lazio i metri quadri necessari per bambino sono otto, in Toscana invece quattro. C’è poi tutto il tema del Sud…». Interviene il direttore generale: «Il nostro parametro di riferimento è quello di Lisbona: 33 posti di asilo nido ogni 100 bambini da 0 a tre anni. In Italia la copertura media del servizio è di circa il 12,7%, il Sud è al 7%, con punte del 4% in Basilicata. L’Emilia Romagna è l’unica regione a essere in linea, la Lombardia ha quasi raggiunto la soglia. Da una parte, quindi, c’è un obiettivo di quantità: dare al nostro Paese servizi adeguati alle esigenze delle famiglie. Dall’altra, siccome parliamo di servizi educativi rivolti al bambino, la qualità è imprescindibile. Senza dimenticare la sostenibilità dei costi. Se manca uno di questi ele-menti - quantità, qualità e sostenibilità dei costi - viene meno qualcosa che, prima o poi, fa cadere l’intero sistema». Qual è l’apporto di Con.Ope-ra allo sviluppo di questo sistema? Il consorzio incontra gli operatori del settore, sia soggetti già presenti sul mercato sia quanti vogliono avviare un nuovo servizio per l’infanzia. Verifi ca la fon-datezza dell’idea imprenditoriale, accompagna nella stesura del business plan e affi anca nella formazione del personale. Si pone, inoltre, come interlocutore garante nei confronti degli istituti di credito e mette a disposizione un fondo che non richiede garanzie personali all’operatore. In prati-ca, contribuisce a costruire quella rete grazie alla quale forse un giorno sarà possibile raggiungere il numero 33 auspicato negli obiettivi della Strate-gia di Lisbona. Un numero che, per ora, nel nostro Paese solo alcune zone si possono permettere. n

Guido Boldrin, di-rettore generale di Con.Opera, parla dei cambiamenti che oggi interessano Welfare e servizi

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Ottanta consorzi che si occupano di qualità, formazione, comunicazione, ricerca per l’in-novazione; 636 cooperative sociali di tipo A

che propongono servizi alla persona rivolgendosi a 700 mila famiglie; 333 cooperative di inserimento lavorativo di tipo B che, attraverso diverse attività produttive, occupano stabilmente più di 18 mila la-voratori di cui cinquemila svantaggiati; cinquemila unità operative presenti in altrettanti Comuni di 70 province con servizi alla persona offerti direttamen-te ai cittadini per il 40% e in collaborazione con gli enti locali per il restante 60%; quasi un miliardo e 157 mila euro il valore della produzione aggregata. Sono alcuni numeri del Consorzio Gino Mattarelli (Cgm) che, con il suo piccolo “esercito” di 45 mila persone, oggi opera negli ambiti dell’infanzia, della cura, della disabilità, delle politiche attive del lavo-ro. Un esempio complesso di rete per comprendere il quale abbiamo interpellato la presidente, Clau-dia Fiaschi: «Il consorzio Cgm compirà 25 anni il prossimo anno. È nato per sostenere lo sviluppo di cooperative sociali che aderivano a un modello di sviluppo con due valori di riferimento: attenzione alla qualità del lavoro e prossimità al proprio ter-ritorio di vita. È vero, il nostro sistema di rete nel tempo si è articolato e apparentemente sembra mol-to complesso, ma è il risultato di una lunga sedi-mentazione».Ci sono delle tappe in questa “sedimentazione”?«Sì, almeno due. Nella prima stagione la coope-razione sociale ha trovato un riconoscimento giu-ridico con la legge 381 del ’91. In precedenza era un’esperienza di base, di auto organizzazione, con una forma giuridica non pienamente defi nita che si muoveva in quella che all’epoca veniva chiamata cooperazione di solidarietà sociale, in cui convive-vano cooperazione sia di servizio sia di produzione e lavoro. Nella prima fase Cgm è stato un grandissi-mo incubatore di impresa di cooperative sociali che lavoravano in rete, che cercavano di mantenere in-tatta la propria matrice identitaria (qualità, territorio, democrazia) scegliendo una dimensione consona a una governance democratica. Ancora oggi si tratta di piccole cooperative, con una media di 50-70 soci, nelle quali il gap competitivo in termini di sviluppo

Il distretto dei beni comuniClaudia Fiaschi, presidente di Cgm, illustra in questa intervista un modello di aggregazione

economico e sociale che oggi coinvolge quasi mille cooperative nelle quali lavorano 45 mila persone

quantitativo veniva e viene colmato con le modalità del lavoro in rete tra imprese, cioè della solidarietà e della cooperazione tra imprese».E la seconda fase?«La fase due della vita di Cgm è stata quella della rete come integratore dell’operatività di più sogget-ti, come fattore connettivo che aiuta soggetti diversi - consorzi a livello territoriale e nazionale - a creare quelle alleanze, quelle partnership che consento-no di realizzare meglio insieme i progetti prioritari per lo sviluppo del Paese. Così arriviamo a Cgm di oggi: un grande distretto che produce da una par-te Welfare di prossimità per le famiglie e dall’altra un’occupazione di soggetti svantaggiati in diverse attività produttive. In questo modo permette di far partecipare pienamente alla nostra comunità le per-sone portatrici di svantaggi di diverso tipo».A proposito di distretto, qual è quello a cui si rife-risce, vista l’attuale crisi di questo modello?«Parlo di distretto diffuso, presente in tutte le Re-gioni e in buona parte delle Province con una di-stribuzione capillare sul territorio e spesso nelle zone più marginali. Un distretto diffuso fi glio di un sistema economico e produttivo che ha nel proprio Dna l’impossibilità di delocalizzare i propri proces-si produttivi, perché il Welfare non si delocalizza. Se sto a Firenze, non produce maggiori benefi ci comprare l’assistenza domiciliare a Padova. È un processo che non trae vantaggi dalla delocalizza-zione, se non a scapito della qualità, di una perdita di personalizzazione degli interventi e della capaci-tà di attivazione dei network di prossimità. Quella della vicinanza alla comunità è uno degli elementi che differenzia l’economia dei beni comuni, e in particolare dei beni comuni di tipo relazionale, dai settori dell’economia di mercato. Questo non toglie che avere alcune funzioni di tipo distrettuale con-centrate in un unico luogo sia indispensabile».Quali, ad esempio?«Le funzioni di Cgm in quanto gruppo al servizio dello sviluppo dei propri soci riguardano in parti-colare qualità, formazione, innovazione e comuni-cazione. E sono organizzate da una parte sulle aree di intervento (cura, educazione, fragilità occupa zio-nale), dall’altra sulla fi nanza di sistema come stru-

Nel 2012 il Con-sorzio Gino Matta-relli (nella foto, la presidente Claudia Fiaschi) compirà 25 anni di attività

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mento per accompagnare lo sviluppo innovativo delle nostre cooperative».Il vostro è un “marchio di fabbrica” esportabile al di fuori del contesto cooperativo e consortile?«In questi anni Cgm si è sperimentata in molte col-laborazioni. Abbiamo cominciato prima a lavorare con i nostri “simili”: altre reti di cooperative, ma an-che di imprese sociali e dell’associazionismo. Ab-biamo anche iniziato a collaborare con soggetti del mondo dell’economia tradizionale, del cosiddetto for profit. Ma se ci concentriamo sulla comunità a cui vogliamo rivolgerci, le diverse identità posso-no trovare una composizione, perché spesso sono più le cose che ci uniscono di quelle che creano una barriera difensiva. Con questo atteggiamento è possibile esportare un modello distrettuale in qua-lunque contesto. Nel mondo dell’economia la com-petizione è necessaria solo quando è indispensabile. Diversamente è un costo che pesa ancora di più su sani processi di sviluppo».Per incentivare le aggregazioni fra pmi esistono oggi i contratti di rete. E per il non profit?«Il non profit ha una infrastrutturazione molto va-riegata e originale. Le realtà più strutturate sono le cooperative sociali. Anche le fondazioni hanno una struttura identificabile, mentre il mondo associati-vo ha variabili organizzative molto ampie. Quindi non so quanto in tutti questi contesti sia utilizzabile un tale strumento. Certo, questo modo particolare di fare economia, che utilizza gli strumenti dell’im-presa ma per produrre i beni comuni, per fare siste-ma ha bisogno non soltanto di vedere riconosciuto il proprio ruolo, ma anche di vederlo sostenuto. La soluzione per un sistema di pmi sociali qual è Cgm - ma non solo Cgm - è quella di trovare un interlocu-tore istituzionale che comprenda e sostenga la sua capacità/necessità di utilizzare la rete come fattore di sviluppo».Come fa questa interlocuzione a non trasformar-si in sudditanza nei confronti del Pubblico?«Per costruire beni comuni è assolutamente neces-saria una interlocuzione con le istituzioni. Detto questo, dal 2005 abbiamo varato un piano di im-presa che puntava a spostare il focus del rapporto dall’ente pubblico a una comunità più allargata. Tant’è che oggi il rapporto con la pubblica ammi-nistrazione riguarda il 60% delle nostre attività, mentre il 40% si basa sull’investimento autonomo di consorzi e cooperative. Alcuni fenomeni, poi, si configurano nei territori con diverse cornici di op-portunità e diversa tempistica».Si riferisce al gap tra Nord e Sud della Penisola?«Se guardiamo lo sviluppo economico con i para-metri tipici dell’economia, non possiamo che con-

fermare anche per il mondo delle cooperative socia-li la tendenza strutturale del Paese. Evidentemente scontiamo tutti i gap dei territori anche in questo settore. Inoltre, esistono delle differenze non solo in termini di quantità, ma anche di redditività: al Sud il sistema è collegato agli enti locali un po’ più che al Nord. È anche vero che le imprese del Nord si stan-no misurando di più con il riordino della sanità e dell’assistenza, quelle del Sud con i problemi emer-genti dei flussi migratori, con un impoverimento crescente e la rinuncia occupazionale delle donne. Tuttavia l’esperienza di Cgm dimostra che dove il territorio è meno disponibile allo sviluppo dei mer-cati tradizionali, le cooperative riescono a generare processi occupazionali e produttivi lavorando su segmenti anche inediti per la cooperazione sociale».In poche parole, più poveri e più creativi?«Le nostre esperienze in Sicilia, Basilicata, Puglia, Sardegna presentano livelli di progettualità molto alta e di assoluto interesse per l’innovazione, non solo di prodotto ma anche di processo, che hanno messo in moto. Non credo comunque che il gap Nord-Sud sia una cornice di lettura sufficiente a leggere le differenze del Paese e il suo attuale mo-mento di difficoltà. Ci sono ampie aree del Nord che in questo momento stanno faticando. E poi anche i bisogni sono nuovi. L’housing sociale è diventato uno dei temi su cui si stanno sperimentando inizia-tive pilota soprattutto al Nord. A questi e ad altri bisogni, determinanti per la qualità della vita delle persone, dobbiamo dare risposte».Quale sarà il futuro di Cgm?«Quello dell’armonizzazione delle leve, della tra-sformazione di Cgm da un sistema che organizzava e sosteneva lo sviluppo della rete a un sistema ca-pace di valorizzare ciò che la rete ha già costruito e sta costruendo. Cgm ormai è un fatto economico rilevante nel suo aggregato, pur essendo costituito da tante piccole realtà messe in rete. Ma è anco-ra poco compreso. È un modello di aggregazione del capitale lento, diffuso, ma molto stabile, non soggetto ai crolli di fiducia dei mercati, che non si aspetta dividendi e quindi non cede alle lusinghe di una maggiore remuneratività, che mantiene fermi i saldi occupazionali quando c’è la crisi accettando di ridurre i margini operativi lordi e gli utili. Le co-operative sono pensate per vivere cento anni, non venti, con un modello di governance democratica funzionale al passaggio di mano delle leadership. E la democrazia in economia è essa stessa fattore di stabilità della struttura produttiva, che vuol dire stabilità dei processi occupazionali ed economici con una grande ricaduta sui territori. Una cosa di cui l’Italia oggi ha molto bisogno». n

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La Cdo Opere Educative ha la rete nel suo Dna. Tutta la sua azione è caratterizzata dal deside-rio e dall’intenzione operativa di creare lega-

mi, sinergie, arricchimento e sostegno reciproco. Tale azione si esplica a livelli diversi, seppure complementari. Un primo e più importante è, ov-viamente, quello interno, che riguarda in modo peculiare i rapporti fra gli enti associati.Nata nel 1996 dalla collaborazione fra alcuni ge-stori di scuole non statali, oggi raccoglie in Italia 188 enti gestori per un totale di 520 istituti edu-cativi di ogni ordine e grado, frequentati da circa 49 mila alunni e in cui lavorano più di cinque-mila persone tra docenti e figure amministrative. La Cdo Opere Educative promuove un impegno culturale, politico e formativo nel campo della li-bertà di educazione e realizza servizi tesi al soste-gno e allo sviluppo in rete delle scuole associate. Per far questo ha come mission principale quella di valorizzare la diffusione delle best practices delle scuole associate, nel tentativo continuo di realizzare una valida ed efficace autonomia sco-lastica. La sua modalità di gestione delle risorse e di innovazione dei processi educativo-didattici e organizzativi, facendo leva (anche) sul lavoro in rete tra scuole, costituisce un modello e una proposta concreta a tutto il Paese di un possibile cambiamento del sistema nazionale di istruzione.Ed è proprio attraverso una quotidiana attenzione a questi aspetti che la Cdo Opere Educative per-mette alle scuole associate di conoscere e affron-tare le opportunità che emergono dalle continue trasformazioni sociali e normative, integrandole nella cultura del proprio territorio, al fine di mi-gliorare la qualità dell’offerta formativa e il com-pletamento dei percorsi scolastici.È fiorita così, negli anni, una rete sempre più ampia di scuole con un patrimonio di esperienza comune, che ha favorito la crescita e la visibilità di ciascuna e le ha dotate - rispetto al contesto sociale e agli organi istituzionali - di un impor-tante strumento per una reale difesa della libertà di educazione. Uno strumento così significativo e utile, poi, non poteva restare dentro i confini

Il «Villaggio» educativoUna rete fra gestori di scuole paritarie. È questa la Cdo Opere Educative che da 15 anni contribuisce

a portare nell’agenda politica italiana il tema dell’autonomia scolastica e della libertà di educazione

di Marco Leporenazionali: da qui è nata la collaborazione con diverse opere educative all’estero che offre ma-teriali, strumenti, risorse umane e consulenze, oltre a favorire scambi tra le scuole e la nascita di gemellaggi.Agli enti gestori sono proposte regolarmente iniziative di collaborazione su progetti ed eventi formativi che vanno dalle problematiche educati-vo/didattiche (in particolare grazie alla collabo-razione con l’associazione “Il rischio educativo”) alla gestione amministrativa, dal fund raising alle risorse umane. Si tratta, in genere, di eventi che permettono ai partecipanti di incontrarsi e allac-ciare rapporti, scambi di esperienze e di cono-scenze. Massima espressione di questa modalità è il convegno annuale dei gestori, che unisce di-verse modalità di lavoro: lezioni frontali, tavoli di lavoro formali e informali, assemblee di confron-to e di comunicazione di esperienze.Ma più ancora che le iniziative proposte “dall’al-to”, sono significative di un metodo “genetica-mente” acquisito le diverse attività di rete genera-te dalla domanda e dall’iniziativa di singoli asso-ciati. Ne è una emblematica espressione il tavolo dei direttori amministrativi, nato perché alcuni di loro, in servizio presso scuole lombarde associa-te, hanno iniziato a incontrarsi regolarmente, in modo informale, per confrontarsi su temi di in-teresse comune; un tavolo che si è molto presto allargato alla partecipazione di amministrativi di svariate regioni. In questo caso, compito del-la Cdo Opere Educative è stato semplicemente quello di favorire la realizzazione di tali incontri fornendo il supporto logistico necessario. Allo stesso modo, esperienze simili stanno partendo in diverse altre regioni e si stanno affiancando ad analoghe forme di collaborazione in rete già presenti che comprendono realizzazione di pro-getti comune, incontri tra gestori e tra dirigenti o insegnanti.Un secondo livello di rete è quello con le altre as-sociazioni e realtà del non profit, in particolare con le sedi locali della Cdo (soprattutto per progetti e azioni formative) e con le altre associazioni di scuole paritarie, in vista di azioni politiche comuni

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Galileo Portal e Totem Echo:il futuro firmato NoemaLife

InformazIone pubblIcItarIa

tre a tutti coloro che hanno eseguito prestazio-ni presso l’Azienda Sanitaria locale e che non hanno la possibilità di accedere autonoma-mente al portale di richiedere questo servizio al personale presente in farmacia che, una volta inserite le credenziali fornite dal citta-dino stesso, potrà recuperare on line e di con-seguenza stampare il referto da consegnare al diretto interessato.ECHO infine, già installato presso l’Azienda Ospedaliera di Mantova, l’AOU di Cagliari, l’ASL di Biella e Rieti, consentirà di ritirare il refer-to h24 e in qualsiasi posizione sul territorio. I concreti vantaggi di questo strumento sono: sensibile riduzione dei tempi di risposta, annul-

lamento delle code e delle restrizioni conse-guenti agli orari di apertura degli sportelli delle segreterie. Con questo strumento è

possibile ottenere la stampa del referto in-dipendentemente dal centro prelievi o

dal presidio ospedaliero utilizzato per l’accettazione sull’intero ter-ritorio provinciale e dalla sede di esecuzione degli esami.Noemalife da sempre all’avan-guardia, conferma ancora una

volta la propria capacità di rispon-dere in anticipo all’evoluzione di un mercato esigente e sofisticato, offrendo soluzioni in grado di ga-rantire sicurezza e affidabilità.

Decreto Sviluppo Luglio 2011: NoemaLife risponde al futuro del Servizio Sanitario Nazionale

NoemaLife anticipa i tempi e risponde alle nuo-ve normative che prevedono l’obbligatorietà da parte delle aziende del Servizio Sanitario Na-zionale di adottare nuove procedure telemati-che per consentire il pagamento online delle prestazioni erogate e la consegna dei referti medici tramite web o altre modalità tecnolo-giche.Entro sei mesi, infatti, le Aziende sanitarie saranno tenute ad adottare le procedure digi-tali per migliorare i servizi offerti ai cittadini e ridurre i costi connessi alle attuali modalita’. Noemalife è già attiva sul mercato, risponden-do a tali esigenze, grazie a soluzioni come Ga-lileo Portal che consente a ciascun cittadino di accedere ad uno specifico referto on line pro-dotto a seguito di una specifica prestazione. Galileo Portal è inoltre lo strumento che con-sente a tutti i cittadini delle fasce deboli come anziani e malati di poter usufruire della rete di farmacie per ritirare il referto dei propri esami.Galileo Portal è presente nelle seguenti sedi: Asl Bazzano, Asl TO4 Chivasso Cirié Ivrea, Asl Pisa, Ospedale Umberto I Roma, AO S. Orsola Bologna, Asl Empoli.Galileo Portal nella configurazione “Referti On Line” pre-vede che vengano fornite al cittadino le credenziali mini-me per accedere on line al proprio referto, ad esempio agli esami di laboratorio. Le modalità sono semplicissime e le credenziali tutelano ogni esigenza legata alla privacy e alla sicurezza visto che resteranno valide solo per un arco temporale limitato e per la sola visualizzazione di uno spe-cifico referto. L’accesso sarà contestualmente molto semplice ed intuitivo per il cittadino che dovrà disporre solamente di un browser web e di un visualizzatore PDF.La versione “Farmacia” di Galileo Portal consentirà inol-

Il Totem Echo consente di ritirare il referto h24 e in qualsiasi posi-zione sul territorio

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reti e non profit

a favore del riconoscimento di un’autentica parità scolastica e del concreto affermarsi del principio di sussidiarietà. Non sempre, in quest’ultimo caso, si riesce a raggiungere una totale sintonia sulle azioni concrete da intraprendere. Tuttavia, una collaborazione sempre maggiore ha reso evidente che i gesti compiuti insieme - fosse anche la stesu-ra di un comunicato stampa congiunto - ottengo-no un’efficacia in termini di impatto sulla politica che le azioni condotte dalla singola associazione spesso non sono in grado di raggiungere. Un ul-

Si comincia da uno. Potrebbe essere questo il motto sintetico del consorzio Il Mosaico, a cui oggi aderiscono 15 cooperative socia-

li presenti nelle province di Udine e Gorizia. La prima cooperativa, infatti, La cisile (“rondine” in friulano), fu costituita nel 1994 a San Vito al Tor-re per dare forma alla rete di amici che assisteva uno di loro con problemi psichiatrici. Lo stesso dipartimento di salute mentale del luogo ne solle-citò la nascita, colpito dall’effetto benefico che i rapporti amicali avevano sulle condizioni del pa-ziente e desideroso di dare stabilità alla relazione con le persone che si erano fatte carico di quella situazione.

dare lavoro agli emarginatiPerché nasce un consorzio? Nella vicenda del Mosaico, realtà friulana di cui fanno parte cooperative

che si occupano prevalentemente di patologie mentali, il perché di una scelta che nel tempo cerca di

rispondere sempre meglio ai bisogni complessivi della persona

Da quell’inizio, circoscritto per territorio e utenza, La cisile si am-pliò incontrando lungo il cammi-no i bisogni di un’area più vasta nonché altre cooperative sociali che rispondevano a esigenze af-fini. Fino ad accorgersi che non era più sufficiente una singola cooperativa per dialogare adegua-tamente con le aziende sanitarie e le altre istituzioni, per partecipare ai bandi o per progettare interventi di tipo imprenditoriale sempre più complessi.Nacque così Il Mosaico, con-sorzio che nel nome si ispira sia alle opere musive di Aquileia sia

a un’immagine realizzata a partire da molte tes-sere distinte. «Siamo nati - dice il direttore ge-nerale Marco Peronio - con una forte impronta sussidiaria rispetto alle cooperative. Il consorzio ha lo scopo di consentirne la vita e di accoglie-re ulteriori soggetti. La forma cooperativa aiuta esperienze legate al territorio e ai paesi che, nella nostra zona, conservano tuttora una tradizione rurale. Può essere utile a ricostruire i legami so-ciali, quel tessuto che una volta esisteva. Ma da sole le cooperative non bastano. Il Mosaico ha la funzione di stimolare la nascita di nuove coope-rative e, allo stesso tempo, di superare il limite della piccolezza senza snaturarne le singole ca-ratteristiche».

timo livello di rete è quello interno a ogni opera educativa, nella quale si gioca una responsabili-tà personale e condivisa. È diventato sempre più evidente, infatti, che pur nel rispetto delle diverse mansioni e dei diversi livelli di responsabilità, a ognuno è chiesto di contribuire alla realizzazione dell’opera con la consapevolezza che il lavoro è davvero bello e utile quando ognuno, attraverso il particolare, ha a cuore l’intero. Come recita un proverbio africano: «Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio». n

Marco Peronio (a destra), direttore generale del Mosai-co, insieme al cal-ciatore dell’Udinese Totò Di Natale

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reti e non profit

Cooperative con oggetto plurimoLe 15 “tessere” di questo puzzle, che oggi conta circa 400 soci lavoratori di cui 80 svantaggiati e 75 volontari, oltre ai servizi alla persona si occupano di attività produttive disparate che vanno dall’arti-gianato alla manutenzione del verde, dall’alleva-mento alla ristorazione, per un totale di 41 attività d’impresa. Gran parte delle cooperative sono a oggetto plurimo, cioè prevedono contemporanea-mente i due scopi tenuti di solito distinti in quelle di tipo A (assistenziali) e di tipo B (inserimento lavorativo di categorie svantaggiate). Il motivo lo spiega Peronio: «È una nostra bandiera e ci siamo battuti fin dalle origini perché fosse riconosciuto l’oggetto plurimo in Regione. Chi, come noi, si occupa soprattutto di salute mentale, si trova di fronte all’evidenza che la persona è una sola: non si può affrontare il problema del lavoro e poi disin-teressarsi di dove vada a dormire. Oppure, vicever-sa, assisterla senza che nessuno gli dia un lavoro. Oggi la nostra Regione contempla le cooperative plurime anche grazie alla pressione che abbia-mo fatto negli anni passati». Esempio di questo è l’Osteria alla Posta di Aiello del Friuli gestita da una delle cooperative. Nelle cucine e in sala lavo-rano persone in grado di servire ai tavoli e di fare gli aiuto cuochi, negli appartamenti sopra vivono quelle particolarmente gravi. Situata al centro del paese, la trattoria assolve simbolicamente anche alla funzione di riportare nel cuore della vita cit-tadina chi ne è solitamente escluso, perché messo ai margini a causa della propria malattia. Funzione analoga ha l’inserimento lavorativo nel circolo ip-pico Preval situato nella zona del Collio Goriziano o l’attività svolta nella riserva naturale della foce dell’Isonzo, dove Il Mosaico si occupa di un bar e di una pensione, della vendita dei biglietti e della manutenzione. Persone abituate a essere evitate, che non ricevono mai visite, vivono il parados-so di trovarsi in posti nei quali la gente paga per entrare. O ancora, un altro esempio è la vigilanza ai bambini nei kinderheim dei centri commerciali affidata a chi ha problemi lievi, una sperimenta-zione nata appositamente per un persona che però, dopo un poco, ha deciso di non beneficiarne (quel “comincio da uno” di cui si diceva prima è una dimensione costante). Anche questo fa parte dei percorsi di volta in volta individuati dal Mosaico, il cui esito non è mai scontato. E bisogna iniziare di nuovo, trovare soluzioni alternative, idee diver-se per quell’“uno”.

risposta ai bisogni, non assistenzaPer farlo, la collaborazione con la pubblica

amministrazione è es-senziale. «Abbiamo sempre cercato - dice ancora Marco Peronio - di evitare il rapporto cliente-fornitore che caratterizza spesso, ad esempio, i rapporti con l’azienda sanitaria. Ma nella nostra mission non c’è neppure l’idea

di renderci autonomi dall’ente pubblico. La logica è quella della partnership, del fare assieme. Che è poi alla base dei network di cui facciamo parte - Cdo, Idee in rete, associazione Santa Caterina da Siena -, caratterizzati da rapporti di amicizia piut-tosto che di business».In questa direzione, uno dei contributi qualificanti del Mosaico alla definizione dei budget delle Asl è stato quello di passare da un calcolo prettamente sa-nitario, legato cioè ai vari livelli di “intensità” della patologia, a una considerazione allargata ai bisogni complessivi del paziente. Tanto che adesso esisto-no équipe multidisciplinari miste pubblico-private nelle quali vengono individuati progetti riabilitativi ritagliati sulla persona vista nella sua interezza. Se c’è un aspetto, invece, su cui il direttore generale del consorzio lamenta un grave ritardo, riguarda l’attribuzione del punteggio nelle gare di appalto bandite dall’ente pubblico, in cui spesso le coope-rative sociali sono considerate alla stessa stregua delle imprese for profit. La qual cosa, alla lunga, ha una ricaduta in termini di spesa pubblica, visto che in ogni caso ci si deve far carico di chi è più fragile. L’inserimento lavorativo, al contrario, trasforma i soldi destinati all’assistenza in economia sociale e in risorse produttive rivolte non soltanto ai diretti interessati, ma anche al territorio e alla comunità tutta. Ci sono infine due altre questioni che stan-no a cuore al direttore generale del Mosaico: «Nel mondo della cooperazione sociale esistono realtà estremamente disomogenee, che stanno nel mede-simo calderone. È come mettere insieme un picco-lo falegname con la Fiat. Questo crea degli squilibri nel sistema. La soluzione non è facile, ma fra di noi “piccoli” se ne discute. Così come si discute del concetto di svantaggio presente oggi in Europa e in Italia. È un’idea larghissima, elaborata con le migliori intenzioni per tutelare tutte le fasce deboli, però è diventata penalizzante per chi ha più proble-mi e porta a una triste selezione tra gli svantaggiati. Fra un ex detenuto perfettamente in grado di lavo-rare e una persona affetta da malattia mentale, una cooperativa sociale chi dovrebbe scegliere?». n

Una foto del circolo ippico Preval, nel Collio Goriziano, in cui il Mosaico ge-stisce una scuola di equitazione

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E Ressere retedi Paolo Preti professore di Organizzazione delle piccole e medie i mprese

Matching 2011

Colpevolmente ho visitato il Matching solo lo scorso anno, alla sua sesta edizione. Ci ho trascorso tre ore e la sorpresa maggiore è sta-

ta la quantità di gente conosciuta che in così poco tempo ho avuto l’occasione di incontrare. È un luogo di incontro, non c’è dubbio. Nel senso di contatto, di connessione, di nodo. Di rete. Poi, da

Un docente della Bocconi, esperto di piccole e medie

imprese, considera il Matching come lo strumento ideale

per realizzare forme di collaborazione “leggere” tra

imprese, che garantiscano il mantenimento di un’ampia

autonomia decisionale per ogni impresa coinvolta

quel contatto ognuno ricaverà qualcosa: informa-zioni, scambi di visite, business. È una modalità effi cace e agile, meglio, effi cace perché agile.Studiare e proporre modalità alternative che in-centivino una terza via tra l’“uomo solo al co-mando” e il fallimento riveste un’importanza sempre maggiore: questo deve tuttavia tenere ben presente che, giusto o sbagliato lo si ritenga, il fare impresa è mosso da un insieme di energia e orgoglio personali, sentimenti troppo importanti perché l’imprenditore riesca a metterli facilmente da parte: la proposta (fatta da Giuseppe Moran-dini, allora presidente del Comitato Piccola In-dustria di Confi ndustria, nel convegno nazionale di Mantova del novembre 2009), ad esempio, di risolvere il problema favorendo la creazione di una holding tra diverse imprese proprietarie dele-gandone la gestione a un manager indipendente, risulta un po’ “fredda”, un po’ ingegneristica e non sembra, infatti, abbia sortito grandi effetti. Lo stesso dicasi del provvedimento governativo che qualche anno fa prevedeva sgravi fi scali alle imprese che avessero iniziato un percorso di col-laborazione. La formula è semplice, ma non per questo seguita: sono gli accordi che devono ser-vire all’impresa, non viceversa.

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matching 2011

Crescere restando piccoliTeoricamente è tutto molto chiaro. Le impre-se di minori dimensioni possono cogliere, nelle molteplici possibilità di realizzare accordi inte-raziendali, più o meno strutturati, di breve o di lungo periodo, l’occasione di aumentare le pro-prie dimensioni competitive restando piccole. Nel momento della difficoltà a stare da soli sul mercato, ma anche per andare più veloce e più lontano nel momento dello sviluppo, c’è sempre l’opportunità della collaborazione interaziendale: più o meno formalizzata, dai gruppi di impresa alla partecipazione in comune a una fiera, dalla rigenerazione del distretto alla fondazione di un consorzio, dalla partecipazione a una centrale acquisti alla rete in franchising, dalla messa in comune dei clienti per aziende che operano in mercati diversi alla promozione di una filiera tec-nologica. La collaborazione dovrebbe essere rea-lizzata per ottenere i benefici effetti della grande dimensione senza sopportarne i costi. Non una fuga, dunque, ma una strategia di attacco. Non si fugge più dalla competizione, anzi la si affronta insieme con ritrovata fiducia nei propri mezzi.

si collabora, restando autonomiFin qui la teoria, il giusto auspicio, la possibile evoluzione di mentalità. La realtà comunica inve-ce una sostanziale refrattarietà da parte degli im-prenditori alla stipula di tali accordi, almeno fino a che se ne può fare a meno. Più la collaborazione è strutturalmente stringente, e dunque tra poche aziende, con finalità fortemente gestionali e con ampio coinvolgimento organizzativo, e meno si registrano naturali disponibilità a tali accordi tra imprese competitive. Del resto, l’obiettivo di un’impresa di piccole e medie imprese non deve essere necessariamente quello della crescita di-mensionale, del fatturato, dei metri quadri coper-ti, del numero dei collaboratori, se non nel caso in cui ciò sia vincolante per la propria sopravviven-za nel mercato di riferimento: molto meglio piut-tosto puntare all’aumento del profitto nel lungo periodo. Se questo è possibile operando da soli, sembra legittimo il dubbio verso gli accordi inte-raziendali, con tutte le oggettive difficoltà dovute alla elevata identificazione di queste aziende con l’imprenditore. Nessuna remora, invece, verso quelle forme di collaborazione mirate all’otteni-mento di un risultato comune con coinvolgimenti organizzativi limitati e durata temporale relativa-mente breve che garantiscono il mantenimento di una propria ampia autonomia decisionale. E il Matching è senza dubbio una di queste.

Dal 21 al 23 novembre 2011 nell’ormai tradizionale cornice di fieramilano a Rho (Mi), si svolgerà la settima edizione di Matching, un appuntamento fondamentale per sviluppare relazioni di business

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La rete come risposta al bisognoLa rete può essere risposta a un bisogno concreto e percepito, gli accordi troppo spesso sono spinti dall’alto e, notoriamente, non si può costringere il cavallo a bere controvoglia.E allora può essere interessante rileggere, non solo con questa prospettiva, il seguente fatto sto-rico. «Fino ai primi dell’Ottocento nelle remote valli del Cadore si viveva di agricoltura, pastori-zia, lavorazione del ferro e produzione di carbone per alimentare le fucine. Poi il legname cominciò a scarseggiare e la concorrenza dei primi prodotti industriali, più economici, mise in crisi i fusinèle, i fabbri che lungo le rive dei torrenti costruivano chiodi e attrezzi di ottima qualità. La situazione venne ulteriormente aggravata da due enormi al-luvioni e da una forte crescita demografi ca (noi

oggi potremmo dire che ci fu una crisi epocale, ndr), tanto che nella seconda metà dell’Ottocento dal Cadore partirono i primi emigranti in cerca di fortuna. Ma il Cadore era anche un’area dove le materie prime per preparare il gelato, il quale conobbe la sua grande fortuna proprio nell’Otto-cento, non mancavano ed erano di ottima qualità. Lo spirito imprenditoriale, insito nei veneti, por-tò quindi molte persone, soprattutto nella Val di Zoldo, a intraprendere l’arte della fabbricazione del gelato per poi spingersi a venderlo al di là delle Alpi, in Austria, Germania, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia. Un fenomeno che, seppur stagionale, assunse dimensioni sempre maggio-ri, per raggiungere il suo apice tra la fi ne della seconda guerra mondiale e la metà degli anni settanta. Dall’esigenza di mantenere un contatto con gli emigrati nasce nel 1966 l’associazione “Bellunesi nel mondo” che ancora oggi conta diecimila soci e le cui prime azioni furono quel-le di cercare di mantenere un contatto con gli emigranti sparsi in tutto il mondo e difenderne i principali diritti civili (previdenza, assistenza, istruzione dei fi gli, casa, doppia cittadinanza)» (Montagne, Domus Editore, n. 50, maggio 2011, pag.20).La rete nasce dal bisogno e si fa risposta al bi-sogno connettendo imprese poste a competere in un mercato sempre più vasto e complesso dove queste, nonostante le loro ridotte dimensioni, hanno saputo/dovuto affacciarsi per sopravvive-re. In un contesto siffatto opera il Matching e il problema allora non è “fare rete”, ma il riscopri-re dentro l’agire imprenditoriale i tratti comuni di questa azione e, dunque, “sentirsi rete”. n

Paolo Preti ha recentemente pubblicato il saggio Il meglio del piccolo. L’Italia delle pmi: un modello originale di sviluppo per il Paese (Egea, 214 pagine, 25 euro). A chi denuncia i limiti, più o meno strutturali, del nostro fare impresa, il libro oppone una posizione diametralmente opposta: non debolezze da superare, ma peculiarità da difendere impegnandosi, evidentemente, a ridurne gli aspetti negativi e a migliorar-ne l’effi cacia. Oltre alla piccola e media dimensione, altre tre caratteristiche conno-tano la maggioranza delle nostre aziende: la vocazione imprenditoriale, la proprietà familiare e l’attività a prevalenza manifat-turiera. Integrate fra di loro, esse costitui-scono un unicum nel panorama economico internazionale, per contributo alla creazio-ne del prodotto interno lordo, per capacità di export, per numero di posti di lavoro, per numero di imprese

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matching 2011

mal matching l’imprenditore è protagonista

Dal 21 al 23 novembre la settima edizione del grande

evento per il business di Compagnia delle Opere. Oltre

2.400 aziende, più di 44 mila incontri one-to-one, 100

workshop e una ricca agenda di appuntamenti istituzionali.

Con due novità: gli innovativi servizi “crea il tuo progetto”

e “costruisci una rete” e uno spazio espositivo arricchito

con sei saloni tematici

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matching 2011

L’appuntamento con la crescita si rinnova. Dal 21 al 23 novembre 2011, i padiglioni di fi eramilano ospitano la settima edizione

di Matching, il grande evento per il business di Compagnia delle Opere nato per promuovere le relazioni tra gli imprenditori e le reti tra imprese. Le oltre 2.400 aziende attese in fi era, con operato-ri provenienti da più di 40 Paesi, daranno vita a 44 mila incontri one-to-one dedicati alla ricerca di nuovi partner e fornitori, alla conoscenza di pro-getti di sviluppo e al dialogo con i grandi Grup-pi presenti alla manifestazione. I 100 workshop di approfondimento, la ricca agenda di convegni istituzionali e la disponibilità di servizi innovativi contribuiranno a rendere Matching un appunta-mento unico per capire il mercato e coglierne le opportunità.

SALONI TEMATICIMatching è un evento aperto alle imprese di ogni ramo professionale, con oltre 20 settori merceo-logici rappresentati. Quest’anno, per favorire il lavoro dei partecipanti, gli spazi espositivi pre-vedono anche sei saloni tematici che ospiteranno le imprese che si occupano di: Agroalimentare - Edilizia - Energia, Ambiente e Sostenibilità - In-novazione - Meccanica - Sanità.

pal matching l’imprenditore è protagonista

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matching 2011

All’interno di ognuna di queste aree, studiate per facilitare l’incontro tra operatori dello stesso settore, si terranno vari appuntamenti e conve-gni che completano il fitto programma eventi di Matching.

AgroalimentareLa settima edizione di Matching sarà per la filiera agroalimentare ricca di numerose attività e novi-tà. Il settore, coordinato dai referenti di Compa-gnia delle Opere Agroalimentare, si è prodigato nell’accompagnare le sedi locali di Cdo in tutta Italia nella fase di contrattualizzazione delle im-prese operanti nella filiera, annoverando così an-che quest’anno quasi 120 aziende, dal settore del-la produzione agricola alla trasformazione, dagli olii al lattiero caseario, dai salumi alla pasta e tra-sformati, dal vitivinicolo all’industria dolciaria. Dal prodotto al progetto, questo è il leit motiv che accompagnerà le attività che si andranno a svolgere nell’area agroalimentare. Durante la tre giorni, Cdo Agroalimentare cercherà di agevola-re gli incontri previsti nell’agenda elettronica, ma anche quelle occasioni di incontro che spesso, grazie anche alla particolarità del settore agroa-limentare italiano, vengono a crearsi al di fuori del proprio stand.L’azienda iscritta a Matching e posta all’interno del settore Agroalimentare avrà la possibilità di identificarsi in un’unica Piazza Agroalimentare certamente eterogenea ma che, attraverso la me-diazione dei referenti di Cdo Agroalimentare, po-trà essere agevolata nel condividere e costruire un rapporto con altri imprenditori affini al proprio progetto innovativo; potrà usufruire di un’Area degustazione e di un’Area “cucina” per la pre-parazione e assaggio dei propri prodotti per gli eventuali incontri con interlocutori esteri; potrà godere di una vicinissima area incontri dove po-ter assistere a workshop a tematica agroalimenta-re di indiscutibile interesse generale.Tra le principali attività segnaliamo la seconda edizione del Food Innovation Award, il premio dedicato al miglior prodotto innovativo nell’agro-alimentare a cui tutte le aziende iscritte nell’area potranno partecipare. Tre distinte categorie: il beverage, i trasformati e il packaging, ovvero la miglior “veste” creata attorno al prodotto.Altro fiore all’occhiello è l’attività di consulenza dedicata al rapporto con le filiere di sotto setto-re (olio, vino, caseario, latte, insaccati, carne), il rapporto con la Distribuzione italiana, gli Stru-menti d’analisi del mercato, i Progetti innovativi, il Marketing, il Diritto Agroalimentare (marchi e

Tra le new entry del Matching di quest’anno c’è Microsoft. Abbiamo chiesto a Silvia Candiani, direttore marketing and operations di Microsoft, perché la multinazionale del software ha deciso di partecipare all’evento organizzato dalla Compagnia delle Opere: «Abbiamo condiviso la filosofia di Matching perché anche Microsoft ha una forte attenzione al territorio, dove operiamo con più di 25 mila partner. Matching per noi è l’occasione di incontrare partner, clienti finali, piccole e medie aziende alle quali dimostrare che possono innovare grazie alle tecnologie Microsoft. Abbiamo studiato, insieme a Cdo, la modalità di incontrare le imprese durante il Matching, sia in appuntamenti one-to-one, sia con seminari dedicati, focalizzati soprattutto sul tema del cloud. Crediamo fermamente, infatti, che il cloud sia una delle leve che può permettere lo sviluppo e il progresso delle piccole e medie imprese e, grazie a questo, anche dell’intera economia italiana. Molti studi dimostrano che l’impatto di questa tecnologia sul Pil può essere addirittura dello 0,2-0,3%, quindi vogliamo far capire alle piccole aziende quali sono le possibilità che il cloud può offrirgli, che cosa possono guadagnare in termini di velocità, di migliore efficienza e quindi di riduzione dei costi, ma anche quanto può aiutarle a trovare nuovi clienti. Oramai anche le piccole e medie imprese, grazie al cloud computing, possono avere accesso alle tecnologie da sempre riservate alle grandi aziende. Vogliamo quindi avere la possibilità di raccontare queste cose, di far vedere e di fare sperimentare le possibilità offerte alle aziende e, chiaramente, di mostrare anche la validità dei nostri prodotti».

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microsoft e il cloud computing

La multinazionale del software presenterà al Matching soprattutto la tecnologia del cloud computing

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microsoft e il cloud computing

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brevetti). Saranno consulenti sui generis, ovvero direttori generali e presidenti di importanti real-tà agroalimentari che per tre giorni vestiranno il ruolo di consulente ad hoc. Anche nel campo dei workshop è importante se-gnalare il main event per il settore Agroalimentare che si svolgerà nella giornata di martedì 22 no-vembre nella Sala Eventi e che avrà come titolo: “Grande Distribuzione Organizzata: da dove si comincia e come si cresce?”. Parteciperanno al seminario importanti rappresentanti della Distri-buzione italiana come Domenico Brisigotti (Coop Italia), Marino Fineschi (Despar-Aspiag), e i re-sponsabili di due realtà agroalimentari che esem-plificheranno il loro rapporto con la distribuzione stessa, Giancarlo Fontana (Pizzoli spa, Budrio) e Patrizia Gobbo (Salumificio dei Castelli, Vicenza).Un settore agroalimentare quindi ricco di attivi-tà, ma ricco specialmente di imprese particolari e uniche anche nei propri sotto settori di com-petenza come la Cup Cake & Co., bell’esempio di realtà dolciaria alla sua prima partecipazione a Matching. Cup Cake & Co. è risultata vincitrice pochi giorni addietro a Brescia del premio Expò 2015, all’interno di un concorso dedicato al Cake Design.Navigando tra i sotto settori presenti nell’agro-alimentare ecco Calatrasi, fra le realtà siciliane principi nel mondo vitivinicolo italiano, anch’es-sa alla sua prima volta al Matching di Milano.Aggiungiamo poi l’Antica Cucina, realtà riminese dedita ai prodotti tipici romagnoli con un occhio attento al biologico, iscritta nel sotto settore dei trasformati, giunta alla sua terza partecipazione al Matching, trovando nell’evento in sé il giusto partner per fare rete e uscire dalla sua dimensione.E ancora il Distretto Agroalimentare di qualità

Durante il Matching, non mancano le opportunità per gustare i prodotti delle aziende del settore agro-alimentare

appuntamenti b2b sul territorio«Dopo la positiva esperienza del Matching, che ha fatto percepire l’utilità di una dinamica di relazioni per il business volte alla conoscenza e allo scambio di esperienze, sul territorio sono nati eventi che hanno la stessa dinamica e una formula più “leggera”, per offrire opportunità di business alle piccole imprese che operano prevalentemente sul mercato locale. Abbiamo deciso di far diventare questi Matching locali un vero e proprio network, strutturandoli e curandoli per farne un appuntamento ricorrente e riconoscibile per gli associati Cdo». Così il direttore generale della Compagnia delle Opere, Enrico Biscaglia, ricostruisce il percorso che ha portato al varo di Expandere with Matching (nella foto, il logo del network), un’iniziativa di Compagnia delle Opere per creare opportunità di business per le imprese associate, al fine di trovare nuovi partner, sviluppare progetti e accrescere le proprie competenze.Expandere dà a tutti gli associati Cdo la possibilità di avvalersi della formula del Matching anche nella dimensione locale e offre loro un “trampolino” per un’eventuale partecipazione all’evento nazionale di Milano.Quest’anno sono state scelte come realtà-pilota per testare la formula di Expandere with Matching Foggia, Napoli e Roma.Massimo Mezzina, direttore di Cdo Foggia, è soddisfatto dell’evento che, lo scorso 15 giugno, ha riunito nella città pugliese 150 aziende. «Al di là dei numeri - dice Mezzina - un altro successo che abbiamo ottenuto è stato quello delle “proposte di rete”: abbiamo proposto un progetto su cui ogni impresa, appartenente a un determinato settore merceologico dei dieci prescelti, poteva confrontarsi. Il confronto è continuato anche dopo l’evento di Expandere e alcuni di questi progetti approderanno anche al Matching nazionale. Questa iniziativa ha rappresentato la possibilità per le imprese di testare o suggerire delle collaborazioni utili tra imprenditori. I settori più interessati a queste “proposte” sono stati il turismo, i servizi alle imprese, l’agroalimentare, il non profit, il settore della sicurezza sui luoghi di lavoro, l’edilizia. Un altro tema di lavoro è stato l’estero, con una particolare attenzione alla Polonia. Stiamo organizzando, infatti, una missione imprenditoriale proprio a Varsavia».A Napoli, lo scorso 6 luglio, oltre a 140 imprese (tra queste anche grandi realtà come Carpisa e Ferrarelle), hanno partecipato anche alcuni enti come le Aziende speciali della Cciaa di Napoli e della Regione - quest’ultima rappresentata dall’Agenzia Campania Innovazione -, il Cesvitec-Technapoli, l’Eurosportello. Durante l’evento, a margine del workshop “Quali strumenti per l’innovazione delle imprese in Campania?”, è stata siglata un’intesa tra la Cdo e Campania Innovazione per favorire le imprese innovative del territorio. L’altro workshop, dedicato al tema “Finanza e internazionalizzazione”, è stato per il direttore della Cdo Campania, Nicola Santoro, l’occasione per rendere concreti alcuni servizi di grande valore per le imprese.Alessandra Natalizia, direttore Cdo Roma e Lazio, esprime soddisfazione per i risultati dell’evento organizzato nella capitale il 7 luglio scorso: «Hanno partecipato circa 250 imprese e abbiamo collaborato con alcune associazioni territoriali insieme alle quali - è la prima volta che succede - anche le aziende hanno fatto rete. Alcune di queste, pur non essendo associate a Cdo, hanno deciso di continuare l’esperienza e saranno presenti anche a Matching 2011, perché sono rimaste molto contente, hanno incontrato un bel clima e hanno trovato particolarmente utili gli appuntamenti. In questo senso, la manifestazione è stata una grande opportunità per fare conoscere sia la Compagnia delle Opere sia iniziative come Expandere e Matching».

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della Valtellina, dove un piccolo numero di azien-de agroalimentari eterogenee, piccole anche per dimensione aziendale, hanno sposato appieno il progetto di Cdo Agroalimentare al Matching e per la prima volta saranno presenti.

SanitàL’atout del Matching, la conoscenza che parte dalla relazione tra le persone che sono al cen-tro del lavoro, è importante anche per un mondo come quello della sanità. Non a caso, l’evento b2b organizzato da Compagnia delle Opere ha da subito interessato le realtà del settore. Nelle edizioni precedenti la sanità al Matching è stata rappresentata da numerose strutture ospedaliere e aziende private che operano nel settore. Per l’edi-zione 2011 si registra una crescita del numero dei partecipanti nell’ordine del 20%.Dall’incontro tra realtà della sanità pubblica (una trentina di Asl e Ospedali), associazioni di ca-tegoria come la F.A.R.E. (Federazione Associa-zioni Economi e Provveditori) e l’A.r.e.s.s. Pie-monte (Agenzia regionale per i servizi sanitari), aziende private (in tutto circa un’ottantina) come la Dpres, Esaote, Nephrocare, scaturiranno op-portunità di relazioni, di partnership, di scambio di conoscenze, di condivisione di problematiche, di individuazione di nuove soluzioni. Il Matching, inoltre, è per il mondo della sanità anche l’occasione per guardare avanti, per cono-scere le prospettive verso le quali si muove la sa-

La settima edizione di Matching vedrà una partecipazione ancora più nutrita di realtà del mondo della sanità e momenti di approfondi-mento e dibattito in cui si incontreranno e con-fronteranno esperti del settore e aziende parte-cipanti (nella foto, uno dei workshop della filie-ra sanitaria al Matching 2010)

Quest’anno al Matching parteciperà anche la Sogin, la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi.Giuseppe Nucci (nella foto a destra), amministratore delegato, della società, ci spiega la mission di Sogin e le ragioni della sua partecipazione al Matching.Chi è Sogin?«È la società di Stato incaricata del decommissioning e della gestione dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività medicali, industriali e di ricerca che opera per garantire la sicurezza dei cittadini e delle popolazioni locali, salvaguardare l’ambiente e tutelare le generazioni future».Dunque, si tratta di un impegno per la sostenibilità?«Si tratta della più grande opera di bonifica ambientale della storia del nostro Paese che passa anche attraverso la realizzazione del parco tecnologico con annesso deposito nazionale, affidata a Sogin nel 2010. Il deposito nazionale consentirà la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi e sarà realizzato all’interno del parco tecnologico, un centro di eccellenza internazionale in cui verranno sviluppate nuove tecnologie su decommissioning e gestione dei rifiuti radioattivi.Cosa significa per Sogin partecipare al Matching e che obiettivi si propone?«Innanzitutto, significa far conoscere alle imprese le concrete opportunità di un settore altamente tecnologico e innovativo in cui l’Italia detiene un vantaggio competitivo. Per bonificare i siti nucleari e arrivare a “prato verde” sono previste attività per circa 4,8 miliardi di euro, mentre gli investimenti per la realizzazione del deposito e del parco tecnologico ammontano a circa 2,5 miliardi di euro. Offriamo alle imprese opportunità di partnership per completare il decommissioning, realizzare il deposito nazionale e il parco tecnologico e, in futuro, per sviluppare tecnologie innovative in un’importante infrastruttura di ricerca e sviluppo industriale da esportare all’estero».

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nità, i nuovi bisogni, le nuove modalità organiz-zative. A questo proposito, durante la tre-giorni di Milano si terranno numerosi workshop che tratteranno i seguenti temi:

l La ricerca in sanità: professionisti all’opera;l Le pianificazioni regionali della sanità;l Esempi di sussidiarietà in sanità;l Costi Standard e sue applicazioni;l Comunicazione in sanità: Fund Rasing, Bilancio sociale e di Sostenibilità, Certifica-zioni, Rapporti col territorio;l It in sanità;l La logistica in sanità;l L’innovazione al servizio dell’assistenza;l La sanità in Russia.

Come per le precedenti edizioni, anche per quel-la del 2011 è stato fondamentale il lavoro svolto dal “Tavolo della sanità”, un luogo composto in modo informale di volta in volta da associati Cdo, imprenditori che lavorano in ambito sanitario e professionisti ospedalieri (sia statali che privati). Questa forma di lavoro si è rivelata decisiva e uti-le per l’individuazione delle tematiche che hanno costituito le linee guida della partecipazione dei soggetti sanitari, per l’alto livello di conoscenza del mondo sanitario e ospedaliero delle persone coinvolte, per il continuo sforzo di individuazio-ne di realtà pubbliche e private da invitare e per

La presenza a Matching di numero-si settori merceologici permette alle aziende di beneficiare del poten-ziale di relazioni offerto dall’iniziativa

Gli incontri one-to-one costituiscono il cuore della manifestazione, cui quest’anno si affian-cano ben 100 workshop di approfondimento, dedicati ai temi fonda-mentali dello sviluppo, dall’internazionalizza-zione ai canali distribu-itivi, dall’innovazione alle dimostrazioni prati-che di prodotti e servizi, tutti rivolti a un pubbli-co selezionato e parti-colarmente interessato. Perché a Matching tutto si sviluppa a partire da un valore fondamentale: quello di un incontro

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Sviluppo sostenibile e pensiero ecologicoInformazIone pubblIcItarIa

le organizzazioni pubbliche e private al fine di sviluppare nuovi standard per politiche, prodotti e processi sostenibi-li, trovare nuove soluzioni per ridurre i fattori di produzione e la produzione di scarti, migliorare la gestione dell’am-biente, modificare i modelli di consu-mo, condividere le responsabilità con i clienti e i cittadini, sostenere l’eco-in-novazione, migliorare i processi di deci-sione, valutazione e contabilizzazione.Le aree di attività di Ecosistemi sono:l Produzione e consumo sostenibile, che include Green Public Procurement (ovvero acquisti verdi) e Green Supply Chain, costruzione di sistemi di gestio-ne ambientale e progettazione di aree industriali a ciclo chiuso. Ecosistemi organizza inoltre il Forum Compraverde Buygreen;l Responsabilità sociale d’impresa, re-dazione di carte etiche, bilanci sociali e di sostenibilità, contabilità ambientale;l Pianificazione territoriale sostenibile, che include la valutazione ambientale, sia di tipo puntuale (VIA, Valutazione del paesaggio) che strategica (VAS);l Piani per lo sviluppo locale sostenibi-le e per il turismo sostenibile;l Tecniche per la partecipazione strut-turata, dall’Agenda 21 Locale al Patto dei Sindaci;l Formazione ambientale, rivolta alla pubblica amministrazione, alle aziende ed alle scuole, con metodologie ad im-patto zero.

Per orientare le attività umane verso la sostenibilità, secondo la società Ecosistemi, è necessario "sporcarsi le mani", sperimentare il cambiamento e riconvertire il presente accompagnando gli attori lungo questo percorso

Ecosistemi è una società di consulenza ambientale, nata nel 1998, e dal 2011 di proprietà della Fondazione Ikaros, specializzata in strategie, programmi, azioni e strumenti per lo sviluppo so-stenibile.La mission è quella di “integrare a monte” le considerazioni ambientali e sociali nelle strategie delle aziende e delle amministrazioni pubbliche realiz-zando, in tal modo, una riduzione dei rischi ambientali, una miglior gestione delle risorse naturali, la minimizzazio-ne degli impatti, il rafforzamento dei legami fiduciari, la valorizzazione del capitale sociale, economie di costo e vantaggi competitivi, la tutela dei di-ritti e del benessere delle persone, una migliore reputazione, la sensibilizzazio-ne al miglioramento della qualità della vita, del lavoro, della salute e del ter-ritorio. Ecosistemi accompagna queste organizzazioni lungo il cambiamento orientato alla sostenibilità, reso ne-cessario dal repentino mutamento de-gli scenari entro i quali le imprese e le istituzioni si trovano ad operare.E’ sempre più evidente, infatti, che il cambiamento climatico e l’uso intensi-vo delle risorse energetiche e naturali non rinnovabili non siano solo previsti ma in corso. Ciò che prima era sovrab-bondante, oggi è diventato scarso, con aumento dei rischi connessi alla possi-bile discontinuità degli approvvigiona-menti. Il web ed i social network rendo-no inoltre sempre più importante, per le imprese e le istituzioni, il fattore-reputazione, strettamente collegato ai loro comportamenti in materia di responsabili-tà sociale e riduzione degli impatti sull’ambiente.Ecosistemi, con la sua lunga esperienza di consulenza per la sostenibilità, è in grado di seguire, passo dopo passo,

Ecosistemi è una società di consulenza ambientale specializzata in strategie, programmi, azioni e strumenti per lo sviluppo sostenibile

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la continua collaborazione con le sedi locali Cdo.

meccanicaIl settore della meccanica è un esempio di eccel-lenza del made in Italy, anzi, si potrebbe conside-rare il vero made in Italy degli ultimi vent’anni, uno dei pilastri fondamentali su cui puntare per favorire la crescita italiana. Anche in questi tempi “procellosi”, infatti, il settore, il più internazio-nalizzato d’Italia, si è difeso con gagliardia, regi-strando addirittura aumenti di fatturato.È per questa ragione che la “verticalizzazione” del Matching, cioè l’organizzazione della pre-senza delle imprese in sei Saloni, all’interno dei quali approfondire i temi di determinati settori produttivi, ha comportato l’organizzazione di un Salone dedicato alla meccanica.Circa 200 aziende del settore, piccole e medie, potranno incontrarsi nei padiglioni di fieramila-no, creare partnership, magari capire come entra-re in contatto con realtà di maggiori dimensioni, scambiarsi esperienze di innovazione e di inter-nazionalizzazione.I workshop che si terranno durante i tre giorni del-la manifestazione organizzata dalla Compagnia delle Opere godranno della collaborazione di due importanti associazioni del settore come Anima e Assiot. Anima - Federazione delle Associazioni nazionali dell’industria meccanica varia e affine - è l’organizzazione industriale di categoria che in seno alla Confindustria rappresenta le aziende della meccanica varia e affine, un settore che oc-cupa 193 mila addetti per un fatturato di oltre 42 miliardi di euro e una quota export/fatturato del 52% (consuntivo 2010). Assiot è l’Associazione italiana costruttori organi di trasmissione e in-granaggi che raggruppa, attualmente, 95 aziende con circa 7500 addetti e con una rappresentatività pari al 70% circa del settore.Grazie alla collaborazione di queste due asso-ciazioni e di esperti del settore, i partecipanti al Matching potranno affrontare temi specifici, rice-vere notizie aggiornate con dati quali-quantitativi sull’andamento del settore e informazioni tecni-che sulle normative che impattano sull’attività delle aziende della meccanica, nonché ascoltare case histories esemplari che indichino la strada giusta per riorganizzare l’attività aziendale e af-frontare le nuove sfide dei mercati globali.

Energia, ambiente, sostenibilitàEnergia, ambiente e, nel suo complesso, la so-stenibilità sono i temi con cui tutte le aziende dovranno confrontarsi nel prossimo futuro. La

Aqua (Assistenza quotidiana anziani) è un’associazione che da cinque anni si occupa di assistenza domiciliare a pazienti anziani più o meno autosufficienti. È attiva a Milano e nel suo hinterland con ottanta operatori che portano al domicilio di oltre 700 anziani una vasta gamma di servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, sia in accreditamento Asl sia in regime privato, per un totale di 40 mila ore di assistenza erogate all’anno. «L’idea della rete - dice il presidente Nicola D’Aquaro (nella foto in basso) - c’è stata fin dall’inizio, da quando ho cominciato come volontario. Già allora mi ero reso conto che l’anziano a casa non ha bisogno solo dell’infermiere o del fisioterapista, ma di tutto. A questo “tutto” un’unica associazione non è in grado di rispondere, ma è necessaria una rete». Rete che col tempo ha coinvolto altri organismi non profit, come ad esempio quelli impegnati nell’aiuto alla famiglia, ma anche imprese for profit (ortopedie, ottici, rivenditori di protesi acustiche) e professionisti (studi legali e notai). Con un abbattimento dei costi che, in alcuni casi, è stato pari al 40%. «Mettere dei ricarichi ingiustificati su alcuni prodotti - sottolinea D’Aquaro - è oltretutto miope, perché non ci si rende conto che si ha di fronte una popolazione anziana con numeri sempre più elevati e che aumenteranno ancora. Se si lavora a un progetto comune, nel tempo questo consentirà di ottenere i giusti guadagni».Un altro tassello di questo mosaico è costituito dalle istituzioni con le quali, oltre ai rapporti basati su convenzioni e patti di accreditamento, sono state attivate vere e proprie «sinergie». E sempre di sinergie è in cerca Aqua al Matching, a cui partecipa per la prima volta. «L’idea che ci sia un posto e dei giorni dedicati a creare la rete è senza prezzo» conclude D’Aquaro, che durante il workshop a Fieramilano vorrà incontrare partner soprattutto sul tema della nutrizione, una delle sei linee di ricerca su cui è impegnata Aqua. Le altre sono: idratazione; riabilitazione fisioterapica per pazienti affetti da ictus cerebri; ambient intelligence per l’assistenza domiciliare a distanza; studio di terapie innovative per la cura delle lesioni da decubito e delle ulcere vascolari a domicilio; analisi e valutazione psicologica domiciliare.

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gun mosaico di servizi a favore delle persone anziane

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Facciamo quello che ci piace fareInformazIone pubblIcItarIa

Bild Technique srl è una realtà giovane,

in grande crescita che opera nel

campo dell’edilizia commerciale

Nel 2009 un gruppo di giovani decidono, per intuito e per passione, di lanciarsi in una sfida imprenditoriale chiama-ta BILD. Le buone idee sono quelle che il mercato premia. Dopo solo due anni di vita il Gruppo Bild è una grande realtà in espansione che opera nell’edilizia commerciale, nel cam-po delle energie rinnovabili e della consulenza strategica aziendale – con 3 società distinte e circa 23 addetti.Un team affiatato in cui lavorano soprattutto giovani: l’età media supera di poco i trent’anni. Racconta Filippo Ago-stinelli, socio e amministratore delegato di Bild Technique s.r.l., l’azienda del gruppo operante nel mercato del retail. «Volevamo creare una società strutturata, pronta a rispon-dere a tutte le esigenze del cliente, ma allo stesso tempo agile, giovane e performante. Nonostante la tanta (tantis-sima) fatica dell’inizio, il mercato ci ha dato ragione. Oggi stiamo diventando ciò che volevamo. Un referente unico e affidabile, in grado di realizzare un prodotto complesso, funzionante e finito, in tempi brevissimi».Bild Technique s.r.l. è un’impresa edile atipica che opera nell’edilizia commerciale. Una struttura complessa e orga-nizzata che analizza, pianifica e sviluppa progetti in ambito retail per boutique, negozi, bar, ristoranti e strutture com-merciali in genere. Analizza le richieste del cliente, le progetta a livello archi-tettonico e crea un’immagine commerciale che viene mate-rialmente costruita. In poche parole il cliente arriva con la sua idea e Bild restituisce il prodotto finito e funzionante. «Ci consideriamo atipici - continua Agostinelli - perché, a differenza delle comuni imprese edili o dei normali opera-

tori del settore contract, ci occupiamo realmente di tutti gli aspetti del processo realizzativo, non solo quello costruttivo. Inoltre, il nostro approccio al lavoro, è sicuramente innova-tivo. L’essere giovani, è stato per noi un punto di partenza, uno slancio in più e mai un limite. L’apertura mentale che caratterizza la nostra età anagrafica, c’ha permesso di rag-giungere traguardi e obiettivi davvero importanti».Si parte dalle analisi di mercato, economiche e finanziarie, per poi passare a quelle normative, urbanistiche, sanitarie e catastali. Poi viene sviluppato il format, la progettazio-ne architettonica e l’ingegnerizzazione dell’opera che viene così interamente costruita, non solo la parte edile ma anche quella impiantistica e degli allestimenti finali. Poi, median-te il team di Bild Consult s.r.l., viene curato il marketing e la comunicazione del prodotto finito. «Il team di lavoro e la metodologia applicata, sono la nostra forza - ci tiene a precisare Agostinelli - lavorare nel mondo del retail, non è facile. I tempi di sviluppo sono sempre ri-dotti e la qualità del prodotto finito dev’essere impeccabile. Pertanto, i nostri ragazzi, dispongono di tutte le conoscen-ze e i migliori strumenti di Project Management e Problem Solving per pianificare, gestire e controllare tutte le attività di ogni commessa. In più - cosa fondamentale - hanno la voglia di fare. La voglia di pensare, di risolvere problemi e di raggiungere gli obiettivi, caratteristiche secondo me fondamentali e impagabili che contraddistinguono Bild Technique da ogni altro competitor».

Facciamo quello che ci piace fare, pertanto lo facciamo bene.

BILD Technique s.r.l. - Via Arco d’Augusto, 92 - 61032 Fano (PU) Italy www.bildcompany.com - info@ bildcompany.com t: +39 0721 829093 - f: +39 0721 813899

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comprensione del valore di queste tematiche comporterà, per l’azienda, la scelta tra il subire le evoluzioni o divenirne attivi attori cogliendone le opportunità.Gli impegni e le normative possono avviare pro-cessi virtuosi e, attraverso gli incentivi, produr-re importanti ricadute per l’azienda, creando un vero scudo contro le incertezze.La trasversalità delle tematiche è l’elemento su cui costruire le necessarie sinergie attraverso la costruzione di reti. Reti che potranno trovare un utile strumento di incubazione al Matching. L’evento organizzato da Cdo, infatti, dedica uno dei suoi sei Saloni al settore energia - ambiente - sostenibilità. All’interno dell’area, i partecipanti potranno trovare aziende con cui sviluppare te-matiche come:

l Efficientamento energetico, esco e incen-tivi;l Edilizia sostenibile;l Produzione energetica da fonti rinnovabili e incentivi;l Generazione di energia da biocarburanti;

il meccanismo del matchingMatching si basa sulla programmazione di incontri fra i partecipanti. Le aziende che aderiscono all’evento descrivono sul portale www.e-matching.it la propria attività e le proprie esigenze, i prodotti, i servizi e i vantaggi delle proprie offerte. Dall’incrocio dei dati forniti da tutti gli iscritti si ottiene un’agenda di appuntamenti personalizzata per ogni azienda partecipante. Ogni impresa metterà in rete la propria capacità di offerta e, attraverso un’analisi dei propri bisogni, potrà individuare gli incontri più interessanti.

la sostenibilità è un valore che va premiatoDurante il Matching di fine novembre, si terrà la III edizione dell’Award Sostenibilità, il premio istituito da Compagnia delle Opere per le imprese che vedono la sostenibilità e la responsabilità sociale dell’impresa come un’opportunità di sviluppo e che abbiano avviato, o sono in procinto di avviare, iniziative. Un Award che premia le aziende che raggiungono significative eccellenze ma utile anche a misurare la propria sostenibilità e le aree in cui intervenire. La compilazione dei questionari è costantemente assistita da sistemi di tutoraggio e best practice, che possono suggerire iniziative sostenibili e opportunità di sviluppo sostenibile. Award Sostenibilità è aperto, a titolo gratuito, a tutte le imprese italiane e organizzazioni non profit.Le quattro categorie premiate dall’Award Sostenibilità sono:

l Pmi e organizzazioni non profit di produzione;l Pmi e organizzazioni non profit di servizi;l Grandi imprese e organizzazioni non profit;l Edilizia.

Le imprese e le organizzazioni non profit partecipanti saranno valutate da un Comitato scientifico sulla base delle azioni svolte o in essere in tema di sostenibilità ambientale/energetica, economica e sociale, attraverso una griglia di parametri relativa a:

l Infrastrutture;l Processi produttivi;l Servizi / Prodotti / Ciclo di vita;l Acquisti e Logistica;l Impegno sociale.

Nella foto a destra, un momento della cerimonia di premiazione dell’Award Sostenibilità tenutasi durante la scorsa edizione del Matching

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l Domotica, Bacs e Building Automation;l Progettazione architettonica sostenibile;l Defiscalizzazione sugli interventi di effi-cientamento energetico;l Costruzione di una filiera della sostenibi-lità;l Progetti innovativi.

Durante la tre giorni di Milano, all’interno del Sa-lone, si terrà un convegno dal titolo “L’industria dell’energia per la competitività e la crescita”, al quale parteciperanno, tra gli altri, Stefano Saglia, sottosegretario al ministero dello Sviluppo Eco-nomico, e Guido Bortoni, presidente dell’Autori-tà per l’energia elettrica e il gas.

EdiliziaIl mondo dell’edilizia e dell’impiantistica è quello tradizionalmente più rappresentato al Matching. Anche quest’anno saranno circa 300 le aziende presenti che animeranno il Salone dedicato a uno dei settori più importanti per la nostra economia.La grande impresa privata potrà incontrare le piccole e medie imprese diffuse sul territorio. Le piccole imprese potranno trarre spunto da quelle più grandi per capire come affrontare i processi di internazionalizzazione o l’innovazione. Anche le piccole, però, possono rappresentare un elemento di innovazione per le grandi imprese, visto che

La presenza al Matching di numerosi settori merceologici permette alle aziende di beneficiare del potenziale di relazioni offerto dall’iniziativa

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riescono, grazie alla loro struttura flessibile, ad approfondire alcune tematiche specifiche come, ad esempio, la domotica.Il Matching, inoltre, sarà il luogo ideale per met-tere in relazione l’impresa pubblica con quella privata, creando un dialogo operativo. Grandi aziende pubbliche, come Sea e Sogin, chiariran-no in dei workshop come si può impostare corret-tamente il rapporto tra realtà private e pubbliche dell’edilizia, presenteranno la propria attività e i propri criteri di ricerca e di selezione dei fornitori (la ricerca dei fornitori e l’ottimizzazione dei co-sti sono due dei temi che più stanno a cuore alle aziende pubbliche).Anche grandi aziende private, come Codelfa del Gruppo Gavio, Pessina o la Salini, presenteranno al Matching la loro progettualità, cercando tra le imprese presenti al Matching fornitori qualificati sul territorio.All’interno del Salone, infine, oltre ad attività formative per gli architetti e gli ingegneri, nonché proposte nate nell’ambito dell’ecosostenibilità-ambiente-energia, verrà proposto un incontro sul tema “Programmi pubblici per gli investimenti nelle infrastrutture”.

B.next è un nuovo consorzio, nato nel luglio 2011 e operante nei campi di energia, im-pianti e costruzioni, che unisce l’eccellenza di otto imprese lombarde, all’interno di un

unico soggetto in grado di aggregare competenze e capacità complementari, con l’obiettivo di creare maggiori opportunità di penetrazione sul mercato.La scelta di presentare ufficialmente la propria identità e i servizi offerti a Matching 2011 non è casuale: quest’anno, infatti, l’evento di matchmaking ha tra i suoi temi principali quello delle reti di imprese. B.next rappresenta un caso all’interno del vasto panorama delle nuove forme di aggregazione imprenditoriale che si stanno sviluppando in questo delicato momento. B.next è un esempio di rete tra aziende complementari, nel quale ogni azienda mette a disposizione delle altre l’eccellenza dei propri servizi, senza rinunciare anche alla propria autonomia. La crescita del consorzio, in capacità e ricerca, porta alla crescita delle aziende che ne fanno parte e diventa garanzia di eccel-lenza per il mercato.Fanno parte di B.next: Archimede (costruzioni e impianti), Edil Co.Mi Costruzio-ni (edilizia civile, industriale e pubblica), Esedra Energia (energie rinnovabili), Binda (demolizioni, scavi, opere stradali e di salvaguardia ambientale), Synergy (ingegneria), Dema costruzioni (carpenteria metallica e macchinari per infra-strutture), Meroni comunicare (comunicazione integrata), IBC/RE (real estate & credit brokers).

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b next consorzio lombardo per energia, impianti e costruzioni

Il Matching è un’occasione unica per l’imprenditore per selezionare nuovi fornitori e conoscere potenziali clienti, guardare ai mercati, interna-zionalizzare la propria azienda, fare innovazione. Nel patrimonio che ca-ratterizza le imprese italiane, cioè la piccola dimensione integrata in una rete, il Matching è un’occasione per costruire ulteriormente la rete tra le imprese e farla diventare la chia-ve di successo per superare la crisi. Matching permette di incontrare bu-yer internazionali e aziende prove-nienti da 40 Paesi

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b next consorzio lombardo per energia, impianti e costruzioni

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innovazioneÈ un doppio ruolo quello che Know Net - Offi-cine Italiane Innovazione rivestirà al Matching. Azienda tra le aziende, ma anche coordinatrice dell’Area Innovazione all’interno del salone. «Vogliamo incontrare le imprese e far conoscere quelle che sono le nostre attività - spiega Chiara Terraneo, community manager di Officine Ita-liane Innovazione - in particolare quella del no-stro social network www.officineinnovazione.it». Come coordinatori dell’area innovazione, invece, «abbiamo proposto alcuni workshop - continua Chiara - con temi un po’ tecnici: il primo riguarda l’Internet delle cose: le relazioni macchina verso macchina (Machine to Machine); poi ci sarà un mini workshop su perché gli imprenditori riten-gono ancora i social network una perdita di tem-po e di come gli esperti del settore rispondono a questa obiezione. Sarà un tavolo di lavoro coor-dinato da noi a cui invitiamo le società di infor-matica e comunicazione a confrontarsi su questo problema». La scelta dei temi che caratterizzano i workshop nasce dall’esperienza in campo e dalle discussioni imprenditoriali in atto all’interno del sito di Officine, in particolare nello spazio dedi-

Da un anno è presidente di Trevalli Cooperlat, ma la storia di Antonio Baietta (nella foto a fianco) comincia da lontano. Classe 1942, agricoltore per passione e da una vita, da quando appena sposato decide, insieme a sua moglie, di gestire nel Lodigiano una grossa azienda agricola. In Santangiolina, cooperativa agricola di San Colombano al Lambro, vi entra nel 1964. «La cooperativa Santangiolina - racconta Baietta - è nata nel 1961 come gruppo di produttori per ritirare il latte e commercializzarlo». All’inizio veniva chiamata la “cooperativa dei piccoli”, i protagonisti erano infatti piccoli agricoltori e in pochi credevano che sarebbe diventata, in cinquant’anni di vita, una delle più grandi cooperative italiane di raccolta latte (250 milioni di litri di latte annui). «All’inizio degli anni Ottanta - continua il “presidente dei piccoli”, così veniva soprannominato - c’è stata una grossa diatriba tra i grossi agricoltori del Lodigiano e i piccoli. Si è creata una scissione, e io mi sono schierato con i piccoli e abbiamo vinto la battaglia». Baietta diventa così presidente di Santangiolina, un’organizzazione di 400 allevatori associati in Lombardia e Piemonte. Ma la storia non finisce qui. «Il problema che ci siamo posti - continua Baietta - è che, se continuavamo a vendere il latte ad altri imprenditori privati, alla fine i soldi li facevano loro e non i miei allevatori». Da questa intuizione nasce l’incontro nel 1988 con un’allora piccola realtà delle Marche: la Trevalli Cooperlat. Oggi il gruppo Trevalli Cooperlat vanta 11 marchi locali sparsi nel territorio nazionale e associa 15 cooperative di diverse regioni, la Santangiolina conferisce a essa circa 33 milioni di litri annui

di latte e ne costituisce uno dei capisaldi. Con l’entrata in campo di Santangiolina, il gruppo marchigiano Trevalli, che inizialmente produceva solo latte a lunga conservazione, inizia a progredire e a orientarsi anche sul fresco. «In Trevalli Cooperlat siamo entrati proprio per fare rete e migliorare le condizioni sia per i miei allevatori che per quelli marchigiani; nel nostro settore l’unica speranza sono proprio le aggregazioni, se vogliamo affrontare un mercato sempre più globalizzato» dice il presidente. Obiettivo raggiunto, ma Baietta non è il tipo che se ne sta con le mani in mano. Nel 2006 inizia a ristrutturare un caseificio a Cereta di Volta Mantovana e, grazie al latte della cooperativa Santangiolina, inizia la produzione del Grana Padano. «Con 250 milioni di litri di latte, anche se 35 milioni vanno in Cooperlat ce ne restano 215 da gestire - continua - e così abbiamo pensato che non potevamo stare al di fuori della produzione del Grana, oggi un settore che, grazie alla domanda estera, è divenuto preponderante». E pensare che quando ha acquistato il caseificio di Mantova tutti lo credevano matto.

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L’Area Innovazione, coordinata da Know Net - Officine Italiane Inno-vazione (nella foto, lo stand di KN alla scorsa edizione del Matching), è il cuore high tech del Matching che compren-de le aziende dei settori Ict, Tlc, elettronica e au-tomotive

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cato al Matching. «Abbiamo proposto vari argo-menti - spiega la manager di Officine - precisan-do, però, che gli imprenditori interessati poteva-no segnalare anche altro. Così un imprenditore ha subito risposto che il tema della domotica e delle classificazioni italiane ed europee degli impianti energetici per gli edifici residenziali gli sembrava un argomento utile e interessante da comunicare anche ad altre imprese. E così è diventato il tito-lo di un altro workshop». Tutte le tematiche di questi seminari nascono da un dialogo all’interno del social network di Officine Italiane Innovazio-ne, che vuole aggregare, proprio attorno a questi temi, le imprese presenti al Matching. Un altro workshop riguarda il ciclo di vita del prodotto, dalla sua sorgente allo smaltimento; altro tema, invece, è legato all’infomobilità e alle reti di co-municazione per il traffico all’interno delle cit-tà. Il grande evento dell’innovazione avrà come titolo: “Scenari di evoluzione per il business di domani”. Gli scenari colgono i segnali deboli, sia a livello di macroeconomia, sia di comportamenti di consumo che possono orientare il business di domani, «tracce già presenti oggi, fenomeni in atto e osservabili - spiega Chiara Terraneo - che dicono qualcosa di come andrà il mondo tra qual-che anno». L’Area Innovazione è stata definita il

M&S Pool, rete di 15 aziende che operano nel settore della siderurgia a freddo, è nata nel 2005 dal confronto e dal dialogo di alcuni imprenditori lombardi che ricercavano una strada innovativa per affrontare al meglio la globalizzazione.Le aziende che compongono M&S Pool rappresentano un totale di circa 500 addetti con oltre 300 milioni di euro di giro d’affari. La rete è presente in particolare in Russia, nei Paesi del Csi, poi nei Paesi dell’Est, in Francia, Germania, Belgio, Spagna, Portogallo, Austria, Svezia, Turchia, Egitto, Messico, Venezuela, mentre è allo studio, con l’aiuto di Co.Export, un’espansione nel mercato brasiliano.I principali obiettivi che hanno portato alla costituzione della rete sono i seguenti: incrementare le opportunità di business, ridurre i costi commerciali e finanziari utilizzando risorse comuni e interne al pool nonché rispettare l’autonomia imprenditoriale, economica e finanziaria delle singole imprese.Così Donato Porro, l’amministratore delegato di M&S Pool, spiega le ragioni della partecipazione della rete al Matching: «Essendo un evento per incrementare il business che sviluppa le possibilità di contatto tra le aziende e favorisce le partnership, vogliamo partecipare per conoscere altre realtà con le quali interloquire. Avendo già noi nel Dna un’innata capacità di interagire, vogliamo essere presenti sia per avviare nuovi contatti, sia per crescere come realtà, sia per ampliare il contesto in cui operiamo, che è importante ma non esaustivo. Vediamo Matching come una grande opportunità, quindi ci stiamo organizzando e stiamo lavorando affinché per noi sia il più proficuo possibile».

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in team per affrontare la globalizzazione➤

“cuore high tech” di Matching; un altro momento di proposta e confronto aperto a tutti gli esposito-ri di Matching approfondirà il tema su come fare business utilizzando i social network. All’inter-no dell’Area Innovazione ci sono le aziende di

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sportello espertiIl “valore di un incontro” ha anche il volto dell’esperto. Sulla base dell’esperienza positiva delle passate edizioni, anche quest’anno gli imprenditori che partecipano a Matching potranno rivolgersi allo Sportello Esperti, un’iniziativa che favorisce il confronto e il dialogo con professionisti qualifi cati in vari campi. Secondo lo spirito di Matching, lo sportello funziona attraverso incontri one to one di circa un’ora, durante i quali gli imprenditori hanno modo di rivolgere le domande e chiedere le informazioni e i chiarimenti che desiderano. Spiega così l’iniziativa Mauro Cattaneo, responsabile Relazioni Esterne Cdo: «Matching è occasione di incontro, di nuove relazioni e di confronto attivo. L’assistenza di professionisti esperti in alcune tematiche care alle imprese rappresenta un ulteriore supporto a che la manifestazione si svolga al meglio. D’altra parte, accompagnare le imprese nel loro percorso di sviluppo è uno dei compiti di Cdo». Gli esperti saranno presenti in uno stand dedicato, in giornate e orari stabiliti e previa richiesta di appuntamento. Gli appuntamenti si possono fi ssare sul portale www.e-matching.it cercando il pool di esperti o le tematiche da affrontare direttamente nella schermata dell’elenco delle aziende. Così facendo compariranno tutte le tematiche e i professionisti a disposizione.Tra i temi di quest’anno su cui sarà possibile interloquire con un professionista:

l La tutela del credito;l Agevolazioni pubbliche per le imprese e loro investimenti;l La responsabilità amministrativa ex D.lgs. n. 231/01;l Come fi nanziare investimenti nelle energie rinnovabili;

l Tutoring fi nanziario per il rapporto impresa - banca;l Consulenza per ristrutturazione del debito;l Accesso al credito e comunicazione impresa-banca;l Strumenti di responsabilità sociale per la gestione d’impresa;l Le reti d’impresa;l Il contenzioso tributario;l Iva, Intrastat e Paesi black list;l Marketing e comunicazione aziendale;l Area Family Business: problemi, criticità e prospettive dell’impresa di famiglia;l Valutare la solvibilità dei clienti e prevenire i mancati pagamenti;l Rivalutazione del costo di acquisto di terreni e partecipazioni sociali e della nuova tassazione delle rendite fi nanziarie;l Rischio stress lavoro correlato;l Riscossione e rapporti con Equitalia.

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quattro settori specifici: Tlc, Informatica, Auto-motive, Elettronica. Alla fine del primo giorno di Matching, lunedì 21 novembre, per chi fa parte delle Officine, ma anche per chi desidera cono-scerle ci sarà un evento dal titolo “Le Officine Italiane Innovazione si incontrano, come usare Matching”, un momento informale in cui sarà presente tutto lo staff di Officine.

esteroL’internazionalizzazione è lo strumento che può permettere alle imprese italiane di crescere e di reggere la concorrenza dei tanti competitori inter-nazionali. Visto, dunque, che andare all’estero è una necessità, il Matching offre ai suoi partecipan-ti una vasta scelta di opportunità in questo senso. All’edizione 2011 dell’evento Cdo parteciperan-no 100 buyer esteri, selezionati dalla rete di Cdo Network, società della Compagnia delle Opere attiva nel settore dell’internazionalizzazione, e un centinaio di aziende e istituzioni straniere, più una trentina di sedi estere della Cdo e di Co.Export (consorzio per l’internazionalizzazione).La presenza del Brasile come Paese-ospite sarà l’occasione per consolidare le imprese italiane, che già si trovano nel più importante mercato dell’America Latina e per permettere a chi non ci avesse ancora provato, di cogliere le opportunità di quello che è stato definito l’Eldorado del made in Italy. Le imprese italiane, infatti, dovrebbero guardare al Brasile come al più interessante tra tutti i Paesi emergenti, anche più della Cina, vi-sto che per i prossimi quattro anni il Pil del Pa-ese latinoamericano, la settima economia mon-diale, crescerà sopra il 4% e le fluttuazioni del tasso di cambio del real e l’inflazione sono sotto controllo da oltre dieci anni. A rappresentare le opportunità del Brasile al Matching sarà anche una delegazione di rappresentanti del Sebrae (la Confindustria brasiliana), della Fiesp (la Federa-zione delle industrie dello Stato di San Paolo) e dell’Apex (l’Ice brasiliano).Non di solo Brasile si parlerà al matching. Un focus, infatti, verrà dedicato anche alla Cina (un seminario approfondirà il tema dell’agroalimen-tare nel Paese orientale), alla Russia (per il terzo anno consecutivo presente al Matching con alcu-ne delegazioni regionali), alla Romania e al Perù.

progettiDa quest’anno le imprese partecipanti hanno a disposizione i due nuovi strumenti “crea il tuo progetto” e “costruisci una rete” per individuare e approfondire le prospettive di sviluppo e cre-

Università cattolica: nuova relazione con le imprese

Anche nel 2011 l’Università Cattolica del Sacro Cuore aderisce al Matching. Mario Gatti (nella foto a destra), direttore di sede, spiega le ragioni della partecipazione dell’ateneo all’evento di novembre: «In quanto università, abbiamo un’attenzione istituzionale sia per il rapporto tra i nostri laureati e il mondo del lavoro sia per nuove forme di collaborazione con le imprese, alle quali ci interessa far conoscere le innovazioni e le opportunità di miglioramento della qualità aziendale». Proprio per questo al Matching l’Università Cattolica non si limiterà a uno stand di “rappresentanza”, ma punterà a mostrare un nuovo sistema di relazione tra mondo accademico e produttivo. «Quest’anno - continua il direttore Gatti - presenteremo alcune iniziative che riguardano l’inserimento lavorativo dei nostri neolaureati. Abbiamo elaborato un prodotto che fornisce alle aziende che lo richiedono curricula mirati alle esigenze espresse. È un prodotto che non si rivolge soltanto alle imprese tradizionali, ma anche, e siamo gli unici ad avere questa caratteristica, a tutto il vasto mondo del settore non profit». La seconda proposta della Cattolica attiene al miglioramento degli stage formativi. «Solo la nostra università ogni anno ne offre 6.700. Per questo al Matching organizzeremo un workshop, rivolto a quanti si occupano nelle università delle relazioni con le imprese, allo scopo di innalzare la qualità degli stage facendoli diventare sempre di più occasione di apprendimento, più che di lavoro. In questo modo il laureato può trovare in azienda un’accoglienza mirata e non essere soltanto impiegato in un’attività lavorativa. Vogliamo rendere effettivo ciò che sulla carta già esiste». La terza novità che l’Università Cattolica presenterà in fieramilano sarà il nuovo portale per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, pensato soprattutto per le imprese, nel quale si potranno trovare proposte di inserimento professionale e di stage.

scita più adeguate alle aspettative e agli obiettivi aziendali. Entrambi disponibili attraverso il por-tale www.e-matching.it, consentono di svolgere con efficienza e rapidità un lavoro di ricerca di esperienze imprenditoriali, partner e fornitori per elaborare, costruire e presentare il proget-to di sviluppo della propria impresa nonché di verificare la possibilità di un lavoro comune at-traverso la costituzione di reti o altre forme di collaborazione. La condivisione di queste informazioni permet-terà di selezionare in modo ancora più mirato gli incontri in agenda. È quasi un “diario dell’inno-vazione” che incrementerà di molto la produtti-vità durante i tre giorni della manifestazione.«Il Matching - dice Antonello Giannangeli, di-rettore della manifestazione - evolve rendendo l’imprenditore sempre più protagonista, coin-volgendolo in un lavoro che mette al centro lo sviluppo della propria impresa. Abbiamo orga-

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lo sportello reti d’impresaNell’ambito dello Sportello Esperti, quest’anno Matching propone anche l’innovativo servizio dedicato alle reti d’impresa. Lo scopo è quello di inquadrare il tema delle aggregazioni aziendali in ogni suo aspetto, da quello comunicativo a quello formativo e giuridico, proponendosi anche come un’occasione semplice e concreta per condividere informazioni e progetti di collaborazione tra imprese.Presso lo Sportello si svolgeranno numerosi momenti di approfondimento, a cominciare da una tavola rotonda nella quale si presenteranno alcune case history di reti già avviate. Tra gli altri temi trattati negli altri appuntamenti, particolare attenzione sarà riservata allo strumento specifico del contratto di rete, alle prospettive future offerte dal contratto di rete Indis e Istituto Tagliacarne, agli strumenti bancari, in essere o in previsione, a sostegno delle reti e ai finanziamenti a supporto delle reti d’impresa. «La forma della rete è la modalità che probabilmente meglio si addice alla struttura imprenditoriale di questo Paese, costituito per il 95% proprio da pmi. Matching è il luogo ideale dove ogni imprenditore potrà valutare l’opportunità di dare vita a nuove forme di aggregazione per la propria azienda», dice Mauro Cattaneo, responsabile Relazioni Esterne Cdo.

nizzato il portale del Matching e il lavoro delle 40 sedi territoriali della Cdo che accompagnano gli imprenditori all’evento proprio in modo da poter registrare tutte le informazioni che riguar-dano il progetto di cambiamento delle imprese, o il loro progetto di costituire una rete. Chiedia-mo all’imprenditore che partecipa al Matching di dirci qual è il suo progetto di sviluppo, come vuole migliorare la sua capacità di proporsi al mercato, il posizionamento della propria impre-sa, se prevede di realizzare delle partnership. Partendo da queste informazioni, si potranno se-lezionare le esperienze e le relazioni che, all’in-terno del Matching, possono dare forza al pro-getto di cambiamento delle imprese».Laddove l’azienda non abbia ancora individuato un progetto di cambiamento, è previsto un per-corso che consenta all’imprenditore di valutare la propria impresa e di capire su quali aree può essere interessante e utile investire. «Nel por-tale - spiega Giannangeli - abbiamo introdotto già dall’anno scorso uno strumento che consen-te, attraverso un questionario di 34 domande, di identificare su 12 dimensioni aziendali il posi-zionamento dell’impresa e capire quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze. In questo modo è possibile individuare le aree in cui per l’impresa può essere opportuno investire. A quel punto, proponiamo un percorso all’interno del quale il Matching è lo strumento per capire quali possono essere le esperienze utili da incontrare, i partner e i fornitori di qualità che possono dare forza al progetto di cambiamento o di rete».

New media per il MatchingQueste novità sono un ulteriore arricchimento dell’ormai consolidata formula di Matching, che si basa sulla programmazione degli incontri fra i partecipanti. Le aziende che aderiscono all’even-to descrivono sul portale www.e-matching.it (nella foto, la home page del portale) i prodotti e servizi offerti e le richieste al mercato. Dall’in-crocio tra i dati for-niti dagli iscritti, grazie a un lavoro di preparazione svolto in sinergia con le 55 associa-zioni locali di Cdo in Italia e all’estero, si ottiene un’agen-da di appuntamenti personalizzata per ogni azienda. In tal modo, la manifestazione consente di avvia-re nuovi contatti, consolidare quelli esistenti e svolgere in tre giorni un lavoro che normalmente richiederebbe molto più tempo e risorse.Oltre al portale, la cui interfaccia è stata sem-plificata in modo da rendere i contenuti del sito più fruibili, un Forum on line, sul social network Officine italiane innovazione, partner del Matching, dà la possibilità alle imprese di confrontarsi su diversi temi per prepararsi alla manifestazione di fine novembre. Alcuni mode-ratori verificano che la discussione, su temi ine-renti la sanità, l’agroalimentare ecc., si svolga in modo utile. n

Dimostrazioni prati-che e case history: una modalità narrativa sem-plice, ma efficace con cui raccontare la pro-pria realtà aziendale a partire dall’esperienza.Il workshop al Matching è reale occasione per incontrarsi e incentiva-re il dialogo reciproco

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Lo Studio Torta, fondato il 1° aprile 1879 a Torino dall’ingegner Secondo Torta, è uno dei primi uffici italiani di consulenti tecnici e legali esperti in brevetti e marchi e nei vari temi della proprietà industriale. Anche quest’anno partecipa al Matching per trasmettere anche alle piccole e medie imprese il messaggio che anche le loro idee o progetti innovativi devono e possono essere valorizzati tramite la Proprietà Intellettuale.

Lo Studio Torta opera nel settore della consu-lenza in proprietà intellettuale da oltre 130 anni. Anche quest’anno è stato premiato

da MANAGING INTELLECTUAL PROPERTY come miglior studio italiano di Proprietà Intellettuale. La sua peculiarità è di essere molto più di una semplice “agenzia” di deposito di marchi, bre-vetti, modelli, ecc. Con un team di 50 professio-nisti presenti nelle sue sei sedi (Torino, Milano, Roma, Bologna, Treviso e Rimini) aiuta i clienti a

sviluppare una vera e propria strategia di prote-zione e valorizzazione dei loro progetti e delle loro idee. Pur essendo uno degli studi più importanti in Italia nel settore della proprietà intellettuale, la sua regola è di non fare distinzioni tra clienti di grandi dimensioni e piccole o medie imprese e di dedicare a tutti la stessa attenzione e il mas-simo delle sue competenze. «La nostra filosofia - ci dice l’avvocato Maria Teresa Saguatti, con-sulente dello Studio Torta ed esperta in diritto

InformazIone pubblIcItarIa

Consulenti al Matching

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Per le dimensioni raggiun-te, e per la completezza dei servizi offerti, lo Studio Tor-ta è uno dei più importanti uffici italiani specializzati in proprietà industriale. Più di cento persone (agenti brevetti e marchi, legali, tra-duttori, tecnici, disegnatori, segretarie e impiegati) la-vorano a tempo pieno nello Studio. (nella foto a sinistra, lo staff ritratto a Torino; a destra, Maria Teresa Sa-guatti).

dei marchi e di contratti in materia di proprietà intellettuale - è sempre stata di accompagnare e dialogare con il cliente e di adeguarci alle sue esigenze per soddisfare le sue aspettative. Il cliente non si rivolge a una struttura impersona-le, ma parla con persone». Perché lo Studio Torta ha deciso di partecipare al Matching?«Partecipare al Matching per noi è stato il ne-cessario completamento del rapporto di colla-

da Cdo? Come lo descrivereste?«Questa è la terza volta che partecipiamo al Matching. Abbiamo deciso di partecipare per la prima volta nel 2009 dopo che il nostro respon-sabile Cdo di zona ci ha invitato a visitare il Matching 2008. In quell’occasione abbiamo ca-pito che il Matching non era una fiera, nel senso tradizionale della parola. Il Matching poteva essere una enorme vetrina e un’opportunità di incontrare, di conoscere e di farsi conoscere». Qual è il suo giudizio sulle precedenti esperien-ze al Matching?«Le esperienze degli anni passati sono state decisamente positive tanto che abbiamo deciso di investire anche quest’anno nel Matching. Il primo anno ci è servito per conoscere i mecca-nismi e lo spirito del Matching e capire come ci saremmo dovuti proporre negli anni successivi. Il secondo anno abbiamo avuto molti incontri con aziende partecipanti e alcune di queste si sono poi affidate a noi per delle consulenze. Al-tri incontri ci hanno permesso di conoscere dei possibili fornitori di servizi o di valutare delle opportunità di collaborazione».Cosa vi aspettate di ottenere dalla partecipa-zione al Matching?«Ci aspettiamo di incontrare molte imprese e persone e di poterle aiutare a valorizzare i loro beni immateriali, vale a dire il loro brand, l’immagine aziendale, le idee innovative e a tutelarsi per evitare che altri possano illecita-mente sottrarre questo patrimonio aziendale unico e di grande valore. Una società come la nostra, che non produce beni materiali, ma che fornisce consulenze, potrebbe sviluppare del-le collaborazioni con altri soggetti che offrono attività complementari alla nostra, come ad esempio le agenzie di marketing, gli studi che sviluppano nuovi brand, le società di interna-zionalizzazione, ma anche gli enti che tengono corsi di formazione in materia di innovazione».Cosa proponete alle aziende che partecipano al Matching?«Durante il Matching riceviamo e ascoltiamo le persone che hanno delle idee e che vorrebbero sapere come proteggerle e valorizzarle. Siamo presenti al Matching con professionisti esper-ti in materie giuridiche e tecniche e possiamo quindi orientare le persone che vengono a tro-varci allo stand dando consigli e valutando se e come il loro patrimonio intellettuale può essere tutelato al meglio e potenziato. Invitia-mo quindi coloro che sono presenti all’evento a venirci a trovare e a farci delle domande». n

borazione decennale con Compagnia delle Ope-re e i suoi associati. Infatti, dal 2001 offriamo servizi a prezzi vantaggiosi agli associati Cdo nell’ambito della convenzione “Vantaggi”. È sta-to quindi una conseguenza naturale partecipare al Matching. Nel 2009, quando abbiamo parte-cipato al Matching per la prima volta, il tema era l’innovazione e quindi abbiamo pensato che con le nostre competenze avremmo potuto dare un valido apporto alle imprese partecipanti. Vo-gliamo trasmettere anche alle piccole e medie imprese il messaggio che anche le loro idee o progetti innovativi devono e possono essere va-lorizzati tramite la proprietà intellettuale. Perché la proprietà intellettuale non è una prerogativa che solo le imprese di grandi dimensioni posso-no permettersi, ma è fruibile da tutti coloro che hanno idee innovative, grandi o piccoli. La tutela del patrimonio intellettuale e inventivo rende le imprese più competitive».Che idea vi siete fatti dell’evento organizzato

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L A G I U R I S P R U D E N Z A D I F R O N T EA L S E N S O R E L I G I O S O D E L L’ U O M O«L’esperienza elementare di ogni uomo, che nessun po-tere di questo mondo - pur con tutti gli strumenti che ha a disposizione - ha mai potuto eliminare, è proprio ciò che gli autori di questo libro hanno assunto come punto di partenza delle loro rifl essioni. Ogni lettore po-trà verifi care la capacità che l’esperienza elementare - l’espressione di don Giussani contenuta nel suo libro più noto, Il senso religioso - ha di illuminare alcune delle questioni irrisolte che agitano il dibattito odierno intorno al diritto e alla defi nizione dei nuovi diritti». Con que-ste parole Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, introduce il volume con i con-tributi raccolti in occasione dell’annuale “seminario di impostazione culturale” proposto dalla Fondazione per la sussidiarietà.In questo caso, quattro giuristi hanno affrontato il tema a partire da alcuni nodi che hanno ricadute immedia-te nel vivere quotidiano: diversità, multiculturalismo, universalità, relativismo culturale, esigenza di giusti-zia. «Una sfi da - scrive uno degli autori - per cercare di comprendere i dilemmi centrali del diritto oggi».

MICHETTA ADDIOA CURA DILUCA DONINELLI2011Guerini e Associati220 PAGINE 14,50 €

LUNGO IL FILO DI ARACNEFili, trame e tinteCalabria mediterraneaLUIGIA ANGELA IULIANO2010Arssa214 pagineGratuito su richiesta a [email protected] ELEMENTARE

E DIRITTOANDREA SIMONCINILORENZA VIOLINIPAOLO CAROZZAMARTA CARTABIA2011Guerini e Associati127 pagine11 €

C O M E R I N A S C E I L T E S S I L EI N S I E M E A L L’ A G R I C O LT U R ALuigia Angela Iuliano, direttrice del Centro sperimentale e dimostrativo dell’Arssa, l’Agenzia regionale per lo svi-luppo e per i servizi in agricoltura della Calabria, per sei anni ha testato l’uso delle piante nella tintura dei fi lati. Per farlo ha coinvolto diverse aziende artigianali allo scopo di migliorarne conoscenza e abilità tecnica. Con il risultato di costruire una rete sia di imprese tessili fra loro sia fra queste ultime e gli agricoltori che, diversifi -cando la produzione, hanno iniziato a introdurre piante coloranti nelle proprie colture. Alla base del lavoro sul campo svolto dalla Iuliano c’è uno studio approfondito, al quale è dedicato gran parte del volume, sui materiali utilizzati e sui simboli ricorrenti nella iconografi a della tradizione tessile calabrese e mediterranea. I cui motivi decorativi sono apparentati con altre, perfi no lontanis-sime, culture.

LE TANTE STORIE DI ACCOGLIENZAD E L L’ A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T ÀAll’associazione Fraternità, nata nel 1984 in provincia di Cremona, aderiscono oggi numerose famiglie, soprattutto residenti in Lombardia, che hanno deciso di aprire la porta di casa a tantissimi bambini con la formula dell’affi do. Ne fa parte anche l’autore, il cui racconto in presa diretta ha il pregio della testimonianza. Scorrono nel libro le storie di uomini e donne che, a un certo punto, hanno desiderato di condividere la loro vita con chi era stato abbondato dai propri genitori naturali o con essi non poteva più avere un rapporto stabile. Ricciardi ammette: «Non è affatto sem-plice accogliere un bambino e spiegargli perché il papà non si faccia più vedere né sentire». Ciò non toglie che «anche se non ci sono state risparmiate né la fatica né il dolore, siamo felici di averlo fatto e lo rifaremmo».

r a c c o n t i d i u n a m e t r o p o l ie d e i s u o i t a n t i m u t a m e n t iL’etnografi a narrativa è il tentativo di raccontare i cam-biamenti che stanno trasformando popoli e territori. È una narrazione dall’interno, fatta spesso da chi li vive sulla propria pelle. Il volume curato dallo scrittore Luca Doninelli è un esempio di questa disciplina applicata alla metropoli padana per eccellenza. Arriva un anno dopo Milano è una cozza e, come in quel caso, racco-glie i testi selezionati fra gli scritti degli studenti dei corsi tenuti dallo stesso Doninelli nella Facoltà di Soci-logia della Cattolica e nella Scuola di scrittura Flannery O’Connor. Il progetto porta la fi rma del Centro culturale di Milano e riesce nell’intento di sottrarre i luoghi del vivere alla banalità di descrizioni indistinte.

IL TUO CUORELA MIA CASAANTONIO RICCIARDI2011Edizioni Ares200 pagine15 €

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Ii n d i r i z z ile aziende e gli enti citati in questo numerodel Corriere delle Opere

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alta scuola impresa e societàVia S. Vittore 1820123 MilanoTel. 0248517156Fax 0248029537www.unicatt.it/[email protected] n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

associazione aquaVia Ponale 66 20162 MilanoTel. 0236552585Fax [email protected] n n n n n n n n n n n n n n n n n n

Cdo opere educativeViale Lunigiana 2420125 MilanoTel. 0266987185Fax [email protected]

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Cdo opere socialiVia Legnone 420124 MilanoTel. 0236723900Fax 026694008www.cdo.org/operesocialin n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

con.operaViale Monza 120125 MilanoTel. 0228970189Fax [email protected]

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consorzio b.nextvia Provinciale 69/A22038 Tavernerio (Co)[email protected] n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

consorzio cgmVia Marco Aurelio 820127 MILANOtel 0236579650Fax 0236579669www.consorziocgm.orgn n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

consorzio il mosaico Via Roma 54/A33050 San Vito al Torre (Ud)Tel. 0432998218Fax 0432/997021www.consorzioilmosaico.orgn n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

cooperativa santangiolinaVia del Marzano 220078 San Colombano al Lambro (Mi)Tel. 037189420Fax 0371899033 [email protected] n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

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Page 132: CORRIERE DELLE OPERE VII

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