Concorso indetto dai LIONS CLUB Valle Scrivia a.s.2000/2001 Classe IIC Ist..Comprensivo di Casella...

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Concorso indetto dai LIONS CLUB Valle Scrivia a.s.2000/2001 Classe IIC Ist..Comprensivo di Casella sez..Montoggio Insegnanti: proff.. P.Puppo- R.Rosatto

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Concorso indetto dai LIONS CLUB Valle Scrivia

a.s.2000/2001

Classe IIC

Ist..Comprensivo di Casella sez..Montoggio

Insegnanti: proff.. P.Puppo- R.Rosatto

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Che cosa fa:

• Sostegno alle attività economiche compatibili con l’ambiente

• Educazione ambientale e ricerca scientifica

• Sviluppo e promozione turistica

• Inserimento in una rete di musei

• Interventi di miglioramento ambientale e di valorizzazione del patrimonio storico.

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Sostegno alle attività economiche compatibili con l’ambiente:

• Ha creatola “Rete mercato locale” per la vendita di prodotti alimentari locali

• Ha favorito la creazione dell’Associazione “Le rose della Valle Scrivia” per la valorizzazione di particolari specie

• Ha sostenuto l’Associazione “Semi di casa “ per la salvaguardia delle sementi locali ed in tal senso ospita la sede del consorzio per la tutela della patata quarantina

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Questo è il volantino che abbiamo creato e diffuso nella nostra scuola e alle elementari per propagandare la mostra sulle varietà locali ideata dall Ass..ne Semi di Casa

Ai genitori e agli alunni

Avete mai sentito parlare di “biodiversità”? Vuol dire che sono tante in natura le diverse specie dianimali e piante. E più sono e meglio è :perché così hanno una maggior probabilità di resisteremeglio alle malattie ,ai cambiamenti climatici etc….Invece ai giorni nostri stiamo riducendo ilnumero di queste varietà perché è più comodo e rende più soldi coltivare o allevare soltanto unnumero minore di specie.Per conservare le specie che stanno scomparendo le nazioni stanno cercando di fare qualcosa.Prima hanno pensato di creare delle “Banche dei semi “ in cui conservare in frigorifero i semi dellepiante a rischio di estinzione. Bari era la sede della banca italiana. La cosa però non ha funzionato,perché spesso v’erano dei problemi tecnici nella conservazione e poi perché tutto questo era fattosenza tener conto dei contadini, che sono le persone più direttamente a contatto con questa realtà.Ora , il 27 Luglio 2000, a Magliano Alfieri ( Asti) è nato il Coordinamento Nazionale per laConservazione delle Varietà Locali ,con lo scopo di recuperare le diverse specie di vegetali oanimali che sono tipiche dei nostri territori. In questo modo si pensa di recuperare e valorizzare unvalore storico e ambientale .Il ragionamento è questo: se un contadino ha un guadagno maggiore nel coltivare una certa specie ,avrà interesse a restare in campagna, a tener pulito il bosco, a consolidare un muretto a secco o unafascia che viene giù e così avremo tutti da guadagnarci perché in caso di calamità naturale il suolosarà più difeso ( ne sappiamo qualcosa noi liguri! ).Pensate che la valorizzazione della “patata quarantina bianca genovese” ,per le sue qualità, rende alcontadino perchè la vende al doppio delle altre patate.Che cosa stiamo facendo in Liguria? Vogliamo innanzitutto creare un catalogo delle specie chestanno scomparendo ,senza portarle via al contadino e metterle “in frigo” oppure senza darle a unaditta di semi che poi se li fa pagare.Una volta che queste specie saranno riconosciute ufficialmente dalla Regione Liguria , vogliamocreare una rete di informazioni tra i loro produttori e amatori per cui una persona possa sapere che,ad esempio, andando a Casalino di Montoggio si può trovare una certa specie di zucchino che sicoltiva solo lì.

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Ma l’anno dopo questa persona tornerà a Casalino o farà andare in semenza la pianta procurandosii semi da solo? Dovrà tornare dopo un po’ di tempo perché le piante, cambiando le condizioniambientali, si adattano e cambiano creando nuove specie.Che cosa vogliamo da te?Aiutaci a cercare queste piante che sono coltivate da tanti anni nella nostra zona.Come? Innanzitutto chiedi a chi le coltiva se la semenza se la procura dasolo( se compra i semi alla Fiera non credo proprio che la sua sia unavarietà locale!) e da quanti anni fa questo con quella certa specie e poiscrivi su un foglio il nome della specie, come si chiama il produttore , daquanti anni fa questa operazione , dov’è il suo orto, potresti ancheprocurarti un po’ di semenza.La stessa cosa vale per un albero che viene coltivato da tanti anni in un posto e da cui si potrebberoottenere degli innesti. Scrivi che albero è, se si ricordano quando è stato innestato, dove si trova, sepuoi procurati un suo frutto.Se conosci un allevatore, potrebbe tenere animali di una stessa specie incrociandoli tra loro dachissà quanti anni e anche questo potrebbe essere interessante per il nostro scopo.Vorremmo esporre alla mostra del 16/17 Dicembre ciò che avete raccolto o in forma di semi, difrutti veri e propri oppure con fotografie. Chissà magari scopriamo che qualche nostro antenato haportato una zucca dall’America navigando con Cristoforo Colombo!

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SCHEDA RACCOLTA DATI

Alunno:………………………………………… classe……………………………………….

1)

NOME del Coltivatore ( Allevatore)…………………………………………..età:…………………

PIANTA( Animale)…………………………………………………………………………………..Eventuale nome dialettale…………………………………………………………………………….

Dove si trova………………………………………………………………………………………Da quanto tempo si coltiva ( alleva)………………………………………………………………Che cosa si potrebbe portare da far vedere alla mostra del 16/17 dicembre?Semi Frutti Foto

Come ci si può mettere in contatto con questa persona ?Tel……………………………………………………Indirizzo

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Per quanto riguarda l’educazione ambientale, anche la nostra classe ne ha usufruito quando si è recata a Senarega con due esperti di biologia ed i propri insegnanti per una visita dell’antico borgo ed una breve escursione per una vecchia mulattiera che costeggiava il fiume.

Il parco però organizza anche corsi di aggiornamento per i docenti e offre consulenza anche agli studenti universitari

EDUCAZIONE AMBIENTALE E RICERCA SCIENTIFICA

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SVILUPPO E PROMOZIONE TURISTICA

Il parco promuove tutte le iniziative volte a favorire il turismo che deve essere una risorsa economica per le nostre valli dell’entroterra che, anche se non sono così famose come le zone della riviera, sono però molto vicine a paesi noti in tutto il mondo e potrebbero quindi essere comunque meta di qualche gita. Ricordiamo che l’Antola è sempre stato meta di escursioni : qui c’è una foto di una gita che risale al 1938 !

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INAUGURAZIONE

Nel 1999 è stato completato il restauro della piccola cappelletta in cima al Monte Antola, vicino all’antica croce. Nell’immagine a lato vediamo un momento della benedizione della cappelletta a restauro avvenuto. Ora il luogo è meta di escursioni a contatto con la natura da parte dei boy-scouts e di gruppi familiari, in occasioni di festività come la Pasquetta e il Primo Maggio, oltre che naturalmente in estate quando lassù l’aria fresca permette di sopportare meglio la calura estiva.

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INSERIMENTO IN UNA RETE DI MUSEI

Il parco vuole favorire il sorgere di musei che tramandino le nostre tradizioni ed ha già contribuito alla nascita di alcuni esempi di questi, come il museo di Montebruno e quello più vicino a noi di Senarega, per non trascurare il Museo Archeologico di S.Bartolomeo.La rete di musei vuole semplicemente dire creare un collegamento fra essi.

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INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO

AMBIENTALE E DI TUTELA DEL PATRIMONIO STORICO

Il parco ha realizzato varie iniziative di salvaguardia del nostro ambiente creando itinerari turistici e provvedendo alla manutenzione dei sentieri , primo segnale di non- abbandono del territorio.Ha anche sempre puntato alla conservazione alla salvaguardia del nostro patrimonio di castelli e di monumenti in genere.

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TRADIZIONI

• Il castagno

• Il carbone

• Il miele

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IL CASTAGNO

Un tempo molto diffuso anche lungo le pendici del monte Antola, il castagno èservito in passato a sfamare le popolazioni dell’intero arco appenninico ligure, comeottimo sostituto del frumento, che non riusciva a crescere facilmente a quellaaltitudine e su quei terreni impervi ed aspri, costituiti da poca terra e molte pietre.Un’eco dell’ampio utilizzo della farina di castagno rimane ancora nella tradizioneculinaria dei paesi abbarbicati sull’Antola: trofie e tagliatelle di farina di castagne,persino il pane, ed i dolci (canestrelli e biscotti secchi), oltre ad una buonaproduzione di castagne secche. Con la farina di castagne si faceva un tempo una sortadi polenta che poteva accompagnare il piatto di cacciagione o di carne quando vi era.

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Negli atti dei notai del Medioevo ricorre spesso il termine castanea sativae, perindicare le terre coltivate a castagni, oggetto di compravendita o per disciplinarel’impianto e lo sfruttamento dei castagneti. Il castagno non solo offriva i suoi frutti,le castagne appunto, ma forniva legna da ardere e da lavorare per fabbricare tavoli,sedie, madie, armadi, “bancà”, grandi cassoni a scomparti, con il coperchioribaltabile, dove venivano riposti il pane, la farina di castagne; inoltre contenitori(come il secchiello misuratore datato 1823, trovato a Reneussi), piatti, “fixelle” per lapreparazione delle formaggette, secchielli, mortai, ciotole, suppellettili e rusticheopere d’arte (tavolette dipinte a soggetto religioso, statue di piccole e mediedimensioni raffiguranti la Madonna, Cristo crocifisso, i santi). Ha inoltre datoall’uomo una incredibile quantità di attrezzi da lavoro: rastrelli, ramazze per il bosco,per la stalla, per le aie, gabbie per la raccolta del fieno e dell’erba, corbe, ceste.Dal legno di castagno si ricavava il tannino utilizzato nelle concerie di pelli. Le caserurali potevano essere coperte sul tetto con tavole di castagno (“scandole”), moltorobuste perché il castagno è resistentissimo al logorio provocato dalle intemperie; itronchi più vecchi si adoperavano per proteggere il colmo dei cascinali in paglia;rami e pali di castagno servivano a delimitare aree a pascolo, a dividereappezzamenti e proprietà; per altri usi edilizi come ponti e “lobbie”, poggioli pensilifrequenti nelle abitazioni rurali, infissi, finestre, porte, pavimenti. Con la cortecciadei castagni giovani, si costruivano grondaie per case e cascinali, canali per condurrel’acqua agli orti.

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IL SECCHERECCIO

Dopo la raccolta, le castagne venivano portate nel seccatoio o nel secchereccio(sechèisu, in Valle Scrivia) che originariamente si trovava nella stessa abitazione delcontadino e precisamente nel locale che fungeva da cucina. Le castagne, attraversoun’apertura esterna o una botola aperta nel soffitto, venivano distese sulla “grè”, unpavimento di listelli e assi di legno opportunamente distanziati perché il caldo e il fumofiltrassero dal di sotto, in modo che il prodotto messo ad essiccare non cadesse nellocale sottostante. Qui, su un piano rialzato di pietre, si accendeva il fuoco. Nelsecchereccio il fuoco doveva essere continuo. Il fumo usciva dalle fessure del tetto e daqualche finestrella senza imposte né vetri. In questa stanza, che fungevacontemporaneamente da cucina, soggiorno, camera da pranzo, perché in essa si viveva esi cucinava il cibo nel grande paiolo appeso a una catena che pendeva dal soffitto,avveniva dunque una delle operazioni più importanti e delicate per la famiglia delcontadino. Ad un certo punto ci si accorse che molta sporcizia, terra, fogliame, esoprattutto i vermi contenuti nei frutti bacati, alle prime vampate di calore filtravanoattraverso le fessure di quel singolare soffitto per finire nei cibi, e quindi, per motiviigienici, il secchereccio fu trasferito fuori dalla casa contadina, in un locale apposito

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Il seccatoio divenne cosi una costruzione a sé, conservando il nome originario ochiamandosi genericamente “ albergo “ abergu, aberghin secondo le zone. Vi siaccendeva il fuoco sul pavimento e, nei mesi invernali, gruppi di famiglia siradunavano la sera per qualche ora di veglia, in cui si raccontavano meravigliosestorie di paese, si mangiavano le rostie, cioè le castagne arrostite, e si diceva ilrosario nel mese dei morti. Dove poi il castagneto cresceva particolarmenterigoglioso ed esteso, le castagne venivano essiccate sul posto, in seccatoi costruiti inpietra locale, col tetto coperto di paglia, il locale per il focolare al piano terra. Inalcune zone del parco Antola possiamo trovare queste costruzioni che poggiano dallato a monte contro la montagna, perché fosse agevole riversare le castagne sulla grèattraverso una porticina situata a breve altezza da terra, mentre sul lato a valle venivacostruita una scaletta di pietra che consentiva al contadino di accedere all'essiccatoio.In alcune costruzioni invece l’accesso alla grè avveniva attraverso una scala a pioli .

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MieleUna nota produzione dei prati del parco dell’Antola, oltre alle castagne, èquella del miele, questa sostanza dolce, sciropposa, di colore ambrato,che le api producono elaborando il nettare tratto dai fiori. Le api vivonoin colonie, anche molte numerose. Ogni alveare, o arnia, raggruppa unafamiglia, talvolta composta da 50.000 individui. Nell’arnia si trovaun’ape regina, che depone 2.000 uova al giorno in primavera e in estate.La sua attività, se la temperatura è mite, non cessa neppure d’autunno ed’inverno. Dalle uova possono nascere regine, operaie o fuchi.All’interno dell’arnia si trovano i favi, disposti in file parallele. Ciascunodi essi è composto da migliaia di cellette di cera esagonali, costruite dalleapi operaie. Nella parte centrale la regina depone le uova, mentre attornole operaie di immagazzinano il polline e il miele. Le api operaiesucchiano il nettare dai fiori, lo ingeriscono e lo trasformano in mieleallo scopo di assicurarsi una provvista per l’inverno.

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La carbonaiaLungo i sentieri del Parco Antola si possono notare tracce delle antiche carbonaie,cioè dei siti dove si produceva il carbone di legna, risorsa economica fondamentaleper la civiltà contadina fino agli inizi del secolo scorso. Per prepararlo era necessariospianare il terreno, ottenendo così una piazzola circolare larga 6-7 metri di diametro,su cui veniva costruito con piccoli legni un “castelletto” alto due metri di formaquadrata o piramidale. Tutto intorno si accatastava uno strato di legna di faggio,carpino, rovere, cerro, fino ad arrivare alla sommità del castelletto. Si ricopriva primacon foglie e rami, poi con del terriccio ed infine si accendeva il fuoco che dovevarimanere costante per una settimana in modo che fosse solo il fumo a carbonizzarelentamente la legna. Il tiraggio era assicurato da diverse aperture praticate nellacopertura di terra. Il carbone di legna si formava a poco a poco, a cominciare dall’altoed era pronto in una settimana. I contadini solitamente costruivano nei pressi unapiccola capanna dove poter riposare a turno, in quanto erano costretti a sorvegliarecostantemente la carbonaia per tutto il tempo che era in funzione.