Coltivatore Pavese 04_12

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Poste Italiane S.p.a. Spedizione in a. p. D.L.353/2003 convertito in L. 27/02/2004 n. 46 art.1 comma 1 DCB/PV Coldiretti Pavia all’inaugurazione della Bottega di Campagna Amica di Milano periodico di Coldiretti Pavia n.4 2012 ANNO 69 Cresce la filiera corta in Lombardia

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Coldiretti Pavia all’inaugurazione della Bottega di Campagna Amica

di Milano

periodico di Coldiretti Pavia

n.4 2012

ANNO 69

Cresce la filiera corta

in Lombardia

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in primo piano

SINDACALE

EPACA

VITIVINICOLO

ETICHETTOPOLI

BREVI

FISCALE

TERRANOSTRA

CAMPAGNA AMICAQuesto numero è stato chiuso in redazione il 16 maggio 2012

Il Coltivatore PaveseEdito dalla Federazione Provinciale COLDIRETTI PAVIA

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Fondo: impegno di Coldiretti nell’economico 5Aperta la prima Bottega di Campagna Amica milanese 6La pasta italiana vince la crisi 8Arriva la pasta italiana dal campo allo scaffale 9PAC: i ministri dell’agricoltura UE a confronto sulla’”agricoltore attivo” 10PAC bocciata dalla Corte dei Conti. 10Riorganizzazione Mipaaf: risparmio per 15,3 milioni di euro 11Accesso all’acqua 12Esporre le bandiere Coldiretti non comporta... 14Le coltivazioni OGM sono fuorilegge 15Latte sotto la soglia di 0,407; è solo un acconto 15Giuseppe Ghezzi 16Rinnovo cariche Co.Pro.Vi 17Il consiglio del CAP 17Made in Italy in fuga: anche Stock finisce all’estero 19Internazionalizzazione: 10 modi di dire vino 20

Impressioni da Cibus 21

Patto tra generazioni 32Un milione duecentomila coltivatori vivono con 600 euro al mese 33I collaboratori volontari del Patronato Epaca 33

(Col)direttamente nel bicchiere 22CEJA 23Controlli di filiera per i vini Doc e IGT 24Vinitaly: la burocrazia fa sparire 200mila bottiglie Doc al giorno 26Assicurazioni del raccolto 27Peronospora della vite anno 2008 27Promozione sui mercati dei paesi terzi 28Vino: i diritti di impianto non devono essere aboliti 30Dalla Lombardia a... 31

Pillole di Coldiretti 42

Le crisi da impulso all’eco-vacanza 38Agriturismo e vendita diretta: nuove disciplinari 39

Scuola di cuochi in fattoria 40

Terreni agricoli esclusi dalla revisione catastale 34Fiscalità delle aziende Agricole che producono energia 35IMU: gli edifici collabenti 36Case fantasma 36

SINDACALE

EPACA

VITIVINICOLO

ETICHETTOPOLI

BREVI

FISCALE

TERRANOSTRA

CAMPAGNA AMICA

inaugurata la Bottega di Milano

La pasta italianavince la crisi

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Giuseppe GhezziPresidente Coldiretti Pavia

FONDO

l’impegno di

nell’economicosolo per il bagaglio umano, storico e culturale che racchiude in sé ma anche per l’oggettivo rilievo economico che riveste per le imprese e per l’economia nazionale. Il progetto di Filiera Agricola tutta Italiana, concepito e perseguito da Coldiretti, va proprio in questo senso, nella direzione della salvaguardia di un made in Italy che si è conquistato l’alloro di “first brand” as-soluto nel mondo. Per difendere questo valore e trasferirlo alle imprese e ai cittadini occorre un’industria di trasformazione che non si pie-ghi alle politiche speculative e non ceda alle tentazioni truffaldine di normative confuse che consentono di ingannare produttori e consu-matori commercializzando falso made in Italy capace di sfruttare la forza del marchio trico-lore e sottrarre, da una parte utile e mercato alla vera agricoltura italiana e dall’altra raggi-rare il consumatore vendendo una cosa per l’altra. L’unica possibilità che rimane alla nostra agricoltura è di appropriarsi di quell’enorme spazio che intercorre nella filiera tra la produ-zione e il consumo, una sorta di terra di nes-suno dove oggi vale la legge del più forte. La nascita delle società di scopo di Coldiretti vuo-le riempire gradatamente quell’area che oggi assegna al produttore solo 17 su 100 speso dal consumatore. Il primo esempio è la pasta tutta italiana che di cui parliamo più avanti, ma im-mediatamente seguirà il riso, il latte, la carne e tutte le tipologie produttive di cui è ricco il Belpaese. Un progetto di grandissimo respiro che, mantenendo in Italia il valore intero della produzione e ridistribuendolo sul territorio tra la popolazione contribuirà a risollevare le sorti dell’intero Paese.

La stagione dell’agricoltura assistita è finita ormai da tempo e le leggi economiche dei mercati allargati rendono il sostegno all’at-tività dei campi sempre più difficoltoso. Le politiche dei governi centrali e la necessa-ria condivisione delle scelte relative agli in-vestimenti e la crisi imperante nel Vecchio Continente, tendono a rendere difficoltoso il mantenimento del livello contributivo nella misura cui siamo ormai abituati. Nella carenza di risorse, ogni categoria avanza richieste e confronta le proprie dotazioni con quanto riconosciuto alle altre. Il mon-do agricolo è numericamente in costante riduzione e il solo baluardo alla scomparsa del contributo pubblico è rappresentato dalla funzione ambientale svolta dall’a-gricoltore. Le motivazioni che ci inducono a reclamare sostegni all’attività agricola, sacrosanti per la nostra categoria, sono in realtà discutibili per gli altri comparti. Sebbene questa visione sia contestata e contrastata dal mondo agricolo in forza sia della valenza ambientale, sia della ricono-sciuta necessità di dover evitare l’assoluta dipendenza alimentare, la tendenza del-la politica comune è di andare verso una progressiva riduzione del sostegno. Tale sostegno, con l’allargamento della Comu-nità ha subito un forte impulso alla contra-zione e in virtù di un dichiarato intento di parificazione tra gli Stati membri penalizza in particolare quei Paesi come l’Italia che hanno nell’agricoltura un punto di forza. Tuttavia, l’enorme valore della nostra agri-coltura deve essere salvaguardato, non

Coldiretti

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In Lombardia le vendite dirette hanno creato mille posti di lavoro negli ultimi 4 anni, con una media di 250 all’anno. Fra dipendenti esterni, collaboratori famigliari e titolari si arriva a una massa di 3 mila persone. È quanto emerge da un’elaborazione di Coldiretti Lombardia sulla banca dati di Campagna Amica, la fondazione di Coldiretti per la diffusione dei prodotti agroalimentari italiani, presentata in occasione dell’inaugurazione a Milano della prima Bottega di Campagna Amica, alla quale ha preso parte il presidente della Coldiretti Sergio Marini. “Mentre il Paese si interroga su come crescere noi abbiamo pensato di farle le cose - ha spiegato Marini - e con le Botteghe di Campagna Amica abbiamo creato dei nuovi percorsi di vendita diretta che danno maggior vantaggio ai produttori e ai consumatori, ma che rappresentano anche un’occasione di occupazione e di sviluppo e una risposta ai problemi della contraffazione del made in Italy e dell’eccessiva lunghezza e inefficienza delle filiere”. “Nelle Botteghe - ha aggiunto il presidente di Coldiretti - c’è un marchio unico di proprietà degli agricoltori e dei consumatori italiani che assicura che il prodotto è del territorio ed è sicuramente italiano. Una filiera dove l’agricoltore è protagonista poiché non ci sono altri soggetti che non siano agricoltori. Ma le Botteghe sono anche un’opportunità per creare nuova concorrenza in un segmento dell’agroalimentare dove c’è sempre più concentrazione, con tutto nelle mani di pochi soggetti, oltre che una buona soluzione sul mercato interno per ridare speranza e fiducia alle nostre imprese. Dentro l’agricoltura italiana, dentro il cibo italiano c’è un pezzo del futuro del paese”. “L’inaugurazione e l’apertura al pubblico della prima Bottega Campagna Amica di Cascina Cuccagna - ha dichiarato il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia partecipando all’inaugurazione - rappresentano un valore aggiunto per l’intera città e per Expo 2015. Questo spazio, è un punto di riferimento per chi pur vivendo in una grande metropoli come Milano non vuole rinunciare al contatto con la terra e all’utilizzo di prodotti a km0. Milano, considerata da tutti la capitale economica del Paese, è anche la seconda città agricola d’Italia. Bottega Campagna Amica è da oggi un nuovo luogo dove poter trovare la sintesi di uno stile di vita ‘amico del territorio’, che ha coniugato cibo sano, agricoltura di prossimità e tradizioni”.

Dalla vendita diretta 1.000 posti anti-crisi

n.4 2012 | 6

| 7SINDACALE

Aperta la prima Bottega di Campagna Amica milanese

La pasta è presente tutti i giorni sulle tavole di dieci milioni di italiani e ritorna a essere nel pieno della crisi un prodotto di punta nella nostra alimentazione tanto che nel 2012 si è registrato un aumento nelle vendite pari al 4,7 per cento. è quanto emerge da un’analisi di Coldiretti, Legacoop Agroalimentare e Coop diffusa in occasione della presentazione della ‘prima pasta tutta italiana dal campo allo scaffale’. Gli italiani sono i maggiori consumatori mondiali con circa 26 chili per persona nell’ultimo anno, una quantità che è stata tre volte superiore a quello di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quello di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quello di un giapponese. Nel podio dei mangiatori di pasta salgono - precisano Coldiretti, Legacoop Agroalimentare e Coop - l’Italia con i 26 chili all’anno a testa, il Venezuela con 13 chili all’anno a testa e la Tunisia con 12 chili all’anno a testa. In Italia sono consumati oltre 1,5 milioni di tonnellate di pasta, per un controvalore di 2,8 miliardi di euro.L’Italia è leader anche nella produzione con 3,2 milioni di tonnellate superiore a quella degli Stati Uniti (2 milioni di tonnellate), del Brasile (1,3 milione di tonnellate) e della Russia (858 mila tonnellate). In altre parole un piatto di pasta su quattro consumato nel mondo è fatto in Italia. Nel corso del 2011 sono aumentate dell’8 per cento le esportazioni in valore di pasta italiana nel mondo ma un aumento record del 60 per cento si è verificato in Cina dove

comunque la domanda resta contenuta. La pasta italiana è entrata nelle abitudini alimentari in tutti i continenti con 2 miliardi di valore dell’export anche se i consumatori più appassionati di pasta italiana sono i tedeschi, seguiti nell’ordine dai francesi, dagli inglesi, dagli statunitensi e dai giapponesi. La riscossa della pasta ha trainato anche le semine di grano duro in Italia che avrebbero fatto segnare nel 2012 un incremento di circa 150 mila ettari (+13% su base annua), ammontando complessivamente a 1,35 milioni di ettari, sulla base di una indagine Ismea. A livello regionale si stimano aumenti consistenti in Puglia e nelle Marche (+15 per cento circa) e in Sicilia (+20 per cento) mentre in controtendenza sarebbe invece la Basilicata dove gli ettari avrebbero subito una contrazione di circa il 10 per cento. L’italianità della pasta è considerata il vero valore aggiunto del prodotto secondo un sondaggio online condotto dal sito. Nella scelta della pasta il 56 per cento considera infatti fondamentale l’italianità, il 26 per cento il formato, l’11 per cento il prezzo piu’ basso e solo il 7 per cento la marca famosa.

n.4 2012 | 8

Da un’analisi di Coldiretti, Legacoop

Agroalimentare e Coop si registra un +4,7% delle

vendite, +8% per l’export e un Boom in Cina: +60%

Gli italiani hanno consumatocirca 26 kg di pasta per persona

nell’ultimo anno

La pasta italiana vince la crisi

Con la crisi arriva la prima pasta tutta italiana dal campo allo scaffale, che valorizza esclusivamente il territorio, il grano e il lavoro degli italiani, ma è soprattutto il frutto della prima esperienza innovativa di co-imprenditorialità che taglia la filiera e garantisce una più equa ripartizione del valore aggiunto generato da un prodotto di una superiore bontà, qualità e sicurezza. L’iniziativa è di Coldiretti, Coop e Legacoop Agroalimentare che hanno scelto il prodotto-simbolo della cucina nazionale per avviare una collaborazione senza precedenti, con l’obiettivo di dimostrare come mettendo a sistema gli elementi distintivi del Paese si possano trovare occasioni di crescita trasformando dichiarati punti di debolezza in altrettanti punti di forza. Una sorta di “compromesso storico” della tavola tra soggetti a volte antagonisti lungo la filiera che nell’interesse generale hanno deciso però di mettere insieme le risorse migliori dell’Italia e degli italiani: 100 per 100 italiano è il grano, 100 per 100 italiani sono i luoghi di produzione e vendita, 100 per 100 italiani sono gli imprenditori, le più grandi organizzazioni dei produttori agricoli e della distribuzione italiana. La nuova pasta ha un enorme impatto ambientale, economico e nutrizionale. La produzione nazionale della materia prima e la sua lavorazione esclusivamente in Italia consente di salvare dall’abbandono interi territori situati in aree difficili nel sud del Paese, ma anche di garantire occupazione e reddito ad agricoltori e lavoratori in un momento di crisi. Tra gli importanti attori del progetto c’è infatti il pastificio Cerere del Consorzio Agrario Lombardo Veneto situato in provincia di Enna nel cuore della Sicilia da dove viene il grano che sarà pagato agli agricoltori ad un prezzo premiante per il produttore sulla base dell’accordo di co-imprenditorialità. “In un momento in cui il Paese sta cercando nuove strade per tornare a crescere noi offriamo una esperienza concreta nell’agroalimentare, leva competitiva che mette a sistema le straordinarie capacità imprenditoriali e le potenzialità dei nostri territori, a cominciare da quelle inespresse del mezzogiorno” afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “l’Italia costruirà il proprio futuro tornando a fare l’Italia, ovvero valorizzando al meglio quello che ha già di unico e di esclusivo, a cominciare dal cibo”. L’origine del grano è un vantaggio anche per i consumatori

per la maggiore qualità complessiva e il minore contenuto di aflatossine, classificate potenzialmente cancerogene, che aumentano con i lunghi trasporti nel grano importato e la conservazione in ambienti umidi, come ha confermato il nutrizionista Giorgio Calabrese. La pasta di altissima qualità della filiera agricola italiana nasce dal grano coltivato nei campi degli agricoltori della Coldiretti e arriva negli scaffali degli oltre 1400 punti vendita di Coop con il marchio unico 100 % Italia: 5 formati di pasta di grano duro trafilata al bronzo, essiccazione lenta, qualità ottima, no ogm. Il primo di una linea che a regime includerà altri prodotti eccellenti della tradizione gastronomica italiana. Non è un caso che a cucinare per la prima volta la pasta sia stato scelto uno chef italianissimo, un maestro della cucina di casa nostra come Massimo Bottura. E a sancire l’inizio di una collaborazione che vede come co-protagonisti le più importanti organizzazioni dei produttori e dei consumatori italiani la presenza del Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania. Tra gli altri co-protagonisti il CSQA, l’ente di certificazione indipendente che ha il compito di tracciare l’intera filiera e che ha guidato i tre protagonisti del progetto nel percorso di coinvolgimento che ha permesso di giungere alla definizione concordata del prezzo minimo equo da pagare agli agricoltori. Ovvero un prezzo adeguato sia per gli investimenti effettuati sia per la remunerazione del lavoro e dei mezzi di produzione. Per gestire nel tempo il progetto inoltre è attivato un Comitato di Gestione della Filiera in Coimprenditorialità a cui spetta anche la decisione sul reinvestimento degli utili al singolo agricoltore che il prezzo del grano coprirà in ogni caso i costi di produzione e al consumatore di acquistare la migliore qualità al giusto prezzo.

SINDACALE | 9

Accordo Coldiretti-CoopArriva la pasta italiana dal campo allo scaffale

n.4 2012 | 10

Primo scambio ufficiale di opinioni tra i ministri dell’agricoltura dell’Ue sul futuro della Pac nell’ultima riunione di Consiglio, sulla base di un questionario elaborato dalla Presidenza sui principali elementi della proposta della Commissione europea relativa ai pagamenti diretti. In particolare il dibattito si è incentrato sulla definizione di “agricoltore attivo”, a fronte della proposta della Presidenza danese rivolta a dare maggior discrezionalità agli Stati membri, il commissario Dacian Ciolos ha proposto l’istituzione di una “lista negativa” delle categorie dei non aventi diritto a percepire i pagamenti diretti, ribadendo la necessità di mantenere un approccio comunitario. La Presidenza, nelle conclusioni, ha riscontrato un ampio sostegno alla sua proposta relativa all’agricoltore attivo, unitamente alla lista negativa proposta dalla Commissione. In merito alla proposta in favore ai “giovani agricoltori” e ai “piccoli agricoltori”, le delegazioni sono state invitate a valutare il contenuto e il carattere vincolante dei regimi proposti. Il Commissario ha ribadito la necessità di mantenere un

carattere obbligatorio della proposta per i giovani agricoltori, mentre in merito ai piccoli agricoltori, la Presidenza danese ha riscontrato un sostegno generalizzato alle proposte della Commissione, con una maggioranza delle delegazioni per un’applicazione volontaria. In seguito la Presidenza ha invitato le delegazioni a fare osservazioni sull’impatto, il ritmo e i tempi previsti della proposta sulla “convergenza interna”, riscontrando una maggioranza delle delegazioni a favore di un allungamento del periodo di convergenza e a porre dei limiti alla redistribuzione degli aiuti. In merito al “capping”, alla richiesta della Presidenza rivolta a migliorare la proposta per garantire un modello più semplice, le delegazioni si sono espresse per l’applicazione di una modulazione forfettaria del lavoro. Infine una sostanziale convergenza è stata riscontrata fra le delegazioni, riguardo alle proposte della Commissione sul sostegno accoppiato facoltativo e sulle zone svantaggiate. La Presidenza ha concluso che il dibattito proseguirà nel Consiglio di maggio, con l’esame delle proposte concernenti il “greening” e a giugno, con l’esame delle proposte riguardanti lo “sviluppo rurale”. Sull’esito delle discussioni e sui primi elementi di compromesso la Presidenza presenterà un resoconto nella riunione di giugno.

PAC: i ministri dell’agricoltura

Occorre lavorare per superare le criticità della riforma a partire dalla necessità di fare in modo che l’agricoltore attivo, destinatario principale delle risorse comunitarie, sia quello professionale, cioè quello che lavora e vive di agricoltura e che sarebbe spinto all’abbandono dalla riduzione del sostegno. È quanto afferma la Coldiretti in riferimento al parere della Corte dei conti europea che, esaminando i progetti di regolamento della Commissione europea per la riforma della Pac, ha sottolineato tra l’altro che “in merito all’intento della Commissione di destinare i pagamenti a titolo della Pac agli

“agricoltori in attività” la Corte ritiene che permanga il rischio che, in futuro, i pagamenti possano ancora essere eseguiti anche a favore di beneficiari che non esercitano alcuna attività agricola”. Si tratta, secondo Coldiretti, di una esigenza sollevata anche nel documento firmato da tutte le organizzazioni italiane, ma va anche raccolto l’invito ad una maggiore attenzione all’inserimento dei giovani agricoltori dai quali dipende il futuro dell’agricoltura europea.

PAC bocciata dalla Corte dei Conti. Coldiretti: “le risorse vadano a veri agricoltori”

dell’Ue a confronto sull’“agricoltore attivo”

SINDACALE | 11

Riduzione significativa della struttura ministeriale: i dirigenti di seconda fascia passano da 77 a 62, mentre il personale delle aree impiegatizie passa da 1.896 a 1.539 unità. Queste alcune tra le principali novità della riorganizzazione del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che è entrata in vigore dal 1 maggio 2012. Con lo stesso provvedimento, ispirato a criteri di efficienza ed efficacia funzionale ed operativa, vengono decise anche significative modifiche strutturali rispetto al precedente assetto, pur essendo confermata l’articolazione in tre dipartimenti.1. Il Dipartimento delle politiche europee ed internazionali assume la denominazione di Dipartimento delle politiche europee ed internazionali e dello sviluppo rurale ed ha le seguenti funzioni:- in un’ottica di razionalizzazione e coordinamento delle funzioni

collegate alle materie comunitarie, la Direzione generale dello sviluppo rurale viene trasferita all’interno di questo dipartimento e riceve dalla ex Direzione generale dello sviluppo agroalimentare e della qualità le competenze in materia di credito agrario e meccanizzazione;

- la Direzione generale delle politiche internazionali e dell’Unione europea amplia le proprie competenze

con le seguenti:• l’esercizio delle attribuzioni statali in materiaalimentare;

• le attività concernenti il Codex alimentarius(FAO-OMS);

• lagestionedegliaccordiinternazionaliinmateriadirisorsebiologiche;

• la gestione delle attività ministeriali in sedeUNESCO;

• laregolamentazionecomunitariaconcernentelaraccoltadati.

• gliaccordiconPaesiterzi;• lemisureconnesseallapoliticadeimercati.

2. Il Dipartimento delle politiche competitive delmondoruraleedellaqualitàassumeladenominazionedi Dipartimento delle politiche competitive, dellaqualitàagroalimentareedellapescaecomprendeoraanche laDirezionegeneraledellapescamarittimaedell’acquacoltura, alla quale sono state attribuite lecompetenzerelativealleattivitàdicontrolloevigilanzadi tutte laautoritàdicontrollonazionalicompetentiper il rispetto delle norme della politica comunedellapesca,raccolta,trattamentoecertificazionedeidati sulle attivitàdipesca. TaleDipartimento risultapertantoarticolatoin3Direzionigenerali:- la Direzione generale per la promozione dellaqualitàagroalimentare;

- la Direzione generale degli affari generali, dellerisorseumaneeper i rapporticon le regionieglientiterritoriali;

- la Direzione generale della pesca marittima edell’acquacoltura.

3. Il Dipartimento dell’Ispettorato centrale dellatutela della qualità e repressione frodi dei prodottiagroalimentari vede modificate al suo interno lecompetenzetraleduedirezionigenerali:- laDirezionegeneraledellavigilanzaper laqualitàe la tutela del consumatore assume il nome diDirezione generale per il riconoscimento degliorganismidicontrolloecertificazioneetuteladelconsumatore e riceve la funzione di “avvio dellaprocedura di esecuzione forzata delle ordinanze-ingiunzionimedianteemissionedeiruoli”;

- la Direzione generale della prevenzione erepressione frodi assume il nome di Direzionegeneraledellaprevenzioneedelcontrastoallefrodiagro-alimentari e riceve la funzione di “vigilanzasugli organismi pubblici e privati di controllonell’ambitodeiregimidiproduzioniagroalimentaribiologiciediqualitàregistrata”.

ContestualmenteilConsiglionazionaledell’agricoltura,dell’alimentazioneedellapescavienesciolto.Conlastessanorma,infine,icompitideisoppressiComitatoNazionaleItalianoperilcollegamentotrailGovernoelaFAO,edelCentroperlaFormazioneinEconomiaePoliticadelloSviluppoRuralesonostatiriassorbitidallestruttureministeriali.

Riorganizzazione Mipaaf: risparmi per 15,3 milioni di euro

PAC bocciata dalla Corte dei Conti. Coldiretti: “le risorse vadano a veri agricoltori”

n.4 2012 | 12

Nel mondo l’accesso all’acqua potabile non solo è grave-mente insufficiente sul piano della quantità ma lo è anche dal punto di vista della qualità. Le cifre reali sulla situazione odierna sono davvero allarmanti. Adottando una definizio-ne ponderata di accesso all’acqua - un accesso regolare e costante ad acqua potabile che sia accessibile economica-mente, legalmente e di fatto, e che sia accettabile dal punto di vista della fruibilità -, la realtà descritta da alcuni studi è ancor più preoccupante: 1,9 miliardo di persone avreb-bero a loro disposizione solo acqua insalubre, mentre 3,4 miliardi di persone utilizzerebbero saltuariamente acqua di qualità insicura. Secondo queste ultime statistiche, l’acces-so all’acqua potabile non verrebbe, in definitiva, garantito a circa la metà della popolazione mondiale. Il quadro appare ancor più negativo e scoraggiante se si aggiunge che da una simile situazione sembra si possa uscirne solo in tempi lunghi. E ciò fondamentalmente perché l’84% delle perso-ne prive di regolare accesso all’acqua potabile vive in zone rurali, ossia in zone in cui, per vari fattori – lontananza del-le comunità e costo delle infrastrutture – è improbabile un netto e rapido miglioramento rispetto ai problemi che le at-tanagliano. E, inoltre, perché, oltre ad un miliardo di perso-ne non avranno accesso, in tempi brevi, a quei servizi igie-nici e a quella depurazione che sono essenziali nei processi di riuso dell’acqua e nel contrasto a possibili pericoli per la salute umana, causati dall’acqua inquinata o stagnante. « L’assenza di servizi igienici e di adeguati sistemi di depura-zione – si legge nella Nota - è una seria minaccia per l’am-biente specie nelle grandi città a forte densità abitativa, in quanto elevate quantità d’acqua inquinata vengono river-sate nell’ambiente, in uno spazio limitato». Con riferimento alla realizzazione dell’obiettivo di un sufficiente accesso per tutti all’acqua potabile in quantità e qualità adeguate, a fronte di una richiesta crescente di acqua a livello mondiale e alla diminuzione crescente di un tale bene indispensabile, a motivo di molteplici ragioni, la Nota evidenzia l’urgenza: a) del superamento di una visione mercantile dell’acqua: «Una visione e un comportamento eccessivamente mer-cantili possono portare a programmare investimenti per infrastrutture solo in zone dove appare redditizio realizzar-le, ossia dove appare proficuo, là dove abitano numerose persone. Esiste il rischio di non percepire i propri fratelli e sorelle come esseri umani aventi il diritto ad un’esisten-za dignitosa bensì di considerarli come semplici clienti. Un tale approccio mercantilistico induce a creare in alcuni casi una dipendenza non necessaria (da reti, da procedure, da burocrazie, da brevetti) e predispone a fornire l’acqua solo a chi è in grado di pagarla. Altro limite dell’approccio mer-cantile della gestione dell’acqua (e di altre risorse naturali) è quello di curare e salvaguardare l’ambiente assumendosi le proprie responsabilità solo se e quando ciò è economi-camente conveniente»; b) di tutelare e promuovere il diritto all’acqua per tutti con un apposito inquadramento giuridi-co e con adeguate istituzioni nazionali ed internazionali che permettano di definire chiaramente le responsabilità, di stabilire in quali circostanze il diritto non è garantito e che consentano di denunciare e chiedere riparazione in

caso di mancato rispetto di esso; c) di una visione integrata e multi-livello nella ricerca delle soluzioni, sorretta da apposite strutture internazionali, che attualmente appaiono insufficienti. Infat-ti, non è possibile cercare, e ancor meno trovare ed attuare, soluzioni alla questio-ne dell’acqua considerandola come indi-pendente da altre problematiche concer-nenti lo sviluppo, e nemmeno limitandosi ad un unico livello di intervento. L’acces-so all’acqua è, infatti, condizionato spes-so dal sottosviluppo e dall’insufficiente grado di informazione e di educazione, nonché da una tecnologia insufficiente, ma anche da conflitti e da illegalità.

Alcuni dati preoccupanti e modalità di approccio

SINDACALE | 13

Accesso all’acqua

I cattolici si interrogano

quantitativi e qualitativi di accesso all’acqua, e offrono criteri che aiutano a promuovere legislazioni nazionali per-tinenti: a) compiano un’opera di monitoraggio degli Stati rispetto ad impegni presi sul piano internazionale; b) favo-riscano molteplici forme di cooperazione: la cooperazione scientifica e il trasferimento di tecnologie; la cooperazione amministrativa e manageriale; c) contemplino autorità a livello regionale e transfrontaliero, competenti per una ge-stione congiunta, integrata, equa, razionale e solidale delle comuni risorse; prevedano, inoltre, corti di giustizia abilita-te alla ricezione di reclami da parte di coloro il cui diritto all’acqua non è garantito; d) orientino i mercati finanziari e monetari a vivere effettivamente la loro responsabilità sociale e ambientale, di modo che con le loro operazio-ni non danneggino il bene pubblico che è l’acqua; e) non siano aprioristicamente contrarie a politiche di collabora-zione pubblico privato che, mentre garantiscono gestioni efficienti dei servizi relativi all’acqua, non ne impediscano la destinazione universale e nemmeno ne pregiudichino la funzione pubblica. A questo proposito appare di notevole importanza il richiamo della Nota circa la responsabilità ul-tima della società civile rispetto alle stesse classi politiche, specie nel caso decidano modalità di gestione dei servizi relativi all’acqua che finiscono per essere troppo costose per i cittadini o dannose per la salute: «L’autorità politica – si legge nella Nota, che rammenta il «primato» di questa in ragione della sua responsabilità nei confronti del bene comune -svolge bene il suo compito se nella tutela e nella promozione del diritto all’acqua valorizza l’apporto del-la società civile e la sollecita ad organizzarsi. La corretta gestione del bene pubblico che è l’acqua si attua secon-do solidarietà e sussidiarietà. La società civile conserva la responsabilità ultima per cui, quando la comunità politica non si mostra in grado di svolgere il suo compito, deve mobilitarsi affinché ciò avvenga»; f) favoriscano politiche basate sulla solidarietà e sulla giustizia intergenerazionali ed infragenerazionali; ossia politiche che promuovano la sobrietà e la moderazione nei consumi nei Paesi avanzati, l’equa distribuzione dell’acqua, la suddivisione equa degli investimenti necessari allo sviluppo e a promuovere l’at-tuazione del diritto all’acqua. I Paesi in via di sviluppo e le economie emergenti devono contribuire a tali investimen-ti, in proporzione alle loro possibilità, affiancandosi così ai tradizionali Stati donatori. La comunità internazionale, dal canto suo, è chiamata ad adottare modalità innovative di finanziamento. Tra queste può essere inclusa quella rappre-sentata dai capitali ricavati da un’eventuale tassazione sulle transazioni finanziarie.

La Santa Sede, a fronte di un problema globale, che mette

a repentaglio il destino di molti, invoca, come già accennato, una go-

vernance internazionale. Si tratterebbe di un necessario coordinamento ed orientamento, richiesti dal bene comu-ne mondiale. Infatti, quest’ultimo ha tra le sue condizioni di concretizzazione storica la salvaguardia e la promozione del diritto all’acqua per tutti i popoli. A tutti dev’essere consentito un accesso regolare ed adeguato ad un tale «bene pubblico» o «comune» fondamentale. A bisogni globali possono rispondere istituzioni parimenti globali. Ossia, isti-tuzioni che, mentre indicano standard

L’impegno della comunità internazionale

Le bandiere di Coldiretti, esposte da un imprenditore che di tale organizzazione sia socio, non rappresentano un mezzo di comunicazione, assoggettabile all’imposta di pubblicità, non essendo assolutamente idoneo a costituire un adeguato messaggio pubblicitario, in assenza totale di riferimenti oggettivi all’azienda dell’imprenditore che le espone ed ai suoi prodotti e/o servizi. Con tali motivazioni, la Commissione tributaria provinciale di Arezzo (sentenza n. 53/5/12 depositata il 22 marzo 2012) ha accolto il ricorso presentato dal titolare di un’azienda agricola che, in qualità di socio della Coldiretti, aveva esposto all’interno della medesima quattro bandiere recanti il logo e la dicitura Coldiretti, a testimonianza di una condivisione di valori, principi ed ideali che riconosce come propri. Questa forma di partecipazione, espressa mediante un veicolo di comunicazione ideologica quali sono appunto le insegne, aveva indotto il Comune di Arezzo a ritenere, invece, che il messaggio in esse contenuto (logo e semplice dicitura dell’organizzazione) rappresentasse comunque un mezzo espressivo di un’attività economica, avente finalità lucrativa, suscettibile di assoggettamento all’imposta di pubblicità. Pertanto, aveva notificato alla parte ricorrente un avviso di accertamento per il recupero dell’imposta relativa all’anno 2010. In sede di ricorso, il contribuente aveva sostenuto l’insussistenza dei presupposti del tributo rilevando quanto poi condiviso dalla Commissione e cioè che le bandiere, nel caso di specie, non recano alcun messaggio di tipo economico riferito sia all’attività di impresa esercitata da chi le espone che ai prodotti provenienti dalla medesima attività. È opportuno, a tale riguardo, osservare che il comportamento tenuto nella circostanza dal titolare dell’azienda non può essere inteso come una volontà di migliorare la propria immagine, quanto piuttosto di testimoniare, come già detto, una condivisione della “ideologia” propria dell’organizzazione di categoria cui la bandiera stessa si riferisce. Se valesse la tesi contraria, sulla quale si è fondato l’accertamento del Comune di Arezzo, bisognerebbe considerare al pari di un messaggio pubblicitario qualsivoglia vessillo o mezzo di altro genere con il quale un imprenditore intenda manifestare la propria vicinanza ad un ideale politico (es. bandiera riportante il simbolo di un partito politico o semplicemente raffigurante il volto di un personaggio collegato ad una certa ideologia politica) ovvero la propria simpatia per una società sportiva (es. la bandiera raffigurante il simbolo di una squadra di calcio).La sentenza, unica nel suo genere, è di particolare importanza poiché costituisce un precedente per la soluzione di casi analoghi.

Esporre le bandiere Coldiretti non comporta il pagamento

della tassa sulla pubblicità

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| 15 SINDACALE

Sono fuorilegge le coltivazioni di mais geneticamente modificato piantate in Friuli. A stabilirlo è stata la Cassazione nelle motiva-zioni della sentenza 11148, che costituisce il primo e atteso ver-detto sul biotech. “Ora occorre valutare il giusto risarcimento dei danni al patrimonio ambientale ed alimentare nazionale provocati dalla contaminazione per la semina illegale. È stata giustamente condannata una vera aggressione al Made in Italy denunciata con forza dalla mobilitazione insieme alle associazioni ambientaliste e dei consumatori”. Ad avviso della magistratura, i semi Ogm an-che se muniti di autorizzazione al commercio, in quanto iscritti al catalogo comunitario dei sementi geneticamente modificate, non possono comunque essere piantati sul territorio italiano senza le apposite autorizzazioni ministeriali e il rispetto di determinate

Coldiretti invita le proprie aziende a considerare acconto qualsiasi liquidazione inviata dall’industria casearia sotto allo 0,407 stabilitoLe stalle sono in fibrillazione, scaduto l’accordo con Italatte che stabiliva 40,7 centesimi al litro da gennaio a marzo 2012 e che ha fatto da riferimento per le intese siglate in seguito, ora ci troviamo di fronte alle industrie casearie che unilateralmente intendono ridurre il prezzo del latte. “Si tratta – protesta Giuseppe Ghezzi, presidente della Coldiretti di Pavia - di pretese che non hanno alcuna motivazione oggettiva, visto che i consumi si mantengono su buoni livelli e le quotazioni, da una parte del il Grana Padano, la cui lavorazione assorbe quasi il 50 per cento del latte lombardo e dall’altra quelle dei formaggi molli non hanno segnato alcuna riduzione, sia all’ingrosso, sia al dettaglio. Ci troviamo per l’ennesima volta di fronte ad un tentativo di speculazione sulla qualità della produzione della nostra zona. In un momento come questo, in cui le aziende agricole devono fare fronte a sempre maggiori tasse, a costi dell’energia in continua crescita e all’incognita legata alla Direttive

Nitrati, una riduzione del prezzo del latte sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso con conseguenze imprevedibili. Sono in corso valutazioni approfondite rispetto ad iniziative di tutela degli allevatori, nel frattempo, Coldiretti esorta i propri associati che stanno ricevendo dagli industriali liquidazioni inferiori al prezzo di 0,407 ad emettere esclusivamente fattura a titolo di acconto sul futuro saldo a integrazione”. “Occorre ricordare – prosegue Ghezzi – che si rischia di incrinare, una delle colonne portanti dell’economia regionale e nazionale: il latte lombardo, infatti, con i suoi 4 milioni e mezzo di tonnellate rappresenta più del 40 per cento di tutto il latte italiano e la sua produzione coinvolge oltre 6.400 aziende (su quasi 39 mila a livello italiano) che danno lavoro – si stima – a circa 13 mila persone. Un comparto importante anche per Pavia, se non per quantità sicuramente per qualità con circa 100 stalle di cui sessantadue associate a Coldiretti e circa 250 addetti”.

procedure. “La disciplina co-munitaria – si legge nel documento - si occupa di tutelare l’ambiente, la vita e la salute di uomini, animali e piante, ma consente alla normativa interna la possibilità di adottare le misure più opportune per limitare gli effetti economici connessi alle potenziali-tà diffusive degli Ogm e, quindi, non compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale in modo da ga-rantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale”.

La Cassazione conferma:

Latte sotto la soglia di 0,407; è solo un acconto

le coltivazioni Ogm sonofuorilegge

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Giuseppe Ghezzi

Presidente, incomincia un mandato impegnativo, quali sono gli obiettivi che intende perseguire.

A distanza di poche settimane, abbiamo già delineato alcune delle prossime strategie operative su cui si muoverà il Cap a livello locale, anche se, parlando degli obiettivi più ambiziosi, la nostra intenzione è quella di una piena adesione al progetto di costruzione di una vera e propria rete nazionale necessaria per dare maggior valore al sistema dei Consorzi Agrari, con l’obiettivo di far diventare le oltre 1200 agenzie e i suoi 500 magazzini cereali una grande piattaforma logistica infrastrutturale per il prodotto italiano firmato dagli agricoltori, ottimizzando l’approvvigionamento di mezzi

tecnici, fornendo servizi che vanno da quelli commerciali a quelli finanziari a carattere creditizio e assicurativo.

In questo ultimo anno il ruolo dei Consorzi agrari ha effettivamente avuto una straordinaria accelerazione con il coordinamento del vostro sistema nazionale. Ci può dire qualcosa di più?

Il mondo sta cambiando in fretta. Nuovi poteri si vanno formando e le Associazioni di categoria non possono restare ferme, ancorate a vecchi schemi. Oggi non c’è più nulla che permette di vivere di

Abbiamo intervistato Giuseppe Ghezzi, presidente di Coldiretti Pavia, dal 29 aprile alla guida anche del Consorzio Agrario di Pavia, storica struttura cooperativa al servizio del mondo agricolo pavese.

| 17SINDACALE

rendita e soprattutto è definitivamente tramontato quel modello di rappresentanza che considerava centrale il rapporto con la politica per risolvere i problemi del settore. Dobbiamo lavorare per una rappresentanza che cerca di comprendere i bisogni del cittadino consumatore, dal quale dipende il successo delle imprese. Se da un prodotto agricolo indifferenziato si passa a un soggetto che produce cibo, la rappresentanza deve conseguentemente guardare all’intera filiera e, da qui, interloquire col consumatore.

Lei ha parlato di rappresentanza, ma la governance del Consorzio Agrario di Pavia è delineata esclusivamente da Coldiretti. Qual è stato il motivo di questa scelta?

In segno della totale trasparenza nei confronti di tutti i Soci, non posso nascondere che si è trattato di una scelta unilaterale da parte delle altre Organizzazioni, che hanno deciso di “stare fuori” da questa storica struttura della nostra provincia. Si tratta ovviamente di una scelta che rispettiamo, anche se certamente non la condividiamo, ma ci auguriamo che non sia in chiave di avversione alla struttura stessa e comunque tale da ostacolarne il risanamento di una cooperativa indispensabile per la nostra agricoltura. L’auspicio è che tutti continuino ad adoperarsi, così come ad oggi, per avere un Consorzio Agrario sempre più moderno e competitivo, che ritorni ad essere di gratificazione per i Soci in grado di ridurre concretamente i costi aziendali in maniera strutturale e duratura.

In questo contesto come cambia il ruolo di Coldiretti?

Coldiretti, dopo oltre quindici anni di commissariamento del CAP, si è assunta l’onere e l’onore di governare questa storica ed indispensabile struttura del mondo agricolo pavese. Da parte nostra, ci siamo rimboccati le maniche, come dimostrano i passi da gigante che abbiamo fatto in pochi anni. Io per primo mi sono voluto impegnare in prima persona, mettendoci la faccia e coinvolgendo tutta quanta l’Organizzazione, nella consapevolezza che in un momento storico come quello attuale, in cui nessuno si prende più la responsabilità di decidere, fosse necessario dare dei segnali forti di cambiamento.

Ma, molto concretamente, quali sono “i numeri” di questo sistema?

Quella dei Consorzi Agrari d’Italia è una holding degli agricoltori italiani che sviluppa un fatturato di 3 miliardi di euro su 1300 punti di vendita ai quali fanno riferimento 300mila imprese agricole ed un numero crescente di cittadini interessati dall’acquisto di prodotti alimentari della filiera agricola italiana, e ad essa fanno capo quattro diverse società attive, rispettivamente: nel trading, nella gestione dei punti vendita, nella trasformazione industriale e nella gestione del patrimonio immobiliare.

Dallo scorso anno c’è però una novità, con la possibilità di allargamento delle Organizzazioni di produttori a tutti i

settori agricoli. Qual è il modello cui fare riferimento?

In occasione dell’ultima assemblea abbiamo appunto colto questa opportunità, modificando lo statuto sociale in questa direzione. Si tratta di un’occasione per metter mano alla catena del valore: per ogni euro speso dal consumatore, appena 15-20 centesimi finiscono nelle tasche dell’agricoltore. Bisogna riequilibrare questo meccanismo e le Organizzazioni dei produttori svolgono un ruolo essenziale in questo senso, a condizione che siano strutture che abbiano realmente la disponibilità del prodotto e svolgano materialmente la commercializzazione.

E in maniera più schematica ci esplicita i punti salienti del progetto?

•la creazione di una rete efficiente di servizi su tutto il territorio nazionale di tipo tecnico-commerciale, finanziario, logistico ma anche nelle nuove energie agricole;•la modifica delle relazioni industriali accrescendo il peso degli agricoltori;•la concentrazione dell’offerta e la commercializzazione delle produzioni, per aumentare il valore aggiunto degli agricoltori;• una presenza diretta sul mercato di prodotti agroalimentari “firmati dagli agricoltori” e il rafforzamento di una rete distributiva integrata partendo dai punti vendita esistenti.

Ma su Pavia, quali sono i prossimi traguardi?

Il nostro Consiglio di Amministrazione vuole perseguire alcuni obiettivi fondamentali: aumentare il volume d’affari occupando gli spazi commerciali in zone della provincia dove ancora non abbiamo consolidato la nostra presenza, così come stiamo puntando su sinergie extra provinciali con i Consorzi Agrari Lombardi, che rappresentano una rete di 10 mila soci, 800 dipendenti, 480 milioni di euro di fatturato e 20 mila clienti potenziali. Ovviamente non possiamo non dirci che sarà necessario continuare nel percorso della riduzione dei costi, soprattutto attraverso una migliore efficienza della nostra cooperativa, sviluppando nuove linee di prodotto con maggiore marginalità. Ma soprattutto vogliamo ulteriormente qualificare la funzione “di servizio al socio” del Cap, facendo emergere una vera mentalità aziendalistica rivolta al futuro.

E quindi al servizio delle imprese?

Nel prossimo futuro il sistema dei Cap costituirà un tassello fondamentale per costruire delle autentiche filiere agroalimentari di origine italiana che consentiranno, anche attraverso i farmer market, di semplificare le troppe distorsioni che ancora avvengono nei passaggi dei prodotti dal campo alla tavola, ma vogliamo soprattutto lavorare sull’efficienza della struttura e sulla maggiore fidelizzazione dei soci/clienti, con l’intento di riconsegnare ai soci il senso di appartenenza ad una struttura che deve rimanere al servizio di tutto il mondo agricolo.

n.4 2012 | 18

Lo scorso 2 aprile, al termine delle assemblee locali, si è tenuta l’assemblea provinciale di Coprovi, il Consorzio di Difesa della provincia di Pavia. Approvato il bilancio all’unanimità ed alcune variazioni statutarie, l’assemblea ha proceduto all’elezione del consiglio per il prossimo mandato che è risultato composto da 19 membri di cui 13 associati a Coldiretti:

GIORGIO ALBANESI MONTICELLI PAVESELUIGI ANSELMI CARBONARA TICINOMARCO BARBIERI PIETRA DE’ GIORGIFRANCESCO BRAVO TROMELLOPAOLO CARNEVALE GARE’ GAMBOLO’CRISTIANO GIOVANNI COMELLO CASTELNOVETTOETTORE CRIBELLATI PAVIATIZIANO CURTI BASCAPE’ADRIANO FORTUSINI VOGHERAALESSANDRO GALLUZZI TORRAZZA COSTEANDREA MONTICELLI LANDRIANOAURELIO MUSSO TORRAZZA COSTEEDOARDO ANDREA NEGRI GAMBARANACLEMENTINO PARAVELLA BRONIPAOLO PORATI VOGHERASIMONE ROLANDI VAL DI NIZZAPIERO RUFFINAZZI BORGORATTO M.LOGIAN ENRICO VERCESI PIETRA DE GIORGIANTONIO ZERBI PIEVE ALBIGNOLA Il successivo Consiglio di amministrazione ha decretato la no-mina di Edoardo Negri a presidente, di Clementino Paravella e Alessandro Galluzzi vice presidenti

Giuseppe Ghezzi Arena Po presidenteTiziano Curti Bascapè vice presidenteMarco Acquaotta Gambolò consigliereGiorgio Albanesi Monticelli Pavese consigliereDanilo Barbarini Cigognola consigliereCarlo Bisagno Mortara consigliereAndrea Bozzola Valverde consigliereGraziano Gelsi Albonese consigliereAngelo Malaspina Mezzana Rab. consigliereEdoardo Negri Gambarana consiglierePastori Giancarlo Borgo Priolo consigliere

Edoardo Negri

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Riesce a darci qualche anticipazione?

Stiamo già lavorando per un progetto ambizioso che ci permetta la diretta trasformazione delle produzioni di riso della nostra provincia , rappresentando interamente la filiera: dal campo alla tavola. L’ambizione mia, e di tutto il gruppo, è di dare alle imprese agricole una cooperativa nella quale si possano riconoscere, su cui contare, per dare segnali e risposte positive al territorio. Creare un sistema agroalimentare che premi i produttori e offra ai consumatori prodotti di qualità a un prezzo giusto, anche come modalità per rafforzare la presenza sui mercati del nostro riso, che è un prodotto di grande qualità spesso poco valorizzato dall’attuale filiera risicola. Del resto le quotazioni di queste ultime settimane la dicono lunga rispetto a quanto bisogno ci sia, nel comparto, di un approccio diverso.

Abbiamo parlato di riso, ma per l’altro prodotto simbolo di Pavia: il vino?

Per il vino del nostro Oltrepò, resta drammaticamente d’attualità il tema del surplus produttivo. Qui bisognerà lavorare per eliminare quelle produzioni assolutamente anonime, prive di sbocchi commerciali interessanti che rappresentano una “zavorra” per tutto il sistema. Anche in questo caso, non si può risolvere questo problema per decreto legge. Ritengo sia necessario accompagnare la riqualificazione delle nostre produzioni, ma la parola chiave è qualità unita ad un’attenta analisi degli scenari di mercato ed accompagnata da politiche che consentano ai nostri vini di trovare più remunerativi sbocchi commerciali. Solo attraverso una strategia di comunicazione che riguardi l’intero settore riusciremo a centrare l’obiettivo di garantire un futuro di crescita al nostro vino.

Il numero degli addetti all’agricoltura, negli ultimi decenni, si è ridotto drasticamente. Si invocano provvedimenti drastici, coraggiosi. C’è chi ritiene necessaria una nuova, radicale e moderna “riforma agraria”.

In questo periodo stiamo vivendo il dramma dei bassi prezzi dei nostri prodotti che sono letteralmente “in crisi” con le industrie che non ritirano il prodotto e quando lo fanno lo pagano a prezzi dimezzati. Questa è la dimostrazione che la politica può fare grandi cose, ma anche danni irreparabili. Alla politica stiamo chiedendo di saper scegliere tra chi investe, si impegna e innova e chi fa il furbo e vive di rendita. La politica non deve essere né notaio né mediatore, ma deve assumersi la responsabilità di decidere. Deve scegliere tra le lobby e i cittadini, come nel caso degli Ogm e dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti, dove è molto chiaro dove sta la volontà popolare. Deve scegliere tra il vero e il falso, premiando l’onesta e la trasparenza.

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Un altro pezzo storico del made in Italy abbandona definitivamente il Belpaese. La Stock Spirits Group, titolare del marchio Stock, ha annunciato la decisione di chiudere la storica fabbrica di Trieste e di trasferire da giugno la produzio-ne nello stabilimento in Repubblica Ceca. Già in mani straniere dal 1995, quando era stata rilevata dalla tedesca Eckes A.G., che nel 2008 l’a-veva a sua volta ceduta al fondo americano “Oaktree Capital Mana-gement”, la storica etichetta tricolore lascia così per sempre l’Italia. “La delocalizzazione industriale è solo l’ultima fase di un processo che inizia con l’importazione delle materie prime dall’estero da uti-lizzare al posto di quelle nazionali nella preparazione di cibi e be-vande, continua con l’acquisizione diretta di marchi storici da parte degli stranieri e finisce con la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Una tendenza favorita dalla crisi che rende più facile lo shopping straniero in Italia e meno costosa la produzione all’estero. Dinanzi a tale rischio occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha con-sentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”. Nell’ul-timo anno sono stati ceduti all’estero tre pezzi importanti del Made in Italy alimentare che sta diventando un appetibile terra di conquista per gli stranieri con la tutela dei marchi nazionali che è diventata una priorità per il Paese. L’ultimo “pezzo da novanta” del Made in Italy a tavola a passare in mani straniere è stata la Ar Pelati, acquisita dalla società Princes controllata dalla Giapponese Mitsubishi. Poche setti-mane prima era toccato alla Gancia, casa storica per la produzione di spumante, essere acquistata dall’oligarca Rustam Tariko, proprie-tario della banca e della vokda Russki Standard. La francese Lactalis è stata, invece protagonista dell’operazione che ha portato la Par-malat finire sotto controllo transalpino.

ora anche la Stock finisce all’estero

Made in Italy “in fuga”

Giuseppe Ghezzi Arena Po presidenteTiziano Curti Bascapè vice presidenteMarco Acquaotta Gambolò consigliereGiorgio Albanesi Monticelli Pavese consigliereDanilo Barbarini Cigognola consigliereCarlo Bisagno Mortara consigliereAndrea Bozzola Valverde consigliereGraziano Gelsi Albonese consigliereAngelo Malaspina Mezzana Rab. consigliereEdoardo Negri Gambarana consiglierePastori Giancarlo Borgo Priolo consigliere

In occasione del Vinitaly 2012 Coldiretti ha realizzato una breve pubblicazione dal titolo “10 modi di dire vino. Il nostro made in Italy nel mondo”. Nell’introduzione viene descritto lo scenario di riferimento del settore vitivinicolo insieme alle tendenze dei mercati internazionali, anche attraverso una rielaborazione dei dati 2011 recentemente resi noti dall’Istat. A seguire, dieci schede dei principali Paesi importatori si alternano ad altrettante interviste a produttori associato Coldiretti che raccontano, tra luci ed ombre, le proprie esperienze di internazionalizzazione.

La pubblicazione può essere scaricata dal sito di Coldiretti Pavia sezione vitivinicola.

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Internazionalizzazione, dieci modi di dire

vino

|21ETICHETTOPOLI

Cibus, il più importate salone dell’alimentazione made in Italy, si è chiuso da poco. Quattro giorni (dal 7 al 10 maggio) sono volati, visto il numero degli espositori e la profondità dell’offerta messa in mostra a Parma. In realtà sono riuscito a rubare solo due giornate al mio solito lavoro di redazione. Lunedì, il giorno d’apertura - con i ministri Catania e Passera che hanno attirato l’attenzione soprattutto di autorità locali e alcune decine fra poliziotti e carabinieri in servizio, per il resto il salone li ha quasi ignorati - e martedì. Ho visitato decine di stand, come sempre sulle tracce del made in Italy. Quello vero. In realtà alla più importante vetrina dell’alimentare della Penisola il «fatto in Italia» non emerge per nulla. A guardare da qui pare che i 60 miliardi fra pasta, salumi e formaggi spudoratamente imitati in mezzo mondo, non esistano. Il settore va bene, le esportazioni tirano: perché rischiare di rompere il giocattolo per distinguere i prodotti interamente italiani dagli altri (e non sono pochi) in cui la materia prima nostrana si limita alla carta o al cartone dell’imballo? Salumi, latticini, pasta, riso: i nomi e i marchi sono italianissimi. Quel che sta dietro chissà. Consapevole di fare la domanda sbagliata ho percorso in lungo e in largo i padiglioni di Cibus, proprio per cercare di distinguere fra le migliaia di prodotti quali potrebbero portare davvero il tricolore. Il solito «gioco» che faccio fra i banconi dei supermercati. Solo che a Parma non mi limito solo a leggere l’etichetta, chiedo pure al produttore: da dove arriva la materia prima? Il risultato è stato complessivamente sconsolante. Anche se non mancano i casi di produttori che rivendicano (a ragione) l’italianità della loro offerta, in oltre 8 casi su 10 non si capisce se gli ingredienti impiegati arrivino dallo Stivale oppure da Oltreoceano. Per brevità riassumo il mio viaggio nell’universo alimentare in mostra a Cibus in tre tappe. Tre fermate ad altrettanti stand. Il primo è quello della pasta Rummo dove assaggio delle penne rigate a dir poco strepitose cucinate da uno chef stellato. Buone, buonissime... Merito della lenta lavorazione, mi spiegano i Rummo, giunti a Parma con il look delle confezioni completamente ridisegnato. Il grano? È canadese e ucraino, mi dicono, «per fare una pasta così ci vogliono delle farine con caratteristiche speciali e noi, in Italia, non ne produciamo a sufficienza». Resta il fatto che la pasta dell’azienda beneventana è gustosa, mai scotta e

ben strutturata. E prende i sughi magnificamente. Altra tappa altro stand: Pomì. In questo caso l’allestimento è tutto giocato sulla tracciabilità della materia prima. Filiera trasparente, origine certa, con la possibilità di individuare addirittura il campo da cui provengono i pomodori utilizzati per quella determinata confezione. Tutto attorno al perimetro espositivo della Pomì una fila di piantine di pomodoro, vere, verissime, che assomigliano a sentinelle in miniatura. Affogate nelle luci e nei rumori di una kermesse, quella parmigiana, poco incline a parlarti di campi e coltivazioni. Pomì era un marchio della Parmalat, ceduto dall’allora commissario straordinario Enrico Bondi per far rientrare un po’ di soldi nelle esangui casse della società, depauperate da scelte finanziarie dissennate. A rilevarlo è stato il Consorzio Casalasco che ha trasformato un brand di fantasia in una enclave di vero made in Italy. Infine - terza tappa - la Levoni di Mantova, per la precisione di Castellucchio. Vi arrivo accaldato e un po’ rintronato da una indigestione di luci e rumori. A differenza di altri salumieri i Levoni utilizzano quasi esclusivamente carni italiane per confezionare salami, prosciutti e insaccati. Il 93% arriva da una filiera rigorosamente made in Italy. Peccato che non sia chiaro a leggere le loro etichette. Ma è un paradosso di cui ho capito tempo fa il senso: se identifichi come «fatto in Italia» un salume, gli altri (in questo caso quelli di molti concorrenti) non si venderebbero più se non a costi molto bassi. E’ lo stesso motivo per il quale neppure i prosciutti dei consorzi - Parma, San Daniele ecc - non si dichiarano esplicitamente italici, nonostante il loro disciplinare di produzione escluda tassativamente l’impiego di carni straniere. Ecco, il mio diario da Cibus finisce qui, anche se potrei raccontare decine di visite ad altrettanti espositori. Questi tre, Rummo, Pomì e Levoni, riassumono però compiutamente le strade percorse dall’alimentare italiano. E si tratta di percorsi diversi ma tutti ugualmente rispettabili. Ometto volutamente di riferirvi i casi di falsi clamorosi che ho trovato a Parma, nell’olio extravergine, per esempio, e fra i formaggi.

di Attilio Barbieri

Impressioni da Cibus

alla ricerca del made in Italy

(COL)DIRETTAMENTE

(Col)direttamente nel bicchiere:

“Sette Opere”D.O.C.G

Azienda Agricola Fontanachiara

Bellissimo colore paglierino intenso, che la luce di questa giornata di sole aiuta a virare verso lampi dorati, e perlage decisamente fitto e di notevole persistenza. Elegante e suadente alla vista,

“SETTE OPERE” si conferma al naso. Legati dalla caratteristica e tipica (per gli Spumanti Metodo Classico) nota di “crosta di pane”, dovuta al lungo apporto dei lieviti, si colgono un bouquet di frutta giustamente matura - mela gialla, pesca, frutta esotica - ed una più leggera sensazione erbacea, quasi balsamica, che rammenta le erbe aromatiche. A questo punto, dopo una tale sequenza di percezioni, la curiosità di assaggiare “SETTE OPERE” è al culmine… e non ne veniamo delusi. Al palato la freschezza e l’acidità (come è giusto che sia nella tipologia di prodotto) sono presenti e prevalenti, a sostenere una struttura decisamente non banale. Il Pinot Nero ha modo di esprimersi in tutta la sua pienezza, l’effervescenza resta elegante anche in bocca e la persistenza, davvero lunga, richiama in modo preciso la frutta ravvisata all’esame olfattivo. Spumante da bere a tutto pasto, “SETTE OPERE” non teme di confrontarsi anche con preparazioni impegnative: primi piatti di pesce o di carne (non selvaggina), ricchi secondi piatti di pesce e di carni bianche; lo ritengo un ottimo compagno, ad esempio, per un coniglio alla ligure. E per restare in territorio, bellissimo incontro sarà con un “cucito” di Varzi, di quelli che “fanno la goccia”, oppure con un Grana Padano DOP di 18 mesi. Veramente un bel vino, davvero un grande spumante che ribadisce con decisione il legame con la terra ed il rispetto per i suoi frutti, che i vignaioli Marco e Roberto dichiarano con fermo orgoglio oltrepadano.

Roberto PaceDelegato FISAR Pavia

“Esigente ed ingeniosa, abile ed esperta: la nostra terra è come i suoi abitanti ed in essa affondano le radici di una tradizione antica di secoli che ogni anno si rinnova nel prodotto principe di queste colline: il vino”Questa è l’impegnativa dichiarazione iniziale di Marco e Roberto Maggi, vignaioli titolari dell’Azienda Agricola FONTANACHIARA, il cui “SETTE OPERE”, spumante OP DOCG, prodotto di punta della loro produzione, ci accingiamo a degustare. Ma la presentazione prosegue: “Un lavoro immane che ha sposato un popolo alla sua terra, che ha creato usi e costumi, conoscenze ed abilità: le stesse che la nostra Azienda rinnova annualmente nei propri vigneti, situati nei comuni di Stradella e Montecalvo Versiggia” Perbacco! È una vera dichiarazione di legame con le proprie origini, di amore per il frutto della propria terra, di dedizione incondizionata al proprio lavoro! Se tutto ciò si travaserà nel calice, ci troveremo sicuramente di fronte ad un prodotto sincero, di carattere e chiaramente riconducibile al proprio terroir. Bottiglia champagnotta classica, giustamente pesante, che lascia un’ottima impressione di “concretezza”, con un etichetta di stampo classico (qualcuno direbbe “agée”…) che però trasmette la sensazione tranquillizzante di trovarsi al cospetto di un vino realizzato non per compiacere una qualche moda passeggera, ma per rispettare al massimo le caratteristiche e la qualità di uve e territorio. Non per niente stiamo parlando di uno Spumante Metodo Classico, che si fregia della DOCG, Denominazione di Origine Controllata e Garantita, vertice della piramide qualitativa di Oltrepò… “SETTE OPERE” riposa, matura e si evolve sui lieviti di seconda fermentazione per oltre 24 mesi, partendo da una base di uve Pinot Nero in purezza accuratamente selezionate. Ed ora non ci resta che aprire la bottiglia e riempire il calice.

n.4 2012 | 22

VITIVINICOLO | 23

CEJA, Il consiglio europeo dei giovani agricoltori, è la voce degli agricoltori europei della prossima generazione alle istituzioni europee. La missione del CEJA è quella di contribuire a formare un contesto normativo europeo per promuovere (favorire) l’accesso dei giovani agricoltori nel settore agricolo. Nel gennaio 2012, il Commissario Dacian Cioloş ha annunciato la creazione di un gruppo di alto livello sul vino che farà raccomandazioni sul settore vitivinicolo europeo, in particolare sulla questione dei diritti di reimpianto. In risposta alla creazione di questo gruppo e alla proposta di abolire i diritti di reimpianto entro la fine del 2015, CEJA chiede un adeguato quadro normativo e chiare prospettive nel lungo periodo al settore vitivinicolo. CEJA vorrebbe evidenziare che tale settore è uno

dei più attraenti per i giovani agricoltori, e quindi l’accesso per loro dovrebbe essere particolarmente incoraggiate (facilitato). Come prima cosa CEJA crede che la fine del corrente sistema non dovrebbe avvenire nel 2015, è troppo presto e chiede il il prolungamento dei diritti di reimpianto in viticoltura in tutta Europa, per tutti i vini, con o senza DOP/IGP. Forti (robuste) misure di accompagnamento saranno necessarie, caso di liberalizzazione. In secondo luogo, CEJA chiede una migliore gestione del sistema che potrà consentire ai giovani di crescere in modo sostenibile. I giovani agricoltori dovrebbere avere la priorità all’accesso ai diritti di reimpianto. Terzo nell’ordine: per gli agricoltori, per i giovani agricoltori e per tutti coloro interessati a capire le conseguenze

delle decisioni del gruppo ad alto livello dovrebbe essere fornita una migliore informazione sul settore e gli impatti che la liberalizzazione potrebbe avere. CEJA chiede quindi una valutazione d’impatto reale sulla liberalizzazione dei diritti di reimpianto entro il 2018, nonché una valutazione di scenari alternativi possibili. La valutazione d’impatto dovrebbe comprendere l’impatto della liberalizzazione sulle aree montane e svantaggiate, così come sullo sviluppo dei territori dell’UE. CEJA desidera inoltre attirare l’attenzione di coloro che decidono al livello europeo anche per il fatto che molte grandi aziende, europee e non, aspettino la fine del sistema di diritti per beneficiare di una sovraproduzione di vini a basso livello, come risultato di impianti massivi, accompagnata da una discesa del prezzo. CEJA vuole sottolineare che il modello della “famiglia europea” potrebbe essere a rischio se il settore della vendita al dettaglio è in grado di controllare la produzione di vino in Eu. Infine, mantenere la qualità del vino è fondamentale per la reputazione dei vini europei. L’etichetta di origine è necessario mantenerla e creare un efficiente sistema di mercato in modo che i produttori di vino siano in grado di competere efficacemente sui mercati internazionali.

Conseil Europeen Des Jeunes Agriculteurs

European Council of Young Farmers Europäischer Rat der Junglandwirte

Stefano Ravizza, delegato regionale Coldiretti Giovani Impresa, ha collaborato nel definire la nuova proposta del CEJA

VITIVINICOLOn.4 2012 | 24

Il Mipaf-Icqrf ha redatto recentemente il testo definitivo del Decreto relativo ai controlli per i vini Doc e Igt che cancellerà il dm 2 novembre 2010 attualmente in vigore. Il testo è sta-to trasmesso in Conferenza Stato Regioni dove se ne prevede l’approvazione entro la prima decade di maggio in modo da consentirne la piena applicabilità dal 1 agosto 2012. Il Decreto prevede, a partire dalla prossima vendemmia, controlli di filiera anche per i vini IGT con un sistema simile, anche se semplifica-to, a quello dei vini DOC ed introduce importanti miglioramenti al Decreto attualmente in vigore con numerose semplificazio-ni che accolgono molte richieste portate avanti da Coldiretti. Purtroppo questo quadro normativo non ci consente di essere pienamente soddisfatti rispetto alla nostra idea di controlli e certificazioni: sul settore vitivinicolo gravano da sempre molti oneri burocratici ed uno degli impegni prioritari di Coldiretti è proprio quello di lavorare per tagliare i costi della burocrazia e per creare un sistema di certificazione che sia al tempo stesso efficace ed efficiente. Dalla produzione di uva fino all’imbot-tigliamento e vendita le imprese devono assolvere a oltre 70 attività burocratiche, relazionarsi con ben 20 soggetti diversi (Ministero delle Politiche agricole, Regioni, Province, Comuni, Agea, Organismi pagatori regionali, Agenzia delle Dogane, Asl, ICQ; Guardia di Finanza, Nas, Organismi di controllo, Consorzi di tutela, laboratori di analisi..) e districarsi tra un migliaio di norme di settore, contenute in circa 4.000 pagine di direttive, regolamenti, comunicazioni, leggi etc. A causa di questa buro-crazia le imprese si trovano costrette a rinunciare a produrre vini a DO e questo passaggio indebolisce il legame del vino con il proprio territorio di origine, riducendo la competitività del Made in Italy e favorendo la delocalizzazione verso l’estero anche per effetto dall’annunciata liberalizzazione dei diritti di impianto, dello zuccheraggio e della nuova categoria dei vini varietali senza legame con il territorio di produzione. Il modello

sul quale il gruppo di lavoro vitivinicolo di Coldi-retti sta lavorando si basa sui seguenti principi:• implementazione di un sistema informatico

nazionale unico per la certificazione e il con-trollo dei vini Docg, Doc, Igt, da realizzarsi in seno ad un sistema informatico unico di ge-stione per il settore vitivinicolo;

• unicità degli adempimenti da parte dei pro-duttori e coordinamento tra i soggetti inte-ressati attraverso il sistema informatico;

• certificazione di sistema rilasciata sui singoli lotti di produzione con garanzia di tracciabili-tà di ciascuna partita di vino anche mediante l’utilizzo di contrassegni non necessariamen-te di stato;

• strutturazione e applicazione dell’autocon-trollo aziendale;

• campione di operatori controllati unico indi-viduato nazionale individuato dall’Icqrf sulla base di un’analisi dei rischi e con intensifica-zione in caso di non conformità gravi;

• analisi chimico fisiche in autocontrollo e or-ganolettiche volontarie;

• struttura di controllo unica per azienda e non per denominazione in modo che l’ispettore designato debba controllare tutta la produ-zione vitivinicola della azienda sottoposta a controllo durante la visita ispettiva;

• libera scelta da parte dell’azienda della strut-tura di controllo;

• nuova classificazione e delle non conformità basata su nc lievi, nc gravi soggette a diffida e nc gravi soggette a sanzioni;

• piano dei controlli unico per Docg, Doc, Igt; piani di autocontrollo specifici terranno con-to delle diversità all’interno della piramide qualitativa;

• controllo sul prodotto in commercio previa definizione delle percentuali di discordanza.

Al centro del “Piano Salva Vino di Coldiretti” c’è il fascicolo aziendale inteso come “strumen-to unico dell’impresa vitivinicola” attraverso il quale adempiere agli obblighi e acquisire au-tomaticamente le autorizzazioni per cui non è necessaria una valutazione discrezionale. Il do-cumento di semplificazione, che sarà alla base della discussione con le Regioni, rappresenta il punto di partenza per la crescita delle imprese; una crescita che deve essere sostenibile e tra-sparente perché proprio nella non trasparenza si creano rendite economiche e culturali che ostacolano lo sviluppo e le opportunità.

Controlli di filiera per i vini Doc e IGT

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EMIFER maggio 2012_Layout 1 03/05/12 09:49 Pagina 1

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A causa della burocrazia scompaiono ogni giorno 200mila bottiglie di vino Doc, con le aziende costrette a rinunciare a produrre vini a denominazione d’origine per l’impossibilità di far fronte ad adempimenti spesso inutili che sottraggono ben 100 giornate di lavoro all’anno al tempo passato in vigna e in cantina. È la denuncia v enuta dalla Coldiretti nel corso dell’incontro promosso al Vinitaly sul tema della semplificazione in vigna, con la prima analisi sul peso insostenibile di pratiche e documenti a cui sono costretti a far fronte i viticoltori italiani e la presentazione del piano “salva Doc”. Un peso che ha portato alla riduzione dei terreni destinati a produrre vini a Docg e Doc del 10 per cento nel periodo tra il 2007 e il 2011 durante il quale si è passati da 316mila ettari a 284mila ettari, con una perdita stimata di produzione pari a oltre 100 milioni di litri di vino doc. Dalla produzione di uva fino all’imbottigliamento e vendita le imprese devono assolvere a oltre 70 attività burocratiche e relazionarsi con ben 20 diversi soggetti che vanno dal Ministero delle Politiche agricole alle Regioni, dalle Province ai Comuni, fino ad Agea, Organismi pagatori regionali, Agenzia delle Dogane, Asl, Forestale, Ispettorato Centrale qualità e repressione frodi, Nac, Guardia di Finanza, Nas, Camere di Commercio, organismi di controllo, consorzi di tutela, laboratori di analisi. Ma il peso della burocrazia è anche nella impressionante quantità di norme di settore. Più di 1.000, contenute in circa 4.000 pagine di direttive, regolamenti, comunicazioni, note e decisioni del Consiglio e della Commissione europea, leggi, decreti, provvedimenti, note, circolari e delibere nazionali e regionali. Un carico che rischia ora di gravare ancora di più sulle imprese, con la messa a regime del nuovo sistema di certificazione e controllo dei vini a Denominazione. “Appesantire inutilmente i carichi burocratici per i riconoscimenti dei vini a denominazione di origine significa indebolire il legame del vino con il proprio territorio, ridurre la competitività del Made in Italy e favorire la delocalizzazioni verso l’estero anche per effetto dall’annunciata liberalizzazione dei diritti di impianto, dello zuccheraggio e della nuova categoria dei vini varietali senza legame con il territorio di produzione”, ha affermato il Presidente della

Coldiretti Sergio Marini. Da qui il piano “salva vino” presentato dalla Coldiretti che prevede una serie di misure per semplificare il carico burocratico senza ridurre l’efficacia delle attività di controllo. Innanzitutto, serve realizzare un sistema informatico unico di gestione capace di garantire un coordinamento tra gli enti coinvolti nel controllo e nella gestione, eliminando gli adempimenti “doppioni” a carico delle imprese e introducendo l’autocontrollo da parte dell’imprenditore, controlli a campione basati su analisi dei rischi e garanzia della tracciabilità e rintracciabilità delle partite di vino. Si punta poi a far diventare il fascicolo aziendale anche uno “strumento unico dell’impresa viti-vinicola” attraverso il quale adempiere agli obblighi e acquisire automaticamente le autorizzazioni per cui non è necessaria una valutazione discrezionale, sostituendo l’attuale sistema di autorizzazioni con l’invio di semplici comunicazioni. In questo modo si potrebbe abbattere il numero di adempimenti da 70 a 40 e ridurre del 50 per cento il tempo perso nella compilazione dei documenti. Nella fase della produzione di uva, le pratiche si potrebbero addirittura ridurre dalle attuali 9 ad un sola comunicazione. In quella di trasformazione dell’uva in vino sarebbe possibile eliminare 15 registri di cantina cartacei sostituendoli con un unico registro telematico, ma anche cancellare o semplificare ulteriori 14 adempimenti. Più informatizzazione anche nella fase di imbottigliamento, con 2 pratiche eliminate e altre tre razionalizzate.

Il documento è scaricabile dal sito di Coldiretti Pavia sezione vitivinicola.

la burocrazia fa sparire 200mila bottiglie Doc al giorno

Vinitaly,

Vincenzo Gesmundo, il segretario Organizzativo della Confederazione Nazionale Coldiretti in occasione del convegno tenutosi all’ultimo Vinitaly

VITIVINICOLO | 27

La misura concede un aiuto finanziario alle imprese vitivinicole per la copertura assicurativa dei rischi climatici, delle fitopatie e/o delle infestazioni parassitarie sui raccolti di uva da vino. L’aiuto finanziario è concesso ai produttori che stipulano polizze assicurative agevolate sulle superfici vitate, situate in Lombardia, regolarmente registrate a SIARL, nell’inventario regionale e che abbiano presentato dichiarazione vitivinicola per la campagna precedente. Le domanda di aiuto devono essere presentate, tramite il CAA, all’Organismo Pagatore della Lombardia dal o 26 aprile ed entro il 13 luglio 2012. Il pagamento dell’aiuto avverrà entro il 15 ottobre. I nostri uffici sono a disposizione per la stipula delle polizze assicurative e per la compilazione delle relative domande di aiuto.

La DG Agricoltura, con decreto n.3027 del 10 aprile 2012 ha prorogato, fino al 20 giugno 2012, i termini per integrare/presentare le domande di Aiuto per i danni da Peronospora dell’anno 2008, confermando le modalità operative stabilite nel precedente decreto.

Vinitaly, OCM VINO

Proroga dei termini per la presentazione delle domande

Assicurazioni del raccolto

Peronospora della vite anno 2008

Promozione sui mercati dei Paesi terziinvito alla Presentazione dei Progetti camPagna 2012/2013

L’OCM Vino riserva risorse importanti alla promozione dei vini sia sui mercati nazionali e comunitari che sui mercati extra-comunitari.È aperto fino all’11 giugno 2012 il bando per la presentazione di progetti di promozione di vini DOP, IGP e Spumanti di qualità, sui mercati dei Paesi extra comunitari. L’attribuzione di risorse è già stata fissata ed inserita nel Programma Nazionale di Sostegno Vino (PNS) dal Decreto 4123 del 23 luglio 2010 ed è pari a complessivi Euro 102.164.449. Le risorse sono destinate, come di consueto, per il 30% al programma nazionale e per il restante 70% ai programmi regionali.

Chi può presentare DomanDa Possono accedere ai fondi previsti dalla misura i seguenti soggetti:• le organizzazioni professionali, purché abbiano tra i loro scopi la promozione dei prodotti agricoli;• le organizzazioni interprofessionali, riconosciute ai sensi del regolamento (CE) n. 1234/2007;• i consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi della normativa vigente, e loro associazioni e federazioni;• le organizzazioni di produttori, riconosciute ai sensi del decreto legislativo 102/2005;• i produttori di vino che abbiano ottenuto i prodotti da promuovere dalla trasformazione dei prodotti a monte del

vino, propri o acquistati;• i soggetti pubblici con comprovata esperienza nel settore del vino e della promozione dei prodotti agricoli;• le associazioni, anche temporanee di impresa e di scopo tra i soggetti indicati in precedenza.I progetti sono presentati per una durata massima di tre anni.

RAPPRESENTATIVITà DEI SOGGETTI PROPONENTILe organizzazioni professionali, interprofessionali, i consorzi e i produttori di vino, purché aggregati in forma associativa o in società consortile, possono presentare più progetti per la stessa annualità ma in Paesi diversi, purché le aziende compartecipanti siano diverse. Le organizzazioni professionali, interprofessionali e i consorzi che presentano progetti a valere sui fondi di quota nazionale devono rappresentare almeno il 5% della produzione nazionale di vino calcolata sulla base delle dichiarazioni di produzione degli ultimi 3 anni.Le organizzazioni professionali, interprofessionali e i consorzi che presentano progetti a valere sui fondi di quota regionale devono rappresentare almeno il 3% della produzione regionale. I produttori di vino, i soggetti pubblici, le associazioni temporanee di impresa possono presentare progetti se procedono al confezionamento di una percentuale pari ad almeno il 25% della loro produzione o all’imbottigliamento di almeno 600.000 bottiglie ed abbiano, altresì, esportato almeno il 15% del totale prodotto. Le Regioni, se del caso, stabiliscono nei propri provvedimenti parametri diversi per l’imbottigliamento e/o per la quota di export che, comunque non può essere inferiore al 5%. Il soggetto pubblico promuove la partecipazione dei beneficiari ai progetti nell’ambito delle Associazioni anche temporanee di impresa, partecipa alla loro redazione ma non contribuisce con propri apporti finanziari e non può essere il solo beneficiario sia per i progetti a valere sui fondi quota nazionale che regionale.

SOGGETTI ATTUATORIIl beneficiario con comprovata esperienza in materia di promozione dei prodotti agroalimentari può attuare direttamente le azioni previste dal progetto qualora dimostri di possedere le necessarie capacità tecniche.Il beneficiario che non realizza direttamente tutte o parte delle azioni inserite nel progetto, designa un soggetto attuatore, con comprovata esperienza in materia di promozione sui mercati dei Paesi terzi nel settore agroalimentare, scelto tra le organizzazioni interprofessionali, i consorzi di tutela, soggetti privati e pubblici.

AzIONI AMMISSIBILISono ammissibili le seguenti azioni da attuare, anche singolarmente, in uno o più Paesi terzi:a) la promozione e la pubblicità, che mettano in rilievo i vantaggi dei prodotti di qualità, la sicurezza alimentare ed il

rispetto dell’ambiente e delle disposizioni attuative del Regolamento, da attuare a mezzo dei canali di informazione quali stampa e televisione;

Attività di informazione misura 111/B che è stata oggetto di richiesta di finanziamento sulla misura 111 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia; cofinanziato dell’Unione Europea attraverso il FEASR

Promozione sui mercati dei Paesi terziPR

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b) la partecipazione a manifestazioni, fiere ed esposizioni di importanza internazionale;c) le campagne di informazione e promozione, in particolare, sulle denominazioni d’origine e sulle indicazioni

geografiche, da attuarsi presso i punti vendita, la grande distribuzione, la ristorazione dei Paesi terzi;d) altri strumenti di comunicazione (ad es.: siti internet, opuscoli, pieghevoli,degustazioni guidate, incontri con

operatori e/o giornalisti dei Paesi coinvolti da svolgersi anche presso le aziende partecipanti ai progetti).Le azioni sono relative alla promozione di tutte le categorie di vini a denominazione di origine protetta, di vini a indicazione geografica, nonché di vini Spumante di qualità e possono riguardare anche marchi commerciali

CONTRIBUTOL’importo dell’aiuto a valere sui fondi comunitari è pari, al massimo, al 50% delle spese sostenute per svolgere le attività indicate; la percentuale di intervento pubblico, in caso di integrazione del contributo comunitario con fondi nazionali e/o regionali, può essere elevata fino al massimo dell’ 80%. Qualora il programma presentato contenga anche una sola azione rivolta in modo inequivocabile e diretto alla promozione ed alla pubblicità di uno o più marchi commerciali, l’integrazione di cui sopra non può essere concessa. Il costo complessivo minimo per Paese non può essere inferiore a € 100.000,00/anno. Le attività devono essere effettuate entro il 30 agosto dell’anno successivo a quello di stipula del contratto con richiesta di saldo in pari data qualora i soggetti non richiedano il pagamento anticipato o chiedano l’anticipazione in forma parziale ( 30% del contributo). Qualora i soggetti chiedano il pagamento anticipato, in forma integralmente anticipata, previa costituzione di una cauzione pari al 120%., le attività sono effettuate entro il 15 ottobre dell’anno finanziario comunitario successivo a quello di stipula del contratto. La relazione e la documentazione giustificativa sulle attività svolte è presentata all’Organismo Pagatore Agea entro il 15 dicembre. I progetti dovranno essere presentati ad Agea- Organismo Pagatore ed in copia al Ministero o alle Regioni di competenza, nel caso di progetti regionali, entro le ore 14,00 dell’ 11 giugno 2012.

PROMOzIONE E MISURA INVESTIMENTILa Misura “Investimenti” è una misura attivata nell’ambito del Piano Nazionale di Sostegno per il settore vitivinicolo e finanzia investimenti materiali e immateriali in impianti di trattamento, in infrastrutture vinicole e nella commercializzazione del vino diretti a migliorare il rendimento dell’impresa. Tra le azioni ammissibili, previste da questa misura, vi sono le iniziative e le azioni pubblicitarie, compresa la creazione e/o l’aggiornamento di siti internet, solo se abbinati a un piano pubblicitario legato all’acquisto di materiale, pubblicazioni, spazi pubblicitari e fiere di settore. Queste iniziative devono svolgersi a livello nazionale o comunitario.

Chi può presentare DomanDaPossono presentare la domanda di aiuto i seguenti soggetti: • imprenditori agricoli singoli o associati (per la definizione di imprenditore agricolo si fa riferimento all’articolo 2135

del codice civile);• società di persone e capitali esercitanti attività agricola;• le micro e piccole imprese così come definite nella Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6

agosto 2008;• le cooperative agricole.

AzIONI AMMISSIBILISono ammesse le attività finalizzate a promuovere la conoscenza e la diffusione dei prodotti presso i consumatori con la realizzazione di materiale a carattere informativo e pubblicitario e tra diversi mezzi di comunicazione, quali la carta stampata (es. pieghevoli, pannelli e cartellonistica pubblicitari, cartine della zona con logo dell’azienda, biglietti da visita, scheda tecnica dei vini e similari) e i mezzi radiotelevisivi e informativi. Sono ammessi anche articoli aziendali promozionali sottoforma di gadgets a condizione che gli stessi siano mantenuti in azienda, nella loro totalità, fino al controllo in loco in sede di collaudo. Sono ammesse le attività pubblicitarie a carattere dimostrativo effettuate presso eventi, mostre mercato, punti vendita e fiere di settore (acquisto area espositiva e/o allestimento di stand, conferenza stampa). Sono ammesse a finanziamento anche le partecipazioni a fiere e manifestazioni già parzialmente finanziate da enti pubblici esclusivamente per le spese che non hanno ricevuto alcun cofinanziamento e che sono state sostenute dopo la presentazione della domanda informatizzata.

CONTRIBUTOIl contributo è pari al 40% delle spese ammissibili effettivamente sostenute ed ammesse a seguito dell’istruttoria di collaudo. Viene erogato in un’unica soluzione previa verifica del rispetto dei requisiti di ammissibilità effettuata attraverso i controlli amministrativi ed in loco. L’importo minimo degli interventi è pari a 10.000 Euro. Tutti gli interventi devono essere conclusi entro il 31 luglio dell’anno di presentazione delle Domande. Il periodo di presentazione delle Domande è compreso tra il mese di dicembre ed il mese di febbraio ed è fissato con apposita Delibera Regionale.

Attività di informazione misura 111/B che è stata oggetto di richiesta di finanziamento sulla misura 111 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia; cofinanziato dell’Unione Europea attraverso il FEASR

Promozione sui mercati dei Paesi terzi

VITIVINICOLOn.4 2012 | 30

i diritti d’impianto non devono essere aboliti

Vino

L’abolizione dei diritti di impianto porterebbe gravi distorsioni all’interno delle aree viticole e una crescita della viticoltura industriale, con ricadute negative anche sul reddito dei produttori. È quanto rileva la Coldiretti, in riferimento ai lavori del Gruppo di Alto livello sulla liberalizzazione degli impianti. La battaglia per il mantenimento del sistema dei diritti di impianto dei vigneti va condivisa anche perché l’attuale normativa comunitaria è fortemente penalizzante per le aree vocate e tradizionali dell’Europa mediterranea; il mantenimento dei diritti contribuirebbe a mantenere in equilibrio il vigneto Ue, sfavorendo la delocalizzazione verso le aree del nord e dell’est Europa. Il tema della liberalizzazione dei diritti di impianto non può essere visto senza considerare il complesso delle regole stabilite all’interno della attuale Ocm vino che prevede tra l’altro la conferma dello zuccheraggio. Questa pratica, mantenuta nell’attuale quadro delle regole comunitarie, va rimessa quindi in discussione dal momento che va riaffermato il principio della vocazione territoriale. Il quadro normativo attuale mantiene una disparità non accettabile nella definizione di vino in ambito comunitario in quanto in Italia e nell’area mediterranea il vino è ottenuto esclusivamente dall’uva, mentre il vino dell’Europa continentale è un prodotto che non necessariamente è ottenuto solo dall’uva perché di fatto viene data la possibilità di aggiungere lo zucchero che ottenuto

dalla o dalla canna da zucchero, ha spesso una provenienza extra Ue. Già oggi pertanto si assiste ad una situazione di vantaggio competitivo per le produzioni del Nord e dell’Est Europa; situazione che, insieme alla liberalizzazione delle superfici vitate – prevista a partire dal primo gennaio 2016 – potrebbe spingere a una forte delocalizzazione delle superfici vitate. L’effetto della liberalizzazione va poi anche valutato alla luce del crescente potere contrattuale della distribuzione, l’incremento di quota di mercato dei nuovi vini varietali da tavola e il crescente fenomeno delle “Private e Proprietry Label” nel vino. Queste ultime tendenze insieme allo zuccheraggio e alla liberalizzazione avranno un effetto devastante sulla vitivinicoltura tradizionale del mediterraneo determinandone una forte spinta verso la delocalizzazione. Qualsiasi forma di transizione verso un sistema non basato sui diritti di impianto in ambito Ue non potrà essere accettato senza rimettere in discussione la possibilità di utilizzare le zucchero per aumentare la gradazione dei vini prodotti nelle aree meno vocate dove il vigneto Ue tenderà a spostarsi.

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Anche per il 2012 continuano le iniziative di promozione volte ad aiutare l’entrata di imprese lombarde nei mercati individuati dal progetto, a sostenere e a rafforzare la presenza delle imprese già attive su quei mercati e a diffondere la consapevolezza che il consumo dei nostri prodotti agroalimentari è sinonimo di alimentazione sana e corretta. Nel 2011 abbiamo intrapreso un percorso di promozione, sui mercati statunitense e canadese, con lo scopo di valorizzare e far conoscere il nostro territorio insieme ai marchi delle aziende che hanno aderito all’iniziativa, presentando i lori vini nel corso degli incontri organizzati sia a Milano sia in Canada e Usa ed anche e soprattutto in Oltrepò. Nel 2012 il progetto si allargherà a Cina, Brasile e Russia e già nel mese di maggio è previsto il primo incoming a Milano a cui seguiranno iniziative (fiere e missioni imprenditoriali) all’estero offrendo nuove opportunità per avvicinarsi ai mercati emergenti. La quota di adesione è pari a 250 Euro + iva, garantirà la partecipazione agli incontri organizzati a Milano, la partecipazione facoltativa alle missioni e alle fiere all’estero a costi agevolati.

Progetto Food and Wine 2012 Promozione dei prodotti tipici agroalimentari lombardi in Russia, Brasile, Cina e Nord America.

Dalla Lombardia a... VinoCalendario Iniziative 2012

Milano Incoming dai paesi target (14 - 16 maggio): incontri bilaterali tra le aziende lombarde partecipanti e i buyers selezionati nell’am-bito del progetto.

Summer Fancy food – Washington - (17 - 19 giugno): collettiva im-prenditoriale alla manifestazione, allestimento stand ed assistenza.

Missione Cina – Shanghai - (2– 6 luglio): missione imprenditoriale, in-contri d’affari, educational tour, promozione dei prodotti lombardi.

World food – Mosca - (17 - 19 settembre): collettiva imprenditoriale alla manifestazione, allestimento stand ed assistenza.

Missione Brasile – San Paolo - (1 – 5 ottobre): missione imprenditoria-le, incontri d’affari, educational tour, promozione dei prodotti lombardi.

Milano Incoming dai paesi target (22-26 ottobre): incon-tri bilaterali tra le aziende lombarde partecipanti e i buyers selezionati nell’’ambito del progetto.

Missione Russia – Mosca- (20-22 novembre): missione imprenditoriale, incontri d’affari, educational tour, promozione dei prodot-ti lombardi.

Food Hospitality – Cina – Guangzhou/Can-ton - (30 nov – 1 dicembre): collettiva imprenditoriale alla manifestazione, alle-stimento stand ed assistenza.

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n.4 2012 | 32 EPACA

Il 2012 è stato proclamato dalla U.E. anno europeo “dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni”. Per ricordare questo avvenimento, per esaminare gli effetti nel mondo rurale e per approfondire la sua possibile evoluzione, i Movimenti regionali di Coldiretti, Donne Impresa, Giovani Impresa e Associazione Pensionati, in collaborazione con Coldiretti Pavia, si sono ritrovati lo scorso 21 aprile presso il Centro Don Orione di Montebello della Battaglia per mettere a confronto idee e proposte su come realizzare un patto tra le generazioni ed intervenire per favorire l’invecchiamento attivo delle persone. Un tema di stretta attualità che ha assunto una rilevanza ancora più accentuata a causa della crisi economica che sta mettendo in discussione i diritti e le tutele che si sono affermati e consolidati negli anni. Più volte abbiamo assistito, soprattutto a ridosso delle riforme che incidono sul mondo del lavoro ad affermazioni tipo “i padri devono rinunciare a qualche privilegio per favorire i giovani oppure che i lavoratori devono cedere qualche tutela a favore dei giovani in cerca di occupazione”.Queste prese di posizione generano una sorta di contrapposi-zione tra la generazione dei padri con tante tutele sociali e la generazione dei figli con poche o addirittura inesistenti tutele sociali. Spesso, si invoca il patto tra le generazioni perché non

ci sono risorse sufficienti per sod-disfare le istanze e le esigenze dei giovani e dei meno giovani. Nel settore agricolo questo problema si presenta in modo meno conflit-tuale. Vi sono alcune particolarità e opportunità, individuabili nella politica di Coldiretti, che possono costituire un vero e proprio mo-dello da riprendere e applicare anche in altri comparti economici.

Il settore agricolo è un modello per l’effettiva realizzazione del patto tra le generazioniIn agricoltura la convivenza e la condivisione di conoscenze e lavoro tra le generazioni all’interno del nucleo familiare riconosce il valore dell’esperienza che diventa il volano di crescita e sviluppo. Le opportunità legate alla multifunzionalità, alla vendita diretta, alla valorizzazione delle produzioni, creano le condizioni per una ridistribuzione delle competenze e delle responsabilità all’interno dell’impresa agricola. In questa direzione e su questi presupposti, può concretizzarsi un vero patto tra le generazioni. Occorre accrescere questa consapevolezza in quanto può rappresentare la premessa per la realizzazione del patto. Il settore agricolo è un modello per il benessere e l’invecchiamento attivo della popolazione. La società rivolge sempre più attenzione allo stile di vita sano e all’invecchiamento attivo Ciò non può prescindere da un contatto diretto con la natura, con i suoi tempi, che genera richieste specifiche alle quali l’agricoltura può dare una risposta concreta e qualificata. Un’ampia scelta che va dagli agriturismi, ai Mercati e alle Botteghe di Campagna Amica, fino agli orti cittadini, alle Fattorie didattiche e sociali che consente di valorizzare le risorse complessive delle imprese agricole anche sotto il profilo economico oltre a contribuire a migliorare la qualità di vita. L’offerta di fruibilità della natura grazie alla politica di Coldiretti è ampia, concreta ed efficace ed il sistema delle imprese Coldiretti può offrire opportunità di benessere sempre più diffuso ai cittadini.

Per approfondimenti:www.pavia.coldiretti.it/associazione-pensionati

Patto tra generazioniLe rappresentanzedi tutta la Lombardiaa Montebello della Battaglia

Il settore agricolo può rappresentare un modello per realizzare un patto tra le generazioni e favorire l’invecchiamento attivo

Antonio Mansueto (foto in alto a destra) Pierluigi Cerri e Stefano Ravizza (foto in basso, il primo da destra)

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Patto tra generazioni Un milioni e duecentomilacoltivatori vivono con600 euro al mese

FISCALE | 33

BARATTI ANGELO 11x8 ok_Layout 1 24/01/12 16:31 Pagina 1

“Quasi 1,2 milioni di pensionati coltivatori diretti riceve circa 600 euro al mese e l’importo si abbassa se si analizzano le pensioni di invalidità con 445 euro al mese e le pensioni ai superstiti che toccano a mala pena i 300 euro al mese.” A denunciarlo è la Fedepensionati Coldiretti, in occasione della presentazione del rapporto Istat sui Trattamenti pensionistici e beneficiari. Dai dati dell’Istituto di statistica emerge che nel 2010 la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche, pari a 258.477 milioni di euro, è aumentata dell’1,9% rispetto all’anno precedente; in diminuzione, invece, risulta la sua incidenza sul Pil (16,64% a fronte di un valore di 16,69% registrato nel 2009). Secondo il presidente della Federpensionati Coldiretti Antonio Mansueto “siamo di fronte, ad elementi economici spesso di pura sussistenza che evidenziano situazioni difficili nelle campagne per pensionati che vedono ogni giorno aumenti del costo della vita”.

Collaboratori Volontari del Patronato EpacaIl Patronato EPACA oltre agli Operatori presenti nelle U.O.L. territoriali, si avvale anche della attività di Collaboratori Sociali volontari “esterni” alla struttura. Si tratta di persone che svolgono attività di assistenza generica, previdenziale, sociale e fiscale presso le proprie comunità di residenza ed affidano al Patronato Epaca le istanze raccolte per l’istruttoria e l’inoltro agli Enti previdenziali delle relative domande. Questo perché l’assistenza svolta da Epaca non è limitata ai soli associati che costituiscono, comunque, la base ed il riferimento prioritario sui quali il Patronato imposta il suo lavoro e la sua struttura operativa, ma è rivolta a tutte le persone, a tutti i pensionati e a tutti i lavoratori che richiedono informazioni, consulenza ed assistenza. Nei giorni scorsi il gruppo dei volontari di Pavia ha incontrato il Direttore Generale del Patronato Epaca Leo Fiorito per una comune valutazione sulle mansioni e sulle competenze dei Collaboratori e per consolidare il rapporto di collaborazione in atto. Se tra gli associati o i loro familiari ci sono persone impegnate in attività sociali e di assistenza nelle loro comunità di residenza che intendono collaborare con il Patronato possono contattare la direzione provinciale EPACA per avere tutte le informazioni necessarie.

FISCALEn.4 2012 | 34

Terreni agricoli fuori dalla revisione catastale e conferma del sistema attuale di tassazione, con la non applicabilità all’agricoltura dell’Iri, la nuova imposta sul reddito di imprese. Sono le novità contenute nel disegno di legge di delega fiscale varato dal Consiglio dei Ministri. Per i fabbricati rurali, pur essendo in linea di principio inclusi nel perimetro della delega (che concerne il catasto fabbricati), non sono tuttavia previsti principi e criteri direttivi per l’esercizio della revisione. Per quanto concerne le imposte sui redditi, le nuove misure delineate dal disegno di legge di delega fiscale per le imprese non si applicano al settore agricolo. Le imprese agricole, pertanto, continueranno a calcolare ed a corrispondere l’imposta secondo l’attuale sistema, basato sul reddito agrario derivante dal catasto. Intanto prosegue il cammino alla Camera del decreto legge sulle semplificazioni fiscali, che vede confermate le novità emerse dall’esame in Senato. Vengono esentati dall’imposta i fabbricati rurali ad uso strumentale ubicati nei Comuni montani o parzialmente montani, mentre viene introdotta una franchigia (fino a 6.000 euro di valore) ed una riduzione d’imposta (fino a 32.000 euro di valore). Ancora, viene ridotto al 30% il pagamento dell’acconto Imu giugno 2012 per i fabbricati rurali. Questa riduzione è prevista a fini prudenziali, tenuto conto delle incertezze del gettito derivante dall’imposta, e consentirà di valutare opportunamente il gettito medesimo. Al riguardo la norma prevede espressamente che, in caso

di gettito superiore alle previsioni, venga ridotta l’aliquota prima del saldo di dicembre. Il meccanismo introdotto evita pertanto la possibilità di un forte extra-gettito gravante sul settore, che era stato paventato dalla Coldiretti. “Siamo impegnati responsabilmente a far riconoscere le peculiarità del settore e le difficoltà economiche che vive l’agricoltura italiana, per questo abbiamo apprezzato molto che il Governo abbia riconosciuto, nell’ambito del disegno di legge sulle misure fiscali approvato dal Consiglio dei Ministri, tali specificità – ha commentato il presidente della Coldiretti Sergio Marini -. Siamo consapevoli del periodo difficile che sta affrontando il Paese e noi rispetto a ciò non ci siamo mai tirati indietro soprattutto quando le scelte sono informate da capisaldi giusti quali sostenibilità, equità e riconoscimento delle peculiarità oggettive. Questioni sulle quali - ha concluso Marini - va dato atto al Ministro delle Politiche Agricole di essersi impegnato con coerenza e determinazione”.

Legge delega fiscale, terreni agricoli esclusi dalla revisione catastale

FISCALE | 35

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta sugli aspetti tributari della produzione di energia elettrica e calorica proveniente da fonti agroforestali e fotovoltaiche e di carburanti e prodotti chimici, derivanti dalla coltivazione del fondo agricolo. In particolare ha aggiunto l’attività di produzione di energia nell’ambito agricolo alle attività. • l’imprenditore agricolo è il soggetto che “si pone in rela-

zione di effettiva coerenza con l’attività agricola principa-le”. Possono essere imprenditori agricoli le persone fisi-che, le società semplici, gli enti non commerciali, le società a responsabilità limitata e le cooperative la cui ragione so-ciale contiene la locuzione “società agricola”

• per questi soggetti, l’imposizione fiscale avviene sul red-dito agrario, che si determina mediante l’applicazione di tariffe d’estimo catastale;

• le attività di produzione di energia e carburanti con pro-dotti del fondo sono considerate “connesse” alla normale attività agricola, a patto che quest’ultima risulti prevalente.

In pratica, Vengono considerate attività agricole connesse: la produzione di energia elettrica e calorica derivanti da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche e la produzione di carburanti e prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli che provengono dal fondo. Vengono sempre considerati assorbibili interamente dal reddito agrario i primi 200 kW di potenza nominale complessiva dell’impianto fotovoltaico. La produzione che eccede questa potenza può comunque rientrare nel reddito agricolo se viene soddisfatto almeno uno dei seguenti criteri: integrazione architettonica totale o parziale dell’impianto nelle strutture dell’azienda agricola; il volume d’affari derivante dall’attività agricola (esclusa la produzione fotovoltaica) sia superiore al volume di affari della produzione di energia eccedente i 200 kW; infine, fino al limite di 1 MW installato, l’azienda dimostri di avere almeno 1 ettaro coltivato ogni 10 KW installati eccedenti i 200. Per le imposte dirette, i proventi delle tariffe incentivanti sono:irrilevanti ai fini del reddito di impresa e assorbiti nel reddito agrario se il soggetto percettore è un imprenditore agricolo che svolge attività prevalente rientrante nel reddito agrario e produce energia fotovoltaica nei limiti

descritti (franchigia); rilevanti ai fini del reddito di impresa per la sola quota che eccede i limiti descritti (oltre la franchigia); rilevanti per l’intero importo nei redditi di impresa nei casi in cui non siano rispettati i requisiti della prevalenza dell’attività agricola e del rapporto ettari coltivati/KW installati.

Le Imposte indirette: IVA sulla cessione di energiaLa vendita di energia è sottoposta all’Iva 20%, con l’eccezione dei casi previsti dalla normativa e cioè gli usi domestici, imprese estrattive, agricole e manifatturiere, clienti grossisti, che godono dell’aliquota del 10%. Pertanto la produzione di energia in ambito agricolo sconta l’IVA del 10%. L’imprenditore agricolo dovrà in tutti i casi tenere una contabilità Iva separata per l’attività di vendita dell’energia.

Irap L’impresa agricola è assoggettata all’aliquota IRAP ridotta del 1,9%. Per tutte le partite che esulano dal reddito agricolo, cioè tutti i casi in cui si configura un reddito extra agricolo, si applica invece l’aliquota ordinaria del 3,9%.

La Ritenuta d’acconto del 4%In tutti i casi in cui le tariffe incentivanti costituiscono reddito d’impresa vengono assoggettate a ritenuta d’acconto 4% da parte del GSE. Conseguentemente, per le attività rientranti nel reddito agrario non si applica la ritenuta di acconto del 4%. Si ricorda infine che le tariffe incentivanti non sono mai soggette ad Iva, in quanto si tratta di un contributo fuori campo IVA.

Per approfondimenti: www.pavia.coldiretti.it/caf

delle aziende agricole che producono energia

La fiscalità

IMU: Si avvicina la scadenza della prima tranche (16 giugno) relativa alla nuova Imposta Municipale Unica. In questo ambito sono oggi imponibili anche i fabbricati di abitazione compresi quelli rurali, come pure gli immobili agricoli strumentali fatta eccezione per quelli situati nelle zone montane o parzialmente montane (queste zone verranno stabilite dall’ISTAT e saranno pubblicate in uno o due elenchi). In questo contesto, ad oggi ancora non definitivamente strutturato e normato, nelle nostre campagne esistono ancora molti fabbricati rurali censiti a Catasto Terreni che dovranno essere accatastati al Catasto Edilizio Urbano entro il prossimo 30 novembre. Parlando dei fabbricati strumentali (capannoni, stalle, cantine, ecc.), tra questi sicuramente ve ne saranno anche di inagibili e improduttivi. Stiamo parlando dei fabbricati cosiddetti “collabenti”. Questa situazione si verifica, quando al fabbricato o all’unità immobiliare vengono a mancare le caratteristiche di redditività. Entrando un po’ più nel dettaglio, per collabenti si intendono quelle costruzioni non abitabili o non agibili e comunque di fatto non utilizzabili, a causa

di dissesti statici, di fatiscenza o inesistenza di elementi strutturali e impiantistici, ovvero delle principali finiture ordinariamente presenti nella categoria catastale, cui l’immobile è censibile ed in tutti i casi nei quali la concreta utilizzabilità non è conseguibile con soli interventi edilizi di manutenzione ordinaria o straordinaria. Se quindi sappiamo di avere dei fabbricati che rispondono ai requisiti di cui sopra e, che sono ancora accatastati a Catasto Terreni (condizione necessaria), possiamo incaricare un tecnico affinché possa procedere all’accatastamento al NCEU come immobile collabente nella categoria F2 privo di reddito. In tali casi alla denuncia deve essere allegata un’apposita autocertificazione, attestante l’assenza di allacciamento alle reti dei servizi pubblici dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas. In questi casi l’Agenzia del Territorio provvederà quanto prima a fare i relativi sopralluoghi al fine di verificare l’effettiva inagibilità degli immobili collabenti. Un ulteriore aspetto da non sottovalutare è la salvaguardia della cubatura di questi edifici che può essere utilizzata per la costruzione o la modifica di altri edifici aziendali. In ogni caso si raccomanda sempre di consultare un tecnico che dovrà valutare tutte le condizioni prima di procedere all’accatastamento di questi fabbricati come collabenti.

Gli immobili collabenti

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Case fantasma

Attraverso un Comunicato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3 maggio 2012, n. 102, l’Agenzia del Territorio ha reso noto che sono stati pubblicati, tramite affissione all’Albo Pretorio dei Comuni, gli atti relativi all’attribuzione della rendita presunta dei fabbricati non dichiarati spontaneamente in catasto, note altrimenti come “case fantasma”. L’Agenzia del Territorio ha quindi provveduto ad attribuire una rendita presunta all’immobile, e ad accatastarlo in sostituzione del soggetto inadempiente, accollando tutti gli oneri a carico dello stesso soggetto inadempiente. I contribuenti interessati da tali provvedimenti hanno tempo 60 gg dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi fino al 2 luglio 2012 per:• presentare istanza di autotutela;• proporre ricorso dinnanzi alla Commissione Tribu-

taria Provinciale competente per territorio, tenendo presente che l’istanza di autotutela non sospende il termine per la proposizione del ricorso.

Il provvedimento in questione non prevede la notifica al contribuente che, pertanto, non può sapere nulla a meno di leggerlo presso l’Albo Pretorio del Comune di ubicazione degli immobili. A rafforzare l’attenzione che va posta sulla vicenda, si segnala inoltre che i rilievi aerofotogrammetrici non fanno differenza tra una costruzione e, ad esempio, un ammasso di balloni di paglia coperti da un telo, andando a segnalare (con conseguente accatastamento) in ogni caso la presenza di un immobile. Maggiori informazioni si potranno ottenere rivolgendosi presso i nostri uffici su territorio.

FISCALE | 37

TERRANOSTRAn.4 2012 | 38

La crisi accorcia le vacanze e taglia i budget di spesa ma sopratutto dà impulso al turismo ecologico che raggiunge in Italia il valore record stimato di 11 miliardi nel 2012. È quanto emerge da una analisi Coldiretti presentata in occasione dell’incontro organizzato con il Touring Club Italiano “Dentro il paesaggio - Agricoltura sostenibile e turismo compatibile” con la partecipazione, tra gli altri, del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Mario Catania, del Sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Guido Improta, del Presidente del Touring Club Italiano Franco Iseppi e del Presidente nazionale di Coldiretti Sergio Marini. La primavera 2012 conferma il trend di crescita del turismo ecologico con un progressivo aumento del fatturato e delle presenze, che sfiorano 100 milioni all’anno negli esercizi ufficiali delle aree protette. Per molti si tratta di una scelta alternativa alle vacanze tradizionali con la possibilità di godere in Italia dei 871 parchi, oasi e aree protette che coprono il 10% del territorio nazionale dove è possibile assistere allo spettacolo unico della natura. Dai dati emerge che l’attenzione per il paesaggio non riguarda solo gli “ecoturisti puri” nei parchi e nelle aree protette ma coinvolge tutte le principali destinazioni. Dall’indagine, infatti, risulta che nella

scelta di una meta turistica la presenza di bellezze naturalistiche e paesaggistiche incide per il 55%, seguiti da cultura, arte e storia (49%), relax (33%) e divertimento (22%). L’interesse per la natura e il paesaggio cresce con l’aumentare del reddito e per i vacanzieri che vivono in città. La meta ideale per le bellezze naturali e per i percorsi naturalistici degli italiani è il Trentino Alto Adige mentre per le città d’arte e il turismo enogastronomico è la Toscana, la Sicilia vince per i prodotti agroalimentari tipici, l’Emilia Romagna per il miglior rapporto qualità e prezzo mentre la Lombardia si afferma per l’offerta culturale. Anche dal Centro Studi del Touring Club Italiano arrivano conferme del fatto che il turismo rurale in Italia è stato, negli ultimi anni, protagonista di uno sviluppo considerevole. Gli agriturismi, che ne rappresentano un pò l’emblema, hanno registrato tra il 2000 e il 2010 un incremento consistente degli arrivi (+160%) e delle presenze (+111%) e di queste oltre il 50% proviene da oltreconfine. “L’ambiente ed il paesaggio non sono solo un patrimonio del Paese ma una leva competitiva per battere la crisi e tornare a crescere in modo sostenibile - afferma il Presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che - Il futuro dell’Italia si regge su quello che ha di unico e di esclusivo e sulla capacità di mettere queste peculiarità nei propri prodotti e nei propri servizi. Territorio, paesaggio, storia, cultura, alimentazione e tradizioni sono il vero valore aggiunto del Made in Italy”. “Touring è convinto – afferma Franco Iseppi, Presidente del Touring Club italiano - per spiegare il tema di questo nostro incontro, che dentro il paesaggio la collaborazione tra agricoltura sostenibile, che difende la qualità e non danneggia il paesaggio, e un turismo compatibile, con la stessa funzione, che tenda a rispettare i territori senza banalizzarli e uniformarli, possa dare risultati alti e nobili e consentire uno sviluppo agricolo di qualità e benessere e una crescita economica del turisto di qualità”.

all’eco-vacanzaLa crisi dà impulso

nel 2012 raggiunge quota 11 miliardi

Molti imprenditori chiedono frequentemente notizie e informazioni su come aprire un agriturismo, i passaggi burocratici, gli impegni fiscali, gli obblighi di legge, le opportunità di finanziamento, o come avviare la vendita diretta dei loro prodotti. Coldiretti Pavia ha prodotto un opuscolo che non intende sostituire i testi di legge in vigore, ma riassumerli in modo esaustivo; l’opuscolo fornisce agli imprenditori uno strumento per fare le migliori scelte imprenditoriali. L’affermazione dell’agriturismo, e degli spacci ha consolidato un patrimonio di appartenenza al mondo agricolo: quello dell’ospitalità. Lo “straniero”, infatti, veniva ricevuto nella struttura agricola del territorio e considerato “membro temporaneo” della comunità nella quale si trovava. Non bisogna dimenticare, un altro ruolo attivo, non secondario, dell’imprenditore agricolo: quello di conservatore dell’ambiente, contribuendo a prevenire l’abbandono delle campagne. L’azienda multifunzionale, quindi, nasce come strategia alternativa che può consentire agli agricoltori di riconquistare centralità nel sistema agroalimentare prestando il proprio volto per ridurre i passaggi sociali, culturali ed economici che li separano dal consumatore finale. Coldiretti si è impegnata nel volere fortemente la legge di orientamento del 2001 e sta realizzando il primo, grande e concreto progetto italiano “Una filiera agricola, tutta italiana firmata dagli agricoltori” a difesa del Vero Made in Italy per accompagnare le imprese verso nuove ed integrative opportunità di reddito. Con l’augurio che il lavoro e la passione per la terra continui a favorire lo sviluppo di interessanti opportunità, buona lettura a tutti.

Agriturismo e vendite dirette: nuove disciplinari

Venerdì 18 maggio, presso l’azienda agrituristica Chiericoni, di Rivanazzano, nell’ambito del progetto EduCA di Coldiretti Pavia, coordinato da Annamaria Seves, due classi della scuola media di Casteggio si sono sfidate in una prova di cucina a chilometri zero. Assistiti dall’arte culinaria della titolare dell’agriturismo, hanno individuato i prodotti del territorio e preparato un primo piatto e un dolce che sono stati valutati da una giuria di esperti tra cui Vilma Pirola, responsabile provinciale di Donne Impresa, patrocinante del progetto EduCA, il sindaco di Rivanazzano Romano Ferrari, Piera Selvatico, titolare dell’omonimo ristorante, Paolo

Duminuco dell’Istituto alberghiero Vittorio Alfieri e Roberto Pace delegato provinciale di Fisar. La

sfida è stata vinta dalla 1° C che ha prevalso sui compagni della 2°C. “È stato un modo

divertente – ha commentato Annamaria Seves, coordinatrice del progetto EduCA nell’ambito di Educazione alla Campagna Amica – per mettere in pratica gli insegnamenti che nell’arco di questi tre anni abbiamo portato nelle classi e contemporaneamente, valutare il livello di preparazione dei ragazzi che ha consentito loro di aggirare qualche ostacolo che appositamente abbiamo posto sul loro percorso”.

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BIOLOGICO | 41

Dal 1° luglio prossimo va definitivamente in pensione il vecchio logo bio (quello circolare con la spiga circondato dalle stelline) per lasciar spazio esclusivamente all’euro-leaf (euro-foglia - marchio rettangolare verde con una foglia fatta di stelline). A partire dal 1° luglio in ottemperanza a quanto riportato all’art. 95 comma 10 del reg. Ce 889/2008, non sarà più possibile utilizzare etichette e/o confezioni che, approvate in precedenza, riportino i riferimenti al regolamento Cee 2092/91 o al regolamento Ce 834/2007 e che, ancora giacenti in azienda, non siano conformi a quanto disposto dagli artt. 23, 24, 25 e 26 del regolamento Ce 834/2007 e dall’art. 57 al 61 del regolamento Ce 889/2008. Sta, dunque, scadendo la misura transitoria che aveva concesso la possibilità di smaltire etichette e confezioni giacenti in azienda, predisposte e approvate durante il primo periodo di applicazione dei nuovi regolamenti. Il logo Ue dell’agricoltura biologica, lo ricordiamo, dà ai consumatori la sicurezza riguardo l’origine e la qualità degli alimenti e delle bevande. La presenza del logo sui prodotti assicura la conformità con il regolamento europeo sull’agricoltura biologica. Dal luglio del 2010, tutti i prodotti alimentari biologici preconfezionati nell’Unione europea devono recare obbligatoriamente il logo biologico

dell’Ue. È inoltre possibile usare il logo su base volontaria per i prodotti biologici non preconfezionati prodotti nell’Ue o su qualunque altro prodotto biologico importato da Paesi terzi. Il nuovo logo biologico è il secondo simbolo che certifica i prodotti biologici all’interno dell’Ue. Il primo è stato lanciato alla fine degli anni ‘90 ed è stato applicato su base volontaria. Dal 1° luglio 2010 era diventato obsoleto ma era rimasto in circolazione sulle confezioni di alcuni prodotti fino a che questi non sono usciti di produzione.

Logo bio,dal 1° luglio solo l’”eurofoglia”

Va in pensione la spiga, marchio che ha accompagnato i prodotti bio dagli anni ‘90

n.9 2011 | 42 BREVI

Lo scorso 7 maggio, presso la Sala Consiliare del comune di Retorbido, il presidente della Coldiretti di Pavia Giuseppe Ghezzi, alla presenza del presidente della Provincia Daniele Bosone, dell’assessore al lavoro Franco Osculati e del sindaco di Retorbido Isabella Cebrelli, ha incontrato una rappresentanza dei dipendenti, in cassa integrazione della azienda Brasilia, che da otto mesi non percepiscono lo stipendio. “In un momento di crisi – ha dichiarato Giuseppe Ghezzi, presidente della Coldiretti di Pavia - in cui vacillano i fondamenti della società che conosciamo, il recupero dei valori fondanti ci consentirà di affrontare le difficoltà con l’auspicio di ribaltare la situazione e tornare ad un’economia più florida. Per questo motivo, durante l’incontro le aziende di Agrimercato che settimanalmente danno vita ai Mercati di Campagna Amica, offriranno simbolicamente il riso alle famiglie dei lavoratori in difficoltà”. “Il riso – ha commentato Giovanni Roncalli – è uno dei prodotti simbolo della nostra provincia e in questo momento soffre le speculazioni di un’industria che non riconosce la qualità e il significato profondo del valore di un’agricoltura che è bagaglio di tradizione, storia e cultura della nostra società e rappresenta l’auspicio di risoluzione dei problemi che hanno travolto il nostro Paese”.

1° Concorso Nazionale dei Vini d’Italia

La solidarietà di Coldiretti ai lavoratori Brasilia

Si sono tenute lo scorso 4 maggio a Otranto, le premiazioni del primo Concorso Nazionale dei Vini Rosati d’Italia, promosso dalla regione Puglia con il ministero delle Politiche agricole. Oltre alla premiazione, l’evento ha visto l’impegno di tutti gli Assessori all’agricoltura delle Regioni italiane a far nascere la prima fondazione nazionale dei vini rosati. Una tipologia la cui produzione e consumo stanno crescendo in tutto il mondo con un bicchiere di vino “in rosa” su dieci apprezzato in tutti i Paesi: Francia Italia Spagna e soprattutto Stati Uniti in testa, con questi ultimi che guidano la classifica con il 35% dei consumi.

Categoria Vini Rosati Frizzanti DOC e DOP Oltrepò Pavese DOC Pinot Nero di Terre d’Oltrepò, Casteggio

Categoria Vini Rosati Frizzante IGT e IGP Pinot Nero Rosato Frizzante di Testori Quinto e Pietro, Santa Maria della Versa.

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