Come il Cireneo, la Veronica, Giovanni e Maria

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Quattro personaggi incontrano Gesù nel momento della sua Passione.

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Come il Cireneo, la

Veronica, Giovanni e Maria

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Quattro personaggi (il Cireneo, la Veronica, il discepolo prediletto e la Vergine Maria) incontrano Gesù nel momento della sua Passione. Come ha ricordato Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica: “All'inizio dell'essere cristiano non c'è una

decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un

avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo

orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, 1). Il presente libretto desidera offrire un piccolo contributo alla meditazione personale. Chi lo desidera può liberamente utilizzare questo testo (non per fini commerciali) citandone l’Autore. Chi preferisce ricevere il formato word può contattarmi al seguente indirizzo: [email protected]

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Accanto al Signore…

Come il Cireneo

“La Quaresima è il tempo privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della misericordia. È un pellegrinaggio in cui Lui stesso ci accompagna attraverso il deserto della nostra povertà, sostenendoci nel cammino verso la gioia intensa della Pasqua. Anche nella “valle

oscura” di cui parla il Salmista (Sal 23,4), mentre il tentatore ci suggerisce di disperarci o di riporre una speranza illusoria nell’opera delle nostre mani, Dio ci custodisce e ci sostiene” (Benedetto XVI). Le parole del Papa ci permettono di entrare già nel clima quaresimale. L’immagine del pellegrinaggio interiore ci suggerisce una delle tante strade che possiamo percorrere per accostarci al mistero della Pasqua. Il Cireneo, in tal senso, è un esempio di sequela non indifferente. Egli, nonostante la costrizione del potere romano, si ritrova accanto a Gesù per aiutarlo a portare la Croce. Chi aveva voluto che accadesse ciò? Perché proprio lui e non un altro? A volte ci piombano addosso delle situazioni difficili da superare, numerose e aggrovigliate

Via Crucis, Felix Anton Scheffler

– 1757 Chiesa di San Martino -

Ischl, Seeon (diocesi di

München) - Germania

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situazioni che ostacolano la nostra vita, che non comprendiamo ma soprattutto che non abbiamo cercato. Eppure ci stanno mettendo alla prova, chiedono di essere “portate” come una croce, chiedono di essere vissute con la logica dell’amore, quella stessa “folle” logica dell’amore che muove un Dio ad offrire la vita per gli altri! «Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di

Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la

croce da portare dietro a Gesù» (Lc 23, 26).

«Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me,

rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi

segua”» (Lc 9, 23).

Un uomo proveniente dalla campagna, probabilmente un notabile possidente terriero, si trova misteriosamente coinvolto nella passione di Cristo. Egli è costretto dal soldato romano a compiere un gesto di grande umiliazione: portare la croce di un condannato! Il Cireneo forse incontrava Gesù per la prima volta e probabilmente non conosceva gli insegnamenti di colui che tutti chiamavano Rabbi; ma nel momento in cui obbedisce al comando dei romani diventa, senza volerlo, l’immagine del vero discepolo. Simone di Cirene, così, caricato della croce, inizia a seguire lo sventurato compagno di viaggio. Gesù è il vero maestro che precede i discepoli di ogni tempo nella faticosa salita verso il Calvario, indicando loro

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– attraverso le misteriose tracce dell’obbedienza – la strada da percorrere. “Se non sai contemplare cose sublimi e celesti, riposati nella passione di Cristo e dimora volentieri nelle sue sante piaghe. Perché se tu ti rifugerai nelle piaghe e nelle sante stimmate di Gesù, sentirai gran conforto nella tribolazione, curerai poco il disprezzo degli uomini e sopporterai con pace le loro maldicenze” (Imitazione di

Cristo)

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Lo sguardo rivolto a Cristo…

Come la Veronica

“Il cammino quaresimale, avvicinandoci a Dio, ci permette di guardare con occhi nuovi ai fratelli ed alle loro necessità. Chi comincia a vedere Dio, a guardare il volto di Cristo, vede con gli altri occhi anche il fratello, scopre il fratello, il suo bene, il suo male, le sue necessità. Per questo la

Quaresima, come ascolto della verità, è momento favorevole per convertirsi all’amore, perché la verità profonda, la verità di Dio è nello stesso tempo amore” (Benedetto XVI). “Non ha apparenza né bellezza / per attirare i nostri

sguardi, / non splendore per potercene compiacere. /

Disprezzato e reietto dagli uomini, / uomo dei dolori che

ben conosce il patire, / come uno davanti al quale ci si

copre la faccia” (Is 53, 2-3).

“Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; / il tuo

volto, Signore, io cerco. / Non nascondermi il tuo volto”

(Sal 27, 8-9).

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Una donna, secondo i racconti della pietà popolare, facendosi spazio tra la folla, si avvicina a Gesù e, mossa da grande tenerezza, gli asciuga il volto sanguinante. Un gesto d’amore per il quale Cristo regala l’immagine del suo volto. Egli imprime il suo volto nel cuore di chi lo ama! Veronica! E’ il nome che conserva il mistero di tale incontro. La donna fissa lo sguardo su Cristo, sul volto piagato e sofferente di colui che ha preso su di sé i peccati del mondo. Essa custodisce nel proprio cuore i segni di quella drammatica Passione e nello sguardo mite del Nazzareno contempla già il mistero dell’Amore. «La tradizione ci ha tramandato la Veronica. Forse essa completa la storia del Cireneo. Perché è certo che - benché, essendo donna, non abbia fisicamente portato la Croce e non sia stata costretta a farlo - ella questa Croce con Gesù l'ha certamente portata: l'ha portata così come poteva, come in quel momento era possibile farlo e come le dettava il cuore, ed ha asciugato il suo Volto. Questo particolare, riferito dalla tradizione, sembra anche facile da spiegare: sulla pezzuola con la quale gli ha asciugato il Volto, sono rimaste impresse le sembianze di Cristo. Proprio perché era tutto insanguinato e sudato poteva lasciare tracce e contorni. Però il senso di questo particolare può anche essere interpretato diversamente, se lo si considera alla luce del discorso escatologico di Cristo. Sono molti indubbiamente coloro che domanderanno: "Signore, quando mai abbiamo fatto questo?". E Gesù risponderà : " Tutto ciò che avete fatto a

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uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me" (cf. Mt 25, 37-40). Il Salvatore infatti imprime la sua somiglianza su ogni atto di carità , come sul lino della Veronica» (Giovanni Paolo II).

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Sotto la Croce…

Come Giovanni

«Stavano presso la croce di

Gesù sua madre, la sorella di

sua madre, Maria di Clèofa e

Maria di Màgdala. Gesù allora,

vedendo la madre e lì accanto a

lei il discepolo che egli amava,

disse alla madre “Donna, ecco il

tuo figlio! ”. Poi disse al

discepolo “Ecco la tua madre! ”.

E da quel momento il discepolo

la prese nella sua casa» (Gv 19, 25-27). La nostra vita, potremmo dire, è una interminabile sequenza di incontri. Incontri con altre persone che hanno avuto il pregio di cambiare la tua esistenza, incontri determinanti per la tua realtà affettiva, incontri di amicizia ecc. Ogni incontro, bello o brutto che sia, nella gioia o nel dolore, lascia in noi un segno indelebile e il ricordo si aggrappa a mille particolari: il luogo in cui è avvenuto l’incontro, l’ora, le persone che ti stavano accanto… Ai piedi della Croce, insieme alla Madre di Dio, quel giorno, c’era anche Giovanni, il discepolo prediletto, il più giovane tra gli apostoli. “Il Signore ha fatto grazia” questo

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è il significato ebraico del nome Giovanni. I figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, da subito, erano entrati a far parte del gruppo dei Dodici. Giovanni fu, probabilmente, uno dei primi a seguire Gesù. Adesso il giovane Apostolo sostava davanti al corpo martoriato del suo Signore. Le parole del Maestro dovevano echeggiare ancora nel suo cuore: “Chi vuol venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua…”. Il giorno in cui incontrò Gesù, le passeggiate in riva al Mare di Galilea, la pesca miracolosa, la chiamata degli altri apostoli, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la resurrezione di Lazzaro… erano immagini ancora nitide nella mente e nel cuore di Giovanni. Non era un sogno ciò che lui, insieme agli altri apostoli, aveva vissuto e la gioia che in Gesù aveva sperimentato. Non era un sogno nemmeno quella Croce presso la quale, adesso, Giovanni silenziosamente sostava raccogliendo le ultime parole e gli spasimi dell’amato maestro: «“Donna, ecco il tuo figlio! ”. Poi disse al discepolo “Ecco la tua madre! ”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa»”. Lasciare tutto ciò che nel mondo è garanzia e stabilità di vita (affetti familiari, lavoro, averi ecc.), «condividere» un cammino faticoso e imprevedibile custodendo nel cuore la certezza della fede. Questa era la vera sequela proposta da Gesù. Egli stesso, inchiodato sul legno del patibolo, stava già aprendo un varco per i suoi primi seguaci. La Croce, per ogni uomo che decide di seguire Cristo, è posta

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all’orizzonte di questo cammino; essa è visibile da qualsiasi angolatura ed possibile raggiungerla compiendo (analogamente a Cristo) un vero e proprio atto di affidamento e di abbandono nelle mani di Dio. “Ai suoi apostoli, che hanno lasciato ogni cosa per lui, non assicura né il vitto né l’alloggio, ma solo la condivisione del suo stesso modo di vivere” (F. X. van Thuan). «Secondo la tradizione, Giovanni è “il discepolo prediletto”, che nel Quarto Vangelo poggia il capo sul petto del Maestro durante l'Ultima Cena (cfr Gv 13,21), si trova ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (cfr Gv 19, 25) ed è infine testimone sia della Tomba vuota che della stessa presenza del Risorto (cfr Gv 20,2; 21,7). Sappiamo che questa identificazione è oggi discussa dagli studiosi, alcuni dei quali vedono in lui semplicemente il prototipo del discepolo di Gesù. Lasciando agli esegeti di dirimere la questione, ci contentiamo qui di raccogliere una lezione importante per la nostra vita: il Signore desidera fare di ciascuno di noi un discepolo che vive una personale amicizia con Lui. Per realizzare questo non basta seguirlo e ascoltarlo esteriormente; bisogna anche vivere con Lui e come Lui. Ciò è possibile soltanto nel contesto di un rapporto di grande familiarità, pervaso dal calore di una totale fiducia. E’ ciò che avviene tra amici; per questo Gesù ebbe a dire un giorno: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ... Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello

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che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,13.15)» (Benedetto XVI).

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Nella fede…

Come Maria

Maria aveva conservato tutto

nel suo cuore come dentro uno scrigno colmo di tesori: l’annuncio dell’angelo, la gioia dei pastori, fino all’ultima profezia del vecchio Simeone: «E anche a te una spada

trafiggerà l’anima». Ma ella incontra il Figlio piagato e sfigurato in ogni parte del suo

corpo, restituito al suo sguardo materno privo di ogni bellezza. «O voi tutti che passate per via, fermatevi e

osservate se c’è un dolore simile al mio dolore…» (Lam 1,12). Tutto sembra definitivamente perduto, ma la Madre di Dio ripete ancora nel suo cuore, con immutata fede, l’antico Fiat che ha permesso a Dio di incarnarsi per amore dell’uomo. Maria, sua Madre – «colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc

1,45) – accompagna con fiducia il Figlio sino alla Croce. La Vergine Maria è, dunque, colei che continua a rinnovare il “Sì” dell’Annunciazione consegnato all’Angelo. Tutta la sua esistenza sarà accompagnata da quel consapevole assenso. Ogni cosa è ormai rimessa nelle mani di Dio per essere trasformata, per diventare

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compimento e salvezza. Il silenzio di Maria e il suo dolore, nelle mani paterne di Dio, diventano preghiera, abbandono, contemplazione. “Simeone parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la

rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di

contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti

cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima». Sua

madre serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2, 34-

35. 51).

«La Madre. Maria incontra il Figlio sulla via della Croce. La croce di Lui diventa la croce di Lei, l'umiliazione di Lui è la sua, l'obbrobrio pubblico diviene quello di Lei. E` l'umano ordine delle cose. Così lo debbono sentire coloro che la circondano e così lo coglie il suo cuore: "...A te pure una spada trapasserà l'anima" (Lc 2, 35). Le parole dette quando Gesù aveva quaranta giorni si adempiono in questo momento. Esse raggiungono ora la pienezza totale. E Maria va, trafitta da questa invisibile spada, verso il Calvario di suo Figlio, verso il proprio Calvario. La devozione cristiana la vede con questa spada nel cuore e così la dipinge e scolpisce. Madre dolorosa! "O Tu che hai compatito con Lui!", ripetono i fedeli, consapevoli nell'intimo proprio così si deve esprimere il mistero di questa sofferenza. Benché questo dolore le appartenga e la tocchi nella stessa profondità della sua maternità, tuttavia la verità piena di questa sofferenza viene espressa con la parola compassione. Ella appartiene allo

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stesso mistero: esprime in qualche modo l'unità con la sofferenza del Figlio” (Giovanni Paolo II). Nel Vangelo si racconta l’incontro tra Simeone (un anziano a cui lo Spirito Santo aveva annunziato che prima di morire avrebbe visto il Messia) e la Vergine Maria che insieme a Giuseppe si reca al Tempio per la presentazione di Gesù. Simeone vede così Gesù (il Messia) e rivolgendosi a Maria profetizza: «E anche a te una spada trafiggerà l’anima». Chissà cosa avrà provato Maria nell’apprendere quelle parole che facevano presagire il peggio! Eppure la Vergine conserva tutto nel suo cuore, dove sono contenuti gli avvenimenti principali della sua vita. Verrà anche il giorno in cui Ella dovrà incontrare il volto sanguinante del figlio, piagato in ogni parte del suo corpo, restituito al suo sguardo materno privo di ogni bellezza. E quando tutto sembrerà definitivamente perduto, la Madre di Dio dovrà ripetere nel suo cuore, con immutata fede, l’antico atto di abbandono a Dio “Sia fatta la Tua

volontà”. Quante volte ci è accaduto di rivolgere a Dio il grido del nostro dolore!!! E quanto difficile è stato comprenderne il senso! “Anche a te Maria…”, anche a te Giovanna, anche

a te Giusy, anche a te Roberto ecc. una spada trafiggerà

l’anima.

A Lourdes – un luogo dove la sofferenza è un richiamo

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costante per ogni pellegrino - il nostro Pontefice ci ha ricordato: “Vi sono combattimenti che l’uomo non può sostenere da solo, senza l’aiuto della grazia divina. Quando la parola non sa più trovare espressioni adeguate, s’afferma il bisogno di una presenza amorevole: cerchiamo allora la vicinanza non soltanto di coloro che condividono il nostro stesso sangue o che ci sono legati con i vincoli dell’amicizia, ma la vicinanza anche di coloro che ci sono intimi per il legame della fede. […] Vorrei dire, umilmente, a coloro che soffrono e a coloro che lottano e sono tentati di voltare le spalle alla vita: volgetevi a Maria! Nel sorriso della Vergine si trova misteriosamente nascosta la forza per proseguire il combattimento contro la malattia e in favore della vita. Presso di lei si trova ugualmente la grazia di accettare senza paura né amarezza il congedo da questo mondo, nell’ora voluta da Dio” (Benedetto XVI). Tutto ciò può sembrare paradossale, il cristiano però attraverso la sua fede sa di essere stato creato per l’eternità. E’ come se il buon Dio sussurrasse ogni giorno al cuore dell’uomo: tu, non morirai mai!