Conduzione elettrica delle soluzioni
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1
CONDUZIONE ELETTRICA DELLE SOLUZIONI
CONDUTTORI ELETTROLITICI
ELETTROLITI
Come si è detto, il passaggio di corrente entro i conduttori metallici – o di prima classe – è
essenzialmente causato dal movimento degli elettroni liberi di conduzione, quando sono sottoposti
all’azione di un campo elettrico che, a sua volta, genera una differenza di potenziale tra punti
diversi del conduttore.
Gli elettroni di conduzione, possedendo una carica elettrica negativa, sono costretti a migrare da
punti a potenziale minore verso punti a potenziale maggiore dando così luogo alla cosiddetta
“corrente elettrica reale”.
Il fenomeno, non essendo accompagnato da trasporto di materia o da fenomeni chimici, non è
osservabile.
Diverso è il caso di passaggio di corrente entro i conduttori liquidi – o di seconda classe – che sono
definiti comunemente “ ELETTROLITI ”.
Un conduttore elettrolitico è una soluzione in acqua (o altro liquido) di un acido, una base o un sale.
L’elevato valore della costante dielettrica relativa R
caratteristica dei liquidi e, in particolare
dell’acqua, riduce notevolmente il valore delle azioni elettrostatiche attrattive tra i componenti delle
molecole semplificando il fenomeno della separazione degli ioni positivi da quelli negativi.
Altre condizioni associate, quali la variazione di temperatura e la concentrazione del soluto nel
solvente, ci permettono di affermare che, nella soluzione elettrolitica, sono contemporaneamente
presenti ed in quantità variabile, molecole integre di solvente, di soluto e ioni positivi e negativi
delle molecole dissociate dell’acido, della base o del sale.
CONDUZIONE ELETTROLITICA O IONICA
Sono proprio gli ioni positivi e negativi, cioè le parti della molecola dissociata in cui mancano o
sono in eccesso elettroni di valenza, a risentire di un eventuale campo elettrico e della relativa
differenza di potenziale che si dovesse ingenerare all’interno della soluzione che li contiene.
Gli ioni negativi, con i propri elettroni in eccesso, saranno costretti dal campo a muoversi da punti a
basso potenziale verso punti a potenziale più elevato, mentre, l’esatto contrario nei riguardi degli
ioni positivi cui mancano elettroni.
Ciò è esattamente analogo al movimento di cariche elettriche positive e negative, libere di
muoversi, nello spazio compreso tra le armature di un condensatore.
Gli ioni negativi si sposteranno verso la piastra positiva, quelli positivi verso la piastra negativa.
Il movimento in senso contrario degli ioni da luogo ad una corrente ionica che è comunemente
definita “conduzione elettrolitica” e il luogo che permette che ciò si verifichi è la “cella
elettrolitica”.
Il campo elettrico interno alla soluzione è generato da due armature, collegate ai capi di un
generatore di tensione, che prendono il nome di “ ELETTRODI ”.
L’elettrodo collegato al polo positivo del generatore assume una carica positiva ed un valore più
elevato del potenziale, A
V , mentre, l’altro elettrodo, collegato al polo negativo, una carica negativa
ed un valore minore del potenziale, B
V .
L’elettrodo sul quale avviene una reazione di ossidazione – cioè una sottrazione d’elettroni agli ioni
negativi della soluzione elettrolitica – deve possedere una carica positiva e sarà, d’ora in avanti,
definito “ ANODO ”.
2
Sull’elettrodo negativo, che è invece definito “ CATODO ”, avviene una reazione elettrochimica di
riduzione, cioè gli ioni positivi della soluzione elettrolitica assorbono elettroni tornando allo stato
neutro.
Contrariamente alla conduzione elettronica nei metalli, la conduzione elettrolitica, essendo
accompagnata da fenomeni di trasporto di materia e dal manifestarsi di fenomeni fisici ben precisi e
dipendenti dal tipo di soluzione e dal tipo di elettrodi, è osservabile.
CELLA ELETTROLITICA CAMPIONE
Per lo studio del fenomeno di conduzione ionica ci si può avvalere di un particolare schema di
circuito elettrico in cui le caratteristiche fisiche e geometriche della cella elettrolitica consentono, a
certe condizioni, di ritenere ancora valide le leggi di Ohm.
Il circuito elettrico campione è costituito essenzialmente da:
Un generatore di tensione E
Un’apparecchiatura per la misura della corrente – milliamperometro disposto in serie con il
circuito del generatore
Un’apparecchiatura per la misura della tensione ai capi della cella elettrolitica – voltmetro
disposto in parallelo ai capi della cella
Elettrodi terminali entrambi di platino o di grafite da inserire nel liquido elettrolitico
contenuto nella cella. Si utilizzano elettrodi conduttori di platino o grafite in quanto tali
materiali non sono attaccati chimicamente né dalla soluzione elettrolitica né dai nuovi
composti che si producono sugli stessi elettrodi per effetto dei processi di ossidazione e
riduzione degli ioni.
Cella elettrolitica costituita da un tubo di vetro piegato ad U, di sezione costante e di
lunghezza L (misurata tra gli elettrodi immersi)
S o lu z . e le ttro li t ic a
L
V o ltm e tro
V
+
A n o d o
m A A m p e ro m e tro
+
-
-
C a to d o
I
R 14 – 49/4 – CIRCUITO CON CELLA ELETTROLITICA
3
Agli elettrodi immersi nella soluzione elettrolitica contenuta nella cella, è applicata la differenza di
potenziale caratteristica del generatore di tensione.
Con l’amperometro collegato in serie al circuito è misurato il valore dell’intensità di corrente,
mentre, con il voltmetro disposto in parallelo ai capi degli elettrodi si legge la differenza di
potenziale V .
Supponendo di considerare ancora valide le leggi di Ohm, si può determinare sia la resistenza R
che la resistività specifica della soluzione:
i
VR
.ELETT
Dalle misure volt-amperometriche e dalla 1° legge di Ohm
S
LR
ELETT Dall’uguaglianza tra prima e seconda legge di Ohm
S
L
i
V
.ELETTR
Li
SV
.ELETTR
Determinazione della resistività specifica della soluzione.
TIPOLOGIA DELLE SOLUZIONI
In base ai risultati sperimentali condotti con l’utilizzo di una cella elettrolitica campione e dei
normali strumenti di misurazione volt-amperometrica, le soluzioni utilizzate sono essenzialmente
classificate in base al valore dell’intensità di corrente nel circuito:
Liquidi puri o soluzioni di composti organici.
Per i liquidi puri, come ad esempio acqua distillata, olio, glicerina, alcool e per le soluzioni
di composti organici quali ad esempio lo zucchero, non si nota un apprezzabile passaggio di
corrente anche per differenze di potenziale elevate.
Per dette soluzioni il valore di resistenza e resistività specifica risultano elevatissimi o
tendenti ad un valore infinitamente grande.
I liquidi puri e le soluzioni di composti organici si comportano dunque come perfetti
“isolanti elettrici”.
i
VR
.ELETT
0i
0i
VR
.ELETT Comportamento da ISOLANTE
L0i
SV
.ELETTR
Soluzioni di acido, base o sale
Per le soluzioni di composti inorganici quali acidi, basi o sali, si misurano intensità di
corrente anche piuttosto elevate.
Dette soluzioni sono dunque caratterizzate da una resistenza tale da permettere il passaggio
di corrente anche con tensioni relativamente basse.
I composti che, in soluzione con un liquido, permettono la conduzione elettrica prendono il
nome di “Elettroliti” e le soluzioni sono dunque dette “Elettrolitiche”.
4
RESISTIVITA’ SPECIFICA DELLE SOLUZIONI ELETTROLITICHE
Sempre utilizzando la cella elettrolitica campione (di lunghezza unitaria pari a 1 m e di sezione 1 2
mm ), risulta possibile determinare con discreta approssimazione, la resistività specifica dei
conduttori elettrolitici che è molto maggiore di quella caratteristica dei metalli essendo compresa,
alla temperatura di 0 °C, entro i seguenti valori:
m
mm1010
2
6
.ELETTR
4
Contrariamente a quanto succede per i metalli, la resistività specifica delle soluzioni elettrolitiche
diminuisce con l’aumentare della temperatura, cioè esse sono caratterizzate da un coefficiente di
temperatura negativo.
Inoltre si nota che la resistività dipende anche dalla concentrazione della soluzione, cioè dal
rapporto tra la quantità di soluto e di solvente.
DISSOCIAZIONE ELETTROLITICA O IONIZZAZIONE
I risultati sperimentali che si ottengono con l’utilizzo della cella elettrolitica campione sono
sufficientemente giustificati se si considera che il passaggio della corrente in un liquido avviene
solo e nella misura in cui esso contiene ioni.
Nel caso dell’acqua distillata si osserva una debolissima conducibilità, dovuta al fatto che solo una
piccolissima frazione delle molecole di OH2
è dissociata in ioni H e
OH .
Analogamente i più comuni liquidi (olio, glicerina, alcool, ecc.), se allo stato puro, sono ottimi
isolanti in quanto le loro molecole non si dissociano in ioni.
Si è verificato che, se si discioglie in acqua distillata dello zucchero (o la quasi totalità delle
sostanze organiche) la conducibilità elettrica non subisce variazioni restando dunque molto bassa,
mentre invece essa aumenta notevolmente se vi si discioglie del cloruro di sodio (o un qualunque
altro elettrolita, cioè una base, o un acido, o un sale).
Il fenomeno si spiega tenendo presente che i legami chimici tra gli atomi che costituiscono le
sostanze possono essere di due tipi:
Legame di tipo omeopolare o di tipo atomico, che è proprio della maggior parte dei
composti organici
Legame di tipo eteropolare o elettrostatico, che è proprio delle basi, degli acidi e dei sali
inorganici.
Per le sostanze che presentano un legame di tipo “ OMEOPOLARE ” si ha che la presenza di un
solvente non è in grado di influenzare tale legame e quindi le molecole rimangono indissociate.
Questo spiega perché quasi tutte le sostanze organiche, disciolte in acqua, danno luogo a soluzioni
che non presentano conducibilità elettrica.
Invece le sostanze che presentano un legame di tipo “ ETEROPOLARE ” hanno la molecola
costituita da due ioni, uno positivo e uno negativo, che si attraggono secondo la legge di Coulomb.
Se la molecola di una di queste sostanze è posta in un solvente che ha un’elevata costante dielettrica
relativa, come ad esempio l’acqua distillata 81R
, allora la forza coulombiana di attrazione tra i
due ioni è fortemente indebolita e bastano gli urti, conseguenti all’agitazione termica, delle
molecole del solvente contro le molecole del soluto per dissociarlo nei due ioni componenti.
Questo spiega perché le soluzioni acquose di un acido, di una base o di un sale hanno una discreta
conducibilità elettrica.
5
Da notare il fatto che, a conferma dell’interpretazione esposta, se si scioglie un elettrolita in un
solvente caratterizzato da una costante dielettrica relativa minore (ad esempio in alcool), la
soluzione risulta avere una conducibilità minore in conseguenza, appunto, del fatto che è minore la
dissociazione ionica.
Circa la dissoluzione ionica degli elettroliti è necessario specificare i seguenti fatti:
a) La dissociazione ionica di un elettrolita avviene spontaneamente all’atto della soluzione e
non è in alcun modo dipendente dal fatto che attraverso la soluzione si faccia passare o no la
corrente elettrica.
b) All’atto della soluzione, non tutte le molecole di un elettrolita si scindono in ioni, ma solo
una certa frazione, dipendente da:
1. dalla concentrazione della soluzione
2. dalla temperatura della soluzione
Per quanto riguarda il punto b) si può, ad esempio, considerare una soluzione acquosa di Cloruro di
Sodio (Na Cl) la quale sarà caratterizzata , ad un dato istante, da un certo numero di ioni positivi
Na , da un ugual numero di ioni negativi Cl e da un certo numero di molecole indissociate Na Cl.
Sia gli ioni che le molecole neutre si muovono disordinatamente, per effetto dell’agitazione termica,
all’interno del liquido, dando luogo ogni tanto ad una ricombinazione tra ioni di segno opposto o,
viceversa, ad una nuova dissociazione di una molecola.
E’ chiaro che la ricombinazione tra ioni di segno opposto con formazione di una nuova molecola
elettricamente neutra, essendo provocata dalla occasionale vicinanza tra ioni, avverrà molto
frequentemente solo se la soluzione è molto concentrata e quindi se è molto grande il numero di
ioni contenuti nell’unità di volume.
Come è anche chiaro che la dissociazione in ioni di una molecola, essendo provocata oltre che
dall’indebolimento del legame ionico elettrostatico anche dagli urti, conseguenti all’agitazione
termica, del solvente contro il soluto, risulterà favorita notevolmente dall’aumento di temperatura.
I due suddetti processi di ricombinazione degli ioni e dissociazione delle molecole, tendono
rispettivamente a diminuire e ad incrementare il numero di ioni contenuti nella soluzione.
E’ intuitivo che si raggiungerà un equilibrio, nel senso che, data una soluzione di una certa sostanza,
ad una certa temperatura e concentrazione, il numero di molecole che, nell’unità di tempo, si scinde
per urto è uguale, in media, al numero di coppie di ioni che nello stesso tempo si ricombina.
In questa condizione d’equilibrio, quindi, il numero degli ioni contenuti nella soluzione resta
costante nel tempo, dipendendo, come si è detto, solo dalla temperatura e dalla concentrazione della
soluzione: questo spiega perché la resistenza, la resistività, nonché l’intensità di corrente circolante
sono funzione della temperatura e della concentrazione.
Alcuni esempi di reazioni di dissociazione.
Se l’elettrolita è un “sale”, si hanno ad esempio reazioni di dissociazione ionica del tipo:
3NOAg
3NOAg Nitrato d’argento
4SOCu
4SOCu Solfato rameico
3ClAu
Cl3Au Cloruro aurico
6
Cioè, i Sali si dissociano dando ioni positivi e negativi con tante cariche quante sono le
valenze del metallo e ioni negativi con tante cariche quante sono le valenze del “radicale
acido” tenendo presente che, in totale, il numero di cariche positive deve eguagliare il
numero di cariche negative.
Se l’elettrolita è un “acido”, la funzione del metallo è presa dall’idrogeno.
ClH ClH Acido cloridrico
42SOH
4SOH2 Acido solforico
Se l’elettrolita è una “base” o “idrossido”, la funzione del radicale acido è presa dal gruppo
ossidrilico OH.
OHK
OHK Idrossido di potassio
ELETTROLISI
L’elettrolisi è il passaggio di corrente elettrica attraverso le soluzioni elettrolitiche e l’insieme dei
processi – principalmente di tipo elettrochimico – che si svolgono durante tale passaggio.
Per studiare il fenomeno si utilizza la “cella elettrolitica” in cui sono immersi gli elettrodi (quello
positivo – ANODO – collegato al polo positivo di un generatore di tensione, quello negativo –
CATODO – collegato al polo negativo).
La parola CATODO deriva dal termine greco antico “KATO” che significa “SOTTO” o “IN
BASSO”.
Il catodo è quindi l’elettrodo che assume il potenziale minore o “più basso” o “negativo”.
La parola ANODO deriva dal termine greco antico “ANA” che significa “SOPRA” o “IN ALTO”.
L’anodo è quindi l’elettrodo che assume il potenziale maggiore o “più alto” o “positivo”.
Gli ioni negativi contenuti nella soluzione sono spinti, dal campo elettrostatico, a muoversi verso
l’ANODO ove cedono uno o più elettroni (secondo la loro valenza) ritornando allo stato neutro.
Gli ioni positivi sono attratti dal CATODO negativo ove prelevano uno o più elettroni e tornano
allo stato neutro.
Considerando che il numero di elettroni che riceve l’anodo è uguale al numero che cede il catodo, il
duplice moto di ioni nella soluzione corrisponde, a tutti gli effetti, ad un passaggio di elettroni dal
catodo all’anodo.
Nel medesimo tempo, se si considera il circuito esterno composto dal generatore e dai cavi di
collegamento agli elettrodi immersi, si comprende facilmente che gli elettroni prelevati dall’anodo
agli ioni negativi dell’elettrolita producono uno squilibrio della polarizzazione degli elettrodi.
La differenza di potenziale nominale del generatore (forza elettromotrice), non più equilibrata dalla
polarizzazione, costringe dunque gli elettroni giunti all’anodo ad uno spostamento attraverso il
circuito esterno sino a riportali sul catodo.
Per concludere si può quindi affermare che, durante il processo di elettrolisi, si manifestano due
tipologie di corrente elettrica rispettivamente nella cella elettrolitica e nel circuito esterno:
Nella cella elettrolitica la corrente è di tipo ionico ed è provocata dal duplice moto in senso
opposto degli ioni positivi e negativi. Tale corrente è definita “CORRENTE IONICA”.
7
Nel circuito esterno, composto da conduttori metallici, la corrente è provocata dal
movimento di elettroni di conduzione ed è quindi una “CORRENTE ELETTRONICA”
G
C o rre n te e le t tro n ic a ( re a le )
C o rre n te io n ic a
V o ltm e tro
VA n o d o
+
-
Io n e n e g a tiv o
-
A m p e ro m e tro
-e
m A
+e -
C a to d o
Io n e p o s it iv o
+
-
+
- -e
-e
I
R 14 – 50/4 – CORRENTE IONICA E CORRENTE ELETTRONICA REALE
L’aspetto che più caratterizza l’elettrolisi è lo spostamento di materia dalla soluzione verso gli
elettrodi immersi in essa.
Nelle immediate vicinanze dell’anodo e del catodo compaiono quindi i “prodotti dell’elettrolisi”
cioè, secondo i casi, atomi o radicali neutri.
Si distingue la seguente tipologia di prodotti dell’elettrolisi:
SOLIDI
Se il prodotto dell’elettrolisi è allo stato solido, allora solitamente si deposita sugli elettrodi
provocando un aumento di volume degli stessi.
LIQUIDI
I prodotti allo stato liquido rimangono nella soluzione elettrolita variandone solitamente la
concentrazione e la composizione.
GASSOSI
I prodotti gassosi si svolgono sotto forma di bollicine che gorgogliano attraverso la
soluzione e possono essere raccolti entro campane capovolte sugli elettrodi.
Il diverso stato fisico dei prodotti dell’elettrolisi, come pure la possibilità di impiego nella cella
elettrolitica di elettrodi attaccabili da tali prodotti, dà ai processi di elettrolisi modalità tali da poterli
classificare nelle seguenti categorie:
8
ELETTROLISI SEMPLICE:
E’ un tipo di elettrolisi non accompagnata da alcuna reazione secondaria. Si è in presenza di
elettrolisi semplice quando i prodotti che si separano agli elettrodi sono gli stessi elementi
che costituiscono gli ioni presenti in soluzione.
ELETTROLISI ACCOMPAGNATA DA REAZIONI SECONDARIE:
Si ha quando i prodotti che si separano agli elettrodi non sono gli stessi elementi che
costituiscono gli ioni presenti nella soluzione, bensì i prodotti risultanti dalle reazioni
secondarie che avvengono in corrispondenza degli elettrodi. Questo tipo di elettrolisi si può
poi classificare in altre due sottocategorie a seconda che:
La reazione secondaria avvenga direttamente tra gli ioni della soluzione e gli
elettrodi (elettrodi attaccabili)
La reazione secondaria avvenga tra gli ioni della soluzione e il solvente.
I tre esempi seguenti rappresentano le tipologie di processi elencati.
1. ELETTROLISI SEMPLICE
Elettrolisi di una soluzione acquosa di acido cloridrico (H Cl) in una cella elettrolitica con
elettrodi di platino o grafite.
L’acido cloridrico H Cl, diluito in acqua, subisce una parziale dissociazione elettrolitica in cui
gli ioni positivi sono atomi di idrogeno cui manca un elettrone, mentre gli ioni negativi sono
atomi di cloro con un elettrone in più:
ClH ClH
Reazione al catodo negativo (formazione di idrogeno gassoso 2
H )
Gli ioni positivi di idrogeno H sono spinti sull’elettrodo negativo (CATODO) dalle
forze elettrostatiche del campo e, giunti di esso, prelevano l’elettrone mancante tornando
allo stato neutro.
Gli atomi neutri di idrogeno H si combinano poi, a due a due, a formare la molecola
tipica dell’idrogeno gassoso.
Al catodo avviene dunque la reazione che può essere cosi descritta:
e2H2 H2 2
H Reazione al catodo negativo
Al catodo si ha quindi lo sviluppo di idrogeno sotto forma di gas che può essere raccolto,
tramite gorgogliamento, in una campana capovolta disposta sul catodo.
Reazione all’anodo positivo (formazione di cloro gassoso 2
Cl )
Gli ioni negativi di cloro sono spinti all’elettrodo positivo (ANODO) dalle forze
elettrostatiche del campo e, giunti su di esso, cedono l’elettrone in più tornando allo stato
neutro.
Gli atomi neutri di cloro Cl si combinano poi, a due a due, a formare la molecola tipica
del cloro gassoso 2
Cl .
All’anodo avviene dunque la reazione che può essere così descritta:
e2Cl2 Cl2 2
Cl Reazione all’anodo positivo
9
All’anodo si ha quindi lo sviluppo di cloro sotto forma di gas biatomico che si raccoglie
in una campana capovolta.
+ -
+ -A n o d o C a to d o
G
H C l
H+
C l-
C l 2 H 2
G ra f ite G ra f ite
S o l. d i A C ID O C L O R ID R IC O
R 14 – 51/4 – ELETTROLISI DI SOLUZIONE DI ACIDO CLORIDRICO CON FORMAZIONE DI
IDROGENO E CLORO GASSOSI
2. ELETTROLISI ACCOMPAGNATA DA REAZIONI SECONDARIE:
Elettrolisi di una soluzione acquosa di acido solforico 42
SOH in cella elettrolitica con elettrodi
di grafite o platino (impropriamente detta “elettrolisi dell’acqua)
Si tratta di elettrolisi con reazioni secondarie tra ioni della soluzione e solvente.
In questo caso l’elettrolita è l’acido solforico che, in una soluzione acquosa, subisce una parziale
dissociazione dando luogo a ioni positivi di idrogeno monovalenti e ioni negativi
4SO
bivalenti:
42SOH
4SOH2
Nella soluzione sono dunque presenti un certo numero di ioni negativi
4SO ed un numero
doppio di ioni positivi H .
Reazione al catodo negativo (formazione di idrogeno gassoso 2
H )
Gli ioni positivi di idrogeno H prelevano elettroni dal catodo tornando allo stato
neutro. Gli atomi neutri di idrogeno si combinano a due a due formando la molecola
biatomica gassosa 2
H che si raccoglie nella campana capovolta disposta sul catodo.
e2H2 H2 2
H Reazione al catodo negativo
10
Reazione all’anodo positivo (formazione di ossigeno gassoso 2
O tramite reazione con il
solvente OH2
).
Gli ioni negativi (radicali acidi)
4SO giungono all’anodo e vi cedono i due elettroni di
valenza tornando allo stato neutro secondo la reazione:
e2SO4
4
SO Reazione all’anodo positivo
Il radicale acido 4
SO , tornato allo stato neutro, reagisce immediatamente con le
molecole d’acqua OH2
della soluzione formando con esse nuove molecole di acido
solforico (che torna in soluzione ionizzandosi parzialmente) e sviluppando molecole
gassose di ossigeno biatomico che si raccoglie nella campana capovolta sull’anodo:
OH2SO224
242
OSOH2
Come si osserva dalla reazione chimica, per la produzione all’anodo di una molecola biatomica di
ossigeno occorrono due molecole del radicale acido 4
SO , mentre bastano i due ioni di idrogeno
liberati dalla dissociazione di una sola molecola di acido solforico per la produzione di una
molecola biatomica di idrogeno.
In conclusione la quantità di idrogeno gassoso liberata al catodo è esattamente doppia della quantità
d’ossigeno gassoso liberato all’anodo.
L’elettrolisi della soluzione di acido solforico è definita “elettrolisi dell’acqua” in quanto per suo
tramite si separano i componenti della molecola d’acqua.
+ -
+ -A n o d o C a to d o
G
H S O
H+
S O-
O 2 H 2
G ra f ite G ra f ite
2 4
24
-
S o l. d i A C ID O S O L F O R IC O
" E L E T T R O L IS I D E L L 'A C Q U A "
R 14 – 52/4 – ELETTROLISI DI SOLUZIONE DI ACIDO SOLFORICOCON FORMAZIONE DI
IDROGENO E OSSIGENO GASSOSI – “ELETTROLISI DELL’ACQUA”
11
3. ELETTROLISI ACCOMPAGNATA DA REAZIONI SECONDARIE:
Elettrolisi di una soluzione acquosa di SOLFATO DI RAME in cella elettrolitica ANODO di
rame.
Si tratta di elettrolisi con anodo attaccabile dagli ioni della soluzione elettrolitica.
In questo caso l’elettrolita è un sale (solfato di rame 4
SOCu ) che, in una soluzione acquosa,
subisce una parziale dissociazione dando luogo a ioni positivi di rame bivalenti e ioni negativi
(radicali acidi)
4SO bivalenti:
4SOCu
4SOCu
Nella soluzione sono dunque presenti un certo numero di ioni negativi
4SO ed un numero
uguale di ioni positivi Cu .
+ -
+ -A n o d o C a to d o
G
C u S O
C u+
S O-
R a m e R a m e
4
4
- +
S o lu z . d i S O L F A T O D I R A M E
R 14 – 2/5 – ELETTROLISI DI SOLUZIONE DI SOLFATO DI RAME CON ELETTRODI DI RAME
Reazione al catodo negativo di rame (ispessimento dell’elettrodo con altro rame
elettrolitico)
Gli ioni positivi bivalenti di rame
Cu prelevano elettroni dal catodo tornando allo
stato neutro. Gli atomi neutri di rame si depositano sul catodo sottoforma di metallo
ispessendo il catodo.
e2Cu Cu Reazione con deposito di rame sul catodo
Reazione all’anodo di rame positivo (sono prelevate molecole di rame dall’elettrodo).
Gli ioni negativi (radicali acidi)
4SO giungono all’anodo e vi cedono i due elettroni di
valenza tornando allo stato neutro secondo la reazione:
12
e2SO
4
4SO Reazione all’anodo positivo
Il radicale acido 4
SO , tornato allo stato neutro, reagisce con il rame dell’elettrodo dando
luogo ad altre molecole di solfato di rame le quali, dissociandosi, producono altri ioni di
rame e altri radicali acidi.
CuSO4
4SOCu
4SOCu
L’elettrolisi della soluzione acquosa di solfato di rame in una cella elettrolitica con anodo di rame
provoca dunque il prelievo di rame allo stato puro dall’anodo stesso e il deposito dello stesso rame
prelevato sul catodo (che può essere anche di altro materiale).
Il metallo che si ottiene al catodo è chimicamente puro ed è definito “rame elettrolitico”.
APPLICAZIONI INDUSTRIALI DELL’ELETTROLISI
Il fenomeno di elettrolisi con anodo attaccabile dagli ioni della soluzione è sfruttato per importanti
applicazioni industriali, quali:
La galvanostegia:
E’ un processo elettrolitico mediante il quale un metallo non nobile (usato come catodo) è
ricoperto da un metallo più nobile o meno ossidabile (processi di doratura, argentatura,
cromatura, nichelatura ecc. ecc.)
La galvanoplastica:
Processo elettrolitico con cui si ottiene la riproduzione in metallo di un oggetto, partendo dal
suo modello in cera, gesso o argilla.
L’elettrometallurgia:
Processo elettrolitico con il quale si provvede ad estrarre un metallo dai suoi minerali o con
cui un metallo è raffinato.
13
LE LEGGI DI FARADAY O DELL’ELETTROLISI
La quantità di materia che si libera agli elettrodi di una cella elettrolitica durante il processo di
elettrolisi dipende dalla quantità di corrente che attraversa il conduttore elettrolitico e dalla natura
chimica degli elementi che si separano agli elettrodi.
Le leggi sperimentali che sono alla base del fenomeno di conduzione ionica – leggi dell’elettrolisi –
prendono il nome del fisico inglese Michael FARADAY che si occupò di tali problemi proponendo
le due LEGGI:
PRIMA LEGGE DI FARADAY – (DIP. DALLA QUANTITA’ DI ELETTRICITA’)
SECONDA LEGGE DI FARADAY – (EQUIVALENTE CHIMICO DELLA SOSTANZA)
PRIMA LEGGE DI FARADAY Esprime una relazione tra la quantità di materia che si libera agli elettrodi di una cella elettrolitica e
la quantità di elettricità o carica elettrica passata attraverso la soluzione.
Può essere espressa nel modo seguente:
Qualunque sia la natura dei processi che si svolgono durante l’elettrolisi, la
quantità in peso di ogni sostanza che si libera ad un elettrodo di una cella
elettrolitica, è direttamente proporzionale alla quantità di elettricità passata
attraverso la soluzione.
Ciò è abbastanza evidente se si considera che tutti gli ioni contenuti nella soluzione
posseggono la stessa carica in modo tale che per trasportare una carica doppia o tripla
occorre un numero doppio o triplo di ioni.
Di conseguenza il ragionamento si può facilmente estendere al peso di sostanza liberata.
Se si indica con P il peso della sostanza che si libera ad un elettrodo di una cella attraversata da una
quantità di elettricità Q , risulta valida una relazione del tipo:
QKP 1 Prima legge di Faraday
Con:
P Peso misurato in grammi o Newton
Q Quantità di carica elettrica misurata in Coulomb o sA
K Costante di proporzionalità
sA
N
C
N
C
g
Dato che la quantità di elettricità o di carica elettrica dipende dall’intensità di corrente i e dal
tempo t, risulta:
tiKP 2 Prima legge da Faraday
Con:
i Intensità di corrente (A)
t Tempo (s)
K Equivalente elettrochimico
sA
N
C
N
C
g
14
Se si suppone di utilizzare una cella elettrolitica nella quale si ha il passaggio di una quantità di
elettricità pari a C1Q oppure sA1Q , la quantità in peso P della sostanza che si libera ad
un elettrodo, rappresenta anche il valore della costante di proporzionalità K.
Viceversa il valore della costante K rappresenta la quantità in peso di una certa sostanza che si
libera all’elettrodo di una cella elettrolitica per effetto del passaggio di una quantità di carica pari a
C1Q oppure per effetto di una corrente di 1 (A) nel tempo di 1 (s).
La costante K (ovvero il peso della sostanza liberata all’elettrodo) non dipende né dalla forma o
dimensioni della cella elettrolitica, né dalla natura degli elettrodi, né dalla temperatura o
concentrazione della soluzione, ma solo dal tipo della sostanza liberata.
Si conclude che la costante di proporzionalità K deve essere una caratteristica di ogni elemento.
Tale costante è definita “ EQUIVALENTE ELETTRICHIMICO “.
Se si ragiona in termini atomici si può impostare il seguente ragionamento:
Considerando una quantità di sostanza allo stato puro – composta cioè da atomi di una sola specie –
e supponendo che tale sostanza sia disciolta in ioni carichi elettricamente in una soluzione di una
cella elettrolitica, si può pensare che giungano ad un elettrodo un certo numero di ioni aventi tutti la
stessa massa.
Si potrà indicare con:
N Numero di ioni liberati ad un elettrodo
m Massa di uno ione
Se si considera una quantità di sostanza pari alla massa contenuta in una mole, cioè una quantità di
sostanza pari alla massa atomica dell’elemento considerato, allora il numero di atomi contenuto in
essa è pari al numero d’Avogadro.
Di conseguenza la massa di uno ione singolo è determinata dalla relazione:
A
A
N
Mm
Con:
AM Massa in grammi di una mole di sostanza (massa atomica)
AN Numero d’Avogadro 123
molemole
atomi1002,6
Nello stesso tempo, ogni ione trasporta una carica elettrica pari al prodotto della valenza per la
carica elettrica elementare dell’elettrone, considerata in segno negativo o positivo:
evq
In conclusione, all’elettrodo della cella sarà liberata una quantità in massa (o peso) di sostanza pari
al prodotto tra il numero di ioni e la massa caratteristica:
mNM
A
A
N
MNM 1
Nello stesso tempo la quantità di carica sarà:
evNqNQ 2
15
Ricavando N da ognuna delle relazioni si ottiene:
A
A
M
NMN
dalla 1
ev
QN
dalla 2
Per cui, uguagliando:
ev
Q
M
NM
A
A
Infine:
QevN
MM
A
A
3 Q
evN
PP
A
A
Si giunge cioè alla stessa conclusione precedente alla condizione di considerare uguali la
massa ed il peso della sostanza (come d’altra parte plausibile se si rinuncia ad utilizzare il
Sistema Internazionale e si continua ad usare il Sistema Tecnico).
Dal confronto delle relazioni si ha:
QevN
PP
A
A
3
QKP
Da cui si ottiene l’espressione dell’equivalente elettrochimico della sostanza:
evN
PK
A
A
Se si tiene conto del fatto che sia il numero d’Avogadro che la carica elettrica elementare
dell’elettrone sono costanti fisiche, si ottiene:
490.96v
P
10602,11002,6
1
v
P
eN
1
v
PK
A
1923
A
A
A
C
g
Con:
AP Peso o massa atomica
96.490 Quantità di elettricità pari ad 1 Faraday
SECONDA LEGGE DI FARADAY
La seconda legge di Faraday può essere espressa nel modo seguente:
Disponendo di più celle elettrolitiche, contenenti ognuna una diversa
soluzione, e collegandole in serie nello stesso circuito in modo tale che passi in
ognuna la stessa quantità d’elettricità, risulta che i pesi dei diversi elementi
liberati ai vari elettrodi sono proporzionali al rispettivo “ EQUIVALENTE
CHIMICO “ o “ GRAMMO EQUIVALENTE” indicato con qE .
Si intende come “Grammo equivalente” o “Equivalente chimico” relativo ad una
determinata sostanza il rapporto tra il peso atomico e la sua valenza caratteristica.
La valenza di un elemento rappresenta il numero di atomi di Idrogeno con cui si può
combinare.
16
C u C l
C L O R U R O D I R A M EN IT R A T O D 'A R G E N T O
a )
A g N O 3
S O L F A T O D I R A M E
b )
C u S O 4
A g A g C uC u C u
+G
42H S O
A C ID O S O L F O R IC O
H S O2
+
c )
4S O
G ra f i te
A n o d o
--
2O
-
d )
G ra f ite
C a to d o
2 H+
4
2H
C u
-
R 14 – 3/5 – CELLE ELETTROLITICHE DISPOSTE IN SERIE
Ad esempio per l’Alluminio, essendo 26,98 il suo peso atomico e 3 la sua valenza, si ottiene
un equivalente chimico pari a:
g99,8
3
g98,26E
Alq
Nello schema sopra riportato, le celle elettrolitiche contengono rispettivamente:
a) Nitrato d’argento
33
NOAgNOAg
b) Solfato di rame
44
SOCuSOCu
c) Cloruro di rame
ClCuClCu
d) Acido solforico 42
SOH
4
SOH2 OH2SO224
242
OSOH2
Se nella prima cella a) si deposita sul catodo una quantità di argento monovalente pari a 107,88
grammi, allora nella seconda cella b) si depositeranno 31,8 grammi di rame bivalente, nella terza c)
si depositeranno 63,54 grammi di rame bivalente mentre, nell’ultima d) si depositeranno 1,008
grammi di idrogeno gassoso biatomico e 8 grammi di ossigeno gassoso biatomico.
E’ ovvio che ogni cella elettrolitica è attraversata dalla stessa quantità di elettricità e che tale
quantità può essere misurata determinando l’intensità di corrente nel circuito esterno – costituito dai
cavi conduttori – ed il tempo impiegato per permettere la liberazione delle sostanze ai vari elettrodi.
Tale quantità di elettricità sarà data dal numero di elettroni assorbiti al catodo o ceduti dall’anodo
delle varie celle.
Occorrerà quindi tenere conto che per pareggiare il numero di elettroni ceduti da uno ione bivalente
(come ad esempio succede nella cella b) ove in rame bivalente Cu preleva due elettroni di
valenza ed il radicale 4
SO ne cede altrettanti), occorrono due ioni monovalenti (come ad esempio
succede nelle cella a) e c) ove l’argento ed il rame monovalenti assorbono un solo elettrone mentre
il cloro monovalente ed il radicale
3NO ne cedono altrettanti.
17
Quindi, mentre nella prima cella si deposita una quantità d’argento pari ad un grammo-atomo (cioè
una mole), nella seconda si dovrà depositare una quantità di rame pari alla metà di un grammo-
atomo), nella terza ancora un grammo-atomo di rame.
L’interpretazione della seconda legge di Faraday parte dalla considerazione che ogni ione presente
in una soluzione elettrolitica di acido, base o sale, possiede una carica elettrica positiva o negativa la
cui grandezza dipende ovviamente dal numero di elettroni mancati o in eccesso.
Considerando che il numero di elettroni mancanti o in eccesso altro non è che la valenza, allora la
quantità di carica caratteristica di uno ione è data da:
evq Carica elettrica caratteristica di uno ione C
Con:
v Valenza dell’elemento
e Carica elettrica dell’elettrone sA10602,1e19
Si supponga ora che all’elettrodo della cella contenente la soluzione si liberi una quantità di
sostanza pari a 1 grammo-atomo o mole (cioè un numero di grammi pari al peso atomico della
particolare sostanza – ad esempio per l’alluminio 26,98 grammi).
D’altra parte il numero di atomi contenuti in una mole di sostanza (o in un grammo-atomo) è pari al
Numero d’Avogadro, indipendentemente dal tipo di sostanza o composto:
mole
atomi1002,6N
23
A
La quantità di carica passata attraverso la cella elettrolitica quando ad un suo elettrodo si viene a
liberare una quantità di sostanza pari al suo peso atomico si ottiene dunque dalla seguente relazione:
qNQA Quantità d’elettricità per una mole di sostanza.
evNQA
evNQA
Tenendo poi presente che il peso della sostanza che si libera all’elettrodo dipende dalla
quantità di carica secondo quanto stabilito dalla prima legge di Faraday:
QKP
K
PQ
E uguagliando, si ottiene:
evNK
P
A
eNKv
P
A Equivalente chimico
18
Considerando l’ipotesi di partenza con liberazione di una mole di sostanza e il fatto che sia il
numero d’Avogadro che la carica elettrica dell’elettrone hanno valore fisso e costante, si ottiene
dunque il valore della costante di proporzionalità K (equivalente elettrochimico):
eN
1
v
PK
A
v
P
490.96
1
v
P
el
C10602,1
mole
el1002,6
1K
1923
C
g
490.96
EK
Q Equivalente elettrochimico
Con:
P Peso atomico dell’elemento liberato
v Valenza
v
P Equivalente chimico
K Equivalente elettrochimico
TABELLA – EQUIVALENTI CHIMICI ED ELETTROCHIMICI DI ALCUNI ELEMENTI
Elemento Simbolo Valenza Peso atomico Equiv. Chimico
g
Equiv. Elettrochimico
C
g
Alluminio Al 3 26,98 8,99 51032,9
Argento Ag 1 107,88 107,88 310118,1
Cloro Cl 1
3
5
7
35,457 35,457
11,819
7,091
5,065
3,67∙10-4
1,22∙10-4
7,35∙10-5
5,25∙10-5
Idrogeno H 1 1,008 1,008 1,04∙10-5
Nichel Ni 2 58,71 29.355 41004,3
Oro Au 1
3
197,00 197,00
65,66
2,041∙10-3
6,8∙10-4
Ossigeno O 2 16,00 8,00 8,29∙10-5
Piombo Pb 2
4
207,21 103,605
51,802
1,0737∙10-3
5,368∙10-4
Potassio K 1 39,096 39,096 4,05∙10-4
Rame Cu 1
2
63,54 63,54
31,77
6,585∙10-4
3,293∙10-4
Sodio Na 1 22,997 22,997 2,38∙10-4
Stagno Sn 2
4
118,70 59,35
29,675
6,15∙10-4
3,075∙10-4
Zinco Zn 2 65,38 32,69 3,388∙10-4
19
ESERCIZI
LEGGI DI FARADAY
Esercizio 1:
Calcolare l’equivalente elettrochimico dell’alluminio, sapendo che il suo peso atomico è 26,98 e
che la sua valenza è 3.
Soluzione:
L’equivalente elettrochimico, cioè la quantità di sostanza deposita ad un elettrodo di una cella
elettrolitica per effetto del passaggio di una quantità di elettricità pari a C1Q , è dato dal rapporto
tra l’equivalente chimico della sostanza e la quantità di elettricità pari a C490.96 .
Per l’alluminio si ha quindi:
3
g98,26
v
PE
A
AlQ
C
g103,9
C490.96
EK
5AlQ
Al
Esercizio 2:
L’equivalente elettrochimico dello zinco è pari a
C
g10388,3K
4
Zn . Sapendo che lo zinco ha
valenza 2, determinare il peso atomico.
Soluzione:
Il peso atomico dello zinco è dato da:
490.96
v
P
490.96
EK
A
Q
490.96Kv
PA
490.96vKPA
38,65C490.962C
g10388,3P
4
A
Esercizio 3:
Quanti grammi di stagno tetravalente si depositano al catodo di una cella elettrolitica attraversata
dalla quantità di elettricità di 1 Faraday?
Soluzione:
La quantità di elettricità di 1 Faraday corrisponde a 96.490 C e consente di liberare all’elettrodo una
quantità di sostanza pari ad 1 grammo-equivalente o equivalente chimico.
Dato che l’equivalente chimico dello stagno è pari al rapporto tra il peso atomico e la valenza dello
stagno, si avrà:
g67,294
70,118
v
PE
A
Q
Quindi 1 Faraday libera una quantità di stagno pari a 29,67 (g).
20
Esercizio 4:
Una corrente d’intensità 2 (A) passa in una cella elettrolitica contenente solfato di rame 4
SOCu .
Calcolare il peso di rame depositato in 1 ora sul catodo.
Soluzione:
S o lu z . d i S O L F A T O D I R A M E
C u S O
G
+
+
S O
A n o d o
R a m e
-4
-
-
+
C a to d o
C u
R a m e
+
-
4
La quantità di rame (bivalente) depositato al catodo negativo della cella elettrolitica, è determinato
dalla prima legge di Faraday:
QKPCu
tiKPCu
Con:
K Equivalente elettrochimico del rame bivalente
tiQ Quantità di elettricità che attraversa la cella
i Intensità di corrente
t Tempo
D’altra parte l’equivalente elettrochimico del rame bivalente dipende dall’equivalente chimico e
dalla valenza secondo la relazione:
490.96v
P
490.96
EK
CuACuQ
Cu
Con:
AP Peso o massa atomica del rame
v valenza caratteristica
21
96.490 Quantità di elettricità pari a 1 Faraday necessaria per liberare una
quantità di sostanza pari all’equivalente chimico
Per cui si ricava, tenendo presente che il peso o massa atomica del rame è 63,54 e la sua
valenza nel composto è 2:
ti
490.96v
PP
CuA
g37,2s3600
s
C2
C490.962
g54,63P
Esercizio 5:
Se in 15 minuti si sono depositati 3,019 grammi di argento sul catodo di una cella elettrolitica a
nitrato d’argento, quale è l’intensità di corrente che ha attraversato la cella?
Soluzione:
+ -
+ -A n o d o C a to d o
G
A g N O
A gN O-
3
3
+
S o lu z . d i N IT R A T O D 'A R G E N T O
Anche in questo caso si ricorre alla prima e seconda legge di Faraday:
tiKQKPAgAg
Prima legge di Faraday
490.96v
PK
AgA
Ag
Seconda legge di Faraday
Da cui si ottiene:
ti
490.96v
PP
AgA
tP
490.96vPi
AgA
22
A3s
C3
min
s60min15g88,107
C490.961g019,3i
Esercizio 6:
Determinare l’equivalente elettrochimico del piombo bivalente sapendo che in 1 ora una corrente di
2 (A) deposita 7,73 (g) di piombo al catodo di una cella elettrolitica che ha come elettrolita una
soluzione di acetato di piombo.
Soluzione:
La quantità di piombo bivalente depositato al catodo della cella è determinata dalle leggi di
Faraday:
tiKPPb
490.96v
P
490.96
EK
PbAPbQ
Pb
Dalla prima si ricava l’equivalente elettrochimico:
C
g10074,1
s3600s
C2
g73,7
ti
PK
3
Pb
Dalla seconda si può quindi ricavare, per confrontarla con quella conosciuta, la massa
atomica del piombo:
g21,207C490.962C
g10074,1490.96vKP
3
PbPbA
Esercizio 7:
Calcolare quanti grammi di rame si depositano al catodo di una cella elettrolitica a solfato di rame
attraversata da una quantità di elettricità pari a 25.000 (C).
Soluzione:
Se una quantità di elettricità pari a 1 Faraday (96.490 C) deposita al catodo una quantità di rame
pari all’equivalente chimico, allora per una semplice proporzione, la quantità data deposita:
P
000.25
E
490.96
Q
Da cui:
g23,8
2
g54,63
490.96
000.25
v
P
490.96
000.25E
490.96
000.25P
CuA
Q
23
Esercizio 8:
Determinare il tempo necessario per ricoprire di rame, con uno spessore di 0,25 (mm), una lastra di
dimensioni 20x50 (cm) – di spessore trascurabile – avvalendosi di un procedimento elettrolitico che
utilizza una corrente di 20 (A) e una soluzione di solfato di rame 4
SOCu .
Soluzione:
La lastra sarà utilizzata come catodo della cella elettrolitica con il solfato di rame in soluzione. Sul
catodo si depositerà il rame proveniente dalla neutralizzazione dello ione rame bivalente contenuto
nella soluzione.
La quantità di rame occorrente per ricoprire la lastra con lo strato di spessore richiesto si determina
facilmente:
CuCuVP
Con:
3Cu
cm
g9,8 Peso specifico del rame
CuV Volume di rame
31
Cucm50cm1025,0cm50cm202hba2V
Per cui:
g445cm50cm
g9,8P
3
3
Utilizzando poi la prima legge di Faraday, tenendo presente il peso atomico del rame e la sua
valenza nella soluzione di solfato, si ottiene il tempo necessario:
tiKPCu
iK
Pt
Cu
Con:
490.96v
PK
CuA
Cu
Per cui:
s576.67
s
C20g54,63
C490.962g445
iP
490.96vP
i490.96v
P
Pt
CuACuA
h77,18
h
s600.3
s576.67t
s12min46h18
24
Esercizio 9:
Determinare la quantità di elettricità necessaria per nichelare con uno spessore di 50 , mediante
un processo di galvanostegia, un paraurti avente una superficie di 2dm80 .
3Ni
cm
g8,8
71,58PNiA
2v
Soluzione:
Il paraurti sarà utilizzato come catodo in una cella elettrolitica contenente in soluzione lo ione
nichel bivalente.
La quantità di nichel necessario per ricoprire la superficie del paraurti è determinata da:
VPNi
Con:
3Ni
cm
g8,8
32623cm40
m
cm10m1050cm108hSV
g352cm40cm
g8,8P
3
3
Con la legge di Faraday si determina quindi la quantità di elettricità occorrente:
QKPNi
490.96v
P
490.96
EK
NiANiQ
Ni
Da cui si ricava:
C025.157.1
g71,58
C490.962g352
P
490.96vP
K
PQ
NiANi
Allo stesso risultato si potrebbe pervenire considerando che una quantità di corrente pari a 1
Faraday (96.490 C) deposita una quantità di nichel pari all’equivalente chimico
v
PE
NiA
Q .
Con una semplice proporzione si ottiene:
P
Q
E
C490.96
Q
C026.157.1g352
g2
71,58
C490.96Q
25
Esercizio 10:
Determinare lo spessore del rivestimento in nichel di una lamina di superficie 2dm25 , sapendo
che per elettrodeposizione si è usata una corrente di 10 (A) per un tempo di 30 (min).
3Ni
cm
g8,8
71,58PNiA
2v
Soluzione:
La quantità di nichel bivalente Ni depositato sulla lamina funzionante da catodo si ottiene dalla
prima legge di Faraday:
tiKPNi
L’equivalente elettrochimico del nichel è dato da:
490.96v
P
490.96
EK
NiANiQ
Ni
Quindi si ottiene:
g476,5
min
s60min30
s
C10
C490.962
g71,58ti
490.96v
PP
NiA
Lo spessore di nichel sulla lamina si ottiene da:
hSVPNiNi
m1049,2cm1049,2
dm
cm100dm25
cm
g8,8
g476,5
S
Ph
64
2
2
2
3
Ni
49,2m1049,2h6
Esercizio 11:
Per zincare, con uno spessore di Zn di 0,01 (mm), una certa superficie mediante un processo di
elettrodeposizione, occorrono 2 (h) e l’utilizzo di una corrente di 10 (A).
Determinare le dimensioni della superficie da rivestire.
Soluzione:
La quantità in peso di Zinco liberata sulla superficie – catodo della cella elettrolitica – è dato da:
g34,24s600.3h2s
C10
C
g1039,3tiKP
4
Zn
Dato che lo Zinco ha un peso atomico pari a 65,38 ed è bivalente, il suo equivalente
elettrochimico è dato da:
C
g1039,3
490.962
PK
4A
Zn
26
La quantità di zinco calcolata si deposita in modo uniforme sulla superficie da rivestire
secondo la seguente relazione:
hSVPZnZnZn
Con:
S Area della superficie da rivestire
h Spessore del rivestimento
Da cui si ottiene:
22
3
3
Zn
dm28,34cm428.3
cm10cm
g1,7
g34,24
h
PS
Esercizio 12:
Determinare la quantità di elettricità necessaria affinché all’anodo di una cella elettrolitica si liberi
una quantità di ossigeno pari ad un volume di 3m1V alla temperatura di 27 (°C) e alla
pressione di mmHg700 .
Soluzione:
L’ossigeno gassoso in condizioni standard, cioè alla temperatura di 0 (°C) e alla pressione di 1
(atm), ha un peso specifico pari a
32O
dm
g43,1 .
Occorre quindi determinare il volume che occuperebbe, in condizioni standard, la quantità di
ossigeno data dal problema.
Si ricorre all’equazione di stato dei gas perfetti ove compaiono le tre variabili di stato caratteristiche
dei gas:
TRnVP
L’equazione di stato caratteristica delle condizioni date del gas si esprime con:
111TRnVP
Con:
mmHg700P1
PaP
mmHg700
Pa300.101
mmHg760
1
Pa300.93300.101760
700P
1
3
1m1V
K30027273T1
L’equazione caratteristica delle condizioni standard:
000TRnVP
Con:
Pa300.101P0
0V Incognita del problema
27
K273T0
Dal confronto delle due relazioni e dall’elaborazione del risultato si ottiene il volume che
occuperebbe l’ossigeno se si trovasse nelle condizioni standard:
1
0
11
00
T
T
VP
VP
33
3
01
110
0dm838m838,0
Pa300.101K300
m1Pa300.93K273
PT
VPTV
Il volume d’ossigeno in condizioni standard equivalente a quello dato dal problema corrisponde
dunque ad un peso complessivo pari a:
g198.1dm838dm
g43,1VP
3
302O2O
Si possono adesso applicare le leggi di Faraday tenendo conto del peso atomico dell’ossigeno
bivalente:
QKP2O2O
Da cui si ricava il valore della quantità di corrente necessaria:
2O
2O
K
PQ
Occorre però prima determinare l’equivalente elettrochimico dell’ossigeno:
C
g103,8
C490.962
g16
490.96v
P
490.96
EK
52OAQ
2O
Quindi, in conclusione:
C10445,1
C
g103,8
g198.1
K
PQ
7
52O
2O
Esercizio 13:
Una corrente elettrica che passa per 15 minuti attraverso una cella elettrolitica, provoca - all’anodo
– la liberazione di 500 3cm di ossigeno in condizioni standard di pressione e temperatura. Con la
stessa quantità di elettricità quanti grammi di alluminio si possono depositare al catodo della cella?
Soluzione:
Si utilizza il valore dell’equivalente elettrochimico dell’ossigeno, calcolato nell’esercizio
precedente.
La quantità in peso di ossigeno gassoso liberato all’anodo è pari a:
28
g715,0cm
dm10cm500
dm
g43,1VP
3
3
33
32O2O2O
La quantità di elettricità necessaria per liberare tale peso si ossigeno si determina con la
legge di Faraday:
C614.8
C
g103,8
g715,0
K
PQ
52O
2O
Cui corrisponde un’intensità di corrente pari a:
A57,9
min
s60min15
C614.8
t
Qi
Con la stessa quantità di elettricità si ottiene, al catodo, la liberazione di una quantità d’alluminio
pari a:
g802,0C614.8C
g103,9QKP
5
AlAl
Con:
C
g103,9
C490.963
g98,26
490.96v
PK
5AlA
Al
3vAl
Esercizio 14:
Due celle elettrolitiche, una a nitrato d’argento 3
NOAg e l’altra a solfato di rame 4
SOCu , sono
disposte in serie. Se in 1 (h) si sono depositati 3 (g) di rame al catodo della seconda cella, in 2 (h)
quanto argento si depositerà al catodo della prima cella supponendo di mantenere invariata
l’intensità di corrente?
Soluzione:
Entrambe le celle sono attraversate dalla stessa intensità di corrente per il fatto di essere collegate in
serie.
Considerando il fatto che il solfato di rame origina ioni di rame bivalenti, il peso o massa atomica
del rame, la quantità di rame depositata al catodo della cella ed il tempo, si può determinare la
quantità di elettricità o l’intensità di corrente con le leggi di Faraday:
QKPCuCu
Cu
Cu
K
PQ
L’equivalente elettrochimico può essere determinato con la relazione:
C
g1029,3
C490.962
g54,63
490.96v
P
490.96
EK
4CuACuQ
Cu
Oppure si può utilizzare l’equivalente elettrochimico del rame bivalente dalla tabella
allegata, che riporta:
C
g1029,3K
4
Cu
29
La quantità di elettricità deve quindi essere data da:
C118.9
C
g1029,3
g3
K
PQ
4Cu
Cu
Se la corrente rimane invariata, la quantità di elettricità passante in 2 (h) sarà esattamente il doppio
di quella calcolata:
C236.18Q
Con tale quantità di elettricità sarà liberata, al catodo della seconda cella, una quantità di
argento monovalente pari a:
QKPAgAg
L’equivalente elettrochimico dell’argento si legge sulla tabella, ottenendo, alla fine:
g39,20C236.18C
g10118,1QKP
3
AgAg
Esercizio 15:
Calcolare la tensione da applicare ad una cella elettrolitica contenente una soluzione di solfato di
rame, che presenta una resistenza interna di 3,0 , per poter ramare in 1 ora e mezza una sfera del
diametro di 20 (cm), con uno spessore in rame di 50 .
Soluzione:
S o lu z . d i S O L F A T O D I R A M E
C u S O
+
+
G
S O
R a m e
A n o d o
4
--
C u
-
C a to d o
+C u
+
-
4
30
Il rame dissociato nella soluzione è bivalente.
La quantità di rame che si deve depositare sulla sfera – utilizzata come catodo della cella
elettrolitica – si può ottenere considerando il diametro, lo spessore e il peso specifico del rame:
hr4hSVP2
CuCuCuCuCu
g89,55m
cm100m1050cm104
cm
g9,8P
622
3Cu
Utilizzando l’equivalente elettrochimico del rame bivalente dalla tabella allegata, si determina la
quantità di corrente necessaria e, con il tempo dato, l’intensità di corrente:
tiKPCuCu
A43,31
h
s600.3h5,1
C
g10293,3
g89,55
tK
Pi
4Cu
Cu
La tensione da applicate ai morsetti della cella elettrolitica si ottiene applicando la legge di Ohm e
tenendo conto della resistenza interna della soluzione:
i
VR
I
V43,9A43,313,0iRVi
Esercizio 16:
Nel circuito indicato in figura si ha una cella elettrolitica a nitrato d’argento in cui si depositano 2
grammi d’argento in 15 minuti.
Nello stesso tempo quanto rame si deposita sul catodo dell’altra cella ?
Si suppone che entrambe le soluzioni abbiano una resistenza interna di 5,0 .
Soluzione:
S o lu z . d i S O L F A T O D I R A M E
C u S O
S o lu z . d i N IT R A T O D 'A R G E N T O
A g N O
5 +
+
S O
A n o d o
R a m e
--4
N O
A n o d o
3
-
+
G
-
-
C a to d o
+C u
+
4
C a to d o
+A g
3
-
31
L’intensità di corrente che attraversa la cella contenente la soluzione di nitrato d’argento, ha un
valore pari a:
tiKPAg
tK
Pi
Ag
Utilizzando l’equivalente elettrochimico dell’argento – indicato in tabella – ed il tempo, si
ottiene:
A987,1
s6015C
g10118,1
g2i
3
La tensione ai capi della cella si ottiene con la legge di Ohm, anche tenendo conto della resistenza
interna della soluzione e della resistenza sul circuito esterno:
V93,10A987,15,5iRRVIE
L’intensità di corrente che attraversa la cella contenente solfato di rame si ottiene applicando
la legge di Ohm (resistenze in parallelo):
A86,21
5,0
V93,10
R
Vi
i
1
La quantità di rame che si deposita al catodo della seconda cella si ottiene applicando ancora
la legge di Faraday ove si tiene conto dell’equivalente elettrochimico del rame bivalente
(tabella):
tiKP1CuCu
g478,66015A86,21C
g10293,3P
4
Cu
32
UNA NUOVA DEFINIZIONE DI “COULOMB” – IL COULOMB INTERNAZIONALE
Con l’utilizzo di una cella elettrolitica a nitrato d’argento con anodo in argento purissimo, catodo di
platino e di determinati accorgimenti tecnici quali filtri di protezione sugli elettrodi, si definisce
come nuova misura della quantità di elettricità “ IL COULOMB INTERNAZIONALE ” come
quella quantità necessaria per depositare al catodo una quantità d’argento pari a 3
10117972,1
grammi.
Dalla definizione del “Coulomb Internazionale” si ottiene poi una nuova definizione dell’intensità
di corrente – L’AMPERE INTERNAZIONALE.
IL VALORE DELLA CARICA ELETTRICA ELEMENTARE
Ci si propone, utilizzando le teorie relative alla conduzione elettrolitica e le leggi di Faraday, di
giungere a determinare il valore della carica elettrica dell’elettrone e paragonandolo poi al valore
già determinato con l’esperienza di Millikan (gocce d’olio in un campo elettrico uniforme).
Per tale dimostrazione è indispensabile la conoscenza del Numero d’Avogadro A
N cioè il numero
di atomi contenuti in una quantità di sostanza pura pari alla massa atomica (o peso atomico)
dell’elemento stesso.
Tale numero coincide con il numero di molecole contenute in una quantità di composto pari alla
massa molecolare (peso molecolare) del composto stesso.
Si dovrà dunque tener conto di:
molecolagrammo
molecole1002252,6
atomogrammo
atomi1002252,6N
2323
A
Si immagini ora di avere a disposizione una cella elettrolitica contenente una soluzione di
nitrato d’argento al cui catodo si libera argento puro per effetto del processo d’elettrolisi.
La quantità d’argento M monovalente che si deposita su catodo, dipende dalla quantità
d’elettricità Q , dal numero d’Avogadro A
N , dalla valenza v, dalla massa atomica
dell’argento Ag
M e dalla carica elettrica elementare e .
Tale quantità è stabilita dalle leggi di Faraday che sono riassunte nella relazione:
QevN
MM
A
Ag
Da tale relazione si potrebbe ottenere il valore della carica elementare “e”:
QMvN
Me
A
Ag
Si immagini dunque di procedere con l’elettrolisi della soluzione di nitrato d’argento sino ad
ottenere la liberazione di una quantità d’argento monovalente, al catodo della cella, pari alla
massa atomica dell’argento, cioè:
g87,107MMA
33
D’altra parte occorre ricordare che una quantità d’elettricità pari ad 1 (Coulomb) è in grado
di liberare una quantità d’argento (nella cella a nitrato d’argento) pari all’equivalente
elettrochimico Ag
K , cioè g10117972,13
.
Per liberare un grammo-atomo di argento è quindi necessaria una quantità d’elettricità pari
a:
Coulomb2,487.96
C
g10117972,1
g87,107Q
3
Tenendo presente che l’argento è monovalente si ottiene quindi il valore della carica
elementare:
C2,487,96
g87,107atomo
.elett1
atomogrammo
atomi1002252,6
atomogrammo
g87,107
QMvN
Me
23A
Ag
.elettr
C10602107,1e
19
34
I GENERATORI VOLTAICI
Un qualsiasi generatore di tensione è in grado di prelevare energia da una fonte utilizzandola poi per
generare e mantenere la polarizzazione elettrica dei suoi morsetti terminali.
L’energia prelevata serve quindi al generatore per separare artificialmente le cariche positive da
quelle negative vincendo le naturali azioni elettrostatiche che tenderebbero ad annullare la
polarizzazione riequilibrando i potenziali elettrici ai morsetti.
Sono classificati come “ GENERATORI VOLTAICI “ i dispositivi in grado di trasformare energia
chimica in energia elettrica.
Si tratta essenzialmente dei generatori di tensione che prendono il nome di “PILE” ed
“ACCUMULATORI “ il cui funzionamento è strettamente correlato al fenomeno di conduzione
elettrolitica, ai fenomeni elettrochimici di contatto tra conduttori solidi metallici (elettrodi) e le
soluzioni elettrolitiche dei loro sali in cui sono immersi e ai fenomeni elettrici che si manifestano al
contatto di due metalli di diversa natura.
Il contatto tra metalli di diversa natura (mantenuti alla stessa temperatura) produce il fenomeno che
prende il nome dallo scienziato Alessandro Volta e che è definito “ EFFETTO VOLTA ”.
L’EFFETTO “VOLTA”
L’effetto “Volta” è un importante fenomeno elettrico che si manifesta allorché due conduttori
metallici di diversa specie e caratterizzati dalla stessa temperatura sono posti a contatto.
Tra i due conduttori si genera una differenza di potenziale elettrostatico il cui valore dipende
essenzialmente dalla tipologia dei conduttori e da altre condizioni fisiche quali, ad esempio, lo stato
di aggregazione, la pulizia delle superfici a contatto, i trattamenti superficiali ecc. ecc.
La comparsa di una differenza di potenziale elettrostatico tra i due metalli non può che essere
causato da un fenomeno di elettrizzazione superficiale che comporta una separazione delle cariche
di segno opposto.
In altre parole “l’effetto Volta” provoca in modo del tutto naturale – cioè senza prelievo di energia
dall’ambiente esterno – la polarizzazione elettrica dei due conduttori collegati ed è, in questo senso,
assimilabile ad un processo di carica di un condensatore.
La causa che innesca l’effetto Volta è da ricercarsi nel diverso livello energetico posseduto dagli
elettroni appartenenti al reticolo cristallino dei metalli.
La differenza di potenziale è generata dalla migrazione spontanea degli elettroni di conduzione da
un metallo all’altro e dal conseguente squilibrio dello stato di neutralità elettrica iniziale.
Il metallo che assorbe elettroni assume una carica negativa ed un potenziale minore, mentre, il
metallo che cede elettroni diventa il polo positivo ed assume un potenziale più elevato.
Ad esempio, nel contatto tra un conduttore di rame Cu ed uno di zinco Zn , lo zinco si porta ad un
potenziale maggiore di circa V1 rispetto a quello del rame. Ciò è spiegabile se si immagina che,
nel punto di contatto tra i due conduttori, un certo numero di elettroni di conduzione contenuti nello
zinco – sino a quel momento in una condizione di neutralità elettrica – siano costretti a trasferirsi
nel rame provocando in questo modo uno squilibrio di carica sia nello zinco che nel rame.
35
Si può dire che il reticolo cristallino del rame e gli atomi che lo compongono hanno la caratteristica
di attirare elettroni con una forza maggiore rispetto a quella tipica del reticolo e degli atomi di zinco
ed è per questo motivo che il rame è in grado di sottrarre elettroni allo zinco elettrizzandosi
negativamente.
Nel disegno sottostante è rappresentato l’effetto Volta tra una lastra di zinco ed una di rame poste
ad una distanza d e collegate tra loro mediante cavi conduttori di rame e zinco.
La lastra di zinco, perdendo elettroni di conduzione, assume il potenziale A
V ed il ruolo di armatura
positiva di un condensatore; la lastra di rame, assorbendo elettroni, assume il potenziale B
V ed il
ruolo di armatura negativa.
La differenza di potenziale BA
VVV , per tali materiali, risulta essere di circa 1 (V).
-
Z IN C O
R A M E
P u n to d i c o n ta ttoe -
R a m e -Z in c o
AV
BV
+ + ++ ++ ++ +++ + ++ + ++
- - - - --- -- ---- - - -- -- - - -
E
E
d 1 (V )
R 14 – 8/5 – EFFETTO VOLTA TRA RAME E ZINCO
+++ ++ ++ ++ +++
V B
----- - -- -R A M E
- -- ---
VA Z IN C O
E
+ +++ +
---- --- -
E
e-
P u n to d i c o n ta tto
R a m e -Z in c o
R 14 – 9/5 – EFFETTO VOLTA TRA RAME E ZINCO
36
Tra le armature si istaura di conseguenza un campo elettrico uniforme E il cui valore dipende dalla
distanza tra lastre e dalla costante dielettrica del materiale interposto:
dEq
dqE
q
dF
q
WVVV
EAB
BA
d
VE
L’effetto Volta tra i due conduttori provoca quindi un passaggio di corrente elettronica che si arresta
però non appena si raggiunge la differenza di potenziale tipica.
Non è quindi possibile utilizzare il dispositivo come generatore di corrente anche per il fatto che,
per farlo, occorrerebbe chiudere il circuito con un altro conduttore (ad esempio di rame) creando
così un altro punto di contatto.
L’effetto Volta, così come descritto, non può essere utilizzato per realizzare generatori di corrente.
+ +
-
++ ++ ++ +++
V B
--- --- --- - - - -R A M E
V eA
-
Z IN C O
E
+ +++ ++
E
---- - - - - -
e -
R a m e -Z in c o
P u n to d i c o n ta tto
R 14 – 10/5 – EFFETTO VOLTA TRA RAME E ZINCO – CHIUSURA CIRCUITO
In ogni caso la sperimentazione che effettuò Alessandro Volta allo scopo di indagare il fenomeno, si
concluse con la formulazione di leggi specifiche e la scoperta di una metodologia che, unitamente al
37
fenomeno stesso, permise la realizzazione del primo generatore di corrente continua di tipo
voltaico.
Si tratta della PILA DI VOLTA.
LE LEGGI DI VOLTA
Il fenomeno definito “EFFETTO VOLTA” è regolato dalle seguenti tre leggi:
Prima legge:
La differenza di potenziale V che si genera tra due conduttori metallici alla stessa
temperatura posti a contatto, non dipende dalla forma e/o estensione del punto di contatto,
ma solo dalla natura chimica e dallo stato fisico dei conduttori.
Seconda legge:
Se si realizza una catena di conduttori diversi, collegati tra loro con giunture alla stessa
temperatura, la differenza di potenziale V che si genera tra il primo e l’ultimo metallo della
catena è uguale a quella che si genererebbe se i due metalli fossero collegati direttamente tra
loro.
-
Z IN C O
R A M E
P u n to d i c o n ta tto
R a m e -P io m b o
AV
BV
+ + ++ ++ ++ +++ + ++ + ++
- - - - --- -- ---- - - -- -- - - -
P io m b o N ic h e l
F e r ro
A rg e n toO ro
P u n to d i c o n ta tto
N ic h e l-F e r ro
P io m b o -N ic h e l
P u n to d i c o n ta tto
A rg e n to -F e r roP u n to d i c o n ta tto
A rg e n to -O roP u n to d i c o n ta tto
O ro -Z in c oP u n to d i c o n ta tto
V = 1 (V )
R 14 – 11/5 – CATENA DI CONDUTTORI CON GIUNTURE ISOTERME
Per esempio, se la catena è formata, come da disegno sopra riportato, dal collegamento
isotermo dei conduttori Zinco-Piombo-Nichel-Ferro-Argento-Oro-Rame, si avrà tra il primo
(Zinco) e l’ultimo (Rame) la stessa differenza di potenziale di circa 1 (V) come se lo Zinco
ed il Rame fossero collegati direttamente tra loro senza altri elementi intermedi.
In base a tale considerazione se i terminali della catena sono costituiti dello stesso materiale,
tra essi non si produce alcuna differenza di potenziale e, di conseguenza, non è possibile
utilizzare un simile dispositivo per generare corrente elettrica.
38
La circolazione di corrente continua presuppone, infatti, l’esistenza di un circuito chiuso e la
presenza di un generatore di tensione che provochi artificialmente il movimento degli
elettroni di conduzione contenuti nel circuito stesso.
Supponendo ora di utilizzare come generatore di tensione la catena di conduttori sopra
indicata con terminali in rame e zinco, la realizzazione di un circuito richiede comunque un
collegamento dei poli con un ulteriore cavo conduttore.
A questo scopo si dovrà necessariamente provvedere a disporre altri due cavi su appositi
morsetti ai terminali di rame e zinco.
Considerando che, solitamente, il materiale che si utilizza per la realizzazione dei circuiti è il
rame, si giunge facilmente alla conclusione che, essendo ora i terminali dello stesso
materiale, non è più presente alcuna tensione.
Z IN C O
R A M E
P io m b o N ic h e l
F e r ro
A rg e n toO ro
R A M E
R A M E
V = 0 (V )
R 14 – 12/5 – CATENA DI CONDUTTORI CON TERMINALI IN RAME 0V
Terza legge:
Nella terza legge è contenuta la metodologia che permette la realizzazione del generatore
voltaico (Pila di Volta) sfruttando la differenza di potenziale, anche se i terminali di una
catena di conduttori sono dello stesso materiale.
Se in una catena di conduttori, collegati tra loro mediante giunture isoterme, è
inserita (per esempio, imbevendo un pezzo di stoffa) una soluzione acquosa di
un sale, un acido o una base (soluzione elettrolitica), compare ai terminali una
certa differenza di potenziale, anche se i terminali sono dello stesso materiale.
Si può quindi affermare che la presenza della soluzione elettrolitica tra metalli diversi
annulla quanto stabilito dalla seconda legge.
39
LA PILA DI VOLTA
Il primo generatore voltaico (pila di Volta) sfrutta appunto quanto contenuto nella terza legge ed è
in grado di mantenere inalterata la differenza di potenziale tra i morsetti terminali provocando il
movimento d’elettroni – cioè corrente elettrica – nel circuito esterno che li collega.
Occorre inoltre tenere in considerazione l’ulteriore fenomeno di elettrizzazione che subiscono le
sostanze, specialmente i conduttori metallici, quando sono immersi in una soluzione elettrolitica e,
in special modo, una soluzione entro cui è disciolto un sale del metallo in esame.
Si dovrà tenere conto dei POTENZIALI STANDARD di OSSIDO-RIDUZIONE delle sostanze con
cui sono realizzati gli elettrodi, in riferimento al potenziale nullo assunto da un elettrodo
all’idrogeno.
E’ essenzialmente costituito da una catena di conduttori di rame e zinco (di forma cilindrica ed
impilati).
Ogni coppia è separata da quella inferiore da un disco di feltro imbevuto con una soluzione debole
di acido solforico.
Le estremità della pila sono costituite da un disco di zinco (superiore) e uno di rame (inferiore) sui
quali sono applicati morsetti e cavi di rame.
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
C u 5
4
C u
3
2
1
-
A
A
-C u 1 0
Z n
2
C u
4
Z n
2
C u
4
-
9
8
+
7
6
+
A
A
A
-2C u
C u
Z n
2 4
Z n
2 4
-
5
4
+
3 +
Z n
2 4
1 +
R 14 – 13/5 – PROTOTIPO DELLA PILA DI VOLTA
FUNZIONAMENTO DELLA PILA DI VOLTA.
Si supponga di chiudere il circuito, ad esempio collegando i terminali di rame con i capi di una
resistenza esterna R, e di esaminare il funzionamento della pila tenendo conto del solo Effetto
Volta.
Si suppone inoltre che i dischi terminali di rame e zinco siano dotati di morsetti entrambi dello
stesso metallo (o rame o zinco).
Nel punto 1, ove il cavo esterno di rame è collegato al disco superiore di zinco, si manifesta
l’effetto Volta e, di conseguenza, il disco inferiore di rame 10 sottrae elettroni al disco
superiore di zinco 1 . Il disco di zinco 1 diventa polo positivo e si porta ad un potenziale A
V
superiore al potenziale B
V che assume il disco di rame 10 che diventa polo negativo.
40
Anche nei punti di contatto tra i dischi di rame e zinco (punti 2-3-4-5) compare l’effetto Volta
provocando la comparsa di una differenza di potenziale di circa 1 (V) in tutte le coppie di dischi.
Anche in questo caso i dischi di zinco si caricano positivamente, mentre, sono negativi quelli di
rame. Il polo positivo di un disco di zinco ed il polo negativo del disco di rame, separati dal
feltro con la soluzione debole di acido solforico, generano un campo elettrico nello spazio che li
separa, quindi all’interno della soluzione elettrolitica.
Nei dischi di feltro A, imbevuti di una soluzione diluita di acido solforico, sono presenti ioni
dissociati di idrogeno H e i rispettivi radicali acidi
4SO
442
SOH2SOH . Gli ioni
positivi d’idrogeno H , spinti dalla forza elettrostatica del campo generato dai dischi, si
dirigono sui dischi negativi di rame ove, prelevando elettroni, tornano allo stato neutro. I
radicali acidi
4SO si dirigono verso i dischi di Zinco ove cedono elettroni tornando allo stato
neutro e dando luogo ad altre reazioni.
Il risultato dell’azione dei dischi di rame e zinco sugli ioni della soluzione, si può quindi
riassumere con un passaggio di cariche negative dal disco di rame inferiore 10 al disco di
zinco superiore 1 . L’effetto Volta nei punti di contatto tra le coppie di dischi affacciati riporta
la differenza di potenziale al valore nominale non appena giungono elettroni sullo zinco e
vengono a mancare sul rame.
La differenza di potenziale iniziale tenderebbe quindi ad annullarsi, ma per effetto Volta nel
punto 1, il rame del disco 10 torna ad assorbire elettroni dal disco 1 e ripristina la differenza
di potenziale originale.
Si genera in questo modo una corrente elettronica nel cavo di collegamento che costituisce il
circuito esterno ed una doppia corrente (elettronica e ionica) nel corpo vero e proprio della pila.
Precisamente: le coppie di dischi rame-zinco sono attraversate dalla corrente elettronica interna,
mentre, i feltri contenenti la soluzione elettrolitica, sono attraversati dalla corrente ionica.
C u
Z n
C u
Z n
C u
Z n
Z n
C u
C u
Z n
C u
C u
S o lu z . H S O2 4
S o lu z . H S O2 4
S o lu z . H S O2 4
S o lu z . H S O2 4
S o lu z . H S O2 4
e -
e -
R
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
C u
C u
R
i
C u
Z n
2
C u
4
Z n
2
C u
4
C u
C u
Z n
2 4
Z n
2 4
Z n
2 4
r
ri
ri
R 14 – 14/5 – FUNZIONAMENTO DELLA PILA – CORRENTE REALE
41
Nel circuito esterno, con direzione dallo zinco al rame, circola dunque una corrente reale R
i
la cui intensità dipende dal valore della resistenza interna e della resistenza interna della
pila.
La corrente convenzionale C
i , che abitualmente si considera in circolazione dal polo
positivo al polo negativo del generatore come se si trattasse del movimento di cariche
positive, è diretta quindi nel senso opposto, cioè dal rame allo zinco.
Di conseguenza il rame costituisce la polarità positiva, lo zinco quella negativa.
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
S o lu z . H S O
C u
C u
R
i
C u
Z n
2
C u
4
Z n
2
C u
4
C u
C u
Z n
2 4
Z n
2 4
Z n
2 4
c
ci
+
-
R 14 – 15/5 – FUNZIONAMENTO DELLA PILA – CORRENTE CONVENZIONALE E POLI
In realtà il funzionamento della pila è sensibilmente più complesso in quanto coinvolge i fenomeni
elettrochimici di contatto tra metalli e soluzioni elettrolitiche e le variazioni di potenziale dovute
alla dissoluzione degli elettrodi con formazione e passaggio di ioni dai metalli alle soluzioni.
LA SEMPLIFICAZIONE DELLA PILA DI VOLTA
Il generatore voltaico a dischi di rame, zinco e feltro imbevuto dalla soluzione debole di acido
solforico può essere notevolmente semplificato dal semplice dispositivo costituito da un recipiente
contenente la soluzione acquosa debole di acido solforico in cui sono immersi parzialmente un
elettrodo di rame ed uno di zinco.
Gli elettrodi sono collegati tra loro da un cavo conduttore di rame costituente il circuito esterno sul
quale possono essere collocati i vari utilizzatori e dispositivi.
42
Z nC u
C u
C u
S o lu z . H S O2 4
H+
+ H
-S O
4
-
R
2 e -
-e
e -
H
H
H2 Z n S O 4
-e
-e
i rri
i r
+-
Z n
S O4
e
e-
-
e
e
+2 e
ri
Z n S O
S o lu z . H S O
H
H
H
H
+
+
H2
S O
S O--
4
4
Z n4
2 4
-
C u
R
ci
C u Z n
-
-
i c
+C u
R 14 – 16/5 – PILA DI VOLTA SEMPLIFICATA – CORRENTE REALE E CONVENZIONALE
Se si considera il dispositivo voltaico a circuito aperto, cioè senza il collegamento tra gli
elettrodi immersi e con gli elettrodi dotati di morsetti terminali dello stesso metallo – ad esempio
ottone -, l’effetto Volta non è presente, ma tra gli elettrodi si misura comunque una differenza di
potenziale non nulla.
Tale tensione o forza elettromotrice della pila a circuito aperto è il risultato della somma algebrica
delle tensioni che si manifestano tra i metalli degli elettrodi e la soluzione elettrolitica.
Rappresenta teoricamente e praticamente il processo inverso dell’elettrolisi cioè la trasformazione
di energia chimica in energia elettrica ed una conferma della teoria elettronica della valenza, per la
quale il meccanismo delle reazioni chimiche è interpretato come uno scambio di elettroni tra i
diversi atomi o gruppi atomici costituenti i prodotti e i reagenti.
In sostanza si tratta di considerare la tendenza posseduta da una sostanza metallica, quando è
immersa in una soluzione contenente un suo sale, a cedere alla soluzione ioni positivi trattenendo
gli elettroni di valenza.
Tale fenomeno provoca la comparsa di una tensione elettrica tra il metallo e la soluzione in quanto:
Il metallo, cedendo ioni positivi e trattenendo elettroni di valenza, si elettrizza
negativamente.
La soluzione, assorbendo gli ioni positivi del metallo disciolto, si elettrizza positivamente.
Nel caso particolare della pila DANIELL – che si prende in esame successivamente - in cui elettrodi
di rame e zinco sono immersi rispettivamente in soluzioni contenenti un proprio sale (solfato di
zinco per l’elettrodo di zinco e solfato di rame per l’elettrodo di rame), si ha una cessione di ioni
bivalenti
Cu e Zn dagli elettrodi alle soluzioni e una conseguente l’elettrizzazione negativa –
in quanto gli elettroni di valenza restano all’interno del reticolo cristallino – degli elettrodi stessi.
Si ha dunque differenza di potenziale tra i metalli degli elettrodi e la soluzione elettrolitica.
Dato che lo zinco cede un numero maggiore di ioni positivi rispetto al rame, l’elettrizzazione
negativa è maggiore ed il rame acquista dunque un potenziale maggiore.
43
I fondamenti teorici sono contenuti nella “Teoria Osmotica” - sperimentata e spiegata da Nernst – in
base alla quale si sono poi costruite apposite tabelle contenenti i cosiddetti “POTENZIALI DI
OSSIDO-RIDUZIONE” dei metalli e materiali più comunemente utilizzati, rispetto al potenziale
nullo di riferimento di un elettrodo di platino ricoperto da idrogeno.
La tabella che segue riporta i potenziali normali, espressi in Volt, dei più comuni materiali immersi
in una soluzione del proprio sale (per specifiche condizioni si vedano i testi di chimica ed
elettrochimica).
Le differenze di potenziale che si generano tra elettrodi immersi si possono ricavare utilizzando i
dati della tabella per somma algebrica dei rispettivi potenziali.
Ox + ne- Red E°
Li+ + e- Li -3,045
K+ + e- K -2,925
Ba++ + 2e- Ba -2,9
Ca++ + 2e- Ca -2,87
Na+ + e- Na -2,714
Mg++ + 2e- Mg -2,37
Be++ + 2e- Be -1,85
Al+++ + 3e- Al -1,66
Ti++ + 2e- Ti -1,63
Mn++ + 2e- Mn -1,18
V++ + 2e- V -1,18
Zn++ + 2e- Zn -0,763
Cr+++ + 3e- Cr -0,74
Fe++ + 2e- Fe -0,44
Cd++ + 2e- Cd -0,403
Co++ + 2e- Co -0,277
Ni++ + 2e- Ni -0,25
Sn++ + 2e- Sn -0,136
Pb++ + 2e- Pb -0,126
2 H+ + 2e- H2 0,000
Cu++ + 2e- Cu +0,337
O2 + 4e- + 2 H2O 4 OH- +0,401
Cu+ + e- Cu +0,521
I2 + 2e- 2 I- +0,536
Hg++ + 2e- 2 Hg +0,789
Ag+ + e- Ag +0,799
Rh+++ + 3e- Rh +0,8
Pd++ + 2e- Pd +0,987
Br2 + 2e- 2 Br- +1,065
Cl2 + 2e- 2 Cl- +1,359
44
Au+++ + 3e- Au +1,50
Au+ + e- Au +1,68
F2 + 2e- 2 F- +2,87
Ox + ne- Red E°
2 SO3-- + 2
H2O + 2e- S2O4
-- + 4 OH- -1,12
SO4-- + H2O + 2e- SO3
-- + 2 OH- -0,93
Cr+++ + e- Cr++ -0,41
2 SO4-- + 4 H+ + 2e- S2O6
-- + 2 H2O -0,22
CrO4-- + 4
H2O + 3e- Cr(OH)3 + 5 OH- -0,13
S4O6-- + 2e- 2 S2O3
-- +0,08
Sn++++ + 2e- Sn++ +0,154
Cu++ + e- Cu+ +0,153
SO4-- + 4 H+ + 2e- H2SO3 + H2O +0,17
Fe(CN)6--- + e- Fe(CN)6
---- +0,36
MnO4- + e- MnO4
-- +0,564
MnO4-- + 2
H2O + 2e- MnO2 + 4 OH- +0,60
O2 + 2 H+ + 2e- H2O2 +0,682
Fe+++ + e- Fe++ +0,771
2 Hg++ + 2e- Hg2++ +0,920
NO3- + 4 H+ + 3e- NO + 2 H2O +0,96
MnO2 + 4 H+ + 2e- Mn++ + 2 H2O +1,23
Tl+++ + 2e- Tl+ +1,25
Cr2O7-- + 14
H+ + 6e- 2 Cr+++ + 7 H2O +1,33
MnO4- + 8 H+ + 5e- Mn++ + 4 H2O +1,51
MnO4- + 4 H+ + 3e- MnO2 + 2 H2O +1,695
Co+++ + e- Co++ +1,842
S2O8-- + 2e- 2 SO4
-- +2,01
La differenza tra il potenziale del rame e dello zinco è quindi la tensione della pila voltaica a
circuito aperto (si ottiene sommando algebricamente i potenziali del rame e zinco
V1,1337,0763,0V .
Tale differenza di potenziale corrisponde ad uno stato d’equilibrio tra tensioni elettriche che
tendono a dissolvere in ioni gli elettrodi e le forze elettriche attrattive tra l’elettrodo e la soluzione
che tenderebbero a ricongiungere gli ioni liberi con il proprio metallo.
45
Si suppone ora di chiudere il circuito collegando gli elettrodi con il cavo di rame, semplificare il
fenomeno rinunciando alla differenza di potenziale elettrochimica e riprendere in considerazione
l’effetto Volta.
Nel punto di contatto tra l’elettrodo di zinco ed il cavo di rame, per effetto Volta, gli elettroni
passano dallo zinco al rame generando così una differenza di potenziale ed un campo elettrico nella
soluzione elettrolitica che contiene ioni H e
4SO .
Il campo elettrico e la differenza di potenziale sarebbero stabili se non fosse presente la soluzione
elettrolitica.
Ma il campo elettrostatico spinge gli ioni verso gli elettrodi e, precisamente:
Gli ioni positivi H verso l’elettrodo di rame che, per effetto Volta, si elettrizza
negativamente assorbendo elettroni dallo zinco. Giunti all’elettrodo negativo gli ioni
idrogeno estraggono da esso elettroni tornando neutri. Atomi neutri di idrogeno si
combinano a due a due formando la molecola gassosa d’idrogeno e raggruppandosi in bolle
che, in parte salgono in superficie ed in parte stazionano in prossimità dell’elettrodo
ricoprendolo parzialmente.
Gli ioni negativi
4SO verso l’elettrodo di zinco che, per effetto Volta, si elettrizza
positivamente cedendo elettroni al rame. Giunti all’elettrodo positivo gli ioni cedono ognuno
due elettroni tornado allo stato neutro e, combinandosi immediatamente con gli atoni
superficiali di Zinco dell’elettrodo, formano solfato di zinco 4
SOZn che torna in soluzione
dissociandosi parzialmente.
La concentrazione della soluzione originale subisce in questo modo importanti variazioni.
Il risultato finale dell’effetto Volta combinato con il fenomeno elettrolitico è il trasferimento di due
elettroni dal rame allo zinco per ogni molecola dissociata di acido solforico.
L’elettrodo di zinco tende quindi a ridurre il grado di elettrizzazione positiva dovuto all’effetto
Volta e viceversa l’elettrodo di rame.
La differenza di potenziale tra gli elettrodi si riduce consentendo all’effetto Volta di riportarlo al
valore originale pari alla differenza tra il potenziale d’estrazione caratteristico dei due metalli, cioè
circa 1 (V).
Nel conduttore di rame esterno si ha quindi un trasferimento continuo di elettroni dallo zinco al
rame che deve essere inteso come corrente reale r
i .
Ma, anche in questo caso, si decide di utilizzare la corrente convenzionale che, essendo per
definizione un movimento di cariche positive, è esattamente opposta a quella reale.
Dato che le cariche positive si spostano da punti a potenziale maggiore verso punti a potenziale
minore, ciò equivale a considerare l’elettrodo di rame come polo positivo e quello di zinco come
polo negativo.
LA POLARIZZAZIONE DELLA PILA DI VOLTA
Occorre prendere in considerazione i risultati sperimentali che si ottengono utilizzando la pila
voltaica come generatore di corrente.
Ciò significa chiudere il circuito esterno interponendo una resistenza esterna provocando il
passaggio di corrente e, nello stesso tempo, procedere con misure volt-amperometriche (cioè
misurare l’intensità di corrente e la tensione) sul circuito esterno e ai morsetti degli elettrodi.
Inizialmente si noterà che l’intensità di corrente misurata è sensibilmente uguale a quella che,
analiticamente, potrebbe essere ricavata dall’applicazione della legge di Ohm tenendo conto sia
46
della resistenza esterna che di quella interna (si intende per resistenza interna quella che oppone la
soluzione elettrolitica al movimento ionico):
i
VRR
IE
Da cui:
IERR
Vi
Entro breve tempo si noterà dapprima una sensibile diminuzione sia della tensione ai morsetti -
inizialmente la tensione è approssimativamente uguale ad 1 (V) – che dell’intensità di corrente, alla
fine l’annullamento sia della tensione che della corrente.
Il generatore voltaico perde velocemente la capacità di produrre corrente elettrica a causa di due
fenomeni concomitanti:
La diminuzione dell’energia chimica provocata dalla variazione della composizione chimica
dell’elettrolita 42
SOH . Il radicale acido
4SO si neutralizza all’elettrodo di zinco e,
reagendo con lo zinco, forma solfato di zinco 4
SOZn il quale, dissociandosi, produce ioni
positivi Zn che si dirigono all’elettrodo di rame, prelevano due elettroni e si neutralizzano
depositandosi sul rame. In questo modo si produce un nuovo ed indesiderato contatto Zinco-
Rame con un nuovo effetto Volta di tipo contrario a quello iniziale.
La formazione di bolle di idrogeno gassoso 2
H che avvolgono l’elettrodo di rame, lo
isolano parzialmente dalla soluzione elettrolitica ed impediscono che altri ioni idrogeno
possano neutralizzarsi prelevando elettroni dall’elettrodo stesso. Tale fenomeno corrisponde
ad un aumento della resistenza interna della pila oppure alla formazione di un contro-
tensione detta forza “controelettromotrice”.
Il fenomeno di graduale diminuzione della f.e.m. efficace della pila, sino al suo completo
annullamento, prende il nome di “POLARIZZAZIONE della pila voltaica”.
+-C u Z n
Z n S O
H
H
S o lu z . H S O
-e
H
-e
H
2
H
e -+
ri
-2 e
S O
Z n
4
S O
+
4
--
4
2
4-e
C u
ri
R
C u
i r
R 14 – 17/5 – POLARIZZAZIONE DEL GENERATORE VOLTAICO
47
Per evitare questo grave inconveniente occorre impedire all’idrogeno gassoso di depositarsi sul
rame (o, in generale, sull’elettrodo positivo).
Ciò si ottiene circondando tale elettrodo con sostanze che, reagendo chimicamente con l’idrogeno,
hanno l’effetto di eliminarlo o ridurre la deposizione.
L’impiego di tali sostanze, che sono definite “ DEPOLARIZZANTI “, è effettuato nelle particolari
pile dette “Pile a depolarizzante”.
LE PILE A DEPOLARIZZANTE
Tra le più comuni “Pile a depolarizzante” si ricordano le seguenti:
1. Pila DANIELL
2. Pila LECLANCHE’
3. Pila a secco per dispositivi portatili
4. Pila WESTON
PILA DANIELL
L’effetto depolarizzante è dovuto al solfato di rame che combinandosi con gli ioni zinco positivi e
bivalenti si trasforma in solfato di zinco e ioni liberi di rame bivalente.
Ciò impedisce allo zinco di depositarsi sull’elettrodo di rame e provocare un conto effetto Volta.
Z n S O 4 4Z n S OC u S O 4C u S O 4
C u
ri ri
C u
R
S O 4
C ui r
R
i
C u
r
Z n
- -
+ +
+ +C u C u
+ +
- -
4S O S O- -
4
4S O
+ +Z n
- -
C u S O 4
+ +Z n+
C uZ n S O 4+
+ += = +
C u S O 4+
+ +C uZ n S O 4
Z n+ +
P a re te p o ro s a P a re te p o ro s a
R 14 – 18/5 – PILA DANIELL – PILA A DEPOLARIZZANTE
La pila DANIELL è composta essenzialmente da:
Un recipiente esterno
Un recipiente interno con pareti porose
Una soluzione elettrolitica di Solfato di Zinco 4
SOZn contenta nel volume compreso tra
le pareti del recipiente esterno e quelle del recipiente interno
Una soluzione elettrolitica di Solfato di Rame 4
SOCu contenuta nel recipiente interno
Un elettrodo cilindrico di rame immerso nella soluzione di Solfato di rame al centro del
recipiente interno
48
Una piastra metallica di zinco piegata a forma cilindrica costituente l’altro elettrodo
contenuto nella soluzione di Solfato di zinco del recipiente esterno
Morsetti e cavi di collegamento di rame
Funzionamento della pila DANIELL a depolarizzante tenendo in considerazione il solo Effetto
Volta:
Il solfato di zinco è contenuto nel volume compreso tra le pareti dei due recipienti ed in esso
è immerso la piastra di zinco piegata a formare un cilindro. La soluzione elettrolitica di
solfato di zinco 4
SOZn è composta di molecole indissociate, di ioni positivi bivalenti di
Zinco Zn e radicali acidi
4SO .
Il solfato di rame è invece contenuto nel recipiente interno – di diametro minore – ed in esso
è immerso l’elettrodo cilindrico di rame. La soluzione elettrolitica di solfato di rame
4SOCu è composta di molecole indissociate, di ioni positivi bivalenti di rame
Cu e
ancora da radicali acidi
4SO .
Le due soluzioni elettrolitiche, essendo separate dalle pareti porose del recipiente interno,
non si miscelano.
Collegando i due elettrodi con un conduttore di rame si manifesta l’effetto Volta nel punto
di contatto. Il rame assorbe elettroni dallo zinco e si polarizza negativamente, mentre, lo
zinco assume carica positiva a causa della perdita degli elettroni. Si genera quindi un campo
elettrico all’interno delle due soluzioni che è diretto dallo zinco (positivo) a rame (negativo).
I radicali acidi negativi bivalenti
4SO , contenuti in entrambe le soluzioni, si dirigono
verso l’elettrodo positivo di zinco (esterno), cedono gli elettroni di valenza ritornando allo
stato neutro e si combinano immediatamente con lo zinco dell’elettrodo formando altro
solfato di zinco che si dissocia parzialmente. Dapprima giungono all’elettrodo positivo i
radicali acidi contenuti nella soluzione di solfato di zinco, poi, dopo aver attraversato il setto
poroso del recipiente che li contiene, i radicali acidi contenuti nel recipiente interno con
solfato di rame. La cessione di elettroni da parte dei radicali acidi determina un momentaneo
calo di elettrizzazione positiva dello zinco.
Gli ioni positivi
Cu contenuti nel repente interno si dirigono verso l’elettrodo centrale di
rame, reso negativo dall’effetto Volta, ove prelevano gli elettroni sufficienti a riportarli allo
stato neutro e si depositano sull’elettrodo provocandone un aumento di spessore. Gli ioni
positivi Zn , contenuti nel recipiente esterno, attraversano il setto poroso, si dirigono
anch’essi sull’elettrodo di rame, ma, prima di giungere all’elettrodo, si combinano con le
molecole di solfato di rame sostituendo il rame nella molecola e formando solfato di zinco
che si dissocia parzialmente e torna in soluzione.
CuSOZnSOCuZn44
La formazione di solfato di zinco nel recipiente interno libera ioni di rame che, attirati
dall’elettrodo negativo, assorbono elettroni e si depositano e, nello stesso tempo, impedisce
agli ioni Zn di depositarsi sull’elettrodo di rame.
In questo modo si evita di generare un contro-effetto Volta sull’elettrodo.
49
La soluzione di solfato di rame che si trasforma in solfato di zinco è l’elemento
depolarizzante della pila.
L’effetto finale del movimento di ioni nei due recipienti è il trasporto di cariche negative
dall’elettrodo interno di rame all’elettrodo esterno di zinco, il momentaneo decremento del grado di
polarizzazione di entrambi gli elettrodi e l’immediato ripristino per effetto Volta.
In conclusione:
L’elettrodo di positivo non si polarizza e le soluzioni, non subendo repentini cambiamenti di
stato, mantengono nel tempo la loro energia elettrochimica.
Nel circuito esterno si ha un continuo passaggio di elettroni (effetto Volta continuo) dallo
zinco al rame e ciò costituisce la corrente reale.
La corrente convenzionale è invece diretta dal rame allo zinco ed occorre quindi considerare
l’elettrodo di rame come polo positivo della pila.
S O 4
C u
i c
R
i
C u
r
Z n
- -
+ +
+ +C u C u
+ +
- -
4S O S O- -
4
4S O
+ +Z n
- -
C u S O 4
+ +Z n+
C uZ n S O 4+
+ += = +
C u S O 4+
+ +C uZ n S O 4
Z n+ +
ci
+-
R 14 – 19/5 – PILA DANIELL – CORRENTE CONVENZINALE E POLARITA’
PILA LECLANCHE’:
Anche in questo caso si ha un recipiente interno con pareti porose contenuto in un recipiente esterno
di diametro maggiore.
Come nella pila DANIELL è presente un elettrodo di zinco di forma cilindrica immerso in una
soluzione di cloruro di ammonio ClNH4
contenuta nel recipiente esterno e separato dalle pareti
porose del recipiente interno da un miscuglio di carbone in grani e biossido di manganese 2
OMn .
Al centro della miscela di carbone e biossido di manganese è collocato un elettrodo di grafite a
forma di barra cilindrica.
Il cloruro di ammonio si dissocia formando ioni positivi
4NH e ioni negativi
Cl mentre il
biossido di manganese ha i compito di ossidare gli ioni idrogeno funzionando dunque da
depolarizzante.
50
2
-C l
M n ON H C l
+
4N H
4
C l-
M n O N H C l2
N H+
4
4
M is c u g lio d i c a rb o n e e b io s s id o d i m a n g a n e s e
E le ttr . d i Z in c o
C lo ru ro d 'a m m o n io
E le ttr . d i G ra f ite
ri
Z n
ri
R
R 14 – 20/5 – PILA LECLANCHE’ – BIOSSIDO DI MANGANESE COME DEPOLARIZZANTE
La catena di conduttori è costituita dall’elettrodo di zinco, dal filo di rame, dall’elettrodo di grafite e
dalla miscela solida contenente biossido di manganese.
Per quanto riguarda l’elettrizzazione si può ragionare come segue:
Il biossido di manganese si comporta più energicamente del rame nei confronti dello zinco
(potenziale di riduzione + 1,23 V) e, di conseguenza, attrae assorbe elettroni dallo zinco ed assume
il potenziale più basso (negativo).
Lo zinco si elettrizza quindi positivamente ed assume un potenziale maggiore.
La differenza di potenziale tra zinco e biossido di manganese ha un valore pari alla somma tra i
potenziali di riduzione considerati in segno positivo V99,176,023,1V .
Il cloruro d’ammonio in soluzione si dissocia in ioni negativi
Cl , che sono attratti dall’elettrodo di
zinco positivo, e ioni
4NH che si dirigono verso il biossido di manganese negativo ed attraversano
il setto poroso.
Due ioni Cl giungono sullo zinco, cedono i due elettroni di valenza e si combinano con un atomo
di zinco dell’elettrodo a formare cloruro di zinco 2
ClZn che va in soluzione. L’elettrodo di zinco
ha quindi un eccesso di due elettroni per ogni atomo di Zn che si combina con il cloro.
L’elettrizzazione originale positiva tende quindi a diminuire.
Gli ioni
4NH sono attratti dal biossido di manganese (negativo) da cui prelevano un elettrone,
tornano allo stato neutro formando una molecola di ammoniaca 3
NH e liberando un atomo di
idrogeno:
HNHeNH34
51
L’idrogeno si combina poi con il biossido di manganese dando luogo alla formazione di acqua che
va in soluzione e in questo modo si evita la polarizzazione del biossido di manganese per
deposizione di idrogeno gassoso.
Il movimento di elettroni sul circuito esterno, quindi la corrente reale, è diretto dallo zinco verso
l’elettrodo di grafite, mentre, la corrente convenzionale dalla grafite verso lo zinco.
L’elettrodo positivo è quindi la grafite mentre lo zinco è negativo.
La differenza di potenziale o forza elettromotrice finale della pila Leclanché risulta essere di 1,5
(V).
R
N H C l4 4
N H C lM n O2 2
M n O
E le ttr . d i Z in c o
E le ttr . d i G ra f ite
4N H
+
C l-
4
+
N H
-C l
i c ci
+-- - - - -
R 14 – 21/5 – PILA LECLANCHE’ – POLARITA’ E CORRENTE CONVENZIONALE
PILA A SECCO
Si tratta di una pila LECLANCHE’ opportunamente modificata per renderla meno ingombrante e
più maneggevole. E’ la comunissima pila da 1,5 V che è usata singolarmente o in batteria in tanti
apparecchi elettrici portatili.
Il recipiente esterno è abolito ed è lo stesso elettrodo di zinco, di forma cilindrica, che contiene il
cloruro d’ammonio (o altra soluzione elettrolitica con le stesse funzioni).
La sostanza contenuta nell’elettrodo di zinco è resa gelatinosa con sostanze inerti.
L’elettrodo di grafite, immerso nella miscela di carbone e biossido di manganese (oppure altra
sostanza che funziona nello stesso tempo da depolarizzante ed elettrodo) sporge da un’estremità
della pila ed è solitamente ricoperto da una capsula di ottone, mentre, il recipiente esterno è chiuso
superiormente con una sostanza bituminosa solida oppure dalla parete superiore del cilindro
anch’essa di zinco.
Con tale disposizione è possibile, sovrapponendo diverse di queste pile in modo che la capsula di
ottone di una (polo positivo) tocchi il fondello di zinco dell’altra (polo negativo), disporle in serie,
ottenendo ai capi della colonna una f.e.m. pari alla somma delle singole f.e.m.:
V5,1nE
Dove con n si indica il numero delle pile collegate in serie.
Occorre tenere in considerazione che il funzionamento della pila consuma lo spessore del recipiente
di zinco e può causare la fuoriuscita del gel di cloruro d’amminio.
52
-- -
C l
N H4
+
-
N H C l4
M n O2
ci- --
i c
C l-
N H4
+
M n O2
N H C l4
G e l
+
E le ttr . d i Z in c o C h iu s u ra
C a p s u la o tto n e
E le ttr . d i G ra f ite
ci i c
R
R 14 – 22/5 – PILA A SECCO – TIPO LECLANCHE’ MODIFICATA
PILA WESTON
La pila WESTON è una pila campione, cioè una pila la cui f.e.m. è nota con precisione e
particolarmente costante anche in presenza di variazioni di temperatura.
Tale tensione ai poli è uguale a V0183,1V .
L’elettrodo negativo è costituito da un amalgama di cadmio Cd (cioè una lega di cadmio), mentre
l’elettrodo positivo è realizzato con mercurio Hg .
L’elettrolita è una soluzione satura di solfato di cadmio 4
SOCd e il depolarizzante, interposto tra
l’elettrodo positivo e l’elettrolita, è una pasta di solfato di mercurio 42
SOHg e solfato di cadmio.
La differenza di potenziale è data dalla somma dei potenziali relativi dell’amalgama di cadmio
V403,0E e del mercurio V789,0E
H g C d
C d S O4
E le ttr . d i Z in c o E le ttr . d i Z in c o
R 14 – 23/5 – PILA WESTON – CADMIO/MERCURIO
53
GLI ACCUMULATORI
Il fenomeno di polarizzazione degli elettrodi che si verifica durante il passaggio di corrente in una
cella elettrolitica sottoposta ad una tensione di un generatore esterno (elettrolisi) – assolutamente
negativo nei confronti della pila voltaica in quanto provoca la comparsa di una cosiddetta “forza
controelettromotrice” che blocca il funzionamento della pila stessa –, è invece sfruttato per
realizzare gli ACCUMULATORI di elettricità.
L’accumulatore è un dispositivo, essenzialmente di tipo elettrochimico, in grado di trasformare
l’energia elettrica proveniente dall’ambiente esterno in energia chimica provvedendo altresì ad
immagazzinarla e, in seguito, riutilizzare l’energia chimica trasformandola nuovamente in energia
elettrica.
L’accumulatore funziona quindi sia come cella elettrolitica durante il fenomeno dell’elettrolisi sia
come generatore voltaico nel processo inverso.
In altre parole:
Il passaggio di corrente in un verso (durante la fase definita “di carica”) provoca delle reazioni
chimiche che, svolgendosi in un secondo tempo nel verso contrario (durante la fase di scarica),
possono fornire corrente elettrica all’esterno.
In questo senso le due trasformazioni sono reversibili.
Il fatto interessante è che una tale apparecchiatura, una volta scaricata, può essere ricaricata e questo
alternarsi di cariche e scariche può avvenire un numero grande di volte senza che si abbia alcuna
alterazione del funzionamento e senza che questo richieda particolari cure e manutenzioni.
Gli accumulatori quindi, contrariamente ai generatori voltaici, subiscono, entro certi limiti, processi
reversibili e questo comporta il vantaggio di una notevole economia d’esercizio ed inoltre sono in
grado di fornire correnti molto intense e costanti.
Il tipo di accumulatore più utilizzato (batterie automobili) è quello “al piombo”, ideato da Plantè.
E’ essenzialmente una cella elettrolitica (voltametro) in cui gli elettrodi sono due lastre di piombo
immerse in una soluzione di acido solforico 42
SOH in acqua distillata.
C A T O D O
P b O
+H
2P b
H- -
S O 4
H S O2 4
+
S tra ti d i s o lfa to d i P b
+
A N O D O
+
P b P b
-
E
-
54
R 14 – 24/5 – SCHEMA DI ACCUMULATORE AL PIOMBO
Una molecola di acido solforico si dissocia formando due ioni positivi H ed un radicale acido
4SO .
I radicali acidi attaccano immediatamente gli atomi di piombo superficiali dei due elettrodi immersi
formando strati sottili di solfato di piombo 4
SOPb .
FASE DI CARICA:
La fase di carica inizia applicando tra i due elettrodi la tensione nominale di un generatore di
corrente esterno generando in questo modo il processo elettrolitico e il conseguente passaggio di
corrente elettrica nella soluzione.
L’elettrodo di piombo collegato al polo positivo del generatore (ANODO) attrae i radicali
4SO
contenuti nella soluzione che, ceduti i due elettroni di valenza, reagiscono, in presenza di acqua, con
il solfato di piombo 4
SOPb che ricopre l’elettrodo, trasformandolo in biossido di piombo 2
OPb
secondo l’equazione:
422244SOH2OPbOH2SOPbSO
L’elettrodo di piombo collegato al polo negativo del generatore (CATODO) attrae gli ioni idrogeno
H che, assorbendo ognuno l’elettrone mancante, reagiscono con il solfato di piombo superficiale
sull’elettrodo trasformandolo in piombo metallico secondo l’equazione:
424
SOHPbSOPbH2
Pertanto si avrà nel circuito esterno un movimento d’elettroni dall’anodo verso il polo positivo del
generatore.
La corrente convenzionale elettronica è quindi diretta dal polo positivo verso l’anodo, nella cella
elettrolitica si ha una doppia corrente ionica, mentre ancora corrente convenzionale elettronica dal
catodo al polo genitivo del generatore.
La fase di carica si può ritenere ultimata, quando sembra che la soluzione di acido solforico entri in
ebollizione.
Nel contempo, mentre il solfato di piombo si trasforma, all’anodo, in biossido di piombo ed il
solfato di piombo si trasforma, al catodo, in piombo metallico, compare una forza “contro-
elettromotrice” che tende ad opporsi al passaggio di corrente.
Tale forza controelettromotrice è provocata dalla polarizzazione degli elettrodi ed il suo effetto,
durante la fase di carica, è di ridurre l’efficacia della tensione di alimentazione del generatore
esterno, mentre, sarà la f.e.m. efficace dell’accumulatore durante la fase di scarica.
La tensione di polarizzazione dell’accumulatore al piombo risulta essere di circa 2,1 (V).
A quel punto i radicali acidi 4
SO , dopo aver trasformato tutto il solfato di piombo in biossido di
piombo, non reagiscono più con l’elettrodo, ma con l’acqua della soluzione formano ancora acido
solforico e liberando ossigeno gassoso 2
O che si svolge all’anodo sottoforma di bollicine:
24224
OOSOHOHSO
In modo analogo gli ioni idrogeno H giungono al catodo, prelevano un elettrone e non essendo
più possibile reagire con il solfato di piombo in quanto quest’ultimo è stato sostituito dal piombo
allo stato puro, si aggregano a formare idrogeno gassoso che si svolge al catodo.
La liberazione di ossigeno e idrogeno gassosi rispettivamente all’anodo e al catodo produce un
gorgogliamento simile all’ebollizione.
Alla fine l’anodo elettrolitico sarà ricoperto di biossido di piombo, mentre sul catodo sarà presente
piombo allo stato puro.
55
A quel punto la corrente di carica deve essere interrotta.
L’accumulatore è carico con l’anodo che presenta uno strato superficiale di biossido di piombo ed il
catodo che presenta uno strato superficiale di piombo metallico; in questa prima fase l’accumulatore
si è comportato come una comune cella elettrolitica (voltametro) e l’energia elettrica da esso
assorbita si è trasformata in energia chimica.
S O 4
2
H+
+H
- -
H S O 4
P b P b
P b O 2P b
E
+ -
+ -A N O D O C A T O D OS tra to d i b io s s id o d i P b
S tra to d i P b
e -
e --e
R 14 – 25/5 – FASE DI CARICA – RICOPERTURA DELL’ANODO CON BIOSSIDO DI PIOMBO E
PIOMBO METALLICO AL CATODO – MOVIMENTO ELETTRONI – CORRENTE REALE
c
C A T O D O
P b O
+H
2P b
H- -
S O 4
H S O2 4
+
S tra to d i b io s s id o d i P b
+
i
A N O D O
+
P b
c
S tra to d i P bP b
i
-
E
-
56
R 14 – 26/5 – FASE DI CARICA – RICOPERTURA DELL’ANODO CON BIOSSIDO DI PIOMBO E
PIOMBO METALLICO AL CATODO – CORRENTE CONVENZIONALE
FASE DI SCARICA:
Scollegando il generatore di corrente esterno e collegando gli elettrodi ad un circuito esterno,
l’accumulatore restituisce sottoforma d’energia elettrica l’energia chimica accumulata durante la
fase di carica.
In questo caso l’elettrodo ricoperto di biossido di piombo assume un potenziale minore rispetto
all’elettrodo di piombo puro ed è quindi carente d’elettroni.
Gli ioni idrogeno H sono quindi attirati da tale elettrodo e, giunti su di esso, prelevano ognuno un
elettrone e si neutralizzano reagendo immediatamente, in presenza di acido solforico, con il
biossido di piombo formando ancora solfato di piombo e acqua secondo la seguente reazione:
OH2SOPbSOHOPbH224422
Si riforma dunque sull’elettrodo il solfato di piombo originale e diminuisce la concentrazione di
acido solforico a causa della formazione di acqua.
Sull’elettrodo che possiede carica positiva (carenza d’elettroni) giungo gli ioni
4SO che, dopo
aver ceduto i due elettroni di valenza, reagiscono anch’essi con il piombo formando ancora solfato
di piombo secondo la reazione:
44SOPbPbSO
Cioè si riforma anche sull’altro elettrodo il solfato di piombo originale.
Di conseguenza il moto di elettroni, cioè la corrente reale, si svolge, nel circuito esterno, dal catodo,
che riceve elettroni dal radicale acido, verso l’anodo che cede elettroni allo ione idrogeno.
La corrente convenzionale è diretta nel verso opposto (dall’anodo al catodo) ed è esattamente
contraria alla corrente convenzionale di carica fornita dal generatore esterno.
C A T O D O
H S O
P b O
H
H
2P b
- -+S O
+4
2 4
S tra to d i b io s s id o d i P bA N O D O
P b
+
ei r -
r
S tra to d i P bP b
-
i-
e
H S O
S O
P b O 2
H+
H+
2
P b
- -4
4
S tra to d i s o lfa to d i P b+
P b
i c r
-
P b
i
57
R 14 – 27/5 – FASE DI SCARICA – RIPRISTINO DEL SOLFATO DI PIOMBO – CORRENTE REALE E
CONVENZIONALE – CORRISPONDENZA TRA ANODO CELLA E POLO POSITIVO
ACCUMULATORE
Poiché, quindi, durante la fase di scarica lo strato superficiale degli elettrodi si trasforma ancora in
solfato di piombo, è chiaro che a questa fase potrà seguire un’ulteriore fase di carica, poi una fase di
scarica, e così via per un gran numero di volte, senza che l’accumulatore subisca alterazioni nel
funzionamento e senza che sia richiesta una particolare manutenzione tranne che per l’aggiunta di
acqua distillata per compensare l’evaporazione.
PROCEDIMENTI PER MIGLIORARE L’EFFICIENZA DELL’ACCUMULATORE
Considerando che la quantità di elettricità fornita dall’accumulatore al circuito esterno dipende
essenzialmente dalla quantità di biossido di piombo che ricopre l’elettrodo positivo alla fine della
fase di carica e che tale quantità è a sua volta dipendente dallo strato di solfato di piombo sugli
elettrodi alla fine della fase di scarica, risulta economicamente vantaggioso utilizzare sistemi volti
ad aumentare il più possibile o la quantità iniziale di solfato di piombo oppure la quantità di
biossido di piombo.
A tale scopo si può giungere o aumentando la superficie di piombo attaccabile dai radicali acidi
dell’acido solforico oppure utilizzando, fin dall’inizio, un elettrodo al biossido di piombo.
PROCESSO PLANTE’:
La prima soluzione è realizzata utilizzando elettrodi di piombo di tipo spugnoso in modo tale da
aumentare la superficie sulla quale i radicali acidi agiscono e procedendo con numerose e brevi cicli
di carica e scarica.
Questo procedimento è definito “ Processo di formazione PLANTE “ dal nome dell’ideatore.
PROCESSO DI FORMAZIONE “FAURE” – AD OSSIDI RIPORTATI:
L’accumulatore “FAURE’”, detto anche “a ossidi riportati”, si realizza utilizzando, come elettrodi,
delle griglie di piombo riempite con una pasta porosa di ossidi di piombo (essenzialmente PbO e
3OPb ) miscelati con acido solforico in modo da formare un amalgama di solfato di piombo
4SOPb .
Facendo passare corrente mediante un processo elettrolitico con generatore esterno, l’elettrodo
collegato al polo positivo del generatore si trasforma completamente in biossido di piombo, mentre,
quello collegato al polo negativo è completamente trasformato in piombo metallico.
L’accumulatore è quindi pronto al funzionamento come cella voltaica con la quantità massima di
energia chimica disponibile.
L’accumulatore ad ossidi riportati ha il vantaggio di un minor ingombro e lo svantaggio di una
minore resistenza meccanica in quanto soggetto a distacchi di materiale dalle griglie.
DIAGRAMMA DI CARICO DELL’ACCUMULATORE AL PIOMBO
Caratteristico di questi accumulatori al piombo è il “DIAGRAMMA DI CARICO”, cioè il grafico
tensione (f.e.m.)-tempo in cui sono evidenziate sia la tensione ai morsetti che il tempo occorrente
per raggiungerne il valore durante la fase di carica e scarica.
Per comprendere il diagramma occorre tenere presente che l’accumulatore al piombo, in condizioni
normali di concentrazione della soluzione elettrolitica, presenta una tensione nominale ai poli (a
circuito aperto e quindi senza passaggio di corrente) di circa V1,2.m.e.f .
Durante la fase di carica, il passaggio di corrente provocato dal generatore esterno produce in un
tempo abbastanza breve la polarizzazione degli elettrodi con la comparsa del biossido di piombo.
Compare quindi una tensione agli elettrodi che si oppone alla forza elettromotrice del generatore
esterno e che altro non è che la futura tensione nominale dell’accumulatore.
Durante il processo di carica per elettrolisi la tensione di 2,1 (V) deve quindi essere considerata una
“forza controelettromotrice” (f.c.e.m.).
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La f.e.m. dell’accumulatore si mantiene all’incirca costante sino alla completa trasformazione del
solfato di piombo in biossido di piombo all’anodo e in piombo metallico al catodo.
La tensione che il generatore esterno applica ai morsetti dell’accumulatore per far sì che si verifichi
il processo elettrolitico deve quindi avere un valore pari al valore della caduta ohmica interna alla
cella e della caduta ohmica interna al generatore stesso cui è necessario sommare la forza
controelettromotrice di polarizzazione:
iRiREV.EST.GEN.ICELLA.I
Il termine del processo di carica è indicato da un repentino aumento della forza controelettromotrice
sino ad un valore di circa 2,7 (V) e dalla liberazione di gas idrogeno ed ossigeno agli elettrodi.
0 ,5 1 1 ,5 2 2 ,5 3 3 ,5 4 4 ,5 5 5 ,5 6 6 ,5
t (h )
f .e .m . (V )
2 ,1
2 ,0
2 ,7
R 14 – 28/5 – DIAGRAMMA DI CARICA E SCARICA
Interrompendo l’alimentazione con il generatore esterno la forza controelettromotrice, che prima
contrastava l’elettrolisi, si trasforma immediatamente nella tensione nominale dell’accumulatore
assumendo il ruolo di forza elettromotrice.
A questo punto può iniziare la fase di scarica collegando i poli dell’accumulatore al circuito esterno
e all’utilizzatore (ad esempio il motore d’avviamento dell’automobile).
La tensione ai morsetti durante l’erogazione di corrente all’utilizzatore è quindi determinata dalla
legge di Ohm tenendo conto della resistenza interna caratteristica dell’accumulatore e rappresentata
dall’aliquota di tensione nominale occorrente per far sì che si verifichi il passaggio di corrente
richiesto (ionica o elettronica):
iRV1,2iR.m.e.fE.ACC.I.ACC.I.EFF
Il massimo valore di corrente sopportato dal dispositivo, espressa in Ampere, è la corrente nominale
e non deve essere superato.
59
La durata di scarica è determinata dal superamento di una soglia minima di circa 1,8 (V) della
tensione nominale.
In altre parole: occorre sospendere immediatamente l’utilizzo dell’accumulatore, quando la tensione
scende al valore minimo e procedere con una nuova fase di carica allo scopo di evitare il repentino
diminuire della tensione ed il danneggiamento degli elettrodi.
CAPACITA’ DELL’ACCUMULATORE
La quantità di carica elettrica che si ottiene dalla scarica completa dell’accumulatore su un circuito
esterno di resistenza R, viene definita “ CAPACITA’ “ ed è determinata dal prodotto dell’intensità
di corrente (costante o variabile) per il tempo di erogazione:
tiCapacitàQ
Tale grandezza è misurata con le unità di misura dell’intensità di corrente (Ampere) e del
tempo in ore:
htAiQ AhQ
Naturalmente occorre tener conto della possibile variazione dell’intensità di corrente in
funzione della resistenza esterna del circuito:
ttiQ
Si noti che se la capacità fosse una grandezza costante per un determinato accumulatore, si avrebbe
che l’intensità della corrente di scarica ed il tempo di scarica sarebbero due grandezze inversamente
proporzionali:
ht
CCapacità
t
Qi
Se ciò fosse vero raddoppiando o dimezzando il tempo di scarica si avrebbe rispettivamente
un’intensità di corrente pari alla metà o al doppio rispetto a quella originale.
In realtà questo non si verifica per il fatto che la capacità non è costante, ma dipende da molteplici
fattori tra cui, in particolare, l’intensità della corrente di scarica.
Mantenendo basso il valore della corrente di scarica (corrente di scarica debole e tempo lungo) si
ottiene normalmente una capacità maggiore di quella che si avrebbe con una scarica rapida e
corrente elevata.
Normalmente la capacità di un accumulatore si intende riferita ad un regime di scarica tipico di 5
ore.
Naturalmente ciò non accade per gli accumulatori o batterie che alimentano il circuito elettrico degli
autoveicoli ove il massimo valore dell’intensità di corrente è richiesto per il breve periodo di tempo
necessario all’alimentazione del motore d’avviamento elettrico, mentre, è nettamente diverso,
quando l’accumulatore fornisce corrente all’impianto elettrico d’illuminazione.
RENDIMENTO DI CARICA:
60