Concetti fondamentali di termodinamica
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Appunti del corso di Gasdinamica
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Gasdinamica
Prof. Luigi Vigevano
Concetti fondamentali di termodinamica
I gas perfetti
Per definire lo stato di un gas facciamo riferimento alle variabili di stato, che possono essere intensive ed estensive. Un sistema in equilibrio termodinamico è completamente definito da 2 variabili termodinamiche. Il nostro campo di studio si occuperà principalmente d’aria. L’aria è un gas non molto denso, questo ci permette di trascurare le forze intermolecolari fra le molecole, quindi di lavorare sotto l’ipotesi di gas ideale o perfetto (che a rigore non sono la stessa cosa: il gas perfetto è un gas ideale non viscoso e non conduttore di calore). Per un gas perfetto vale la legge:
MRTPV RTPv
Vogliamo trovare il valore della costante R per il gas considerato cercando di legarla a costanti universali. La massa di un gas può essere espressa come il prodotto della massa di una singola molecola per il numero totale delle molecole, in pratica:
mNM
quindi la legge dei gas perfetti diventa:
mNRTPV
Specifica del gas
Volume specifico
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La legge di Avogadro afferma che volumi uguali dello stesso gas o di gas diversi nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione contengono lo stesso numero di molecole, questo ci permette di dire:
kmR cost
la costante k, prende il nome di costante di Boltzmann e vale k = 1,3807 10�23 [J k-1]. Il numero di molecole può essere messo in relazione con il numero di moli della sostanza per il numero di molecole per ogni mole, cioè il numero di Avogadro (Il numero di Avogadro rappresenta idealmente il numero di entità contenute nell’unità mole):
AnNN
il numero di Avogadro vale NA = 6,02204 1023. La legge dei gas perfetti diventa:
kTnNPV A chiamando costante universale dei gas perfetti la quantità:
»¼
º«¬
ª
KmolJkNR Au 314,8
la legge sarà:
TnRPV u .
Si può ulteriormente trasformare la formula introducendo la massa molecolare del gas:
nMW
dividendo per la massa la legge dei gas perfetti, e introducendo W, si ottiene:
TWR
Pv u
chiamando costante specifica del gas perfetto il rapporto
»¼
º«¬
ª
KkgJ
WR
R u
la legge dei gas perfetti per unità di volume diventa:
RTPv .
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Le miscele A questo punto sorge il problema che l’aria non è un gas puro. Ma si tratta di una miscela composta prevalentemente di ossigeno e azoto. Il nostro obiettivo è calcolare la costante R specifica per tale miscela. Secondo la legge di Dalton la pressione totale di una miscela è data dalla somme delle pressioni parziali di ciascun gas, quindi si può scrivere:
¯®
�
¦¦
i uiuiiii
i i TRnPVTRnTRMVP
PP)(
per la miscela dovrà valere in ogni caso la legge dei gas perfetti, quindi, ed uguagliando si ottiene:
MRn
R ui¦ )(
.
la massa può essere espressa come:
¦ i iiWnM )( e, inoltre, introducendo le frazioni molari, definite come:
¦
i i
ii n
nx
la costante specifica del gas perfetto diventa:
¦ ¦¦¦¦
ii i
ii
u
i ii
i uiui
nWn
RWnRn
MRn
R)(
)()(
)(¦
i ii
u
WxR
R .
Possiamo rifare lo stesso procedimento, introducendo questa volta la frazione in massa, definita come:
¦ i ii
iy UUUU dove .
Indica la composizione
Costante specifica del gas
Massa specifica
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Partendo dalla legge dei gas perfetti, si ha:
TRP iii U tramite la legge di Dalton, si può scrivere:
TRyTR
TR
TRPi iii
i i
iii
iii ii UU
UU
UU
UU )(¦¦ ¦¦¦
e ricordando che, si ha:
¦ i ui
i RWy
R .
Prendendo come frazioni molari e come masse molecolari dell’ossigeno e dell’azoto i valori:
»¼º
«¬ª�
»¼º
«¬ª�
�
�
molkgWx
molKgWx
NN
OO
3
3
102879,0
103221,0
22
22
si ottiene una costante specifica dell’aria uguale a R = 288,28 [J/Kg�K]. La costante ottenuta è leggermente più grande del valore, che comunemente si usa, circa uguale a 287. Questo è dovuto al fatto che, nel nostro calcolo si sono trascurati altri elementi che fanno parte della miscela aria.
Potenziali Termodinamici Il problema più grande della legge dei gas perfetti, sta nel fatto che essa non è un’equazione canonica, cioè non consente di specificare tutto lo stato termodinamico del sistema, intatti non si riesce a risalite in alcun modo all’energia. Sommata ad essa, mi occorre un’altra equazione per descrivere appieno lo stato del gas. Rifacendoci al 1° e al 2° principio della termodinamica è possibile introdurre i potenziali termodinamici, dai quali posso ricavare le equazioni di stato, con cui descrivere lo stato termodinamico del gas. Dal primo principio della termodinamica si può scrivere:
Pdvqde � G . Dal secondo principio della termodinamica si può, invece, scrivere:
irrdsTqds � G .
Il differenziale non esatto del calore, deriva dal fatto che il contributo dovuto ad esso dipende dalla particolare trasformazione che si sta effettuando.
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A questo punto, prendendo in esame una trasformazione reversibile, si ha:
dsTq w e quindi:
PdvTdsde � . Si nota che l’energia è funzione dell’entropia s e del volume specifico v, e=e(s,v); note che siano s e v tutto lo stato termodinamico del gas risulta noto. Dall’equazione di stato del potenziale termodinamico e si può risalire alla temperatura e alla pressione, derivando semplicemente la prima volta a volume costante e la seconda a entropia costante, cioè:
sv veP
seT
ww
ww
.
L’espressione per l’energia interna è effettivamente un potenziale termodinamico per la temperatura e la pressione. Possono essere introdotti diversi potenziali termodinamici, e di conseguenza si possono avere diverse equazioni di stato. Dall’equazione di stato dell’energia interna si ha: x
� � vdPPvdTdsde ��
� � vdPTdsPved � � chiamando entalpia (h) la quantità (e+Pv), si ha:
vdPTdsdh �
l’entalpia h=h(s,P) è un potenziale termodinamico per la temperatura e per il volume specifico.
x
� � PdvsdTTsdde ��
� � PdvsdTTsed �� � chiamando energia libera (f) la quantità (e�Ts), si ha:
PdvsdTdf ��
l’energia libera f=f(T,v) è un potenziale termodinamico per l’entropia e per la pressione.
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x Allo stesso modo si può operare, ed ottenere un quarto potenziale termodinamico g=g(T,P), funzione della temperatura e della pressione, la cui equazione di stato è:
PdvsdTdg �� .
Il potenziale appena introdotto viene chiamato potenziale di Gibbs.
Proprietà ricavabili dai potenziali termodinamici Ritornando alla legge dei gas perfetti, ci si accorge che essa non può essere un’equazione canonica, in quanto la pressione non è un potenziale termodinamico. Infatti, la pressione è funzione della temperatura e del volume specifico, ma abbiamo scoperto che il potenziale termodinamico che è funzione di queste due grandezze, è l’energia libera f. Non essendo un’equazione di stato, la legge dei gas perfetti, non può descrivermi compitamente lo stato termodinamico di un gas. Allora, cosa bisogna aggiungere all’equazione dei gas perfetti, per avere una descrizione completa dello stato termodinamico di un gas? Partiamo dall’equazione di stato dell’energia libera:
PdvsdTdf ��
la pressione sarà data da:
TvfPww
�
ma per la legge dei gas perfetti si ha anche:
Tvf
vRT
ww
�
si può ricavare l’energia libera integrando la relazione a temperatura costante, ottenendo:
� �TCvRTf �� ln ma essendo l’energia libera anche uguale a, si ha:
� �TCvRTTse �� ln .
Sempre dall’equazione di stato dell’energia libera, si può ricavare l’entropia, cioè:
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� �TCvRTfsv
�� ww
� ln
l’energia interna diventa:
� � � �TCvRTTCTvTRe ��� lnln �
� � � � � �TeTCTTCe � � si nota che, l’energia interna è una funzione della sola variabile temperatura. E aggiungendo la relazione trovata alla legge dei gas perfetti si può descrivere appieno lo stato termodinamico del gas. Si può vedere facilmente che anche l’entalpia è una funzione solo della variabile temperatura, infatti:
� �ThRTePveh � � . Si possono introdurre delle particolari funzioni dipendenti dalla temperatura, cioè:
� � � �p
pv
v ThTc
TeTc
ww
ww
;
chiamate rispettivamente calore specifico a volume costante, e calore specifico a pressione costante. Sotto l’ipotesi di gas ideale politropico, si può ipotizzare che i calori specifici risultino costanti, quindi indipendenti dalla temperatura. Questo avviene perché, in un dato intervallo di temperature, i gradi di libertà eccitati sono solo quelli traslazionali e rotazionali. Mentre all’aumentare della temperatura, ai già citati gradi di libertà si aggiungono quelli vibrazionali, così cade l’ipotesi di indipendenza dalla temperatura. Nel nostro studio ci occuperemo soltanto di gas politropici. Questi calori specifici non sono indipendenti l’uno dall’altro, ma vale la relazione di Mayer:
Rcc vp � . Nel caso dell’aria, essendo l’aria un gas ipotizzato biatomico, i due calori specifici hanno dei valori numerici noti che sono:
25
27
vp cc
si può, inoltre, introdurre il rapporto J fra questi due:
4,1 v
p
cc
J .
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Si vuole ora legare l’entropia ad altre grandezze termodinamiche, così come è stato fatto per energia. Partiamo dal potenziale differenziale termodinamico per l’energia ed esplicitiamolo rispetto all’entropia:
PdvdeTds � dTcde v
dvTP
TdTcds v �
dvvR
TdTcds v �
vdvR
TdTcds v �
Integrando la relazione precedente si ottiene:
0lnln cvRTcs v ��
volendo mettere in evidenza la variazione di entropia si può scrivere:
¸̧¹
·¨̈©
§�¸̧
¹
·¨̈©
§ �
000 lnln
vv
TTcss v
Si può ripetere lo stesso procedimento utilizzando l’entalpia:
vdPdhTds �
vdPdTcTds p �
dPTv
TdTcds p �
dPPR
TdTcds p �
Integrando, si ottiene:
Ipotesi di gas perfetto
Ipotesi di gas perfetto
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0lnln cPRTcs p ��
¸̧¹
·¨̈©
§�¸̧
¹
·¨̈©
§ �
000 lnln
PPR
TTcss P
Uguagliando:
vdvR
TdTcds v �
con:
PdPR
TdTcds p �
si ottiene:
vdv
PdP
TdT
�
da cui, sostituendo nella prima espressione per ds, si ricava:
� � »¼º
«¬ª � � ��
vdv
PdPc
vdvc
PdPc
vdvRc
PdPcds vPvvv J
Integrando tale espressione si ottiene una peculiarità dei processi isoentropici.
� � 00 lnln cPccPvcs vv �¸̧¹
·¨̈©
§ � J
J
U
»»¼
º
««¬
ª¸̧¹
·¨̈©
§ �
J
000 ln
vv
PPcss v
Per una trasformazione isoentropica vale quindi:
costante JUP
Dall’equazione di s in funzione del logaritmo di P/UJ, siamo in grado di ottenere la pressione in funzione della densità e dell’entropia, cioè:
0ln CPcs v �¸̧¹
·¨̈©
§ JU
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¸̧¹
·¨̈©
§
�JUP
cCs
v
ln0
¸̧¹
·¨̈©
§ �
vcCs
P 0expJU
La velocità del suono La velocità del suono è l’effetto della propagazione della perturbazione, che è provocata da fenomeni molecolari. La velocità del suono è legata alla variazione di pressione rispetto alla densità del fluido. Per far vedere ciò, pensiamo di provocare una perturbazione in un punto qualunque dello spazio. Questa perturbazione creerà un fronte d’onda sferico, ma se ci poniamo molto lontano dal punto di genesi della perturbazione, allora possiamo pensare che il fronte d’onda sia ragionevolmente piano. Abbiamo una situazione del tipo:
Il fenomeno è chiaramente non stazionario, ma le equazioni che abbiamo ricavato sin ora valgono sotto le ipotesi di corrente stazionaria. Il trucco consiste nel spostare il nostro sistema di riferimento in modo tale che risulti solidale con la perturbazione. Scrivendo il bilancio per la massa si ottiene:
� �� �ducdc �� UUU
c Fluido imperturbato u=0 P U
Disturbo du
P+dP U+dU
Onda piana
c P U
c-du P+dP U+dU
x
2 1
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UUUUU dudducdcc ���
dudducd UUU �� 0
UUdcdu
Dal teorema della quantità di moto (Flussoout – Flussoin = Forze) si ricava:
� � � �dPPPcducc �� �� 2UU
dPPPccduc �� �� 22 UUU
dPcdu � � U
cdPduU
Ricapitolando:
sddPc
cdPdu
dcdu
UU
UU
�
°°¯
°°®
2
Infinitesimo di ordine superiore
Si è potuto scrivere la derivata parziale isoentropica, in quanto si suppongono piccole le perturbazioni.
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Corrente quasi-monodimensionale Il nostro obiettivo sarà di descrivere una corrente che fluisce in un condotto. Oppure pensare di considerare un tubo di flusso all’interno di un campo di moto. Supponiamo di avere un sistema così fatto: Ci accorgiamo che l’area della sezione varia con la distanza x. Per l’ipotesi di monodimensionalità, cioè che tutte le grandezze siano uniformi nella sezione del condotto, dobbiamo considerare solo la componente lungo l’ascissa x. Imporremo che la variazione dell’area della sezione sia molto graduale in direzione del nostro unico asse, e che il raggio di curvatura (R) dell’asse stesso sia molto grande. Questo ci consentirà di affermare che l’unica componente della velocità che sopravvive è quella lungo l’asse considerato. Dunque diciamo,
11��
dxdA
A
La radice dell’area della sezione che compare al denominatore serve per adimensionalizzare il tutto. Tutto quello che abbiamo finora detto, non varrebbe se avessimo di fronte un condotto del tipo:
Legge di variazione dell’area
E’ difficile pensare che la velocità sia diretta solo come x
X
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Chiaramente in questo caso, l’ipotesi di monodimensionalità cade, perché è improbabile avere un moto dove la componente y della velocità del fluido sia sempre trascurabile. Sappiamo bene che negli spigoli del condotto della figura, ci saranno dei fenomeni di ricircolo. È vero anche, che nella realtà ingegneristica si tenta sempre di andare ad utilizzare dei modelli conosciuti e semplici. Questa semplificazione della realtà ci consente quindi, anche in casi che apparentemente non hanno niente di monodimensionale, di applicare comunque l’ipotesi di monodimensionalità, e studiare il problema completo come somma di più problemi semplici. Imponiamo anche che il raggio di curvatura (R) sia grande a sufficienza da considerare trascurabili le forze centrifughe. Dopo aver formulato queste ipotesi, possiamo ragionevolmente pensare che le proprietà del fluido si mantengano uniformi nelle sezioni del condotto. Ricaviamo le equazioni di bilancio in due sezioni qualunque 1 e 2:
Corrente ideale quasi mono-dimensionale in condizioni stazionarie Le ipotesi sotto cui stiamo trattando e ricavando le nostre equazioni di bilancio sono: x stazionarietà, x corrente ideale:
a) si trascurano gli effetti della viscosità, b) si trascurano gli effetti della conducibilità termica.
Cominciamo con il trovare il bilancio di flusso di massa, attraverso le due sezioni 1 e 2:
222111 AuAu UU .
Per l’equazione di bilancio per la quantità di moto, sappiamo che la differenza del flusso di quantità di moto sarà uguale alla risultante delle forze esterne
X
1
2
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dovute alle pressioni che compaiono sulle sezioni 1 e 2, e sulle pareti esterne del condotto. Prendendo come flusso uscente quello sulla sezione 2, si ha:
³�� �2
122111
2112
222 dAPAPAPAuAu UU
l’integrale che compare dentro l’equazione di bilancio, è quello dovuto alle forze agenti sul condotto. E il prodotto della pressione per l’area rappresenta la proiezione della forza risultante nella direzione x, unica possibile nel nostro caso. Riscrivendo l’equazione di bilancio si ha:
� � � � ³�� �2
122
22211
211 dAPAPuAPu UU
Passiamo adesso all’equazione di bilancio per l’energia. Avendo un sistema aperto, conviene lavorare con l’energia totale, si avrà:
222111
21
1111
22
2222 22AuPAuPueAuueAu � ¸̧
¹
·¨̈©
§��¸̧
¹
·¨̈©
§� UU
Si farà un’ipotesi sul valore di P per poter valutare l’integrale
Essendo sotto le ipotesi di gas ideale non si terrà conto della viscosità e del calore
1
2
P1
P2
P
Effetto del contorno
X
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dal bilancio dell’energia totale, ci si accorge che la variazione d’energia è data solamente dal lavoro dovuto alle pressioni agenti sulle sezioni 1 e 2. Questo perché non abbiamo contributi dovuti al calore, né contributi dovuti alla viscosità. Nel lavoro derivante dalle pressioni, si è omesso il contributo dovuto alla pressione agente sul condotto, in quanto essendo nulla la velocità a parete, pensiamo di poterla trascurare. Con semplici passaggi si può elaborare il bilancio d’energia, facendo comparire l’entalpia, infatti, abbiamo:
222
2211
1
11
21
1111
22
2222 22AuPAuPueAuueAu
UU
UUUU � ¸̧
¹
·¨̈©
§��¸̧
¹
·¨̈©
§�
¸̧¹
·¨̈©
§�� ¸̧
¹
·¨̈©
§��
22
22
2
22222
21
1
11111
uPeAuuPeAuU
UU
U
¸̧¹
·¨̈©
§� ¸̧
¹
·¨̈©
§�
22
22
2222
21
1111uhAuuhAu UU
e dall’equazione di bilancio della massa si ha:
cost � � Thuhuh22
22
2
21
1
Da questo bilancio si può affermare che, in una corrente adiabatica e stazionaria l’entalpia si conserva e vale hT. questo perché non abbiamo apporto di calore dall’esterno. Possiamo riscrivere i bilanci trovati in forma differenziale, si ha:
� �
� �> @
°°°
¯
°°°
®
¸̧¹
·¨̈©
§�
�
02
0
2
2
uhdxd
dxdAPAPu
dxd
uAdxd
U
U
Corrente quasi-monodimensionale con effetti viscosi e termici a parete. Facciamo un passo avanti, e cerchiamo di rilassare l’ipotesi di corrente ideale. Per fare ciò introduciamo degli effetti di viscosità e quelli termici a parete. Questo non vuol dire che stiamo trattando della viscosità e del trasferimento di calore, in quanto la nostra corrente è una stringa di fluido. Ciò significa che gli effetti sopraccitati non vanno ad influire tra elementini di fluido consecutivi,
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dato che il termine dxduP risulta trascurabile. L’unica interazione possibile è
quella a parete fra il fluido e il mondo esterno. L’equazione di bilancio della massa non viene toccata dall’aver introdotto questi ulteriori fenomeni al contrario di quanto avviene nell’equazione di bilancio della quantità di moto. Infatti, in questa compare la forza esterna dovuta agli sforzi tangenziali a parete:
� � � � ³³ 6��� �2
1
2
122
22211
211 ddAPAPuAPu wWUU
dove 6 rappresenta la superficie bagnata dal fluido. Nello stesso modo nel bilancio dell’energia totale compare un termine dovuto allo scambio di calore tra il fluido e la parete. Supponiamo positivo il calore che viene ceduto al fluido. L’equazione di bilancio diventa:
³ 6�¸̧¹
·¨̈©
§� ¸̧
¹
·¨̈©
§�
2
1
22
2222
21
1111 22QduhAuuhAu UU
dove il calore Q ha dimensioni > @2mW . Da notare che si è omesso il lavoro derivante dalle forze d’attrito, in quanto la velocità a parete è nulla. I due termini aggiuntivi, che compaiono nelle due equazioni di bilancio, possiamo pensarli come termini di sorgente, con questi si riesce a descrivere l’interazione tra la corrente stringa monodimensionale con il condotto. Come abbiamo fatto per una corrente ideale, anche in questo caso possiamo riscrivere le equazioni di bilancio in forma differenziale:
� � 0 uAdxd U
� �> @dxd
dxdAPAPu
dxd
w6
� � WU 2
La superficie d6 la possiamo pensare come:
dxd 5 6
Perimetro della sezione
Termine di pozzo per la quantità di moto
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a questo punto possiamo esprimere il perimetro della sezione in funzione
dell’area e del diametro idraulico, definito come 5
AdH
4 . L’equazione di
bilancio della quantità di moto diventa:
� �> @H
w dA
dxdAPAPu
dxd 42 WU � �
Il secondo addendo al secondo membro non è un differenziale, ma resta comunque una funzione della variabile x. Possiamo operare sull’equazione di bilancio appena ricavata, per poterla riscrivere in forma più comoda, cioè:
> @H
w dA
dxdAPPAAu
dxd 42 WU � �
� �> @H
w dA
dxdAPPAuuA
dxd 4WU � �
� �H
w dA
dxdAP
dxdPA
dxdAP
dxduuAuA
dxdu 4WUU � ���
L’equazione di bilancio, divisa per l’area A, diventa:
Hw ddx
dPdxduu 4WU � �
L’equazione di bilancio dell’energia in forma differenziale diventa:
HdAQ
dxdQuhuA
dxd 4
21 2
6 »
¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§ �U
sviluppando la derivata al primo membro, si avrà:
� �HdAQuh
dxduAuA
dxduh 4
21
21 22 ¸
¹·
¨©§ ��¸
¹·
¨©§ � UU
Per l’equazione di conservazione della massa è nullo.
Per l’equazione di conservazione della massa è nullo.
Appunti del corso di Gasdinamica
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L’equazione dell’energia, divisa per il flusso di massa, diventa:
qdu
Quhdxd
H
¸¹·
¨©§ �
421 2
U.
Concentriamo la nostra attenzione sul secondo membro, o meglio concentriamo la nostra attenzione sulla dimensione del secondo membro. Ci accorgiamo che esso ha le dimensioni di un’energia specifica per unità di lunghezza, infatti:
> @ »¼º
«¬ª 2mWQ
»¼º
«¬ª
� »¼
º«¬ª � »
¼
º«¬
ª�
smJm
mW
dAQH
2
4
»¼
º«¬
ª�
»¼
º«¬
ª�
� »
¼
º«¬
ª��
mkgJ
kgs
smJ
uAdAQH U
14
qdA
uAQ
H
4
U
Ricapitolando l’equazione differenziale dell’energia diventa:
quhdxd
¸¹·
¨©§ � 2
21
Variazione di entropia in una corrente monodimensionale Un’altra osservazione importante che si può fare riguarda l’entropia lungo il condotto. Prendendo in considerazione il potenziale termodinamico h nella sua forma differenziale:
dPdsTdhU1
�
riscriviamola per un tratto infinitesimo dx:
Potenza fornita
Potenza fornita che viene assorbita
Energia specifica che viene fornita al fluido per unità di metro lineare
Appunti del corso di Gasdinamica
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dxdP
dxdsT
dxdh
U1
�
Ma:
Hw ddx
duudxdPq
dxduu
dxdh 4; WU �� ��
Sostituendo nel potenziale termodinamico di h, si ottiene:
Hw ddx
duuqdxduu
dxdsT 4W����
Hw d
qdxdsT
UW 4
�
Quest’equazione afferma che si hanno variazioni d’entropia solo se si hanno scambi di calore e/o d’attrito. Il che è lecito poiché si suppone che la soluzione sia continua, infatti, se la soluzione fosse discontinua quanto riportato perderebbe di validità. E’ necessario, a questo punto distinguere fra fluido:
x omoentropico (l’entropia costante in tutto il campo di moto) x isoentropico (l’entropia è costante lungo le linee di corrente)
Nel caso mono-dimensionale non ha senso questa distinzione poiché le uniche variazioni che si possono avere sono in direzione x.
Variazione di velocità in una corrente monodimensionale
Vogliamo vedere come la variazione della sezione incide sulle proprietà della corrente, e a maggior ragione come incide sulle variazioni di velocità della corrente. Scegliamo l’equazione di stato in cui le variabili indipendenti sono la densità e l’entropia:
� �sPP ,U
Basta derivare l’equazione dell’energia
trovata sopra
Si ricava dall’equazione di bilancio per la quantità di moto
Appunti del corso di Gasdinamica
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differenziando si ottiene:
dssPdPdP
s U
UU w
w�
ww
E’ possibile esprimere la derivata di P rispetto a S a U costante utilizzando l’espressione della pressione come funzione dell’entropia e della densità si ottiene:
¸̧¹
·¨̈©
§ �
vccs
P 0expJU
vvv cP
cccs
sP
¸̧¹
·¨̈©
§ �
ww 1exp 0J
U
U
E’ possibile esprimere la derivata di P rispetto a U a S costante utilizzando la definizione per la velocità del suono:
2cP
s
wwU
Otteniamo così:
dscPdcdPv
� U2
dxds
cP
dxdc
dxdP
v
� U2
Dall’equazione di bilancio della massa otteniamo:
0 ��dxdAu
dxduA
dxduA UUU
e indicando le derivate parziali come:
xdxd
M M
l’equazione si può scrivere:
AA
uu xx
x UUU ��
E’ noto che la variazione di entropia può essere espressa come:
Equazione di stato P=P(U,s)
Appunti del corso di Gasdinamica
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H
wx dTT
qsU
W 4�
sostituendo le variazioni di densità e entropia trovate nella dxdP , si ottiene:
¸̧¹
·¨̈©
§��¸
¹·
¨©§ ��
H
w
v
xxx d
qTcP
AA
uu
cP 42
UW
U
sostituendo questa variazione nell’equazione di bilancio della quantità di moto, e notando che:
� �UJUU 1� �
v
vp
vv ccc
cR
TcP
si ottiene:
� � 044122 �¸̧¹
·¨̈©
§���¸
¹·
¨©§ ��
Hw
H
wxxx
ddq
AA
uu
cuu
u WUW
UJUU
� � � � 041222 �����H
wxx
dq
AA
cuu
cu JWUJUU
introducendo il numero di Mach, come il rapporto tra le velocità u e c, cioè
cuM
e dividendo per il prodotto Uc2, la formula si può ancora riscrivere come:
� � 0411 222 �
����
Hw
xx
dcq
cAA
uu
M WUJJ
¸̧¹
·¨̈©
§�
���
�
H
wxx
dcq
cAA
Muu 41
11
222 UJWJ
L’equazione a cui siamo arrivati, può essere ulteriormente trasformata facendo comparire grandezze di maggiore interesse.
Infatti, sapendo che s
PcUww
2 , e sapendo anche che in una trasformazione
isoentropica vale le legge cost JUP , si ha:
Appunti del corso di Gasdinamica
- 22 -
RTPPcs
JU
JJUU
J ww
�12 cost
Questo ci consente di trasformare i termini dell’equazione come:
PPc1
2 JU
UJ
UJ e
TcRTc p
1112
�
�JJJ
L’equazione di variazione della velocità di un flusso stazionario in un condotto rettilineo diventa:
¸¸¹
·¨¨©
§���
�
H
w
p
xx
dPq
TcAA
Muu 41
11
2
W
Variazione della velocità di una corrente ideale in un condotto a sezione variabile
Vogliamo vedere cosa succede alla velocità della nostra corrente di fluido, se annullati gli effetti di attrito e di apporto di calore dall’esterno, facciamo variare la sezione. Supponiamo di prendere una parete sì fatta: Annullando gli effetti di attrito e di apporto di calore, cioè prendendo una corrente ideale, l’equazione può essere riscritta semplicemente come:
AA
Muu xx
211
��
Notiamo che le variazione di velocità e delle aree della sezione, dipendono da un coefficiente in cui compare il numero di Mach della corrente fluida. Possiamo allora specificare dei casi diversi, a seconda del valore del numero di Mach.
1. Se siamo nel caso di fluido incomprimibile, cioè per M=0, la nostra equazione sarà:
PcR11
�JJ
Appunti del corso di Gasdinamica
- 23 -
AA
uu xx �
il che implica che a variazioni positive dell’area della sezione corrispondono variazioni negative della velocità della corrente, in altre parole, se la sezione aumenta la velocità diminuisce.
2. Se siamo in presenza di una corrente subsonica, cioè per M<1, il
coefficiente 211M�
è positivo ma maggiore di 1, quanto maggiore
dipende dal valore del Mach. Questo implica che si avrà un andamento della velocità simile al caso incomprimibile, ma, a parità di variazione della sezione, le variazioni negative della velocità saranno maggiori nel caso subsonico rispetto al caso incomprimibile. Infatti, nel caso comprimibile, oltre alle variazioni di velocità vanno considerate anche le variazioni di densità. Dall’equazione di continuità si può scrivere:
AA
AA
MAA
uu xxxxx �
� �� 21
1UU
AA
MM xx
2
2
1�
UU
Da questa relazione possiamo capire che, variazioni positive dell’area della sezione producono variazioni positive della densità. Quindi poiché la portata di massa (UuA) deve restare costante, la velocità deve diminuire maggiormente rispetto al caso incomprimibile, dato che deve compensare anche l’aumento di densità.
3. Se siamo in un campo di moto supersonico, cioè per M>1, il coefficiente
211M�
sarà negativo. Quindi variazioni positive dell’area della sezione
danno luogo a variazioni positive della velocità, e al contrario di quello che avveniva nel caso subsonico, a variazioni negative delle densità.
4. Un altro caso interessante da notare, è quando il numero di Mach diventa
unitario, M=1. Questo implica che il coefficiente 211M�
tende ad f.
L’espressione diventa singolare; l’unica possibilità affinché ci sia una soluzione è che anche la variazione dell’area sia nulla. Ciò accade quando la tangente del condotto è orizzontale.
Concludendo, se si volesse costruire un condotto che acceleri una corrente subsonica fino a farla diventare supersonica, si dovrà costruirlo in modo tale da avere prima un convergente e di seguito un divergente, raccordati da un punto che abbia tangente orizzontale.
Appunti del corso di Gasdinamica
- 24 -
Se dal punto a tangente orizzontale, cioè dal punto in cui si raggiunge la velocità di Mach unitario, la sezione si mantiene costante, allora anche la velocità si manterrà costante. Altri tipi di condotti:
Variazione della velocità dentro un condotto con effetti termici e di attrito. Prendiamo in esame un condotto rettilineo a sezione costante, in cui scorre una corrente fluida stazionaria tenendo conto anche degli effetti di attrito e di calore. Per il momento consideriamo solo gli effetti dell’attrito. L’equazione che dà la variazione di velocità, trascurando gli effetti apportati dalla variazione della sezione e dagli scambi termici, diventa :
M<1 M>1
M=1
Tangente
M<1M=1
M=1
Tangente
M>1 oppure M<1
M>1 oppure M<1 Al limite
M=1
M>1 oppure M<1
Appunti del corso di Gasdinamica
- 25 -
¸̧¹
·¨̈©
§�
H
wx
dPMuu 4
11
2
W
quindi, in un condotto del tipo: la variazione della velocità è legata al numero di Mach. Se il numero di Mach è minore di 1, cioè se siamo nel caso subsonico, allora la velocità u2 sarà maggiore della velocità u1. Altrimenti accade l’esatto contrario. Ora possiamo passare al secondo caso, cioè andiamo a trascurare l’effetto dell’attrito, ma supponiamo che ci sia scambio di calore q, otteniamo un’equazione così fatta:
¸¸¹
·¨¨©
§
�
Tcq
Muu
p
x21
1
anche qui le considerazioni sono simili al caso precedente, si ricordi che il calore è positivo se è ceduto alla corrente.
Corrente adiabatica stazionaria Fissiamo la nostra attenzione sulle correnti adiabatiche, in altre parole, in cui supponiamo nullo lo scambio di calore. I gas su cui concentriamo il nostro studio, sono gas che hanno un’elevata velocità. Per via della stazionarietà tali gas possono essere studiati tra due sezioni, una di ingresso e una di uscita. Questo permette di supporre che nel tempo caratteristico che la corrente impiega ad attraversare il condotto, tra le due sezioni di studio, sia molto inferiore a quello che serve alla corrente per scambiare calore col condotto. Quindi l’ipotesi di adiabaticità è ragionevole. Dall’equazione dell’energia interna, se q=0, si ha:
cost � 20 2
1 uhhhT
si noti che l’entalpia è costante ad un valore h0 di riferimento. Per un gas politropico ideale, possiamo far notare che anche la temperatura si mantiene costante ad un valore di riferimento T0:
u1 u2
Appunti del corso di Gasdinamica
- 26 -
cost � 0TTch p
ma possiamo ancora scrivere:
UJJ
JJJ PcTRTch P 111
2
�
�
�
� � � � ¸̧¹
·¨̈©
§�
� ¸̧¹
·¨̈©
§�
� ��
22
2
222
2
0 121
21
121
21
21
1 Mu
ucuuch
JJJ
Andiamo adesso a vedere il rapporto che esiste fra le grandezze locali e quelle di riferimento, cioè quelle di ristagno (quindi parlare di grandezze di riferimento o di ristagno è la stessa cosa!). Al punto di ristagno la velocità è nulla, quindi:
121
1
20
02
2
� �
� JJc
huc
2
20
2
2
211
cc
cu
�
�J
2
202
211
cc
M �
�J
dove la c0 è la celerità del suono nel punto di ristagno, e la c è la celerità del suono locale. Siamo anche in grado di trovare la relazione con cui varia la temperatura in funzione del numero di Mach della corrente, infatti si ha:
RTRT
ccM
JJJ 0
2
202
211
��
20
211 M
TT �
� J (Importante!)
In precedenza abbiamo trovato le grandezze di riferimento, cioè nel punto di ristagno, annullando il contributo della velocità nell’equazione dell’entalpia. Adesso facciamo il contrario, cioè andiamo ad annullare la celerità del suono. Così facendo saremo in grado di trovare una velocità limite costante per la corrente fluida:
022
2
21
21
1huuc
LIM ��J
Mette in relazione il valore di ristagno con un valore locale
Appunti del corso di Gasdinamica
- 27 -
00 22 Tchu pLIM
Le condizioni di ristagno possono essere pensate come quelle ideali all’interno di un serbatoio, anche se al suo interno non è detto che la velocità sia nulla. Si parla in generale di condizioni medie che possono comunque essere pensate come quelle di ristagno.
Se il sistema è fatto da due serbatoi collegati si può pensare che in entrambi i serbatoi ci siamo delle condizioni di riferimento, come varieranno le grandezze al passaggio dal serbatoio 1 al serbatoio 2?
La temperatura non varierà da un serbatoio all’altro, infatti si ha:
2,01,0 TT
(0) T0 P0 S0
Wwz0 q=0
Ristagno (1) T0,1 P0,1 S0,1
Ristagno (2) T0,2 P0,2 S0,2
Appunti del corso di Gasdinamica
- 28 -
la pressione diminuirà (intuitivamente si può pensare alle perdite di carico), questo lo si può vedere partendo dall’equazione di stato dell’entalpia:
¸¸¹
·¨¨©
§�¸
¸¹
·¨¨©
§ �
1,0
2,0
1,0
2,01,02,0 lnln
PP
RTT
cSS p
¸¸¹
·¨¨©
§ �
2,0
1,01,02,0 ln
PP
RSS
¸̧¹
·¨̈©
§ �
RSS
PP 1,02,0
2,0
1,0 exp
sapendo che la variazione di entropia è sicuramente positiva , poiché c’è attrito e la trasformazione è irreversibile:
1,02,0 SS ! il secondo membro dell’equazione è positivo (lo era comunque dato che è un’esponenziale), il che implica che la pressione diminuisce, ovvero:
2,01,0 PP !
Correnti isoentropiche stazionarie Prendiamo in esame le correnti isoentropiche e stazionarie, con l’ulteriore ipotesi di attrito e scambio di calore nulli. Dall’ipotesi di isoentropicità possiamo dire che:
JJ UU 0
0PP cost
J
UU¸̧¹
·¨̈©
§
00PP
ma sappiamo che:
2
0
000
211 M
PP
RTRT
TT �
� JU
U
nullo dato che le temperature sono uguali
ci riferiamo alle grandezze di ristagno
Sirr dovuto a Ww
Appunti del corso di Gasdinamica
- 29 -
21
0
211 M�
� ¸̧¹
·¨̈©
§�
JUU
J
1
1
20
211
�¸¹·
¨©§ ��
JJUU
M (Importante!)
120
211
�¸¹·
¨©§ ��
JJ
J MPP (Importante!)
Sotto le ipotesi fatte tutte la grandezze di ristagno rimangono inalterate.
Condizioni critiche e soniche Abbiamo prima introdotto delle grandezze di riferimento, esattamente nel punto di ristagno. Proviamo ora ad introdurre altre grandezze di riferimento, che avranno la caratteristica di trovarsi a M=1. Le grandezze così ricavate si chiameranno soniche, e poiché il M=1, accadrà che la velocità e la celerità del suono andranno a coincidere, u*=c*. Dalla costanza dell’entalpia possiamo scrivere:
2*2*
22
0 21
121
1ucuch �
� �
�
JJ
� �2*2*
2*
0 121
21
1ccch
��
��
JJ
J
essendo tutta l’espressione uguale all’entalpia totale, che è costante, allora anche la velocità c* sarà costante, quindi la si può utilizzare come grandezza di riferimento al pari delle grandezze di ristagno. Si possono scrivere anche le altre relazioni in funzione della grandezze di riferimento, si ha:
833,01
2
0
*
�
JT
T
634,01
2 11
0
*
¸̧¹
·¨̈©
§�
�J
JUU
528,01
2 1
0
*
¸̧¹
·¨̈©
§�
�JJ
JPP
Per l’aria J=1,4
Appunti del corso di Gasdinamica
- 30 -
da cui si vede che né le condizioni di ristagno né le condizioni critiche variano. Possiamo introdurre un numero di Mach, chiamato sonico, che ha la caratteristica molto importante di non dipendere dalla celerità del suono locale, quindi è direttamente proporzionale alla velocità (al contrario del numero di Mach definito nel modo classico):
*cuM s
Scriviamo l’equazione che lega il numero di Mach della corrente con il numero di Mach sonico, dividiamo per 1/2u2 la seguente equazione:
� �2*2
2
121
21
1cuc
��
�� J
JJ
2
2*
2
2
11
121
uc
uc
��
�
�JJ
J
22
1111
121
sMM ��
�
�JJ
J
� �� � 2
22
121MMM s ��
�
JJ
L’introduzione del Mach sonico ci permette di avere un numero di Mach che non diverge mai. Infatti, si può notare che quando la celerità del suono si annulla, il numero di Mach locale tende ad infinito, mentre quello sonico tende ad un valore finito.
u M Ms
0 0 0
u* 1 1
ulim f 11
��
JJ
Appunti del corso di Gasdinamica
- 31 -
Variazione dell’area in funzione del numero di Mach. Proviamo a trovare una relazione che ci lega la variazione dell’area della sezione, con il numero di Mach locale. Partiamo dall’equazione che ci dà la variazione della velocità dentro il condotto della corrente ideale:
AdA
Mudu
112 �
� �uduM
AdA 12 �
cerchiamo di poter esprimere il differenziale du, in funzione del numero di Mach, per fare ciò riscriviamo l’equazione dell’energia interna in funzione del numero di Mach:
� � ¸̧¹
·¨̈©
§�
� 22
0 121
21
Muh
J
differenziando:
� � dMM
uuduM
¸¹·
¨©§�
��¸̧
¹
·¨̈©
§�
� 32
2
11
221
1210
JJ
dividendo per u2:
� � � � MdM
MMudu
22 11
121
� ¸̧
¹
·¨̈©
§�
�JJ
� �
� � � � MdM
MMM
udu
22
2
11
112
� ¸̧
¹
·¨̈©
§���
JJJ
� � MdM
Mudu
2121��
J
sostituendo si ottiene:
� � MdM
MM
AdA
2
2
121
���
J
integrando da uno stato di riferimento, per esempio quello critico, fino ad uno stato locale qualunque, otteniamo:
� �121
2* 2
111
21 ��
»¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§ ��
�
JJ
JJ
MMA
A
Appunti del corso di Gasdinamica
- 32 -
Dalla relazione appena scritta, ci si accorge che essa è una funzione quadratica del numero di Mach, quindi intuiamo che per una data sezione ci saranno due valori di Mach possibili. Graficando la funzione trovata, si ha:
I due possibili numeri di Mach sono rispettivamente, il primo subsonico e il secondo supersonico.
Portata di massa Tenteremo di esprimere la portata di massa tramite delle grandezze più utili. Partiamo dalla portata e man mano cerchiamo di trasformarla:
uAm U .
1 M1 M2
A/A*
A1
1
M
A1
M1 1 M2
Appunti del corso di Gasdinamica
- 33 -
ARTRTP
M
MMcA
M
m JJJ
U
JJ 0
0
11
211
2
0.
211
211
��¸¹·
¨©§ ��
¸¹·
¨©§ ��
A
M
RTRTP
M
Mm21
2
0
0
0
11
2
.
211
211 ¸
¹·
¨©§ ��¸
¹·
¨©§ ��
� J
J
J J
� �
APRT
M
Mm 0012
1
2
.
211
J
J JJ��
¸¹·
¨©§ ��
Dalla relazione a cui siamo arrivati, possiamo notare che all’aumentare della pressione di riferimento, o al diminuire della temperatura di riferimento la portata di massa aumenta. Derivando la portata di massa rispetto al numero di Mach, si ottiene:
� �0
0121
2
122
.
211
211
211
PRT
M
MM
dM
AmdJ
J
JJ
JJ��
�
¸¹·
¨©§ ��
¸¹·
¨©§ ��
��
¸¹·
¨©§
e questa derivata si annulla per M=1. Questo risultato è di grande importanza pratica: la massima portata possibile sarà quando in una certa sezione del condotto, per date condizioni di ristagno, il numeri di Mach è unitario. Supponiamo di avere un sistema così fatto:
Pe
P0
L
X
Pb
Appunti del corso di Gasdinamica
- 34 -
Con Pb si indica la pressione esterna, con Pe si indica la pressione alla fine del convergente e con P0 la pressione di riferimento. Chiaramente se la pressione esterna e la pressione di riferimento sono uguali, non ci sarà moto della corrente. L’unica possibilità affinché ci sia un moto della corrente è che la pressione esterna sia più bassa della pressione di riferimento a monte del convergente. Ora si può notare come la pressione passi con continuità dal valore P0 al valore Pb, attraverso il valore che assume alla fine del convergente, cioè Pe. Ma questa continuità si mantiene finché la pressione nel punto Pe non coincide con la pressione di portata massima. Non si riesce più a diminuire la pressione esterna senza che questa presenti un salto fra quella all’uscita del convergente e quella esterna. Quando questo avviene la portata è massima, e si parla di ugello saturo. A questo punto anche se la pressione esterna diminuisce, la pressione Pe rimarrà sempre costante.
P0
Pb
(1) (2) (3) (4)
L
Md1 Pe=Pb
(1) (2) (4) (3)
Pe/P0
Pb/P0
(4) (3) (2) (1)
eAPTm
0
0
.
Pb/P0
Pe=Pb Ugello saturo
Appunti del corso di Gasdinamica
- 35 -
Si noti che per quanto riguarda la pressione, i punti (1) (2) (3) appartengono alla bisettrice del quadrante considerato ad indicare che la Pe è uguale alla Pb. La cuspide rappresenta la saturazione, il punto (4) si trova sulla retta che rappresenta la variazione fra la Pe e la Pb. Analogamente, per quanto riguarda la portata in massa, i punti (1) (2) (3) appartengono alla curva che rappresenta la variazione di massa al variare del rapporto fra la Pe e la Pb. Il punto (4) si trova sulla retta che rappresenta la portata di massa costante dopo al saturazione. Dalla relazione tra l’area della sezione e il numero di Mach, è possibile graficare qualitativamente l’andamento dei numeri di Mach all’ingresso e all’uscita di un convergente e/o di un divergente. Supponiamo che la sezione di ingresso sia minore della sezione d’uscita, si ha: Riportiamo ora l’andamento qualitativo dei numeri di Mach d’ingresso e d’uscita per il divergente. Questo divergente può avere parete rettilinee, linea continua, o presentare una gola, linea tratteggiata:
M2
M1
1
1
Divergente lineare: se il M all’ingresso è subsonico all’uscita
sarà subsonico
Divergente lineare: se M all’ingresso è supersonico all’uscita sarà subsonico
Condotto con gola: se M all’ingresso è supersonico all’uscita sarà subsonico
Condotto con gola: se M all’ingresso è
subsonico all’uscita sarà supersonico
A1 M1
A2 M2
Appunti del corso di Gasdinamica
- 36 -
In maniera analoga, un condotto che ha sezioni di uscita uguali, potrà avere un andamento rettilineo, linea continua, oppure presentare una gola, linea tratteggiata. L’andamento qualitativo del Mach sarà: Se invece, siamo nel caso in cui la sezione d’ingresso è maggiore della sezione d’uscita, allora siamo in presenza di un convergente. Il quale può avere anch’esso pareti rettilinee oppure presentare una gola: Avremo un andamento qualitativo del numero di Mach del tipo:
1
1
M1
M2
Condotto lineare: M non varia
Condotto con gola
A1
M1
A2 M2
Appunti del corso di Gasdinamica
- 37 -
Corrente adiabatica in condotto a sezione costante con attrito a parete. Scriviamo il sistema di equazioni di bilancio, che nel nostro caso ci danno due equazioni costanti, infatti, l’equazione della massa e dell’energia interna saranno:
°̄
°®
�
cost21h
cost
02 hu
GuU
possiamo sostituire la velocità u nell’equazione di bilancio dell’energia, ed avere:
02
2
21 hGh �U
dove G e h0 sono costanti che caratterizzano la corrente. Plottando la funzione h=h(1/U) otteniamo:
Minimo M all’ingresso per avere M=1 all’uscita
1
1
M1
M2
Condotto lineare: se il M all’ingresso è subsonico all’uscita sarà subsonico
Condotto lineare: se M all’ingresso è supersonico all’uscita sarà supersonico
Massimo M all’ingresso per avere M=1 all’uscita
Condotto con gola: se M all’ingresso è supersonico all’uscita sarà subsonico
Condotto con gola: se M all’ingresso è subsonico all’uscita sarà supersonico
Non esiste soluzione
Appunti del corso di Gasdinamica
- 38 -
Tali curve rappresentano il luogo degli stati termodinamici che soddisfano il sistema di equazioni soprascritto. Questa rappresentazione non è efficace, come la rappresentazione di Fanno, cioè la rappresentazione sul piano (s,h). A tale scopo vogliamo ricavare la densità come funzione dell’entalpia e dell’entropia U=U(h,s), lo si può fare in diversi modi per esempio partendo dall’entropia come funzine di h e U:
0ln cPcs v �¸̧¹
·¨̈©
§ JU
hPPh UJ
JUJ
J 11
� �
�
01
1ln chcs v �¸̧¹
·¨̈©
§ � �JUJ
J
invertendo e ricavando la densità, possiamo andare a sostituirla dentro l’equazione di bilancio dell’entalpia totale. Graficando questa nuova funzione delle sole variabili h e s, si ha la seguente famiglia di curve:
h h0
G
1/U
S
h
G
Appunti del corso di Gasdinamica
- 39 -
Introducendo l’impulso, definito come:
PAAuI � 2U
possiamo riscrivere l’equazione della quantità di moto, come:
³ 6� 2
121 dII wW
Supponendo di conoscere le condizioni alla sezione 1 del condotto, alla sezione 2 le grandezze che variano sono la quantità di moto e conseguentemente l’impulso. Sulla curva di Fanno, le condizioni d’ingresso e d’uscita, rappresentate da punti, sono univocamente determinate su una curva a G costante.
U2u2=U1u1 h2=h1 I2zI1
U1u1 h1 I1
1 2
1 2 A
h
S
Tale punto si trova posizionato in corrispondenza di un’ascissa ad entropia maggiore rispetto al punto 1
Variazione di entropia nulla, A punto di max per l’entropia
Appunti del corso di Gasdinamica
- 40 -
A questo punto scriviamo le equazioni di bilancio in forma differenziale:
x Conservazione della massa:
� � 0 ud U
0 � UU uddu
0 �UUd
udu
x Conservazione dell’energia:
0 � ududh
Andando a scrivere le nostre equazioni nel punto di massimo di entropia, punto A, dove sappiamo che il ds=0, si ottiene:
dPdPTdsdhUU11
�
01012 ���� � �
UU
UUUd
udPdP
uduududP
sddPuU
2
Quindi in A u2 è uguale a c2, cioè siamo in condizione soniche, M=1. Riprendendo la curva di Fanno a G fissata, una trasformazione isoentropica interseca tale curva in due punti (1 e 1’). Il nostro obiettivo è scoprire la natura di queste due soluzioni.
Conservazione della massa
1 M<1 2 A 2’ 1c M>1
h
S
Appunti del corso di Gasdinamica
- 41 -
Sfruttiamo la relazione sull’entalpia totale:
02
21 huh �
quindi u1’ sarà maggiore di u1, infatti, l’entalpia nel punto 1 è maggiore, dovendosi conservare quella totale la velocità nel punto 1’ compensa la diminuizione dell’entalpia. Questo ci fa capire che tutto il tratto di soluzioni che vanno dal punto 1 al punto A sono soluzioni con Mach subsonico. Viceversa dal punto 1’ fino al punto A il numero di Mach sarà supersonico. A conferma di quanto asserito riportiamo il rapporto fra le temperature in funzione del numero di Mach:
¸¹·
¨©§ �� 2
00 211 M
TcTc
hh
p
p J
Se all’entrata del condotto il flusso è subsonico all’uscita sarà subsonico al limite sonico; chiaramente ciò dipende dal coefficiente d’attrito del condotto. Analogamente per il caso supersonico. Generalmente l’attrito è espresso tramite il coefficiente d’attrito, tanto più grande è il coefficiente d’attrito, tanto più grande dovrà essere l’impulso, di conseguenza il tratto da percorrere sulla curva di Fanno sarà più lungo. Infatti, supponiamo un condotto sì fatto: Supponiamo di avere all’ingresso un Mach subsonico, e di continuare ad avere alla sezione 2 ancora un Mach subsonico. A questo punto pensiamo di poter allungare il nostro condotto di una lunghezza tale da avere all’uscita A condizioni soniche. Se volessimo allungare ulteriormente il condotto ci accorgeremmo che la soluzione non esiste in condizioni stazionarie. Se volessimo conservare la lunghezza del condotto fino alla sezione B, avremmo a disposizione due strade; a) spostarci su un’altra curva di Fanno cioè variare la portata facendo variare la G, b) oppure diminuire il numero di Mach d’ingresso nella sezione 1.
1 2 A B M<1
wHdf Wo, M=1
Appunti del corso di Gasdinamica
- 42 -
Infatti, quello che succede nella realtà quando si allunga il condotto dopo la sezione sonica, è di avere una diminuizione della portata nella sezione d’uscita. Quindi la corrente fluida va a trovare automaticamente una soluzione di equilibrio. Andiamo adesso a verificare se l’aumento del numero di Mach è dovuto all’aumento della velocità, oppure alla diminuizione della celerità del suono. L’equazione della conservazione della massa resta invariata rispetto a come scritta in precedenza:
0 �UUd
udu
L’equazione di bilancio dell’entalpia può essere scritta come:
0 � ududh
0 � ududTcp
02
�udu
Tcu
TdT
p
0
1
2
�
�udu
TRu
TdT
JJ
� � 01
2
2
�
�udu
cu
TdT J
� � 01 2 ��uduM
TdT J
L’equazione di bilancio della quantità di moto, diventa:
� � dxd
PudH
w42 WU � �
esprimendo lo sforzo d’attrito come:
fuw2
21 UW
dove con f si è indicato il coefficiente d’attrito, l’equazione della quantità di moto diventa:
Appunti del corso di Gasdinamica
- 43 -
� � dxdfuPud
H
421 22 UU � �
dxdfudPudu
H
421 2UU � �
dividendo per il prodotto Uu2, si ha:
dxdf
udP
udu
H
421
2 � �U
ma sappiamo che,
22
cPPc JU
UJ �
l’equazione sarà:
dxdf
PudPc
udu
H
421
2
2
� �J
dxdf
PdP
Mudu
H
4211
2 � �J
Dall’equazione di stato per i gas perfetti possiamo scrivere:
TdTd
PdP
� UU
Infine dalla definizione del numero di Mach possiamo ricavare la relazione:
RTu
cuM
J
2
2
22
� �RTuRTuM JJ
lnln2lnln2
2 � ¸̧¹
·¨̈©
§
differenziando si ha:
TdT
udu
MdM
� 22
2
A questo punto non ci resta che esplicitare dalle formule di bilancio che abbiamo scritto il differenziale della velocità, per poi sostituirlo nell’equazione di bilancio della quantità di moto. Ed infine sostituire quest’ultimo con il differenziale del numero di Mach.
Appunti del corso di Gasdinamica
- 44 -
Abbiamo:
udud
� UU
� �uduM
TdT 21�� J
dall’equazione di stato per i gas perfetti si ha:
� �� �uduM
PdP 211 ��� J
� �� �uduM
MdM 2
2
2
12 �� J � 2
2
2
2112
1MdM
Mudu
¸¹·
¨©§ ��
J
e sotituendo tutto nell’equazione della quantità di moto, si ottiene:
� � dxdf
MM
udu
H
421111 2
2
� ¸̧¹
·¨̈©
§ ���
JJ
� � dx
df
MdM
MMMM
H
421
2112
1112
2
22
22
� ¸¹·
¨©§ ��
¸̧¹
·¨̈©
§ ���JJ
JJ
dxdf
MdM
MM
M
H
4
211
12
2
22
2
¸¹·
¨©§ ��
�JJ
integrando l’equazione trovata tra una condizione di riferimento, per esempio quella sonica, ed una sezione qualunque del nostro condotto, si ha:
³³ ¸¹·
¨©§ ��
� max
0
1
2
2
22
2 4
211
1 L
HM
dxdf
MdM
MM
MJJ
� � � �MgM
MMML
df
H
¸¸¸¸
¹
·
¨¨¨¨
©
§
¸¹·
¨©§ ��
���
�
2
2
2
2
max
2112
1ln2
114J
JJ
JJ
con f si è indicato il valore medio del coefficiente d’attrito lungo il condotto.
Appunti del corso di Gasdinamica
- 45 -
Possiamo integrare anche le altre relazioni che ci danno le grandezze in funzione del numero di Mach, tra le grandezze di riferimento e quelle relative alla sezione considerata, ed avere:
� �MMT
T EJJ
¸¹·
¨©§ ��
�
2*
2112
1
� �> @21
*
1 MMP
P E
� �> @ 21
*
1 � MM
EUU
� �> @21
* MMuu E
e le pressioni totali diventano:
� �> @� �� �12
1
*0
0 1���
JJ
E MMP
P
Da queste relazioni possiamo capire che, la funzione E(M) decresce con l’aumentare del numero di Mach. Quindi la temperatura diminuisce all’aumentare del Mach, e diminuendo la temperatura diminuisce anche la celerità del suono. Guardando la relazione che lega E(M) alla velocità, possiamo notare che anch’essa propabilmente aumenta, ma questo aumento è smorzato dal prodotto con M. Vogliamo vedere adesso come usare le informazioni cosi’ ricavate. Supponiamo di avere un condotto lungo L, e di conoscere anche le condizioni all’ingresso, vogliamo scoprire le condizioni all’uscita del condotto.
Lmax Lmax2 M1 M2 L
Appunti del corso di Gasdinamica
- 46 -
Abbiamo detto di conoscere le condizioni all’ingresso, quindi conosciamo M1. Dal M1 possiamo conoscere la g(M1), la quale ci da la lunghezza massima che può avere il condotto affinché in uscita abbia condizioni soniche. Se il condotto è più lungo della lunghezza massima, allora non possiamo trovare soluzioni stazionarie. Se il condotto ha una lunghezza minore della lunghezza massima trovata, possiamo considerare la differenza tra Lmax e la lunghezza L del condotto, come quella lunghezza massima di un condotto immaginario che ha in ingresso le condizioni che stiamo cercando. Trovata la Lmax2=Lmax � L basterà applicare il procedimento inverso, cioè trovare la g(M2) tramite la Lmax2, e poi M2:
� � � � 222maxmax11 MMgLLMgM �����
Corrente in condotto a sezione costante con apporto di calore
Andiamo a trattare lo stesso problema visto in precedenza, con la sola differenza di supporre nullo l’attrito con le pareti, ma di prendere in esame una interazione di calore con l’esterno. Le equazioni che questa volta rimangono costanti saranno, quella della massa e l’equazione di bilancio di quantità di moto, cioè:
°̄
°®
�
cost
cost
AIPu
Gu2U
U
e l’equazione che varierà sarà quella dell’energia, funzione dell’apporto di calore:
qLhh � 2,01,0
abbiamo aggiunto la lunghezza L, poiché scegliamo di usare la grandezza q
introdotta in precedenza, ricordiamo che essa ha dimensioni »¼
º«¬
ª�mkgJ .
Come fatto in precedenza, anche qua possiamo mettere assieme le due equazioni di bilancio costanti, per poi poter esprimere l’equazione rimanente in funzione dell’entalpia e dell’entropia, per costruire delle curve a G costante, chiamate questa volta curve di Rayleigh:
� �� �°
°
¯
°°
®
�
shPPshAIPG
,,
2
UUU
Appunti del corso di Gasdinamica
- 47 -
Disegnando le curve su un piano (h,s) otteniamo: Come possiamo notare da queste curve, esse presentano ancora un massimo di entropia, e si può dimostrare che questo massimo coincide con condizioni soniche, e che il ramo superiore è luogo di soluzioni subsoniche e quello inferiore è luogo di soluzioni supersoniche. Una particolarità che hanno queste curve rispetto a quelle di Fanno, sta nel fatto che queste possono essere percorse nei due sensi. Infatti a secondo del verso del calore, la variazione di entropia sarà positiva, quindi ci sposteremo verso il massimo, oppure negativa, allora ci allontaneremo dal massimo. Un’altra caratteristica interessante da notare, è che la curva presenta anche un massimo di entalpia. Sappiamo che:
J1
BM
S
h
G
1 B M<1 A 1’ M>1
h
S
Appunti del corso di Gasdinamica
- 48 -
Quindi, se stiamo fornendo calore alla corrente, ci si muovera’ dal punto 1 al punto B. Il calore fornito fa aumentare sia il Mach sia l’entalpia, ciò che non avveniva sulle curve di Fanno. Aumentando l’entalpia aumenta anche la temperatura, quindi il punto B rappresenta il massimo di temperatura. Man mano che si fornisce calore, ci si sposta verso destra, superando il punto B. Superato tale punto, la temperatura torna a diminuire, quindi il calore fornito non serve più al suo aumento ma all’ incremento dell’energia cinetica della corrente. E’ l’energia cinetica stessa che sottrae calore all’energia interna della corrente per poter aumentare. Riprendiamo adesso le equazioni di bilancio per trovare una relazione fra la temperatura totale e il numero di Mach della corrente. L’equazione della conservazione della massa è:
0 �udud
UU
L’equazione della quantità di moto sarà:
0 � dPuduU
02 �udP
udu
U
012 �PdP
Mudu
J
L’equazione dell’energia diventa:
qdxdTcp 0 (dato del problema)
L’equazione di stato dei gas perfetti:
TdTd
PdP
� UU
e la relazione del numero di Mach è:
TdT
udu
MdM
� 22
2
dall’equazione dell’energia si può ancora scrivere:
ududTcdTc pp � 0
Appunti del corso di Gasdinamica
- 49 -
� � � �uduM
TdT
udu
RTu
TdT
udu
Tcu
TdT
TdT
p
222
0 11��
�� � J
JJ
dalla relazione:
20
211 M
TT �
� J
possiamo ricavare T e sostituirla nella relazione differenziale, si ottiene:
� � ¸¹·
¨©§ ��
��
uduM
TdT
MTdT 2
20
0 1
211
1 JJ
se operiamo come fatto nel caso dell’attrito, otterremo una funzione differenziale del tipo:
� � 0
02
2
22
2
2111
1TdT
MdM
MM
M
¸¹·
¨©§ ���
�JJ
ed integrando fra le condizioni soniche e le condizioni che vogliamo trovare in una sezione qualunque, si ha:
� �
� �2
22
*0
0
12
1112
M
MM
TT
J
JJ
�
¸¹·
¨©§ ���
� �MgM
MTTT
¸̧¹
·¨̈©
§�
�
�2
2
2
*0
0*
0
11
J (&)
Questa relazione la possiamo sfruttare nel caso in cui avendo un condotto, di cui conosciamo le condizioni in ingresso vogliamo conoscere le condizioni in uscita.
q T0,1 T0,2 M1 M2 L
T0* è
l’apporto massimo di calore che si può avere noto M
Appunti del corso di Gasdinamica
- 50 -
Infatti, dalla relazione:
� �1,02,0 TTcqL p �
possiamo ricavare la temperatura della sezione 2, e dalla (&) troveremo la temperatura a condizioni soniche. Se la temperatura T0,2 è minore della T0
* allora possiamo riapplicare la (&) per trovare la funzione g(M2), ed infine da quest’ultima il M2 cercato.
Corrente ideale a sezione variabile con apporto di calore e attrito a parete. Tutti gli effetti che abbiamo studiato separatamente, possono essere messi tutti assieme per dare una formula generale che è adatta per applicazioni pratiche. Ci limiteremo a dare solo la formula senza ulteriori sviluppi:
� � »¼
º«¬
ª����
�
��
HdfdxM
TdT
MAdA
M
M
MdM 412
12
112
0
022
2
2
2
JJ
J
Appunti del corso di Gasdinamica
- 51 -
Soluzione discontinua
Onda d’urto normale Abbiamo visto fino ad ora delle soluzioni continue del nostro problema stazionario, vogliamo andare a studiare come può essere fatta una possibile soluzione discontinua, senza preoccuparci per ora come nasce e perché nasce questa soluzione discontinua. Quando la soluzione e’ discontinua, non possiamo piu’ ricorrere alle equazioni differenziali che richiedono, per l’appunto, la differenziabilita’ della soluzione. Pero’ le leggi di conservazione continuano ad essere valide nella loro forma integrale. Possiamo considerare una soluzione stazionaria se poniamo il sistema di riferimento solidale con la discontinuita’, ovvero ci poniamo nella condizione di una corrente uniforme attraverso un’onda d’urto normale stazionaria. Consideriamo un volume di controllo posto a cavallo della discontinuita’, con sezione unitaria frontale. Le facce del volume di controllo perpendicolari alla corrente sono le nostre sezioni 1 e 2. Per via della scelta fatta, si puo’ andare ad escludere sia l’attrito con la parete che l’apporto di calore, poiché si suppone che la dimensione lungo x del volume di controllo sia infinitesima quindi non consenta grosse interazioni dissipative. Andiamo a scrivere il sistema di equazioni di bilancio:
°°¯
°°®
� �
� �
222
211
22221
211
2211
21
21 uhuh
PuPuuu
UUUU
Dal sistema possiamo accorgerci che una soluzione è sempre quella banale, cioè che le grandezze allo stato 1 siano uguali alle grandezze allo stato 2. Un’altra possibile soluzione è quella in cui le grandezze sono discontinue, ci poniamo il problema di capire se la soluzione discontinua esiste ed è compatibile con il problema stazionario che stiamo trattando. Rappresentiamo la velocità attraverso la discontinuità supposta; essa dovrebbe, quindi, presentare una discontinuità a gradino:
1 2
Appunti del corso di Gasdinamica
- 52 -
Possiamo concludere che il salto delle grandezze è ampiamente determinato dall’equazioni di bilancio che abbiamo scritto in precedenza. Nelle quali gli effetti della viscosità e della conducibilità sono stati trascurati, poiché questi effetti fanno sentire la loro forte presenza solo all’interno della discontinuità, che ha comunque una lunghezza infinitesima, quindi trascurabile nelle scale spaziali che stiamo trattando. Se ci ponessimo all’interno della discontinuità le nostre equazioni non sarebbero più valide, anzi molto probabilmente non sarebbe più valida la condizione del continuo. All’atto pratico si può determinare che lo spessore della discontinuità varia da 10�6y10�7 m in condizioni normali, ma malgrado gli effetti della temperatura non sale mai sopra i 10�4 m. Riprendendo il sistema di equazioni di bilancio notiamo che dato gli effetti irreversibili causati dalla discontinuità, l’entalpia non si conserva. Dall’equazione di continuità posso scrivere:
Guu 2211 UU
2
2
1
1
vu
vuG
sostituendo nell’ equazione della quantità di moto, si ottiene:
222
112 PvGPvG � �
Andamento reale della velocità
Spessore dell’onda d’urto, dove gli effetti della viscosità e della conducibilità termica non sono trascurabili
u
x
Appunti del corso di Gasdinamica
- 53 -
21
122
vvPPG
��
l’equazione di bilancio dell’entalpia diventa, ricordando anche che
111
2
�
�
�
JJ
JJ
JPvRTch :
22
222
21
211 2
112
11
vGvPvGvP ��
�� J
JJJ
� � � � 021
121
22
21122 ���
�vvGvPvP
JJ
e sostituendo la G trovata in precedenza si ha:
� � � �� � 021
1 21121122 �����
vvPPvPvPJJ
Questa relazione può essere rappresentata su un piano (P,v) e a partire da delle condizioni iniziali (P1,v1) ci da tutte le possibili soluzioni (P2,v2). Questa curva prende il nome di curva di Rankine-Hugoniot, e ci da tutte le soluzioni possibili dopo la discontinuità a partire dalle condizioni iniziali (P1,v1). Come si vede chiaramente la curva comprende anche la soluzione banale, cioè il set di soluzioni continue (P1,v1). Se indichiamo con [ ] la differenza attraverso la discontinuità, si può anche scrivere:
P P1
v1 v
Appunti del corso di Gasdinamica
- 54 -
> @> @
°°°
¯
°°°
®
»¼
º«¬
ª�
�
02
00
2
2
uh
Puu
UU
Queste sono le relazioni di salto che ci hanno permesso di plottare tutti i possibili salti a valle note le condizioni a monte. Ci proponiamo di capire se veramente tutti i punti della curva sono soluzioni possibili. Certamente lo sono algebricamente, ma non e’ detto che lo siano anche dal punto di vista fisico. Prendiamo due possibili soluzioni A e B, la prima nel ramo al di sopra della soluzione banale, la seconda nel ramo inferiore alla soluzione banale. Si nota come nella soluzione A la pressione sia aumentata, sia diminuito il volume specifico quindi sia aumentata la densità, nella soluzione B sia diminuita la pressione, sia aumentato il volume specifico quindi sia diminuita la densità. Ma queste considerazioni non ci vengono in aiuto per discernere la fisicità della soluzione. Riccoriamo, a tal proposito, al 2 principio della termodinamica. Vediamo cosa succede all’entropia nelle due soluzioni A e B. Essendo state ricavate dal solito sistema di bilancio, esse sono anche soluzioni particolari delle correnti che abbiamo studiato in precedenza con la variante di non avere attrito e apporto di calore, quindi sono anche punti delle curve di Fanno e di Rayleigh. Stiamo chiedendo che l’energia (Fanno) e la quantità di moto (Rayleigh) siano verificate contemporaneamente. In particolare, saranno le intersezioni di queste due curve, che dovranno essere soltanto due, perché l’equazione della curva di Rankine-Hugoniot è quadratica. Rappresentando su un piano (h,s) le curve di Fanno e di Rayleigh, si ha un grafico del tipo:
P P1
v1 v
A
B
Appunti del corso di Gasdinamica
- 55 -
Il grafico precedente ci fa capire che la soluzione possibile è quelle che porta da una velocità supersonica (punto sul ramo inferiore delle curve) ad una velocità subsonica (punto sul ramo superiore delle curve. Ricordiamo a tal proposito che, in corrispondenza di un urto, il fenomeno e’ irreversibile quindi s2>s1; l’energia cinetica si dissipa in energia interna. Il decremento di velocità implica un aumento di pressione, la soluzione possibile è quella relativa al punto A sulla curva di R-H. Possiamo dire che i punti che stanno sopra la soluzione banale sulla curva R-H sono tutti soluzioni fisicamente possibili di discontinuità, i punti che stanno sotto la soluzione banale sono soluzione fisicamente impossibili. Si può anche parlare di ramo di urti di compressione (superiore) e ramo di urti di decompressione (inferiore fisicamente impossibili).
Urto debole Per legare il salto isoentropico al salto di pressione, consideriamo dapprima urti deboli, per cui la discontinuità nelle variabili é piccola.
s
h Rayleigh
Fanno
s2 s1
Passaggio dalla soluzione banale
a quella discontinua.
Questo soddisfa il 2° principio della
termodinamica
P P1
v1 v
Urto di compressione: s2>s1
Urto di rarefazione: s2<s1 non accettabile fisicamente
Appunti del corso di Gasdinamica
- 56 -
Espandiamo hhh ' � 12 e vvv ' � 12 in termini di sss ' � 12 e PPP ' � 12 e poi
utilizziamo � �� �121212 21 vvPPhh �� � .
Occorre espandere il 'h fino al terzo ordine.
33
1
32
21
2
11 61
21 P
PhP
PhP
Phs
shh
sssP
'ww
�'ww
�'ww
�'ww
'
Utizzando la Tds=dh-vdP abbiamo:
vPheT
sh
sP
ww
ww
e quindi:
32
1
22
111 6
121 P
PvP
PvPvsTh
ss
'ww
�'ww
�'�' '
Conviene poi espandere 'v solo in termini di 'P:
22
1
2
1 21 PPvP
Pvv
ss
'ww
�'ww
'
Introducendo 'h e 'v nella � �� �121212 21 vvPPhh �� � otteniamo:
0212
21.....
61
21 2
21
2
11
32
1
22
111 ¸
¸¹
·¨¨©
§'
ww
�'ww
�'��'ww
�'ww
�'�' PPvP
PvvPP
PvP
PvPvsT
ss
3
21
2
1 121 PPvsTs
'ww
�'
3
21
2
1121 P
Pv
Ts
s
'ww
'
Se gli stati sono vicini posso espandere in serie di Taylor
Stato 1 noto da cui parte lo sviluppo
Appunti del corso di Gasdinamica
- 57 -
Sperimentalmente risulta che la comprimibilità di un fluido (sP
vww
� ) diminuisce
all’aumentare della pressione, quindi sP
v2
2
ww >0 e 3Ps 'v' . Ne segue che, per
avere 's>0, deve essere p2>p1. Possiamo diagrammare nel piano (v,P) la curva di Rankine-Hugoniot insieme all’isoentropica passante per il punto (v1,P1). Nel punto (v1,P1) hanno uguale derivata prima e seconda. Quando si considera p2>p1 per l’urto si ha s2>s1, per l’isoentropica s2=s1. Andiamo ora a considerare due punti sulla curva Rankine-Hugoniot e ad analizzarne la pendenza.
Deve quindi essere p2>p1. La pendenza della retta 1-2 sul piano (P,v) corrisponde al flusso di massa G2:
2
12
12 GvvPP
��
La pendenza locale della curva in 1 è minore della pendenza della retta, ne segue che:
svPGww
�!2
Ma: 21
11
21
212
1
212 cP
vPvu
vP
vuG
sss
ww
ww
�!�ww
�! U
P P1
v1 v
Isoentropica
Rankine-Hugoniot
1
2
Poiché la tangente della curva degli urti coincide con l’isoentropica
Appunti del corso di Gasdinamica
- 58 -
Nel punto 1 il flusso di massa che passa attraverso l’urto è tale per cui 21
21 cu ! e
quindi M1>1. La retta 1-2 ha pendenza minore rispetto alla pendenza locale della curva nel punto2. In maniera analoga si ricava che 2
222 cu � e quindi M2<1.
Ripartiamo da:
)3()2()1(
21
121
122
222
1
21
22221
211
2211
°°
¯
°°
®
��
��
� �
ucucPuPu
uu
JJ
UUUU
2
22
21
21
122
22
11
11)2(
ucu
ucu
uPu
uPu
JJUU� ��� ��
���
��
��
� 2*2*
22
222
1
21
21
121
121
1)3( ccucuc
JJJ
21
21
21 2*2
222
21
21
��
��
���
JJJ cucuc
Utilizzando il bilancio di quantità di moto, come modificato prima, si ottiene:
�¸¹·
¨©§ �
��
� ¸¹·
¨©§ �
��
� 22
2*
22
21
2*
11 2
12
112
12
11 ucu
uucu
u JJJ
JJJ
��
�¸̧¹
·¨̈©
§ ��
��¸̧
¹
·¨̈©
§ ���
2
2*
21
2*
1 21
211
21
211
ucu
ucu
JJ
JJ
JJ
JJ
��
��
�
��
�2
2*
21
2*
1 21
21
21
21
ucu
ucu
JJ
JJ
JJ
JJ
2
2*
21
2*
1 ucu
ucu � ��
JUUJ
22 cPcP
�
Appunti del corso di Gasdinamica
- 59 -
Riordinando i termini in modo da far comparire il numero di Mach sonico, possiamo scrivere:
� �¸¸¹
·¨¨©
§ � � 21
2*
1
122*12
2
uucuuucuu
u
121 ss MM
che si può riscrivere anche come:
12
1
ss M
M
Se Ms1>1 allora Ms2<1 e viceversa. Possiamo anche scrivere l’espressione per il numero di Mach a valle dell’urto in funzione del numero di Mach a monte dell’urto.
� �� �1212
21
212
2 ����
JJ
JM
MM
Per le altre quantità di nostro interesse possiamo scrivere:
� �� � 2
1
21
1
21
2
1211MM
uu ��
�
JJ
UU
� � 111
2 21
1
2 ���
MPP
JJ
Si può definire una nuova quantità che chiameremo intensità dell’urto:
� �11
2 21
1
12 ��
�
MPPPI
JJ
Tutte le grandezze sin ora scritte sono, comunque, già tabulate. Nel seguito riportiamo alcune tabelle:
Relazione di Prandtl
Appunti del corso di Gasdinamica
- 64 -
Abbiamo parlato sempre di onda d’urto normale, cosa che nel nostro modello unidimensionale è del tutto scontato, ma nella realtà non è sempre vero: Se supponiamo di avere un musetto d’aereo con una corrente sufficientemente veloce da causare un’onda d’urto staccata, essa non sarà certamente normale. Ma possiamo considerare sempre la componente normale della velocità all’onda e riportarci nel sistema di riferimento di cui abbiamo le equazioni di bilancio.
Caso tridimensionale Consideriamo il caso monodimensionale, ma generale, di una superficie di discontinuità con normale diretta come l’asse x e di area unitaria. Prendiamo un volume di controllo attorno all’onda d’urto per poter fare il bilancio integrale delle grandezze a monte e a valle dell’onda d’urto:
x
z
y
Onda d’urto stazionaria piana
Mf
Componente normale della
velocità asintotica
Onda d’urto stazionario ma non
normale
Appunti del corso di Gasdinamica
- 65 -
Dal vettore velocità � �Tzyx uuuV ,, , si ha il bilancio:
> @> @> @> @� �°
°°
¯
°°°
®
»¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§ ���
�
021
000
0
222
2
zyxx
zx
yx
x
x
uuuhu
uuuuPu
u
U
UUUU
da questo sistema di equazioni si possono ricavare due possibili sottosistemi, a secondo del valore della costante Uux. x Se Uux z 0 allora il sistema diventa:
> @> @
> @> @
°°°
¯
°°°
®
»¼º
«¬ª �
�
021
00
00
2
2
x
z
y
x
x
uh
uuPu
uUU
si nota come la differenza con il caso monodimensionale sta nelle due relazioni aggiuntive che ci danno la costanza delle componenti ortogonali della velocità all'onda d’urto. In questo caso si parla di discontinuità d’onda d’urto.
x Se Uux=0, significa che ux1=ux2=0 il sistema ci darà delle relazioni che si
mantengono discontinue a cavallo dell’onda d’urto, tranne la seconda,
> @ 0 P
la quale ci dice che la pressione a cavallo della discontinuità si mantiene costante. Questa discontinuità viene chiamata, discontinuità di contatto o di scia (aero).
Studiamo l’andamento qualitativo delle grandezze fisiche all’interno di un ugello convergente-divergente al variare del regime di moto. Supponiamo che l’ugello sia collegato ad un serbatoio con condizioni iniziali (P0,T0) e che all’uscita dell’ugello ci sia la pressione esterna Pb, che possiamo far variare. La sezione di gola viene indicata con la lettera g, e la sezione d’uscita con la lettera e. Ricordiamo che per una corrente isoentropica valgono le relazioni:
Appunti del corso di Gasdinamica
- 66 -
� �121
2* 2
111
21 ��
¸̧¹
·¨̈©
§¸¹·
¨©§ ��
�
JJ
JJ
MMA
A (I)
� �
APRT
M
Mm 0012
1
2
.
211
J
J JJ��
¸¹·
¨©§ ��
(II)
120
211
�¸¹·
¨©§ ��
JJ
J MPP
(III)
Otteniamo un andamento della pressione P/P0, lungo il condotto, del tipo:
Se la pressione esterna è uguale alla pressione del serbatoio non ci sarà nessun moto. Se invece la Pb < P0 c’è un moto del fluido dal serbatoio verso l’esterno. Più è bassa la pressione esterna più alta sarà la velocità del fluido dentro l’ugello, con la possibilità di avere condizioni soniche alla gola. Quindi regolando la pressione esterna possiamo ottenere condizioni soniche in gola, quando accade ciò, sappiamo che la corrente può comportarsi in due modi diversi: o ritornare ad essere subsonica (2) o diventare supersonica (3). Tutte le soluzioni comprese fra (1) e (2) e la soluzione (3), sono soluzioni stazionarie isoentropiche in quanto non c’è stato alcun salto delle grandezze fisiche. Abbassando ulteriormente la pressione esterna, la corrente dopo la gola presenterà delle discontinuità della pressione causate da un’onda d’urto dentro la parte divergente del condotto. La corrente diventerà subsonica e la pressione aumenterà fino alla pressione esterna (4).
(1) (2) (4) (5) (6) (3)
P/P0 1
g e
Danno vita a fenomeni che avvengono fuori dall’ugello
Discontinuità data dall’onda d’urto
Appunti del corso di Gasdinamica
- 67 -
Man mano che la pressione esterna diminuisce l’onda d’urto si forma sempre più a valle (5) fino ad arrivare alla sezione d’uscita (6), dove si avrà a monte dell’onda d’urto (dentro l’ugello) la pressione (3) a valle dell’onda d’urto (all’esterno) la pressione (6). Le soluzioni comprese fra la (2) e la (6) sono soluzioni stazionarie ma non isoentropiche, in quanto causate da discontinuità. Ci proponiamo di calcolare la pressione esterna che ci dia condizioni soniche in gola. L’ugello dovrà essere adattato, cioè la pressione esterna dovrà essere quella della sezione d’uscita dell’ugello. Dalla (I) mettendo come dato l’area della sezione d’uscita ricaviamo il Mach della sezione d’uscita, che può essere subsonico o supersonico. Da questo tramite la (III) risaliamo alla pressione esterna che è quella cercata, la (2) se utilizziamo il Mach subsonico, la (3) se utilizziamo quello supersonico. Se volessimo calcolare la pressione (6), potremmo utilizzare la relazione:
� � 111
2 2
1
2 ���
MPP
JJ
che ci dà la pressione totale a valle dell’onda d’urto in funzione della pressione totale a monte e del numero di Mach della corrente. Vogliamo calcolare la posizione dell’onda d’urto dentro il divergente, cioè ricavare la sezione dove essa si genera. Ricordiamo che attraverso l’urto, l’entalpia totale si mantiene costante, quindi anche la temperatura. Dalla (II) specializzata in condizioni critiche possiamo dire che, mantenendosi la portata costante l’ungo il condotto:
� �
costante
¸¹·
¨©§ ��
��
*0
0121
*.
211
1 APRT
m J
J JJ
costante *
0AP
*22,00 APAP g
dove P0 è la pressione nel serbatoio, Ag è la sezione di gola, P0,2 e A2* sono rispettivamente la pressione totale e la sezione critica di una ipotetica corrente isoentropica che non vede a monte di se stessa l’onda d’urto. Poiché l’onda d’urto fa diminuire la pressione totale, l’area A2* è maggiore dell’area di gola Ag. Come abbiamo già intuito, possiamo pensare che il sistema si compone di due correnti isoentropiche distinte, una a monte dell’onda d’urto e una a valle di essa. Questo permette di scrivere per la corrente dopo l’urto:
Appunti del corso di Gasdinamica
- 68 -
122,0
211
�¸¹·
¨©§ ��
JJ
Je
e
MPP
e � �12
1
2*2 2
111
21 ��
»¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§ ��
�
JJ
JJ e
e
e MMA
A
Abbiamo ricavato la pressione P0,2 e l’area A2* in funzione del numero di Mach d’uscita, della sezione d’uscita e della pressione d’uscita, tutti dati che già abbiamo. Sostituendo si ha:
� �JJ
JJ
JJJJ �
�
�
»¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§ ��
�¸¹·
¨©§ ��
121
2120 2
111
22
11 eeeeeg MMAMPAP
� � � �JJ
JJ
JJ
JJJ �
�
��
��
¸̧¹
·¨̈©
§�
¸¹·
¨©§ ��
121
121
120
12
211 ee
ee
g MMAPAP
� � 21
212
1
0
211
12
¸¹·
¨©§ �� ¸̧
¹
·¨̈©
§�
��
eeee
g MMAPAP J
JJ J
J
il primo membro è costante, quindi:
21
2
211 ¸
¹·
¨©§ �� ee MMB J
¸¹·
¨©§ �� 222
211 ee MMB J
02
1 224 ��� BMM ee
J
01
21
2 224 �
��
� BMM ee JJ
� �1
11.211
21
11
1 22
22
����
�
�¸̧¹
·¨̈©
§�
��
� JJ
JJJB
BMe
Abbiamo trovato il numero di Mach della sezione d’uscita dell’ugello, questo tramite la (III) permette di ricavare la P0,2. Dalla P0,2 possiamo risalire al numero di Mach a cavallo dell’onda d’urto:
� � � �� �
12
21
21
11
21
0
2,0
1211
121
���
»¼
º«¬
ª��
�»¼
º«¬
ª�
��
JJ
J
JJ
JJ
MMM
PP
(formula che non ha dato)
e tramite la (I) si può ricavare la sezione dove si genera l’onda d’urto.
Appunti del corso di Gasdinamica
- 69 -
Si poteva anche operare in verso opposto. Fissare arbitrariamente la sezione dove si genera l’onda d’urto, ricavare la pressione esterna, utilizzando le formule precedenti, avremmo così ottenuto una pressione esterna dipendente dalla variabile x, ascissa della posizione dell’onda d’urto. Si confronta la pressione ottenuta con quella esterna che è un dato del problema, e tramite la differenza si sa dove posizionare l’onda. Infatti, se la pressione Pe(x) è maggiore di quella data, l’onda d’urto sarà più avanti di dove posta inizialmente, e viceversa.
Corrente ideale non stazionaria in condotto a sezione variabile
Partiamo con il riscrivere il sistema di bilancio trascurando gli effetti dell’attrito a parete ed eventuali apporti di calore:
� �
� �
°°°
¯
°°°
®
»¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§ �
�
021
0
2
2
uhuADtD
DtDAPPAAu
DtD
uADtD
U
U
U
Considerando il caso non stazionario e scomponendo le derivate totali in derivate parziali, le equazioni di bilancio diventano: x Equazione di bilancio della massa;
� � � � 0 ww
�ww uA
xA
tUU
x Equazione di bilancio della quantità di moto;
� � � �xAPPAAu
xuA
t ww
�ww
�ww 2UU
x Equazione di bilancio dell’energia;
2
21 ueepeh t � � e
U
0 »¼
º«¬
ª¸̧¹
·¨̈©
§�U
U peuAdxd
t
Appunti del corso di Gasdinamica
- 70 -
� � � � 0 �ww
�ww PuAuAe
xAe
t tt UU
Possiamo riscrivere le equazioni di bilancio trovate nella forma quasi lineare: x Equazione della massa;
0 ww
�ww
�ww
�ww
xAu
xuA
xuA
tA UUUU
xA
Au
xu
xu
t ww
� ww
�ww
�ww 1UUUU
x Equazione della quantità di moto;
� � � �xAP
xPA
xAP
xuuA
xuAu
tAu
tuA
ww
ww
�ww
�ww
�w
w�
ww
�ww UUUU
0 ww
�ww
�ww
xP
xuu
tu UU
x Equazione dell’energia;
� � 0 w
w�
ww
�ww
xPuA
xe
uAte
uA tt UU
xA
APu
xuP
xPu
xe
ute tt
ww
� ww
�ww
�ww
�ww 1UU
Le equazioni trovate sono equazioni lineari in cui i coefficienti dipendono dalle incognite ma non dalle derivate delle incognite.
Equazioni quasi lineari Un’equazione quasi lineare può essere scritta come;
� � � � � �ftxaxfftxa
tfftxa ,,,,,, 321
ww
�ww
Per l’equazione di continuità si elide con il termine successivo
Appunti del corso di Gasdinamica
- 71 -
introducendo la funzione f=f(x,t), possiamo costruire l’ulteriore funzione;
� � � � 0,,, � ) ftxfftx
Se pensiamo la nostra soluzione della equazione quasi lineare come un superficie tridimensionale, possiamo ancora definire i vettori:
� �
� �� �� �� �°¿
°¾
½
°¯
°®
°°°
¿
°°°
¾
½
°°°
¯
°°°
®
www
w
)� ftxaftxaftxa
ttxfxtxf
n,,,,,,
1
,
,
3
1
2
Ve
e dire che l’equazione quasi lineare non è altro che il prodotto scalare,
0 � nV
La V risulta tangente alla superficie soluzione. Le linee che sono dirette come V sono dette curve o linee caratteristiche. In seguito useremo questa terminologia per indicare la loro proiezione sul piano delle variabili indipendenti. Queste linee servono per calcolare la soluzione a partire da certi dati iniziali.
n f
V t
x
t
x
f
V
C0
Appunti del corso di Gasdinamica
- 72 -
Supponiamo di avere una linea contenente i dati iniziali detta C0 e parametrizzata così;
� �� �� �°
¯
°®
rfrtrx
C
0
0
0
0
l’importante è che questa linea non sia linea caratteristica altrimenti il problema è mal posto. Da ogni punto di C0 possiamo tracciare il vettore V. Associamo alla direzione di V il parametro l e facciamo variare le coordinate dello spazio per valori piccoli di l. Possiamo scrivere:
°¯
°®
' '' '' '
laflatlax
3
1
2
se la distanza 'l è infinitesima, il sistema appena scritto diventa:
°°°
¯
°°°
®
3
1
2
adldf
adldt
adldx
Allora possiamo ottenere una nuova linea C che sta sulla superficie delle soluzioni (C0 ci sta già, perché è linea dei dati iniziali). La curva soluzione obbedisce all’equazione quasi lineare, quindi questa è un’altra forma dell’equazione differenziale di partenza, ed è chiamata forma caratteristica. Si può anche scrivere:
312 dadf
dadt
dadx
Risolvendo il sistema precedente con le condizioni iniziali C0, otteniamo una soluzione del tipo:
� � � �� � � �� � � �°
¯
°®
WWW
,,,,,,,,,
21
21
21
lFCClFflTCClTtlXCClXx
dove � � � �WW 2211 CCCC e , con condizioni iniziali;
Appunti del corso di Gasdinamica
- 73 -
� � � �� � � �� � � �°
¯
°®
WWWWWW
0
0
0
,0,0,0
fFtTxX
è chiaro che la soluzione rimarrà parametrizzata. Se lo Jacobiano non è nullo possiamo ricavare:
� �� �¯
®
7
txtxLl
,,
W
Un altro modo per risolvere il sistema e trovare le caratteristiche, sta nel partire dal sistema,
� �� �� �°
¯
°®
21
21
21
,,,,,,
CClFfCClTtCClXx
e cercare di esprimere le costanti C1 e C2 in funzione di x, t e f:
� �� �¯
®
costantecostante
ftxFCftxFC
,,,,
22
11
che sono le soluzioni della nostra equazione. Possiamo, in ultimo, costruire una funzione G,
� � 0, 21 FFG
e dire che è l’integrale generale della nostra equazione di partenza. Per trovare la forma funzionale di partenza bisogna utilizzare i dati iniziali. Esempio: Prendiamo un’equazione differenziale quasi lineare così fatta:
0 ww
�ww
xfa
tf
con a=costante positiva. Utilizziamo la prima caratteristica (non possiamo utilizzare la seconda perché uno dei tre coefficienti è nullo), il dato iniziale è dato per t=0:
Appunti del corso di Gasdinamica
- 74 -
°¯
°®
�
�
ww
ww
�
°°°
¯
°°°
®
ww
ww
ww
2
1
10
1CfCatx
lt
alx
lflt
alx
Utilizzando il secondo metodo esposto abbiamo:
¯®
� fCatxC
2
1
la nostra G sarà,
� � 0, � fatxG
la curva dei dati iniziali ci dice che,
� � � � 000 �� fxfxff
e al tempo zero coincide con la G(x,f)=0, quindi si ha,
� � � � 00, 0 ��� � fatxffatxG
Se abbiamo una equazione non lineare:
t
x
f
f0
P a
x
t
Caso bidimensionale: l’informazione viene trasportata
lungo la linea caratteristica
Appunti del corso di Gasdinamica
- 75 -
� � 0 ww
�ww
xfta
tf
il sistema diventa,
� �� � � �
°¯
°®
�
�
ww
ww
�
°°°
¯
°°°
®
ww
ww
ww
2
1
10
1CfCttax
lt
talx
lflt
talx
e la soluzione sarà,
� �� �ttaxff � 0
la soluzione trovata è una funzione implicita. Anche in questo caso le linee caratteristiche sono delle rette, ma la pendenza dipende da f. La soluzione non varia lungo la caratteristica, ed esse saranno ancora delle rette, ma ognuna con pendenza diversa. Riprendiamo l’equazione differenziale scalare scritta in forma quasi lineare,
321 axfa
tfa
ww
�ww
abbiamo visto un metodo generale per trovare le condizioni in cui una linea è linea caratteristica. Se consideriamo il piano di variabili indipendenti (x, t), e
disegniamo una linea di dati iniziali. Se conosciamo la funzione, conosciamo le sue componenti e di conseguenza le componenti del suo gradiente. Se il nostro compito sta nel valutare una funzione incognita adiacente a quella data, basterà trovare il gradiente normale della funzione data e spostarci sulla nuova funzione. Se non riusciamo a trovare un gradiente normale ciò significherà che siamo su una linea caratteristica. Definendo un vettore d nel seguente modo,
¿¾½
¯®
2
1
aa
d
l’equazione differenziale diventa:
3afd ��
x
P
t
Appunti del corso di Gasdinamica
- 76 -
Affinché il vettore d non abbia gradiente normale deve capitare che il prodotto scalare con il versore normale n sia nullo, cioè:
0 � nd
02211 � nana
dtdx
nn
aa
� 2
1
1
2
Perché la linea sia caratteristica deve capitare che,
1
2
aa
dtdx
cioè implica che il vettore d risulta tangente alla linea, e non posso trovare la componente normale del gradiente. Ma la relazione trovata mi dice anche che le componenti non possono essere qualunque, ma devono soddisfare quella relazione. L’equazione differenziale di partenza può essere riscritta come,
1
3
1
2
aa
xf
aa
tf
ww
�ww
1
3
aa
xf
dtdx
tf
ww
�ww
1
3
aa
dtdf
(*)
riotteniamo l’equazione in forma caratteristica, quindi lungo la linea dtdx vale la
(*) e se il problema non è lineare le due relazioni sono accoppiate, ed utilizzandole costruisco un pezzo della nuova soluzione. Un metodo per costruire le equazioni in forma caratteristica è quello di partire dal piano di variabili indipendenti (x, t) ed utilizzare la parametrizzazione della linea
� �� �� �°
¯
°®
lfflttlxx
n
dx
dt
n2=-dt
n1=dx
Appunti del corso di Gasdinamica
- 77 -
e conoscendo le derivate parziali di f in un punto P della linea di dati iniziali, fare un’espansione in serie nell’intorno del punto P. Se non ci riusciamo allora la linea è caratteristica. Partiamo dalla derivata di f rispetto al parametro l;
dldx
xf
dldttf
dldf
ww
�ww
e mettendola a sistema con l’equazione differenziale di partenza:
321 axfa
tfa
ww
�ww
si ha:
dtdx
xf
dtdf
tf
ww
� ww
e sostituendo,
3211 axfa
xf
dtdxa
dtdfa
ww
�ww
�
dtdxaa
dtdfaa
xf
12
13
�
�
ww
da questa relazione capiamo che le soluzioni non vengono trovate quando il denominatore si annulla, cioè quando,
1
2
aa
dtdx
ma se anche il numeratore si annulla, ottengo un rapporto indeterminato, da cui posso ancora trovare una soluzione, quindi la relazione
1
3
aa
dtdf
si chiama relazione o equazione di compatibilità. Prendiamo in considerazione una equazione differenziale così fatta:
� � 0 w
w�
ww
xtQ
tf
Appunti del corso di Gasdinamica
- 78 -
il termine Q(f) rappresenta il flusso di f, cerchiamo di portare l’equazione in forma quasi lineare, e per far questo introduciamo la funzione jacobiana
� � � �dffdQfa
l’equazione diventa,
� � 0 ww
�ww
xffa
tf
da cui ottengo il sistema,
� � � �°¯
°®
�
�
2
1
0 CfCtfax
dtdf
fadtdx
sappiamo che,
� � � �� � 0,2
1 �� �
tfaxfGfC
tfaxC
e al tempo zero si ha,
� � � �� �tfaxftxf � 0,
ricordiamo che l’equazione caratteristica ottenuta è implicita. Andiamo a tracciare delle caratteristiche che vengono spiccate da un punto iniziale x0,
� �� � � �� � 000
002
001 xtxfax
xfCfxtfax
xC � �¯®
�
�
la caratteristica ottenuta è una retta, indipendentemente del coefficiente a(f), il variare di quest’ultimo farà variare la pendenza della caratteristica ma non la sua equazione, quindi rimarrà comunque una retta. La caratteristica dipende anche dal punto iniziale x0 scelto.
a(f0(x0))
x0 x
t
Appunti del corso di Gasdinamica
- 79 -
Supponiamo di scegliere un coefficiente a(f) e un f0 iniziale che hanno un andamento del tipo mostrato dalle seguenti figure; Le caratteristiche sul piano (x, t) saranno, Dal grafico si nota come la pendenza delle caratteristiche sia costante quando anche f è costante. Nel tratto in cui f è crescente allora la pendenza delle caratteristiche aumenta, e ritorna ad essere costante nel tratto successivo al punto x1. Nel piano tridimensionale abbiamo una rappresentazione grafica del tipo:
f
a(f)
Funzione monotona crescente
x1 x
f0
t
x1
x
Appunti del corso di Gasdinamica
- 80 -
Se ho una distribuzione di f così fatta: Le caratteristiche avranno pendenza sempre diversa, e in più la variazione della loro pendenza non sarà questa volta monotona, infatti;
f
x
t
f0
x
Appunti del corso di Gasdinamica
- 81 -
Si nota che le caratteristiche, nella regione dove la loro pendenza diminuisce, vanno ad incrociarsi, questo implica un riavvolgimento della superficie caratteristica su se stessa, e la perdita della biunivocità della nostra soluzione. Il non senso a cui siamo arrivati, è superato dall’ammissione di una discontinuità della soluzione. Graficamente possiamo vedere che il tratto ricurvo della caratteristica viene sostituito da una retta verticale, che rappresenta la discontinuità.
t
x
Zona in cui la funzione non è più biunivoca
f
x
t
discontinuità
Appunti del corso di Gasdinamica
- 82 -
Una volta ammesso l’esistenza della discontinuità non possiamo più utilizzare le caratteristiche, poiché sono equazioni differenziali, l’unico modo di poter procedere è quello di usare equazioni integrali. Prendendo un volume di controllo rettangolare sul piano (x, t), la forma integrale nello spazio tempo, è risolta nel seguente modo:
� � � �> @ � �� � � �� �> @ 0,,,, 2
1
2
11212 ��� ³³
t
t
x
xdttxfQtxfQdxtxftxf
Supponendo di prendere il nostro volume di controllo a cavallo della discontinuità, E supponendo ancora che il volume di controllo sia infinitesimo, possiamo dire che la funzione f si mantenga costante per ogni x e t nei due lati della discontinuità, quindi posso scrivere,
� �� � 21
12
,
,
ftxf
ftxfx
x
�
�
�
� e � �� � 11
22
,
,
ftxf
ftxft
t
�
�
�
�
l’equazione integrale diventa;
> @ � � � �> @ 02
1
2
11221 ��� ³³
t
t
x
xdtfQfQdxff
� �� � � � � �> @� � 012121221 ����� ttfQfQxxff
� � � � � �> @ 01221 ��� dtfQfQdxff
� � � �
12
12
fffQfQ
dtdx
��
Questa relazione ci dà la velocità di movimento della discontinuità la quale è la sola che soddisfa la forma integrale del problema.
t1 t2
x1 x2
t
x
f2 è costante
f1 è costante
Appunti del corso di Gasdinamica
- 83 -
Andiamo a vedere alcuni casi particolari, infatti, se l’intensità dell’onda è molto piccola, al limite infinitesima, possiamo sostituire alle differenze finite dei differenziali, ed ottenere:
� �fadfdQ
dtdx
quindi la linea caratteristica è la linea su cui la soluzione varia di una quantità infinitesima. Possiamo anche pensare di sviluppare in serie il Q(f2) intorno al punto f1, si ottiene;
� � � � � � � �...
2 12
2212
11212 �
����
dfQdff
dfdQfffQfQ
sostituendo si ha,
� �1
2
2
121 2
1dfQdff
dfdQ
dtdx
��
espandendo anche la quantità,
� �1
2
2
1212 df
QdffdfdQ
dfdQ
��
e mettendola assieme alla relazione precedente, si ottiene;
¸¸¹
·¨¨©
§� ¸
¸¹
·¨¨©
§��
21121 21
21
dfdQ
dfdQ
dfdQ
dfdQ
dfdQ
dtdx
� � � �> @2121 fafa
dtdx
�
Regola delle aree La regola delle aree ci consente di determinare la posizione della discontinuità. Supponiamo di avere una soluzione così fatta: Per la legge di conservazione, l’integrale della soluzione dev’essere uguale in entrambi i casi, con o senza discontinuità, cioè
� � � �itàdiscontinucurva
dxxfdxxf ³³�f
f�
�f
f�
Operando un cambio di variabili f=f(g) con g=a, ottengo una forma canonica dell’equazione:
0 ww
�ww
xaa
ta
In questo caso la “trasformazione” della soluzione dal tempo t0 con x0, f0 al
tempo t1 con � �¯®
�
101
01
tfaxxff
diventa lineare:
¯®
�
101
01
atxxaa
Lo jacobiano della trasformazione vale 1, ovvero le aree si conservano. La retta verticale nel piano x1,a1 (che rappresenta la discontinuità) corrisponde con una retta inclinata nel piano x0,a0, con pendenza pari a t1, che interseca la soluzione iniziale formando una regione di area nulla.
f
x
t1
a0
x0
[A [B
Le condizioni da soddisfare sono quindi:
� � � �� �� � � �°
¯
°®
� �
��
³tdiscBBAA
ABBA
tata
aadxaB
A
.0000
0000
2
0
0
[[[[[
[[[[[
[
la retta tangente corrisponde all’incrocio della caratteristica, per cui
� �� �xat
0min1*c
� .
Sistema iperbolico Ripartiamo dal sistema di equazioni di Eulero, considerando una corrente non stazionaria monodimensionale in cui la sezione A rimane costante. Il sistema di equazioni sarà,
� �
� � � �
°°°
¯
°°°
®
»¼
º«¬
ª�¸
¹·
¨©§ �
ww
�¸¹·
¨©§ �
ww
�ww
�w
w
w
w�
ww
021
21
0
0
22
2
vpvevx
vet
pvxt
vxv
t
UUU
UU
UU
riscrivendo il sistema in forma quasi-lineare, si ha,
°°°
¯
°°°
®
ww
�ww
�¸¹·
¨©§ �
ww
�¸¹·
¨©§ �
ww
ww
�ww
�ww
ww
�ww
�ww
021
21
0
0
22
xvp
xpvve
xvve
t
xp
xvv
tv
xv
xv
t
UU
UU
UUU
(a)
l’equazione dell’energia può essere riscritta in altra forma, sottraendole l’equazione della quantità di moto moltiplicata per v,
0 ww
�ww
�ww
xvp
xev
te UU _ (a3)
considerando e=e(U,s) e p=p(U,s).
_ Ancora meglio, si può utilizzare la 0 ww
�ww
xsv
ts
(b).
Assegniamo tre grandezze,
� �� �� �°
¯
°®
lsslvvl
0
0
0UU
lungo la linea � �� �¯
®
lttlxx
0
0 .
E cerchiamo di trovare la soluzione nell’intorno della linea stessa. Lungo la linea valgono le seguenti relazioni:
°°°
¯
°°°
®
ww
�ww
ww
�ww
ww
�ww
dlds
dldxxs
dldtts
dldv
dldxxv
dldttv
dld
dldx
xdldt
to
000
000
00 UUU
(c)
Queste tre equazioni insieme al sistema di partenza forma un sistema di 6 equazioni in 6 incognite, le derivate temporali e spaziali della U, v ed s. Dall’ultimo sistema ricaviamo le derivate temporali,
xdtdx
dtd
t ww
� ww UUU
0
0
0
0 , xv
dtdx
dtdv
tv
ww
� ww
0
0
0
0 , xs
dtdx
dtds
ts
ww
� ww
0
0
0
0 (i)
e le sostituiamo nel sistema di partenza considerando che,
sTpsseee
s
w�w www
�www
w UU
UU U
2 , xs
sp
xc
xs
sp
xp
xp
s ww
ww
�ww
ww
ww
�ww
ww
ww
UU
UUU
2 (ii)
Sostituendo dentro l’equazione dell’energia prima le (ii) e poi le (i), si ottiene
0 ww
�ww
�ww
�ww
�ww
xvp
xsvT
xvp
tsT
tp UU
UUU
U
00
0
0
0
0
0
0
0 ww
�»¼
º«¬
ªww
�ww
��»¼
º«¬
ªww
�ww
�xvp
xsv
xs
dtdx
dtds
Tx
vxdt
dxdtdp UUUU
U (a3.2)
Dall’equazione della massa si ha,
00
0
0
0 ww
�ww
�ww
�xv
xv
xdtdx
dtd
UUUU
t
x
»¼
º«¬
ª
ww
¸̧¹
·¨̈©
§���
ww
xv
dtdx
dtd
xv UU
U 0
0
0
01 (*)
e sostituita nell’equazione dell’energia (a3.2) si ottiene,
0
0
0
0
dtds
xsv
dtdx
ww
¸̧¹
·¨̈©
§� (**)
Prendiamo adesso l’equazione della quantità di moto,
02
0
0
0
0 ww
ww
�ww
�»¼
º«¬
ªww
�ww
�xs
sp
xc
xvv
xv
dtdx
dtdv
U
UU
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sp
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xc
xvv
dtdx
ww
ww
� ww
�ww
¸̧¹
·¨̈©
§�
U
UUU0
02
0
0
sostituendo la (*) si ha,
xs
sp
dtdv
xc
xdtdx
vdtd
dtdx
vww
ww
� ww
�»¼
º«¬
ª
ww
¸̧¹
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§��¸̧
¹
·¨̈©
§�
U
UUUU
0
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0
0
0
0
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0
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sp
dtdv
dtd
vdtdx
xc
dtdx
v�w
w��¸̧
¹
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§�
ww
»»¼
º
««¬
ª�¸̧
¹
·¨̈©
§�
0
0
0
0
0
0
0
0
0
022
0
0
U
UUU
Il determinante si annulla quando non riusciamo a trovare una soluzione non singolare con la tecnica della sostituzione, ovvero quando,
°°¯
°°®
°°¯
°°®
r
�
�¸̧¹
·¨̈©
§�
�
cvdtdx
vdtdx
cdtdx
v
vdtdx
0
0
0
0
22
0
0
0
0
0
0
Esistono quindi tre linee caratteristiche per il sistema di equazioni. Le relazioni di compatibilità su ognuna di esse si ottengono dall’annullarsi dei termini noti dalle relazioni corrispondenti:
quando 00
0
0
0 � dtds
vdtdx
quando 01
0
0
0
0
0
0
0
0 rw
w��r�r
dtdscs
pdtdv
dtdccv
dtdx
U
UU
ovvero 01000
ww
rr dssp
ccddv
U
UU
� Metodo delle caratteristiche:
Assegnati i valori iniziali di U,v ed s all’istante iniziale (t=0) su un arco H-K nel piano x,t che non sia linea caratteristica, la soluzione in ogni punto P(x,t) si può ricostruire dalle condizioni iniziali (dominio di dipendenza) grazie alle relazioni di compatibilità, che devono valere sulle caratteristiche delle tre famiglie,
00
0 dtds e 01
000 ww
rr dssp
ccddv
U
UU
Queste ultime integrate a partire dai valori iniziali in A,B e C e combinate ci danno la soluzione nel punto P(x,t) cercata.
� Corrente isoentropica:
Se la corrente ideale (W=0,q=0) è isoentropica, cioè a s=cost, allora, in assenza di discontinuità, rimane isoentropica, ovvero s=cost. in tutto il dominio e non solo sulla caratteristica della 1a famiglia. In tal caso la prima relazione di compatibilità è sempre soddisfatta, e quelle relative alle altre famiglie diventano,
cost r� r ³ UU
UU
dcvdtdc
dtdv 0
K C
B
H{A
P
x
t
Dominio di dipendenza
Dominio di influenza
Nel caso di gas perfetto e calori specifici costanti, si ha
� �21
121
� ¸̧¹
·¨̈©
§ � J
J UJU
JU
kpckp
le relazioni di compatibilità diventano,
� � � � 21
21
23
21
12 ��
�r r ³
JJ
UJJ
UUJ kvdkv
cost �
r1
2Jcv
L’integrazione della relazione di compatibilità definisce due quantità invarianti lungo le caratteristiche: invarianti di Riemann (rr). La soluzione in P in funzione degli invarianti di Riemann diventa,
� �°¯
°®
��
�
�
°°¯
°°®
�
�
�
�
��
��
�
�
rrc
rrv
rcv
rcv
P
P
PP
PP
41
2
12
12
JJ
J
da cui posso ricavare la densità U e la pressione p.
� Regione di corrente uniforme:
Se in una certa regione del piano x,t entrambi gli invarianti sono costanti, ne segue che
¯®
costcost
cv
ossia la regione è sede di una corrente uniforme, in cui le caratteristiche hanno pendenza,
cost r r
cvdtdx
ossia sono costituite da due famiglie di rette.
� Regione d’onde semplici:
Se le condizioni iniziali sono tali per cui uno degli invarianti è costante, esso sarà costante in tutto il dominio. Supponiamo che sia,
� � cost �
� �
12,Jcvyxr
ne risulta che
� � � �vrvcc ��
�
21J
ovvero una sola incognita da determinare.
La pendenza delle caratteristiche della famiglia C� è cvdtdx
� �
, può essere
espressa in funzione di r+ ed r� come,
221
2
����� ���
�
rrrrdtdx J
Essendo r+ costante in tutto il dominio, e r� costante sulla C�, ne risulta che
cost �
dtdx , ovvero le C� sono delle rette.
La regione in cui una famiglia ha caratteristiche rettilinee si dice regione di onde semplici. Su queste caratteristiche rettilinee v e c sono costanti.
Se, per un tratto, una caratteristica di una famiglia è rettilinea, si dimostra che adiacente ad essa esiste una regione di onde semplici, con caratteristiche rettilinee della stessa famiglia. Supponiamo che il tratto H-K della C+ sia rettilineo, su di esso risulta,
� � 0[costcv
oltre che �
�� 01
2 rcv costJ
risolvendo per v e c si ottiene,
H
K
���
�
�¸̧¹
·¨̈©
§�
� ��
� 000
12
121
12 rv
vv
J[
JJ[
e quindi si ha,
� �
°̄
°®
�
���
�
��
cost
cost
vc
rv
0
00
321
[J
[J
Risulta così che per tutti i punti nel tratto H-K,
cost �
� �
12Jcvr
e quindi la regione adiacente ad H-K è regione d’onde semplici.
Espansione monodimensionale Consideriamo un tubo indefinito, ad un certo istante avviamo il nostro pistone espandendo il gas all’interno del tubo. Considerando la corrente isoentropica, rappresentando le caratteristiche su un piano x,t, possiamo distinguere delle regioni in cui le caratteristiche sono rettilinee.
Nella zona (1), cioè quella di quiete, si ha
cost �
� �� ���
12,Javra
dtdxa
dtdx ovunque.
La zona (2), in cui la velocità del pistone non è costante ma sta aumentando, è di onde semplici. Essendo r� costante in tutto il campo di moto, risulta che lungo la C+ la pendenza diventa,
3 2
1
cost ��
��
� �����
221
2rrrrav
dtdx J
Per determinare lo stato del gas lungo la C+, consideriamo il fatto che la velocità del gas deve coincidere con quella del pistone,
pvvaav � �
� �
� con1
21
2 0
JJ
da cui ricavo,
pvaa2
10
�� J
ppp vavavavdtdx
21
21
00�
� �
��� � � JJ
Attraverso la regione di onde semplici risulta che la velocità in modulo aumenta, la celerità del suono diminuisce. Di conseguenza diminuisce anche la temperatura, la densità e la pressione. Se comprimiamo il gas, invece di espanderlo otteniamo un grafico del tipo,
Il procedimento è identico a quello visto in precedenza, nella zone di onde semplici, per ogni C+, risulta,
p
p
vaavv
aavr2
11
21
20
0 ��
°¿
°¾½
�
� �
� � JJJ
pvaavdtdx
21
0�
� � � J
Le caratteristiche quindi convergono fino ad incrociarsi, creando così una discontinuità. Inoltre questa volta la celerità del suono aumenta, e con essa anche la U,T e p.
Tubo d’urto a due pistoni che si allontanano Prendiamo in considerazione un tubo d’urto, chiuso da due pistoni ai suoi due lati. Impulsivamente facciamo muovere i due pistoni in verso opposto, in modo tale che si allontanano. I due pistoni creeranno due ventagli d’espansione, che s’incontreranno in una regione di spazio intermedia alle posizioni iniziali dei due pistoni. Questa regione avrà linee caratteristiche non più rettilinee ma curve, poiché causata dall’interazione delle caratteristiche C+ provenienti da destra, e dalle caratteristiche C� provenienti da sinistra.
Tubo d’urto ad un pistone con incremento di velocità impulsiva Supponiamo adesso di avere un tubo d’urto con un solo pistone che si avvia impulsivamente e dopo un certo tempo t0, aumenta sempre impulsivamente la sua velocità. Ci accorgeremo che si creeranno due ventagli d’espansione, che non verranno mai in contatto fra di loro, dato che l’ultima caratteristica del primo ventaglio è parallela alla caratteristica del secondo ventaglio.
VP1 VP2
C�
t
x
C+ Zona a 2 famiglie
VP2
t
x
C+
C+
In questa zona la soluzione si mantiene costante
Tubo d’urto ad un pistone con diminuzione di velocità impulsiva Se il pistone invece di aumentare la sua velocità, la diminuisce impulsivamente. Comparirà una compressione, ciò implica che le due famiglie di caratteristiche s’incontreranno e formeranno un’onda d’urto. L’inclinazione dell’urto ci dà la velocità dell’urto stesso. Per determinarla potremmo utilizzare le equazioni di salto attraverso l’urto. Dal grafico possiamo notare che la pressione P1 diminuisce con continuità attraverso il ventaglio d’espansione fino a raggiungere il valore di P2. Poi attraverso l’urto, il gas subisce una contrazione che farà aumentare la sua pressione fino al valore P3. Si nota come il salto di pressione che vede l’urto diminuisca man mano che incontra le caratteristiche più a destra del ventaglio. Quindi la velocità dell’urto diminuisce.
Tubo d’urto ad un pistone chiuso Il nostro sistema avrà un pistone che si muove impulsivamente, creando un ventaglio d’espansione che incontrerà la parete solida posta ad una certa distanza. Le caratteristiche del ventaglio d’espansione saranno riflesse, in modo tale da divenire caratteristiche della famiglia opposta. Si creerà una zona, nelle vicinanze della parete, a due famiglie di caratteristiche. Dopo questa zona le caratteristiche torneranno ad essere rettilinee.
C+ P1
t
x
Onda d’urto
P2
P3
VP2
Tubo d’urto ad un pistone aperto Il sistema è simile a quello visto in precedenza, ma questa volta il ventaglio d’espansione non incontrerà più la parete ma scaricherà nell’atmosfera. Ciò ci fa capire che il valore delle caratteristiche dovrà essere uguale dopo la riflessione, infatti, si nota che le caratteristiche dopo essere state riflesse tendono a raggrupparsi.
Tubo d’urto a due pistoni che si avvicinano Il nostro sistema è fatto da due pistoni che si avviano impulsivamente, uno verso l’altro, creando due onde d’urto. Si nota che le onde d’urto s’incontreranno dopo un certo tempo, e dopo la loro interazione continueranno a muoversi nella direzione originaria, ma con diversa velocità. Dal grafico spazio-tempo si può notare che dal punto di interazione delle due onde d’urto parte una nuova discontinuità. Questa discontinuità è di contatto, essa esiste poiché se risolviamo il sistema dato dalle equazioni di salto attraverso le zone che si creano sul piano, il sistema è sovradimenzionato, ciò mi spinge ad introdurre la discontinuità di contatto menzionata.
VP2
VP1 VP2
Discontinuità di contatto
Onde d’urto
Tubo d’urto ad un pistone con generazione di un’onda d’urto Supponiamo che il pistone si avvii impulsivamente, e dopo un certo tempo t0 aumenti sempre impulsivamente la sua velocità. Si creeranno dentro il tubo due onde d’urto che dopo un certo tempo s’incontreranno. Questo succede perché la seconda onda generata avrà una velocità maggiore della prima. Si può vedere facilmente pensando che, Posizionandoci sul sistema di riferimento dell’onda, abbiamo, Se prendiamo in considerazione la zona centrale, ci accorgiamo che a valle del primo urto il Mach deve essere minore di uno quindi
IIIIs cuv ��1
Ma a monte del secondo urto il Mach dev’essere maggiore di uno, quindi
IIIIs cuv !�2 mettendo assieme le relazioni trovate si ha,
1221 ssIIsIIs vvuvuv !����
uIII uII uI vs2 vs1
vs2�uIII vs2�uII vs1�uII vs1�uI
VP1
Piccola onda d’urto o ventaglio di espansione
Discontinuità di contatto
Poiché nell’intorno del punto in cui le due onde d’urto s’incrociano, le pressioni delle tre zone devono essere raccordate in maniera tale da avere una logica fisica, si crea o un ventaglio d’espansione o una piccola onda d’urto.
Tubo d’urto con generazione d’onda d’urto Il pistone avviandosi in modo impulsivo genera un’onda d’urto, che si muove verso la parete chiusa del tubo. Quando l’onda incontra la parete chiusa, viene riflessa e torna indietro. La velocità dopo che l’onda d’urto ha incontrato la parete solida non sarà più uguale a quella che aveva prima dell’urto, ma sarà diminuita. Se il tubo non ha la parete solida, ma scarica all’esterno, l’onda d’urto non verrà più riflessa. Ma si creerà all’estremità del tubo un ventaglio d’espansione dovuto al fatto che la pressione dovrà variare con continuità fino al valore che abbiamo all’esterno. Se abbiamo uno stato iniziale discontinuo, questo mi potrà dar luogo a diverse combinazioni di discontinuità. Infatti, possiamo avere delle combinazioni fra ventagli d’espansioni, onde d’urto e discontinuità di contatto. Le combinazioni possibili sono date dalle condizioni iniziali del problema, e queste regolano anche l’esistenza delle discontinuità che può presentare il problema, può accadere che una delle tre possa non esserci. È quello che accade in un tubo in cui due pistoni attaccati, si allontanano impulsivamente con velocità uguale in modulo, nel tubo si creano due ventagli d’espansione simmetrici, con all’interno una regione di campo di velocità nulla. Si nota dunque che manca la terza discontinuità che è quella di contatto. Prendiamo in considerazione un sistema che mi generi un ventaglio d’espansione, una discontinuità di contatto e un’onda d’urto. Le tre discontinuità mi dividono il piano in 4 zone, il compito che ci poniamo è quello di trovare una funzione w che ci dia le caratteristiche del gas nelle 4 zone, cioè
VP2
Tubo aperto Tubo chiuso
°¿
°¾
½
°¯
°®
PuwU
Per trovare la relazione w, prendiamo in considerazione le relazioni di salto fra le diverse zone. Attraverso il ventaglio d’espansione, la variazione delle grandezze che dobbiamo andare a trovare rimane continua, quindi se risolviamo i campi CL e CR tramite le relazioni di salto abbiamo trovato tutto quello che cercavamo. Le nostre incognite saranno,
°¯
°®
CRCL
CRCL
CRCL
PP
uu
,,,UU
in più troveremo anche la velocità dell’onda d’urto vs. Mettendosi nel piano di riferimento dell’onda d’urto si ha un sistema del tipo:
� � � �� � � �
� � � �� �� �� �
� �°°°°°°
¯
°°°°°°
®
��
�
���
��
�� ��
71
21
2
6
54
321
121
1
21
22
22
JJ
UU
UJJ
UJJ
UUUU
JJ
CLCL
L
CL
CL
L
L
CLCR
CLCR
CRsCR
CRs
R
R
CRCRsCRRsR
CRsCRsR
cuc
PPPPuu
uvPvPPuvPv
uvv
CL CR
L R
vs�uCR vs
Cerchiamo di determinare la vs, dalla (1) otteniamo,
sCR
RCRs vuv
UU
�
e la mettiamo nella (2),
CRsCR
RCRRsR PvPv � � 2
2
22
UU
UU
RCRCR
RsR PPìv � ¸̧
¹
·¨̈©
§�UU
U 12
RCR
RCR
R
CRs
PPv
UUUU
��
2
trovata le vs, sostituendola nella (1) possiamo trovare la differenza,
� � ¸̧¹
·¨̈©
§��
�RCR
RCR
CR
Rs
CR
RCRs
PPvuv
UUUU
UU 2
2
22
inserendo questa differenza nella (3) si ottiene,
R
CR
R
CR
R
CR
PPPP
�����
�
11
111
JJJJ
UU
quindi la vs diventa,
¸̧¹
·¨̈©
§��
��
R
CRRs P
Pcv
111
212
JJ
JJ
e sostituendo la vs trovata nella (1) otteniamo,
¸̧¹
·¨̈©
§��
��
¸̧¹
·¨̈©
§�
R
CR
R
CRR
CR
PP
PP
cu
111
21
1
JJJJ
Ora ricordando che U
J Pc 2 possiamo scrivere,
12�
¸̧¹
·¨̈©
§
J
UU
L
CL
L
CL
cc e
12�
¸̧¹
·¨̈©
§
JJ
L
CL
L
CL
cc
PP
dalla (7) e con la (5) possiamo ricavare la uCL come,
»»»
¼
º
«««
¬
ª
¸̧¹
·¨̈©
§¸̧¹
·¨̈©
§�
�
»»»
¼
º
«««
¬
ª
¸̧¹
·¨̈©
§�
� ¸̧
¹
·¨̈©
§�
�
���J
JJ
JJ
J
JJJ
21
21
21
11
211
211
2
L
R
R
CRL
L
CLL
L
CLLCL P
PPPc
PPc
cccu
infine sfruttando la (4) si ha,
12
21
111
21
12
1
1
��
°°°
¿
°°°
¾
½
°°°
¯
°°°
®
»¼
º«¬
ª¸̧¹
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§��
��
¸̧¹
·¨̈©
§�
�
�
JJ
JJJJ
J
R
CR
R
CR
L
R
R
CR
R
L
PP
PP
TT
PP
PP
Questa relazione mi permette di trovare il rapporto PCR/PR unica incognita della relazione. Cerchiamo com’è fatta la distribuzione di pressione dopo un certo tempo t, l’unico tratto dove la variazione di pressione è continua è nel ventaglio d’espansione, dove possiamo trovare le caratteristiche C�,
� �tcuxcudtdx
� ��
si nota che partono dall’origine degli assi. Ma nel ventaglio vale anche la relazione,
12
12
��
� JJcucL
� �ccu L ��
12
J
� � tcccx L »¼
º«¬
ª��
�
12
J
tccx L »¼
º«¬
ª��
��
11
12
JJ
J
cctx
L ��
��
12
11
JJJ
tx
ccc
LL
111
12
��
��
JJ
J
da questa relazione possiamo andare a calcolare il rapporto fra le densità e quello fra le pressioni. Quindi in tutto il piano la variazione della funzione w(x/t) diventa,
°°°°°
¯
°°°°°
®
!
��
���
����
��
¸¹·
¨©§
sR
sCR
CLCLCL
CLCLL
LL
vtxw
vtxUw
Utxcuw
cutxcw
ctxw
txw
*
Correnti Reagenti Sinora il nostro studio si è concentrato su delle correnti in cui lo stato chimico non subiva nessuna trasformazione, e non dava atto a delle forme di energia. Supponiamo di prendere in considerazione una corrente in cui il gas possa subire delle reazioni chimiche, essenzialmente esotermiche, quindi con rilascio di calore. Il problema oltre a presentare la dinamica del moto del gas, presenterà anche un aspetto chimico. Se le reazioni chimiche sono veloci, possiamo assumere un modello semplificato per il nostro studio. Infatti, assumiamo che la zona in cui avvengono le reazioni chimiche, chiamata fronte di fiamma, sia di spessore infinitesimo, e che nel fronte di fiamma si concentrano tutti gli effetti delle reazioni chimiche che avvengono nel gas, con l’unico effetto di rilasciare calore. Prendiamo un sistema così fatto,
Velocità della zona di reazione
Prodotti di reazione
Zona di reazione con sorgente termica q
Gas reagente
in cui avrò delle sorgenti termiche q e un cambiamento di composizione del gas. In base al modello di fronte di fiamma di spessore infinitesimo, il sistema di cui sopra, diventerà Una volta innescata la reazione, per conduzione la temperatura del fronte di fiamma, più alta di quella del gas reagente, farà innescare il gas stesso, portando avanti la reazione. Questo ci fa capire che la temperatura dei prodotti della reazione è maggiore della temperatura dei reagenti, Lo spessore del fronte di fiamma sarà dato dalla seguente relazione,
rp
f ck WU
G
la velocità del fronte di fiamma sarà,
rpr
ff
kc
vWUW
G 1
La conducibilità termica del fluido dipende dall’agitazione molecolare, quindi
2ck cWv
Spessore infinitesimo Gf del fronte di fiamma
Gf
Tp
Tr
Conducibilità termica
Tempo caratteristico di reazione
Tempo che caratterizza la frequenza delle collisioni
la velocità del fronte di fiamma diventa,
11 2
��v�vr
cf
r
c
pf v
cc
vWW
WW
U
quando ciò accade si parla di combustione lenta o deflagrazione. Ma si può attivare il tutto anche attraverso un meccanismo puramente fluidodinamico. Infatti, possiamo pensare di far attraversare il gas da un urto, l’interazione dell’urto con il gas farà innalzare la temperatura del gas innescando la reazione a catena, In questo caso si parlerà di combustione veloce o detonazione. Cerchiamo adesso di trovare delle relazioni analitiche che ci consentano di capire meglio cosa succede se il nostro sistema è soggetto a detonazione o a deflagrazione. Nel nostro tubo abbiamo i prodotti di cui non conosciamo la velocità, ma non conosciamo neanche la direzione della loro velocità, abbiamo anche i reagenti che sicuramente saranno in quiete (u=0), e ci sarà anche il fronte di fiamma che avrà velocità vf. Ponendoci nel piano di riferimento del fronte di fiamma, per far sì che il problema torni ad essere stazionario, il sistema potrà essere rappresentato come, Posso andare ad utilizzare le equazioni di bilancio,
Wr è molto più grande
vs vs/c>1
Gf
1 2 u2=vf�vp u1=vf
Si è supposto che la velocità dei reagenti vada da sinistra verso destra
°°¯
°°®
� ��
� �
222
211
22221
211
2211
21
21 uhquh
pupuuu
UUUU
il termine uAQ
kgJq
U »
¼
º«¬
ª rappresenta il flusso di calore ceduto al gas dalla
reazione, ed è un dato del problema. Bisogna stare attenti anche sulle costanti R dei reagenti e dei prodotti, poiché non sono uguali. Come abbiamo già fatto in precedenza, è utile rappresentare il sistema con una sola equazione in funzione della pressione e del volume specifico v, quindi introduciamo la grandezza G come,
¯®
� 22
11
2
2
1
1
GvuGvu
Gvu
vu
la seconda equazione del sistema diventa,
22
222
11
221 p
vGvp
vGv
� �
21
122
vvppG
��
e dalla terza equazione si ha,
� �� �12122
222
211
1
1
21
11vvvvGqvpvp �� �
��
� JJ
JJ
� �� �1212222
211
1
1
21
11vvppqvpvp ��� �
��
� JJ
JJ
questa curva è simile alla curva di Rankine-Hugoniot, solo che è traslata verso destra, e non passa più dalla soluzione (p1,v1).
v2 v1
p1
p2
I
II
III
Non esiste
Esiste
Sulla curva si possono distinguere tre tratti che non hanno la stessa dignità fisica. In quanto il tratto I e III sono fisicamente possibili, al contrario del tratto II.
Infatti, nel tratto II il rapporto 21
12
vvpp
�� sarà negativo, andando in contrasto
con il fatto che essendo il rapporto uguale a G2 non potrà essere negativo. Si nota facilmente che nei tratti I e III il rapporto è positivo. Un modo più analitico per tracciare la curva sta nell’introdurre due nuove variabili [ e K, definite nel modo seguente,
1
2
1
2
vv
pp
[K
la curva diventa,
[JJ
JJ
[K
111
211
2
2
111
1
��
�
���
�
vpq
rappresentando la nuova curva su un piano ([,K) si ha, Ad ogni punto della curva corrisponde un certo valore di C, quindi un certo valore del fronte di fiamma. Se ci troviamo sul ramo superiore le velocità saranno maggiori, rispetto alle velocità del ramo inferiore.
1
K
[
O punto di Chapmann-Jouguet, minimo del ramo superiore
Oc punto di Chapmann-Jouguet, massimo del ramo inferiore
Isoentropica
Tracciando dal punto (1,1), che rappresenta il punto (p1,v1) della curva precedente, la linea isoentropica ci si accorge che per il ramo superiore vale,
svpGww
�!2 � s
puU
UUww
! 222 � 22 cpus
ww
!U
quindi il ramo superiore è caratterizzato da una velocità supersonica a monte della discontinuità, che caratterizza anche la detonazione. Con un ragionamento analogo per il ramo inferiore, si raggiunge il risultato che la velocità dei punti del ramo inferiore è subsonica a monte della discontinuità, caratteristica della deflagrazione. Dal grafico si nota che esistono due punti particolari in cui la G diventa tangente alla curva, questi punti sono chiamati di Chapmann-Jouguet. Per
determinarli costruiamo la tangente della curva K([) e la retta 21
122
vvppG
��
,
queste due dovranno avere lo stesso coefficiente angolare,
[K��
�
� �
�
�
11
1
11
1
2
1
2
2
1
1
21
1
2
1
2
vv
pp
Gpv
vvpp
pG
� � 11 2
1
1 �� Gpv
[K
uguagliando i due coefficienti angolari si ha,
curvaretta ddG
pv
dd
[K
[K
� 2
1
1
[K
KJ[
��
1
112
A monte della discontinuità possiamo dire,
[K
JJJ ��
1
11
1111
221
111
212
1 vpGv
vpuM
A valle si può dimostrare che il numero di Mach vale,
[K
KJ[
��
1
1
2
22M
questa relazione ci fa capire che il numero di Mach sui punti di Chapmann-Jouguet è uguale a 1,
12, cOOM
Quindi i punti O e Oc dividono il ramo III e il ramo I in due. Il ramo superiore è caratterizzato dall’avere un Mach supersonico a monte, e un Mach supersonico a valle se ci troviamo al di sotto del punto O, o un Mach subsonico a valle se ci troviamo al di sopra del punto O. I due tratti del ramo superiore sono caratteristici della detonazione forte, quello al di sopra del punto O, e della combustione supersonica, quello al di sotto del punto O. Il ramo inferiore è caratterizzato dall’avere un Mach subsonico a monte, e un Mach supersonico a valle se ci troviamo al di sotto del punto O’, o un Mach subsonico a valle se ci troviamo al di sopra del punto Oc. In realtà facendo un’analisi di stabilità si può notare che il ramo al di sotto del punto Oc non è stabile, quindi non realizzabile. Infine, se abbiamo un fronte di fiamma che si muove dentro un tubo infinito, e vogliamo determinare la velocità dei prodotti, possiamo aiutarci dalla curva. Infatti, la u2=vf r up dipenderà da dove ci troviamo sulla curva. Se siamo sul ramo della detonazione forte, allora il volume specifico diminuisce, questo implica che la densità aumenta e diminuisce la velocità. Se invece ci troviamo sul ramo della deflagrazione, per il ragionamento opposto la velocità aumenterà. La velocità dei prodotti sarà verso destra se siamo in una detonazione, altrimenti verso sinistra nel caso della deflagrazione.
M2<1 M2>1 Irrealizzabile
Oc
O
1
K
[
M2<1 detonazione forte
M2>1 combustione supersonica
M1>1
M2=1
M1<1
M2=1
Sistema d’equazioni di bilancio
Equazione di bilancio della massa Il punto di vista che scegliamo per costruire la nostra equazione di bilancio è quello euleriano, e scegliamo come un volume di controllo V fisso nel tempo. L’equazione di bilancio della massa sarà,
0 ��ww
³³³³³wVV
dSnvdVt
UU
si è scelto n uscente dal volume di controllo V. Applichiamo il teorema della divergenza al secondo termine dell’equazione, possiamo farlo solo se la funzione U(x,t) è regolare altrimenti saremmo costretti a fermarci qua. L’equazione di bilancio diventa,
� � 0 »¼º
«¬ª ���ww
³³³V
dVvt
UU
dato che non abbiamo fatto nessuna ipotesi restrittiva sul volume di controllo scelto, possiamo passare all’annullamento della funzione integranda,
� � 0 ���ww vt
UU
l’equazione così ottenuta è chiamata forma conservativa. Supponiamo che il nostro volume di controllo varia nel tempo, secondo una legge nota. Abbiamo il punto di vista lagrangiano e l’unica cosa che possiamo dire è che la massa non varia nel tempo nel volume di controllo, cioè
� �0 ³³³
tW
dWdtd U (1)
ma per una grandezza qualunque f, vale la legge evolutiva seguente,
� � � � � �³³³³³³³³*
*::
*��:ww
:ttt
dnvfdtffd
dtd
applicata alla massa, supponendo che la velocità del contorno sia uguale a quella del fluido, otterremo un’equazione del tipo,
� � � � � �0 ��
ww
³³³³³³³³tStWtW
dSnvdWt
dWdtd UUU
a questo punto possiamo applicare il teorema della divergenza per riottenere la forma conservativa abituale. Fra i due estremi visti finora, esiste il caso in cui l’ipotesi che il volume di controllo abbia velocità uguale a quella del fluido, non valga. Infatti, supponiamo che il volume di controllo abbia velocità vs diversa dalla velocità del fluido. L’equazione diventa,
� �� �
� �0 ���
ww
³³³³³tS
stV
dSnvvdVt
UU
si noti come questa volta non possiamo portare dentro l’integrale l’operatore derivata. L’equazione in forma conservativa può essere rielaborata sfruttando l’operatore di derivata sostanziale,
���ww
vtDt
D
infatti, prendendo l’equazione della massa e sviluppando la divergenza di Uv si ha,
0 ������ww vvt
UUU
e tramite l’operatore di derivata sostanziale, otteniamo
0 ��� vDtD UU
questa forma prende il nome di forma convettiva o forma non conservativa.
Equazione di bilancio della Quantità di moto Il procedimento seguito nel costruire l’equazione di bilancio della massa, è riproposto per l’equazione di bilancio della quantità di moto. Considerando il solito volume fisso V si ha,
� � � � � �³³³³³³³³³³ww
� ��w
w
VVVV
dSnPdVXdSnvvdVtv UUU
si è indicato con X la componente gravitazionale e con P(n) il tensore delle forze dovute alle pressioni. Questo tensore può essere espresso come,
� � jj nPnP
Applicando il teorema della divergenza e sostituendo la nuova forma del tensore delle pressioni l’equazione diventa,
� � � � 0 »»¼
º
««¬
ª
w
w�����
ww
³³³V j
j dVxP
Xvvtv UUU
se la soluzione è continua possiamo passare ad annullare la funzione integranda,
� � � �j
j
xP
Xvvtv
w
w� ���
ww UUU
Possiamo scrivere la componente i-esima dell’equazione vettoriale trovata1,
� � � �j
j
j
j
xP
Xxvv
tv
w
w�
w
w�
ww U
UU
� � � �
j
iji
j
jii
xP
Xxvv
tv
w
w�
w
w�
ww
UUU
Trasformiamo l’equazione in forma conservativa trovata nella forma convettiva, per farlo sviluppiamo la derivata temporale e la divergenza,
� � � �j
j
xP
Xvvvvt
vtv
w
w� �������
ww
�ww UUUUU
per l’equazione di continuità il secondo e il quarto termine del primo membro si elidono, quindi l’equazione diventa,
� �IPXxP
XDtvD
j
j ��� w
w� UUU
Se il fluido è in quiete il tensore P ha componenti non nulle solo sulla diagonale principale, possiamo dire che
� � ijijjj PaPaPPnPnP � �� ��
1 La derivazione di un tensore è data da, k
ijij x
TT
w
w� dopo segue una contrazione con un
tensore unitario aik o ajk. I due vettori ottenuti non sono uguali, lo sono soltanto se il tensore di partenza era simmetrico. Di solito noi ci occuperemo sempre di tensori simmetrici.
Tensore diagonale isotropo
Se il fluido non è in quiete, le componenti del tensore fuori della diagonale non saranno più nulle. Ma possiamo scomporre il tensore nella sua parte simmetrica e isotropa, cioè
jjj aPP W��
ijijij PaP W��
il tensore W potrebbe non avere traccia nulla, quindi anche il tensore W potrebbe dare contributi di pressione termodinamica. Definendo la parte isotropa del tensore P come una funzione termodinamica dipendente da U e s, l’equazione di bilancio diventa
j
j
xPXPX
DtvD
w
w��� �����
WUWUU
Assegniamo la legge costitutiva del tensore W, esso dipende dalla velocità di deformazione H e dalla divergenza di v, attraverso due coefficienti O e P:
� � ijijij av��� OPHW 2
Possiamo fare l’ulteriore ipotesi di gas monoatomico, e da questa sfruttare l’ipotesi di Stokes. La quale dice che la viscosità di volume Pv è nulla per un gas monoatomico, questo ci permette di scrivere,
POOPP320
32
� � � v
La viscosità dinamica P è funzione della temperatura attraverso la legge di Sutherland,
KTKT
TT
110110
0
0
5.1
00 ��
¸̧¹
·¨̈©
§ ¸̧
¹
·¨̈©
§PP
Le relazioni introdotte ci permettono di esprimere il tensore W e la sua divergenza in forma più semplice.
Coefficiente di viscosità
Velocità di deformazione
¸¸¹
·¨¨©
§
w
w�
ww
i
j
j
iij x
vxv
21H
Equazione di bilancio dell’Energia totale Ricaviamo l’equazione di bilancio dell’energia, basandoci sul primo principio della termodinamica per un sistema aperto. L’energia che considereremo nel bilancio è l’energia totale
2
21 veet �
il bilancio sarà,
� � � �³³³³³³³³³³³³³³³ ����� ��w
w
SVR
Sjj
VS
t
V
t
dSnqdVqdSvnPdVvXdSnvedVte UUUU
Il primo termine del secondo membro rappresenta il lavoro svolto dal campo gravitazionale che trascuriamo. Il secondo termine è il lavoro delle pressioni.
Il terzo termine rappresenta l’energia data dall’irraggiamento, »¼
º«¬
ª
kgtJqR è
l’energia radiante. Questo termine diventa rilevante sopra i 1500K, quindi lo trascuriamo nella nostra trattazione. Il quarto e ultimo temine rappresenta l’energia assorbita dal gas per conduzione, il termine q è un flusso termico. Applicando il teorema della divergenza si ha,
� � � � � �0
»»¼
º
««¬
ª���
w
�w����
ww
³³³V j
jtt
dVqxvP
vete UU
annullando la funzione integranda otteniamo,
� � � � � � � � � �q
xv
vPqxvP
vete
j
j
j
jtt
���w
�w��� ���
w
�w ���
ww W
UU
Sviluppando la P in parte isotropa e simmetrica
La jaPP W� implica
� � � � � � � �vP
xPv
xvPa
xvaP
j
j
j
iij
j
j � w
w
w
w
w
�w
Equazioni di bilancio dell’Energia interna Per scrivere l’equazione di bilancio per l’energia interna, sfruttiamo l’equazione dell’energia totale scritta in forma convettiva senza trascurare il termine gravitazionale, ricordando che
2
21 veet �
l’equazione dell’energia totale sviluppando la divergenza diventa,
vXqxvv
xvPvP
Dt
veD
jj
j
j �����ww
���w
w�������
¸¹·
¨©§ �
UWW
U
2
21
a questa si sottrae l’equazione della quantità di moto, scritta in forma convettiva, moltiplicata scalarmente per in vettore v, cioè
vXvx
vPv
DtD
j
j ���w
w����
¸¸
¹
·
¨¨
©
§U
WU
2
2
otteniamo l’equazione
qxvvP
DtDe
jj ���ww
����� WU
chiamando funzione di dissipazione la grandezza
ijijj
iij
jj x
vxv HWWW
ww
ww
� )
l’equazione diventa,
qvPDtDe
���)���� U
Lavoro dovuto alle variazioni di
volume Lavoro dovuto agli sforzi viscosi
Calore scambiato dal gas
Equazione di bilancio dell’Entalpia Partiamo dal potenziale termodinamico che esprime l’entalpia, cioè
PvePeh � � U
differenziando il potenziale, si ha
DtDPv
DtDvP
DtDe
DtDh
��
dall’equazione di continuità, sostituendo al posto della densità U l’inverso del volume specifico v, si ha
0 ��� vvDtDv
ricavando il differenziale dell’energia e sostituendo nell’equazione di bilancio dell’energia si ottiene,
qvPDtDPvP
DtDh
���)���� ����U
qDtDP
DtDh
���)� U
Equazione di bilancio dell’Entalpia totale Per ricavare l’equazione di bilancio dell’entalpia totale bisogna andare a sostituire i differenziali trovati nell’equazione di bilancio dell’energia totale. Facendolo si ottiene,
� �vXq
xv
vPvPvDtD
DtDPvP
DtDh
j
j �����w
�w������� ¸
¹·
¨©§����� U
WUU 2
21
� �
vXqxv
vPvDtDPv
tP
DtDh
j
j �����w
�w���� ¸
¹·
¨©§����
ww
� UW
UU 2
21
il primo e ultimo termine del primo membro mi danno la derivata sostanziale dell’entalpia, si ha
Volume specifico
Velocità
� �vXq
xv
tP
DtDh
j
jt
�����w
�w�
ww
UW
U
Equazione di bilancio della Temperatura Per ricavare un’equazione di bilancio per la temperatura partiamo dal potenziale termodinamico dell’entalpia,
vdPTdsdh �
scegliamo come variabili indipendenti la temperatura e la pressione, allora siamo costretti a trovare il modo di esprimere il differenziale dell’entropia in funzione delle variabili scelte,
dPPsdT
Tsds
TP ww
�ww
il potenziale dell’entalpia diventa,
dPvPsTdT
TsTdh
TP»¼
º«¬
ª�
ww
�ww
ricordando la definizione di calore specifico a pressione costante
Tc
Ts
TsT
Thc P
PPPP
ww
�ww
ww
abbiamo trovato il coefficiente di dT. Per trovare l’altro ci ricordiamo che essendo il differenziale esatto, le sue derivate miste devono essere uguali, cioè
¸̧¹
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§�
ww
ww
¸̧¹
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§ww
ww v
PsT
TTsT
P TP
PP Tv
PTsT
Ps
PTsT
ww
�ww
w�
ww
ww
w 22
PP Tv
Ps
ww
� ww
il differenziale dell’entalpia diventa,
dPTv
vTvdTcdh
PP »
¼
º«¬
ªww
�� 1
chiamando
PTv
v ww
1D
il differenziale sarà,
� �dPTvdTcdh P D�� 1
derivando rispetto al tempo,
� �DtDPTv
DtDTc
DtDh
P D�� 1
e sostituendo nell’equazione di bilancio dell’entalpia,
� � qDtDP
DtDPT
DtDTcP ���)���� DU 1
qDtDPT
DtDTcP ���)� DU
Introduciamo l’ipotesi di gas perfetto,
PR
Tv
PRTvRTPv
P
ww
� �
111 �
ww
TTPv
RTv
v P
DD
questo ci fa capire che il differenziale dell’entalpia perde il secondo termine, e l’entalpia diventa funzione lineare della sola temperatura. Quindi nel caso di gas perfetto bastava sostituire all’entalpia la relazione
Tch P
Coefficiente di dilatazione isobara
Equazione di bilancio dell’Entropia Si parte sempre dal potenziale termodinamico dell’entalpia,
DtDP
DtDsT
DtDh
U1
�
DtDP
DtDs
DtDh
� UU
e sostituendo nell’equazione di bilancio dell’entalpia si ha,
qDtDP
DtDP
DtDsT ���)� �U
� �qTDt
Ds���)
1U
Portiamo la forma convettiva in forma conservativa, sappiamo che
TqT
qTT
q����� ¸̧
¹
·¨̈©
§�� 2
11
se definiamo uno scalare TqT
��� <1 , l’equazione dell’entropia diventa,
TTq
Tsv
ts <
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§���
) ���
ww UU
� �<�) ¸̧¹
·¨̈©
§����
ww
TTq
vsts 1UU
I termini di sorgente devono essere sempre positivi, e si può dimostrare che lo sono se sono positivi la viscosità dinamica P e la conducibilità termica k. Introduciamo una legge costitutiva per il flusso termico di conduzione, la relazione prende il nome di legge di Fourier,
Tkq ��
Termine di apporto di calore
Termine di convezione
Termini di sorgente
Condizioni al Contorno Le equazioni di bilancio costruite compongono un sistema di 5 equazioni differenziali, a cui possiamo aggiungere 2 equazioni algebriche (l’equazione di stato per i gas perfetti e l’equazione e=cvT). Abbiamo in totale 7 equazioni, e facendo un bilancio delle incognite ci accorgiamo che queste sono: la velocità v, la densità U, la pressione P, la temperatura T e l’energia interna e. Abbiamo 7 incognite. È vero anche che nelle equazioni differenziali compaiono le W e q, ma tramite le loro leggi costitutive possiamo esprimerle in funzione della temperatura. Per chiudere il problema ci occorrono le condizioni al contorno, e quella che noi useremo è la perfetta adesione fra gas e solido, quindi
0 v
In realtà ne useremo solo una parte di essa, infatti assumeremo l’annullarsi della sola componente normale, cioè
0 � nv
questa assunzione ci permette di capire che la parte tangenziale della velocità è,
0#ww
v�� nv
nvvv tt O
Questa relazione non è sempre applicabile. Il nostro studio si basa sull’ipotesi del continuo, in condizioni di gas molto rarefatto, l’ipotesi del continuo cade e siamo costretti ad applicare la teoria cinetica dei gas. Ma c’è un regime che si pone a metà strada fra il continuo e la teoria cinetica, in cui si possono ancora utilizzare le Navier-Stokes ma con condizioni al contorno diverse dalle solite ( 0 � nv ). Le condizioni utilizzate implicano un leggero scorrimento a parete. Abbiamo introdotto le condizioni al contorno da imporre al campo di moto, dobbiamo fare la stessa cosa per il campo di temperatura. Per la temperatura abbiamo due strade da poter seguire, possiamo dare una temperatura iniziale
0TT
oppure dare il flusso normale di calore entrante, cioè
0qnq ��
Libero cammino medio
Queste due condizioni al contorno sono rispettivamente, condizioni di Dirichlet per la temperatura assegnata, e condizioni di Neumann per il flusso di calore assegnato. Utilizzeremo l’una o l’altra a secondo del problema fisico che dovremo risolvere. Se abbiamo un sistema adiabatico sceglieremo la condizione di Neumann, se abbiamo un sistema isotermo sceglieremo la condizione di Dirichlet. Le equazioni di bilancio in forma conservativa possono essere scritte in forma contratta utilizzando delle funzioni ausiliarie, cioè
� � bUUFtU
����ww
con
°°°
¿
°°°
¾
½
°°°
¯
°°°
®
tevvv
U
UUUUU
3
2
1
e
°°°
¿
°°°
¾
½
°°°
¯
°°°
®
������
111
1331
1221
1121
1
qvvhvvvvPvv
F
jjt
x
WWUWUWU
U
…
Fx è una componente del vettore F. Le equazioni di bilancio sono equazioni differenziale del secondo ordine, tutte meno che la prima, quella di conservazione della massa che è del primo ordine ed è di natura iperbolica. Le altre sono di natura parabolica. Questa diversa natura delle equazioni implica una diversa dipendenza dalle condizioni al contorno. Una equazione di natura iperbolica ha un dominio di dipendenza che è racchiuso dalle direzioni caratteristiche, al contrario di una equazione parabolica il cui dominio di dipendenza è tutto il piano precedente alla sua unica direzione caratteristica.
Punto di cui si vuol conoscere la soluzione
x
t t
x
Dati iniziali
Dominio di dipendenza
Corrente ideale (q=0 e W=0) Equazioni di Eulero Se supponiamo nulli gli sforzi tangenziali e il flusso di calore le equazioni di bilancio ricavate ci danno il sistema di equazioni di Eulero, si ha
� �
°°°°
¯
°°°°
®
�����
���
���
0
0
DtDs
vXvPDtDe
XPDtvD
vDtD
t
UU
UU
UU
Ci si accorge che l’entropia rimane costante sulla traiettoria, se avessimo delle condizioni iniziali in cui tutti gli elementi fluidi hanno la stessa entropia possiamo concludere che la corrente rimane omoentropica.
Corrente ideale stazionaria Il sistema scritto sopra diventa,
� �� �
°°¯
°°®
������� ��
��� �� �����
0
0
svvXvPev
XPvvvv
t UUUU
UU
In una corrente stazionaria ideale, l’entropia si mantiene costante su ogni linea di flusso. Nell’equazione dell’entalpia totale si ha,
� �vXq
xv
tP
DtDh
j
jt
�����w
�w�
ww
UW
U
vXhv t � �� UU
se il campo gravitazionale è conservativo possiamo introdurre un potenziale scalare uX �� , l’equazione dell’entalpia diventa
� � 0 ��� uhv t
costante �� uvh 2
21
La relazione a cui siamo arrivati è del tutto simile al teorema di Bernoulli, essa è valida su ogni linea di flusso, ma se tutte le linee di flusso hanno lo stesso valore di entalpia, la corrente si dice omoenergetica.
Teorema di Crocco Prendiamo in considerazione l’equazione di bilancio della quantità di moto di una corrente stazionaria ideale,
� � XPvv UU ��� ��
trascurando il termine gravitazionale, il primo membro può essere riscritto come,
� � � � vvvvv uu��¸¹·
¨©§� �� 2
21
introducendo il vettore vorticità come Z u� v e dal potenziale termodinamico dell’entalpia,
PsTh ��� �U1
sThP ��� �U1
sostituendo le due relazioni nell’equazione di moto si ha,
021 2 ����u�¸
¹·
¨©§� sThvv Z
vhsT t u�� � Z
La relazione di Crocco vale solo per una corrente stazionaria e ideale, essa mi lega la variazione spaziale dell’entropia con quella dell’entalpia e la vorticità. Se la corrente è omoentropica ed omoenergetica dev’essere anche irrotazionale. L’affermazione d’irrotazionalità, con l’ipotesi di omoentropicità e di omoenergeticità, non è sempre vera, poiché nella relazione di Crocco compare il prodotto vettoriale fra la vorticità e la velocità. Un esempio di corrente che soddisfa le ipotesi ma che non è irrotazionale è la corrente di Beltrami. Dalla relazione di Crocco capiamo che se in una corrente di fluido si genera una discontinuità, la corrente non potrà più essere a valle irrotazionale. Ma può accadere che la discontinuità generi un salto di entropia costante su tutti gli
Relazione di Crocco
elementi fluidi, questo implica che la corrente a valle della discontinuità resti isoentropica e irrotazionale, anche se il suo valore di entropia è diverso da che la corrente aveva a monte della discontinuità.
Corrente ideale non stazionaria Prendiamo in considerazione l’equazione di bilancio della quantità di moto, trascurando gli effetti del campo gravitazionale,
� � Pvvtv
�� ���ww
U1
ma sappiamo che,
� � � � vvvvv uu��¸¹·
¨©§� �� 2
21 e sThP ��� �
U1
l’equazione diventa,
021 2 ����u�¸
¹·
¨©§��
ww sThvvtv Z
consideriamo una corrente irrotazionale ed isoentropica (Z=0 e s=costante),
021 2 ��¸
¹·
¨©§��
ww hvtv
0 ��ww thtv
poiché la corrente è irrotazionale esisterà un potenziale cinetico M� v , si ottiene
0 ¸¹·
¨©§ �wMw
� tht
� � costante �wMw tght
t
la funzione del tempo g(t) possiamo ritenerla costante oppure nulla, poiché a noi interessa il suo gradiente. La relazione trovata è un’altra forma del teorema di Bernoulli per una corrente irrotazionale e isoentropica.
Equazione di Laplace L’equazione di bilancio della massa per il caso incomprimibile si riduce alla formula,
0 �� v
ma supponendo il campo irrotazionale, esisterà un potenziale cinetico M� v , per cui la divergenza del vettore velocità diventa,
0 'M
L’equazione di Laplace è un’equazione differenziale del secondo ordine, che ci consente di determinare il campo di moto del sistema. All’equazione di Laplace possiamo legare il teorema di Bernoulli per avere il campo di pressioni e chiudere così il problema.
Corrente comprimibile Abbiamo visto che per una corrente incomprimibile possiamo trovare un’equazione che ci dà il campo di moto del sistema, l’equazione di Laplace. Se la corrente che stiamo studiando è comprimibile, irrotazionale e omoentropica, si può sempre trovare un’analoga legge. Partiamo costruendoci il differenziale della pressione, funzione dell’entropia e della densità,
dssPdPdP
s U
UU w
w�
ww
sotto l’ipotesi di omoentropicità e ricordando che 2cP
s
wwU
, si ha
DtDP
cDtDdcdP 2
2 1 �
UU
sostituendo la relazione trovata nell’equazione di bilancio della massa, si ha
02 ��� vcDtDP U
02 ������ww vcPvtP U
Equazione di Laplace
Dall’equazione della quantità di moto, si ottiene
0 �� PDtvDU
� � 0 �����ww Pvvtv UU
021 2 ��u�¸
¹·
¨©§��
ww Pvvtv ZUUU
moltiplicando scalarmente per il vettore v, si ha
021 2 ���u��¸
¹·
¨©§���
ww� Pvvvvvtvv ZUUU
¸¹·
¨©§���
ww�� �� 2
21 vv
tvvPv UU
possiamo sostituire il prodotto ricavato nel bilancio della massa,
021 22 ���¸
¹·
¨©§���
ww��
ww vcvv
tvv
tP UUU (*)
Prendiamo in considerazione il teorema di Bernoulli, che ci dice,
costante ��wMw 2
21 vh
t
deriviamolo rispetto al tempo,
02
2
ww��
ww
�wMw
tvv
th
t
dal potenziale termodinamico dell’entalpia, si ha
tP
thdPTdsdh
ww
ww
�� UU11
Bernoulli diventa,
tvv
ttP
tvv
tP
t ww��
wMw
� ww
� ww��
ww
�wMw UU
U 2
2
2
2
01
sostituendo la derivata temporale delle pressione nella (*), si ottiene
È nullo dato che la corrente è omoentropica
È nullo poiché è un prodotto misto con due vettori uguali
0212 22
2
2
���¸¹·
¨©§���
ww��
wMw
� vcvvtvv
tUUUU
vcvvtvv
t�� ¸
¹·
¨©§���
ww��
wMw 222
2
212
� � 'M M��M���M��wM�w
�M��wMw 22
2
212 c
tt ($)
l’unica incognita dell’equazione è il potenziale cinetico M, infatti la celerità del suono può essere espressa in funzione di M, tramite la relazione
costante M��M���
�wMw
21
1
2
Jc
t
La relazione ($) è la duale dell’equazione di Laplace per una corrente comprimibile.
Equazione cartesiana del potenziale per una corrente comprimibile 2D L’equazione del potenziale che abbiamo trovato per una corrente comprimibile, può essere sviluppata in coordinate cartesiane in due dimensioni, e portata in forma più semplice,
� � 'M M��M���M��wM�w
�M��wMw 22
2
212 c
tt
� � � � � � � � � � � �yyxxyxyxyxytxtyxtt cyx
M�M »¼
º«¬
ªM�M
ww
M�Mww
�MM�MM�MM�M 22222 ,,21,,2
� � � � � � � � � �yyxxyyyxyxxyyxxxyxytxtyxtt c M�M MM�MMMM�MM�MM�MM�MM�M 222,22,21,,2
� �yyxxyyyxyyxxxxytyxtxtt c M�M MM�MMM�MM�MM�MM�M 222 222
chiamando u=Mx e v=My si ha,
� � � � 0222 2222 M��M�M��M�M�M yyxyxxytxttt cvuvcuvu
L’equazione trovata non è lineare, in quanto i coefficienti delle derivate di grado massimo non sono costanti. È un’equazione quasi-lineare perché i coefficienti sono funzioni delle derivate del potenziale del primo ordine, ed è di carattere iperbolico.
Le condizioni al contorno che utilizzeremo per chiudere il problema, sono quelle di perfetta adesione, cioè
0 �M� n
Equazione cartesiana del potenziale per una corrente stazionaria Il caso più importante per il nostro studio è quello in cui la corrente comprimibile sia anche stazionaria, con questa ulteriore ipotesi l’equazione del potenziale diventa,
� � � � 02 2222 M��M�M� yyxyxx cvuvcu
Per vedere la natura matematica dell’equazione differenziale del potenziale, possiamo andare a calcolare il determinate dei coefficienti delle derivate di ordine massimo, il segno del determinante darà l’informazione cercata,
°¯
°®
! �
�� iperbolica è eq.l'parabolica eq.èl'
ellittica è eq.l'
000
42
DDD
acbD
Nel nostro caso si ha,
� �� � 044 222222 !��� cvcuvu
0422222222 !���� ccvcuvuvu
012
224 !¸̧
¹
·¨̈©
§�
�cvuc
012 !�M
La relazione ottenuta ci fa capire che una corrente stazionaria, omoentropica e irrotazionale si comporterà come un’equazione ellittica se è subsonica, quindi come una corrente incomprimibile. Se abbiamo una corrente supersonica, sarà matematicamente di tipo iperbolico, avremo delle linee caratteristiche reali, quindi le informazioni si propagano in regioni finite del dominio.
Mach locale della corrente
Linearizzazione del potenziale, Onde acustiche Per riuscire ad avere delle soluzioni analitiche dobbiamo ottenere un modello lineare del potenziale. Un modo per ottenere una linearizzazione del problema è quello di partire da una soluzione nota, per poi ottenere una soluzione prossima a quella nota. Come esempio prendiamo in considerazione un sistema acustico, la soluzione nota che scegliamo è quella della quiete,
°¯
°®
0
0
0
UPv
Supponiamo che il nostro sistema sia omoentropico s0=cost , ¸¹·
¨©§ 0DtDs , questo
mi permette di dire che la pressione è funzione della sola densità. Una soluzione qualunque sarà data partendo dalla soluzione di quiete più delle piccole variazioni, si ha
°¯
°®
c�
c�
c
UUU 0
0 PPPvv
tanto più piccole sono le perturbazioni tanto più vicina sarà la soluzione trovata a quella nota. Andiamo a sostituire la soluzione trovata nelle equazioni di bilancio, si ottiene
� �
� �°¯
°®
c��c
c�
c��c��c
0
0
0
0
PDtvD
vDtD
UU
UUU
Il gradiente di P0 e la derivata sostanziale di U0 sono nulli, poiché P0 e U0 sono costanti. Nelle ipotesi fatte, abbiamo detto che le perturbazioni sono piccole, cioè
1100
��c
��c
UU
PP
ma per la perturbazione della velocità questa assunzione non va bene, dobbiamo trovare un altro criterio. Sappiamo che vale la relazione, per una funzione generica G,
GvtG
DtDG
��c�ww
se vc è piccolo il termine convettivo è trascurabile, quindi possiamo sostituire alla derivata sostanziale la derivata temporale. Avendo introdotto le ipotesi di piccole perturbazioni, riscrivo il sistema trascurando anche il prodotto Uc�vc,
°¯
°®
c��wcw
c���wcw
0
0
0
0
Ptv
vt
U
UU
il sistema è fatto da equazioni lineari perché i coefficienti sono costanti. Linearizzando la pressione,
...2
0,2
2
0,
�cww
�cww
c UU
UU ss
PPP
UU c� c��c c 2
020 cPcP
e sostituendola nel sistema, si ottiene
°¯
°®
c��wcw
c���wcw
0
0
200
0
UU
UU
ctv
vt
Il sistema trovato può essere contratto in una sola equazione, facendo la derivata rispetto al tempo della prima equazione e la divergenza della seconda equazione si ha,
� �
� �°°¯
°°®
c'�c��ww
c��ww
�w
cw
0
0
200
02
2
UU
UU
cvt
vtt
0202
2
c'�w
cw UU ct
L’equazione trovata è l’equazione delle onde di D’Alembert. Riscrivendo il sistema in termini di pressione, e definendo una variabile scalare
M tale che t
PwMw
� c 0U , dall’equazione della quantità di moto, si ha
� �� � 000 M�ww
�wcw UU
ttv
Equazione delle onde di D’Alembert
� � 0 M��cww vt
� �xvv R M��c
� �xvv R�M� c
mettendo la relazione ottenuta nell’equazione della massa, si ha
00 c���wcw vt
UU
0200 c���
wcw vctP U
� �� � 02 2002
2
0 ���'M�wMw
� xvct RUU
se vR(x) è nullo, allora il campo di perturbazione è irrotazionale e questo implica che il campo di moto di vc è soluzione delle onde. Prendiamo l’equazione di D’Alembert in termini di pressione, ed esplicitiamola in un problema monodimensionale,
02
2202
2
w
cw�
wcw
xPc
tP
000 c¸¹·
¨©§
ww
�ww
¸¹·
¨©§
ww
�ww P
xc
txc
t
Ognuno dei due operatori mi rappresenta la propagazione di un’onda che ha velocità rc0. Introduciamo due nuove variabili della pressione,
� �K[K[
,~0
0 PPtcxtcx
�¯®
� �
le derivate variano come,
K[K
K[
[ ww
�ww
ww
ww
�ww
ww
ww
xxx
K[K
K[
[ ww
�ww
� ww
ww
�ww
ww
ww
00 ccttt
i due operatori diventano,
[K[K[ ww
� ww
�ww
�ww
�ww
� ww
�ww
000000 2cccccx
ct
KK[K[ ww
ww
�ww
�ww
�ww
� ww
�ww
000000 2cccccx
ct
l’equazione sarà,
04 20 c¸̧
¹
·¨̈©
§ww
ww
� PcK[
integrando per variabili separabili, si ottiene
� � � �K[ gfP � c Cerchiamo di trovare il legame fra le perturbazioni di pressione e la velocità, per farlo partiamo dal sistema scritto in termini di pressione,
°¯
°®
wcw
�wcw
wcw
�wcw
0
0
0
200
xP
tv
xvc
tP
U
U
moltiplicando la seconda per c0, e sommando e sottraendo la prima alla seconda si ottiene,
0000 ¸¹·
¨©§
wcw
rwcw
r¸¹·
¨©§
wcw
rwcw
xP
tP
xvc
tvcU
introducendo le variabili [ e K e ricordando che,
[ww
� ww
�ww
00 2cx
ct
, Kww
ww
�ww
00 2cx
ct
le due equazioni ricavate diventano, per la somma,
� � 0022 000000 c�cww
� wcw
�¸̧¹
·¨̈©
§wcw PvcPcvcc U
KKKU
per la differenza,
� � � � 0022 000000 c�cww
� wcw
��¸̧¹
·¨̈©
§wcw
� PvcPcvcc U[[[
U
integrando si ha,
� �[U fPvc 200 c�c e � �KU gPvc 200 � c�c
sottraendo la seconda dalla prima, si ha
� � � �K[ gfP � c
relazione che abbiamo già trovato. Sommando le due funzioni si ha,
� � � �K[U gfvc � c00
Un caso particolare si ha quando consideriamo un’onda che si muove solo verso destra, cioè
00000
0cPvPvc
gf
UU
c c�c c�
¯®
z
Se l’onda si muove solo verso sinistra, si ottiene
00000
0cPvPvc
gf
UU
c� c�c� c�
¯®
z
Onde acustiche tridimensionali Abbiamo visto la costruzione analitica di un’onda piana in un sistema monodimensionale. Se vogliamo spostarci in un sistema tridimensionale, possiamo ancora sfruttare l’ipotesi di onda piana. Il potenziale di perturbazione sarà un’onda che si propaga lungo la direzione normale al fronte d’onda, cioè un vettore del tipo,
� � � � � �tcnxgtcnxfntx 00,, ����� M
Un’onda acustica tridimensionale avrà una forma sferica, ma posso pensarla come la superficie inviluppo di un numero infinito di onde piane.
La soluzione generale dell’equazione delle onde 0202
2
'M�wMw ct
sarà,
� � � � � �> @¦f
����� M
100,
kkkkk tcnxgtcnxftx
come funzioni fk e gk prendiamo delle funzioni armoniche,
� � � � � �tkckxitcnxikkkk eecnxgf ok 0
0, ������ ��
dove il vettore k=k�n è il numero d’onda in quella data direzione. La generica soluzione sarà,
� �� �
� � � �> @³³³ ���� M kdeekBekAtx kxitikctihc 0032
1,S
questa rappresentazione mi permette di utilizzare la trasformata di Fourier, per ottenere la soluzione delle onde date le soluzioni iniziali. Nello spazio infinito, dove stiamo lavorando, diamo delle condizioni iniziali queste mi permetteranno di costruire la soluzione. Le condizioni iniziali saranno,
� � � �� � � �°̄
°®
M Mww
M M
xxt
xx
t 0,
0
0,
0,
La generica soluzione scritta in precedenza dovrà soddisfare queste condizioni iniziali, quindi
� �� �
� � � �> @³³³ ��� M kdekBkAx kxi30 2
1S
� �� �
� � � �> @³³³ ��� M kdekBikckAikcx kxit 0030, 2
1S
Possiamo riconoscere le funzioni integrande come antitrasformate di Fourier, infatti la trasformata di Fourier e la sua antitrasformata ci dicono che,
� � � �³ dxexfF xi[[ e � � � �³ � [[S
[ deFxf xi
21
nel nostro caso si ottiene,
� � � � � �³³³ �M � dxexkBkA kxi0
� � � �> @ � �³³³ �M � dxexkBkAkic kxi
t 0.0
Queste relazioni descrivono le intensità delle onde, e si possono ricavare dall’antitrasformata di Fourier. Trovate A e B e messe nella soluzione generica, integrando rispetto al numero d’onda k ottengo la soluzione cercata. Il compito di trovare la soluzione generale del problema delle onde, può essere affrontato in modo diverso da quello appena visto. Invece di ipotizzare una forma precisa della soluzione, ipotizziamo che il campo delle condizioni iniziali
sia dato tramite delle perturbazioni impulsive, G di Dirach, e ci chiediamo quale possa essere la forma della soluzione esatta di una perturbazione impulsiva. Supponiamo di avere un disturbo puntuale come condizione iniziale, quindi capiamo che l’onda che stiamo trovando ha una simmetria sferica, le condizioni saranno,
� �� � � �°̄
°®
Mww
M
xxt
x
G0,
00,
Troviamo la forma del laplaciano del potenziale in coordinate sferiche,
¸¹·
¨©§
wMw
�Mww
»¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§
wMw
ww
�wMw
¸¹·
¨©§
wMw
ww
�wMw
¸¹·
¨©§
wMw
ww
¸¹·
¨©§
wMw
ww
'Mr
rrrr
rrrrr
rr
rrr
rrr
rrrrr
rrr
111111222
22
� �Mww
'M rrr 2
21
il potenziale diventa
� � 02
2202
2
Mww
�wMw r
rc
tr
essendo r indipendente dal tempo possiamo portarla dentro la derivata temporale,
� � � � 02
2202
2
Mww
�Mww r
rcr
t
Ci accorgiamo che l’equazione trovata è simile a quella del problema monodimensionale con la sola differenza che qui la variabile non sarà il solo potenziale, ma il prodotto rM. La soluzione sarà,
� � � �tcrgtcrfr 00 ��� M
� � � �tcrfr
tr 01, � M
prendiamo una forma della f data come funzione impulsiva,
� �tcrf 0� G
il potenziale diventa,
La trascuriamo poiché la perturbazione genera un’onda sferica che si espande verso l’infinito e non il viceversa
� �tcrr 011
� M G
dobbiamo andare a verificare che soddisfi le condizioni iniziali, la derivata rispetto al tempo sarà,
� �tcrrc
t 001 �c�
wMw
G
facciamo l’integrale su tutto lo spazio infinito,
� � � �³³³³³³³³³ �c� �c� wMw
drrtcrcdrrtcrrc
xdt
I 002
001
1 44 GSSG
ma sappiamo che,
� � � � � �xfxdxxxf cc� cc�c³³³ G
quindi l’integrale diventa unitario, cioè
01 4 cI S
Si noti come l’integrale non dipenda dal tempo ed è costante, essendo costante dovrà essere uguale all’integrale della condizione iniziale, ma l’integrale della condizione iniziale è l’integrale della funzione di Dirach, cioè di valore 1. Quindi il potenziale che rispetta la condizione iniziale sarà,
� �tcrrc 0
01 4
1� M G
S
Ora mettiamo il disturbo impulsivo G(x) sulla prima condizione iniziale, cioè
� � � �xx G M 0,
Per trovare la soluzione, partiamo dalla soluzione tentativo trovata precedentemente. Essendo un’equazione a coefficienti costanti, la sua derivata rimane sempre soluzione, quindi si ha,
� �rtcr
t SG
401
2�c
� wMw
M
facciamo l’integrale
� �14
420
22 �c
� M ³³³³³³ drrrtcr
xdI SS
G
si nota che la condizione iniziale è banalmente verificata, quindi la soluzione trovata va bene. Se riesco a scrivere le condizioni iniziali come convoluzione di risposte impulsive,
� � � � � �� � � � � �³³³
³³³cc�cM M
cc�cM M
xdxxxx
xdxxxx
tt G
G
0,
0
0,
0,
la soluzione generale cercata sarà,
� � � � � � � � � �> @³³³ cc�McM�c�McM M xdtxxxtxxxtx t ,,, 2010,
dove � �
xxctcxxc�
�c� M
0
01 4S
G e
� �xxtcxx
c�
�c�c� M
SG
40
2
La funzione di Dirach dà un valore non nullo, solo quando il suo argomento diventa nullo. Questo succede quando la distanza |x � xc| è uguale alla distanza c0t, quindi quando ci troviamo sulla sfera di raggio c0t. Soltanto i punti della sfera portano l’informazione utile alla ricerca del potenziale del punto xc.
Radiatore sferico Supponiamo di avere un sistema fisico costituito da una sfera di raggio variabile nel tempo ,R(t). Vogliamo scoprire il campo acustico che viene generato da questo tipo di disturbo. La perturbazione sarà data dalla variazione temporale del raggio, cioè
� �tRv Rr
. c
Sappiamo che la soluzione del potenziale è data da,
� � � �tcrfr
tr 01, � M
ma poiché
rvv
wMw
c�M� c
� � � �tcrfr
tcrfrr
v 002
11�c���
wMw
c
dalla condizione la contorno si ha,
� � � � � �tRtcRfR
tcRfR
.
002
11 �c���
La relazione ottenuta è implicita, dato che compaiono contemporaneamente f e fc, quindi cerchiamo una soluzione approssimata facendo un cambio di variabile,
� � � �00 crtqtcrf � �
facciamo un’espansione in serie di q vicino all’origine
� � � � � � � � ...21
2
000 �cc¸̧
¹
·¨̈©
§�c� � tq
crtq
crtqcrtq
� � � � ¸̧¹
·¨̈©
§�c �c
00 c
rOtqcrtq
se il potenziale, dopo il cambio di variabile, è
� � � �01, crtqr
tr � M
si ha
� � � �00
02
11 crtqrc
crtqrr
v �c��� wMw
c
applicando le espansioni, si ottiene
� � � � � � ¸̧¹
·¨̈©
§�c�c¸̧
¹
·¨̈©
§��� c 2
0
2
0022
111crOtq
rctq
cr
rtq
rv
� � ¸̧¹
·¨̈©
§�� c 2
0
2
2
1crOtq
rv
E applicando le condizioni al contorno si ha
� � � � � �.
2.
2
1 RRtqtRtqR
� � �
Esprimendo la relazione trovata in termini di volume, si ottiene
.2
.2
.3 43
34
34 RRRRVRV SSS �
� �S4
.Vtq �
la soluzione del potenziale approssimata sarà,
� � � �rcrtV
trS4
, 0
.�
� M
Abbiamo costruito una soluzione approssimata, ma ci resta da verificare quando questa soluzione trovata è valida. La soluzione trovata sarà valida quando i termini dello sviluppo in serie svolto saranno piccoli, cioè quando il termine r2/c0
2, che dimensionalmente è un tempo, è minore della scala temporale dell’oscillazione,
1220
22
20
2
�����TcRT
cR
Se le dimensioni del corpo sono piccole rispetto alla lunghezza d’onda d’oscillazione, il risultato approssimato ottenuto assomiglia molto al potenziale che si ottiene risolvendo il problema di Laplace con contorno mobile. Se prendo in considerazione il potenziale di un radiatore sferico, ma in campo incomprimibile, esso sarà
� � � �rtVtrIN S4.,
.
� M
questo perché la c0 tende al valore infinito, quindi scompare la dipendenza dal vettore r dal potenziale, e ciò significa fisicamente che il disturbo si propaga immediatamente in tutto il dominio. Andiamo a trovare la soluzione in termini di velocità, sappiamo che
� � � �rccrtV
rcrtV
rv
0
0
..
20
.
44 SS�
��
wMw
c
Se vado a dividere il dominio, in un campo vicino ed in un campo lontano alla perturbazione, ottengo x Campo vicino:
� �2
.
0 4 rtVvTcr
S#c���
Si noti che la velocità ottenuta è quella che avremmo avuto dal campo incomprimibile, questo perché essendo molto vicini alla sorgente, l’informazione arriva istantaneamente. x Campo lontano:
� �rccrtV
vTcr0
0
..
0 4S�
#c�!!
per interpretare la relazione ottenuta, possiamo ricorrere al disturbo di pressione,
� �vc
rcrtV
tP c
¸̧¸
¹
·
¨̈¨
©
§ ���
wMw
� c 000
..
00 4U
SUU
questo ci fa capire che la velocità ottenuta è quella di un’onda piana. Andiamo a vedere l’energia associata al campo acustico. Per far questo partiamo dal sistema,
°¯
°®
c��wcw
c���wcw
0
0
0
200
Ptv
vctP
U
U
moltiplichiamo scalarmente per v la seconda equazione, e la prima per Pc, si ha
°°¯
°°®
c��c�¸¹·
¨©§ c
ww
c��c�¸¹·
¨©§ c
ww
021
021
20
200
2
Pvvt
vPcPt
U
U
ricordando che,
� � PvvPvP c��c�cc�� c��c sostituendo dentro il sistema si ha,
� �
°°¯
°°®
c��c�¸¹·
¨©§ c
ww
c��c�cc���¸¹·
¨©§ c
ww
021
0211
20
2200
Pvvt
PvvPPtc
U
U
sommando membro a membro, si ottiene
� � 021
21
200
22
0 cc���¸̧¹
·¨̈©
§ c�c
ww vP
cPv
t UU
200
22
0 21
21
cPvEU
Uc
�c e vPF cc
Abbiamo ottenuto un’equazione in forma conservativa
0 ���ww FtE
Definiamo Intensità dell’onda il valore medio del flusso, cioè
vPI cc
che misuriamo in decibel, definito come,
010log10IIdB dove 2
120 10
mWI �
Nel caso d’onda piana, vcP c c 00U , i contributi dell’energia acustica sono equivalenti, infatti,
EcvccPvPI 0
200
00
2
c c
cc UU
dividendo per c0 si ottiene
EvcP
c 202
00
2
UU
Per calcolare la velocità di propagazione dell’onda bisogna trovare il rapporto del flusso d’energia diviso l’energia acustica, cioè
EF
a
e nel caso di onda piana, si ha
00 cEEc
a
Flusso d’energia acustica
Energia acustica
Intensità d’onda
Vogliamo calcolare l’energia emessa, e per farlo possiamo calcolare la potenza emessa, sfruttiamo l’approssimazione d’onda piana, quindi siamo costretti a metterci molto lontani dalla sorgente. Sappiamo che 2
000 vcEcI c U , la potenza sarà
200
24 vcrISP c US
sostituendo alla velocità, l’espressione trovata per un’onda piana, si ha
� �
2..
0
022
0
2..
002
444 ¸
¹·
¨©§
¸¹·
¨©§
Vcrc
VcrP
SU
SUS
ci accorgiamo che la potenza non dipende da r. Dobbiamo affrontare per il radiatore sferico il problema di trovare la soluzione nel dominio che sta in mezzo fra il campo vicino e il campo lontano. Un possibile approccio, alternativo al risolvere l’equazione completa scritta in precedenza, è quello di partire dall’equazione d Laplace in modo asintotico espandendo la soluzione. Possiamo pensare che la soluzione in un dato punto del dominio sia dovuta a un certo numero di contributi,
� � � � � � � � ...1:1, �¸̧¹
·¨̈©
§¸¹·
¨©§���¸
¹·
¨©§��� M
rtc
rtb
rtatr
L’espansione fatta è chiamata espansione multipolo. Si può dimostrare che i termini possono essere espressi come,
� � � � � � � �¸¸¹
·¨¨©
§¸̧¹
·¨̈©
§ �����¸
¹·
¨©§ ����
� M
rcrtc
rcrtb
rcrta
tr 000,
I tre termini che compaiono nel potenziale rappresentano le soluzioni di particolari sistemi fisici. Il termine di monopolo sappiamo già che rappresenta il potenziale di un radiatore sferico. Il termine di dipolo è caratteristico di una barra che vibra, mentre il termine di quadrupolo rappresenta un sistema con due barre che vibrano insieme (diapason).
Termine di monopolo
Termine di dipolo
Termine di quadrupolo
Onde acustiche bidimensionali Sappiamo che il potenziale acustico può essere trovato utilizzando la formula
� � � � � � � � � �³³³ c
»»¼
º
««¬
ªc�
�c�ccM�
c�
�c�cM M xd
xxtcxx
xxxctcxx
xtx t SG
SG
44, 0
00
00,
chiamando xxD c� si ha
� � � � � � � � � �³³³ c»
¼
º«¬
ª �ccM�
�cM M xdDtcD
xDctcD
xtx t SG
SG
44, 0
00
00,
Vogliamo trovare il potenziale di un campo bidimensionale, allora partiamo dal potenziale tridimensionale e andiamo a pensare che la variabile z sia fissata e abbia sempre lo stesso valore. Il campo bidimensionale non ha tanto senso fisico per le onde acustiche, ma ha una forte analogia con il campo linearizzato tridimensionale supersonico che affronteremo più avanti. Il potenziale scritto si trasforma fissando la variabile z, come
� � � � � � � � � �³³ ³³ cc»
¼
º«¬
ªc�c
ccM�c�ccM M
f�
f�
f�
f�
ydxdzdDtcD
yxzdDctcD
yxtyx t SG
SG
4,
4,,, 0
00
00,
Il compito che ci aspetta è quello di trovare le funzioni
� �³�f
f�
c� zd
DctcD
H0
01 4S
G e � �³�f
f�
c�c zd
DtcD
HS
G4
02
Sappiamo che � � 2222 xxzzRRD c� c��c� Andiamo a trovare la funzione H1,
� �³�f
c�
0 0
01 4
2 zdDctcD
HS
G
R
r
P
x
z
y
cambiando il differenziale, si ha
� �22
22RRD
dDDzzdDDzdzdzzdDD
c��
c� c�cc�
quando z tende a zero, la distanza D tende alla distanza |R � Rc|, l’integrale diventa
� �³�f
c� c��
�
RR RRDdDD
DctcD
H2
0
01 4
2S
G
sappiamo che per la funzione di Dirach vale la seguente regola,
� � � �> @� �� � � �
°̄
°® �
c ³0
x se 0 0: 00
0 xfxfxg
dxxfxg G
nel nostro caso si ha
� � � � tcDDfRRDc
Dg 0220
,4
1�
c��
S
il contributo dato dall’integrale non è nullo solo se tcD 0 cioè
� � tczzRR 022 c��c�
tcRR 0�c�
dato che � � 1' Df l’integrale cercato sarà,
°¯
°®
!c�
dc�c��
tcRRseH
tcRRseRRtcc
H
01
022200
1
04
1
S
Ricordiamo che la funzione H2 è la derivata temporale della funzione H1. Il potenziale sarà
� � � � � �³³dc�
c»»
¼
º
««
¬
ª
wwcM�
c��cM M
tcRRt Rd
tHR
RRtccRtr
0
10222
00
0,4
1,S
La differenza tra il caso tridimensionale e quello bidimensionale, sta nel fatto che in un punto P a tempo fissato, la soluzione non dipende più da tutti i punti della sfera di raggio c0t (caso tridimensionale), ma dipenderà da tutti i punti della circonferenza di raggio c0t più tutti i punti al suo interno.
Bidimensionale Tridimensionale
P
z
t
È una sfera
R
c0t
P
x
t
È una circonferenza
y
c0t
Appunti del corso di Gasdinamica
- 94 -
Radiatore cilindrico Così come dalla formula di Poisson 3D si ottiene per integrazione rispetto a z la corrispondente formula bidimensionale per il problema ai valori iniziali, dall’espressione del campo acustico prodotto da una sorgente in 3 dimensioni si può ottenere il corrispondente risultato in 2D, sempre per integrazione rispetto a z. Consideriamo un cilindro di lunghezza infinita, la cui sezione S(t) varia col tempo. La sua variazione di volume V� è data da:
³�f
f� dzSV
..
per cui la soluzione approssimata in 3D ¸¸¸¸
¹
·
¨¨¨¨
©
§¸¹·¨
©§ �
rcrtV
SM
40
.
,si può scrivere:
³f�
f�
¸¹·¨
©§ �
dzrcrtS
SM
40
.
Essendo r2=R2+z2, conviene integrare rispetto a r. Considerando il valore minimo del raggio R (corrispondente a z=0) si ha:
drdrdz
rcrtS
R³f ¸
¹·¨
©§ �
S
M4
2 0
.
con 22 Rr
rzr
drdz
� , risulta:
dz
R& r&
Sezione S(t)
Appunti del corso di Gasdinamica
- 95 -
³f�
�
¸¹·¨
©§ �
R
drRr
crtS
22
0
.
2SM
Effettuando il cambio di variabili:
0' c
rtt � , possiamo anche scrivere:
� �� �³
�� '
'2'
0220
.
dtcRttc
tSS
M
in modo da mettere in evidenza il dominio di dipendenza. Considerando invece r=ZR si ottiene:
³�
¸¹·¨
©§ �
ZZS
ZM d
cRtS
12 2
0
.
.
Quest’ultima formula è appropriata per calcolare la velocità nel piano normale al cilindro:
tcRdrRr
Rr
crtS
dc
cRtS
Ru
R S 01 22
0
..
02
0
..
212' ��
�
¸¹·¨
©§ �
�
¸¹·¨
©§ �
ww
� ³ ³f f
per MONOPOLO velocitàS
ZZ
ZS
ZM
dalla quale possiamo ricavare le espressioni approssimate valide nel campo vicino e nel campo lontano. Nel campo vicino, per R<<c0T, risulta R2<<r2 e si può trascurare nell’espressione sotto radice, per cui
� � � �RStSdr
RccrtS
uSS 22
'..
00
0
..
f��#
¸¹·¨
©§ �
# ³f
.
Quando � � 0.
f�S questa soluzione è analoga a quella di un campo
incomprimibile, per cui � �RtSuS2
'.
.
Nel campo lontano, per R>>c0T, possiamo approssimare
Si noti che nell’integrale compaiono valori di � �tS.
relativi a tempi tanto più remoti quanto maggiore è t. Se la superficie era ferma a t=0; l’integrale può essere esteso a c0t anziché
f. Il potenziale M dipende dai valori di � �tS.
, dal tempo – c0 fino al tempo t-r/c0, mentre in 3D dipendeva solo da
� �0.
crtV �
Appunti del corso di Gasdinamica
- 96 -
� �� �
°̄
°®
#
�#�� �
1
222
Rr
RrRRrRrRr
per cui
³f
�
¸¹·¨
©§ �
R
drRrRc
crtS
u22
'0
0
..
S
con il cambio di variabili 0
'crtt � otteniamo:
� �� �
� � � �³
³
�
f�
�
f�
�� ¸
¹·¨
©§ �
¸¹·¨
©§ �
��#
0
0
'*'
'21
2'
''22
''
0
..
0
0
0
0
..
cRt
cRt
dttc
Rt
yScRtF
RccRtF
u
dtRttcR
tSu
S
S
S
cui in
quindi e
Come nel caso sferico, l’andamento della velocità nel campo lontano è quello caratteristico di un onda piana viaggiante in direzione radiale (è funzione di
0cRt � ) che ha però un fattore di ampiezza che varia più lentamente, in quanto
v R1 (invece che v
r1 ). Ciò è consistente con l’equazione di conservazione
dell’energia acustica, che richiede che il prodotto della densità di potenza U0c0u’2 per la circonferenza 2SR si mantenga costante al crescere di R. La potenza irradiata vale: 2
02
00 '2 FucRP UUS . Diversamente dal caso sferico, però, la funzione di forma F dell’onda piana non
coincide con � �tS..
ma è legata a questa dall’integrale di convoluzione (*).
1
Prendiamo in considerazione un’ala a delta, con profilo ellittico. Sappiamo che la perturbazione si genera solo nella direzione normale al bordo d’attacco dell’ala, e lungo l’apertura dell’ala si hanno solo gli effetti d’attrito. Abbiamo visto che il disturbo che si genera vale,
cts
Vu
#f max
ma la velocità che compare nella formula è quella normale al bordo d’attacco. Nel nostro caso si ha,
Jcosuun
quindi per un’ala a delta si ottiene,
sV
u
f
Jcos
JJ
2tan1cos
�
f
ssVu
Dai valori del Maf, dello spessore percentuale s, dell’angolo d’incidenza D e dell’angolo di delta J, si ottengono i valori per i profili sottili tramite il fattore di Prandtl-Glauert E. Sappiamo che
0,2,1
f MpMp cc
E
J Vf
t
c
un
J
u
2
quindi
JEE
J
EEE 22
2
220max,
2max, tantan1
11�
�
ff
f
ssVu
Vu
MM
facendolo per vari valori di E si ottiene,
JE
J22
2
0 tan
tan1
�
�
f
Mp
Mp
c
c
Possiamo tabellare alcuni valori percentuali dell’aumento del cp del caso comprimibile rispetto al caso incomprimibile, riferiti a vari valori dell’angolo di delta J per un Mach di 0.8:
J 0° 30° 45° 60° Aumento percentuale del cp rispetto al caso
incomprimibile
67%
39%
21%
9%
Corrente supersonica Il potenziale bidimensionale scritto in coordinate cartesiane è,
� � 012 M�M� yyxxM
e sfruttando il fattore di Prandtl-Glauert si può riscrivere come,
02 M�M yyxxE
L’equazione trovata è una equazione iperbolica, che è simile all’equazione della diffusione delle onde monodimensionale, infatti in quel caso avevamo trovato un’equazione del tipo,
020 M�M xxtt c
Quindi ci troviamo le stesse soluzioni del modello precedente, con le sole differenze che qui abbiamo un diverso fattore di scala, non più la celerità del suono ma l’inverso del fattore di Prandtl-Glauert, e che abbiamo la sostituzione del tempo con la seconda variabile spaziale x. Avevamo trovato le soluzioni del modello monodimensionale delle onde, che erano
� � � � � �tcxgtcxftx 00, ��� M
3
similmente nel caso supersonico, le soluzione del potenziale saranno,
� � ¸̧¹
·¨̈©
§��¸̧
¹
·¨̈©
§� M xygxyfyx
EE11, o � � � � � �yxGyxFyx EE ��� M ,
Nel caso di un profilo sottile supersonico, il disturbo dato dalla forma del profilo, si propagherà lungo l’asse delle x, ed avremo a monte del disturbo una corrente indisturbata. A valle del disturbo, la soluzione in un punto P generico, sarà data dall’informazione che giunge in quel punto, dalle due famiglie F e G. Le perturbazioni che si creano sul profilo vanno fino all’infinito, senza alcun smorzamento. Le condizioni al contorno sono,
dxdy
Vv b f
� �dxdy
Vyx bby f M ,
se il nostro profilo è sottile, allora possiamo andare a fare un’espansione in serie sull’asse delle x della velocità,
� � � � ...210,,
02
22
0
�ww
�ww
� y
by
bb yvy
yvyxvyxv
Zona di campo disturbata, Fz0 e G=0
Vf
x
y
Zona di campo uniforme, F=0 e G=0
Zona di campo disturbata, F=0 e Gz0
Zona di campo uniforme, F=0 e G=0
4
trascurando i termini superiori al primo, si ha che la velocità sul corpo è data da,
� � � �dxdy
Vxvyxv bb f## 0,,
Questo ci porta a capire che il nostro profilo sottile viene considerato come una lastra piana, con la differenza che in ogni punto andiamo a prendere in considerazione la pendenza locale del profilo di partenza. Dalla soluzione generale del potenziale sappiamo che,
� � � �xGxF vydy
.
,
.
, EE M� M
uguagliando con la velocità sul profilo si ha,
� � � �dxdyVxG
dxdyVxF vd
EEff �
..
Possiamo andare a calcolare il coefficiente di pressione, infatti sappiamo che
� �f
� Vyxu
c bp
,2
ma anche qua possiamo espandere la velocità rispetto alla coordinata y ed avere,
� �f
� Vxucp
0,2
sapendo che � � � �xGuxFu vxvdxd
.
,
.
, , M M sia ha,
dxdy
VdxdyV
cp r
f
rf
r r r E
E 22,
e chiamando dxdyr - si ottiene,
E-2
, r rpc
5
Coefficienti di portanza e resistenza Rispetto agli assi corpo, possiamo descrivere la geometria del profilo nel seguente modo,
� � � � � �xhxyxy m r r
ma volendo la descrizione rispetto agli assi normali, cioè gli assi vento, si ha
� � � � � � xxhxyxyxyy
xxm D
D�r �
¯®
� r
dove si hanno rispettivamente i contributi della linea media, dello spessore e dell’incidenza. Derivando la relazione trovata si ha,
dxdh
dxdy
dxdy m r��
r
D
Andiamo a trovare il coefficiente di portanza, sappiamo che
� � ³³ ¸¹·
¨©§ ����� � ��c
mmc
ppL dxdxdh
dxdy
dxdh
dxdy
cdxcc
cc
00
21 DDE
� � � �> @044440
mm
cm
L ycyc
dxdxdy
cc �� � ³ EE
DEE
D
ED4
Lc
Il termine che deriva dalla linea media è nullo, poiché il valore che la linea media assume agli estremi della corda è uguale. In effetti questo è vero se ci
y
x
y
x
6
trovassimo sugli assi corpi, ma noi ci troviamo sugli assi vento, quindi i valori della linea media agli estremi non sono uguali, ma dato che lavoriamo con incidenze molto piccole possiamo pensare che quel contributo sia trascurabile. Abbiamo raggiunto la conclusione che il coefficiente di portanza dipende solo dall’incidenza. Vogliamo graficare la pendenza della curva cl-D, sappiamo che
121
141
2
2
� �!
� ��
MddcM
MddcM
L
L
EES
D
EED
con
con
queste relazioni ci danno un grafico del tipo, Andiamo a trovare la resistenza, sappiamo che
³³»»¼
º
««¬
ª¸̧¹
·¨̈©
§�¸̧
¹
·¨̈©
§ ¸̧
¹
·¨̈©
§�
����
��
cc
ppD dxdxdy
dxdy
cdx
dxdyc
dxdyc
cc
0
22
0
21E
sviluppando i quadrati ci si accorge che i termini misti che comprendono lo spessore si elidono a vicenda, e che l’unico temine misto che rimane è quello della linea media che integrato darà contributo nullo:
³»»¼
º
««¬
ª¸¹·
¨©§�¸
¹·
¨©§�
cm
D dxdxdh
dxdy
cc
0
2224 D
E
definendo 2
0
22
0
2 11¸¹·
¨©§ ¸
¹·
¨©§¸
¹·
¨©§ ¸
¹·
¨©§
³³ dxdhdx
dxdh
cdxdy
dxdxdy
c
cm
cm si ha,
DddcL
2S
M
1
7
»»¼
º
««¬
ª¸¹·
¨©§�¸
¹·
¨©§�
222 44dxdh
dxdy
c mD EE
D
questo coefficiente mi da la resistenza d’onda, l’energia che sottraiamo alla corrente uniforme per far si che la nostra perturbazione vada all’infinito. Il rapporto fra i coefficienti di portanza e resistenza mi da
Bcc
D
L
� 2D
D
dove B è il termine geometrico 22
¸¹·
¨©§�¸
¹·
¨©§
dxdh
dxdym .
Questo rapporto mi permette di determinare l’angolo per il quale si ha il massimo dell’efficienza,
� �BB
BB
dccd DL
��
� ���
2
2
2
22 2DD
DDD
D
questa derivata si annulla per il valore
max,max, 2
12
1max
effeff B
EBD
D D �
Calcolo del potenziale intorno ad un solido di rotazione Supponiamo di avere un solido di rotazione, e di considerare l’equazione del potenziale di Prandtl-Glauert scritta in coordinate cilindriche. Supponiamo ancora che la corrente sia allineata con l’asse z, quindi il nostro problema è assialsimmetrico:
R
T
y
Vf
x
z
8
L’equazione di Prandtl-Glauert sarà,
012 ¸¹·
¨©§ M�M�M RRRzz R
E
la velocità V sarà composta da una componente radiale v e da una componente lungo l’asse z, Vf+w. La condizione al contorno sarà,
� �� � � �zRV
zRzvb
b.,
f
Ricordiamo che nel caso bidimensionale avevamo assegnato la condizione la contorno sull’asse e non sul corpo, come stiamo facendo. Questo perché nel caso tridimensionale la velocità dipende dall’inverso di R, quindi non posso più espandere in serie la velocità. Ma posso espandere in serie il prodotto tra la velocità e il raggio R, si ha
0 #
RRRvRvR
b
la condizione la contorno diventa,
� �� � � �zRRV
zRzvRbb
bb.,
f
.
0 bbRRRVvR f
ma se ..
2 2 RRSRS SS � , si ha
S2
.
0
SVvRR
f
Il coefficiente di pressione sarà,
2
22
ff
�� Vv
Vwcp
Dobbiamo trovare la soluzione dell’equazione precedentemente scritta, per farlo dobbiamo descrivere la geometria del corpo. Pensando di essere a M=0, possiamo supporre che la soluzione in un generico punto sia data dalla somma di finite sorgenti d’intensità ] costante, poste sull’asse z. Il potenziale della singola sorgente sarà
9
� �� � 22
,Rz
CRz s
��� M
]
]
e per una distribuzione continua di sorgenti avrò,
� � � �� �³
��� ML
dRz
QRz0 22
, ]]
]
Se invece di essere a M=0, ci troviamo ad un Mach maggiore ma sempre subsonico, possiamo sempre passare allo studio dei profili sottili, e riavere lo stesso risultato scalato del fattore di Prandtl-Glauert E,
� � � �� �³
��� ML
dRz
QRz0 222
, ]E]
]
Nel caso di corrente supersonica, possiamo ancora ricorrere al metodo delle singolarità virtuali. Infatti, von Kàrmàn e Moya hanno dimostrato che in un generico punto di una corrente supersonica il potenziale, dovuto ad una singola sorgente, diventa,
� �� � 222
,Rz
CRz s
E]
]
��� M
e per una distribuzione continua si ha,
� � � �� �³
�
��� M
Rz
dRz
QRzE
]E]
]
0 222,
si noti che l’estremo superiore dell’integrale non è più L ma il valore (z � ER), questo perché soddisfa la condizione di esistenza della radice all’interno dell’integrale. Graficamente si ha che soltanto le sorgenti del tratto z � ER danno contributo per il calcolo del potenziale nel punto P, che è raggiunto dalla caratteristica spiccata per l’ultima sorgente del tratto z � ER. A questo punto non ci resta che trovare quanto vale la distribuzione delle sorgenti Q(]), per trovarla dobbiamo applicare la condizione la contorno. Per comodità facciamo un cambio di variabili,
W]]WW] RddRzRz � �
�
Distribuzione generica di singolarità
10
Questo implica che gli estremi di integrazione diventeranno,
EWE]
W]
��
�
RzRz0
il potenziale diventerà,
� � � � � �³ ��
�� ME
WEW
W
Rz
RdRR
RzQRz2222
,
� � � �³
�
�� MRz
dRzQRzE
WEW
W22
,
Sfruttando la seguente relazione matematica,
� �� � � �
� �� � � �dssdgsgfdx
dsdfdxsxf
dsd sgsg
� ³³00
,
il nostro potenziale sarà,
� � � �¸¹·
¨©§�
�
��
���
wMw
³ 22
2
222
.0
Rz
RzQdRzQ
R
Rz
E
WEW
WW
E
� � � �Rz
RzQdRzQ
R
Rz
22222
.0E
WEW
WW
E ��
�
�
wMw
³
tornando alle vecchie variabili, e notando che la derivata del potenziale rispetto ad R non è altro che la velocità, si ottiene
E
P(z,R)
Soltanto queste sorgenti danno un contributo al potenziale di P
11
� � � � � �� �
� �Rz
RzQ
Rd
Rz
QzR
RzvRz
2220 222
.0.,E
]
E]
]]E
��
��
�
wMw
³�
� � � � � �� �
� �222
0 222
.0.,RzzQd
Rz
QzRzvRRz
E]
E]
]]E
��
��
� ³
�
con la condizione al contorno si ha,
� � � �� �
� �2
02
.
0
0
zzQd
z
QzRvz
R�
�
� ³
]]
]]
� � � � � � � �S
]]2
0.
0
.
0
zSVzQQdQRvz
Rf
� ³
� � � �S2
.zSVzQ f
Potenziale attorno ad un solido di rotazione posto ad incidenza non nulla Se la velocità asintotica ha un certo angolo di incidenza con il nostro corpo, scompare la simmetria assiale, quindi l’equazione che regola il nostro problema sarà,
0112
2 ¸¹·
¨©§ M�M�M�M TTE
RR RRRzz
D VfsinD=Vf,c
VfcosD=Vf,a
R
T
y
Vf
x
z
12
a rigore dovremmo dire che la coordinata z dell’equazione non è quella della nostra geometria sul corpo, ma supponendo che l’angolo D sia piccolo posso andare a trascurare questa incongruenza. La velocità questa volta sarà composta, non solo dalle due componenti che aveva in precedenza, ma anche di una componente tangenziale,
°¯
°®
��
�
f
f
f
TT
T sencos
,
,
,
c
c
a
VvVv
wVV
La condizione al contorno sarà data dal gradiente di una funzione che descrive il raggio del corpo, per il vettore velocità, cioè
0 �� vf
dove � � 0 � zRRf b , svolgendo il prodotto scalare e applicandola sul corpo si ottiene,
� � 0cos,,
. ��� ff Tcab VvVR
Il potenziale che dobbiamo trovare può essere pensato come la somma del potenziale di un corpo posto ad incidenza nulla, cioè quello assialsimmetrico che sappiamo calcolare, più un secondo potenziale che dobbiamo trovare il modo di calcolare,
� � � � � �TT ,,,,, RzRzRz ca M�M M
1. Calcolo del potenziale assiale.
Il potenziale assiale è quello calcolato in precedenza, cioè
°¯
°®
¸¹·
¨©§ M�M�M
f aba
RaRRazza
VRv
R
,
.
,,,2 01E
che da come soluzione
� � � �� �³
�f
��� M
Rz
a dRz
SVRzE
]E]
]S 0 222
.
2,
� � � � � �� �
� �RzV
RzSd
Rz
SzR
VRzvRz
R SE]
E]
]]S
E
20.
2,
222
.
0 222
..
f�
f
��
��
� ³
13
2. Calcolo del secondo potenziale.
Il secondo potenziale dovrà soddisfare un sistema del tipo,
°̄
°®
�
¸¹·
¨©§ M�M�M�M
f 0cos
011
,
,2,,,2
T
E TT
cc
cRcRRczzc
VvRR
Per trovarne la soluzione partiamo dall’equazione del potenziale assiale moltiplicandolo per B�cosT, per poi derivarlo rispetto al raggio,
01coscos ,,,2 ¸
¹·
¨©§ M�M�M RaRRazza R
BB TTE
� � � � � � 0cos11coscoscos ,,2,,2 M�M�M�M
RRaRaRRRazzRa BRR
BBB TTTTE
ma il terzo termine può anche essere riscritto come,
� �TT
TT RaRa BRR
B ,2,2 cos11cos M� M
l’equazione diventa,
� � � � � � � � 0cos1cos1coscos ,,2,,2 M�M�M�M
RRaRaRRRazzRa BR
BR
BB TTTTETT
Ci si accorge che l’equazione trovata è quella del secondo potenziale se si va a fare la seguente sostituzione,
Rac B ,cos M M T
Quindi se abbiamo la soluzione del potenziale assiale, possiamo risalire alla soluzione del potenziale di “cross-flow”. Il potenziale cercato diventa,
� � � � � �� �³
�
��
� M
Rz
c dRz
GzR
RzE
]E]
]]TT0 222
.cos,,
Per determinare la funzione G si utilizza la condizione al contorno,
Tcos,cRRcVv
bf
�
Possiamo ulteriormente semplificare il nostro potenziale, introducendo l’ipotesi di slender-body theory, cioè la teoria di corpo affusolato.
14
Con l’ipotesi di corpo affusolato, possiamo andare a dire che essendo la coordinata R sempre vicina all’asse delle z, il termine ER sarà trascurabile rispetto a z, quindi si ha
� � � �³#M���z
c dGR
RzzR0
.cos,, ]]TTE
� �zGRcTcos
M
tramite la condizione la contorno si ha,
� � TT coscos,2 c
cc VzG
RRv f� �
wMw
� � � �zSVRVzG cc S
,2,
ff
il potenziale e la velocità diventano,
� � � �zSR
VvzS
RV c
cc
c 2,, coscosS
TS
T ff � M
sempre ricordando di essere sotto l’ipotesi di corpo affusolato e di angoli di incidenza piccoli. Dal potenziale di cross-flow possiamo trarre un’importante differenza rispetto al potenziale assiale. Infatti, mentre nel caso assialsimmetrico il potenziale in un generico punto dipendeva da tutto il tratto [0;z�ER], qui il potenziale del punto P(z0) dipende solo dalla sezione posta alla quota z0 e in più dalla variabile T.
vc
E
P(z,R)
S(z0
15
Calcolo del potenziale attorno ad un corpo qualunque Come abbiamo fatto in passato, per trovare il potenziale attorno ad un corpo qualunque, sfruttiamo l’analogia che c’è fra il campo tridimensionale supersonico e il campo acustico bidimensionale. L’equazione del campo supersonico è
� � 02 M�M�M yyxxzzE
mentre quella del campo acustico è
� � 020 M�M�M yyxxtt c
Facendo il cambio di variabili
tVtzt
zVzt
ww
ww
ww
ww
ff
1
l’equazione del campo supersonico diventa,
� � 02
2
M�M�Mf
yyxxttVE � � � 02
2
M�M�M fyyxxtt
VE
esattamente uguale a quella del campo acustico, prendendo 2
220 E
f Vc .
Questo ci consente di prendere la soluzione del campo acustico, e modificandola in maniera opportuna, trovare la soluzione del campo supersonico tridimensionale. La soluzione del campo acustico era,
� � � � � �³³f�f�
�
�
�
�� M
RR
drRr
Rrc
crtSvdr
Rr
crtSRt
220
0
..
22
0
.
22,
SS
con la condizione che TcRb 0�� . Nel caso supersonico quella condizione di esistenza della soluzione si traduce come,
EEL
VLVRb ��f
f
L’unico aspetto analitico al quale bisogna stare attenti, è la dipendenza della sezione, infatti
16
� � � � � � � �¸̧¹
·¨̈©
§� � � �
ffff rz
VSVrVzScrVrScrtS EE 1
00
Ci si accorge che la sezione dipende anche dalla velocità asintotica della corrente, vogliamo che questa dipendenza non ci sia. Si può vedere che
� � � �rzSVcrtS E��� f
.
0
. e � � � �rzSVcrtS E��� f
..2
0
..
Per il resto basta fare la sostituzione ed ottenere
� � � �³f�
f
�
�� MR
drRr
rzSVRz22
.
2,
S
E
Una cosa interessante da vedere, è che partendo dal potenziale trovato si ritorna facilmente alla soluzione di solidi di rotazione, applicando la sostituzione di variabili rz E] � .
Resistenza Aerodinamica Abbiamo visto che il potenziale supersonico attorno ad un solido di rotazione è,
� � � �� �³
�
f�
f
��� M
Rz
dRz
SVRzE
]E]
]S 222
.
2, e � � � � � �
� �³�
f�
f
��
�
Rz
dRz
SzR
VRzvE
]E]
]]S 222
..
2,
in analogia con il campo acustico, possiamo andare a fare la distinzione fra il campo vicino e il campo lontano. Per il nostro studio, ci interessa il campo lontano, ed evitando di fare i passaggi analitici, ricordando come era esprimibile il campo di un’onda piana, si ha
� �RzFR
VvLR ESEE
E� �!! f
2
� � � �� �³
�
f� �� �
Rz
dRz
SRzFE
]]E
]S
E..
21
Prendiamo un volume di controllo cilindrico, che racchiuda il nostro solido. E facciamo in modo che la perturbazione che viene generata dal solido intersechi solo la parete laterale del cilindro. Questo mi permette di trovare la forza aerodinamica integrando solo sulla parete laterale, poiché è la sola alla quale arriva la perturbazione.
Condizione di campo lontano
17
Integrando la quantità di moto sulla corona circolare, dove arriva la perturbazione generata dal corpo, ottengo la forza che il corpo genera sul fluido, quindi l’inverso della resistenza del fluido sul corpo. La superficie della corona circolare sarà dzRS2 , il flusso di massa sarà
dzRv SU 2
quindi la quantità di moto lungo l’asse z diventa,
dzRvw SU 2
Il problema è quello di trovare w, ipotizziamo allora che il potenziale si possa esprimere come,
� �RzGR
V ESE
� M f 2
facendone la derivata rispetto ad R, ed uguagliando con la velocità si ottiene,
� � � � � �c
¸̧¹
·¨̈©
§���� M ff RRzGVRzG
RVR S
EEEESE
22
.
Lo trascuriamo perché di ordine superiore
18
Si ha
� � FR
VvGR
VR SEE
SE
22
.
ff �#M
EFG �
.
derivando rispetto a z il potenziale si ottiene la velocità w cercata,
EESE
SE vF
RVG
RVw z � ¸̧
¹
·¨̈©
§� M ff 22
.
la quantità di moto diventa
dzRvdq 22 UES
�
integrata otteniamo la forza del corpo sul fluido,
³�f
f�
� dzRvFb22 U
ES
La resistenza che stiamo cercando è l’inverso della forza trovata,
³�f
f�
dzRvD 22 UES
sostituendo l’espressione della velocità v, si ottiene
³�f
f�ff dzFVD 22U
Dall’espressione della resistenza possiamo capire che quest’ultima dipende dalla funzione che descrive la sezione del corpo. Quindi se abbiamo un corpo che varia bruscamente la sua sezione frontale, la sua resistenza sarà molto elevata (vedi Aerodinamica).
19
Corrente stazionaria supersonica
(metodo delle caratteristiche) Abbandoniamo l’ipotesi di piccole perturbazioni, quindi anche delle loro linearità, ed occupiamoci di una corrente bidimensionale, isoentropica, irrotazionale, stazionaria e supersonica. Il potenziale che descrive una corrente sì fatta è,
� � � �� �°̄
°®
���
����
costante222
2222
21
1
02
vucvcuvuc yyxyxx
J
III
a cui abbiamo associato l’equazione dell’entalpia totale, ma ci conviene esprimere l’equazione del potenziale tramite le variabili che esprimono le componenti della velocità, mettendo a sistema il potenziale con l’equazione di irrotazionalità,
� � � �°̄°®
� �����
0xy
yxyx
vuvvcuvvuvuuuc 02222
Supponiamo di conoscere una linea di soluzioni iniziali per il nostro potenziale, che abbia equazioni parametriche,
� �� �¯
®
lvvluu
costruendoci il differenziale delle due componenti delle velocità, si ottiene,
dxdyu
dxduu
dldyu
dldxu
dldu
yxyx � ��
dxdyv
dxdvv
dldyv
dldxv
dldv
yxyx � ��
dalla condizione di irrotazionalità sappiamo che,
xy vu
x
y
[ 0
0
dxdy
20
sostituendo dentro il potenziale le relazioni trovate, si ottiene un’equazione nella sola incognita vy,
� � � � 02 2222 ��¸¹·
¨©§ ��»
¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§ ��� yyy vvc
dxdyv
dxdvuv
dxdy
dxdyv
dxdv
dxduuc
chiamando [ dxdy , si ha
� � � �> @ � �> @ � �dxduuc
dxdvucuvvucuvvc y
222222222 22 ���� ���� [[[
� �> @ � �� � � � 22222
2222
2
2
[[
[
ucuvvcdxduuc
dxdvucuv
vy ����
����
L’esistenza della soluzione vy dipende dal fatto che il suo denominatore sia nullo o meno. Il denominatore si annulla quando
� �� �22
222222
ucucvcvuuv
����r�
[
� �
22
4222
uccvucuv
���r�
[
22
2
222 1
uccvucuv
�
��
r� [
22
22
11
cuMcuv
��r�
[
Ciò significa che esistono due famiglie di linee caratteristiche su cui la soluzione non esiste. La differenza con la teoria linearizzata sta nel fatto che, in quel caso la pendenza delle linee caratteristiche dipendeva dal Mach asintotico della corrente, mentre in questo caso la dipendenza è del Mach locale della corrente. Questo implica anche che le linee caratteristiche non sono delle rette, ma delle curve.
21
Se andiamo a prendere un sistema di riferimento e allineiamo l’asse xc con la velocità, si ottiene che 0 c c vVu , quindi le pendenze caratteristiche diventano,
P[ tan1
111
11
22
2
2
2
� �
� ��
� �
�r
MMM
MM
Abbiamo detto che sulle direzioni caratteristiche non è possibile trovare la soluzione, perché il denominatore annullandosi rende indeterminato il rapporto. Ma se contemporaneamente si annulla anche il numeratore, otteniamo una forma di indeterminazione da cui possiamo sempre venire fuori. Dobbiamo quindi imporre il numeratore uguale a zero, cioè trovare la condizione di compatibilità:
� �> @ � � 02 2222 ����dxduuc
dxdvuvuc ]
esplicitiamo la [, ed otteniamo
� �
� � � �2222
22
22
ucuv
dvdu
dxdvuc
dxdvuv
dxduuc
��
�
�� [
e sostituendo la relazione trovata nel denominatore otteniamo (?),
� � � � 02 222222 ���� dvvcdvduuvduuc
Abbiamo ottenuta un’equazione differenziale in cui i coefficienti dipendono solo dalla velocità, quindi possiamo andare ad integrarla, prima di farlo ci conviene passare in coordinate polari,
P P
yc
xc
V
C�
C+
y
x
22
TT
sencos
VvVu
con semplici (?) passaggi matematici sfruttando le regole di goniometria, l’equazione diventa (?),
� � � �22
22 1 dV
VMd �
T
VdVMd 12 �r T
Cerchiamo di esprimere il differenziale della velocità V in funzione del numero di Mach, per farlo partiamo dall’equazione dell’entalpia totale
� � costante ¸̧¹
·¨̈©
§�
� ��
222
2
121
21
21
1 MVVcht
JJ
passando ai logaritmi del primo e del secondo membro, separando la velocità e il numero di Mach, e poi integrando si ottiene
MdM
MVdV
2
211
1�
�
J
sostituendo dentro la condizione di compatibilità, si ha
TJ
dMdM
M
Mdr r�
�
� r
2
2
211
1
integrando si ottengono gli invarianti di Riemann,
� � TQ r r Mr
Dove la Q(M) è una funzione del numero di Mach, chiamata funzione di Prandtl-Meyer
� � � � 1tan111tan
11 2121 ���
��
��
�� MMMJJ
JJQ
Invarianti di Riemann
23
Per trovare la soluzione in un punto P generico, bisogna mettere a sistema le relazioni dei due invarianti passanti per due punti soluzione,
� � � �� � � �¯
®
� �� �
AACC
BBCC
MMMM
TQTQTQTQ
da cui si ottengono il MC e il TC, incognite del sistema. Così facendo si riesce a costruire una nuova linea di soluzione della corrente.
Espansione di una corrente uniforme su parete Il nostro sistema si compone di una corrente uniforme, che scorre lungo una parete rettilinea, che ad un certo punto ha una deflessione negativa. Parleremo d’espansione, perché vedremo come la velocità attraverso la deflessione della parete aumenta, e di conseguenza diminuisce la pressione. La corrente prima di incontrare la deflessione della parete, è una corrente uniforme, quindi le caratteristiche C� che si staccano dalla parete sono tutte rette parallele fra di loro.
C�
C+
C
B
A
Linea di dati iniziale
Tmax
C�i C+
Tratto uniforme della corrente, le caratteristiche della famiglia C� sono delle rette parallele fra loro
Tratto di corrente non uniforme, le caratteristiche non sono parallele
Caratteristiche della famiglia C+, che hanno tutte lo stesso valore dell’invariante
24
Quando la corrente incontra la deflessione, la condizione di tangenza alla parete impone un T diverso per ogni caratteristica. Questo significa che le caratteristiche nel tratto curvo non saranno parallele fra di loro, comunque resteranno sempre delle rette, perché le caratteristiche C+ che arrivano dall’infinito a monte, porteranno un invariante costante ed uguale su tutte le caratteristiche. Quindi il valore del Mach sulla caratteristica C� che parte dalla parete si mantiene comunque costante sulla singola caratteristica. Prendendo la caratteristica i-esima C�
i, su di essa dovrà valere
� � � � iiIII MMr TQTQ � � �
supponendo la corrente a monte parallela alla parete, TI=0, e prendendo gli angoli positivi in senso antiorario, si ha
� � � � iIi MM TQQ �
da cui capiamo che il Mi è maggiore del MI. Quindi la corrente aumenterà il Mach finché aumenta la deflessione della parete, quando la deflessione finisce e ricomincia la parete rettilinea, si avrà di nuovo una corrente uniforme con caratteristiche rettilinee e parallele fra di loro, con un Mach massimo che è uguale a
� � � � maxmax TQQ � IMM
Quello che abbiamo visto può essere particolareggiato se pensiamo ad una parete che non presenta una deflessione continua, ma uno spigolo. In questo caso le due correnti uniformi arriveranno sullo spigolo, e le due caratteristiche che ne delimitano il dominio saranno unite tramite un ventaglio d’espansione.
Ventaglio d’espansione
25
Da quello che è stato detto, si può pensare di aumentare il Mach della corrente semplicemente aumentando l’angolo di deflessione della parete. Ma c’è un valore limite della deflessione della parete che mi permette di raggiungere il Mach infinito, questo valore è di circa 134°.
Compressione di una corrente uniforme su parete Abbiamo visto cosa succede ad una corrente supersonica che scorre su una parete rettilinea, quando la parete presenta una deflessione negativa rispetto all’asse orizzontale. Ci sarà un’espansione, con la creazione di un ventaglio. Se la parete presenta una deflessione positiva, le caratteristiche C�, spiccate dalla parete, s’incontreranno e creeranno una regione del campo di moto discontinua. Questa volta il numero di Mach della corrente dopo la compressione data dalla forma della parete sarà minore del Mach asintotico, perché l’angolo di deflessione sarà positivo,
� � � � maxmax TQQ � IMM
Tmax
Regione di campo uniforme con
caratteristiche parallele
Regione in cui le caratteristiche
s’incrociano e si forma una discontinuità
Linea che delimita due regioni del campo di moto: una regione isoentropica al di sotto e una regione non isoentropica al di sopra
Si può ipotizzare la formazione di una discontinuità di contatto
26
Anche in questo caso la parete può non presentare un raccordo fra le due parti rettilinee, ma avere uno spigolo. Questo comporta che nello spigolo dovranno convivere contemporaneamente la caratteristica del moto uniforme asintotico che si ha a monte, e quella del moto asintotico che avremo a valle. Dunque si creerà una discontinuità, cioè un’onda d’urto.
Ugello di lunghezza minima Supponiamo di avere un ugello, in cui scorre una corrente supersonica. Per quanto abbiamo visto finora, le caratteristiche che vengono spiccate dalle pareti subiscono una compressione o un’espansione se la parete ha un incremento o decremento dell’angolo locale rispetto all’orizzontale. Quindi possiamo capire che nell’ugello della figura, una caratteristica spiccata dal punto A, venga riflessa in un’espansione finché si trova nel tratto fino al punto con Tmax. Da quel punto in poi la caratteristica verrà riflessa in una compressione.
(I) (III)
Onda d’urto
Tmax
Espansioni
Compressioni
27
Se vogliamo ottenere un ugello di lunghezza minima, possiamo pensare di ridurre la parte che crea un’espansione continua delle caratteristiche. Per farlo mettiamo uno spigolo, di modo che si crei in un punto solo un ventaglio di espansione. Vogliamo trovare il valore di Tmax affinché si abbia dopo i ventagli d’espansione un Mach d’uscita voluto, supponendo il nostro ugello senza riflessione, quindi perfetto. Ipotizziamo che la corrente asintotica abbia un valore di Mach unitario, MI=1, e il valore dell’angolo TI nullo, poiché arriva dall’infinito. Dopo l’espansione dovuta al ventaglio, per esempio nel punto A, il nuovo valore di Mach è dato dalla relazione
� � � � maxTQTQ � � AII MM
� � maxTQ AM
Ma la corrente subisce un’altra espansione, dovuta al ventaglio generato dallo spigolo inferiore, che ruota la corrente di Tmax negativo e la allinea con l’asse dell’ugello. Nel punto B arriva la stessa caratteristica del punto A, quindi l’invariante di A e B dovrà essere uguale, e poiché TB è nullo perché la corrente è allineata come l’asse di simmetria, possiamo scrivere
� � � � 0max � � eA MM QTQ
Tmax
Zona di onde non semplici
B
A
Tmax
(I)
(II)
28
ma dalla relazione precedente sapevamo che Q(MA)=Tmax, quindi
� � � �2
2 maxmaxe
eM
MQ
TQT �
Supponiamo di avere un ugello perfetto che scarica in atmosfera, la corrente dentro l’ugello è supersonica. Se fosse un ugello adattato, la pressione esterna sarebbe uguale a quella della sezione di uscita dell’ugello, avremmo così fuori dall’ugello la formazione di due discontinuità di contatto che delimitano la corrente fuoriuscita. Se la pressione della sezione di uscita è maggiore della pressione esterna, pe>patm, allora si creeranno sugli spigoli dell’ugello dei ventagli d’espansione, che mi permettono di passare con continuità dalla pressione interna a quella esterna. Si formeranno sempre delle discontinuità di contatto che però non saranno allineate con l’asse dell’ugello.
Discontinuità di contatto
TII
Discontinuità di contatto
L’interazione fra la discontinuità di contatto e la caratteristica, implica la riflessione di quest’ultima con condizioni al contorno date dalla discontinuità di contatto, e provoca una deviazione del vettore velocità, quindi anche della discontinuità di contatto.
29
Vogliamo calcolare quanto vale il TII, e quanto sarà il numero di Mach subito dopo il ventaglio. I dati che abbiamo sono le due pressioni, quindi dalla relazione
1211�
¸¹·
¨©§ ��
JJ
JII
atm
e MeP
P
ricaviamo il Mach cercato, poi dal metodo delle caratteristiche si ha
� � � � IIIII MM TQQ �
� � � �IIIII MM QQT �
poiché TII è positivo si capisce che il MII sarà maggiore del MI. La scelta fra un ugello di lunghezza minima, cioè con lo spigolo, e quello con parete continua, sta nel bisogno che abbiamo di dimensionalizzare l’ugello. Se abbiamo bisogno di un ugello che ci occupi poco spazio in lunghezza, allora sceglieremo quello che presenta lo spigolo. Se non abbiamo problemi di lunghezza e vogliamo un ugello che abbia dei diametri contenuti, sceglieremo quello con parete continua.
Ugello assialsimmetrico Ripartiamo dall’equazione del potenziale, alla quale associamo la condizione di irrotazionalità
� � � �°̄
°®
�
M�M��M�M�
0
022
2222
xR
RRRRxxx
vuRcvcuvuc
Operando similmente a prima, otteniamo delle linee caratteristiche e degli invarianti del tipo
� �
� �� �°°¯
°°®
r
� r
r
Rdl
MsinMd
dxdR
TTQ
PTtan
L’equazione differenziale dell’invariante non è più integrabile, e dipendendo dal raggio R va risolta insieme all’equazione delle caratteristiche.
dl+
x
R C+
30
Rappresentazione sul piano odografico Abbiamo visto che la relazione di compatibilità poteva essere scritta come
� � � � 02 222222 ���� dvvcdvduuvduuc
� � � � 02 222
22 ���¸¹·
¨©§� vc
dvduuv
dvduuc
risolta nell’incognita du/dv, si ha
22
2 1ucMuv
dvdu
��r
¸¹·
¨©§
r
possiamo rappresentare questa curva su un piano (u,v), ed ottenere l’odografa della velocità. Questa curva ci permette di trovare graficamente il valore del Mach dopo un’espansione o una compressione supersonica, conoscendo il valore dell’angolo di deflessione. Il grafico prende il nome di diagramma di Busemann, e adimensionalizzando le due componenti della velocità sarà,
31
L’equazione del potenziale di una corrente supersonica, sappiamo che è
� � � � 02 2222 M��M�M� yyxyxx vcuvuc
come si vede facilmente, l’equazione non è lineare. Un modo per renderla lineare è quello fare un cambio di variabili, se passo da
� �� �
� �� �vuyyvuxx
yxvvyxuu
,,
,,
�
dopo aver verificato che lo jacobiano della trasformazione sia diverso da zero,
� �� � 0
,,
z yxvuJ
posso scrivere l’equazione del potenziale, definendo vu yx II ,
� � � � 02 2222 ���� vvuvuu vcuvuc III
l’equazione ottenuta, sebbene a coefficienti variabili, è lineare.
32
Urti obliqui La compressione di una corrente supersonica su una parete con spigolo, genera un’onda d’urto, che viene spiccata dallo spigolo stesso. L’onda d’urto formerà con l’orizzontale un angolo E, Se ci poniamo su un sistema di riferimento solidale con l’onda d’urto, possiamo andare a scrivere le equazioni di bilancio integrali a cavallo dell’onda, Il sistema sarà,
� � � �°°°
¯
°°°
®
»¼º
«¬ª �� »¼
º«¬ª ��
� �
22,
22,22,2
21,
21,11,1
2,2,21,1,1
22
2,212
1,1
2,21,1
21
21
tnntnn
tntn
nn
nn
uuhuuuhu
uuuupupu
uu
UU
UUUUUU
yc
xc
E T
V1
yc
xc
E V1
ut,1=V1cosE
un,1=V1sinE
33
Il sistema ottenuto ci descrive due tipi di discontinuità, che comunque già conosciamo: una è quella di contatto, quando le due componenti normali della velocità sono nulle; e l’altra in cui c’è flusso di massa, che interessa a noi. Quando c’è flusso di massa, cioè 02,21,1 z nn uu UU , il sistema diventa,
°°
¯
°°
®
� �
� �
22,2
21,1
2,1,
22
2,212
1,1
2,21,1
21
21
nn
tt
nn
nn
uhuh
uupupu
uuUUUU
Dal sistema possiamo notare che tranne la terza relazione, le altre sono le relazioni già trovate per un urto normale. Posso pensare la corrente, come la somma di due correnti, una normale e una tangente all’urto. Per la corrente normale entrano in gioco le relazioni già viste, per la corrente tangente sappiamo che la componente tangente della velocità si mantiene costante a cavallo dell’urto. Per la corrente normale, possiamo dire che il numero di Mach sarà,
Esen11, MMn
Il numero di Mach a valle dell’urto, dipenderà non solo dal numero di Mach a monte ma anche dall’angolo E. L’angolo E è incognito a priori, ma verrà calcolato imponendo che il vettore velocità dopo l’urto sia parallelo alla parete, quindi che subisca una deflessione pari a T. Al contrario dell’urto normale dove il Mach dopo l’urto era sempre subsonico, qui il Mach della componente normale resta subsonico ma il Mach del vettore V2 può essere supersonico, dato che la V2 è la composizione vettoriale fra le due componenti, di cui non si può dir nulla a priori.
T
un,2<un,1
V2
ut,2=ut,1
E V1
ut,1
un,1
V2 non è allineata con V1
E�T
34
Infatti,
� �TE �
sen2,
2nMM
quindi anche se il Mn,2 è minore di 1, il M2 può essere maggiore di 1 se il sen(E�T) è minore del Mn,2. Andiamo a calcolare l’intensità dell’urto,
� �11
2 21, ��
nMIJJ
� �1sen1
2 221 �
� EJJ MI
ci accorgiamo che dipende dall’angolo E, maggiore sarà l’angolo E maggiore sarà l’intensità dell’urto.
Per il valore particolare di PE ¸¹·
¨©§ �
M1sen 1 , si ottiene la linea di Mach, che può
essere pensata come un onda d’urto di intensità nulla. Cerchiamo di trovare una relazione che ci leghi l’angolo dell’onda d’urto E e l’angolo di deflessione della parete T. Dalle relazioni sui triangoli rettangoli possiamo scrivere
� �2,
2,
1,
1, tantant
n
t
n
uu
uu
� TEE
ma poiché le componenti tangenti sono uguali, si ha
� �TEE �
tantan2,1, nn uu
ma tramite le relazioni dell’urto normale sappiamo che
� � � �� � EJ
EJETE
221
221
1,
2,
sen12sen1
tantan
MM
uu
n
n
���
�
e sviluppando la sottrazione di archi di tangenti si ha
� �� � 22cos1sen
tan2tan 2
1
21
���
M
MEJE
ET .
È interessante andare a graficare la curva trovata nelle due incognite E e T, per valori del numero di Mach fissati,
35
La curva che abbiamo disegnato ci dà l’indicazione del tipo d’urto che avremo e l’inclinazione di quest’ultimo rispetto all’orizzontale. Per valori fissati del Mach e della deflessione della parete, possiamo avere o un urto debole o un urto forte. L’avvenire di uno o dell’altro è causato dalle condizioni al contorno che il problema impone. Per esempio, dopo un urto la pressione aumenta, per via della compressione, se ci troviamo in un tubo, la geometria chiusa causa dei vincoli che faranno generare un urto forte. Se al contrario mi trovo in geometria esterna, non ho nessun vincolo di forma, quindi l’urto che avrò sarà debole. Non è così banale, ma bisogna comunque stare sempre attenti alla geometria del problema. Dalla figura si può notare che non tutte le deflessioni della parete mi generano un urto obliquo. Infatti, il valore massimo della deflessione per la quale si ha un urto è circa di 45° per un valore di Mach infinito fissato. Ma se la deflessione aumenta ancora mi accorgo che l’urto si staccherà dallo spigolo della parete, creando così un urto che sulla parete orizzontale è normale, ma che salendo con la quota y s’incurva. La corrente può essere pensata divisa in due parti: quella vicina alla parete orizzontale, che subisce un urto forte e che ha un M<1; e quella lontana dalla parete che subisce un urto debole, quindi ha M>1. Ricordando il teorema di Crocco,
vhsT t u�� � Z
M1
sen�1(1/M1) 2S
T*
Tmax#45°
T
Curva dei massimi, delimita gli urti deboli a sinistra, da quelli forti a destra
Curva sonica, delimita i punti a M<1 quelli a destra, da quelli a M>1 a sinistra
Punti in cui malgrado
l’urto è debole il
numero di Mach diventa
subsonico E
Urto debole Urto forte
36
possiamo dire che attraverso la discontinuità l’entalpia totale si conserva, ma l’entropia che dipende dall’intensità dell’urto, certamente no. Poiché l’intensità dell’urto varia da punto a punto, essendo un urto curvo. Così possiamo concludere che la corrente dopo un urto curvo, com’è quello staccato, non è più isoentropica e irrotazionale. Invece resta irrotazionale la corrente a valle di un urto obliquo, perché l’intensità dell’urto si mantiene costante, e di conseguenza anche l’entropia. Possiamo trovare un’altra rappresentazione per gli urti, la cosiddetta polare dell’urto,
Zona a M<1
Zona a M>1
37
Prendiamo in considerazione un sistema fisico costituito da un cuneo e da una parete orizzontale al di sotto, che vengono investiti da una corrente uniforme supersonica. Si generano delle onde d’urto, in particolare quella che si genera fra il cuneo e la parete orizzontale, va ad interagire con la parete stessa e si riflette in un’altra onda d’urto. Anche perché ho bisogno che l’onda d’urto riflessa dalla parete mi devii nuovamente dello stesso angolo T del cuneo la corrente per farla diventare parallela alla parete orizzontale. Conoscendo il numero di Mach della corrente asintotica e il valore dell’angolo T, riusciamo a calcolare sia l’angolo di inclinazione della prima onda d’urto E1 sia il valore del Mach nella regione fra le due onde d’urto M2. E tramite il M2 e T, questa volta preso con segno positivo, calcoleremo il valore di E2. Può accadere che, essendo il M2 sicuramente minore del M1, e che la deflessione imposta dalla parete orizzontale resta sempre T, non ci sia la formazione dell’onda d’urto riflessa.
E2
T
E1
M1
(a)
(b)
E2
T
E1
M1
Punto triplo
Discontinuità di contatto
M<1
38
Ma si forma prima della parete un punto triplo, cioè un punto dove arriva la prima onda d’urto formatasi sul cuneo, e da dove partono due onde d’urto, una che è normale alla corrente asintotica che va fino a parete, e l’altra che viene riflessa. Questo tipo di soluzione è chiamata riflessione di Mach, e crea a valle due regioni distinte di moto. Infatti la linea di corrente (b) subisce due urti obliqui, al contrario di quello che capita alla linea di corrente (a), la quale subisce solo un urto normale. Quindi si ha la creazione a valle del punto triplo di una discontinuità di contatto che parte proprio dal punto triplo. La regione che sta tra la discontinuità di contatto e la parete orizzontale, avendo subito un urto normale è sicuramente a Mach subsonico. Un ugello sovraespanso, pe<patm, è l’esempio fisico di una riflessione su un contorno libero. Essendo la pressione atmosferica maggiore della pressione della sezione d’uscita dell’ugello, si formeranno due onde d’urto oblique che adatteranno la pressione, ed andranno ad incrociarsi sull’asse dell’ugello. L’asse dell’ugello si comporta similmente alla parete orizzontale vista in precedenza. E riflette le onde d’urto, che vanno ad interagire con delle discontinuità di contatto formatesi agli spigoli dell’ugello. La pressione, subito dopo le seconde onde d’urto, sarà maggiore della pressione esterna, ciò implica che nei punti d’interazione, fra le onde d’urto e le discontinuità di contatto, dove la pressione dovrà essere uguale, si avrà la formazione di ventagli d’espansione. Anche in questo caso si può non arrivare alla riflessione sull’asse dell’ugello, e quindi avere una riflessione di Mach, si forma così un’onda d’urto normale proprio a cavallo dell’asse dell’ugello unita agli spigoli dell’ugello da due onde d’urto oblique.
La pressione deve raccordarsi con quella atmosferica, quindi si crea un ventaglio d’espansione
pe<patm
M>1
Discontinuità di contatto
pe=patm
pe>patm
Iterazioni di urti di famiglie opposte
Se consideriamo una riflessione regolare con parete piana, e al posto della parete consideriamo un piano di simmetria, otteniamio l’intersezione di due urti di famoglie diverse. Consideriamo l’intersezione di tipo generale tra due urti S1 e S2 di intensità diverse. La corrente indisturbata in I e l’inclinazione (e quindi l’intensità) di S1 e S2 sono dati. Nelle regioni II, III, IV lo stato della corrente dipende da 4 grandezze (V, - e,p.es., p,U).
Inoltre sono da detrminare le inclinazioni di S3 e S4. In totale ci sono:
3x4+2=14 incognite.
Possiamo però osservare due linee di corrente, una che attraversa S1 e S4 e l’altra che attraversa S2 e S3 ,in IV devomo avere la stessa pressione e la stessa direzione. Attraverso urti diversi avremo però entropia differente: dal punto di intersezione deve generarsi una slip-line (linea di discintinuità di contatto).
La direzione della velocità sarà quella della discontinuità poiché attraverso questa non deve esserci flusso di massa. Il problema è così determinato: incognite: 4x4+3=19 relazioni: 4x4+ ''' IVIV pp + DIVIV --- ''' . L’inclinazione -D è quella per cui
''' IVIV pp . Anche in questo caso se MI è troppo piccolo o le deflessioni attraverso S1 e S2 sono troppo grandi si realizza una deflessione di Mach.
S1
S3
S2
S4 II
III I
IV
S1
S3
S2
S4 II
III I
IV’
IV’’
Iterazioni di urti della stessa famiglia Consideriamo una doppia sponda: ad ogni spigolo si genera un urto, il primo (con M più alto) avrà E minore e quindi ‘raggiungerà’ il secondo . I due urti si ‘amalgamano’. Le due linee di corrente (a,b) subiscono però diverse variazioni di entropia: dal punto di intersezione si genera una slip-line, parallela alla parete. In generale deve essere presente anche un’onda riflessa (urto obliquo o ventaglio di espansione R) necessaria per equilibrare le pressioni pIII e pIV.
Iterazione tra urti e onde continue Ci sono 4 possibili combinazioni, a seconda se le onde continue di compressione o di espansione, e sono della stessa famiglia o di quella opposta rispetto all’urto.
Consideriamo un urto ed un ventaglio di espansione della stessa famiglia: studiamo la regione vicino al punto A, in cui la prima caratteristica del ventaglio raggiunge l’urto. A causa della diminuzione di pressione attraverso le linee di Mach del ventaglio, l’intensità dell’urto per le linee di flusso immediatamente sotto al punto A è inferiore a quelle immediatamente sopra, e quindi ci saranno variazioni di entropia.
S2
S3
S1 R
D
a
I
IV
III
II
-1
-2
b
A
III
IV
I
II
Affinché dopo l’urto sulle due linee di flusso ci sia la medesima pressione e direzione della velocità, ci deve essere una piccola onda di espansione riflessa. Il modulo di V è diverso per le due linee di corrente e quindi si genera una slip-line. L’urto viene così attenuato e diventa curvo. La regione IV è rotazionale, con vorticità diffusa a partire dalla prima linea di slittamento.
Shock-Espansion-Theory Utilizzando le relazioni di salto per le onde d’urto e le relazioni isoentropiche per le espansioni è possibile ottenere soluzioni di corrente attorno a profili. Esempio: profilo a diamante Nota la corrente a monte 1, e l’angolo del cuneo H (deflessione della corrente) si ottiene la corrente in 2 con il diagramma E,-,M ovvero con le relazioni di salto. La corrente in 3 si ottiene calcolando il ventaglio di onde semplici (Prandtl-Mayer Espansion) dove è costante r+. Infine in 4 la corrente è uniforme a valle di un nuovo urto. La resistenza d’onda è data da:
� �tppD 32 �
Esempio: Lastra piana ad incidenza
In questo caso la corrente non è più simmetrica e la variazione di entropia fra il dorso ed il ventre non è la stessa. Da bordo d’uscita si genera una discontinuità di contatto (linea di slittamento).
H
1 2 3
4
Corrente 3D attorno ad un cono Consideriamo la corrente supersonica attorno ad un cono ad incidenza nulla. Il cono è infinito non esiste una lunghezza caratteristica, e quindi:
¸¹·
¨©§ ¸
¹·
¨©§
zRV
zy
zxVV ,
In quanto assialsimmetrico. Questo significa che tutte le proprietà della corrente sono costanti su superfici coniche aventi vertice comune. Se la corrente è supersonica ciò è vero anche per un cono di dimensioni finite. L’onda d’urto sarà conica e quindi ad intensità costante: il flusso a valle rimane irrotazionale. La corrente viene deviata attraverso l’urto, poi, essendo costante sui raggi, continua ad essere deviata fino a raggiungere asintoticamente la direzione imposta dal corpo. E’ possibile ottenere una soluzione per questa corrente per via grafica nel piano orografico o per via analitica-numerica. In questo caso è conveniente considerare un sistema di coordinate sferiche (r,-,I).
Sapendo che: 00 ww
ww
re
I (simmetria conica),con componenti di velocità
Vr e V- . Il bilancio di massa per il volumetto di controllo toroidale si può scrivere:
� � � � 022 ww
�ww TTSU
TTSTU T drsindrVdrrsinrdV
r r
� � � � 02sen2 2 ww
�ww TTU
TSTUTS T drdsinVrdrdrV
r r
TST sin2 rdrrdVol
� � � � 0sinsin11 2
2 ww
�ww TU
TTU TVrrV
rr r
� � � � 0sincos112
�ww
��ww
TT UTTU
TUU V
rV
rV
rV
r rr
Sfruttando la simmetria conica si ottiene:
z
- -c
V- Vr
r -s
rd- dr
rsin- r
-
� � 0tan
2 �ww
�T
UU
TU T
TV
VVr
La condizione di irrotazionalità si può imporre mettendo a zero la circolazione lungo il contorno del volumetto di controllo:
� � 0 �¸¹·
¨©§
ww
���¸¹·
¨©§
ww
�� TTT
T TT
T rdVdrdVVddrrdrrV
VdrV rrr
0 � TT
TT drdddVdrdV r
TT ddVV r
Ad esse possiamo aggiungere l’equazione dell’energia:
� �22222
20 2
121
121 VVaVaVh LIMLIM �
� ��
�
JJ
e l’equazione della quantità di moto, che per una corrente irrotazionale si può scrivere in forma differenziale (valida per qualunque direzione) come:
� �TUU VdVdVVVdVdP rr �� �
Ricordando la definizione della celerità del suono:
� � � �TTUUJUU
dVVdVVdVVdadPPa rrLIMS
�� ��
�ww
2222
21
si ottiene:
22222 12
12
T
TT
TT TTJU
TU
JUU
VVVddV
VddVV
dd
VVdVVdVV
drLIM
rr
LIM
rr
��
�
�� �
��
��
Riscriviamo l’equazione della massa:
0cot2 ���TU
TUTUU T
TT d
dVddV
VVr
011
2cot2 22
��
�
����
T
TT
TTT
TTJU
TUTUU
VVddV
VddVVV
ddV
VVr
rr
r
Dividendo per U e ricordando che TT ddVV r otteniamo infine l’equazione di
Taylor-Maccoll:
0cot2121 2
2
222 »
¼
º«¬
ª��»
¼
º«¬
ª��
»»¼
º
««¬
ª¸¹·
¨©§�
� �
TTTTTTT
TJ
dVd
ddV
ddVV
ddV
dVd
ddVV
ddVV rrr
rrrr
rr
r
che va integrata numericamente, insieme con le relazioni per l’urto obliquo, valide per lo stato di gas immediatamente a valle dell’urto. Si può usare una procedura inversa: dato un M� si può partire da un urto di intensità assegnata Es ottenere le condizioni a valle dell’urto )deflessione della velocità G, velocità V) e ricavare le componenti Vr e V-:
� �� �TE
TE
T �� �
S
Sr
VVVVsincos
e adimensionalizzarle. Utilizzando
questo valore di TddVe
VV r
LIM
2 come
condizioni iniziali, si può integrare numericamente l’equazione di Taylor per - crescenti, a partire dal valore
¸¹·
¨©§ � SES2
, ottenendo la soluzione
lungo ogni raggio. Quando si raggiunge il valore V-=0, che corrisponde alle condizioni al contorno sul corpo solido, si ottiene il valore di -C del cono che produce la corrente calcolata. E’ possibile in questo modo costruire un diagramma E--C per la parte corrispondente agli urti deboli (gli unici che si verificano), così da determinare per ogni M� l’angolo massimo di deflessione.
V�
V
V-
G
Es
E
-c,MAX
M=1.5
M=2
M=5
-c
M�
cuneo
cono -MAX
Se -C>-C,MAX l’urto è staccato. L’angolo -C,MAX è più alto di quello relativo ad un cuneo 2D pel lo stesso valore di M�, perché il flusso conico 3D ha più “spazio” per accomodare il disturbo prodotto dal corpo. Quindi, a parità di angolo -C, il cono ha urto più debole che non il cuneo.
Metodo delle onde deboli
(alternativa al metodo delle caratteristiche)
La corrente varia in modo continuo. Le caratteristiche sono sempre meno inclinate rispetto all’orizzontale di conseguenza il numero di Mach diminuisce.
Approssimiamo la parete con una spezzata. Se discretizziamo la geometria abbiamo una discontinuità in ogni vertice della spezzata, ne segue che da ogni spigolo parte un ventaglio di espansione. Ognuno rappresenta una regione di onde semplici (con r-=cost. e nj--=cost.) che separa due regioni di corrente uniforme. La corrente varia ancore in modo continuo: Attraverso ogni ventaglio risulta:
TQTTQQTQTQ
' '� �� �
IIIIII
IIIIII
Questa ultima mette in relazione l’inclinazione della corrente con la funzione di Prandtl-Meyer.
Ora approssimiamo ogni ventaglio (variazione continua) con la linea bisettrice che separa due correnti uniformi (variazione discontinua). Tale linea prende il nome di onda debole. Attraverso quest’onda debole di rarefazione della I famiglia è sempre valida TQ ' ' . Il vantaggio è che si può costruire la soluzione come somma di correnti continue separate da onde deboli.
nC�
0�C
¨-
II I
C+
Se l’onda debole di rarefazione è della II famiglia :
essendo r+=nj+-=cost. risulta TQ '� ' . Per una regione di compressione isoentropica:
Onde deboli: 4 zone d’onde semplici
Zona d’onde semplici
¨-<0
C-
C+
Possiamo trovare la soluzione con onde deboli di compressione della I famiglia (che in pratica sono deboli onde d’urto). Essendo, comunque, le onde deboli una approssimazione di una regione di onde semplici, anche per la compressione vale: TQ 'r ' per la I + e per la II -.
Variazione di pressione attraverso un onda debole
Essendo .cos0 th è .cos21 2 thV � ovvero 0 � dhVdV . Dalla relazione
termodinamica UdpdhTds � , considerando s=cost. ossia ds=0 (anche per
l’onda debole ds e infinitesimo del 3° ordine con l’intensità dell’onda) si ha:
VdVdhdp UU �
Il differenziale di )(MQ vale :
QU
QU
Q
QTQ
T
dMVdp
dMVVdp
dMVdV
VdVMd
dd
dVdVM
1
01
1
10
01
2
2
2
2
2
2
��
�
�
�
�
r
r�
Quest’ultima può essere scritta sia attraverso un ventaglio d’espansione (continuo) sia attraverso un’onda debole (discreto). Quindi le relazioni da utilizzare nel caso di onda debole sono:
°̄
°®
'r '
'�
'
TQ
TU
12
2
MVp #
Riassumendo:
00
!'�'
Mp
0!'T
Rarefazione
00
�'!'
Mp
0�'T
I famiglia:
TQ
TU
dd
dMVdp
�
� 12
2
II famiglia:
TQ
TU
dd
dMVdp
� �
12
2
00
!'�'
Mp
0!'T
Compressione
00
�'!'
Mp
0�'T
I famiglia:
TQ
TU
dd
dMVdp
�
� 12
2
II famiglia:
TQ
TU
dd
dMVdp
� �
12
2
Nota bene L’idea fondamentale che sottostà al concetto di onde deboli è quella di costruire una soluzione formata da tante zone di corrente uniforme.
I
II
�IC
�IIC
0+
)( II MQT � inclinazione di �
IC
)( IIII MQT � inclinazione di �
IIC
è la media delle inclinazioni
Riflessione ed intersezione Quando si opera con le caratteristiche, ovvero con le zone di onde semplici, accade che dopo riflessione/iterazione si forma una zona che non è più di onde semplici.
Teorema: La deflessione ¨- prodotta da un onda debole non viene mutata
dall’intersezione con altre onde deboli. Le due linee di corrente nel caso reale attraversano lo stesso ventaglio di C+ , dalla C+
0 alla C+n. Poiché C+ porta inalterati tutti i valori compreso quello di
sinµ e di r+=nj+- significa che attraverso il ventaglio si ottiene sempre la stessa variazione di r+, ovvero d(nj+-)=cost. in A e B. Essendo A e B sulla stessa onda debole per la quale vale TQ ' ' risulta che su tale onda è .cos td T
B
A
Zona di onde non semplici
Metodo di calcolo Se si considerano onde di rarefazione ci si accorge che esse dividono la corrente in un certo numero di “celle” entro le quali la corrente è uniforme. Schematizziamo le pareti curve con delle spezzate.
Numeriamo le celle come in figura. Indichiamo con rG le deflessioni associate a ciascuna onda ( �G quelle della sponda superiore che deflettono verso l’alto, quindi .00 �! �� GG e Nella generica maglia m,n dove m sono le onde della I famiglia e n quella della II, possiamo scrivere:
¦¦
¦¦
�
�
�
�
��
��
n
i
im
i
inm
n
i
im
i
inm
110,0,
110,0,
GGQQ
GGTT
Un caso semplice è quello per cui le onde deboli hanno tutte la stessa intensità (ovvero lo stesso į di deflessione), risulta infatti:
GQQGTT)()(
0,0,
0,0,
nmnm
nm
nm
�� ��
Trovate le soluzioni in tutte le maglie, si possono conoscere le rC e quindi disegnare le onde deboli come bisettrice dei ventagli. Considerando una generica situazione in cui esistano anche onde di compressione dobbiamo ricordare il segno della deflessione associata a tali onde. Quindi se si arriva alla “cella” in cui vogliamo la soluzione, oltre ad m e n
-
+
1,1
0,1
2,0
2,2
3,0
0,3
0,2
0,0
1,0
3,1
2,1
1,3
1,2
onde di rarefazione si attraversano k e l onde di compressione (supponiamo tutte con deflessione į) otteniamo:
GGQQGGTT)()()()(
0,0
0,0
lknmlknm
����� �����
Cancellazioni di onde deboli Quando le onde deboli si riflettono su una parete cambiano famiglia.
L’intensità (deflessione) dell’onda riflettente è, in valore assoluto, uguale a quella dell’onda incidente. Quando la riflessione è sul pelo libero (p.e. di un getto), l’onda debole cambia natura, oltre che famiglia, per soddisfare p=cost. Si può arrivare alla cancellazione dell’onda debole inclinando opportunamente la parete (nella direzione della corrente) a valle del punto di incidenza dell’onda.
Progetto di un ugello supersonico
La corrente espande da M=1 a M=MT della sezione di prova in modo tale che la corrente sia uniforme in tutta la sezione di prova e parallela alla direzione dell’asse. Per effettuare la cancellazione delle onde riflesse basta inclinare di ¨-=¨-inc. la parete nei punti in cui arrivano le onde.
1
Corrente 2D subsonica –Regola di similitudine-
Consideriamo il campo di velocità generato da un profilo sottile immerso in una corrente uniforme, stazionaria, con M�<1. In prima approssimazione questo campo è governato dall’equazione di Prandtl-Glauert, ellittica:
� � 01 2 �� f yyxxM MM
a cui dobbiamo aggiungere le condizioni al contorno: 8 all’infinito
¯®
00
vu
8 sulla superficie del corpo
� � corpo il descrive che0,con0:0se ww
�ww
ff
yxfyfv
xfV
Vu
Con una rappresentazione esplicita del profilo: � �sss xyy questa diventa:
� �sss
s yxVv
dxdy
,inf
Per risolvere questo problema (ellittico), cerchiamo una trasformazione di variabili che ci riconduca all’equazione di Laplace. In generale si può considerare:
°¯
°®
MOMOO
z
y
x
yyxx
'''
così che:
ect.'
'
'''
2
22
2
2
xx
uxx
u
x
xx
ww
ww
ww
ww
MOOM
OOM
OOM
M
MM
si ottiene l’equazione:
x
y
Se tet yx coscos OO
la trasformazione è affine: tutte le condizioni sono modificate in modo proporzionale.
2
� �222
22
2
222 1con0''
f� ww
�ww M
yxyx EM
OOM
OO
EMM
Scegliendo EOO
x
y raggiungiamo il nostro obbiettivo: 0' 'M .
Come si trasformano le condizioni al contorno? All’infinito restano invariate. Cambiano invece quelle sul corpo. Innanzitutto la descrizione geometrica del profilo è cambiata così che:
¯®
sys
sxs
yyxx
OO
''
e
s
s
y
x
s
s
dxdy
dxdy
''
OO
Assumendo V’�=V�, la condizione al contorno diventa:
''
'1
''
yVdxdy
x
y
s
s
y
x
ww
f
MOO
OO
ovvero
� �sxx
y
s
s yxVv
dxdy
','in''
'' 2
f
MOO
O
Scegliendo MOOO xy 2 otteniamo
f
''
''
Vv
dxdy
s
s , ovvero la corretta condizione al
contorno per la corrente incomprimibile attorno al profilo modificato. Ricapitolando, il potenziale ij’ descrive il campo di perturbazione attorno al profilo modificato (x’s,y’s), posto che sia:
� �ff VVe xyx
y 'con2MOOOE
OO
3
Come si modifica la geometria del profilo Il rapporto fra le pendenze locali è:
2111
''
f�
Mdx
dydx
dy
y
x
s
s
x
s
EOO
ovvero la pendenza del profilo in corrente comprimibile è più grande di E1
di
quella del profilo in regime incomprimibile. Per lo spessore relativo e per la curvatura si fa riferimento a:
EDD 1
''
'''
cyc
y
ctct
c
c
Iiii
I valori di yx e OO in sé non sono importanti, ciò che conta è y
y
OO
.
Possiamo scegliere ¯®
EO
O
y
x 1, mettendo la stessa corda (come in figura) e
modificando le ordinate, oppure °̄
°®
1
1
y
x
OE
O, mantenendo le ordinate e cambiando
la corda.
x
y
Corrente comprimibile
4
Coefficiente di pressione sul profilo
'''
'22
s
x
sP xVxVc
ww
� ww
� ff
MOOM
M
Essendo ''
''2'
sP xVc
ww
� f
M, si ha:
222
2
111
' f�
Mcc
y
xx
P
P
EOO
OO
M
Essendo ³³¸¹·
¨©§
ffcxdc
cV
dxpc Ps
ssL
2
21 U
, risulta anche, ad Į diversi:
211
' f�
Mcc
L
L
Utilizzo pratico:
8 si modifica la geometria del profilo dato 8 si calcola la corrente incomprimibile � �0''2' DDS � Lc (per i
profili sottili) 8 si ottiene cL e cP sul profilo dato
� � � � � �2
002
0
1
22''2
f�
�
�
�
McL
DDRE
DDSE
DDSE
5
Generalizzazione della regola di similitudine La corrispondenza tra incomprimibile e comprimibile che abbiamo trovato rappresenta una particolare regola di similitudine per corrente linearizzata, ovvero una legge che ci permette di mettere in relazione le grandezze fluido dinamiche in punti omologhi. Un metodo generale per ricavare una regola di similitudine è di considerare le equazioni differenziali e le condizioni al contorno che descrivono il fenomeno, e adimensionalizzarle. In questo modo ottengo un modello matematico unico per tutte le correnti che sono caratterizzate dagli stessi valori dei numeri dimensionali, che compaiono adimensionalizzando. 8 Descrizione dimensionale del profilo
Considerando un profilo sottile ad Į piccolo, possiamo descrivere la geometria con la legge � � xxyy D� in cui � � � � � �xtxyxy m r ( r
dipende dal fatto che si stia considerando il dorso piuttosto che il ventre del profilo). Introducendo lo spessore massimo h, possiamo esprimere y(x) per mezzo di una funzione di forma (indipendente da h):
� � ¸¹·
¨©§ ¸
¹·
¨©§ ¸
¹·
¨©§
cxh
cxyc
cxyxy Kˆ, .
Adimensionalizzando con la corda c e considerando chs si ha:
cx
cxs
cy DK �¸
¹·
¨©§
Una famiglia di profili è caratterizzata dalla stessa funzione di forma ¸¹·
¨©§cxK ,
ovvero da linea media e legge di distribuzione dello spessore. 8 Adimensionalizzazione dell’equazione di Prandtl-Glauert
02 � yyxx MME
Ponendo:
Į x
y
6
°°°
¯
°°°
®
MOM
E
M'
'
'
cyycxx
otteniamo: 0'' '''' � yyxx MM , come già ricavato in precedenza. In questa
adimensionalizzazione non compaiono parametri di similitudine.
8 Condizioni al contorno in forma dimensionale
Utilizzando la rappresentazione geometrica adimensionale cx
cxs
cys DK �¸
¹·
¨©§
la condizione al contorno diventa:
� �
fff
fff
¸¹·¨
©§w
w
¸¹·¨
©§w
w
¸¹·
¨©§w
¸¹·
¨©§w
� ¸¹·¨
©§
VccycV
cycV
yVVVvs
cxd
cyd
dxdy
sy
s
y
s
y
sy
sy
s
s
s
''
'
'
''1
''1
'
'11
M
OEM
OOM
OO
O
OM
MDK
MMM
M�
Scegliendo csVf
EOM otteniamo:
ssyDKM � �
'''
ovvero per avere similitudine fra i due profili con uguale funzione di forma,
dobbiamo mantenere costante il rapporto sD
.
8 Coefficiente di pressione
Trovate le condizioni di similitudine con le equazioni e le condizioni al contorno, possiamo scrivere il legame fra i cP e le adimensionalizzazione scelte, risulta:
'' '2ovvero'22x
Px
xP s
ccVcsV
Vc M
EM
EM
� � � f
f
f
ovvero in punti omologhi il parametro scPE
è costante.
Possiamo generalizzare questo risultato scrivendo:
7
sA
AcP
xEM � ''2
da cui, per profili con la stessa funzione di forma, risulta che:
¸¹·
¨©§
ssAF
AcP DE , .
Scegliendo 2
1E
A , otteniamo:
¸¹·
¨©§
ssFcPDEE ,2
nota come regola di Gothert, equivalente al risultato ottenuto in
precedenza, cioè 2,
1E
incP
P
cc
. Infatti per la corrente incomprimibile E=1 e
quindi abbiamo similitudine se il profilo si trasforma con s’=Es e D’=ED, come avevamo ricavato. In tal caso cPE2=cP,inc come volevasi dimostrare.
8 A A seconda della scelta di A, otteniamo formulazioni differenti:
2
1E
A ¸¹·
¨©§
ssFcPDEE ,2 Regola di Gothert
1 A � �D,sFcP
E1
A � �DE ,sFcP
sA ¸¹·
¨©§
sF
scP DE ,
°¿
°¾
½
IIIIII
regole di Prandtl-Glauert
2sA ¸¹·
¨©§
ssF
scP DE ,2 Regola di Tsien
EsA ¸
¹·
¨©§ s
FscP DE
Ognuna può essere più utilmente impiegata a seconda degli scopi. Per esempio,la II regola ci permette di mettere in relazione il coefficiente di pressione dello stesso profilo alla stessa incidenza con il variare di E e quindi
di Mf. Si ha ¸̧¹
·¨̈©
§
ESD
E2ancora segue cui da,
LincP
P cc
c ovvero cP aumenta con
l’aumentare di Mf. Dalla prima regola si può vedere che, se variamo s al variare di Mf in modo
da mantenere costante il rapporto Es
, il coefficiente di pressione non varia.
8
Possiamo quindi ottenere sperimentalmente la distribuzione di cP ad un certo Mach facendo le misure ad un Mach inferiore su un modello di spessore percentuale più grande (purché della stessa famiglia).
Dalla regola III possiamo immediatamente osservare che a pari Mach e sD
,
il valore di cP sarà proporzionale ad s.
Corrente transonica
Fenomelogia Consideriamo un corpo 2D composto da un cuneo ed una parete rettilinea, e studiamo cosa accade all’aumentare del numero di Mach: 8 per M�< MCR,inf la corrente è completamente subsonica 8 per MCR,inf <M�<1, la corrente è accelerata fino a raggiungere M>1, si forma una zona supersonica che è delimitata a monte da una linea sonica e a valle da un onda d’urto. Tanto più aumenta M�, tanto più la zona supersonica cresce 8 quando M�=1, l’urto scompare a valle e ricompare all’� a monte 8 per 1<M�< MR (Mach di riattacco), si ha un’ onda d’urto staccata di fronte al cuneo. Esiste una limitata regione subsonica in una corrente generalmente supersonica. Possiamo individuare vari punti per l’urto curvo sul diagramma (E--) 8 per MR<M�<MCR,sup l’urto è attaccato ma la corrente presenta sempre una regione subsonica. La zona subsonica influenza l’urto che si incurva. Il punto sonico corrisponde ad F nel diagramma (E--) 8 per M�>MCR,sup la corrente è interamente supersonica
V� -
- V�
-
C
D
M<1
M>1
A
B
F
-
E
E -
D
C=F
B
A
E
Se il corpo non è appuntito, gli ultimi due casi non si verificano. Esempio: Il profilo alare
Appena superato il MCR, la zona supersonica è piccola è l’intensità dell’urto è piccola anch’essa. Quando l’intensità dell’urto cresce, c’è un improvviso aumento della resistenza d’onda. Inoltre, l’urto provoca la separazione dello strato limite e la comparsa di fenomeni non stazionari. Il numero di Mach a cui avviene l’aumento del CD si dice numero di Mach di Drag-Divergence.
Per stimare il numero di Mach critico, conoscendo la corrente incomprimibile attorno al profilo, si può individuare il punto di massimo………(vedi appunti)
CD
MCR MDD 1 M
CPA
CP,CR
MCR M
Piccole perturbazioni L’equazione di Prandtl-Glauert � � 01 2 �� yyxxM MM , insieme con la relativa
espressione per il coefficiente di pressione 22 11 M
dxdy
coM
cc P
PP
i
�
� non è
più applicabile quando 1 fM . Però ci dà l’indicazione che in regime transonico la corrente è molto sensibile alle variazioni di M�. Inoltre, ci dice che i disturbi generati dal corpo si propagano quasi inalterati in direzione trasversale alla direzione del moto: se M=1 risulta 0 yyM , ovvero il disturbo non dipende da y (ciò a causa delle
caratteristiche, alta per Mach bassi). Avevamo osservato, sviluppando la teoria linearizzata, che in regime transonico l’equazione del potenziale di perturbazione è:
� � � � xxxyyxx VMM MMJMM
f
f� ��2
2 11
equazione non lineare, che mantiene il carattere “misto” della soluzione. Le condizioni al contorno relative sono:
°̄
°®
� f
infinitoall'0
)0,( .
M
DKM
sdxdy
Vx sy
Regola di similitudine transonica Essendo l’equazione non lineare, non è possibile trovare una soluzione analitica nel piano fisico. Si riesce nel piano odografico, con tutte le difficoltà di interpretazione connesse. E’ però possibile ottenere una regola di similitudine. Utilizziamo la tecnica abituale, basata sull’adimensionalizzazione dell’equazione e delle condizioni al contorno. Conviene partire dall’equazione delle piccole perturbazioni scritta in termini di velocità:
� �°¯
°®
�
�»¼
º«¬
ª���
f
ff
0
0112
2
xy
yx
vu
vuuVMM J
con le condizioni al contorno:
infinitoall'0,.
� f
vuesVv DK
Dalle condizioni al contorno vediamo che fVv
e dell’ordine di s:
adimensionalizzando quindi v con sV�, mentre la u (che cambia in modo diverso) con NJV� (con NJ piccolo):
f
f
sVvv
Vuu
'
'O
Anche le coordinate spaziali si devono adimensionalizzare in modo diverso, in quanto la propagazione delle perturbazioni lungo y è maggiore che non lungo x, da cui:
cyycxx
Z
'
'
Sostituendo si ottiene:
''
''
''
''
yyxx
yyxx
vc
sVvvcsVv
ucVuu
cVu
Z
ZOO
ff
ff
e quindi
� �
°°¯
°°®
�
�»¼
º«¬
ª���
ff
fff
f
ff
0''
0'''11
''
''
22
xy
yx
vcsVu
cV
vc
sVucVuV
VMM
ZO
ZO
OJ
che possiamo scrivere come:
� �
°°¯
°°®
�
�»¼
º«¬
ª��
�
f
ff
0''
0'''11
''
''2
222
xy
yx
vus
vuuMM
sM
ZO
JO
ZO
Affinché il sistema dipenda da un solo parametro dimensionale, possiamo porre
ses
MZO
ZO f 1
22
ovvero
� �
°°¯
°°®
¸¹·
¨©§
�
f
32
31
2
Ms
sM
O
Z
Il parametro dimensionale diventa:
� �32
2
2
2
2 11
sM
MMMk
f
f
f
f �
�
O
così che l’equazione per il potenziale di perturbazione 32
' ¸¹·
¨©§
f sM
cVMM diventa:
� �> @ 0'''1 ''''' ��� yyxxxk MMMJ
con k parametro di similitudine transonica. Si verifica agevolmente che la
condizione al contorno diventa syDKM � �'' , come nel caso lineare.
Il coefficiente di pressione vale:
'
32
'222xP M
suVuc MO ¸
¹·
¨©§� � �
f
e quindi, per punti omologhi di profili affini risulta:
¸¹·
¨©§ ¸
¹·
¨©§
skFc
sM
PD,
32
Esistono altre forme della regola di similitudine transonica, che per esempio includono il termine (J-1), oppure utilizzano semplificazioni ritenendo M�a1. Utilizzando l’approccio presentato sopra, si può ottenere:
� �> @� � � � .cos10'''~
1
1~ 32
31
'''''32
2
2
tcsMekcon
sM
Mk Pyyxxx ¸¹·
¨©§� �
�
� �
f
f JMMMJ
Portanza e resistenza
¸¹·
¨©§ ¸
¹·
¨©§ � ¸
¹·
¨©§ �
¸¹·
¨©§
³³³³
³³
skH
M
sdxs
scdxs
scc
dxdxdy
cc
dycc
c
skG
M
sdxcdxcc
c
PPs
PPD
PPL
DDKDK
D
,'111
,'1
32
35
..
32
32
Flusso interno transonico
Un caso interessante di flusso transonico è quello che avviene nella gola di un ugello convergente-divergente. Supponiamo di conoscere la geometria dell’ugello, adimendionalizziamo con le dimensioni della gola : yw(x).
Consideriamo il caso 2D. La corrente è simmetrica, per cui possiamo pensare di rappresentare il profilo di velocità con serie del tipo:
¯®
�� ���
)....()()().....()()()(
321
42
210
riaantisimmet per dispari terminisimmetria per pari termini
yxbyxbvyxayxaxau
Tronchiamo la serie dopo i termini di secondo grado, per cui solo a0, a1, b1 sono diversi da zero. La corrente è irrotazionale, quindi:
dxdbxay
dxdbyxa
xv
yu 1
11
1 )(2)(2 � �ww
ww
La condizione al contorno:
� �2101 )()()( ww
w
w
yxaxayxbdxdy
uv
��
fornisce la seconda condizione. Per determinare la terza relazione necessaria, dobbiamo imporre la conservazione della massa:
� �*cos0
tudywy ³ U .
1
Supponiamo di conoscere la soluzione 1D: u1D(x), per cui vale
� � � � .cos10 1 tuydyu Dw
y
Dw ³ UU . Facciamo uno sviluppo della componente u a partire
da questa:
� � � �� � u
uuuu
yxuxuu
DD
D
GUUU
G
11
1 ,
ww
�
�
che inserito nella (*) ci dà:
� � � � � �> @dyxuyxaxaxudyuu ww y
DD
y
³³ ���� ww
0 12
101
00GU
Integrando:
� � 03
3
110 �� wwD
yayua
Abbiamo così tre relazioni per ottenere ao(x), a1(x) e b1(x): riarrangiate forniscono una soluzione per b1(x); noto b1(x) si ricavano a0(x) e a1(x):
� � � � � �
°°°
¯
°°°
®
�
�o �¸¹·
¨©§
dxdba
dxdbyua
xCbxBbxAudxdy
bydxdb
dxdy
y
D
Dw
ww
w
11
1210
11
.
111
21
31
31
Una soluzione approssimata si può ottenere considerando ywa1 e considerando
la condizione al contorno al 1° ordine, in modo che: dxdy
ab w01 . Sostituendo
nella 1° relazione otteniamo: 2
2
0012dxyd
adxdy
adxda ww #¸
¹·
¨©§ che insieme alle 3°
relazione: 3110w
Dy
aua � ci dà:
2
2
11
2
2
2
2
112
2
1
32
32
dxyd
uay
dxyd
yau
dxyd
a
wD
ww
wD
w
¸̧¹
·¨̈©
§�
¸̧¹
·¨̈©
§�#
che viene approssimata con
¸̧¹
·¨̈©
§� � 2
22
102
21
12
2
!1 61cui da
22
dxydy
uadxydua
dxyd
ua wwD
wDwD
Risulta così:
� � � � � �¸̧¹
·¨̈©
§�� 22
2
2
1 3611, w
wD yy
dxyd
xuyxu
ovvero un profilo di velocità parabolico con velocità più bassa vicino l’asse. Ne consegue che la linea sonica in gola non è diritta.
M=1
U1D
1
Correnti Viscose Riprendiamo le equazioni, scritte in coordinate cartesiane bidimensionali, che governano il moto di un gas perfetto viscoso,
°°°°°
¯
°°°°°
®
¸̧¹
·¨̈©
§ww
�ww
�¸¹·
¨©§
ww
�ww
�)�
w
w�
w
w�
ww
�
w
w�
ww
�ww
�
¸̧¹
·¨̈©
§ww
�ww
�
yTk
yxTk
xDtDP
DtDTc
yxyP
DtDv
yxxP
DtDu
yv
xu
DtD
p
yyxy
xyxx
U
WWU
WWU
UU 0
La soluzione di queste equazioni viene ricavata normalmente per via numerica, ma il concetto di strato limite, permette di semplificare la rappresentazione matematica. Prima di affrontare tale problema, occupiamoci di un caso tra i più semplici, che permette di introdurre alcune utili considerazioni.
Corrente di Couette Consideriamo due lastre semiinfinite, in modo relativo e a temperature differenti. Supponiamo la lastra inferiore ferma, e la superiore con velocità V1. Supponiamo ancora che il moto sia laminare, questo ci consente di affermare che le linee di corrente sono parallele alle due lastre quindi la v=0. Non essendosi nessuna scala caratteristica lungo x, le
derivate parziali 0 wwx
.
Consideriamo ancora il moto stazionario, cioè 0 wwt
, quindi possiamo dire che
la derivata sostanziale è nulla,
0 ww
�ww
�ww
y
vx
utDt
D
Per mezzo della definizione di sforzo tangenziale W, abbiamo che
G
y
x
Tw
V1 T1
2
yv
xv
yu
xu
ww
ww
ww
ww
2
2W
nel nostro caso si riduce a
0
0
yu
yu
ww
ww
P
PW
cioè ha solo componenti sull’antidiagonale. Definendo la funzione di dissipazione ) come
yuww
) W
e il flusso termico
yTkqqy ww
�
il sistema si riduce alla sola equazione dell’energia. L’equazione di continuità è banalmente verificata, l’equazione della quantità di moto per la variabile x ci dice che
� � costante ww
yuTPW .
L’equazione della quantità di moto per la variabile y ci dice che la pressione si mantiene costante lungo la quota y, e l’equazione dell’energia diventa
0 ww
�ww
yq
yuW
� � 0 �ww quyW
wqqu � �W
Si ha così il sistema di due equazioni in due incognite, la velocità u e la temperatura T, che deve essere risolto contemporaneamente dato che la P è funzione della temperatura. Risolvendolo si ottengono i profili di velocità e temperatura.
3
� �
°°¯
°°®
� ww
�
ww
wqyTku
yuT
W
WP
con le condizioni al contorno,
°¯
°®
¸¸
¹
·
¨¨
©
§ � �
�
w
yw q
dydTkTTuy
TTVuy
0
11
00 oppure
G
Inseriamo la W nell’equazione dell’energia, si ha
dyduqq
dydTk
dyduu ww
WPP� � �
se ipotizziamo che il rapporto k/P sia costante e ricordando la costanza di W, ed introducendo il numero di Prandtl come il rapporto tra la quantità di moto e il trasporto di energia
kcpP
Pr
l’equazione diventa,
dyduq
dydTc
dyduu wp
W� �
Pr
integrando si ha l’integrale dell’energia che lega i profili di velocità e temperatura,
� � uq
TTc
u ww
p
W� ��
Pr21 2
Valutando questa relazione in corrispondenza della lastra (G=0), si ottiene una relazione di Tw in funzione di qw,
¸¹·
¨©§ �� 1
211 2
1Pr Vq
VTcTc wpwp W
4
x Se qw=0 la parete è adiabatica, in tal caso la Tw viene chiamata Temperatura di recupero adiabatico, e vale
2
11Pr
21 Vc
TTp
ra �
ricordando che RTVMJ
22 e � �1� JJ pcR si ha,
2
11 2
1Pr1 MTTra �
� J
l’aumento di temperatura di una parete adiabatica, dovuto al dissiparsi di energia interna e di energia cinetica, dipende dal quadrato del Mach. Possiamo anche definire il fattore di recupero,
10
1
TTTT
r ra
��
in cui la T0 è la temperatura totale, quale misura adimensionale degli effetti viscosi su Tw. Nel caso della corrente di Couette r=Pr.
x Se la parete non è adiabatica, possiamo sottrarre all’integrale dell’energia
valutato in y=G, quello ricavato per la parete adiabatica, otteniamo
� � 1Pr Vq
TTc wrawp W
�
per avere qw>0, calore ceduto dalla parete al gas, bisogna avere Tw>Tra, e non solo Tw>T1.
Ricaviamo ora il profilo di velocità, sottraiamo l’espressione dell’integrale dell’energia per y=G a quella per una y generica,
� � � � � �uVq
uVTTc wp ��� � 1
2211 PrPr
21
W
dividendo per cpT1, si ha
¸̧¹
·¨̈©
§�
��¸̧
¹
·¨̈©
§�
� �
11
12
1
22
111
11Pr11Pr211
VuV
RTq
VuV
RTTT w
JJ
WJJ
� � ¸̧¹
·¨̈©
§���¸̧
¹
·¨̈©
§�
��
1
21
12
1
22
11
11Pr12
1Pr1VuM
Vq
VuM
TT w J
WJ
5
abbiamo ottenuto il profilo della temperatura in funzione del profilo della velocità. supponiamo che la legge P=P(T) sia
n
TT¸̧¹
·¨̈©
§
11PP
dall’equazione della quantità di moto si ha,
� � WP wwyuT
dyduTT
n
11 PW
¸̧¹
·¨̈©
§
integrando si ottiene,
yduVuM
Vq
VuM
un
w
10 1
21
12
1
22
1 1Pr12
1Pr1PW
WJ
»»¼
º
««¬
ª¸̧¹
·¨̈©
§��¸̧
¹
·¨̈©
§�
��³ (*)
Introducendo [=u/V1 ed estendendo l’integrale fino a y=G e u=V1, otteniamo un’espressione per calcolare W noto il profilo di velocità u,
� � � �³ »¼
º«¬
ª���
��
1
0
21
1
221
11 1Pr1
21Pr1 [[
W[J
GPW dM
Vq
MVn
w (**)
Come si vede il problema resta comunque complesso anche per una corrente semplice come quella di Couette, allora supponiamo che n=1, cioè che la viscosità sia proporzionale alla temperatura, e che qw=0, con queste ipotesi l’integrale (*) diventa
11
3
11
21
1 31
21Pr
Vy
Vu
VuM
Vu
PWJ
»»¼
º
««¬
ª¸̧¹
·¨̈©
§�
��
Da questa relazione si capisce che per M o 0 il profilo è lineare.
y/G
M o f
M o 0
u/V1
1
6
Lo sforzo W si ottiene dalla (**) come,
¸¹·
¨©§ �� 2
11
1 31Pr1 MV J
GPW (§)
il coefficiente d’attrito sarà
¸¹·
¨©§ �� 2
12
113
1Pr1Re2
21
MV
c wf
J
U
W
è quindi maggiore di quello corrispondente ad una corrente incomprimibile. Il profilo di temperatura è quello ricavato in precedenza,
¸̧¹
·¨̈©
§�
�� 2
1
22
11
12
1Pr1VuM
TT J
Il flusso termico vale
� �� �
� �� �
� �� �G
UGG yd
VudVudTTdTcV
ydTTdTk
dydTkq p 1
1
111111
RePr � �
riscrivendo la (§) con l’aiuto del coefficiente d’attrito, si ha
°¿
°¾½
°̄
°®
»»¼
º
««¬
ª¸̧¹
·¨̈©
§�
��
3
11
21
1 31
21Pr
Re2
Vu
VuM
Vu
cy
f
JG
quindi le due derivate saranno,
� �� � � �
� � ¸̧¹
·¨̈©
§�
��
21
22
11
1
12
1Pr1
2Re1
VuM
c
Vudydyd
Vud f
JGG e � �
� � � �1
21
1
1 1PrVuM
VudTTd
�� J
il flusso termico diventerà,
� �
¸̧¹
·¨̈©
§�
��
�
21
22
1
1
21
111
12
1Pr1
1
2VuM
VuMc
TcVq fp
J
JU
Possiamo introdurre il numero di Stanton, che ci da il flusso termico adimensionale, come
7
111 TcVq
pU St
Da queste relazioni si capisce che il flusso termico sulla lastra mobile è maggiore di zero.
Strato limite Se abbiamo una corrente il cui numero di Reynolds è molto alto, gli effetti viscosi si manifestano solo in uno strato molto sottile in prossimità delle pareti solide. Un metodo per semplificare le equazioni, in questo caso, consiste nell’adimensionalizzare opportunamente le equazioni tenendo conto delle scale caratteristiche. Trascurando i passaggi che l’adimensionalizzazione comporta, possiamo scrivere il sistema di equazione che regola una corrente bidimensionale, stazionaria di uno strato limite in forma dimensionale,
� � � �� �� � � �°
°¯
°°®
�� �
�� �
00
2y
yyyxypxp
yyxyx
yx
P
kTuuPTvcTuc
uPvuuuvu
PUU
PUUUU
Supponendo la corrente omoentropica possiamo scrivere,
costante ��
ff
2
21
1VPht
UJJ
derivando rispetto ad x, si ha
01
11 2 �
��
�f
fff dx
dVVdxdP
dxdP U
UJJ
UJJ (1)
ma supponendo che la corrente sia anche omoentropica, si ottiene
y/G
1 Tra/T1 T/T1
1
8
dxdP
PdxdP
cdxddPdP
s JUUU
Uf �
ww
2
1
sostituendo nella (1) si ha
dxdVV
dxdP f
ff� U
questa relazione, che ci da un legame fra la variazione della pressione e la velocità, è uguale anche per una corrente incomprimibile. È possibile trovare semplici relazioni che legano i profili di temperatura e velocità anche per lo strato limite, introducendo l’ipotesi che il gas abbia numero di Prandtl unitario (Pr=1), di solito l’aria ha Pr=0.72. Dall’equazione della quantità di moto moltiplicata per u, si ottiene l’energia meccanica,
� �yyx
yx
uuuPuvuu PUU �� ¸¹·
¨©§�¸
¹·
¨©§ 22
21
21
e la sommo all’equazione della temperatura,
� � � � � �yyyyy
yyp
xxp kTuuuuTcvuTcu ��
»»¼
º
««¬
ª¸¹·
¨©§��»
¼
º«¬
ª¸¹·
¨©§� 222
21
21 PPUU
se facciamo l’ipotesi che il cp sia costante, introducendo l’entalpia totale si ha
� � � � � �yyyyyyy
ty
tx kTuukTuuvhuh � � � PPUU
y
yy
ty
tx kTuvhuh ¸
¸¹
·¨¨©
§�¸
¹·
¨©§ � 2
21PUU
grazie al numero di Prandtl so che Prpck
P , quindi l’equazione diventa
� �
y
yp
y
ty
tx
Tcuvhuh
¸¸
¹
·
¨¨
©
§
¸¸¹
·¨¨©
§�¸
¹·
¨©§ �
Pr21 2PUU
ma Pr=1, quindi si ha
� �y
ty
ty
tx hvhuh PUU � (#)
che rappresenta l’entalpia totale nell’approssimazione di strato limite.
9
x Una possibile soluzione della (#) è quella banale di ht=costante, cioè
costante � 2
21 uTcp
derivando rispetto ad y, si ha
0 ww
��yuuq
kcp
questa relazione valutata a parete, y=0 e u=0, ci da
0 wq
cioè se esiste quella soluzione corrisponde alla condizione fisica di parete adiabatica. In più si ottiene che costante wpTc , ovvero la parete è isoterma con 0TTw .
x Una soluzione più generale della (#) si ricava per il caso particolare di lastra
piana, in cui si ha un gradiente di pressione nullo. L’equazione della quantità di moto diventa,
� �yyyx uvuuu PUU �
Ci si accorge che sia l’entalpia totale che la velocità u risolvono la stessa equazione, e quindi sono linearmente indipendenti,
BAuuTch pt � � 2
21
questa relazione prende il nome di relazione di Crocco-Busemann. Le costanti A e B vengono trovate tramite le condizioni al contorno, si ha
wpw TcB
uTT
y �¯®
� 0
0
� �wp TTVc
VAVuTT
y �� �¯®
� ff
ff
f
21G .
È possibile esprimere A in funzione del flusso termico a parete, differenziando la relazione dell’entalpia totale rispetto ad y,
yuA
yuu
yTcp w
w
ww
�ww
10
calcolata a parete, u=0, si ha
w
w
w
wpwwp
qqkc
AAkq
cWW
PPW
� � � �
sostituendo A e B nella relazione di Crocco-Busemann, si ottiene
� � uq
TTcuw
wwp W
� ��2
21
ovvero l’analoga all’integrale dell’energia per la corrente di Couette.
Stato limite su lastra piana Cerchiamo una soluzione del problema generale,
� � � �� �� � � �°
°¯
°°®
�� �
�� �
yyyxypxp
yyxyx
yx
kTuuPTvcTuc
uPvuuuvu
2
0
PUU
PUUUU
questa volta senza ipotizzare nessun numero di Prandtl. Per comodità ci poniamo in una geometria facile, e scegliamo quella della lastra piana, quindi possiamo dire che non c’è gradiente di pressione. Sappiamo che la viscosità varia al variare della temperatura, la legge di Sutherland ci dice che
1101102
3
��
¸̧¹
·¨̈©
§ f
ff TT
TT
PP
ma è troppo complicata. Allora Chapmann e Rubesin hanno proposto una approssimazione lineare del tipo
ff
TTC
PP
dove tramite il confronto con la legge di Sutherland in condizione a parete si ha che
Questa frazione è il numero di Prandtl che sappiamo essere unitario
11
1101102
1
��
¸̧¹
·¨̈©
§ f
f w
w
TT
TTC
Inoltre questi autori hanno considerato un’espressione di tipo polinomiale per la temperatura, ma per semplicità ci limiteremo a considerare il caso Tw=costante, cioè di parete isoterma. Introduciamo la funzione di corrente \, che essendo nel caso comprimibile sarà definita come,
xy vu \UU\UU ff �
Tramite l’introduzione della funzione di corrente, l’equazione di continuità è banalmente verificata. Adesso operiamo un cambio di variabili,
� � � �\,, xyx o
le derivate diventeranno
\UU
\\
ww
�ww
ww
ww
�ww
ww
ww
f
vxxxx
xx
\UU
\\
ww
ww
ww
�ww
ww
ww
f
uyxy
xy
l’equazione della quantità di moto diventerà,
\\\\ U
UPUU
UUU
UUU ¸̧
¹
·¨̈©
§ �¸̧
¹
·¨̈©
§�
ffff
uuuuuvuvuu x
\\
\\ U
UPUU
UPU ¸̧
¹
·¨̈©
§ ¸̧
¹
·¨̈©
§
fff
fff
uuTTCuuux
11
poiché la pressione si mantiene costante il rapporto 1 ff UU
TT , si ha
� �\\U
P Cuuuxf
f
� �
\\Q uuCux f
Si noti bene che non dipende più dalla densità e dalla temperatura. Cerchiamo di adimensionalizzare l’equazione trovata, tramite le relazioni
12
fffff
c c c c cTTT
LVCVuu
Lxx
Q\\
PPP
l’equazione diventa,
� �\\Q
Qcc
ff
ffc
f cc c uuLVC
VCuLV
x
2
� �
\\ ccc cc c uuux
L’equazione trovata è una funzione u’=uc(\c), cerchiamo di cambiare la dipendenza dalla variabile \c nella variabile f così definita,
abxf \ cc
le derivate parziali saranno,
fxb
fxf
xab
wwcc
ww
cww
cw
w �\1
fxa
ff ab
wwcc
ww
cww
cw
w �1\\\
prendendo a=1 si ottiene,
� �ff
bbf
b uuxxuxb cccc ccc � \1
� �
ffb
f uuxufxb ccc cc� 21
per far scomparire la dipendenza dalla variabile x, dobbiamo imporre che
21
� b , otteniamo che l’equazione sarà
� � 021
c�cc fff ufuu i (@)
con xVCx
fff
cc
Q\\ .
Operiamo lo stesso cambio di variabili, effettuato per l’equazione della quantità di moto, sull’equazione della temperatura, si ha
\\\\\ U
UUU
UUP
UUU
UUU ¸̧
¹
·¨̈©
§�¸̧
¹
·¨̈©
§ ¸̧
¹
·¨̈©
§�¸̧
¹
·¨̈©
§�
fffff
TukuuuTuvcTvTuc pxp
2
13
� �\
\\ UU
UUUP ¸̧
¹
·¨̈©
§�
fff
TukuuTc xp12
2
ma sappiamo che 1,,Pr
fff
f TT
TTC
ck p
UUPP
P, si ottiene
� �\
\\ UUP
UUUUP ¸̧
¹
·¨̈©
§�
fff
fffff uT
cTTCuu
TTCTc p
xp Pr12
� � � �\\\
QQ uT
CcuCuTc p
xp Pr2 f
f �
� � � �\\\
QQ uTCuucCTp
x Pr2 ff �
passiamo ad adimensionalizzare l’equazione, si ha
� � � �\\\ Q
Qcc
ff
fffc
ff
ff
fc
f cc�cc c TuLVC
TVCuLVC
VuVcCT
LT
px Pr
22
� � � �\\\ ccc
f
fc cc�cc c Tuuu
TcVTp
x Pr12
2
sapendo che 2
1 ff �
cRTRcp JJJ e , si ottiene
� � � � � �\\\Jcccfc cc�cc� c TuuuMTx Pr
11 22
la relazione ottenuta è una funzione delle variabile uc e \c, cerchiamo di cambiare la dipendenza delle suddette variabili nella variabile K, le derivate parziali diventano,
KK\
KK
KK
ww
cc�cw
w
ww
¸̧¹
·¨̈©
§cc
c�
c�cw
w
ww
cww
ww
�cw
w
ww
cww
�cw
w
cww
fxf
xxxfxxf
fxxxx 21
21
KK\K
K\K
\ ww
cc
ww
cww
ww
ww
cww
cw
wxf
ff
11
l’equazione adimensionale della temperatura diventa,
� �K
KK
K J ¸̧¹
·¨̈©
§ ccc
ccc
�¸¸¹
·¨¨©
§¸¹·
¨©§ ccc
� ccc
� c fc Tfx
ffx
ffx
fMTfxfTx
112111
Pr1
2111
211
21
2
2
14
� � � � KKK J Tfx
ffxfMT
fxfTx c
cc�cc
ccc
� ccc
�c fc1
21
Pr1
811
21 2
22
� �22
41
Pr12 fMTTfTfx x cc�
c�c�ccc fcJ
KKK
� �22
412
Pr1 fMTfxTfT x cc�
� ccc�c�c fcJ
KKK
Questa equazione può essere integrata per separazione delle variabili, e ottenere una soluzione generale del tipo,
� � � �¦
ff
��
� N
nn
nn yxarM
TT
0
2
211 KKJ
la soluzione è data da una distribuzione esponenziale, ma dato che a noi interessano problemi in cui la distribuzione si mantiene costante, questo equivale a prendere solo il termine zero della sommatoria, con una condizione al contorno del tipo
ff
� ��
TTT
aaTT
T rawraw 00
la soluzione diventa,
� � � �KKJ0
2
211 y
TTT
rMTT raw
ff
f
��
��
Le funzioni r(K) e y(K) hanno un andamento rappresentato nelle seguenti figure,
�Pr
2 K
r 1
2 K
y0
15
Per poter tracciare i profili di velocità e temperatura occorre ancora ricavare il legame tra y e K. Esso si ottiene integrando la definizione di funzione di corrente,
³ c
f
f\
\UU
0
duV
y
ma sapendo che KK
Q\Q\ dddfxVCdfxVC ffff � , l’integrale diventa
³ cc
fff
fK
KQUU
0
dfxVCuV
y
con fu c c21 si ha,
³³ff
ff
f
f KK
KQ
KUUQ
00
22 dTT
VxCd
VxCy
quindi otteniamo,
� � � �³ ¸̧¹
·¨̈©
§ ��
��
ff
f
fK
KKKJQ 0
02
211
2dy
TTT
rMxC
Vy raw
� � � �KKJKQ 0
2
21
2y
TTT
rMxC
Vy raw
ff
f
f ��
��
dove � � � �KK 0yr e sono gli integrali delle funzioni r(K) e y0(h), ed hanno un andamento del tipo,
Ritornando alla soluzione per il profilo di temperatura, osserviamo che esso è determinato da due termini, uno funzione del Mf che indica l’effetto della comprimibilità del fluido, l’altro funzione di (Tw � Tra) che indica l’effetto dello scambio termico a parete.
1
2 K
r 1
2 K
y0
16
Se Mf=0 e qw=0 si ritrova la soluzione di Blausius. x Nel caso di parete adiabatica (qw=0, Tw=Tra), risulta:
� �KJ rMTT 2
211 f
f
��
alla parete, K=0
� �02
11 2 rMTTra
ff
�� J
essendo 20
211 f
f
�� M
TT J , il fattore di recupero
f
f
��
TTTT
r ra
0
risulta essere
� � Pr01
1
0
�
�
f
f r
TTTT
r
ra
Per ottenere i profili di velocità e temperatura si può procedere come segue: fissare una certa stazione x, discretizzare la variabile K, e risalire dal valore di K a tutte le altre variabili. K � �Kr � �K0y y Blausius (fc) u r(K) y0(K) T 0
0.1 0.2 …
Se calcoliamo i profili, per un Mf=2 fissato, si ha
� � � � � � � � 5.03,68.12,21 ffff TT
TT
TT
TT
B wrawwBlausius,
2 1
1
1
1
y/G
T/Tf u/Vf
y/G
3
B
2
1
2
1
3
Tangente nulla a parete, perché non c’è scambio termico.
17
Spessore dello strato limite
Per convenzione, y=G quando 99.0 fVu : ciò risulta quando fc=1.98 che
corrisponde ad un valore di K=2.5. Il valore di K ci permette di avere,
� � � �5.25.22
15.22 0
2 yTTT
rMxC
V raw
ff
f
f ��
�� J
QG
con
� �� �¯
®
965.05.2105.15.2
0yr
introducendo il f
f QxV
xRe si ha,
� � � �»¼
º«¬
ª ��
��
ff 5.25.2
21
Re2
Re5
02 y
TTT
rMCCx
raw
xx
JG
Dalla relazione posiamo capire che se la parete cede calore , cioè Tw>Tra, lo spessore dello strato limite aumenterà.
Spessore di spostamento Un’altra grandezza importante da introdurre è lo spessore di spostamento, che traduce il deficit di portata che si ha, a causa dello strato limite, rispetto alla corrente non viscosa. Esso inoltre riveste il significato di posizione baricentrica della distribuzione di vorticità nello strato limite. È definito come,
³ ¸̧¹
·¨̈©
§�
ff
G
UUG
0
1* dyuu
Quindi la portata dello strato limite vale,
� �*0
GGUUG
� ff³ Vudy
� � � �> @ � �G\U\G\U\UUGG
fff � ³³ 000
dyudy y
18
specificato alla quota G, cioè per f(2.5)=3.28, si ha
� � � �5.2fxVC ffff QUG\U
uguagliando si ottiene,
� � � �5.2* fxVCV fffff � QUGGU
28.3*f
f �VxCQ
GG
Cxx xRe28.3*
� GG
� � � �»¼
º«¬
ª ��
��
ff 5.25.2
21
Re2
Re72.1*
02 y
TTT
rMCCx
raw
xx
JG
Coefficiente d’attrito Il coefficiente d’attrito è definito come,
� �
2
0
21
ff
ww
V
yuT
c yw
f
U
P
essendo che fVu c f 2
1 si ha,
yfV
ydfdVfV
yyu
wwcc
wwc
¸¹·
¨©§ c
ww
ww fff KK
K 222
la derivata di K si ottiene da,
TT
xCV
yd
TT
xCVdy f
f
f
ff
f ww
� Q
KKQ 2
12
quindi,
� �040
fTT
xCVV
yu
wy
cc ww f
f
ff
Q
19
essendo � � 328.10 cc f
f fTT
C ww ePP , il coefficiente d’attrito diventa,
� �� �0'
21
21
04
2fxC
VVC
V
fTT
xCVV
TT
Cc
ww
f c
cc
f
f
f
f
ff
ff
ff
ff
U
QP
Cc
xf Re
664.0
ovvero un’espressione uguale a quella di Blausius, tranne per la presenza della costante C. se ne deduce che l’effetto della comprimibilità sul coefficiente d’attrito è piccolo.
Flusso termico a parete La definizione di flusso termico, ci permette di scrivere
� �0 w
w�
yww yTTkq
sappiamo che
wyy TT
xCV
ddT
yddT
yT f
f
f
ww
ww
QKK
K KK 21
0000
differenziando il profilo di temperatura si ha
� � � �»¼
º«¬
ªc�
�c�
ww
fff
002
10
2
0
yTTT
rMTT rawJK K
si può ricavare che, per definizione di Tra, il rc(0) è nullo, e ricordando che
ff
TTc
Cc
k wppww PrPr
PP
, si ottiene
� � � �raw
x
pw TT
C
cVyq �c
� ff
RePr20 U
essendo � � 41.0Pr20
c
�y , si ha
20
� �rawpx
w TTcVC
q � ffURe41.0
utilizzando la differenza di temperatura Tw � Tra per definire il numero di Stanton, risulta
CSt
xRe41.0
Analogia di Reynolds Lo sforzo termico e il flusso termico a parete sono entrambi l’espressione di meccanismi di trasporto a livello molecolare, e sono quindi in relazione tra di loro. Nel caso di strato limite su lastra piana, facendo il rapporto tra il numero di Stanton e il coefficiente d’attrito della soluzione di Chapmann e Rubesin si ottiene:
costante 32
Pr2
1
fcSt
Definendo un numero di Nusselt, tramite la lunghezza caratteristica x e il 'T, ovvero,
� �raww
wx
TTxk
qNu�
si ottiene la forma equivalente,
� � � � PrRePr1
Pr
xffrawp
w
fraw
pw
w
f
x
cSt
cxV
TTcVq
cTT
xcq
cNu
�
�
f
ff
ff PU
UP
31
PrRe21
xf
x
cNu
In generale, un’espressione di questo tipo vale anche per corrente che presentano un gradiente di pressione, per cui
� � fxx cANu RePr
dove A(Pr) è il fattore dell’analogia di Reynolds.
21
Questa relazione permette di ricavare il coefficiente d’attrito dalla misura del flusso termico a parete, che è molto più agevole. i Si noti come l’equazione ottenuta è proprio l’equazione di Blausius del campo incomprimibile laminare. Infatti, seguendo Blausius e cercando una soluzione simile del tipo
� � � �Kgxhygu ¸̧
¹
·¨̈©
§
sappiamo che u=\y, quindi
³³c
f
ff cc
\\
\Q\
00
duVLV
udy
ma KKK
\\\ dfxdf
fdf
fd cc
ww
wcw
wcw
c , quindi si ha scegliendo fu c c21
³³ cc
ccc
f
ff
f
ffKK
KQ
KQ
00
21
dfLx
fV
LVdfx
uVLV
y
� �f
f
f
ff
f � Vx
xh
Vx
yVx
yQ
QKK
Q2
2
2 con
Dall’espressione di h(x) capiamo perché della scelta di fu c c21 , infatti si ha
� �� � fxhV
xV
xhfxV
Vy
ff
Vu y c
c
ww
ww
ww
cf
f
f
ff
ff
11
KK
\\
ma � �f
f Vx
xhQ
2 , si ha dunque fu c c21 .
Prendendo fu c c21 e sostituendolo nella (@) si ottiene l’equazione di Blausius
021
cc�ccc fff
con condizioni al contorno ¯®
c�fo c�
200
ff
KK
.