Conosciamo il Marocco

13

description

Ricerca svolta dagli alunni della classe 4C, scuola primaria "Zanella", Istituto comprensivo 2, Alte di Montecchio Maggiore, docente Sciotto Immacolata, a.s. 2009/2010 durante la sperimentazione del progetto Atlante on-line

Transcript of Conosciamo il Marocco

Page 1: Conosciamo il Marocco
Page 2: Conosciamo il Marocco
Page 3: Conosciamo il Marocco
Page 4: Conosciamo il Marocco
Page 5: Conosciamo il Marocco
Page 6: Conosciamo il Marocco
Page 7: Conosciamo il Marocco

Scuola primaria "Zanella" ISTITUTO COMPRENSIVO 2 ALTE DI MONTECCHIO MAGGIORE

ANNO SCOLASTICO 2009/2010

CLASSE 4 C Docente: Sciotto Immacolata

CONOSCIAMO IL MAROCCO

La scuola

In Marocco la scuola dell’obbligo dura nove anni ed è divisa in:

Scuola primaria Scuola secondaria di primo grado

Dai sei ai dodici anni Dai dodici ai quindici anni

L’orario settimanale della scuola primaria è di ventotto ore: tre al mattino e due al pomeriggio; Ci sono due giorni di vacanza (venerdì e domenica). L’orario diventa di trentadue ore per la scuola secondaria di primo grado. La scuola primaria è divisa a sua volta in due cicli formativi: il primo dura due anni, con un unico insegnante e il secondo quattro anni, durante i quali si aggiunge un insegnante per l’insegnamento della lingua francese, per otto ore settimanali. L’arabo costituisce la lingua base; le altre materie insegnate sono: matematica, educazione islamica, attività scientifiche, educazione artistica e tecnica, educazione fisica. Dalla classe quinta si insegnano anche storia, educazione civica e geografia. Con un esame finale si passa alla scuola secondaria, che dura tre anni. L’anno scolastico, come quello italiano, inizia a settembre e finisce a giugno. La scuola gode di grande considerazione; gli insegnanti sono figure autorevoli e, soprattutto nelle scuole rurali rappresentano il riferimento culturale degli abitanti, l’unico depositario del sapere accademico.

Page 8: Conosciamo il Marocco

La lingua

Il Marocco come gli altri Paesi del Nord Africa possiede diverse lingua locali esclusivamente orali che fanno tutte riferimento all’unica lingua scritta: l’arabo classico. L’arabo classico rappresenta la lingua colta, che è stata per molti secoli la lingua usata per la diffusione del Corano e dei valori della civiltà arabo-musulmana. Parallelamente ad essa, si sono sviluppate e continuano a svilupparsi le lingue orali, in continua evoluzione, legate a identità culturali e territoriali diverse. Queste lingue si usano per la comunicazione familiare, quotidiana, legate agli affetti. Spesso, i dialetti risultano incomprensibili a chi proviene da regioni diverse. L’arabo è parlato da 250 milioni di persone ed è la sesta lingua più parlata del mondo. Essendo ,come abbiamo detto, la lingua del Corano, il libro sacro dell’Islam, in tutti i paesi islamici (nella maggior parte delle quali si parlano altre lingue) si trovano persone che lo conoscono a diversi livelli. Tuttavia, l’arabo comunemente nei diversi paesi non è lo stesso: l’arabo di un marocchino, per esempio, è differente da quello di un egiziano non tanto nella struttura,anche se ci sono differenze , ma nel lessico e nella pronuncia, il che può rendere difficile la comprensione reciproca. La scrittura

Sul piano grafico, teniamo conto che la scrittura araba è solamente corsiva e senza maiuscole, oltre che orientata da destra verso sinistra. La scrittura araba è alfabetica, costituita da 28 lettere che hanno 4 diverse realizzazioni grafiche, a seconda della posizione nella parola: iniziale, finale, mediale o isolata. Dei suoni arabi, ben diciassette non hanno riscontro in italiano. Le lettere consonanti sono accompagnate da segni posti sopra o sotto per indicare vocali brevi, assenza di vocalizzazione e raddoppiamento di lettere. Nella sintassi sono presenti sia il genere (maschile e femminile) che il numero (singolare, plurale e duale), cioè relativo a coppie di elementi. Il tipico articolo determinativo è “al” che ritroviamo incorporato in molto parole italiane di origine araba, come “almanacco”.

Page 9: Conosciamo il Marocco

LO SAPEVATE CHE…? Le parole. Molti vocaboli della nostra lingua italiana derivano dall’arabo. La dominazione araba in Sicilia, durata oltre 3 secoli le frequenti incursioni dei Saraceni e i numerosi scambi culturali e commerciali avvenuti nel tempo hanno contribuito ad introdurre vocaboli arabi nella nostra lingua, quali: zafferano, limone, melanzana, alambicco, moschea, minareto, algebra…

I numeri In epoca medioevale i numeri arabi hanno sostituito quelli romani per la loro semplicità: per esempio, per indicare il numero tremiladuecentotrentatre in cifre romane sono necessari 11 simboli, MMMCCXXXIII, mentre in cifre arabe ne bastano quattro: 3233.

Curiosità Chi visita il Marocco può vedere nei mercati e nelle botteghe molti tappeti e donne impegnate a tesserli. Ogni tappeto ha una o più cornici che delimitano il campo decorate con diversi tipi di greche. Nella parte centrale c’è spesso un medaglione o una figura centrale e 4 angoli; altre volte una nicchia (in questo caso si tratta di un tappeto sacro usato per la preghiera) o una figura (per esempio, un albero, animali, draghi, farfalle, fiori…) oppure lo stesso disegno sarà ripetuto per tutto lo sfondo seguendo un ritmo particolare.

Page 10: Conosciamo il Marocco

FESTE E RITI RELIGIOSI La festa dell’Aid El Fitr. La festa dell’Aid El Fitr si tiene in tutti i paesi musulmani per la fine del Ramadan. In quel giorno si celebra la “rottura”, cioè la fine del periodo di digiuno che dura trenta giorni. Nel giorno di Aid El Fitr si svolge anche il pellegrinaggio alla Mecca che ogni musulmano dovrebbe compiere almeno una volta nella vita. La notte prima della festa le notte le donne rimangono sveglie per preparare i tradizionali dolci marocchini e dei tipi speciali di pane e focaccette fra cui il “baghrir”, che è morbido, sottile e buonissimo. Le nonne con “l’henné” fanno alle donne più giovani (figlie e nipoti), dei bellissimi disegni sulle mani e sulle piante dei piedi. Gli uomini indossano la “jellaba”, una lunga tunica. Si ritrovano tutti alla “mosallah”, che è una grande piazza dove viene effettuata la preghiera collettiva dell’ Aid El Fitr e si scambiano gli auguri tra le famiglie dicendo: as-sāl m ’alaykum. Il mese di Ramadan La parola in arabo significa “mese caldo”, perché molte volte coincide con i mesi estivi. La festa del Ramadan varia da anno ad anno, come accade per la Pasqua cristiana, perché è una festa mobile che si basa sul ciclo lunare. Il Ramadan ricorda la rivelazione del Corano, il libro sacro dei musulmani, nella notte tra il 26 e il 27 di questo mese, chiamata “la notte del destino”, il profeta Muhammad ricevette la rivelazione divina dall’Arcangelo Grabriele. È davvero un mese speciale! Dalla preghiera dell’alba (Fajr) al tramonto (Maghrib), non di deve né bere né mangiare. I bambini si abituano piano piano al digiuno, rinunciando a qualcosa e poi digiunano come i grandi a partire dai quattordici anni. Il digiuno viene rotto ogni giorno al tramonto, con il pasto chiamato “Fatur” occasione per imbandire tavole con piatti speciali, dolcetti, datteri… Mentre un’ora prima dell’alba si consuma una ricca colazione (Sohour) per poter affrontare la giornata senza più mangiare.

Page 11: Conosciamo il Marocco

DOLCI TIPICI - GLI SHEBBAKIA Sono i dolcetti tipici del Ramadan, praticamente delle “bugie” o “stracci” cosparsi di miele. La parola Shebbakia significa “Rete”.

Gli ingredienti per farne molti sono: 1 Kg di farina,

300 g di semi di sesamo, 100 g di burro,

1 uovo, 1 cucchiaio di aceto,

15 g di lievito, 1 cucchiaino di cannella,

miele, zafferano,

olio per friggere, sale.

Preparazione: 1. Facciamo una pallottola di pasta elastica con 150 g di sesamo, uovo sbattuto,

burro fuso, aceto, cannella, zafferano, sale e lievito sciolto in un bicchiere di acqua tiepida.

2. Dividiamo la pasta in pallottole più piccole e lasciamo riposare in un luogo tiepido, coperte con un canovaccio, per venti minuti.

3. Col matterello stendiamo la pasta in modo sottile, tagliamo delle strisce e attorcigliamole insieme.

4. Friggiamo in molto olio, poi passiamolo nel miele e nei semi di sesamo. Si servono freddi.

Page 12: Conosciamo il Marocco
Page 13: Conosciamo il Marocco