Conoscere per accogliere

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1 “Strumenti Cres” 55 - Allegato al n. 470 di Manitese - Novembre/Dicembre 2010 CONOSCERE PER ACCOGLIERE. La decennale esperienza d’incontro ed accoglienza nelle scuole del VII Istituto Comprensivo di Padova di Giulietta Poli - insegnante di scuola primaria e referente del Progetto d’Istituto - Scuola Primaria Giovanni XXIII – VII Istituto Comprensivo - Padova Periodicamente nelle nostre scuole ci siamo ritrovati a confrontarci con proposte e legislative e circolari ministeriali che, oltre a preoccupare, hanno aperto un ampio dibattito non solo nel mondo della scuola, ma anche nella cosiddetta società civile. A prescindere da ogni considerazione politica, non pertinente a una rubrica che si occupa di didattica, ci è impossibile non far riferimento alla legislazione vigente in materia d’immigrazione, alla nostra Carta Costituzionale e ai principi sanciti da varie Dichiarazioni internazionali, Convenzione sui diritti dell’Infanzia del 1989 in primis. Tutti questi documenti, infatti, sanciscono l’assoluta priorità della tutela dei minori rispetto ad altro; inoltre queste proposte non hanno tenuto in alcuna considerazione due interessanti ed esaustivi documenti emanati dal ministero competente nel febbraio 2006 e nell’ottobre 2007. Mi riferisco a “MIUR- Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” e a “MPI- La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”. Questi documenti, redatti da un team di esperti, fanno un’analisi puntuale dell’effettiva realtà della scuola italiana e ci danno indicazioni metodologiche che sono in aperto contrasto con quanto successivamente proposto. Da molti anni ormai le scuole italiane si sono attrezzate, prima per gestire quella che erroneamente era considerata un’emergenza e cioè l’inserimento (anche in corso d’anno avviato) di considerevoli numeri di alunni migranti, spesso alloglotti (non italofoni per essere più chiari), talvolta analfabeti o semianalfabeti anche nella madre lingua. In seguito ci siamo adeguati per supportare una migrazione minorile mutata nel corso degli anni, considerata la sempre più consistente presenza di bambini e ragazzi nati e cresciuti in Italia e “stranieri” solo di nome, ai quali è tuttora negato il diritto alla cittadinanza per la vetusta legislazione italiana. Sono le cosiddette G2, le seconde generazioni. In alcune realtà rifiutano questa denominazione. Non avendo scelto in prima persona il doloroso processo migratorio si sono autodefinite : Nuovi profili. La scuola ha risposto, moltissimi insegnanti, specie nella scuola primaria, si sono formati in glottodidattica per l’insegnamento dell’italiano come lingua 2; sono stati organizzati laboratori linguistici e interventi di mediazione culturale attingendo ad ogni risorsa possibile. Nel VII Istituto Comprensivo San Camillo di Padova, già V Direzione Didattica, è attivo un Progetto accoglienza e alfabetizzazione per alunni stranieri e nomadi da oltre dieci anni. Personalmente ho messo al bando da qualche tempo svariate parole; fra queste: “straniero” che sostituirei con “migrante”, “nomadi” e “zingari” che rimpiazzerei con “rom e sinti”, reale nome di queste etnie. “Integrazione”, se pur termine sociologicamente corretto, è in realtà diventato sinonimo di assimilazione, di omologazione ; “tolleranza” ha assunto nella realtà il significato di “sopportazione”; “clandestino” è una mera situazione anagrafica, una condizione esistenziale oggi equivalente all’essere imputato di un reato. “Alfabetizzare” poi è una sorta di sbadataggine lessicale che dovrebbe esser correttamente riferita solo a chi analfabeta, che non sa leggere e scrivere, lo è realmente e non a chi già alfabetizzato è, ma in una lingua diversa da quella del paese ospitante. Qui mi fermo perché l’argomento ci porterebbe assai lontano. Il VII Istituto di Padova consta di quattro scuole primarie e di tre scuole secondarie situate prevalentemente nella periferia del quartiere est che è caratterizzato da una forte concentrazione di famiglie migranti residenti. Siamo stati pionieri alla fine degli anni ’90 di un progetto pilota a livello cittadino che aveva individuato tre istituzioni scolastiche polo proprio per la loro collocazione in zone a forte presenza migratoria. Poi il progetto si è strutturato coprendo tutto il territorio comunale con la costituzione di reti prima tra Direzioni Didattiche e Scuole medie a esse contigue e ora fra i quattordici Istituti Comprensivi della città che contano circa 80 realtà scolastiche della fascia dell’obbligo.

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Articolo di Giulietta Poli tratta da “Strumenti Cres” 55 - Allegato al n. 470 di Manitese - Novembre/Dicembre 2010

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“Strumenti Cres” 55 - Allegato al n. 470 di Manitese - Novembre/Dicembre 2010 CONOSCERE PER ACCOGLIERE. La decennale esperienza d’incontro ed accoglienza nelle scuole del VII Istituto Comprensivo di Padova di Giulietta Poli - insegnante di scuola primaria e referente del Progetto d’Istituto - Scuola Primaria Giovanni XXIII – VII Istituto Comprensivo - Padova

Periodicamente nelle nostre scuole ci siamo ritrovati a confrontarci con proposte e legislative e circolari ministeriali che, oltre a preoccupare, hanno aperto un ampio dibattito non solo nel mondo della scuola, ma anche nella cosiddetta società civile. A prescindere da ogni considerazione politica, non pertinente a una rubrica che si occupa di didattica, ci è impossibile non far riferimento alla legislazione vigente in materia d’immigrazione, alla nostra Carta Costituzionale e ai principi sanciti da varie Dichiarazioni internazionali, Convenzione sui diritti dell’Infanzia del 1989 in primis. Tutti questi documenti, infatti, sanciscono l’assoluta priorità della tutela dei minori rispetto ad altro; inoltre queste proposte non hanno tenuto in alcuna considerazione due interessanti ed esaustivi documenti emanati dal ministero competente nel febbraio 2006 e nell’ottobre 2007. Mi riferisco a “MIUR- Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” e a “MPI- La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”. Questi documenti, redatti da un team di esperti, fanno un’analisi puntuale dell’effettiva realtà della scuola italiana e ci danno indicazioni metodologiche che sono in aperto contrasto con quanto successivamente proposto. Da molti anni ormai le scuole italiane si sono attrezzate, prima per gestire quella che erroneamente era considerata un’emergenza e cioè l’inserimento (anche in corso d’anno avviato) di considerevoli numeri di alunni migranti, spesso alloglotti (non italofoni per essere più chiari), talvolta analfabeti o semianalfabeti anche nella madre lingua. In seguito ci siamo adeguati per supportare una migrazione minorile mutata nel corso degli anni, considerata la sempre più consistente presenza di bambini e ragazzi nati e cresciuti in Italia e “stranieri” solo di nome, ai quali è tuttora negato il diritto alla cittadinanza per la vetusta legislazione italiana. Sono le cosiddette G2, le seconde generazioni. In alcune realtà rifiutano questa denominazione. Non avendo scelto in prima persona il doloroso processo migratorio si sono autodefinite : Nuovi profili. La scuola ha risposto, moltissimi insegnanti, specie nella scuola primaria, si sono formati in glottodidattica per l’insegnamento dell’italiano come lingua 2; sono stati organizzati laboratori linguistici e interventi di mediazione culturale attingendo ad ogni risorsa possibile. Nel VII Istituto Comprensivo San Camillo di Padova, già V Direzione Didattica, è attivo un Progetto accoglienza e alfabetizzazione per alunni stranieri e nomadi da oltre dieci anni. Personalmente ho messo al bando da qualche tempo svariate parole; fra queste: “straniero” che sostituirei con “migrante”, “nomadi” e “zingari” che rimpiazzerei con “rom e sinti”, reale nome di queste etnie. “Integrazione”, se pur termine sociologicamente corretto, è in realtà diventato sinonimo di assimilazione, di omologazione ; “tolleranza” ha assunto nella realtà il significato di “sopportazione”; “clandestino” è una mera situazione anagrafica, una condizione esistenziale oggi equivalente all’essere imputato di un reato. “Alfabetizzare” poi è una sorta di sbadataggine lessicale che dovrebbe esser correttamente riferita solo a chi analfabeta, che non sa leggere e scrivere, lo è realmente e non a chi già alfabetizzato è, ma in una lingua diversa da quella del paese ospitante. Qui mi fermo perché l’argomento ci porterebbe assai lontano. Il VII Istituto di Padova consta di quattro scuole primarie e di tre scuole secondarie situate prevalentemente nella periferia del quartiere est che è caratterizzato da una forte concentrazione di famiglie migranti residenti. Siamo stati pionieri alla fine degli anni ’90 di un progetto pilota a livello cittadino che aveva individuato tre istituzioni scolastiche polo proprio per la loro collocazione in zone a forte presenza migratoria. Poi il progetto si è strutturato coprendo tutto il territorio comunale con la costituzione di reti prima tra Direzioni Didattiche e Scuole medie a esse contigue e ora fra i quattordici Istituti Comprensivi della città che contano circa 80 realtà scolastiche della fascia dell’obbligo.

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Ogni anno scolastico viene stipulata una convenzione fra il Comune di Padova Settore Servizi Scolastici e le Scuole Primarie e Secondarie di I grado Statali di Padova. L’Ente Locale sostiene le scuole in questo percorso di accoglienza fornendo alle scuole pacchetti di Mediazione Culturale con personale qualificato madrelingua per supportare gli alunni neo arrivati nella fase d’inserimento, per rilevare competenze e bisogni, per favorire l’accoglienza e i rapporti scuola famiglia, per valorizzare la lingua e la cultura d’origine. Inoltre eroga fondi mirati all’attivazione di laboratori per l’insegnamento del’italiano L2. I Mediatori Culturali (M.C.) coprono le seguenti aree linguistiche - culturali: rumeno-moldava, albanese, serbo-croata, cinese, araba, filippina, russa, ispanica, indo-pakistana, africana anglofona, africana francofona. Può accadere che inconsapevolmente la presenza dei M.C. non sia utilizzata in maniera corretta; è bene ribadire che i M.C. non sono dei traduttori, non hanno un ruolo di puro interpretariato, non sono insegnanti d’italiano e men che meno insegnanti di sostegno; come non lo sono i Facilitatori Linguistici (F.L.). Per meglio specificare preciso che i M.C. si devono occupare di attività di supporto didattico e educativo con gli alunni presi in carico limitatamente al periodo d’accoglienza e di corretto inserimento, che è variabile secondo le aree di provenienza; soprattutto collaborano nella gestione dei rapporti scuola-famiglia. Preferisco, a scanso d’equivoci, ripetermi. Il nostro Istituto ha un suo progetto ormai consolidato, che fa parte del Piano dell’Offerta Formativa unitamente ad altri due progetti trasversali che lavorano in stretta collaborazione fra loro e attuano continue reciproche verifiche. Sono attivi il Progetto Psicopedagogico e il progetto “Star bene a scuola”. I progetti trasversali d’Istituto sono soggetti a verifiche periodiche in sede di Consigli d’Interclasse o di Consigli di classe, secondo l’ordine di scuola e a una verifica finale alla fine dell’anno in sede di Collegio Docenti per valutarne l’andamento in itinere e per apportare eventuali modifiche. Il progetto “Conoscere per accogliere” si realizza attraverso quattro macro obiettivi fondamentali. ? Offrire un sostegno linguistico agli alunni, neo-arrivati e non, che non conoscono la lingua italiana o che non hanno una sufficiente competenza per seguire le attività proposte in classe.

L’insegnamento dell’italiano Lingua 2 (L2) è strutturato su diversi livelli, secondo le competenze pregresse, ed è di competenza di Facilitatori Linguistici formati specificatamente per l’insegnamento dell’italiano L2. Livelli d’intervento nei Laboratori Linguistici:

• Lingua della comunicazione. • Comprensione e produzione orale in L2. • Comprensione e produzione scritta in L2. • Lingua dello studio e delle discipline (testi semplificati).

? Facilitare la conoscenza dell’ambiente scolastico di accoglienza sia da parte dell’alunno che di suoi familiari.

? Facilitare il rispetto reciproco valorizzando il bilinguismo degli alunni immigrati, rilevando la ricchezza della situazione bilingue della classe.

? Favorire l’accoglienza e l’inserimento degli allievi migranti nelle scuole assicurando la comprensione di alcune regole e caratteristiche culturali e organizzative della nostra cultura.

Questi due ultimi obiettivi ci hanno spinto ad attivare nelle varie scuole percorsi di educazione interculturale, di educazione ai diritti e alla cittadinanza sui quali potrei essere più esaustiva in un successivo articolo. Circa la valorizzazione della lingua madre (L1) per tre anni consecutivi abbiamo avuto la possibilità, tramite un accordo bilaterale tra Repubblica Italiana e Regno del Marocco, di attivare un corso di lingua e cultura araba gestito da un insegnante statale marocchino (a totale carico del suo ministero) e destinato ai figli di migranti provenienti da quel paese ma aperto anche ad altri alunni arabofoni. La nostra istituzione scolastica è stata individuata assieme ad altre del nord-est per la consistente presenza di alunni di origine maghrebina.

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L’inserimento degli alunni migranti nelle varie scuole dell’Istituto avviene seguendo un Protocollo d’accoglienza; è accompagnato da un preambolo (attivo dall’anno scolastico 2008/2009) che richiama esplicitamente ai principi sanciti dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia (CRC), Provision, Protection e Promotion, quali criteri alla base di ogni relazione e di ogni intervento educativi e, in quanto tali, prassi consolidate e condivise riconosciute nel POF. Questo documento impegna l’Istituto alla diffusione, all’informazione, alla condivisione e all’applicazione dei contenuti della Convenzione fra le varie componenti della Comunità Scolastica e al rispetto della medesima. In ogni plesso dell’Istituto opera un Insegnante Referente per l’intercultura e l’accoglienza che collabora, anche in sede di un’apposita Commissione di lavoro, con i Referenti di progetto monitorandolo costantemente, cura la biblioteca interculturale in dotazione a tutte le scuole ed i rapporti coi Mediatori Culturali in servizio, diffonde le comunicazioni e le informative relative al progetto fra i colleghi. Il Protocollo vero e proprio è un documento che da indicazione circa le tappe, i modi e i tempi d’inserimento dell’alunno neo arrivato, partendo dal personale Ata al momento dell’iscrizione allo sportello sino alla classe di appartenenza. Prima dell’inserimento definitivo alla classe di destinazione e dopo l’iscrizione in ufficio segreteria la prima conoscenza si articola attraverso un incontro con i genitori e un colloquio con il bambino gestito da un insegnante incaricato (figura accogliente che coincide con la Funzione strumentale per l’accoglienza sdoppiata per i due ordini di scuola). Utilizzando gli strumenti a sua disposizione, ivi comprese schede comunicative multilingue facilmente scaricabili dai numerosi siti tematici, l’insegnante accogliente raccoglie (compilando un apposito foglio notizie da noi elaborato) informazioni sulla vita personale, familiare e scolastica pregressa dell’alunno neo arrivato. Quando possibile l’insegnante referente per l’accoglienza, che si occupa anche della facilitazione Linguistica e cioè la scrivente, sottopone il bambino a semplici prove d’ingresso (conoscenza e riconoscimento dei caratteri latini, prima comunicazione, comprensione di banali comandi, eventuali esperienze e abilità pregresse) per individuarne abilità e competenze. Mi preme sottolineare che i test d’ingresso predisposti da alcuni esperti e reperibili sia su pubblicazioni specializzate che su siti tematici non sempre sono utilizzabili; danno, per esempio, per scontato che il ragazzino sappia leggere, cosa non sempre ovvia nella prima fascia della scuola primaria; per giunta che conosca il nostro codice alfabetico, fatto di solito improbabile per gli alunni provenienti da paesi arabi, dall’area indo- pakistana o dall’estremo oriente. Generalmente non sono accattivanti nella forma, prevedono compilazione o risposte a tempo, fatto che può mettere in ansia o a disagio un bambino già disorientato per l’arrivo in un paese e in una realtà che gli sono del tutto ignoti e, che per esperienza, spesso rivolgono disperate occhiate interrogative a chi li accompagna in cerca di una risposta che non possono essere in grado di dare. Talvolta il genitore si sostituisce al figlio in difficoltà, suggerendo la risposta o traducendola nella propria lingua con il comprensibile intento di dare una buona impressione, di risparmiare una “cattiva figura” al figlio, ma invalidando così l’utilità della prova proposta. Successivamente, seguendo le indicazioni del nostro protocollo, invio il foglio informativo, in doppia copia, all’ufficio di Presidenza, una per il fascicolo personale del nuovo alunno, l’altra per il team docente della classe d’inserimento. Fra la compilazione del foglio notizie e l’effettivo inserimento in classe del nuovo alunno passano alcuni giorni per consentire al team docente di preparare la classe al nuovo inserimento e per organizzarsi nel reperimento dei materiali didattici necessari per una programmazione individualizzata. Agli alunni neo inseriti della primaria è fornito dal Progetto un testo di prima alfabetizzazione nella lingua italiana. Mi preme precisare che la normativa consiglia l’iscrizione alla classe corrispondente all’età anagrafica dell’alunno, con la specifica di un anno, in più o in meno, di differenza al massimo. Sono da tenere in considerazione le eventuali certificazioni esibite sugli studi effettuati nel paese d’origine e l’ordinamento scolastico di alcuni dei paesi di provenienza dei nostri nuovi alunni (e cito come esempi la Romania, la Moldavia e la Cina) nei quali la frequenza della scuola primaria inizia un anno dopo, a volte addirittura due, rispetto ai loro coetanei italiani. È pertanto inutile e di poco buon senso penalizzare ulteriormente questi ragazzi iscrivendoli a una classe di molto inferiore alla loro età. Questa corretta norma d’inserimento può rivelarsi utile anche per evitare un’eventuale evasione dell’obbligo (che è legato all’età anagrafica e non alla classe frequentata), con conseguente dispersione scolastica; queste eventualità potrebbero riguardare alcuni gruppi etnici “a rischio”, come i cinesi o i ragazzi provenienti da popolazioni “zingare”, oppure gli ormai numerosi minori non accompagnati (prevalentemente romeni, albanesi, maghrebini, afgani) che, oltre a ritrovarsi con un

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percorso non concluso, al di fuori della tutela dell’ambiente scolastico, potrebbero essere facili prede della tratta o del crimine organizzato o della piaga del lavoro minorile (in Italia si contano almeno 150.000 casi e per lo più trattasi di minori stranieri). Gli alunni alloglotti sono inseriti in laboratori linguistici per età e per livello, gestiti dalla scrivente in qualità di facilitatrice linguistica o in orario aggiuntivo da insegnanti formati ad hoc e retribuiti con i finanziamenti stanziati dal Comune di Padova nell’ambito del progetto in rete. I finanziamenti da parte del MIUR ai sensi dell’art 9 del Contratto Nazionale e destinati per interventi in orario aggiuntivo alle scuole situate in zone a forte presenza migratoria languono; gli stanziamenti soffrono di ritardi cronici imperdonabili. Non siamo pagati (poco!) per fare miracoli, ma nelle nostre scuole nessun bambino è “straniero”, nessun bambino è “clandestino”; è solo un alunno, magari con bisogni speciali, che deve avere le stesse opportunità e le stesse tutele di chi ha avuto, non per sua scelta, la buona sorte di nascere sulla sponda nord, quella “buona”, del Mediterraneo. Quell’antico e nobile Mare Nostrum che nel corso degli anni si è trasformato in un’immensa bara collettiva, anche di bambini; i bambini “fortunati” per nascita non sono nati in quelle zone dell’Asia battute ciclicamente da inondazioni o da tsunami o nella terra d’Africa martoriata da guerre crudeli e sconosciute, da carestie ed epidemie devastanti. Senza andare tanto lontano il bambino italiano, cui tutto è dovuto, per diritto di sangue, non proviene neppure da quei paesi dell’Europa dell’est che a vent’anni dalla caduta del muro hanno trovato altri muri, non demolibili a colpi di piccone e le cui economie sono così miserevoli da far rimpiangere a molti quel “prima” che ai democratici europei faceva tanto orrore. Questioni di punti di vista, mi si obietterà; ricordiamoci però che un minore non è un punto di vista e che proprio per il suo essere bambino non dovrà solo essere accolto o “salvato”, ma dovrà divenire figlio, nipote, alunno di noi tutti, adulti timorosi e prevenuti. E dovrà avere accesso, senza reticenze o vincolo alcuno, a tutte le forme di tutela possibili, qui e altrove. Noi, Operatori della Conoscenza, non curanti dei nostri detrattori, ripeteremo con determinazione assoluta e sino alla nausea l’assioma della maestra cinese che ha dato il titolo all’omonimo bel film: ”NON UNO DI MENO!” I nostri nuovi allievi, futuri nostri cittadini, ancorché con nomi un po’ strani, saranno uguali ai loro compagni di banco italiani e assolutamente uguali su documenti di valutazione e, perché no, d’identità. Perché com’è scritto nel prologo de Il piccolo Principe “ Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano).” Noi, Maestri di frontiera, poiché quella per i diritti è una guerra ad armi impari, cerchiamo di ricordarcene. Tutti i giorni, nelle nostre classi, con i nostri ragazzi, di qui e d’altrove!