Controcorrente 0 | Edizione nazionale

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CONTROCORRENTE odio chi non parteggia, odio gli indifferenti Numero 0 1

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L'edizione nazionale del numero 0 di Controcorrente

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CONTROCORRENTE odio chi non parteggia, odio gli indifferenti Numero 0

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CONTROCORRENTE odio chi non parteggia, odio gli indifferenti Numero 0

CONTROCORRENTEodio chi non parteggia, odio gli indifferenti

Numero 0 | chiuso in redazione l'8 Ottobre 2012

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:Erasmo SossichCora OrlandoAlberto VannoniMargherita AgneseV. V.

Impaginazione e grafica:Riccardo Laterza

Redazioni territoriali:Trieste Cora Orlando 3482501507Genova Alberto Vannoni 3489821122Reggio Calabria Pierpaolo Mosaico 3890377400Trento Erasmo Sossich 3487853416

Questo giornale è pubblicato in licenza Creative Commons BY-NC-SA. Ciò significa che è possibile distribuire, modificare, creare opere derivate da questo numero, ma non a scopi commerciali, a condizione che venga riconosciuta la paternità dell'opera all'autore e che alla nuova opera vengano attribuite le stesse licenze dell'originale, quindi ad ogni erivato non sarà permesso l'uso commerciale.

IN QUESTO NUMERO:Numero 0

PerchE' andiamo controcorrentedella Redazione Controcorrente.....................................................................3

Editoriale

L'anello debole chespezza le catenedi Erasmo Sossich | Trieste................................................................................5

ScuolaAprea 2, la vendettadi Cora Orlando | Trieste.......................................................................................8

Attualità

Futuro precariodi Alberto Vannoni e Margherita Agnese | Genova.....................11

ScuolaStage, a lezione disfruttamentodi Vincenza Vario | Trieste.................................................................................14

UltimaRIDIAMOCI SU…............................................................................................................................................18

L'immagine di copertina è un'opera di Banksy

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os'è Controcorrente? Con-trocorrente è un giornale studentesco di controinfor-

mazione scritto da studenti per gli studenti, autonomo, autofinanziato e partigiano. Inizia ora il proprio percorso, e nasce dalla volontà di un gruppo di studenti, uniti nella rifles-sione sui temi attuali, di dare voce agli studenti su temi che dalla scuola vanno ad investire la società intera. Abbiamo scelto di unirci nella scrit-tura di un solo giornale, che gestia-

C mo in parte in modo unitario in una redazione nazionale e in parte auto-gestiamo di città in città.

Controcorrente perché si contrappo-ne al sistema d'informazione e d'in-trattenimento massmediatico, alle sue televisioni, alle sue riviste, ai suoi quotidiani, a tutte queste azien-de quotate in borsa che ogni giorno costruiscono un'immagine del mon-do ben diversa dalla realtà.

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Numero O

PerchE' andiamo Controcorrentedella Redazione Controcorrente

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Controcorrente perché siamo auto-nomi da poteri economici e ci autofi-nanziamo solo con la vendita del giornale stesso, studenti senza bava-glio che scrivono senza essere sul li-bro paga di nessuno, ma che credono di avere qualcosa da dire, e credono sia importante che siano degli stu-denti a dirlo, senza delegare, senza aspettare che qualcuno si ricordi che esistiamo anche noi.

Controcorrente perché siamo indi-pendenti da partiti e sindacati di ogni colore politico.

Controcorrente perché diciamo chiaramente di essere partigiani, ov-vero, di parte, ed antifascisti. Non crediamo nell'informazione impar-ziale. Cercando sempre di scindere le due cose, cercheremo di guardare alla realtà analizzandola nel modo più chiaro e oggettivo possibile, ma non rinunceremo mai a dire la no-stra opinione su questa realtà. Cia-scuno di noi non può che essere por-tatore del proprio punto di vista. Fingere il contrario sarebbe un gioco retorico.

Mentre giornali e televisioni si schiacciano sull'opinione di una maggioranza silenziosa da corteggia-re, noi portiamo la nostra opinione, per quanto scomoda, e ci opponiamo a chi in nome della pluralità demo-cratica lascia sempre più spazio a chi la democrazia l'ha sempre schifata, e

dell'intolleranza ha fatto la propria bandiera. Non abbiamo dimenticato cosa voglia dire fascismo, dittatura, persecuzione, razzismo.

Controcorrente perché siamo una realtà partecipativa, pronta a contaminare e contaminarsi, a crescere tramite il contributo diretto di studenti dei professionali, dei tecnici, dei licei, e non abbiamo pregiudizi nei confronti di chi già si impegna in associazioni, collettivi o altre realtà. Abbiamo l'ambizione di coinvolgere più studenti possibili nella scrittura, nella discussione, nell'organizzazione. Per questo ci siamo divisi in redazioni territoriali. Perché se fare un giornale non è una cosa semplice, fare un giornale degli studenti per gli studenti lo è ancora meno. Il nostro è un esperimento. Se riuscirà dipenderà da noi, che ci impegniamo in questo progetto, ma anche da un noi molto più grande ed in cui crediamo, il noi degli studenti di tutta l'Italia ●

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ebito. Debito in matemati-ca. Debito in inglese. De-bito in latino. Negli ultimi

mesi più della metà degli studenti italiani ha passato l'estate con l'incu-bo dell'esame di riparazione. Alcuni li hanno superati. Altri no.

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Perché così tanti studenti arrivano a fine anno con una o più insufficien-ze? Perché sempre più finiscono per non recuperarli e si ritrovano a do-

ver ripetere l'anno? Un sistema che funzioni, è un sistema che funziona per tutti coloro che sono coinvolti al suo interno, per definizione. Verreb-be da pensare, allora, che il sistema scuola non funziona. Ma per quanto questa conclusione sia demoralizzan-te, la realtà è peggiore: il sistema scuola funziona, e funziona perfetta-mente, nel selezionare chi va avanti, e chi rimane indietro: fare in modo che ci sia chi apprende e chi no è at-

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Editoriale

L'ANELLO DEBOLE CHE SPEZZA LE CATENEdi Erasmo Sossich | Trieste

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tuare una selezione, tra chi potrà procedere negli studi, e chi da subito si ritroverà all'interno del mondo del lavoro precarizzato. Sempre più sono costretti ad abbandonare gli studi prima della conclusione delle supe-riori e il tasso di abbandono scolasti-co sta crescendo.

Debito. Mutuo. Ipoteca. Insolvenza. Presenze costanti nella vita di quasi tutti noi. La nostra casa, dipende da un mutuo. L'azienda per cui i nostri genitori lavorano, è indebitata. Lo stato di cui siamo cittadini è ipote-cato. E mese dopo mese, i mercati fi-nanziari decidono di quanto ancora rinviare la nostra insolvenza. Inde-bitati. Stato, aziende, lavoratori, tutti, o quasi.

Perché, come è accaduto? Come pos-siamo essere tutti indebitati, e verso chi? Negli ultimi trent'anni, il siste-ma economico ha costretto la stra-grande maggioranza di noi a chiede-re dei prestiti, per poter continuare a vivere, per poter realizzare le nostra ambizioni. Questo non è normale, questo non è giusto. Essere debitori, significa essere dipendenti, significa avere delle scadenze da cui non poter mai fuggire. Significa, non essere li-beri. E chi possiede i nostri debiti? In primo luogo, banche internazio-nali. Ma dire banca non è cosa sem-plice, perché ognuna di queste super-banche, a sua volta, controlla multi-nazionali, banche locali, corpora-tions, industrie alimentari, minera-

rie, culturali. Parlamenti. Ma signi-fica anche banchiere, manager, am-ministratore delegato, consiglio d'amministrazione. Partiti. Una classe ristretta, un 1%, per la quale questo sistema, questa stessa crisi, funziona, e significa profitto.

In questa nostra scuola sempre più in crisi, sempre più selettiva, il mi-nistero da anni porta avanti progetti di legge, riforme. La Gelmini ed i suoi 12 miliardi di tagli oramai se n'è andata, ma al suo posto è arriva-to il nuovo Ministro Profumo, i suoi test Invalsi, la sua Legge Aprea bis. Misure che di fronte ad una scuola in crisi, incidono profondamente, creando sempre maggior divario tra scuole di serie A, B e Z e inserendo i privati dentro le scuole. In pratica, svendendole al miglio offerente. E i debiti aumenteranno, e con loro, le bocciature. E l'abbandono scolastico.

Licenziamento facile, taglio alla spe-sa pubblica, svendita dei beni statali, delle sue aziende, delle sue risorse. Dell'acqua, dell'energia. Questi sono gli interventi per uscire dalla crisi. Misure strutturali che richiedono i mercati. Che richiedono le superban-che. Che richiedono i manager, i banchieri, un 1% di carne ed ossa, che difende e controlla e governa questa crisi, questa società, perfino la nostra scuola. E come sempre più non supereranno gli esami, sempre più saranno insolventi, sempre più perderanno il lavoro, perderanno la

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casa, perderanno i diritti. Il sistema funziona così, e funziona benissimo, per chi lo controlla.

Ma la legge Aprea non è ancora stata approvata dal Parlamento, gli Inval-si si possono boicottare. E le scuole, si possono occupare.

I debiti si possono non pagare. I go-verni si possono rovesciare. Le socie-tà si possono cambiare, anche le più oppressive.

Siamo noi, studenti, giovani disoccupati e precari, l'anello più debole di questa catena. L'anello che può spezzarla tutta ●

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norevoli Colleghe e Colleghi! - La rifor-ma...” Nel 2008 Va-

lentina Aprea (PdL) esordiva così nel presentare la sua proposta di legge, che avrebbe modificato completa-mente l'organizzazione delle nostre scuole. Non ci è riuscita.

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2012 - Quattro anni dopo, la rivin-cita. Hanno tirato fuori il testo, sof-fiato via la polvere, sistemato gli emendamenti, et voilà, pronta la nuova riforma della scuola pubblica, di cui nessuno parla. Basta solo ap-provarla a larghissima maggioranza, e ciò non sappiamo quando accadrà.

Però sappiamo cosa accadrà dopo. La prima notizia che si sente riguardo il ddl Aprea è che i privati potranno investire nella scuola. Verremo anche noi governati dalle logiche di merca-to? Saremo considerati i cittadini di domani, o soltanto manodopera, pronta per essere sfruttata dalle aziende e dalle multinazionali?

Nessuno fa beneficenza. Nessun pri-vato investe in un progetto se non ha un tornaconto, e questa logica nella scuola pubblica è inquietante. Infatti coloro che impegneranno i propri soldi nella scuola pubblica po-

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Scuola

APREA 2, LA VENDETTAdi Cora Orlando | Trieste

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tranno entrare nel Consiglio nell'Au-tonomia, il futuro Consiglio d'Istitu-to. Sul come, la legge è fumosa. Un rappresentante degli investitori può partecipare senza diritto di voto, ma sono previsti nel consiglio due mem-bri esterni all'istituzione scolastica, scelti fra “le realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servi-zi” (art. 4 comma 1 lettera d, che ri-manda all'art. 1 comma 2). Chi ci garantisce che chi finanzia non ven-ga incluso in queste categorie, e che, successivamente, non stabilisca cosa debba fare la scuola in cambio di fondi? Magari formare una serie di studenti molto adatti al lavoro e poco al libero pensiero, incapaci non solo di esprimere, ma anche di avere una propria opinione, e pronti per essere sfruttati da un industriale?

Senza contare poi i licei. Se tu fossi un imprenditore, e quindi interessa-to prevalentemente ad una manodo-pera formata per la tua azienda, in-vestiresti in un liceo? Non te ne tor-nerebbe niente in cambio. Solo gente che conosce il latino e la letteratura, ignorando come funzioni un tornio o come si tenga la contabilità azienda-le. Non sono persone produttive, quindi non è produttivo nemmeno investirci. E il loro futuro? Ma, aspetta un attimo, Consiglio dell'Autonomia? Stiamo forse dicen-do che non ci sarà più il caro e vec-chio Consiglio di Istituto? No, ci sarà, appunto, il Consiglio dell'Auto-nomia (art. 3 e 4). Ma perché del-

l'Autonomia? Perché ogni scuola sarà autonoma. La legge traccia solo delle linee guida, tutta l'organizza-zione è a discrezione dell'Istituto. Le modalità di scelta dei membri ester-ni, anche di elezione delle rappresen-tanze interne saranno stabilite dallo statuto di ogni singola scuola. Ognu-no decide da sé, scrive uno statuto, e questo non è sottoposto in seguito a nessuna autorità esterna.

Un altro organo che viene introdotto è il nucleo di autovalutazione (art. 8). Ma a che diavolo serve che una scuola si “autovaluti”? Infatti non si valuta, ma non da sé. Saranno sem-plicemente un gruppo di persone che stabiliranno, in collaborazione con l'INVALSI (istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione), “l'efficien-za, l'efficacia e le qualità complessive del servizio scolastico” (art. 8 com-ma 1). In pratica, ogni anno questo nucleo dovrà mandare all'INVALSI un rapporto della qualità dell'istitu-to. E come valutiamo una scuola? Ovviamente, come tutti coloro che hanno fatto una prova invalsi sanno, a crocette. Non c'è da aspettarsi che venga testata la nostra individualità.

E, in ultimo, ma, come si suol dire, last but not least, le abrogazioni. Leggendo il testo di legge, l'art.12 non sembra troppo importante. Sono una lista di numeri di articoli e leg-gi, anni di pubblicazione e modifica-zioni. Però racchiudono quella che

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probabilmente è la peggiore insidia del ddl Aprea. È la lista delle leggi che perdono l'efficacia non appena entrerà in vigore. I primi due com-ma trattano semplicemente degli or-gani che sono stati modificati, come il CdI, e ne abbiamo già parlato, ma arrivati al comma 3 ci chiediamo se il mondo veramente va avanti o ha cominciato a girare all'indietro. Eli-mina gli articoli da 12 a 15 e da 30 a 43 del decreto legislativo n. 297 del 1994. I primi quattro, pensa un po', fanno parte della sezione “As-semblee degli studenti e dei genitori” e si intitolano: “Diritto di Assemblea”, “Assemblee Studente-sche”, “Funzionamento delle Assem-blee Studentesche” e “Assemblee dei Genitori”. Cancellate. Però non è scritto in nessun luogo, nessun arti-colo di questa legge si pone il proble-ma di dove sia finita la democrazia, di dove si siano nascosti i diritti con-quistati dagli studenti e, anche, alle volte, da loro dimenticati.

Ogni tanto non ci pensiamo, consi-deriamo normale, se non addirittura d'obbligo, avere qualcuno che ci rap-presenta ai consigli di classe o d'isti-tuto. È naturale avere un giorno al mese dedicato alla discussione. Ma tra poco, ragazzi, potrebbe non esse-re più così. Niente elezioni, se non nelle scuole particolarmente demo-cratiche che decidono di “concedere” agli studenti questo diritto. Niente rappresentanza, torneremo di nuovo a essere semplici “fruitori” del servi-

zio scolastico, niente educazione alla cittadinanza né alla democrazia, in-somma, il primo passo per diventare un popolo di cretini ●

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l governo Monti, appena inse-diatosi, ha subito mostrato chiaramente la propria politica

ed a colpi di tagli alla spesa pubblica ed aumenti alle tasse ha eseguito le direttive europee, ma ha aspettato Giugno per la più importante delle sue misure: la riforma Fornero, ovve-ro una riforma strutturale del merca-to del lavoro.

I

Con questa riforma, eseguita dal Go-verno seguendo gli interessi di grup-po sociale e politico parte dell'1% di privilegiati che da debito e crisi ci sta solo guadagnando, una classe di

privilegiati banchieri, politici e in-dustriali, raccontandoci di voler ri-solvere i drammi della precarietà e della disoccupazione giovanile, si è voluto muovere un epocale attacco contro i diritti che i lavoratori erano riusciti a conquistare nel secolo scor-so, un attacco diretto alle condizioni di vita di milioni di persone. Analiz-ziamo infatti cosa prevede la riforma del lavoro approvata dal governo Monti: la riforma si sviluppa essen-zialmente su tre piani.

La riforma delle tipologie contrat-tuali, molto timida, non va a elimi-

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Attualità

FUTURO PRECARIOdi Alberto Vannoni e Margherita Agnese | Genova

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nare le tipologie atipiche, i famigera-ti "co.co.pro." e "co.co.co."(contratti di lavoro precario e spesso molto sbi-lanciati a sfavore del lavoratore).La riforma degli ammortizzatori so-ciali, ovvero delle misure statali che servono a salvaguardare i cittadini nei momenti di difficoltà (disoccupa-zione, invalidità). Essa riduce nume-rose tutele, come l'assegno di mobili-tà (circa 800 euro che venivano pa-gati dallo stato ai lavoratori licenzia-ti che non riuscivano a trovare lavo-ro).

Infine il “piatto forte” della riforma, l'abolizione, o la modifica sostiene il diplomatico Monti, dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, cioè quella norma che impedisce al datore di lavoro di licenziare senza giusta causa. Al momento attuale quindi un lavoratore che viene licenziato senza giusta causa anche se si rivolge al tribunale si vedrà probabilmente confermare il licenziamento (prima di questo momento veniva riassunto obbligatoriamente) e al massimo ri-ceverà qualche euro di risarcimento, assolutamente insufficienti a con-durre una vita dignitosa. La ragione del Governo per una misura simile è che così le aziende riusciranno a pro-durre senza il costo aggiuntivo di la-voratori in quel momento di troppo, e quindi produrranno meglio e assu-meranno infine di più.

È evidente come questa riforma ab-bia un profondo taglio ideologico e

come questo esecutivo, sempre meno tecnico e sempre più politico, si sia fatto dettare l'agenda di governo da Confindustria e dalle classe impren-ditoriale, che con un'arroganza spa-ventosa si scagliano sui diritti dei la-voratori e dei più deboli. Sono passa-ti dieci anni dall'ultimo tentativo di attacco, quando anche Berlusconi mise in discussione l'art. 18, ma do-vette fare marcia indietro per via della gigantesca mobilitazione che si venne a creare, con uno sciopero ge-nerale che portò a Roma tre milioni di lavoratori in piazza!

Sono passati dieci anni dalla massic-cia introduzione dei contratti di la-voro precari, quando ci venne rac-contato che in cambio di un po' di diritti in meno e di un po' di “flessi-bilità” in più avremmo avuto salari più alti e piena occupazione , oggi a più di dieci anni ci ritroviamo anco-ra più precari con più disoccupati e con salari più bassi! Oggi a più di dieci anni da allora tentano di rac-contarci la stessa favola.

Questa riforma non risolverà la pre-carietà, ma anzi l'aumenterà, questa riforma non risolverà il dramma dei disoccupati, soddisferà semplicemen-te i capricci di chi dopo aver sfrutta-to per anni i lavoratori vuole arro-garsi il diritto di licenziarli 'senza giusta causa' (questa formula dice senz'altro molto!). Una sostanziale differenza però c'è tra l'attuale clima politico e quello di dieci anni fa: il

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governo Monti è riuscito dove non riuscì Berlusconi. Infatti il grande movimento di opposizione sociale che quest'attacco frontale ai diritti aveva suscitato dieci anni fa, oggi pare ancora lontano a causa del mi-raggio di stabilità e miglioramento che è capace di offrire il governo tec-nico e dall'assenza al potere di Berlu-sconi, personaggio in grado di cata-lizzare l'odio delle persone ●

Ci sono molti modi di uccidere una persona. Gli si può infilare un coltello nella pancia, togliergli il pane, non guarirlo da una ma-lattia, ficcarlo in una casa inabi-tabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra, ecc. Solo pochi di que-sti modi sono proibiti nel nostro StatoBertolt Brecht

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o stage appartiene alla fase pratica della formazione in-dividuale, con lo scopo di

far conoscere la realtà lavorativa agli studenti e di raggiungere le compe-tenze di una specifica attività. Que-sta dovrebbe essere il significato del termine stage, ma quanto spesso questa frase viene applicata alla real-tà?

L

Gli studenti degli istituti tecnici e

professionali sanno bene che spesso non è un mondo istruttivo dove inse-gnano il valore del lavoro e ad acqui-sire capacità pratiche, ma è un vero e proprio sfruttamento a costo zero. Sono una studentessa di un istituto professionale turistico, voglio rac-contare la mia esperienza di due set-timane in stage presso un hotel per cercare far emergere una tra le tante storie di ingiustizia.Era il mio primo stage ed ero vera-

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Scuola

STAGE, A LEZIONE DI SFRUTTAMENTO

di V. V. | Trieste

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mente emozionata ad iniziare que-st'esperienza lavorativa per confron-tare se ciò che mi avevano insegnato a scuola corrispondesse a ciò che realmente succede fuori dall'aula. Ci avevano “preparato” con dei corsi fa-coltativi dove riempivamo questiona-ri sulle nostre aspettative e una bella lezione sul come non deludere e rovi-nare la faccia della scuola di fronte ai datori di lavoro due giorni prima di iniziare lo stage.

Svolto in un hotel di bassa categoria il mio stage è iniziato con le migliori intenzioni.Il 100 (voto massimo) era il mio sco-po, così dopo aver parlato con la tu-tor e con il datore di lavoro ho ini-ziato ad apprendere a livello pratico ogni questione riguardante il backof-fice ed essendo una persona disponi-bile io stessa mi sono offerta di colla-borare al servizio bar offerto dall'al-bergo. La prima settimana è stata veramente formativa, avevo instaura-to un rapporto d'intesa molto forte con il mio tutor interno e ricevevo complimenti da parte del capo per il mio carisma.

Le problematiche si sono sviluppate gli ultimi quattro giorni di stage. Sono stata lasciata sola alla recep-tion con un avviso semplice “Se chiamano cerca di mettere le stanza della terza sede a più di 120 euro e cerca di farti dare il numero della carta di credito per garanzia”. Arriva una prenotazione telefonica, orgo-

gliosa la prendo cercando di ragiona-re e di cercare di offrirla ad un prez-zo per me equo. Ritorna il datore di lavoro e mi chiede se ci fossero state delle novità, riferisco di aver accolto una prenotazione al costo di 140 euro a notte poiché non avendomi indicato un prezzo esatto avevo la-sciato al mio libero arbitrio giudica-re. Sono stata attaccata e mi è stato detto di richiamare il cliente in que-stione e comunicare che avevo errato il prezzo. Il cliente si arrabbia per l'aumento e inizia a mettere seria-mente in difficoltà le mie competen-ze quindi, decido di scusarmi perché essendo una stagista ho i miei limiti e sbagliare è umano; sono costretta a “scaricare” il problema sulla mia tu-tor che lo risolve mediando il prezzo. Dentro di me è salita una rabbia, non era colpa mia se nessuno mi ave-va realmente spiegato cosa dovevo fare lasciandomi sola consapevoli della mia inesperienza e quindi del margine di errore.

Il giorno seguente sono stata incari-cata d'illustrare delle camere a dei clienti nella seconda struttura ricet-tiva dell'hotel principale. Le indica-zioni sulle chiavi e sulle porte erano veramente sconnesse così ho avuto seria difficoltà nel trovare le stanze destinate ai clienti a me affidati. La confusione era così ampia e l'impa-zienza dei clienti così forte che sono stata costretta a ribadire di essere una stagista quindi non ancora esperta della struttura.

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I clienti mi accusavano e minaccia-vano di cambiare albergo. Ho chia-mato la tutor che – lei stessa ha am-messo di essersi trovata in difficoltà con l'identificare le camere assegnate – ha risolto il problema. Traumatiz-zata dall'affronto e dalla brutalità dei clienti sono scoppiata in lacrime in un breve momento vuoto, nello stesso esatto momento ha chiamato sul telefono fisso il datore di lavoro rimproverandomi perché avevo di-chiarato davanti ai clienti di essere una stagista. Al ritorno della tutor mi è stato detto testualmente che le mie lacrime erano poco professionali. Come può essere un errore dichiara-re apertamente di essere inesperta davanti ai clienti per i mie sbagli? Come possono dimenticarsi che non sono una donna fatta e finita ma un'adolescente alla sua prima espe-rienza di lavoro con addosso la paura e l'inesperienza, un simbolo di poca professionalità?

L'ultimo giorno di stage è stato il culmine di una serie di accuse infon-date.L'hotel presso cui svolgevo la mia mansione di stagista, utilizzava un sito per permettersi di pubblicizzarsi e di fornire un servizio prenotazioni online. Erroneamente non era stato segnalato l'overbooking (termine che sta indicare nessuna stanza disponi-bile) ed era giunta una prenotazione da parte di due donne tedesche che il giorno stesso si sono presentate alla reception, chiedendo le chiavi della

stanza da loro anticipatamente ri-chiesta. Non avendo disponibilità in due delle strutture principali abbia-mo deciso di spostarle in una terza struttura a noi connessa. Essendo l'unica tra il datore di lavo-ro, la tutor e la mia compagna di classe (che ha svolto lo stage con me) che parlava quasi correttamente l'in-glese scolastico mi è stato affidato il compito di spiegare alle clienti di chiamare il sito da cui avevano effet-tuato la prenotazione e di segnalare ad un operatore che a causa del so-vraffollamento delle camere avevano trovato un'altra sistemazione ma che per potersi registrare dovevano can-cellare l'arrivo in quella precedente.Con una seria difficoltà linguistica ho provato a farmi capire ma per chissà quale incomprensione le clien-ti mi hanno passato l'operatore del sito. Tutto alla fine è stato chiarito. Peccato che il datore di lavoro si sia lamentato con me poiché non ero stata in grado di spiegare in inglese alle due donne come disdire corretta-mente la prenotazione. Oltre ad esse-re l'unica ad avere basi della lingua straniera, sono stata rimproverata per qualcosa che non potevo sapere. Pretendeva che io andassi oltre a ciò che a livello didattico mi era stato insegnato.

In quel momento confesso, sono sta-ta tentata di esplodere. È stato pre-teso da me qualcosa che a livello di logica proprio non potevo eseguire non avendo le adeguate competenze.

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Credo che i datori di lavoro si ricor-dino che siamo minorenni e studenti solo quando non devono mettere la firma su un assegno a nostro nome.

Chiedere aiuto al tutor interno (pro-fessore d'istituto che gestisce lo sta-ge) poteva essere una soluzione? Cer-care di fare riferimento sulla scuola? No, perché mi è stato detto “il mon-do del lavoro è così! E' fatto anche d' ingiustizie”.

Ma se avessi avuto un contratto in mano leggibile prima dell'inizio dello stage su cui erano chiari tutti i miei doveri avrei davvero dato più del ne-cessario per poi essere comunque at-taccata per errori normali ? Non so se avrei continuato a spaccarmi la schiena sapendo che svolgendo lo stretto necessario determinato dal contratto mi avrebbe comunque assi-curato un voto alto senza troppo sprecarmi.

Questa era la mia esperienza. Sono stata tutto sommato fortunata. Spes-so le persone si dimenticano che noi adolescenti che approcciamo il mon-do del lavoro siamo orgogliosi di quest'opportunità e che inizialmente siamo pieni speranza. Se lo dimenti-cano. Altrimenti perché demolire il tutto? ●

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