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Politecnico di Milano
Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta”
CONDIZIONI CRITICHE PER L’INNESCO
DELLA CORROSIONE DA CLORURI
DELL’ACCIAIO NEL CALCESTRUZZO
Andrea Della Pergola
Relatore: Prof. Luca Bertolini
Tutor: Prof. Chiara Castiglioni
Coordinatrice: Prof. Chiara Castiglioni
Corso di Dottorato in Ingegneria dei Materiali - XXV Ciclo
2010 - 2012
I
INDICE
ABSTRACT
ENGLISH VERSION Pag.1
ABSTRACT
VERSIONE ITALIANA Pag.3
PREMESSA Pag.5
CAPITOLO 1
CORROSIONE DA CLORURI Pag.7
Paragrafo 1.1 - Aspetti elettrochimici della corrosione per pitting Pag.7
Paragrafo 1.2 - Diagramma di Pedeferri Pag.11
Paragrafo 1.3 - Fattori da cui dipende l’innesco Pag.13
CAPITOLO 2
POTENZIALE DELLE ARMATURE E INNESCO
DELLA CORROSIONE DA CLORURI Pag.15
Paragrafo 2.1 - Potenziale elettrochimico dell’acciaio nel calcestruzzo Pag.16
Paragrafo 2.1.1 - Potenziale elettrochimico dell’acciaio in funzione dell’ambiente
di esposizione del calcestruzzo Pag.16
Paragrafo 2.1.2 - Fattori che possono influenzare il potenziale dell’acciaio Pag.24
Paragrafo 2.2 - Modelli numerici per lo studio della distribuzione del potenziale
in elementi in calcestruzzo armato Pag.26
Paragrafo 2.2.1 - Modello di una struttura cava e parzialmente immersa Pag.29
Paragrafo 2.2.2 - Modello di una barra di acciaio con pit Pag.37
II
Paragrafo 2.3 - Risultati dei modelli numerici Pag.38
Paragrafo 2.3.1 - Sviluppo di macrocoppie in una struttura parzialmente
immersa in acqua di mare Pag.39
Paragrafo 2.3.2 - Prevenzione e protezione catodica di una struttura
parzialmente immersa in acqua di mare Pag.43
Paragrafo 2.3.3 - Sviluppo di un pit su una barra di acciaio
inglobata nel calcestruzzo Pag.45
CAPITOLO 3
PROPOSTA DI UNA METODOLOGIA PER LA COSTRUZIONE
DEL DIAGRAMMA DI PEDEFERRI Pag.51
Paragrafo 3.1 - Procedure esistenti per la misura del tenore critico Pag.52
Paragrafo 3.1.1 - Prove in soluzione Pag.53
Paragrafo 3.1.2 - Prove in calcestruzzo o in malta Pag.55
Paragrafo 3.1.3 - Determinazione del tenore critico di cloruri Pag.61
Paragrafo 3.2 - Obiettivi e caratteristiche Pag.63
Paragrafo 3.2.1 - Obiettivi Pag.64
Paragrafo 3.2.2 - Caratteristiche Pag.65
Paragrafo 3.3 - Definizione della procedura sperimentale Pag.67
Paragrafo 3.3.1 - Provini e prove Pag.68
Paragrafo 3.3.2 - Effetto dell’aggiunta dei cloruri Pag.76
Paragrafo 3.3.3 - Pre-polarizzazione catodica delle armature Pag.79
Paragrafo 3.3.4 - Prova potenziostatica a gradini Pag.86
Paragrafo 3.3.5 - Prova di ponding Pag.91
Paragrafo 3.3.6 - Trasporto di cloruri Pag.93
Paragrafo 3.3.7 - Variabilità Pag.106
Paragrafo 3.4 - Diagramma di Pedeferri Pag.108
Paragrafo 3.4.1 - Prove con cloruri aggiunti Pag.108
Paragrafo 3.4.2 - Prove con cloruri penetrati Pag.111
Paragrafo 3.4.3 - Confronto tra le prove con cloruri aggiunti e penetrati Pag.113
III
Paragrafo 3.5 - Procedura proposta Pag.116
Paragrafo 3.6 - Esempi di applicazione Pag.118
CONCLUSIONI Pag.123
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Pag.127
IV
1
ABSTRACT
ENGLISH VERSION
During the last years, some model codes, aimed at predicting the duration of the service life of
reinforced concrete structure subject to reinforcement corrosion, have been proposed. The service
life could be predicted as a function of the environmental loads (for instance the presence of
chloride) and of the properties of the materials (for instance the resistance to the penetration of
chloride or to the initiation of corrosion). Although many models have been proposed to predict the
evolution of the penetration of chloride into concrete, up to now no models are available to predict
the “critical” chloride content that causes the initiation of corrosion. Although the chloride threshold
level is being studied by an international research group organised by Rilem, many open issues still
exist, mainly because the value of this parameter depends on many variables, whose role has not
been completely defined yet.
One of the main variables that affect the chloride threshold is the electrochemical potential of
reinforcing steel and, in some particular conditions, the initiation of corrosion cannot be simply
described through a chloride threshold value, since also the potential plays a major role in the
definition of the critical conditions for corrosion initiation. In these cases a “critical combination”
of the two parameters should be considered, as first proposed by Pietro Pedeferri in describing the
principles of the technique of cathodic prevention.
The aims of this thesis are: to study the particular conditions in which the potential promotes or
prevents the initiation of corrosion (e.g. the presence of a macrocell or of a cathodic prevention
system); to develop a test method aimed at determining the critical combination of chloride content
and potential that causes the initiation of corrosion of reinforcing steel in concrete; to create a
diagram that shows the active or passive behaviour of reinforcing steel in concrete, as a function of
the parameters that affect it.
Conditions in which the potential of reinforcing steel may have a significant influence on the
initiation of corrosion were studied through numerical simulations: reinforced concrete structures
with a portion exposed to the atmosphere and a portion submerged in seawater were modelled. The
models showed that a macrocell can develop between the two portions of the structures, thus
increasing the potential of the reinforcement in the submerged portion. Further models showed that,
2
in such structures, a sacrificial anode is an effective system to lower the potential of the
reinforcement, thus further changing conditions for corrosion initiation.
In order to study the consequences of potential changes on the initiation of corrosion in different
parts of the structures, a test procedure should be implemented which is able to evaluate the critical
combination of potential and chloride content. Most of the test methods presented in the literature
are aimed at measuring the chloride threshold level and cannot be applied to determine the
influence of the steel potential; hence, a new test method has been developed. The method proposed
in this thesis is based on: the addition of chloride into fresh concrete (mixed-in chloride); the
cathodic polarisation of reinforcing steel during the curing period (pre-polarisation), to avoid the
initiation of corrosion in this phase; the stepwise increase of steel potential until the occurrence of
the initiation of corrosion.
Through preliminary tests it was determined that:
- the addition of up to 3% chloride (by mass of cement) into fresh concrete has a negligible effect
on the properties of hardened concrete (resistance, sorptivity coefficient, absorption);
- a galvanostatic pre-polarisation is an effective way to prevent the initiation of corrosion and does
not cause a significant migration of chloride.
Applying this method, a diagram that relates the initiation of corrosion to the chloride content and
the potential has been obtained. However, the result of the test depends on the duration of the
potential “steps”; hence a compromise should be found, because a short duration of the steps may
result in a higher resistance of steel to the initiation of pitting corrosion, but, since during the test
the reinforced concrete specimens are immersed in a saturated calcium hydroxide solution, a long
duration of the steps may cause a significant leaching of chloride into the solution.
In conclusion, the results of numerical simulations and the diagram obtained by the application of
the test method can be applied to determine in which portion of reinforced concrete structures
corrosion may initiate.
3
ABSTRACT
VERSIONE ITALIANA
Negli ultimi anni sono stati proposti dei modelli di calcolo per stimare la durata della vita di
servizio delle strutture in calcestruzzo armato soggette a corrosione delle armature. La vita di
servizio può essere stimata in funzione delle caratteristiche dell’ambiente di esposizione (ad
esempio la presenza di cloruri) e delle proprietà dei materiali (ad esempio la resistenza del
calcestruzzo alla penetrazione dei cloruri). Sebbene siano stati proposti numerosi modelli per
stimare la penetrazione dei cloruri nel calcestruzzo, al momento non sono disponibili modelli per
stimare il “tenore critico” di cloruri che provoca l’innesco della corrosione. Sebbene il tenore critico
sia studiato da un gruppo di ricerca internazionale organizzato dal Rilem, esistono ancora molti
problemi aperti, principalmente perché il valore di questo parametro dipende da numerose variabili,
il cui ruolo non è ancora stato completamente definito.
Una delle principali variabili che influenza il valore del tenore critico è il potenziale elettrochimico
delle armature e, in alcune condizioni particolari, l’innesco della corrosione non può semplicemente
essere descritto tramite un tenore critico di cloruri, perché anche il potenziale gioca un ruolo
determinante nel definire le condizioni critiche per l’innesco della corrosione. In questi casi è
opportuno considerare una “combinazione critica” dei due parametri, come proposto da Pietro
Pedeferri nel descrivere i principi della tecnica chiamata prevenzione catodica.
Gli scopi di questa tesi sono: studiare le particolari condizioni in cui il potenziale favorisce o
contrasta l’innesco della corrosione (ad esempio, la presenza di una macrocoppia o di un sistema di
prevenzione catodica); sviluppare una metodologia di prova per determinare la combinazione critica
di potenziale e tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione dell’acciaio nel calcestruzzo;
tracciare un diagramma che mostri il comportamento attivo o passivo delle armature, in funzione
dei parametri che lo influenzano.
Le condizioni in cui il potenziale delle armature può influire sull’innesco della corrosione sono state
studiate mediante simulazioni numeriche: sono state modellate delle strutture in calcestruzzo armato
con una porzione inferiore immersa in acqua di mare e una porzione superiore esposta
all’atmosfera. I modelli hanno mostrato che tra le due porzioni della struttura può svilupparsi una
macrocoppia, la quale provoca un aumento del potenziale delle armature nella porzione immersa.
4
Ulteriori modelli hanno mostrato che l’installazione di un anodo sacrifiziale è un sistema efficace
per abbassare il potenziale dell’acciaio, cambiando le condizioni per l’innesco della corrosione.
Per studiare le conseguenze di una variazione del potenziale delle armature sull’innesco della
corrosione nelle diverse porzioni delle strutture, è necessario sviluppare una metodologia di prova
che sia in grado di valutare la combinazione critica di potenziale e tenore di cloruri. Molte delle
metodologie proposte in letteratura sono volte a determinare il valore del tenore critico di cloruri e
non possono essere applicate per determinare l’effetto del potenziale; dunque, è stata sviluppata una
nuova metodologia di prova. La metodologia proposta è basata sull’aggiunta di cloruri al
calcestruzzo in fase di getto; sull’applicazione di una polarizzazione catodica durante la
stagionatura del calcestruzzo (pre-polarizzazione), per prevenire l’innesco della corrosione in questa
fase della prova; sull’aumento del potenziale delle armature “a gradini” fino a provocare l’innesco
della corrosione.
Mediante prove preliminari è stato determinato che:
- l’aggiunta nel getto di calcestruzzo di un tenore di cloruri fino a 3% (rispetto alla massa di
cemento) ha un effetto trascurabile sulle proprietà del calcestruzzo indurito (resistenza a
compressione, densità, coefficiente di assorbimento capillare, assorbimento di acqua);
- per prevenire l’innesco della corrosione durante la stagionatura è possibile applicare una pre-
polarizzazione galvanostatica, la quale, tra l’altro, non provoca una significativa migrazione dei
cloruri contenuti nel calcestruzzo (dunque non altera il contenuto di cloruri).
Applicando questa metodologia è stato ottenuto un diagramma che mette in relazione l’innesco
della corrosione con il tenore di cloruri aggiunto nel getto e il potenziale delle armature. Tuttavia, i
risultati della metodologia proposta dipendono dalla durata dei gradini di potenziale applicati
all’acciaio; dunque, è necessario trovare un compromesso, perché le prove effettuate con gradini di
breve durata (ossia un’ora) tendono a sovrastimare la resistenza dell’acciaio all’innesco della
corrosione, mentre le prove effettuate con gradini di lunga durata (ossia 24 ore) non solo possono
durare più di un mese, ma, se durante la prova i campioni in calcestruzzo armato sono immersi in
una soluzione, può avvenire un significativo dilavamento dei cloruri contenuti nel calcestruzzo.
Infine, i risultati delle simulazioni numeriche e il diagramma ottenuto applicando la metodologia di
prova proposta sono stati applicati per determinare in quali porzioni della struttura in calcestruzzo
armato simulata può innescarsi la corrosione da cloruri.
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PREMESSA
Per prevenire il degrado delle strutture in calcestruzzo armato, legato soprattutto alla corrosione
delle armature, sono disponibili diversi approcci; le normative europee, ad esempio, propongono un
approccio prescrittivo al progetto della durabilità. Tuttavia è opinione diffusa tra gli esperti che le
prescrizioni non siano sempre adeguate per le zone più critiche delle strutture (ad esempio, i giunti
dei ponti o la zona degli spruzzi delle opere marine), oppure per opere per le quali è richiesta una
vita di servizio superiore a 50 anni. In questi casi è necessario il ricorso ad una progettazione di tipo
prestazionale. Gli approcci prestazionali sono basati su un vero e proprio progetto della durabilità,
che consiste nel modellare gli effetti delle azioni ambientali sulla struttura e nell’individuare i tempi
entro cui questi effetti determineranno il raggiungimento di determinati stati limite, ai quali il
progettista associa il raggiungimento del termine della vita utile della struttura. L’evoluzione nel
tempo del degrado è descritta attraverso un modello matematico che tiene conto dei diversi fattori
che influiscono sulla vita di servizio di una struttura, come i fattori ambientali (ad esempio, la
penetrazione dei cloruri), le proprietà dei materiali (ad esempio la resistenza alla penetrazione dei
cloruri o la quantità di cloruri necessaria per innescare la corrosione) e la geometria della struttura.
Quindi, attraverso l’impiego di un modello prestazionale è possibile valutare le diverse opzioni, in
termini di materiali e geometria della struttura, che garantiscono una definita vita di servizio della
struttura ed è possibile scegliere l’opzione che determina il migliore compromesso fra le esigenze
legate ai diversi aspetti della progettazione (come, ad esempio, quelli strutturali ed economici).
Nella letteratura scientifica sono stati proposti molti modelli per prevedere l’evoluzione del tempo
della penetrazione dei cloruri e per valutare la resistenza alla penetrazione dei cloruri, tuttavia, al
momento non sono disponibili strumenti analoghi per prevedere il valore limite del tenore di cloruri
che provoca l’innesco della corrosione, ossia il cosiddetto “tenore critico di cloruri”, perché non
esiste una metodologia di prova standardizzata per la misura di questo parametro. Questo problema
è attualmente in fase di studio da parte di un gruppo di lavoro internazionale organizzato dal Rilem,
il quale sta sviluppando una metodologia per la determinazione del valore del tenore critico
mediante prove di laboratorio. Nonostante ciò, per quanto riguarda il tenore critico di cloruri,
esistono ancora molti problemi aperti, perché il suo valore dipende da un elevato numero di
variabili, il cui ruolo non è ancora stato definito.
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Tra le variabili che influiscono sul valore del tenore critico, e che di conseguenza influiscono
sull’innesco della corrosione delle armature, vi è il potenziale elettrochimico dell’acciaio. Infatti,
questa variabile può avere un ruolo determinante nel provocare (o nel prevenire) l’innesco della
corrosione da cloruri. Questo fatto è sfruttato da una tecnica elettrochimica proposta da Pietro
Pedeferri, la quale, imponendo una polarizzazione catodica (ossia un abbassamento del potenziale)
alle armature inglobate nel calcestruzzo, permette di prevenire l’innesco della corrosione; questa
tecnica è detta appunto prevenzione catodica. Per spiegare il principio su cui si basa questa tecnica,
Pedeferri ha proposto un diagramma che mostra come la condizione di passività o di attività
dell’acciaio dipenda da una “combinazione critica” di potenziale e di tenore di cloruri. Tuttavia, il
diagramma proposto da Pedeferri è puramente qualitativo e non permette di determinare quali siano
le condizioni che provocano l’innesco della corrosione, anche perché tali condizioni possono
dipendere dalle proprietà dei materiali utilizzati per il confezionamento delle strutture. Purtroppo, al
momento nessuna delle metodologie proposte in letteratura per la determinazione del valore del
tenore critico di cloruri può essere utilizzata per stimare il valore della “combinazione critica” di
potenziale e tenore di cloruri (anche quella proposta dal Rilem non è adatta a questo scopo), perché
molte di esse trascurano l’effetto del potenziale.
Lo scopo di questa tesi è studiare come il potenziale delle armature possa influire sulle condizioni
che portano all’innesco della corrosione, sia mediante lo studio dei fattori che possono influenzare il
valore del potenziale dell’acciaio, sia mediante lo sviluppo di una procedura sperimentale che
permetta di determinare la “combinazione critica” di potenziale e tenore di cloruri che provoca
l’innesco della corrosione. Nel corso del dottorato, questi aspetti sono stati studiati sia mediante
simulazioni numeriche, sia mediante attività di laboratorio.
L’obiettivo delle simulazioni numeriche è studiare l’effetto di alcuni fattori che possono provocare
una variazione del potenziale dell’acciaio nelle strutture in calcestruzzo armato e, dunque, favorire
(o contrastare) l’innesco della corrosione da cloruri.
Lo scopo delle prove sperimentali è proporre una metodologia di prova che sia rappresentativa delle
condizioni dell’acciaio nelle strutture in calcestruzzo armato reali e che permetta di determinare la
“combinazione critica” di potenziale e tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione per
pitting.
7
CAPITOLO 1
CORROSIONE DA CLORURI
La corrosione da cloruri è una forma di degrado delle strutture in calcestruzzo armato che si
manifesta principalmente in ambiente marino o nelle strutture su cui sono utilizzati sali disgelanti a
base di cloruri, come ad esempio i viadotti autostradali. Questa forma di corrosione è
particolarmente aggressiva nei confronti delle armature di acciaio e influisce negativamente sulla
sicurezza strutturale degli elementi in calcestruzzo armato, provocando la riduzione della sezione
resistente delle armature; inoltre, la formazione di prodotti di corrosione sulla superficie dell’acciaio
ha una azione espansiva che può provocare la fessurazione del calcestruzzo e la perdita di adesione
tra acciaio e calcestruzzo. Dunque, è importante studiare sia le condizioni che provocano l’innesco
della corrosione delle armature, sia i materiali e i metodi che possono essere utilizzati per prevenire
questa forma di degrado.
In questo capitolo sono analizzati gli aspetti elettrochimici relativi alla corrosione da cloruri delle
armature nel calcestruzzo e sono brevemente analizzati i parametri da cui dipende l’innesco della
corrosione da cloruri.
Paragrafo 1.1 - Aspetti elettrochimici della corrosione per pitting
Nel calcestruzzo alcalino e non contaminato da cloruri, sulla superficie dell’acciaio si forma un film
di passività costituito da ossidi protettivi, dello spessore di pochi nanometri, che rende trascurabile
la velocità di corrosione dell’acciaio. La corrosione per pitting si innesca quando la presenza di
cloruri sulla superficie delle armature provoca la rottura locale del film di passività; la morfologia
tipica della corrosione per pitting è mostrata in Fig.1.01 [1]. L’area in cui avviene la rottura del film
di passività agisce come anodo e in quest’area avviene la reazione anodica di ossidazione del ferro:
eFeFe 22 , mentre nell’area circostante, ancora passiva, avviene la reazione catodica di
riduzione dell’ossigeno: OHeOHO 2221 22 . Gli elettroni prodotti dalla reazione anodica
circolano nell’acciaio dall’area in cui sono prodotti, ossia l’interno del pit, verso l’area in cui sono
consumati, ossia la superficie dell’acciaio passivo. Il circuito elettrico tra l’area anodica e l’area
8
catodica è chiuso tramite il trasporto di cariche elettriche nel calcestruzzo, ossia tramite la
migrazione degli ioni disciolti nella soluzione acquosa contenuta nei pori del materiale.
In seguito all’innesco della corrosione, all’interno del pit si sviluppano condizioni molto aggressive:
infatti, l’idrolisi degli ioni Fe2+
provoca un locale abbassamento del pH (che può raggiungere valori
inferiori a 5) e la corrente scambiata tra l’area anodica e l’area catodica provoca la migrazione dei
cloruri verso l’interno del pit. In un ambiente così aggressivo la velocità di assottigliamento
dell’acciaio può raggiungere valori molto elevati, fino a 1 mm / anno.
Fig.1.01 - Rappresentazione schematica della corrosione per pitting dell’acciaio
nel calcestruzzo [1].
Dal momento che le due reazioni, anodica e catodica, sono associate rispettivamente alla
produzione e al consumo di elettroni (ossia di cariche elettriche), la velocità con cui avvengono tali
reazioni può essere associata alla velocità con cui le cariche elettriche sono prodotte o consumate
nel tempo, ossia a una corrente elettrica. La corrente legata alla reazione anodica di ossidazione
dell’acciaio è detta corrente anodica (Ia); la corrente legata alla reazione catodica di riduzione di
ossigeno è detta corrente catodica (Ic). Dal momento che, per motivi elettrochimici, non è possibile
l’accumulo di cariche elettriche, le due reazioni, anodica e catodica, devono avvenire con uguale
velocità; dunque Ia = Ic. Di conseguenza, la velocità con cui avviene la corrosione dell’acciaio nel
calcestruzzo dipende dalla cinetica della reazione anodica, dalla cinetica della reazione catodica e
dalla velocità con cui avviene la migrazione degli ioni disciolti nella soluzione acquosa contenuta
nei pori del calcestruzzo: la velocità di corrosione dell’acciaio è limitata dal processo più lento fra i
tre sopra citati.
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La cinetica delle due reazioni, anodica e catodica, può essere studiata tramite i diagrammi di Evans,
che mostrano come varia la corrente (I) associata alle due reazioni in funzione del potenziale
elettrochimico dei due processi (E). La Fig.1.02 mostra, schematicamente, i diagrammi di Evans
che descrivono il comportamento elettrochimico dell’acciaio inglobato in calcestruzzo non
contaminato da cloruri (a) e in calcestruzzo contaminato da cloruri (b) [1]. In Fig.1.02a è mostrata
la curva che descrive la cinetica della reazione anodica di ossidazione dell’acciaio passivo, ossia la
curva di polarizzazione anodica dell’acciaio passivo (nel diagramma, il valore in ascissa indica la
densità di corrente ia, ossia il rapporto tra la corrente anodica Ia e l’area in cui avviene la reazione
anodica Aa). La figura mostra che, in un intervallo di potenziale compreso tra -500 e +600 mV vs
SCE, la densità di corrente associata alla reazione anodica ha un ordine di grandezza di circa 0.1
mA/m2; tale corrente è detta densità di corrente di passività (ipas). La densità di corrente aumenta
solo quando il potenziale elettrochimico dell’acciaio è superiore al potenziale di transpassività (Etr
≈ +600 mV vs SCE); infatti, quando E > Etr, sulla superficie dell’acciaio avviene la reazione
anodica di sviluppo di ossigeno, la quale provoca un aumento della densità di corrente anodica.
(a) (b)
Fig.1.02 - Diagrammi di Evans dell’acciaio in calcestruzzo non contaminato da cloruri (a)
e contaminato da cloruri (b).
Per quanto riguarda la cinetica della reazione catodica di riduzione di ossigeno, essa dipende dalla
disponibilità di ossigeno sulla superficie dell’acciaio. Delle due curve catodiche mostrate in
Fig.1.02a, quella superiore fa riferimento a un calcestruzzo aerato, in cui la disponibilità di ossigeno
è elevata (questa condizione si verifica quando le strutture in calcestruzzo sono esposte
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all’atmosfera): al diminuire del potenziale la densità di corrente catodica aumenta di alcuni ordini di
grandezza. In un calcestruzzo molto umido o saturo la diffusione dell’ossigeno attraverso il
copriferro è ostacolata dalla presenza di acqua nei pori del materiale, dunque la disponibilità di
ossigeno sulla superficie delle armature è molto più modesta che in calcestruzzo aerato (questa
condizione si verifica quando le strutture in calcestruzzo armato sono immerse in acqua). In questo
caso la cinetica della reazione catodica è limitata dalla diffusione dell’ossigeno ed è possibile
definire la densità di corrente limite di diffusione di ossigeno (ilim), che esprime la massima densità
di corrente catodica resa possibile dalla diffusione dell’ossigeno all’interno del calcestruzzo.
In assenza di una caduta ohmica tra l’area anodica e l’area catodica, la condizione di corrosione
dell’acciaio in calcestruzzo asciutto è identificata dall’intersezione della curva anodica con la curva
catodica, ossia dal punto 1 di Fig.1.02a. La figura mostra che, in questo punto, la condizione Ia = Ic
è rispettata. Le coordinate del punto in cui avviene l’intersezione delle due curve sono la velocità di
corrosione dell’acciaio (icorr), e il potenziale di libera corrosione (Ecorr). La Fig.1.02a mostra che in
calcestruzzo saturo di acqua il potenziale di libera corrosione dell’acciaio è inferiore rispetto al
potenziale di libera corrosione in calcestruzzo asciutto (punto 2).
La Fig.1.02b mostra che, in presenza di cloruri sulla superficie delle armature, la densità di corrente
anodica non si mantiene costante fino a Etr, ma esiste un potenziale, detto potenziale di pitting (Epit),
in corrispondenza del quale la densità di corrente anodica aumenta di alcuni ordini di grandezza
rispetto a ipas. In presenza di cloruri, l’acciaio si mantiene passivo fino a quando il valore di Epit
rimane superiore a Ecorr, viceversa quando Epit ≤ Ecorr l’acciaio si corrode; ad esempio, facendo
riferimento alla Fig.1.02b, in calcestruzzo aerato la corrosione non si innesca se il valore del
potenziale di pitting è pari a Epit1, ma solo se il valore del potenziale di pitting è pari a Epit2. In
seguito all’innesco della corrosione, cambiano le condizioni di corrosione dell’acciaio: infatti, come
è mostrato schematicamente in Fig.1.02b, l’innesco della corrosione (ossia il passaggio dal punto 1
al punto 3) è associato a un aumento di icorr e a una diminuzione di Ecorr.
Il valore di Epit diminuisce all’aumentare del tenore di cloruri sulla superficie dell’acciaio; in
particolare, esiste un tenore di cloruri tale per cui Epit = Ecorr (ossia un tenore di cloruri che provoca
l’innesco della corrosione per pitting). Tale valore è definito tenore critico di cloruri. Il valore del
tenore critico di cloruri aumenta al diminuire di Ecorr: ad esempio, in calcestruzzo saturo di acqua
(punto 2), il tenore critico di cloruri che provoca l’innesco della corrosione è superiore che in
calcestruzzo asciutto (punto 1).
Dunque, da un punto di vista elettrochimico, l’innesco della corrosione è un evento che non dipende
da un unico parametro, ma da un insieme di parametri, molti dei quali sono legati fra loro: per citare
solo quelli analizzati fino ad ora, l’innesco dipende dal tenore di cloruri sulla superficie delle
11
armature e dal potenziale dell’acciaio (il quale, a sua volta, dipende dall’ambiente di esposizione
delle strutture e dall’umidità del calcestruzzo). L’innesco della corrosione si verifica quando
l’insieme di questi parametri assume una “combinazione critica” che provoca la depassivazione
dell’acciaio.
Paragrafo 1.2 - Diagramma di Pedeferri
La Fig.1.02b mostra che, per prevenire l’innesco della corrosione, è possibile intervenire sul
potenziale delle armature: infatti, abbassando il potenziale dell’acciaio, il tenore di cloruri che
provoca l’innesco della corrosione aumenta. Questo aspetto è analizzato schematicamente nel
diagramma tracciato da Pietro Pedeferri nel 1996 (Fig.1.03 [2]) sulla base di risultati di prove in
soluzione effettuate da Cigna et al. [3] e di risultati ottenuti mediante prove in malta e in
calcestruzzo: il diagramma di Pedeferri mostra il comportamento dell’acciaio nel calcestruzzo, in
funzione del potenziale e del contenuto di cloruri, a una temperatura di circa 20°C. Nella zona (A)
del diagramma la corrosione dell’acciaio si può innescare e propagare, dunque l’acciaio si trova in
condizione di attività. Nella zona (B) la corrosione non si può innescare, ma se si è già innescata in
precedenza può continuare a propagarsi; tale zona è detta di passività imperfetta. Il valore di
potenziale che segna il passaggio dalla zona (B) alla zona (A) è il potenziale di pitting (Epit). Nella
zona (C) la corrosione non si può innescare, e se si è già precedentemente innescata, l’acciaio torna
a passivarsi; tale zona è detta di passività perfetta. Il potenziale a cui avviene il passaggio dalla zona
(B) alla zona (C) è detto potenziale di protezione (Epro). Nelle zone (D) ed (E) può avvenire
l’infragilimento da idrogeno delle armature in presenza di acciai ad alta resistenza. Infine, nella
zona (E) può avvenire la perdita di aderenza tra acciaio e calcestruzzo.
Per aumentare la resistenza alla corrosione delle armature nelle strutture esposte in ambienti marini
o in presenza di sali disgelanti a base di cloruri può essere applicata un particolare tipo di protezione
catodica, chiamata prevenzione catodica. Essa consiste nell’abbassare il potenziale dell’acciaio da
prima che la struttura sia contaminata dai cloruri, come mostrato dal percorso (1) → (2) in Fig.1.03.
Applicando la prevenzione catodica, l’acciaio mantiene lo stato di passività anche nella zona di
passività imperfetta (3).
Al contrario, nel caso in cui la corrosione si sia già innescata (4), l’attacco corrosivo può essere
fermato o controllato applicando la protezione catodica e portando il potenziale dell’acciaio nella
zona di passività perfetta (5) o imperfetta (6).
12
Fig.1.03 - Diagramma di Pedeferri [2].
Nonostante in origine il diagramma di Pedeferri sia stato tracciato solo per descrivere
qualitativamente i princìpi della prevenzione e della protezione catodica, a esso può essere data una
interpretazione più ampia: infatti, la linea (ideale) che separa la zona di passività imperfetta dalla
zona di attività rappresenta la “combinazione critica” di potenziale e tenore di cloruri che provoca
l’innesco della corrosione. Il diagramma di Fig.1.03, tuttavia, non può essere utilizzato per
estrapolare le condizioni che provocano l’innesco della corrosione nelle strutture in calcestruzzo
reali, per due motivi:
- innanzitutto, tale diagramma è puramente qualitativo. In particolare, esso tiene conto solo di alcuni
dei parametri da cui dipende l’innesco della corrosione, ossia il potenziale e il tenore di cloruri, ma
ne trascura altri. Tali parametri, che saranno brevemente analizzati nel Paragrafo 1.3, sono sia di
tipo ambientale, come ad esempio la temperatura, sia relativi ai materiali con cui sono confezionate
le strutture in calcestruzzo armato, come ad esempio il tipo di calcestruzzo, il tipo e la finitura
superficiale dell’acciaio. Sebbene in un caso il diagramma di Pedeferri abbia mostrato una buona
corrispondenza con i risultati di prove sperimentali [4], per poter essere applicato a casi reali è
necessario che venga tracciato un diagramma di Pedeferri specifico, che sia rappresentativo dei
materiali utilizzati per il confezionamento delle strutture;
- inoltre, il diagramma di Pedeferri non tiene conto della variabilità delle “condizioni critiche” per
l’innesco della corrosione. Questo aspetto è importante per la progettazione della durabilità delle
strutture in calcestruzzo armato, perché recentemente sono stati proposti dei modelli probabilistici
per la previsione della vita di servizio delle strutture in calcestruzzo armato, in cui i dati di ingresso
(tra cui il tenore critico di cloruri) sono variabili statistiche [5].
13
Paragrafo 1.3 - Fattori da cui dipende l’innesco
Sebbene, come è stato detto, l’innesco della corrosione da cloruri sia provocato da un insieme di
fattori, tuttavia, per fini pratici, spesso tale problema è semplificato individuando, tra tutti, un unico
parametro che sia rappresentativo delle condizioni critiche per l’innesco della corrosione. In genere,
come parametro è scelto il tenore critico di cloruri (che è stato definito nel Paragrafo 1.1). Affinché
questa semplificazione sia lecita, è necessario che il valore del tenore critico di cloruri tenga conto
di tutti gli altri parametri da cui dipende l’innesco della corrosione. In questo paragrafo sono
brevemente analizzati i principali parametri da cui dipende il valore del tenore critico di cloruri,
ossia i parametri da cui dipende l’innesco della corrosione (a parte il potenziale, il quale è già stato
analizzato nei paragrafi precedenti).
Il tenore critico di cloruri dipende dal tipo e dalla finitura superficiale dell’acciaio. Nel caso in cui le
strutture in calcestruzzo armato siano esposte ad ambienti contaminati da cloruri o nel caso in cui
siano richieste vite di servizio particolarmente lunghe, le comuni armature di acciaio al carbonio
possono essere sostituite da armature di acciaio inossidabile, per le quali il tenore di cloruri che
provoca l’innesco della corrosione è molto più elevato [6]. Inoltre, anche eventuali trattamenti
superficiali, come la zincatura, possono comportare un significativo aumento della resistenza del
materiale nei confronti dell’innesco della corrosione [7].
La resistenza all’innesco della corrosione dell’acciaio dipende anche dalla sua finitura superficiale,
infatti la presenza di scaglie di laminazione sulla superficie dell’acciaio favorisce la formazione di
difetti all’interfaccia acciaio-calcestruzzo e, quindi, favorisce l’innesco della corrosione [8-9]. Al
contrario, quando l’acciaio ha una superficie pulita e liscia, esso mostra una migliore resistenza
all’innesco della corrosione [10]. In letteratura non vi è accordo riguardo all’effetto di prodotti di
corrosione (ruggine) sulla superficie dell’acciaio: infatti alcuni autori affermano che uno spesso
strato di ruggine può impedire la passivazione dell’acciaio [11], mentre altri autori affermano che,
in alcuni casi, la presenza di ruggine può migliorare la resistenza all’innesco della corrosione [8].
Oltre che dalle caratteristiche dell’acciaio, l’innesco dipende anche dalla composizione del
calcestruzzo. A tale proposito, recentemente il Rilem ha proposto una metodologia di prova che
possa essere utilizzata come standard per determinare l’effetto della composizione del calcestruzzo
sul valore del tenore critico di cloruri [12]. La principale proprietà del calcestruzzo da cui dipende il
valore del tenore critico è il tipo di cemento utilizzato; infatti, questo è uno dei parametri più
studiati in letteratura [9,13-19]. Dal tipo di cemento dipendono sia il pH della soluzione acquosa
contenuta nei pori del materiale, sia la capacità di legare i cloruri ai costituenti solidi della pasta
cementizia (ad esempio sotto forma di sale di Friedel). Questi due aspetti, tuttavia, sono molto
14
controversi: sebbene alcuni autori affermino che l’innesco della corrosione sia provocato
principalmente dai cloruri liberi, ossia dai cloruri disciolti nella soluzione acquosa contenuta nei
pori del calcestruzzo [20], altri autori hanno determinato che anche i cloruri legati contribuiscono a
provocare l’innesco della corrosione, perché la nucleazione di un pit può indurre un abbassamento
del pH che “libera” i cloruri legati, i quali così contribuiscono a sostenere la crescita del pit e a
impedirne la ripassivazione [21-22]. Per quanto riguarda il pH, esso influisce sul rapporto
[Cl-]/[OH
-], il quale è stato inizialmente utilizzato come “unità di misura” del tenore critico di
cloruri da Hausmann [23] e da Gouda [24] e ad oggi continua ad essere utilizzato [20,25]. Tuttavia,
anche in questo caso non vi è accordo riguardo al ruolo dello ione OH- nel contrastare l’innesco
della corrosione.
Oltre al tipo di cemento, il valore del tenore critico può dipendere anche dalla caratteristiche
dell’interfaccia acciaio-calcestruzzo. In particolare, una cattiva compattazione del calcestruzzo (in
genere legata a una scarsa lavorabilità del calcestruzzo allo stato fresco) può provocare la presenza
di difetti macroscopici, i quali possono essere la sede dell’innesco della corrosione; di conseguenza,
una cattiva compattazione comporta la diminuzione del tenore critico di cloruri [18,26].
In ultimo è importante citare un parametro che non dipende dalle proprietà dei materiali utilizzati
per il confezionamento del calcestruzzo armato, ma dall’ambiente di esposizione delle strutture,
ossia la temperatura: infatti, è dimostrato che un aumento della temperatura provoca una
diminuzione del tenore critico [9].
15
CAPITOLO 2
POTENZIALE DELLE ARMATURE E INNESCO
DELLA CORROSIONE DA CLORURI
Come è stato analizzato nel Capitolo 1, l’innesco della corrosione da cloruri è un evento che
dipende da un elevato numero di parametri. Sebbene in genere sia data importanza principalmente
al contenuto di cloruri sulla superficie delle armature, anche il potenziale delle armature (passive) è
un importante parametro da cui dipende l’innesco della corrosione [2-3,16]. Dunque, lo studio del
potenziale e dei fattori da cui esso dipende è di primaria importanza per definire in quali condizioni
può avvenire l’innesco della corrosione.
Come è stato presentato nel Paragrafo 1.1, il potenziale delle armature dipende innanzitutto dalla
zona di esposizione delle strutture: a titolo di esempio, la Fig.1.02a mostra che in calcestruzzo
saturo il potenziale dell’acciaio è inferiore che in calcestruzzo asciutto. Tuttavia esistono altri
fattori, oltre all’ambiente di esposizione, che influiscono sul valore del potenziale. Ovviamente
questi fattori, modificando il valore del potenziale, influiscono anche sull’innesco della corrosione
delle armature. Alcuni dei fattori da cui dipende il valore del potenziale si manifestano
spontaneamente: ad esempio, come sarà analizzato nel seguito di questo capitolo, in alcune strutture
possono svilupparsi delle macrocoppie che provocano una polarizzazione delle armature e, dunque,
una variazione del potenziale rispetto al valore di libera corrosione (definito nel Paragrafo 1.1).
Altri fattori, invece, sono introdotti appositamente per modificare il potenziale delle armature (in
genere al fine di aumentare la resistenza all’innesco della corrosione dell’acciaio): questo è il caso
dei sistemi di prevenzione catodica, i quali sono applicati al fine di abbassare il potenziale delle
armature e prevenire così l’innesco della corrosione (la relazione tra abbassamento del potenziale e
prevenzione della corrosione è illustrata in Fig.1.03).
In questo capitolo, nel Paragrafo 2.1 è studiato il potenziale assunto dalle armature nei diversi
ambienti di esposizione delle strutture e sono brevemente descritti i principali fattori che possono
provocare una variazione del potenziale dell’acciaio rispetto alla condizione di libera corrosione.
Nel paragrafi successivi, l’effetto di questi fattori sul potenziale delle armature è stato quantificato
mediante simulazioni numeriche: nel Paragrafo 2.2 sono descritti i modelli numerici che sono stati
16
realizzati per studiare l’effetto dei fattori sopra citati e nel Paragrafo 2.3 sono presentati i risultati
dei modelli.
I risultati dei modelli possono essere utilizzati sia per studiare qualitativamente in che modo i fattori
che influenzano il potenziale dell’acciaio possano favorire (o prevenire) l’innesco della corrosione,
sia per stimare quantitativamente il tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione nelle
diverse zone delle strutture in calcestruzzo armato. Il diagramma di Pedeferri mostrato in Fig.1.03,
infatti, mostra che esiste un legame tra il potenziale delle armature, il contenuto di cloruri e
l’innesco della corrosione [2]. La stima del tenore critico è effettuata nel Paragrafo 3.6; in quel
paragrafo i risultati delle simulazioni numeriche sono ripresi e confrontati con il diagramma di
Pedeferri costruito utilizzando la metodologia di prova che sarà proposta nel Capitolo 3.
Paragrafo 2.1 - Potenziale elettrochimico dell’acciaio nel calcestruzzo
Nel Paragrafo 1.1 è stato mostrato, qualitativamente, che esiste un legame tra l’ambiente di
esposizione delle strutture in calcestruzzo armato e il potenziale elettrochimico delle armature
inglobate nel calcestruzzo. Dal momento che, a sua volta, il potenziale è legato al valore del tenore
critico di cloruri, il tenore critico che provoca l’innesco della corrosione può variare in funzione
dell’ambiente di esposizione delle strutture in calcestruzzo armato. Tuttavia, per studiare questo
aspetto, è necessario disporre di informazioni quantitative riguardo al potenziale delle armature
passive nei diversi ambienti.
Dal momento che il potenziale è un parametro elettrochimico molto utilizzato per identificare
l’innesco della corrosione, queste informazioni possono essere raccolte tramite una analisi
bibliografica dei valori di potenziale misurati durante l’ispezione di strutture in calcestruzzo reali o
nel corso di prove di laboratorio che simulano condizioni reali. Il risultato di questa analisi è
riportato nel Paragrafo 2.1.1. Nel Paragrafo 2.1.2 sono brevemente analizzati i fattori che, in alcune
condizioni particolari (che saranno definite all’interno del paragrafo), possono provocare una
variazione del potenziale rispetto ai valori presentati nel Paragrafo 2.1.1.
Paragrafo 2.1.1 - Potenziale elettrochimico dell’acciaio in funzione dell’ambiente
di esposizione del calcestruzzo
Il potenziale elettrochimico è un parametro comunemente misurato per identificare l’innesco della
corrosione; di conseguenza, in letteratura sono presentati molti dati relativi a questo parametro. Essi
17
derivano sia dall’ispezione di strutture esistenti, sia dal monitoraggio di provini di laboratorio
esposti ad ambienti marini simulati.
Mappatura del potenziale di strutture esistenti. La mappatura del potenziale è il metodo
elettrochimico più diffuso per valutare lo stato di corrosione delle armature nelle reali strutture in
calcestruzzo armato [27]. Spesso una struttura può essere esposta contemporaneamente a più
ambienti diversi: ad esempio, i pilastri dei pontili marini hanno sia una porzione immersa in acqua,
sia una porzione esposta ad atmosfera marina. Dunque, dall’ispezione di queste strutture è possibile
effettuare un confronto diretto tra i potenziali in ambienti diversi [28-30].
Tuttavia, spesso i dati misurati su strutture reali presentano alcuni inconvenienti. Innanzitutto,
raramente il potenziale è monitorato continuamente nel tempo: in genere sono presentati dati di
ispezioni effettuate per determinare lo stato di corrosione delle armature in un particolare istante
della vita di servizio delle strutture; in questi casi mancano informazioni relative alla variabilità del
potenziale nel tempo. La mancanza di queste informazioni può rendere complessa l’interpretazione
dei risultati: infatti, è difficile determinare se una variazione del potenziale nelle diverse zone di una
struttura sia dovuta a una variazione dell’ambiente di esposizione o, piuttosto, a una variazione della
condizione di passività o di attività dell’acciaio [28-29]. Questo aspetto può essere compreso
facendo riferimento alla Fig.2.01, la quale mostra, a livello qualitativo, i tipici intervalli di
variazione del potenziale delle armature di acciaio al carbonio nel calcestruzzo [31]. La figura
mostra che, in alcuni casi, gli intervalli di potenziale tipici di due o più condizioni di corrosione
diverse possono essere parzialmente sovrapposti, dunque è possibile che, basandosi solo su misure
di potenziale, due condizioni diverse possano essere confuse. Questo si verifica, ad esempio, per gli
intervalli tipici dell’acciaio passivo in calcestruzzo molto umido e dell’acciaio attivo in calcestruzzo
contaminato da cloruri. In queste situazioni, la sola misura del potenziale non è sufficiente a
indicare quali siano le condizioni di corrosione delle armature, ma è necessario misurare altri
parametri, come ad esempio la velocità di corrosione delle armature, per confermare (o smentire)
che l’acciaio si trovi in condizione di passività.
Inoltre, spesso l’ispezione di strutture reali è effettuata quando compaiono i primi segni visibili di
degrado (ad esempio quando il calcestruzzo comincia a fessurarsi), ossia molto tempo dopo
l’innesco della corrosione, quando sono presenti contemporaneamente aree attive e aree passive
[28-29,32]. In questo caso è difficile determinare se un valore relativamente basso di potenziale sia
dovuto all’ambiente di esposizione o alla condizione di attività dell’acciaio.
18
Provini esposti ad ambiente marino. In alcuni casi sono studiati dei provini armati esposti ad
ambiente marino, ad esempio a una certa distanza dalla costa o a una certa altezza al di sopra (o al
di sotto) del livello del mare [33-35]. In questi lavori sperimentali, per studiare le condizioni di
corrosione dei provini è effettuato un monitoraggio continuo del potenziale e, in genere, sono
misurati anche altri parametri oltre al potenziale delle armature, ad esempio la velocità di corrosione
dell’acciaio. Dunque, questi lavori presentano dati più completi (e di più facile interpretazione)
rispetto a quelli raccolti dall’ispezione di strutture reali. Tuttavia, anche in questi casi non sempre i
dati riportati sono sufficienti a determinare se una variazione del potenziale sia dovuta all’effetto
dell’ambiente o all’effetto della condizione di passività o di attività dell’acciaio.
Fig.2.01 - Tipici intervalli di variazione del potenziale delle armature di acciaio al carbonio
nel calcestruzzo [31].
Prove di laboratorio. Nella maggior parte dei casi, invece che prove di esposizione naturale sono
effettuate prove in laboratorio (che saranno discusse nel dettaglio nel Paragrafo 3.1), il cui obiettivo
è studiare il comportamento elettrochimico dell’acciaio inglobato in calcestruzzo esposto ad
ambienti marini simulati. In letteratura sono proposte diverse condizioni di esposizione (per una
descrizione completa si rimanda al Paragrafo 3.1), che simulano la zona immersa, la zona delle
maree o la zona degli spruzzi.
Sebbene le prove di laboratorio non siano effettuate in un ambiente reale, ma solo “realistico”, esse
presentano alcuni vantaggi rispetto alle strutture reali: innanzitutto, in laboratorio è possibile un
monitoraggio frequente del potenziale e della velocità di corrosione dell’acciaio, dunque è più
19
semplice interpretare correttamente i risultati delle misure. Inoltre, grazie alle piccole dimensioni
dei provini (nella massima parte dei casi la superficie delle armature di acciaio inglobate nel
calcestruzzo è inferiore a 100 cm2), è possibile ipotizzare che l’umidità e il contenuto di ossigeno
siano omogenei all’interno del calcestruzzo; in questo modo è possibile misurare il potenziale di
libera corrosione dell’acciaio passivo, senza che il potenziale sia influenzato dalla presenza di
macrocoppie (che saranno descritte nel Paragrafo 2.1.2).
Tuttavia, le prove di laboratorio presentano anche alcuni inconvenienti: infatti, spesso sono
effettuate prove di corrosione accelerate (ossia rispetto alle strutture reali sono utilizzati spessori di
copriferro minori e soluzioni di cloruri più concentrate dell’acqua di mare); di conseguenza,
l’innesco della corrosione può avvenire in pochi mesi [36-43]. In tutti questi casi, i dati presentati
sono rappresentativi di un breve tempo di esposizione e non possono avvenire alcuni fenomeni che
possono influenzare il potenziale dell’acciaio, come ad esempio il consumo dell’ossigeno sulla
superficie dell’acciaio che, come è stato mostrato nel Paragrafo 1.1, provoca la diminuzione del
potenziale dell’acciaio.
Per i motivi precedentemente elencati, l’analisi dei valori di potenziale presentati in letteratura deve
essere sostenuta da due informazioni supplementari, ossia:
1) il tempo di esposizione all’ambiente dell’elemento in calcestruzzo armato;
2) la condizione di passività o di attività dell’acciaio. Quest’ultima informazione può essere
determinata, ad esempio, tramite la misura della velocità di corrosione dell’acciaio o la verifica
dell’assenza di prodotti di corrosione sulla superficie delle armature (che può essere effettuata a
campione rimuovendo una porzione di copriferro).
In Tab.2.01 sono sintetizzati gli intervalli di variazione del potenziale delle armature passive
determinati da vari autori, relativi sia a ispezioni di strutture reali, sia a prove di laboratorio
[28,30,32-47]. I dati presentati in Tab.2.01 sono stati selezionati in base alle informazioni fornite
dagli autori dei lavori citati: principalmente sono stati considerati i valori di potenziale misurati su
armature con velocità di corrosione inferiore a 1 mA/m2 (dunque ragionevolmente passive);
tuttavia, in alcuni casi gli autori hanno fornito altri criteri utili a verificare l’assenza di innesco della
corrosione (ad esempio l’osservazione visiva delle armature effettuata rimuovendo una porzione di
copriferro). Inoltre, sono stati considerati validi anche i dati misurati su strutture in cui sono presenti
contemporaneamente aree attive e passive (selezionando ovviamente solo i potenziali delle aree
passive).
20
Tab.2.01 - Dati di letteratura inerenti al potenziale elettrochimico dell’acciaio passivo, in funzione
dell’ambiente di esposizione del calcestruzzo [28,30,32-47]. (continua)
21
Tab.2.01 - (continua) Dati di letteratura inerenti al potenziale elettrochimico dell’acciaio passivo,
in funzione dell’ambiente di esposizione del calcestruzzo [28,30,32-47].
22
In Tab.2.01, nelle colonne 1 e 2 sono citati il primo autore e l’anno di pubblicazione dei riferimenti
analizzati; la colonna 3 indica la zona (reale o simulata in laboratorio) in cui sono esposti gli
elementi in calcestruzzo armato; le colonne 4 e 5 forniscono informazioni riguardo al materiale e
alla geometria degli elementi studiati nei diversi casi; le colonne 6 e 7 forniscono informazioni
riguardo al luogo (ossia laboratorio o ambiente marino) e alla condizione di esposizione degli
elementi; le colonne 8 e 9 indicano l’età delle strutture su cui sono state effettuate le misure e il
periodo di monitoraggio; le colonne 10 e 11 indicano l’intervallo di variazione del potenziale
riportato nei lavori citati e la colonna 12 indica la velocità di corrosione delle armature. Nel caso in
cui le velocità di corrosione indichino la contemporanea presenza di armature passive e armature
attive, in tabella è stato riportato solo il valore più elevato del potenziale (che è possibile associare
all’acciaio passivo). Nel caso in cui nello stesso lavoro siano riportati dati relativi ad armature
esposte a più condizioni ambientali diverse, in Tab.2.01 possono essere presenti più righe per ogni
singolo lavoro. Ad ogni riga della Tab.2.01 è associata una colonna del grafico di Fig.2.02, il quale
rappresenta graficamente i valori indicati in tabella.
Fig.2.02 - Intervallo di variazione del potenziale dell’acciaio passivo, in funzione dell’ambiente
e del tempo di esposizione degli elementi in calcestruzzo armato [28,30,32-47].
Zona atmosferica. Come illustrato in Fig.2.02, i valori di potenziale misurati su elementi in
calcestruzzo armato esposti all’atmosfera variano significativamente in funzione dell’umidità del
23
calcestruzzo: quando gli elementi sono conservati per lungo tempo in ambiente asciutto, ad esempio
in laboratorio o in un deposito coperto, il potenziale può raggiungere valori relativamente elevati,
ossia superiori a +100 mV vs SCE (tali valori, indicati con la dicitura Lab. asciutto, sono tipici
dell’acciaio attivo in calcestruzzo carbonatato secco, come mostrato indicativamente in Fig.2.01)
[28,44]. Al contrario, quando l’umidità dell’ambiente è elevata (Lab. umido), il potenziale
diminuisce significativamente e può variare tra 0 e -250 mV vs SCE [39,44-45].
I valori di potenziale misurati su strutture reali esposte all’atmosfera (Atm.) confermano i risultati
ottenuti in laboratorio; tuttavia, essi presentano una variabilità più elevata, probabilmente a causa
della variabilità delle condizioni climatiche, che possono variare da struttura a struttura [28,33,35].
Zona degli spruzzi e delle maree. Quando il calcestruzzo è sottoposto a cicli di asciutto-bagnato il
periodo di asciutto è troppo breve per permettere il completo asciugamento del calcestruzzo, quindi
il potenziale è quasi sempre inferiore a 0 mV vs SCE.
Nelle prove di laboratorio, la durata delle prove spesso coincide con il periodo di innesco della
corrosione (perché esse sono interrotte in seguito all’innesco); a sua volta, il periodo di innesco può
dipendere da alcune condizioni di prova, come ad esempio la frequenza dei cicli di asciutto-bagnato
[13], dalla concentrazione di cloruri nell’ambiente di esposizione, dallo spessore di copriferro e dal
valore del tenore critico di cloruri; dunque, il periodo di esposizione può variare da alcuni mesi
(corrispondenti a pochi cicli di asciutto-bagnato) a qualche anno. Come illustrato in Fig.2.02, il
potenziale dell’acciaio dipende dalla durata del periodo di esposizione: in particolare, quando la
corrosione si innesca in pochi mesi esso può variare tra -50 e -350 mV vs SCE (Lab. < 1 anno)
[34,40,42-43]; al contrario, in prove di corrosione di lunga durata il potenziale dell’acciaio può
diminuire fino a oltre -500 mV vs SCE a causa del consumo di ossigeno al livello delle armature
(Lab. > 1 anno) [34-35].
Su strutture reali esposte alla zona delle maree sono stati misurati valori simili a quelli misurati su
provini di laboratorio, anche se i dati misurati su strutture reali mostrano una variabilità più elevata
(Maree) [28,30]: a titolo di esempio, i dati misurati da Lau et al. [30] nel corso dell’ispezione di un
elevato numero di strutture mostrano un intervallo di variabilità di circa 800 mV (vedi Tab.2.01).
Zona immersa. Generalmente, a causa della severità dell’ambiente di esposizione, le prove di
corrosione effettuate su campioni costantemente immersi durano solo alcuni mesi [36-38,41].
Inoltre, in letteratura sono disponibili pochi dati di strutture reali immerse in acqua di mare,
probabilmente a causa della difficoltà di effettuare un monitoraggio sotto il livello del mare [30].
24
Se il periodo di immersione dura alcuni mesi, il potenziale dell’acciaio è compreso tra 0 e -250 mV
vs SCE, ossia è molto simile a quello misurato su elementi esposti a cicli di asciutto-bagnato
(probabilmente perché in un tempo così breve non avviene il consumo dell’ossigeno, Lab. < 1
anno). Nelle strutture in calcestruzzo armato reali, nelle quali il tempo di esposizione è più elevato,
il potenziale può variare da -300 a -650 mV vs SCE (Immerso) [30]. I dati presentati in Fig.2.02
mostrano che il minimo valore di potenziale nella zona immersa è simile a quello misurato su
elementi esposti a cicli di asciutto-bagnato (ossia circa -600 mV vs SCE), tuttavia il massimo valore
di potenziale (e dunque l’intervallo di variazione di questo parametro) è significativamente inferiore
per le strutture permanentemente immerse.
L’analisi della letteratura, dunque, mostra che effettivamente il potenziale dell’acciaio passivo
assume un valore che è tipico delle diverse zone in cui sono esposte le strutture in calcestruzzo
armato, e la conoscenza di questi intervalli di valori può contribuire a definire le condizioni critiche
per l’innesco della corrosione da cloruri.
Paragrafo 2.1.2 - Fattori che possono influenzare il potenziale dell’acciaio
In questo paragrafo sono presentate alcune condizioni particolari che possono verificarsi nelle
strutture in calcestruzzo armato e che possono provocare una variazione del potenziale delle
armature rispetto al potenziale di libera corrosione.
Macrocoppia tra armature passive. Una macrocoppia può svilupparsi ogniqualvolta è presente un
accoppiamento galvanico tra armature di acciaio con potenziale di libera corrosione diverso [1].
Sebbene in letteratura siano studiate principalmente le macrocoppie che si sviluppano tra una
armatura passiva e una armatura attiva [16,48-54], la macrocoppia può svilupparsi anche prima
dell’innesco della corrosione. Questa condizione si verifica quando due porzioni (elettricamente
connesse tra loro) della stessa struttura sono esposte a due ambienti diversi [55]. Questa situazione
può verificarsi, ad esempio:
- sui pilastri di infrastrutture marine (ponti, pontili e altri) [56-58]. Mentre la porzione inferiore
delle strutture è immersa in acqua di mare, la porzione superiore emerge dal mare ed è esposta
all’atmosfera;
- su strutture sottomarine cave (tunnel, parcheggi, frangiflutti) [59-60]. Infatti, sebbene queste
strutture possano essere completamente immerse in acqua di mare, presentano al loro interno una
cavità aerata (come se fosse esposta all’atmosfera).
25
Come discusso nel paragrafo precedente, in tutte queste strutture il potenziale di libera corrosione
dell’acciaio varia in funzione dell’ambiente di esposizione delle diverse parti. Poiché in genere le
armature sono elettricamente interconnesse, la differenza di potenziale tra le diverse porzioni di una
struttura può provocare la circolazione di corrente, dalle zone a potenziale inferiore verso le zone a
potenziale superiore, e la conseguente polarizzazione dell’acciaio.
Macrocoppia con armature attive. Dal momento che la corrosione da cloruri è una forma di
corrosione localizzata, in una struttura possono essere presenti contemporaneamente aree di
armatura attive e passive. Poiché, come è stato presentato nel Paragrafo 1.1, l’innesco della
corrosione provoca una diminuzione del potenziale di libera corrosione dell’acciaio, la differenza di
potenziale tra l’area attiva e l’area passiva porta alla formazione di una macrocoppia tra le due parti
della struttura. Come sarà presentato nel seguito, il potenziale dell’acciaio può subire una variazione
per effetto della macrocoppia che si genera:
- in seguito all’innesco della corrosione, tra un pit e l’area di acciaio passivo circostante;
- durante la fase di propagazione della corrosione, tra una porzione di armature che si stanno
corrodendo e una porzione di armature passive.
Sistemi di prevenzione e protezione catodica. Per prevenire l’innesco della corrosione, o per
limitarne gli effetti qualora essa si sia già innescata, è possibile applicare alle strutture in
calcestruzzo armato un sistema di prevenzione o di protezione catodica. Il principio su cui si basano
queste tecniche è stato illustrato da Pietro Pedeferri nel 1996 [2] ed è spiegato nel Paragrafo 1.2.
Sia la protezione che la prevenzione catodica sono basate su un abbassamento del potenziale delle
armature e tale effetto può essere ottenuto mediante l’applicazione di tecnologie simili; tuttavia, le
conseguenze della diminuzione del potenziale possono essere diverse a seconda che il sistema sia
applicato prima (prevenzione catodica) o dopo (protezione catodica) l’innesco della corrosione:
come è mostrato in Fig.1.03, lo scopo della prevenzione catodica è mantenere lo stato di passività
dell’acciaio, mentre quello della protezione catodica è controllare, o fermare, un attacco corrosivo
già in atto.
La prevenzione e la protezione catodica possono essere ottenute applicando alle armature una
corrente catodica erogata da un generatore il cui polo negativo è collegato alle armature e il polo
positivo è collegato a un anodo, generalmente posto sulla superficie dell’elemento in calcestruzzo
da proteggere [2]. In alternativa, la prevenzione e la protezione catodica possono essere ottenute
collegando alle armature un anodo sacrifiziale, il quale, corrodendosi, eroga la corrente necessaria a
26
proteggere le armature. Quando le strutture sono immerse in acqua di mare, l’anodo può essere
semplicemente immerso in acqua.
Difficilmente gli effetti di una macrocoppia possono essere studiati su strutture in calcestruzzo
armato reali: innanzitutto, i sistemi per il monitoraggio della corrosione comunemente installati su
strutture esposte all’atmosfera mostrano diverse prestazioni se installati su strutture immerse in
acqua di mare [61]; inoltre, per studiare l’effetto di una macrocoppia sul potenziale e sulla velocità
di corrosione dell’acciaio, sarebbe necessario il confronto con una situazione di riferimento “senza
macrocoppia”, operazione praticamente impossibile in strutture reali.
Per questi motivi, in questo capitolo il potenziale assunto dall’acciaio in presenza di una
macrocoppia o di un anodo sacrifiziale è stato studiato mediante modellazione numerica; infatti, in
letteratura è dimostrato che questo strumento è efficace nel simulare il reale comportamento
elettrochimico dell’acciaio nel calcestruzzo [52,54,58,62].
Paragrafo 2.2 - Modelli numerici per lo studio della distribuzione
del potenziale in elementi in calcestruzzo armato
In questa tesi sono stati studiati tre fattori che possono provocare una variazione del potenziale delle
armature rispetto al valore di libera corrosione. Il primo fattore analizzato è lo sviluppo di una
macrocoppia tra le diverse parti di una struttura in calcestruzzo armato esposta
contemporaneamente a più ambienti diversi. Questo fattore è stato studiato realizzando il modello di
una struttura caratterizzata da una condizione di esposizione ambientale complessa,
schematicamente illustrata in Fig.2.03: la struttura simulata è cava e parzialmente immersa in acqua
di mare. Questa tipologia di struttura permette di studiare gli ambienti di esposizione tipici di alcune
infrastrutture realizzate in zone costiere, si vedano ad esempio il frangiflutti galleggiante di Monaco
[63] o i parcheggi sottomarini di Oslo [60] mostrati, rispettivamente, in Fig.2.04a e in Fig.2.04b.
Tutte queste strutture presentano una parte inferiore immersa in acqua di mare e una parte superiore
esposta all’atmosfera; inoltre, al loro interno, le strutture presentano una cavità aerata. In queste
strutture possono formarsi sia una macrocoppia tra la parte esterna e la parte interna, sia una
macrocoppia tra la parte superiore e la parte inferiore. Dunque, questa tipologia di struttura si presta
a studiare alcune situazioni comuni nelle opere in calcestruzzo armato esposte ad ambiente marino:
ad esempio, la macrocoppia tra la parte superiore e la parte inferiore è tipica delle strutture
27
parzialmente immerse in acqua di mare, come ad esempio i pilastri che reggono i pontili marini
[56,58], mentre la macrocoppia tra la parte interna e la parte esterna è tipica dei tunnel sottomarini,
come ad esempio quello di Bjorvika [59].
Fig.2.03 - Struttura in calcestruzzo armato parzialmente immersa in acqua di mare.
Fig.2.04a - Frangiflutti galleggiante di Monaco
[63].
Fig.2.04b - Parcheggi sottomarini di Oslo
[60].
Mediante il modello della struttura mostrata in Fig.2.03 è stata studiata sia la macrocoppia che si
forma tra le varie parti della struttura quando tutte le armature sono passive (ossia nella fase di
28
innesco della corrosione), sia la macrocoppia che si forma quando si innesca la corrosione in una
parte della struttura (ossia durante la fase di propagazione della corrosione).
Il secondo fattore che è stato studiato mediante le simulazioni numeriche è la presenza di un sistema
di prevenzione o di protezione catodica. Sebbene sia la prevenzione che la protezione catodica
possano essere applicate utilizzando le stesse tecnologie, esse differiscono per il momento in cui
sono applicate alla struttura: infatti, come è stato brevemente descritto nel Paragrafo 1.2, la
prevenzione catodica è applicata quando le armature sono ancora passive, ossia prima dell’innesco
della corrosione, mentre la protezione catodica è applicata dopo l’innesco della corrosione.
In questa tesi è stato studiato un sistema di prevenzione e di protezione catodica basato sull’utilizzo
di anodi sacrifiziali di zinco. Tale sistema è stato applicato alla struttura cava e parzialmente
immersa in acqua di mare mostrata in Fig.2.03, per verificare se la prevenzione catodica sia efficace
nell’annullare gli effetti della macrocoppia che si forma tra le diverse zone della struttura durante la
fase di innesco della corrosione e per verificare se la protezione catodica sia efficace nel fermare
l’attacco corrosivo qualora esso si sia già innescato.
L’ultimo fattore che è stato analizzato mediante le simulazioni numeriche è la presenza di un pit
(ossia di una piccola area attiva) su una barra di acciaio passivo inglobata nel calcestruzzo. I
modelli numerici hanno permesso di simulare due fasi della crescita di un pit, ossia la nucleazione e
lo sviluppo. Tramite la realizzazione di modelli tridimensionali di barre di lunghezza diversa sulle
quali sono presenti dei pit di superficie diversa, è stato possibile effettuare una analisi di sensitività
sull’effetto del rapporto tra area depassivata (ossia la superficie del pit) e area passiva (ossia la
superficie della barra di acciaio passivo) sul potenziale dell’acciaio. Queste simulazioni numeriche
hanno permesso di determinare quali sono le condizioni che permettono di identificare l’innesco
della corrosione (ossia la presenza di un pit) mediante il monitoraggio del potenziale elettrochimico
dell’acciaio. Questo aspetto è difficile da studiare su strutture o provini in calcestruzzo armato reali,
proprio a causa della difficoltà di identificare un pit di piccole dimensioni.
Inoltre, le simulazioni numeriche di una barra di acciaio inglobata nel calcestruzzo sulla cui
superficie è presente un pit hanno permesso di studiare un altro aspetto relativo alla corrosione per
pitting: in genere nei modelli numerici per lo studio della propagazione della corrosione in una
struttura in calcestruzzo armato è praticamente impossibile (per motivi di calcolo) simulare la
presenza dei singoli pit; dunque, in genere il comportamento elettrochimico dell’armatura è
espresso tramite una equazione che sia rappresentativa del comportamento “globale” dell’acciaio.
(Questo approccio è stato utilizzato anche in questa tesi per le simulazioni della struttura mostrata in
Fig.2.03.) Tuttavia, questo approccio è la schematizzazione di una situazione più complessa, in cui
il comportamento “medio” dell’acciaio è dato dalla contemporanea presenza di aree in cui avviene
29
la propagazione della corrosione, ossia i pit presenti sulla superficie dell’acciaio, e di aree in cui la
corrosione non si manifesta, ossia la porzione di superficie passiva. Le simulazioni numeriche del
pit permettono di studiare quale sia la condizione “reale” (ossia la presenza contemporanea di pit e
di porzioni passive) che corrisponde ad una condizione schematizzata mediante un comportamento
globale.
Paragrafo 2.2.1 - Modello di una struttura cava e parzialmente immersa
In questo paragrafo è descritto il modello della struttura cava e parzialmente immersa in acqua di
mare che è stato utilizzato per studiare sia lo sviluppo di macrocoppie, sia l’efficacia di un sistema
di prevenzione o di protezione catodica applicato mediante un anodo sacrifiziale. I modelli che
hanno permesso lo studio di questi aspetti non differiscono per la geometria della struttura, ma per
la condizione di passività o di attività delle armature e per la presenza o meno di un anodo
sacrifiziale di zinco posto in acqua di mare.
Geometria del modello. Con riferimento al caso di studio mostrato in Fig.2.03, è stato creato un
modello semplificato che rappresenta una sezione del muro in calcestruzzo armato; la geometria del
modello è mostrata in Fig.2.05. Il muro ha spessore 1 m e altezza 5.54 m. Da un lato il muro è
parzialmente immerso in acqua di mare, il cui livello è pari a 2.00 m in condizioni di bassa marea e
3.00 m in condizioni di alta marea, dall’altro lato il muro è esposto ad un ambiente aerato. Il muro è
armato con barre di acciaio di diametro 20 mm poste su due file (una interna e una esterna, come
raffigurato in Fig.2.05); l’interasse tra due armature adiacenti è pari a 0.15 m e lo spessore di
copriferro è pari a 0.06 m.
Come mostrato in Fig.2.05, è stato creato un modello bidimensionale, che rappresenta una sezione
del muro; nel modello sono rappresentate solo le armature perpendicolari al piano di sezione,
mentre le armature parallele non sono rappresentate. Questa semplificazione è necessaria, a causa
dell’elevata dimensione della struttura, ed è lecita, perché sulla base di dati di letteratura la presenza
di armature trasversali ha una modesta influenza sulla distribuzione del potenziale nelle strutture in
calcestruzzo armato [58].
Condizioni sui sottodomini (resistività dei materiali). La resistività del calcestruzzo è un parametro
che diminuisce all’aumentare dell’umidità e del contenuto di cloruri del materiale. Per i materiali
(ossia il calcestruzzo e l’acqua di mare) sono stati scelti i valori di resistività proposti da Bertolini et
al. [58], i quali sono riassunti in Tab.2.02.
30
Fig.2.05 - Geometria del modello.
Tab.2.02 - Resistività dei materiali del modello numerico [58].
Materiale Resistività elettrica (Ω·m)
Calcestruzzo asciutto 1500
Calcestruzzo saturo 100
Calcestruzzo saturo con cloruri 30
Acqua di mare 0.2
Dal momento che il profilo di umidità all’interno del muro in calcestruzzo non è noto a priori, per
determinarlo sono state effettuate alcune simulazioni preliminari. In accordo con la letteratura, si è
ipotizzato che il muro rappresentato in Fig.2.05, inizialmente saturo di acqua, si asciughi in due
fasi: la prima fase è costituita dall’asciugamento della superficie del muro a contatto con
l’atmosfera, la seconda fase è costituita dall’asciugamento del nucleo del muro [64].
La prima fase è governata dal flusso di massa di acqua che evapora dalla superficie del
calcestruzzo. In accordo con le indicazioni fornite dall’American Concrete Institute, in un ambiente
a 25°C, con umidità relativa pari a 50% e aerazione forzata con velocità pari a 3 km/h, il flusso di
massa è pari a 6·10-2
g/m2·s [65]. Questa prima fase termina quando l’umidità superficiale del
calcestruzzo si porta in una condizione di equilibrio con quella dell’ambiente.
31
La seconda fase è governata dal flusso di massa di acqua nei pori del calcestruzzo, il quale può
essere calcolato mediante la legge di Darcy [64]. Il flusso di acqua in un materiale poroso non
saturo (ossia proprio nel caso in esame) dipende dalla conduttività capillare del materiale k, la quale
a sua volta dipende dalla stessa umidità del calcestruzzo θ: k = k(θ).
I risultati delle simulazioni preliminari hanno mostrato che, in un ambiente ventilato, la superficie
interna del calcestruzzo può asciugarsi in un tempo dell’ordine di circa 1 ora. Al termine
dell’asciugamento superficiale, il fenomeno può estendersi al nucleo dell’elemento. In meno di 10
anni, la velocità con cui avviene l’asciugamento del muro diminuisce progressivamente, fino a
eguagliare la velocità con cui avviene il bagnamento della superficie esterna a contatto con l’acqua
di mare. All’interno del muro si instaura un profilo di umidità stazionario, mostrato in Fig.2.06. La
figura mostra che il calcestruzzo si mantiene umido (ossia con una umidità superiore a 75%) per il
90% dello spessore della parete; l’umidità diminuisce significativamente solo negli ultimi 10
centimetri del muro. Le due bande grigie verticali indicano le posizioni delle armature: a sinistra si
osserva che, nella porzione di struttura a contatto con l’acqua di mare, le armature sono inglobate in
calcestruzzo quasi saturo (ossia con umidità > 95%), mentre a destra si osserva che, nella porzione
di struttura a contatto con l’aria, l’umidità del calcestruzzo in cui sono inglobate le armature è molto
inferiore (ossia < 70%). Di conseguenza, i risultati delle simulazioni preliminari mostrano che, in
questa tipologia di struttura, possono essere effettivamente presenti zone con diversa umidità. Dal
momento che, come è stato mostrato nel Paragrafo 1.1, il potenziale dell’acciaio dipende
dall’umidità del calcestruzzo, il gradiente di umidità nella parete può provocare una differenza di
potenziale tra la zona interna e la zona esterna del muro. Dunque, in questa struttura si possono
effettivamente verificare condizioni favorevoli alla formazione di una macrocoppia.
Per quanto riguarda la porzione di struttura che emerge dall’acqua di mare, è stato ipotizzato che,
nella zona degli spruzzi, la superficie del calcestruzzo sia satura di acqua. Le simulazioni
preliminari mostrano che, per effetto della risalita capillare, il muro in calcestruzzo rimane umido
fino a circa 20 cm al di sopra della zona degli spruzzi (ossia fino a circa 70 cm dal massimo livello
della marea, come mostrato in Fig.2.07a). Questo risultato è in accordo con il risultato sperimentale
riportato in [58]; infatti, sebbene in quel caso sia stato studiato un elemento posto in una vasca di
acqua in quiete (dunque in assenza della zona degli spruzzi) anche in questo caso la risalita capillare
in un elemento parzialmente immerso in acqua di mare è di circa 20 cm rispetto al livello
dell’acqua.
In base ai risultati delle simulazioni preliminari, il muro in calcestruzzo è stato suddiviso in diversi
sottodomini, in funzione dell’umidità del calcestruzzo; tale suddivisione è mostrata in Fig.2.07b. Ai
sottodomini mostrati in figura sono state attribuite le resistività elettriche riportate in Tab2.02.
32
Fig.2.06 - Profilo di umidità nel muro in calcestruzzo: il lato esterno (a sinistra) è a
contatto con acqua di mare, mentre il lato interno (a destra) è esposto all’atmosfera.
(a) (b)
Fig.2.07 - Profilo di umidità nella zona immersa e nella zona emersa della struttura (a);
suddivisione del muro in sottodomini in funzione dell’umidità del calcestruzzo (b).
33
Condizioni al contorno. Lungo il perimetro esterno del modello è stata posta una condizione al
contorno di isolamento elettrico. Sulla superficie delle armature sono state poste come condizioni al
contorno le curve di polarizzazione dell’acciaio, che esprimono la relazione che esiste tra la densità
di corrente (anodica o catodica) sulla superficie delle armature e il potenziale elettrochimico
dell’acciaio. La curva di polarizzazione dell’acciaio passivo è descritta dall’equazione (1):
lim
101
101
ii
i
c
corr
c
corr
b
EE
pas
b
EE
(1)
dove i (A/m2) è la densità di corrente scambiata tramite la superficie dell’armatura; E (V vs SCE) è
il potenziale elettrochimico dell’acciaio; Ecorr (V vs SCE) è il potenziale di libera corrosione; bc
(V/decade) è la pendenza della curva catodica di riduzione di ossigeno; ipas (A/m2) è la corrente di
passività dell’acciaio; ilim (A/m2) è la densità di corrente limite di diffusione di ossigeno. I valori dei
parametri presenti nell’equazione (1) possono variare in funzione dell’ambiente di esposizione. Per
definire i valori di tali parametri è stata effettuata una analisi bibliografica [50-54,57-58,66-68]. I
valori riportati dagli autori citati possono derivare sia da prove sperimentali, sia da dati di ingresso
utilizzati per la definizione di modelli numerici. La Tab.2.03 mostra che, in genere, in letteratura vi
è un buon accordo riguardo alla corrente di passività dell’acciaio passivo, il cui valore in genere è
compreso tra 0.1 e 1 mA/m2. Il potenziale di libera corrosione dell’acciaio passivo varia in funzione
dell’umidità del calcestruzzo: in genere esso è compreso tra -400 e -200 mV vs SCE per il
calcestruzzo saturo e tra -100 e +100 mV vs SCE per il calcestruzzo asciutto. La pendenza della
curva catodica mostra una grande variabilità, infatti essa può variare tra 120 e 400 mV/decade.
Anche la corrente limite di diffusione di ossigeno mostra una grande variabilità, perché essa
dipende dall’umidità del calcestruzzo, come discusso nel Paragrafo 1.1.
In questa tesi si è supposto che la condizione di esposizione ambientale influenzi solo il potenziale
di libera corrosione e la densità di corrente limite di diffusione di ossigeno; queste assunzioni hanno
portato alla scelta dei parametri indicati in Tab.2.04. Il valore della densità di corrente di passività è
stato scelto pari a 0.1 mA/m2. A causa della condizione di completa saturazione del calcestruzzo
immerso in acqua di mare, è stato scelto un valore particolarmente basso della densità di corrente
limite di diffusione di ossigeno, ossia 0.2 mA/m2. Infine è stata scelta una pendenza della curva di
polarizzazione catodica di 160 mV/decade.
34
Tab.2.03 - Valori dei parametri elettrochimici riportati in letteratura [50-54,57-58,66-68].
Primo autore Note Ecorr icorr o ipas ilim ba bc Resistività
Anno (V vs SCE) (mA m-2) (mA m-2) (V dec-1) (V dec-1) (Ω m)
Warkus Calcestruzzo con 2.5% cloruri in aria con UR = 95% 370
2006 Calcestruzzo senza cloruri in aria con UR = 95% 420
Dati da curva di polarizzazione anodica di acciaio attivo ≈ -0.56 ≈ 0.7 ≈ 0.18
Dati da curva di polarizzazione catodica di acciaio passivo ≈ -0.12 ≈ 1.5 ≈ 0.40
Warkus Strutture in calcestruzzo bagnate 100 / 500
2008 Elementi in calcestruzzo asciutti > 10000
Dati da curva di polarizzazione anodica di acciaio attivo Troppo variabile a causa della differenza di area corrosa
Dati da curva di polarizzazione catodica di acciaio passivo NR 0.08 ∞ 0.18
Bertolini Acciaio in calcestruzzo immerso con 3% cloruri 4 (costante) 30
2009 Acciaio in calcestruzzo quasi saturo con 3% cloruri -0.30 10 140 ∞ 0.30 30
Acciaio attivo in calcestruzzo asciutto con 3% cloruri -0.20 3 0.075 0.30 200
Acciaio in calcestruzzo immerso senza cloruri 1 (costante) 100
Acciaio in calcestruzzo quasi saturo senza cloruri -0.44 8 40 ∞ 0.30 100
Acciaio passivo in calcestruzzo asciutto senza cloruri -0.10 0.1 10 0.30 1500
Redaelli Calcestruzzo con 2% cloruri in ambiente umido (> 90%) 50
2006 Calcestruzzo con 2% cloruri in ambiente asciutto (< 80%) 250
Model 1 Calcestruzzo senza cloruri in ambiente umido (> 90%) 120
Calcestruzzo senza cloruri in ambiente asciutto (< 80%) 600
Acciaio attivo in calcestruzzo umido -0.40 15 0.075 0.20
Acciaio attivo in calcestruzzo asciutto -0.34 7.5 0.075 0.20
Acciaio passivo in calcestruzzo umido +0.10 0.1 10 0.20
Acciaio passivo in calcestruzzo asciutto +0.10 0.1 10 0.20
Model 2 Calcestruzzo saturo con cloruri 80
Calcestruzzo umido senza cloruri 1000
Acciaio attivo in calcestruzzo saturo con cloruri (> 0.4%) -0.60 1 0.075 10
Acciaio passivo in calcestruzzo saturo senza cloruri
(< 0.4%)
-0.20 0.1 1 ∞ 0.20
Acciaio passivo in calcestruzzo umido senza cloruri +0.10 0.1 10 0.20
Kranc Resistività del calcestruzzo 100
2001 Reazione anodica di ossidazione dell’acciaio (*) -0.78 0.19 0.060
Reazione catodica di riduzione dell’ossigeno (*) +0.16 6.3E-3 0.16
Densità di corrente di passività 0.1
Gulikers Caso di studio, resistività del calcestruzzo 200
2006 Caso di studio, acciaio attivo -0.80 3.2 NR NR
Caso di studio, acciaio passivo -0.14 / -0.20 1.0 / 2.4 NR NR
Brem, acciaio attivo -0.52 2.9 0.075 0.20
Brem, acciaio passivo -0.15 0.47 / 1.1 NR 0.075 0.20
Glass, acciaio attivo con piccola densità di corrente limite ≈ -0.80 (*) ≡ iLIM 0.35 0.060 NR
Glass, acciaio attivo con elevata densità di corrente limite NR 3.2 0.060 0.12
Glass, acciaio passivo -0.20 0.52 / 1.2 NR 0.12 / 0.17
Gulikers, reazione anodica di ossidazione dell’acciaio (*) -1.20 29E-6 0.058
Gulikers, reazione catodica di riduzione dell’ossigeno (*) +0.40 2.8 / 2.9E-6 12 0.12
Peelen, acciaio attivo -0.66 10 0.090 0.18
Peelen, acciaio passivo -0.06 0.1 NR ∞ 0.18
Raupach, acciaio attivo in calcestruzzo con cloruri NR 0
Raupach, acciaio passivo NR 0.1 12 ∞ 0.18
Sagüés and Kranc, reazione anodica (*) -1.00 42 / 44E-3 60
Sagüés and Kranc, reazione catodica (*) +0.10 1.5E-3 13 0.16
Muehlenkamp Calcestruzzo bagnato (umidità = 80%) 64
2005 Calcestruzzo asciutto (umidità = 30%) 1227
Reazione anodica di ossidazione dell’acciaio (*) -0.69 71E-3 0.41
Reazione catodica di riduzione dell’ossigeno (*) +0.26 0.77E-3 0.18
Bruns Calcestruzzo bagnato con 4% cloruri 200
2010 Calcestruzzo asciutto con 4% cloruri 2000
Calcestruzzo bagnato senza cloruri 400
Calcestruzzo asciutto senza cloruri 4000
Acciaio attivo -0.37 8 400 0.15 0.18
Acciaio passivo -0.08 0.5 Espon. 2 0.12
Maltais Reazione anodica di ossidazione dell’acciaio (*) -0.68 0.38 0.14
2006 Reazione catodica di riduzione dell’ossigeno (*) +0.16 13E-3 NR 0.28
Sagüés Reazione anodica (*) in calcestruzzo umido -0.71 6E-03 0.060
2003 Reazione anodica (*) in calcestruzzo parzialmente umido -0.57 6E-03 0.060
Reazione anodica (*) in calcestruzzo asciutto -0.57 6E-03 0.060
Reazione catodica (*) in calcestruzzo umido 1.8 (cost.)
Reazione catodica (*) in calcestruzzo parzialmente umido 0.09 6E-03 NR 0.12
Reazione catodica (*) in calcestruzzo asciutto 0.09 6E-03 NR 0.12
L’asterisco (*) indica i valori relativi a condizioni di equilibrio (E0 e i0).
La Fig.2.08 mostra le curve di polarizzazione ottenute per l’acciaio passivo in calcestruzzo esposto
nella zona immersa e delle maree (Pas-immerso), nella zona degli spruzzi (Pas-spruzzi) o nella zona
35
atmosferica (Pas-atmosfera). I simboli circolari indicano le condizioni di libera corrosione relative
alle curve mostrate.
In seguito all’innesco della corrosione, le curve di polarizzazione dell’acciaio attivo sono descritte
dalle equazioni (2) e (3), a seconda che le armature si trovino, rispettivamente, nella zona immersa
(e delle maree) o nella zona degli spruzzi (infatti, in queste zone che la penetrazione dei cloruri è
più veloce che nella zona atmosferica, dunque è in queste zone che può avvenire l’innesco):
c
corr
a
corr
b
EE
b
EE
corrii 1010 (2)
Tab.2.04 - Parametri elettrochimici relativi al comportamento dell’acciaio passivo,
in funzione dell’umidità del calcestruzzo
Zona: Ecorr ilim bc ipas
(V vs SCE) (A/m2) (V/decade) (A/m
2)
immersa e delle maree -0.450 0.2·10-3
0.160 0.1·10-3
degli spruzzi -0.270 0.040 ” ”
atmosferica -0.100 1 (virtualmente infinita) ” ”
Fig.2.08 - Curve di polarizzazione dell’acciaio, in funzione della zona di esposizione
e della condizione di passività o di attività.
36
lim
101
1010
ii
i
c
corr
c
corr
a
corr
b
EE
corr
b
EE
b
EE
(3)
dove icorr (A/m2) è la densità di corrente di libera corrosione e ba (V/decade) è la pendenza della
curva anodica di ossidazione dell’acciaio. Anche i valori delle costanti presenti nelle equazioni (2) e
(2) sono stati scelti in funzione di una analisi della letteratura [50-54,57-58,66-68].
Per quanto riguarda l’acciaio attivo in calcestruzzo contaminato da cloruri, i dati relativi al
potenziale e alla densità di corrente di libera corrosione sono più variabili rispetto a quelli
dell’acciaio passivo, perché possono dipendere anche dalla percentuale di area corrosa; inoltre, in
molti casi sono forniti dati relativi alla condizione di equilibrio (Eeq e ieq) piuttosto che relativi alla
condizione di libera corrosione. In Tab.2.03 i valori relativi a una condizione di equilibrio sono
indicati da un asterisco (*). Per quanto riguarda la pendenze della curva di polarizzazione anodica,
in genere vi è un buon accordo in letteratura: infatti, nella maggior parte dei casi la sua pendenza è
compresa tra 60 e 75 mV/decade.
In questa tesi si è supposto che la condizione di passività o di attività dell’acciaio influenzi solo il
potenziale di libera corrosione e la pendenza della curva anodica; dunque, la condizione di passività
o di attività dell’acciaio influisce solo sulle curve di polarizzazione anodiche e non sulle curve di
polarizzazione catodiche dell’acciaio. Nella zona immersa della struttura, a causa della mancanza di
ossigeno, la velocità di libera corrosione dell’acciaio attivo è limitata dalla presenza di una corrente
limite di diffusione di ossigeno (che è stata presentata nel Paragrafo 1.1), dunque icorr coincide con
ilim. Queste ipotesi hanno portato alla scelta dei parametri riportati in Tab.2.05. In accordo con i dati
riportati in tabella, è stata scelta una pendenza della curva anodica di 75 mV/decade.
Le curve di polarizzazione ottenute per l’acciaio attivo nella zona immersa e delle maree (Att-
immerso) e nella zona degli spruzzi (Att-spruzzi) sono mostrate in Fig.2.08.
Infine, nei modelli in cui è presente un anodo sacrifiziale, sulla sua superficie è stata posta una
condizione al contorno di potenziale costante; infatti, in accordo con [58], un anodo sacrifiziale di
zinco immerso in acqua di mare assume un potenziale pari a -1.05 V vs SCE e, dal momento che gli
anodi sacrifiziali sono praticamente impolarizzabili, mantengono tale potenziale anche quando sono
accoppiati con le armature di acciaio.
37
Tab.2.05 - Parametri elettrochimici relativi al comportamento dell’acciaio attivo,
in funzione dell’umidità del calcestruzzo.
Zona: icorr Ecorr ba bc ilim
(A/m2) (V vs SCE) (V/decade) (V/decade) (A/m
2)
immersa e delle maree
- equazione (2) - 0.2·10
-3 -0.80 0.075
100 (virtual-
mente infinita) 0.2·10
-3
degli spruzzi
- equazione (3) - 3·10
-3 -0.51 0.075 0.160 0.040
Paragrafo 2.2.2 - Modello di una barra di acciaio con pit
In questo paragrafo sono descritti i modelli che sono stati creati per lo studio della nucleazione e
dello sviluppo di un pit su una barra di acciaio inglobata nel calcestruzzo.
Geometria del modello. È stato creato un modello tridimensionale che rappresenta una barra di
acciaio di diametro 10 mm posta lungo l’asse di un cilindro di calcestruzzo di diametro 110 mm
(dunque lo spessore di copriferro è pari a 50 mm). A una estremità della barra è presente un pit; per
semplicità, esso è stato rappresentato complanare rispetto alla superficie dell’acciaio e non come
una cella occlusa. Come illustrato schematicamente in Fig.2.09, per ragioni di simmetria, il modello
può essere inteso sia come una barra di acciaio di lunghezza L con un pit alla base, sia come una
barra di lunghezza virtualmente infinita sulla quale è presente un pit in ogni porzione lunga 2·L.
Per quanto riguarda le dimensioni del modello, è stata effettuata una analisi di sensitività su:
- la dimensione del pit. Infatti, sono stati simulati sia un pit di dimensione microscopica, di
superficie pari a 0.01 mm2, sia un pit di dimensione macroscopica, di superficie pari a 157 mm
2
(come mostrato in Fig.2.09, in ogni modello è presente solo mezzo pit);
- la lunghezza dell’armatura (e del cilindro in calcestruzzo in cui essa è inglobata). Infatti, essa è
stata fatta variare da un minimo di 1 mm a un massimo di oltre 10 m.
Condizioni sui sottodomini (resistività del calcestruzzo). In questi modelli si è assunto che il
calcestruzzo in cui è inglobata la barra di acciaio sia saturo di acqua e abbia resistività pari a 100
Ω·m.
38
Fig.2.09 - Illustrazione schematica relativa al caso di studio analizzato.
La porzione rappresentata nel modello numerico è indicata in colore grigio scuro.
Condizioni al contorno. Sul perimetro esterno del modello è stata posta una condizione di
isolamento elettrico; sulla superficie dell’armatura è stata posta come condizione al contorno la
curva di polarizzazione dell’acciaio passivo in calcestruzzo saturo di acqua, già presentata nel
Paragrafo 2.2.1; infine, sulla superficie del pit è stata posta una curva di polarizzazione anodica,
descritta dall’equazione (4):
a
eq
b
EE
ii
100 (4)
dove i0 è la densità di corrente di scambio (A/m2) ed Eeq è il potenziale di equilibrio dell’acciaio (V
vs SCE). Sulla base di dati riportati in letteratura (vedi Tab.2.03), per le costanti che compaiono
nell’equazione (4) sono stati scelti i valori riportati in Tab.2.06 [50,53].
Tab.2.06 - Parametri elettrochimici relativi al comportamento dell’acciaio all’interno del pit.
i0 (mA/m2) E0 (V vs SCE) ba (V/decade)
0.1 -0.80 0.060
Paragrafo 2.3 - Risultati dei modelli numerici
In questo paragrafo sono presentati i risultati dei modelli descritti nel Paragrafo 2.2: nel Paragrafo
2.3.1 è studiata la distribuzione del potenziale nel muro esterno della struttura illustrata in Fig.2.03.
In particolare, è stata studiata la distribuzione del potenziale sia quando tutte le armature della
struttura sono passive (ossia durante la fase di innesco della corrosione), sia in presenza di armature
39
attive (ossia durante la fase di propagazione della corrosione); nel Paragrafo 2.3.2 è studiato come
vari il potenziale nel muro in presenza di un anodo sacrifiziale posto in acqua di mare. Anche in
questo caso, l’anodo è stato applicato sia prima dell’innesco della corrosione (prevenzione
catodica), sia dopo l’innesco (protezione catodica); infine, nel Paragrafo 2.3.3 è studiato come la
presenza di un pit modifichi il potenziale di una armatura inglobata nel calcestruzzo.
Paragrafo 2.3.1 - Sviluppo di macrocoppie in una struttura
parzialmente immersa in acqua di mare
Fase di innesco della corrosione. In questo paragrafo sono presentati i risultati del modello con cui
è stata simulata la macrocoppia che si forma tra le armature passive nella parte di struttura esposta
all’acqua di mare e le armature passive nella parte di struttura esposta all’aria. La Fig.2.10 mostra il
potenziale delle armature (in ascissa) rispetto all’altezza della struttura sul livello medio del mare
(in ordinata) in condizione di alta marea (il livello del mare è pari a +0.5 m rispetto al livello medio
ed è indicato dalla linea azzurra). Le linee tratteggiate mostrano il potenziale di libera corrosione
delle armature (ossia il potenziale che l’acciaio assumerebbe se non fosse presente la macrocoppia)
e le linee continue mostrano come varia il potenziale per effetto della macrocoppia. Le linee rosse
mostrano il potenziale delle armature nel lato esterno della struttura (ossia il lato parzialmente
immerso in acqua di mare) e le linee nere mostrano il potenziale delle armature nel lato interno
della struttura (ossia il lato completamente asciutto).
Il grafico mostra che, in presenza della macrocoppia, il potenziale delle armature nelle zone
immersa, delle maree e degli spruzzi assume un valore pressoché uniforme, pari a -0.14 V vs SCE;
invece, nella zona esposta all’atmosfera, il potenziale delle armature aumenta progressivamente
all’aumentare della altezza della struttura sul livello del mare, fino a portarsi a -0.11 V vs SCE. È
possibile osservare che, nella porzione di struttura immersa in acqua di mare, il potenziale delle
armature aumenta di oltre 300 mV rispetto alla condizione di libera corrosione (come indicato dalla
freccia rossa sotto il livello del mare). Dal momento che, come è stato presentato nel Capitolo 1, un
aumento del potenziale delle armature favorisce l’innesco della corrosione per pitting, nella zona
immersa della struttura l’acciaio si trova in una condizione molto più critica per quanto riguarda
l’innesco della corrosione (rispetto alla condizione in cui si troverebbe se tutte le superfici della
struttura fossero immerse in acqua di mare e, dunque, non fosse presente la macrocoppia).
Per completezza, in Fig.2.10 è riportato anche il potenziale delle armature nel lato interno della
struttura, sebbene esse non siano direttamente esposte ad ambiente marino, dunque difficilmente
possano essere soggette a corrosione da cloruri. È possibile osservare che esso diminuisce rispetto
40
alla condizione di libera corrosione e si porta a un valore pressoché uguale al potenziale delle
armature nel lato esterno della struttura; infatti, la differenza di potenziale tra i due lati della
struttura è sempre inferiore a 0.01 V.
La simulazione relativa alla fase di innesco della corrosione è stata ripetuta in condizione di bassa
marea (ossia con il livello dell’acqua pari a -0.5 m rispetto al livello medio del mare); è stato così
possibile determinare che, in questa fase, il potenziale delle armature non varia significativamente
al variare del livello della marea. La differenza tra il potenziale in condizioni di alta e di bassa
marea è sempre inferiore a 0.01 V, dunque si omette di riportare il grafico relativo a questa
simulazione.
Il principale risultato di questa simulazione è che, sebbene il potenziale di libera corrosione delle
armature possa variare significativamente in funzione dell’ambiente di esposizione, tuttavia in
presenza della macrocoppia il potenziale delle armature assume un valore pressoché omogeneo
nelle diverse zone della struttura, variabile tra -0.14 e -0.11 V vs SCE. Dal momento che, come è
stato presentato nel Capitolo 1, il tenore critico di cloruri che provoca l’innesco della corrosione
dipende dal potenziale dell’acciaio, è possibile ipotizzare che il valore di questo parametro sia
simile nelle diverse zone della struttura. Di conseguenza, in questa struttura la corrosione può
innescarsi nelle zone in cui la penetrazione dei cloruri nel calcestruzzo è più veloce.
Fig.2.10 - Distribuzione del potenziale elettrochimico nella struttura simulata
nella fase di innesco della corrosione.
In letteratura è riportato che la penetrazione di cloruri nel calcestruzzo è massima nella zona degli
spruzzi [1]: infatti, in questa zona l’alternanza di cicli di asciutto-bagnato provoca un accumulo dei
cloruri sulla superficie del calcestruzzo e, di conseguenza, favorisce l’ingresso di cloruri all’interno
41
del materiale. Di conseguenza, nella tipologia di struttura simulata, l’innesco della corrosione è
atteso nella zona degli spruzzi. Dunque, nel successivo paragrafo, in cui è studiata la macrocoppia
tra armature attive e passive, l’armatura attiva è stata posta nella zona degli spruzzi.
Fase di propagazione della corrosione. La Fig.2.11 mostra il potenziale dell’acciaio nel lato esterno
della struttura, in presenza di una armatura attiva nella zona degli spruzzi (ossia a quota +0.72 m sul
livello medio del mare). La linea tratteggiata mostra il potenziale di libera corrosione dell’acciaio;
le altre due linee mostrano il potenziale delle armature in condizione di alta marea (linea continua) e
di bassa marea (linea puntinata). Le due linee azzurre mostrano il livello raggiunto dell’acqua di
mare in condizione di alta e di bassa marea.
In condizione di alta marea, il potenziale delle armature nelle zone immersa e delle maree è
uniforme, pari a -0.33 V vs SCE. Nella zona degli spruzzi il potenziale è inferiore rispetto alla zona
immersa e, in corrispondenza dell’armatura attiva, esso raggiunge il minimo, pari a -0.43 V vs SCE.
Nella zona atmosferica il potenziale delle armature aumenta progressivamente all’aumentare
dell’altezza della struttura sul livello del mare, fino a raggiungere -0.12 V vs SCE.
Fig.2.11 - Distribuzione del potenziale elettrochimico nella struttura simulata in presenza
di una armatura attiva nella zona degli spruzzi.
Confrontando le Fig.2.10 e 2.11 si osserva che la presenza di una armatura attiva nella zona degli
spruzzi provoca una significativa diminuzione del potenziale in tutte le zone della struttura. In
particolare, nella zona immersa, il potenziale può diminuire di quasi 200 mV rispetto alla fase di
innesco della corrosione; inoltre, anche nella zona degli spruzzi avviene una significativa
diminuzione del potenziale: infatti, mentre nella fase di innesco della corrosione la macrocoppia
42
provoca una polarizzazione anodica delle armature (E > Ecorr), in presenza di una armatura attiva
esse sono polarizzate catodicamente (E < Ecorr); dunque, la presenza di una armatura attiva esercita
un effetto protettivo nei confronti delle armature circostanti.
In condizione di bassa marea, nella zona immersa della struttura il potenziale aumenta di 0.05 V
rispetto alla condizione di alta marea; viceversa, nella zona degli spruzzi il potenziale delle
armature è leggermente inferiore rispetto alla condizione di alta marea.
Dal momento che, come presentato nel Paragrafo 2.1.2, la formazione di una macrocoppia è legata
a una circolazione di corrente tra le armature che si polarizzano anodicamente e le armature che si
polarizzano catodicamente, la macrocoppia che si forma tra l’armatura attiva e le armature passive
influenza anche la densità di corrente scambiata dall’armatura attiva. Inserendo il potenziale di
questa armatura (ossia -0.43 V vs SCE) all’interno dell’equazione (3), è possibile stimare che la
densità di corrente anodica sulla superficie dell’armatura attiva è pari a circa 30 mA/m2. Come
mostrato nel Capitolo 1, la densità di corrente anodica è una grandezza legata alla velocità con cui
avviene la reazione anodica di ossidazione dell’acciaio, ossia alla velocità di corrosione
dell’acciaio; in questa simulazione si osserva che, in presenza di una macrocoppia tra l’armatura
attiva e le armature passive circostanti, la velocità di corrosione dell’armatura attiva aumenta di
circa un ordine di grandezza rispetto alla condizione di libera corrosione (ossia 3 mA/m2, vedi
Tab.2.05).
I risultati di questa simulazione hanno mostrato che l’innesco della corrosione in una porzione della
struttura provoca un abbassamento del potenziale di tutte le armature presenti nella struttura, e in
particolare modo provoca un abbassamento locale del potenziale delle armature presenti nella stessa
zona dell’armatura attiva. Tale abbassamento contrasta l’innesco della corrosione nelle altre
porzioni di struttura ancora passive.
Sebbene le simulazioni numeriche permettano di stimare qualitativamente in quali zone della
struttura è possibile che si inneschi la corrosione, tuttavia esse non forniscono alcuna informazione
quantitativa sul tenore di cloruri necessario a provocare effettivamente l’innesco. Questa operazione
può essere effettuata solamente se si dispone di un diagramma di Pedeferri che mostri quali sono le
condizioni critiche per l’innesco della corrosione da cloruri, in funzione del potenziale dell’acciaio e
del contenuto di cloruri nel calcestruzzo. Lo sviluppo del diagramma di Pedeferri, che permetterà di
ottenere informazioni quantitative sul tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione, è
presentato nel Capitolo 3.
43
Paragrafo 2.3.2 - Prevenzione e protezione catodica di una struttura
parzialmente immersa in acqua di mare
Prevenzione catodica mediante un anodo sacrifiziale. Il sistema di prevenzione catodica è stato
simulato applicando un anodo sacrifiziale al modello della struttura mostrato in Fig.2.05, quando
tutte le armature della struttura sono passive. Per valutare l’effetto della presenza di un anodo
sacrifiziale, i risultati del modello presentati in questo paragrafo possono essere confrontati con
quelli presentati nel paragrafo relativo allo sviluppo di una macrocoppia durante la fase di innesco
della corrosione, in cui l’anodo non è presente. In Fig.2.12 è mostrato il potenziale delle armature
nel lato esterno della struttura in presenza di un anodo sacrifiziale posto in acqua di mare. In questa
figura la linea tratteggiata mostra il potenziale di libera corrosione dell’acciaio e le altre due linee
mostrano il potenziale delle armature in presenza dell’anodo sacrifiziale, in condizione di alta marea
(linea continua) e di bassa marea (linea puntinata). La figura mostra che, nella porzione di struttura
sotto al livello del mare, il potenziale delle armature si porta a un valore pari a -1.00 V vs SCE
(ossia superiore di 50 mV rispetto al potenziale dell’anodo sacrifiziale); nella porzione di struttura
che emerge dall’acqua di mare il potenziale dell’acciaio aumenta progressivamente e, alla massima
altezza sul livello del mare, esso raggiunge -0.13 V vs SCE.
Confrontando le Fig.2.10 e 2.12 è possibile osservare che, in presenza dell’anodo sacrifiziale,
l’effetto della macrocoppia è completamente annullato; infatti, tutte le armature della struttura
assumono un potenziale inferiore rispetto al potenziale di libera corrosione. Di conseguenza, la
presenza di un anodo sacrifiziale pone le armature della struttura in una condizione decisamente
meno critica per quanto riguarda l’innesco della corrosione da cloruri.
Fig.2.12 - Distribuzione del potenziale elettrochimico nella struttura simulata in presenza
di un anodo sacrifiziale (prevenzione catodica).
44
Tuttavia, la Fig.2.12 mostra che, nella porzione di struttura che emerge dall’acqua di mare, la
polarizzazione catodica provocata dall’anodo sacrifiziale è molto più modesta in condizione di
bassa marea (linea puntinata) rispetto alla condizione di alta marea (linea continua). Dunque, il
potere penetrante dell’anodo sacrifiziale (ossia la porzione di struttura che può essere protetta
mediante l’anodo sacrifiziale) dipende dal livello della marea.
Protezione catodica mediante un anodo sacrifiziale. Il sistema di protezione catodica è stato
applicato alla struttura cava e parzialmente immersa in acqua di mare durante la fase di
propagazione della corrosione, ossia in presenza di una armatura attiva nella zona degli spruzzi. In
Fig.2.13 è mostrato il potenziale delle armature nel lato esterno della struttura: la figura mostra che,
in presenza dell’anodo, il potenziale delle armature assume un valore confrontabile con quello
mostrato in Fig.2.12 (relativo all’applicazione della prevenzione catodica durante la fase di innesco
della corrosione); di conseguenza, tutte le armature passive della struttura sono polarizzate
catodicamente e il potere penetrante dell’anodo non varia significativamente rispetto al caso di
prevenzione catodica.
La principale differenza tra il sistema di protezione catodica presentato in questo paragrafo e il
sistema di prevenzione catodica presentato in precedenza riguarda la presenza dell’armatura attiva
nella zona degli spruzzi. La Fig.2.13 mostra che, nonostante la presenza del sistema di protezione
catodica (il cui principale effetto, come presentato nel Paragrafo 1.2, è un abbassamento del
potenziale delle armature), è possibile che l’armatura attiva sia comunque polarizzata
anodicamente: infatti, in condizione di bassa marea, l’armatura assume un potenziale pari a -0.49 V
vs SCE, ossia 0.02 V superiore rispetto al potenziale di libera corrosione. Inserendo questo valore
all’interno dell’equazione (3), è possibile calcolare che, in questa condizione, la densità di corrente
anodica sulla armatura attiva è pari a 2.2 mA/m2. Di conseguenza, in una struttura parzialmente
immersa in acqua di mare, il potere penetrante dell’anodo può essere insufficiente a proteggere le
armature nella zona degli spruzzi; infatti, sebbene la presenza di un anodo sacrifiziale permetta di
ridurre di circa un ordine di grandezza la velocità di corrosione dell’armatura attiva, tuttavia la
corrosione dell’armatura attiva nella zona degli spruzzi continua a propagarsi con velocità non
trascurabile.
In modo simile alle simulazioni numeriche presentate nel Paragrafo 2.3.1, anche in questo caso i
modelli numerici permettono di stimare qualitativamente come la presenza di un anodo sacrifiziale
contrasti gli effetti negativi della macrocoppia, tuttavia i modelli non permettono di stimare
45
quantitativamente come vari il tenore critico di cloruri in presenza di un sistema di prevenzione o di
protezione catodica. Tale aspetto è studiato nel Capitolo 3.
Fig.2.13 - Distribuzione del potenziale elettrochimico nella struttura simulata in presenza
di un anodo sacrifiziale (protezione catodica).
Paragrafo 2.3.3 - Sviluppo di un pit su una barra di acciaio inglobata nel calcestruzzo
In questo paragrafo sono presentati i risultati dei modelli presentati nel Paragrafo 2.2.2. Questi
modelli hanno permesso di studiare come vari il potenziale di una barra di acciaio sulla quale è
presente un pit, in funzione del rapporto tra la superficie della barra e la superficie del pit. In
particolare, sono stati considerati due pit di dimensione diversa, ossia uno microscopico, che
rappresenti la nucleazione di un pit, e uno macroscopico, che invece rappresenti una situazione di
avanzata propagazione della corrosione. In entrambi i casi è stata effettuata una analisi di sensitività
sul valore dei risultati, al variare della lunghezza della barra di acciaio.
Pit microscopico. Prima di presentare i risultati relativi all’analisi di sensitività, a titolo di esempio
inizialmente si presentano i risultati del modello in cui è presente un pit microscopico, di superficie
0.01 mm2 (per motivi di simmetria, nel modello è rappresentato solo mezzo pit), su una armatura di
lunghezza 100 mm; in questo modello la superficie dell’armatura è pari a 3.14·103 mm
2 e il
rapporto tra l’area anodica (Aa, ossia la superficie del pit) e l’area catodica (Ac, ossia la superficie di
acciaio passivo) è pari a 1.6·10-6
.
Le immagini in falsi colori di Fig.2.14a e 2.14b mostrano, rispettivamente, la distribuzione del
potenziale nell’intero modello e in prossimità del pit. La Fig.2.14a mostra una sezione del modello
46
(la striscia grigia centrale mostra la posizione dell’armatura). La figura mostra che, in questa scala
di rappresentazione, non è possibile osservare alcun gradiente di potenziale provocato dalla
presenza del pit; infatti il potenziale nel modello appare omogeneo. Il valore del potenziale sulla
superficie dell’armatura passiva è pari a -0.47 V vs SCE, ossia 0.02 V inferiore rispetto al
potenziale di libera corrosione dell’acciaio passivo. Dunque, la differenza tra il potenziale
dell’armatura in presenza del pit e il potenziale dell’armatura completamente passiva è molto
modesto.
(a) (b)
Fig.2.14 - Distribuzione del potenziale elettrochimico in un elemento in calcestruzzo armato in
presenza di un pit microscopico sulla superficie dell’acciaio (a); ingrandimento della porzione di
modello evidenziata nella figura a lato (b).
La Fig.2.14b mostra un ingrandimento dell’area vicina al pit; nella figura si osserva che il gradiente
di potenziale provocato dalla presenza del pit è limitato a un’area di pochi decimi di millimetro
intorno al pit. Il potenziale del pit è pari a -0.50 V vs SCE e, inserendo questo valore all’interno
dell’equazione (4), è possibile stimare che, in questo modello, la densità di corrente anodica sulla
superficie del pit è estremamente elevata, pari a quasi 10 A/m2. Questo risultato, apparentemente
sorprendente, è provocato dal rapporto Aa/Ac estremamente basso caratteristico della nucleazione di
un pit su una barra di acciaio passivo; in letteratura sono riportati casi in cui la velocità di
corrosione dell’acciaio in simili condizioni può essere anche più elevata [69]. Dunque, la presenza
47
di un pit microscopico rappresenta una condizione di corrosione estremamente localizzata, in cui
un’area molto piccola si corrode con una velocità estremamente elevata.
Come descritto nel Paragrafo 2.2.2, è stata effettuata una analisi di sensitività sulla lunghezza della
barra su cui è presente il pit microscopico: questo parametro è stato fatto variare da 1 mm a 1000
mm e, di conseguenza, il rapporto Aa/Ac è variato da 1.6·10-4
a 1.6·10-7
. La Fig.2.15 mostra, al
variare del rapporto Aa/Ac, il potenziale del pit e il potenziale dell’acciaio passivo. La figura mostra
che, quando il rapporto Aa/Ac è dell’ordine di 10-6
- 10-7
, la presenza di un pit microscopico non ha
praticamente alcuna influenza sul potenziale dell’armatura, che si mantiene molto simile al
potenziale di libera corrosione dell’acciaio passivo (ossia -0.45 V vs SCE, come mostrato in
Tab.2.04). In queste condizioni il potenziale assunto dal pit è pari a circa -0.50 V vs SCE e la sua
velocità di corrosione è estremamente elevata, ossia dell’ordine di circa 10 A/m2.
Fig.2.15 - Potenziale dell’acciaio passivo e potenziale del pit microscopico, al variare
del rapporto Aa/Ac.
È importante osservare che, su una armatura lunga 100 mm o più (ossia in presenza di un rapporto
Aa/Ac ≤ 10-6
), è praticamente impossibile identificare la presenza di un pit microscopico tramite la
misura del potenziale elettrochimico dell’acciaio; infatti, come mostrato in Fig.2.14, fatta eccezione
per una zona molto piccola intorno al pit, la distribuzione di potenziale in qualunque punto del
modello (sia sulla superficie dell’armatura, sia sulla superficie esterna dell’elemento in calcestruzzo
armato) è omogenea e pari al potenziale di libera corrosione dell’acciaio passivo (la variazione di
potenziale provocata dalla presenza di un pit è inferiore a 0.02 V vs SCE). Dunque, le simulazioni
effettuate hanno mostrato che è possibile che, sebbene sull’acciaio sia presente un’area anodica che
48
si corrode a velocità molto elevata, essa sia difficilmente individuabile tramite una misura del
potenziale dell’armatura.
Il potenziale dell’acciaio passivo può essere influenzato dalla presenza di un pit microscopico solo
quando il rapporto Aa/Ac è superiore a 10-5
; infatti, come mostrato in Fig.2.15, in questo caso
l’acciaio passivo subisce una polarizzazione catodica di oltre 0.05 V vs SCE rispetto alla condizione
di libera corrosione. Dunque, la presenza di un pit microscopico può essere identificata solo se la
dimensione dell’armatura sulla quale esso si sviluppa è relativamente piccola (ad esempio, nelle
simulazioni presentate in questo paragrafo, il pit può essere identificato solo se l’armatura è lunga
meno di 100 mm).
Pit macroscopico. In questo paragrafo sono presentati i risultati dei modelli in cui è presente un pit
macroscopico, di superficie pari a 157 mm2, posizionato alla base di una barra di lunghezza
variabile tra 0.10 m e 15.7 m; dunque, in queste simulazioni, il rapporto Aa/Ac varia tra 1.6·10-4
e
2.5·10-2
. A titolo di esempio, inizialmente si riportano i risultati ottenuti dal modello di lunghezza 1
m (in cui il rapporto Aa/Ac è pari a 2.5·10-3
).
Le immagini in falsi colori delle Fig.2.16a e 2.16b mostrano, rispettivamente, la distribuzione del
potenziale nell’intero modello e nella zona vicina al pit. La figura di sinistra mostra che,
all’aumentare della distanza dal pit, il potenziale dell’armatura varia da -0.63 a -0.59 V vs SCE. Il
potenziale del pit è pari a -0.63 V vs SCE e, inserendo questo valore all’interno dell’equazione (4),
è possibile stimare che la densità di corrente anodica sulla superficie del pit è pari a circa 60
mA/m2. Sebbene questo valore di velocità di corrosione sia relativamente elevato, esso è
rappresentativo di una situazione di corrosione molto meno localizzata rispetto al caso di pit
microscopico, in cui la velocità di sviluppo del pit, misurata in termini di densità di corrente, era di
2-3 ordini di grandezza superiore.
Dal momento che la presenza di un pit macroscopico provoca una variazione di potenziale pari a
circa 0.15 V rispetto alla condizione di libera corrosione dell’acciaio passivo (Ecorr = -0.45 V vs
SCE), in questo caso è possibile identificare la presenza di un pit tramite il monitoraggio del
potenziale elettrochimico dell’acciaio. Questo aspetto può essere analizzato facendo riferimento alla
Fig.2.16a: essa mostra che, in presenza di un pit macroscopico, il gradiente di potenziale all’interno
della struttura non è concentrato nella zona intorno al pit, ma è distribuito in un’area molto più
estesa. Quest’area coinvolge non solo la superficie dell’armatura di acciaio, ma anche la superficie
dell’elemento in calcestruzzo armato (dunque la presenza di un pit può essere identificata tramite
una mappatura del potenziale sulla superficie dell’elemento in calcestruzzo armato). Inoltre, la
Fig.2.16a mostra che, contrariamente al caso di pit microscopico, in presenza di un pit
49
macroscopico il potenziale misurato sulla superficie dell’elemento in calcestruzzo non è omogeneo,
ma diminuisce all’aumentare della vicinanza al pit. Dunque, effettuando una mappatura del
potenziale, è possibile identificare non solo la presenza di un pit, ma anche la posizione in cui esso è
situato.
(a) (b)
Fig.2.16 - Distribuzione del potenziale elettrochimico in un elemento in calcestruzzo armato in
presenza di un pit macroscopico sulla superficie dell’acciaio (a); ingrandimento della porzione di
modello evidenziata nella figura a lato (b).
In Fig.2.17 sono presentati il potenziale “medio” dell’acciaio passivo (ossia il valore integrale del
potenziale su tutta la superficie dell’acciaio passivo) e il potenziale del pit, al variare del rapporto
Aa/Ac. Il potenziale medio dell’acciaio passivo rappresenta la capacità, da parte del pit, di
influenzare il potenziale dell’intero elemento in calcestruzzo armato. Quando il rapporto Aa/Ac è
dell’ordine di 10-4
, il potenziale medio dell’armatura è pari a -0.47 V vs SCE, ossia molto simile
rispetto al potenziale di libera corrosione dell’acciaio passivo. Questo risultato mostra che, anche in
presenza di un pit di dimensione elevata, esso è in grado di polarizzare solo una porzione limitata
50
della struttura; la porzione di armatura più lontana dal pit non subisce una significativa variazione di
potenziale.
All’aumentare del rapporto Aa/Ac il potenziale medio dell’acciaio passivo diminuisce e, in
corrispondenza del massimo rapporto Aa/Ac simulato (ossia 2.5·10-2
), il potenziale dell’acciaio è
pari a -0.69 V vs SCE. Questo risultato è in linea con i valori di potenziale tipici dell’acciaio attivo,
ossia di armature con una elevata percentuale di area corrosa (ossia con un elevato rapporto Aa/Ac)
inglobate in calcestruzzo saturo [57,66-67]. In questa condizione la densità di corrente erogata dal
singolo pit è inferiore a 10 mA/m2. Questa densità di corrente è circa 3 ordini di grandezza inferiore
rispetto a quella erogata da un pit microscopico e rappresenta una condizione di corrosione molto
meno localizzata, ossia una condizione in cui si corrode un’area relativamente ampia.
Fig.2.17 - Potenziale medio dell’acciaio passivo e potenziale del pit macroscopico,
al variare del rapporto Aa/Ac.
51
CAPITOLO 3
PROPOSTA DI UNA METODOLOGIA PER LA
COSTRUZIONE DEI DIAGRAMMI DI PEDEFERRI
In questo capitolo si propone una metodologia di prova che permetta di determinare le condizioni
critiche per l’innesco della corrosione da cloruri nelle strutture in calcestruzzo armato esposte ad
ambienti marini o in presenza di sali disgelanti a base di cloruri. La metodologia proposta è basata
sulla costruzione di un diagramma di Pedeferri, ossia un diagramma che mostri la “combinazione
critica” di potenziale e tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione per pitting. Rispetto
alle metodologie disponibili in letteratura, quella proposta in questo capitolo permette di valutare sia
l’effetto delle proprietà dei materiali utilizzati per il confezionamento delle strutture, sia l’effetto
delle condizioni di esposizione delle strutture, attraverso la conoscenza del potenziale a cui si
portano le armature passive. Infatti, come è stato mostrato nel Capitolo 2, il potenziale delle
armature passive può variare (sia in funzione dell’ambiente di esposizione delle strutture, sia in
presenza di altri fattori, come ad esempio macrocoppie o sistemi di prevenzione catodica) influendo
sull’innesco della corrosione da cloruri.
Prima di illustrare la metodologia proposta, nel Paragrafo 3.1 sono analizzate le caratteristiche e i
limiti delle metodologie di prova disponibili in letteratura per la misura del tenore critico di cloruri.
Nel Paragrafo 3.2 sono presentati gli obiettivi e le principali caratteristiche della metodologia di
prova proposta in questa tesi. Nei Paragrafi 3.3 e 3.4 sono descritte le prove preliminari effettuate
per verificare la fattibilità della metodologia proposta ed è presentato il diagramma di Pedeferri
ottenuto applicando la metodologia in un caso specifico. Nel Paragrafo 3.5 sono riassunte le
caratteristiche della metodologia sviluppata. Nel Paragrafo 3.6 il diagramma di Pedeferri ottenuto è
stato applicato per determinare quali sono le condizioni critiche che provocano l’innesco della
corrosione nelle strutture studiate nel Capitolo 2.
52
Paragrafo 3.1 - Procedure esistenti per la misura del tenore critico
In letteratura sono proposte diverse metodologie di prova per studiare quali sono le condizioni che
provocano l’innesco della corrosione; lo scopo di queste metodologie è simulare, tramite prove di
laboratorio, ciò che avviene nelle strutture in calcestruzzo armato reali.
In genere, per fini pratici, le metodologie proposte identificano un unico parametro che permetta di
esprimere l’insieme di fattori che provocano l’innesco della corrosione; questo parametro è il
“tenore critico di cloruri” e gli altri fattori da cui dipende l’innesco vengono considerati come
variabili da cui dipende il tenore critico stesso. Questo approccio consente di utilizzare un unico
valore, il cui significato è di facile comprensione (ossia la quantità minima di cloruri nel
calcestruzzo a contatto con l’armatura che consente di innescare la corrosione). Dal momento che,
come è stato presentato nel Capitolo 1, l’innesco della corrosione dipende da un numero elevato di
fattori, è necessario determinare come questi fattori influenzino il valore del “tenore critico”. Questi
fattori possono riguardare sia le proprietà dei materiali utilizzati per il confezionamento degli
elementi in calcestruzzo armato, sia le condizioni di esposizione ambientale delle strutture.
Le diverse metodologie proposte in letteratura per la misura del tenore critico permettono di
analizzare l’effetto di alcuni parametri specifici, ma non permettano di analizzare l’effetto di tutti i
principali parametri da cui dipende il tenore critico; dunque, queste metodologie, per quanto valide,
hanno un campo di applicazione limitato. Inoltre, oltre che dai parametri presentati nel Capitolo 1, il
valore del tenore critico può essere influenzato anche dalla metodologia di prova utilizzata per
determinarlo: infatti, i risultati di prove di tipo diverso possono essere significativamente diversi tra
loro [70]. A tale proposito, recentemente il Rilem ha proposto una metodologia di prova che possa
essere utilizzata come standard per la misura del tenore critico di cloruri [12]. Lo scopo della
metodologia proposta dal Rilem è misurare il tenore critico di cloruri su provini confezionati con
calcestruzzi di diversa composizione. Per questo motivo, la procedura proposta fornisce prescrizioni
riguardo a tutti i parametri di prova che non siano la composizione del calcestruzzo, come ad
esempio la condizione di esposizione dei provini, il tipo e la finitura superficiale dell’acciaio.
Dunque, anche la metodologia proposta dal Rilem non può essere utilizzata per studiare come varia
il tenore critico di cloruri in funzione del tipo di acciaio e dell’ambiente di esposizione dei provini.
In questo paragrafo sono analizzati i punti di forza e i limiti delle principali metodologie proposte in
letteratura per la misura del tenore critico di cloruri. In particolare, è analizzato come queste
metodologie, benché molto diverse tra loro, soddisfino un insieme di requisiti comuni, messi in
evidenza in una recente analisi della bibliografia sul tenore critico [71]. In particolare, le
metodologie devono necessariamente disporre di:
53
1) un elettrodo di acciaio che simuli una armatura e che sia inglobato in una matrice cementizia
(pasta cementizia, malta o calcestruzzo) o immerso in una soluzione che simuli quella contenuta nei
pori del calcestruzzo;
2) un metodo per introdurre i cloruri nel calcestruzzo fino a provocare l’innesco della corrosione;
3) un criterio per identificare l’innesco della corrosione;
4) un metodo per determinare il tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione;
5) un metodo per valutare la variabilità statistica del tenore critico di cloruri.
Come è prassi comune nelle analisi bibliografiche sul tenore critico di cloruri presenti in letteratura,
in questo paragrafo, le metodologie di prova proposte in letteratura sono state suddivise in due
grandi famiglie: ossia prove in soluzione e prove in calcestruzzo [16,20,71-72].
3.1.1 - Prove in soluzione
Le prove in soluzione sono effettuate immergendo un elemento di acciaio, ad esempio una porzione
di armatura, in una soluzione alcalina che simuli quella contenuta nei pori del calcestruzzo. In
genere le soluzioni utilizzate sono costituite dagli idrossidi normalmente presenti nella soluzione
acquosa contenuta nei pori del calcestruzzo (ossia idrossidi di calcio, sodio e potassio); la quantità e
il tipo di idrossidi aggiunti determina il pH della soluzione. Inoltre, per studiare la corrosione da
cloruri, ovviamente in soluzione sono aggiunti anche sali a base di cloruri; i più comuni sali
utilizzati sono i cloruri di sodio e di calcio. In molti casi, le prove in soluzione sono effettuate
proprio per determinare la resistenza all’innesco della corrosione dell’acciaio in funzione delle
caratteristiche delle soluzioni, ossia la loro temperatura, il pH, la capacità tampone (ossia la capacità
di mantenere un pH elevato anche in presenza di agenti che provocano una acidificazione della
soluzione), i tipi di catione presente in soluzione (ad esempio, Na+, K
+ e Ca
2+). Oltre alla
composizione della soluzione, queste prove possono essere utilizzate per studiare la resistenza
all’innesco della corrosione di diversi tipi di acciaio, o di un acciaio con diverse finiture superficiali.
In alcuni casi, gli elementi di acciaio sono lasciati in condizioni di “libera corrosione” (definite nel
Paragrafo 1.1) [73]. In queste condizioni, per identificare l’innesco della corrosione sono monitorati
alcuni parametri elettrochimici legati all’innesco della corrosione, ossia il potenziale e la velocità di
corrosione dell’acciaio.
In altri casi, le condizioni che provocano l’innesco della corrosione sono identificate applicando
all’acciaio una polarizzazione esterna; tale polarizzazione è imposta mediante una corrente esterna
[72]. L’innesco della corrosione può essere provocato in due modi:
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- mantenendo fisso il potenziale dell’acciaio e aumentando la concentrazione di cloruri in soluzione.
Tali prove permettono di determinare la concentrazione di cloruri che provoca l’innesco della
corrosione in funzione del potenziale dell’acciaio;
- mantenendo costante la concentrazione di cloruri in soluzione e aumentando progressivamente il
potenziale dell’acciaio. Tali prove permettono di determinare il valore del potenziale di pitting (Epit)
in funzione della concentrazione di cloruri in soluzione.
In entrambi i casi, l’innesco della corrosione è identificato da un netto incremento della corrente
esterna applicata all’acciaio [72].
I principali punti di forza delle prove in soluzione sono che:
- queste prove sono relativamente semplici e veloci;
- permettono di studiare alcuni dei principali parametri da cui dipende l’innesco della corrosione da
cloruri, ossia il tipo e la finitura superficiale dell’acciaio [73-75], il pH e la temperatura della
soluzione;
- la preparazione delle prove in soluzione in genere è meno onerosa rispetto alla preparazione delle
prove in calcestruzzo, dunque esse possono essere effettuate su un numero statisticamente
significativo di provini e possono essere utilizzate per studiare l’effetto di alcuni parametri che
influenzano la variabilità statistica dei risultati, come ad esempio la dimensione degli elementi di
acciaio [76-77];
- in ultimo, banalmente, le prove in soluzione permettono di controllare visivamente lo stato di
corrosione dell’acciaio anche nel corso della prova (al contrario delle prove in calcestruzzo).
Tuttavia, le prove in soluzione presentano anche dei punti critici, infatti:
- non sono rappresentative dell’effettivo comportamento dell’acciaio nel calcestruzzo, dal momento
che è assente la zona di interfaccia acciaio-calcestruzzo [20,78-79]; di conseguenza, rispetto a prove
in calcestruzzo, le prove in soluzione possono portare a una sottostima del tenore di cloruri che
provoca l’innesco della corrosione dell’acciaio, dovuta alla mancanza di prodotti di idratazione
protettivi sulla superficie dell’acciaio;
- il risultato delle prove può dipendere da alcuni parametri di prova; ad esempio il valore di Epit è
influenzato dalla velocità con cui è aumentato il potenziale dell’acciaio (detta scan rate) [72].
Per i motivi sopra citati, i risultati delle prove in soluzione non possono essere utilizzati per stimare
il valore del tenore critico di cloruri per l’acciaio nel calcestruzzo [72], ma solo per studiare
qualitativamente l’effetto dei parametri sopra citati.
55
3.1.2 - Prove in calcestruzzo o in malta
Le prove in calcestruzzo sono effettuate su provini costituiti da un materiale cementizio (pasta
cementizia, malta o calcestruzzo) in cui è inglobato un elemento di acciaio (in genere una porzione
di armatura). Rispetto alle prove in soluzione, le prove in calcestruzzo permettono di simulare in
modo più realistico le condizioni delle strutture in calcestruzzo armato reali. Ovviamente, il
risultato delle prove in calcestruzzo è tanto più simile al comportamento delle strutture reali quanto
i materiali utilizzati per il confezionamento dei provini e le condizioni di esposizione a cui essi sono
sottoposti sono rappresentativi dei materiali e degli ambienti relativi alle opere in calcestruzzo reali.
Sebbene questo aspetto possa sembrare banale, non sempre in laboratorio è possibile (per motivi
tecnici o per motivi di tempo) simulare esattamente ciò che accade nelle strutture reali. Infatti,
mentre alle strutture reali è richiesta una vita di servizio di alcune decine o centinaia di anni, non è
possibile effettuare prove di laboratorio di tale durata.
In questo paragrafo sono analizzate le caratteristiche delle metodologie proposte in letteratura per
misurare il tenore critico di cloruri in provini di calcestruzzo: inizialmente sono analizzati i metodi
proposti in letteratura per introdurre i cloruri nel calcestruzzo; in seguito sono discussi i parametri
che permettono di identificare l’innesco della corrosione; infine sono analizzati i metodi utilizzati
per determinare il tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione.
Metodi per introdurre i cloruri nel calcestruzzo. Nelle prove in calcestruzzo possono essere
utilizzati molti modi per introdurre i cloruri nel calcestruzzo: in alcuni casi i provini di calcestruzzo
armato sono semplicemente messi a contatto con una soluzione acquosa a base di cloruri, in modo
che i cloruri penetrino nel calcestruzzo dall’esterno. I principali vantaggi delle prove con cloruri
penetrati sono che esse permettono di simulare ciò che accade nelle reali strutture in calcestruzzo
armato esposte ad ambienti marini o in presenza di sali disgelanti a base di cloruri; inoltre,
utilizzando diverse modalità di penetrazione dei cloruri, possono essere simulati diversi ambienti di
esposizione: infatti, in laboratorio i provini possono essere costantemente mantenuti nella soluzione
contenente cloruri (e in tal caso i cloruri penetrano nel calcestruzzo principalmente per diffusione,
come avviene nella zona immersa delle strutture) oppure possono essere sottoposti a cicli di
asciutto-bagnato (e in tal caso i cloruri penetrano nel calcestruzzo principalmente per assorbimento
capillare, come avviene nella zona degli spruzzi e delle maree). In alternativa, la soluzione può
essere contenuta in una vasca fissata sulla superficie superiore dei provini (prova di ponding) o
nebulizzata sulla superficie dei provini (per simulare l’esposizione delle strutture in atmosfera
marina). In alcuni casi i provini possono essere esposti ad ambiente marino reale.
56
Il principale svantaggio delle prove con cloruri penetrati consiste nel fatto che la loro durata può
essere elevata (anche alcuni anni). Infatti la durata dipende sia dalle condizioni di esposizione dei
provini, sia dalle proprietà dei materiali e dalle caratteristiche dimensionali dei provini. La durata
può essere elevata, ad esempio, in presenza di un elevato spessore di copriferro o di un calcestruzzo
caratterizzato da un basso coefficiente di diffusione dei cloruri. Spesso, per ridurre il tempo di
prova, la penetrazione dei cloruri nel calcestruzzo può essere accelerata utilizzando cicli di asciutto-
bagnato o soluzioni saline concentrate; inoltre, le prove con cloruri penetrati possono essere
applicate a provini confezionati con un elevato rapporto acqua/cemento (che permette di aumentare
il valore del coefficiente di diffusione dei cloruri) e una piccola dimensione massima dell’aggregato
(ad esempio possono essere studiati provini in malta, con cui è possibile realizzare un piccolo
spessore di copriferro [16,78]). Dunque, difficilmente le prove con cloruri penetrati possono essere
utilizzate per studiare provini confezionati con qualunque miscela di calcestruzzo.
La penetrazione degli ioni cloruro nel calcestruzzo può essere accelerata tramite l’applicazione di
un campo elettrico [25,80-82]. Tali prove sono effettuate mettendo una superficie del campione a
contatto con una soluzione contenente cloruri e posizionando nella soluzione un elettrodo che funga
da catodo. Un secondo elettrodo, che funga da anodo, può essere messo a contatto con la superficie
opposta del campione tramite un elettrolita [25,82] o può essere inglobato nel calcestruzzo in
prossimità della barra di acciaio [80-81]. Quando tra i due elettrodi è applicato un campo elettrico,
gli ioni cloruro migrano verso la superficie dell’acciaio fino a provocare l’innesco della corrosione;
nei riferimenti citati, l’intensità del campo elettrico può variare da 1 a 20 V.
Sebbene le prove di migrazione siano relativamente veloci, il campo elettrico in cui le armature
sono poste può provocare la circolazione di una corrente di interferenza all’interno delle armature e,
in presenza di cloruri, tale corrente può favorire l’innesco della corrosione [1]. Per questo motivo, le
prove di migrazione non sono affatto rappresentative delle condizioni in cui si trovano le strutture
reali e non permettono di stimare il reale valore del tenore critico di cloruri, ma solo di confrontare
provini confezionati con materiali diversi.
Alcuni problemi legati alla penetrazione dei cloruri nel calcestruzzo, come ad esempio l’elevato
tempo di esposizione necessario affinché i cloruri raggiungano il tenore critico sulla superficie
dell’acciaio, possono essere evitati tramite prove con cloruri aggiunti in fase di getto. Al
calcestruzzo possono essere aggiunti anche tenori di cloruri elevati, in funzione della resistenza
all’innesco della corrosione dei materiali utilizzati per il confezionamento dei provini: in un caso
particolare, ossia in prove effettuate con armature di acciaio inossidabile, sono stati realizzati
calcestruzzi con un tenore di cloruri fino a 8% rispetto alla massa di cemento [83].
57
Al termine della stagionatura, i provini con cloruri aggiunti possono essere esposti a diversi
ambienti (ad esempio all’atmosfera, a cicli di asciutto bagnato o immersi in soluzione) e si
monitorano i parametri elettrochimici legati all’innesco della corrosione (ossia il potenziale e la
velocità di corrosione dell’acciaio). In genere le prove sono interrotte quando questi parametri
raggiungono dei valori pressoché costanti nel tempo. Come sarà presentato nel seguito, il
monitoraggio di questi parametri permette di determinare quale tenore di cloruri provoca l’innesco
della corrosione.
Il principale punto di forza delle prove con cloruri aggiunti è che, in determinate condizioni, esse
permettono un risparmio di tempo rispetto alle prove con cloruri penetrati. In particolare le
situazioni in cui le prove con cloruri aggiunti sono vantaggiose rispetto alle prove con cloruri
penetrati sono:
- quando la diffusione dei cloruri è troppo lenta per provocare l’innesco della corrosione in un
tempo accettabile. Questo avviene, ad esempio, in provini confezionati con un piccolo rapporto
acqua/cemento o un elevato spessore di copriferro;
- in presenza di protezioni aggiuntive, come ad esempio la prevenzione catodica o l’utilizzo di
acciai inossidabili, che provocano un aumento della resistenza all’innesco della corrosione delle
armature;
- quando le condizioni ambientali sono tali da sfavorire l’innesco della corrosione da cloruri (ad
esempio, quando il calcestruzzo è permanentemente immerso in acqua e, come è mostrato nel
Paragrafo 2.1.1, le armature assumono un potenziale elettrochimico molto basso).
Le principali critiche rivolte alle prove in calcestruzzo con cloruri aggiunti consistono nel fatto che
l’aggiunta di cloruri in fase di getto:
- può modificare le caratteristiche della zona di interfaccia acciaio-calcestruzzo. Infatti l’aggiunta di
cloruri può impedire che durante la stagionatura dei provini si formi il film di passività sulla
superficie delle armature; inoltre, i cloruri possono agire come acceleranti di presa, modificando la
porosità del calcestruzzo [71];
- a parità di contenuto di cloruri totali, l’aggiunta di cloruri può modificare il rapporto tra i cloruri
“liberi”, ossia disciolti nella soluzione acquosa contenuta nei pori della pasta cementizia, e i cloruri
“legati” ai prodotti di idratazione del cemento. A tale proposito, in letteratura è dimostrato che,
all’aumentare del tempo di stagionatura dei provini, i cloruri aggiunti nel getto possono essere
progressivamente “legati” ai prodotti di idratazione del cemento [84].
Nonostante le critiche rivolte alle prove con cloruri aggiunti, sulla base dei risultati presentati in
letteratura non è possibile determinare se l’utilizzo di questa metodologia di prova porti a una
58
variazione del tenore critico di cloruri rispetto a quello misurato mediante prove con cloruri
penetrati.
In Tab.3.01 sono mostrati i risultati di prove con cloruri aggiunti e di prove con cloruri penetrati
effettuate da vari autori [13,19,78]. La tabella mostra che, in alcuni casi, esistono delle differenze
tra i tenori critici di cloruri misurati applicando le due metodologie di prova; tuttavia, tali differenze
non sono sistematiche. Ad esempio, Yonezawa et al. hanno misurato valori molto simili. Invece,
Lambert et al. e Pradhan et al. hanno misurato valori diversi; tuttavia, nel primo caso il tenore
critico misurato mediante prove con cloruri penetrati è superiore rispetto al tenore critico stimato
mediante prove con cloruri aggiunti, mentre nel secondo caso esso è mediamente inferiore.
Nonostante le differenze riscontrate nei due lavori citati, la Tab.3.01 mostra che in entrambi i casi la
variabilità statistica dei valori di tenore critico è molto elevata e gli intervalli di valori determinati
mediante prove con cloruri aggiunti e prove con cloruri penetrati sono sempre parzialmente
sovrapposti [13,19]. Di conseguenza, le variazioni tra cloruri aggiunti e cloruri penetrati sono
ragionevolmente all’interno della variabilità del tenore critico all’interno della singola metodologia.
Tab.3.01 - Confronto tra i valori di tenore critico determinati mediante prove
con cloruri aggiunti e penetrati [13,19,78].
Criteri per identificare l’innesco della corrosione. Oltre ai metodi utilizzati per introdurre i cloruri
nel calcestruzzo, un altro aspetto fondamentale delle prove per la misura del tenore critico di cloruri
è il criterio (o i criteri) utilizzati per identificare l’innesco della corrosione. In genere questi criteri
consistono nell’identificazione di uno o più parametri legati allo stato di corrosione dell’acciaio nel
calcestruzzo e si considera che l’innesco della corrosione avvenga quando il parametro considerato
59
supera un valore limite. Sia il parametro considerato per identificare l’innesco, sia il suo valore
limite, possono dipendere dal tipo di prova a cui sono sottoposti i provini. In questo paragrafo sono
analizzati i tre principali tipi di prova, ossia le prove di libera corrosione, le prove potenziostatiche e
le prove potenziodinamiche.
Nelle prove di libera corrosione il potenziale delle armature non è controllato tramite una
polarizzazione esterna, ma è lasciato libero di variare in funzione delle variabili presentate nel
Paragrafo 2.1, ossia l’ambiente, il tempo di esposizione dei provini e la condizione di passività o di
attività dell’acciaio. Le prove di libera corrosione possono essere applicate (oltre che alle prove in
soluzione presentate nel Paragrafo 3.1.1) sia a provini con cloruri aggiunti nel getto, sia a provini in
cui i cloruri penetrano dall’esterno.
In queste prove i parametri elettrochimici associati all’innesco della corrosione da cloruri sono il
potenziale e la velocità di corrosione dell’acciaio, dunque in genere sono questi i parametri che sono
monitorati per identificare l’innesco della corrosione. Infatti, come è stato mostrato nel Capitolo 1,
il potenziale dell’acciaio in condizione di libera corrosione varia in funzione della condizione di
passività o di attività delle armature; per questo motivo, in genere l’innesco della corrosione è
individuato tramite una variazione di questo parametro. Ad esempio, la metodologia di prova
proposta dal Rilem, citata nell’introduzione del Paragrafo 3.1, identifica l’innesco della corrosione
tramite un abbassamento del potenziale di 150 mV rispetto al potenziale dell’acciaio passivo [12].
Dal momento che, come è schematicamente mostrato in Fig.2.01, il potenziale del’acciaio può
variare per motivi diversi dall’innesco della corrosione, spesso per confermare l’esito delle misure
di potenziale sono utilizzate misure di velocità di corrosione dell’acciaio. In genere essa è molto
bassa quando l’acciaio è passivo; dunque, l’innesco della corrosione è individuato tramite un
aumento della velocità di corrosione oltre un valore comunemente assunto pari a 1-2 mA/m2 [13,85-
88].
Nelle prove di libera corrosione, tuttavia, capita che l’innesco non sia un evento istantaneo, ma un
processo graduale che può durare anche molti giorni; inoltre, in alcuni casi le armature su cui si è
innescata la corrosione possono ripassivarsi spontaneamente [89]. In questi casi è possibile che il
tempo di innesco sia sovrastimato, ad esempio quando il parametro scelto per identificare l’innesco
della corrosione impiega molti giorni a raggiungere il valore critico, oppure sottostimato, quando le
prove sono interrotte senza verificare se l’acciaio possa ripassivarsi spontaneamente. Una sottostima
o una sovrastima del tempo di innesco possono impedire di misurare il valore del tenore critico
esattamente nel momento in cui si innesca la corrosione.
Nelle prove potenziostatiche il potenziale elettrochimico dell’acciaio è controllato applicando una
polarizzazione esterna, ossia in modo simile a quanto detto riguardo alle prove in soluzione; di
60
conseguenza, è necessario utilizzare un apparato di prova costituito da un elettrodo di lavoro, un
elettrodo di riferimento e un controelettrodo. Dal momento che è necessario che i tre elettrodi siano
posti nello stesso elettrolita, spesso le prove potenziostatiche sono effettuate su provini in malta o in
calcestruzzo armato immersi in una soluzione contenente cloruri [16, 90-92]. Dal momento che le
prove potenziostatiche permettono di controllare il potenziale dell’acciaio, tramite questa
metodologia di prova è possibile sia misurare il valore del tenore critico di cloruri che corrisponde a
un determinato potenziale [92], sia studiare la variabilità del tenore critico in funzione del
potenziale elettrochimico dell’acciaio [16,90];
Nelle prove potenziostatiche il potenziale dell’acciaio è imposto tramite una polarizzazione esterna.
In queste prove il parametro utilizzato per identificare l’innesco della corrosione è la densità di
corrente applicata alle armature per mantenere costante il potenziale dell’acciaio; infatti, nel
momento in cui si innesca la corrosione, la corrente può aumentare di alcuni ordini di grandezza.
Per questo motivo, in genere nelle prove potenziostatiche l’identificazione dell’innesco della
corrosione è più semplice che nelle prove di libera corrosione. In genere, in letteratura il valore
limite della densità di corrente è assunto pari a circa 10 mA/m2 [90,92]. Tuttavia, è possibile che la
corrente applicata alle armature provochi un cambiamento della composizione chimica della
soluzione dei pori in prossimità della superficie delle armature, ad esempio provocando la
migrazione dei cloruri verso le armature, nel caso in cui le armature siano polarizzate anodicamente,
o l’allontanamento dei cloruri, nel caso in cui le armature siano polarizzate catodicamente.
Infine, nelle prove potenziodinamiche il potenziale delle armature è controllato tramite una
polarizzazione esterna (utilizzando un apparato di prova simile a quello utilizzato per le prove
potenziostatiche). Tuttavia, in questo caso il potenziale delle armature non è mantenuto fisso, ma è
incrementato in senso anodico fino a provocare l’innesco della corrosione [93].
Nelle prove potenziodinamiche il principale parametro per identificare l’innesco della corrosione è
la corrente applicata all’acciaio; tuttavia, mentre nelle prove potenziostatiche essa può dipendere dal
potenziale applicato e dalla condizione di passività o di attività dell’acciaio, nelle prove
potenziodinamiche essa può dipendere da alcuni parametri di prova, ad esempio dalla velocità con
cui il potenziale è fatto variare, detta scan rate. I risultati di prove effettuate con velocità diverse
dimostrano che il comportamento elettrochimico dell’acciaio può variare significativamente in
funzione di questo parametro [94]. Di conseguenza, nelle prove potenziodinamiche non esiste un
criterio standardizzato per identificare l’innesco della corrosione, ma esso deve essere definito in
funzione dei parametri di prova.
61
3.1.3 - Determinazione del tenore critico di cloruri
Al termine delle prove in calcestruzzo e in malta è necessario determinare il valore del tenore critico
di cloruri che provoca l’innesco della corrosione.
Nelle prove con cloruri aggiunti, il valore del tenore critico di cloruri è determinato tramite un
confronto dei risultati ottenuti da più serie di provini, confezionate con diversi contenuti di cloruri.
In genere, si determina qual è il valore (o l’intervallo di valori) del tenore di cloruri aggiunto nel
getto che provoca l’innesco della corrosione, ossia il superamento dei valori limite dei parametri
scelti per identificare l’innesco.
Nelle prove con cloruri penetrati, il valore del tenore critico di cloruri è determinato misurando il
contenuto di cloruri nel calcestruzzo. Per misurare il contenuto di cloruri è necessario effettuare due
operazioni, ossia campionamento è analisi. Il campionamento consiste nel prelevare una porzione di
calcestruzzo in cui il contenuto di cloruri è quello critico per l’innesco della corrosione (o “può
essere considerato” quello critico per l’innesco della corrosione); l’analisi consiste nella misura del
contenuto di cloruri nella porzione di calcestruzzo prelevata. Sebbene queste due operazioni
possano sembrare semplici, in letteratura è frequente trovare soluzioni molto diverse allo stesso
problema. Innanzitutto, per quanto riguarda il campionamento, come discusso nel paragrafo
precedente in alcuni casi è difficile identificare il momento in cui avviene l’innesco della
corrosione. In questi casi è possibile che il campionamento non sia effettuato nel momento in cui
avviene l’innesco.
Il campionamento può essere effettuato prelevando una porzione di calcestruzzo:
- direttamente dalla sede dell’armatura, [16,18,25,42,77-78,82,95-97]. In questo caso il
campionamento permette di prelevare una porzione di calcestruzzo nella posizione in cui si è
innescata la corrosione. Tuttavia, tale operazione è distruttiva, dunque può essere prelevato un solo
campione di materiale;
- alla stessa profondità dell’armatura [15,17,46,82,85-88,92,98]. Il calcestruzzo non è prelevato
direttamente dalla sede dell’armatura, ma a una certa distanza; in questo caso è necessario
ipotizzare che il contenuto di cloruri “lontano” dall’armatura sia uguale al contenuto di cloruri sulla
superficie dell’armatura. I principali vantaggi legati a questa soluzione sono che questo metodo di
campionamento non prevede la rimozione dell’armatura (dunque, la prova può continuare anche
dopo il prelievo) e che, prelevando campioni a diversa profondità, è possibile anche effettuare la
misura del profilo di cloruri nel calcestruzzo [88]. In un numero esiguo di casi, l’identificazione
dell’innesco della corrosione e il campionamento del calcestruzzo sono effettuati su due provini
distinti, ovviamente esposti nello stesso ambiente [8,78,99-100].
62
Per quanto riguarda l’analisi del contenuto di cloruri, essa può essere effettuata in modi molto
diversi, a seconda di come si desidera esprimere il valore del tenore critico di cloruri. In letteratura
sono proposti principalmente tre modi per esprimere il tenore critico:
- cloruri totali rispetto alla massa di cemento (o, raramente, rispetto alla massa di calcestruzzo)
[13,15-18,20,25,42,46,80-82,85-87,92,95,97-100]. In questo caso si determina la massa totale di
cloruri contenuta nel campione prelevato; tale valore è espresso in percentuale rispetto alla massa di
cemento. Come sarà discusso nel Paragrafo 3.3.6, sebbene in genere sia relativamente semplice
misurare la massa di cloruri totali, tuttavia in molti casi la massa di cemento può solo essere
stimata. In questo caso, un errore nella stima della massa di cemento può provocare un errore nel
calcolo del contenuto di cloruri totali;
- cloruri liberi rispetto alla massa di cemento [8,16,20,25,42,46,96]. In questo caso si determina la
massa di cloruri “liberi”, ossia disciolti nella soluzione acquosa contenuta nei pori del calcestruzzo;
anche in questo caso, tale valore è espresso in percentuale rispetto alla massa di cemento (la quale
deve essere stimata);
- rapporto tra concentrazione di cloruri liberi e di ioni idrossido [Cl-]/[OH
-] [13,16,20,25,42,78,80-
81,96]. In questo caso è necessario misurare non solo la concentrazione di cloruri “liberi”, ma anche
il pH della soluzione acquosa contenuta nei pori del calcestruzzo.
In letteratura non vi è accordo su quale sia il modo “migliore” di esprimere il valore del tenore
critico di cloruri; a questo proposito, è frequente che nello stesso lavoro il valore del tenore critico
sia espresso in più modi diversi [13,16,20,25,42,46,80-81,96]. Tuttavia, è stato dimostrato che
anche i cloruri legati alla pasta cementizia possono contribuire all’innesco della corrosione da
cloruri; infatti, la nucleazione di un pit è associata a una acidificazione dell’area in cui avviene la
depassivazione dell’acciaio. Questa acidificazione può “liberare” i cloruri legati ai costituenti solidi
della pasta cementizia, che così contribuiscono a rendere stabile il pit e a permettere la
propagazione della corrosione [22,79].
Da un punto di vista puramente operativo, la misura dei cloruri totali è più semplice rispetto alle
altre due: essa prevede di sciogliere la polvere di calcestruzzo in una soluzione acida, in modo da
“liberare” i cloruri legati (in letteratura spesso i cloruri totali sono detti “cloruri solubili in acido”);
in seguito la concentrazione di cloruri in soluzione è misurata mediante titolazione o cromatografia.
Nella maggior parte dei casi analizzati, in letteratura la misura dei cloruri totali è effettuata
applicando tale metodologia, sebbene possano variare le proporzioni tra la massa di campione
disciolto, la massa di soluzione e la massa di acido.
63
Al contrario, la misura dei cloruri liberi (indipendentemente dal fatto che essa sia espressa in
rapporto alla massa di cemento o in rapporto alla concentrazione di ioni idrossido) può essere
effettuata in molti modi diversi:
- tramite pore pressing technique, ossia rimuovendo l’acqua contenuta nei pori del calcestruzzo
applicando una pressione molto elevata [78,96];
- il campione di calcestruzzo può essere messo a contatto con una soluzione alcalina o neutra (in
genere acqua distillata) fino a quando si raggiunge l’equilibrio tra il contenuto di cloruri nella
soluzione e il contenuto di cloruri nel campione di calcestruzzo. Tale operazione può essere
effettuata immergendo il campione in soluzione [16,20,25,42,46,93], oppure al contrario versando
dell’acqua distillata all’interno di fori praticati nel provino [101]. In genere, la soluzione così
ottenuta è filtrata per eliminare la parte solida del campione da analizzare e la concentrazione di
cloruri è misurata mediante titolazione o cromatografia. Il risultato di questa misura può dipendere
da alcuni parametri, come il tempo di contatto tra il campione e la soluzione e la temperatura della
soluzione (in alcuni casi essa è mantenuta a temperatura ambiente, in altri casi essa è portata a
ebollizione);
- la concentrazione di cloruri nei pori del calcestruzzo può essere determinata mediante dei sensori
(a base di cloruro di argento) inglobati nel calcestruzzo. Dal momento che il potenziale
elettrochimico di questi sensori dipende dalla concentrazione di cloruri, essi permettono di
determinare il contenuto di cloruri liberi. In una recente pubblicazione è stato dimostrato che, se
opportunamente tarati, i sensori permettono di ottenere un risultato molto simile a quello ottenuto
mediante pore pressing technique [102].
Paragrafo 3.2 - Obiettivi e caratteristiche
Come mostrato nel paragrafo precedente, in letteratura sono proposte numerose metodologie di
prova per determinare quali condizioni provocano l’innesco della corrosione da cloruri; tuttavia,
molte di esse sono volte a determinare il valore del tenore critico di cloruri e non permettono di
controllare in che modo il valore di questo parametro dipenda dal potenziale elettrochimico
dell’acciaio, sebbene questo sia uno dei principali fattori da cui dipende l’innesco della corrosione.
In questo paragrafo, innanzitutto sono definiti gli obiettivi che una metodologia di prova deve
soddisfare per permettere di tracciare il diagramma di Pedeferri, ossia un diagramma che mostri
come il potenziale delle armature influisce sull’innesco della corrosione da cloruri. In seguito sono
64
definite le caratteristiche di una metodologia di prova che permetta di raggiungere gli obiettivi
richiesti.
Paragrafo 3.2.1 - Obiettivi
La procedura proposta in questa tesi ha come obiettivo tracciare un diagramma di Pedeferri,
analogo a quello descritto nel Capitolo 1, che mostri qual è la “combinazione critica” di potenziale e
tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione per pitting dell’acciaio nel calcestruzzo.
Affinché il diagramma di Pedeferri ottenuto applicando la metodologia proposta sia uno strumento
utile per la previsione della vita utile delle strutture in calcestruzzo armato soggette a corrosione da
cloruri, è necessario che la metodologia proposta permetta di:
- prevedere il valore del tenore critico di cloruri nelle strutture in calcestruzzo armato esposte ad
ambienti marini o in presenza di sali disgelanti a base di cloruri. Il diagramma di Pedeferri è uno
strumento utile per determinare come varia il tenore critico in funzione dell’ambiente di esposizione
delle strutture in calcestruzzo armato: infatti, come è stato discusso nel Paragrafo 2.1.1, il potenziale
dell’acciaio passivo è un parametro che varia in funzione dell’ambiente di esposizione delle
strutture. Dunque, studiare come varia il valore del tenore critico in funzione del potenziale
dell’acciaio significa studiare come varia il valore del tenore critico in funzione dell’ambiente di
esposizione delle strutture;
- studiare come cambia il diagramma di Pedeferri in funzione della composizione del calcestruzzo
utilizzato per il confezionamento delle strutture. Come è stato analizzato nel Paragrafo 3.1, alcune
delle metodologie sperimentali proposte in letteratura sono state applicate solo a elementi in
calcestruzzo caratterizzati da una elevata porosità o da un piccolo spessore di copriferro [16,92]; di
fatto, difficilmente queste metodologie potrebbero essere utilizzate per studiare il tenore critico in
calcestruzzi confezionati con un basso rapporto acqua/cemento o una elevata dimensione massima
dell’aggregato;
- studiare l’effetto del tipo e della finitura superficiale dell’acciaio utilizzato. Anche in questo caso,
alcune delle metodologie sperimentali proposte in letteratura sono state applicate solo a elementi di
calcestruzzo armato confezionati con armature caratterizzate da una bassa resistenza all’innesco
della corrosione (ad esempio armature di acciaio al carbonio) e difficilmente potrebbero essere
utilizzate per studiare armature più resistenti (ad esempio armature di acciaio inossidabile);
- valutare la variabilità del tenore critico di cloruri. Questo aspetto è importante per due motivi: il
primo è che il tenore critico è un parametro caratterizzato da una elevata variabilità statistica; il
secondo è che recentemente sono stati proposti dei modelli probabilistici per la previsione della vita
65
di servizio delle strutture in calcestruzzo armato soggette a corrosione delle armature, come ad
esempio quello proposto dalla Fédération Internationale du Béton (fib) [5]. I dati di input di questo
modello sono variabili statistiche e, sebbene esso proponga delle prove accelerate per determinare il
valore di alcune variabili (come ad esempio il coefficiente di diffusione dei cloruri), al momento
manca una procedura per la valutazione del tenore critico che possa essere implementata nel
modello.
Paragrafo 3.2.2 - Caratteristiche
Per soddisfare gli obiettivi elencati nel paragrafo precedente, è necessario definire alcune
caratteristiche della metodologia di prova. In particolare è necessario che:
- le prove siano effettuate su elementi in malta o in calcestruzzo armato. Infatti, come è stato
analizzato nel Paragrafo 3.1, la resistenza all’innesco della corrosione delle armature è influenzata
dalle caratteristiche dell’interfaccia acciaio-calcestruzzo e può essere studiata solo mediante prove
in malta o in calcestruzzo. Le prove in soluzione, benché siano più semplici e veloci di quelle in
calcestruzzo, non permettono di rappresentare il reale comportamento dell’acciaio inglobato nel
calcestruzzo;
- le prove siano effettuate su elementi in malta o in calcestruzzo confezionati con cloruri aggiunti
nel getto. Le prove con cloruri aggiunti non solo sono molto diffuse, ma, in base a dati di letteratura,
permettono di ottenere risultati confrontabili con quelli delle prove con cloruri penetrati (vedi
Paragrafo 3.1.2) [13,19,78]. Inoltre, le prove con cloruri aggiunti permettono di superare alcuni
limiti legati all’utilizzo di prove con cloruri penetrati: innanzitutto, la durata delle prove con cloruri
aggiunti in fase di getto è indipendente dal rapporto acqua/cemento e dallo spessore di copriferro
con cui sono stati confezionati gli elementi in calcestruzzo armato (al contrario, la durata delle
prove con cloruri penetrati aumenta all’aumentare dello spessore del copriferro e al diminuire del
coefficiente di diffusione dei cloruri). Per questo motivo, sebbene le prove con cloruri penetrati
siano state applicate con successo per ottenere dei diagrammi di Pedeferri, la loro durata è troppo
elevata perché esse possano essere implementate nei modelli per il calcolo della vita di servizio
delle strutture in calcestruzzo armato [4,16]); inoltre, le prove con cloruri aggiunti possono essere
facilmente utilizzate anche per determinare il valore del tenore critico in presenza di protezioni
aggiuntive, come ad esempio l’utilizzo di armature di acciaio inossidabile o la presenza di un
sistema di prevenzione catodica (al contrario, la presenza di protezioni aggiuntive provoca un
significativo aumento della durata delle prove con cloruri penetrati [4,6]); infine, se sono rispettate
alcune prescrizioni che saranno formulate nel Paragrafo 3.3.6, nelle prove con cloruri aggiunti il
66
tenore di cloruri totali sulla superficie delle armature è noto (al contrario, come è stato analizzato
nel Paragrafo 3.1.3, nelle prove con cloruri penetrati il tenore di cloruri sulla superficie delle
armature deve essere misurato e questa operazione può essere complessa);
- il potenziale delle armature sia controllato tramite prova potenziostatica. La procedura proposta
permette di tracciare il diagramma di Pedeferri applicando l’approccio mostrato schematicamente in
Fig.3.01: inizialmente, tramite un potenziostato, all’acciaio è imposto un potenziale in
corrispondenza del quale esso si trova nel campo di passività (perfetta o imperfetta) del diagramma
di Fig.3.01. Questa condizione è rappresentata dagli indicatori bianchi nella porzione inferiore del
diagramma di Fig.3.01. In seguito all’acciaio è imposto un valore di potenziale superiore rispetto a
quello precedente ed esso è mantenuto fisso per un certo periodo di tempo; tale operazione è
ripetuta fino a provocare l’innesco della corrosione per pitting. L’innesco si verifica quando
all’acciaio è imposto un potenziale superiore al potenziale di pitting (Epit), ossia quando l’acciaio si
trova nel campo di attività del diagramma di Fig.3.01. Questa condizione è rappresentata dagli
indicatori neri in Fig.3.01. La sequenza di incrementi di potenziale che provoca l’innesco della
corrosione è stata definita prova potenziostatica a gradini;
Fig.3.01 - Rappresentazione schematica della procedura sperimentale utilizzata per determinare le
“condizioni critiche” per l’innesco della corrosione mediante prove con cloruri aggiunti.
- il numero di tenori di cloruri analizzati sia sufficiente a tracciare il diagramma di Pedeferri. Infatti,
come è mostrato in Fig.3.01, per poter tracciare il diagramma è necessario effettuare prove su più
serie di campioni in calcestruzzo armato, confezionate con diversi tenori di cloruri aggiunti in fase
di getto;
67
- ogni serie di provini (ossia ogni tenore di cloruri analizzato) sia costituita da un numero di
elementi sufficiente a studiare la variabilità del risultato (ovviamente, la Fig.3.01 rappresenta una
semplificazione del problema, perché essa non tiene conto della variabilità dei risultati);
- le armature inglobate nel calcestruzzo si passivino durante la stagionatura dei provini, nonostante
l’aggiunta di cloruri nel getto. Infatti, per poter applicare l’approccio mostrato in Fig.3.01, è
necessario che all’inizio della prova potenziostatica a gradini l’acciaio sia passivo. Come sarà
spiegato nel Paragrafo 3.3.3, la strategia adottata per soddisfare questo requisito consiste
nell’applicare alle armature una polarizzazione catodica dal momento del getto fino al termine della
stagionatura dei provini. Questa operazione è stata definita pre-polarizzazione, perché è applicata
alle armature prima dell’inizio della prova potenziostatica a gradini.
Paragrafo 3.3 - Definizione della procedura sperimentale
Per verificare la fattibilità della procedura proposta e per definire il valore dei principali parametri
di prova è stato necessario:
1) determinare gli effetti dell’aggiunta di cloruri sulle proprietà del calcestruzzo (resistenza a
compressione, densità, coefficiente di assorbimento capillare e assorbimento di acqua), al fine di
verificare che questa operazione non alteri le proprietà del materiale;
2) sviluppare una modalità di applicazione della pre-polarizzazione che sia efficace nel permettere
alle armature di passivarsi durante la stagionatura dei calcestruzzi confezionati con cloruri aggiunti
nel getto;
3) determinare l’ampiezza e la durata dei gradini di potenziale da applicare durante la prova
potenziostatica;
4) definire i criteri che permettono di identificare l’innesco della corrosione per pitting;
5) verificare l’effettivo contenuto di cloruri sulla superficie delle armature nel momento in cui
avviene l’innesco della corrosione (infatti, come sarà discusso nel Paragrafo 3.3.6, si è verificato
che nel corso della prova possono manifestarsi dei fenomeni di trasporto che provocano una
variazione del contenuto di cloruri nel calcestruzzo);
6) stabilire quante serie di provini devono essere confezionate per poter tracciare il diagramma di
Pedeferri (ossia quanti tenori di cloruri devono essere analizzati);
7) stabilire quanti provini devono essere confezionati per ogni serie (ossia per ogni tenore di
cloruri);
68
8) verificare che il risultato della prova potenziostatica a gradini sia confrontabile con il risultato di
una prova “tradizionale” in cui i cloruri penetrano nel calcestruzzo per diffusione.
I punti da 1) a 7) sono oggetto del Paragrafo 3.3. Il diagramma di Pedeferri ottenuto applicando la
procedura sperimentale proposta è mostrato nel Paragrafo 3.4.1.
Per quanto riguarda il punto 8), è stata effettuata una prova di confronto, in cui i cloruri non sono
aggiunti al calcestruzzo in fase di getto, ma sono fatti penetrare al termine della stagionatura. I
dettagli relativi alle prove con cloruri penetrati sono presentati nel Paragrafo 3.3.5 e il diagramma di
Pedeferri ottenuto applicando tali prove è presentato nel Paragrafo 3.4.2.
Paragrafo 3.3.1 - Provini e prove
In questo paragrafo sono descritti i provini su cui sono state effettuate le prove, i materiali che sono
stati utilizzati per il loro confezionamento e le metodologie sperimentali utilizzate. È opportuno fare
alcune precisazioni:
- in questo paragrafo sono descritti tutti i provini e i materiali utilizzati nel corso della ricerca,
sebbene alcuni di essi siano serviti solo in una fase preliminare, per definire alcuni parametri di
prova, e siano stati sostituiti nel corso della ricerca;
- i materiali presentati in questo paragrafo sono quelli che hanno permesso di verificare la fattibilità
della metodologia di prova proposta, tuttavia la metodologia si presta ad essere utilizzata per
studiare provini confezionati con diverse composizioni di calcestruzzo, diversi tipi di acciaio e
diverse finiture superficiali dell’acciaio.
Materiali. Le prove descritte nei paragrafi seguenti sono state effettuate su provini confezionati con
una malta (la cui composizione è mostrata in Tab.3.02), due tipi di calcestruzzo (a e b, la cui
composizione è mostrata in Tab.3.03) e una boiacca cementizia (la cui composizione è mostrata in
Tab.3.04).
La malta è stata confezionata con 550 kg/m3 di cemento tipo CEM I 52.5R, un rapporto a/c pari a
0.5 e 1439 kg/m3 di aggregato siliceo con dimensione massima pari a 2.5 mm. Alla malta è stata
aggiunta una quantità di additivo superfluidificante pari a 0.5% rispetto alla massa di cemento. Sono
state confezionate 5 serie di provini con diverse quantità di cloruri aggiunti in fase di getto, variabili
da 0.2 a 3% rispetto alla massa di cemento. I provini in malta sono stati utilizzati solo in una fase
preliminare della ricerca, per definire alcuni parametri di prova.
69
Tab.3.02 - Composizione della malta.
Ingrediente Tipo Dosaggio (kg/m3)
Cemento CEM I 52.5R 550
Acqua 275
Aggregato Siliceo, con dimensione
massima pari a 2.5 mm 1439
Additivo Superfluidificante 2.75
Cloruri Cloruro di calcio 0.2 - 0.4 - 1 - 2 - 3%
(cloruri vs massa di cem.)
Tab.3.03 - Composizione del calcestruzzo.
Ingrediente Tipo Dosaggio (kg/m3)
Cemento (a) CEM I 52.5R
(b) CEM II A-LL 42.5R (a e b) 362
Acqua (a e b) 235
Aggregato (a e b) Calcareo frantumato, con di-
mensione massima pari a 12.5 mm (a e b) 1670
Cloruri (a e b) Cloruro di calcio
(a) 2%
(b) 0 - 1 - 1.5 - 2 - 3 - 5%
(cloruri vs massa di cem.)
Tab.3.04 - Composizione della boiacca cementizia.
Ingrediente Tipo Dosaggio (kg/m3)
Cemento CEM I 52.5R 1223
Acqua 612
Cloruri Cloruro di calcio anidro 2% (cloruri vs massa di cem.)
I calcestruzzi sono stati confezionati con 362 kg/m3 di cemento, rapporto a/c pari a 0.65 e 1670
kg/m3 di aggregato calcareo frantumato con dimensione massima pari a 12.5 mm. Il calcestruzzo (a)
è stato confezionato con cemento tipo CEM I 52.5R; il calcestruzzo (b) è stato confezionato con
cemento tipo CEM II 42.5R. Con il calcestruzzo (a) è stata confezionata una sola serie di provini
con 2% di cloruri aggiunti rispetto alla massa di cemento; con il calcestruzzo (b) sono state
confezionate più serie di provini con diverse quantità di cloruri aggiunti in fase di getto, variabili da
70
1 a 5% rispetto alla massa di cemento. Inoltre, con il calcestruzzo (b) sono stati confezionati anche
provini senza cloruri aggiunti in fase di getto.
I provini in calcestruzzo sono stati utilizzati per effettuare sia le prove con cloruri aggiunti, sia le
prove con cloruri penetrati. Il rapporto acqua/cemento relativamente elevato, pari a 0.65, è stato
scelto per favorire la penetrazione di cloruri nel calcestruzzo e, quindi, limitare la durata delle prove
con cloruri penetrati. Inoltre, i provini di calcestruzzo sono stati utilizzati per studiare come variano
le proprietà del calcestruzzo indurito all’aumentare del tenore di cloruri aggiunti nel getto e per
studiare i fenomeni di trasporto dei cloruri che possono manifestarsi nel corso delle prove.
La boiacca cementizia è stata confezionata con 1223 kg/m3 di cemento tipo CEM I 52.5R e rapporto
a/c pari a 0.5. Con la boiacca cementizia è stata confezionata una sola serie di provini, con 2% di
cloruri aggiunti in fase di getto. La boiacca è stata utilizzata solo per studiare i fenomeni di
trasporto.
Nella malta, nei calcestruzzi e nella boiacca cementizia, i cloruri sono sempre stati aggiunti sotto
forma di cloruro di calcio, il quale è stato disciolto nell’acqua di impasto.
Provini. Utilizzando i materiali descritti nelle Tab.3.02, 3.03 e 3.04 sono stati confezionati provini
armati, che sono stati utilizzati per le prove di corrosione con cloruri aggiunti e con cloruri
penetrati, e provini non armati, che sono stati utilizzati per lo studio delle proprietà delle miscele
utilizzate. Per quanto riguarda i provini non armati, sono stati confezionati dei cubi di lato 100 mm,
come quello mostrato in Fig.3.02a, dei prismi di lato 40 x 40 x 160 mm, come quello mostrato in
Fig.3.02b e dei cilindri di diametro e altezza pari a circa 110 mm, come quello mostrato in
Fig.3.02c.
Per quanto riguarda i provini armati, sono stati confezionati dei provini di forma cilindrica, di
diametro 60 mm e altezza pari a circa 100 mm, come quello mostrato in Fig.3.03. Lungo l’asse del
provino è stata posta una armatura nervata di acciaio al carbonio di diametro 10 mm; per evitare
possibili effetti di bordo, le due estremità dell’armatura sono state protette con un materiale isolante.
Come isolante, in alcuni provini è stata utilizzata una gomma siliconica anticorrosiva; in altri
provini è stata utilizzata una malta confezionata con cemento tipo CEM I 52.5 R, una emulsione di
gomma stirene-butadiene-stirene (che ha sostituito l’acqua di impasto) e sabbia con dimensione
massima 90 μm, in rapporto 1 : 1 : 1.2. Sopra alla malta è stata posta una guaina termorestringente.
La porzione di armatura non isolata è lunga 40 mm e ha una superficie pari a circa 1.3·103 mm
2.
Prima di essere inglobate nel calcestruzzo, le armature sono state sabbiate. Per ottenere un buon
allineamento delle armature lungo l’asse del provino, la porzione di armatura che fuoriesce dal
71
calcestruzzo è stata fissata al fondo del cassero; per questo motivo il provino è stato realizzato “a
testa in giù”, come mostrato in Fig.3.03.
(a) (b) (c)
Fig.3.02 - (a) Provino cubico di lato 100 mm; (b) provino prismatico di lati 40 x 40 x 160 mm;
(c) provino cilindrico di volume 1 litro.
Fig.3.03 - Provino in malta o in calcestruzzo armato.
Nel provino, oltre all’armatura sono inglobati un filo di titanio attivato, con funzione di elettrodo di
riferimento interno, e una rete di titanio attivato, con funzione di controelettrodo (come descritto nel
Paragrafo 3.1.2, tali elementi sono necessari per effettuare una prova potenziostatica). L’elettrodo di
riferimento interno è stato fissato al fondo del cassero, in modo analogo all’armatura; il
72
controelettrodo è stato semplicemente appoggiato sul fondo del cassero (essendo un elemento di
forma irregolare, esso è comunque rimasto inglobato nel calcestruzzo).
Prove. Per realizzare i provini in calcestruzzo con cloruri aggiunti nel getto da sottoporre a prova
potenziostatica a gradini, il calcestruzzo è stato gettato nei casseri ed è stato ben vibrato. I provini
sono stati posti in una camera climatica, con una temperatura compresa tra 20 e 23°C, e sono stati
conservati a questa temperatura per tutta la durata delle prove. Per far sì che l’acciaio inglobato nel
calcestruzzo si passivasse nonostante l’aggiunta di cloruri nel getto, durante la stagionatura dei
provini è stata applicata una pre-polarizzazione catodica, che sarà descritta nel Paragrafo 3.3.3.
Al termine della stagionatura, durata 7 giorni, la pre-polarizzazione è stata interrotta; i provini sono
stati scasserati e immersi in una soluzione satura di idrossido di calcio (per comodità, essi sono stati
capovolti rispetto alla posizione mostrata in Fig.3.03). I provini sono stati collegati in parallelo a un
potenziostato e inizialmente alle armature è stato imposto un potenziale pari a -500 mV vs SCE,
ossia un potenziale simile a quello raggiunto al termine della stagionatura, in modo che
conservassero la condizione di passività raggiunta in condizioni di pre-polarizzazione. Dopo 24 ore,
ai provini è stata applicata la prova potenziostatica a gradini: alle armature è stato applicato un
incremento di potenziale di una certa ampiezza e tale valore è stato mantenuto per un certo tempo
(l’ampiezza e la durata dei gradini di potenziale sono discussi nel Paragrafo 3.3.4); l’incremento di
potenziale è stato ripetuto fino a quando si è verificato l’innesco della corrosione dell’acciaio. I
provini su cui si è innescata la corrosione sono stati isolati (semplicemente scollegandoli dal
potenziostato, affinché non interferissero con gli altri provini) e la prova è proseguita fino a quando
tutti i provini si sono innescati. I criteri utilizzati per identificare l’innesco della corrosione
dell’acciaio sono discussi nel Paragrafo 3.3.4.
Al termine della prova, i provini sono stati rimossi dalla soluzione in cui erano immersi e sono stati
rotti in due parti mediante prova brasiliana per verificare la presenza di prodotti di corrosione sulla
superficie delle armature. Da alcuni provini scelti a campione sono stati prelevati dei campioni di
materiale per la misura del tenore di cloruri nel calcestruzzo; le modalità di campionamento e di
analisi sono descritte nel seguito di questo paragrafo.
La prova potenziostatica a gradini è stata effettuata su più serie di provini, confezionati con diversi
tenori di cloruri aggiunti al getto; ogni serie è costituita da più provini, per valutare la variabilità del
risultato della prova. Questo aspetto è analizzato nel Paragrafo 3.3.7. I diagrammi di Pedeferri
ottenuti applicando la metodologia con cloruri aggiunti sono presentati nel Paragrafo 3.4.1.
Per effettuare la prova potenziostatica con cloruri penetrati, i provini sono stati confezionati e
stagionati in modo analogo a quello descritto per i provini con cloruri aggiunti, fatta eccezione per il
73
fatto che non è stata applicata alcuna pre-polarizzazione (perché i provini sono stati confezionati
senza cloruri aggiunti nel getto). I dettagli sperimentali relativi alla prova con cloruri penetrati sono
descritti nel Paragrafo 3.3.5.
Le misure del contenuto di cloruri sono state effettuate per:
- verificare l’effettivo contenuto di cloruri nei provini con cloruri aggiunti;
- misurare il contenuto di cloruri che ha provocato l’innesco della corrosione nelle prove con cloruri
penetrati;
- studiare i fenomeni di trasporto che possono manifestarsi nel corso della prova e che possono far
variare il contenuto di cloruri nel calcestruzzo. Tali fenomeni possono essere parte integrante della
prova (ad esempio, nelle prove con cloruri penetrati è necessario che i cloruri diffondano nel
calcestruzzo fino a raggiungere la superficie delle armature e provocare l’innesco della corrosione)
oppure possono essere un effetto indesiderato della prova (ad esempio, nelle prove con cloruri
aggiunti, dal momento che i provini sono stati immersi in soluzione, è possibile che avvenga il
dilavamento dei cloruri nella soluzione). Tali fenomeni sono stati studiati sia su provini armati, sia
su provini non armati confezionati apposta per studiare questi aspetti.
Dai provini armati (ossia quelli su cui sono state effettuate le prove potenziostatiche con cloruri
aggiunti e con cloruri penetrati) al termine della prova sono stati prelevati dei campioni di materiale
nelle posizioni indicate schematicamente in Fig.3.04. Dalla superficie delle armature sono stati
prelevati due campioni di materiale, di massa pari a circa 2 g l’uno, mediante grinding manuale
(ossia grattando la superficie del calcestruzzo e raccogliendo la polvere così ottenuta):
- il campione denominato G1 è costituito dal calcestruzzo a diretto contatto con l’armatura, ossia
dalla pasta cementizia che si trova tra le nervature delle armature;
- il campione denominato G2 è stato prelevato nella massa del calcestruzzo ed è costituito da una
frazione consistente di aggregato.
Oltre ai campioni G1 e G2 sono stati prelevati ulteriori campioni di materiale per determinare il
contenuto di cloruri nella massa del calcestruzzo, in funzione della distanza dalla superficie esterna
dei provini (ossia per determinare il profilo di cloruri nel copriferro). Tali campioni sono stati
prelevati mediante taglio, dalle zone indicate con la sigla T1 → T5 in Fig.3.04 e sono stati ridotti in
polvere mediante macinazione manuale.
74
Fig.3.04 - Posizioni da cui sono stati prelevati i campioni per la misura
del contenuto di cloruri nel calcestruzzo.
I provini non armati sono stati confezionati apposta per studiare il dilavamento dei cloruri che si
può manifestare quando un elemento confezionato con cloruri aggiunti nel getto rimane immerso in
soluzione; queste prove, dette prove di dilavamento controllato, sono state effettuate su provini
cilindrici, come quello mostrato in Fig.3.02c. I provini sono stati confezionati con la miscela di
calcestruzzo (a) mostrata in Tab.3.03 e con la boiacca cementizia mostrata in Tab.3.04. Per valutare
l’entità del dilavamento che può prodursi e da quali parametri dipende, i provini sono stati immersi
in acqua con diverse modalità:
- 1 provino in boiacca, denominato B 1+7, è stato stagionato nel cassero per 1 giorno e immerso per
7 giorni in una quantità di acqua pari alla massa del provino;
- 1 provino in boiacca, denominato B 8+7, è stato stagionato nel cassero per 8 giorni e immerso per
7 giorni in una quantità di acqua pari alla massa del provino;
- 1 provino in boiacca, denominato B 8+0, è stato stagionato nel cassero per 8 giorni e non è stato
immerso in acqua;
- 1 provino in calcestruzzo, denominato C 1+7 (1:1.5), è stato stagionato nel cassero per 1 giorno e
immerso per 7 giorni in una quantità di acqua pari a 1.5 volte la massa del provino;
75
- 1 provino in calcestruzzo, denominato C 1+7 (1:1), è stato stagionato nel cassero per 1 giorno e
immerso per 7 giorni in una quantità di acqua pari alla massa del provino;
- 1 provino in calcestruzzo, denominato C 8+7, è stato stagionato nel cassero per 8 giorni e immerso
per 7 giorni in una quantità di acqua pari alla massa del provino;
- 1 provino in calcestruzzo, denominato C 8+0, è stato stagionato nel cassero per 8 giorni e non è
stato immerso in acqua.
La concentrazione dei cloruri nell’acqua in cui sono stati immersi i provini è stata misurata
giornalmente. Al termine del periodo di immersione, dalla faccia del provino opposta alla faccia di
getto è stata prelevata una carota di materiale, come mostrato in Fig.3.05. Da tale carota sono stati
tagliati 6 dischi di materiale di spessore 5 mm, per un totale di 30 mm. I dischi sono stati ridotti in
polvere mediante macinazione manuale.
Fig.3.05 - Posizioni in cui è stato effettuato il campionamento del materiale per la misura
del contenuto di cloruri nella malta e nel calcestruzzo.
Tutti i campioni di materiale sono stati analizzati in modo analogo: le polveri sono state essiccate in
stufa a 105°C per 24 ore, pesate e sciolte in acido nitrico; la concentrazione dei cloruri nella
soluzione così ottenuta è stata misurata mediante titolazione con nitrato d’argento.
76
Paragrafo 3.3.2 - Effetto dell’aggiunta dei cloruri
Per verificare se l’aggiunta di cloruri al momento del getto può modificare le proprietà del
calcestruzzo legate all’innesco della corrosione (e quindi influire sull’esito della prova proposta)
sono state valutate diverse proprietà dei calcestruzzi confezionati aggiungendo al getto diverse
quantità di cloruri, fino a 5% in massa di cemento. Le prove sono state effettuate su provini di
forma cubica (di lato 100 mm) e prismatica (di lati 40 x 40 x 160 mm), confezionati con la miscela
di calcestruzzo (b) mostrata in Tab.3.03. Sui provini cubici sono state effettuate misure di densità e
di resistenza a compressione; sui provini prismatici sono state effettuate misure di risalita capillare e
di assorbimento di acqua.
Resistenza a compressione. La Fig.3.06 mostra la resistenza a compressione (Rc) di provini in
calcestruzzo confezionati con diversi tenori di cloruri aggiunti nel getto; le prove di compressione
sono state effettuate su provini stagionati 7 e 28 giorni. La figura mostra che, nei provini
confezionati con una aggiunta di cloruri fino a 3% rispetto alla massa di cemento, in media la
resistenza a 7 giorni è pari a 24 MPa e la resistenza a 28 giorni è pari a 31 MPa. In questi provini, il
massimo scarto rispetto al valore medio è pari a 2.6 MPa per le prove a 7 giorni e 3.6 MPa per le
prove a 28 giorni, ossia circa 11%. Dunque, la resistenza a compressione dei provini non varia
significativamente all’aumentare del tenore di cloruri aggiunti.
Fig.3.06 - Resistenza a compressione (Rc) dei calcestruzzi confezionati con diversi tenori
di cloruri aggiunti nel getto.
77
Nei provini confezionati con 5% di cloruri aggiunti la resistenza a compressione misurata a 7 giorni
è pari a 14 MPa e quella a 28 giorni è pari a 21 MPa, ossia 10 MPa inferiore rispetto alla resistenza
media dei provini confezionati con un tenore di cloruri inferiore a 5%.
Densità del calcestruzzo. La Fig.3.07 mostra la densità dei calcestruzzi confezionati con diversi
tenori di cloruri aggiunti nel getto, fino a 5% in massa di cemento. Le misure sono state effettuate al
momento dello scassero (ossia dopo un giorno dal getto) e dopo 28 giorni di stagionatura a umido.
La figura mostra che, dopo un giorno di stagionatura nel cassero, i provini hanno in media una
densità pari a 2.36 g/cm3; la densità del calcestruzzo misurata a un giorno diminuisce leggermente
all’aumentare del contenuto di cloruri aggiunti e varia da un massimo di 2.37 g/cm3 (nei provini con
0% di cloruri aggiunti) a un minimo di 2.34 g/cm3 (nei provini con 5% di cloruri aggiunti). Dopo 28
giorni di stagionatura i provini hanno in media una densità pari a 2.37 g/cm3, ossia leggermente
superiore rispetto al valore iniziale, e non è possibile osservare una significativa variazione della
densità in funzione del contenuto di cloruri aggiunti. La Fig.3.07 mostra che, mentre la densità dei
provini con 0% di cloruri aggiunti rimane pressoché inalterata durante la stagionatura, la densità dei
provini confezionati con 3% e 5% di cloruri aggiunti aumenta leggermente durante la stagionatura.
È possibile ipotizzare che questo comportamento sia dovuto a una maggiore igroscopicità dei
calcestruzzi prodotti con un maggiore contenuto di cloruri aggiunti in fase di getto.
Fig.3.07 - Densità dei calcestruzzi confezionati con diversi tenori di cloruri aggiunti nel getto.
78
Coefficiente di assorbimento capillare. Il coefficiente di assorbimento capillare è stato determinato
in accordo con la norma UNI EN 13057 [103], ossia immergendo la faccia inferiore dei provini in 2
mm di acqua distillata e misurando la massa di acqua assorbita (per unità di superficie immersa) in
funzione del tempo di immersione. La Fig.3.08 mostra la variazione del coefficiente di
assorbimento capillare in funzione del contenuto di cloruri aggiunti nel getto. In media il
coefficiente è pari a 0.034 kg·m-2
·s-0.5
; il massimo scarto rispetto al valore medio è di 0.005 kg·m-
2·s
-0.5, ossia 15%.
Assorbimento di acqua. Con il termine assorbimento si indica la massa di acqua contenuta nel
calcestruzzo saturo, espressa in percentuale rispetto alla massa secca del materiale; tale misura è
stata effettuata al termine della prova di assorbimento capillare (ossia dopo 7 giorni di immersione
in 2 mm di acqua) aumentando il livello dell’acqua fino a sommergere completamente i provini e
misurando giornalmente la massa dei provini. Durante il periodo di completa immersione, l’acqua
assorbita dai provini non è aumentata rispetto all’ultimo valore misurato al termine della prova di
assorbimento capillare
La Fig.3.09 mostra che, in media, l’assorbimento di acqua è pari a 8.0% rispetto alla massa secca
del calcestruzzo e varia da un minimo di 7.2% a un massimo di 8.5%, senza alcuna evidente
correlazione con il contenuto di cloruri.
Fig.3.08 - Variazione del coefficiente di assorbimento capillare in funzione del contenuto
di cloruri aggiunti nel getto.
79
Fig.3.09 - Assorbimento di acqua del calcestruzzo in funzione del contenuto di cloruri
aggiunti nel getto.
In conclusione, i parametri analizzati mostrano che l’aggiunta di cloruri almeno fino a 3% rispetto
alla massa di calcestruzzo non provoca una significativa variazione delle proprietà del calcestruzzo:
infatti, rispetto al valore medio dei parametri, il massimo scarto è pari a 15%. Per quanto riguarda i
provini con 5% di cloruri aggiunti nel getto, è stata misurata una rilevante diminuzione della
resistenza a compressione del calcestruzzo, ma gli altri parametri considerati (ossia il coefficiente di
assorbimento capillare e l’assorbimento di acqua) non variano significativamente, anzi, hanno un
valore molto simile a quello dei provini confezionati senza aggiunta di cloruri.
Questi risultati suggeriscono che l’aggiunta di cloruri al momento del getto non influisca
significativamente sulla microstruttura della pasta cementizia idratata che si trova a contatto con le
armature. Si può quindi ragionevolmente ritenere che l’aggiunta di cloruri al getto non modifichi le
proprietà del calcestruzzo legate all’innesco della corrosione sulle armature.
Paragrafo 3.3.3 - Pre-polarizzazione catodica delle armature
L’aggiunta di cloruri al getto, tuttavia, può determinare un innesco immediato della corrosione,
oppure prevenire la passivazione delle armature. Per comprendere cosa succede in seguito al getto
di un calcestruzzo contenente cloruri si può analizzare la variazione del potenziale delle armature
nel tempo. La Fig.3.10 mostra, a titolo di esempio, la variazione del potenziale durante la
stagionatura di alcuni provini in calcestruzzo confezionati con diversi tenori di cloruri aggiunti in
80
fase di getto; tutti i provini sono stati confezionati con la miscela di calcestruzzo (b) mostrata in
Tab.3.03.
Fig.3.10 - Variazione del potenziale delle armature inglobate in calcestruzzi confezionati con cloruri
aggiunti nel getto durante la stagionatura dei provini.
Nei provini senza cloruri aggiunti in fase di getto (0%), durante la stagionatura del calcestruzzo le
armature si passivano e il loro potenziale rimane costantemente pari a un valore compreso tra -250 e
-300 mV rispetto all’elettrodo di riferimento di titanio attivato inglobato nel getto (vedi Fig.3.03).
Tale elettrodo, indicato nel seguito del testo mediante la sigla MMO, ha un potenziale pari a circa -
100 mV vs SCE, sebbene tali elettrodi mostrino una variabilità di circa ± 30 mV.
Nei provini con 1% di cloruri aggiunti, il potenziale diminuisce nelle prime ore dopo al getto, fino a
raggiungere valori compresi tra -400 e -500 mV vs MMO. Dal momento che il contenuto di cloruri
aggiunti non è elevato, uno dei provini mostrati in Fig.3.10 riesce comunque a passivarsi durante la
stagionatura del calcestruzzo: infatti, al termine della stagionatura, esso ha un potenziale superiore a
-300 mV vs MMO e una velocità di corrosione (stimata mediante resistenza di polarizzazione
lineare) inferiore a 2 mA/m2. Tuttavia, l’altro provino con 1% di cloruri aggiunti non riesce a
passivarsi e, al termine della stagionatura, esso ha un potenziale pari a -450 mV vs MMO e una
velocità di corrosione pari a 8 mA/m2.
Nei provini confezionati con 3 e 5% di cloruri aggiunti in fase di getto le armature non riescono a
passivarsi e, al termine della stagionatura del calcestruzzo, esse hanno un potenziale compreso tra -
81
450 e -500 mV vs MMO. La velocità di corrosione delle armature è pari 5-6 mA/m2 per i provini
con 3% di cloruri e pari a 40-50 mA/m2 per i provini con 5% di cloruri.
Un requisito fondamentale della metodologia di prova proposta è che, al termine della stagionatura,
l’acciaio sia passivo, così che l’innesco della corrosione avvenga solo nella successiva fase di
polarizzazione anodica a gradini. Il diagramma di Pedeferri mostrato nel Paragrafo 1.2 mostra che,
per prevenire l’innesco della corrosione in calcestruzzo contenente cloruri, è possibile imporre un
potenziale sufficientemente basso alle armature (come avviene nella tecnica della prevenzione
catodica). Per analogia con questa tecnica, si è deciso di applicare una polarizzazione catodica alle
armature; nel caso specifico, tuttavia, le armature vengono a contatto con il calcestruzzo
contaminato da cloruri prima che si siano potute passivare. A differenza della tecnica della
prevenzione catodica tradizionale, quindi, è necessario verificare quale polarizzazione catodica è
necessaria per consentire non solo di mantenere, ma anche di promuovere la passivazione.
L’abbassamento del potenziale può essere applicato tramite un potenziostato, ossia uno strumento
in grado di fissare e mantenere costante il valore del potenziale. L’utilizzo di questo approccio per
portare l’acciaio in condizioni di protezione durante la stagionatura dei provini è stato definito pre-
polarizzazione potenziostatica.
In alternativa, i provini possono essere polarizzati mediante un galvanostato, ossia uno strumento
che applica alle armature una densità di corrente costante nel tempo. Questa corrente provoca la
polarizzazione dell’acciaio e anche questo approccio, definito pre-polarizzazione galvanostatica,
può essere utilizzato per abbassare il potenziale dell’acciaio durante la stagionatura dei provini.
In questo paragrafo sono presentati e discussi i risultati ottenuti applicando entrambi gli approcci. In
particolare sono valutati due aspetti degli approcci analizzati:
- la pre-polarizzazione deve essere uno strumento efficace, che permetta alle armature di tutti i
provini di passivarsi, indipendentemente dal tenore di cloruri aggiunti nel getto;
- la pre-polarizzazione non deve provocare una significativa alterazione dell’interfaccia acciaio-
calcestruzzo.
Pre-polarizzazione potenziostatica. La pre-polarizzazione potenziostatica è stata studiata su una
serie di 6 provini in malta con 1% di cloruri aggiunti nel getto. La composizione della malta è
mostrata in Tab.3.02 e la forma dei provini è illustrata in Fig.3.03. Le armature dei provini sono
state collegate a un potenziostato; come elettrodo di riferimento per la misura del potenziale è stato
utilizzato il filo di titanio attivato (MMO) inglobato nella malta e come controelettrodo è stata
utilizzata la rete di titanio attivato (vedi Fig.3.03). La pre-polarizzazione è cominciata dopo 30
82
minuti dal getto della malta all’interno dei casseri; ossia il tempo necessario per vibrare la malta e
collegare le armature al potenziostato.
Il parametro da definire con questa prova è il potenziale da imporre alle armature per raggiungere le
condizioni di protezione e, quindi, per permettere all’acciaio di passivarsi; per questo motivo, il
potenziale delle armature è stato abbassato progressivamente. La Fig.3.11 mostra la densità di
corrente applicata alle armature, in funzione del potenziale imposto all’acciaio: affinché le armature
siano protette, è necessario che la corrente applicata sia catodica (ossia di segno negativo).
Fig.3.11 - Densità di corrente applicata alle armature pre-polarizzate con modalità potenziostatica,
in funzione del potenziale imposto all’acciaio.
Inizialmente alle armature è stato imposto un valore di tentativo, pari a -300 mV vs MMO, tuttavia
la Fig.12 mostra che, in questo caso, la corrente applicata alle armature è di segno anodico. Dunque,
il potenziale applicato alle armature è stato abbassato fino a -600 mV vs SCE, ma anche in questo
caso solo a 2 dei 6 provini è applicata una corrente catodica. Il potenziale applicato alle armature è
stato ulteriormente abbassato fino a -800 mV vs MMO e, in questo caso, tutte le armature sono state
polarizzate con una densità di corrente catodica variabile tra 5 e 113 mA/m2; questo potenziale è
stato mantenuto costante per tutta la durata della stagionatura.
Sebbene inizialmente all’inizio della stagionatura il massimo valore della densità di corrente
catodica applicata alle armature sia circa 100 mA/m2, nel corso della stagionatura la densità di
corrente varia nel tempo; la variazione della densità di corrente è mostrata in Fig.3.12 (nelle
Fig.3.11 e 3.12, a simbolo uguale corrisponde provino uguale). La figura mostra che la densità di
83
corrente tende ad aumentare nel corso della stagionatura: nella maggior parte dei provini essa varia
tra 200 e 400 mA/m2, tuttavia in un provino essa aumenta fino a quasi 800 mA/m
2.
Fig.3.12 - Variazione della densità di corrente applicata alle armature nel corso della stagionatura.
Questa prova ha permesso di mettere in luce diversi punti critici della pre-polarizzazione
potenziostatica:
- la densità di corrente applicata alle armature è elevata e in alcuni casi può raggiungere un valore
prossimo a 800 mA/m2. Questo fatto potrebbe determinare variazioni microstrutturali (ossia una
maggiore porosità) e chimiche (ossia la riduzione del contenuto di cloruri e un aumento degli ioni
OH-) sulla superficie delle armature, alterando così le condizioni di passivazione delle armature;
- dal momento che la densità di corrente applicata alle armature è molto variabile (probabilmente
anche a causa del fatto che l’elettrodo di riferimento di titanio attivato utilizzato non è perfettamente
stabile, ma può variare di qualche decina di milliVolt), l’alterazione delle condizioni di
passivazione potrebbe essere significativamente diversa in una stessa serie di provini, i quali non
sarebbero più confrontabili tra loro.
Pre-polarizzazione galvanostatica. Visti i problemi connessi con l’utilizzo di una pre-
polarizzazione potenziostatica, si è deciso di passare a una modalità di pre-polarizzazione
galvanostatica, nella quale tutti i provini ricevono la stessa densità di corrente. Nel caso di pre-
polarizzazione galvanostatica il parametro da determinare è la densità di corrente che permette di
portare l’acciaio in condizioni di protezione.
84
Inizialmente è stata effettuata una prova su una serie di 9 provini in malta con 3% di cloruri aggiunti
nel getto. Tramite un galvanostato, a 8 provini è stata applicata una densità di corrente catodica
costante, pari a 10 mA/m2; al provino numero 9 non è stata applicata alcuna corrente, per poter
confrontare il comportamento dell’acciaio pre-polarizzato con quello dell’acciaio non pre-
polarizzato. La Fig.3.13 mostra il potenziale dell’acciaio durante la stagionatura dei provini: il
potenziale delle armature tende a diminuire nelle prime 3 ore dopo al getto, fino a raggiungere un
valore compreso tra -0.54 e -0.48 V vs MMO. In seguito, al procedere della stagionatura, il
potenziale aumenta nel tempo, fino a raggiungere un valore compreso tra -0.42 e -0.37 V vs MMO.
La figura mostra che il potenziale assunto dai provini pre-polarizzati è sempre confrontabile con
quello del provino non pre-polarizzato, dunque la densità di corrente applicata ai provini pre-
polarizzati non ha avuto alcun effetto sul potenziale dell’acciaio inglobato nella malta. Di
conseguenza, questa modalità di pre-polarizzazione è stata inefficace nel prevenire l’innesco della
corrosione durante la stagionatura dei provini; infatti, al termine della stagionatura, i provini
sottoposti a prova potenziostatica a gradini hanno mostrato un comportamento elettrochimico tipico
dell’acciaio attivo. Di conseguenza, si è deciso di aumentare di un ordine di grandezza la densità di
corrente catodica applicata alle armature durante la stagionatura dei provini (da 10 a 100 mA/m2).
Fig.3.13 - Potenziale dell’acciaio in provini pre-polarizzati con una densità di corrente
pari a 10 mA/m2 (P1 → P8) e in un provino non pre-polarizzato (P9).
La modalità di pre-polarizzazione galvanostatica con una densità di corrente pari a 100 mA/m2 è
stata studiata su una serie di 10 provini in calcestruzzo con 3% di cloruri aggiunti nel getto, dei
85
quali 8 sono stati sottoposti a pre-polarizzazione e 2 non sono stati pre-polarizzati (per poter
confrontare il comportamento dell’acciaio pre-polarizzato e non pre-polarizzato). La Fig.3.14
mostra il potenziale dell’acciaio durante la stagionatura dei provini: inizialmente tutte le armature
hanno un potenziale simile, pari a circa -400 mV vs MMO. Nelle prime ore dopo al getto, mentre il
potenziale delle armature non pre-polarizzate diminuisce fino a circa -500 mV vs MMO, il
potenziale delle armature polarizzate diminuisce significativamente fino a un valore compreso tra -
900 e -1000 mV vs MMO. Dopo circa un giorno dal getto il potenziale delle armature aumenta e, al
termine della stagionatura, esso ha un valore compreso tra -600 e -500 mV vs MMO (ossia inferiore
rispetto a quello delle armature dei provini non pre-polarizzati).
Fig.3.14 - Potenziale dell’acciaio in provini pre-polarizzati con una densità di corrente
pari a 100 mA/m2 (P1 → P8) e in 2 provini non pre-polarizzati (P9-P10).
Questa modalità di applicazione della pre-polarizzazione si è dimostrata efficace nell’evitare che
l’aggiunta di cloruri in fase di getto provochi l’innesco della corrosione durante la stagionatura dei
provini in calcestruzzo armato; infatti, come sarà descritto nel Paragrafo 3.3.4, al termine della
stagionatura le armature di questi provini hanno mostrato un comportamento elettrochimico tipico
dell’acciaio passivo.
Oltre ad essere efficace, la modalità di pre-polarizzazione galvanostatica con densità di corrente di
100 mA/m2 non presenta i punti critici che erano stati riscontrati con la pre-polarizzazione
potenziostatica:
86
- salvo un periodo iniziale della durata di circa un giorno (durante il quale il potenziale applicato
alle armature può scendere fino a -1000 mV vs MMO), durante la stagionatura dei provini il
potenziale applicato alle armature è compreso tra -500 e -600 mV vs MMO;
- l’effetto della densità di corrente applicata è simile in tutti i provini soggetti a pre-polarizzazione,
dunque non esistono significative differenze tra i provini di una stessa serie;
- per quanto riguarda la possibile migrazione dei cloruri provocata dalla corrente applicata alle
armature, questo aspetto è analizzato nel dettaglio nel Paragrafo 3.3.6.
Sulla base dei risultati presentati in questo paragrafo, per portare l’acciaio in condizioni di
protezione (e quindi permettere all’acciaio di passivarsi) è stata scelta la modalità di pre-
polarizzazione galvanostatica con densità di corrente 100 mA/m2. Questa modalità è stata applicata
con successo a tutte le prove che hanno permesso di tracciare il diagramma di Pedeferri, anche in
presenza di tenori di cloruri elevati (fino a 5% rispetto alla massa di cemento).
Paragrafo 3.3.4 - Prova potenziostatica a gradini
Per poter tracciare il diagramma di Pedeferri è stato applicato l’approccio mostrato
schematicamente in Fig.3.01: i provini in calcestruzzo armato (che durante la stagionatura del
calcestruzzo sono stati mantenuti in condizione di passività mediante l’applicazione della pre-
polarizzazione) sono stati sottoposti a prova potenziostatica a gradini. Questa prova è consistita
nell’applicazione di gradini di potenziale di durata prefissata e di ampiezza costante.
L’ampiezza e la durata dei gradini di potenziale possono influire su vari aspetti della prova
potenziostatica a gradini, ossia:
1) banalmente, sulla durata della prova. Infatti, l’applicazione di gradini di potenziale più ampi e di
durata minore consente di ridurre significativamente la durata della prova. Indicativamente,
applicando gradini di potenziale di 50 mV ogni ora, la durata della prova è al massimo di 3-4 giorni;
applicando gradini di potenziale di 50 mV ogni 24 ore, la durata della prova può essere superiore a
un mese (ovviamente questi dati sono puramente indicativi, perché la durata della prova dipende
anche dal tenore di cloruri aggiunti nel calcestruzzo; infatti i provini confezionati con un maggiore
tenore di cloruri si innescano prima di quelli confezionati con un tenore di cloruri inferiore);
2) sulla accuratezza con cui può essere tracciato il diagramma di Pedeferri. Infatti, facendo
riferimento alla Fig.3.01, è evidente che utilizzando gradini di ampiezza minore (ossia intervalli di
potenziale più piccoli) è possibile stimare meglio il valore del potenziale che provoca l’innesco
della corrosione. Viceversa, utilizzando gradini di ampiezza maggiore non è possibile stimare con
precisione il valore di Epit;
87
3) sulla densità di corrente applicata ai provini. Questo fatto è importante perché, come è stato
analizzato nel Paragrafo 3.1.2, nelle prove potenziostatiche la densità di corrente applicata ai
provini è il parametro che permette di identificare l’innesco della corrosione. Di conseguenza, al
variare della durata dei gradini di potenziale è necessario modificare il criterio utilizzato per
identificare l’innesco della corrosione;
4) sul potenziale in corrispondenza del quale avviene l’innesco della corrosione.
In questo paragrafo sono presentati, a titolo di esempio, i risultati di una prova effettuata con gradini
di potenziale di 24 ore e di una prova effettuata con gradini di potenziale di un’ora. Tramite questi
grafici è possibile analizzare i primi 3 punti, che riguardano gli aspetti operativi della prova (ossia la
durata della prova e il criterio per identificare l’innesco della corrosione); il punto 4, invece, non
può essere analizzato considerando due singoli risultati, ma è necessario che sia analizzato
considerando l’esito di tutte le prove effettuate; dunque, tale aspetto non è discusso in questo
paragrafo, ma nel Paragrafo 3.4.1. Tutte le prove mostrate in questo paragrafo sono state effettuate
su provini confezionati con la miscela di calcestruzzo (b) riportata in Tab.3.03.
Per quanto riguarda l’ampiezza dei gradini di potenziale, è stato scelto un valore di 50 mV. Infatti,
come sarà mostrato nel Paragrafo 3.4.1, tale ampiezza permette di stimare il valore del potenziale in
corrispondenza del quale si innesca la corrosione con una accuratezza sufficiente a studiare la
variabilità dei risultati. Sebbene siano state effettuate prove preliminari anche con una ampiezza
maggiore, pari a 100 mV, tali prove non avrebbero permesso di studiare la variabilità dei risultati.
Per studiare l’effetto della durata dei gradini di potenziale, sono state effettuate prove con gradini
applicati ogni 24 ore e ogni ora. A titolo di esempio, le Fig.3.15 e 3.16 riportano il potenziale (linea
tratteggiata) e la densità di corrente (linea continua) applicati all’acciaio in funzione del tempo. (La
prova potenziostatica a gradini è cominciata a 7 giorni dal getto, dunque nei grafici t0 = 7 giorni.)
La Fig.3.15 mostra, a titolo di esempio, l’esito di una delle prove effettuate con gradini di 50 mV
ogni 24 ore. Il potenziale è stato incrementato di 50 mV ogni giorno, tranne nei fine settimana
durante i quali il potenziale è stato mantenuto costante. In seguito all’applicazione di ogni
incremento di potenziale, la densità di corrente applicata all’acciaio aumenta istantaneamente di
qualche decina di mA/m2; nel periodo di tempo durante il quale il potenziale è mantenuto costante
la densità di corrente applicata all’acciaio tende a diminuire e, dopo 24 ore dall’applicazione
dell’incremento di potenziale, essa assume un valore pressoché stabile nel tempo. La Fig.3.15
mostra che la densità di corrente ha subìto un incremento netto e improvviso (non provocato da
alcuna variazione del potenziale imposto all’acciaio) nel periodo di tempo durante il quale il
potenziale è stato mantenuto a +50 mV rispetto all’elettrodo ad argento-argento cloruro utilizzato
come elettrodo di riferimento per effettuare la prova potenziostatica. (Tale elettrodo è indicato con
88
la sigla AAC ed ha un potenziale pari a -45 mV vs SCE) Tale incremento è indice dell’avvenuto
innesco della corrosione.
Fig.3.15 - Potenziale (linea tratteggiata) e densità di corrente (linea continua) applicati
all’acciaio durante una prova potenziostatica a gradini di 50 mV ogni 24 ore.
Fig.3.16 - Potenziale (linea tratteggiata) e densità di corrente (linea continua) applicati
all’acciaio durante una prova potenziostatica a gradini di 50 mV ogni ora.
La Fig.3.16 mostra, a titolo di esempio, l’esito di una delle prove effettuate con gradini di 50 mV
applicati ogni ora. La figura mostra alcune analogie e alcune differenze rispetto alla Fig.3.15:
89
innanzitutto, a differenza del caso precedente, in questo caso gli incrementi di potenziale sono
frequenti e la densità di corrente applicata alle armature non può stabilizzarsi nel tempo. Dunque, la
densità di corrente rimane sempre superiore rispetto al caso precedente. Questo fatto causa alcune
differenze rispetto al caso precedente, che saranno analizzate nel seguito di questo paragrafo.
Le Fig.3.15 e 3.16 mostrano che la prova con gradini di potenziale di 24 ore è durata oltre 2
settimane (dal momento dell’inizio della prova potenziostatica a gradini), mentre la prova con
gradini di potenziale di un’ora è durata meno di un giorno. Per questo motivo, le prove con gradini
di 24 ore sono state definite prove di lunga durata, mentre le prove con gradini di un’ora sono state
definite prove di breve durata.
Le Fig.3.17 e 3.18 mostrano le curve di polarizzazione ottenute mediante le prove descritte nelle
Fig.3.15 e 3.16. Le curve sono state costruite selezionando i valori di densità di corrente applicati
alle armature al termine di ogni gradino di potenziale (ossia subito prima dell’applicazione
dell’incremento di potenziale successivo). La Fig.3.17 fa riferimento alla prova di lunga durata: la
figura mostra che, per potenziali inferiori a -200 mV vs AAC, la densità di corrente tende a
stabilizzarsi su valori negativi (gli indicatori bianchi in Fig.3.17), dunque l’acciaio è polarizzato
catodicamente. La curva di polarizzazione catodica dell’acciaio termina in corrispondenza del
potenziale -200 mV vs AAC, dunque è possibile stimare che il potenziale di libera corrosione
dell’acciaio sia compreso tra -200 e -150 mV vs AAC.
Fig.3.17 - Curva di polarizzazione catodica (indicatori bianchi) e anodica (indicatori neri)
dell’acciaio durante una prova potenziostatica con gradini di 50 mV ogni 24 ore.
90
Fig.3.18 - Curva di polarizzazione catodica (indicatori bianchi) e anodica (indicatori neri)
dell’acciaio durante una prova potenziostatica con gradini di 50 mV ogni ora.
Per valori di potenziale superiori a -200 mV vs AAC la densità di corrente si stabilizza su un valore
anodico (gli indicatori neri in Fig.3.17). La figura mostra che, per i valori di potenziale compresi tra
-150 e 0 mV vs AAC, la densità di corrente applicata alle armature è inferiore a 1 mA/m2 e si
mantiene pressoché costante, indipendentemente dal potenziale imposto all’acciaio. Questo
comportamento è tipico dell’acciaio passivo. Quando all’armatura è applicato il potenziale +50 mV
vs AAC, la densità di corrente aumenta di oltre 3 ordini di grandezza e questo comportamento
indica l’innesco della corrosione dell’acciaio. Come mostrato in Fig.3.17, nelle prove di lunga
durata come criterio per l’identificazione dell’innesco della corrosione può essere assunto il
superamento di una densità di corrente limite, pari a 1 mA/m2.
La Fig.3.18 fa riferimento alla prova di breve durata e presenta alcune differenze rispetto alla curva
di polarizzazione mostrata in Fig.3.17: rispetto al caso precedente, il comportamento dell’acciaio
passa da catodico ad anodico in corrispondenza di un potenziale inferiore, compreso tra -300 e -250
mV vs AAC. Per valori di potenziale superiori a -300 mV vs AAC l’acciaio è polarizzato
anodicamente ed esso si mantiene passivo fino a -150 mV vs AAC. Tuttavia, rispetto alla curva di
polarizzazione anodica mostrata in Fig.3.17, la densità di corrente applicata alle armature non
rimane costante, ma aumenta all’aumentare del potenziale dell’acciaio. Inoltre, in Fig.3.18 si
osserva che la densità di corrente applicata alle armature può essere significativamente superiore a 1
mA/m2. Questi fenomeni fanno sì che, nelle prove di breve durata, l’identificazione dell’innesco
della corrosione sia più difficile che nelle prove di lunga durata.
91
Analizzando i risultati di tutte le prove di breve durata effettuate, sono stati sviluppati i seguenti
criteri: l’identificazione dell’innesco può essere effettuata analizzando le Fig.3.16 e 3.18. Nelle
prove di breve durata (ossia nelle prove con gradini di potenziale applicati ogni ora) l’acciaio si
mantiene passivo se la densità di corrente applicata diminuisce nel tempo (come mostrato in
Fig.3.16 per i potenziali inferiori a -100 mV vs AAC) e se, prima dell’applicazione dell’incremento
di potenziale successivo, essa è inferiore a 10 mA/m2; viceversa, l’innesco della corrosione è
avvenuto se la densità di corrente applicata all’acciaio aumenta nel tempo (come mostrato in
Fig.3.16 per il potenziale -100 mV vs AAC) e se avviene il superamento del valore limite di 10
mA/m2.
Paragrafo 3.3.5 - Prova di ponding
Un requisito essenziale della metodologia di prova proposta in questa tesi è che, sebbene essa sia
basata su prove con cloruri aggiunti nel getto, essa deve permettere di ottenere risultati confrontabili
con quelli delle prove con cloruri penetrati. Per questo motivo sono state effettuate prove di
confronto con cloruri penetrati, per verificare se è possibile stabilire una corrispondenza tra i
risultati delle due prove. La metodologia di prova utilizzata per ottenere questi risultati è basata
sull’approccio mostrato schematicamente in Fig.3.19: la prova è stata effettuata su provini
confezionati senza cloruri aggiunti nel getto. Il potenziale delle armature è stato mantenuto fisso
mediante un potenziostato e i cloruri sono stati fatti penetrare nel calcestruzzo fino a provocare
l’innesco della corrosione; come è mostrato in Fig.3.19, la prova è stata effettuata su più serie di
provini, alle quali sono stati imposti potenziali diversi. Ogni serie di provini è costituita da un
numero di elementi sufficiente a studiare la variabilità del risultato. Il risultato ottenuto mediante la
prova con cloruri penetrati è mostrato nel Paragrafo 3.4.2. Nel Paragrafo 3.4.3 sono confrontati il
diagramma di Pedeferri ottenuto mediante la prova con cloruri aggiunti e quello ottenuto mediante
la prova con cloruri penetrati.
Per quanto riguarda gli aspetti operativi della prova, al termine della stagionatura, i provini sono
stati scasserati e immersi in una soluzione contenente 35 g/litro di cloruro di sodio. Il potenziale
delle armature è stato fissato collegando i provini in parallelo a un potenziostato; il potenziale
imposto alle armature è stato mantenuto costante per tutta la durata della prova, ossia fino
all’innesco della corrosione. In modo analogo alle prove con cloruri aggiunti descritte nel Paragrafo
3.3.4, anche nelle prove con cloruri penetrati è necessario definire un criterio per identificare
l’innesco della corrosione.
92
Fig.3.19 - Rappresentazione schematica della procedura sperimentale utilizzata per determinare
le “condizioni critiche” per l’innesco della corrosione mediante prove con cloruri penetrati.
La Fig.3.20 mostra, a titolo di esempio, il diagramma densità di corrente-tempo ottenuto mediante
una prova con cloruri penetrati effettuata su 2 provini confezionati con la miscela di calcestruzzo
(b) mostrata in Tab.3.03. Il potenziale dei provini è stato fissato mediante prova potenziostatica ed è
stato mantenuto costantemente pari a -100 mV vs AAC per tutta la durata della prova. La figura
mostra che, nel provino 1, l’innesco della corrosione è un evento pressoché istantaneo, che avviene
il giorno 101 e provoca un aumento della densità di corrente applicata all’armatura di oltre 3 ordini
di grandezza. Al contrario, nel provino 2, l’innesco della corrosione non avviene in un istante
preciso, ma è un processo graduale che nel caso mostrato in Fig.3.20 dura circa 20 giorni. In questo
periodo la densità di corrente applicata alle armature aumenta fino a circa 10-20 mA/m2, ma non si
osserva un picco della densità di corrente come quello del provino 1. Il fatto che nelle prove con
cloruri penetrati l’innesco possa durare alcune decine di giorni trova riscontro in letteratura, infatti
questo fenomeno è stato osservato e discusso in un lavoro pubblicato di recente [89].
Il comportamento del provino 2 è causa di una certa ambiguità nell’identificazione dell’innesco
della corrosione: infatti non è possibile stabilire se, nel periodo di tempo compreso tra il giorno 130
e il giorno 150, l’acciaio sia attivo o passivo. In questa tesi è stato deciso di trascurare le oscillazioni
della densità di corrente che precedono il picco anodico; per questo motivo come criterio per
identificare l’innesco della corrosione è stata scelta una densità di corrente relativamente elevata,
pari a 50 mA/m2.
Infine, in seguito all’innesco della corrosione, i provini sono stati prelevati dalla soluzione e sono
stati rotti in due metà per verificare la presenza di prodotti di corrosione sulle armature. Da ogni
provino sono stati prelevati dei campioni di materiale per la misura del tenore di cloruri nel
93
calcestruzzo al momento dell’innesco; le modalità di campionamento e di analisi sono descritte nel
Paragrafo 3.3.1.
Fig.3.20 - Densità di corrente applicata a una due provini polarizzati a -100 mV vs AAC.
Paragrafo 3.3.6 - Trasporto di cloruri
Uno dei principali vantaggi della metodologia proposta è legato al fatto che, tramite l’aggiunta di
cloruri in fase di getto, è possibile controllare la quantità di cloruri presente nel calcestruzzo.
Rispetto alle prove che prevedono la penetrazione dei cloruri, non è quindi necessario campionare e
misurare i cloruri presenti sulla superficie dell’armatura al momento dell’innesco (con i conseguenti
problemi descritti nel Paragrafo 3.1.3). Tuttavia, durante la prova la distribuzione dei cloruri nel
copriferro dei provini può essere modificata rispetto a quella (uniforme) iniziale. Per questo motivo
è stato necessario individuare i possibili fenomeni di trasporto che possono manifestarsi nel corso
della prova e, tramite prove specifiche, valutare il loro effetto sul tenore di cloruri nel calcestruzzo.
I fenomeni di trasporto che possono manifestarsi durante la prova con cloruri aggiunti sono
analizzati schematicamente in Tab.3.05: nella prima colonna sono elencate tutte le fasi della prova;
nella seconda e terza colonna sono indicati i fenomeni di trasporto che possono avvenire in ogni
fase (il simbolo “←O→” indica che i cloruri possono essere allontanati dall’armatura, il simbolo
“→O←” indica che i cloruri possono essere trasportati verso l’armatura); la quarta colonna indica
se il fenomeno di trasporto coinvolge solo i cloruri sulla superficie dell’armatura o tutti i cloruri
nella massa del provino.
94
Al momento del getto, il tenore di cloruri nel calcestruzzo è noto e i cloruri sono distribuiti
omogeneamente nel calcestruzzo. Durante la stagionatura dei provini, alle armature è applicata una
pre-polarizzazione catodica; dal momento che, come è stato discusso nel Paragrafo 3.3.3, la pre-
polarizzazione consiste nell’applicare alle armature una densità di corrente catodica, è possibile che
tale corrente provochi un allontanamento dei cloruri dalla superficie delle armature. Come è
spiegato nel Paragrafo 3.3.1, al termine della stagionatura i provini sono immersi in una soluzione
satura di idrossido di calcio e le armature sono polarizzate tramite un potenziostato. L’immersione
dei provini in soluzione può provocare il progressivo dilavamento dei cloruri contenuti nel
calcestruzzo; inoltre è possibile che la corrente erogata dal potenziostato durante la prova
potenziostatica provochi la migrazione dei cloruri verso l’armatura (nel caso in cui la corrente sia
anodica) o l’allontanamento dei cloruri (nel caso in cui la corrente sia catodica). Infine, come è stato
discusso nel Paragrafo 3.3.4, l’innesco della corrosione è sempre associato a un significativo
aumento della densità di corrente applicata alle armature e questo fatto può provocare la migrazione
dei cloruri verso l’armatura.
Tab.3.05 - Fenomeni di trasporto che possono manifestarsi nel corso di una prova potenziostatica.
Fasi della prova Trasporto per
diffusione
Trasporto per
migrazione Area coinvolta Note
Getto - - - -
Stagionatura e
pre-polarizzazione - ←O→
Superficie
delle armature
Applicazione di una
corrente catodica
costante
Immersione e pro-
va potenziosatica ←O→
→O←
←O→
Massa del
provino +
superficie
delle armature
Immersione in
Ca(OH)2 saturo e
applicazione di una
piccola corrente
Dopo l’innesco
della corrosione - →O←
Superficie
delle armature
Aumento della
corrente applicata
Anche nelle prove tradizionali con cloruri penetrati possono avvenire diversi fenomeni di trasporto.
Esse prevedono che i cloruri penetrino nel calcestruzzo fino a provocare l’innesco della corrosione;
dunque, in questo caso la diffusione dei cloruri è una caratteristica fondamentale della prova (e non
un effetto indesiderato, come invece nel caso precedente). Tuttavia, dal momento che anche nelle
prove con cloruri penetrati le armature sono polarizzate tramite un potenziostato, è possibile che si
95
manifestino altri fenomeni di trasporto oltre alla diffusione dei cloruri: i fenomeni di trasporto che
possono manifestarsi nel corso della prova con cloruri penetrati sono mostrati in Tab.3.06. I provini
sono confezionati senza cloruri aggiunti nel getto e, come è spiegato nel Paragrafo 3.3.5, al termine
della stagionatura essi sono immersi in una soluzione salina e il loro potenziale è fissato tramite un
potenziostato. In questa fase della prova i cloruri penetrano nel calcestruzzo per diffusione; inoltre,
in questa fase è possibile che la corrente erogata dal potenziostato acceleri o rallenti la penetrazione
dei cloruri (a seconda che essa sia anodica o catodica). Infine, in modo analogo a ciò che avviene
nei provini con cloruri aggiunti, l’innesco della corrosione può provocare la migrazione dei cloruri
verso l’armatura.
Tab.3.06 - Fenomeni di trasporto che possono manifestarsi nel corso di una prova potenziostatica.
Fasi della prova Trasporto per
diffusione
Trasporto per
migrazione Area coinvolta Note
Getto e stagiona-
tura - - - -
Immersione e pro-
va potenziosatica →O←
→O←
←O→
Massa del
provino +
superficie
delle armature
Immersione in
Ca(OH)2 saturo e
applicazione di una
piccola corrente
Dopo l’innesco
della corrosione - →O←
Superficie
delle armature
Applicazione di una
intensa corrente
In questo paragrafo inizialmente è analizzato il problema del dilavamento che si può manifestare
quando i provini confezionati con l’aggiunta di cloruri sono immersi in soluzione; questo problema
è stato studiato sia sui provini armati sottoposti a prova potenziostatica a gradini, sia mediante prove
specifiche effettuate su provini appositamente confezionati, denominate prove di dilavamento
controllato. In seguito è analizzato il problema della migrazione nelle prove con cloruri aggiunti nel
getto e nelle prove con cloruri penetrati.
Dilavamento dei cloruri. Inizialmente sono presentati i risultati delle prove di dilavamento
controllato, le quali sono state effettuate come descritto nel Paragrafo 3.3.1. Per valutare l’effetto
del dilavamento su materiali diversi, le prove sono state effettuate sia su provini confezionati con la
miscela di calcestruzzo (a) riportata in Tab.3.03, sia su provini in boiacca cementizia confezionati
con la miscela riportata in Tab.3.04. Sia il calcestruzzo che la boiacca sono stati confezionati con
96
2% di cloruri aggiunti. Per quanto riguarda i nomi dei provini, la prima lettera indica il materiale
(boiacca o calcestruzzo) il primo numero indica i giorni di stagionatura e il secondo numero indica i
giorni di immersione.
La Fig.3.21 mostra che la concentrazione di cloruri nell’acqua in cui sono immersi i provini
aumenta in funzione del tempo di immersione. I cloruri dilavati dai provini di boiacca cementizia
sono significativamente maggiori rispetto a quelli dilavati dai provini di calcestruzzo perché, dal
momento che la boiacca è costituita esclusivamente da pasta cementizia, a parità di contenuto
percentuale di cloruri (rispetto alla massa di cemento, ossia 2%) i provini di boiacca contengono
una massa di cloruri significativamente maggiore rispetto ai provini di calcestruzzo.
Fig.3.21 - Concentrazione di cloruri nell’acqua in cui sono immersi i provini
sottoposti a prove di dilavamento controllato.
La Fig.3.21 mostra che, all’aumentare del tempo di stagionatura, la concentrazione di cloruri in
soluzione diminuisce: infatti, la concentrazione di cloruri nell’acqua in cui sono immersi i provini
stagionati 1 giorno (indicatori bianchi) è sistematicamente superiore rispetto a quella dell’acqua in
cui sono immersi i provini stagionati 8 giorni (indicatori neri). Dunque, il fenomeno del
dilavamento è contrastato dall’aumento del tempo di stagionatura.
Viceversa, nelle condizioni di prova considerate in questo lavoro, il dilavamento non dipende dal
volume di acqua in cui sono immersi i provini: confrontando i risultati ottenuti dal provino in
calcestruzzo C 1+7 (1:1), immerso in una quantità di acqua pari alla massa del provino, e dal
provino in calcestruzzo C 1+7 (1:1.5), immerso in una quantità di acqua pari a 1.5 volte la massa
97
del provino, si osserva che nel secondo caso la concentrazione di cloruri in soluzione è inferiore.
Tuttavia, la massa di cloruri presente nella soluzione è simile, ossia 1.0 g per il provino (1:1) e 0.9 g
per il provino (1:1.5).
Dunque, queste prove hanno permesso di determinare che l’entità del dilavamento dipende dal
tempo di immersione dei provini, mentre il volume della soluzione è sufficientemente elevato da
non influenzare i risultati.
La Fig.3.22 mostra i profili di cloruri misurati sui provini sottoposti a dilavamento controllato e sui
provini di controllo. I grafici di Fig.3.22 mostrano che nei provini di boiacca il dilavamento si
verifica nei 10-15 mm più esterni. A profondità maggiori di 15 mm il contenuto di cloruri è pari a
1.8% rispetto alla massa di cemento. Questo dato è circa 10% inferiore rispetto al tenore di cloruri
aggiunti in fase di getto (ossia 2.0%); questo risultato non può essere dovuto alla variabilità
statistica della grandezza misurata, poiché esso è misurato in modo sistematico in tutti i provini
analizzati, né al dilavamento dei cloruri, perché è stato misurato anche nel provino di controllo non
sottoposto a dilavamento. È possibile ipotizzare che questo scarto sia dovuto a un errore nel calcolo
della percentuale di cloruri rispetto alla massa di cemento a partire dalla concentrazione di cloruri
nella soluzione titolata: infatti, inizialmente è stato calcolato il tenore di cloruri rispetto alla massa
del campione, semplicemente dividendo la massa dei cloruri, misurata mediante titolazione, per la
massa del campione essiccato. In seguito, il tenore di cloruri rispetto alla massa di cemento è stato
calcolato applicando un fattore moltiplicativo, che dipende dalla composizione del campione (ossia
dalla quantità di cemento presente nel campione). Dal momento che la massa di cemento nel
campione non è nota, essa è stata stimata ipotizzando che il campione analizzato sia costituito da
cemento, acqua e aggregati in proporzioni pari a quelle mostrate in Tab.3.03 per il calcestruzzo e in
Tab.3.04 per la boiacca cementizia. Tuttavia è necessario tenere conto del fatto che questo fattore
può essere fonte di errore se il campione non è costituito da queste proporzioni: ad esempio a causa
di un errore nella stima dell’umidità del campione (la quale ne influenza la massa).
Anche nei provini di calcestruzzo il dilavamento si produce solo nei 15 mm più esterni. Il contenuto
iniziale di cloruri negli strati più interni può variare da 1.8% a 2.1% rispetto alla massa di cemento.
La maggiore variabilità di questo dato rispetto ai provini di boiacca può derivare da una maggiore
eterogeneità del materiale analizzato. Infatti, la presenza di aggregati complica il calcolo della
percentuale di cloruri rispetto alla massa di cemento.
98
Fig.3.22 - Profili di cloruri nei provini sottoposti a prove di dilavamento controllato.
99
Dall’osservazione dei profili mostrati in Fig.3.22 emerge che, in tutti i provini analizzati, la
differenza tra il contenuto di cloruri misurato a una profondità superiore a 15 mm e il contenuto di
cloruri aggiunto in fase di getto (ossia 2% rispetto alla massa di cemento) è al massimo 10% (ossia
0.2% rispetto alla massa di cemento). Dunque, con un tempo di immersione di 7 giorni, il fenomeno
del dilavamento è trascurabile in provini in cui lo spessore di copriferro è superiore a 15 mm. Nella
procedura di prova proposta, che prevede i gradini potenziostatici di durata di 1 h, la durata
complessiva della prova è in genere dell’ordine di 3-4 giorni e lo spessore di copriferro è di 25 mm
(Paragrafo 3.3.1). Si può quindi ragionevolmente ritenere che gli effetti di dilavamento siano
trascurabili.
Viceversa, le prove potenziostatiche con gradini di potenziale applicati ogni 24 ore possono durare
molto più di 7 giorni e, quindi gli effetti del dilavamento potrebbero essere non più trascurabili. Per
verificare questo effetto, al termine delle prove è stato misurato il contenuto di cloruri nel
calcestruzzo. Le misure sono state effettuate secondo le modalità descritte nel Paragrafo 3.3.1, ossia
prelevando 2 campioni dalla superficie delle armature (come mostrato in Fig.3.04, il campione 1 è
stato prelevato esattamente sulla superficie delle armature; il campione 2 è stato prelevato nella
massa del calcestruzzo dietro al campione 1) e 5 campioni nella massa del calcestruzzo (a
profondità comprese tra 0 e 25 mm). Le prove sono state effettuate su provini realizzati con la
miscela di calcestruzzo (b) riportata in Tab.3.03 e confezionati con diversi tenori di cloruri aggiunto
nel getto, fino a 5% rispetto alla massa di cemento. Per ogni tenore di cloruri sono stati analizzati 2
provini.
La Fig.3.23 mostra, a titolo di esempio, il profilo di cloruri misurato su 2 provini con 5% di cloruri
aggiunti in fase di getto. I punti a sinistra della linea tratteggiata verticale mostrano i contenuti di
cloruri misurati nella massa del calcestruzzo; i punti a destra mostrano i contenuti di cloruri misurati
sulla superficie delle armature. La figura mostra che:
- a qualunque profondità, il tenore di cloruri nel calcestruzzo è significativamente inferiore rispetto
a quello aggiunto nel getto;
- il tenore di cloruri è più elevato nei campioni prelevati dalla superficie delle armature ed è minimo
nei campioni prelevati dallo strato più esterno dei provini;
- per quanto riguarda la variabilità del tenore di cloruri nei 2 provini analizzati, essa è elevata (ossia
superiore a 1% rispetto alla massa di cemento) solo nei campioni prelevati direttamente dalla
superficie delle armature, mentre negli altri campioni essa è minore.
100
Fig.3.23 - Profilo di cloruri misurato su 2 provini con 5% di cloruri aggiunti in fase di getto
sottoposti a prova potenziostatica di lunga durata.
Queste misure hanno permesso di dimostrare che, nelle prove potenziostatiche di lunga durata, è
possibile che il dilavamento dei cloruri contenuti nel calcestruzzo arrivi fino alla profondità delle
armature.
Questo fatto pone dei limiti all’utilizzo di prove di lunga durata: infatti, i risultati di queste prove
dovranno essere corretti per tenere conto dell’effettivo tenore di cloruri sulla superficie delle
armature al momento dell’innesco della corrosione.
Inoltre le prove effettuate hanno permesso di determinare che nei campioni di materiale prelevati
sulla superficie delle armature (ossia il campione denominato G1 in Fig.3.23) il tenore di cloruri
può essere molto variabile e diverso da quello misurato nei campioni di materiale prelevati dalla
massa del calcestruzzo vicino alle armature (ossia i campioni denominati G2 e T1). Per analizzare
questo aspetto in modo più approfondito, le stesse misure presentate in Fig.3.23 sono state effettuate
su provini confezionati con altri tenori di cloruri.
La Fig.3.24 mostra i profili di cloruri misurati su provini confezionati con 4 diversi tenori di cloruri;
ognuno dei profili mostrati in Fig.3.24 è ottenuto come media dei profili misurati su 2 provini. (Per
poter confrontare i profili ottenuti da provini confezionati con diversi tenori di cloruri, i risultati
sono stati normalizzati rispetto al tenore di cloruri aggiunti.) La figura mostra che l’effetto del
dilavamento aumenta nei provini confezionati con un tenore di cloruri maggiore. Inoltre, la figura
mostra che, mentre il tenore di cloruri misurato nei campioni prelevati sulla superficie delle
armature (ossia il campione G1 mostrato in Fig.3.04) varia in modo non sistematico in funzione del
101
tenore di cloruri aggiunti, il tenore di cloruri misurato nei campioni prelevati vicino alla superficie
dell’armatura (ossia i campioni T1 e G2) diminuisce in modo sistematico all’aumentare del tenore
di cloruri aggiunti.
Infine, la Fig.3.24 mostra che il tenore di cloruri misurato nei campioni T1 e G2 è simile, mentre il
tenore di cloruri misurato nel campione G1 può essere molto superiore o molto inferiore rispetto
agli altri due campioni.
Fig.3.24 - Profili di cloruri misurati su provini confezionati con diversi tenori di cloruri aggiunti nel
getto sottoposti a prove potenziostatiche di lunga durata.
Queste osservazioni hanno permesso di determinare che, sebbene il campione G1 sia stato prelevato
sulla superficie delle armature, esso non è rappresentativo del contenuto di cloruri che ha provocato
l’innesco della corrosione: infatti, è possibile che la misura del tenore di cloruri in questo campione
sia falsata da alcuni “effetti di bordo”, come ad esempio:
- una maggiore quantità di pasta cementizia, che provoca un errore nella stima della massa di
cemento. Dal momento che il tenore di cloruri è espresso come percentuale rispetto alla massa di
cemento, un errore nella stima di questa quantità può provocare una sovrastima del tenore di cloruri;
- la migrazione dei cloruri per effetto della polarizzazione applicata alle armature (questo aspetto
sarà analizzato nel seguito di questo paragrafo).
Per questo motivo, il campione G2 (ossia quello prelevato nella massa di calcestruzzo dietro al
campione G1) è stato considerato più rappresentativo del contenuto di cloruri al momento
dell’innesco della corrosione.
102
Migrazione dei cloruri. Oltre all’effetto del dilavamento è stato studiato anche l’effetto della
migrazione dei cloruri; questo fenomeno può manifestarsi sia sui provini con cloruri aggiunti
sottoposti a prova potenziostatica a gradini, sia sui provini senza cloruri aggiunti sottoposti a prova
potenziostatica con cloruri penetrati. In questo paragrafo, inizialmente sono presentati i risultati
delle misure che hanno permesso di verificare se, nei provini con cloruri aggiunti, la migrazione dei
cloruri provochi una significativa variazione del tenore di cloruri sulla superficie delle armature. In
seguito sono analizzati i risultati delle misure effettuate sui provini con cloruri penetrati.
Per quanto riguarda la migrazione dei cloruri nelle prove con cloruri aggiunti, essa è stata studiata
su una serie di provini confezionati con la miscela di calcestruzzo (b) mostrata in Tab.3.03 con 2%
di cloruri aggiunti. Questa serie di provini è stata sottoposta a prove di breve durata: infatti, sulla
base dei risultati presentati in precedenza, nelle prove di breve durata il tenore di cloruri nel
calcestruzzo a contatto con le armature non è affetto dal problema del dilavamento (il tempo di
immersione dei provini è inferiore a 7 giorni), dunque è possibile studiare il solo effetto della
migrazione.
Per studiare l’effetto della migrazione durante la fase di pre-polarizzazione e durante la prova
potenziostatica a gradini, sono state analizzate tutte le 4 combinazioni possibili (provini con e senza
pre-polarizzazione; provini con e senza prova potenziostatica a gradini). Le misure sono state
effettuate sia su un campione di materiale prelevato dalla superficie delle armature (ossia il
campione G1 mostrato in Fig.3.04), sia su un campione prelevato nella massa del calcestruzzo
dietro al primo campione (ossia il campione T1 mostrato in Fig.3.04). I risultati delle misure sono
mostrati in Tab.3.07 (il risultato riportato in tabella mostra la media delle misure effettuate sui 2
provini).
In media, nei provini non pre-polarizzati e non sottoposti a prova potenziostatica, il tenore di cloruri
sulla superficie delle armature (campione G1) è pari a 3.26%, ossia esso è circa 60% superiore
rispetto al tenore di cloruri aggiunti nel getto. Nel campione prelevato dalla massa del calcestruzzo
(campione T1) in media il tenore di cloruri è pari a 1.77%, ossia circa 10% inferiore rispetto al
tenore di cloruri aggiunti nel getto. Questa misura conferma che, anche in assenza di qualunque
fenomeno di trasporto, comunque il tenore di cloruri misurato nel campione G1 è significativamente
diverso rispetto al tenore di cloruri aggiunti nel getto; di conseguenza, questa misura conferma che
il campione di materiale prelevato sulla superficie delle armature è inadatto a rappresentare il tenore
di cloruri nella massa del calcestruzzo, a causa del maggiore contenuto di pasta cementizia di questo
campione di materiale, che provoca un errore nella stima della massa di cemento. Al contrario, a
103
meno di uno scarto di circa 10%, il tenore di cloruri nel campione prelevato nella massa del
calcestruzzo è pari al tenore di cloruri aggiunti.
Tab.3.07 - Contenuto di cloruri misurato su provini con 2% di cloruri aggiunti in funzione
della presenza della pre-polarizzazione e della prova potenziostatica.
Pre-
polarizzazione
Prova
potenziostatica
Cloruri
aggiunti
Posizione del
campionamento
Cloruri misurati
(in media, %)
Misurati vs
aggiunti (media)
No No 2% G1 3.26% +63%
T1 1.77% -11%
Sì No 2% G1 2.84% +42%
T1 1.44% -28%
No Sì 2% G1 3.11% +56%
T1 1.58% -21%
Sì Sì 2% G1 4.00% +100%
T1 1.79% -11%
Sì Sì 1% G1 1.60% +60%
T5 0.86% -14%
Nei provini pre-polarizzati, ma non sottoposti a prova potenziostatica, il tenore di cloruri nel
campione T1 è inferiore di circa 20% rispetto al tenore di cloruri misurato nei provini non pre-
polarizzati. Di conseguenza, è possibile che la pre-polarizzazione provochi un allontanamento dei
cloruri dalle armature e che, al termine della fase di pre-polarizzazione, il contenuto di cloruri sulla
superficie delle armature sia leggermente inferiore rispetto al tenore di cloruri aggiunti. (Infatti,
l’effetto della polarizzazione sul contenuto di cloruri dipende dal verso della corrente: in presenza di
una corrente catodica, i cloruri tendono ad allontanarsi dall’armatura, e viceversa.) Questo fatto non
esclude la possibilità di applicare la pre-polarizzazione per due motivi: innanzitutto uno scarto di
circa 20%, sebbene non sia trascurabile, può comunque essere considerato accettabile (tenendo
conto anche dell’elevata variabilità delle misure del tenore di cloruri); in secondo luogo, per la
costruzione del diagramma di Pedeferri non è necessario che al termine della pre-polarizzazione il
contenuto di cloruri nel calcestruzzo sia pari al tenore di cloruri aggiunti, ma bensì è necessario che
lo sia al momento dell’innesco della corrosione.
Nei provini non pre-polarizzati, ma sottoposti a prova potenziostatica, il tenore di cloruri misurato
nel campione T1 è simile, a meno di uno scarto di circa 10%, al tenore di cloruri nei provini non
pre-polarizzati e non sottoposti a prova potenziostatica. Dunque, nei provini con cloruri aggiunti, se
la prova potenziostatica è interrotta tempestivamente nel momento in cui si innesca la corrosione,
essa non provoca una significativa migrazione dei cloruri.
104
Infine, nei provini pre-polarizzati e sottoposti a prova potenziostatica, il tenore di cloruri nel
campione T1 è praticamente uguale al tenore di cloruri nei provini non pre-polarizzati e non
polarizzati. Questo risultato è importante perché dimostra che al termine della prova potenziostatica
a gradini (ossia nel momento in cui si innesca la corrosione) il tenore di cloruri nel calcestruzzo è
praticamente uguale al contenuto di cloruri aggiunti al getto.
Per conferma, queste prove sono state effettuate anche su 2 provini confezionati con 1% di cloruri
aggiunti, che hanno confermato i risultati sopra citati (vedi Tab.3.07).
Per quanto riguarda le prove con cloruri penetrati, la misura del tenore di cloruri nel calcestruzzo è
fondamentale per poter tracciare il diagramma di Pedeferri; dunque, il tenore di cloruri è stato
misurato su tutti i provini sottoposti a prova potenziostatica. Il contenuto di cloruri nel calcestruzzo
è stato misurato sia sulla superficie delle armature (ossia nel campione G1 mostrato in Fig.3.04), sia
nella massa del calcestruzzo dietro al primo campione (ossia nel campione T1). I tenori di cloruri
misurati sono riportati in Tab.3.08: la tabella mostra che, in alcuni casi, il tenore di cloruri misurato
nel campione G1 è estremamente elevato; infatti, in alcuni provini esso è superiore a 10% rispetto
alla massa di cemento. Tali valori non possono rappresentare il tenore critico di cloruri per l’acciaio
nel calcestruzzo, perché essi non trovano alcun riscontro in letteratura. Il motivo per cui sono stati
misurati è che, come è stato discusso nel Paragrafo 3.3.5, nelle prove con cloruri penetrati l’innesco
della corrosione è un processo graduale che può durare alcune decine di giorni e, durante questo
periodo, alle armature è stata applicata una corrente dell’ordine di 10-20 mA/m2. Inoltre, al termine
di questo periodo transitorio, la densità di corrente applicata ai provini ha subìto un picco anodico
ed è aumenta di 3 o 4 ordini di grandezza. Dal momento che in alcuni casi la prova non è stata
interrotta tempestivamente in seguito all’aumento della densità di corrente (in media il tempo
intercorso tra l’innesco della corrosione e l’interruzione della prova è di 3.9 giorni), tale corrente ha
provocato la migrazione dei cloruri verso l’armatura.
Per confermare tale affermazione è stata calcolata la carica circolata nel tempo intercorso tra
l’innesco della corrosione e l’interruzione della prova. La carica circolata (C/m2) è stata stimata
semplicemente moltiplicando la massima corrente misurata in seguito all’innesco della corrosione
(A/m2) per il tempo intercorso tra l’innesco della corrosione e il termine della prova (s). La Fig.3.25
mostra che, effettivamente, il contenuto di cloruri nel campione G1 mostra una approssimativa
dipendenza dalla carica circolata, dunque esso dipende dalla densità di corrente applicata alle
armature dopo l’innesco della corrosione e non rappresenta il tenore di cloruri che ha provocato
l’innesco della corrosione.
105
Tab.3.08 - Tenori di cloruri misurati in seguito all’innesco della corrosione nei provini
soggetti a prova potenziostatica con cloruri penetrati.
Provino
numero
Cloruri misurati nel
campione G1 (%)
Cloruri misurati nel
campione T1 (%)
P1 0.7% 0.5%
P2 2.0% 0.7%
P3 1.5% 0.8%
P4 6.5% 4.4%
P5 9.3% 2.3%
P6 1.6% 1.0%
P7 2.3% 1.0%
P8 4.9% 3.0%
P9 12.6% 4.2%
P10 11.2% 3.9%
P11 2.0% 1.4%
P12 7.4% 2.7%
P13 13.4% 2.8%
P14* 14.8% 2.7%
P15* 15.2% 3.0%
*Per questi provini la prova è stata interrotta prima dell’innesco della corrosione.
Questo fatto pone un limite all’applicabilità delle prove potenziostatiche con cloruri penetrati;
infatti non solo esse sono molto onerose in termini di tempo, ma richiedono anche un frequente
monitoraggio al fine di interrompere immediatamente la prova in seguito all’innesco della
corrosione.
Invece, in base ai risultati delle prove presentati in questo paragrafo, il tenore di cloruri misurati
nella massa di calcestruzzo dietro al campione G1 è considerato rappresentativo del contenuto di
cloruri nel calcestruzzo al momento dell’innesco della corrosione. Di conseguenza, per tracciare il
diagramma di Pedeferri che sarà mostrato nel Paragrafo 3.4.2 sono stati utilizzati questi valori, che
sono riportati nell’ultima colonna di Tab.3.08.
106
Fig.3.25 - Tenore di cloruri misurato nel campione prelevato sulla superficie delle armature
in funzione della carica circolata in seguito all’innesco della corrosione.
Paragrafo 3.3.7 - Variabilità
Come mostrato in Fig.3.01, per poter utilizzare i risultati della prova potenziostatica a gradini per
tracciare il diagramma di Pedeferri, è necessario che le prove siano effettuate su più serie di provini,
confezionate con diversi tenori di cloruri aggiunti nel getto. In modo analogo, come mostrato in
Fig.3.19, anche le prove potenziostatiche con cloruri penetrati devono essere effettuate su più serie
di provini, alle quali siano imposti potenziali diversi. Inoltre, è necessario che ogni serie di provini
sia costituita da un numero di elementi sufficiente a valutare la variabilità del risultato delle prove.
Per quanto riguarda le prove con cloruri aggiunti, si è ritenuto necessario effettuare la prova
potenziostatica a gradini su 4 serie di provini, confezionate con diversi tenori di cloruri aggiunti nel
getto. Visto l’onere connesso con l’esecuzione delle prove, si è ritenuto sufficiente che ogni serie
fosse costituita da 8 provini. A titolo di esempio, la Fig.3.26 mostra le 8 curve di polarizzazione
ottenute da una serie di provini confezionati con 2% di cloruri aggiunti e sottoposti a una prova
potenziostatica a gradini di breve durata.
In questa tesi sono stati tracciati due diagrammi di Pedeferri: il primo è stato ottenuto applicando la
prova potenziostatica a gradini di 50 mV ogni ora; il secondo è stato ottenuto applicando la prova
potenziostatica a gradini di 50 mV ogni 24 ore. Per poter tracciare il diagramma di Pedeferri è stato
necessario valutare il potenziale in corrispondenza del quale si è innescata la corrosione, applicando
i criteri per l’identificazione dell’innesco descritti nel Paragrafo 3.3.4. A titolo di esempio, in
107
Tab.3.09 sono riportati i valori ricavati dall’analisi delle curve di polarizzazione mostrate in
Fig.3.26.
Fig.3.26 - Esempio di prova potenziostatica con gradini di 50 mV ogni ora applicata a una serie
di 8 provini con 2% di cloruri aggiunti nel getto.
Gli andamenti anomali, come ad esempio quello mostrato dal provino 5, sono stati scartati. Sono
stati considerati accettabili solo i valori misurati sui provini in cui l’osservazione visiva delle
armature (effettuata al termine delle prove) ha confermato la presenza di corrosione per pitting.
Viceversa, sono stati scartati i valori dei provini in cui:
- si è innescata la corrosione sotto allo strato di materiale isolante applicato alle estremità delle
armature (vedi Fig.3.03). Tale forma di corrosione, detta corrosione in fessura, porta ad
interrompere la prova prima che si sia innescata la corrosione per pitting; dunque, i dati ricavati dai
provini in cui si è innescata questa forma di corrosione devono essere scartati perché rappresentano
una sottostima della reale resistenza alla corrosione dell’acciaio. Nelle prove effettuate, i provini in
cui si è innescata la corrosione in fessura sono al massimo 2 per serie;
- la corrosione non si è innescata e la prova potenziostatica a gradini è stata interrotta quando
l’acciaio ha raggiunto la condizione di transpassività.
Il fatto che in alcuni provini la corrosione non si sia innescata ha reso impossibile il calcolo del
valore medio e della deviazione standard del potenziale di pitting, perché alcuni dati non sono
accettabili. Per questo motivo è stato impossibile calcolare il valore caratteristico del potenziale di
pitting ed è stato deciso di considerare il valore minimo di questo parametro.
108
Tab.3.09 - Valori di potenziale in corrispondenza dei quali si è innescata la corrosione nei provini
con 2% di cloruri aggiunti sottoposti a prova potenziostatica a gradini di 50 mV ogni ora.
P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8
-150 -150 -150 +250 - (corrosione in fessura) 0 -250 -150
Per quanto riguarda le prove con cloruri penetrati, esse sono state applicate a 3 serie di provini,
ognuna delle quali costituita da 5 elementi.
Anche per quanto riguarda la prova con cloruri aggiunti esistono dei dati non accettabili, perché la
prova è stata interrotta dopo circa 200 giorni, sebbene alcuni provini fossero ancora passivi. Per
questo motivo, anche in questo caso è stato impossibile calcolare il valore medio e la deviazione
standard del risultato, dunque è stato considerato semplicemente il valore minimo.
Paragrafo 3.4 - Diagramma di Pedeferri
In questo paragrafo i risultati della metodologia proposta, basata sull’esecuzione di prove
potenziostatiche a gradini su provini con cloruri aggiunti nel getto, sono presentati e confrontati con
i risultati di una prova potenziostatica con cloruri penetrati. In base al confronto dei risultati delle
due prove, al termine di questo paragrafo è discusso se (e con quali limiti) i risultati ottenuti
applicando la prova potenziostatica a gradini possono essere considerati rappresentativi del reale
comportamento dell’acciaio nel calcestruzzo, ossia se tali risultati rappresentino il diagramma di
Pedeferri relativo alle condizioni di prova analizzate.
3.4.1 - Prove con cloruri aggiunti
La prova potenziostatica a gradini è stata effettuata sia applicando alle armature dei gradini di
potenziale di 50 mV ogni 24 ore (tale prove è denominata prova di lunga durata), sia applicando
dei gradini di 50 mV ogni ora (prova di breve durata). La prova di lunga durata è stata applicata a
quattro serie di provini, confezionate con tenori di cloruri pari a 1, 2, 3 e 5% rispetto alla massa di
cemento, mentre la prova di breve durata è stata applicata a quattro serie di provini, confezionate
con 1, 1.5, 2 e 3% di cloruri aggiunti nel getto. Tutte le prove sono state effettuate su provini
confezionati con la miscela di calcestruzzo (b) riportata in Tab.3.03.
La Fig.3.27 mostra i potenziali in corrispondenza dei quali è avvenuto l’innesco della corrosione per
pitting, misurati mediante prova di lunga durata. Gli indicatori bianchi indicano i valori misurati sui
109
singoli provini e le due linee tratteggiate delimitano l’intervallo di variazione dei risultati. La figura
mostra che in nessuno dei provini con 1% di cloruri aggiunti è avvenuto l’innesco della corrosione
per pitting: in tutti i provini di questa serie la prova potenziostatica a gradini è terminata in
corrispondenza del potenziale +600 mV va AAC, in corrispondenza del quale l’acciaio raggiunge
una condizione di sviluppo di ossigeno (vedi Paragrafo 1.1), senza che nei provini si inneschi la
corrosione per pitting (in Fig.3.27 questi provini sono indicati con il simbolo di colore nero).
Fig.3.27 - Risultato delle prove di lunga durata, in funzione del tenore di cloruri aggiunti nel getto.
Per tenori di cloruri superiori a 1%, tutti i provini si sono innescati nel corso della prova: nei provini
con 2% di cloruri aggiunti il potenziale in corrispondenza del quale avviene l’innesco della
corrosione è relativamente elevato; infatti il suo valore minimo è pari a -50 mV vs AAC. In questa
serie di provini l’intervallo di variazione del potenziale, ossia la differenza tra il valore massimo e il
valore minimo, è elevato, infatti esso è pari a 550 mV. La Fig.3.27 mostra che, all’aumentare del
tenore di cloruri aggiunti nel getto, diminuiscono sia i valori di potenziale in corrispondenza dei
quali avviene l’innesco della corrosione, sia l’intervallo di variazione del potenziale. Nei provini
con 5% di cloruri aggiunti il valore minimo del potenziale è pari a -450 mV vs SCE e l’intervallo di
variazione è di 350 mV.
Come discusso nel Paragrafo 3.3.6, durante le prove di lunga durata è avvenuto un significativo
dilavamento dei cloruri inizialmente contenuti nel calcestruzzo; di conseguenza, l’innesco della
corrosione si è verificato in corrispondenza di un tenore di cloruri inferiore rispetto a quello iniziale.
Tale tenore è stato stimato, al termine della prova, misurando il contenuto di cloruri in un campione
110
di calcestruzzo prelevato in prossimità delle armature (ossia nel campione di materiale denominato
T1 in Fig.3.04). Infatti, come discusso nel Paragrafo 3.3.6, tale campione può ragionevolmente
essere considerato rappresentativo dell’effettivo tenore di cloruri sulla superficie delle armature al
momento dell’innesco della corrosione. La Fig.3.28 mostra i risultati della prova potenziostatica di
lunga durata in funzione del tenore di cloruri misurato in prossimità delle armature. Per quanto
riguarda i valori di potenziale in corrispondenza dei quali si innesca la corrosione per pitting, la
figura mostra gli stessi dati presentati in Fig.3.27, tuttavia tutti i dati sono traslati verso sinistra per
tenere conto dell’effetto del dilavamento.
La Fig.3.28 mostra la “combinazione critica” di potenziale e tenore di cloruri che provoca l’innesco
della corrosione per pitting determinata mediante prove di lunga durata; tale combinazione critica
può essere considerata una misura della “resistenza all’innesco della corrosione” dell’acciaio. Dal
confronto tra le Fig.3.27 e 3.28 si osserva che la reale resistenza all’innesco della corrosione
dell’acciaio (ossia quella determinata tenendo conto dell’effetto del dilavamento) è
significativamente inferiore rispetto a quella mostrata in Fig.3.27.
Fig.3.28 - Risultato delle prove di lunga durata, in funzione del tenore di cloruri
misurato in prossimità delle armature.
La Fig.3.29 mostra il risultato delle prove potenziostatiche a gradini di breve durata, in funzione del
tenore di cloruri aggiunti nel getto. La figura mostra molte analogie rispetto al risultato delle prove
di lunga durata: infatti, anche nelle prove di breve durata, in nessuno dei provini con 1% di cloruri
aggiunti si innesca la corrosione per pitting. Inoltre, all’aumentare del tenore di cloruri aggiunti nel
111
getto, si osserva una sistematica diminuzione sia del potenziale in corrispondenza del quale si
innesca la corrosione, sia dell’intervallo di variazione del potenziale. Nei provini con 3% di cloruri
aggiunti il valore minimo del potenziale è pari a -450 mV vs AAC e l’intervallo di variazione è di
150 mV.
A differenza del grafico ottenuto mediante prove di lunga durata, per il grafico mostrato in Fig.3.29
non si ritiene necessario effettuare la correzione per tenere conto dell’effetto del dilavamento dei
cloruri perché, come è stato discusso nel Paragrafo 3.3.6, nelle prove di breve durata questo
problema si è mostrato essere trascurabile.
Fig.3.29 - Risultato delle prove di breve durata, in funzione del tenore di cloruri aggiunti nel getto.
3.4.2 - Prove con cloruri penetrati
Le prove con cloruri penetrati sono state applicate a 3 serie di provini, polarizzate a -300, -100 e
+100 mV vs AAC, confezionate con lo stesso calcestruzzo utilizzato per confezionare i provini con
cloruri aggiunti nel getto, ossia la miscela (b) presentata in Tab.3.03. Anche in questo caso è stato
possibile tracciare il diagramma di Pedeferri. I risultati sono mostrati nelle Fig.3.30 e 3.31: la
Fig.3.30 mostra i tempi di innesco della corrosione in funzione del potenziale imposto ai provini
mediante prova potenziostatica. La figura mostra che i tempi di innesco subiscono un aumento
sistematico al diminuire del potenziale: nella serie di provini polarizzati a +100 mV vs SCE la
corrosione del primo provino si è innescata dopo 22 giorni, mentre nei provini polarizzati a -300
mV vs SCE il minimo tempo di innesco è pari a 63 giorni. Al diminuire del potenziale, anche
112
l’intervallo di variazione dei tempi di innesco aumenta: nei provini polarizzati a +100 mV vs AAC
lo scarto tra il tempo di innesco del primo e dell’ultimo provino è di 102 giorni, mentre nei provini
polarizzati a -300 mV vs AAC lo scarto è superiore a 140 giorni (le prove sono state interrotte dopo
circa 200 giorni di esposizione, nonostante 2 dei provini polarizzati a -300 mV vs AAC fossero
ancora passivi).
Fig.3.30 - Tempi di innesco dei provini sottoposti a prova potenziostatica con cloruri penetrati.
La Fig.3.31 mostra i tenori di cloruri che hanno provocato l’innesco della corrosione per pitting. Gli
indicatori bianchi e neri mostrano, rispettivamente, i tenori di cloruri misurati nei provini in cui si è
innescata la corrosione per pitting e nei provini in cui la prova è stata interrotta prima che si
innescasse la corrosione; la linea tratteggiata indica i valori minimi. La figura mostra che, nei
provini polarizzati a +100 mV vs AAC, il valore minimo del tenore di cloruri che provoca l’innesco
della corrosione è pari a 0.5% rispetto alla massa di cemento. Al diminuire del potenziale imposto
all’acciaio il valore minimo aumenta: nei provini polarizzati a -100 mV vs AAC esso è pari a 1.0%
e nei provini polarizzati a -300 mV vs AAC esso è 1.4%. La figura mostra che, anche in questo
caso, la variabilità dei tenori di cloruri è molto elevata, infatti in alcuni provini sono stati misurati
tenori di cloruri pari a circa 4%; inoltre, al contrario del valore minimo, il valore massimo del
tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione varia in modo non sistematico in funzione
del potenziale applicato alle armature. Per questo motivo non è stato possibile determinare il
massimo tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione.
113
Fig.3.31 - tenori di cloruri che hanno provocato l’innesco della corrosione per pitting dei provini
sottoposti a prova potenziostatica con cloruri penetrati.
3.4.3 - Confronto tra le prove con cloruri aggiunti e penetrati
La Fig.3.32 mostra il confronto dei risultati ottenuti mediante prove con cloruri penetrati e prove
con cloruri aggiunti. È tuttavia necessaria una premessa: le prove potenziostatiche a gradini con
cloruri aggiunti permettono di determinare il valore di potenziale che provoca l’innesco della
corrosione (ossia il “potenziale di pitting”) per un dato tenore di cloruri nel calcestruzzo; viceversa,
le prove potenziostatiche con cloruri penetrati permettono di misurare il tenore di cloruri che
provoca l’innesco della corrosione (ossia il “tenore critico” di cloruri) per un dato potenziale
imposto alle armature. Tuttavia, l’obiettivo della metodologia proposta non è determinare il
potenziale di pitting o il tenore critico, ma la “combinazione critica” dei due parametri. Di
conseguenza, in questo paragrafo gli esiti delle due prove sono indicati con il termine generico di
“risultati”. Nella figura, i risultati della prova con cloruri penetrati sono rappresentati dagli
indicatori triangolari; la linea continua mostra come varia il minimo tenore di cloruri che provoca
l’innesco della corrosione al variare del potenziale applicato alle armature. I risultati della prova con
cloruri aggiunti di lunga e di breve durata sono indicati, rispettivamente, dai simboli bianchi e neri.
La linea tratteggiata e la linea puntinata mostrano il minimo valore dei risultati delle due prove. (Per
quanto riguarda la prova di lunga durata, la Fig.3.32 mostra i risultati in funzione del tenore di
cloruri all’interno del calcestruzzo misurato al termine della prova).
114
Si considerino inizialmente solo i valori minimi dei risultati delle tre prove: la Fig.3.32 mostra che
la resistenza all’innesco della corrosione dell’acciaio è minore quando il potenziale applicato alle
armature è mantenuto costante per tutta la durata della prova (ossia nelle prove potenziostatiche con
cloruri penetrati) ed aumenta all’aumentare della velocità con cui il potenziale è incrementato;
infatti, la resistenza all’innesco della corrosione è maggiore nelle prove potenziostatiche con
incrementi di potenziale applicati ogni ora. Tuttavia, la Fig.3.32 mostra che, mentre la differenza tra
i risultati delle prove con cloruri aggiunti di breve durata e le prove di lunga durata è molto marcata,
per potenziali inferiori a -100 mV vs AAC i minimi risultati delle prove con cloruri aggiunti di
lunga durata sono molto simili a quelli delle prove con cloruri penetrati.
Dal momento che le prove con cloruri penetrati sono considerate più rappresentative delle reali
condizioni delle strutture in calcestruzzo armato rispetto alle prove con cloruri aggiunti, il fatto che
l’applicazione della prova potenziostatica a gradini non provochi una alterazione dei risultati
rispetto alla prova con cloruri penetrati è positivo: infatti, tale osservazione pone le basi per
l’applicazione dei risultati delle prove potenziostatiche per il progetto della durabilità di strutture
reali. Sebbene non sia possibile affermare che i risultati ottenuti applicando la prova potenziostatica
a gradini di lunga durata (così come i risultati di qualunque prova di laboratorio) sono
rappresentativi delle “reali” condizioni delle strutture in calcestruzzo armato, tuttavia essi sono
confrontabili con i risultati ottenuti mediante una prova considerata “realistica” (ossia quella con
cloruri penetrati). L’esito del confronto è eccellente soprattutto per potenziali inferiori a -100 mV vs
AAC, ossia proprio per i potenziali più difficili da studiare mediante prove “tradizionali” con
cloruri penetrati. Infatti, come mostrato in Fig.3.30, nelle prove tradizionali, per potenziali inferiori
a -100 mV vs AAC il tempo di innesco della corrosione può essere di alcune centinaia di giorni.
Per quanto riguarda la variabilità dei risultati, ossia la differenza tra il valore massimo e il valore
minimo dei risultati, essa è maggiore nelle prove con cloruri penetrati, infatti in alcuni provini la
corrosione si innesca in condizioni molto più critiche di quelle determinate tramite prove con cloruri
aggiunti (ad esempio, in alcuni provini con potenziale pari a +100 e -100 mV vs AAC, la corrosione
si è innescata per un tenore di cloruri pari a circa 4% rispetto alla massa di cemento). Al contrario,
nelle prove con cloruri aggiunti la variabilità è significativamente inferiore.
Confrontando le prove con cloruri aggiunti, a parità di tenore di cloruri nel calcestruzzo, nelle prove
di breve durata l’intervallo di variazione è leggermente superiore che nelle prove di lunga durata: ad
esempio, nei provini contenenti un tenore di cloruri pari a 2% rispetto alla massa di cemento,
l’intervallo di variazione è di 500 mV nelle prove di breve durata e 350 mV nelle prove di lunga
durata.
115
Fig.3.32 - Confronto tra le prove con cloruri aggiunti di lunga durata, le prove con cloruri aggiunti
di breve durata e le prove con cloruri penetrati.
Nonostante le prove potenziostatiche a gradini di 50 mV / ora tendano a sovrastimare la resistenza
all’innesco della corrosione dell’acciaio, esse presentano alcuni significativi vantaggi rispetto alle
prove a gradini di 50 mV / 24 ore: infatti, la durata delle prove con gradini di un’ora è
significativamente inferiore (ossia pari a circa 3-4 giorni rispetto a circa un mese) e, come è stato
mostrato nel Paragrafo 3.3.6, nel corso di queste prove il fenomeno del dilavamento dei cloruri è
trascurabile (dunque, l’innesco della corrosione si verifica in corrispondenza di un tenore di cloruri
pari a quello inizialmente presente nel calcestruzzo). Per tenere conto del fatto che le prove di breve
durata tendono a sovrastimare la resistenza all’innesco della corrosione dell’acciaio, è possibile
effettuare un processo di calibrazione utilizzando come valore di riferimento i dati ottenuti mediante
prove di lunga durata. Sebbene il numero di risultati ottenuti applicando le due prove non sia
sufficiente per determinare esattamente di quanto (e come) ridurre la resistenza all’innesco della
corrosione delle prove di breve durata per ottenere lo stesso risultato delle prove di lunga durata,
tuttavia la Fig.3.33 mostra che una buona sovrapposizione dei risultati può essere ottenuta
semplicemente moltiplicando il tenore di cloruri aggiunti nel getto delle prove di breve durata per
un fattore pari a 0.67. La figura mostra che tale calibrazione è soddisfacente, soprattutto per i valori
minimi.
Se questo criterio di calibrazione fosse generalizzabile, ad esempio mediante l’effettuazione di
prove su campioni confezionati con diversi tipi di acciaio e calcestruzzi di diversa composizione,
116
esso permetterebbe di utilizzare i risultati di una prova di breve durata per stimare la resistenza
all’innesco della corrosione dell’acciaio nel calcestruzzo.
Fig.3.33 - Calibrazione dei risultati delle prove di breve durata.
Paragrafo 3.5 - Procedura proposta
Le prove descritte nei Paragrafi 3.3 e 3.4 hanno permesso di sviluppare una procedura di prova per
tracciare il diagramma di Pedeferri, il quale può essere utilizzato per il progetto della durabilità
delle strutture in calcestruzzo armato esposte ad ambienti marini o in presenza di sali disgelanti a
base di cloruri. Tale procedura non solo permette di determinare la “combinazione critica” di
potenziale e tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione per pitting, ma permette di
studiare l’effetto dei materiali utilizzati per il confezionamento degli elementi in calcestruzzo
armato. Infatti, la procedura proposta può essere utilizzata per studiare qualunque tipo di
calcestruzzo (o di malta) e qualunque tipo di armatura. In questo paragrafo è descritta la procedura
proposta, con particolare attenzione alle prescrizioni che devono essere rispettate.
Per poter tracciare il diagramma di Pedeferri è necessario che siano confezionate almeno 4 serie di
provini, con diversi tenori di cloruri aggiunti nel getto; tali tenori non possono essere fissati a priori,
ma devono essere scelti in funzione dei materiali utilizzati per il confezionamento dei provini (ad
esempio, nel caso in cui la metodologia proposta sia applicata per studiare la resistenza all’innesco
117
della corrosione di armature in acciaio inossidabile, dovranno essere scelti tenori superiori rispetto a
quelli analizzati in questa tesi).
Nel caso in cui si desideri tracciare l’intero diagramma di Pedeferri, i tenori di cloruri scelti
dovranno permettere di individuare sia il tratto (quasi) verticale, sia il tratto (quasi) orizzontale del
diagramma (vedi Fig.1.03); viceversa, nel caso in cui sia noto l’ambiente di esposizione della
struttura in calcestruzzo armato della quale si intende progettare la durabilità, potrà essere studiata
la porzione del diagramma di Pedeferri corrispondente ai potenziali relativi a tale zona di
esposizione. Dal momento che non è possibile definire a priori i 4 valori di tenore di cloruri che
permetteranno di tracciare il diagramma di Pedeferri, essi dovranno essere scelti per tentativi.
Ogni serie di provini deve essere costituita da almeno 8 elementi, in modo da poter studiare la
variabilità del risultato, e dovranno essere scartati tutti i risultati relativi a provini in cui si è
innescata la corrosione in fessura sotto lo strato di isolante mostrato in Fig.3.03. La prova relativa
ad una serie dovrà essere ripetuta nel caso in cui il numero di provini che presenta corrosione in
fessura sia superiore a 2.
I provini possono avere qualunque forma e dimensione, sebbene nel caso in cui si preveda di
immergere i provini in soluzione è necessario che lo spessore di copriferro sia adeguato a evitare il
dilavamento dei cloruri. In provini di calcestruzzo con rapporto acqua/cemento non superiore a 0.65
e stagionatura non inferiore a 7 giorni, il minimo spessore di copriferro che consente di evitare il
problema del dilavamento è pari a 15 mm.
Per prevenire l’innesco della corrosione durante la stagionatura dei provini, alle armature deve
essere applicata una densità di corrente catodica pari a 100 mA/m2. A tale scopo, è necessario che
nei provini siano inglobati un elettrodo di riferimento e un controelettrodo, come nel provino
mostrato in Fig.3.03. Tale corrente deve essere applicata entro un’ora dal getto e deve essere
mantenuta per tutta la durata della stagionatura. Durante la stagionatura, il potenziale delle armature
deve essere monitorato per verificare l’efficacia della pre-polarizzazione. A tal fine, è necessario
verificare che il potenziale delle armature raggiunga un valore pari a circa -900 / -1000 mV vs
MMO entro 12 ore dall’applicazione della pre-polarizzazione. Inoltre, è consigliabile confrontare il
potenziale dei provini pre-polarizzati con quello di un provino di controllo non pre-polarizzato.
Al termine della stagionatura, inizialmente ai provini deve essere imposto un potenziale tale da
permettere di mantenere la condizione di passività raggiunta in condizioni di pre-polarizzazione; per
questo motivo, è opportuno imporre ai provini un potenziale pari, al massimo, a +100 mV rispetto a
quello raggiunto al termine della stagionatura e questo potenziale deve essere mantenuto per 24 ore.
Questa fase di stabilizzazione permette ai cloruri, parzialmente migrati per effetto della pre-
polarizzazione, di tornare omogenei all’interno del calcestruzzo (infatti, come è stato mostrato in
118
Tab.3.07, al termine delle prova con gradini di potenziale di 50 mV ogni ora il contenuto di cloruri
sulla superficie delle armature è ragionevolmente uguale al tenore di cloruri aggiunto nel getto).
Infine i provini devono essere sottoposti a prova potenziostatica a gradini di 50 mV ogni ora fino a
quando la densità di corrente applicata alle armature supera il valore limite di 10 mA/m2. In seguito
all’innesco della corrosione, i provini devono essere isolati dal potenziostato; al termine della prova
essi devono essere rotti in due parti mediante prova brasiliana per verificare che la corrosione si sia
innescata per pitting. Tutti i risultati misurati sui provini in cui si è innescata la corrosione in fessura
sotto lo strato di isolante devono essere scartati.
I risultati presentati nel Paragrafo 3.4.3 hanno mostrato che le prove potenziostatiche a gradini di 50
mV / ora tendono a sovrastimare la resistenza all’innesco della corrosione dell’acciaio determinata
mediante prove potenziostatiche a gradini di 50 mV / 24 ore. Di conseguenza, il diagramma di
Pedeferri ottenuto applicando la prova di breve durata necessita di una calibrazione affinché esso sia
rappresentativo del comportamento dell’acciaio nel calcestruzzo in prove di lunga durata. Nel
Paragrafo 3.4.3 è stato proposto un criterio di calibrazione basato sull’utilizzo di un fattore
correttivo, pari a 0.67, per cui moltiplicare il tenore di cloruri aggiunto nel getto di calcestruzzo.
tuttavia, sono necessari ulteriori studi per valutare come effettuare tale calibrazione.
Paragrafo 3.6 - Esempi di applicazione
In questa tesi sono stati sviluppati due strumenti, che possono essere applicati per determinare il
tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione (ossia il tenore critico di cloruri) nelle
diverse zone di una struttura in calcestruzzo armato esposta ad ambiente marino:
- il primo strumento è costituito dai modelli numerici presentati nel Capitolo 2. Essi permettono di
stimare quale sia il potenziale elettrochimico dell’acciaio nelle diverse zone di una struttura in
calcestruzzo armato, in funzione della geometria e dell’ambiente di esposizione della struttura;
- il secondo strumento è costituito dalla metodologia di prova i cui risultati sono presentati nel
Paragrafo 3.4. Lo scopo di questa metodologia è determinare qual è la combinazione critica di
potenziale e tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione dell’acciaio nel calcestruzzo.
I risultati dei modelli numerici e della metodologia di prova possono essere combinati secondo lo
schema proposto in Fig.3.34: essendo noto il potenziale delle armature nelle diverse zone di una
struttura in calcestruzzo armato ed essendo nota la combinazione di potenziale e tenore di cloruri
che provoca l’innesco della corrosione, è possibile determinare il tenore critico di cloruri nelle
diverse zone della struttura; di conseguenza, è possibile determinare in quale zona della struttura
119
può avvenire l’innesco della corrosione. Inoltre, tramite i modelli numerici è possibile stimare come
vari la distribuzione del potenziale nella struttura in seguito all’innesco della corrosione; dunque, lo
schema mostrato in Fig.3.34 può essere applicato anche per studiare in che modo la corrosione si
propaga.
Fig.3.34 - Schema per la combinazione dei risultati delle simulazioni numeriche
e della metodologia sperimentale.
Ipotizzando che la struttura studiata nel Capitolo 2 sia realizzata con gli stessi materiali di cui sono
costituiti i provini su cui sono state effettuate le prove potenziostatiche a gradini, è possibile
applicare lo schema mostrato in Fig.3.34 per determinare il valore del tenore critico nelle diverse
zone della struttura. Tale processo può essere applicato:
- quando tutte le armature della struttura sono passive (ossia nella fase di innesco della corrosione),
per determinare qual è il tenore critico di cloruri nelle diverse zone della struttura;
- in presenza di armature attive (ossia nella fase di propagazione della corrosione), per determinare
come varia il tenore critico di cloruri rispetto alla fase precedente;
- in presenza di un sistema di prevenzione catodica, per verificare se esso è efficace nel prevenire
l’innesco della corrosione.
Nella fase di innesco della corrosione, la presenza di una macrocoppia fa sì che tutte le armature
della struttura si portino a un potenziale omogeneo, compreso tra -0.14 e -0.11 V vs SCE (ossia tra -
0.10 e -0.07 V vs AAC), come mostrato in Fig.2.10. Questi dati possono essere sovrapposti al
diagramma di Pedeferri ottenuto applicando le prove potenziostatiche mostrato in Fig.3.33.
120
In Fig.3.35 le tre linee rosse mostrano il valore minimo, medio e massimo della combinazione di
potenziale e tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione; la striscia azzurra mostra
l’intervallo di valori assunto dal potenziale nelle diverse zone della struttura. La figura mostra che il
minimo tenore di cloruri che provoca l’innesco della corrosione è pari a circa 1.1% rispetto alla
massa di cemento.
Come mostrato in Tab.2.04, se le armature non fossero polarizzate dalla presenza della
macrocoppia, nella zona degli spruzzi esse avrebbero un potenziale pari a -0.27 mV vs SCE (ossia -
0.23 mV vs AAC) e nella zona immersa esse avrebbero un potenziale pari a -0.45 mV vs SCE
(ossia -0.41 V vs AAC). Di conseguenza, il tenore critico di cloruri sarebbe, rispettivamente, 1.2% e
1.5% rispetto alla massa di cemento. Dunque, in questa struttura la presenza della macrocoppia può
provocare una diminuzione del valore minimo del tenore critico di cloruri di circa 30%.
In seguito all’innesco della corrosione nella zona degli spruzzi, come è stato presentato nel
Paragrafo 2.3.1, la presenza di una armatura attiva provoca una significativa diminuzione del
potenziale delle armature in alcune zone della struttura:
- nella zona immersa e delle maree il potenziale è pressoché omogeneo, infatti esso varia da -0.28 a
-0.29 V vs AAC;
- nella zona degli spruzzi, ossia in prossimità dell’armatura attiva, il potenziale varia da -0.32 a -
0.34 V vs AAC;
- nella zona atmosferica il potenziale varia da -0.33 a -0.08 V vs AAC.
Fig.3.35 - Valori del tenore critico di cloruri nella fase di innesco della corrosione.
121
Questi intervalli di potenziale sono rappresentati, rispettivamente, dalle strisce di colore blu scuro,
blu chiaro e azzurro in Fig.3.36.
Fig.3.36 - Valori del tenore critico di cloruri nella fase di propagazione della corrosione.
La diminuzione del potenziale provoca un aumento del tenore critico di cloruri rispetto alla fase di
innesco della corrosione: nella zona immersa e delle maree esso si porta a 1.3% rispetto alla massa
di cemento; nella zona degli spruzzi esso si porta a 1.4%.
Infine, in presenza di un sistema di prevenzione catodica, presentato nel Paragrafo 2.3.2, tutte le
armature della struttura subiscono una significativa polarizzazione catodica; tuttavia, tale
polarizzazione può variare significativamente in funzione del livello della marea. Le Fig.3.37a e b
mostrano, rispettivamente, gli intervalli di valori assunti dalle armature in condizioni di alta e di
bassa marea.
In condizioni di alta marea, nella zona degli spruzzi il potenziale delle armature è minore o uguale a
-0.52 V vs AAC; di conseguenza, il tenore critico di cloruri è superiore a 2% rispetto alla massa di
cemento. (Infatti, si ricorda che in nessuna delle prove potenziostatiche a gradini la corrosione si è
innescata in corrispondenza di un potenziale inferiore a -0.45 V vs AAC.) Nella zona immersa e
delle maree il potenziale è inferiore a -0.90 V vs AAC, dunque in questa zona la corrosione da
cloruri non si innesca anche per tenori di cloruri molto elevati.
Tuttavia, in condizioni di bassa marea l’efficacia del sistema di prevenzione catodica è nettamente
inferiore: nella zona degli spruzzi il potenziale delle armature varia da -0.40 a -0.37 V vs AAC; la
Zona atmosferica
Zona immersa e delle maree
Zona degli spruzzi
122
Fig.3.37b mostra che, in questa condizione, il tenore critico di cloruri è pari a 1.5% rispetto alla
massa di cemento. Dunque, nella struttura studiata, l’applicazione di un sistema di prevenzione
catodica provoca un aumento di circa 30% del tenore critico di cloruri, tuttavia il valore del tenore
critico di cloruri non è così elevato da impedire che si inneschi la corrosione delle armature.
(a)
(b)
Fig.3.37 - Valori del tenore critico di cloruri in presenza di un sistema di prevenzione catodica
in condizioni di alta marea (a) e di bassa marea (b).
Zona atmosferica
Zona degli spruzzi
Zona atmosferica
Zona degli spruzzi
Zona immersa e delle maree
123
CONCLUSIONI
• Lo studio condotto in questa tesi ha consentito di mostrare come le condizioni di esposizione
delle strutture in calcestruzzo armato possano avere un ruolo notevole nel definire non solo, come è
noto, le condizioni di penetrazione dei cloruri, ma anche le condizioni di innesco della corrosione e,
in particolare, la quantità di cloruri necessaria in corrispondenza delle armature affinché avvenga
l’innesco. L’analisi dei dati di letteratura ha mostrato che il potenziale di corrosione delle armature
passive può cambiare significativamente in funzione delle zone di esposizione delle strutture. Le
analisi di simulazione numerica condotte nell’ambito di questa tesi hanno mostrato che anche lo
sviluppo di macrocoppie, o persino fenomeni locali come l’innesco stesso di un pit, possono
modificare le condizioni di potenziale.
• In particolare le simulazioni numeriche hanno mostrato che, se le strutture marine presentano
zone emerse o contengono cavità aerate, la macrocoppia che si forma tra le diverse zone della
struttura può provocare un significativo aumento del potenziale delle armature nella porzione
immersa della struttura, il quale può raggiungere valori tipici della zona atmosferica. Tale
incremento del potenziale, in accordo al Diagramma di Pedeferri, favorisce l’innesco della
corrosione nelle zone della struttura in cui la penetrazione dei cloruri è più veloce, ossia la zona
delle maree e degli spruzzi. Inoltre può permettere l’innesco della corrosione anche nelle porzioni
sommerse della struttura, dove in assenza di macrocoppia l’assenza di ossigeno previene l’innesco e
la propagazione della corrosione. In seguito all’innesco della corrosione, la presenza di aree attive
sulle armature provoca un locale abbassamento del potenziale, che protegge le armature circostanti
dall’innesco della corrosione; tuttavia, la velocità di corrosione della armatura attiva può assumere
valori molto elevati.
• I risultati delle simulazioni numeriche hanno permesso anche di chiarire l’evoluzione
dell’innesco di un attacco corrosivo (pit). Sebbene i risultati possano variare in funzione della
percentuale di area corrosa, in generale le simulazioni hanno mostrato che nella fase iniziale di
nucleazione di un pit, quando l’attacco può avere dimensioni dell’ordine del decimo di millimetro,
non si ha una variazione significativa del potenziale dell’armatura nelle zone circostanti; dunque, la
presenza di un pit appena formato è difficilmente rilevabile tramite misure di potenziale. Viceversa,
la presenza di un pit di grandi dimensioni provoca una significativa diminuzione del potenziale, che
è massima nell’area circostante al pit. Dunque, è possibile che la semplice misura del potenziale
124
delle armature permetta di identificare l’innesco della corrosione solo dopo un certo tempo che esso
è avvenuto.
• Se alle strutture è applicata la protezione o la prevenzione catodica con un anodo sacrifiziale, si
osserva che se l’anodo è applicato prima dell’innesco della corrosione (ossia se esercita una
funzione di prevenzione catodica) esso è efficace nel prevenire l’innesco della corrosione anche
nella zona degli spruzzi, in cui l’innesco può essere provocato dall’effetto combinato di un elevato
potenziale (provocato dalla presenza della macrocoppia) e un elevato tenore di cloruri (provocato
dai cicli di asciutto-bagnato a cui questa zona è soggetta); infatti, la presenza dell’anodo annulla
completamente l’effetto della macrocoppia. Al contrario, se l’anodo è applicato dopo l’innesco della
corrosione (ossia se esercita una funzione di protezione catodica) esso può non essere sufficiente a
proteggere le armature poste in una zona molto critica, come quella degli spruzzi.
• L’osservazione della notevole variabilità del potenziale in molte situazioni di interesse pratico ha
portato alla necessità di sviluppare una metodologia per la misura del legame potenziale-tenore di
cloruri che provoca l’innesco della corrosione, che vada oltre il normale concetto di tenore critico.
Lo sviluppo della metodologia proposta ha comportato diversi problemi, che sono stati analizzati al
fine di definire i parametri della prova.
• La metodologia proposta prevede il confezionamento di provini in calcestruzzo, al fine di poter
tenere conto dell’interfaccia armatura-calcestruzzo, con cloruri aggiunti nel getto. In tal modo il
contenuto è noto a priori e, inoltre, è possibile studiare, ad esempio, l’influenza della composizione
del calcestruzzo e delle caratteristiche dell’acciaio. È stato verificato, tramite misure di resistenza
meccanica, densità, coefficiente di assorbimento capillare e assorbimento di acqua, che l’aggiunta
di cloruri non influisce in modo significativo sulla microstruttura della pasta cementizia idratata che
si trova a contatto con le armature. Per prevenire l’innesco della corrosione durante la stagionatura
dei provini anche in presenza di elevati contenuti di cloruri, è stata sviluppata una modalità di
applicazione di una polarizzazione catodica, detta pre-polarizzazione, che garantisse condizioni di
protezione e permettesse lo sviluppo del film di passività. La modalità di pre-polarizzazione che si è
dimostrata efficace nel prevenire l’innesco della corrosione durante la stagionatura è basata
sull’applicazione di una densità di corrente catodica, pari a 100 mA/m2, costante nel tempo. Per
studiare il legame potenziale-tenore di cloruri, al termine della stagionatura, il potenziale delle
armature è stato incrementato fino a provocare l’innesco della corrosione, individuato attraverso il
monitoraggio della densità di corrente. Questa procedura, definita prova potenziostatica a gradini,
ha richiesto la definizione della ampiezza dei gradini, della durata di ogni gradino e dei criteri per
l’individuazione dell’innesco della corrosione. L’ampiezza dei gradini è stata fissata pari a 50 mV,
mentre è stata studiata una durata del gradino di 1 ora e di 24 ore, in quanto questo parametro ha
125
mostrato un’influenza notevole sul risultato. Dall’analisi dei risultati è emerso che il criterio che
consente di individuare l’innesco della corrosione dipende dalla durata dei gradini. In particolare,
con le prove a 24 ore si può assumere come criterio il superamento di una densità di corrente limite
pari a 1 mA/m2, mentre si è verificato come con le prove a 1 ora tale valore limite debba essere
incrementato a 10 mA/m2. Inoltre, è stato determinato che la durata dei gradini, influendo sulla
durata totale della prova (che è molto maggiore nel caso di gradini di 24 ore rispetto a gradini di
un’ora), può modificare la distribuzione dei cloruri nel copriferro dei provini rispetto a quella
(uniforme) iniziale, a causa del fenomeno di dilavamento, se durante la prova i campioni sono
immersi in soluzione. Nella prova con gradini di un’ora, l’effetto del dilavamento su provini con
spessore di copriferro di 25 mm è stato trascurabile, mentre nelle prove con gradini di 24 ore si è
avuto un significativo dilavamento dei cloruri inizialmente contenuti nel calcestruzzo, anche alla
profondità delle armature. Questo renderebbe, di fatto, necessaria la misura dei cloruri
effettivamente presenti alla profondità dell’armatura al momento dell’innesco della corrosione.
L’entità del dilavamento, tuttavia, diminuisce all’aumentare della profondità e, quindi, un aumento
dello spessore di copriferro potrebbe limitare le conseguenze di questo effetto anche qualora
venissero applicati gradini di 24 ore.
Dal confronto tra i risultati delle prove effettuate applicando gradini di 50 mV ogni ora e i risultati
delle prove eseguite applicando gradini di 50 mV ogni 24 ore è emerso che la durata dei gradini di
potenziale influisce anche sul risultato della prova; infatti, il risultato della prova con gradini di 1
ora tende a sovrastimare la resistenza all’innesco della corrosione rispetto alla resistenza stimata
mediante prove effettuate applicando gradini di 50 mV ogni 24 ore.
Al fine di poter tracciare il Diagramma di Pedeferri, si ritiene necessario che la prova
potenziostatica a gradini debba essere svolta almeno per quattro diversi tenori di cloruri. La scelta
di questi quattro valori non è generalizzabile, ma dipende dal tipo di acciaio e dall’utilizzo del
diagramma. In linea di principio questi quattro valori dovrebbero permettere di individuare sia il
tratto (quasi) orizzontale sia quello (quasi) verticale del diagramma, al fine di determinare il tenore
critico di cloruri per le diverse condizioni di esposizione. Qualora, invece, fosse sufficiente
conoscere il tenore critico per una particolare condizione (ad esempio quella associata alla
formazione di una macrocoppia), potrebbe essere più utile limitare l’analisi ad un intervallo di
contenuti di cloruri più limitato.
• L’applicazione della metodologia sia con prove con gradini di 1 ora sia di 24 ore ha, quindi,
permesso di costruire i diagrammi di Pedeferri. Si è, tuttavia, resa necessaria la verifica che gli esiti
della prova potenziostatica a gradini fossero ragionevolmente confrontabili con gli esiti di prove più
“tradizionali”, senza aggiunta di cloruri e, quindi, più rappresentativi delle condizioni di esposizione
126
naturale. Il confronto tra il diagramma costruito mediante prove con gradini di 24 ore e quello
ottenuto mediante una prova potenziostatica con cloruri penetrati, svolta a diversi potenziali fissi,
considerata rappresentativa della resistenza alla corrosione dell’acciaio nelle strutture in
calcestruzzo armato reali, ha mostrato che entrambe le prove hanno permesso di determinare un
valore molto simile del legame potenziale-tenore di cloruri, soprattutto per i valori minimi che
provocano l’innesco della corrosione delle armature e per valori di potenziale inferiori a -100 mV
vs SCE, ossia i valori più difficili da studiare mediante le prove comunemente proposte in
letteratura. Sebbene, da questo punto di vista, la prova con gradini da 24 ore risulti essere più
rappresentativa del reale comportamento dell’acciaio, la maggiore durata della prova (e le
conseguenze ad essa legate), si ritiene che sia migliore la prova a 1 ora. Tuttavia i risultati di questa
prova devono essere calibrati; è stato proposto un criterio di calibrazione che permetta di utilizzare i
risultati di questa prova per tracciare il diagramma di Pedeferri. Sebbene per ora tale criterio sia
basato solo sui risultati ottenuti in questa ricerca, dunque non sia generalizzabile e siano necessarie
ulteriori prove sperimentali, i risultati ottenuti inducono a ritenere che la metodologia proposta
possa essere utile per raccogliere le informazioni necessarie allo studio dell’innesco della corrosione
nei casi in cui la variazione del potenziale delle armature sia un fattore predominante.
127
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