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e ditoriale di Bernhard Scholz Ci sono pochi Paesi al mondo che hanno una tradizione così “internazionale” come l’Italia. Sin dai tempi prima di Cristo la penisola è al centro del Mediterraneo con forti legami verso il nord dell’Europa e verso l’Asia. Il medioevo vedeva l’Italia al centro dello sviluppo cultura- le dell’Europa. Durante il Rinascimento fiorentini, vene- ziani e tanti altri hanno creato relazioni commerciali con tutto il mondo allora conosciuto. I grandi esploratori da Cristoforo Colombo a Marco Polo provenivano da terre italiche. E tuttora l’Italia è la seconda nazione esporta- trice del nostro continente, nota in tutto il mondo per la qualità, la funzionalità e lo stile del suo “manufatto”. Con la forza di questa tradizione innovativa vogliamo e possiamo affrontare le nuove sfide della globalizzazio- ne. Il termine indica fenomeni diversi che vanno distinti per evitare confusioni. Ne cito alcuni, importanti per le nostre imprese. Il primo è quello più sentito e forse an- che più frequente: così come è possibile commercializ- zare i propri prodotti in quasi tutti i mercati del mondo, allo stesso modo i produttori di Paesi lontani possono diventare nuovi competitori a casa nostra. Un secondo fenomeno riguarda il fatto che oggi è possibile svolge- re qualsiasi attività economica in quasi tutte le parti del globo, compresa la produzione, o per abbassare i costi oppure per produrre direttamente sul mercato di sbocco. Il problema allora non sono più i confini, ma le capacità strategiche, produttive e logistiche. Ma c’è un’accezione della globalizzazione che riguarda quasi tutte le imprese ed è la necessità di confrontarsi o di paragonarsi con ciò che succede soprattutto nel proprio settore a livello mondiale. Il flusso delle informazioni ha superato quasi tutte le barriere e chiunque può presentarsi ed essere raggiungibile dappertutto, almeno virtualmen- te. Anche chi rimane nella propria nazione deve cambiare e innovare continuamente confrontandosi con il mondo per potersi posizionare a medio-lungo termine sul merca- to. Siamo quindi arrivati a nuove modalità di intraprende- re che richiedono nuove forme di collaborazione, nuove abilità e nuove conoscenze, e anche nuove sfide per le pubbliche amministrazioni nazionali ed europee. Cdo vuole essere vicina a chi desidera affrontare il mer- cato globale con tutte le sue opportunità, le sue difficoltà, le sue differenziazioni e i suoi rischi. Per questa ragione il Corriere delle Opere fa parlare il ministro Franco Frattini e altre autorevoli personalità interessate a sostenere gli imprenditori nelle loro avventure “mondiali”. Vengono raccontate esperienze imprenditoriali di internazionaliz- zazione interessanti ed esemplificative. Viene presentata Cdo Network che insieme a Co.Export aiuta le aziende a esplorare nuovi mercati e ad acquisire le conoscenze necessarie. Non è di poco conto che questo “network” si appoggi anche sulla rete internazionale che Cdo stessa rappresenta con le sue associazioni in altri Paesi. Attualmente sono 190 mila le imprese italiane che han- no relazioni internazionali stabili. Questa edizione del Corriere delle Opere vuole documentare che è possi- bile rafforzare e ampliare queste relazioni per chi è già all’estero e che è possibile per tante altre imprese aprirsi a una dimensione internazionale che le porterà “fuori” dal Paese, ma che le renderà anche più forti “dentro”. Per al- cuni l’internazionalizzazione è un’opzione, per altri una necessità, ma per tutti sarà un percorso più facile e più efficace se lo faranno insieme con partner affidabili e se lo affronteranno con una fiducia basata su una tradizione che ha visto uomini curiosi e prudenti, audaci e realisti come protagonisti. Al di là dei confini. n protagonisti al di là dei confini Per le imprese italiane aprirsi a una dimensione inter- nazionale è l’occasione per rafforzarsi confrontandosi con il mondo N. 5 Marzo 2011 CORRIERE DELLE OPERE 3

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Corriere delle opere - Protagonisti al di là dei confini

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Ci sono pochi Paesi al mondo che hanno una tradizione così “internazionale” come l’Italia. Sin dai tempi prima di Cristo la penisola è al centro del Mediterraneo con forti legami verso il nord dell’Europa e verso l’Asia. Il medioevo vedeva l’Italia al centro dello sviluppo cultura-le dell’Europa. Durante il Rinascimento fiorentini, vene-ziani e tanti altri hanno creato relazioni commerciali con tutto il mondo allora conosciuto. I grandi esploratori da Cristoforo Colombo a Marco Polo provenivano da terre italiche. E tuttora l’Italia è la seconda nazione esporta-trice del nostro continente, nota in tutto il mondo per la qualità, la funzionalità e lo stile del suo “manufatto”. Con la forza di questa tradizione innovativa vogliamo e possiamo affrontare le nuove sfide della globalizzazio-ne. Il termine indica fenomeni diversi che vanno distinti per evitare confusioni. Ne cito alcuni, importanti per le nostre imprese. Il primo è quello più sentito e forse an-che più frequente: così come è possibile commercializ-zare i propri prodotti in quasi tutti i mercati del mondo, allo stesso modo i produttori di Paesi lontani possono diventare nuovi competitori a casa nostra. Un secondo fenomeno riguarda il fatto che oggi è possibile svolge-re qualsiasi attività economica in quasi tutte le parti del globo, compresa la produzione, o per abbassare i costi oppure per produrre direttamente sul mercato di sbocco. Il problema allora non sono più i confini, ma le capacità strategiche, produttive e logistiche. Ma c’è un’accezione della globalizzazione che riguarda quasi tutte le imprese ed è la necessità di confrontarsi o di paragonarsi con ciò che succede soprattutto nel proprio settore a livello mondiale. Il flusso delle informazioni ha superato quasi tutte le barriere e chiunque può presentarsi ed essere raggiungibile dappertutto, almeno virtualmen-

te. Anche chi rimane nella propria nazione deve cambiare e innovare continuamente confrontandosi con il mondo per potersi posizionare a medio-lungo termine sul merca-to. Siamo quindi arrivati a nuove modalità di intraprende-re che richiedono nuove forme di collaborazione, nuove abilità e nuove conoscenze, e anche nuove sfide per le pubbliche amministrazioni nazionali ed europee. Cdo vuole essere vicina a chi desidera affrontare il mer-cato globale con tutte le sue opportunità, le sue difficoltà, le sue differenziazioni e i suoi rischi. Per questa ragione il Corriere delle Opere fa parlare il ministro Franco Frattini e altre autorevoli personalità interessate a sostenere gli imprenditori nelle loro avventure “mondiali”. Vengono raccontate esperienze imprenditoriali di internazionaliz-zazione interessanti ed esemplificative. Viene presentata Cdo Network che insieme a Co.Export aiuta le aziende a esplorare nuovi mercati e ad acquisire le conoscenze necessarie. Non è di poco conto che questo “network” si appoggi anche sulla rete internazionale che Cdo stessa rappresenta con le sue associazioni in altri Paesi. Attualmente sono 190 mila le imprese italiane che han-no relazioni internazionali stabili. Questa edizione del Corriere delle Opere vuole documentare che è possi-bile rafforzare e ampliare queste relazioni per chi è già all’estero e che è possibile per tante altre imprese aprirsi a una dimensione internazionale che le porterà “fuori” dal Paese, ma che le renderà anche più forti “dentro”. Per al-cuni l’internazionalizzazione è un’opzione, per altri una necessità, ma per tutti sarà un percorso più facile e più efficace se lo faranno insieme con partner affidabili e se lo affronteranno con una fiducia basata su una tradizione che ha visto uomini curiosi e prudenti, audaci e realisti come protagonisti. Al di là dei confini. n

protagonistial di là dei confini

Per le imprese italiane aprirsi a una dimensione inter-nazionale è l’occasione per rafforzarsi confrontandosi con il mondo

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Anno XXVI - n. 5 - marzo 2011Registrazione Tribunale di Milano n. 505 del 27 settembre 1986Iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione n. 7521

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www.cdo.org N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 5

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mar

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editoriale 3

zoom 6APPUNTAMENTI. Il Matching va in Russia 16

focus INTERVENTI. Destinazione mondo 18

CRUSCOTTOCIFRE. Mercati globali 34

FORMAZIONEICE. Export manager: la marcia in più per l’impresa 44

BUSSOLAMETE INTERESSANTI. 10 Paesi da scoprire 48

STRUMENTIFINANZA. Simest assiste le pmi all’estero 68

trade fair INTERVISTA. Le fiere all’epoca di Internet 70EMECA. Un italiano al vertice delle fiere europee 78

case histories TESTIMONIANZE. Quelli che hanno la valigia in mano 80

MULTINAZIONALI BOMBARDIER. Italia un Paese a rischio di fuga? 98

rete cdo NETWORK. All’estero in compagnia 102EUROPA. Matchmaking con ECO4B 104

AVSI COOPERAZIONE. Operare in modo intelligente nel reale 106

talent scout ENI. L’energia della cultura 118

libreria 120

indirizzi 122

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6 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1 N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 7

Giornata nazionale di raccolta del farmaco365 mila medicinali raccolti in 3.200 farmacieL’undicesima Giornata nazionale di raccolta del farmaco si è chiusa con 365 mila medicine donate e un aumento del 4% rispetto all’edizione 2010. L’iniziativa, organizzata dalla Fondazione Banco Farmaceutico in collabo-razione con la Cdo Opere Sociali, si è tenuta il 12 febbraio in 3.200 farmacie italiane. Quanto raccolto - il cui controvalore è pari a due milioni e 300 mila euro - sarà distribuito ai 1.390 enti convenzionati che danno assistenza ogni giorno a 420 mila persone indigenti. Le donazioni saranno ulteriormente integrate dalle aziende farmaceutiche che contribuiranno ad aumentare ulte-riormente il numero di confezioni che verranno ridistribuite gratuitamente. «Il nostro grazie - ha dichiarato Paolo Gradnik, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico - va alle migliaia di persone che, anche in un momento di crisi come quello attuale, hanno donato un farmaco, riconoscendo l’im-portanza di condividere i bisogni di chi si trova in difficoltà. Un grazie va anche ai farmacisti che hanno reso possibile l’iniziativa donando 480 mila euro e ai diecimila volontari che hanno presidiato le farmacie». n

Successo dell’undicesima edizione dell’iniziativa organizzata dalla Fon-dazione Banco Farmaceutico sabato 12 febbraio 2011 (nella foto, la lo-candina con i due testimonial Paolo Cevoli e Claudia Penoni)

cassa di risparmio del veneto diventa partner di energy4life

A partire da quest’anno la Cassa di Risparmio del Veneto ha deciso di aderire alla rete d’impresa Energy4life in qualità di associata e consulente finanziario. Energy4life è stata costituita a Verona nel luglio 2010 fra quattro imprese venete - Esco Europe, Forgreen, Ici Caldaie e Linz Electric - sulla scorta della disciplina legislativa in materia (L.33/2009). Si tratta di una rete fra imprese con forte radicamento sul territorio, anni di esperienza nel settore dell’energia, con un giro d’affari superiore ai 100 milioni di euro e oltre 400 dipen-denti, che si sono unite al fine di promuovere soluzioni avanzate da commercializzare con il marchio comune Energy4life.La Cassa entra a far parte della rete in qualità di advisor e di coordinatore per le operazioni finanziarie con-nesse ai progetti che necessitano della soluzione finanziaria più adatta alle specificità del cliente.

L’accordo è stato sotto-scritto nel gennaio 2011 presso la sede della banca a Verona da Fabio Inno-cenzi, direttore generale Cassa di Risparmio Vene-to, Alberto Zerbinato, pre-sidente di Energy4life e di Esco Europe, Germano Za-nini, presidente Forgreen, Emanuela Lucchini, presi-dente Ici Caldaie, e Giulio Pedrollo, amministratore delegato di Linz Electric.

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Sopra, un momento del convegno “Ripartire dal desiderio: l’anima dello sviluppo”, tenu-tosi nel teatro Piccinni di Bari lo scorso 10 marzo

Il 10 marzo 2011, al teatro Piccinni di Bari, Compagnia delle Opere ha orga-nizzato il convegno dal titolo “Ripartire dal desiderio: l’anima dello sviluppo” al quale hanno partecipato circa 500 persone. I lavori, moderati da Vincenzo Papa, presidente Cdo Bari, sono stati introdotti dai saluti di Alessandro Am-brosi, presidente Camera di commercio di Bari, e da Michele Emiliano, sin-daco del capoluogo pugliese. A seguire, ci sono stati gli interventi di Nicola De Carlo, ad De Carlo Infissi, Domenico Favuzzi, presidente e ad Exprivia, e Carlo Saggio, presidente Cdo Sicilia Orientale. A Bernhard Scholz, presiden-te Cdo, sono state affidate le conclusioni. «Il Mezzogiorno può e deve ripartire - ha detto Scholz a margine del convegno -. Ci sono tante esperienze impren-ditoriali positive che lo dimostrano. Ma una ripresa complessiva è possibile solo se il desiderio di costruire qualcosa di utile per sé e per gli altri tornerà a essere il criterio guida per tutti, singoli e collettività. Cdo continuerà a colla-borare con chiunque mostri di avere a cuore questo sviluppo del Paese, al Sud come al Nord. Un Paese stanco e schiacciato dalla sterile logica degli schie-ramenti politici contrapposti, che si autoalimentano sui media e dimenticano i veri problemi della gente. Al Governo nazionale e alle amministrazioni locali chiediamo dunque di assumersi fino in fondo la responsabilità di sostenere le famiglie e le imprese, a cominciare da azioni urgenti e necessarie di riduzione del peso fiscale e di snellimento della burocrazia. Ci sono 75 miliardi di euro non pagati dalla pubblica amministrazione alle imprese italiane. Non si può pretendere la serietà senza offrirla: l’approvazione dello Statuto delle imprese può essere un punto efficace». n

l a c o m p a g n i a d e l l e O p e r e a b a r i :d e s i d e r i o , a n i m a d e l l o s v i l u p p o

La riforma della farnesina:come cambia l’italia all’estero

È entrata in vigore la riforma voluta dal ministro de-gli Esteri Franco Frattini e disegnata dal segretario generale Giampiero Massolo, che innova profonda-mente l’organizzazione della Farnesina (nella foto in basso, la sede) con l’obiettivo di promuovere il ruolo dell’Italia nel mondo e offrire servizi più efficienti a cittadini e imprese. Il processo di riforma comporta innanzitutto un percorso di ridefinizione delle aree strategiche attribuite a Direzioni generali e Servizi. Nel seguire uno schema di accorpamento delle com-petenze, il numero delle Direzioni generali è ridotto da 13 a 8. In un sistema sempre più globalizzato e interconnesso, il ministero degli Esteri incardinerà il suo lavoro quotidiano non più per aree geografiche, ma per macro-settori tematici: sicurezza, integra-zione europea e proiezione all’estero del sistema Paese, i tre “pilastri”. I riflettori saranno puntati sulle opportunità di business per le imprese italiane nei cinque Continenti: ci sarà una cabina di regia a Roma, con un’apposita Direzione generale alla Far-nesina e “terminali operativi” nelle varie Ambascia-te, con gli ambasciatori che, grazie ad accresciute responsabilità manageriali, saranno chiamati a gestire in autonomia il bilancio delle rispettive sedi.In tale quadro, assume particolare importanza la promozione del sistema Paese all’estero, affidata d’ora in avanti alla Direzione generale per il sistema Paese, fortemente voluta dal ministro Frattini, che costituirà il fulcro delle iniziative della Farnesina in campo economico, commerciale e culturale e punto di riferimento per le imprese che intendono misurar-si con i mercati esteri.

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L’aula Magna dell’Uni-versità Cattolica di Milano in cui si è svol-to sabato 19 febbraio il convegno promosso dall’associazione cultu-rale Il rischio educativo

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All’autodromo nazionale di Monza si è svolta il 24 marzo la terza edizione dell’appuntamento rivolto agli imprenditori della filiera edile al quale hanno partecipato 300 aziende (nella foto, l’invito alla ma-nifestazione)

Si è svolta il 24 marzo nella cornice dell’autodromo nazionale di Monza la terza edizione di Costruendo - Una rete per l’edilizia. L’iniziativa - rivolta a costruttori, progettisti, società immobiliari, impiantisti elettrici e idrau-lici, fornitori di materiali e componentistica, imprese di finiture - è nata due anni fa come risposta concreta alle tante richieste di contatto formu-late dagli imprenditori della filiera dell’edilizia associati alle sedi di Com-pagnia delle Opere di Varese, Saronno, Busto Arsizio, Verbania, Monza e Brianza. Molte le novità di questa edizione: sono cresciuti gli iscritti (oltre 300 imprese); si è vista la presenza dei princi-pali operatori del settore; hanno partecipato, ol-tre alle cinque organizzatrici, altre sedi di Cdo, comprese alcune rappresentanze estere, nonché istituzioni locali, enti territoriali e società pub-bliche. Tutti questi soggetti hanno contribuito ad apportare valore e a incrementare il potenziale dell’evento. La formula, ormai rodata, è stata semplice: per garantire opportunità di contatto finalizzate alla partnership, agli acquisti e alle vendite, prima della giornata sono state raccolte le adesioni e i profili aziendali dei partecipanti. Queste informazioni hanno costituito un databa-se accessibile a tutti i partecipanti all’interno del portale www.costruendo.net, che è diventato un patrimonio fondamentale in funzione dell’even-to vero e proprio, articolato in una giornata di lavoro scandita dagli appuntamenti tra impren-ditori e professionisti. n

Costruendo 2011, una rete per l’ediliziaChe aiuta gli imprenditori del settore

la conoscenza al centro del CONVEGNOdell’associazione il rischio educativo

«Nel dibattito sui risultati degli apprendimenti degli studenti italiani e sull’impostazione del sistema scola-stico del futuro, un elemento spesso trascurato è il ruolo che la conoscenza deve giocare nell’organizzazione complessiva della scuola, anche per riprendere con più decisione una strada virtuosa e favorire esiti decisa-mente migliori». Sono parole di Francesco Valenti, rettore del Collegio della Guastalla di Monza e presidente dell’associazione culturale Il rischio educativo che ha promosso sabato 19 febbraio presso l’Università Cat-

tolica del Sacro Cuore di Milano - e in collegamento video con Catania, Chiavari, Firenze, Rimini e Roma -, il convegno dal titolo “La conoscenza nella scuola”. All’iniziativa, orga-nizzata insieme alla Fondazione per la sussidiarietà, in collaborazione con Cdo Opere Edu-cative, Diesse e Disal, hanno partecipato all’incirca duemila tra docenti, direttori e presi-di. Sono intervenuti, oltre a Francesco Valenti, Giorgio Vittadini, presidente della Fonda-zione per la sussidiarietà, Gilberto Baroni, presidente Diesse Firenze e Toscana, Ombretta Sternini, preside Fondazione Sacro Cuore di Cesena, Simonetta Cesari, direttrice scuola primaria Il Pellicano di Bologna, Eddo Rigotti, direttore dell’Istituto linguistico-semiotico dell’Università della Svizzera Italiana, Carlo Wolfsgruber, rettore della Fondazione Vasilij Grossman di Milano, Guido Gili, ordinario di Sociologia all’Università del Molise, Onorato Grassi, docente di Storia della filosofia medievale alla Lumsa di Roma.

www.regione.lombardia.it

Non ci fermiamo mai.

Insieme a voi abbiamo realizzato 7 nuovi ospedali, grandi infrastrutture e più di 3000 alloggi a canone sociale. Insieme, sosteniamo la scuola, la piccola e media impresa, lo sviluppo. Insieme, non smetteremo mai di fare.

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Alcuni dei relatori (al centro, il presidente di Cdo Opere Educative Vincenzo Silvano) alla due gior-ni di Firenze rivolta a gestori e amministratori di scuole paritarie. Uno dei principali temi affrontati è stato quello della reale parità tra istituti statali e non statali

Dall’11 al 13 febbraio si è tenuto a Firenze, alla presenza di oltre 250 ge-stori e amministratori di scuole paritarie associate, il dodicesimo convegno nazionale della Cdo Opere Educative dal titolo “Fare scuola: una responsa-bilità che cresce con la forza dell’origine”. Sono stati ospiti del convegno, fra gli altri, monsignor Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, e Franco Nembrini, rettore della scuola La Traccia di Bergamo. Tra i temi centrali, affrontati durante le sessioni di lavoro, particolare interesse ha destato quel-lo dell’autonomia, che l’associazione ritiene essere un vero nodo cruciale per giungere a una riqualificazione complessiva del sistema nazionale di istruzione e a una reale parità (anche economica), nell’ambito di una equa distribuzione e gestione delle risorse finanziarie. Su questo tema, le scuole paritarie associate a Cdo Opere Educative - tra le quali sono presenti nume-rosi esempi di eccellenza didattica, amministrativa e gestionale - hanno in-teso offrire il proprio contributo al miglioramento dell’intera scuola italiana, indicando possibili e proficue linee di applicazione e sviluppo dell’autono-mia scolastica, a partire da alcune delle proprie esperienze più significative. Il convegno ha indicato, inoltre, le prospettive di sviluppo per ogni opera educativa, chiamata - anche in un tempo di stretta economica quale è l’at-tuale - a misurarsi innanzitutto sulla sfida culturale, quella dell’identità e dell’appartenenza a una storia e a un popolo. n

Fare scuola: il nodo della paritànella proposta di cdo opere educative

proroga moratoria debiti: nuovo ossigeno alle pmi

Sei mesi di proroga per richiedere la moratoria sui de-biti delle pmi. Possibilità di allungare la durata del mutuo con nuove condizioni per chi la moratoria l’ha già chiesta. Nuovi strumenti per gestire il rischio tas-si. Impegno delle banche per la patrimonializzazione delle imprese. Questo, in sintesi, il contenuto dell’ac-cordo di massima raggiunto alla fine di gennaio 2011 al tavolo tecnico convocato dal ministero dell’Econo-mia e ratificato il 16 febbraio. L’accordo delinea le nuove modalità di sostegno alle piccole e medie im-prese dopo la scadenza della moratoria avvenuta il 31 gennaio. Il primo punto dell’intesa riguarda anzitutto le pmi che ancora non hanno richiesto la moratoria e che avranno la possibilità, fino al 31 luglio 2011, di usufruirne per un anno.Il secondo punto riguarda, invece, le aziende che hanno già usufruito della moratoria e per le quali si profila la possibilità di un allungamen-to della durata del mutuo, di due o tre anni, con una rata più contenuta. Le facilitazioni varieranno a seconda che la richiesta riguardi mutui ipotecari o chirografari. Il terzo punto coinvolge le aziende che, a fronte della richiesta di prolungamento del mutuo, avranno la conseguente necessità di coprirsi dal rischio del rialzo tassi. Sarà quindi possibile chiedere all’istituto di credito che ha sottoscritto il nuovo accordo di valutare il passaggio dal tasso variabile a un tasso fisso o a un variabile con il “cap”, cioè con un tasso massimo predefinito.Il quarto punto, infine, riguarda la capitalizzazione aziendale. Se un imprenditore investirà nella sua azienda una certa quantità di capitale aggiuntivo, la banca potrà intervenire con un finanziamento adeguatamente proporzionato.

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Il manifesto del prossimo Meeting di Rimini che si svolgerà dal 21 al 27 agosto 2011 nei padiglioni della fiera della città romagnola

Ogni giorno, nel la-boratorio di via Due Palazzi di Ca’ Edi-mar, viene sfornato all’incirca mezzo quintale di pane che da quest’anno verrà donato a enti e asso-ciazioni che assisto-no persone indigenti

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“E l’esistenza diventa una immensa certezza” è il titolo scelto per la XXXII edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si terrà nei padiglioni della fiera di Rimini dal 21 al 27 ago-sto 2011. Il tema del Meeting di quest’anno, si legge nella pre-sentazione, «parte da una constatazione, semplice e al tempo stesso drammatica: nella mentalità più diffusa ai nostri giorni, nella coscienza con cui ciascuno di noi affronta le sfide e le fatiche del vivere, sembra che non sia più possibile alcuna vera certezza. È qui, al fondo di noi stessi, che si rivela la radice nascosta delle tante “crisi” del nostro tempo: esse non segnano soltanto la messa in discussione o la perdita di certezze che si credevano acquisite - nella politica come nell’economia, nelle scienze come nell’etica, nella cultura come nella conviven-za sociale - come è spesso successo in altre epoche storiche. Quello che è in gioco oggi, nell’epoca attraversata dalla grande ombra del nichilismo, è qualcosa di più radicale, e quindi più radicale è la sfida che essa ci pone: gli uomini non sarebbero più capaci di certezza, e anzi ogni certezza sarebbe una nostra costruzione, e alla fine nient’altro che una grande illusione». «Il Meeting - sottolineano ancora gli organizzatori - proverà a raccogliere questa sfida del nostro tempo, riaprendo una partita da molti dichiarata ormai chiusa. E lo farà, come è suo stile, non in virtù di una più scaltra analisi culturale e politica, ma a partire dall’esperienza in atto di persone che non si acconten-tano di concepire la propria esistenza come destinata al nulla. Uomini e donne che non censurano il peso dell’incertezza né si

sottraggono al lavoro che essa esige, ma che la vivono come il segno eviden-te che non siamo i padroni di noi stessi, ma siamo in rapporto con qualcosa di Altro, che continua a sopraggiungere alla nostra vita». n

Il tema della trentaduesima edizioneDel meeting per l’amicizia fra i popoli

Il pane della solidarietà di ca’ edimarmette insieme scuola, lavoro e carità

Il Pane della solidarietà 2011 è un progetto che prende le mosse da Ca’ Edimar, il vil-laggio educativo padovano che coinvolge adolescenti e giovani in cerca di una nuova opportunità per inserirsi positivamente nella vita attiva. L’iniziativa è stata presentata giovedì 10 febbraio nella sede di Ca’ Edimar. «Questa iniziativa - ha spiegato Mario Dupuis, uno dei fondatori dell’opera educativa - in primo luogo consente di donare a enti, comunità, associazioni impegnate con le situazioni di povertà, il pane fresco che quotidianamen-te viene prodotto sia dagli allievi della nostra scuola di panificazione sia da altri soggetti coinvolti nel laboratorio di panificazione “Renato Fornasiero” inserito nel contesto di Ca’ Edimar». Si tratta di circa mezzo quintale di pane che, impastato e cotto ogni giorno nel laboratorio di via Due Palazzi, viene cari-cato freschissimo su un furgoncino e consegnato agli enti di assistenza. «Il progetto - ha aggiunto Luca Vecchiato, presidente di Federpanificatori - permette anche di formare al mestiere del fornaio disoccupati e soggetti svantaggiati. Una professionalità antichissima, quella del panificatore, ma tutt’altro che fuori moda e che anzi offre prospettive occupazionali da non trascurare». Tant’è che la federazione ha messo a disposizione della scuola e del Pane della solidarietà macchinari del valore di oltre 500 mila euro. n

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La platea e i relatori a uno dei due momenti proposti dall’associa-zione Diesse in Sicilia, che ha fatto tappa il 21 febbraio a Catania e il giorno successivo a Messina

Doppio appuntamento per Diesse in Sicilia che ha organizzato il 21 febbraio a Catania e il 22 a Messina due incontri nei quali ha messo a tema gli importanti cambiamenti che stanno interes-sando il mondo scolastico. A entrambi è stato invitato Fabrizio Foschi, presidente nazionale dell’associazione di insegnanti. «La riforma Gel-mini - ha spiegato Foschi a Messina - ha sicura-mente essenzializzato i percorsi formativi, con-tribuendo a rendere più semplice la scelta delle famiglie e ha valorizzato molto il percorso liceale non tralasciando quello professionale. Inoltre, ha rimodulato la formazione iniziale dei docenti, prevedendo un tirocinio sul campo, e ha intro-dotto la valutazione dei docenti cui corrisponde

Diesse in sicilia incontragli studenti e i professori

Giuseppe tripoli nominato mr pmi in italiaper difendere le piccole e medie impreseIl ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, accogliendo la richiesta del vice presidente della Commissione Europea Antonio Tajani, ha nominato il 28 febbraio 2011 Giuseppe Tripoli responsabile per l’Italia per le piccole e medie imprese. Il nostro Paese è il primo in Europa a nominare Mister Pmi, che lavorerà a stretto contatto con il responsabile europeo, Daniel Calleja Crespo. Il suo compito prin-cipale sarà quello di salvaguardare gli interessi delle piccole e medie imprese, favorendone il rapporto con le istituzioni e vigilando sull’applicazione delle normative nazionali ed europee, quali ad esempio lo Small Business Act (Sba). L’Italia è il Paese europeo che ha il maggior numero di pmi, pari al 99% del proprio tessuto produttivo. Tripoli, nato a Catania, è laureato in Giurisprudenza e da maggio 2009 è capo del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione del ministero dello Sviluppo economico. È stato segretario generale di Union-camere dal 2001 al 2009 e in qualità di componente di Eurochambres (l’Organizzazione europea delle camere di commercio), si è a lungo occupato di internazionalizzazione. Tra il 1999 ed il 2001 ha ricoperto l’incarico di vice segretario generale di Confcommercio, occupandosi della modernizzazione del settore distributivo e dei servizi, delle politiche territoriali, dei rapporti con le regioni e per la programmazione negoziata e i fondi strutturali.

una premialità». Sul punto dolente, che riguarda i tagli agli organici, il presidente di Diesse ha invo-cato l’accelerazione sulla strada dell’autonomia scolastica quale possibile soluzione per attingere a fondi esterni a quelli - sempre più scarsi - del ministero. A Messina è intervenuto anche Rober-to Monteforte, vice presidente della Cdo Sicilia Orientale, portando il punto di vista dell’impren-ditore: «La scuola e il mondo delle imprese - ha detto - devono cominciare a parlarsi e a concepir-si come un’unica comunità tesa al raggiungimen-to del bene comune. L’istruzione e la formazione non possono prescindere da un rapporto stringen-te col territorio. Infatti non vi può essere ricchez-za del territorio senza ricchezza delle imprese e di conseguenza ricchezza per l’istruzione». n

Giuseppe Tripoli, vigilerà per conto dell’Europa sull’ap-plicazione dello Small Business Act e diventerà il punto di riferimento per le pmi

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ZZoom

La formula del workshop Cdo (nella foto piccola, alcuni partecipanti all’ultima edi-zione) sarà proposta a fine giugno presso l’InfoSpace International Informational Exhibition Centre di Mosca (nella foto grande, un’immagine della Piazza Rossa)

16 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

Il 28 e 29 giugno prossimi si svolgerà, a Mosca, Matching Russia, il nuovo evento per il busi-ness di Cdo dedicato all’internazionalizzazione

delle imprese. La manifestazione, organizzata da Compagnia delle Opere, ministero per lo Svilup-po Economico e Ice (Istituto per il commercio estero) si terrà presso l’InfoSpace International Informational Exhibition Centre di Mosca e vedrà la partecipazione di cento aziende italiane e di ol-tre duecento operatori economici russi, tra buyer, distributori e imprese. Specifico target dell’inizia-tiva è quello di favorire le relazioni industriali e commerciali con gli operatori dei canali della di-stribuzione (buyers, rappresentanti Gdo, importa-tori, grossisti, aziende) operanti sul mercato russo. Un’opportunità di ampio respiro per valorizzare l’offerta italiana di prodotti e servizi di qualità presso un mercato dalle grandi potenzialità.

I Ril matching va in russia

Il 28 e 29 giugno prossimi, a Mosca, si svolgerà la prima

edizione dell’evento b2b organizzato dalla Compagnia delle

Opere in collaborazione con Cdo Network, ministero per lo

Sviluppo Economico e Ice

d i F r a n c e s c a G l a n z e r

un’agenda fitta di impegniL’evento si basa sulla programmazione prefissata degli incontri fra i partecipan-ti, una formula di successo e già ben col-laudata con Matching, il grande evento per il business di Cdo che si svolge a Milano a fine novembre e che nel 2011 giungerà alla settima edizione. Grazie a un lavoro di ricerca e selezione coordi-nato da Cdo Network, partner dell’ini-ziativa, ogni azienda partecipante a Matching Russia, dopo aver descritto sul portale www.e-matchingrussia.com (in lingua italiana e russa) la propria attività e le proprie esigenze, i prodotti, i servizi e i vantaggi delle proprie offerte, avrà a disposizione un’agenda di appuntamenti per-sonalizzata per incontrare gli operatori russi ed essere sostenuta e facilitata nel suo percorso di

internazionalizzazione. I settori merceologici che saranno rap-presentati nella manifestazione sono nu-merosi: dall’elettronica ed elettrotecnica alla meccanica, dall’edilizia e impianti-stica al legno, mobili e arredo, dal tes-sile abbigliamento all’agroalimentare e agroindustriale.

Il programma dei due giorniLa mattinata della prima giornata verrà dedicata a interventi di carattere informativo, con la parte-cipazione di relatori da Ice, Ambasciata d’Italia, Cdo. Nel pomeriggio della prima giornata e nella seconda giornata si svolgeranno gli incontri b2b.Durante la due giorni moscovita saranno inoltre organizzati anche vari workshop per conoscere le caratteristiche del mercato russo. n

i settoriI settori merceologici di interesse per il Matching Russia sono:l meccanica e macchine (oil & gas - valvolame,

flange, raccordi, rubinetteria);l elettronica ed elettrotecnica;l edilizia e impiantistica;l legno, mobili e arredo;l tessile e abbigliamento;l agroalimentare e agroindustriale (prodotti

alimentari non freschi).

In basso, uno dei padiglioni della Fiera di Milano in cui si è tenuto il Matching 2010, che ha permesso a imprese di tutti i settori merceologici di incontrarsi per sviluppare iniziative comuni e fare business

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FRATTINI: «Come è noto le imprese piccole e piccolissime hanno un ruolo essenziale nell’eco-nomia italiana e i successi delle imprese medio-grandi sui mercati domestici ed esteri dipendono anche da esse perché non potrebbero realizzar-si senza la rete di fornitori e partner che le ali-mentano. Si tratta spesso di realtà di dimensioni ridotte ma estremamente vivaci e dinamiche, che costituiscono la ricchezza del nostro tessuto impren-ditoriale. Un dato per tutti: in Italia le piccole e picco-lissime aziende con un nu-mero di addetti compreso fra i 2 e i 49 sono - secondo l’Istat - oltre 1.800.000, con più di 9 milioni di occupati. Da sole costituiscono oltre il 40% di tutte le imprese e assorbono più della metà del complesso dei lavorato-ri. Il confronto con i mercati esteri è una sfida importan-tissima per queste imprese, che in termini di prodotto possono essere altamente competitive, ma per espan-dersi all’estero hanno biso-gno di una maggiore strut-turazione organizzativa. La risposta a questa sfida può essere trovata in forme di aggregazione e alleanze con altre imprese anche in un’ottica di specializzazio-ne in mercati di nicchia e in filiere internazionalizzate. L’Italia ha introdotto una nuova “politica produttiva” riferita alle piccole imprese, soprattutto nel settore ter-

Secondo il ministro degli Esteri Frattini «la sfida principale per la promozione del made in Italy sui mercati esteri è sempre più quella dell’aggregazione dei vari soggetti per massimizzare le sinergie. La realtà - ag-giunge il ministro - dimostra che le aziende che si avviano verso l’internazionalizzazio-ne pongono le premesse fondamentali per crescere di dimensione»

N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 19

focus

18 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

Tre domande sul tema

dell’internazionalizzazione

a personalità delle istituzioni,

del mondo politico, accademico

ed economico

Ecco i protagonisti del nostro Focus:

Franco Frattiniministro degli Affari esteri

Giorgio Squinziamministratore unico Mapei spa

Umberto Vattanipresidente Ice

Andrea Gibellivicepresidente e assessore all’Industria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione della Regione Lombardia

Marco Fortisvicepresidente della Fondazione Edison e responsabile della Direzione studi economicidi Edison

Michele Perinipresidente Fiera Milano spa

Beniamino Quintiericommissario generale per l’Expo di Shanghai 2010

ziario, artigiano e manifatturiero, per migliorare i rapporti tra PA e piccole aziende e agevolare l’accesso al credito. La sfida dell’aggregazio-ne delle azioni promozionali e commerciali sui mercati esteri coinvolge anche la public diplo-macy. Il ministero degli Affari esteri è impegnato in un’incisiva azione di diplomazia economica a supporto della proiezione internazionale e ha recentemente realizzato una importante riforma organizzativa con la creazione di una Direzione generale specificamente dedicata alla promozio-ne coordinata del sistema Paese nelle sue com-ponenti economiche e culturali. Inoltre, a partire dal 2008 è stata avviata una cabina di regia per l’Italia internazionale che raggruppa i principali attori del sostegno pubblico all’internazionaliz-zazione allo scopo di definire congiuntamente una strategia comune nella pianificazione e ge-stione delle grandi missioni di sistema all’estero. In particolare in un periodo di crisi economica e di manovre di bilancio restrittive, la sfida princi-pale per la promozione del made in Italy sui mer-cati esteri è sempre più quella dell’aggregazione dei vari soggetti per massimizzare le sinergie. La realtà dimostra che le aziende che si avviano ver-so l’internazionalizzazione pongono le premesse fondamentali per crescere di dimensione. Ciò significa internazionalizzazione non solo come export, ma anche come radicamento all’estero, capacità di attrarre investimenti produttivi con ricadute positive sul sistema Paese».

SQUINZI: «In Italia la propensione esportativa delle piccole e medie imprese è molto diffusa, più che in altri Paesi. Questa è una conferma del fatto che ogni impresa, indipendentemente dalla propria dimensione, ha dei prodotti e la capaci-tà di esportare. Personalmente credo che questa capacità debba essere potenziata. Non dimenti-chiamo che l’Italia è comunque il secondo Paese manifatturiero al mondo. E il nostro futuro è fon-damentalmente basato sulla nostra capacità di ri-manere un Paese manifatturiero. Per fare questo bisogna creare le condizioni per cui le piccole e medie aziende siano capaci di esportare e sia-no - prodotto per prodotto, nicchia per nicchia - capaci di rimanere nel mercato globale. Si può cominciare dai Paesi più vicini, come la Fran-cia, ma si deve comunque cominciare a guardare fuori. Ormai non si può più rimanere concentrati sul mercato nazionale».

VATTANI: «Sono 189.812 le imprese italiane che esportano all’estero. Tuttavia il 13% è costitui-

Le micro imprese o aziende lilliput dispongono di prodotti potenzialmente idonei all’export, ma spesso mancano di cultura aziendale per cui non riescono ad avviare o consolidare la loro presenza estera. Cosa occorre secondo lei per-ché riescano a implementare e assimilare un de-finitivo pensiero export oriented?

d mdestinazione mondo

focus

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focus

to da imprese con più di 50 dipendenti. Queste da sole sono responsabili dell’80% delle nostre esportazioni. Le altre, che sono la mol-titudine (l’87% del totale), danno un contributo all’ex-port internazionale pari solo al 20%. Ciò vuol dire che mentre 25 mila imprese, cioè quelle più grandi, han-no struttura organizzativa articolata, hanno sviluppato una capacità di agire in cam-po internazionale in manie-ra autonoma, sono in grado di presidiare i vari mercati, tutte le altre necessitano di un appoggio, di un sostegno quale quello offerto dall’Ice per orientarsi e proiettarsi all’estero. Ed è per que-sto che possono accostarsi agli uffici della rete estera dell’Ice: per formulare una prima strategia, per fare un piccolo salto di qualità ne-cessario per affrontare i mercati internazionali. Anche quelle più grandi, quando si presentano a un nuovo mercato, hanno bisogno di assistenza tecnica, di servizi specializzati, però molto più mirati a risolvere problemi particolari, a supera-re delle criticità. Sono servizi di alto valore ag-giunto, perché si tratta di studiare bene la situa-zione, di individuare il possibile partner, semmai vedere di creare un minimo di distribuzione sul posto oppure entrare nella grande distribuzione organizzata».

GIBELLI: «Il nostro tessuto produttivo è sicura-mente caratterizzato da micro e piccole impre-se, che rappresentano un’eccellenza in diversi ambiti manifatturieri. Questa loro specificità le porta a essere meno strutturate nell’offerta dei propri prodotti sui mercati internazionali, come viene confermato dagli ultimi dati congiuntu-rali relativi all’export lombardo. In tal senso le possibili soluzioni sono molteplici: avvicinare le nostre imprese ai mercati esteri promuoven-done i prodotti; valorizzare i sistemi produttivi lombardi e le loro eccellenze; incentivare le fi-

liere produttive; adottare processi più articola-ti di sviluppo aziendale orientati all’export. In tutti questi ambiti, Regione Lombardia mette a disposizione efficienti strumenti di sostegno. Gli interventi di sostegno regionale vanno dai voucher per la partecipazione a fiere e missioni economiche all’estero, agli strumenti di aggre-gazione delle aziende più piccole per renderle concorrenziali sui mercati internazionali, fino a strumenti più sofisticati di sviluppo aziendale e di accompagnamento all’estero delle imprese lombarde».

FORTIS: «In Italia, com’è noto predomina la pic-cola e media impresa, nel manifatturiero in modo particolare ma in generale in tutto il nostro si-stema economico. Anche all’interno del sistema delle piccole e medie imprese, tuttavia, ci sono delle importanti differenziazioni. Solo un ristret-to numero di imprese esporta, mentre le altre sono più piccole e in parte si riconnettono al sistema di filiera, cioè sono generalmente degli operatori che producono dei beni, o dei semilavorati neces-sari per le imprese esportatrici (queste imprese più piccole, insomma, non esportano direttamen-te, ma contribuiscono indirettamente al successo

delle imprese esportatrici). È un sogno immaginare che le imprese più piccole pos-sano un giorno diventare tutte grandi ed esportatrici. In questi anni, comunque, alcune di queste imprese, nate spesso all’ombra di im-prese più grandi che espor-tano, si sono evolute e han-no tentato di emanciparsi: invece di limitarsi a fare da fornitori alle imprese espor-tatrici, hanno cominciato a provare a esportare in qual-che Paese. È un processo lento, che non si materializ-za di colpo su vasta scala, però è regolare. D’altra par-te i dati dell’Istat ci dicono già chiaramente che c’è una parte molto significativa di imprese manifatturiere, an-che piccole, che cominciano a esportare».

Le micro imprese o aziende lilliput dispongono di prodotti potenzialmente idonei all’export, ma spesso mancano di cultura aziendale per cui non riescono ad avviare o consolidare la loro presenza estera. Cosa occorre secondo lei perché riescano a implementare e assimilare un defini-tivo pensiero export oriented?

Umberto Vattani, presidente dell’Ice, sotto-linea il ruolo fondamentale del suo istituto nel supportare le aziende di piccole dimen-sioni - la gran parte del totale - che vogliono andare fuori dai nostri confini

Il futuro dell’Italia, a detta dell’ammini-stratore unico di Mapei, Giorgio Squinzi, risiede nella sua capacità di conservare il carattere manifatturiero della struttura eco-nomica che contraddistingue il Belpaese

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PERINI: «Al di là della men-talità export oriented, il pro-blema è, primo, il prodotto, e, secondo, le risorse umane per portarlo in giro, perché viaggiare costa moltissimo e le piccole imprese magari non possono permetterse-lo. Non è solo un proble-ma di costi: se un piccolo imprenditore va in giro per il mondo, chi gestisce l’im-presa quando lui è via? Un elemento utile può essere quello di creare dei network con gruppi di imprese com-plementari. Ad esempio, un’azienda che si occupa di design per gli alberghi, può mettersi insieme a chi vende le stoviglie, a chi vende l’il-luminazione ecc. Tutte in-sieme si possono permettere un export manager comune che promuova a livello in-ternazionale i vari prodotti. Il che è diverso dal vecchio consorzio, spesso limitato dalla scarsa conoscenza del-le varie imprese consorziate da parte di chi andava a pro-muoverle. Questi network, invece, devono formare la persona che poi va in giro con la valigia a fare conoscere i vari prodot-ti, e devono supportarla con adeguati strumenti tecnici e commerciali».

QUINTIERI: «In Italia si sta affermando un mo-dello produttivo centrato sull’export, in un tale contesto l’unica chance per le piccole imprese - che all’80% lavorano per il mercato interno (stagnante) - è quella di intraprendere percorsi di internazionalizzazione accelerando l’aggrega-zione. In un mercato domestico che non cresce o cresce molto poco, il rischio per le imprese minori è di presidiare solo quei settori che non sono né esportabili né delocalizzabili, in sostan-za edilizia, sanità e assistenza. Solo attraverso la costituzione di reti è possibile integrare le piccole aziende nel modello export led in tem-pi accettabili. Oggi le piccole imprese incon-

trano enormi difficoltà anche perché non hanno in azienda le competenze giuste. Le reti sono la strada più veloce per integrare le competenze tra aziende. È importante ricordare che l’investi-mento all’estero non va pensato unicamente in termini di produzione, ma anche nella distribu-zione, nel marketing, nella consulenza, insom-ma in azioni che in qualche modo incidano sul mercato locale. Per entrare nei grandi mercati in espansione come Cina, Brasile, India, è quindi necessario lavorare in pool, magari sacrificando il proprio piccolo marchio per fare massa critica e affrontare il mercato con una scala maggiore. Una necessità poco incline alle nostre abitudini. In questo senso, la globalizzazione rappresenta anche una sfida a superare i limiti storici della nostra impresa».

Euro, dollaro, yuan e yen..., in questa babele di valute che fluttuano secondo logi-che più politiche che finan-ziarie, quali consigli dare alle pmi che operano con l’estero?

Le micro imprese o aziende lilliput dispongono di prodotti potenzialmente idonei all’export, ma spesso mancano di cultura aziendale per cui non riescono ad avviare o consolidare la loro presenza estera. Cosa occorre secondo lei perché riescano a implementare e assimilare un definitivo pensiero export oriented?

Per Michele Perini, presidente di Fiera Mi-lano, il problema delle pmi non è tanto quel-lo di possedere o meno una mentalità export oriented, quanto di dover far fronte ai costi necessari all’internazionalizzazione. Inoltre «se un piccolo imprenditore va in giro per il mondo, chi gestisce l’impresa quando lui è via?». Per questo sono auspicabili dei net-work di filiera che possano essere rappre-sentati da un comune export manager

FRATTINI: «La recente crisi ha avuto un forte im-patto sui mercati valutari. Il Governo italiano si è impegnato in ambito europeo e in tutti i fori multilaterali per un’azione coordinata e coesa dei vari Stati che garantisca un quadro di sta-bilità finanziaria, favorendo l’affermazione dei principi di correttezza, integrità e trasparenza quali criteri ispiratori dell’attività economica sia da parte dei soggetti operanti sul mercato che da parte dei Governi. Rispetto alle oscillazioni sui mercati valutari e, in senso più ampio, alle diffi-coltà che le pmi incontrano sui mercati esteri, è importante che il sistema finanziario e bancario italiano si attrezzi sempre più per accompagnare le pmi. Non si tratta più di acquisire banche-reti all’estero, ma di potenziare i servizi corporate. I nostri istituti bancari più grandi hanno fatto un ottimo lavoro per fare da ponte alle nostre imprese con l’Est europeo, ora l’obiettivo deve

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essere l’area del Mediterraneo che rappresenta uno sbocco naturale per le merci italiane, oltre all’Asia, all’Africa e all’America Latina. Oc-corre far trovare alle pmi italiane una presenza qualificata di filiali, uffici di rappresentanza per cercare di offrire su base internazionale lo stes-so supporto e gli stessi servizi che ricevono in Italia. Le imprese dal canto loro devono puntare sull’eccellenza dei loro prodotti, sul loro valore aggiunto, investendo sull’unicità del nostro bi-nomio tradizione-innovazione. Anche in questo caso è necessaria un’azione sinergica dell’intero Sistema Paese in un’ottica di gioco di squadra e di responsabilizzazione di tutte le sue compo-nenti sia pubbliche che private».

SQUINZI: «L’aspetto critico può essere l’oscil-lazione nel breve periodo. Se poi guardiamo i trend sul lungo periodo, le oscillazioni non sono poi così forti. Un dollaro che sale a 1,21 e poi crolla a 1,50 è chiaramente una situazione che può impattare sulla redditività nel breve termine. In questi casi l’utilizzo di strumenti di copertura di cambio, che assicurino contro il rischio per periodi dai sei ai dodici mesi, è sicuramente un aiuto. Nel lungo periodo tuttavia c’è una certa stabilità. Comunque, i cambi che fanno oggi la differenza sono l’euro, il dollaro e il renminbi

cinese che però è fortemente ancorato al dollaro. Probabilmente oggi il renminbi è sottovalutato di un 30-40%, ma non si scosta dal dollaro ame-ricano in maniera significativa. Ma è un proble-ma politico più che economico. In questo mo-mento l’unica moneta fuori controllo che viene ritenuta sopravvalutata è il franco svizzero. Al di là di questo, chi dà veramente l’impostazione al mercato è il rapporto di cambio tra euro e dolla-ro. E comunque all’interno dell’area euro c’è un ampio bacino di esportazione sul quale non ci sono oscillazioni».

VATTANI: «Certamente le valute in un sistema globale qual è quello che noi ormai abbiamo di fronte costituiscono una variabile. Ma di regola esistono dei sistemi che permettono di affron-tare il rischio di queste fluttuazioni ricorrendo alle banche, cioè con formule di assicurazione che in qualche modo riducono il rischio di cam-bio. Non tutte le aziende hanno familiarità con

queste tecniche, ma poiché ciascuna di loro ha comun-que rapporti con le banche, suggerirei che dove o quan-do dovessero affrontare problemi riguardanti espor-tazioni di prodotti verso Pa-esi che usano divise diverse dalle nostre, in quel caso cerchino di capire bene con la propria banca. Il dollaro comunque è una di quelle valute che viene utilizza-ta in maniera amplissima a livello internazionale. Non credo che il problema delle fluttuazioni, delle variazioni del valore delle valute sia un problema irrisolvibile. È un problema, una variabile di cui si deve tener conto, ma non è insolubile».

GIBELLI: «È un dato di fatto che le fluttuazioni delle più importanti valute mondia-li condizionino fortemente i commerci e la concor-renza internazionale. La difficoltà nell’export che

Euro, dollaro, yuan e yen..., in questa babele di valute che fluttuano secondo logiche più politiche che finanziarie, quali consigli dare alle pmi che operano con l’estero?

Alle fluttuazioni monetarie - secondo An-drea Gibelli, assessore all’Industria, Ar-tigianato, Edilizia e Cooperazione della Regione Lombardia - le imprese possono opporre soltanto un marcato brand terri-toriale, senza però coltivare illusioni sulla possibilità di incidere nella politica valuta-ria che, nel caso dell’euro, spetta alla Bce

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incontrano molte aziende lombarde, dovuta a un euro molto forte, è la conferma di questa influenza delle valute nell’economia. Pur nella oggettiva difficoltà da parte delle Regioni a imple-mentare politiche moneta-rie, a causa della gestione dell’euro da parte della Bce, è opportuno che le imprese si orientino nella produzio-ne verso un marcato brand territoriale».

FORTIS: «Il sistema dei cambi in questo momento è irrazionale e non riflette i “fondamentali” dell’eco-nomia, o perlomeno li riflette solo nei periodi di calma. A causa degli sbalzi di breve periodo sui cambi, per gli opera-tori all’esportazione non è facile lavorare. Esisto-no, però, degli strumenti che proteggono dai cambi delle valute e che tutela-no nell’acquisto di mate-rie prime. Si può operare con le coperture a termine, anche se non è facile per un’impresa molto piccola (d’altra parte, le imprese molto piccole non sono esportatrici). In ogni caso, anche in base ai recenti dati Istat sul commer-cio estero, nonostante le fluttuazioni dei cam-bi, da novembre 2010 a gennaio 2011 le nostre esportazioni nei Paesi extra-Ue sono cresciute del 6,2%. Più che dirle cosa dovrebbero fare le imprese, dunque, le dirò cosa vedo che fanno le imprese per ottenere risultati così lusinghie-ri. Normalmente, nel caso delle piccole impre-se, sono i vertici aziendali, dal proprietario ai suoi più stretti collaboratori, che visitano i mercati esteri nei quali ci si vuole espandere. Le imprese più strutturate, invece, quelle di medie dimensioni, cercano di aprire all’este-ro uffici commerciali con personale autocto-

no, che sia addentro ai sistemi commerciali locali, al sistema degli appalti pubblici, alle procedure burocratiche. In Cina, ad esempio, se non si trova personale locale desideroso di inserirsi in imprese emergenti italiane che si affacciano su quel mercato, è impossibile an-che soltanto installare un infisso, un rubinetto o un impianto di riscaldamento. Oggi non ba-sta avere un buon prodotto, ma bisogna anche capire come farsi conoscere su questi mercati che nella loro evoluzione sono immensamente più magmatici di quanto non fossero i mercati dei Paesi più sviluppati che negli anni 60, 70 e 80 abbiamo aggredito con successo perché più vicini, come quello francese, quello tedesco, quello inglese. Ecco perché, a mio avviso, è fondamentale aprire nei Paesi emergenti uffici commerciali con personale locale qualificato e inserito nel mercato».

PERINI: «Purtroppo abbiamo un euro sopravvalu-tato rispetto al dollaro. Abbiamo una difficoltà di esportazione e, quindi, di consigli se ne possono dare pochi. Certamente, è meglio stipulare dei contratti che facciano riferimento a una valuta fissata prima. In tal senso è preferibile la scaden-za breve. Se, invece, il contratto ha valenza più lunga, allora bisogna predisporre degli accorgi-menti che prevedano una variazione del prezzo del prodotto in base al rapporto di cambio. Fac-ciamo un esempio: se l’euro è a 1,34 sul dollaro, per due mesi si lascia fisso questo rapporto, ma al sessantesimo giorno lo scostamento in più o in meno viene concordato sulla base di un discorso bivalente».

QUINTIERI: «A seguito della crisi stiamo vivendo un periodo caratterizzato da diverse fluttuazioni che rispecchiano la politica economica dei vari Paesi. In questo contesto risulta particolarmente difficile formulare previsioni accurate sull’an-damento dei cambi. Il consiglio che mi sento di dare alle pmi è quello di guardare alla pro-fittabilità degli investimenti, indipendentemente dalla fluttuazione dei cambi, nel lungo periodo. Nell’ottica di lungo periodo, infatti, l’andamento di una valuta potrebbe al massimo influenzare il timing dell’investimento all’estero dove risulta strategico e più conveniente indirizzare l’inve-stimento in un Paese la cui valuta si sta svalu-tando».

Euro, dollaro, yuan e yen..., in questa babele di valute che fluttuano secondo logiche più politiche che finanziarie, quali consigli dare alle pmi che operano con l’estero?

Marco Fortis fa notare che, nonostante una struttura produttiva basata sulle piccole imprese, l’Italia nel 2010 ha esportato 41 miliardi di euro nei quattro Bric (Brasile, Russia, India, Cina) e nei quattro nuovi Mict (Messico, Indonesia, Corea del Sud e Tur-chia). Ha fatto meglio della Francia, della Gran Bretagna e della Spagna. «Molto spes-so - dice Fortis - la letteratura economica ci dice che l’Italia è perdente soprattutto nei Paesi emergenti. Questo non è vero, visto che in dieci anni abbiamo raddoppiato l’ex-port nei Bric e nei Mict, portandolo da poco più di venti miliardi di euro a 41 miliardi»

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focus

FRATTINI: «Il radicamento e la presenza stabile sui mercati esteri è un elemento indispensabile per il successo della strategia di internazionalizzazione delle imprese. La tecnologia offre oggi alle pmi molti modi per garantirsi un contatto con i clienti all’estero, si pensi alla rivoluzione nel mondo del-le comunicazioni; ciò non può tuttavia sostituire il contatto personale e diretto. Si conferma quindi l’esigenza per le imprese di contare su export ma-

nager preparati e motivati. I “pionieri” dell’export italiano nel nostro Paese hanno avuto tanto più rilievo e più meriti perché erano pochi e operava-no in mercati più chiusi. Ma non credo che oggi manchi lo spirito di sacrificio o la capacità, anzi la crisi economica ha portato alla ribalta una genera-zione di giovani - spesso sottovalutati - che hanno compiuto percorsi formativi all’estero, hanno fat-to stage a livello aziendale, conoscono le lingue e sono quindi pronti a confrontarsi con le sfide dei mercati emergenti ove esistono opportunità di guadagno. Per accompagnare il loro sforzo , il mi-nistero degli Esteri ha avviato da tempo numero-se azioni di formazione/valorizzazione di giovani italiani e stranieri, con tirocini, borse di studio e altre iniziative nel settore dell’internazionalizza-zione e della promozione del Sistema Paese. Oc-corre comunque investire di più nella formazione agganciando il mondo universitario con quello produttivo. La recente approvazione della riforma del sistema universitario va nella giusta direzio-ne per creare sinergie, liberare i nostri atenei dai “lacci e laccioli” della burocrazia e privilegiare i criteri meritocratico-qualitativi rispetto a una mentalità corporativa ancora prevalente».

Negli anni 70/80 esisteva ancora una categoria di export manager, sviluppatasi nel dopoguerra, ca-paci, dinamici e appassionati del loro lavoro, quin-di disposti anche a estenuanti permanenze all’este-ro; oggi è molto difficile per una pmi trovare un professionista dell’export che sappia coniugare ca-pacità, determinazione e spirito di sacrificio. Cosa proporre per un’inversione di tendenza che rilanci questa figura indispensabile alle pmi che vogliono internazionalizzarsi?

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Focus

SQUINZI: «È una delle figu-re attualmente più ricercate nel mercato. Rispetto ai no-stri tempi, i giovani di oggi hanno più familiarità con le lingue, in modo partico-lare con l’inglese, anche se ritengo che ci siano alcune lingue che non dovrebbero essere trascurate come fran-cese, tedesco e spagnolo. È una posizione professiona-le che sicuramente è assai migliorata rispetto a 30-40 anni fa. Nel nostro caso, la struttura della Mapei per la gestione delle attività estere è triplice. Ci sono dei diret-tori responsabili di area tra cui c’è chi ha la responsa-bilità dall’India alla Nuova Zelanda, compresa la Cina, chi gestisce soprattutto le attività del Nord America, e chi si occupa del resto del mondo avvalendosi a sua volta di dieci area manager che hanno la responsabilità di tre-quattro Paesi. Non ab-biamo mai avuto alcuna dif-ficoltà a trovare degli area manager. Mediamente basta la conoscenza di una lingua, l’inglese, e un’esperienza commerciale normale. Non è lì il vincolo. Il vincolo sta più nella mentali-tà dell’imprenditore che si sente “terrorizzato” all’idea di dover affrontare dei potenziali clienti che non parlano la sua lingua».

VATTANI: «È vero. Allora uscivamo da un periodo difficile, il dopoguerra. L’Italia doveva assoluta-mente risollevarsi. Si trovava ad affrontare Pa-esi come la Germania, la Francia, l’Inghilterra, senza avere i loro capitali, senza avere strutture produttive forti. Lo spirito con cui molti giovani affrontavano questi problemi rivelava una forte determinazione, una volontà a superare qualsiasi

ostacolo. E questo spiega quello che fu chiama-to a giusto titolo il miracolo economico. Oggi ci troviamo in una situazione diversa dove al be-nessere più diffuso corrisponde anche una scelta da parte dei giovani che vanno all’università non sempre orientata poi alla ricerca di un lavoro. Il sistema economico richiede molti più ingegneri, molti più fisici, molte più persone interessate ai problemi dell’energia, in particolare quella alter-nativa. Spesso, inoltre, i ragazzi usciti dall’uni-versità hanno una preparazione teorica. Per questo abbiamo potuto constatare quanto siano formativi i nostri corsi di commercio estero, che prevedono soprattutto il lavoro sul campo presso aziende in Italia e all’estero. L’85% dei ragazzi che li seguono nel giro di sei mesi trova un’oc-cupazione. E questo dimostra l’utilità di questi percorsi».

GIBELLI: «Per essere competitivi in un’economia fortemente globalizzata, la produzione deve es-sere sempre più rivolta ai mercati esteri. La ca-pacità di competere sui mercati internazionali è senza dubbio legata alle professionalità presen-ti all’interno dell’azienda. Tra queste, la figura centrale è quella dell’export manager, sempre più determinante nel commercio estero. Anche Regione Lombardia dedica particolare attenzio-ne a tale professione, incentivandone la presenza presso le aziende lombarde. In tal senso, attra-verso il progetto Spring 5, sono stati finanziati 100 progetti per l’internazionalizzazione delle pmi e delle imprese artigiane. Questa iniziativa prevede proprio l’affiancamento al personale aziendale di due figure specializzate, un tempo-rary export manager e uno stagista, per svilup-pare l’impresa verso il commercio estero».

FORTIS: «Non so se oggi c’è veramente una man-canza di export manager. Le imprese più aggres-sive sui mercati esteri hanno ottimo personale che si occupa di sviluppo dell’export. Piuttosto, è il ruolo dell’export manager che è cambiato. Negli anni 60 e 70 gli export manager, che molto spesso erano gli stessi proprietari delle aziende o comunque persone professionalmente nate all’interno dell’azienda familiare, viaggiavano in Paesi relativamente vicini. Se si vendevano

Quasi tutti i protagonisti di questo Focus sono concordi nell’affermare che oggi non è in crisi la figura dell’export manager. In realtà è molto cambiata rispetto a quella degli anni 70/80 perché sono profondamente mutati i tempi. Un mondo sempre più globa-lizzato, l’evoluzione delle attività produttive italiane, l’emergere di mercati prima scono-sciuti rendono sempre meno adeguati i profi-li dei “piazzisti” a favore di professionalità e competenze in linea con le nuove esigenze

Negli anni 70/80 esisteva ancora una categoria di export manager, sviluppatasi nel dopoguerra, capaci, dinamici e appassionati del loro lavoro, quindi disposti anche a estenuanti permanenze all’estero; oggi è molto difficile per una pmi trovare un professionista dell’export che sappia coniugare capacità, determinazione e spirito di sacrificio. Cosa proporre per un’inversione di tendenza che rilanci questa figura indi-spensabile alle pmi che vogliono internazionalizzarsi?

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FOCUS

pentole, ad esempio, bastava prendere contatto con tre o quattro catene di distribuzione in Fran-cia o in Germania per avere successo. Era suffi-ciente avere un buon prodotto, prendere i contatti giusti, ma non si doveva costruire una strategia complessa come quella che è oggi necessaria. Le nostre produzioni, infatti, sono cambiate (non più solo moda o arredo-casa, ma meccanica), e i prodotti e le tecnologie da vendere sono più complessi da promuovere in mercati difficili come, ad esempio, quello cinese. Non basta più, dunque, l’export manager tradizionale, che in fondo era un “piazzista”, per farsi conoscere in ambiti estremamente più complicati di quelli di una volta».

PERINI: «Essere export manager vuol dire non solo conoscere una lingua, ma almeno due, e avere la capacità di relazionarsi. Ma, soprattut-to, c’è un fattore rispetto agli anni 70/80 che è intervenuto in maniera drastica: la globalizza-zione che permette oggi di trovare una pluralità di offerte anche su Internet. Negli anni Settanta non c’era Internet. Qual è, allora, il fattore deter-minante per l’export manager? Il primo è la re-lazione personale. Il mondo d’oggi viaggia sulle relazioni personali. Chi ha con i propri clienti dei rapporti professionali e di stima, mette sul

tavolo questo valore. L’altro elemento è il fattore tempo. Non si può più dire: “Le ri-spondo domani”. Se non si risponde subito all’azienda che ha una certa esigenza, ci sono già dieci competitor che nel giro di un’ora stan-no creando una relazione che va a erodere la propria».

QUINTIERI: «Oggi i merca-ti che crescono sono an-che quelli più lontani, in quest’ottica la figura di un export manager, di un pre-sidio qualificato in loco, di-venta fondamentale. Per le imprese piccole tale figura può rappresentare spesso un onere gravoso. In tal senso potrebbe essere una solu-zione quella di presidiare un mercato estero attraverso un raggruppamento di imprese, dividendo così l’onere della risorsa manageriale dedica-ta in loco». n

Negli anni 70/80 esisteva ancora una categoria di export manager, sviluppatasi nel dopoguerra, capaci, dinamici e appassionati del loro lavoro, quindi disposti anche a estenuanti permanenze all’estero; oggi è molto difficile per una pmi trovare un professionista dell’export che sappia coniugare capacità, determinazione e spirito di sacrificio. Cosa proporre per un’inversione di tendenza che rilanci questa figura indi-spensabile alle pmi che vogliono internazionalizzarsi?

«Le reti sono la strada più veloce - dice Beniamino Quintieri - per integrare le com-petenze tra aziende. È importante ricordare che l’investimento all’estero non va pensa-to unicamente in termini di produzione, ma anche nella distribuzione, nel marketing, nella consulenza, insomma in azioni che in qualche modo incidano sul mercato locale»

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Fonte: SACE

Il recupero delle esportazioni nei Paesi avanzati e in Europa emergente sarà lento, con tassi di crescita del 7% e 8,4%, rispettivamente, nel biennio 2010-12. Nei mercati avanzati il ritor-no a livelli pre-crisi richiederà tempo, dovendo scontare il profondo calo della domanda. Etero-genea la performance in Europa, con la ripresa della produzione in Germania a dare impulso alle esportazioni italiane, in particolare di beni intermedi. Superiore alla media dell’area la cre-

scita delle esportazioni in Belgio, Francia e Sve-zia. La domanda dagli Stati Uniti ha beneficiato del deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro di fine 2009. Nell’Europa emergente, Turchia e Russia si confermano mercati strategici, con livelli medi di esportazioni che superano i 7 miliardi di euro. La Polonia, seppure con una dinamica inferiore rispetto agli anni precedenti (7,1% in media nel 2010-12), si conferma il primo mercato di destinazione nell’area.

Brasile e Turchia mercati strategici per il prossimo biennio

N elle previsioni di sace il brasile si conferma il paese esportatore più dinamico sia dell’america latina sia globalmente. la tur-chia ha analoga leadership nel medio oriente, mentre la tunisia, disordini permettendo, dovrebbe guidare la regione del nord africa. nessuno stupore per il fatto che il continente asiatico veda quale principale esportatore la cina. così come in europa la forza trai-nante della germania conferma il suo ruolo centrale tra le nazioni del vecchio continente. la nigeria, infine, è il principale esportatore d e ll ’ a f r ic a c e n t r a le .

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14,2% è l a percen-tuale

dell’export italiano nell’america latina previsto in media nel 2 0 10 -2 0 12 , con punte del 16 ,9 % in brasile, una delle principali mete della nostra internazionalizzazione sia ad esso ch e in fu tu ro .

7 m i l i a r d i d i e u r o s o n o i l i v e l l i m e d i

d i e s p o r t a z i o n e d i t u r c h i a e r u s s i a ,

quali sonoi trend dell’export?

quali i paesi in cui è meglio investire?

quali settori del made in italy hanno maggiore penetrazione

al di fuori dei nostri confini?alcune cifre e qualche dato

per orientarsi

mercatiglobali

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Una mappa delle quote export dell’Italia nel periodo 2010-2012

in america latina, la crescita com-plessiva delle esportazioni italiane segnerà un + 14 % medio annuo nel periodo 2 0 10 -2 0 12 , trainata da brasile (+ 16 ,9 % ) e cile (+ 11,1% ). in asia l’incremento sarà del 10 % , con cina e india in pole position (rispettivamente + 13 ,1% e + 12 % ), e indonesia (+ 12 ,6 % ) e malesia (+ 12 ,3 % ). turchia e russia si con-fermano i mercati di punta dell’eu-ropa emergente, con una crescita nel triennio, rispettivamente, del 15 ,8 % e dell’8 ,2 % . si prospetta un ruolo crescente per la polonia (+ 7 ,1% ) e la repubblica ceca (+ 8 ,3 % ).

Fonte: SACE

8,3% è la per-centuale del tasso

di crescita dell’export italiano nei confronti della germania. insieme al mercato degli stati uniti, che dovreb-be increme ntarsi fino a raggiungere un + 7 ,7 % , quello tedesco è da sem-pre uno dei principali sbocchi delle n o s t r e i m p r e s e .

Le previsioni dell’export italiano sembrano lasciare alle spalle la crisi degli anni prece-denti. Dopo il calo del 20,9% registrato nel 2009, infatti, l’export italiano di beni torna a crescere a un tasso annuo medio dell’8,4% nel periodo 2010-2012, con un picco del 10,3% nel 2010 e un tasso medio del 7,4% nel prossimo biennio (+8,1% nel 2011 e +6,7% nel 2012). Il pieno recupero rispet-to ai valori pre-crisi è tuttavia atteso solo nel 2013, quando le nostre esportazioni raggiun-geranno il valore di 395 miliardi di euro. Sono i Paesi emergenti con sistemi economici più

avanzati, basi industriali consistenti e clas-si medie in crescita a trainare la ripresa del nostro export. Paesi come l’America Latina, dove la crescita complessiva delle esportazio-ni italiane dovrebbe segnare un +14% me-dio annuo; come l’Asia, con un incremento del 10%; come la Turchia e la Russia, con una crescita nel triennio 2010-2012 rispet-tivamente del 15,8% e dell’8,2%. Ma anche zone quali l’Africa Sub-sahariana registreran-no delle buone performance del nostro export soprattutto in Nigeria (+10%) e Sudafrica (+8,9%).

395miliardi di eu-ro è il valore che le nostre

esportazioni dovrebbero raggiungere complessivamente nel 2 0 1 3 .

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Beni intermedi e di investimento guideranno la crescita delle esportazioni italiane. I primi, grazie alla loro natura anticipatrice, hanno reagito ai segnali di ripresa del ciclo indu-striale. In media, nel periodo 2010-2012 l’export di beni intermedi registra un incre-mento significativo (11,3%), superiore a quello dei beni (8,3%), grazie soprattutto alla performance dell’estrattivo (13,9%) e della chimica-farmaceutica (12,3%). Per i beni di investimento la domanda globale di beni raggiungerà invece il suo massimo nel biennio 2012-13, con il completo recupero del ciclo degli investimenti negli avanzati. Le esportazioni italiane in tale comparto re-gistreranno un incremento medio dell’8,7% nel 2010-12, trend in linea con le previsioni dello scorso anno. La ripresa offre prospetti-ve favorevoli per apparecchiature elettriche e meccanica strumentale, che supererà i livelli pre-crisi a partire dal 2012.

Esportazioni italiane in crescita, alcuni settori a regime dal 2012

190.000 sono le aziende italiane che esportano, di queste circa il 90%

non fattura più di 100.000 euro l’anno all’estero, con un raggio di esportazione di circa 3.000 km.

18% è la percen-tuale delle imprese che

hanno lavorato con i mercati esteri tramite la rete delle camere di commercio e hanno abbandonato i mercati, il 40% sta sviluppando la presenza e il 42% è impegnata in percorsi di consolidamento.

la meccanica strumentale si con-ferma uno dei pilastri dell’export made in italy. l’italia, infatti, rappresenta uno dei grandi pla-yer nell’esportazione di macchi-nari, con una quota di mercato del 9 % che riguarda, oltre che partner consolidati come francia, germania e cina, anche i nuovi mercati di russia, polonia e turchia. secondo prometeia, nell’ambito di una crescita media del settore pari al 7 % nel 2 0 11, i comparti dei macchinari utensili e quelli per l’industria alimen-tare registreranno i risultati migliori (rispettivamente + 6 % nel 2 0 10 e + 7 % nel 2 0 11; e + 4 ,6 % nel 2 0 10 e + 4 ,5 % n e l 2 0 1 1 ) .

Fonte: SACE

AÊ menoÊ diÊ quattroÊ mesiÊ dalÊ debuttoÊ dellÕ edizioneÊitalianaÊ diÊ SPS/IPC/DRIVESÊ -Ê cheÊ siÊ terrˆ Ê allaFieraÊ diÊ ParmaÊ dalÊ 24Ê alÊ 26Ê maggioÊ 2011Ê -Ê ilÊ lavo-roÊ svoltoÊ inÊ sinergiaÊ eÊ conÊ grandeÊ entusiasmoÊ daÊorganizzatoriÊ edÊ espositoriÊ haÊ prodottoÊ risultatiÊeccezionali.Ê ConÊ 28.000Ê metriÊ quadriÊ lordiÊ oc-cupati e 200 aziende che fino ad ora hanno già aderitoÊ allÕ iniziativa,Ê SPS/IPC/DRIVESÊ ITALIAÊ siÊ • Êqualificata a pieno titolo come l’appuntamento di riferimentoÊ perÊ ilÊ mercatoÊ italianoÊ dellÕ automazio-neÊ industriale.PerÊ gliÊ interlocutoriÊ coinvoltiÊ • Ê giuntoÊ ilÊ momentoÊdiÊ fareÊ ilÊ puntoÊ dellaÊ situazione,Ê analizzandoÊ tuttoÊquantoÊ • Ê giˆ Ê statoÊ realizzatoÊ perÊ dareÊ inizioÊ aÊ unaÊnuovaÊ faseÊ diÊ lavoroÊ comuneÊ cheÊ puntiÊ aÊ dareÊlaÊ massimaÊ visibilitˆ Ê aÊ questoÊ importanteÊ even-toa.Ê InÊ questaÊ prospettivaÊ • Ê statoÊ pubblicato,Ê sulÊsitoÊ www.sps-italia.net,Ê unÊ documentoÊ dalÊ titoloÊsignificativo “Lavoriamo insieme”, che ricorda come questa fiera si prospetti un grande succes-soÊ proprioÊ grazieÊ allÕ impegnoÊ diÊ organizzatoriÊ eÊaziendeÊ espositrici.Ê UnÕ ampiaÊ sezioneÊ • Ê inoltreÊdedicataÊ alleÊ modalitˆ Ê diÊ partecipazioneÊ allaÊ par-teÊ convegnisticaÊ dellÕ evento.ÊÇ AbbiamoÊ adottatoÊ laÊ formulaÊ FieraÊ &Ê CongressoÊperÊ offrireÊ alÊ visitatoreÊ unÊ nuovoÊ modoÊ diÊ conce-pire e vivere questo tipo di evento: la fiera è a tuttiÊ gliÊ effettiÊ unÕ occasioneÊ diÊ lavoroÊ congiuntoÊdiÊ aziende,Ê tecniciÊ eÊ operatoriÊ perÊ trovareÊ insie-meÊ soluzioniÊ applicativeÊ concreteÊ adatteÊ aÊ tutteÊleÊ esigenze.Ê LÕ incontroÊ traÊ iÊ principaliÊ interlocutoriÊdelÊ settoreÊ permetteÊ unÊ confrontoÊ direttoÊ eÊ unoÊscambioÊ diÊ competenzeÊ preziosiÊ perÊ sviluppareÊnuoveÊ sinergieÊ eÊ opportunitˆ Ê diÊ businessÈ Ê affer-maÊ DonaldÊ Wich,Ê AmministratoreÊ DelegatoÊ diÊMesseÊ FrankfurtÊ Italia.Ê

SPS/IPC/DRIVES Italia: tecnologia e formazione si incontrano a ParmaPer la prima volta in Italia la fiera che da vent’anni costituisce un punto di riferimento per i produttori e i forni-tori di automazione industriale nel mercato tedesco

SPS/IPC/DRIVESÊI TALIAÊviÊ aspettaÊ aÊ ParmaÊ dalÊ 24Ê alÊ 26Ê maggioÊ 2011.

RegistrateviÊ sulÊ sitoÊ www.sps-italia.netÊ perÊ velocizzareÊ lÕ in-gressoÊ gratuitoÊ allaÊ manifestazione.

DonaldÊW ich,ÊAmmi -nistratoreÊDe legatoÊdi ÊMesseÊF rankfurtÊI talia

Una veduta del quartiere fieristico di Parma, dove si svolgerà SPS/IPC/DRIVES Italia

Ç SPS/IPC/DRIVESÊ ITALIAÊ offreÊ inoltreÊ unÊ riccoÊprogrammaÊ diÊ convegniÊ eÊ seminari,Ê unÕ areaÊ diÊdibattitoÊ eÊ formazioneÊ inÊ cuiÊ gliÊ espertiÊ delÊ mon-doÊ industrialeÊ proporrannoÊ nonÊ soloÊ iÊ loroÊ pro-dottiÊ maÊ vereÊ eÊ proprieÊ soluzioniÊ tecnologicame-te avanzate” aggiunge Wich. “Abbiamo deciso di coinvolgere nel Comitato scientifico gli utenti finali di automazione industriale e le università, proprioÊ perchŽ Ê laÊ convegnisticaÊ siaÊ aÊ supportoÊdellaÊ parteÊ espositiva.Ê IlÊ contributoÊ deiÊ relatoriÊappartenentiÊ alÊ mondoÊ accademicoÊ sarˆ Ê adÊ altoÊcontenuto scientifico e orientato ad applicazio-niÊ industrialiÊ concrete.Ê LeÊ tematicheÊ selezionateÊdal Comitato scientifico vanno dalla misurazione e miglioramento dell’efficienza produttiva alla safetyÊ andÊ securityÊ nellÕ automazione,Ê dallÕ identi-ficazione industriale e tracciabilità al motion con-trolÊ eÊ allÕ industrialÊ communicationÈ .Ê

informazioneÊp ubblicitaria

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In un orizzonte di medio termine l’area asia-tica e il bacino dell’America Latina condivi-dono alcuni elementi importanti per l’export made in Italy. In Asia il ritmo dell’attività industriale cinese è il principale traino per settori collegati direttamente (materie prime, prodotti lavorati, energia) e indiret-tamente (meccanica strumentale, servizi) nei Paesi dell’area. La ripresa dell’America Latina è più etero-genea e legata a Paesi trainanti (Brasile, Colombia e Cile), mentre nelle economie legate al ciclo economico statunitense (Messico) e con strutture meno diversi-

ficate, la ripresa sarà più lenta. In ogni caso, lo sviluppo di una classe media avrà un impatto positivo sul livello dei consumi privati (ad esempio la Cina, in cui la clas-se media equivale al 12% della popolazio-ne, consuma solo il 3% dei beni di con-sumo mondiali) mentre la realizzazione di investimenti pubblici strategici renderà più appetibili alcuni mercati asiatici e su-damericani. Si conferma il crescente ruolo a livello globale di economie consolidate come Cina, India e Brasile, ma anche di mercati nuovi come Indonesia, Vietnam, Colombia e Perù.

Dalla nuova classe media di Asia e Sudamerica l’impulso futuro per l’export made in Italy

6,8%è la cresci-ta del pil registrata

nel 2 0 0 9 dall’asia emergente, in un contesto globale che continuava ancora a tardare nel venir fuori dalla crisi finanziaria iniziata l’anno prima. uno dei primi segnali positi-vi del progressivo miglioramento dell’attività economica mondiale.

31miliardi di euro è l’am-montare dei flussi netti di investimenti diretti

all’estero ( ide) dell’italia nel 2 0 0 9 , un livello più alto di quel-lo dell’anno precedente. un dato in controtendenza rispetto a quello globale, che ha visto una riduzione degli ide pari al 4 3 % , cioè a 7 9 0 m i l i a r d i d i e u r o .

Fonte: SACE

A sia emergente e america latina han-no dimostrato una notevole resisten-za alla crisi internazionale, grazie anche alla reazione dei governi che si è dimostrata in alcuni casi par-ticolarmente rapida con l’adozione di piani di investimenti pubblici (ad esempio in cina e india, ma anche in paesi minori quali perù e indonesia). altri governi, come il brasile, sono intervenuti con politiche di stimolo ai consumi privati. il continente asiatico e l’america latina sono accomunati anche dalla crescita di una classe media che sempre di più inciderà in futuro nello spostare il baricentro delle quote export mon-d i a l i .

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La volatilità dei tassi di cambio e il suo impatto sulla crescita delle esportazioni negli anni venturi

I nostri settori più legati all’anda-mento delle commodity beneficereb-bero maggiormente dell’impatto del cambio sul costo delle materie prime. i settori più colpiti nello “ scenario euro” sarebbero: alimentari, per i beni agricoli; tessile e abbigliamen-to, per i beni di consumo; metalli e meccanica strumentale, per quelli intermedi e di investimento. i tassi di crescita delle esportazioni rimar-rebbero comunque superiori o pari al 6 % per la chimica, i prodotti in gomma e plastica e gli apparecchi e l e t t r i c i .

Fonte: SACE

7°è il posto che l’italia oc-cupa nella classifica degli esportatori mondiali di

merci. il dato si riferisce al 2 0 0 9 e in valore assoluto è pari a 4 0 5 miliardi di dollari. ai primi posti ci sono cina e germania, seguite da stati uniti, giappone, paesi bassi e francia.

12,5% è la crescita del commercio internazionale

registrata nel 2 0 10 , molto più ele-vata della dinamica del pil mondiale, che è stata pari al 4 ,4 % .

Uno scenario di apprezzamento dell’euro non è da escludere, seppure ab-bia una probabilità molto più bassa rispetto allo scenario base. La volati-lità dei tassi di cambio è comunque una variabile di cui tener conto. Si può ipotizzare quindi uno scenario alternativo (scenario euro) con un apprezzamento nominale della nostra valuta del 10% nel 2011, pari a 1,43 sul dollaro, e un cambio relativamente stabile l’anno suc-cessivo (1,41). L’impatto sull’export italiano di beni, in valore, sarebbe significativo, con una riduzione della crescita prevista per il biennio 2011-2012 superiore ai due punti percentuali (da +7,4% a +5,1%). Le ripercussioni negative di un euro più forte riguarderebbero soprat-tutto l’export di beni di lusso. L’apprezzamento produrrebbe infatti una riduzione del 40% circa del tasso di crescita medio nel biennio 2011-2012 delle nostre vendite all’estero di questi beni (dal 4,9% al 3%). Le flessioni nella dinamica dell’export sarebbero nell’ordine del 30% per tutti gli altri raggruppamenti, con quello degli intermedi che registrerebbe il calo relativo minore (dal 9,2% al 6,6%).

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E IGiovanni Boncagni, direttore del Dipartimento Formazione e Studi

dell’Istituto per il commercio estero (Ice), descrive la mission dell’export

manager e ciò che mette in campo l’istituto per preparare questa figura

così importante per le aziende che vogliono internazionalizzare

d i D a r i o Va s c e l l a r o

L’export manager è una figura importante in un’azienda che vuole esportare all’estero. È il fulcro su cui ruota tutta la struttura export,

è qualcuno che vive intensamente il processo di internazionalizzazione dell’azienda, è l’interfaccia tra l’azienda e il mercato. È indubbiamente un’atti-vità affascinante e nello stesso tempo estremamen-te impegnativa, che può essere svolta solo dopo aver affrontato un adeguato processo formativo. L’Ice organizza da molti anni corsi post-laurea finalizzati alla formazione di esperti di gestione e sviluppo dei processi di internazionalizzazione delle imprese. La formazione, infatti, rappresenta da sempre una delle funzioni fondamentali assolte dall’Istituto a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema Italia. Alla realizzazione dell’offerta formativa concorre l’intera struttura organizzativa dell’Istituto: la rete degli uffici all’estero e in Italia e la sede centrale con il Dipartimento Formazione e Studi, di cui è direttore Giovanni Boncagni, al quale abbiamo rivolto alcune domande.Qual è la mission dell’export manager e quali le caratteristiche maggiormente richieste dalle aziende?

formazione

export manager: l a m a rc i a

i n p i ù p e r L’Impresa

Formazione il nostro. Si tratta di una scelta obbligata, visti i limiti strutturali di crescita già palesati dal mer-cato interno italiano fin dagli inizi degli anni 90 e accentuatisi nel corso del decennio scorso. La crisi del 2008-2009 ha acuito questo problema e la prospettiva di ritorno della domanda interna ai comunque non elevati livelli pre-crisi non forni-sce quindi adeguate opportunità di sviluppo a un numero crescente di aziende. La domanda strut-turalmente “plafonata” e le dimensioni limitate del mercato italiano in un’ottica globale rendono non più praticabile la tradizionale strategia, attua-ta dalla maggioranza delle nostre aziende nei de-cenni scorsi, di privilegiare il mercato interno in periodi di espansione e riorientarsi verso i mercati esteri in periodi di congiuntura nazionale negativa. Va sottolineato che, nell’ambito di tale strategia di “subalternità” dei mercati esteri rispetto al merca-to nazionale, l’export manager era sì una figura di crescente importanza, ma non così prioritaria come nel contesto attuale della globalizzazione dei mercati. In sostanza, il riorientamento perma-

Secondo Giovanni Boncagni, direttore del Dipartimento Formazione e Studi dell’Ice, le limitate risorse a disposizione delle pmi non consentono l’organizzazione di un ufficio estero strutturato e complesso come quello delle grandi aziende rendendo pertanto necessario affidarsi a una figura professionale che racchiude in sé tutte le competenze necessarie a gestire e presidiare un processo di internazionalizzazione

«Per comprendere appieno il ruolo crescente dell’export manager dobbiamo considerare pre-ventivamente due fattori di contesto generale concomitanti. In primo luogo, le aziende italiane stanno orientando sempre più la loro attività verso i mercati internazionali sia avanzati, sia soprat-tutto emergenti nei quali le opportunità di inseri-mento e di sviluppo sono decisamente maggiori, in particolare dopo la crisi del 2008-2009, che ha colpito prevalentemente i Paesi industriali come

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Sempre di più, so-prattutto dopo la crisi del 2008-2009, le aziende italiane sono orientate verso i mercati interna-zionali emergenti, diventati uno sbocco naturale più appeti-bile rispetto ai Paesi industrializzati

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FORMAZIONE

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formazione

nente e strutturato verso i mercati esteri è una via senza ritorno per lo sviluppo delle aziende. In se-condo luogo, se questa è la realtà attuale, si tratta di operare in un mercato globale caratterizzato da una competizione crescente proveniente sia da-gli altri Paesi industriali, sia soprattutto dai Paesi emergenti, quali, ad esempio, Cina e Turchia, che adottano modelli di specializzazione produttiva analoghi al nostro e quindi basati prevalentemente sui settori tradizionali, Di conseguenza, le nostre aziende devono attrezzarsi per essere realmente competitive non solo a livello di qualità e di in-novazione dei processi e dei prodotti, ma anche in termini di risorse umane specializzate. In tale contesto, la figura dell’export manager riveste un ruolo centrale poiché consente un approccio stra-tegico e articolato ai mercati internazionali. Si può anzi dire che lo stesso termine export manager è riduttivo della funzione che oggi gli viene richiesta in quanto troppo legato all’approccio commercia-le/esportativo, in un’epoca in cui l’internazionaliz-zazione ha un significato decisamente più ampio, comprendendo tutte le strategie di inserimento all’estero, dalle esportazioni agli investimenti di-retti. I nostri corsi di formazione sono ad esempio basati su tale accezione più ampia e la figura viene definita esperto per l’internazionalizzazione. La sua mission è di formulare strategie multimercato in base alle caratteristiche delle aziende e dei con-correnti esteri, caratterizzate preferibilmente da un approccio progressivo - soprattutto in considera-zione delle piccole dimensioni della maggior parte delle imprese italiane - e un respiro pluriennale. Più specificamente, le aziende richiedono una fi-gura altamente specializzata che coniughi un’ap-profondita conoscenza dei mercati esteri, delle strategie di marketing internazionale, dei canali distributivi, dell’economia aziendale e ovviamente delle lingue».Qual è il grado di diffusione di questa figura professionale all’interno dei sistemi organizza-tivi delle pmi italiane?«La diffusione dei manager per l’internazionaliz-zazione è in costante aumento, in base a un proces-so di lungo periodo avviato già negli anni 80/90, che riflette la crescita del numero di pmi operanti nei mercati internazionali. Da un punto di vista generale, è importante considerare che l’attività estera può dare un contributo decisivo al progres-sivo ampliamento dimensionale delle pmi e quindi all’ulteriore grado di diffusione di tale figura pro-fessionale, essendovi spesso un nesso diretto tra dimensioni e necessità di rafforzare la struttura aziendale dedicata all’internazionalizzazione».

Qual è il grado di preparazione di base fornito dalle università italiane per quanto riguarda questa professione?«Indubbiamente la preparazione di base delle università è migliorata negli ultimi anni. In par-ticolare, l’ampliamento dei programmi relativi all’economia e al marketing internazionale crea condizioni di partenza più favorevoli per una spe-cializzazione post laurea. Ad esempio, nelle sele-zioni per l’accesso ai nostri corsi, ad esempio il Master per l’internazionalizzazione Corce (Corso di specializzazione in commercio estero), abbia-mo rilevato un continuo innalzamento del livello di preparazione di base».Sono state realizzate iniziative per favorire il processo di scambio e la comunicazione fra le imprese e i giovani neolaureati al fine di qua-lificare le competenze aziendali in materia di marketing internazionale (penso, ad esempio, al progetto “Temporary Export Manager”)?«In generale, si è da tempo consolidato un format di Master e corsi in commercio estero e marketing internazionale che prevede fasi di aula seguite da stage presso le aziende, per avviare il contatto tra giovani e imprese. Il progetto “Temporary Export Manager” organizzato dall’Università di Bologna in collaborazione con la Camera di commercio di Rimini è un esempio recente. Vorrei evidenziare che l’Ice è stato uno dei “pionieri” di tale impo-stazione, visto che i nostri corsi da sempre preve-dono la fase di stage aziendale e quindi una fon-damentale attività di placement, nel comune inte-resse delle imprese cui vengono proposte risorse umane adeguatamente formate e dei giovani cui viene data la possibilità di uno sbocco professio-nale. I risultati sono molto positivi se si pensa che,

ad esempio, il Corce, giunto alla 44a edizione, ha un livello di placement costantemente pari o supe-riore all’80%, ciò che ci ha consentito di ottenere la certificazione dell’Associazione italiana per la formazione manageriale, riservata appunto ai Ma-ster che ottengono tale risultato. Recentemente, per agevolare ulteriormente questo collegamento tra imprese e giovani, abbiamo fatto un passo in più, organizzando sia corsi con la partecipazione di entrambi, sia corsi dedicati a formare esperti di internazionalizzazione relativi a settori specifici».Qual è il livello medio di preparazione degli esperti italiani in internazionalizzazione d’im-presa rispetto ai competitor esteri?«Il continuo miglioramento e ampliamento dell’offerta formativa complessiva in economia, commercio e marketing internazionale nel nostro Paese, dai programmi universitari più completi per la preparazione di base ai Master specializza-ti, consente un costante innalzamento del livello medio di preparazione degli esperti italiani di in-ternazionalizzazione, che non ha nulla da invidia-re a quello degli esperti degli altri maggiori Paesi avanzati. I giovani che intendono diventare esperti di internazionalizzazione trovano quindi in Italia adeguate opportunità di elevata specializzazione senza dover cercare corsi all’estero».L’Ice si distingue nell’ambito dell’offerta for-mativa post-universitaria . Ce ne può parlare?«Vorrei premettere che l’Ice ha una lunga tradi-zione di formazione all’internazionalizzazione mediante articolati programmi annuali dedicati sia ai neolaureati, sia alle imprese nonché a stu-denti, manager, funzionari pubblici stranieri di Paesi a elevato potenziale di interscambio e col-laborazione economica con l’Italia. In particolare,

nell’ambito della formazione postuniversitaria, il corso più importante e noto è il Master per l’in-ternazionalizzazione Corce, che ho citato in pre-cedenza e che viene organizzato dal 1963. La struttura del corso prevede cinque mesi di aula, due mesi di stage presso aziende in Italia e due mesi di stage presso aziende o Uffici Ice all’este-ro. Questo modello viene replicato nei corsi svolti a livello territoriale in varie città italiane in pros-simità dei sistemi locali d’impresa e nel Corso “Lingue Orientali”, organizzato in collaborazione con la Venice International University e riservato a giovani laureati con conoscenza di una lingua orientale oltre che dell’inglese. Il corso “Lingue Orientali” ha un tasso di placement analogo, se non superiore a quello del Corce. Altri corsi spe-cialistici postuniversitari, introdotti di recente, sono IdeaCina giunto alla terza edizione con otti-mi risultati e finalizzato a formare giovani esperti nella tutela della proprietà intellettuale con focus sulla Cina, i corsi congiunti giovani imprese - dopo il Moleasy in Molise nel 2010, a febbraio inizia il Linkab in Abruzzo - e i corsi dedicati alla formazione di esperti di internazionalizzazione in settori specifici. Ad esempio, in febbraio partirà l’edizione 2010-2011 del Corso di specializzazio-ne “Esperti di internazionalizzazione delle impre-se florovivaistiche”, basato anch’esso sul modello del Corce. In media, ogni anno con i nostri corsi formiamo circa 100 giovani e fidelizziamo cir-ca 300 aziende, che, tenuto conto delle risorse a disposizione, va considerato un buon risultato. I nostri obiettivi primari sono di incrementare pro-gressivamente questi numeri e innalzare costante-mente la qualità, l’aggiornamento e quindi l’evo-luzione della nostra offerta formativa. In presenza di risorse pubbliche in diminuzione, tali obiettivi possono essere conseguiti solo intensificando e ampliando le nostre numerose collaborazioni con le principali Università, Business School italia-ne, a livello nazionale e regionale. Da un punto di vista più generale, l’incremento delle nostre collaborazioni dovrebbe inserirsi in un processo più ampio a livello nazionale. Infatti, in un’epoca in cui si è definitivamente preso coscienza della necessità di creare più e migliori risorse umane nuove e di valorizzare quelle già in azienda ai fini dell’internazionalizzazione, la creazione, laddo-ve possibile, di offerte integrate e di rapporti di complementarità tra i corsi in materia organizzati dai diversi soggetti pubblici e privati e non di du-plicazioni e sovrapposizioni, rientra nel comune interesse della competitività del Sistema Paese nel suo complesso». n

Nel contesto competitivo del mondo attuale la formazione di profili specializzati, capaci di operare nei mercati globali, è diventata imprescindibile per chi voglia intraprende-re la professione dell’export manager

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Co.Export brasil ltda.Rua Cubatão, 436 - Sala 31 - CEP:04013-001 - Vila Mariana,Brasil - São Paulo – SPhone: +55 11 2861 [email protected]://www.coexport.com.br

❚ informazioni generaliCon i suoi 190 milioni di abitanti, un export di 175 miliardi di dollari e un import di 152 miliardi, un Pil cresciuto del 3,2% nel 2010 e previsto al +4,5% nel 2011, il Brasile è una delle economie più dinamiche del mondo, pur conservando grossi squilibri al suo interno. Il Paese latinoamericano è il primo esportatore di etanolo, il primo produt-tore di aerei regionali a corto raggio, il secondo mercato per aerei privati ed elicotteri, il secondo produttore di scarpe e il terzo produttore di aerei commerciali, nonché il sesto mercato di cosmetici, il settimo mercato consumatore, il settimo produt-tore di autovetture, l’ottava riserva di petrolio e la nona economia (la prima in America Latina).

❚ Perché convieneIl Brasile è da sempre il principale partner com-merciale dell’Italia nell’area latino americana (nel 2009 l’import dall’Italia è aumentato del 30%). Con una popolazione di oltre 190 milioni di cui circa 30 milioni di persone con reddito equiparabi-le a quello europeo, il mercato brasiliano presenta forti propensioni al consumo e alla ricerca di pro-dotti nella fascia alta del mercato, dove il design è un elemento importante.In Brasile c’è poco spazio per chi voglia vender-vi prodotti finiti: il regime protezionistico impo-sto dal Governo Lula per aumentare la capacità produttiva del Paese, infatti, ha introdotto pesanti dazi. Conviene, dunque, costituire delle joint ven-ture con aziende locali (che introducono nel Paese tecnologia, ma anche un valore immateriale come la cultura manageriale) per produrre in Brasile e poi vendere nel continente latinoamericano e nel Nord America, senza essere sottoposti a dazi.

❚ A chi convieneIl Brasile conviene alle aziende legate ai seguen-ti settori: automotive, aerei, macchine per la pro-duzione delle scarpe, arredamento. Gli enormi investimenti previsti per i due eventi che si svol-geranno in Brasile: le Olimpiadi e i Campionati mondiali di calcio, creeranno grandi opportunità per le aziende legate all’edilizia e all’arredamento sportivo e civile. In questi settori si apriranno spazi anche per l’importazione di prodotti finiti: in così breve tempo, infatti, le industrie brasiliane non ri-usciranno a produrre tutto ciò che servirà per i due

eventi e si dovranno aprire le maglie protezionisti-che per lasciare entrare prodotti dall’estero.Anche se logica vorrebbe che in un Paese di quelle dimensioni ci andassero solo aziende medio-gran-di, non mancano casi di piccole aziende italiane, ben strutturate, che hanno realizzato joint venture di successo in Brasile.

❚ la presenza della cdoNata dalla presenza di Avsi, la Cdo Brasile è di conseguenza incentrata prevalentemente sulle opere non profit. Conta un centinaio di soci in di-verse città e una forte relazione con il movimento “Senza Terra”, un grande movimento sociale che conta centomila persone e ha parecchi nessi con imprenditori, università e servizi vari a sostegno del movimento.A San Paolo gli associati Cdo potranno usufruire dei servizi della sede brasiliana di Cdo e di quella di Co.Export. Il Brasile, infine, sarà Paese ospite di Matching 2011.

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bussolabulgaria❚ informazioni generaliLa situazione economica attuale in Bulgaria è do-vuta in gran parte alla crisi economica negli Stati Uniti e nell’Europa, che ha portato al calo degli or-dini nel settore industriale, che a sua volta ha porta-to a problemi finanziari e a licenziamenti nella fine del 2008 (specialmente nel settore tessile). Il settore edile, che negli ultimi anni è stato caratterizzato da una crescita continua, ora sta riscontrando parecchi problemi, dovuti alla mancanza di investimenti, ai pagamenti arretrati e alla politica cauta degli istituti finanziari nel rilasciare crediti. Tutti e due i settori stanno dimostrando una netta tendenza ad abbassare i prezzi, che per il settore edile, si spera, non do-vrebbe persistere a lungo. Il quadro di bilancio per il 2011-13 (periodo nel quale il Governo intende mantenere le principali aliquote d’imposta ai livelli attuali) prospetta una ripresa abbastanza veloce della crescita economica. La previsione presuppone una crescita del 3,6% nel 2011, del 4,7% nel 2012 e del 4,9% nel 2013. Il Governo si aspetta che la domanda delle esportazio-ni guidi l’espansione dell’economia in questi anni, e prevede che i flussi di investimenti diretti esteri (Ide) rimarranno a livelli di circa 2,6 miliardi di euro l’anno. Tuttavia, anche in assenza di una grande ri-presa degli investimenti diretti esteri, le prospettive di crescita del Governo sembrano ottimistiche.

❚ Perché convieneOperando in Bulgaria vi sono diversi vantaggi com-petitivi:l 10% di imposta sul reddito, la più bassa nell’Ue;l 0% di imposta sugli utili per investimenti in più

di 142 comuni bulgari con elevato tasso di disoc-cupazione;

l 10% di imposta sui redditi delle persone fisiche;l il più basso salario minimo nell’Ue - 125 euro;l il più basso salario medio nell’Ue - 350 euro;A fronte di questi innegabili vantaggi, però, gli ope-ratori italiani che vanno in Bulgaria devono osserva-re almeno questi tre “comandamenti”:l maggiore attenzione e disponibilità a prendere

atto delle cose che suggeriscono i consulenti seri in Bulgaria (gli italiani spesso vogliono operare come sono abituati a fare in Italia);

l maggiore flessibilità;l pazienza.

❚ A chi convieneNon vi sono caratteristiche speciali che una società deve avere per approcciare il mercato bulgaro. Bi-sogna capire cosa vorrebbe fare un’azienda italiana in Bulgaria: vendere i prodotti, investire e delocaliz-zare delle attività, comprare prodotti bulgari? Vista la crisi, però, l’attività più interessante è la deloca-lizzazione, considerando i vantaggi sopra riportati e tenendo presente l’opportunità di coprire tutta l’area balcanica più la Russia (ma ciò dipende dalla tipo-logia dei prodotti e da una serie di altre variabili).

❚ la presenza della cdoLa presenza a Sofia di una sede della Compagnia delle Opere ha permesso di creare diversi nessi con realtà imprenditoriali (Ccie, Ice, Comitato consulti-vo degli imprenditori italiani in Bulgaria) con le qua-li, tra l’altro, sono state organizzate la presentazione e la promozione del Matching. Da una decina d’anni opera in Bulgaria anche un ufficio di Co.Export che, oltre all’attività principale di internazionalizzazione delle imprese italiane, ha realizzato diversi progetti, tra i quali il progetto Training per tecnici di assisten-za e intermediari commerciali finanziato dal Gover-no italiano, con partner da parte bulgara la Fiera in-ternazionale di Plovdiv e l’Associazione industriale di Pazardzhik; il progetto “4” - Training for trade fra Co.Export, Comune di Sofia e Agenzia per le pmi. La società è conosciuta, bene introdotta e collabora, avendo ottimi rapporti, con le istituzioni, i ministeri e la PA in generale. Dal 2008 la Co.Export-Bulgaria srl è diventata ufficialmente Lombardia point. n

Cdo bulgaria 74, Kniaz Boris I Str. 1000 Sofia, BulgariaPhone: + 359 888 505750E-mail: [email protected]

Co.Export bulgaria srl Kniaz Boris I Str., 97, 1301, SofiaTel + 359 [email protected]

❘ ❘ Principali indicatori economici ❘ ❘Dati medi per il 2010, rispetto al 2009.

Reddito Procapite: 3000 - 4000 euro/anno (lordi)Tasso di inflazione: 4,5%Tasso disoccupazione: 10%Tasso di variazione del PIL: 1,2%Previsione di crescita PIL per il 2011: 3,6%Totale import: 19115 milioni di euroTotale export: 15554 milioni di euroSaldo Bilancia Commerciale: - 3561 milioni di euroTotale import da Italia: 1262 milioni di euro (5,2%)Totale export verso Italia: 1395 milioni di euro (38,2%)Saldo interscambio con l’Italia: 133 milioni di euroInvestimenti esteri: 2 miliardi di euro (i dati sono estimati)

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cile bussola❚ informazioni generaliL’economia cilena è riconosciuta internazionalmen-te come una delle più solide del subcontinente lati-noamericano. Dopo anni di isolamento il Cile è un mercato aperto al mondo con un’economia basata sull’esportazione sia di prodotti finiti sia di materie prime. Secondo l’ultimo rapporto della Banca centrale ci-lena, l’indice mensile dell’attività economica (Ima-cec) è aumentato del 5,7% nel mese di dicembre 2010, rispetto allo stesso mese del 2009. La serie de-stagionalizzata non ha presentato variazioni rispetto al mese precedente, mentre la componente di trend/ciclica ha registrato un incremento annuo del 5%. A questo risultato hanno contribuito principalmente il dinamismo mostrato dal settore del commercio, sia all’ingrosso sia al dettaglio, e dal settore dei servizi di trasporto e comunicazioni, mentre al contrario il settore minerario, principale motore dell’economia cilena, ha evidenziato una leggera, ma significativa flessione. Le solide basi interne così come la stabili-tà politica e istituzionale dovrebbero essere di soste-gno alla crescita nel quinquennio 2010-14, sebbene la forte apertura la potrebbe rendere vulnerabile al deteriorarsi della domanda estera. Il Cile si è ripreso saldamente dalla recessione del 2009 e dal devastan-te terremoto di febbraio 2010, che ha inflitto danni per 29,7 miliardi di dollari. Per il 2011 è prevista una crescita del Pil al 6%. Il ritmo di crescita dovrebbe rallentare in funzione della riduzione degli investi-menti per la ricostruzione, anche se la previsione di crescita media del 5,1% per il periodo 2012-14 è ancora superiore alla media del 4,8% osservata tra il 2003 e il 2008.

❚ Perché convieneIl Cile è il Paese del Sud America che possiede la maggiore stabilità politica ed economica. Dopo la dittatura di Pinochet, ci sono stati vent’anni di go-verno da parte del centro sinistra a cui nelle ultime elezioni, senza grandi drammi, è succeduto un Go-verno di centro destra che sta mantenendo le linee guida della politica estera del precedente Governo attraverso il perseguimento di politiche di libera-lizzazione del commercio internazionale e degli investimenti. Il Cile è un Paese all’avanguardia nel-lo stipulare accordi di libero scambio, infatti par-tecipa a 24 accordi commerciali firmati con all’in-circa 60 Paesi che gli permettono di affacciarsi a tutte le principali economie e di avere accesso a più dell’86% del Pil mondiale e a più di 3,5 miliardi di possibili consumatori.

Il Cile è un Paese molto aperto e sempre in cerca di nuove tecnologie e innovazioni. Tutto il mondo se n’è accorto vedendo come hanno resistito le nuove costruzioni e infrastrutture al terremoto del 27 feb-braio 2010 di grado 8,8 che ha colpito questo Paese.

❚ A chi convieneIl Cile è un Paese con grandi prospettive di crescita, sicuramente offre grandi possibilità per aziende mol-to innovative e tecnologicamente avanzate e può es-sere una buona base per aziende che vogliono espan-dersi in Sud America, in quanto i dazi con l’Unione europea sono pari a zero, grazie al Trattato di libero commercio. Per questo la dimensione dell’azienda che volesse approcciare il mercato cileno non è un fattore discriminante. Per quanto riguarda i settori, le aziende italiane del meccanico e dell’edile posso-no avere in Cile ottime opportunità, mentre il settore tessile è stato invaso dalla Cina.A causa del terremoto dell’anno scorso, sono sta-ti aperti dei bandi di concorso per la ricostruzione del porto di Talchauano e non solo che potrebbero coinvolgere anche aziende italiane. Un altro settore, a cui si sta dando sempre maggior attenzione (come in tutto il mondo) è quello energetico.

❚ la presenza della cdoL’esperienza della Cdo in Cile è nata da alcune ope-re educative. Il presidente della sede cilena, Bolivar Aguayo Ceroni (che è anche riferimento per tutta la Cdo in America Latina), nel gestire queste opere ha avviato rapporti con imprese e istituzioni e così è nata e cresciuta la Cdo in Cile. La sede cilena della Cdo conta circa 250 associati.Gli associati della Compagnia delle Opere in Cile possono contare anche sui servizi dell’ufficio locale di Co.Export. n

Cdo ChilE Compañía de las Obras Hurtado Rodrigues 344 Santiago de Chile Phone: +56 2 8595857E-mail: [email protected] Website: www.cdochile.cl

Co.Export ChilE s.a. Calle Nueva York 54, Ofic. 802SantiagoPhone: +56 02 [email protected]

La crescita del Pil 2008a 2009a 2010b 2011b

pil pil nominale in (us$ bn) 170,9 163,3 196,3 217,4 pil nominale (ps bn) 89.263 91.591 101.391 111.641 crescita reale del pil (%) 3,7 -1,5 5,2 6,0

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❚ informazioni generaliAnalizzando le performance dell’economia israe-liana nel corso del 2009 e nei primi mesi del 2010, si rileva che il sistema israeliano ha superato la crisi globale in maniera tutto sommato positiva, senza il verificarsi di fenomeni drammatici, come accaduto in alcuni Paesi occidentali. L’economia israeliana è stata anche una delle prime al mondo a registrare l’inversione di rotta verso l’uscita dalla crisi e il ri-torno a un percorso di crescita. Ne è testimonianza, infatti, la reazione della Banca di Israele che, già nel mese di agosto 2009, è stata la prima al mondo ad alzare il tasso di interesse, contrariamente al trend mondiale.

❚ Perché convieneIl giovane Stato di Israele ha portato la Terra Santa a primati mondiali in termini di istruzione e crescita economica, rendendola indiscusso centro di eccel-lenza per innovazione, ricerca e sviluppo in ambito scientifico e tecnologico. Israele è infatti oggi fonte di innovazione e soluzioni in settori quali: agrotec-nologie, energie rinnovabili, ecotecnologie, biotec-nologie, medicina, comunicazioni, sicurezza, infor-matica e hi-tech in genere. Il mercato locale è di 7,6 milioni di abitanti. L’Ita-lia è il secondo Paese Ue dal quale Israele importa e il quinto al mondo. Dall’Italia vengono importati soprattutto: macchinari, strumenti di precisione ed elettronica, utensili e quanto necessario allo svilup-po della piccola produzione e industria.Essendo inoltre un intenso punto di incontro inter-nazionale per prodotti di largo consumo, Israele è di fatto divenuto un sofisticato show-room e trampoli-no verso altri mercati esteri.Israele offre quindi significative potenzialità in qua-lità di:l mercato sofisticato che, pur proporzionato alle

ridotte dimensioni del Paese, presenta anche po-tenzialità interessanti in direzione di altri mercati esteri;

l partner per aziende in cerca di soluzioni e pro-dotti innovativi;

l partner per imprese in cerca di partner e solu-zioni per progetti industriali o di ricerca (anche progetti FP EU e simili).

❚ A chi convieneIn generale la penetrazione dei prodotti italiani è buona, grazie all’immagine molto positiva del made

ISRAele

Cdo JErusalEm P.O.B. 7497Jerusalem 91079, IsraelPhone: + 972 2 5664657Fax: + 972 2 5618805E-mail: [email protected]: www.cdojerusalem.org

in Italy in Israele in termini di qualità, prestigio, de-sign e tecnologia. La collaborazione con l’industria italiana viene sempre più considerata dagli ambien-ti hi-tech israeliani come un naturale complemento nel passaggio dalla fase di ricerca e brevettazione a quella di realizzazione e commercializzazione dei prodotti finiti. Occorre ricordare infatti che il tessu-to industriale israeliano non è molto articolato, con l’ovvia eccezione del settore della difesa. L’Italia è quindi vista come un valido partner nella fase di industrializzazione dei prodotti e delle tecnologie, grazie alla diversificazione, flessibilità ed estensio-ne del nostro sistema industriale. Contestualmente negli ambienti imprenditoriali italiani è cresciuta la consapevolezza del rilievo assunto dall’hi-tech isra-eliano e delle opportunità che offre. I settori di particolare interesse per lo sviluppo delle esportazioni italiane e la cooperazione commerciale sono i seguenti: ferrovie (infrastrutture, materiale rotabile, sistemi di segnalazione e di elettrificazio-ne); agroindustria; biotecnologie; conservazione e restauro di zone urbane; tecnologie ambientali; automobilistico; turismo; sistemi di sicurezza per impianti e strutture; macchinari per l’imballaggio e il confezionamento.

❚ la presenza della cdoLa Compagnia delle Opere è presente in Israele e nei Territori dell’Autorità nazionale palestinese at-traverso Cdo Gerusalemme, città nella quale si trova anche l’ufficio di Co.Export. n

❘ ❘ Principali indicatori economici ❘ ❘(In parentesi il periodo relativo al dato reperito)

Reddito Procapite: 29.500 US$ (2010)Tasso di inflazione: 3.6% (2010)Tasso disoccupazione: 6.6% (Ott-Dic. 2010)Tasso di variazione del PIL: 4.5% (2010)Previsione crescita PIL per il 2011: 3.8%Totale import: 55.6 Miliardi US$ (2010)Totale export: 54.35 Miliardi US$ (2010)Saldo Bilancia Commerciale: -1,25 Miliardi US$ (2010)Totale import da Italia: 1.136 Miliardi US$ (I-VI 2010)Totale export verso Italia: 699 Miliardi US$ (I-VI 2010)Saldo interscambio con l’Italia: 437 Miliardi US$ a favore Italia (I-VI 2010)Investimenti esteri: 1,3 Miliardi US$ (Giugno 2010)Investimenti all’estero: dato non reperitoInvestimenti italiani: 1,1 Miliardi US$ (Giugno 2010)

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❚ informazioni generaliNonostante la crescita economica del Paese sia rallentata nettamente a causa della recessione internazionale, il quadro politico rimane stabile. Il riassetto della struttura economica del Kaza-khstan, in seguito al crollo dell’Urss, ha prodotto una forte crescita di alcuni settori (petrolio e me-talli semi-lavorati), mentre una forte contrazione ha interessato altri comparti come l’industria leg-gera. L’espansione dell’economia del petrolio sta mettendo da parte anche il settore agricolo che dieci anni fa era ancora un importante esporta-tore. Sebbene ci siano stati alcuni cambiamenti, come, ad esempio, la riforma delle terre nel 2003, il settore sta combattendo contro le basse impor-tazioni e ha bisogno dell’assistenza del Governo per sopravvivere. La produzione di petrolio, in-vece, è cresciuta rapidamente dopo la conquista dell’indipendenza, con un picco di 61,9 milioni di tonnellate di produzione di liquidi (petrolio grezzo e gas condensato) nel 2005. Tale crescita è dovuta soprattutto agli investimenti diretti esteri (Ide), i quali hanno portato anche un recupero del settore industriale che è finalmente uscito dal col-lasso post-indipendenza.

❚ Perché convieneIl Kazakhstan è un Paese emergente, in forte cre-scita, è ricco di materie prime, ma privo dell’indu-stria manifatturiera, ragion per cui importa quasi tutto sia nel campo industriale (macchinari, tecno-logie) che nel campo dei beni di largo consumo. Il settore petrolifero è trainante, sta nascendo il settore petrolchimico. Il settore immobiliare, pur subendo un calo dovuto alla crisi, rimane sempre interessante; in questa fase si sviluppa l’edilizia individuale e la costruzione di infrastrutture (stra-de, ponti, ferrovie ecc.)

❚ A chi convieneL’azienda italiana che approccia il mercato kaza-ko innanzitutto deve avere un prodotto di un cer-to livello tecnologico e di design che giustifichi l’importazione dall’Italia. La produzione italiana è già significativamente presente nei settori dei beni di consumo, dei beni intermedi, dei macchi-nari e delle costruzioni (attrezzature e materiali edili: piastrelle, articoli igienico-sanitari ecc.). Il prodotto italiano si colloca nella fascia medio-alta del mercato, mentre nelle fasce medio/bas-se di mercato è insuperabile la concorrenza della

kazakhstan

Co.Export KazaKhstan ltd50, Kazybek Bi Str., off. 101050000 Almaty/Kaza-khstanTel.+7 (727) 272 53 70,Fax: +7 272 50 82, 261 52 12E-mail: [email protected]//: www.coexport.kz

Cina, della Russia, della Turchia e di altri Paesi vicini. Buone opportunità sono offerte dai seguen-ti settori: macchinari e attrezzature per l’industria agroalimentare; macchine e attrezzature agricole; mobili e forniture per mobili; calzature, abbiglia-mento, accessori; articoli da regalo, oggettistica per la casa; gioielleria; cosmetici e profumeria; prodotti alimentari, vino; piccoli elettrodomestici.Per questi settori il mercato sembra essere maturo per accogliere azioni più incisive e dirette tese a promuovere le rispettive produzioni italiane.Infine, per avere successo nel mercato kazako l’azienda deve avere il materiale di supporto sul prodotto in lingua russa.

❚ la presenza della cdoAd Almaty, la città più popolosa del Paese, Co.Export ha un suo ufficio. n

❘ ❘ Principali indicatori economici ❘ ❘

Reddito Procapite (USD) 7257,4 Tasso di inflazione (%) 7,3 Tasso disoccupazione (%) 6,6 Tasso di variazione del PIL (%) -1,2 Previsione di crescita PIL per il 2011 (%) 5-6 Totale import (mlrd. $) 28,4 Totale export (mlrd. $) 43,2 Saldo Bilancia Commerciale (milioni US$) 14,8 Totale import da Italia (mil. di euro) 1.338 Totale export verso Italia (mil. di euro) 1.161 Saldo interscambio con l’Italia (mil. di euro) -177 Investimenti esteri (mln di US$) 18.428,8 Investimenti all’estero (mln di US$) 6.837 Investimenti italiani (mln di US$) 653,0 Investimenti in Italia (mln di US$) -

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❚ informazioni generaliLa Repubblica di Lituania (capitale Vilnius) è uno Stato membro dell’Unione europea. La Li-tuania è una democrazia parlamentare multipar-titica. Confina a nord con la Lettonia, a est con la Bielorussia, a sud con la Polonia e a sudovest con l’enclave russa di Kaliningrad, mentre a ovest è bagnata dal Mar Baltico.La Lituania ha una rete stradale sviluppata e svol-ge un importante ruolo come Paese di transito tra l’Europa centrale e il Nord Europa e tra l’enclave

russa di Kaliningrad e la Russia, nonché tra la Bielorussia e i Paesi scandinavi.Anche le ferrovie lituane di transito stanno acqui-stando importanza. Dopo il profondo rosso del 2009, quando il Pil lituano crollò del 14,8%, e un 2010 contrastato, la vera ripresa dovrebbe partire nel 2011 quando il Pil dovrebbe aumentare da un minimo del 3 a un massimo del 4%.

❚ Perché convieneLa Lituania è la chiave d’accesso ai ricchi Paesi scandinavi, all’immensa Csi, ai Paesi in cresci-ta dell’Europa dell’Est. L’economia è stabile, il mercato è libero. In Lituania operano piccole, medie e grandi imprese nei settori dell’industria e dei servizi. I lituani sono imprenditori concre-ti, diplomatici, puntuali, multilingui, laureati e aperti alle nuove possibilità.

lituania

uab “Co.Export baltiC”Lukiškių g. 5-229, LT-01108 Vilnius LietuvaTel.: +370 5 262 03 60Fax.: +370 5 262 03 [email protected]

❚ A chi convieneSecondo i dati Istat definitivi relativi al 2007, i settori merceologici più rilevanti dell’inter-scambio commerciale tra Italia e Lituania (per le esportazioni italiane verso la Lituania) sono risultati i seguenti: macchine e apparecchi mec-canici; metallo e prodotti in metallo; autoveicoli; prodotti chimici (compresi i prodotti farmaceu-tici) e fibre sintetiche artificiali; prodotti tessili; macchine elettriche e apparecchiature elettriche e di precisione; cuoio e prodotti in cuoio, comprese le calzature di qualsiasi materiale.

❚ la presenza della cdoGli esperti dell’ufficio di Vilnius di Co.Export possono fornire informazioni e consulenza agli imprenditori interessati ad approcciare il mercato lituano. n

❘ ❘ Principali indicatori economici ❘ ❘Reddito Procapite 8338,016 EuroTasso di inflazione 3.8 %Tasso disoccupazione 17.8 %Tasso di variazione del PIL 1.3 %Previsione di crescita PIL per il 2011 3 %Totale import 7650,23 millioni di EuroTotale export 15716,03 millioni di EuroSaldo Bilancia Commerciale -1934,20 millioni di EuroTotale import da Italia 576,75 millioni di EuroTotale export verso Italia 300,17 millioni di EuroSaldo interscambio con l’Italia -276,58 millioni di EuroInvestimenti esteri (2009) - 9759 millioni di Euro Investimenti all’estero (nel III trim. 2010) - 1,395.24 millioni di Euro (il cambiamento nel III trimestre è -17,61 millioni di Euro)Investimenti italiani (2009) 19,68 millioni di EuroInvestimenti in Italia (nel III trim. 2010) - 0,02 millioni di Euro

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❚ informazioni generaliLa ripresa economica nella zona euro e dei Bal-cani sarà modesta e fragile nel 2011, mentre la domanda nei mercati di esportazione più im-portanti della Romania nell’Ue resterà debole. La domanda di importazioni dei 20 principali partner commerciali della Romania è prevista al 3,9% nel 2011. Ci sono poche prospettive di una forte ripresa degli investimenti esteri diretti (Ide) e di altri flussi esterni per tutto il 2011. Nonostante questi dati negativi, la Romania con-tinua a rappresentare uno dei più importanti part-ner commerciali dell’Italia nell’Europa dell’Est.

❚ Perché convieneQuel che è diventato più chiaro in questi anni e che, puntuale, emerge dialogando con gli im-prenditori che vanno in Romania o che, comun-que, la vedono come una possibilità, è che, ri-spetto anche ad altri Paesi dell’Est, la Romania è ancora tutta da “costruire” e da sviluppare, a partire dalla carente infrastruttura stradale (non esistono autostrade, se non meno di 200 km su tutto il Paese). A parte quel che si vede nei centri abitati più grandi - Bucarest in primis, ma anche Timisoara, Cluj-Napoca, Sibiu, Constanta, Iasi - il Paese è tutto da sviluppare.

❚ A chi convieneLe aziende che oggi possono avere interesse e vantaggio da un Paese come la Romania sono aziende disponibili a investire (non siamo più nel periodo del “mordi-e-fuggi” o della sempli-ce delocalizzazione) e con l’idea di sviluppare la propria attività. Il Paese offre di suo delle caratte-ristiche non totalmente estranee, per noi italiani,

Romania

CO.EXPORT ROMANIA srlCalea Calarasilor nr 178, bl. 60, sc. A, et. 4, ap. 20Sector 3 BUCURESTITel. +40 31 4277601Fax +40 21 [email protected]

a partire dalla lingua e, sicuramente, l’approccio è più facile rispetto ad altri Paesi. Inoltre, in questo momento storico, i prezzi della manodopera sono ancora ben più abbordabili che in Italia (anche se non siamo ai livelli dell’Oriente), mantenendo un certo livello di qualità (o di possibile formazione).Quanto alle tipologie merceologiche più richie-ste in Romania, nel 2009 i principali prodotti, raggruppati per nomenclatura combinata, che la Romania importa dall’Italia sono stati: tessuti, esclusi tessuti a maglia e all’uncinetto e rivesti-menti tessili per pavimenti; cuoio e pelle conciati e preparati; pellicce tinte e preparate; calzature; prodotti della preparazione e filatura di fibre tessi-li e altri articoli in materie plastiche.

❚ la presenza della cdoL’ufficio rumeno di Co.Export è a Bucarest. n

❘ ❘ Interscambio commerciale Italia - Romania ❘ ❘Secondo i dati dell’Ins, l’interscambio commerciale tra Italia e Romania ha raggiunto nel primo semestre del 2010 un valore complessivo di 5,07 miliardi di euro, superiore ai livelli del primo semestre del 2009 (quando era stato pari a 4,38 miliardi di euro).In particolare la Romania ha esportato verso l’Italia un valore di 2,45 miliardi di euro (+12,4% rispetto al primo semestre del 2009), mentre le importazioni dall’Italia hanno raggiunto un valore di 2,62 miliardi di euro (+15,4% rispetto al primo semestre del 2009). Pertanto nel primo semestre 2010 la bilancia commerciale della Romania relativamente agli scambi con l’Italia ha registrato un saldo commerciale negativo di 171 milioni di euro.

Primo trimestre del 2009 Primo trimestre del 2010 Variazione %Export verso l’Italia 2172 2450 12,4Import dall’Italia 2204 2621 15,4Saldo -32 -171

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russia

Co.Export russia127015 Ul. Mariny Raskovoy, 34 str. 14,uff. 407 Mosca, RussiaTel. +74956403240E-mail: [email protected]: www.coexport.ru

❚ informazioni generaliNegli ultimi anni la Federazione Russa è entrata a far parte delle dieci economie più importanti del mondo. Ha acquisito la stabilità politica ed economica e l’indipendenza finanziaria. Gli ulti-mi anni hanno visto crescere il livello di investi-menti stranieri nell’economia russa di sette volte. Nel 2007 è stato registrato un afflusso del capi-tale in Russia da primato assoluto: 82,3 miliar-di di dollari. Nel 2008 è stata colpita dalla crisi mondiale che ha causato un rallentamento del Pil, della produzione industriale e degli investimenti. Tuttavia, la Russia, anche nel periodo di crisi, si è confermata come primo Paese produttore mon-diale di petrolio e anche nella produzione di gas naturale è rimasto leader mondiale.D’altra parte, la Russia mantiene il terzo posto al mondo in termini di riserve valutarie e rima-ne in buona posizione per fronteggiare la crisi economica e finanziare i settori dell’economia maggiormente in difficoltà, finanziando talune aziende strategiche.

❚ Perché convieneIl Governo russo ha impostato un Piano al 2020 che dovrebbe riequilibrare la composizione del Pil, che dovrebbe essere prodotto per metà dall’industria manifatturiera e dal settore ener-getico (attualmente il settore dell’energia rap-presenta il 75% della ricchezza del Paese). Per raggiungere questo obiettivo, l’industria nazio-nale deve diventare più competitiva. A tal fine la Russia, nei prossimi anni, dovrà investire moltis-simo in tecnologia produttiva per ammodernare gli obsoleti impianti del suo sistema industriale. Il Paese, dunque, sarà un’importante opportunità per tutte le aziende in grado di fornire elementi capaci di migliorare tecnologicamente la produ-zione, nonché per chi opera nel campo della com-ponentistica.La Russia oggi importa pochissimo dall’Italia (tre miliardi e mezzo di euro, dieci volte meno della Germania). Entrare adesso in quel Paese, dunque, potrebbe schiudere le porte di una “pra-teria” da conquistare, scommettendo su una gran-de aspettativa di crescita.

❚ A chi convieneLe aziende desiderose di introdursi nel mercato russo dovrebbero essere già strutturate per anda-re all’estero. Non è importante tanto il fatturato

(che, comunque, non dovrebbe essere inferiore ai due milioni di euro), ma conta che abbiano una struttura organizzativa aziendale capace di gesti-re la fase di preventivazione e quelle successive di contrattualizzazione e fornitura. Devono avere, poi, un magazzino attrezzato per gestire una lo-gistica internazionale. Devono essere, insomma, aziende già internazionalizzate.Il fatto, poi, che la Russia non sia propriamente uno Stato di diritto, dove la tutela della libertà, del patrimonio intellettuale e del valore dei con-tratti è scarsa, dovrebbe consigliare alle aziende più piccole di farsi “accompagnare” in quel Paese da esperti.

❚ la presenza della cdoIn Russia gli associati della Compagnia delle Opere possono contare sull’assistenza della sede estera più importante di Co.Export e sull’interes-se delle autorità e delle imprese russe nei con-fronti del nostro Paese (testimoniato dalla parte-cipazione di una delegazione russa al Matching).Non a caso, il prossimo giugno, a Mosca si terrà il Matching Russia. n

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❚ informazioni generaliLe prospettive di crescita per il periodo 2011-15 risultano essere scarse. Dopo la contrazione del 3,3% registrata nel 2009 e quella stimata al 2,5% per l’anno 2010, contrariamente a quanto atteso ne-gli altri Paesi dell’America Latina dove sono attesi tassi positivi di crescita, è previsto che la recessione venezuelana si protragga anche per tutto il 2011. Una debole ripresa dovrebbe avviarsi a partire dal 2012, mentre il Pil reale dovrebbe tornare ai livelli del 2008 non prima del 2014. Il petrolio ha un ruolo dominante nell’economia venezuelana sin dagli anni 20: circa il 94% dei proventi delle esportazioni del Paese sono generati dalla vendita di petrolio e derivati e le entrate fiscali provenienti dal settore erano pari a quasi il 50% del totale nel 2008 e al 39,5% nel 2009. Tale situazione si è radicata in parte anche per la mancanza di ca-pacità, da parte dei Governi che si sono succeduti, di intraprendere riforme fiscali strutturali. Da sem-pre l’impatto delle attività petrolifere sui consumi e gli investimenti interni è stato notevole, in quanto determinati dai livelli dei prezzi e della produzione del petrolio. Le industrie sono poco competitive, le uniche eccezioni sono rappresentate da quelle sta-tali ad alto apporto di capitali localizzate nella par-te orientale del Paese. L’agricoltura contribuisce a meno del 4% del Pil.

❚ Perché convieneIl Venezuela è il più importante produttore di pe-trolio del continente americano, negli altri settori attualmente le importazioni dei beni di consumo si sono tuttavia mantenute su livelli alti e costituisco-no la maggioranza del movimento della economia nazionale, evidenziando una difficoltà strutturale dell’industria venezuelana a soddisfare la crescente domanda.Per questo, al di là del fatto che ci sono restrizioni per le importazioni, è un Paese interessante come destinazione delle esportazioni italiane soprattutto di macchinari e apparecchiature per le diverse in-dustrie, nel settore alimentare e anche nella compo-nentistica per l’arredo.

❚ A chi convieneUn’azienda per potere avere un approccio con esito positivo nel mercato venezuelano deve avere avu-to almeno qualche esperienza di esportazione fuo-ri della Unione europea: deve sapere, infatti, quali

venezuela

CompaÑía dE las obras Av. Fco de Miranda con San Juan Bosco,Torre Seguros Adriática, Piso 1, Parque Cristal 5-7Caracas, VenezuelaPhone: + 58 212 267 74 12E-mail: [email protected]

sono i requisiti per esportare e, cosa ancora più im-portante, deve possedere tali requisiti. Le aziende che vogliono internazionalizzare in Venezuela, inol-tre, devono essere pronte a rispondere ai bisogni che emergono anche in spagnolo.

❚ la presenza della cdoLa sede venezuelana della Compagnia delle Opere è diretta da Alejandro Marius, che dirige una impresa tecnologica, e ha promosso iniziative interessanti e varie come: il sostegno alle monache del monastero fondato da Vitorchiano a Humocaro, l’assicurazione sanitaria fatta in gruppo a tariffe agevolate, la for-mazione agli universitari per aiutarli a superare il test d’ingresso, il rapporto con lo Sportello Giova-ni della Ccie, la partecipazione di imprenditori al Matching. n

❘ ❘ Principali indicatori economici ❘ ❘ 2008a 2009a 2010b 2011cPil Pil nominale in (US$ bn) 311,1 326,1 339,7 363,8Pil nominale (BsF bn) 668,0 700,2 878,4 1.185,1Crescita reale del Pil (%) 4,8 -3,3 -2,5 -0,1

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❚ informazioni generaliIl Vietnam, che presenta ancora caratteristiche lar-gamente rurali, grazie anche alle politiche di rifor-ma avviate nel 1986 e volte a creare un’economia socialista orientata al mercato (doi moi), ha benefi-ciato costantemente di elevati tassi di crescita eco-nomica, solo parzialmente rallentati dagli effetti della crisi asiatica nel 1998 e 1999. Un decisivo impulso all’accelerazione delle riforme e all’aper-tura dell’economia è derivato dal processo di ade-sione all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc). L’ingresso nell’Omc, effettivo dal gennaio 2007, ha contribuito a confermare l’immagine del Vietnam come destinazione attraente per gli in-vestimenti esteri, come era nelle aspettative delle autorità del Paese.

❚ Perché convieneAnche a causa della recessione in atto sui princi-pali mercati di sbocco, la crisi internazionale, sep-pure in misura meno marcata che in altri Paesi, ha colpito il Vietnam tramite contrazione delle espor-tazioni, riduzione delle rimesse e deflusso di capi-tali stranieri. Le previsioni, comunque, inducono a pensare a una crescita economica anche nel 2011 (con un aumento del 6,9% del Pil).Il Vietnam, inoltre, fa parte dell’Asean (l’Associa-zione dei 10 Paesi della regione), mercato comu-ne di 600 milioni di consumatori con oltre 2.500 dollari di reddito procapite che sta realizzando accordi di libero scambio con Cina, Giappone, Sud Corea, Australia, Nuova Zelanda, che stanno creando un’unica area senza barriere di quasi 2,5 miliardi di consumatori. Il Paese è estremamente aperto e si pone in antitesi alla Cina come mercato di riferimento in Asia.

❚ A chi convieneI consumatori vietnamiti sono ancora dotati di un potere di acquisto limitato pur se in rapida cresci-ta e pertanto le opportunità di affari per gli ope-ratori economici esteri si concentrano nei settori delle materie prime e della meccanica. Il Vietnam è interessante anche per chi intende acquistare prodotti semilavorati a basso valore aggiunto (ad esempio, copertoni e gomma per auto e cicli, pra-to artificiale e materie plastiche). Sta crescendo molto la domanda di tecnologia e di know how da parte delle controparti vietnamite, infatti da una recente missione organizzata da Cdo Network è

vietnam

Co.Export ViEtnamB2-BT1A-My Dinh II- Tu Liem- Ha Noi- Viet NamPhone: +84 [email protected]

emersa l’esigenza del Vietnam di acquisire tecno-logia per impianti con pannelli solari/fotovoltaici, cementifici e macchinari speciali. Tra i settori a maggiore intensità di tecnologia che possono es-sere appetibili per gli investitori e gli esportatori italiani sono da segnalare le telecomunicazioni, le apparecchiature medicali e le attrezzature per la gestione del traffico aereo. In alcuni di tali settori gli investimenti esteri sono particolarmente incen-tivati. Il settore dell’edilizia è in tendenza inversa rispetto al resto del mondo presentando spazi di sviluppo per le aziende italiane. I vietnamiti hanno bisogno della nostra tecnologia che reputano avere un ottimo rapporto qualità-prezzo. Nuove oppor-tunità, dunque, si aprono nel settore immobiliare e dell’informatica e in quello dei servizi per le co-struzioni, come ad esempio ingegneria, architettu-ra e pianificazione urbana. In particolare, rilevanti possibilità di collaborazione esistono nel campo del trasferimento di tecnologia nel settore ambien-tale. Il Vietnam, infatti, ha avviato un’opera di rin-novamento o di costruzione di infrastrutture che permettano di gestire la crescita dell’economia e dell’inurbamento.Opportunità di forniture si presentano anche nella collaborazione in materia di protezione civile. Altri settori molto interessanti sono quello meccanico e quello degli utensili legati sopratutto all’importan-za del settore automotive. Il mercato del motociclo e relativo indotto è estremamente sviluppato.Nel comparto dei beni di consumo la limitata ca-pacità di spesa delle famiglie vietnamite, pur se in crescita soprattutto nelle grandi città, e le favorevo-li condizioni per gli investimenti esteri consigliano alle imprese italiane di adoperarsi più sul versante della localizzazione di investimenti produttivi che su quello del conseguimento di una presenza com-merciale su vasta scala.

❚ la presenza della cdoAd Hanoi, la capitale dello stato del Vietnam, Co.Export ha un suo ufficio. n

La crescita del Pil 2008a 2009b 2010c 2011c PIL PIL nominale in (US$ bn) 90.3 93.2a 102.5 115.9 PIL nominale (D trn) 1,485.0 1,658.4a 1,951.7 2,253.8 Crescita reale del PIL (%) 6.2 5.4a 6.4 6.9

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Il 2010 non è sicuramente stato un anno faci-le per le imprese italiane e il 2011, purtroppo, non è iniziato sotto i migliori auspici, visti i di-

sordini che stanno ancora sconvolgendo i Paesi della sponda sud del Mediterraneo dove l’Italia è leader sia per quanto riguarda le esportazioni che gli investimenti. Le nostre imprese, comunque, stanno dimostrando una certa vitalità sui mercati internazionali e si stanno quindi rivolgendo verso quei mercati che offrono loro delle interessanti opportunità. Simest, la finanziaria pubblico-privata che promuove lo sviluppo delle imprese italiane, è come sempre al loro fianco, suppor-tandole con strumenti e servizi recentemente rin-novati e sostenendo la loro competitività su scala mondiale.Abbiamo rivolto alcune domande al presidente Giancarlo Lanna e all’amministratore delegato e direttore generale Massimo D’Aiuto su quelle che sono le principali novità e le prospettive di sviluppo per i prossimi mesi.Avvocato Lanna, verso quali Paesi si concen-trerà l’attività di Simest per il 2011? «Indubbiamente, con la grave crisi che sta col-pendo l’area del Mediterraneo, questi Paesi, nei quali siamo già presenti con numerosi progetti, subiranno, almeno nell’immediato, una certa contrazione. Per questo le imprese italiane rivol-geranno la loro attenzione verso altre aree dove, peraltro, sono già presenti. Parliamo del Brasile e degli altri Paesi dell’America Latina, come Cile, Perù e Messico che sono certamente mete inte-

S P

strumenti

simest ass is te le pmi all’estero

strumenti

ressanti, così come la Cina e l’India ma anche gli Stati Uniti, nei quali le imprese italiane hanno già colto delle interessanti opportunità».Ingegner D’Aiuto, quali sono le principali novi-tà che Simest ha introdotto nel corso del 2010? «Innanzitutto è stata estesa l’attività di in-vestment banking, a condizioni di mercato, in Italia e nell’Unione europea. L’obiettivo è quello di sviluppare investimenti produttivi e sostenere i programmi di sviluppo tecnologico nelle aziende che investono in innovazione e ricerca applicata. Le altre novità riguardano gli strumenti agevo-lativi già esistenti che sono stati resi più attuali e rispondenti alle esigenze delle imprese quali i programmi di inserimento sui mercati esteri e gli studi di fattibilità. Infine è stato varato uno strumento assolutamente innovativo, che sta rac-cogliendo il consenso delle nostre imprese. Si tratta di un finanziamento agevolato per il mi-glioramento della struttura finanziaria delle pmi esportatrici al fine di accrescerne la competitività sui mercati internazionali».Avvocato Lanna, quali sono le novità di Simest per quanto riguarda i rapporti con le Regioni?«Una importante novità per Simest e una gran-de opportunità per le Regioni italiane in tema di politiche accompagnatorie è stata introdotta dalla legge n. 99 del 2009 per lo Sviluppo e l’Inter-nazionalizzazione delle imprese. Questa legge prevede la possibilità per le Regioni di dare in gestione a Simest fondi rotativi con finalità di venture capital. Le Regioni svolgono l’orienta-

mento di tipo strategico, mentre noi forniamo di-rettamente al servizio del territorio il know-how professionale necessario per sostenere le pmi nelle loro attività di internazionalizzazione. In un periodo come quello attuale di scarsità di risorse finanziarie, diventa infatti ancor più necessario impiegare le risorse disponibili per accrescere la produttività e la capacità competitiva italiana sui mercati internazionali».Ingegner D’Aiuto, nel 2011 quali saranno i set-tori più impegnati nell’attività di internaziona-lizzazione? «Anche nel 2011 la nostra attività sarà volta a promuovere lo sviluppo delle imprese che opera-no in quei settori in cui si prospettano le migliori opportunità e cioè quelli che garantiscono al no-stro sistema produttivo una posizione di eccel-lenza sui mercati mondiali. In particolare oltre alle 4A (agroalimentare, abbigliamento, auto-mazione e arredamento), mi riferisco al settore delle infrastrutture e a quello delle energie rin-novabili. L’importante è che l’azienda che vuole svilupparsi sui mercati esteri parta da prodotti innovativi e da un progetto ben strutturato. Oltre a ciò vanno valutate a fondo le potenzialità del mercato in cui si vuole operare, sia nel breve che nel medio-lungo periodo, nonché la coerenza del progetto con le capacità di gestione dell’impresa stessa». n

Il presidente e l’ad della finanziaria

pubblico-privata che promuove lo

sviluppo delle imprese italiane,

presentano le principali novità e le

prospettive di sviluppo per i prossimi mesi

Per Giancarlo Lan-na, presidente di Si-mest, la grave crisi in atto nell’area del Mediterraneo indur-rà le imprese italia-ne a rivolgere l’at-tenzione verso altre aree, come l’Ameri-ca Latina

Massimo D’Aiuto, ammini-stratore delegato di Simest

Page 35: CORRIERE DELLE OPERE V

N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 7170 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

L Ile fiere a l l ’ e p o c a d i internetIntigl ietta: «Per chi opera nel

mercato globale c ’è sempre di

più la necessità di incontrarsi

e le manifestazioni f ier ist iche

sono ancora uno strumento

uti le per aiutare le imprese a

internazional izzarsi»

d i D a r i o Va s c e l l a r o

Il sistema fieristico italiano risulta essere il principale motore nel processo di internazio-nalizzazione delle imprese italiane. Infatti rap-

presenta quasi l’unico strumento di promozione per il 75% delle imprese industriali e per l’88% delle piccole e medie imprese. Questi dati posso-no ben evidenziare quale sia lo scenario fieristi-co italiano e la relativa importanza nel generare affari, che per inciso ha raggiunto i 60 miliardi di euro circa rappresentando il 10% dell’export nazionale.Il mercato fieristico italiano, all’interno dell’Ue, si conferma secondo solo alla Germania. Nono-stante la crisi economica iniziata nel 2008, il giro di affari e di presenze rimane importante. Secon-do un’indagine condotta dall’Istituto certifica-zione dati statistici fieristici, nel 2010 tra fiere svolte e in programma nei prossimi due mesi, in Italia si contano 210 manifestazioni internazio-nali, con un aumento del 5% rispetto al 2009.Ma oggi, con la diffusione capillare della banda larga e l’utilizzo sempre più massiccio del Web, ha ancora senso per le imprese italiane investire nella partecipazione a eventi fieristici? Abbiamo girato questa domanda ad Antonio Intiglietta,

trade fair

trade fairA fianco, un’immagine di Eire - Expo Italia Real Estate, l’evento internazionale dedicato al real estate italiano e dell’area mediterranea organizzato da Ge.Fi.; in basso, il padiglione Italia all’Expo di Shanghai

presidente e amministratore delegato di Ge.Fi., ente fieristico promosso dalla Compagnia del-le Opere che organizza in Fiera di Milano la più importante mostra mercato internazionale dell’artigianato, L’Artigiano in Fiera, ed Expo Italia Real Estate, evento internazionale dedica-to al real estate italiano e dell’area mediterranea.Le fiere sono ancora oggi uno strumento effi-cace per internazionalizzare le nostre piccole e medie imprese? È cambiato qualcosa dopo la recente crisi economica?«Oggi le fiere servono più che mai. Il mercato, infatti, è sempre più globale e anche per le picco-le e medie imprese assumono sempre più impor-tanza i mercati mondiali. La crisi finanziaria ha colpito prima di tutto il sistema produttivo indu-striale, poi l’attività di subfornitura, quindi i ser-

vizi e, infine, il marketing. Per riprendersi dalla crisi, oltre all’attività economica che risponde alla domanda interna, bisognerà guardare al mercato globale. Ma come può farlo la micro e piccola impresa? Ci sono vari strumenti che aiutano le imprese a internazionalizzarsi, come il sistema delle Camere di commercio, l’Ice, ma non c’è dubbio che le fiere sono lo strumento che con il minor costo e con la maggiore efficacia aiutano l’imprenditore a capire un mercato, a co-glierne le domande, le opportunità, a individua-re i possibili interlocutori (partner, distributori ecc.)».Dunque Internet non fa venir meno la necessi-tà di incontrarsi in fiera?«Molti, negli ultimi venti anni, hanno avanzato l’ipotesi che la Rete avrebbe potuto creare una

«Premesso che non è sem-

pre facile orientarsi nell’af-

follato panorama di fiere e

saloni esistenti al mondo -

spiega Antonio Intiglietta (a

destra, nella foto) -, l’impre-

sa che intende avvalersi del-

le fiere per comunicare con

la clientela estera ha più

possibilità: può partecipare

a manifestazioni fieristiche

di carattere regionale o na-

zionale che si svolgono nel

Paese oggetto di interesse,

oppure può partecipare a

manifestazioni internazio-

nali, ossia a manifestazioni

che si caratterizzano per

un’elevata presenza di espo-

sitori e/o visitatori esteri, le

quali possono avere sede

all’estero ma anche nel Pa-

ese di origine dell’impre-

sa, specie nei settori in cui

questo detiene l’eccellenza

produttiva (si pensi alle fiere

del settore tessile-abbiglia-

mento o dell’arredamento

che si svolgono in Italia)»

Page 36: CORRIERE DELLE OPERE V

72 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

trade fair

tale possibilità di conoscenza e di relazione tra i soggetti che le fiere sarebbero state destinate a morire, o comunque a perdere il loro ruolo e la loro funzione. Non credo che questo sia vero. Qualsiasi attività economica, infatti, ha biso-gno di una relazione umana. Le conoscenze non bastano, ma hanno bisogno di relazioni, hanno bisogno di una percezione del mondo, della real-tà che il sistema comunicativo-informatico non dà. Per svolgere qualsiasi attività economica c’è bisogno di un’esperienza diretta e non mediata attraverso un’informazione. Le fiere, quindi, non solo non sono diventate obsolete, ma anzi sono sempre più strategicamente importanti. Tanto è vero che non sono presenti solo in Europa, ma ormai sono diventate dimensione normale di re-lazione e di rapporto dei mercati di tutto il mon-do. Laddove si sviluppa un Paese, si sviluppa-

no anche i poli fieristici. Lo si vede in Cina, in India, negli Emirati Arabi, negli Stati Uniti che, pur non avendo una tradizione fieristica parago-nabile a quella europea, hanno sviluppato poli fieristici importanti da New York a Las Vegas. Anche nelle economie di Paesi emergenti, come in Africa, iniziano a nascere manifestazioni ed eventi fieristici».Le fiere sono uno strumento utile per ogni set-tore produttivo?«L’utilità di andare in fiera vale per i settori pro-duttivi, per quelli dei servizi, del terziario avan-

zato. Le fiere del comparto delle produzioni in subfornitura nella meccanica, nell’automazione sono tuttora valide. Certo hanno vissuto in questi anni il contraccolpo della crisi mondiale, ma le fiere non sono state abolite, semmai sono diven-tate biennali o triennali. In alcuni casi, penso al comparto della plastica, piuttosto che a quello della meccanica, o a quello delle macchine uten-sili, le manifestazioni internazionali hanno tempi più diluiti, perché c’è bisogno di un intervallo adeguato per la promozione delle innovazioni tecnologiche».

Al passo con la crescente globalizzazione dei mercati,

anche il sistema fieristico sta aumentando la sua

internazionalizzazione, nel senso che si sta assistendo

a un incremento delle manifestazioni organizzate

all’estero dagli enti fieristici di un Paese. È ormai

opinione abbastanza diffusa che l’Europa occidentale

sia destinata a perdere la sua centralità nel sistema

espositivo mondiale, a favore di aree emergenti: Cina,

India, Sud America (con il Brasile in prima fila), Nord

America, Est Europa e area del Mediterraneo stanno

investendo in misura massiccia nei rispettivi settori

fieristici. Da un sistema eurocentrico si sta passando

a un sistema policentrico. Com’è stato efficacemente

affermato: «In futuro, non sarà più il mondo a venire

da noi, ma saremo noi che dovremo andare incontro

al mondo bussando direttamente alle porte di cinesi,

indiani, brasiliani, arabi»

Page 37: CORRIERE DELLE OPERE V

74 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

trade fair

Alle nostre piccole imprese che vogliano inter-nazionalizzarsi a quali fiere conviene parteci-pare?«La scelta è in relazione alla domanda di ciascu-na azienda, alle sue potenzialità, alle sue pecu-liarità. Ci sono aziende che devono confrontarsi con una concorrenza mondiale e quindi non pos-sono permettersi il lusso di mancare a nessuna manifestazione sul globo terrestre (penso alla Mapei, che deve essere presente laddove c’è un sistema di costruzioni al quale presentare le nuo-ve tecnologie, ma anche al settore del legno o a quello delle forniture per la casa). Se si decide di penetrare in mercati maturi o in crescita bisogna tener presente quali sono i criteri di sviluppo del sistema territoriale verso il quale ci si muove e che connessione c’è tra il proprio prodotto e tale sviluppo. In secondo luogo, bisogna considerare la propria capacità e la propria portata. Si può anche decidere di giocare la propria partita in Paesi nei quali lo sviluppo è appena cominciato, visto che nei mercati maturi è più difficile entra-re. Si dovrebbe adottare una strategia “glocale”: locale con orizzonte internazionale e interna-zionale con orizzonte locale. Si va, cioè, in una fiera internazionale, come quella di Shanghai, ad esempio, perché si vuole entrare nel merca-to cinese e non per entrare nel mercato globale, così come si va in una manifestazione in Africa per entrare nel mercato africano, o in una fiera a Dubai o ad Abu Dhabi per entrare nel mercato arabo; oppure si partecipa a una fiera interna-zionale italiana per incontrare opportunità di andare all’estero. Se prima della crisi, comun-que, gli imprenditori potevano permettersi di partecipare a più fiere durante l’anno per testare i vari mercati, oggi si fa una selezione maggiore puntando strategicamente sulle fiere relative ai mercati sui quali si vuole investire».Per economizzare sui costi delle fiere, negli ultimi tempi è cresciuta la modalità di parte-cipare “in rete” agli eventi fieristici?«Tendenzialmente la logica dell’impresa è indi-viduale, a meno che non ci sia un soggetto ca-pace di creare quella che una volta si chiamava “massa critica”. Le aziende del comparto della ceramica, ad esempio, possono decidere di unir-si e di presentare i propri prodotti differenziati in un mercato comune. In questo caso la parte-cipazione alla fiera diventa un esempio di aiuto reciproco, un concorrere nel senso positivo del termine, un “correre insieme” verso un obietti-vo. Per molti, d’altronde, partecipare a una fiera è un modo di distinguersi rispetto agli altri con-

Fiera del levante: ponte tra europa e oriente

La Fiera del Levante riveste un ruolo di primo piano nel favorire i processi di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto connettivo dell’economia pugliese. «Durante la Campionaria di

settembre - spiega Cosimo Lacirignola, presidente dell’Ente barese - la Borsa degli Affari rappresenta un luogo d’incontro privilegiato tra operatori economici esteri ed espositori italiani. Inoltre, in collaborazione con la nostra controllata Fdl Servizi, organizziamo periodicamente in Albania e Macedonia una rassegna (Eco Biz Expo) capace di favorire scambi di conoscenze e proficui contatti commerciali, in particolar modo nel settore dell’ambiente. Infine promuoviamo forme di partenariato con le altre sponde del Mediterraneo, presentazioni di prodotti non in quanto tali ma anche per ciò che rappresentano (saperi, sapori e valori), trasferimenti di know how e tecnologie moderne ma anche di concetti antichi e inamovibili come, ad esempio, la dieta mediterranea, riconosciuta patrimonio immateriale Unesco».

Per la gran parte delle imprese manifatturiere italiane, la spesa per la partecipazione

a manifestazioni fieristiche rappresenta la quota più importante dell’intero investi-

mento in comunicazione. Si stima infatti che, a livello business to business, le parte-

cipazioni fieristiche rappresentino una quota pari al 50-70 per cento del budget di

comunicazione complessivo (a livello consumer l’incidenza si aggira invece intorno

al 5-15 per cento). La rilevanza dello strumento fieristico si accresce ancora più

nell’ambito della comunicazione internazionale, in ordine alla quale esso assorbe

non di rado l’intero investimento promo-pubblicitario deliberato dall’impresa

Page 38: CORRIERE DELLE OPERE V

N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 77

trade fair

76 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

trade fair

correnti. Questa seconda modalità di partecipa-zione è quella predominante, ma possono esser-ci aggregazioni come quella rappresentata dalla Compagnia delle Opere che riescono a mettere insieme un gruppo di imprese per partecipare a una fiera; però poi ognuno dei partecipanti gioca la sua partita».Il mondo dell’associazionismo imprenditoria-le può stimolare la partecipazione “in rete” alle fiere?«Può servire. Dipende dalla domanda dell’im-presa. Mettersi insieme con altri per incontrare opportunità o per scambiarsi esperienze è un conto; se la domanda delle imprese è di entrare

I maggiori centri fieristici del mondo (superficie espositiva in mq)

Hannover 495.000 Colonia 284.000Fiera Milano 470.000 Dusseldorf 252.000Francoforte 322.000 Valencia 231.000Barcellona 295.000 Parigi Expo 227.000Parigi Nord 290.000 Chicago 204.000

Fonte: Fiera Milano/Auma 2006

nei mercati esteri è un altro conto. Un imprendi-tore ha bisogno di altri per rinnovarsi, per essere sostenuto o per scambiare opportunità, strumen-ti o spunti utili alla propria attività. D’altro can-to, quando penetra in un mercato estero ci va con la sua specificità, con la sua originalità, con la sua autenticità. Quando è entrato nel merca-to, semmai, gli diventa più facile rimettersi in rapporto con gli altri imprenditori per aiutarsi a

vicenda. Trovare opportunità di complementa-rietà può accadere, ma non è un automatismo».Il nostro sistema fieristico è “internazionaliz-zato” a sufficienza e cosa si potrebbe fare per migliorare questo aspetto?«Nel nostro sistema fieristico possono dirsi internazionalizzati la Fiera di Milano e alcuni poli fieristici per alcune specificità. L’errore più grande del sistema fieristico nazionale è quello

verona fiere potenzia i processi di internazionalizzazione

Veronafiere ha individuato una precisa linea di incremento del proprio fatturato, at-traverso l’acquisizione di un ruolo preminente nelle aree a maggior crescita quali India, Cina, Brasile e Arabia Saudita, rafforzando la propria attività negli Stati Uniti d’America e puntando ad aumentare nel proprio quartiere fieristico la presenza di espositori e visitatori esteri che, ad oggi, registrano numeri di gran lunga superiori alle medie.La Fiera di Verona (www.veronafiere.it) sta, infatti, consolidando tale ruolo di piattaforma al servizio delle istituzi-oni e delle imprese, non solo attraverso la riproposizione negli anni di eventi all’estero, ma anche stringendo relazioni e attivando partnership con importanti enti organizzatori a livello mondiale. La logica a cui si ispira è quella di una internazionalizzazione che risponda alle esigenze degli espositori, mediante im-portanti investimenti all’estero pari a 7 milioni di euro che rappresentano il 10% del totale degli stanziamenti, autofinan-ziati, del Piano industriale 2010-2014.

A destra, L’Artigiano in fiera, la principale esposizione

del settore in Italia; nella foto in basso, veduta aerea del-

la Fiera di Verona

manifestazioni da internazionali a nazionali».Quali sono i parametri che le pmi devono se-guire nello scegliere una fiera?«Se ci si vuole approcciare al mercato globale e verificare la propria capacità di penetrarlo, conviene scegliere una manifestazione inter-nazionale che si svolge in Italia: è meglio gio-care in casa. Decisi gli ambiti e i luoghi in cui si vuole andare, si può procedere a un affondo sulle manifestazioni del continente o del Paese in cui ci si vuole introdurre, per consolidare la propria capacità di penetrazione nel mercato. In questo caso conviene individuare sui territori in cui si vuole andare dei partner o degli interlocu-tori che possano aiutare nell’introdursi in quel mercato. C’è bisogno di una serie di reti, di rela-zioni, di conoscenze, di rapporti, di competenze che le piccole imprese non possono garantirsi. In questo senso la rete estera della Compagnia delle Opere è un’opportunità per tutti, per chi da un mercato estero vuole arrivare in Italia, ma anche per gli imprenditori italiani che vogliono andare all’estero».Ha già accennato al fatto che Internet non sostituisce lo strumento fieristico. Può essere, però, uno strumento aggiuntivo per aiutare le pmi a internazionalizzarsi? Ad esempio, c’è oggi la tendenza a creare community virtuali per conservare tra un appuntamento fieristico e l’altro la rete di rapporti instauratisi duran-te l’evento.«Sono totalmente d’accordo. Internet è uno strumento. Il mezzo informatico è importante e utile perché può agevolare le relazioni tra le persone, lo scambio di esperienze. C’è il biso-gno di creare community perché sempre di più si sente la necessità di trasformare fiere da even-to eccezionale a evento ordinario di relazione e di rapporti, in cui l’eccezionalità è incontrarsi, ma l’ordinarietà è tenersi in relazione. La Rete può aiutare, ma sicuramente non sostituisce le relazioni. Sarebbe illusorio pensare che si pos-sa vivere soltanto di collegamenti virtuali. Dato che l’uomo è fatto di conoscenza, ma anche di carnalità, c’è bisogno di guardarsi, di parlarsi. Anche nel business la componente umana ha un ruolo fondamentale e genera un rapporto, basato sulla stima, che aiuta anche le attività impren-ditoriali che, altrimenti, sarebbero di breve re-spiro. È quello che in epoca medievale è stato costruito attraverso le fiere come luogo dei santi e dei commercianti, cioè un luogo di incontro. Nel mercato globale c’è sempre di più la neces-sità di incontrarsi». n

di non sostenere i punti di eccellenza già maturi. C’è una scorretta concezione di libera iniziati-va per cui, partendo dall’esigenza di coprire al meglio i propri spazi fieristici nel programma annuale, si rischia di creare confusione e di pe-starsi vicendevolmente i piedi. La ritengo una logica sbagliata e miope. Se una manifestazio-ne internazionale sul vino in Italia riesce ed è a Verona, è giusto sostenere Verona. Se una ma-nifestazione sull’oro riesce a consolidarsi a Vi-cenza, si valorizzi questa. Un’ottica provinciale, invece, fa sì che ci si freni a vicenda invece di sostenersi. È un errore che ci penalizza rispetto ai nostri concorrenti (Parigi e Francoforte). In ogni caso, l’Italia (e in particolare Milano) rap-presenta un polo internazionale capace di con-frontarsi con Monaco, Francoforte, Hannover e Parigi. La sfida verterà sui tre grandi poli tede-sco, francese e italiano e sarà sempre più aspra perché le imprese sceglieranno di partecipare a una sola fiera in America, in Europa e in Asia. Dobbiamo consolidare la nostra leadership per evitare il rischio di veder declassate le nostre

L’ingresso alla Fiera di Milano, che con i suoi 470

mila metri quadrati espositivi rappresenta uno dei

centri fieristici più grandi del mondo

Page 39: CORRIERE DELLE OPERE V

f

78 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

trade fair

uun italiano al vertice delle fiere europeePiero Venturelli, direttore generale

di Rimini Fiera, è da gennaio anche

presidente di Emeca, l’associazione

che riunisce i 18 quartieri fieristici

più grandi del Continente.

Un’opportunità per favorire i punti di

forza del sistema italiano

d i D a r i o Va s c e l l a r o

Identità, internazionalità e innovazione. Ecco le tre regole su cui punta Piero Venturelli, diret-tore generale di Rimini Fiera, da gennaio pre-

sidente di Emeca, l’associazione che riunisce i 18 quartieri fieristici, nonché gestori, più grandi d’Europa (Barcellona, Basilea-Zurigo, Bruxelles, Francoforte, Ginevra, Hannover, Lione, Lisbona, Madrid, Norimberga, Parigi, Stoccarda, Utrecht e, per l’Italia, Milano, Bologna, Verona e Rimini). Emeca rappresenta un totale di 1.070 manifesta-zioni, 321 mila espositori, 37 milioni di visitatori, 32 milioni di metri quadri venduti e un fatturato di 2,4 miliardi di euro. Garantiscono 360 mila po-sti di lavoro per un indotto di circa 16 miliardi di euro.Presidente Venturelli, che significato ha questa sua nomina e che obiettivi si pone per il suo mandato?«Questa nomina, che cade in un momento econo-mico così particolare, la considero una grande op-portunità per contribuire a rilanciare il ruolo delle fiere europee. Le realtà che aderiscono a Emeca rappresentano un vero e proprio volano, soprat-tutto per le economie dei territori che ospitano i quartieri fieristici. Il percorso che abbiamo intra-preso è dunque quello di favorire questa attività, sensibilizzando anche l’Unione europea. Come? Puntando sulle tre “i” di identità, internazionalità e innovazione. Ma anche sulla rivalutazione delle best practices dei singoli quartieri fieristici, così da favorire i punti di forza di ogni Paese e su una maggior ricerca di prodotto». Che aiuto possono dare alle aziende, oggi,

Emeca e le principali fiere europee?«Punteremo molto sull’internazionalità. Oggi, in uno scenario così complesso, le imprese non riescono ad approcciare da sole i mercati este-ri più allettanti, hanno bisogno di essere soste-nute su questo fronte indispensabile alla loro crescita. Le fiere si impegnano a promuovere la competitività e le produzioni europee fuori dall’Europa, le accompagnano nei Paesi in cui possono attecchire e sviluppare, dove il business è più in crescita. E non dimentichiamo neppure che le manifestazioni fieristiche vendono contat-ti, relazioni. E la qualità del servizio al cliente si valuta sull’offerta complessiva, quella che chia-miamo la concretezza del business, ossia il valo-re aggiunto percepito dalle aziende clienti. Che chiedono sviluppo e concretezza, in tempi rapidi. Per questo motivo le fiere europee interagiscono continuamente con le realtà istituzionali - nazio-nali, regionali e locali - del proprio Paese. Tutte le parti sanno che è dal perfetto funzionamento della macchina nel suo complesso che dipende il raggiungimento degli obiettivi e l’uscita dal tun-nel della crisi. È la squadra che vince, non solo il goleador». n

Piero Venturelli, diret-

tore generale di Rimini

Fiera e presidente di

Emeca, European Ma-

jor Exhibition Centres

Association, il sodalizio

fondato nel 1992 che

raggruppa le strutture

fieristiche proprietarie

più importanti a livel-

lo europeo (nella foto

sotto, uno scorcio della

Fiera di Rimini)

Page 40: CORRIERE DELLE OPERE V

N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 81

CASEHISTORIES

casehistories

A destra, la sede della Texma Italia a Fino Mornasco, in provincia di Como; in alto, Edmondo Matarazzo insieme al figlio Federico. Insieme portano avanti l’azienda che ha aperto nel 2009 la Texma do Brasil per entrare nel mer-cato sudamericano

meccanotessIle e non soloIl racconto della Texma Italia, che ha deciso di diversificare nel nostro Paese e di aprire un’altra società in Sudamerica

d i C a r m e l o G r e c o

La Texma Italia è un’azienda di Fino Morna-sco, in provincia di Como, fondata nel 1998 con lo scopo di fare ricerca e sviluppo nel

settore delle cucitrici e dell’automazione in campo tessile. Nel 2005 Edmondo Matarazzo ha rilevato tutte le quote della società - circa 800 mila euro di fatturato e dieci addetti - che oggi guida insieme alla moglie e al figlio Federico. Il meccanotessile è uno dei segmenti in cui l’Italia è leader mondiale, con un fatturato nel 2009 di circa 2 miliardi di euro, nonostante la crisi eco-nomica che ha colpito il comparto. Tant’è che Milano è stata scelta per l’edizione 2015 dell’It-ma, la principale fiera itinerante del settore che ha cadenza quadriennale (l’appuntamento del 2011 è a Barcellona).È stato proprio all’Itma 2007 di Monaco che Ed-mondo Materazzo ha conosciuto alcuni clienti brasiliani. «In quell’occasione - racconta - uno di loro acquistò due nostre macchine appena bre-vettate. Lo stesso cliente mi disse che in Brasile una ditta stava cercando di costruire una mac-china tessile copiando però un sistema di vec-

chio stampo. Da lì è venuta fuori l’idea di colla-borare con l’azienda brasiliana».Lo sbocco nel Paese sudamericano ha origine an-che da un’intuizione del titolare della Texma che anticipa l’impatto che la crisi avrà, di lì a poco, sull’intera filiera, fino a causare nel 2009 un calo di fatturato nell’azienda di Fino Mornasco pari al 40%. Matarazzo si prepara ad affrontare il ci-clone in tre modi: continuando a innovare e bre-vettando sistemi che rendessero la Texma unica nel panorama delle imprese di automazione nel tessile; diversificando la produzione in Italia con la realizzazione, in partnership con un’azienda di engineering, di automazione per usi industria-li diversi da quello tessile; aprendosi all’estero

quelli che hannola valigia in mano

Quando l’estero diventa un’opportunità di business

per settori “saturi”o del tutto innovativi.

Non c’è limite alla creatività del nostro tessuto

imprenditoriale e alla sua capacità di scoprire nuove

frontiere internazionali. Come dimostranole testimonianzedi queste pagine

80 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

Page 41: CORRIERE DELLE OPERE V

82 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

CASEHISTORIESnon soltanto in termini commerciali (Texma vende già in Europa, Stati Uniti e Canada) ma andando a produrre in mercati particolarmente interessanti, mercati come quello brasiliano ca-ratterizzato da una vigorosa crescita annua del Pil e composto da poco meno di 200 milioni di abitanti, cioè di potenziali consumatori. Di quest’ultima idea Edmondo Matarazzo parla con la Compagnia delle Opere che lo indirizza alla Co.Export. Insieme al consorzio per l’internazionalizzazio-ne partecipa a un paio di missioni imprendito-riali - finanziate al 50% da Regione Lombardia - in terra carioca. L’ipotesi iniziale è quella di costruire i macchinari interamente in Brasile

mento nel modo di fare impresa: sentivamo l’esi-genza di implementare i nostri mercati e abbiamo compreso che per fare ciò si dovevano ampliare i nostri orizzonti e ci si doveva armare di coraggio per fare il grande salto all’estero. Dovevamo inol-tre diversificare le nostre produzioni e per questo abbiamo intuito che l’acciaio inox poteva essere il materiale in grado di aiutarci a fare il salto di qua-lità. Entrambe le intuizioni sono state corrette e ci hanno premiato. Abbiamo utilizzato l’acciaio inox per produrre i primi corrimano, ricavando tutti i componenti dalla lavorazione meccanica e il mer-cato ci ha dato ragione, è cresciuto e lo abbiamo sviluppato sempre più, dando origine a parapetti in acciaio inox e ad altri componenti nello stesso materiale».

Agnosine è un piccolo centro della Valle Sab-bia, uno di quei comuni italiani dove ci si co-nosce un po’ tutti e dove l’economia locale si

fonda su piccole e medie imprese, specializzate prevalentemente nella produzione di maniglie e nel settore meccanico. Un tessuto imprenditoriale molto fitto che ha visto nascere e fiorire aziende tramandate di padre in figlio, imprese che parten-do dal nulla hanno saputo spiccare il volo e con-quistare terre straniere, esportando quel made in Italy di cui andiamo sempre molto fieri. Aziende come la Fer Metal, fondata nel 1967 da Francesco Feriseri, che inizialmente si è specializzata nella realizzazione di attrezzature meccaniche speciali e nel corso degli anni ha variegato la sua produ-zione.

UNA DITTA A FORTE IMPRONTA FAMILIAREChe il passaggio del testimone dai padri ai figli sia sempre una fase delicata della vita di un’azien-da lo testimonia Enrico Feriseri, primogenito di Francesco e attualmente direttore commerciale della Fer Metal. Al quale si affianca poi il fratello Maurizio che si occupa della parte amministra-tiva. «La mia entrata in azienda nel 1993 - dice Enrico Feriseri - ha comportato un netto cambia-

desIgn ItalIano PeR case RusseFer Metal è un’azienda bresciana specializzata nella

produzione di corrimano in acciaio inox apprezzati dal mercato russo per il loro singolare design

d i F r a n c e s c a G l a n z e r

Sopra, la sede della Fer Metal, fondata nel 1967 da Fran-cesco Feriseri; nella foto a destra, corri-mani in acciaio inox che l’impresa ha co-minciato a produrre a partire dagli anni Novanta, grazie an-che all’ingresso in azienda di Enrico Feriseri, figlio del fondatore

chiedendo in cambio delle royalties al partner straniero. In seguito, però, anche su consiglio dell’agente Co.Export del luogo, ci si orienta a fondare una società ex novo, la Texma do Brasil, che vede la luce nel 2009. Dall’Italia oggi arri-vano le parti tecnologiche, compreso il quadro elettrico già cablato; in Brasile si realizza il te-laio, si collauda la macchina montata, si conse-gna al cliente e ci si occupa dell’assistenza post vendita.«Fino alla metà 2011 - dice soddisfatto Mataraz-zo - siamo strapieni. Stiamo già lavorando per mandare le prime cinque macchine in Brasi-le. Il nostro obiettivo è di arrivare a venderne quest’anno almeno una ventina». n

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CASEHISTORIESLA SVOLTA DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONEAndare all’estero è un passo che, per aziende di piccole dimensioni come la Fer Metal, comporta notevoli sforzi e determina cambiamenti sia nella gestione che nell’organizzazione dell’azienda stes-sa. A un’iniziale “perlustrazione” dei nuovi mercati segue un’inversione di rotta nel management, con la conseguente necessità di formare il personale sulle specifiche esigenze (ad esempio gli adeguamenti alle normative del Paese in cui si va a esportare) e di comprendere il Paese straniero verso il quale ci si orienta.

RUSSIA, UN MERCATO ATTRATTO DAL MADE IN ITALYChe la Fer Metal abbia trovato nella Russia il merca-to ideale di sbocco lo si intuisce anche solo leggen-do la brochure di presentazione dell’azienda. Rea-lizzata in italiano, inglese e russo, ci fa comprendere come l’intuizione di espandersi all’estero sia stata vincente e come i fratelli Feriseri abbiano saputo interpretare i bisogni di un mercato fortemente in-teressato al made in Italy e al nostro design e adatto a soddisfare le esigenze espansionistiche della loro azienda. Dal 2008, grazie all’aiuto di Co.Export e a fondi ricevuti dalla Regione Lombardia, a suppor-to delle pmi che vogliono internazionalizzare, Fer Metal è entrata a tutti gli effetti nel mercato russo e da settembre dello scorso anno ha aperto in loco un ufficio commerciale. «Le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare - dichiara Enrico Feriseri - sono state molte. In primis quella linguistica, che non è da poco, e poi la burocrazia perché in Russia hanno regole completamente diverse dalle nostre. Per que-sto abbiamo deciso di trovare una persona in loco che conoscesse il territorio, le sue peculiarità, che sapesse a chi rivolgersi e come e che ci aiutasse in tutti gli iter burocratici».

INNOVAZIONE E FLESSIBILITà PER ESSERE COMPETITIVIInternazionalizzare, però, non basta. Se un’azienda vuole restare sul mercato e vuole essere competi-tiva deve anche innovare ed essere flessibile. E la Fer Metal lo sa bene. A breve l’azienda aprirà un “laboratorio di idee” che si occuperà di ricerca e sviluppo al cui interno si lavorerà su nuovi progetti che poi verranno realizzati da Fer Metal e lanciati sul mercato. E l’essere un’azienda a conduzione fa-miliare, quindi più flessibile, è sicuramente d’aiuto. Alla vocazione innovativa e tecnologica, da sempre nel Dna della Fer Metal, si aggiungono il know how tramandato di generazione in generazione e la ca-pacità di adattarsi alle esigenze della clientela e di realizzare oggetti che rispondano alle più variegate esigenze. n

«Oggi hai il mercato che ti cerchi». Gio-vanni Cipolla, presidente del Consiglio di gestione e amministratore delegato di

Enolgas Bonomi spa, riassume così la filosofia dell’azienda che produce valvole in ottone e in acciaio nonché sistemi per il controllo e il rispar-mio energetico. Come per altre imprese, la crisi ha provocato nel 2009 un rallentamento, con una flessione di circa il 17% su un fatturato consoli-dato di circa 40 milioni di euro. Tuttavia non così letale da erodere l’utile di fine anno che dovrebbe essere confermato al rialzo per il 2010. Ad altri è andata peggio. Nel settore in cui opera Enolgas ha pesato specialmente il destoccaggio nei ma-gazzini dei distributori che hanno preferito tener-li semivuoti per non ritrovarsi sul groppone trop-pa merce invenduta. Guardando ai timidi cenni di ripresa, Cipolla parla di moderato ottimismo per il futuro: «Non posso dire che siano tutte rose e fiori o che andrà bene automaticamente, perché qui si lotta tutti i giorni. Però abbiamo le munizioni, il coraggio e le persone». Che sono all’incirca 135, distribuite nel Bresciano fra lo stabilimento principale di Concesio, dove si re-alizza il valvolame, e quelli di Calvisano e Sale Marasino, comprati di recente a breve intervallo l’uno dall’altro. Gli ultimi due fanno parte della Enolgas Itech: a Calvisano si fanno motori elet-trici, mentre Sale Marasino è un’industria di cal-dareria leggera che produce, ad esempio, cassette per termoidraulica. Inoltre, una ventina dei 135 addetti complessivi sono impiegati in una del-le tre società commerciali presenti all’estero: a

ValVole made In ItalyLa Enolgas Bonomi è un’azienda del Bresciano consolidata all’estero che continua strategicamente a cercare mercati

oltrefrontiera e a sviluppare nuovi prodotti

d i C a r m e l o G r e c o

Nella foto in bas-so, il management della Enolgas Bo-nomi spa. Oggi la quota di fatturato realizzata all’estero rappresenta circa il 60% ed è distribuita su molti Paesi. Una delle prossime mete dell’azienda potreb-be essere la Russia

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CASEHISTORIES

I maestRI della RefRIgeRazIone

d i D a r i o Va s c e l l a r o

Marcold Group ha sede a Gazoldo degli Ippoliti, in provin-cia di Mantova, un paese di quasi 2.500 abitanti con una percentuale altissi-ma di attività pro-duttive che danno lavoro all’incirca a duemila addetti

Nella pianura padana, tra i fiumi Oglio e Min-cio, a circa 20 chilometri da Mantova, nel paese di Gazoldo degli Ippoliti, ha sede la

società Marcold Group, che opera da più di venti anni nel campo della refrigerazione industriale e del condizionamento con applicazioni in svariati settori, specialmente nell’agroalimentare.La Marcold è una piccola azienda (15 dipenden-ti) che ha fatturato l’anno scorso poco più di tre

La mantovana Marcold Group già esporta in diversi continenti i suoi

macchinari e si appresta a conquistare i mercati mondiali con Charly, il

refrigeratore più efficace ed “ecologico” per la conservazione dei cereali

milioni di euro. In forza del carattere innovati-vo dei suoi prodotti, però, è diventata leader di mercato nel suo settore e affronta con successo la competizione globale. Il 70% del fatturato della società mantovana, infatti, è realizzato all’estero.È quasi un segno del destino che un’azienda così inventiva, capace di realizzare macchinari unici al mondo, sia nata a Gazoldo degli Ippoliti i cui abitanti, già secoli fa, avevano dato prova di no-tevole genialità e laboriosità. Nel lontano 1590, infatti, il borgo feudale retto dalla famiglia de-gli Ippoliti era balzato alla ribalta internazionale perché sul territorio operava una fiorente officina monetaria che riproduceva con maestria monete di zecche più accreditate. L’opera dei geniali fal-sari di Gazoldo venne interrotta in seguito all’in-tervento delle due massime potenze del tempo: Impero e Papato. L’operosità della gente del luo-go, però, da allora non è certo venuta meno, tanto che l’ultimo censimento del 2001 registrava sul

cora Cipolla -, con ottime prospettive e poi buoni risultati. Adesso stiamo valutando qualche altro Paese vicino. Abbiamo anche fatto una prova su Mosca, ma è ancora in standby perché il mercato russo attualmente è fermo».Non basta però una strategia, per quanto lun-gimirante, di penetrazione dei mercati. Biso-gna essere in grado di interpretare le esigenze nuove, a cominciare da quelle legate alle fonti di energia rinnovabile. E continuare a stare al passo con l’evoluzione dei prodotti. La concor-renza cinese, ad esempio, avviene sui grandis-simi volumi, sul mass market, come può essere quello rappresentato dalle valvole per acqua. Quando parliamo di valvole per gas, invece, non solo i volumi diminuiscono, ma anche la qualità richiesta diventa «una barriera all’appetibilità». Su questa qualità, quelli della Enolgas stanno puntando tutto. n

Oberkirch in Germania, a San Paolo in Brasile e a Fort Lauderdale, dieci miglia a nord di Miami.Le filiali tedesca e brasiliana sono state avviate una decina d’anni fa. «Allora, il progetto di inter-nazionalizzazione - spiega Giovanni Cipolla - fu voluto dal maggior azionista dell’Enolgas, San-dro Bonomi, che all’epoca rivestiva l’incarico di amministratore delegato. Le sede americana si è aggiunta nel 2008, con lo scopo di vendere a uso dei grattacieli soprattutto valvole motorizzate per impianti di aria condizionata e sistemi per il con-trollo della perdita d’acqua».Oggi la quota di fatturato realizzata all’estero rappresenta circa il 60% ed è distribuita su molti Paesi, a eccezione dell’Africa centrale e del Far Est. Il lavoro con Co.Export si è sviluppato nel corso degli anni a partire dal 2006, dapprima in Kazakhstan e successivamente in Sudamerica. «Nel 2008 siamo partiti bene con il Cile - dice an-

Accordo Cdo-UniCreditProsegueÊe Êsi Êr afforzaÊl aÊ

partnershipÊf raÊUni CreditÊe Êl aÊ

CompagniaÊde lleÊOpe reÊco nÊi lÊ

nuovoÊa ccordoÊ2011

LaÊ convenzioneÊ • Ê stataÊ aggiornataÊ perÊ renderlaÊsempreÊ pi• Ê rispondenteÊ alleÊ esigenzeÊ creditizieÊdelleÊ impreseÊ associate,Ê aÊ partireÊ dalleÊ condizioniÊsui finanziamenti a breve termine ed alla intro-duzione di nuove soluzioni finanziarie disegnate specificatamente per accompagnare le aziende inÊ questaÊ faseÊ economicaÊ cheÊ mostraÊ iÊ primi,Ê ti-midi,Ê segnaliÊ diÊ ripresaÊ inÊ terminiÊ diÊ nuoviÊ investi-mentiÊ eÊ ordini.Ê IlÊ tuttoÊ confermandoÊ lÕ obiettivoÊ diÊfondoÊ dellÕ accordo,Ê che,Ê inÊ questiÊ anni,Ê • Ê sempreÊstato quello di offrire soluzioni per la gestione fi-nanziariaÊ delleÊ PMIÊ cheÊ sianoÊ utili,Ê convenientiÊ eÊdiÊ sempliceÊ utilizzo.Ê PerÊ garantireÊ valoreÊ aggiuntoÊperÊ lÕ associatoÊ eÊ unÊ puntoÊ diÊ contattoÊ privilegiatoÊconÊ laÊ Banca.ÊTanteÊ eÊ importantiÊ leÊ novitˆ Ê introdotteÊ conÊ ilÊ nuo-voÊ accordoÊ 2011.Ê FraÊ queste,Ê daÊ segnalareÊ quelleÊpensateÊ perÊ agevolareÊ leÊ PMIÊ nelÊ rapportoÊ conÊ laÊpubblica amministrazione e per le esigenze di fi-nanziamentoÊ diÊ tuttoÊ ilÊ cicloÊ produttivo.Ê InÊ pi• ,Ê daÊquestÕ anno,Ê sarˆ Ê possibileÊ monitorareÊ lÕ effettivoÊrisparmioÊ cheÊ laÊ convenzioneÊ permetteÊ rispettoÊaiÊ costiÊ diÊ mercato.Ê AndandoÊ nelÊ dettaglioÊ daÊsegnalareÊ che,Ê perÊ quantoÊ riguardaÊ leÊ impreseÊfornitriciÊ dellaÊ PubblicaÊ AmministrazioneÊ cÕ • Ê Enti-Cash: linea di fido a breve termine per smobilizzo crediti commerciali finalizzata ad anticipare gli in-cassiÊ diÊ creditiÊ eÊ contrattiÊ Ê legatiÊ aÊ rapportiÊ conÊ gliÊEnti pubblici, con adempimenti molto semplificati perÊ leÊ impreseÊ creditriciÊ degliÊ oltreÊ 130Ê EntiÊ giˆ ÊconvenzionatiÊ conÊ laÊ Banca.ÊPerÊ quantoÊ riguarda,Ê invece,Ê leÊ esigenzeÊ delÊ ci-clo produttivo la soluzione è Supercash: affida-mentoÊ aÊ breveÊ termineÊ destinatoÊ aÊ sostenereÊ ilÊcicloÊ produttivoÊ (12Ê mesi)Ê conÊ concessioneÊ diÊ unÊplafondÊ inizialeÊ perÊ acquistoÊ scorteÊ conÊ opzioneÊdi conversione automatica alla scadenza in fido autoliquidante.Ê QuestaÊ soluzioneÊ • Ê disponibileÊancheÊ inÊ versioneÊ revolvingÊ -Ê SupercashÊ rotativoÊ-, cioè un affidamento a breve termine destinato aÊ sostenereÊ lÕ interoÊ cicloÊ produttivoÊ dellÕ impresaÊ(12Ê mesi)Ê conÊ utilizzoÊ perÊ investimentiÊ eÊ acquistoÊscorte/anticipoÊ suÊ contratti.Ê Ê

PerÊ scegliereÊ alÊ meglioÊ leÊ soluzioniÊ offerteÊ dallaÊconvenzioneÊ eÊ avereÊ unÊ risparmioÊ certoÊ siÊ pu˜ ÊpoiÊ utilizzareÊ loÊ strumentoÊ diÊ calcoloÊ delÊ rispar-mio.Ê SiÊ trattaÊ diÊ unÊ softwareÊ inÊ gradoÊ diÊ confron-tareÊ iÊ costiÊ delÊ proprioÊ contoÊ correnteÊ conÊ unoÊdeiÊ prodottiÊ inÊ convenzione.Ê InÊ particolare,Ê ilÊ c/cÊvieneÊ suddivisoÊ inÊ treÊ areeÊ tematicheÊ (tassiÊ diÊ in-teresse,Ê speseÊ diÊ gestione,Ê operazioniÊ tecniche),ÊeÊ perÊ ogniÊ areaÊ vieneÊ evidenziataÊ laÊ differenza,ÊinÊ terminiÊ diÊ costi,Ê traÊ iÊ diversiÊ prodotti.Ê TutteÊ leÊsediÊ localiÊ dellaÊ CdoÊ loÊ hannoÊ aÊ disposizioneÊ eÊperÊ utilizzarloÊ bastaÊ recarsiÊ pressoÊ laÊ propria,Ê conÊilÊ prospettoÊ delleÊ condizioniÊ diÊ contoÊ corrente,Ê inÊmodoÊ daÊ trovareÊ laÊ soluzioneÊ pi• Ê convenienteÊ inÊbaseÊ alleÊ esigenzeÊ espresse.LeÊ informazioniÊ necessarieÊ perÊ poterÊ confrontareÊleÊ soluzioniÊ sono:lÊ Ê tassoÊ creditoreÊ eÊ numeriÊ creditorilÊ tassoÊ debitoreÊ eÊ numeriÊ debitorilÊ Ê eventualiÊ formeÊ tecnicheÊ utilizzateÊ conÊ iÊ re-

lativiÊ numeriÊ debitoriÊ (siÊ intendonoÊ inÊ questoÊcasoÊ leÊ formeÊ tecnicheÊ comeÊ SmobilizzoÊSBFÊ eÊ anticipoÊ fatture)

lÊ Ê commissioniÊ diÊ massimoÊ scopertolÊ Ê costiÊ diÊ gestioneÊ delÊ contoÊ correnteAderireÊ alleÊ convenzioniÊ • Ê semplicissimo:Ê bastaÊrivolgersiÊ allaÊ sedeÊ localeÊ dellaÊ CompagniaÊ delleÊOpereÊ eÊ ritirareÊ ilÊ moduloÊ PassÊ perÊ laÊ convenzioneÊbancaria. Infine, è sempre la sede locale di Cdo ilÊ luogoÊ aÊ cuiÊ rivolgersiÊ perÊ qualsiasiÊ informazio-ne, per verificare le condizioni economiche legate allaÊ propriaÊ classeÊ diÊ ratingÊ eÊ perÊ avereÊ maggioriÊdettagliÊ sulleÊ opportunitˆ Ê offerteÊ dallÕ accordoÊ conÊUniCredit.Ê

informazioneÊp ubblicitaria

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N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 89

CASEHISTORIES

88 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

CASEHISTORIESterritorio del Comune ben 72 attività industriali con 1965 addetti (su 2447 abitanti!).

Charly va in giro per il mondoIn questo terra così generosa di imprenditoria-lità, la Marcold, nata nel 1992, si è ritagliata un posto d’onore. La società, guidata dall’energico settantenne Alberto Mari, realizza macchine che servono per le più svariate applicazioni del fred-do, ma principalmente per quelle di refrigerazio-ne. Si tratta di macchine capaci di raggiungere temperature dell’ordine di 40-45 gradi sotto lo zero, come quelle utilizzate nell’industria del gelato. La società è anche distributrice di una società tedesca leader mondiale dei compressori frigoriferi.Il fiore all’occhiello della Marcold, quello con il quale l’azienda ha in animo di sfondare sui mercati internazionali, è l’ultimo “nato”: il refrigeratore Charly che, nei vari modelli esistenti, è quanto di più tecnologicamente avanzato esista nel campo delle macchine frigorifere per granaglie. La macchina, destinata a essere installata negli enormi silos (da 20 a 30 me-tri d’altezza e con una capacità fino a 40 mila quintali) dove vengono stoccati i cereali (orzo, grano, mais, riso) permette di conservarli in maniera ottimale anche per 6-8 mesi. I pro-dotti, così, possono essere immagazzinati e venduti quando i prezzi sono più convenienti. I refrigeratori della serie Charly, interamente progettati e costruiti dalla Marcold Group, sono i più diffusi nei più importanti centri di stoccaggio, perché decisamente più avanzati, dal punto di vista tecnologico (con una grande attenzione al risparmio energetico), rispetto a quelli prodotti dai competitor. Essendo un tipo di macchina plug-in (basta attaccarla alla corrente ed è già pronta a fun-zionare), nonché completamente automatica (il software è in-teramente sviluppato dalla Marcold), il prodotto della società mantovana si presta molto ad “andare in giro per il mondo”.La Marcold non vende i propri prodotti ai produttori agricoli, ma a chi realizza i grandi silos che verranno poi venduti ai produttori. È a distributori che siano in grado di vendere le macchine, di fornire un minimo di assistenza all’avviamen-to e di fare il post-vendita, dunque, che si rivolgono le at-tenzioni dell’azienda guidata da Alberto Mari. Dopo essere penetrata in Grecia, in Serbia, in Slovenia e in Croazia, la Marcold ha cominciato a saggiare il mercato latino-america-no in Argentina e poi si è rivolta con decisione al Brasile, un Paese-Continente che produce un’enorme quantità di cereali e che, dunque, può essere estremamente interessato ai prodot-ti dell’azienda. Grazie all’aiuto di Co.Export, la Marcold ha realizzato una proficua partnership con un produttore brasi-liano di silos speciali per sementi.

Non si può fare tutto da soli«Prima di ricorrere all’aiuto dei professionisti di Co.Export - ricorda Alberto Mari - abbiamo fatto da soli qualche tentativo

un’ImPResa al femmInIle

Millutensil è un’azienda milanese specializza-ta in presse prova stampi, equipaggiamenti per presse e nastri trasportatori. Millutensil

è sempre stata conosciuta in numerosi Paesi del mondo grazie alla qualità e all’innovazione che caratterizzano i suoi prodotti. Un forte processo di internazionalizzazione e una grande propensione verso nuovi mercati hanno sempre caratterizzato fin dai primi anni l’attività dell’azienda milanese, come ci racconta in questa intervista Beatrice Just, una delle tre donne a capo della Millutensil.Quando e da chi è stata fondata l’azienda?«Millutensil è stata fondata nel 1955 da mia ma-dre Luigia Assi. Mio padre, che era tedesco e che di cognome faceva Just, ha collaborato per diversi anni nell’azienda, ma è purtroppo mancato im-provvisamente nel 1983».Anche oggi il management è completamente al femminile.«Mia madre, mia sorella Veronica e io siamo i tre soci. In effetti ciò non è usuale, specialmente nel settore della macchina utensile. Io sono responsa-bile commerciale per l’estero, mia sorella Veroni-ca segue l’amministrazione, il personale e alcuni clienti direzionali italiani, mia madre è ammini-stratore unico della società e segue ancora assidua-mente lo stabilimento. Mio cognato segue la pro-duzione e l’installazione dei nostri macchinari».Quando e come avete cominciato a internazio-nalizzare?«Da sempre. Mio padre era tedesco e pertanto fin dai primi anni abbiamo lavorato specialmente con la Germania. Da quando l’azienda è stata fondata importiamo dei prodotti (normalizzati per stampi) di una nota azienda tedesca di nome Fibro della quale siamo esclusivisti per l’Italia. Abbiamo,

Dal 1955, grazie al successo delle sue presse prova stampi, la milanese Millutensil, guidata da Luigia Assi Just e dalle sue due figlie, è stata conosciuta in numerosi Paesi del mondo e oggi affronta con sempre maggiore convinzione la strada dell’internazionalizzazione

Milleutensil (sopra, il team aziendale guidato da Luigia Assi e dalle figlie Veronica e Beatri-ce, al centro della foto) è sempre sta-ta conosciuta in numerosi Paesi del mondo grazie al successo delle pres-se prove stampi e al notevole sviluppo negli ultimi anni de-gli equipaggiamenti per presse

di scouting per cercare dei partner. Abbiamo presto capito, però, che un’attività di questo tipo richiede una struttura in loco. Nel caso del Brasile, ad esempio, se io avessi dovuto andare a cercare da solo delle aziende che facevano al caso mio avrei sprecato un sacco di soldi e di tempo. Dopo che ho spiegato le mie esigen-ze, invece, quelli di Co.Export hanno studiato il mercato, hanno selezionato un certo numero di aziende e, dopo un ulteriore screening, ne abbiamo selezionate 7-8 che abbiamo visitato. Dopo la visita ne abbiamo scelte un paio che facevano al caso nostro. Il ruolo di Co.Export, dunque, è stato essenziale e ci ha permesso di portare a casa ottimi risultati».

Niente passi più lunghi della gambaDopo il successo in Brasile, la Marcold sta rivolgendo la sua attenzione ad altri due promettenti mercati: quello russo e quello polacco. Anche in questo caso sta risultando fonda-mentale l’ausilio di Co.Export, soprattutto per la Russia, Pae-se che richiede complesse certificazioni.Nella sua espansione sui mercati internazionali la Marcold si fa guidare dal buon senso. «È chiaro - dice Mari - che non possiamo fare il passo più lungo della gamba. Cerchiamo di far crescere la struttura in maniera armonica, senza trop-pi strappi». Niente progetti arditi, dunque, che metterebbe-ro l’azienda in difficoltà, magari imponendo ritmi produttivi insostenibili. Massima attenzione, ancora, nella scelta dei partner che devono assicurare determinate caratteristiche (struttura commerciale, struttura tecnica) al fine di risultare indipendenti e non gravare sulla Marcold.Sempre per evitare il “passo più lungo della gamba” alla Mar-cold hanno per il momento deciso di non rivolgere la propria attenzione alla Cina, un mercato eccessivamente esteso per le dimensioni della società mantovana e nel quale i rischi della contraffazione sono troppo elevati (i tecnici cinesi sarebbero felici di “rubare” i segreti di un macchinario all’avanguardia come quello prodotto dalla Marcold).

Il futuro è nelle nicchieIl caso della Marcold testimonia che le imprese italiane, nonostante le loro ridotte dimensioni, possono riuscire a in-ternazionalizzarsi con successo se hanno la capacità di re-alizzare prodotti innovativi e se riescono a individuare una “nicchia”, cioè una parte di mercato che la concorrenza non ha ancora raggiunto, o che essa ha parzialmente occupato, ma in maniera tale da non venire incontro soddisfacentemente alla domanda.Ci vogliono, poi, il coraggio e l’intraprendenza che non man-cano certo ai nostri imprenditori. La stessa ardimentosa in-traprendenza che ha dimostrato Alberto Mari, degno erede dei geniali artigiani della “zecca” feudale di Gazoldo degli Ippoliti. n

Alberto Mari, pre-sidente di Marcold Group

d i D a r i o Va s c e l l a r o

inoltre, sempre dedicato grandissima attenzione all’esportazione dei nostri macchinari, dapprima verso l’Europa e poi anche verso il Nord America, la Russia, l’India e la Cina».Qual è stato il vostro approccio ai mercati esteri e com’è cambiato nel corso del tempo?«Una volta internazionalizzare era quasi un “di più” che si aggiungeva a un importante fatturato realizzato nel mercato interno. Oggi internazio-nalizzare è una necessità senza la quale non si sopravvive e non si progredisce. Di conseguenza cambiano le strategie e le priorità. Si cerca pertanto di rafforzare la rete di vendita all’estero (special-mente nei Paesi emergenti) e di aumentare la pro-pria presenza partecipando a fiere e migliorando il servizio verso i propri clienti per fidelizzarli (ad esempio, garantendo un buon servizio di assistenza tecnica in loco)».Quali sono i mercati esteri dove siete maggior-mente presenti?«Europa (in particolare in Germania e Francia), Est Europa (Polonia e Repubblica Ceca), Nord Ame-rica, India, Cina e Russia. Stiamo cercando di pe-netrare il Brasile che riteniamo essere un mercato interessante per i nostri prodotti».Qual è la vostra quota di fatturato realizzata all’estero?«Mediamente il 50%, ma tenderà ad aumentare ancora».

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N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 91

CASEHISTORIES

90 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

CASEHISTORIESAvete modificato la vostra governance e svilup-pato percorsi di formazione interni per intra-prendere la strada dell’internazionalizzazione?«Stiamo pianificando dei corsi di formazione inter-ni. In particolare corsi di inglese per i nostri tecnici che girano il mondo e sentono in modo particolare questa esigenza. Certamente, una volta finita de-finitivamente questa crisi mondiale, ci sarà anche più serenità e tranquillità per dedicarsi maggior-mente alla formazione».Quanto investite in innovazione per rimanere competitivi sui mercati globali?«L’innovazione occupa una fetta molto importante per la nostra azienda. Abbiamo specialmente inve-stito in risorse umane, in particolare nell’ambito dell’ufficio progettazione. Nel nostro settore si rie-sce ancora a ottenere margini solo se si è in grado di realizzare progetti con un alto grado di comples-sità tecnologica e di customizzazione. Pertanto per noi innovare significa riuscire a proporre sempre in breve tempo soluzioni tecnologicamente comples-se, taylor-made e a un prezzo ragionevole».Quali sono i vostri principali competitor con i quali vi confrontate sui mercati globali?«I nostri competitor in Europa sono tutte aziende molto più grandi e strutturate di noi, specialmente tedesche e francesi. Noi però, di contro, riusciamo a essere estremamente più flessibili e anche meno cari dei nostri colleghi europei e ciò in questo mo-mento è particolarmente apprezzato dalla nostra clientela. La concorrenza asiatica, invece, non la percepiamo fortunatamente ancora in Europa, ma solo in Asia. È prevalentemente una concorrenza di prezzo, non di qualità e tecnologia».Dopo la recente crisi, avete dovuto rivedere le vostre strategie di internazionalizzazione?«No, la crisi non ha fatto mettere in discussione le nostre strategie, le ha semplicemente rallentate. Dove vogliamo arrivare lo abbia-mo bene in mente. È chiaro che per colpa della crisi sono a volte mancate le risorse e pertanto an-che le buone idee hanno subìto inevitabilmente un rallentamento nella loro realizzazione».Com’è nata la vostra collabora-zione con Co.Export e perché avete scelto di affidarvi a que-sta struttura?«La collaborazione con Co.Export è nata un po’ per caso. Abbiamo presentato un proget-to di internazionalizzazione che

prevedeva anche l’assegnazione di voucher sia in Russia che in Cina. In entrambi i Paesi ci hanno aiutato a trovare degli agenti e a fare dettagliate analisi di mercato per aiutarci a prendere le deci-sioni giuste. Abbiamo trovato personale altamente qualificato, disponibile e cordiale. Il prossimo pro-getto che realizzeremo con loro riguarda il mercato brasiliano che è per noi di grande interesse».Quali sono stati i vostri più recenti successi all’estero e quali i vostri prossimi progetti di in-ternazionalizzazione? Su quali Paesi puntate e come vi state attrezzando per penetrarne i mer-cati?«I nostri maggiori successi recenti sono quelli di essere riusciti ad annoverare tra i nostri clienti aziende molto prestigiose ed esigenti come Bmw, Bosch Siemens e Magna. I nostri futuri progetti di internazionalizzazione riguardano ovviamente i Paesi emergenti Bric in cui vi è una domanda mol-to forte, ma anche spesso una disponibilità limita-ta ad acquistare a prezzi alti. La sfida è quella di riuscire a posizionarsi bene in questi Paesi con il prodotto giusto, ma con un prezzo competitivo. Le strade percorribili sono: decentrare la produzione in Paesi a minor costo, oppure riuscire a sviluppare dei prodotti low cost in Italia con un buon grado di tecnologia, ma a costi più contenuti». n

Un forte processo di internaziona-lizzazione e una grande propensione verso nuovi mercati hanno sempre ca-ratterizzato fin dai primi anni l’attivi-tà di Millutensil. Il confronto con altre realtà, tecnologica-mente molto avan-zate, è stato spesso stimolo di migliora-mento e occasione di crescita profes-sionale

«adesso PuntIamo al bRasIle»

d i F r a n c e s c a G l a n z e r

Weiler Italia, che ha sede a Corbetta in provincia di Milano, esporta in tutto il mondo macchinari per la produzione di elementi precompressi in calcestruzzo

Che l’internazionalizzazione sia unanime-mente considerata uno degli strumenti più validi a disposizione delle pmi per restare

sul mercato e per essere competitive, sia a li-vello nazionale che internazionale, è un dato di fatto. Sbarcare nei mercati esteri rappresenta per molte aziende uno dei mezzi più efficaci per continuare nel loro cammino imprenditoriale, ma al tempo stesso uno degli impegni maggio-

ri. Perché internazionalizzare è indispensabile, ma richiede un grande sforzo per le imprese che devono, molto spesso, ristrutturarsi e cambiare completamente modalità di intraprendere. De-vono quindi passare da un management pura-mente familiare e artigianale a uno improntato su una visione completamente diversa.È accaduto così anche alla Weiler Italia, un’azienda specializzata nella realizzazione di

La Weiler Italia è un’azienda specia-lizzata nella produ-zione di elementi precompressi in cal-cestruzzo

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CASEHISTORIES

Dieci anni fa la Weiler Italia ha deciso di andare all’estero. Oggi il mercato straniero rappresenta il 90% del fatturato com-plessivo

macchinari per la produzione di elementi pre-compressi in calcestruzzo, nata nel 1970 e giun-ta alla seconda generazione. «Per noi il salto di qualità - dichiara Silvio Perego, amministratore unico dell’azienda e figlio del fondatore - è av-venuto dieci anni fa, quando ci siamo resi conto che il mercato italiano non bastava più e abbia-mo fatto un’inversione di tendenza. Abbiamo deciso di andare all’estero e siamo stati premia-ti. Attualmente, infatti, il mercato straniero rap-presenta il 90% del nostro fatturato».

DA CORBETTA AL MONDOSilvio Perego e il fratello Adriano, direttore tec-nico della Weiler Italia, hanno ben chiaro cosa voglia dire fare impresa. Grazie agli insegna-menti del padre e all’esperienza maturata sul campo, hanno saputo osservare i mercati e capi-re quali mosse strategiche fossero indispensabi-li per la loro azienda. Staccatisi nel 1982 dalla casa madre tedesca Weiler e diventati una socie-tà italiana a tutti gli effetti, hanno deciso dap-prima di curare il mercato italiano e in seguito alla crisi di orientarsi oltre confine alla ricerca di nuovi clienti. E molti sono i Paesi in cui sono riusciti a penetrare: Spagna, Francia, Belgio, Polonia, Austria, Germania, Romania, Bulgaria per poi crescere in Russia, Kazakhstan, Bielo-

russia, Ucraina, Tunisia, Algeria, Emirati Arabi e Qatar. Ma la voglia di espandersi continua a crescere: tra i progetti dell’immediato futuro c’è infatti il mercato brasiliano. E per un do-mani? Sicuramente l’India, gli Stati Uniti e una maggiore presenza nei Paesi del Maghreb.

BISOGNA SAPER INTERPRETARE I MERCATI…«Per conquistare nuovi mercati bisogna dappri-

Alleato dell’ediliziaSOAÊ NordÊ AlpiÊ • Ê unÊ interlocutoreÊ unicoÊ perÊ gliÊ esecutoriÊ diÊ LavoriÊ Pubblici

Il sistema unico di qualificazione per gli esecutori diÊ LavoriÊ Pubblici,Ê cos“ Ê comeÊ oggiÊ loÊ conoscia-mo,Ê nasceÊ conÊ laÊ LeggeÊ 109Ê delÊ 1994,Ê laÊ cosid-detta “Legge Merloni”. Successivamente, con lÕ entrataÊ inÊ vigoreÊ delÊ D.P.R.Ê 34/2000Ê (ilÊ Regola-mento),Ê ilÊ LegislatoreÊ haÊ stabilitoÊ cheÊ ilÊ proces-so di qualificazione fosse demandato a società private, denominate SOA – “Società Organismo di Attestazione” –, società per azioni aventi par-ticolariÊ requisitiÊ strutturali,Ê professionaliÊ eÊ morali.L’Attestazione di qualificazione che viene rila-sciata dalle SOA alle imprese ne certifica i requi-sitiÊ tecniciÊ adÊ eseguireÊ lavoriÊ pubbliciÊ conÊ riferi-mentoÊ adÊ unaÊ oÊ pi• Ê lavorazioniÊ (leÊ c.d.Ê categorie)Êfino a determinati importi (le c.d. classifiche d’im-porto).Ê IlÊ possessoÊ dellÕ AttestazioneÊ • Ê condizioneÊnecessariaÊ allÕ esecuzioneÊ aÊ qualunqueÊ titoloÊ ÐÊ siaÊinÊ appaltoÊ siaÊ inÊ subappaltoÊ ÐÊ diÊ lavoriÊ pubbliciÊ diÊimportoÊ superioreÊ aÊ EÊ 150.000.LÕ AttestazioneÊ vieneÊ rilasciataÊ alleÊ impreseÊ aÊ se-guito di una meticolosa verifica tecnica ed eco-nomicaÊ delÊ loroÊ operato,Ê siaÊ inÊ ambitoÊ pubblicoÊcheÊ inÊ ambitoÊ privato,Ê conÊ riferimentoÊ agliÊ ultimiÊcinqueÊ anniÊ dallÕ inizioÊ dellaÊ proceduraÊ attestati-va.Ê EssaÊ haÊ unaÊ durataÊ temporaleÊ quinquennaleÊcon una verifica entro il terzo anno del permanere deiÊ requisitiÊ diÊ ordineÊ strutturaleÊ (segnatamenteÊlÕ adeguatoÊ costoÊ sostenutoÊ perÊ ilÊ personaleÊ di-pendenteÊ eÊ perÊ lÕ attrezzaturaÊ tecnicaÊ detenuta).AÊ ormaiÊ dieciÊ anniÊ diÊ distanzaÊ dallaÊ pubblicazioneÊdel D.P.R. 34/2000 lo scenario della qualificazio-neÊ SOA,Ê delleÊ impreseÊ attestateÊ eÊ delÊ mercatoÊ

degliÊ appaltiÊ diÊ lavoriÊ pubblici,Ê • Ê profondamenteÊcambiato.LaÊ realtˆ Ê attualeÊ vedeÊ SOAÊ NordÊ AlpiÊ S.p.A.Ê collo-carsiÊ aiÊ primissimiÊ postiÊ nelÊ panoramaÊ nazionaleÊdelleÊ SOAÊ perÊ numeroÊ diÊ impreseÊ attestate,Ê conÊunaÊ rafforzataÊ strutturaÊ operativaÊ diÊ professionistiÊqualificati dislocati sul territorio per essere quo-tidianamente al fianco delle Imprese. Alla vigilia dellÕ entrataÊ inÊ vigoreÊ delÊ nuovoÊ RegolamentoÊ suiÊcontrattiÊ pubbliciÊ (D.P.R.Ê 207/2010),Ê SOAÊ NordÊAlpiÊ siÊ proponeÊ aiÊ suoiÊ clientiÊ comeÊ unaÊ guidaÊper affrontare le sfide di un mercato sempre più competitivoÊ eÊ diÊ unaÊ normativaÊ inÊ continuaÊ evo-luzione.SOAÊ NordÊ AlpiÊ S.p.A.Ê siÊ contraddistingueÊ inoltreÊperÊ avereÊ alÊ suoÊ internoÊ unÊ organicoÊ diÊ tecniciÊdotatiÊ diÊ adeguataÊ professionalitˆ Ê edÊ esperien-zaÊ maturataÊ nelÊ settoreÊ deiÊ LavoriÊ PubbliciÊ eÊ nelÊsettoreÊ delleÊ ImpreseÊ diÊ costruzioni.Ê OffreÊ allÕ Im-presaÊ unÊ unicoÊ interlocutoreÊ inÊ gradoÊ diÊ accom-pagnarlaÊ siaÊ duranteÊ cheÊ successivamenteÊ lÕ iterÊdiÊ attestazione,Ê garantendoÊ unÊ direttoÊ contattoÊconÊ laÊ SOAÊ eÊ riducendoÊ cos“ Ê alÊ minimoÊ interventiÊesterniÊ diÊ consulenzaÊ oÊ diÊ intermediazione.SOA Nord Alpi, infine, aggiorna costantemente i propriÊ clientiÊ sullaÊ complessaÊ normativaÊ degliÊ Ap-paltiÊ Pubblici,Ê medianteÊ mailingÊ eÊ comunicazioniÊinformative.ÊSOAÊ NordÊ AlpiÊ S.p.A.Ê haÊ unaÊ strutturaÊ capillareÊnelÊ NordÊ eÊ Centro-ItaliaÊ conÊ sedeÊ aÊ PadovaÊ edÊ uf-fici tecnico-commerciali a Torino, Udine, Verona, Trento,Ê Bolzano,Ê MilanoÊ eÊ Roma.

informazioneÊp ubblicitaria

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94 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

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ma conoscerli». Con questa frase Silvio Pere-go riassume tutto ciò che sta alla base dell’in-ternazionalizzazione: in primis una perlustra-zione guidata, in questo caso con l’ausilio di Co.Export, dei territori in cui si vuole esportare, in secondo luogo un’indagine delle esigenze, delle peculiarità e dei bisogni del Paese in cui si va a esportare e in terzo luogo la ricerca di un partner locale, in grado di padroneggiare la lin-gua e la burocrazia locali. Perché nella selezio-ne del partner locale sta la fortuna di una mis-sione estera: è lui che si occupa della commer-cializzazione dei prodotti e dell’assistenza per gli stessi, che diventa il riferimento e il supporto per il cliente ed è lui che consente di superare le distanze geografiche che, nel caso della Russia, ad esempio, sono davvero immense.

…CONSERVANDO LO SPIRITO AZIENDALE E INNOVANDOFedeli alla loro filosofia aziendale, improntata su una radicata concezione dell’etica del lavoro e sul principio di onestà e di attenzione al clien-te, ma sempre con un’ottica del lavoro medio-

una carta vincente e necessaria, e pertan-to che era fondamentale produrre là dove esisteva la domanda, evitando così gli aggravi di costo dovuti al trasporto degli imballaggi. Così, a partire dalla fine de-gli anni 80, per successive acquisizioni, comincia a prendere corpo il Gruppo Asa che oggi conta uno stabilimento a San Marino, quattro stabilimenti italiani, uno stabilimento in Belgio e uno, di recente acquisizione, in Svizzera. Con i suoi ol-tre 400 dipendenti, il Gruppo Asa è in grado di fornire scatole per olio alimentare e per prodotti tecnici, come smalti, diluenti, vernici, inchiostri e lubrificanti; scatole per conserve, vegetali, frutta, carni, pesce, soup e grassi.

La necessità di andare all’esteroAlcuni anni fa il management del Gruppo Asa ha preso atto che il mercato italiano, da sempre punto di riferimento per le aziende sanmarinesi, non era più sufficiente per garantire lo sviluppo dell’azienda. Causa la graduale migrazione dagli imballaggi metallici ad altri tipi di imballaggi, infatti, erano diminuite le quote di mercato nel nostro Paese. Inoltre, il processo di agglomera-zione svolto da parte di aziende multinazionali che hanno comprato molte aziende in Italia e

chiuso stabilimenti di produzione nel no-stro Paese, ha spostato i centri decisionali degli acquisti a livello europeo. Questi due fattori hanno portato il Gruppo san-marinese a confrontarsi con l’estero, alla ricerca di clienti e mercati più diversifi-cati che mettessero l’azienda al riparo in situazioni di crisi come quella verificata-si in questi anni. Come già accennato, la strategia del Gruppo Asa è stata quella di penetrare i nuovi mercati acquisendo sta-

bilimenti produttivi in loco. Così è stato fatto ad Anversa, e così è avvenuto, nel 2009, in Svizzera, sul lago di Costanza, dove il Gruppo ha acquisito un’azienda storica (fondata nel 1875) che versava in cattive acque.

La sfida svizzeraL’acquisizione dell’azienda elvetica ha permesso al Gruppo Asa di introdurre nel proprio portfo-lio nuovi prodotti: lattine per il settore food, per aerosol e per il latte in polvere. L’acquisizione, inoltre, ha offerto al Gruppo sanmarinese l’op-portunità di entrare in nuovi mercati: quello sviz-zero e quello tedesco. Notevoli sono state anche le economie di scala raggiunte con l’acquisizio-ne dell’azienda elvetica. A San Marino vengono prodotti la maggior parte dei semilavorati che poi

Sopra, lo stabili-

mento svizzero del

Gruppo Asa

PensaRe globalmente, agIRe localmente

d i D a r i o Va s c e l l a r o

Asa, il più grande gruppo indipendente italiano nella produzione di imballaggi metallici, ha capito che bisogna essere presenti con strutture produttive nei mercati che si vogliono avvicinare

Le storie che abbiamo raccontato nelle pagine precedenti riguardano aziende italiane che hanno messo in atto con successo processi di

internazionalizzazione. Questa volta, invece, ci occupiamo di un’azienda “straniera” che, nel cor-so degli anni, ha dato vita al più grande gruppo indipendente italiano nella produzione di imbal-laggi metallici. Stiamo parlando del Gruppo Asa di San Marino, un pool di aziende che si caratte-rizza per l’ampia gamma di prodotti e per l’alto livello qualitativo della produzione. Il Gruppo Asa ha la sua origine nel 1960 quando nasce Asa San Marino con il preciso scopo di produrre sca-tole per prodotti ittici. Nel corso degli anni Asa ha ampliato la gamma di prodotti sviluppando, all’interno dello stabilimento di San Marino, la produzione di imballaggi per il settore oleario e per il settore chimico. Sin da allora sensibile alle sempre maggiori esigenze del mercato, Asa ha capito che la centralità rispetto agli stessi era

La strategia di penetrazione nei mercati esteri del Gruppo Asa, realizzata attraverso

l’acquisizione di “teste di ponte” produttive, ha avuto risultati ragguardevoli: nel 2003

l’incidenza del fatturato estero su quello totale del Gruppo era del 15%, nel 2009 era

salito al 31% (sopra, Francesco e Michele Amati, rispettivamente coo e assistente alla

Direzione del Gruppo Asa)

lunga, i fratelli Perego sono riusciti, facendo esperienza sul campo e puntando sulla qualità dei loro prodotti, a penetrare anche i mercati più ostici. «Abbiamo conquistato il mercato russo - dice Silvio Perego - con un particolare pan-nello alveolare che realizziamo in calcestruzzo. Storicamente in Russia lo impiegano da anni come elemento costruttivo; se quindi prima lo realizzavano con sistemi molto vecchi e costosi, caratterizzati dalla scarsa produttività e dall’im-piego di molta manodopera, oggi con i nostri impianti impiegano un quinto della manodope-ra e riescono a produrre quattro volte quello che producevano un tempo. L’innovazione - sottoli-nea Silvio Perego - per noi è un elemento molto importante. Grazie a investimenti in sistemi di progettazione molto avanzati siamo in grado di realizzare prodotti personalizzati. Per noi lo standard non esiste perché riteniamo importante adattarci alle esigenze del cliente e mettere in cantiere sempre progetti nuovi. Ogni nostra in-novazione trae spunto infatti sia dalle esigenze dei mercati che dalle richieste dei clienti». n

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andaRe InsIeme In qataR

d i P a o l o G r i s o r i o

Un membro dell’Esecutivo di Cdo Brianza ha messo a disposizione dei soci la sua esperienza per aiutarli a introdursi nei Paesi del Gcc

In partenza c’è stata una disponibilità: quella di Annalisa Viganò, membro dell’Esecutivo di Cdo Brianza, a occuparsi del lavoro

della Commissione internazionalizzazione. Annalisa ha un’azienda produttiva nel settore canne fumarie e arredo urbano e si è sempre occupata di sviluppare i mercati esteri per i suoi prodotti. Nel coinvolgimento sui servizi all’internazionalizzazione in Cdo Brianza, ha avuto modo di incontrare diversi soci e, come altre volte abbiamo già visto nell’implicazione con Cdo, ha cominciato a mettere a fattor comune la propria esperienza personale nei Paesi del Gcc (Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Oman) e per mesi, quando vi si recava, oltre alla sua aggregava anche qualche altra azienda. È successo che i rapporti, le richieste, sono diventati sempre più consistenti e Annalisa ha iniziato a chiedersi come conciliare in modo serio questa disponibilità con il tempo da dare in azienda e ha condiviso questa sua preoccupazione con gli amici dell’Esecutivo in Cdo. Così il suo impegno ha preso forma fino a dar vita a una sua piccola società, la Idb srl, che offre consulenza alle aziende che intendono internazionalizzare in Qatar e aree limitrofe. A Matching 2009 Annalisa ha tenuto un workshop sul Qatar con la partecipazione di una cinquantina di aziende che poi nei mesi successivi si sono mantenute in rapporto. A Matching 2010 ha partecipato nuovamente portandovi i membri delle due principali famiglie del Qatar. Oggi in Qatar Annalisa è un riferimento che viene coinvolto quando c’è necessità di individuare un prodotto di eccellenza italiana. Nel marzo 2010 Regione Lombardia ha sostenuto il progetto “I Style to Qatar”, che ha coinvolto 10 aziende lombarde del settore legno e arredo. Oggi Annalisa Viganò e la sua società, la Idb con sede in Qatar, si profila come una reale possibilità, per molte imprese, di coinvolgimento in più settori: dall’arredo e design all’edilizia, all’energia, alle nuove tecnologie. Una reale opportunità e ricchezza per l’intera rete degli imprenditori associati a Cdo. n

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Qatar - Scheda paeseIl Qatar è un emirato, all’interno del Gcc. Sue principali risorse sono il gas naturale e il petrolio. Settori di rilievo: il petrolchimico, le infrastrutture, l’edilizia. Il Qatar intende sviluppare un’industria turistica con investimenti di 60 miliardi di dollari nei prossimi anni. Grande attenzione è posta anche allo sviluppo della sanità, della formazione e della scuola. Nel 2022 il Qatar sarà sede dei mondiali di calcio e in vista di ciò il già interessante piano di investimenti sarà ampliato. Sono favoriti gli investimenti con incentivi soprattutto su gas, elettricità e affitto annuo di terreni industriali, non esistono tariffe doganali su importazione di impianti, macchinari, pezzi di ricambio.

IBD srl Promuove aziende italiane e non sul territorio del Qatar, offre informazione e assistenza, in un percorso di conoscenza e crescita sul territorio. Monitora i piani di sviluppo del Paese, seleziona i più interessanti progetti. Collabora nella fase di follow up, offre assistenza su joint venture, incontri bilaterali, missioni economiche, fiere ed eventi. I riferimenti di Annalisa Viganò sono: [email protected] - 3355430900

Lo stand del progetto “I Style to Qatar” punto di riferimento dell’eccellenza italia-na alla fiera “Infdex 2010” svoltasi a novembre scorso in Qatar. Nella foto piccola Annalisa Viganò

vengono utilizzati nelle aziende del Gruppo che li assembla-no per realizzare il prodotto finale. Aver acquisito l’azienda svizzera in un momento di calo dei volumi in tutto il mercato, italiano ed europeo, ha portato lavoro supplementare per lo stabilimento sanmarinese che ha sofferto molto meno di altri concorrenti.

l’importanza di essere presentiCon l’esperienza svizzera il management del Gruppo Asa ha potuto riscontrare quanto sia importante essere presenti all’in-terno dei Paesi esteri nei cui mercati ci si vuole espandere. «Abbiamo mantenuto la tipicità dell’azienda acquisita - dice Michele Amati, assistente alla Direzione del Gruppo Asa -. Quando siamo nella Confederazione elvetica Asa è un’azien-da svizzera, dove lavorano persone che vivono in quel Paese e ne possiedono la mentalità. Questo ci permette di avere per-sonale che, operando nel mercato svizzero-tedesco, quando incontra i clienti parla dei prezzi, di opportunità del merca-to, ma, magari, anche dell’ultima partita del Werder Brema, piuttosto che della birra bevuta il giorno prima. Il personale autoctono ha una possibilità di contatto superiore a quella che avremmo noi italiani. Il fatto di poter contare su persone del posto ci permette di comprendere meglio le esigenze dei nostri clienti e, quindi, di fare anche meno errori».

La sfida della diversitàNell’avventura elvetica, non poche sono state le sfide affron-tate dal Gruppo Asa. Le differenze culturali tra San Marino e

la Svizzera, ad esempio, sono evidenti, a cominciare dalla pro-verbiale puntualità svizzera contrapposta a un certo lassismo “italiano”, al forte senso di gerarchia che, come dice Amati «non è necessariamente negativo, ma porta a una certa rigi-dità». Non è stato facile neanche superare le barriere lingui-stiche: a Costanza, infatti, si parla principalmente il tedesco, mentre non tutti conoscono l’inglese. In Svizzera il manage-ment del Gruppo Asa ha dovuto fare i conti anche con una differente organizzazione del lavoro (gli orari svizzeri vanno dalle 7,30 del mattino alle 16,30 del pomeriggio, con due pau-se di mezz’ora al mattino e dopo pranzo durante le quali si fermano gli impianti) e con una diversa legislazione (meno rigida e più “a misura di imprenditore”: lo sciopero è vietato; i contratti sono a tempo indeterminato, ma si può licenziare senza giusta causa).Anche le esigenze della clientela sono diverse rispetto a quelle italiane: c’è una ricerca spasmodica della qualità, del detta-glio, mentre magari si perde la visione d’insieme. Il Gruppo si è attrezzato per affrontare l’esperienza elvetica irrobustendo le competenze linguistiche e puntando molto sul commitment, sull’impegno da parte del gruppo dirigente, dai livelli più alti alla seconda fascia.A un anno e mezzo dall’inizio dell’avventura svizzera, il Gruppo Asa è soddisfatto di un’esperienza strategica che gli ha permesso di svilupparsi in mercati dai quali prima era as-sente. I manager del Gruppo sanmarinese, infine, hanno capito che questa è la strada da seguire per crescere ancora in Europa e altrove. n

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multinazionali

I nostri ingegneri, i chimici, i tecnici hanno com-petenze tra le più alte e costano di meno, e la loro flessibilità e creatività sono apprezzate nel

mondo. La rete delle piccole e medie imprese fornitrici è tra le più attrezzate. Nonostante ciò, un buon numero di aziende a capitale estero stan-no per lasciare (o hanno già lasciato) l’Italia. Al-coa, Severstal, Glaxo,Yamaha, Pfizer, Motorola, Alcatel: nomi noti del mercato globale che ab-bandonano il nostro territorio. L’Italia non solo pare poco attrattiva per le mul-tinazionali, ma sembrerebbe esposta alla concor-renza di altri Paesi con minore costo del lavoro e che offrono condizioni di insediamento migliori delle nostre. Il caso della multinazionale canadese Bombar-dier, però, sembra smentire questo quadro fosco. In Italia, nel 2001, Bombardier ha acquisito la Daimler-Chrysler-Adtranz di Vado Ligure co-stituendo la Bombardier Transportation Italy, specializzata nella costruzione di rotabili e im-pianti ferroviari. A tutt’oggi una realtà fiorente e all’avanguardia, come ci ha confermato Roberto Tazzioli, presidente e ceo di Bombardier Tran-sportation Italy.La crisi, seppur lentamente, sembra stia pas-sando ma i problemi e le conseguenze di ciò che è accaduto in questi ultimi due anni con-tinuano a sortire i loro devastanti effetti. A risentirne non solo lavoratori, aziende e pmi ma anche le grandi multinazionali, che spesso

Il livello di internazionalizzazione di un sistema-Paese si misura anche dalla capacità di attrarre investimenti esteri. Negli ultimi anni, complice la crisi mondiale, molte multinazionali hanno lasciato il nostro Paese. Non la canadese Bombardier, «un’azienda mondiale che opera nel modo più locale possibile», come ci ha spiegato in questa intervista Roberto Tazzioli, presidente e ceo di Bombardier Transportation Italy

d i D a r i o Va s c e l l a r o

hanno deciso di chiudere le loro sedi in Italia. A causare queste chiusure è per lo più l’avvio di processi globali di riorganizza-zione della produzione e le mul-tinazionali (compresa la Fiat) sono le prime a potersi muovere scegliendo i nuovi luoghi dove impiantare le fabbriche, spostandosi sui mercati emergenti, sfruttando tutte le possibili opportunità per ridurre i costi e causando, dunque, problemi per quanto riguarda sicurezza di stabilimenti e posti di lavoro. Anche Bombardier ha preso in considerazione l’eventualità di lasciare il no-stro Paese e, se finora non l’ha fatto, cosa l’ha trattenuta in Italia?«No, Bombardier non ha mai preso in conside-razione questa eventualità. Al contrario, il nostro impegno e la nostra attività sono indirizzati a in-crementare la presenza nei Paesi in cui operiamo: siamo un’azienda mondiale, ma operiamo nel modo più locale possibile. Naturalmente anche Bombardier, come ogni altra multinazionale, ha previsto dei processi di razionalizzazione delle

A fianco, Roberto Taz-zioli, presidente e ceo di Bombardier Tran-sportation Italy, filiale italiana del Gruppo canadese attivo nel set-tore trasporti. In Italia, nel 2001, la multinazio-nale, già presente in più di 60 Paesi nei cinque continenti, ha acquisito la Daimler-Chrysler-Adtranz di Vado Ligure costituendo la Bom-bardier Transportation Italy, specializzata nella costruzione di ro-tabili e impianti ferro-viari (in queste pagine, immagini di treni rea-lizzati da Bombardier)

attività non strategiche in altre sedi, ma questo sempre allo scopo di mantenere a Vado Ligure le funzioni a più alto valore aggiunto e rilevanti per il business locale. Siamo in Italia da dieci anni e in questo periodo ci siamo fatti conoscere e ap-prezzare dal mercato italiano. Basti pensare alle 638 locomotive E464 vendute a Trenitalia, alla fornitura di 100 Traxx Dc per le Ferrovie Spa-gnole, o alla recente gara per i 50 treni ad altissi-ma velocità per le Ferrovie Italiane, vinta insieme ad Ansaldo Breda, o ancora alla gara appena con-clusa per il segnalamento ferroviario sulla linea Torino-Padova (anche questa vinta in raggrup-pamento con Finmeccanica). Non solo, abbiamo anche raggiunto importanti risultati all’interno del gruppo. In Italia oggi abbiamo circa 800 di-pendenti e due unità produttive: una a Vado Li-gure, in provincia di Savona, dove si producono locomotive elettriche e lavorano circa 600 perso-ne, e una a Roma, che è il centro di ingegneria per lo sviluppo dei sistemi di controllo ferroviario, strumenti di segnalamento e sistemi di gestione del traffico ferroviario, dove lavorano circa 200 persone. Inoltre, abbiamo sviluppato un indotto importante nelle regioni in cui siamo presenti. Certo, l’Italia sconta un ritardo importante rispet-to agli altri Paesi europei, in materia sia di infra-strutture ferroviarie, che di materiale rotabile, ma spazi di crescita ve ne sono. Io credo infatti che il vero business dei prossimi anni risieda nel tra-sporto regionale, in grado di muovere milioni di utenti al giorno che si spostano o per studio o per lavoro e che esigono di viaggiare in condizioni di comfort e puntualità. Proprio in questo settore Bombardier intende investire in Italia nella co-struzione di un treno regionale e metropolitano, lo Spacium 3.O6, che tanto successo di pubblico sta ottenendo in Francia».Nel panorama della globalizzazione, le gran-di imprese multinazionali tengono conto del costo della manodopera e dei costi di distribu-zione dei prodotti per localizzare le loro sedi produttive. In questo panorama come si collo-ca l’Italia? Quanto conviene alle aziende utiliz-zare manodopera italiana e quanto il mercato interno dei beni rende conveniente stabilire la produzione all’interno del nostro Paese?«Nel comparto ferroviario, è possibile delocaliz-zare solo in minima parte. Naturalmente se ac-quisiamo commesse importanti in Paesi esteri, quali ad esempio la commessa per la fornitura di 36 treni metropolitani Movia in India, è neces-sario programmare l’apertura in loco di un im-pianto per la produzione del materiale rotabile.

multinazionali

italia un paese a rischio di fuga?

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N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 101100 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

multinazionali

Qual è il motivo per cui le multinazionali preferiscono an-dar via? Un’indagine condotta dalla Bocconi in collabo-razione con il Politecnico di Milano sulle multinazionali presenti in Lombardia (quasi il 40% ha almeno una sede in quella regione), mette a fuoco alcune cause: un eccesso di burocrazia, con opacità delle norme e lunghezza delle procedure, frena gli investimenti; l’arretratezza di alcune infrastrutture, a cominciare dalla rete stradale, che deter-mina ritardi nel trasporto delle merci; il fisco, soprattutto la volatilità delle decisioni in materia, l’incertezza legata alle tasse

È quanto è avvenuto di recente a Savli, in India appunto, dove con un investimento valutato 33 milioni di euro, l’impianto impiega direttamente 750 persone e indirettamente è in grado di gene-rare circa 3.000 posti di lavoro nella regione. Ma per quanto riguarda l’Italia questa vanta un pa-trimonio di competenze e conoscenza del settore di tutto rispetto e sarebbe un enorme delitto non tenerne conto. Dalle officine italiane sono usciti treni e locomotive che hanno fatto la storia della ferrovia e non solo in Italia. In più, il nostro Paese vanta una leadership mondiale anche nel design. Il treno ad altissima velocità V300Zefiro, che ha vinto la gara per l’alta velocità in Italia, è stato disegnato da Bertone, mentre la versione italiana dello Spacium 3.O6, il nostro prodotto di punta per il trasporto metropolitano, ha un designer tut-to italiano quale Giugiaro». Accanto al problema della bassa crescita, in Italia vi è anche quello della bassa percentuale di investimenti esteri. Solo il 16 per cento del Pil è prodotto infatti da aziende straniere che operano nel nostro Paese, mentre la media eu-ropea è del 40 per cento. Cosa si potrebbe fare per invertire questa tendenza?«Rendere più attrattivo il nostro sistema econo-mico è o dovrebbe essere un imperativo per ogni Governo, a prescindere dalla connotazione politi-ca. Anche su questo, però, la strada è molto lun-ga. Occorrono misure e politiche economiche che sappiano cogliere nel segno i veri bisogni delle imprese: semplificazione, investimenti, defisca-lizzazione, vere politiche industriali certe nel lungo periodo, per aziende come la nostra con cicli industriali che vanno programmati su basi pluriennali. Nel settore ferroviario Paesi europei come la Francia e la Germania stanno aumentan-do considerevolmente gli investimenti sul ferro, stimolando così anche gli investimenti delle mul-tinazionali estere presenti. Spetta dunque alla po-litica creare le condizioni ottimali per richiamare e attrarre capitali». Quali sono i poteri dei Governi nazionali nel cercare di mediare con le aziende che hanno centri decisionali dislocati in tutto il globo? E una multinazionale come Bombardier trova in Italia interlocutori istituzionali affidabili e un humus imprenditoriale-legislativo favorevole?«Le multinazionali presenti in Italia, come Bom-bardier, sono a tutti gli effetti aziende italiane, che lavorano e creano ricchezza soprattutto per la comunità italiana. Semmai, il problema è come i Governi nazionali valorizzano le multinaziona-li presenti nel Paese. Per la nostra esperienza, il

rapporto col Governo e le istituzioni è un rappor-to positivo e franco. Anche se, naturalmente, non godiamo delle “protezioni” governative di cui godono le aziende italiane. Siamo però consape-voli dell’enorme contributo che possiamo dare al sistema della mobilità italiana, a ogni livello (dall’alta velocità al trasporto regionale, fino alle metropolitane, ai tram e ai people mover) e per questo ci impegniamo e lavoriamo tutti i giorni. Con altrettanta franchezza mi chiedo però se il taglio di un miliardo di euro dei finanziamenti per il trasporto pubblico locale previsto dalla legge di stabilità del 2011 sia stata la scelta migliore». Sono soprattutto le eccellenze e i centri di ri-cerca delle multinazionali a emigrare - e que-sto è uno dei dati nuovi rispetto al passato, quando erano soprattutto le produzioni matu-re a traslocare -, per spostarsi verso il nuovo baricentro economico internazionale, Cina e India in particolare, che nel frattempo hanno imparato a innovare, spesso in modo più ve-loce e inventivo dell’Occidente. Bombardier

quanta innovazione riesce ancora a produrre in Italia e come riesce a farlo?«Il nostro stabilimento di Vado Ligure produce locomotive elettriche dal 1905; da allora, ne sono state costruite più di 1.700. Non solo, dal 2007 Bombardier ha dichiarato il sito di Vado Ligure polo tecnologico di eccellenza a livello europeo per la produzione di un particolare tipo di loco-motiva (la Traxx Dc destinata al trasporto mer-ci), riconoscendo così la nostra capacità tecnica e ingegneristica. Abbiamo, poi, in programma lo sviluppo di un’evoluzione della piattaforma Traxx che integrerà contenuti tecnologici ancora più avanzati, capaci di migliorare i costi legati al ciclo di vita del prodotto, a tutto vantaggio degli operatori. Inoltre, il polo ingegneristico italiano sta progettando, con i nostri partner di Ansaldo Breda, il treno ad altissima velocità V300Zefiro. Questo conferma che il baricentro delle attività a più alto valore tecnologico è tutto ancorato in Italia».L’Italia è un Paese di piccole e medie impre-se. Le pmi possono essere una risorsa per una

multinazionale come Bombardier? Come fun-ziona, se esiste, il rapporto con il tessuto delle pmi italiane? Trovate difficoltà a individuare fornitori adeguati nel nostro Paese?«Il successo dei nostri prodotti dipende anche dalla professionalità dei fornitori, che scegliamo con cura e solo dopo un’attenta e severa ricerca. In Bombardier abbiamo un team dedicato il cui compito è quello di individuare i migliori part-ner secondo criteri di affidabilità, competenza e cost effective. Fornitori che siano allineati ai se-veri standard interni di Bombardier, in grado di rispettare i tempi e l’affidabilità dei prodotti e dei servizi, oltre a rispettare la normativa vigente in materia di sicurezza e di tutela ambientale e di condividere i principi fondamentali contenuti nel Codice etico di Bombardier Transportation». Dal punto di vista di un manager di un grande gruppo come Bombardier, il nostro le sembra un sistema-Paese sufficientemente “interna-zionalizzato”?«Il sistema Italia è caratterizzato in maggior par-te da piccole e medie imprese e di relativamente pochi grandi gruppi. Nella prima realtà, a parte qualche eccezione di aziende presenti su mercati esteri, è predominante la figura del “padrone” che ha molto poco di internazionalizzazione! Passan-do invece ai gruppi internazionali, un esempio su tutti Finmeccanica, il management, anche se ita-liano, ha una forte connotazione internazionale. La strada, quindi, per una vera internazionalizza-zione è ancora lunga. Soprattutto il nostro mondo politico, sia localmente che centralmente, è an-cora molto poco internazionale ed è difficile fare un incontro, anche a livello di ministro, nel quale la conversazione possa essere in inglese e, quan-do capita di avere degli incontri a livello politico insieme al presidente di Bombardier, il più delle volte devo impegnarmi nel ruolo di interprete/traduttore!». n

multinazionali

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rete cdo

102 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 5 M a r z o 2 0 1 1

Ac

all’estero i n compagniaA un anno dalla sua nascita, è positivo il consuntivo

dell’attività della società per l’internazionalizzazione

della Compagnia delle Opere: un “hub” che risponde alle

esigenze delle imprese che affrontano la sfida dei mercati

esteri

d i D a r i o Va s c e l l a r o

La capacità del nostro Paese di uscire dalla crisi economica dipenderà in maniera sostanziale dalla ripresa della internazionalizzazione com-

merciale e produttiva, visto lo stretto legame che intercorre tra la crescita economica e l’esportazio-ne dei prodotti all’estero: è stato calcolato che a quattro punti percentuali di aumento dell’export di beni e servizi in termini reali corrisponde un aumento di un punto percentuale del Pil. Per for-tuna dell’Italia, caratterizzata da un tessuto pro-duttivo costituito per la quasi totalità da pmi, l’in-ternazionalizzazione non è un privilegio di pochi ma, anzi, può essere una buona opportunità anche per le micro e piccole imprese italiane: apre, in-fatti, opportunità di crescita e di riposizionamento competitivo.L’apertura verso nuovi mercati, però, implica scelte strategiche, la conoscenza di agenzie a supporto di questo processo e le agevolazioni fi-nanziarie disponibili, nonché una focalizzazione sul proprio prodotto e un’adeguata strutturazione dell’organizzazione. Per agevolare gli imprenditori che vogliono af-frontare i mercati esteri ad affrontare tali proble-

retecdo

matiche, poco più di un anno fa, è nata Cdo Net-work, una società operante nel settore dei servizi per l’internazionalizzazione frutto della collabo-razione tra Cdo e Co.Export.La società, tramite due uffici principali (Milano e Roma) e terminali operativi presso alcune sedi locali Cdo, garantisce una copertura del servizio estero per l’associazione a livello nazionale, non-ché l’interfaccia con le realtà istituzionali (mini-steri, Ice, Unioncamere, Camere di commercio) rispetto al tema internazionalizzazione.

network internazionaleLa società per l’internazionalizzazione della Cdo è l’unico network privato non profit esistente nel nostro Paese. Grazie a una rete di uffici all’estero dove lavorano 34 persone a tempo pieno e diversi collaboratori (tutti formati in Italia e dedicati ai servizi per pmi), le aziende che si rivolgono a Cdo Network possono trovare, in qualsiasi punto del globo, una compagnia operativa e un’assistenza “su misura”, costruita partendo da un’esperienza di anni di lavoro con le pmi.Nel corso del suo primo anno di vita Cdo Net-work ha organizzato 16 missioni imprenditoriali in 10 Paesi, coinvolgendo 129 aziende. Gli esperti della società hanno effettuato per 102 aziende ri-cerche di partner esteri in 23 Paesi e fornito ser-vizi di avviamento commerciale (creazione di reti distributive o di assistenza tecnica, certificazioni, costituzioni di società estere, gestione contabile, desk presso uffici, selezione personale, temporary

management) per 98 aziende clienti concentrate in otto Paesi (Brasile, Cile Spagna, Germania, Russia, Romania, Bulgaria, Cina). Cdo Network, infine, ha collaborato con diversi enti locali (Re-gioni e Province) e con la rete delle Camere di commercio su vari progetti per l’internazionaliz-zazione. C’è, insomma, di che essere soddisfatti dopo questo primo anno di attività della società di Cdo, come conferma l’amministratore delega-to Matteo Copreni: «Questo primo anno di Cdo Network è stato sicuramente positivo per il nume-ro di sedi locali coinvolte, per i tanti incontri con le aziende e le istituzioni locali che si sono svolti sul territorio per il tramite delle sedi. La rete della Cdo ha cominciato a muoversi, pur con tempi e caratteristiche diverse».Per il 2011 gli obiettivi sono ambiziosi: «Ci impe-

gneremo - dice Copreni - per sviluppare sempre più progetti legati alle specificità dei singoli ter-ritori e alle potenzialità delle sedi locali Cdo. Il 2011, poi, sarà l’anno della Russia (dove si svol-gerà la prima edizione di un Matching “estero”) e del Brasile (che sarà il Paese di riferimento per il Matching di novembre).

Uno sguardo sull’italiaLavorando su tutto il territorio nazionale, il mana-gement di Cdo Network è oggi in grado di avere un’idea precisa del grado di internazionalizzazio-ne delle aziende italiane e delle loro esigenze al riguardo: «Esiste - spiega Copreni - uno scarto tra le aziende del Nord e quelle del Sud: le pri-me sono maggiormente internazionalizzate, ma anche alle aziende del Centro e del Sud non man-cano le potenzialità per internazionalizzare con successo. Quanto alle richieste che le aziende ci hanno presentato, quella più comune è la ricer-ca di nuovi partner (clienti, fornitori, distributori ecc.). Le imprese che si sono rivolte a noi, inoltre, avevano l’esigenza di essere “accompagnate” nel consolidare i loro mercati esteri, per cui chiedeva-no l’assistenza da parte degli uffici esteri del net-work. Quanto ai Paesi più “gettonati”, infine, ai primi posti ci sono la Russia, la Cina, il Brasile e molto interesse riscuote anche la Germania (circa 50 richieste di partner effettuate e in corso); new entry la Thailandia dove abbiamo programmato una missione in primavera». Grazie all’aiuto di Cdo Network, insomma, gli imprenditori potran-no, dice Copreni, «consolidare i mercati, il che vuol dire non più andare all’estero solo per ven-dere i propri prodotti, ma costruire una struttura permanente nel Paese, chiudendo accordi più sta-bili con i distributori, cercando degli agenti, ma-gari prendendo qualcuno che fornisca assistenza continuativa nel Paese (ricerca di personale, certi-ficazioni ecc.)». n

Matteo Copreni, a m m i n i s t r a t o re delegato di Cdo Network

eventi realizzatiPAESE N. EVENTI AZIENDE COINVOLTERUSSIA 4 35ROMANIA 2 20ISRAELE 2 15CINA 2 12BRASILE 1 11GERMANIA 1 10LITUANIA 1 9BULGARIA 1 6CILE 1 6KAZAKHSTAN 1 510 Paesi 16 129

dov’è presente CDo networkLa società è in grado di offrire i suoi servizi in maniera diretta, ovvero tramite i propri uffici all’estero, nei seguenti Paesi: Brasile, Cile, Colombia, Cuba, Venezuela, Bielorussia, Bulgaria, Estonia, Germania, Kazakhstan, Lituania, Lettonia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Spagna, Ucraina, Cina, Thailandia, Singapore, Vietnam.In alcuni altri Paesi - Israele, Usa, Turchia, Ungheria - l’operatività è rivolta ad alcuni servizi o settori merceologici. In alcuni Paesi dove Cdo Network è presente direttamente (ad esempio, Romania, Russia, Cina e Brasile) sono anche disponibili servizi qualificati aggiuntivi, quali servizi fiscali e di tenuta contabilità, finanza agevolata relativa ai fondi locali, rappresentanza commerciale.

La sede di Mosca di Cdo Network. Nella capitale russa, a giugno, si terrà la prima edizione “estera” del Matching

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Rete cdo

N . 5 M a r z o 2 0 1 1 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 105

rete cdo

ECO4B è l’acronimo di Environment Coopera-tion for Business, un progetto che, come dice il titolo stesso, si propone di sviluppare nuovi

rapporti di collaborazione e nuove relazioni d’af-fari nei settori della sostenibilità ambientale e del-le energie rinnovabili.La sfida a lavorare su tale progetto risale a due anni fa quando la Commissione europea ha pub-blicato un bando per l’organizzazione di eventi di matchmaking e incontri b2b volti a favorire e so-stenere il processo di internazionalizzazione delle pmi europee. Alla Cdo di Pesaro Urbino il bando è sembrato subito un’occasione da non perdere, tanto più che l’azione finanziata era volta a promuovere la nascita di nuovi rapporti di business tra aziende, istituzioni e soggetti che operano nei settori delle energie rinnovabili e della sostenibilità ambienta-le, rispondendo così a una esigenza manifestata in maniera sempre maggiore dal mondo impren-ditoriale.

La rete della cdoL’adesione alla rete Enterprise Europe Network (la rete della Commissione europea nata per so-stenere la competitività e l’innovazione delle pmi, si veda box) a cui la Compagnia delle Opere di Pesaro Urbino partecipa sin dalla sua costituzio-ne, e il lavoro di relazione sul territorio svolto da alcune sedi Cdo in Italia e all’estero, sono stati gli elementi principali per individuare i partner con cui presentare il progetto.A questo proposito, solo per fare qualche esem-

La Cdo Pesaro Urbino ha realizzato un progetto, co-

finanziato dalla Commissione europea, che ha come

obiettivo la creazione di opportunità e di incontri d’affari

nell’ambito dei principali eventi del settore ambiente

ed energia. Un’occasione colta da tutta la rete della

Compagnia delle Opere

la rete enterprise europe networkL’eurosportello di compagnia delle opere è uno degli oltre 500 partner della rete Enterprise Europe Network: il più grande network comunitario a supporto delle pmi europee, presente in 45 Paesi, nato per sostenere la competitività aziendale in termini di innovazione e di internazionalizzazione.L’Eurosportello Cdo offre servizi di informazione e assistenza in materia di:

Ricerca partner all’estero - ricerca di interlocutori e aziende straniere con cui avviare rapporti di collaborazione sul piano commerciale, produttivo, tecnologico, finanziario ecc.;finanziamenti e Programmi comunitari - segnalazione e assistenza su opportunità e misure di finanza agevolata a livello comunitario, nazionale e regionale;normativa europea - informazioni su politiche comunitarie, legislazione Ue, norme di recepimento nazionale, standard nazionali e internazionali;mercato unico - sostegno a una partecipazione attiva all’operato della Commissione europea mediante la promozione di campagne di sensibilizzazione, consultazioni europee e la segnalazione di difficoltà e problemi relativi al funzionamento del mercato unico;Internazionalizzazione - collaborazione e organizzazione di eventi B2B, missioni imprenditoriali, fiere e iniziative di matchmaking per lo sviluppo di nuovi contatti e nuove opportunità commerciali e di investimento nei paesi esteri.contatti:compagnia delle opere Pesaro urbino - enterprise europe networkVia Barignani 30 - 61100 Pesaro - Tel. 0721 376287 - Fax 0721 370713Email: [email protected]: Elisabetta Andreani

pio, i rapporti avviati da Jonathan Sierra di Cdo Jerusalem sul territorio di Israele hanno favorito l’adesione della principale Agenzia nazionale di ricerca e sviluppo industriale del Paese, il Mati-mop, mentre in Spagna la proposta progettuale è stata l’occasione per avviare nuovi rapporti tra Cdo España e la Camera di commercio di Barcel-lona. Il partenariato è stato poi esteso anche ad altri Paesi e istituzioni, quali la Camera di com-mercio e industria di Slovenia e l’Agenzia di svi-luppo di Maribor - una regione della Slovenia, la Camera di commercio di Vratsa in Bulgaria, oltre alla Camera di commercio di Napoli e all’Euro-sportello Confesercenti di Firenze.

La conferenza ad Eilat e MatchmakingÈ così che ha avuto origine la scommessa che, lo scorso febbraio 2010, nell’ambito del progetto ECO4B, ha portato un gruppo di imprenditori ita-liani, spagnoli, bulgari e sloveni a Eilat per parte-cipare alla conferenza internazionale sulle energie rinnovabili. “Eilat Eilot Renewable Energy Con-ference and Exhibition” è, infatti, una conferenza internazionale che si svolge ogni anno in Israele con lo scopo di rilanciare e approfondire i temi dell’ambiente, dell’efficienza energetica e dello sviluppo sostenibile e che vede la partecipazione di numerosi operatori del settore, dal mondo im-prenditoriale alla comunità scientifica e accademi-ca di vari Paesi. Nel corso della Conferenza sulle energie rinnovabili, le aziende aderenti al progetto hanno avuto l’opportunità di partecipare gratuita-mente a convegni e seminari con relatori di fama

internazionale e visitare gli stand con le ultime in-novazioni tecnologiche per il risparmio energeti-co. Parte centrale dell’evento sono stati tuttavia gli incontri b2b realizzati sulla base di agende perso-nalizzate di appuntamenti che si sono svolti nelle giornate del 16 e 17 febbraio.

Giornata guidata da CdO Jerusalem La scelta di Israele non è stata casuale: Israele, in-fatti, è tra i primi Paesi al mondo per investimenti in ricerca e innovazione ed è all’avanguardia per lo sviluppo di tecnologie innovative in campo di efficienza energetica e sfruttamento delle fonti alternative. Proprio per non perdere l’opportuni-tà di conoscere le potenzialità offerte da questo Paese, la partecipazione a Eilat è stata preceduta da una mini missione imprenditoriale con la visita di alcune aziende che operano nella produzione di energia alternativa, alcune delle quali ancora in fase di start up.

Il matching 2010La seconda tappa di ECO4B è stato il Matching 2010, che si è svolto a Milano, lo scorso novem-bre. La collaborazione tra le istituzioni partner del progetto e le sedi Cdo che operano sullo stesso territorio ha permesso di arricchire l’area estera di Matching con la presenza di circa 30 nuove azien-de specializzate nei settori della green technology. Un vero successo a giudicare dai commenti rac-colti presso gli imprenditori e i partner del proget-to, sia per l’efficiente organizzazione dell’evento che per la qualità degli incontri sviluppati nel cor-

so delle tre giornate.All’interno di Matching, un workshop organizza-to dai partner del progetto ha illustrato le oppor-tunità offerte da Italia, Spagna e Israele per lo svi-luppo e l’applicazione delle energie rinnovabili e di soluzioni innovative a sostegno di uno sviluppo eco-compatibile.

APPUNTAMENTO A BARCELLONASostenuti dai numerosi giudizi positivi espressi sia dagli imprenditori italiani che hanno parteci-pato all’evento in Israele, sia dagli imprenditori stranieri che sono intervenuti a Matching, si punta ora al prossimo evento ECO4B che avrà luogo a Barcellona, il 17 e 18 maggio nel corso di Con-strumat 2011. Construmat 2011, giunta alla sua 17a edizione, è una fiera internazionale per i settori di edilizia ed edilizia sostenibile in cui vengono presentati pro-dotti, materiali e tecnologie per la realizzazione di una casa eco-compatibile. Anche all’interno di Construmat, così come per gli altri eventi ECO4B, verrà allestita un’area b2b dove le aziende che aderiscono al progetto avranno la possibilità di incontrare altri operatori del settore sulla base di agende personalizzate di appuntamenti. n

m ematchmaking con eco4bd i E l i s a b e t t a A n d r e a n i

Eilat è la conferenza internazionale sulle energie rinnovabili (nelle foto, alcuni momenti), all’interno del progetto ECO4B, a cui hanno partecipato nel febbraio 2010 imprenditori italiani, spagnoli, bulgari e sloveni

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O Roperare in modo

INTELLIGENTE nel reale

È quello che da 40 anni fa la Fondazione Avsi,

coinvolgendo imprese grandi e piccole che

internazionalizzano, oltre alla propria professionalità

e competenza, anche la propria responsabilità sociale

d i M a r i a A c q u a S i m i

Se internazionalizzare è diventato l’imperati-vo categorico che si è imposto come sfida tra le aziende italiane negli ultimi anni, anche

il concetto di responsabilità sociale d’impresa ha cominciato a prendere piede, resistendo alla crisi. I primi a muoversi su questi due binari in-sieme a Fondazione Avsi - come si evince dal suo bilancio sociale - sono stati i colossi indu-striali (come Fiat, Eni ed Enel, per citare i più rappresentativi) che hanno dedicato tempo e in-vestimenti al sostegno di iniziative non profit in diversi Paesi del mondo. Ora il fenomeno si sta allargando anche tra le pmi. Sono infatti molte le aziende che, pur man-tenendo le sedi amministrative centrali, decidono di dislocarsi all’estero, costruendo filiali e fabbri-che.

prevedere per provvedereCi sono alcuni dati da tenere a mente nell’af-frontare questo tema. In primo luogo, l’arrivo di un’azienda straniera ha sempre un certo tipo di impatto sul territorio, specie nei Paesi in via di sviluppo dove, solitamente, insieme con un grande potenziale si celano molti fattori di ri-schio. E può diventare veicolo di valore, se met-te a disposizione dello sviluppo il proprio know how, la propria professionalità e competenza, la propria tecnicalità. D’altra parte, l’impresa stessa necessita di tutte le informazioni e conoscenze per poter operare

avsi

avsi con efficienza.Per questo, sempre più spesso esse domandano supporto a chi - essendo sul territorio da più tem-po - è in grado di fornire dati esperienziali, cultu-rali e pratici significativi. Per operare nel sociale in modo efficace è fonda-mentale conoscere il terreno, le persone e i rela-tivi bisogni. Partendo dal positivo si fa crescere ciò che c’è, agevolando il networking, sostenendo le associa-zioni locali che, anche se piccole e fragili, sono preziosi partner perché profonde conoscitrici del-la comunità. «Non si può pensare di calare dall’alto program-mi senza conoscere la realtà - afferma Alberto Piatti, segretario generale della Fondazione Avsi - altrimenti si favorisce solo assistenzialismo. Bi-sogna conoscere. In sintesi bisogna pensare per prevedere e prevedere per provvedere».

In alto e nella foto grande, immagini scattate in Libano, dove la Ong quest’anno porta avanti un progetto di riqualificazione delle acque a beneficio degli agricoltori del posto; nella foto piccola a sinistra, giovani del Kenya a cui è rivolta, fra gli altri, la campagna Tende 2010-2011

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avsi

volontariato per i dipendentiUn ulteriore aspetto da tenere in considerazione è l’aumento delle richieste di progetti di volonta-riato per i dipendenti, all’interno di programmi di responsabilità sociale. Un modo per coinvolgere le risorse umane in qualcosa di più grande del semplice lavoro fine a se stesso. Un ulteriore incentivo viene da Davos 2011, che rivela come, per alcune aziende quotate in Borsa, il 50% di premio delle stock options sia valutato dal risultato positivo dei progetti di sostenibilità. Per le imprese non si tratta più, quindi, solo di bu-siness, quanto piuttosto di vera responsabilità so-ciale. Ecco perché cominciano ad affidarsi a terzi, invece di gestire personalmente i propri progetti. Un modus operandi che ben si accorda con il la-voro del privato sociale. Il perché è presto detto. Quest’ultimo per soprav-vivere ha dovuto qualificarsi e, di conseguenza, divenire più affidabile an-che come accountability. Fondazione Avsi può ben essere utilizzata come esempio, perché lavora localmente con le imprese anche sulla filiera e non solo sulla singola azienda, favorendo così sinergie e la generazione di valore. Un’alleanza che si rivela decisiva nell’introdurre le persone nel mercato del la-voro, dopo un percorso di formazione atto a favorire il passaggio da situazioni cosiddette “informali” e cioè di rischio, nelle quali

Donne albanesi al lavoro. Oltre che in Albania, la Fon-dazione Avsi è presente in 38 Paesi del mondo con più di cento progetti di cooperazione allo sviluppo. Tra i set-tori di intervento dell’organizzazione non governativa, rientrano l’educazione, la sanità, la cura dell’infanzia, la formazione professionale, lo sviluppo urbano, la si-curezza alimentare, l’agricoltura, l’ambiente, la micro imprenditorialità e l’aiuto umanitario di emergenza. In quest’ultimo campo si è segnalato recentemente l’inter-vento particolarmente significativo di Avsi a favore delle popolazioni di Haiti

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il soggetto non ha garanzie, a situazioni “forma-li”, dove vengono messi a frutto talenti e poten-ziale di cui ciascun uomo è portatore. Uno degli aspetti fondamentali della collaborazione tra im-presa e Avsi è infatti la capacità di quest’ultima di accompagnare le persone in questo delicato percorso, unica garanzia per un migliore impatto sociale e ambientale.

Il ruolo dell’avsiPur non sostituendosi all’impresa e mantenen-do una sua specificità di ong, Avsi può favorire un’intesa che sia per lo sviluppo, per la respon-

Chi è avsiLa Fondazione Avsi è una organizzazione non governativa, onlus, nata nel 1972 e impegnata con oltre 100 progetti di cooperazione allo sviluppo in 38 Paesi del mondo di Africa, America Latina e Caraibi, Est Europa, Medio Oriente, Asia. Avsi opera nei settori dell’educazione, sanità, igiene, cura dell’infanzia in condizioni di disagio, formazione professionale, sviluppo urbano, sicurezza alimentare, agricoltura, ambiente, micro-imprenditorialità, Ict e aiuto umanitario di emergenza.La sua missione è promuovere la dignità della persona attraverso attività di cooperazione allo sviluppo con particolare attenzione all’educazione, nel solco dell’insegnamento della Dottrina sociale cattolica.

sabilità sociale dell’impresa e per la promozione dello sviluppo umano all’interno delle aziende e che garantisce a queste ultime anche un certo profitto. Può, anche, svolgere il ruolo di media-tore di azioni per mitigare i cambiamenti clima-tici e promuovere energia rinnovabile ed essere il collante per l’internazionalizzazione di realtà imprenditoriali. È il caso del Brasile, dove viene utilizzato il menor aprendiz, un programma che prevede che il ragazzo debba terminare la scuola secondaria con una sorta di integrazione serale, che lavori e venga seguito da un centro educati-

Il ministro degli Affari esteri Franco Frattini in vi-sita allo stand della Fondazione Avsi in occasione dell’ultimo Meeting per l’amicia fra i popoli, che si è tenuto l’anno scorso, a fine agosto, nei padiglioni della fiera di Rimini. Insieme al ministro, da sini-stra, Geri Benoit, ambasciatrice di Haiti in Italia, e Alberto Piatti, segretario generale di Avsi

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avsi

vo. Un altro esempio può venire da quei Paesi che stanno domandando alle imprese minerarie di investire una parte del margine di profitto sul territorio, come avviene in Perù.

I princìpi del global compactOggi sono numerose le aziende italiane che hanno fatto del volontariato d’impresa e del-la responsabilità sociale un punto fermo nelle proprie agende. E Avsi si propone in questo come partner affidabile, perché anche un’orga-nizzazione non governativa può agevolare una relazione costruttiva e sostenibile tra impresa e territorio, per cui l’azienda stessa può diventare fattore di rilevanza sociale per lo sviluppo della popolazione, generando opportunità di lavoro, educazione, salute e miglioramento delle condi-zioni di vita. Senza lavoro, a ben guardare, non c’è sviluppo. Per questo, profit e non profit cominciano a guardarsi in faccia. «Si mettono insieme, per sostenere e promuovere una piattaforma nella quale condividere - spiega ancora Alberto Piat-ti - quell’innata dignità che è propria di ogni uomo, contribuendo così alla realizzazione di un’economia globale più inclusiva e più soste-nibile». Stessi principi previsti anche dal glo-bal compact, un network multi-stakeholder che unisce Governi, imprese, agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni sindacali e della società civile, per creare nel mondo un quadro econo-mico, sociale e ambientale atto a promuovere un’economia mondiale sana e sostenibile che garantisca a tutti l’opportunità di condividerne i benefici.Lo dimostrano il caso di Fiat Brasile con il progetto Árvore da vida (vedi box) e quello di Enel Cuore in Messico. Quest’ultima, lo scorso febbraio, ha permesso la costruzione del nuovo Centro di sviluppo comunitario “Maria de Gua-

“Albero della vita - Arvore da vida” è il nome del progetto messo in atto nella favela brasiliana di Jardim Terezopolis, a Belo Horizonte, dall’industria automobilistica Fiat in collaborazione con Avsi. Qui Fiat Automobili dà lavoro direttamente a 15 mila persone e indirettamente a oltre ottomila. La presenza dell’industria torinese ha suscitato enormi aspettative in una

grande fetta della popolazione brasiliana alla ricerca di un lavoro e migliori condizioni di vita. Nel corso degli anni, infatti, si è creata, a poca distanza dagli stabilimenti industriali, la favela di Jardim Terezopolis, 35 mila abitanti, un’area segnata da povertà e violenza.Nel 2004 l’azienda automobilistica italiana decide di orientarsi verso un’azione organica e integrata sul territorio, e sceglie Avsi - onlus italiana presente a Belo Horizonte da oltre vent’anni - come partner solido e affidabile per realizzare il progetto.Il progetto si è focalizzato intorno alla formazione professionale e al rafforzamento delle realtà educative, scolastiche e ricreative dell’area. L’educazione è uno dei fattori di intervento più significativi del programma. Il 57% delle famiglie a Jardim Terezopolis, infatti, si trovava al di sotto della soglia di povertà e 1800 giovani tra i 16 e i 24 anni (il 26%) erano disoccupati. In tale contesto la strategia è stata quella di puntare a uno sviluppo umano attraverso il coinvolgimento globale di tutti gli attori presenti sul territorio. La proposta è rivolta a giovani e adolescenti tra i 13 e i 14 anni d’età attraverso varie attività (musica, danza, sport) volte a far emergere la loro creatività e in nesso con la scuola dell’obbligo. Successivamente si collocano i corsi di professionalizzazione del centro di formazione Fiat, gli stage in azienda e la contrattazione definitiva nelle varie imprese legate all’industria automobilistica. Lo United Nations

Development Program ha inserito il progetto, che dal 2007 ha visto il coinvolgimento anche della Cooperazione italiana, tra le migliori pratiche relative all’obiettivo del millennio “partnership per lo sviluppo”. Dal 2004 sono 850 i ragazzi che hanno svolto corsi professionali e il 55% si è inserito nel mercato del lavoro. Il 92% dei bambini ha migliorato il proprio comportamento frequentando attività socio educative, 160 educatori delle sei scuole di Jardim Terezopolis hanno fatto corsi di aggiornamento e l’indice di permanenza nella scuola è passato dall’83% (2004) al 98% (2006).

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Michael Schumacher e Rubens Barrichello con alcuni ragazzi del proget-to Arvore da vida

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Sopra, nella foto grande, la locandina di presentazione della campagna Tende Avsi 2010-2011, la tradizionale raccolta fondi organizzata a partire da Natale che prosegue fino ai primi mesi dell’anno suc-cessivo; in alto a sinistra, giovani studen-ti alla scuola per non udenti in Ntinda, Uganda (foto di Brett Morton); a fianco, una famiglia di Haiti

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dalupe” per mamme e 400 bambini di Monte Al-bán, quartiere di Oxaca dove Avsi lavora da anni con il suo partner locale Dijo e con l’ong spa-gnola Cesal. E se con Enel Cuore e il contributo Tende è stato costruito l’edificio, la partnership con Panino Giusto permetterà il mantenimento delle attività del centro.

Solidarietà aziendale “a catena”Un bellissimo esempio di solidarietà aziendale “a catena”, dove i diversi attori in gioco pro-muovono ciascuno una fase specifica del pro-getto con il fine di portarlo a compimento nel-la maniera migliore possibile. Se non bastasse questo esempio, ecco allora la collaborazione attivata tra Avsi e Coop/UniCoop Tirreno. Col-laborazione, questa, che garantisce il sostegno a distanza a oltre 300 bambini. Come? Attraverso il coinvolgimento dei soci che possono sceglie-re se impegnare i “punti premio” non solo per frullatori e batterie di pentole, quanto piuttosto convertirli per aiutare un bimbo. Punti donati per la solidarietà che vengono poi raddoppiati dalla stessa UniCoop Tirreno, che rilancia così il suo impegno nel mondo. In un recente articolo apparso sul Sole24Ore, Ma-rio Molteni, docente di Economia aziendale all’Università Cattolica di Milano e direttore dell’Altis, ha dichiarato: «Il volontariato d’im-presa può rappresentare una ricchezza per tutti. Per l’azienda, che fa squadra con i collaboratori

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avsiavsi

e con la comunità di riferimento; per i di-pendenti, che hanno la soddisfazione di servire ciò che ri-conoscono come un bene e, infine, per la società civile». Una ricchezza che coin-volge non più solo le multinazionali. Avsi collabora infatti con Humana, con Cosmit e FederlegnoArredo e con la Sacchi i cui dipendenti, ultima-mente, hanno con-vertito i loro regali di Natale aziendali in sostegni a distan-za. Un altro esempio pratico sono le Ten-de aziendali. Si trat-ta di cene o momenti in cui imprenditori e opere sociali si mettono a tavola per raccogliere fondi per i progetti nel mondo. Come ben documenta la Cena di Santa Lucia a Padova: oltre mille le persone coinvolte. Lo scorso 13 dicembre, tra i tanti ospiti, c’era anche l’ambasciatrice di Haiti in Italia, Geri Benoit, e il ministro degli Este-ri Frattini aveva inviato un video messaggio di grande stima. Anche la cena delle Tende della Cdo Alto Mila-nese ha messo insieme più di ottocento persone questo Natale, facendo conoscere imprenditori e quasi cento cooperanti di Avsi arrivati dai tanti Paesi del mondo. Così profit e non profit dia-logano insieme, soprattutto grazie all’impegno degli oltre 100 AvsiPoint, gruppi volontari di sostegno che in tutta Italia promuovono instan-cabilmente eventi e favoriscono opportunità di collaborazione.

Uniti per una vita miglioreLe aziende impegnate nella partnership sociale con Avsi sono numerose e si rivolgono alla fon-dazione per un motivo molto semplice: è traspa-rente e qualificata. Avsi è riconosciuta al Consi-glio economico e sociale dell’Onu. Ha quasi 40 anni di attività e oltre 100 progetti di sviluppo attivi in Africa, America Latina e Caraibi, Est Europa, Medio e Lontano Oriente, e ha un bi-lancio certificato consultabile su www.avsi.org

Due immagini di Avsi in Argentina. Sono numerose le aziende impegnate nella partnership con l’ong, che vie-ne scelta perché è una realtà trasparente e qualificata, riconosciuta fra l’altro al Consiglio economico e sociale dell’Onu

(sezione pubblicazioni). Avsi opera con finanzia-menti pubblici (ministero Esteri italiano, Unione europea, Organismi internazionali e cooperazioni bilaterali tra cui Usaid, la cooperazione del Go-verno degli Stati Uniti) e privati: imprese (le già citate Eni, Enel, Fiat), fondazioni e associazioni anche bancarie (come Fondazione Cariplo, Acri, F4Africa) e migliaia di persone che hanno sotto-scritto il progetto Sostegno a distanza. Tutti in-sieme uniti per favorire modelli di vita migliore anche in situazioni apparentemente impossibili e dove ognuno è chiamato a portare la propria competenza.

Alleanza tra impresa e non profitLa collaborazione tra impresa e privato sociale diventa interessante. Diventa un «motivo per ope-rare in modo intelligente nel reale», conclude Al-berto Piatti. Un’alleanza che si è già dimostrata potente motore di imprese locali all’estero, come ben documentano i progetti agricoli in Argentina, a Santa Fé, dove è stato creato un osservatorio climatico e si è riusciti a internazionalizzare una filiera agroalimentare; oppure in Libano dove un programma per il miglioramento del sistema di irrigazione permette a contadini cristiani e mu-

sulmani di lavorare assieme; o in Kenya, dove una fabbrica di mobili è nata da interventi im-prenditoriali così come in Albania, dove labora-tori artigianali stanno dando lavoro alle donne, favorendo nascita di micro realtà imprenditoriali sorte in seguito a progetti di sviluppo. Un esem-pio per tutti è forse l’esperienza di Fundatia, il partner locale di Avsi in Romania, che ora lavora autonomamente nell’Unione europea e crea lavo-ro per i giovani con stage e formazione eccellente in sinergia con aziende e realtà qualificate come l’Aslam. In ultima analisi, si tratta anche per l’impresa di collaborare a una crescita a volte non direttamen-te “monetizzabile” ma certamente culturale, in grado di favorire il miglioramento delle condi-zioni di vita, il dialogo e la riflessione su tema-tiche rilevanti, decisive, altrimenti difficilmente affrontabili. n

Foto di gruppo di bambini e ragazzi insieme a Gian-franco Commodoro, responsabile Avsi Brasile. Hanno par-tecipato al proget-to Arvore da vida, sostenuto da Fiat Brasile. A fianco, le aziende che hanno avviato partnership sociali con Avsi

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talent scout

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talent scout

È trascorso un anno da quando Eni, azienda energetica presente in 77 Paesi nel mondo, ha deciso di affidare ad artisti emergenti la nuova

campagna di comunicazione. Illustratori, registi, attori, scultori, musicisti, performer internazio-nali, si sono cimentati in una reinterpretazione in-novativa dello storico simbolo del gruppo: il cane a sei zampe, e della colonna sonora Don’t stop thinking about tomorrow dei Fleetwood Mac. Il lavoro di ricerca di questi giovani talentuo-si avviene attraverso una complessa attività di scouting. Quando si deve realizzare una campa-gna pubblicitaria Eni individua il profilo ideale dell’artista di cui ha bisogno, ad esempio di un video maker, di un musicista, di un attore (o at-trice) capace di interpretare il messaggio radio, di un illustratore. A questo punto agenzie ed esperti di scouting in tutto il mondo si mobilita-no per scovare l’artista giusto, monitorando tutte le aree di incontro presenti in rete come i blog degli specialisti, le aggregazioni di street artist nei social media, le gallerie virtuali ecc. È una ricerca delicata volta a conoscere quei luoghi, spesso insoliti, in cui gli artisti si incontrano per avere visibilità insieme alla propria opera. Tutto si conclude con una rosa di candidati. Per molti di questi giovani essere scelti per realizzare la cam-pagna pubblicitaria di Eni ha rappresentato, nel loro cammino artistico, un vero e proprio trampo-lino di lancio. È la storia, ad esempio, del musici-sta Raphael Gualazzi, scelto da Eni nel 2010 per interpretare la canzone dei Fletwood Mac, cover che avrebbe poi accompagnato gli spot pubbli-citari dell’azienda. Gualazzi, dell’etichetta disco-grafica Sugar di Caterina Caselli, ha poi vinto nel 2011 Sanremo giovani, ottenendo grande succes-so di critica e di pubblico. Ilana Yahav, performer israeliana, è invece l’ideatrice o meglio la creatri-

L Cl’energia della culturaProvengono da tutto il mondo i giovani talenti artistici

a cui il gruppo Eni ha affidato la nuova campagna di

comunicazione. Una selezione rigorosa per scovare

i migliori in ogni campo, dal regista al performer più

originale e che ha dato all’azienda ottimi risultati. Quando

l’internazionalizzazione si fa con l’arte

ce della campagna istituzionale Sand. La materia con la quale crea è la sabbia (si definisce “sand artist”) che attraverso le sue mani prende vita de-lineando scenari e figure immaginarie. L’artista, una volta scelto, firma con il proprio nome e cognome la sua opera per Eni; prima vie-ne appositamente scritto il nome del giovane e poi “per Eni”, “Ilana Yahav per Eni”. Tutto que-sto permette all’artista una visibilità planetaria, questi spot pubblicitari sono infatti destinati a fare il giro del mondo.

La storia di una passioneEnrico Mattei, primo presidente di Eni, aveva stabilito che l’età massima dei suoi dirigenti non dovesse superare i 35 anni, il più “anziano” ne aveva solo 41. Era il 1953. Mattei amava l’arte e il suo staff era composto da numerosi ragazzi che sarebbero diventati in futuro non solo grandi po-litici ed economisti, ma anche giornalisti, scritto-ri e registi. Un giovanissimo Bernardo Bertolucci sarà scelto da Eni per girare il documentario La via del petrolio; uno sconosciuto Mimmo Rotella esporrà nel 1958 le sue opere in una mostra orga-nizzata da Eni, a Milano, per 370 artisti emergen-ti. La rivista aziendale Il gatto selvatico fondata da Mattei nel 1955 diventerà un vero e proprio laboratorio di scrittura. Sono solo alcuni esempi di come Mattei credesse fino in fondo nel talento dei “suoi” ragazzi.Lo storico logo del cane a sei zampe, selezionato da una commissione a cui partecipa anche l’architetto e designer Giò Ponti, rappresenterà il simbolo, per volontà dello stesso Mattei, della “potente benzina italiana”. La strana forma aggressiva del cane, le sei zampe, la colorazione for-te e la fiamma rossa che fuo-riesce dalla bocca convinse successivamente a utilizzare la sua grafica non solo per i cartelli pubblicitari, ma per lo stesso marchio. Ettore Scola, allora all’ufficio pubblicità dell’Agipgas, conierà lo slo-gan “cane a sei zampe fede-le amico dell’uomo a quattro ruote”. La nuova campagna pubblici-taria di Eni affonda le radici

enizyme: fare cultura con la comunicazione

Eni è presente in oltre 70 Paesi nel mondo attraverso il lavoro di 78.000 persone. Gli artisti scoperti in un solo anno sono oltre 100 e provengono da Europa, Asia, Africa e America. Il sito www.enizyme.com rappresenta l’agorà virtuale dove tutti i contenuti della nuova comunicazione sono

raccolti e condivisi. Il website si chia-ma enizyme ed è la contrazione del ter-mine Eni ed enzyme, inteso come enzima attivatore dei pro-cessi creativi. Il sito descrive a fondo il nuovo linguaggio di comunicazione affi-dato da Eni ai giova-ni talenti.

in questa storia. Ogni artista scelto, infat-ti, reinterpreta il logo attraverso una pro-pria tecnica originale. Questa varietà di culture è fondamentale e permette di fo-tografare in modo approfondito la realtà contemporanea. Si possono definire que-sti giovani degli innovatori che declinano con la propria opera i valori dell’azienda. Non a caso il cane a sei zampe ha la testa rivolta all’indietro: corre veloce ma non dimentica la sua origine. n

A sinistra, una realizzazione dell’illustratore Alessandro Gottardo per Eni. L’artista gioca soprattutto sui paralle-lismi cromatici: il nero del pianoforte si ripete nel colore della sagoma del cane a sei zampe, così come il rosso dei fiori è identico alla tinta della fiamma nel famoso mar-chio dell’azienda italiana di energia

La performer Ilana Yahav, ideatrice della campa-gna istituzionale per Eni denominata “Sand” e ba-sata su figure e scenari di sabbia. Sotto, il marchio storico dell’azienda che ha avuto sin dalle origini una particolare attenzione per l’arte e il suo mondo

d i B e t t i n a G a m b a

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llibr

eria

a c u r a d i C a r m e l o G r e c o

S e l e i s t i t u z i o n i s o s t e n g o n oL e p m i c h e v a n n o a l l’ e s t e r o

Il volume rappresenta un utile strumento soprattutto per quelle pmi che intendono varcare i confini domestici. La prima parte analizza in modo approfondito le politiche di internazionalizzazione messe in atto da Regione Lombar-dia a sostegno di aziende di dimensioni ridotte e le con-fronta con gli interventi in materia effettuati da Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Toscana. La seconda illustra i risultati di una best practice lombarda, il progetto Spring, che ha coinvolto a partire dal 2005 circa 300 tra piccole e micro imprese. Gli esiti positivi dell’iniziativa si devono al carattere innovativo di Spring che ha cercato di incidere su uno dei principali ostacoli all’internazionalizzazione, la mancanza di competenze interne all’azienda. Una man-canza alla quale si è ovviato con l’inserimento di due figu-re chiave, il Temporary Export Manager e lo stagista. En-trambe, oltre ad affiancare le imprese nel cammino verso i mercati esteri, hanno verificato l’efficacia del loro inter-vento insieme al Cestec, il Centro per lo sviluppo tecnolo-gico, l’energia e la competitività della Regione Lombardia.

s e r v i z i p u b b l i c i l o c a l iS o l o s t a t a l i e p r i v a t i ?

Che al Welfare contribuiscano oggi in Italia soggetti sta-tali, privati e non profit, è assodato. Se invece si parla dei servizi pubblici locali - energia e gas, acqua, traspor-to locale, raccolta dei rifiuti - il discorso cambia. La loro gestione è infatti affidata alla dualità Stato/privato. Lo studio della Fondazione per la sussidiarietà fa il quadro della situazione, comparando il nostro sistema con quello di altre nazioni in cui esistono anche le non profit utility, spesso esempi di eccellenza. Potrebbero essere adottate anche da noi? Non è facile. Come in altri settori in cui il non profit è un’alternativa al duopolio Stato-privato, nei «servizi pubblici locali - dice Raffaele Tiscar, dirigente della Regione Lombardia intervistato nel volume - domina una concezione statalista che assume forme arroganti».

c u lt u r a p r e v i d e n z i a l ee p a t t o f r a g e n e r a z i o n iDopo il boom del 2007, a ridosso della riforma del Tfr, i fondi pensione hanno subito un forte rallentamento. Sull’utilità della previdenza complementare - e anzitut-to sulla sua conoscenza - è incentrato il volume di Paolo Fumagalli che raccoglie i contenuti delle lezioni tenute all’Università Cattolica di Milano. «Non ci si può solo sof-fermare all’analisi della sostenibilità economico-finanzia-ria di un sistema previdenziale senza considerare anche l’importanza dell’aspetto sociale» sottolinea l’autore all’inizio del libro, aggiungendo: «Più che i dati numerici, è la cultura previdenziale che può garantire la tenuta e l’affidabilità di quel patto tra le generazioni che sta alla base di qualunque sistema previdenziale pubblico».

GOODBYE KEYNES?FRANCO REVIGLIO2010GUERINI E ASSOCIATI139 PAGINE15,50 €

Al servizio della persona e della cittàA cura dipaola garroneE paolo nardi2010Guerini e associati249 pagine15 €

Fondi pensione:perché e per chipaolo fumagalli2010Vita e pensiero196 pagine20 €

Politiche regionaliPer l’internazionalizzazioneDelle piccole impreseA cura di alberto bramantiE michele scarpinato2010Franco angeli181 PAGINE16 €

GOODBYE KEYNES?

15 €

R I C E T T E D I U N E X M I N I S T R OP E R r i t o r n a r e a c r e s c e r eTutta colpa di Keynes? Piuttosto dell’applicazione distorta del deficit spending propugnato dall’economista britannico. L’esempio italiano dimostra che negli ultimi trent’anni l’au-mento del debito pubblico non è andato di pari passo con quello del Pil. Questo dipende, a parere di Franco Reviglio, dal fatto che la ricetta keynesiana funziona se applicata per contrastare crisi cicliche, non strutturali. L’ex ministro sug-gerisce le riforme necessarie: trasformazione della finanza pubblica dal lato delle entrate, con il recupero del gettito evaso, e dal lato della spesa, con l’eliminazione di ineffi-cienze e sprechi. Il tutto dentro un quadro di «federalismo responsabile e solidale» e di rilancio delle privatizzazioni. Senza dimenticare «la rimozione delle estese barriere che imbrigliano la competitività del nostro sistema Paese».

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Ile realtà utili alle impreseCHE VOGLIONOINTERNAZIONALIZZARSI

i n d i r i z z i

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cdo networksede di milano:Via Canova, 1920148 MilanoTel. 0234599656Fax [email protected] di Roma:Via Ferruccio, 4/B00185 RomaTel. 064453609Fax [email protected]

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