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I guardiani dei tumori Sigaretta elettronica e dintorni Contro Cancro n. 1/2018 - sped. a.p./45 Rovigo - CPO art. 2 comma 20 lettera B legge 662/96 Pubblicazione spedita in abbonamento ai soci

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I guardiani dei tumori

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sommario

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S o m m a r i o 5

70 anni di vita, 70 annidi lotta contro il cancro

Marco Alloisio

13Biomarker: i guardiani dei tumoriAdriana Bazzi

di Nunzia Bonifati

75Al pazientel’ultima parola

Marta Ghezzi

27INT, scacco ai tumori oculari Ludovica Signorelli

21Be HAPPY!!!

Cinzia Testa

D O S S I E R

Sigarette elettroniche e dintorni❙ Solo per fumatori36 ❙ Universo E-cig42 ❙ Generazionetabacco riscaldato46 ❙ Dipendenza50 ❙ Un velenochiamato nicotina52 ❙Le malattie non piovono dal cielo54

ControCancro 2018Rivista della Sezione Provinciale di Milanodella Lega Italiana per la Lotta contro iTumoriAutorizzazione del Tribunale di Rovigon. 8/81. Ristampa del 20.01.1982 esucc. modificazioni

Editore e Proprietario:Lega Italiana per la Lotta contro iTumori Sezione Provinciale di Milano

Direttore Responsabile:Marco Alloisio

A cura diElena Ilaria MalvezziAlessandra CoenGianna Tinini

Fotografie:Fotolia

Progetto grafico, impaginazione e ricerca iconografica:Luisa Torreni

Direzione e redazione:Via Venezian, 1- 20133 MilanoTel. 02.4952.1 - Fax [email protected]

Stampa:Porpora GroupVia Avv. Ambrosoli 320090 Rodano Millepini (MI)

La riproduzione totale o parziale degliarticoli e delle notizie contenute nel pre-sente fascicolo è libera - ove non diver-samente specificato - ma subordinataalla citazione della fonte

LEGA ITALIANA PER LA LOTTA CONTRO I TUMORI SEZIONE PROVINCIALE DI MILANO

Consiglio DirettivoPresidenteMarco AlloisioVice PresidenteMaria Bonfanti ConsiglieriEnrico Maria BignamiLea PericoliClaudio Tatozzi

Collegio dei RevisoriPresidenteBruna FloreaniRevisoriEmanuela FusaPaolo Triberti

Comitato Tecnico ScientificoPresidenteArmando SantoroMembriMarco AlloisioGiovanni ApoloneMauro BoldriniAlberto CostaMarco FanfaniVera MartinellaAndrea MoroWalter RicciardiFrancesco Sardanelli

35

59Malato cronico, dal curare al prendersi cura

Maurizio Maria Fossati

67La malattia non conosce pari opportunitàMariateresa Truncellito

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Da sempre,nel mondo,specialisti in responsabilita’.

DUAL Italia S.p.a. - fi liale italiana di DUAL International Ltd. e parte di Hyperion Insurance Group con sede in Londra è iscrittanella Sezione A del R.U.I. tenuto dall’IVASS al n.A000167405 e intermedia assicurazioni e riassicurazioni.Le garanzie assicurative sono di: (I) Arch Insurance Company (Europe) Ltd. Rappresentanza Generale per l’Italia con sede in Milano;(II)Lloyd’s of London (Sindacato Hiscox 3624), Rappresentanza Generale per l’Italia con sede in Milano.

SOSTENIAMO IL SERVIZIOASSISTENZABAMBINI

DUAL è specialista nelle assicurazioni contro i rischi di responsabilità civile professionalee patrimoniale di liberi professionisti, amministratori e dirigenti, sia di società privatesia di enti pubblici.

In Italia i prodotti assicurativi elaborati da DUAL sono offerti da broker, agenti e banche.

In caso di responsabilità chiedi allo specialista, chiedi a DUAL.

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LIl cancro oggi nonè più inguaribile.

Crescono i tumori che si possono

sconfiggere,cronicizzare e

guarire

di Marco Alloisio

una diagnosi di tumore saranno3,6 milioni, il 37% in più rispettoa solo dieci anni prima.

Per tutti noi della Sezione mi-lanese della LILT, che que-

st'anno compie 70 anni, questinumeri sono una grande soddi-sfazione. Una ricompensa al no-stro costante impegno in ambitomedico, oncologico e nel TerzoSettore. Ebbene, oggi più di pri-ma, i successi della scienza pernoi sono uno stimolo per conti-nuare a fare sempre meglio. Asupportare i malati, le loro fa-miglie, i caregiver e i professio-nisti del mondo della salute.Oggi, la maggiore capacità distudiare il profilo del paziente edel tumore ci permette di di-sporre di informazioni di tipogenetico e molecolare che con-sentono di offrire una terapiapiù mirata e personalizzata. Peresempio, in alcuni tumori fre-quenti come quello della mam-mella e del polmone, l'analisicombinata della storia familiaredel paziente e delle sue abitudini,unita all'espressione di alcunealterazioni genetiche, consentonodi sottodividere i casi in decinedi sottogruppi ciascuno dei qualipuò ricevere una terapia più per-sonalizzata di quanto fossimo ingrado di fare solo pochi anni fa.

Se nel 2010 le persone che ave-vano vinto il tumore erano

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70 anni di vita, 70 annidi lotta contro il cancro

LO DICIAMO e lo scriviamoormai da anni. E i dati lo

confermano sempre di più: dalcancro si può guarire. Non tuttii tumori, purtroppo, possono es-sere curati con successo, ma iprogressi della scienza hannomoltiplicato le armi a disposi-zione con risultati sempre mi-gliori. Probabilmente non ci saràmai un mondo senza cancro, maquesta malattia che molti, untempo, avevano perfino pauradi chiamare per nome, oggi nondeve più essere considerata in-guaribile. Cresce, infatti, il nu-mero dei tumori che riusciamoa sconfiggere, a cronicizzare, aguarire. Accanto alla chirurgia, alla che-mioterapia e alla radioterapia,oggi abbiamo nuovi farmaci tar-get a bersaglio molecolare in gra-do di colpire e distruggere selet-tivamente le molecole malate efarmaci immunoterapici, studiatiper stimolare l'azione del sistemaimmunitario. In tantissimi casisi riesce a cronicizzare la malat-tia, cioè a bloccarne la crescita,a "congelarla", permettendo aipazienti di vivere a lungo e conuna buona qualità della vita.Oggi in Italia, sono oltre 3 mi-lioni i pazienti che sono soprav-vissuti al cancro e, secondo unrecente studio socio-epidemio-logico pubblicato su BMCCancer, nel 2020 gli italiani chevivranno dopo aver affrontato

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il 4,6% di tutta la popolazioneitaliana, tra due anni, nel 2020,i successi supereranno il 5,7%(circa un italiano su 17). Ed èancora più confortante conside-rare che nel 2020 le persone vivea 20 anni di distanza dalla dia-gnosi di tumore saranno circa ildoppio di quelle che sopravvi-vevano nel 2010.Tutto ciò, ovviamente, richiedela necessità di stimare con at-tenzione il carico sanitario on-cologico e la sua sostenibilità inseno al Sistema Sanitar ioNazionale.

La costante ricerca della mi-gliore appropriatezza della

cura richiede oggi tali e tantecompetenze diverse da renderenecessario l'impiego di gruppimultidisciplinari di specialisti.E "multidisciplinarietà" è la pa-rola chiave nella ricerca dellacura migliore. Nei centri onco-logici di riferimento, oggi l'on-cologo lavora gomito a gomitocon il chirurgo, il genetista, ilradiologo, l'anestesista, lo psico-logo e il bioingegnere. Ed è proprio il bioinformaticouno degli specialisti che più pre-me sull'acceleratore delle appli-cazioni terapeutiche. È lui infattiche attraverso l'elaborazione deidati riesce a interpretare i risul-tati delle analisi sulle cellule tu-morali. L'analisi del DNA del tes-suto tumorale può presentare in-numerevoli variazioni genetiche.Ebbene, il bioinformatico èl'esperto che può indicare al cli-nico quali di queste mutazionisono rilevanti e quali invece ri-vestono un aspetto secondario,permettendo così di conosceremeglio le caratteristiche mole-

colari del tumore e quindi di cu-rarlo con la migliore appropria-tezza. Per tutte queste ragioni, aibiomarcatori abbiamo dedicatoun articolo proprio in questo nu-mero di ControCancro. In fatto di multidisciplinarietà,appropriatezza della cura e presain car ico del malato , laLombardia (circa 10 milioni diabitanti) è certamente all'avan-guardia e lo dimostra anche ilrecente varo del progetto di presain carico del paziente cronico, acui abbiamo dedicato un ampioservizio. Mettere il paziente alcentro delle prestazioni sanitarieè da anni uno degli obiettiviprincipali della politica sanitarialombarda, in prima linea nel-l'affrontare questi grandi numeri.

In Lombardia nel 2017 sonostati registrati 63.700 nuovi

casi di tumore (33.150 uomini e30.550 donne), quindi una mediadi ben 174 tumori al giorno. Itre tumori più frequenti sonoquelli della mammella (8.950),del colon retto (8.600) e del pol-mone (7.200). La sopravvivenzaa 5 anni dalla diagnosi è del 63%tra le donne e del 54% tra gliuomini. Questo importante ri-sultato è dovuto anche al grandeimpegno della nostra Regionenel potenziamento della diagnosiprecoce e dell’attività di scree-ning e ne è esempio per tutti larete regionale dei 38 Centri diSenologia e le attività delle BreastUnit.Comunque, anche se la scienzasta facendo passi da gigante, nes-suno deve trascurare la fonda-mentale importanza della pre-venzione primaria: stop al fumo,fare movimento fisico e osservare

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dossier

DOSSIERDDOSDOSDOSDOSDOSDOSDOSOSSIESIESIESIESIESIESIERRRRRRDOSDOSDOSDOSDOSDOSDOSDOSDOSDOSDOSDOSSIESIESIESIESIESIESIESIESIESIESIESIERRRRRRRRRRRRRDOSSIERSigarette elettroniche

e dintorni di Nunzia Bonifati

Non innocue, utili per smettere, espongono alladipendenza, pericolose per i giovani

Le sigaretteelettroniche sono

sul mercatomondiale

da poco più di un decennio,ma sono ancoramolti gli aspettida indagare

e vagliare

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una dieta salutare. Tutti gli studipiù recenti condannano il fumodi sigaretta e lo mettono ai primiposti tra le concause di tumori,cardiopatie, malattie cronichepolmonari, urologiche e neuro-degenerative e così via. Il fumo,anche quello passivo, fa male atutti e contribuisce all'innesco oall'aggravio di quasi tutte le ma-lattie. Va quindi assolutamenteevitato. Nel 2017 sono diminuiti i maschitabagisti: 6 milioni, rispetto ai6,9 milioni dell'anno precedente.Ma è, purtroppo, aumentata laquota rosa: da 4,6 milioni nel2016 a 5,7 milioni. In questo nu-mero abbiamo voluto metteresotto la lente la sigaretta elet-tronica. Quanto è utile per smet-tere di fumare? Cosa dicono glipsicologi e gli esperti di salute?Il suo vapore può far male? L'alimentazione, invece, è un ot-timo jolly per giocare la partitadi una vita lunga e sana. Verdurae frutta in abbondanza, pesce,olio extravergine di oliva, pocosale, pochi grassi, pochissimi zuc-cheri sono la ricetta giusta. E inquesto siamo fortunati: bastereb-be rispettare la tradizione cen-tenaria della nostra ottima dietamediterranea, riconosciuta a li-vello mondiale come elisir dilunga vita.

Anche praticare movimentofisico, moderatamente ma

costantemente nel tempo, è fon-damentale per la nostra salute.Basti considerare che, nell'arcodi 10 anni, chi percorre a piedipiù di 3 chilometri e mezzo algiorno ha una mortalità (per tut-te le cause) dimezzata rispettoa chi cammina per meno di 1

chilometro al giorno. Basta sem-plicemente camminare, magariscendendo dall'autobus un paiodi fermate prima per continuarea piedi. Non c'è bisogno di im-pegnarsi in allenamenti vigorosied estenuanti. Una stretta cor-relazione tra attività fisica e calodella mortalità è stata recente-mente dimostrata per 13 diversitipi di tumore: la riduzione delrischio è stimabile tra il 10 e il42%.Movimento fisico e dieta sana,varia e bilanciata ci permettonoanche di tenere sotto controlloil peso. Sovrappeso e obesità sonoinfatti stati definiti dall'OMS co-me un'epidemia in crescita moltopreoccupante per le popolazionidei Paesi industrializzati.Stranieri: è sempre più necessarial’informazione e la sensibilizza-zione. In Italia ne risiedono quasi5 milioni, spesso con difficoltàlinguistiche e certamente conculture diverse. Ebbene, menodel 50% delle donne immigratesi sottopone a pap-test, controil 72% delle donne italiane. Lasituazione è simile per la mam-mografia, praticata dal 73% delleitaliane contro il 43% delle don-ne straniere.

Le differenze di provenienza,di sesso e le diseguaglianze

sociali e culturali, penalizzanole classi meno abbienti nella tu-tela della salute. A questo pro-posito ci siamo impegnati neinostri centri e con i nostri me-diatori culturali con specificiprogetti. Ma cultura significa an-che responsabilità e senso civicoe il nostro impegno, ancora oggisempre di più comeAssociazione, è fare passare que-

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poteva essere, comunque, irregolareper diversi motivi.Benvenuti, allora, nell’immensomondo dei marker tumorali. Le “storie” dei Vip (ma anche dellepersone comuni che sempre piùspesso raccontano le loro esperienzesui giornali, in blog o siti web) pos-sono essere utili per focalizzare l’at-tenzione su uno dei tanti aspetti le-gati alla malattia, (quello, appunto,della gestione delle cure, anche at-traverso il monitoraggio dei marker),ma non bastano. Occorre una riflessione più appro-fondita e scientifica che permettaa tutti, cominciando dai malati, dicapire che cosa davvero la medicinaoggi può offrire per curare al megliola malattia, marker compresi.

Predire l’efficacia delle cure.Non sappiamo a quali specifici mar-ker la Doherty si riferisse (forse sipossono ipotizzare in base al suotumore), ma abbiamo capito che cisono nel sangue molecole “spia”che quando una persona si ammalae poi viene curata, possono predirese la malattia è sotto controllo op-pure sta riemergendo.Approfondiamo il caso del tumoreal seno con Nicla La Verde, oncologaall’Ospedale Fatebenefratelli diMilano e membro del Consiglio di-rettivo dell’Associazione Italiana diOncologia Medica (Aiom). «Due marker, il Cea (antigene carci-no-embrionario) e il CA 15-3 (Cancerantigen 15-3), presenti nel sangue,sono utilizzati nel monitoraggio del

oncologia

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Molecole spia facili da rilevare con un semplice esame del sangue

Biomarker:I GUARDIANI DEI TUMORI

di Adriana Bazzi

Shannen Doherty, per chi nonè tenuto a conoscerla, è stata unastar di Beverly Hills 90210, una fa-mosa serie televisiva degli anniNovanta, ed è una delle tante “ce-lebrities” che ormai fanno da testi-monial per la lotta contro il cancro:lei ha 46 anni e il suo è un tumoreal seno. Ma Shannen, raccontandola sua malattia in ogni fase sui socialnetwork, ha aiutato a sdoganareun termine che fino a qualche tem-po fa apparteneva al linguaggio deimedici e cioè “biomarkers”, tradotto“biomarcatori”, quelli del cancro(perché, per la precisione, ne esi-stono anche per altre malattie, ndr). «I marker tumorali nel sangue sonoalti», aveva postato sul socialInstagram nell’aprile 2018, lasciandoimmaginare che la sua malattia, ap-parentemente scomparsa, stava ri-tornando. E aveva allarmato i suoinumerosissimi fan. Poi si è scusataper averlo fatto in “maniera irre-sponsabile”, ha cancellato il post ene ha pubblicato uno nuovo: «Hoparlato con il mio medico stamattinae la mia scansione Pet (la Pet è latomografia a emissione di positroni,un’indagine di imaging che serve avisualizzare le zone colpite dalla ma-lattia, ndr) è completamente chiara,quindi sono ancora in remissione».L’attrice ha, poi, affermato che l’ele-vato marker tumorale non era cor-relato al suo tipo di cancro e che

Grazie aibiomarker si

possonoscegliere

farmaci miratinell’ottica della

“medicina diprecisione”

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sti messaggi in modo che certeprassi diventino abitudini quo-tidiane. L'Italia, purtroppo, in termini diassistenza sanitaria è ancora unPaese a due velocità. Un esempiolo abbiamo nelle vaccinazioni,una norma di prevenzione chenella maggioranza delle regionidel Nord ha fatto registrare altilivelli di adesione, a differenzadi molte aree del Sud. Vaccinarsipuò significare salvarsi la vita.Le infezioni riconducibili al virusHPV sono responsabili dei tu-mori al collo dell'utero e svolgonoun ruolo causale nelle neoplasiedi vagina, pene, ano, cavità oralee orofaringea. Tra le vaccinazionipreviste nel Piano nazionale vac-cini 2017-19 ora c'è anche la vac-cinazione dei maschi nel dodi-cesimo anno di età, già offertagratuitamente alle dodicennifemmine dal 2007-08. L'obiettivodel Ministero della Salute è diarrivare, infatti, entro la fine delprossimo anno a una coperturavaccinale contro l'HPV uguale osuperiore al 95% sia nelle fem-mine, che nei maschi.

Èquesto in grande sintesi ilpanorama nel quale abbia-

mo lavorato e sul quale in questonumero di ControCancro abbia-mo cercato di aggiornarvi in mo-do obiettivo, e speriamo accat-tivante, fornendovi le news piùaggiornate. Come ogni anno conla certezza che la corretta infor-mazione sia la base di una so-cietà civile sempre più consape-vole delle opportunità a portatadi mano e dei problemi con cuioggi ci raffrontiamo.

Buona lettura

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LILT 70 anniper la vita!

70 anni di vita, 70 anni di lotta contro il cancro,un impegno costante, inderogabile, serio e determi-nato, che ha promosso corretti stili di vita, un approccioconsapevole alla malattia e la diffusione dei controllipreventivi.

Questi sono i fronti su cui ancora oggi ci battiamo.Siamo al servizio della popolazione con interventimirati di sensibilizzazione e informazione, con l’attivitàdei nostri Spazi Prevenzione e offrendo assistenza esupporto al malato e ai suoi familiari.

Il nostro impegno ampio e articolato di “realtà presentenel quotidiano” ha alla sua base, da sempre, valoriin cui ci riconosciamo e che guidano le nostre azionidi operatori e volontari. Valori universali e fondantila nostra Associazione, ispirati a un’unica vocazione:essere al servizio della società.

Perché a questa società noi apparteniamo e ad essaoffriamo la nostra disponibilità di persone, formate epreparate, per difendere la dignità e la qualità di vitadi ogni essere umano. Per continuare a farlo è vitaleil sostegno di chi crede nella nostra battaglia controil cancro, a favore della vita e della salute di tutti.

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9 PREVENIREèVIVERE

Primo piano

1970 Giacinto Facchetti

1983 Giorgio Strehler

1974 Lea Pericoli 1984 1986

Ecco uno dei nostri volontari.

Se il problema del cancro ti sta a cuore, vai al cuore del problema.Diventa un volontario.

Per informazioni: 0226681070www.legatumori.mi.it - [email protected]

07

1993 1994 Luisa Corna

La diversità è una ricchezza. Scoprilo negli incontri della Lilt contro le dipendenze.

Seguici sulla pagina Lilt Milano

Con il contributo di: Si ringrazia:

Comune di Vittuone Comune di Busto Garolfo

Con il patrocinio di:

2015 2015 2016 2017

70 annid i c a m p a g n e di prevenzioneal vostro f ianco

2014

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Una storia lunga70 anni

Arrivare prima. Dei bisogni, dei disagi, della solitudine, ma soprattutto della malattia.

La nostra battaglia contro il cancro è una lotta contro il tempo partita quasi 70 anni fa.

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70anni

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1948/1966Pietro Bucalossi

1967/1976Umberto Veronesi

1977/1979Bruno Salvadori

1980/2010Gianni Ravasi

2010/2014Franca Fossati Bellani

2014/2019Marco Alloisio

I presidenti alla guida della Lilt

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LA RICERCAÈ NELLA NOSTRA NATURA

www.dompe.com

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poteva essere, comunque, irregolareper diversi motivi.Benvenuti, allora, nell’immensomondo dei marker tumorali. Le “storie” dei Vip (ma anche dellepersone comuni che sempre piùspesso raccontano le loro esperienzesui giornali, in blog o siti web) pos-sono essere utili per focalizzare l’at-tenzione su uno dei tanti aspetti le-gati alla malattia, (quello, appunto,della gestione delle cure, anche at-traverso il monitoraggio dei marker),ma non bastano. Occorre una riflessione più appro-fondita e scientifica che permettaa tutti, cominciando dai malati, dicapire che cosa davvero la medicinaoggi può offrire per curare al megliola malattia, marker compresi.

Predire l’efficacia delle cure.Non sappiamo a quali specifici mar-ker la Doherty si riferisse (forse sipossono ipotizzare in base al suotumore), ma abbiamo capito che cisono nel sangue molecole “spia”che quando una persona si ammalae poi viene curata, possono predirese la malattia è sotto controllo op-pure sta riemergendo.Approfondiamo il caso del tumoreal seno con Nicla La Verde, oncologaall’Ospedale Fatebenefratelli diMilano e membro del Consiglio di-rettivo dell’Associazione Italiana diOncologia Medica (Aiom). «Due marker, il Cea (antigene carci-no-embrionario) e il CA 15-3 (Cancerantigen 15-3), presenti nel sangue,sono utilizzati nel monitoraggio del

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Molecole spia facili da rilevare con un semplice esame del sangue

Biomarker:I GUARDIANI DEI TUMORI

di Adriana Bazzi

Shannen Doherty, per chi nonè tenuto a conoscerla, è stata unastar di Beverly Hills 90210, una fa-mosa serie televisiva degli anniNovanta, ed è una delle tante “ce-lebrities” che ormai fanno da testi-monial per la lotta contro il cancro:lei ha 46 anni e il suo è un tumoreal seno. Ma Shannen, raccontandola sua malattia in ogni fase sui socialnetwork, ha aiutato a sdoganareun termine che fino a qualche tem-po fa apparteneva al linguaggio deimedici e cioè “biomarkers”, tradotto“biomarcatori”, quelli del cancro(perché, per la precisione, ne esi-stono anche per altre malattie, ndr). «I marker tumorali nel sangue sonoalti», aveva postato sul socialInstagram nell’aprile 2018, lasciandoimmaginare che la sua malattia, ap-parentemente scomparsa, stava ri-tornando. E aveva allarmato i suoinumerosissimi fan. Poi si è scusataper averlo fatto in “maniera irre-sponsabile”, ha cancellato il post ene ha pubblicato uno nuovo: «Hoparlato con il mio medico stamattinae la mia scansione Pet (la Pet è latomografia a emissione di positroni,un’indagine di imaging che serve avisualizzare le zone colpite dalla ma-lattia, ndr) è completamente chiara,quindi sono ancora in remissione».L’attrice ha, poi, affermato che l’ele-vato marker tumorale non era cor-relato al suo tipo di cancro e che

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oncologia

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tumore al seno, in particolare nelleforme metastatizzate, per seguire l’an-damento della malattia e l’effetto delleterapie. Se sono alti e poi scendono,per esempio, significa che la pazientesta rispondendo alle terapie - precisaLa Verde. -Entrambi però non sonospecifici (non è detto, cioè, che il loroaumento sia proprio dovuto al tumore,come, forse, insegna il caso Doherty,ndr) e non si modifica un trattamentosolo in base a questi parametri. Inaltre parole: esistono “falsi positivi”(cioè il marker è presente, ma nonnecessariamente indica ripresa dellamalattia, ndr) e “falsi negativi” (quan-do i valori sono normali, ma la malattiaprogredisce e questo è problema piùcomplesso, ndr)».Nonostante i suddetti limiti, questimarker hanno comunque alcunivantaggi. «Sono appunto “indicatori”, facilida rilevare con un semplice esamedel sangue, che, se normali, evitanoil ricorso a indagini sofisticate e ma-

gari invasive, ma se alterati, sugge-riscono di approfondire il caso conaltre indagini – dice La Verde – Peresempio con Tac e Pet al torace (pol-moni) o alle ossa che sono gli organipiù colpiti dalle metastasi».Per inciso: stiamo adesso parlandodi tumori al seno, ma nel tumore alcolon operato, per esempio, il mo-nitoraggio del Cea è molto affidabilenel suo follow up, cioè nella sorve-glianza della malattia e delle sueeventuali ricadute.Ecco allora, per riassumere, un primopunto: queste “molecole spia”, chesi trovano nel sangue, sono utili permonitorare l’evoluzione della malat-tia, l’efficacia delle terapie e il rischiodi recidive in chi è ammalato (è ap-punto il caso di CEA e Ca 15-3).Ma non solo. Ci sono altre molecoleche possono guidare nella sceltadelle terapie, soprattutto nel casodelle più innovative (vedremo come)e aiutano nella diagnosi precoce deitumori e nella prevenzione.

Anatomia delle molecole“Spia”. Andiamo allora con ordinein questo labirinto di test di labora-torio, facendo un passo indietro epartendo, un po’ didascalicamente,dalla loro definizione generale, se-condo il National Cancer Instituteamericano.“Un biomarker è una molecola bio-logica che si può trovare nel sangueo in altri fluidi corporei (come le uri-ne, ad esempio, o la saliva, ma per-sino nelle feci, ndr) o nei tessuti, epuò essere spia di una malattia comeil cancro. I biomarker di solito sonopresenti nei pazienti con malattia enon nei sani. Esiste una “tremen-dous” (dicono gli anglosassoni, tra-dotto: enorme) varietà di biomarkerche includono proteine (come enzimio recettori: entrambi hanno a chefare con il funzionamento delle cel-lule), acidi nucleici (Dna o Rna chefanno parte del genoma umano),anticorpi (che hanno a che fare conmoltissimi processi che avvengono

Farmaci mirati per dare il farmaco giusto al paziente giusto al momento giusto

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evoluti. Da quelli classici, in uso datempo (proteine, principalmente) fi-no a quelli “contemporanei”, basatisoprattutto sull’analisi del materialegenetico (nelle cellule o nel sanguecircolante) . Oggi si sa che molti tumori ricono-scono alla loro origine la presenzadi geni alterati, che appunto diven-tano “marker” di malattia: in basea questi non solo si monitora l’evo-luzione della malattia, ma addiritturasi scelgono farmaci “mirati” nell’ot-tica della “medicina di precisione”:“dare il farmaco giusto al pazientegiusto al momento giusto” in basealle caratteristiche del suo specificotumore. Un buon esempio è quello del tu-more al polmone, dove le possibilitàdi cura si sono notevolmente am-pliate in questi ultimissimi anni.

Scegliere la terapia migliore.Parla Gabriella Sozzi, direttore dellaStruttura Complessa di GenomicaTumorale all’Istituto Tumori di Milanoche parte da una puntualizzazione:«I nuovi marker genetici ci permet-tono di scegliere la terapia più adattaper combattere uno specifico tipodi tumore che noi sappiamo avereuna sua peculiare carta di identitàgenetica. Alcuni farmaci oggi a di-sposizione sono in grado di agireproprio su quelle specifiche altera-zioni». E continua: «Alcuni tipi di tumore al polmonesono caratterizzati da specifiche mu-tazioni genetiche, come per esempio

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nell’organismo umano). Un biomar-ker può anche essere costituito daun insieme di alterazioni che riguar-dano l’espressione dei geni, le pro-teine che questi producono (il co-siddetto proteoma) e i loro meta-boliti (il metaboloma). E, come sidiceva, i biomarker possono, ap-punto, essere identificati nel sangueo in altri materiali (come le urine, lefeci, lo sputo) facilmente analizzabilicon esami non invasivi, oppure neitessuti (in questo caso è richiestauna biopsia, cioè un prelievo di tes-suto). Ma possono essere anchemarker di malattia certe alterazioni,specifiche per un certo tipo di tu-more, che si possono rilevare attra-verso altre tecniche diagnostichecome per esempio le tecniche diimaging (tomografia computerizza-ta, per esempio, o tomografia a

emissione di positroni, la Pet)”. Tradotto in soldoni: parliamo essen-zialmente di proteine che vengonosintetizzate dal tessuto neoplasticoo dall’organismo (microambiente)in risposta alla presenza di un tu-more, ma anche di frammenti dimateriale genetico “alterato” (diDna, cioè di geni, ma anche di Rna,l’acido nucleico che permette la tra-smissione del messaggio, contenutonel Dna, alla cellula affinchè fabbrichile proteine) che le cellule tumoraliproducono e che finisce nel sangue.

L’evoluzione dei biomarker.Perché anche i biomarker si sono

IMMUNOTERAPIA E PD 1

❙ La star delle terapie anti-cancro, al momento, è l’im-munoterapia. Si basa sullasomministrazione di farmaci,come il nivolumab o il pem-brolizumab, che “sbloccano”le cellule del sistema immu-nitario “addormentate” (par-liamo di certi linfociti, unaparticolare categoria di glo-buli bianchi) agendo sui lororecettori Pd1 (che quindi rap-presentano un biomarker chepuò predire l’efficacia dellaterapia) e le riattivano ren-dendole ancora capaci di ag-gredire le cellule cancerose.I recettori, dunque, sono“marker” di “sensibilità” aquesti nuovi farmaci. Il ni-volumab ha aumentato dimolto la sopravvivenza deipazienti con melanoma, male sue indicazioni si stannoestendendo, di giorno in gior-no, in molte altre neoplasie(anche se poi funzionano be-ne solo in una percentualeridotta di malati). Altri esem-pi? L’ultima ricerca riguardacerti tumori al polmone, pre-sentata a Chicago nell’aprile2018 al meeting annualedell’American Associationfor Cancer Research e firmataanche da autori italiani fracui Marina Garassinodell’Istituto Tumori di Milano.Ecco il succo: l’immunotera-pia con pembrolizumab, secombinata con la chemiote-rapia, raddoppia la soprav-vivenza nei tumori cosiddettinon a piccole cellule meta-statizzati rispetto alla solachemioterapia. E la storiacontinua con altri tipi di tu-more.

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l’alterazione del gene Alk (ma cene sono altri, ndr). Noi possiamoidentificare queste mutazioni attra-verso l’analisi del tessuto neoplasticoe scegliere il farmaco capace di col-pirle. Poi, però, occorre capire se ilfarmaco funziona ed ecco allora lapossibilità di analizzare, durante laterapia, il Dna circolante nel sangueattraverso la cosiddetta biopsia li-quida. Un esame non invasivo. Sevediamo che il Dna del gene Alkpersiste in circolo significa che lacura non funziona». Ma la ricercasta andando anche oltre: «L’idea –precisa Sozzi – è quella di sequen-ziare tutto il Dna circolante conl’obiettivo di trovare altri bersaglida colpire con i farmaci, semprenell’ottica della medicina di preci-sione». Ma sulla biopsia liquida tor-neremo più avanti.Occorre però, subito, una precisa-zione: «La possibilità di monitorarei tumori al polmone grazie a questeindagini genetiche riguarda una pic-cola quota di queste neoplasie chesi aggira attorno al 10-20 per cento- commenta Sozzi. – E tutto som-mato, al momento, i marker di que-sto tipo su cui possiamo fare affi-damento non sono moltissimi». Scelta e monitoraggio delle cure,dunque, grazie all’analisi dei bio-marker. Ma c’è molto, molto di più.

Rudolph Giuliani e AngelinaJolie. Torniamo, volenti o nolenti,alle celebrities proprio perché ormaila storia del cancro si lega anche aloro e alle loro esternazioni sui massmedia (e ci sarebbe da discutere suquello che poi il pubblico percepiscee a come reagisce rispetto a questeinformazioni). A Rudolph Giuliani, avvocato, im-prenditore ed ex sindaco di NewYork per il Partito Repubblicano dal1994 al 2001, e ritornato di nuovoall’attenzione dei media, in questiultimi mesi, perché è entrato nellasquadra degli avvocati del PresidenteDonald Trump. Lui ha fatto, a suo

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I marker per monitorare l’evoluzione della malattia, l’efficacia delle

terapie e il rischio di recidive

❙ Parliamo ancora di tumore al seno (che da sempre fa da apripistaper chi studia la biologia e la genetica del cancro, per chi mette apunto farmaci, per chi studia protocolli chirurgici, in base, peresempio, alla presenza dei famosi “linfonodi sentinella” quelli chepredicono se la malattia si è diffusa). «I tumori al seno si classificano in base alla presenza di markersulla superficie delle cellule – precisa Nicla La Verde, oncologaall’Ospedale Fatebenefratelli a Milano e nel Consiglio Direttivodell’Associazione Italiana di Oncologia Medica.Per i tumori al seno si parla di positività per la presenza di recettoriper gli ormoni estrogeni e progestinici (in questo caso è consigliatauna terapia a base di ormoni) oppure per la presenza in gran quantitàdi recettori Her2 che indica l’opportunità di somministrare farmaciattivi nei confronti di questi recettori, come per esempio il trastuzumab,che inibiscono la crescita cellulare.

HER2 NEL TUMORE AL SENO, UN CLASSICO

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tempo, coming out a proposito delsuo tumore alla prostata.E ad Angelina Jolie, attrice, produt-trice e regista americana, vincitricedi due Premi Oscar, filantropa e am-basciatrice dell’Unhcr, l ’AltoCommissariato delle Nazioni Uniteper i Rifugiati. Che a un certo puntoha deciso di parlare del suo rischio(familiare) di ammalarsi di tumoreal seno (e alle ovaie) e del suo in-tervento di duplice mastectomia,scelto per evitare di andare incontroalla malattia, con un articolo a suafirma pubblicato sul New York Timesnel maggio del 2013. E qui entriamo su un altro terreno:quello della possibilità di diagnosti-care precocemente un tumore at-traverso test sul sangue, come la ri-cerca del Psa, l’antigene prostaticospecifico, per quanto riguarda il tu-more alla prostata. Come nel casodi Rudolph Giuliani.Oppure, addirittura, di predire il ri-schio di sviluppare un tumore at-traverso analisi genetiche, come ap-punto un tumore al seno, Come nelcaso di Angelina Jolie. Andiamo con ordine.

Screening per la diagnosiprecoce e prevenzioneprimaria. Rudolph Giuliani haparlato del suo tumore alla prostatanel 2000 e ha fatto poi da testimonialnel promuovere l’adesione allo scree-ning del Psa (il cosiddetto antigeneprostatico specifico che si misura conun test sul sangue). Con successo.Dopo questa sua esternazione il nu-mero di persone che si sono sotto-poste al test negli Stati Uniti è au-mentato. Ma nel frattempo la validità di questotest nel rivelare la presenza del tumorealla prostata (e nel suggerire, quindi,terapie anche aggressive, come la ri-

mozione della ghiandola, con con-seguenze di vario tipo, compresequelle che hanno a che fare con l’at-tività sessuale), è stata mes-sa in discussione da più parti. C’è chi oggi di fronte a valoridi Psa elevati rispet-to alla norma (masenza altri segni dimalattia) opta perla cosiddetta “sorve-glianza attiva”: nessun intervento,ma il monitoraggio del paziente. «Il Psa non è specifico per un tumore– commenta Sozzi – Può essere ri-lasciato anche in caso di prostatiti».Ecco perché ha suscitato tante di-scussioni. E un atteggiamento cautoper quanto riguarda gli interventi. Angelina Jolie, invece, ha fatto ri-ferimento a un test genetico, di pre-venzione. Ecco l’antefatto.I ricercatori hanno scoperto che inuna certa quota di tumore al senoereditari (ma anche all’ovaio) è pre-sente, nel Dna, una mutazione (cioèun’alterazione) di geni che si chia-mano Brca1 e Brca2. La presenzadi questi geni “marcatori”, indivi-

duabili attraverso test genetici,può, dunque, indicare un ri-

schio di sviluppare lamalattia.

«Le mutazioni dei geniBrca1 e Brca2 - precisaNicla La Verde - sonopredittive di una sindro-

me eredo-familiare. Indicano cioèche le persone portatrici hanno unrischio aumentato di tumore allamammella e all’ovaio». A questo punto le soluzioni sonodue: o una mastectomia profilattica(come quella cui si è sottoposta laJolie) accompagnata anche daun’ovariectomia, cioè dall’asporta-zione chirurgica delle ovaie (perchéla presenza di geni Brca1 e 2 predi-spone anche a questo tipo di tumore)e la Jolie lo ha fatto. Oppure si puòdecidere per una sorveglianza attivacon mammografie e ecografie rav-vicinate per cogliere sul nascere uneventuale tumore. Anche perché lapresenza di un’alterazione dei geniBrca non significa necessariamentela certezza di sviluppare un tumorema soltanto una probabilità, che, pe-rò, arriva fino all’80 per cento.

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Una mutazione dei geni Brca1 e Brca2 indica familiarità per il tumore del seno

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Certo è, che dopo le esternazionidell’attrice americana, si è comin-ciato a parlare di effetto Jolie: sem-pre più donne, da allora, hanno co-minciato a richiedere il test e molteassociazioni in Italia si sono mosseperché questo esame sia reso di-sponibile dal sistema sanitario na-zionale (a proposito dell’impattodelle notizie riportate dai media,tanto più, se appunto riguardanopersonaggi in vista).Riassumendo, dunque, possiamodire che i biomarker, vecchi e nuovi,dalle proteine che si possono trovarenel sangue o nelle cellule tumoralial materiale genetico (geni e cioèDna, ma anche Rna, un altro tipodi materiale genetico), sempre iden-tificabile nel sangue o nelle cellule,possono aiutare nel predire il rischiodi sviluppare malattia (oltre che, co-me abbiamo più volte sottolineato,nel scegliere le cure più appropriatee nel seguire lo sviluppo della ma-lattia).

La biopsia liquida a “Porta aPorta”. Parliamo, allora, della stardel momento: la “biopsia liquida”. E ancora facciamo riferimento allenotizie comparse sui media, per poianalizzare, sul piano scientifico, laloro validità. Patrizia Paterlini Bréchot (il secondoè il nome del marito) è una ricerca-trice italiana, che svolge la sua atti-vità di insegnamento e ricerca nelcampo della biologia molecolare ecellulare presso l’Università ParigiDescartes, e ha avuto una grandeeco mediatica grazie a un suo librointitolato “Uccidere il cancro”, pub-blicato nel 2017, in cui sostiene l’ef-ficacia di un test del sangue messoa punto da lei (si tratta di una biopsialiquida, appunto, alla ricerca di mar-ker tumorali) per intercettare un tu-more nelle sue primissime fasi disviluppo. Ha spiegato così la sua scoperta aimedia e durante la trasmissione diBruno Vespa “Porta a porta” :«Si

tratta di un esame del sangue cheriesce a individuare la presenza dicellule neoplastiche circolanti nel-l’organismo molto prima che il tu-more raggiunga una dimensionetale da essere “visibile” con Pet, Tace risonanza magnetica – ha dettola Paterlini. - Nel caso del cancro alseno gli studi epidemiologici hannodimostrato che l’invasione tumoraleha inizio 5-6 anni prima della dia-gnosi. Un tempo che nelle cure puòfare la differenza. Purtroppo il testha ancora un limite: non è in gradodi individuare l’organo da cui deri-vano le cellule malate. Per ora al-meno, perché la ricerca è in faseavanzata».

Più nel dettaglio: il test Iset, da leistessa brevettato, è stato messo invendita su Internet a 486 euro. La comunità scientifica ha espressole sue perplessità.Ecco, all’epoca, nel maggio 2017,la presa di posizione degli espertidell’Aiom, l’Associazione italiana dioncologia medica, per voce del suopast President Carmine Pinto, in uncomunicato ufficiale: «Mancano dati che validino con stu-di clinici controllati l’impiego di que-sto tipo di esami nella pratica clinica»ha detto Pinto, che è anche direttoredell’Oncologia all’Irccs ArcispedaleSanta Maria Nuova di Reggio Emilia..

Le prospettive della scienza.Però la biopsia liquida sta offrendograndi prospettive. Che la ricerca sta avallando. «Per esempio - commenta Sozzi -stiamo cercando di individuare nelsangue micro-Rna (cioè frammentidi materiale genetico che funziona-no da “informatore” fra il Dna e laproduzione di proteine, ndr,) chevengono liberati dal microambientedove il tumore, in questo caso un

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DA NON DIMENTICARE:SANGUE OCCULTO E PAP

TEST❙ La ricerca del sangue occultonelle feci, come spia della pre-senza di un tumore al colonretto, è un test vecchio, matutt’ora validissimo. E fa partedi molti programmi di scree-ning offerti dalla sanità pub-blica. Come un altro test, il Pap testper l’identificazione precocedei tumori (oggi si accompa-gna anche alla ricercadell’Hpv cioè del papilloma-virus che è considerato unacausa di tumore alla cervice. Possiamo definire queste al-terazioni (del sangue occultoe del pap test) come biomar-ker? Forse non nel senso stret-to del termine, ma non dob-biamo dimenticare, nella fogadi accogliere le nuove scopertedella medicina compresi testgenetici e biopsie liquide, chequeste indagini sono tutt’oravalidissime nella prevenzionedei tumori.

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tumore al polmone, o meglio an-cora, una lesione precancerosa chelo anticipa, si sta facendo strada.Noi stiamo vedendo, in un program-ma di ricerca su 4000 fumatori, sequesta “biopsia liquida” può esserein grado di diagnosticare precoce-mente un tumore al polmone (as-sociata anche alla Tac spirale, unesame che permette di scandagliarei tessuti polmonari). Ma nella pratica clinica come si poneoggi la biopsia liquida? Antonio Russo, direttoredell’Oncologia al Policlinico Giacconedi Palermo è autore di un volume re-centemente pubblicato negli Usa daltitolo: “Liquid Biopsy in cancer patientsThe Hand lens for tumor evolution”. «Attraverso la biopsia liquida - ri-badisce Russo - si analizza il Dnadel tumore. Come se avessimo lasua “carta di identità”. Così si puòscegliere il farmaco giusto per queltumore in quel paziente. Non solo:si può anche monitorare l’efficaciadella terapia nel tempo». Certo. Rimane da capire dove e co-me questo esame è disponibile nelnostro frammentato sistema sani-

tario italiano (o meglio: regionale).Dunque: la biopsia liquida si fa oggiper monitorare chi il tumore ce l’ha,non per una diagnosi precoce.I vantaggi? Per esempio avere lapossibilità di intercettare il materialegenetico prodotto dal tumore senzadover prelevare tessuto dagli organicolpiti (che spesso non è sufficienteper le indagini di laboratorio).

Mentre si è alle prese con lapossibilità di accesso a tutte questeinnovazioni in oncologia (che poneanche un problema di costi non soloper il sistema, ma anche per i pa-zienti in prima persona) la ricercava avanti. L’ultima arriva da PierPaolo Pandolfi, italiano che è diret-tore del Cancer Center al Beth IsraelDeaconess Medical Center, affiliatoalla Harvard University di Boston.Un suo lavoro, appena pubblicatosulla rivista Cell, ci informa che leragioni del fallimento di una che-mioterapia possono essere legateall’attività del “Dna spazzatura”. Sitratta di materiale genetico che stanelle nostre cellule e che fino a orasembrava “inutile”. Ecco allora unnuovo “biomarker” che ha a chefare con la risposta dei malati alleterapie. Insomma, la scienza sta procedendoa grandi passi nell’offrire nuove pos-

sibilità di cura. Anche attraverso laricerca di nuovi biomarker. ■

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❙ Si chiama CancerSEEK, è un test che vorrebbe rilevare la presenzadi otto tumori attraverso un esame del sangue. Ottimo. In pratica,sarebbe capace di intercettare il materiale genetico “alterato” prodottoda cellule cancerose dei seguenti tumori: ovaio, fegato, stomaco, pan-creas, esofago, colon retto, polmone e seno) nel settanta per cento deicasi. Al momento però è stato testato su persone che avevano già untumore accertato. La sfida è capire se questo test può essere predittivo,cioè se possa rilevare la presenza nelle persone sane (o meglio: contumore non ancora rilevato). La notizia è apparsa su Science, un’au-torevolissima rivista scientifica. Ma è anche legittimo chiedersi qualiinteressi commerciali può nascondere.

GLI OTTO TUMORI

BIOMARKER “ALTERNATIVI”

❙ Non possiamo parlare dibiomarker in senso stretto,secondo la definizione scien-tifica. Ma se accettiamo latraduzione di “marker” come“indicatore”, data dai dizio-nari, allora ci siamo. Parliamoallora di “indicatori” di ri-schio di sviluppare un can-cro. Siamo nel campo dellaprevenzione e ci riferiamoalmeno a tre fattori legati alcomportamento. Primo: il fumo di sigaretta. Secondo: il sovrappeso el’obesità che spesso derivanoda una cattiva alimentazione. Terzo: la mancanza di attivitàfisica.Tutti ci dicono che almeno unterzo dei tumori potrebbe es-sere prevenuta con compor-tamenti adeguati. Ecco allorache questi tre “marker” di ri-schio tumorale possono indi-care la via per una preven-zione efficace.

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Be HAPPY!!! Buonumore e approccio positivo, una marcia

in più anche nella malattia

di Cinzia Testa

Uno studio di epigenetica pub-blicato su Medicina biologica nel2012, effettuato su pazienti con pso-riasi sottoposti a una cura locale conuna sostanza a base di un mix deifattori di Zebrafish, ha registrato buonirisultati in nove casi su dieci e scarsinel rimanente 10%. Lo Zebrafish, perchi non lo sapesse, è un pesciolinodi acqua dolce che negli ultimi anniè diventato il modello animale piùutilizzato al mondo negli studi di la-boratorio grazie a una particolare ca-ratteristica: le sue uova contengonocellule con un codice epigenetico cheè il più simile in assoluto a quelle del

la propria volontà. E pensieri edemozioni possono influenzare i geni.Quanto pesi questa influenza peròal momento è difficile da valutare,perché le risposte sono estrema-mente soggettive e dipendono danumerose variabili, legate alla vitae al comportamento del singolo in-dividuo. È vero però, e ce lo dimostrala vita, che chi sa affrontare la quo-tidianità con un pizzico di felicitàha una “marcia in più”.

Non stupisce quindi la decisionedell’Università di Yale negli Stati Unitidi aggiungere un corso sulla felicità,

feto umano. Per questo, riuscirebbea interagire con le nostre cellule e astimolarne la riprogrammazione. Ma per tornare ai risultati dello studiosui pazienti con psoriasi, nel dieci percento dei casi i risultati di questo trat-tamento sono stati scarsi, perchél’aspetto psicologico legato alla ma-lattia era molto forte. Significa allorache la possibilità di modificare il codiceepigenetico esiste, e le prove lo stan-no confermando, ma non è la pana-cea di tutti i mali. Gioca un ruolo importante infatti

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“Psychology and the good life”, chefra l’altro sta registrando il maggiornumero di iscritti. A spingere i docentia ideare un ciclo di lezioni così parti-colare è stato il numero elevato distudenti che nell’arco di un annohanno chiesto assistenza a causa diproblemi di stress e infelicità. «Si puòessere più vulnerabili in certe fasidella vita», spiega FrancescaSantarelli, psicologo e psicoterapeutadi Milano. «È normale, perché nonveniamo programmati alla nascita,ma siamo in continua trasformazione,con consapevolezze che possonomodificarsi in base al vissuto perso-nale. Ma, proprio perché non siamopredeterminati, è possibile riattivaresinapsi che giacevano in attesa di es-sere stimolate». In pratica, è un po’ come se da qual-che parte, nella propria mente, siavesse la capacità di avere pensiericon un fine positivo, ma ci fosse bi-sogno di andarli a cercare e di met-terli in luce. Per far capire il concetto,si può paragonare il cervello a ungrande diamante, con le sue 66sfaccettature. Alcune parti di questodiamante in certi passaggi della vitapossono rimanere relegate in ombrae impolverarsi. Ma possono tornarebrillanti, grazie all’incredibile capacitàdel cervello di modularsi. «Le ricer-che sul cervello e sulla sua capacitàdi modificarsi ci hanno dimostratoche esiste la plasticità neuronale,»spiega il professor Claudio Mencacci,Direttore Dipartimento SaluteMentale e Neuroscienze, ASSTFatebenefratelli-Sacco, Milano. «Sitratta di una peculiarità dei neuroni,cioè delle cellule cerebrali e delle si-napsi, ovvero dei collegamenti cheuniscono tra di loro i neuroni. È av-valorata da numerosi studi cliniciche fra l’altro, confermano ancheipotesi più volte ribadite dalla psi-canalisi». Insomma, ci vuole un pizzico di buo-na volontà. Un consiglio? Appuntarsiper la giornata una parentesi per sestessi, anche se breve. Si ottiene

così quello stato di felicità, intesaall’americana come “be happy”,cioè buonumore e approccio positivoalla vita. Qualche esempio? una pas-seggiata senza la solita fretta, ascol-tare musica, leggere una rivista pia-cevole e interessante che non abbianulla a che vedere con la propriaattività. Sono in un certo senso coc-cole per la propria persona, con ef-fetti positivi sul benessere psicofisico.Il risultato finale lo hanno visto gliesperti della Mayo clinic. “Be happy”vuol dire anche essere più creativi,con un aumento della produttivitàsul lavoro e un approccio più positivoe disponibile nei confronti degli altri.«La felicità è contagiosa», sottolineala dottoressa Santarelli, che è ancheterapista di coppia. «Chi è felice de-sidera che lo sia anche chi ama equesto fa sì che si creino dei legamiparticolarmente intensi. E che coin-

volgono anche le altre persone chefanno parte del nucleo, come gliamici, ma anche i colleghi».

Ma la felicità non è importantesolo per i singoli individui. Lo è ancheper la società ed è un concetto chepare abbia sviluppato il re del ButhanWangchuck: è attribuito a lui infattiil FIL, Felicità Interna Lorda, cioè l’in-sieme dei fattori che determinano laqualità della vita. Da qui alla realiz-zazione da parte delle Nazioni Unitedel World Happiness Report il passoè stato breve. Si tratta di una classificache analizza la felicità di 159 nazioniin base al PIL procapite, l’aspettativadi vita, la solidarietà, il livello di cor-ruzione. L’Italia è al 47esimo postotra i Paesi più felici al mondo. «La fe-licità è anche altruismo e capacità diaiutare gli altri», sottolinea ValentinaDi Mattei, ricercatore dell’Università

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22 Be happy vuole dire essere più creativi

e predisposti agli altri

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Vita-Salute San Raffaele di Milano evicepresidente dell’associazione Saluteallo specchio. «È una realtà che toc-chiamo con mano grazie al nostroprogetto. Chi riesce ad affrontare lamalattia con spirito positivo, ha poila capacità di aiutare gli altri e di con-dividere serenamente l’esperienza,affinché sia utile ad altri. Fa riflettereanche l’approccio alla vita dopo lafase critica della malattia. Ci sonopersone, soprattutto donne, che ac-quisiscono uno stato di felicità mag-giore di prima della malattia, con unridimensionamento dei valori».

Felicità, e quindi anche amore,gusto per la vita e per la quotidianità.Su tutto ciò sta puntando molto lasocietà moderna, che utilizza tuttigli strumenti possibili per migliorareil benessere dell’anima, compresiprogrammi televisivi, film e libri.

Ma c’è anche una condizione chesi sta facendo prepotentemente stra-da e che ha poco a che fare con lafelicità ed è la tendenza a stare soli.Un vero e proprio problema, tantoche la Gran Bretagna ha da pocoun ministro della Solitudine, il primoal mondo con questo incarico. «Lasolitudine non è tutta uguale», ag-giunge la dottoressa Di Mattei. «Ladeclinazione positiva riguarda chirestringe i propri ambiti tempora-neamente per prendersi cura di sé.È una solitudine cercata e la vediamotra chi ha una malattia e non hapaura di stare con se stessa, anzi,diventa l’arma per potenziare leenergie al fine della guarigione». Èla medesima di chi ha fatto un suopercorso interiore e non ha timoria interfacciarsi con i propri stati emo-tivi, conosce la solitudine ma sa do-sarla, senza scollegarsi dagli altri.

Felicità come gusto per la vita, migliorandoil benessere dell’anima con attività piacevoli

TU E GLI ALTRI

❙ Prendi l’abitudine di ringra-ziare guardando negli occhie accompagnando le parolecon un sorriso.❙ Chi fa da sé fa per tre non èdel tutto giusto: la presenzadi altre persone nella propriavita fa sì che si acquisisca unodall’altro energia vitale per ilpresente.❙ Sì a cucinare. Preparare anchesemplicemente un’insalata,scegliendo gli ingredienti, èun modo per condividere unpiacere con le persone che siamano.

LE REGOLE DEL BENESSERE

❙ Ascolta musica tutti i giorni.Agisce come un vero e proprio“massaggio” che stimola ilbuon funzionamento delle cel-lule.❙ Dedica almeno un’ora al gior-no a ciò che ti piace, comeleggere, passeggiare, stare congli amici. Aiuta a scaricare lostress, che ha un effetto ne-gativo sul benessere dell’or-ganismo.❙ Segui uno stile di vita sano:non fumare e consuma tutti igiorni cinque porzioni tra frut-ta e verdura fresche. Sono purecolorati, a tutto vantaggiodell’umore.❙ Pratica regolarmente un’at-tività sportiva tre volte allasettimana, oppure camminatutti i giorni per 30 minuti.

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sazione di vuoto non solo a livelloaffettivo, ma anche dentro di sé. «Contrastare la solitudine non èsemplice», conclude la dottoressaSantarelli. «Ci vuole un grande sfor-zo, iniziando gradualmente a uscire,approcciarsi agli altri. E se ci si rendeconto di non farcela, si deve chiedereun aiuto esterno. A volte sono suf-ficienti poche sedute di psicoterapiaper ritrovare il gusto di stare con glialtri e di vivere meglio con sé stessi». Estirpando preoccupazioni e ansieche invadono la mente, si esce dal-l’involucro di solitudine che si è crea-to attorno, e si riesce anche a ritro-vare la felicità, quello stato fatto dipiccole cose. E di persone care, per-ché sono l’essenza della vita. Lo di-ceva anche Marcel Proust:“Dobbiamo essere grati alle personeche ci rendono felici, sono gli affa-scinanti giardinieri che rendono lanostra anima un fiore”. ■

«Esiste una solitudine positiva», sot-tolinea la dottoressa Santarelli.«Viene chiamata creativa perchéaiuta a mettere i ‘punti’ nella propriavita in certi momenti, per esempio,come stringere nuovi legami, o chiu-dere con altri. Oppure a concretiz-zare progetti. Bisogna però impararea non esagerare, perché il confinetra la solitudine utile e quella dan-nosa può essere sottile». Il problema, sostengono in molti,riguarda soprattutto chi vive nellegrandi città, che non sono sicura-mente adatte ad allacciare nuovirapporti e a mantenere quelli chegià esistono. Le ragioni? Molte.Innanzitutto i ritmi lavorativi, percui è sempre più frequente iniziarepresto la mattina e finire tardi lasera. Poi le distanze, perché permolti è necessaria anche un’ora perspostarsi da un luogo all’altro. Infinela stanchezza che assale spesso nei

fine settimana, e che rende pocodisponibili ad allacciare nuove rela-zioni. Tutto questo può portare aisolarsi e a vivere questa condizionecome uno stato negativo. Si innescacosì una spirale senza fine: depres-sione, senso di inadeguatezza e sen-

Esiste una solitudine positiva che aiuta a mettere dei punti nella propria vita

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APPROCCIARE L’ONCOLOGIA DA UNA DIVERSA PROSPETTIVAIpsen ha un solido background in oncologia. Il suo successo scaturisce da esperienza, visione e passione.

Il nostro impegno si concentra sullo sviluppo di soluzioni terapeutiche

per supportare i professionisti della sanità nella loro pratica quotidiana. TA I L O R E D O N C O L O G Y

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Si dice sempre - ed è una grandeverità di cui possiamo essere orgogliosi- che l’Italia è all’avanguardia per lecure sanitarie in oncologia e che nonc’è alcun bisogno di viaggi della spe-ranza in America o in altre zone delmondo che immaginiamo più avan-zate. Ma c’è un ambito dell’oncologiadove effettivamente la dipendenzadall’estero fino a pochissimo tempofa era ancora necessaria e, parados-salmente, proprio in una delle regioniche vanta un sistema sanitario tra imeglio funzionanti, la Lombardia. Solo lo scorso dicembre, infatti, èstato inaugurato presso l’IstitutoNazionale dei Tumori (INT) di Milanoun nuovo polo per la diagnosi e la

cura delle patologie oncologiche ocu-lari. Realizzato anche grazie al con-tributo di una cordata di onlus guidatadall’Associazione Bianca Garavagliacon la partecipazione della Lilt - LegaItaliana per la Lotta contro i Tumori,Vittoria Onlus, Amici di Lollo Onlus,Con Lorenzo Per Mano Onlus,Associazione per l’Assistenza deiGiovani e degli Anziani, NCG Medical,il centro ha l’obiettivo di offrire unapproccio specialistico focalizzatoprincipalmente sul melanoma ocularee il retinoblastoma, le neoplasie in-traoculari più comuni negli adulti e

nei bambini. «Questo nuovo polo,altamente specialistico ed espressioneanche della migliore collaborazionefra pubblico e privato sociale, arric-chisce e completa l’offerta di ricercae cura oncologica dell’INT e rispondeall’esigenza di prendere in carico ilbambino e l’adulto con un tumoreoculare per garantire loro una diagnositempestiva e la più efficace terapiaabolendo, nel contempo, gli inutili edispendiosi disagi dei viaggi all’esteroalla ricerca di risposte» ha spiegatoEnzo Lucchini, il presidente dell’INT.In Lombardia sono circa un centinaioi nuovi pazienti che ogni anno sonocolpiti da patologie che riguardanol’oncologia oculare, e la Regione

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All’Istituto Tumori di Milano il nuovo polo per curare bambini e adulti

INT, scaccoAI TUMORI OCULARI

di Ludovica Signorelli

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sono tumori rari che colpiscono ri-spettivamente sei persone ogni mi-lione di abitanti l’anno e un bambinoogni 15 mila nati», sottolineaGiovanni Apolone, direttore scientificodell’INT. «Ma anche se i numeri sonopiccoli, si tratta di patologie che hannosì bisogno di una competenza spe-cialistica oculistica, ma nel contestodi un percorso di diagnosi e cura ge-stito da un centro con specifiche com-petenze oncologiche, che sia anchein grado di offrire al paziente le mi-gliori chance di partecipare a progettidi ricerca».In tutto ciò assume un particolare si-gnificato la possibilità di un nuovocentro italiano che si occupi in modospecifico di una patologia oncologicarara che colpisce i bambini e che, co-me tale, pesa moltissimo sulla qualitàdi vita delle famiglie, oltre che sul

Sistema Sanitario Nazionale in terminidi costo. Un traguardo raggiunto conpazienza e determinazione. «Fino aun paio di decenni fa, l’unico centroitaliano che si occupava di retinobla-stoma pediatrico si trovava nelPoliclinico Santa Maria alle Scotte diSiena (www.ao-siena.toscana.it)»,racconta Maura Massimino, Direttoredella Struttura Complessa di PediatriaOncologica dell’INT, impegnata nellaricerca clinica nell’ambito dello studiodelle neoplasie cerebrali, dei linfomidell’età pediatrica e degli effetti col-laterali delle terapie oncologiche inetà pediatrica. «Poi si sono aggiuntil’Ospedale pediatrico Bambino Gesùdi Roma (www.ospedalebambinoge-su.it/) e quindi il Centro di oncologiaoculare della Clinica Oculistica pressol’Ospedale di Padova (www.sanita.pa-dova.it/). Il centro di riferimento per ipazienti lombardi era però l’Ospedaleoftalmico Jules-Gonin di Losanna(www.ophtalmique.ch/), in Svizzera,previa autorizzazione dell’INT».

Da quando è diventata primario,nel 2010, la professoressa Massiminoha cominciato ad avere una cinquan-tina di richieste di autorizzazione al-l’anno per terapie e controlli relativiai bambini lombardi. «La necessitàdi garantire tempistiche di ricoveroadeguate e altre problematiche di or-dine burocratico non mi permette-vano di indirizzare i piccoli pazienti ele loro famiglie presso uno dei centrispecializzato italiani. E ciò francamentemi sembrava una cosa d’altri tempi.Anche considerando che i costi sonoingenti: è vero che per fortuna i bam-bini che si ammalano di retinoblasto-ma sono pochi, ma sono molto piccolie hanno bisogno di cure ad alta in-tensità. All’inizio della terapia neces-sitano di terapie e controlli settimanalio quindicinali, quindi con viaggi fre-quenti verso la Svizzera che pesanosulla qualità di vita della famiglia, oltreche sul SSN che paga per questi spo-stamenti per il paziente e gli accom-pagnatori. Le stesse questioni che af-

Lombardia, anche nell’ottica di am-pliare l’offerta di diagnosi e cura dialcune patologie rare, ha avviato tra-mite l’INT una sperimentazione moltoimportante perché permetterà al ma-lato di essere preso in carico non solocome un paziente con una patologiaoculare, come avveniva all’estero, maanche come un paziente oncologicola cui malattia e le sue conseguenzerientreranno all’interno di un proto-collo clinico con un adeguato percorsodiagnostico terapeutico.

In Gran Bretagna e negli StatiUniti l’oncologia oculare è formal-mente riconosciuta come una super-specializzazione svolta solo da oculisticon specifico training in oncologia epatologie oculari. Da qui, la necessitàdi avere delle strutture dedicate. «Ilmelanoma oculare e il retinoblastoma

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Il melanoma oculare e il retinoblastoma

sono tumori rari

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quale collaboriamo da tempo e checondivideva la mia idea. Mi ha pro-posto la dottoressa Martina Angi cheall’epoca, nel 2011, lavorava tra gliStati Uniti e Liverpool, occupandosiperò soprattutto di melanoma. Grazieai finanziamenti della Lilt, la dotto-ressa Angi – che nel frattempo è di-ventata anche mamma di due bam-bini - ha potuto seguire per sei mesiuna formazione specifica sul retino-blastoma pediatrico presso l’IstitutoCurie di Parigi (https://curie.fr/), il mi-glior centro al mondo per la cura diquesta patologia». La professoressa Massimino, nel frat-tempo, continua la sua opera di sen-sibilizzazione e riesce a coinvolgereuna serie di onlus che, fatto più unicoche raro, accettano di unire le forze

arrivando a raccogliere oltre un mi-lione di euro. «E dal 13 dicembre2017, festa di Santa Lucia, la protet-trice della vista, Milano ha un nuovopolo dedicato all’oncologia oculisticapediatrica. Per il momento, lo staff ècostituito dalla dottoressa Angi e daun’ortottista, ma la RegioneLombardia ha già autorizzato l’ac-quisizione del personale e contiamodi arrivare a pieno regime entro lafine del 2018», conclude la profes-soressa Massimino.

«La gestione terapeutica delretinoblastoma può avvenire solo inun centro di oncologia pediatrica dialta specializzazione. C’è bisogno diun team multi-specialistico con figureche vanno dall’oncologo oculare alpediatra, con genetista, psicologo, ra-diologo diagnosta e interventista. Nelcaso dei piccoli pazienti questo com-porta inevitabilmente innegabili van-taggi anche dal punto di vista dellaqualità di vita della famiglia». Inattesa che lo staff sia al completo, ilcentro ha già cominciato la presa incarico di pazienti già in cura aLosanna. «Si tratta di bambini un po’più grandicelli che devono continuarei controlli ed eventuali terapie, magarianche per dieci-quindici anni», spiegaMaura Massimino. «Oggi, nel mo-mento in cui arriva una richiesta diautorizzazione per la Svizzera, pos-siamo dire loro che hanno già un’al-ternativa a Milano. Questo è di persé un progresso importante: bambinipiccoli hanno spesso genitori giovani,che lavorano, e, magari, altri fratellini.In alcuni casi in una stessa famiglia cisono più malati di retinoblastoma ocomunque è necessario valutare tuttii figli. Oltre all’attività relativa al retinobla-stoma, l’oculista oncologo si occupaanche di bambini ammalati di tumoridel sistema nervoso centrale che pos-sono avere il tumore proprio nelle vieottiche o avere danni secondari allafunzione neurologica o agli occhi do-vuti a tumori localizzati altrove o come

frontava il mio collega che si occupadel melanoma oculare, tra l’altro conun numero di autorizzazioni maggioreperché si tratta di una patologia checolpisce gli adulti, con numeri più im-portanti e minore centralizzazione». Da qui, la professoressa Massiminomatura l’idea di organizzare un centroad hoc presso l’INT, ma c’è subitoun’altra difficoltà importante. «Quelladi trovare un oculista oncologo, unaspecializzazione tutt’altro che diffusatra chi si occupa della salute dell’oc-chio. Mi è stato d’aiuto il professorAndrea Biondi, oncologo e direttoredella Clinica pediatrica presso laFondazione Monza e Brianza per ilBambino e la sua Mammadell’Ospedale San Gerardo di Monza(www.fondazionembbm.it), con il

Per curare il retinoblastoma occorreun team multispecialistico

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rapeutiche del retino-blastoma pos-sono essere adottate singolarmenteo in combinazione: chemioterapia si-stemica e locale (intrarteriosa o in-travitreale), terapia laser, crioterapia,brachiterapia oculare. «Nella scala divalori terapeutici, il primo obiettivo èsalvare la vita, e ormai nel mondooccidentale nessuno più muore di re-tinoblastoma», continua MauraMassimino.«Il secondo è salvare l’oc-chio e il terzo la funzione. A volte siriescono a raggiungere tutti e tre,altre no: non sempre i trattamenti lo-cali consentono di mantenere intattala funzione visiva. Perciò l’oncologiapediatrica punta sul trattamento si-stemico, cioè la chemioterapia confarmaci “tradizionali” (come etopo-side, vincristina, carboplatino, ciclo-fosfamide) in particolare se la malattia

più limitarsi alla sola terapia oculare,ma deve comprendere gli aspetti mo-lecolari della malattia e avere le com-petenze per coordinare la presa incarico complessiva del paziente, incollaborazione coi colleghi di altre di-scipline e seguendo protocolli inter-nazionali», conferma Martina Angi,responsabile del servizio di OncologiaOculare dell’INT.«Attualmente, sulla base delle carat-teristiche cliniche, istopatologiche emolecolari del melanoma oculare,siamo infatti in grado di predire il ri-schio individuale di sviluppare meta-stasi e offrire un follow-up persona-lizzato, nonché l’accesso a soluzioniterapeutiche innovative». Le cure chesi possono applicare sono molto va-riabili, a seconda di come la malattiasi presenta. Le differenti strategie te-

effetto collaterale di terapia. In passatodovevamo mandarli presso altri centriper valutazioni oculistiche o ortottiche,adesso non è già più necessario. Tutto ciò non esclude la collaborazionecon altri centri italiani: per esempioabbiamo già un accordo con l’ospe-dale Bambino Gesù perché i colleghisi occupino di diagnosi e terapie chenon siamo in grado di fare finchénon saremo a pieno regime. Il miodesiderio primario è quello di non ve-dere più nessun paziente italiano co-stretto ad andare all’estero per farsicurare».

Il retinoblastoma può interessareentrambi gli occhi con lesione singolao multipla, colpendo soprattutto ilneonato e il bambino piccolo. «Oggichi cura queste neoplasie non può

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Il primo obiettivo è salvare la vita, il secondo salvare l’occhio, il terzo la funzione

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ha colpito entrambi gli occhi con lasperanza di salvarli ambedue o alme-no uno. Se le terapie sono inefficaci, è ancorapossibile l’enucleazione dell’occhiocon contemporaneo inserimento di

una protesi, con un risultato esteticomolto buono e quindi una maggioreaccettazione dell’intervento sia daparte del bambino che della fami-glia». Fino all’età di 4 anni circa, inconcomitanza con la crescita del-

l’occhio, è possibile che si sviluppinonuovi tumori, che possono esserecontrollati con terapia locale, ma ipazienti devono essere mantenutisotto stretto controllo con visite re-golari, ad intervallo anche mensile,

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L’ADROTERAPIA CON PROTONI PERMETTE DI COLPIRE BERSAGLI BEN DEFINITI

■ Quando si parla di tumore intraoculare (delglobo oculare) è importante distinguere tratumore primario, che ha origine direttamentedalle cellule dell’occhio, e secondario, costituitoda metastasi di altri tumori (seno e polmonetra i più comuni) che abbiano raggiunto l’oc-chio. Solitamente i sintomi sono legati a pro-blemi visivi, e sono aspecifici: vista offuscata,comparsa di macchie nere o perdita di unaparte del campo visivo e lampi di luce. Circaun terzo dei pazienti è asintomatico e il tumoreè identificato durante una visita oculistica diroutine con l’esame della dilatazione del fondooculare. Tra i tumori intraoculari primari nel-l’adulto, il più comune è il melanoma che sisviluppa a partire dai melanociti dell’uvea eche è diverso da quello che colpisce la pelle.«Questa tipologia di tumore, sia nella formacutanea che oculare è particolarmente insidiosae ha molteplici espressioni, per molte dellequali si è riusciti a tracciare un identikit ca-ratterizzandole a livello molecolare», spiegaMario Santinami, direttore della StrutturaComplessa Melanoma Sarcoma dell’INT – Laconseguenza pratica è stata una rivoluzionesul piano terapeutico: farmaci intelligenti che,utilizzando i bersagli molecolari specifici, han-no dimostrato di essere efficaci nei pazientiche presentano una determinata mutazione».Di nuovo, è importante rivolgersi a un centrospecializzato dove medici esperti, oltre alladiagnosi corretta, sono in grado di consigliareanche la terapia migliore per trattare la ma-lattia cercando di preservare la capacità visiva.Il trattamento è diverso in base allo stadio dimalattia e alle caratteristiche del paziente. Leopzioni terapeutiche principali sono la chi-rurgia e la radioterapia. L’INT ha una lungatradizione di brachiterapia (un particolaretipo di radioterapia ad alta intensità e bassa

penetrazione, in cui la sorgente radiante deveessere messa in contatto con l’organo da trat-tare) e ora, grazie al progetto di RegioneLombardia, è in grado di offrire questo tipodi trattamento anche per l’occhio. In alterna-tiva, i pazienti possono beneficiare anche del-l’adroterapia con protoni, un tipo molto avan-zato di radioterapia esterna che permette dicolpire selettivamente bersagli ben definiticon un’alta dose di radiazioni, risparmiando itessuti circostanti. «L’adroterapia è efficaceanche nel trattamento del melanoma oculare.Fino a oggi la maggior parte dei pazienti ita-liani erano indirizzati all’estero, ad esempiopresso il centro di protonterapia di Nizza. Dafine 2016, il CNAO si afferma come punto diriferimento anche per questa patologia. Oranasce un nuovo polo INT-CNAO-OspedaleSacco per la diagnosi e la cura dei pazientilombardi», spiega afferma Erminio Borloni,presidente della Fondazione CNAO. Quantorealizzato per il melanoma oculare è il primopasso verso un modello di collaborazione econdivisione tra IRCCS pubblici e CNAO chesono chiamati ad una effettiva integrazioneche garantisca l’appropriatezza della cura.Come per i melanomi anche per altri tumori(sarcomi, meningiomi, tumori pediatrici e altriinclusi nell’elenco consultabile sul sitowww.cnao.it) si stanno definendo delle regolecondivise per la corretta selezione, trattamentoe follow-up dei pazienti che possono benefi-ciarne. Il 30% dei pazienti del CNAO ha subìtoprecedentemente altri trattamenti non riso-lutivi: una percentuale che dovrà essere ab-battuta a vantaggio dei malati stessi e per lariduzione della spesa sanitaria. Questo sistemavirtuoso che stiamo lanciando qui inLombardia deve diventare un modello daesportare nel resto del Paese». ■

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per un lungo periodo di tempo.L’uso delle nuove tecnologie di ima-ging oculare è di grande interessesia per individuare e trattare recidivemillimetriche, preservando la vistail più possibile, sia per la rapida do-cumentazione delle lesioni cicatrizialiperiferiche senza bisogno di ane-stesia nei bambini più grandi, siaper l’analisi precisa delle lesioni.

Ma come si diagnostica il reti-noblastoma? «Due sono i sintomiprincipali: lo strabismo e la leucocoria,cioè il riflesso bianco della pupilla,quello che nella normalità è rossonelle foto con il flash, e che spessoviene notato dagli stessi genitori»,spiega la professoressa Massimino.La diagnosi si basa sull’esame del fon-do oculare, che rileva numero, esten-sione e localizzazione delle lesioni,seguita da risonanza magnetica ce-rebrale ed esame del liquor e del mi-dollo osseo nelle forme clinicamenteavanzate. «Tra gli esami effettuati diroutine sul neonato c’è anche il con-trollo della simmetria del movimentooculare, che già potrebbe destare so-spetti anche se non sempre gli spe-cialisti diagnosticano il retinoblastomacon tempestività e arrivano a noi bam-

bini anche di dieci mesi di età. Il pro-blema è che la formazione sulla pa-tologia è ancora carente e il fatto chele strutture specializzate in Italia sianopoche contribuisce alla mancanza diinformazione anche degli stessi medicidi famiglia, pediatri e anche oculisti.La tempestività della diagnosi è im-

portante ai fini delle opzioni terapeu-tiche e anche della efficacia delle cure.La patologia comunque è presentedalla nascita: il retinoblastoma è il tu-more intraoculare più frequente inetà infantile, rappresenta il 3-4 percento di tutti i tumori dei bambini inItalia». Il tumore può svilupparsi inun solo occhio (70 per cento dei casi)o in entrambi (30 per cento) e puòessere sia unifocale che multifocale.Nell’80 per cento dei casi viene dia-gnosticato nei primi 3 anni di vita,più precocemente per le forme bila-terali. Il retinoblastoma rappresentaun modello di tumore ereditario nel-l’uomo: può essere sporadico o ere-ditario. Un’analisi genetica permettedi stabilire se la mutazione del geneoncosoppressore RB1 interessa solol’occhio o tutto il corpo. In quest’ul-timo caso, esiste il rischio di svilupparealtre neoplasie (soprattutto osteosar-comi), pertanto i pazienti vanno se-guiti in un centro oncologico a lungotermine. «Un altro motivo per l’indi-spensabilità di centri specializzati sulterritorio italiano», conclude MauraMassimino. ■

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La nuova struttura realizzata grazie al contributo

di una cordata di onlus

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dossier

DOSSIERDOSSIERSigarette elettroniche

e dintorni di Nunzia Bonifati

Non innocue, utili per smettere, espongono alladipendenza, pericolose per i giovani

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La brutta notizia vienedall’Accademia nazionaleamericana delle scienze.

Dopo aver revisionato ben 800 studisulle sigarette elettroniche ha messoin evidenza i potenziali rischi perla salute. È vero che si tratta di pro-dotti meno dannosi del tabaccocombusto. Ma i liquidi di ricaricacontengono nicotina e altre sostanzetossiche. E dopo una lunga esposi-zione potrebbero addirittura faredanni al Dna. Il peggio si teme peri giovani, che usandole rischiereb-bero di passare al tabacco. Senzacontare che c’è ancora molto dastudiare e valutare. L’unico puntoa favore è che in teoria queste siga-rette sono utili per smettere di fu-mare tabacco. Del resto, sono statesviluppate a questo scopo. È un col-po per chi sperava nella svapata

innocua. Le agenzie della salute e icentri di ricerca condividono le pre-occupazioni emerse dallo studioamericano. Intanto sul mercato sifanno strada le sigarette che scal-dano ma non bruciano, anch’essemeno dannose delle tradizionali.Peccato che il loro ridotto impattosulla salute e sull’ambiente non siaancora provato da studi indipen-denti. Ora il rischio è che la delu-sione sdogani il pericoloso tabaccocombusto, che secondo l’Oms fa seimilioni di morti l’anno. E noi chesiamo in prima linea nella lotta alfumo vogliamo capire come stannole cose.

Danni da svapoEntriamo nel cuore della questione.Quali sono i potenziali rischi per

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Sono sul mercatomondiale da

poco più di undecennio, ma

ancora molti sonogli aspetti da

studiare evagliare

Solo per Fumatori

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la salute delle sigarette elettronicheo e-cig? La buona notizia è che fa-rebbero meno danni del tabaccoda fumare. A metterlo in evidenzasono i risultati di due ampi studiscientifici del 2018. Il primo è larevisione dell’Accademia americanadelle scienze, di cui si parla nellospecifico in questo dossier (vedil’articolo “E-cig sotto la lente”). Ilsecondo è la revi-sione dell’agenziabritannica PublicHealth England,che estende l’in-dagine anche altabacco che siscalda ma nonbrucia (vedi inquesto dossier l’ar-ticolo “Generazione tabacco riscal-dato”). Va detto però che gli studisulla tossicità delle sigarette elet-troniche hanno precisi limiti. Primo,«questi prodotti sono caratterizzatida una grande variabilità, sia nellaparte elettronica, sia nella compo-sizione dei liquidi di ricarica; a pa-rità di etichetta questi ultimi pos-sono risultare diversi da un’aziendaproduttrice all’altra» dice RobertaPacifici, direttore del Centro nazio-

liano condotto sul polmone delratto ha messo in evidenza il col-legamento tra l’esposizione all’ae-rosol delle e-cig e l’effetto muta-geno e cancerogeno. In pratica, lesostanze nebulizzate dei liquidicauserebbero stress ossidativo perl’aumento dei radicali liberi.«Inoltre – si legge nello studio -abbiamo trovato che le e-cig dan-neggiano il Dna non solo a livellocromosomico nel sangue perife-rico, come le rotture dei leucociti(…) ma anche a livello genetico,come alcune mutazioni che si no-tano nelle urine» (DonatellaCanistro e altri, 2017, E-cigarettesinduce toxicological effects thatcan raise the cancer risk, ScientificReport 7-1:2018). Anche se è tuttoda confermare sull’uomo, il datopreoccupa. Uno studio più recentedice che a prescindere dalla pre-senza di nicotina gli estratti degliaerosol delle e-cig deprimono ledifese antiossidanti delle cellule,portando a un significativo dannodel Dna. Le cellule sono state espo-ste sia all’aerosol delle sigaretteelettroniche sia ai fumi del tabaccocombusto. «Nel complesso – silegge nello studio - gli estratti di

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nale dipendenze e dopingdell’Istituto superiore di sanità. Unaltro limite è «la mancanza di unavalutazione degli effetti cronici alungo termine, considerando chefino ad oggi gli studi hanno misu-rato solo le esposizioni a breve ter-mine e gli effetti acuti sulla salute»aggiunge Roberto Boffi, responsa-bile Pneumologia e Centro antifu-

mo dell’Istituto na-zionale dei tumoridi Milano. Nelcomplesso, ci sonodue problemi concui fare i conti: «idati a disposizionesulla nocività dellesigarette elettroni-che non sono mol-

to chiari e la comunità scientificanon ha ancora elaborato le lineeguida su questi prodotti» affermaMarco Allosio, coordinatore delleChirurgie specialistiche diHumanitas Cancer Center e presi-dente della Lilt di Milano. Fatta la dovuta premessa gli studiscientifici parlano di una serie dipossibili danni alla salute. Tra ipiù preoccupanti ci sono quellial Dna e il cancro. Uno studio ita-

Manca una valutazione

degli effetti a lungo termine

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aerosol delle e-cig hanno fatto alDna un danno significativamenteinferiore rispetto agli estratti delfumo tradizionali (…). Tuttavia ilivelli di danno ossidativo al Dna,così come indicato dalla presenzadi 8-oxo-dG, una lesione altamen-te mutagena del Dna, erano similio leggermente più alti dopo l’espo-sizione all’aerosol dell’e-cig, inconfronto ai tradizionali estrattidel fumo di sigaretta» (GanapathyV, Manyanga J , et al . , 2017,Electronic cigarette aerosols sup-press cellular antioxidant defensesand induce significant oxidativeDNA damage. PLoS ONE 12-5).Insomma, i risultati suggerisconodi indagare sui potenziali rischia lungo termine di ammalarsi dicancro per esposizione anche pas-siva all’aerosol dei liquidi di questesigarette. Del resto, che lo svapo passivo

creasse potenziali danni alla saluteera sospettabile. «La presenza diformaldeide, notoriamente can-cerogena, nei liquidi di ricaricadelle sigarette elettroniche ne ren-de rischioso il consumo in am-bienti frequentati soprattutto dapersone a rischio, come i bambinie le donne incinte» dice Boffi. Manon è finita qui. «L’aerosol di que-ste sigarette può dare un effettobroncocostrittore e scatenare ilbroncospasmo negli asmatici» ag-giunge Boffi. Inoltre, considerandoche numerosi studi dimostranoche il fumo induce infiammazionepolmonare «è plausibile che l’usodi e-cig influisca su pattern in-fiammatori simili, date le com-ponenti tossiche e irritanti rilevatenei loro vapori» conclude Boffi.Detto questo non si capisce perchésia consentito fare uso di questidispositivi nei luoghi pubblici.

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Quali sono gli effetti delle sigarette elettroniche sullasalute pubblica? Per fare il punto la prestigiosa Accademia

nazionale americana delle scienze, ingegneria e medicina harevisionato tutti gli studi scientifici sul tema, 800 circa. Irisultati sono contenuti nel meticoloso lavoro di 680 pagine,Public Health Consequences of E-Cigarettes, 2018, commis-sionato dall’agenzia della salute Food and Drug Administration.«In termini di danni e benefici - si legge nello studio - le con-seguenze sulla salute pubblica delle e-cig dipendono da trefattori: gli effetti sui giovani come avvio al consumo delle si-garette tradizionali; gli effetti sui fumatori adulti come stru-mento per smettere; l’intrinseca tossicità di questi dispositivi».In sintesi, rispetto al fumo delle sigarette i vapori delle e-cigsarebbero meno dannosi, perché contengono in generaleminori quantità di sostanze tossiche e cancerogene. Di con-seguenza, rispetto al tabacco combusto il danno delle e-cigè minore. Ciò non significa che siano innocue. Contengonoinfatti nicotina, particolato, metalli e altre sostanze tossiche,la cui esposizione è variabile perché dipende dalle caratteristichedel liquido e del dispositivo. La maggiore preoccupazione èper i giovani, che usandole potrebbero facilmente passare

alle sigarette tradizionali. D’altra parte, gli studi indicano chepossono esser utili agli adulti per smettere di fumare. Nonsono invece noti gli effetti a lungo termine sulla salute, so-prattutto sui giovani. Inoltre, l’esposizione intenzionale o ac-cidentale ai liquidi di ricarica può creare effetti avversi anchefatali e le batterie dei dispositivi possono esplodere causandodanni. Tirando le somme, il comitato di studio raccomandaalle agenzie della salute e ai centri di ricerca di migliorare laqualità delle indagini sulle sigarette elettroniche.

I principali rischi dell’esposizione agli aerosol delle e-cig: ❙ disfunzioni acute nelle cellule endoteliali, con effetti nonnoti a lungo termine ❙ stress ossidativo ❙ danni e mutazioni al Dna❙ aumento del rischio di cancro a lungo termine

Fonte: National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine.2018. “Public Health Consequences of E-Cigarettes”. Washington,DC: The National Academies Press. https://doi.org/10.17226/24952

E-cig sotto la lente

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Uno strumentoterapeuticoLa ridotta tossicità rispetto al ta-bacco combusto rende in linea dimassima le sigarette elettronichestrumenti idonei per la disassue-fazione dal fumo. Ma non è cosìsemplice. Le e-cig non sono presidimedici, ma prodotti di libera ven-dita che si prestano al fai da te. «Idati più recenti dicono che questidispositivi sono meno efficaci deitradizionali, come per esempio leformulazioni a rilascio di nicotina.Tuttavia, alcune nostre ricerchesuggeriscono che se inserite in uncontesto terapeutico le sigaretteelettroniche potrebbero rendersiutili per smettere di fumare» af-ferma Pacifici. Stiamo parlando diun setting di terapia guidato daesperti e accompagnato da altri in-terventi necessari, come quello delsostegno comportamentale. «Maservirebbero standard precisi e leggia garanzia della qualità e sicurezza

dei dispositivi e dei liquidi utiliz-zati» avverte Biagio Tinghino, pastpresident della Sitab, Società italianadi tabaccologia. Perché sia chiaro:«gli aromi contenuti nei liquididelle ricariche sono approvati peruso alimentare, non inalatorio, enon è la stessa cosa» precisa Pacifici.Ad oggi mancano dunque in Italiale condizioni per prescrivere in si-curezza questi dispositivi. Perciòtutto è a discrezione del professio-nista della salute, che valuta casoper caso, in base all’esperienza ealle condizioni psicofisiche del fu-matore. «La sigaretta elettronicapotrebbe essere indicata per ridurrenell’immediato gli effetti della di-pendenza nel paziente che devesmettere di fumare, ma non ha iltempo di impegnarsi in un percorsodi disassuefazione» afferma Alloisio.Fermo restando che si deve investiredi più e meglio nelle terapie: «ivari metodi per smettere di fumare,compresa la sigaretta elettronica,hanno un impatto sui fumatori

non superiore al 20 per cento» ag-giunge Alloisio. Neppure la GranBretagna, impegnata da anni e consuccesso nella lotta al tabagismo,riesce a estrarre numeri di più am-pio respiro. Nello studio di revisionegià citato sulle e-cig e il tabaccoriscaldato la Public Health Englandha analizzato anche il fenomenodella cessazione tramite e-cig. Saràperché nelle indagini di questo tipoestrapolare dati certi su cui ragio-nare è sempre difficile, ma l’inda-gine si limita a dire che questi di-spositivi sono utili per smettere difumare, in teoria. Il parere dell’agen-zia britannica è importante. IlRegno Unito caldeggia infatti l’usodelle e-cig sia come strumento persmettere di fumare sia come sosti-tutivo delle sigarette tradizionali.Ciò in virtù del loro ridotto dannosulla salute. Ma quello britannicoè un caso a sé: «rispetto agli StatiUniti e ad altri paesi europei nelRegno Unito i consumatori di si-garette elettroniche sono più nu-

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merosi e i fumatori sono diminuiti»dice Tinghino. Sarà merito delle e-cig? «Credo che la riduzione di-penda dalle politiche britannichedi sostegno ai servizi per smetteredi fumare e dalle campagne di sen-sibilizzazione pubblica» rispondeTinghino. Del resto «in GranBretagna i centri antifumo sono500mila, con farmaci gratuiti persmettere, mentre in Italia se ne con-tano 16mila circa, non supportatidal Servizio sanitario nazionale»si rammarica Boffi. A ogni modo,in ambito terapeutico l’uso dellee-cig rappresenta una tappa di com-promesso, possibilmente di brevedurata: «solo l’inclusione in un pro-gramma a graduale riduzione dinicotina offre la garanzia che lasigaretta elettronica non sia un mo-do per stabilizzare la dipendenza»mette in guardia Alessio Gamba,responsabile dell’Unità Operativadi Psicologia dell’Età Evolutiva dellaASST di Monza. Il rischio sarebbedunque diventare dipendenti dallostesso strumento impiegato persmettere di fumare.

Fumo e svapo in libertà L’idea della Public Health Englanddi usare questi dispositivi al postodelle sigarette tradizionali allo scopodi ridurne i danni non piace a tutti.Con una lettera pubblicata il 19marzo scorso sul British MedicalJournal, Aryeh Greenberg e RicardoJose, due medici inglesi, chiedonoconto del perché l’agenzia della sa-lute del Regno Unito caldeggi pre-maturamente il consumo della si-garetta elettronica, quandol’Accademia americana delle scien-ze ne ha messo in evidenza i pro-blemi (Bmj, Public Health Englandprematurely endorses e-cigarettes,2018). Al di là delle politiche sanitariedegli stati, gli studi dicono che lalibera vendita delle sigarette elet-

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troniche comporta rischi da valu-tare. Per esempio, quello di caderenel consumo duale. «Secondo i no-stri dati circa il 70-80 per centodegli utilizzatori di sigarette elet-troniche fuma anche quelle di ta-bacco» dice Pacifici. «O si tratta dipersone che sono nella fase di pas-saggio, ma non è detto, o chi leprova per smettere di fumare finisceper diventare consumatore abitualedi entrambi i prodotti» concludePacifici. Si tratta di una situazioneepidemiologica comune agli StatiUniti e a molte altre nazioni euro-pee, ma come abbiamo visto nonal Regno Unito. C’è anche da dire che negli am-bienti pubblici l’uso di questi di-spositivi è consentito. E così neiluoghi del divieto i fumatori com-pensano la mancanza della siga-retta con la svapata. «Passano dal-l’una all’altra, a seconda del contestoe delle situazioni, senza neppurerendersi conto di quante ne fumanoo svapano» testimonia la psicolo-ga-psicoterapeuta Marcella Dittrich,impegnata nei centri antifumo dellaLilt di Milano. Permane la dipen-denza sia dalla nicotina sia dallagestualità: «quest’ultima è addirit-tura rafforzata, perché una voltafuori controllo l’atto in sé lega an-cora di più alla sigaretta» sottolineaDittrich. Ha i suoi limiti anchel’idea di ridurre i danni alla salutesostituendo le sigarette tradizionalicon le e-cig o il tabacco riscaldato:«si rischia di diventare dipendentianche dalla sigaretta sostitutiva,ma poi si deve di nuovo intervenireper portare ordine in un compor-tamento che è diventato senza li-miti» conclude Dittrich. Insomma,se in teoria questi dispositivi sonoutili strumenti per smettere di fu-mare o per ridurre i danni da fumo,nella pratica le cose vanno diver-samente. «Non è prudente pro-muovere l’uso di questi dispositivia chiunque, semmai il loro consu-mo dovrebbe essere regolato e de-

stinato solo ai grandi fumatori, fer-mo restando che bisognerebbe con-durre studi approfonditi per capirese sono davvero efficaci per ridurreil consumo del tabacco» precisaSilvano Gallus, alla guida delLaboratorio epidemiologia deglistili di vita dell’istituto “MarioNegri” di Milano.

Il problema dei giovani Se passa l’idea che queste nuovesigarette sono meno pericolose delletradizionali a subirne le peggioriconseguenze sono gli adolescenti.«Il problema è che i giovanissimipossono usare questi prodotti senzaaver mai fumato, per moda o per-ché informati della loro ridotta no-cività, ma poi rischiano di caderenella dipendenza, sia dalla nicotinasia dalla gestualità» teme Pacifici.

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La preoccupazione è seria, ancheperché «alcuni studi dicono chechi inizia con la sigaretta elettronicaha più del doppio di probabilitàdi diventare un fumatore tradizio-nale» sottolinea Tinghino. Le cosesono aggravate dal consenso ac-cordato dai genitori: «alcuni sonoconvinti che per i loro figli sia me-glio usare il tabacco riscaldato ole e-cig piuttosto che fumare. Comese non esistesse la terza e più sanaalternativa: non fumare e non as-sumere alcun prodotto a base dinicotina» conclude Tinghino. InItalia le e-cig e il tabacco riscaldatonon sono attualmente in voga trai giovani. Ma non sappiamo comeevolveranno i consumi giovanili.Se scoppiasse la moda di questiprodotti si aggraverebbe una situa-zione già critica: «in Italia la per-centuale dei giovani fumatori è trale più alte d’Europa e le adesioni

ai programmi dei centri antifumosono praticamente nulle» dice

Dittrich. Gli adolescenti sono anchepiù esposti alla dipendenza psico-logica. «Usano la sigaretta per ge-stire le ansie che derivano dai cam-biamenti dell’età, dai rapporti coni genitori, gli amici e la scuola.All’inizio è solo un piacevole rituale,poi diventa un’abitudine e infinesi stabilisce un legame importante»continua Dittrich. Del resto «occorretenere conto della naturale pro-pensione degli adolescenti alla spe-rimentazione, all’appropriarsi diesperienze e di vitalità, spesso vo-lendo e dovendo superare dei limiti.L’importante è avere la via di ri-torno, ma non è immediata con lesostanze che creano dipendenza»aggiunge Gamba.

Che fare? Ora che sappiamo quali sono lepecche delle e-cig non corriamo ilrischio che i delusi tornino al buonvecchio tabacco? Spetta alla politicaevitarlo. «I dipartimenti della salutedegli stati occidentali puntano acreare una generazione libera dalfumo, lavorando sui giovani, sup-portando i pazienti a smettere etassando le sigarette» dice Alloisio.Su questo fronte è in prima lineail Regno Unito, così come gli StatiUniti. «Purché le multinazionalidel tabacco non facciano passarele sigarette di nuova generazionea tabacco riscaldato come prodottisani da proporre anche ai non fu-matori. Contengono nicotina quan-to le sigarette convenzionali e perciòinducono dipendenza» avverteGallus. Allora che fare? Per il momentoabbiamo capito che le sigaretteelettroniche e quelle a tabacco com-busto sono indicate solo ai fumatoriadulti, magari come ausilio persmettere di fumare. E in casi par-ticolari, in accordo con il medicoo lo psicoterapeuta, per ridurre idanni alla salute derivanti dallesigarette tradizionali. ■

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Sul mercato mondiale da po-co più di un decennio le si-garette elettroniche sono già

alla terza generazione. Gli inve-stimenti hanno reso la compo-nente elettronica più sicura. Lebatterie non esplodono come untempo. Inoltre, i liquidi delle ri-cariche sono sottoposti a maggioricontrolli. Ma quali sono le pecu-liarità di questi prodotti destinatiai fumatori e vietati per legge aiminori? Sembra bizzarro dirlo, ma le solecaratteristiche che le sigarette elet-troniche hanno in comune conquelle tradizionali sono l’atto delsucchiare e la nicotina, se presente.Per il resto, come apprendiamodallo studio realizzatodall’Accademia americana dellescienze, cui abbiamo fatto riferi-mento in questo dossier (PublicHealth Consequences of E-Cigarettes, 2018) si tratta di di-spositivi elettronici. Sono dotatidi nebulizzatore (è l’apparecchioche trasforma i liquidi in aerosol),fluidi con o senza nicotina, resi-

stenza, filtro o bocchino, batteriaricaricabile, pulsante o sensored’accensione. Come funziona ilmarchingegno? Per azione capil-lare il liquido giunge a uno stop-pino, dove viene surriscaldatodall’apposita resistenza e poi ne-bulizzato. Aspirando dal filtrodell’apparecchio le gocce di aerosolfiniscono in bocca, per poi essereinalate nei polmoni. C’è dunqueun mito da sfatare. Come infattisi legge nello studio: «sebbenel’uso delle e-cig sia comunementechiamato “svapo”, tecnicamenteil dispositivo emette un aerosolche l’utilizzatore inala, il quale ècomposto in sospensione di unamistura di gas, vapori e particelleacquose. Non è “vapore”, che in-vece è lo stato gassoso di una so-stanza». La seconda cosa da dire è che stia-mo parlando di un mercato dinicchia, precluso per legge ai mi-nori. «Le prime sigarette elettro-niche sono arrivate in Italia nel2009, in farmacia e pochissiminegozi specializzati. Dopo la moda

In Italia gliutilizzatori abituali

e occasionali diqueste sigarettesono 1,3 milioni,

per il 67,8 percento fumatori

adulti

Universo E-cig

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iniziale scoppiata nel 2012 il mer-cato si è assestato nel 2013» spiegaUmberto Roccatti, presidente diAnafe, l’associazione di categoriaaderente a Confindustria che trale altre cose sensibilizza le istitu-zioni e l’opinione pubblica su van-taggi e potenzialità di questi pro-dotti . Secondo le stimedell’Osservatorio fumo alcol e dro-ga dell’Istituto Superiore di sanità,in Italia gli utilizzatori abituali eoccasionali di queste sigarette sono1,3 milioni. Il 67,8 per cento sonofumatori, il 31 per cento ex fu-matori e l’1 per cento non aveva

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Il mercato delle sigarette elettroniche e di nuova genera-zione è regolato dalle norme sul tabacco e prodotti

correlati. Il decreto legislativo 12 gennaio 2016 n. 6 integrale leggi precedenti e recepisce la direttiva europea 2014/40sui prodotti del comparto. In sintesi, per poter vendere lesigarette elettroniche e i liquidi di ricarica le imprese devonofornire ai ministeri della salute e dell’economia una serie diinformazioni. Queste riguardano la purezza degli ingredienti,i dati di qualità, la sicurezza e l’assorbimento della nicotina,il cui contenuto per articolo non può essere superiore a20mg/ml. Ogni confezione deve anche essere a prova dibambino. Inoltre, deve contenere un foglietto illustrativocon modalità d’uso, controindicazioni, informazioni suglieffetti nocivi e sul rischio di dipendenza. Devono poi essereindicati: nome e recapito del produttore o importatore, lotto,ingredienti in ordine decrescente di peso, quantità di nicotinae suo rilascio per ogni dose. In più deve comparire la dicitura:«Prodotto contenente nicotina, sostanza che crea un’elevatadipendenza. Uso sconsigliato ai non fumatori». La normaprevede inoltre precisi divieti. Non è ammessa la venditatransfrontaliera e quella online è controllata dalle autorità.Sono vietati i contributi pubblici, la pubblicità e la promozionedei prodotti, se non limitatamente alle riviste di settore. Ecome per il tabacco è vietata la vendita ai minori. Gliesercenti sono quindi autorizzati a chiedere il documentod’identità ai giovani che si accingono all’acquisto. Produttorie importatori hanno anche l’obbligo di comunicare aiministeri della salute e dell’economia i dati di mercato e

del tipo di pubblico (giovani, fumatori, non fumatori). Infine,imprese ed esercenti devono vigilare sugli eventuali effettinocivi dei prodotti. E nel caso sono tenuti a mettere in attole dovute misure correttive. Si tratta del ritiro dal mercatodei lotti o del prodotto e la modifica dei foglietti illustrativi,segnalando tutto ai dicasteri di competenza. D’altro canto,il Ministero della salute deve monitorare l’andamento delmercato, in particolare per capire se i giovani usino lesigarette elettroniche con nicotina come porta d’accesso altabacco. Le norma si completa con successivi provvedimenti.Per quanto riguarda le e-cig, il decreto direttoriale 23 marzo2018 dell’Agenzia dogane e monopoli regolamenta le mo-dalità e i requisiti di vendita dei liquidi di ricarica. Invece,per il tabacco di nuova generazione, che scalda ma nonbrucia, il decreto del Ministero della salute 7 agosto 2017stabilisce le procedure e le modalità con cui l’Istituto superioredi sanità valuta gli studi di minore nocività di queste sigaretterispetto alle tradizionali. Fermo restando che si tratta diuna valutazione che non ne compromette la libera vendita.Infine, con la legge di bilancio per il 2018 scatta il divietototale di vendita online per i liquidi di ricarica. E il compartodelle e-cig passa ai monopoli di Stato, con un’accisa pari aquella delle sigarette tradizionali (5 euro ogni 10ml diricarica, con o senza nicotina). Insomma, controsensi dellenorme a parte, questo mercato in Italia non è il far west.Peccato che la legge non metta al riparo da abusi o imperizie.Tant’è che nonostante il divieto acquistare su internet iliquidi di ricarica è un gioco da ragazzi.

Vietate ai minori, sconsigliate ai non fumatoriChe cosa dice la legge

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mai fumato prima. È un mercatorecente, dunque, fatto prevalen-temente di fumatori adulti .«Secondo una nostra indaginecondotta su 215 negozi gli utiliz-zatori under 30 rappresentanomeno del 25 per cento, ma ci sonoaltri numeri in controtendenzarispetto ai nostri» dice Roccatti.Non è chiaro quanti siano i gio-vani svapatori in Italia. Di sicuro,negli Stati Uniti l’interesse degliadolescenti nei confronti di questiprodotti è tanto alto da preoccu-pare il dipartimento della salute.Giusto per dare l’idea, nel 2016gli studenti che si erano avvicinatialle sigarette avevano preferitol’elettronica alla tradizionale(National Youth Tocacco Survey,2011-2016). Detto questo, la prima sigarettaelettronica è stata commercializ-zata in Cina nel 2003. Da alloraquesti prodotti hanno vissuto treperiodi di sviluppo. Nel temposono migliorati,anche in seguitoagli investimentisostenuti dallemultinazionalidel tabacco, chehanno acquisitomolte delle picco-le società che leproducevano. Laprima generazio-ne di e-cig va dal 2003 al 2012:«somigliavano alle sigarette tra-dizionali, ma erano troppo piccoleper contenere una batteria dura-tura e un filtro che garantisse unavaporizzazione soddisfacente, inol-tre non erano munite di chip in-terni anti-esplosione» riferisceRoccatti. «Dal 2012 al 2016 entranosul mercato dispositivi di maggioridimensioni, più facili da ricaricare,capaci di dare una sensazione piùintensa e appagante agli utilizza-tori, e dotati inoltre di batterie piùdurature» continua Roccatti. Laterza e ultima generazione in

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Europa è anche un po’ figlia delladirettiva 40/2014, che regola ilmercato del tabacco e dei prodotticorrelati disponendo nuovi requisitidi sicurezza (si veda l’articolo con-tenuto nel dossier “Che cosa dicela legge”). Muta il design, aumen-tano le dimensioni e così la sicu-rezza per il consumatore. Inoltre,se ricaricate come da istruzioni econ il voltaggio giusto le batterienon esplodono più. «In termini ditutela della salute, i liquidi conte-nenti nicotina devono dichiararegli ingredienti, essere sottoposti adanalisi chimica e test di emissioneper entrare nel sistema di raccoltadati europeo Common entry gate.E solo se si ottiene la notifica eu-ropea possono entrate sul mercato»prosegue Roccatti. La sicurezzadell’apparecchio è invece garantitadal marchio CE. «Ma è facilmentecontraffabile e spetta ai distributorie rivenditori accertarsi che i pro-dotti abbiano le certificazioni ori-

ginali» continuaRoccatti. Peccatoche le norme cheregolano la pro-duzione e il mer-cato non mettanoal riparo il con-sumatore dal ri-schio di acquista-re articoli di scar-sa qualità, difet-

tosi, se non addirittura pericolosiper la salute. «Sono rischiosi so-prattutto gli acquisti incontrollatisu internet, che si presta a essereun mercato parallelo e fuori con-trollo di sostanze vietate, oltre chedi articoli non a norma» mettein guardia Pacifici. Come difen-dersi? I consigli sono sempre glistessi: «rivolgersi a rivenditori spe-cializzati, in grado di offrire unaconsulenza sul prodotto, verifi-cando comunque la conformità»conclude Pacifici, direttore delCentro nazionale dipendenze edoping dell’Istituto superiore di

sanità. Ma anche il consumatoredeve fare la sua parte attenendosialle istruzioni fornite dal produt-tore nel foglietto illustrativo. ■

Fresco di stampa

Fabio Beatrice - Johann Rossi Mason- Senti chi fuma, la “spinta gentile”verso la cessazione - Guerini eAssociati, 2018, 224 pagine, euro19,50

❙ Un medico e una giornalista in-sieme per raccontare le storie dicirca venti pazienti che hanno in-trapreso il percorso a ostacoli perliberarsi dalla cattiva abitudine dellasigaretta. Ogni fumatore è una storiaa sé. Ogni terapia, un abito tagliatosu misura. Tra le testimonianze c’èquella di chi per smettere ha usatoi prodotti a rischio ridotto sostitutividel tabacco, non senza l’aiuto del-l’equipe medica. Con lo stile dellamedicina narrativa gli autori dannovoce a fumatori ed ex, per imparareda loro qualcosa in più su comeaiutare i tabagisti a non farsi delmale. Gli autori del libro sono FabioBeatrice, a capo del RepartoOtorinolaringoiatria dell’OspedaleSan Giovanni Bosco di Torino, eJohann Rossi Mason, giornalistascientifica esperta in neuroscienze.

La primasigaretta

elettronicanasce in Cina

nel 2003

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assapora il gusto e si assume la ni-cotina. Chi la produce (non diciamoil nome per evitare pubblicità) as-sicura che le emissioni dei com-ponenti nocivi della combustionesono molto ridotte rispetto alle si-garette tradizionali, che brucianoa 800°C. Lanciata nel 2014 sul mer-cato pilota italiano e giapponese,come dispositivo per smettere difumare, questa sigaretta si sta fa-cendo strada nel mondo. E ora aseguirla ce n’è una simile, realizzatada un’altra multinazionale del set-

Èuno stile di vita. Ti prometteil gusto del tabacco, senzal’aggravio del fumo puzzo-

lente e nocivo. E ti accoglie in unmondo d’equilibrio e bellezza. Dovecapisci che le cose che contanosono quelle importanti per te. È ilmarketing di lusso di TobaccoHeating System, la prima sigarettadi nuova generazione. Più piccoladella tradizionale è dotata di unbocchino elettronico che scalda iltabacco a 350°C creando vapore,non combustione. Aspirandola si

Generazione tabaccoriscaldato

Nella primasigaretta di nuova

generazione iltabacco viene

riscaldato a 350°Ccreando vapore,

non combustione

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gono alcune ricerche indipendentisui consumi e sulle emissioni dellesostanze tossiche (si veda l’articoloin questo dossier “Uno studio sultabacco riscaldato”). Il tutto è sottola revisione delle agenzie della sa-lute, che devono capire quali sianoi rischi e i benefici del TobaccoHeating System. Per ora sappiamopoco. «Servono studi clinici che di-mostrino nel breve e lungo tempol’impatto del dispositivo sulla salutedelle singole persone, per esempiorelativamente al rischio cardiova-scolare e cancerogeno» affermaRoberto Boffi, responsabilePneumologia e Centro antifumodell’Istituto Nazionale dei Tumoridi Milano. Purché non facciano lafine delle sigarette light, che si sonorivelate più dannose delle tradi-zionali, oltre che ingannevoli peril consumatore che le credeva “leg-gere”. «Inducevano il fumatore adaspirare di più, creando un mag-giore rischio cardiovascolare e on-cologico» spiega Boffi. Fino a prova contraria medici escienziati riconoscono questa siga-retta come meno dannosa dellatradizionale. «È ridotto il rischioderivante dall’inalazione delle so-stanze tipiche della combustionedel tabacco, come il catrame e iderivati del 3,4-benzopirene, so-stanze cancerogene per il polmone,il cavo orale, la faringe e l’esofago»risponde Marco Alloisio, coordina-tore delle Chirurgie specialistichedi Humanitas Cancer Center e pre-sidente della Lilt di Milano. Il punto è che questa sigaretta tilega a sé come le altre, forse di più.«Contiene nicotina, una sostanzatossica responsabile della dipen-denza neurochimica» sottolineaBiagio Tinghino, past President del-

La sigarettache non brucia

❙ Non fa fumo né cenere, solo uncaratteristico odore. Scalda il tabaccoa 350°C circa generando un aerosolfatto in gran parte d’acqua, glicerinae nicotina. E dato che la combustionenon c’è, fa meno danni della sigarettatradizionale. Ma quali sono le ca-ratteristiche di questo nuovo pro-dotto? Si tratta del dispositivo elet-tronico Tobacco Heating System de-stinato solo ai fumatori. È compostodi un riscaldatore, un bastoncino ditabacco progettato per essere riscal-dato e una piccola batteria ricarica-bile. Il riscaldatore è dotato di unalamella di ceramica e platino: nonappena si accende scalda il tabaccoper circa 6 minuti, quanto la duratadi una sigaretta. In caso di surriscal-damento o uso scorretto un mec-canismo di sicurezza spegne auto-maticamente il dispositivo. Ad ali-mentare il tutto c’è una batteria chedura per circa venti sigarette. Lo stick- si mette sul riscaldatore -contieneun tabacco diverso dalla sigarettatradizionale. Non è trinciato, maomogeneizzato a partire da polveredi tabacco, acqua, glicerina, gommadi guar e fibre di cellulosa. Più piccoladella sigaretta tradizionale è dotatadi tre filtri. E al suo interno c’è unfoglietto d’alluminio che migliora ilriscaldamento e impedisce che qual-cuno la usi come una normale siga-retta. A chi piace? Uomini di etàcompresa tra i 30 e i 49 anni.

Fonte: Luigi Godi, Divisione scientificae medica, Philip Morris Italia

tore. L’impressione è che questi pro-dotti andranno per gradi a sostituirele sigarette tradizionali, così nociveda imbarazzare le agenzie della sa-lute dei paesi occidentali. Se cosìfosse si aprirebbe un mercato dalgiro d’affari miliardario, che sfrut-terebbe la dipendenza dalla nico-tina.

Ma che cosa sappiamo di questasigaretta? La prima cosa da dire èche non è per tutti. «È diretta soloed esclusivamente ai fumatori adul-ti che non riescono o non voglionosmettere di fumare, ma desideranoridurre potenzialmente i danni allasalute derivanti dalla loro abitudinedi consumo» sottolinea Luigi Godi,della Divisione scientifica e medicadi Philip Morris Italia. «Non è esenteda rischi, ma riduce in modo si-gnificativo la formazione di com-posti tossici rispetto a una sigarettacombusta» continua Godi. Per di-mostrarlo l’azienda ha condottostudi sull’aerosol emesso dal dispo-sitivo, caratterizzando e quantifi-cando i livelli dei 58 principali co-stituenti del fumo di sigaretta. Sitratta dei cosiddetti Hphc (Harmfulor Potentially HarmfulConstituents), identificati dalleprincipali organizzazioni sanitariemondiali come sostanze dannoseo potenzialmente tali. Ebbene «leanalisi chimiche quantitative fattesui vapori generati dal dispositivodicono che crea un aerosol con li-velli significativamente più bassiin tutte le classi dei 58 costituenti».Quanto più bassi? «Per un singolostick di tabacco almeno l’80 percento» conclude Godi. Ma ci pos-siamo fidare? Per ora quelli del pro-duttore sono gli unici studi impor-tanti a disposizione, cui si aggiun-

È diretta esclusivamente ai fumatori adulti che non riescono o non vogliono smettere

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Anche se meno nocive «richiedono attenzione se usatein modo non regolato, specialmente negli spazi pubblici,

dove altre persone possono essere esposte passivamente aivapori di questi dispositivi». È quanto si legge nelle conclusionidi uno studio sull’inquinamento ambientale e le emissionidelle sigarette di nuova generazione, condotto da accreditaticentri di ricerca statunitensi, di Hong Kong e italiani, tra cuil’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Per misurare lanocività del tabacco che si scalda ma non brucia i ricercatorihanno messo a confronto le emissioni della sigaretta di nuovagenerazione con quelle delle e-cig e del tabacco combusto.Gli inquinanti misurati sono stati il black carbon, il particolatoo polveri sottili (Pm), le sostanze organiche nocive e i metalli.Rispetto alle e-cig e al tabacco combusto le emissioni dimetalli del dispositivo sono trascurabili. Tuttavia, anche se diminore entità rispetto alle sigarette tradizionali, sono riscon-

trabili emissioni statisticamente significative di vari compostiorganici, inclusi alcani, acidi organici e aldeidi (come formal-deide, acetaldeide e acroleina). Sono tutte sostanze tossiche,alcune delle quali cancerogene. Per confrontare le emissionidel tabacco di nuova generazione con quelle delle e-cig edelle tradizionali, i ricercatori hanno utilizzato un tipo ciascunodi sigaretta. Ciò costituisce il limite invalicabile di questogenere di studi, considerando che le sigarette, in particolarele elettroniche, possono essere molto diverse tra loro.

Fonte: A. A. Ruprecht, C. De Marco, A. Saffari, P. Pozzi, R. Mazza, C.Veronese, G. Angellotti, E. Munarini, A. C. Ogliari, D. Westerdahl, S.Hasheminassab, M. M. Shafer, J. J. Schauer, J. Repace, C. Sioutas &R. Boffi (2017) Environmental pollution and emission factors ofelectronic cigarettes, heat-not-burn tobacco products, and conventionalcigarettes, Aerosol Science and Technology, 51:6, 674-684.

Uno studio sul tabacco riscaldatoEmissioni tossiche

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la Sitab, Società italiana di tabac-cologia. Si teme per altro che favo-risca l’aumento del consumo indi-viduale di nicotina: «quelle al men-tolo inducono in maggior misuradipendenza e spingono a fumaredi più» aggiunge Boffi. Non a caso,l’agenzia statunitense della saluteFood and Drugs Administration,in prima linea nel-la lotta alla nico-tina, prima di ap-provarla vuole ca-pire il rapporto trarischi e benefici ese sia uno stru-mento utile persmettere di fuma-re. In Italia i nu-meri per ora losmentiscono. I dati vengono dalrapporto nazionale sul fumo, con-dotto ogni anno dall’Istituto supe-riore della sanità, in collaborazionecon altre realtà, tra cui la Sitab e il“Mario Negri” di Milano. «Abbiamochiesto agli italiani se avessero pro-vato questo nuovo tipo di sigaretta:tra coloro che hanno risposto sì,circa la metà erano non fumatori»dice Silvano Gallus, a capo delLaboratorio epidemiologia degli

stili di vita dell’Istituto di ricerchefarmacologiche “Mario Negri” diMilano. «I dati fanno temere chequesto tipo di sigaretta possa crearenuove generazioni di dipendentidalla nicotina. È una seria preoc-cupazione, considerando che inItalia le vendite del dispositivo negliultimi tre anni sono in netta cre-

scita» concludeGallus. Certo èche è difficilesfuggire al marke-ting di alto livellodi questo prodotto:«ti seduce pun-tando sulla fasci-nazione, ti acco-glie proponendotiuna scelta identi-

taria, etica ed estetica insieme. Mac’è sproporzione tra l’enfasi dellaforma e il prodotto in vendita: unasigaretta che crea dipendenza» fanotare Alessio Gamba, responsabiledell’Unità Operativa di Psicologiadell’Età Evolutiva della Asst diMonza, impegnato nei centri anti-fumo della Lilt di Milano. A ogni modo «la ridotta nocivitàrispetto al tabacco combusto deveessere dimostrata dal produttore

per mezzo di studi scientifici dapresentare al Ministero della salute,che a sua volta li manda in valu-tazione all’Istituto superiore di sa-nità» spiega Roberta Pacifici, di-rettore del Centro nazionale dipen-denze e doping dell’Istituto supe-riore di sanità. «La norma che sta-bilisce i criteri di valutazione (de-creto Ministero della salute 7 agosto2017) richiede anche che siano rea-lizzati studi di carattere epidemio-logico sulla riduzione del danno,sulla ridotta mortalità e sulla ri-duzione delle patologie rispetto allesigarette tradizionali» concludePacifici. Eppure, l’azienda che ha inventatoquesta sigaretta ritiene di avere lacoscienza pulita. «Le attività di ri-cerca sono condotte secondo glistessi protocolli adottati dall’indu-stria farmaceutica, tra cui le normedi Buona pratica di laboratorio equelle di Buona pratica clinica.Inoltre, per garantire la massimatrasparenza, ogni studio è a dispo-sizione della comunità scientifica,preventivamente registrato nel sitowww.clinicaltrials.gov, dellaNational Library of Medicine, pres-so il National Institute of Healthdel governo statunitense» diceGodi. Per diffondere il messaggiocontro i danni da fumo l’aziendasponsorizza convegni sul tabagi-smo e ricerche scientifiche. Ma so-no in molti a credere che si trattidi una forma indiretta di pubblicità,vietata alle compagnie del tabacco.Il vero problema è il conflitto diinteresse. Ma un sistema per evi-tarlo è nei regolamenti stessi dimolti istituti di ricerca. «Le nostresocietà scientifiche sono tenden-zialmente contrarie ad avere rap-porti con le multinazionali del ta-bacco, quindi lavorare con loro sa-rebbe difficile» conclude Alloisio.La cosa migliore dunque è con-durre studi indipendenti, tenendole distanze nel dovuto rispetto re-ciproco. ■

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I dati fannotemere nuovegenerazioni di

dipendentidalla nicotina

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Per dirla senza mezzi terminila nicotina è una droga. Epoco conta che sia social-

mente accettata. Induce dipenden-za, che a sua volta favorisce l’at-taccamento alla sigaretta, ai gestie alle sue ritualità. È come un cap-pio a doppio giro che ti stringe finoa farti schiavo. Cominciamo dalle ragioni fisichedell’attaccamento. La nicotina è unalcaloide contenuto nelle foglie deltabacco. Come spiega BiagioTinghino, past President dellaSocietà italiana di Tabaccologia «lasua azione sul cervello è diffusa.Implementa la produzione didopamina e di serotonina, inter-agisce con i recettori degli oppioidie incrementa la produzione diadrenalina e noradrenalina. Tuttociò fa sentire il fumatore attivo, ap-

pagato e gratificato e ricorderà l’es-perienza della sigaretta come pi-acevole». Poiché agisce sui centridel piacere la sostanza inducedipendenza molto più in fretta diquanto si pensi. Ecco perché è dif-ficile uscirne senza un aiuto. «I datiscientifici dicono che solo il 2-3per cento dei fumatori riesce afarcela ad un anno con la solabuona volontà» dice Tinghino. In pratica questa droga si attaccaai recettori nicotinici nel cervello.Ma anche la dipendenza psicologicafa la sua parte. «Che sia tradizionale,elettronica o di nuova generazionela sigaretta diventa un oggetto delpiacere tramite la suzione, un attoimportante collegato al periodoneonatale dell’allattamento» diceMarcella Dittrich, psicologa psico-terapeuta, impegnata nei program-

Quel doppiolegame che fa

schiavi edanneggia la

salute

DIPENDENZA

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mi di prevenzione antifumo dellaLilt di Milano. Nel legame giocanoun ruolo anche le abitudini acqui-site, la gestualità e ritualità delfumo o dello svapo. «Ma per af-frontare il problema è importanteavere una visione d’insieme, evitarela pedagogia moralista del “fumarefa male”, cercando invece di capireperché la persona sente il bisognodi mettersi in bocca un dispositivoelettronico per succhiarselo» diceAlessio Gamba, responsabiledell’Unità Operativa di Psicologiadell’Età Evolutiva della ASST diMonza. Questo doppio legame è dunquepresente negli utilizzatori di que-ste nuove sigarette. Con rischi perla salute che dipendono dall’espo-sizione stessa alla nicotina, oltreche agli aromi. «Come confermatoda numerosi studi epidemiologicie di laboratorio, questa sostanzad’abuso fa alzare la pressione ar-teriosa, danneggia le coronarie, ilflusso renale, crea ischemia neidistretti corporei periferici e apre

la strada all’uso di sostanze psi-cotrope» spiega Tinghino. È giàabbastanza per starne alla larga.Ma c’è di più. Come emerge nellostudio di revisione dell’agenziabritannica della salute PublicHealth England (Evidence reviewof e-cigarettes and heated tobaccoproduct 2018) alcune ricerche di-cono che la nicotina può avereconseguenze alungo terminesullo sviluppodel cervello - sianel feto che nel-l’adolescente - einoltre c’è sospet-to che sia impli-cata nei processibiologici delleneoplasie mali-gne. Il legame con il cancro derivada studi preliminari, tutti ancorada dimostrare. In ballo ci sonomeccanismi complessi difficili dacapire per il vasto pubblico, mache rendono l’idea del rischio. Inun articolo di Francesco Clementi,

professore emerito di farmacologiadell’Università degli Studi diMilano, pubblicato nel 2013 sullarivista “Medicina delle dipenden-ze”, si legge: «La nicotina, attra-verso i recettori a7, stimola l’atti-vità mitotica delle cellule basali,inibisce l’apoptosi, stimola l’inva-sività delle cellule tumorali, au-menta l’espressione dei fattori di

crescita e favoriscel ’ ang i og ene s i .Inoltre, l’effettoimmunosoppres-sivo, proinfiam-matorio della ni-cotina sulle cellu-le dendritiche, suimacrofagi e sullecellule immuno-competenti cuta-

nee certamente facilitano gli effettiprotumorali». (Clementi F.“Nicotina una sostanza dalle millesfaccettature” in MDD, n.11, 2013).Una ragione in più per tenere sot-to controllo la sostanza d’abusonella sua forma liquida. ■

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È difficilesmettere di

fumare senzaaiuto

La nicotina può avere effetti a lungo termine sullosviluppo del cervello nel feto e nell’adolescente

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Centro antiveleni OspedaleNiguarda di Milano. Tutto dipendedalle concentrazioni della sostanzae dal volume ingerito. «Nell’adultol’assunzione accidentale di piccolequantità di liquido non determi-nano conseguenze gravi» continuaFerruzzi. «Ma in sovradosaggio lasostanza causa intossicazione acuta.

Soprattutto nei bambini piccoli so-no sufficienti pochi milligrammi(una o due gocce dei preparati piùconcentrati) per dare sintomi. Ilpiù precoce è il vomito, accompa-gnato da pallore e sudorazione fred-da. Nei casi più severi possono ma-nifestarsi convulsioni, tachicardia,bradicardia, diminuzione o aumen-to della frequenza respiratoria econvulsioni: sintomi contrapposti,dovuti al fatto che la nicotina agisceglobalmente sul sistema nervosoperiferico» continua Ferruzzi.Anche gli animali domestici sonoa rischio: «la dose tossica nel canee nel gatto è di circa 1-2 mg/kg,quella potenzialmente letale si ag-

L’ ingestione accidentale deifluidi contenuti nei flaconidi ricarica delle e-cig ri-

chiede l’intervento immediato delcentro antiveleni. A correre più ri-schi sono i bambini. I liquidi di ri-carica delle sigarette elettronichein commercio possono contenerenicotina in quantità variabile, da

zero fino alla concentrazione di 36mg/ml. L’equivalente di tre sigarettetradizionali per ogni millilitro diliquido. Ciò significa che un flaconeda 20 ml contiene l’equivalente di60 sigarette. Tradotto in termini dirischio se poche gocce di liquidofiniscono in bocca può esserci av-velenamento. Gli incidenti nonsono rari e interessano soprattuttoi bambini. «La nicotina si assorbe rapidamenteper inalazione, ingestione o contattocon la pelle. In forma liquida è piùpericolosa perché se ingerita l’or-ganismo l’assorbe più rapidamenterispetto al tabacco» dice MarcelloFerruzzi, dirigente medico del

Un veleno chiamatonicotina

Liquida è piùpericolosa, a

correre più rischisono i bambini

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gira attorno ai 10 mg/kg» si leggein una nota dell’Ordine dei MediciVeterinari della provincia di Milano,relativa alla campagna “Il fumouccide anche loro”.Che fare in caso di ingestione ac-cidentale di nicotina liquida? «Peril solo sospetto chiamare subito ilCentro Antiveleni. Il tossicologosuggerirà come comportarsi sullabase della quantità assunta e dellaconcentrazione del prodotto in cau-sa» conclude Ferruzzi.Perché avvengono gli incidenti? Perimprudenza, uso improprio e man-canza di percezione del rischio daparte degli utilizzatori. Fermo re-stando che non tutte le personeesposte alla sostanza subisconodanni. Dal 2013 al 2017 il Centroantiveleni dell’Ospedale Niguardadi Milano registra all’incirca da 150a 400 casi l’anno di esposizionealla nicotina. Circa un terzo sonobambini e i più esposti hanno menodi quattro anni. Seguono gli inci-denti dovuti alla rottura del flaconeo del dispositivo stesso e ai travasiimpropri da un contenitore all’altro. Fatte le dovute proporzioni i datiriflettono in parte la situazionenegli Stati Uniti. L’Associazione ame-ricana centri antiveleni, AmericanAssociation of Poison ControlCenters, registra l’andamento delfenomeno dal 2011. Fino a marzo2018 le persone che si sono rivolteai 55 centri antiveleni per esposi-zione alla nicotina liquida sonostate 16mila, con un picco massimonel 2014 (4023 casi) cui segue ilcostante decremento (2453 nel2017). La maggioranza dei casi sonobambini (nel 2015 ben il 70 percento). Il dato allarmante sull’in-fanzia ha portato l’agenzia della sa-lute Food and Drugs Administrationa chiedere ai produttori di adottareconfezioni a prova di bambino an-cora più sicure. Ma non sempre sitratta di incidenti. I centri antiveleniriportano casi di assunzione volon-taria di nicotina liquida per sballo

(miscelata ad altre sostanze d’abuso),a scopi dimostrativi e per intenzionisuicidarie. Il rischio di avvelenamento con-tribuisce al giudizio negativo daparte dei ricercatori che studianoil rapporto tra consumo di sigaretteelettroniche e salute. Una revisionedi casi pubblicati in letteratura dal2012 al 2016 conta tre categorie diesiti avversi. Effetti sistemici sullasalute (48 per cento dei casi), av-velenamento da nicotina per usoaccidentale, improprio o volontario(44 per cento) e incidenti meccanicicon il dispositivo (8 per cento). (MyHua, Prue Talbot, Potential healtheffects of electronic cigarettes: Asystematic review of case reports,“Preventive Medicine Reports”, vol.4, 12- 2016). «I dati – si legge nellostudio - indicano che l’uso delle si-garette elettroniche può causare ef-fetti negativi sulla salute delle per-sone sane e peggiorarne le preesi-stenti condizioni». Non stupisce sealcuni medici si chiedano perchésia consentita la libera vendita dellanicotina liquida fuori dal circuitodelle farmacie. ■

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Nicotinaliquida per non

correre rischi❙ In caso di ingestione o semplicesospetto non agire di tua iniziativaChiama subito il centro antiveleni ❙ Tieni flaconi e dispositivo nella loroconfezione in un posto sicuro, fuoridalla portata di bambini e animalidomestici ❙ Smaltisci in sicurezza le ricaricheusate❙ Non travasare i liquidi da un con-tenitore a un altro ❙ Non tenere i flaconi di nicotinaaccanto ai medicinali: possono con-fondersi con le formulazioni in gocce Non “svapare” in posizione sdraiata:il liquido potrebbe finire in bocca

Si ringrazia per le informazioni ilCentro antiveleni Ospedale Niguardadi Milano, tel. 02 66101029

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Elettroniche o di nuova ge-nerazione sono sigarette.Non usarle rientra nel cor-

retto stile di vita che aiuta a man-tenersi in salute, liberi dalla schia-vitù della dipendenza

Professore, le sigarette elettro-niche sono utili per smetteredi fumare?I dati disponibili negano che sitratti di un metodo efficace. Inoltresi è visto che chi le usa non ab-bandona le sigarette tradizionali. Significa che non servono a nulla? Riducono un po’ i rischi derivantidal fumo, ma non sono la solu-zione al problema. Forse avrebbesenso usarle in percorsi di tipomedico studiati per smettere difumare. Ma tutto è lasciato allalibera iniziativa dei singoli medici,o del fumatore che cerca di libe-

rarsi dalla dipendenza. La cosamigliore è rivolgersi ai centri an-tifumo, purché ci sia la volontà. Professore, Per quale ragionequesti dispositivi fanno discu-tere la comunità scientifica ele stesse agenzie della salute? Perché non è ancora chiaro qualisiano i vantaggi e gli svantaggidell’uso di questi prodotti. Da unlato sono meno dannosi delle si-garette tradizionali, emettendo inmisura minore prodotti nocivi dellacombustione e quindi meno so-stanze cancerogene. D’altra parte,contengono la nicotina, che fa per-manere nello stato di dipendenzafisica. L’ambivalenza rende difficileprendere una posizione. Ma le scarseconoscenze a disposizione dovreb-bero spingere le agenzie della salutealla cautela.Come l’americana Food and

Intervista a SilvioGarattini,

fondatore edirettore

dell’Istituto diricerche

farmacologiche“Mario Negri”

di Milano

Le malattie nonpiovono dal cielo54

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Drug Administration, che primadi approvarle vuole vedercichiaro sulle sigarette che scal-dano ma non bruciano? Per lo meno negli Stati Uniti sipongono il problema se approvareo no questi prodotti alternativi altabacco combusto. Non c’è nulladi peggio che dire che sono menodannosi, se poi si rimane dipendentidalla nicotina. E la Comunità europea il pro-blema non se lo pone? L’Europa non ha una chiara vi-sione delle cose e non si sta im-pegnando moltosu questi fronti.Fa il minimo in-dispensabile enon ha alcun pe-so. Qual è in sinte-si l’impatto del-le sigarette elet-troniche sullasalute? In generale creano meno problemidelle sigarette tradizionali. Perchétramite la combustione si produ-cono molte sostanze nocive, con ilriscaldamento di meno. È una que-stione di quantità. Ma nel partico-lare è difficile dire qualcosa di pre-ciso, perché esistono molti tipi disigarette elettroniche, con liquididifferenti tra loro che potrebberocontenere sostanze diverse. Andrebbero analizzati uno peruno?Sì, dovremmo studiarle tutte percapire quali siano le sostanze tos-siche emesse insieme alla nicotina.Solo così potremmo dire qualcosasui possibili effetti sulla salute diciascun prodotto. I dati di tossicitàa disposizione della comunitàscientifica si riferiscono ad alcunitipi di liquidi studiati. E le so-stanze individuate insieme allanicotina non sono innocue, traqueste per esempio c’è il benzene. Però la legge dice che prima dimetterle sul mercato i produt-

tori devono fornire alle istitu-zioni preposte tutte le infor-mazioni sui liquidi Non è sufficiente. Ogni tipo di li-quido dovrebbe essere accompa-gnato da una certificazione sullesostanze emesse insieme alla ni-cotina, con una valutazione deiloro effetti sulla salute. Quali rischi comporta il con-sumo di nicotina? È una sostanza tossica che crea di-pendenza. Inoltre, alcuni dati pre-liminari suggeriscono che sia can-cerogena. In attesa di conferme, an-

drebbe tenuta sot-to controllo amaggior ragione.Invece è alla mer-cé del libero mer-cato e per di piùin forma liquida.Ci sono peraltrorischi per i bam-bini, che potreb-bero intossicarsi

entrando accidentalmente in con-tatto con la sostanza. Perché la nicotina crea dipen-denza?Per semplificare, nel cervello ab-biamo alcuni recettori cui la nico-tina una volta entrata in circolo siattacca. I recettori si abituano allasostanza. E quando non la ricevono

più si crea uno squilibrio che de-termina la crisi di astinenza.Liberarsene è una questione moltoindividuale. Le e-cig sono un pericolo per igiovani? Non sappiamo come evolverà ilconsumo giovanile. Il timore è chegli adolescenti in un primo tempopossano usarle senza nicotina, perpoi passare alle sigarette tradizio-nali, una volta acquisita la gestualitàe i rituali tipici del fumo.Queste considerazioni valgonoanche per il tabacco di nuovagenerazione? Contengono nicotina, quindi indu-cono dipendenza. Per il resto ancoranon abbiamo sufficienti dati su cuiragionare. Gli studi importanti pro-vengono infatti dall’industria chele produce, ma non possiamo fi-darci per l’evidente conflitto di in-teressi. Non è nell’interesse dei pro-duttori fare ricerche attendibilisu prodotti concepiti per esseremeno dannosi delle sigarettetradizionali? Gli studi indipendenti mantengonoil più possibile l’obiettività. Sonopertanto gli unici a farci capire checosa effettivamente emettano questesigarette e quale sia il loro impattosulla salute. Ecco perché lo Statodovrebbe finanziare la ricerca in-dipendente. Ma non si potrebbe lavorare in-sieme? È sbagliato accettare finanziamentidi alcun tipo dai produttori. A me-no che non accettino di tenersifuori dalle ricerche da loro finan-ziate, condotte però nell’interessedella popolazione e contro l’indu-stria stessa. Scusi, professore, ma in fondofumare non rientra nella sferadelle libertà personali?Non c’è libertà quando si è schiavidella nicotina. E ciò vale per ognisostanza d’abuso, cui sono più espo-sti gli adolescenti, che sentendosi

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I dati preliminari

sulla nicotinadicono che siacancerogena

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liberi di sperimentare rischiano dicadere nella trappola della dipen-denza. I giovani dovrebbero inveceorganizzarsi sia per capire che cosasignifichi dipendere da una sostan-za, sia per aiutare i loro compagnia tenere testa al potente mercatodella droga.L’Oms dice che bisogna aumen-tare il prezzo delle sigarette einformare la popolazione deidanni del tabacco. Avrebbe sen-so applicare queste misure an-che alle e-cig e al tabacco dinuova generazione? Credo di sì, perché contengono lanicotina e la popolazione deve sa-pere che inducono dipendenza.Inoltre, l’aumento del prezzo puòportare a minori consumi, soprat-tutto in Italia dove il costo dellesigarette è basso rispetto ad altripaesi. Ma è pur vero che oltre un

certo limite le accise alimentanoil contrabbando. Non è un controsenso che loStato guadagni sulle sigarette? Lo Stato italiano incassa circa 13miliardi di euro dalle imposte suitabacchi. Ma non li usa per metterein atto azioni di prevenzione e con-trasto alla cattiva abitudine del fu-mo. C’è un palese conflitto di inte-resse, considerando che è dal 2003,cioè dai tempi della legge antifumovoluta dall’ex ministro GirolamoSirchia, che lo Stato non fa nulladi importante contro il fumo. Comeminimo lo si dovrebbe vietare al-l’aperto, soprattutto nei luoghi adensità di folla, come le stazioniferroviarie. Servirebbero dunque campagnedi prevenzione? Qui parliamo dei buoni stili divita, che voi della Lilt avete il me-

rito di promuovere mettendo laprevenzione in prima linea. Masembra che allo Stato non inte-ressi. E pensare che la sostenibilitàdel Servizio sanitario nazionaledipenderà proprio dalla volontàdi mettere in atto campagne diprevenzione capaci di incideresulle cause delle patologie. Moltemalattie non piovono infatti dalcielo, ma derivano in buona partedalle cattive abitudini di vita.Parliamo di alimentazione sba-gliata, scarsa attività fisica, espo-sizione a sostanze tossiche, con-sumo di alcol e sigarette. La que-stione è importante perché se èvero che oggi si vive più a lungo,per la maggior parte della popo-lazione gli ultimi dieci anni divita sono accompagnati da pato-logie croniche legate anche aglistili di vita condotti. ■

Lo stato incassa circa 13 miliardi dalle imposte sui tabacchi, ma non li usa per la prevenzione

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bete, alcune malattie respiratorie, lemalattie mentali, i disturbi muscolo-scheletrici e dell’apparato gastrointe-stinale, i difetti della vista e dell’udito,le malattie genetiche. Un ampio ven-taglio di malattie che richiedono as-sistenza a lungo termine. Ma, moltedi loro offrono diverse opportunità diprevenzione”.

attualità

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Malato cronico, DAL CURARE

AL PRENDERSI CURAIn Lombardia il medico “gestore”

si fa carico del percorso di cura del malato cronico

di Maurizio Maria Fossati

presentano sintomi che non si risol-vono nel tempo e per cui, general-mente, è possibile trattare i sintomi,ma non guarire”. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità:“Sono un ampio gruppo di malattie:le cardiopatie, l’ictus, il cancro, il dia-

MALATTIE croniche, scomodecompagne di vita. L’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS) le defi-nisce “Patologie non trasmissibili dauna persona all’altra che presentanocaratteristiche di lunga durata e ge-neralmente lenta progressione”.Wikipedia, l’enciclopedia libera “faro”della Rete, le considera: “Malattie che

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In effetti, alla base delle principali ma-lattie croniche troviamo spesso fattoridi rischio ben noti e modificabili, comeun’alimentazione poco sana, il con-sumo di tabacco, l’abuso di alcol e lamancanza di attività fisica. Questicomportamenti “sbagliati” possonogenerare ipertensione e problemi car-diovascolari, glicemia elevata, eccessodi colesterolo, obesità e tumori. Sulla bilancia della cronicità, però, pe-sano anche fattori di rischio che nonpossiamo modificare come l’età e lapredisposizione genetica.In ogni caso, la recente migliore qualitàdei servizi sanitari e socio-sanitari, lamaggiore capacità di diagnosticare(anche precocemente) le malattie ela possibilità di fare prevenzione pri-maria per mettere le briglie ai principalifattori di rischio, hanno contribuitonegli ultimi decenni ad aumentare lasperanza di vita della popolazione.

Un gran bel risultato, a patto che glianni di vita guadagnati possano esseretrascorsi in buona salute. Sì perché,non è difficile intuire che più si invec-chia e maggiore diventa la possibilitàdi “incontrare” qualche acciacco chepoi diventa cronico.Su questo fatto l’OMS non lascia dub-bi: in Europa, le malattie cronichesono causa di circa l’86% dei decessie del 77% della perdita di anni di vitain buona salute. In soldoni, tra il 70 el’80% delle risorse per l’assistenza sa-nitaria europea sono spese per il trat-tamento di queste patologie.Ma non solo. «Dobbiamo anche con-siderare che oltre alle malattie cronichepiù comuni e conosciute - sottolineaFranco Marchetti, medico di famigliae Presidente Unamsi (UnioneNazionale Medico Scientificad’Informazione) - oggi dobbiamo farei conti anche con patologie un tempo

mortali che, grazie ai progressi dellamedicina, adesso riusciamo a ‘croni-cizzare’, come l’infezione da HIV e al-cune forme di tumori e leucemie».

Italia, un Paese di tempie grigieIl 1° gennaio 2017 l’Istat ha stimatola popolazione italiana in 60 milioni e579mila residenti. Tra questi, gli indi-vidui di 65 anni e più superano i 13,5milioni e rappresentano il 22,3% deltotale; quelli di 80 anni e più sono4,1 milioni, il 6,8% del totale, mentregli ultranovantenni sono 727mila,l’1,2% del totale. Gli ultracentenariammontano a 17mila. Per gli uominila vita media è di 80,6 anni (+0,5 sul2015), per le donne 85,1 anni (+0,5). Se il numero degli anziani è in crescita,lo stesso vale per l’aspettativa di vitacon “guadagni” di sopravvivenza cheinteressano tutte le età. A 65 anni,

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60 Le offerte d’eccellenza

■ Se “appropriatezza” della cura e “organizza-zione” della presa in carico sono le parole d’ordinedel nuovo percorso terapeutico del paziente cro-nico, l’innovazione tecnologica può esserne iljolly. Il Centro spinale dell’Ospedale Niguardadiretto dal professor Michele Spinelli, per esempio,fa scuola in ambito riabilitativo e motorio grazieanche all’impiego di un robot (Hunova) pro-gettato dall’Istituto Italiano di Tecnologia. Questo macchinario interattivo, che integra fun-zioni meccaniche, elettroniche e sensoriali me-diante un raffinatissimo software informatico,viene impiegato per il trattamento di pazientiaffetti da patologie cerebrovascolari (esiti diictus), mielopatie, malattie neurodegenerativecome sclerosi multipla, Parkinson, SLA, esiti dipoliomielite, spasticità e disturbi del movimento. Il robot è composto sostanzialmente da una se-duta servoassistita, una pedana-piattaforma mo-bile, dei sensori e un display interattivo. Unavasta serie di programmi permette al robot digestire sia la ginnastica passiva, sia quella inte-rattiva. Ma l’aspetto più sorprendente è che il

paziente si allena “giocando”. Proprio così. Nellariabilitazione interattiva il malato si cimenta,acquisisce e mantiene le capacità neuro-motorieimpegnandosi con dei videogiochi. Usando lemani e le braccia o dosando il peso del corposui piedi in modo da variare l’inclinazione dellapedana mobile, il malato (che può “lavorare”seduto o in piedi) può gestire, per esempio, ilmovimento di un’auto virtuale impegnata inun percorso a gimkana mostrato sullo schermo.Una sorta di simulatore di guida, nato non peraddestrare piloti, ma per riabilitare persone ma-late. Un approccio riabilitativo multifunzionalecon retroazioni visive, auditive e percettive chestimolano risposte motorie volontarie altamenteallenanti. I sensori di forza e di posizione inseritiall’interno della seduta e della piattaforma, in-sieme al sensore di posizione indossabile, mi-surano centinaia di volte al secondo i parametribiomeccanici fornendo biofeedback in temporeale. Ma non è tutto. Il robot permette dieseguire, contemporaneamente alla riabilitazione,la valutazione della condizione neuromotoria

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cittadini affetti da queste patologie -precisano - costituisce un importanteobiettivo per il Sistema SanitarioLombardo. La gestione delle patologiecroniche oggi richiede un approcciofocalizzato sul malato e sulla valuta-zione globale e soprattutto ‘multidi-sciplinare’ dei suoi problemi. È infattinecessario che il personale medico siain grado di valutare come le diversepatologie interagiscono tra loro. È im-portante, inoltre, riconoscere elementispecifici o condizioni soggettive di vul-nerabilità (sociale, familiare o econo-mica) che possono aggravare i pro-blemi di salute. L’accompagnamentoe l’assistenza continua del pazientenel percorso di cura giocano, quindi,un ruolo fondamentale.»

La presa in carico del paziente cronicoPrendere in carico significa letteral-mente “farsi carico” dei problemi delpaziente. Ed è proprio con questa pre-

30% della popolazione, una propor-zione relativamente contenuta, madestinata ad aumentare nei prossimianni. L’adozione di percorsi di cura specificiper una corretta presa in carico dei

per esempio, la speranza di vita arrivaa 19,1 anni per gli uomini (+0,4 sul2015) e a 22,4 per le donne (+0,5).«In Lombardia - informa la Regione- le persone affette da malattie cro-niche sono 3,5 milioni, pari a circa il

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del paziente, misurando in modo oggettivo iparametri clinici e biomeccanici, e seguendonel’evoluzione tramite la memorizzazione e la ge-nerazione di report clinici.Anche l’ospedale San Raffaele spinge sull’acce-leratore sulle nuove tecnologie col sistemaTelecokpit: un sistema di teleriabilitazione concollegamento audiovideo che consente al pa-ziente anziano cronico di eseguire una riabili-tazione guidata stando a casa. Il collegamentotra i fisioterapisti e il malato avviene tramiteinternet, utilizzando un tablet dato dall’ospedale.In questo modo, uno o più operatori dedicatipossono interagire simultaneamente col paziente.Il sistema, estremamente pratico, può anche ri-sultare utile al caregiver nel caso abbia bisognodi consigli e suggerimenti sull’assistenza al ma-lato.In ambito neurologico, la cronicità è un capitoloenorme che comprende le demenze, le neuropatiecroniche, il Parkinson, l’Alzheimer, la fase pro-gressiva della sclerosi multipla e così via. «Unanovità diagnostica in questo settore - dice

Gianpaolo Comi, direttore di NeurologiaSperimentale all’ospedale San Raffaele di Milano- sta nel fatto che oggi disponiamo di un esamepiuttosto semplice e poco costoso per compren-dere se un paziente è affetto da una malattianeurologica: la ‘determinazione dei neurofila-menti’».«In pratica - spiega il professor Comi -, attra-verso un prelievo di sangue si misura la quan-tità di neurofilamenti presenti nel sangue perconoscere l’entità del danno strutturale incorso nel cervello. L’esame non indica il tipodi patologia che ha colpito il malato, ma cidice quanto tessuto nervoso è danneggiato, inpratica, quanti neuroni risultano distrutti. Equesto vale sia per le diverse patologie neuro-logiche con andamento cronico, sia per i danniincidentali. Per esempio, se un paziente subisceun trauma cranico, il livello dei neurofilamentinel sangue rispecchia l’entità del danno subitoin conseguenza al trauma». Una possibilitàin più, estremamente rapida e pratica, per va-lutare la condizione del paziente. ■

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messa e partendo dal principio di“passare dal curare al prendersi cura”che la Lombardia ha avviato il nuovopercorso di presa in carico dei pazienticronici e fragili che prevede miglioreaccesso alle cure e un’assistenza sa-nitaria e sociosanitaria continuativa.La Legge regionale n. 23 dell’11 ago-sto 2015 ha definito i cardini dei nuovimodelli di cura e assistenza del SistemaSanitario Lombardo. La delibera del “Riordino della Reted’offerta” (2017) ha stabilito i ruoli,le modalità, le risorse e le condizioniper la presa in carico dei pazienticronici da parte di medici di medicinagenerale, pediatri di libera scelta estrutture sanitarie e sociosanitarie pub-bliche e private.Con successiva delibera n. X/7655del 28.12.17 sono state inoltre for-nite agli Enti sanitari e sociosanitarile indicazioni utili per avviare la presain carico dei pazienti a partire da

metà gennaio 2018. In particolare,a partire dal 15 gennaio 2018, i cit-tadini con patologie croniche assistitiin Lombardia da almeno due anni,dovrebbero essere stati invitati (conuna lettera dell’Agenzia di tuteladella salute) ad aderire alla nuovaopportunità.Il cittadino che ha ricevuto la lettera eaccettato l’invito, può scegliere il me-dico “gestore” che prenderà in caricoi suoi bisogni di salute e che con luisottoscriverà un “Piano di AssistenzaIndividuale” (PAI), di validità annuale,che contiene tutte le prescrizioni ne-cessarie alla gestione delle patologiecroniche del malato. Da questo mo-mento il gestore accompagna il pa-ziente nel percorso di cura, program-mando visite, esami e altre necessitàdi cura, e affiancando il malato croniconell’attuazione dell’intero piano tera-peutico. Le informazioni contenuteall’interno del PAI vengono inserite

nel Fascicolo sanitario elettronico (FSE)del cittadino, un archivio accessibilea tutti i professionisti sanitari chiamatia concorrere all’attuazione del percorsodi cura.

Chi è il medico gestore?A ricoprire il ruolo di gestore puòessere il medico di famiglia o il pediatradi libera scelta, organizzato in formaassociativa con una cooperativa. Inquesto caso, la coop si pone al serviziodel malato cronico e del medico perorganizzare l’iter assistenziale, facen-dosi carico di tutti gli aspetti burocraticie amministrativi, compresa la preno-tazione di visite ed esami per consen-tire al medico di dedicare più tempoal rapporto personale con il paziente.La pianificazione di esami e visite nel-l’arco di un anno dovrebbe così con-tribuire a una razionalizzazione delleliste di attesa.Qualora il medico di famiglia non sicandidi a gestore, il cittadino può ri-volgersi a una struttura sanitaria e so-ciosanitaria accreditata. Quindi puòessere gestore anche un “clinical ma-nager”, cioè un medico che appar-tiene a una struttura sanitaria pubblicao privata accreditata. In ogni caso, tocca al medico gestoresottoscrivere assieme al malato cronicoil Piano di Assistenza Individuale (PAI),garantendo il coordinamento e l’in-tegrazione tra i vari attori del Sistemasanitario e sociosanitario lombardo(altri medici e specialisti, strutture pub-bliche e private, farmacie, infermieri,e così via). Il medico gestore di un malato cronicopuò curare anche tutti gli altri aspettisanitari del paziente.Nel caso che il gestore scelto dal pa-ziente sia un soggetto diverso dal“vecchio” medico di medicina gene-rale, quest’ultimo potrà continuareugualmente a seguire tutte le necessitàdi cura del paziente non correlate allepatologie croniche. Quindi, per tuttele prestazioni e i bisogni di cura noncorrelati alle specifiche patologie cro-niche, il paziente potrebbe continuare

Il medico gestore sottoscrive insieme al paziente il PAI,Piano di Assistenza Individuale

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a rivolgersi al proprio medico di me-dicina generale (o pediatra di liberascelta) come in precedenza.Aderire alla presa in carico non com-porta alcun costo per il paziente chenon è obbligato a iscriversi. Il paziente che non intende aderire alnuovo modello di cura continuerà aricevere assistenza dal Servizio SanitarioNazionale con il supporto del propriomedico di medicina generale (o pe-diatra di libera scelta).«La cura di un malato parte dal tempodedicato all’informazione e alla rela-zione - sostiene Paola Pelliciari, coor-dinatore regionale del Tribunale per idiritti del malato - CittadinanzattivaLombardia - L’ascolto deve quindi rien-trare tra le normali attività di ogni me-dico. A questo si aggiunge la necessitàdi una concreta sburocratizzazionedei compiti del medico di famiglia.Ben vengano dunque i centri servizidelle cooperative, se consentono diandare in questa direzione».

Ma non tutti sono d’accordoIl progetto è ambizioso, ma non tuttisono ottimisti. C’è fermento soprat-tutto tra i medici di famiglia. Alcunimanifestano scetticismo: «La pianifi-cazione annuale del PAI comporteràanche visite saltate per malattia o pervari contrattempi. Ed è certo che i pa-zienti torneranno a fare riferimentoa noi medici di famiglia che siamo giàcon l’acqua alla gola. I nostri studisono sempre superaffollati, i sistemiinformatici non sempre funzionanobene. Poi ci sono gli stranieri che, peruna scusa o per l’altra, vengono afarsi visitare quasi tutti i giorni. Comefunzioneranno le coop? Per noi, au-mentare il carico di lavoro burocraticosarebbe un delirio». Più disponibile e positivo, seppur conqualche preoccupazione, l’atteggia-mento di chi lavora in ospedale.

La voce dei centri specializzati«Le numerose richieste di presa in ca-rico arrivate al nostro ospedale dai

pazienti cronici - afferma PatriziaMeroni, direttore sanitario del gruppoHumanitas - hanno indubbiamentefatto piacere ai nostri clinici. È certa-mente un riconoscimento al valoredel loro lavoro. In verità, la continuità di cura, che èun po’ il nocciolo del nuovo progetto

regionale sulla gestione della cronicità,non rappresenta una novità per i ma-lati di cancro che fanno riferimento aHumanitas. Sono molti anni, infatti,che il nostro Cancer Center segue lapolitica della completa presa in caricodel malato, prenotando cure ed esami,sin dal primo contatto del paziente

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con l’ospedale. Col progetto regionaleviene stimolata un’ulteriore assunzionedi responsabilità. Noi proseguiamo,quindi, in continuità, ma con uno sti-molo in più a far bene».«In ambiti diversi dal Cancer Center -continua la dottoressa Meroni -, ab-biamo introdotto, invece, cambiamentiorganizzativi più forti. Abbiamo adot-tato, infatti, una piattaforma di ge-stione del paziente che, una volta sta-bilito il PAI, consente la prenotazionedelle prestazioni necessarie al percorsodi cura. Il parere dei clinici è favorevole,c’è infatti la percezione di poter seguirecon continuità e senza intralci buro-cratici il migliore percorso di cura. Ciattendiamo, quindi, uno snellimentodei tempi con prenotazioni garantitee maggiore appropriatezza nelle cure.Tutto ciò implica, ovviamente, un ag-gravio dell’attività organizzativa, masi tratta di uno sforzo che vale asso-lutamente la pena di compiere».Anche il Gruppo ospedaliero SanDonato, per attuare la nuova riformavoluta da Regione Lombardia, si è do-tato di una piattaforma per la gestione

del paziente cronico. È stato infatticreato un team di coordinamento peragevolare e omogeneizzare le modalitàdi gestione informatica e organizzativadi tutti gli ospedali coinvolti che sonooltre una quindicina. Tra questi ricor-diamo l’Ospedale San Raffaele e SanRaffaele Turro di Milano, l’IstitutoOrtopedico Galeazzi di Milano,l’Istituto Clinico Sant’Ambrogio diMilano, l’Istituto Clinico San Siro diMilano, il policlinico San Donato diSan Donato Milanese e gli istituti CliniciZucchi di Monza e di Carate Brianza. Allo scopo di rendere tutti i processigestionali e amministrativi più fluidi eomogenei in ogni struttura, il Gruppoha attivato un grande Centro Serviziche facilita il lavoro degli operatorinella gestione del paziente cronico e,di conseguenza, semplifica il percorsodel malato. «All’Istituto Nazionale dei Tumori diMilano - afferma Patrizia Monti, di-rettore sanitario -, la gestione del pa-ziente oncologico avveniva già a 360gradi, con l’abitudine di prenderecompletamente in carico il paziente,

raccordandosi anche con clinici di altrestrutture in caso di necessità. Abbiamocomunque attivato un nuovo Centroservizi per impostare il patto di curavalutando anche i bisogni di salutedel paziente diversi dall’aspetto pu-ramente oncologico. Ci resta comun-que una preoccupazione: i nostri ma-lati cronici in fase acuta hanno spessocambiamenti rapidi delle caratteristichedella malattia e delle esigenze di in-tervento e cura: abbiamo quindi lanecessità di gestire un PAI particolar-mente dinamico. La pianificazione de-gli interventi necessari potrebbe ri-chiedere tempi molto stretti». L’Istituto Tumori è gestore per quat-tro tipi di patologie: neoplasie attive,neoplasie follow up, trapianti attivie trapianti non attivi. «Ovviamenteogni anno - aggiunge la dottoressaMonti -, ai pazienti in cura se neaggiungono altri. Nel tempo, la no-stra speranza è di poterci dedicaresempre più ai nuovi malati, personequindi con bisogni urgenti, lasciandola fase di semplice sorveglianza allestrutture ambulatoriali». ■

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Sono molte le strutture ospedaliere lombarde che adottano questo modello

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Se sono fumatrici, le donne hannoanche una maggiore probabilità disviluppare un tumore ai polmoni ri-spetto ai fumatori. «Il melanoma, in-vece, il cui più importante fattore dirischio è l’esposizione ai raggi ultra-violetti, colpisce soprattutto gli uominicon attività lavorative all’aperto (con-tadini, pescatori, marinai...), è fre-quente nelle donne per una maggioreesposizione al sole e ai lettini abbron-zanti per motivi estetici. A riprova delfatto che contano per la salute anchele differenze di genere nello stile divita. Correggendolo, si potrebberoridurre del 30 per cento tutti i tumori»,un aspetto sul quale cerca di incidere“Percontodismith” la pagina facebo-ok a cura di Saverio Cinieri che divulgainformazioni scientifiche su alimen-

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Essere maschio o femmina condiziona diagnosi e terapie

La malattia non conoscePARI OPPORTUNITÀ

di Mariateresa Truncellito

Oggi si parla tanto di gender,spesso a sproposito. Ma se c’è unambito nel quale le differenze tra uo-mini e donne andrebbero più rimar-cate è la medicina. Molti studi scien-tifici dimostrano infatti che l’esseremaschio o femmina condiziona lemalattie e anche il modo in cui ven-gono diagnosticate e curate.Cominciamo con la vita media: tuttiguadagnano anni, le donne di più,ben cinque (84,6 anni contro 79,9degli uomini), ma che si traduconoin maggiore disabilità e patologia.«Fino a poco tempo fa malattie e te-rapie venivano studiate su casisticheprevalentemente maschili, sottova-lutando le peculiarità - biologiche,ormonali, anatomiche - proprie delledonne», conferma Saverio Cinieri, di-

rettore dell’Unità operativa diOncologia dell’Ospedale Perrino diBrindisi, e tesoriere dell’AIOM,Associazione italiana di oncologiamedica. «E ciò nonostante la salutedelle donne sia peggiore rispetto aquella degli uomini: per esempio, ledonne hanno una probabilità doppiadi contrarre una malattia sessualmen-te trasmessa e sono colpite da pato-logie legate ai disturbi alimentari mol-to di più degli uomini. Compresal’obesità – noto fattore di rischio permolti tipi di cancro - fin dall’infanzia(cosa che predispone al sovrappesoda adulte) o nella menopausa, quan-do è più complicato perdere peso».

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tazione, prevenzione e cancro conun linguaggio chiaro e semplice.

Non sempre però gli uominisono avvantaggiati: «Tutti i farmaciper l’osteoporosi sono stati studiatisulle donne, sui maschi non ci sonodati», sottolinea Cinieri. «Ma ancheloro ne sono colpiti, a differenza diquanto si crede. Inoltre, la malattiapuò essere indotta o peggiorata daitrattamenti terapeutici prolungati peril tumore alla prostata, e in questicasi dobbiamo affrontare la perditadell’osso maschile con farmaci testatisulle donne». Ancora, se il rischio diAlzheimer è peggiore per lei (1 donnasu 6 contro 1 maschio su 10), sonopiù numerosi gli uomini afflitti dalParkinson. I disturbi d’ansia colpiscono

SESSO DEI PAZIENTI E IMMUNOTERAPIA

■ Il sesso del paziente può avere un impattosull’efficacia dell’immunoterapia secondo unameta-analisi di 20 studi clinici randomizzaticondotti su oltre 11mila pazienti con tumoreavanzato, realizzata da un team dell’IstitutoEuropeo di Oncologia e pubblicata il 16 maggio2018 su Lancet Oncology. I risultati dimostranoche il guadagno in termini di prolungamentodella sopravvivenza degli uomini che ricevonoimmunoterapia è quasi il doppio rispetto alledonne.Studi precedenti hanno dimostrato che gli uo-mini hanno quasi il doppio del rischio di mor-talità per cancro rispetto alle donne, a causa distili di vita e fattori biologici. In questa analisigli autori hanno analizzato 11.351 pazienti trattaticon inibitori di checkpoint immunitari(Ipilimumab, tremelimumab, nivolumab o pem-brolizumab) per forme avanzate o metastatichedi melanoma, carcinoma renale, tumore urote-liale, tumori del distretto testa-collo e tumorepolmonare. In totale, 7.646 uomini (67%) e 3.705donne (33%): il risultato finale è che la riduzionedel rischio di morte dei pazienti maschi è ildoppio di quella delle pazienti femmine. «Sia ilsesso che il genere possono influenzare l’intensitàdella risposta immunitaria», commenta Fabio

Conforti, oncologo medico IEO e primo autoredello studio. «In media le donne hanno una ri-sposta più forte degli uomini, nei confronti dinumerosi agenti patogeni. Questo spiega il fattoche le donne contraggono meno infezioni e digravità più lieve, oltre a essere più reattive allevaccinazioni. D’altro lato però l’80 per centodei pazienti con malattia autoimmune è donna.È possibile quindi che le differenze nel sistemaimmunitario fra donne e uomini abbiano unafunzione importante nel corso naturale dellemalattie infiammatorie croniche, come il cancro,e nella loro risposta ai farmaci. Malgrado l’evi-denza del potenziale ruolo del sesso nell’in-fluenzare il meccanismo d’azione di un farmaco,gli studi clinici che sperimentano nuove terapiesolo raramente ne tengono conto. Gli inibitoridi check point immunitari hanno rivoluzionatola cura del cancro, mostrando un’efficacia su-periore alle terapie standard per molti tipi ditumore. Per sviluppare nuovi approcci semprepiù efficaci, le differenze di sesso dovrebberoessere studiate più profondamente, per capiremeglio i meccanismi alla base delle differenzemaschi-femmine e assicurarci che queste cureinnovative siamo ottimizzate per tutti, donne euomini». ■

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più individuale e personalizzato nellaricerca, nella prevenzione e nelle te-rapie - oggi così auspicata. Ancheagenzie e istituzioni internazionali,come FDA (Food and DrugAdministration), WHO (World HealthOrganization) e Organizzazione delleNazioni Unite (ONU) hanno sug-gerito l’adozione di politiche per fa-vorire lo sviluppo di nuove strategiesanitarie preventive, diagnostiche,prognostiche e terapeutiche chetengano conto delle differenze trauomini e donne non solo in terminibiologici e clinici, ma anche culturalie socio-psicologici.

A parte il caso citato dell’osteo-porosi, in generale le donne prendonocirca il 40 per cento in più di farmacirispetto agli uomini, soprattutto tra i15 e i 54 anni. Eppure, molti nonsono stati sperimentati sulla popola-zione femminile. Per tanti motivi: «Ilprincipale è evitare il rischio di esporre

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una donna in età fertile a possibili ef-fetti sconosciuti o, se resta incintadurante lo studio, che il feto possaavere malformazioni», spiega FlaviaFranconi, ordinario di Farmacologiacellulare e molecolare e coordinatricedel dottorato di ricerca in Medicinadi genere all’Università di Sassari.«Inoltre, l’organismo femminile è piùcomplesso per la variabilità ormonaleche lo rende “diverso” durante il cicloe più problematico come modello distudio. Il risultato, però, è che alcuneterapie possono risultare meno efficacio addirittura più pericolose: tanto chele donne hanno quasi il doppio direazioni avverse». Tra uomini e donneesistono differenze che influenzanoil metabolismo dei medicinali: peresempio il fatto che il corpo femminileabbia una percentuale di acqua in-feriore fa sì che quelli solubili si di-stribuiscono meglio nell’organismomaschile. Oppure, si sa che la car-dioaspirina nelle donne riduce del 17per cento il rischio di ictus, ma è inef-ficace nel prevenire l’infarto come in-vece avviene nell’uomo. In compenso,sulle donne i vaccini funzionano me-glio. Ancora, la risposta a un farmacocambia anche a seconda delle etàdella vita femminile: gli eventi avversi,per esempio, possono aumentare do-po la menopausa, quando viene me-no la protezione degli estrogeni. Leragioni che hanno portato a escluderele donne dai trial sono oggetto di ri-pensamento, proprio perché moltifarmaci poi vengono ritirati dal com-mercio perché tossici sulle donne, ela presenza femminile negli studi stagià aumentando.

Per differenze di genere s’in-tendono non solo i caratteri sessuali,ma anche aspetti della fisiologia edella psicologia, e i ruoli nella società.

due volte di più le donne, anche sela depressione negli uomini è sotto-diagnosticata e il tasso di suicidi piùalto. L’incidenza dei carcinomi alla ti-roide è tripla al femminile. Quantoalle malattie respiratorie, prima dellapubertà, gli uomini sono colpiti duevolte più delle donne dall’asma. Mapoi tra le donne adulte è più fre-quente che negli uomini. E come di-menticare il fatto che persiste il luogocomune che l’infarto sia una malattiamaschile, quando invece è la primacausa di morte per le donne? Il cam-po d’azione della medicina di genereo più esattamente della medicina ge-nere-specifica è vasto: di fatto è lostudio di come le differenze tra uominie donne influiscano sulla salute pergarantire a tutti il migliore trattamen-to. La “gender medicine” non è quin-di la medicina della donna o una me-dicina “femminista”, ma il primo fon-damentale step verso quella medicinadi precisione - un approccio sempre

Le donne prendono circa il 40 per cento in più di farmaci rispetto agli uomini

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delle cure generando un circolo vir-tuoso con conseguenti risparmi perla sanità pubblica. I dati epidemiologicici dicono chiaramente che ci sonodifferenze di genere a tutti i livelli,dall’incidenza della malattia alla ri-sposta ai trattamenti, alla maggioreo minore propensione alla formazionedi metastasi fino a differenze nellesopravvivenza. Così, per cominciare,quest’ultima è in generale miglioreper le donne per quasi tutti i tumori».Lo studio EUROCARE-4 ha infatti re-gistrato, in Europa, un significativovantaggio delle donne per 16 dei 26tipi di cancro analizzati. Esempi rap-presentativi sono il cancro del colon-retto, dell’urotelio, del rene e il me-lanoma. Al contrario, il sesso femmi-nile sembra rappresentare un fattoreprognostico negativo nella sopravvi-venza al cancro della vescica. «Un tu-more per altro raro nella donna, doveperò gioca un ruolo chiave il pregiu-dizio», sottolinea Saverio Cinieri.«L’uomo che nota sangue nelle urinesi precipita dal medico, mentre ladonna, più soggetta a infezioni, cistitioltre che a possibili perdite dovute asquilibri momentanei del ciclo me-struale, tende a sottovalutare il se-gnale, così come fanno i medici. Equindi c’è un ritardo diagnostico chefinisce per peggiorare la prognosi,perché la malattia viene individuataper lo più a uno stadio avanzato».

Quello che ancora manca sonoi perché, anche se la differente rispostadel sistema immunitario, in generalemaggiore nella donna che nell’uomo,contribuisce alla diversa progressionedella malattia e alla risposta alle te-rapie. «I dati sono pochi, e c’è moltoda dimostrare», continua la dottoressaCarè. «Nella migliore sopravvivenza,potrebbero contare le differenze ge-netiche a livello dei cromosomi: ledonne hanno due cromosomi X, men-tre gli uomini uno solo (XY). Sul cro-mosoma X ci sono molti geni correlatial sistema immunitario che quindi alfemminile sarebbe più efficiente.

L’idea che svolgano un ruolo crucialein medicina risale alla metà degli anniOttanta. Poi, nel 1991, la cardiologaBernardine Healy pubblicava un arti-colo intitolato The Yentl Syndrome(dalla protagonista di un racconto diIsaac Singer, Yentl, diventato nel 1983un film con Barbra Streisand) denun-ciando le discriminazioni dei cardiologinei confronti delle pazienti che subi-vano un numero maggiore di erroridiagnostici, ricevevano meno cure ederano sottoposte a interventi chirurgicinon risolutivi e, appunto, poco rap-presentate nelle sperimentazioni pernuovi farmaci. Come Yentl, la donnacostretta a fingersi maschio per stu-diare il Talmud - scriveva Healy - anchele donne sono state costrette a tra-sformarsi in ‘piccoli uomini’ per rien-trare nei canoni della medicina. Lemalattie cardiache sono state a lungoil paradigma della medicina di genere,e ancora oggi è ciò di cui più si parlanei media quando si sottolineano ledifferenze tra uomini e donne e l’im-portanza dell’informazione per su-perare pregiudizi che ostacolano laprevenzione, la diagnosi e l’appro-

priatezza terapeutica. Ma riflettoristanno cominciando lentamente adaccendersi anche sulle malattie on-cologiche. Ci sono, ovviamente, tu-mori che sono appannaggio dellesole donne o dei soli uomini perchécoinvolgono organi sessuali propridelle une o degli altri, utero e ovaieo prostata e pene. Ma le differenzedi genere intervengono anche nei tu-mori che colpiscono indifferentemen-te maschi e femmine. E ne modificanoincidenza, sintomi, efficacia ed effetticollaterali delle cure, tassi di soprav-vivenza, e, conseguentemente, anchediagnosi e prognosi.

«In effetti in oncologia le dif-ferenze di genere sono state fino aoggi abbastanza trascurate», confer-ma Alessandra Carè, oncologa e re-sponsabile del Centro di riferimentoper la medicina di genere dell’IstitutoSuperiore di Sanità. «La medicina ge-nere-specifica rappresenta un puntod’interesse fondamentale anche peril Servizio Sanitario Nazionale: nellapratica clinica consente di promuoverel’appropriatezza e la personalizzazione

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Le differenze di genere modificanoincidenza, sintomi, efficacia

ed effetti collaterali delle cure

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D’altra parte, per la stessa ragione,le donne sono più vulnerabili degliuomini alle malattie autoimmuni, an-che in rapporto di 10 a uno (comel’artrite reumatoide, il lupus, la sclerosimultipla...): a fronte di risposte im-munitarie decisamente più efficienticontro gli agenti infettivi e il maggioresviluppo di anticorpi in risposta allevaccinazioni, se il sistema immunitario“va in tilt” fa molti più danni».

Anche gli ormoni femminiligiocano un ruolo importante nel mar-care le differenze di genere in onco-logia. Per esempio nel tumore del co-lon-retto, terzo tumore più comunenel mondo, che ha un’incidenza piùalta negli uomini rispetto alle donne.Di questa differenza potrebbero essereresponsabili, almeno in parte, gli estro-geni, che sono un fattore protettivo:tanto che il rischio aumenta nelledonne in postmenopausa, quandovengono a mancare. In accordo conquesto, altri studi riferiscono che don-ne in post menopausa sottoposte aterapia ormonale sostitutiva mostranouna riduzione del 40 per cento delrischio di cancro del colon-retto. Ledonne, però, appaiono più inclinidegli uomini a sviluppare un tumorenel lato destro del colon, una formapiù aggressiva di questa neoplasia.Oltre a differenze sessuali nell’ana-

tomia e fisiologia del colon, potreb-bero avere un peso notevole diffe-renze socioculturali, legate cioè al ge-nere più che al sesso, come i fattoridietetici. «Tenere conto delle diffe-renze di genere nel tumore del colonretto è fondamentale anche per ladiagnosi», aggiunge Alessandra Carè.«La presenza del sangue occulto nellefeci è più frequente nel tumore delcolon discendente, poiché la lesioneneoplastica è più vicina al retto. Ilfatto che la malattia nelle donne silocalizzi più spesso nel tratto ascen-dente, la parte più distante dal retto,aumenta la possibilità di falsi negativinello screening offerto dal SSN dopoi 50 anni. Perciò per le donne questoesame potrebbe essere insufficiente,e per una vera prevenzione del tumoresarebbe più raccomandabile la co-lonscopia, in particolare nel caso difamiliarità per la patologia, cioè se igenitori ne sono stati colpiti».

Studi eseguiti sia in Europa sianegli Stati Uniti hanno dimostratoche il caso più eclatante di differenzadi genere in oncologia è rappresentatodal melanoma. Le prime osservazionisulla maggiore aggressività negli uo-mini risalgono al 1960. Il recente stu-dio EUROCARE-4 riporta che le donnepresentano un rischio relativo stimatocomplessivo di morire di melanoma

del 2 per cento in meno rispetto agliuomini e la loro sopravvivenza è su-periore del 50 per cento. «Ci sonodifferenze di genere varie: nel minorerischio di sviluppare la malattia, nellalocalizzazione della lesione - nelledonne è più frequente sulle gambe,negli uomini sul tronco -, nel fattoche nelle donne le metastasi sonomeno frequenti, e la sopravvivenzaè tre-quattro volte maggiore rispettoagli uomini, anche per una migliorerisposta alle terapie», puntualizzaCarè. Il perché è ancora da indagare:l’incidenza e la progressione dellamalattia non sembrano influenzatedagli estrogeni, perché il vantaggiodi sopravvivenza femminile persisteanche dopo la menopausa. «Però,siccome i melanomi hanno una mi-nore propensione a metastatizzarenelle donne, e questo processo è pro-fondamente legato al sistema immu-nitario, un ruolo chiave potrebbe es-sere di nuovo giocato da quest’ulti-mo», spiega l’esperta. «E ciò è con-fermato anche dagli ottimi risultatinella terapia del melanoma ottenuticon gli innovativi farmaci immuno-logici, come i checkpoint inibitori, econ le terapie a bersaglio molecolareche nel caso del melanoma “spen-gono” la proteina mutata del geneBRAF, presente nel 60 per cento deimelanomi cutanei. Il futuro nella cura

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dei tumori sembra però rappresentatoda terapie combinate che agendo supiù fronti impediscono al tumore disfuggire all’effetto terapeutico delfarmaco».

Il futuro sarà anche l’individua-zione di biomarcatori della malattiaspecifici per genere: «Così di nuovonel colon-retto ci sono mutazionipiù associate al tumore localizzatonel tratto ascendente, come la stessamutazione di BRAF, mentre nell’uo-mo sono presenti più frequenti altreanomalie», continua Carè. «Una ri-cerca complessa, visto che per tantepatologie mancano ancora biomar-catori davvero significativi indipen-dentemente dalle differenze di ge-nere, ma la loro individuazione per-metterebbe di migliorare diagnosie prognosi. Ma, ripetiamolo, questopotrebbe essere il futuro al momen-to solo auspicabile».

Un altro esempio in cui appareparticolarmente evidente la differenza

di genere è il tumore del polmone.L’85-90% di tutti i tumori polmonariè da attribuire al fumo di sigaretta eper molto tempo è stato un tumorenettamente maschile. Negli ultimi de-cenni, da quando è aumentato il nu-mero di donne fumatrici, c’è statoun aumento notevolissimo, e nonsolo del carcinoma, ma anche di pa-tologie respiratorie come la broncop-neumopatia cronica ostruttiva », spie-ga Alessandra Carè.

I dati epidemiologici, se da unlato evidenziano un calo di incidenzanegli uomini (-1,7% annuo), dall’altromostrano una crescita significativa,in particolare della sua incidenza emortalità, nelle donne (+3% annuo).Le sostanze cancerogene del tabaccosono più nocive per le femmine. Manon solo: a parità di fattori di rischio,le donne sviluppano più frequente-mente degli uomini il tumore polmo-nare, in particolare l’adenocarcinoma,indipendentemente dall’abitudine alfumo. Inoltre, le donne si ammalano

in età più giovanile e sono, più fre-quentemente degli uomini, portatricidi varianti genetiche che condiziona-no, in senso peggiorativo, il rischiodi sviluppare il carcinoma del polmo-ne. Anche in questo caso gli ormonisteroidei, in particolare gli estrogeni,potrebbero contribuire alla genesi deltumore polmonare attraverso la pro-liferazione cellulare indotta dall’inte-razione degli estrogeni con i loro re-cettori (ER) e il cross-talk tra i recettoriper gli estrogeni e i recettori di alcunifattori di crescita cellulare. Infine ledonne affette da neoplasie polmonariin terapia presentano maggiori effetticollaterali rispetto agli uomini. «Lestatistiche dicono anche che le donneche provano a smettere di fumarehanno molte più difficoltà rispettoagli uomini e più frequentemente ri-cominciano, anche a causa di unaserie di effetti collaterali da ansia nonirrilevanti. Per cui la cosa migliore dafare sarebbe non cominciare affatto.Diktat che, ovviamente, vale ancheper gli uomini». ■

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Le sostanze cancerogene del tabacco sono più nociveper le donne e si ammalano in età più giovanile

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Il nome della legge, e non èinfrequente, non spiega più di tanto.Anzi, crea quasi confusione, perché“Norme in materia di consenso in-formato e di disposizioni anticipatedi trattamento” potrebbe applicarsia diversi settori. Il numero – 219 -accompagnato dall’anno, il 2017,dice ancora meno, e solo chi haconfidenza con la materia legislativa(e interesse professionale a memo-rizzare i numeri e i nomi dei singoliprovvedimenti) la riconosce imme-diatamente. Tutti, però, hanno benpresente di cosa si tratta se la si de-finisce come legge sul fine vita, olegge sulle disposizioni di cura operfino anche solo come testamentobiologico. A dimostrazione di quanto

questa direttiva, che ha dovuto at-traversare diverse legislature primadi riuscire ad essere approvata, fosseattesa e auspicata. Non a casoPatrizia Borsellino, docente diFilosofia del Diritto e di Bioeticaall’Università Bicocca di Milano, cheha contribuito alla stesura, dichiara:«E’ la tappa finale di una lunga etravagliata vicenda politica, ora sia-mo finalmente allineati agli altri pae-si, dell’Europa e non» (per com-prendere il gap temporale, bastasottolineare che gli Stati Uniti hannouna legge da quasi trent’anni). Abbiamo aspettato tanto, molti ri-

corderanno alcune drammatiche vi-cende di cronaca che avrebbero po-tuto avere un epilogo diverso, ma ilrisultato è buono. E questo perchéla 219/2017, contrariamente aquanto possa pensare l’opinionepubblica, non nasce dal nulla. È lastessa Borsellino a rammentare cheesisteva già una “cornice di principie valori normativi ”, su cui la leggeha lavorato, fissandoli con precisio-ne. La bioeticista sottolinea poi comesia riduttiva l’etichetta di legge sullevolontà anticipate. «È la parte cen-trale del provvedimento e, indub-biamente, la parte più d’impatto,ma non è l’unica. Non va dimenti-cato che per la prima volta vengonotracciati i confini della relazione dicura medico-paziente e definito unmodello assistenziale». Tutte coseche si comprendono andando a sfo-gliare il testo di legge. Otto articoliche toccano punti differenti, in unoscenario che non è solo quello delfine vita.

Di consenso informato si parlasubito, nel primo articolo. «Quandosi dice consenso informato oramaisi pensa solo a un modulo da firmareprima di sottoporsi a un esame o auna procedura medica invasiva, unmetodo quasi farsesco» spiega ladocente.«La legge, invece, intendeil consenso come esito di un per-corso di informazione e stabilisce

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Al pazienteL’ULTIMA PAROLA

Anche l’Italia ha una legge sul fine vita, che colma il gap con gli altri Paesi

di Marta Ghezzi

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■ La parola Pianificazione anticipata dellecure può spaventare. Può sembrare difficilescegliere in anticipo, anche se si è malati, unpercorso che implica il confronto inevitabilecon il fine vita. «In presenza di malattie neu-rodegenerative come Sclerosi LateraleAmiotrofica, Parkinson, Alzheimer, o di altrepatologie gravi, è importante invece nonaspettare di trovarsi di fronte a un’urgenza maragionare con calma sul futuro, condividendopaure, dubbi, quesiti con il proprio medico, perarrivare ad avere un quadro chiaro in meritoai trattamenti possibili» spiega Luciano Orsi,vicepresidente Società Italiana Cure Palliative. La Legge 219/2017 sancisce che non si possanochiedere terapie contro le normative e controle buone pratiche di cura e prevede, invece, chein caso di arresto cardio-circolatorio non si pro-ceda alla rianimazione o a interventi come larespirazione assistita e che si possa chiederel’interruzione di tutti i trattamenti (oltre a re-spirazione assistita, dialisi, terapia antibiotica,nutrizione e idratazione, trasfusioni e tutte lemanovre mediche o chirurgiche che porterebberoal prolungamento della vita). Rifiutare un trat-tamento non equivale, però, a eutanasia o a sui-cidio assistito, che in Italia sono vietati. Lo chia-risce subito Orsi: «La possibilità per un malatodi evitare cure e trattamenti e di non incorrerein accanimento terapeutico non ha niente ache vedere con procedure su richiesta che de-terminano la morte». E spiega ulteriormente:«L’eutanasia, la morte volontaria di malati ter-minali o cronici, è indotta da un medico conuna sostanza letale, mentre nel caso del suicidioassistito è il paziente stesso che assume la so-stanza, fornita da un sanitario». Arriviamo così a un punto molto delicato, chetocca il diritto di una morte dignitosa, senzasofferenze inutili. Parliamo della sedazione pal-

liativa, atto medico di cui il grande pubblico saancora poco e su cui circola poca informazione.Non a caso ha creato non poca confusione, agennaio scorso, il video appello sulle cure pal-liative lanciato da Marina Ripa di Meana allafine della sua lunga battaglia contro il cancrodurata oltre sedici anni. Nell’appello, sostenutada Maria Antonietta Farina Coscioni, vedovadi Luca Coscioni, Ripa di Meana dice: «Io cheho viaggiato con la mente e il corpo per tuttala mia vita non sapevo, non conoscevo l’esistenzadi questa via...Vorrei dirlo a quanti pensano cheper liberarsi per sempre dal male si sia costrettiad andare in Svizzera... Le persone devono sapereche si può scegliere anche a casa propria, o inun ospedale, di tornare alla terra senza ulteriorie inutili sofferenze». La “via” a cui si riferisce è la sedazione profonda,atto di cura a tutti gli effetti che, va sottolineatocon evidenza, non procura né anticipa la morte,come dimostrato da innumerevoli studi scien-tifici. Da un certo punto di vista può essere pa-ragonata a un’anestesia, perché addormenta edetermina perdita di coscienza. Il vicepresidentedella Società Italiana di Cure Palliative spazzavia ogni dubbio, indicandone l’obiettivo. «Sipratica quando i farmaci non hanno più alcuneffetto e le sofferenze diventano intollerabili,per spegnere i dolori», spiega. Nella legge siparla di sofferenza refrattaria ai trattamenti,che significa che i sanitari possono farne ricorsonon solo per controllare i dolori di tipo fisicoma anche quando il distress esistenziale rag-giunge livelli così alti da richiedere una rispostadi cura. Nel momento in cui la sedazione pal-liativa è interrotta la persona riprende coscienza,mentre si parla di sedazione palliativa profondacontinua quando l’atto viene prolungato, nel-l’imminenza della morte, permettendo così almalato di spegnersi senza sofferenze. ■

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che il tempo della comunicazionefra il paziente e il medico, che è ilmomento delle spiegazioni, delledomande, dei chiarimenti, costitui-sca tempo di cura». I passaggi, poi,sono definiti con chiarezza: al per-sonale medico spetta il compito diindividuare i trattamenti e di spie-garne con attenzione benefici e ri-schi, ma a decidere è il paziente. «Èsancito che l’ultima parola spetta almalato e che solo lui può accettareo negare pratiche mediche, esami,trattamenti, anche nel caso di quelliindicati come salvavita. E questo èdirompente, toglie qualsiasi dubbiosul fatto che un curante possa sce-gliere come agire, supera l’idea chesulla base di una valutazione delbene del malato un medico possaseguire valori e decisioni personali». La nuova legge individua quindi am-piezza e limiti del mandato di cura

affidato ai medici e agli altri profes-sionisti della salute, senza sminuirneo depotenziarne il ruolo, e riconosceal malato, la cui vita è in gioco,piena autonomia decisionale (anchenel caso di opinioni divergenti fra imedici) e pieno diritto di revocarein qualsiasi momento una scelta fat-ta in precedenza. Ci sono alcune ovvie eccezioni: i mi-nori e le persone incapaci di intendere.Un intero articolo, il numero 3, è de-dicato a loro. Viene dichiarato chesono i genitori, o il tutore, a decidere,tenendo però conto, laddove possi-bile, delle loro volontà. “Il legislatoresi è preoccupato che anche in questodelicato ambito di assistenza fossegarantito il diritto all’informazione,anche se è chiaro che entrano ingioco fattori come l’età e la capacitàdi discernere e comprendere dellepersone coinvolte”.

Stiamo diventando un paesedi anziani, ultraottantenni che grazieai continui progressi di medicina ericerca scientifica e al miglioramentogenerale della qualità di vita, vivonoin salute a lungo. Con l’allunga-mento dei confini di vita, però, sonopiù frequenti, rispetto a un tempo,

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Solo il malato può accettare o negare pratiche mediche

anche salvavita LA LEGGE

❙ La legge è rivolta a ogni per-sona che intenda decidere sul-la propria vita nel momentoin cui è cosciente. Gli eventimedici improvvisi, come in-farto e ictus, così come le ma-lattie che portano a un deca-dimento cognitivo, sono incontinuo aumento. Ecco allorafarsi strada la domanda: chideve fare il testamento biolo-gico? Giada Lonati, medicopalliativista e direttore socio-sanitario di Vidas, non ha dub-bi e risponde senza esitazioni«Tutti». Poi aggiunge: «Bisognasvuotarlo da ogni visione ne-gativa e vederlo come un attoche valorizza la vita, che ciprotegge e facilita le personecare che abbiamo accanto.Inoltre tutela anche i sanitariche devono prendere decisioni.È una garanzia, oltre a essereuna conquista». La personache è già malata deve fare iltestamento biologico? «Puòfarlo, ma la legge consente an-che un’altra forma per espri-mere le proprie volontà – spie-ga - la pianificazione condivisadelle cure, che è concordatacon il curante (dopo adeguatainformazione) e può essere ag-giornata a seconda dell’evol-versi della patologia, su richie-sta dello stesso malato e dietrosuggerimento del medico».

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anche scenari con persone di etàavanzata gravemente compromessenel corpo e nell’intelletto. Eccoci ar-rivati al nodo cruciale della legge:l’articolo 4, che disciplina le DAT,Disposizioni anticipate di trattamen-to. «Servono a dare indicazioni alpersonale curante sui trattamentiche si vogliono ricevere e su quellia cui si rinuncia, nel caso a un certopunto non si sia più in grado diprendere decisioni autonomamen-te», spiega ancora Borsellino, chemette l’accento sulla scelta termi-nologica. «Si parla di disposizioni enon dichiarazioni, come per lungotempo si è fatto nel nostro paese, adifferenza di altri contesti nazionali»,dice. Qualsiasi persona, purché mag-giorenne, può quindi esprimere lesue volontà di cura nelle DAT, chepossono essere redatte in diverseforme: come atto pubblico o scrit-tura privata autenticata (ad esempioda un notaio o davanti a un pubblicoufficiale), scrittura privata conse-gnata nell’Ufficio di Stato Civile delComune di residenza e annotata inun apposito registro (quando pre-sente, al momento meno di due-cento Comuni in Italia se ne sonodotati), o presso struttura sanitaria(per essere inserita nel fascicolo sa-nitario elettronico, se istituito, di cuiperò ancora alcune Regioni sonoprive). Le volontà possono ancheessere filmate in un video o raccoltecon un dispositivo tecnologico nelcaso di persone affette da disabilitào da patologia invalidante. Il caso di Piergiorgio Welby (che eraaffetto da una forma particolarmen-te grave di distrofia muscolare, laFSHD, distrofia facio-scapolo-ome-rale) ha scosso profondamentel’Italia.

A pochi anni di distanza, un’al-tra vicenda dolorosissima, EluanaEnglaro. L’articolo 5, Pianificazionedelle cure, si riferisce proprio a pa-tologie croniche e invalidanti, con-traddistinte da un’evoluzione inar-

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78 ❙ Nell’articolo 4 della 219/2017, dedicato alle DAT, Disposizionianticipate di trattamento, compare la figura del fiduciario. La nominaal momento della sottoscrizione del testamento biologico non è ob-bligatoria, anche se è auspicata. Può diventare fiduciario qualsiasipersona maggiorenne, purché capace di intendere e volere (non sonoprevisti altri limiti), in genere un familiare, ma la scelta può ricadereanche su una persona amica con cui non si abbiano vincoli diparentela o giuridici. Se la scelta viene effettuata quando il sottoscriventeè già malato, sarebbe importante scegliere una persona che abbiaseguito l’evoluzione della patologia e abbia ben presente l’interavicenda oltre ad avere un rapporto affettivo con il malato. Molti parenti pensano che in virtù del legame saranno investiti del-l’autorità decisionale. Non è così scontato, e ancora una volta citiamoil caso Englaro, che insegna: il padre, considerato in “conflitto di in-teressi”, fu estromesso. Il fiduciario, che deve accettare il ruolo, siassume il compito di interpretare le volontà del paziente contenutenelle DAT. Può essere revocato e sostituito in qualsiasi momento, einterviene solo nel momento in cui la persona malata non è più ingrado di esprimersi (in caso muoia prima del sottoscrivente, eventualitàche può accadere se il testamento biologico viene redatto in giovaneetà, le indicazioni riportate continuano ad avere valore). Può anche,in accordo con il personale sanitario curante, valutare delle modifichequalora emergano incongruenze o terapie che non erano prevedibilial momento della sottoscrizione del testamento biologico, nel casoqueste offrano delle possibilità concrete di miglioramento delle con-dizioni di vita del paziente.

L’IMPORTANZA DEL FIDUCIARIO

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restabile e con prognosi infausta.«La legge non esclude nessuno deitrattamenti riguardo ai quali ogniindividuo può manifestare il suoconsenso o dissenso», precisa an-cora Borsellino. Quando il fine vitaè imminente, il medico deve aste-nersi da cure irragionevoli e tratta-menti inutili (il famoso accanimentoterapeutico) e adoperarsi, come silegge nell’articolo 2, - Terapia deldolore - per alleviare la sofferenza. «È scritto che il medico che si trovadi fronte a un rifiuto ha il dovere diprospettare al paziente, oltre alleconseguenze di tale decisione, even-tuali trattamenti alternativi e pro-seguire nell’assistenza. È un allar-gamento del mandato di cura, cheva oltre i trattamenti salvavita». Gliultimi tre articoli, infine, trattano icosti della Legge (nessuno per la fi-nanza pubblica), la relazione alle

Camere (programmata ogni anno)e le Dichiarazioni già esistenti (quan-to previsto dalla 219/2017 è appli-cato anche alle dichiarazioni depo-sitate in precedenza perché la leggeè retroattiva).

Con estrema sincerità PatriziaBorsellino ammette che la nuovalegge, approvata con centottantavoti favorevoli (71 contrari, 6 aste-nuti) e un numero incredibile diemendamenti (ricordiamolo: un’ap-provazione quasi last minute da par-te del Senato, dopo mesi e mesi distallo, in un clima di grande disillu-sione), non è perfetta. «L’avvicinarsidella fine della legislatura e il forterischio di non vederla ancora unavolta approvata hanno accelerato itempi, alcune formulazioni avreb-bero potuto essere migliorate» dice.Senza esitazioni, però, conclude: «È

una legge importante e meritoria,che va considerata come una con-quista di civiltà: l’Italia non potevapiù farne a meno. È un interventonormativo che favorirà il cambia-mento culturale e garantirà a ognipersona, in qualunque situazionedi malattia e sino alla fine della vita,assistenza appropriata alle sue con-dizioni e rispetto delle sue volontà». Che funzioni, lo stiamo già vedendo.Come sempre, sono i casi più ecla-tanti ad attirare l’attenzione. A feb-braio la nuorese Patrizia Cocco, dasei anni malata di Sla, Sclerosi late-raleamiotrofica (malattia neurode-generativa, al momento senza cura,che blocca la parola, il movimento,la deglutizione e in fase finale anchela respirazione), completamente con-sumata dalla patologia, ha chiestoe ottenuto di rinunciare alla venti-lazione meccanica. Il suo è stato ilprimo caso di richiesta e applicazionedella 219/2017.

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TESTAMENTO

❙ Il testamento biologico puòessere scritto a mano, oppurea computer, e deve riportarenome e cognome, luogo e da-ta di nascita, domicilio e datadi sottoscrizione. Uno o duetestimoni devono controfir-marlo. Può essere indicato ilnome del fiduciario scelto.Per redigerlo si possono sca-ricare online dei modelli-tipo(predisposti da diverseOnlus) e aggiungere o toglie-re parti non ritenute impor-tanti. Il testamento è esentedall’obbligo di registrazionetributaria, dall’imposta dibollo e da altre tasse. Il notaio,però, è libero di chiedere unatariffa professionale

Qualsiasi persona purchémaggiorenne può esprimere

le sue volontà di cura nelle DAT

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È invece di sole poche settimanefa la notizia che un padre ultraot-tantenne emiliano è stato nominatotutore per la figlia in coma. La don-na, che ha 44 anni, colpita da aneu-risma all’inizio dell’anno e ricoveratanell’Ospedale Civile di Baggiovara,alle porte di Modena, respira, si ali-menta ed è idratata solo grazie allemacchine. Il magistrato ha stabilito,sulla base della nuova normativa,che in assenza di un biotestamentoscritto sia il genitore a prendere de-cisioni per lei. L’uomo è stato cosìnominato amministratore di soste-gno e tutore legale della figlia (de-cisione presa dopo aver consultatoe ottenuto l’approvazione di tutti iparenti). Questo comporta, come èscritto nella sentenza, che il padresi impegni a decidere nel migliore

interesse della figlia non solo perquanto riguarda i trattamenti sanitarima anche per i beni patrimoniali. Ilgenitore cercherà quindi di ricostrui-re le volontà della donna rispetto acure e fine vita. Prove ed elementida presentare al giudice, che dimo-strino come avrebbe agito lei in que-sta delicata situazione medica. Beppe Englaro, che scrisse insiemealla moglie nel 2004, a distanza diquattordici anni dall’incidente cheportò la figlia Eluana in stato vege-tativo permanente, una accoratalettera all’allora presidente CarloAzeglio Ciampi e alle più alte carichedello Stato (non ricevendo risposte),ha commentato: «È la corretta emigliore interpretazione della legge,questo anziano genitore non subiràil mio stesso calvario». ■

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La legge sul fine vita porta un cambiamento culturale e assistenza appropriata

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DENTRO LA TUA FIRMAC’È UNA STORIA CHE VA AVANTI.

SCEGLI DI DESTINARCI IL TUO 5X1000, AIUTACI A PROMUOVERE LA VITA.

Grazie anche al tuo contributo la LILT potrà continuare a sostenere le molteplici attività che rendono il suo impegno concreto. Basta apporre la tua firma nell’apposito allegato dei modelli CU, 730-1 bis o UNICO con l’indicazione del codice fiscale LILT di Milano.

CODICE FISCALE 80107930150Casella riservata a “Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative...”

legatumori.mi.it

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L A L I LT A M I L A N O E P ROV I N C I A , t an t e a t t i v i t à e s e rv iz i

A FAVO R E D E I C I T TA D I N I

Diagnosi precoce> 99.518 Visite ed esami negli Spazi Prevenzione di Milano e provincia, in convenzione con Comuni e aziende e sull’Unità Mobile durante le campagne di sensibilizzazione

> Progetto Donna Dovunque rivolto alle donne migranti con medici che parlano la loro lingua per sensibilizzarle alla prevenzione.

> Progetto D.A.R.E., in collaborazione con la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, rivolto alle donne esposte a rischio ereditario di ammalarsi di tumore al seno.

Cosa facciamo

Sovvenzione alla ricerca> Finanziamento di borse di studio e contratti per studi e ricerche cli-nico-epidemiologiche presso i maggiori Istituti Oncologici del territorio

Assistenza> Servizio sociale a disposizione dei pazienti e dei loro fami-gliari per accoglienza, ascolto dei bisogni, attivazione di aiuti e risorse, informazioni su agevolazioni e diritti.

> Accompagnamento pazienti alle terapie.

> Fornitura a domicilio di presidi sanitari sanificati in comoda-to d’uso gratuito.

> Partecipazione alle spese di viaggio e alloggio per chi arriva da fuori Milano.

> Fornitura di pacchi alimenti

> Mediazioni culturali h24

> Attività ricreative nei reparti e nell’ambulatorio pediatrico dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano

> ArtLab, il Laboratorio Artistico per attività diversionali e ricre-ative presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano.

> Supporto psicologico

Volontariato> Oltre 700 volontari, preparati dalla Scuola di Formazione del Vo-

più di 118.000 ore di impegno e fruiscono di 5000 ore di formazio-ne e aggiornamento

Prevenzione primaria> Incontri con educatori e psicologi in 500 scuole primarie e secondarie della provincia di Milano e Monza Brianza per sen-sibilizzare bambini e ragazzi a stili di vita sani.

> Interventi su tabagismo e dipendenze, percorsi di disassue-fazione nei nostri Centri antifumo, test di funzionalità respi-ratoria

> Incontri nelle Aziende e realizzazione laboratori per una cor-retta e sana alimentazione.

> Partecipazione a campagne nazionali e internazionali di sensibilizzazione

Giornata Mondiale Senza Tabacco, sotto l’egida dell’ OMS. Settimana della Prevenzione Oncologica per promuovere

stili di vita saniCampagna Nastro Rosa per la prevenzione del cancro alla

mammella Campagna Movemen per la diagnosi precoce del tumore

alla prostata

Come aiutarci> Associandoti, con i primi 10 euro erogati

ordinario.

> Donazione on line sul sito donazioni.legatumorimilano.it

> Versamento su conto corrente postale n. 2279 intestato a Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, via Venezian 1, 20133 Milano.

> Versamento su c/c bancario IBAN IT 83V0311101622000000018213 UBI Banca S.p.A -Viale Lombardia 14/16 MI

> Domiciliazione Bancaria (RID) richie-dendo alla Banca di prelevare automa-ticamente dal conto corrente il contributo desiderato, per un sostegno continuativo.

> Carta di Credito/Cartasi/American Express: telefonare al numero 0249521.

> Lasciti testamentari: designando la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori di Milano erede di tutto o parte del patrimonio.

> Passaparola tra parenti e amici.

> Oblazioni presso le nostre sedi di Milano e provincia.

> 5x1000 dell’IRPEF destinato alla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori: ba-

bis o UNICO con l’indicazione del codice

casella riservata a “Sostegno del volonta-riato e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”.

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Spazi prevenzione> Viale Caterina da Forlì 61, tel. 02417744, 02417765 (chiuso il venerdì pomeriggio) visite senologiche, ginecologiche, derma-

--

toria; Centro Antifumo, Progetto Donna Dovunque, Progetto D.A.R.E.

> Via Neera 48, tel. 028461227 (chiuso il venerdì pome-riggio) visite senologiche, ginecologiche,dermatologiche,

mammaria e ginecologica, Pap-test, funzionalità respiratoria.

> Via Viganò 4, tel. 026571233, 026571534 (chiuso il venerdì pomeriggio) visite senologiche, ginecologiche, dermatologi-

--

ratoria.

Provincia> Monza: via San Gottardo 36, tel. 0393902503 (chiuso il ve-nerdì pomeriggio) visite senologiche, ginecologiche, derma-

-spiratoria; Centro Antifumo, Progetto Donna Dovunque

> Sesto San Giovanni: via Fratelli Cairoli 76, tel. 0297389893 (chiuso il venerdì pomeriggio) visite senologiche, ginecologi-che, dermatologiche, otorinolaringoiatriche, urologiche, mam-

-zionalità respiratoria, consulenze alimentari; Centro Antifumo, Progetto Donna Dovunque

> Abbiategrasso: presso l’Hospice, via dei Mille 8/10, tel. 029461303 visite senologiche, ginecologiche, dermatolo-giche, Pap-test.

> visite senologiche, dermatologiche.

> visite senologiche.

> Cernusco sul Naviglio: via Fatebenefratelli 7, tel.

029244577 (chiuso il venerdì) visite senologiche, ginecologi-che, dermatologiche, otorinolaringoiatriche, urologiche, Pap-test, funzionalità respiratoria, consulenze alimentari, Centro Antifumo.

> Cesano Maderno: via San Carlo 2, tel. 0362501927 visite senologiche.

> visite senologiche, dermatologiche.

> Desio: Service Lions, via Portichetto 21,tel. 0362629193 visite senologiche.

> Legnano: presso Ospedale Civile, via Canazza tel. 0331449922, 0331450080 visite dermatologiche; Centro Antifumo

> tel. 0287244082, visite senologiche, ginecologiche, dermato-logiche, otorinolaringoiatriche,urologiche e Pap-test.

> Trecella di Pozzuolo Martesana: via della Stella 2, tel. 0295358669 visite senologiche, dermatologiche, ginecologiche e Pap-test.

Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori - Sezione Provinciale di Milano - via Venezian 1 - 20133 Milanotel. 02.49521 - fax 02.26680500 - CPP 2279 - www.legatumori.mi.it - [email protected]

Milano

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2 | 2017

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JULY 2017M O N T H LY U P D AT E D

CityMapF R E E C O P Y | M I L A N

MAY 2017M O N T H LY U P D AT E D

CityMapF R E E C O P Y | M I L A N

JANUARY 2017M O N T H LY U P D AT E D

CityMapF R E E C O P Y | M I L A N

Where sostiene il progetto Case Accoglienza di Lilt Milano

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GRAZIE A TUTTI VOIPOSSIAMO FARE TANTO

OGNI GIORNO.