CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

40
2021 - il “De Monarchia” Il “De Vulgari eloquentia” -Il concetto di “Nobiltà” - La giustificazione del potere dell’Imperatore CONVIVIO Trattato IV:

Transcript of CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Page 1: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

2021

- il “De Monarchia”

Il “De Vulgari eloquentia”

-Il concetto di “Nobiltà”- La giustificazione del potere dell’Imperatore

CONVIVIO

Trattato IV:

Page 2: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Guidoriccio da Fogliano all’assedio di MontemassaSiena, Palazzo Pubblico,sala del Mappamondo, 1328

Lezione 9

Page 3: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

AnnunciazioneFirenze, Galleria degli Uffizi

Lezione 9

Page 4: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

“Le dolci rime d’amor ch’i’ solia”

Le dolci rime d’amor ch’i’ soliacercar ne’ miei pensieri,convien ch’io lasci; non perch’io non speriad esse ritornare,ma perchè li atti disdegnosi e feriche ne la donna mia sono appariti m’han chiusa la viade l’usato parlare. E poi che tempo mi par d’aspettare,

diporrò giù lo mio soave stile, ch’i’ ho tenuto nel trattar d’amore;e dirò del valore,per lo qual veramente omo è gentile,con rima aspr’e sottile;riprovando ’l giudicio falso e viledi quei che voglion che di gentilezzasia principio ricchezza.

CONVIVIO

Trattato IV:

Page 5: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9Tale imperò che gentilezza volse,secondo ’l suo parere,che fosse antica possession d’averecon reggimenti belli;e altri fu di più lieve savereche tal detto rivolse,e l’ultima particula ne tolse,

chè non l’avea fors’elli!Di retro da costui van tutti quelliche fan gentile per ischiatta altruiche lungiamente in gran ricchezza è stata;ed è tanto duratala così falsa oppinion

gentil che può dicere: ’Io fuinepote, o figlio, di cotal valente’,benchè sia da niente.Ma vilissimo sembra, a chi ’l ver guata,cui è scorto ’l cammino e poscia l’erra,e tocca a tal, ch’è morto e va per terra!

CONVIVIO

Trattato IV:

“Le dolci rime d’amor ch’i’ solia”

Page 6: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Chi diffinisce: ’Omo è legno animato’,prima dice non vero,e, dopo ’l falso, parla non intero;ma più forse non vede.Similemente fu chi tenne imperoin diffinire errato,chè prima puose ’l falso e, d’altro lato,con difetto procede;

chè le divizie, sì come si crede,non posson gentilezza dar nè torre, però che vili son da lor natura:

poi chi pinge figura,se non può esser lei, non la può porre,nè la diritta torrefa piegar rivo che da lungi corre.

Che siano vili appare ed imperfette,chè, quantunque collette,non posson quietar, ma dan più cura;onde l’animo ch’è dritto e veraceper lor discorrimento non si sface.

CONVIVIO

Trattato IV:

“Le dolci rime d’amor ch’i’ solia”

Page 7: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Nè voglion che vil uom gentil divegna,nè di vil padre scendanazion che per gentil già mai s’intenda;

questo è da lor confesso:onde lor ragion par che sè offendain tanto quanto assegnache tempo a gentilezza si convegna,diffinendo con esso.

Ancor, segue di ciò che innanzi ho messo,che siam tutti gentili o ver villani,o che non fosse ad uom cominciamento;ma ciò io non consento,ned ellino altressì, se son cristiani!Per che a ’ntelletti saniè manifesto i lor diri esser vani,

ed io così per falsi li riprovo,e da lor mi rimovo;e dicer voglio omai, sì com’io sento,che cosa è gentilezza, e da che vene,e dirò i segni che ’l gentile uom tene.

CONVIVIO

Trattato IV:

“Le dolci rime d’amor ch’i’ solia”

Page 8: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Dico ch’ogni vertù principalmentevien da una radice:vertute, dico, che fa l’uom felicein sua operazione.Questo è, secondo che l’Etica dice, un abito eligentelo qual dimora in mezzo solamente,e tai parole pone.

Dico che nobiltate in sua ragioneimporta sempre ben del suo subietto,come viltate importa sempre male;e vertute cotaledà sempre altrui di sè buono intelletto;per che in medesmo dettoconvegnono ambedue, ch’en d’uno effetto.

Onde convien da l’altra vegna l’una,o d’un terzo ciascuna;ma se l’una val ciò che l’altra vale,e ancor più, da lei verrà più tosto.E ciò ch’io dett’ho qui sia per supposto.

CONVIVIO

Trattato IV:

“Le dolci rime d’amor ch’i’ solia”

Page 9: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

È gentilezza dovunqu’è vertute,ma non vertute ov’ella;sì com’è ’l cielo dovunqu’è la stella,ma ciò non e converso.

E noi in donna e in età novella vedem questa salute,in quanto vergognose son tenute,ch’è da vertù diverso.Dunque verrà, come dal nero il perso,ciascheduna vertute da costei, o vero il gener lor, ch’io misi avanti.Però nessun si vantidicendo: ’Per ischiatta io son con lei’,ch’elli son quasi deiquei c’han tal grazia fuor di tutti rei;

chè solo Iddio a l’anima la donache vede in sua personaperfettamente star: sì ch’ad alquantiche seme di felicità sia costa,messo da Dio ne l’anima ben posta.

CONVIVIO

Trattato IV:

“Le dolci rime d’amor ch’i’ solia”

Page 10: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

6. Poi, quando dice: Chè solo Iddio a l’anima la dona, ragione è del suscettivo, cioè del subietto dove questo divino dono discende: ch’è bene divino dono, secondo la parola de l’Apostolo: «Ogni ottimo dato e ogni dono perfetto di suso viene, discendendo dal padre de’ lumi».

7. Dice adunque che Dio solo porge questa grazia a l’anima di quelli cui vede stare perfettamente ne la sua persona, acconcio e disposto a questo divino atto ricevere. Chè, secondo dice lo Filosofo nel secondo de l’Anima, «le cose convengono essere disposte a li loro agenti, e a ricevere li loro atti»; onde se l’anima è imperfettamente posta, non è disposta a ricevere questa benedetta e divina infusione: sì come se una pietra margarita è male disposta, o vero imperfetta, la vertùcelestiale ricever non può, sì come disse quel nobile Guido Guinizzelli in una sua canzone, che comincia: Al cor gentil ripara sempre Amore.

CONVIVIO

Trattato IV, XXII, 6-7

Page 11: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

CONVIVIO

Trattato IV, XXII, 8-9

8. Puote adunque l’anima stare non bene ne la persona per manco di complessione, o forse per manco di temporale: e in questa cotale questo raggio divino mai non risplende. E possono dire questi cotali, la cui anima è privata di questo lume, che essi siano sì come valli volte ad aquilone, o vero spelunche sotterranee, dove la luce del sole mai non discende, se non ripercussa da altra parte da quella illuminata. 9. Ultimamente conchiude, e dice che, per quello che dinanzi detto è (cioè che le vertudi sono frutto di nobilitade, e che Dio questa metta ne l’anima che ben siede), che ad alquanti, cioè a quelli che hanno intelletto, che sono pochi, è manifesto che nobilitade umana non sia altro che ’seme di felicitade’, messo da Dio ne l’anima ben posta, cioè lo cui corpo è d’ogni parte disposto perfettamente. Chè se le vertudi sono frutto di nobilitade, e felicitade è dolcezza [per quelle] comparata, manifesto è essa nobilitade essere semente di felicitade, come detto è.

Page 12: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

6. Dico dunque: Tale imperò, cioè tale usò l’officio imperiale: dov’è da sapere che Federigo di Soave, ultimo imperadore de li Romani - ultimo dico per rispetto al tempo presente, non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano, appresso la sua morte e de li suoi discendenti -, domandato che fosse gentilezza, rispuose ch’era antica ricchezza e belli costumi.

7. E dico che altri fu di più lieve savere: che, pensando e rivolgendo questa diffinizionein ogni parte, levò via l’ultima particula, cioè li belli costumi, e tennesi a la prima, cioè a l’antica ricchezza; e, secondo che lo testo pare dubitare, forse per non avere li belli costumi non volendo perdere lo nome di gentilezza, diffinio quella secondo che per lui facea, cioè possessione d’antica ricchezza.

8. E dico che questa oppinione è quasi di tutti, dicendo che dietro da costui vanno tutti coloro che fanno altrui gentile per essere di progenie lungamente stata ricca, con ciò sia cosa che quasi tutti così latrano.

9. Queste due oppinioni - avvegna che l’una, come detto è, del tutto sia da non curare - due gravissime ragioni pare che abbiano in aiuto: la prima è che dice lo Filosofo che quello che pare a li più, impossibile è del tutto essere falso; la

10. E perchè meglio si veggia poi la vertude de la veritade, che ogni autoritadeconvince, ragionare intendo quanto l’una e l’altra di queste ragioni aiutatrice e possente è. E, prima, [poi che] de la imperiale autoritade sapere non si può se non si ritruovano le sue radici, di quelle per intenzione in capitolo speziale è da trattare.

CONVIVIO

Trattato IV, III, 6-10

La giustificazione del potere dell’Imperatore

Page 13: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

1. Lo fondamento radicale de la imperiale maiestade, secondo lo vero, è la necessità de la umana civilitade, che a uno fine è ordinata, cioè a vita felice; a la quale nullo per sè è sufficiente a venire sanza l’aiutorio d’alcuno, con ciò sia cosa che l’uomo abbisogna di molte cose, a le quali uno solo satisfare non può. E però dice lo Filosofo che l’uomo naturalmente è compagnevole animale.

2. E sì come un uomo a sua sufficienza richiede compagnia dimestica di famiglia, così una casa a sua sufficienza richiede una vicinanza: altrimenti molti difetti sosterrebbe che sarebbero impedimento di felicitade. E però che una vicinanza [a] sè non può in tutto satisfare, conviene a satisfacimento di quella essere la cittade. Ancora la cittade richiede a le sue arti e a le sue difensioni vicenda avere e fratellanza con le circavicine cittadi; e però fu fatto lo regno.

3. Onde, con ciò sia cosa che l’animo umano in terminata possessione di terra non si queti, ma sempre desideri gloria d’acquistare, sì come per esperienza vedemo, discordie e guerre conviene surgere intra regno e regno, le quali sono tribulazioni de le cittadi, e per le cittadi de le vicinanze, e per le vicinanze de le case, [e per le case] de l’uomo; e così s’impedisce la felicitade.

4. Il perchè, a queste guerre e le loro cagioni torre via, conviene di necessitade tutta la terra, e quanto a l’umana generazione a possedere è dato, essere Monarchia, cioè uno solo principato, e uno prencipe avere; lo quale, tutto possedendo e più desiderare non possendo, li regi tegna contenti ne li termini de li regni, sì che pace intra loro sia, ne la quale si posino le cittadi, e in questa posa le vicinanze s’amino, in questo amore le case prendano ogni loro bisogno, lo qual preso, l’uomo viva felicemente; che è quello per che esso è nato

CONVIVIO

Trattato IV, IV, 1-4

La giustificazione del potere dell’Imperatore

Page 14: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Allegoria del Buon Governo (1338-1340)

Siena

Lezione 9

Salone della Pace - Palazzo Pubblico

Page 15: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Allegoria del Buon Governo Siena , Salone della Pace del Palazzo Pubblico

Lezione 9

Page 16: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Allegoria del Buon Governo Siena , Salone della Pace del Palazzo Pubblico

Page 17: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9L'Allegoria del Buon Governo invece è rappresentata da un vecchio e saggio monarca che siede su un trono e circondato da figure allegoriche come Giustizia, Temperanza, Prudenza, Forza, Pace, così come le virtù teologali di Carità, Fede e Speranza. Infine l'affresco con gli Effetti del Buon Governo mostra una Siena ricca e serena.Questi affreschi sono così importanti anche perché sono una

rara istantanea della vita quotidiana durante la Siena del

Medioevo e la prima rappresentazione della città

dall'antichità.

Page 18: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Allegoria del Cattivo Governo

Page 19: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

La Sapienza Divina, con una corona, simbolo di

dominio, alata, simbolo della sua superiorità trascendente

e con un libro in mano, simbolo di imperscrutabile eterna

e immutabile saggezza dovuta alla conoscenza

onnisciente del tutto, regge una bilancia, simbolo di

giustizia, rettitudine, ordine e imparzialità.

Page 20: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

CONVIVIO

Trattat IV, IV, 5-7

5. E a queste ragioni si possono reducere parole del Filosofo ch’egli ne la Politica dice, che quando più cose ad uno fine sono ordinate, una di quelle conviene essere regolante, o vero reggente, e tutte l’altre rette e regolate. Sì come vedemo in una nave, che diversi offici e diversi fini di quella a uno solo fine sono ordinati, cioè a prendere loro desiderato porto per salutevole via: dove, sì come ciascuno officiale ordina la propria operazione nel proprio fine, così è uno che tutti questi fini considera, e ordina quelli ne l’ultimo di tutti; e questo è lo nocchiero, a la cui voce tutti obedire deono.6. Questo vedemo ne le religioni, ne li esserciti, in tutte quelle cose che sono, come detto è, a fine ordinate. Per che manifestamente vedere si può che a perfezione de la universale religione de la umana spezie conviene essere uno, quasi nocchiero, che, considerando le diverse condizioni del mondo, a li diversi e necessari offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile officio di comandare. 7. E questo officio per eccellenza Imperio è chiamato, sanza nulla addizione, però che esso è di tutti li altri comandamenti comandamento. E così chi a questo officio è posto è chiamato Imperadore, però che di tutti li comandamenti elli è comandatore, e quello che esso dice a tutti è legge, e per tutti dee essere obeditoe ogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e autoritade. E così si manifesta la imperiale maiestade e autoritade essere altissima ne l’umana compagnia.

Page 21: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

8. Veramente potrebbe alcuno gavillare dicendo che, tutto che al mondo officio d’imperio si richeggia, non fa ciò l’autoritade de lo romano principe ragionevolemente somma, la quale s’intende dimostrare; però che la romana potenzia non per ragione nè per decreto di convento universale fu acquistata, ma per forza, che a la ragione pare esser contraria.

9. A ciò si può lievemente rispondere, che la elezione di questo sommo officiale convenia primieramente procedere da quello consiglio che per tutti provede, cioè Dio; altrimenti sarebbe stata la elezione per tutti non iguale; con ciò sia cosa che, anzi l’officiale predetto, nullo a bene di tutti intendea.

10. E però che più dolce natura [in] segnoreggiando, e più forte in sostenendo, e più sottile in acquistando nè fu nè fia che quella de la gente latina - sì come per esperienza si può vedere - e massimamente [di] quello popolo santo nel quale l’alto sangue troiano era mischiato, cioè Roma, Dio quello elesse a quello officio. d’altro capitolo per le toccate ragioni mostrare; che non fia sanza utilitade e diletto grande.

CONVIVIO

Trattato IV, IV, 8-10

Page 22: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

11. Però che, con ciò sia cosa che a quello ottenere non sanza grandissima vertudevenire si potesse, e a quello usare grandissima e umanissima benignitade si richiedesse, questo era quello popolo che a ciò più era disposto. Onde non da forza fu principalmente preso per la romana gente, ma da divina provedenza, che è sopra ogni ragione. E in ciò s’accorda Virgilio nel primo de lo Eneida, quando dice, in persona di Dio parlando: «A costoro - cioè a li Romani - nè termine di cose nèdi tempo pongo; a loro ho dato imperio sanza fine»(*).

12. La forza dunque non fu cagione movente, sì come credeva chi gavillava, ma fu cagione instrumentale, sì come sono li colpi del martello cagione del coltello, e l’anima del fabbro è cagione efficiente e movente; e così non forza, ma ragione, [e] ancora divina, [conviene] essere stata principio del romano imperio.

13. E che ciò sia, per due apertissime ragioni vedere si può, le quali mostrano quella civitade imperatrice, e da Dio avere spezial nascimento, e da Dio avere spezial processo.

(*) “his ergo nec metas rerum nec tempora pono/ Imperium sine fine dedi” [E’ Giove che parla = il Dio cristiano]

CONVIVIO

Trattato IV, IV, 11-13

Page 23: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Nel 797 il trono dell'Impero bizantino, di fatto unico e legittimo discendente dell'Impero romano, venne usurpato da Irene d'Atene, che si proclamò basilissa dei Romei (imperatrice dei Romani). Il fatto che il trono "romano" fosse occupato da una donna spinse il papa a considerare il trono "romano" vacante. Nel corso della messa di Natale del 25 dicembre 800, nella basilica di San Pietro, Carlo Magno fu da papa Leone III incoronato imperatore, titolo mai più usato in Occidente dopo la destituzione di Romolo Augusto nel 476. Durante la cerimonia, papa Leone III unse il capo a Carlo, richiamando la tradizione dei re biblici. La nascita di un nuovo Impero d'Occidente non fu ben accolta dall'Impero d'Oriente che tuttavia non aveva i mezzi per intervenire. L'imperatrice Irene dovette assistere impotente a ciò che stava avvenendo a Roma; ella si rifiutò sempre di accettare il titolo di imperatore a Carlo Magno, considerando l'incoronazione di Carlo Magno ad opera del papa un atto di usurpazione di potere.

La giustificazione del potere dell’Imperatore

Page 24: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

“De Monarchia”

Page 25: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 “De Monarchia”

Page 26: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Innocenzo III Federico II di Svevia

Dal 1198 al 1216 fu papaInnocenzo III il quale ritenevache la sua autorità (poterespirituale) fosse superiorerispetto al Sacro RomanoImpero, alle monarchienazionali e ai comuni (poteretemporale). Innocenzo IIIvoleva imporre la suateocrazia in Europa

“De Monarchia”

Page 27: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

FEDERICO I DI SVEVIA DETTO IL BARBAROSSA

Pinacoteca di Brera - Milano

“De Monarchia”

Page 28: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

L’Autorità del Papa (Bonifacio VIII)

Bonifacio VIII e i suoi cardinali.

Illustrazione di un'edizione del XIV

secolo del Primato papale

“De Monarchia”

Page 29: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

Il “De Monarchia”

Enrico II di Valois

Page 30: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

L'imperatore, il papa, i due fini della vita umana […] […] 7. Dunque l’ineffabile Provvidenza1 indicò all’uomo due fini da perseguire: e cioè la felicità di questa vita, che consiste nella realizzazione della potenzialità propria dell’uomo2, ed è raffigurata nel paradiso terrestre; e la felicità della vita eterna, che consiste nel godimento della visione di Dio, cui la potenzialità propria dell’uomo non può arrivare se non è aiutata dalla luce divina, e che è raffigurata nel paradiso celeste.8. A queste due forme di felicità, come a obiettivi diversi, è necessario giungere attraverso mezzi diversi. Infatti giungiamo alla prima3 per mezzo degli insegnamenti filosofici, purché li seguiamo operando secondo le virtù morali e intellettuali; e alla seconda4 giungiamo attraverso gli insegnamenti spirituali che trascendono l’umana ragione, purché li seguiamo operando secondo le virtù teologali, cioè fede, speranza e carità.

Il “De Monarchia”, III, 15

Page 31: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9Il “De Monarchia”, III, 15

9. A questi fini e a questi mezzi – benché ci siano stati mostrati, i primi dall’umana ragione che tutta ci è stata spiegata dai filosofi, e i secondi dallo Spirito Santo che rivelò la verità soprannaturale e a noi necessaria attraverso i profeti e gli agiografi5, attraverso Gesù Cristo figlio di Dio a lui coeterno6 – la cupidigia umana volterebbe le spalle se gli uomini, simili a cavalli che vagano nella loro bestialità, non fossero trattenuti nel loro viaggio “con morso e briglie”7.10. Per cui fu necessaria all’uomo una duplice guida, in relazione al duplice fine; e cioè il Sommo Pontefice, che conducesse il genere umano alla vita eterna secondo la Rivelazione, e l’Imperatore, che dirigesse il genere umano alla felicità temporale secondo gli insegnamenti della filosofia.11. E poiché a questo porto non può pervenire nessuno – o possono farlo in pochi, e questi pochi con estrema difficoltà – se il genere umano, calmati i flutti della seducente cupidigia, non riposa libero nella tranquillità della pace8, ecco qual è lo scopo al quale sopra ogni altro deve tendere colui che ha cura del mondo, che è chiamato Principe romano9: e cioè che in questa aiuola dei mortali10 si viva liberamente in pace.

Page 32: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

A questi fini e a questi mezzi – benché ci siano stati mostrati, i primi dall’umana ragione che tutta ci è stata spiegata dai filosofi, e i secondi dallo Spirito Santo che rivelò la verità soprannaturale e a noi necessaria attraverso i profeti e gli agiografi, attraverso Gesù Cristo figlio di Dio a lui coeterno – la cupidigia umana volterebbe le spalle se gli uomini, simili a cavalli che vagano nella loro bestialità, non fossero trattenuti nel loro viaggio “con morso e briglie”. Per cui fu necessaria all’uomo una duplice guida, in relazione al duplice fine; e cioè il Sommo Pontefice, che conducesse il genere umano alla vita eterna secondo la Rivelazione, e l’Imperatore, che dirigesse il genere umano alla felicità temporale secondo gli insegnamenti della filosofia. E poiché a questo porto non può pervenire nessuno – o possono farlo in pochi, e questi pochi con estrema difficoltà – se il genere umano, calmati i flutti della seducente cupidigia, non riposa libero nella tranquillità della pace, ecco qual è lo scopo al quale sopra ogni altro deve tendere colui che ha cura del mondo, che è chiamato Principe romano: e cioè che in questa aiuola dei mortali si viva liberamente in pace.

“De Monarchia”

Page 33: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 Il “De Vulgari eloquentia”

Page 34: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9

•cardinale così come il cardine è il punto fisso attorno al quale gira la porta, allo stesso modo la lingua deve essere il fulcro attorno al quale tutti gli altri dialetti possono ruotare;•aulico e curiale perché dovrebbe essere degno di essere parlato in una corte e in tribunale.•illustre perché doveva dare lustro a chi lo parlava;

Il “De Vulgari eloquentia”

Page 35: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 Il “De Vulgari eloquentia”

I. INCIPIT LIBER DE VULGARI ELOQUIO, SIVE IDIOMATE, EDITUS PER DANTEM. XVII. [ Quod ex multis

ydiomatibus fiat unum pulcrum; et facit mentionem de Cino Pistoriensi. ]

A questo punto occorre esporre con ordine le ragioni per cuichiamiamocon gli attributi di illustre, cardinale, regale e curiale

questo volgare che abbiamo trovato: procedimento attraverso il quale nefaremo risaltare in modo più limpido l'intrinseca essenza.

E in primo luogo dunque mettiamo in chiaro cosa vogliamo significarecon l'attributo di illustre e perché definiamo quel volgare come illustre.

Invero, quando usiamo il termine "illustre" intendiamoqualcosa che diffonde luce e che, investito dalla lucerisplende chiaro su tutto: ed è a questa stregua che chiamiamocerti uomini illustri, o perché illuminati dal poterediffondono sugli altri una luce di giustizia e carità, o perché,depositari di un alto magistero,sanno altamente ammaestrare: come Seneca e NumaPompilio.Ora il volgare di cui stiamo parlando è investito da un magistero e da un

potere che lo sollevano in alto, e solleva in alto i suoi con l'onore a lagloria.

Page 36: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 Il “De Vulgari eloquentia”

2. Quanto poi al nome di regale che gli attribuiamo, il motivo

è questo,

che se noi Italiani avessimo una reggia, esso prenderebbe

posto in quel palazzo.

Perché se la reggia è la casa comune di tutto il regno,

l'augusta reggitrice di tutte le sue parti, qualunque cosa è tale

da

esser comune a tutti senza appartenere in proprio a nessuno,

deve necessariamente abitare nella reggia a praticarla,

e non vi è altra dimora degna di un così nobile inquilino: tale

veramente appare il volgare del quale parliamo.

Di qui deriva che tutti coloro che frequentano le reggie

parlano sempre il volgare illustre

e ne deriva anche che il nostro volgare illustre se ne va

pellegrino come uno straniero e trova ospitalità in umili asili,

dato che noi siamo privi di una reggia.

E non è senza ragione che fregiamo questo

volgare illustre del secondo attributo, per cui

cioè si chiama cardinale.

Come infatti la porta intera va dietro al

cardine, in modo da volgersi anch'essa nel

senso in cui il cardine si volge,

sia che si pieghi verso l'interno sia che si

apra verso l'esterno,

così l'intero gregge dei volgari municipali si

volge a rivolge, si muove a s'arresta

secondo gli ordini di questo,

che si mostra un vero e proprio

capofamiglia.

Page 37: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 Il “De Vulgari eloquentia”

Infine quel volgare va definito a buon diritto curiale, poiché la curialità non è altro che una norma ben soppesata delle azioni da compiere; e siccome la bilancia capace di soppesare in questo modo si trova d'abitudine solo nelle curie più eccelse, ne viene che tutto quanto nelle nostre azioni è soppesato con esattezza, viene chiamato curiale. Per cui questo volgare, poiché è stato soppesato nella curia più eccelsa degli Italiani, è degno di essere definito curiale. 4. Ma dire che è stato soppesato nella più eccelsa curia degli Italiani sembra una burla, dato che siamo privi d'una curia.

•cardinale così come il cardine è il

punto fisso attorno al quale gira la

porta, allo stesso modo la lingua

deve essere il fulcro attorno al

quale tutti gli altri dialetti possono

ruotare;

•aulico e curiale perché dovrebbe

essere degno di essere parlato in

una corte e in tribunale.

•illustre perché doveva dare lustro

a chi lo parlava;

Page 38: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 Il “De Vulgari eloquentia”

Ora affermiamo che questo volgare, che è stato presentato come

illustre, cardinale, regale e curiale,

coincide con quello che si chiama volgare italiano.

Di esso infatti si sono serviti i maestri illustri

che in Italia hanno poetato in lingua volgare,

come Siciliani, Apuli, Toscani, Romagnoli, Lombardie uomini dell'una e dell'altra

Marca.

1. Infatti, come è possibile trovare un determinato volgare proprio di Cremona, così è

possibile trovarne uno proprio della Lombardia; e come si trova quest'ultimo, così è

possibile reperirne uno proprio di tutta la parte sinistra dell'Italia; e come per tutti

questi, così è dato reperire quello che appartiene all'Italia intera.

E come l'uno si definisce cremonese, e l'altro lombardo, e il terzo semi-italiano, così

questo, che appartiene all'Italia intera, si chiama volgare italiano.

Page 39: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 “Pietro Lorenzetti”

Ultima cena Transetto sinistro

Assisi : Basilica inferiore

Page 40: CONVIVIO Trattato IV: Il concetto di “Nobiltà”

Lezione 9 “Pietro Lorenzetti”

Madonna con bambino (1320 circa)

Assisi : Basilica San Francesco

San Francesco riceve le Stimmate