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Immota harmonìa Collana di Musicologia e Storia della musica

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Immota harmonìaCollana di Musicologia e Storia della musica

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Direttore

Sergio P

Comitato scientifico

Guido BConservatorio di Musica di Trapani “Antonio Scontrino”Società aquilana dei concerti “B. Barattelli” Ente musicale

Dario D PConservatorio di Musica di L’Aquila “Alfredo Casella”

Alessandro CConservatorio di Musica di Roma “Santa Cecilia”

Stefano RUniversità per stranieri di PerugiaConservatorio di Musica di Perugia “Francesco Morlacchi”

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Immota harmonìaCollana di Musicologia e Storia della musica

La collana Immota harmonìa accoglie e prevede nelle sue linee program-matiche e nei suoi intendimenti le tre diramazioni e direttive dellaricerca musicologica: monografie e biografie, trattatistica e analisimusicale. L’argomentazione biografica e monografica spazia natural-mente in tutto l’ambito della millenaria storia della musica, mentre latrattatistica s’indirizza verso le teorizzazioni tipicizzanti e fondamen-tali (teorie generali, acustica, organologia, armonia, contrappunto,studio ed evoluzione delle forme); l’analisi, infine, comprende rilettu-re e tematiche specifiche secondo intendimenti e campi di indaginemolteplici, caratterizzanti e soggettivi.

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Sergio Prodigo

La trattatistica musicalenella latinità medievale

Prefazione diClaudia Fabrizio

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I edizione: febbraio

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Indice

7 Prefazione

11 Introduzione

17 Capitolo I

Da Aristosseno al canto cristiano

1.1. Gli Elementa Harmonica di Aristosseno, 17 – 1.2. La musica

nella latinità, 28

37 Capitolo II

Il De Musica di Agostino

2.1. Analisi del De Musica, 37 – 2.2. Cassiodoro e Censorino, 52

59 Capitolo III

Il De Institutione musica di Boezio

3.1. L’estetica boeziana, 59 – 3.2. La musica instrumentalis, 64 –

3.3. Schemi e fondamenti teorici della modalità, 80

91 Capitolo IV

La trattatistica fino all’anno Mille

4.1. Isidoro di Siviglia, 91 – 4.2. I teorici del VII e VIII secolo, 95 –

4.3. Aureliano di Réôme, 101 – 4.4. Trattatisti anonimi e teorici del

IX e X secolo, 106

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Indice 6

121 Capitolo V

Guido d’Arezzo

5.1. Il Micrologus, 121 – 5.2. Le Regulae Rhythmicae, 140 – 5.3. Il

Prologus in Antiphonarium, 147 – 5.4. L’Epistola ad Michaelem,

150

159 Capitolo VI

L’Ars Antiqua

6.1. La prima fase, 159 – 6.2. La seconda fase: la scuola di Nôtre-

Dame, 167 – 6.3. La terza fase: la notazione franconiana, 181

189 Capitolo VII

L’Ars Nova

7.1. La bolla Docta Sanctorum, 189 – 7.2. L’Ars Nova francese:

Johannes de Muris e Philippe de Vitry, 195 – 7.3. Guillaume de

Machault, 205 – 7.4. L’Ars Nova italiana, 209

221 Conclusioni

227 Bibliografia

231 Indice dei nomi

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Prefazione

Molteplici si riveleranno ai lettori le ragioni dell’operazione con-

dotta da Sergio Prodigo nel libro, di grande impegno, che egli ricava

dalla sua dissertazione di laurea magistrale: far luce su un capitolo

complesso della storia della musica occidentale, innanzitutto, e al con-

tempo lumeggiare le asperità e le ricchezze della lingua con cui su

quella musica si è teorizzato, piegandola alle esigenze di questa teoresi

nello sforzo del discorso intellettuale e della definizione tecnica.

Il contributo di Sergio Prodigo si consegna dunque al pubblico di

studiosi – musicologi, essenzialmente, e storici della musica; ma an-

che medievisti e latinisti – all’incrocio di campi di studio diversi. Co-

me spesso accade, le zone di convergenza tra territori contigui sono le

più feconde, posta la capacità, tutt’altro che comune, di far dialogare

istanze intellettuali e ripartizioni tradizionali del sapere rispettandone

le specificità epistemologiche. Così è nel caso di questo lavoro, che

esamina le principali e più dibattute teorie musicali cui il Medioevo ha

dato vita, e che si scontra direttamente con i problemi propri di ogni

indagine storica: la deformazione prodotta sull’osservatore dalla di-

stanza temporale dall’oggetto di studio (aberrazione prospettica, nella

fattispecie, aumentata e complicata da altre teorie e altre estetiche mu-

sicali che hanno soppiantato quelle medievali, e che più direttamente

fanno parte della formazione e dei gusti di Prodigo musicologo) e

l’oggettiva complessità del codice cui sono affidati i contenuti noetici

da indagare (e cioè il latino della trattatistica medievale: lingua multi-

forme e soggetta a variazione interna più di quanto chiunque non ad-

detto ai lavori possa solo lontanamente immaginare).

Entrambe queste sfide – una sfida che attiene al contenuto e una

che concerne la forma – sono state raccolte dall’autore con un’ambi-

zione e uno slancio saggiamente temperati da metodo, dedizione e

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Prefazione 8

precisione; di più: tali sfide sono state coscientemente ricercate, in un

percorso nel quale lo studioso ha rivelato una sempre ammirevole in-

dipendenza di giudizio e un’apprezzabile freschezza di intuizione. Con

molta autonomia intellettuale, egli ha scelto e collazionato le opere e i

passi; ha distinti le fasi e gli snodi; ha ricostruito i momenti apicali e le

tendenze di sfondo, restituendo un’immagine vivida della trattatistica

musicale nella latinità medievale che sarà di conforto agli studenti e

agli studiosi che vorranno orientarsi in un dominio teorico non abbon-

dantemente frequentato. Al tempo stesso, non ha sottovalutato il pro-

blema interpretativo-filologico connesso ad un codice – il latino scrit-

to nel suo segmento medievale – che, lingua di cultura ancora piena-

mente reattiva e tutt’altro che immobile, «non geme d’impotenza», per

dirla con Kierkegård, di fronte a contenuti di volta in volta difficili, al-

ti e tecnici, ma si piega ad esprimerli con le risorse proprie di ogni

semiosi linguistica nelle mani dei suoi utenti. Con la dovuta attenzione

a questo codice, l’esegesi di Prodigo si discosta talora da quella delle

edizioni critiche ed egli propone una personale interpretazione del te-

sto, segnalandosi come originale e aprendosi al dibattito.

La musica, un po’ come il linguaggio, ha la caratteristica di offrirsi

a chi la studia da innumerevoli punti di vista. Il suo carattere eteroclito

– prendo a prestito la dicitura saussuriana relativa alla faculté du lan-

guage – si arricchisce nel Medioevo di una componente religiosa, ac-

canto ad una purtroppo obliata validità pedagogica. Nel Medioevo si

scrive di musica non solo per la curiosità scientifica di scoprirne la ra-

tio, ma anche perché la musica è lo specchio terrestre di armonie cele-

sti, e perché tramite la musica la comprensione del mistero dell’uomo

si accresce. La musica è anche la compagna inscindibile della lirica

d’amore sacra e profana, almeno sino al divorzio segnato dalla scuola

poetica federiciana. Esagerarne l’importanza per l’uomo medievale –

poeta, artista, mistico – è di fatto impossibile.

Poiché ogni passato è una terra straniera, misurare questi fatti, di

gran lunga molto più complessi di quanto si possa dire qui, comporta

la necessità di comprendere la cornice antropologica e, per dir così,

ecologica della prassi musicale antica; per questo compito, che attende

gli studiosi più intraprendenti, il lavoro di Prodigo offre sin da ora

spunti e materiali non trascurabili.

Al contempo, il suo lavoro contribuisce a ricostruire le vicende tut-

te terrene e concrete di sbagli, incomprensioni, andamenti carsici della

terminologia e debiti teorici non sempre immediatamente riconoscibi-

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Prefazione 9

li, innovazioni e persistenze: fenomeni – questi – ben noti a chiunque

si avventuri sul terreno della storia di una disciplina complessa. Farsi

storico di una scienza richiede un abito molto peculiare e da molti so-

vente frainteso o sottovalutato.

E infine, il libro di Sergio Prodigo ha il merito non irrilevante di ri-

cordarci che se, di secoli bui si può parlare per il Medioevo latino, essi

lo sono solo perché (ancora) troppo poco illuminati.

Claudia Fabrizio

docente universitaria di Linguistica e Storia della lingua latina medievale

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Simone Martini

(Vestizione di San Martino, dettaglio dall’affresco; Basilica inferiore di Assisi)

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Introduzione

Nell’ambito musicale, teoria ed estetica costituirebbero una fibra

integrata e radicata nella relativa cultura, anzi sarebbero reciproca-

mente legate da un determinato codice comunicativo, tale da racchiu-

dere e conglobare sia il momento critico sia l’interpretazione artistica.

In simile contesto il periodo storico indagato e il repertorio connesso

apparirebbero proporzionati al materiale prodotto, poiché, dal barocco

fino al Novecento storico e contemporaneo, il patrimonio musicale si

è sempre accresciuto in maniera esponenziale e, al tempo stesso, ideo-

logie e correnti di pensiero si sono avvicendate in gran copia e in pa-

rallelo con altre arti e discipline: tuttavia, tale ingente retaggio rappre-

senta solo quattro secoli di una storia musicale che, invece, fino al

XVII secolo ha alle spalle quasi duemila anni di tradizione. La pro-

porzione citata sfavorirebbe proprio quel millennio oggetto di indagi-

ne, il Medioevo, ma è proprio la trattatistica a colmare tale divario.

In effetti, la quantità di opere, espressamente dedicate alla musica

come scientia, soprattutto dal IX al XV secolo, è particolarmente ele-

vata1: di contro, l’assenza di un sistema notazionale organico, almeno

fino al IX secolo, e la sua discontinua elaborazione sono alla base di

una non rilevante documentazione, limitata alla successiva trascrizio-

ne di una pur cospicua tradizione orale, essenzialmente monodica. So-

lo dal XII secolo, del resto, emergono le prime espressioni di creativi-

tà musicale, frutto dell’opera di musici che, dalla primigenia manuali-

tà, quasi meccanica, del discantus “inventano” polifonie sempre più

complesse e mutano progressivamente le forme sacre e profane in ela-

1 Presso la Jacobs School of Music della Indiana University sono quasi seicento i trattati

utilmente inseriti nell’archivio elettronico (Thesaurus Musicarum Latinarum): solo poco più

di venti vennero scritti dal III al IX secolo, oltre 250, invece, nel XIII e XIV secolo.

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Introduzione 12

borate e ricercate architetture polivoche. Le stesse forme, pertanto, as-

sumono sostanza, si evolvono, si ramificano e si differenziano: il re-

pertorio, di conseguenza, s’accresce, grazie all’opera dei compositori,

assurti al simile ruolo artistico di coevi poeti, prosatori, pittori e scul-

tori, pur se il Medioevo ha ormai quasi completato il suo percorso sto-

rico.

In tale mutato contesto la trattatistica investiga principalmente le

regole del comporre, tralascia le implicazioni teoriche o le speculazio-

ni filosofiche e, agli albori del Rinascimento, abbandona finanche la

lingua latina.

La ricerca musicologica sui vari periodi della storia musicale, dal

XVI secolo fino all’età contemporanea, può analizzare forme e generi

ben definiti attraverso le opere dell’ingegno musicale, da Palestrina e

Monteverdi a Bach e Händel, da Mozart e Beethoven a Liszt e

Brahms, da Schönberg e Stravinskij a Stockhausen e Ligeti; una inda-

gine sul precedente millennio musicale segue generalmente altre diret-

trici: si concentra sull’evoluzione delle prime forme musicali sacre e

profane oppure investiga temi specifici, come la notazione, il grego-

riano, la prima polifonia, l’Ars nova e il contrappunto franco-fiam-

mingo.

Nello specifico e nell’intento espositivo, tali tematiche abbiamo in-

teso affrontarle attraverso la lettura dei principali trattati, dai quali far

emergere, rilevare e commentare prassi teoriche e concezioni estetiche

nel generale contesto della latinità medievale, da Agostino e Boezio a

Isidoro di Siviglia, dalla pletora dei teorici del IX-X secolo a Guido

d’Arezzo, da Vitry a Tinctoris: abbiamo seguito, al riguardo, un preci-

so, sistematico e razionale ordine espositivo, illustrato di seguito nel-

l’articolazione dei sette capitoli costituenti.

Il primo capitolo, tuttavia, è stato concepito come una sorta di ine-

vitabile introduzione, poiché era necessario che compendiassimo la

teoria musicale greca, attraverso l’analisi degli Elementa Harmonica

di Aristosseno, ed esponessimo i prodromi e i successivi fondamenti

del canto liturgico e della modalità del corpus gregoriano, pervenendo

alla stessa esemplificazione dei modi ecclesiastici.

Il secondo capitolo è stato dedicato in gran parte al De Musica di

Agostino: dalla lettura analitica di alcuni passaggi abbiamo potuto ri-

levare come i contenuti estetici tendessero a prevalere fortemente nel-

l’opera di un filosofo che, tuttavia, teorizza l’espressione musicale co-

me scientia bene modulandi. Oltre le finalità didattiche del trattato e la

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Introduzione 13

ratio numerica come base della stessa interpretazione fenomenologica

della musica, abbiamo preferito evidenziare soprattutto quelle consi-

derazioni di natura estetica, che sanciscono la dicotomia fra scienza

teoretica e pratica esecutiva.

Similmente abbiamo operato in Boezio e nel De Institutione musi-

ca, alla cui analisi è stato interamente ascritto il terzo capitolo: tutta-

via, da una sintesi del pensiero greco, critica e razionale, il filosofo

perviene alla tripartizione della musica in mundana, humana e instru-

mentalis, ma è a questa ultima che dedica una complessa ricerca teori-

ca, che si concreta nella logicità degli schemi e nella riorganizzazione

del sistema modale. Tale aspetto è stato particolarmente approfondito,

soprattutto per le successive implicazioni che il suo fraintendimento

ha comportato nella definitiva acquisizione delle otto modalità eccle-

siastiche.

Dopo le due fondamentali opere teoriche, il periodo di interregno,

che giunge fino alle soglie del secondo millennio, è stato oggetto di

indagine nel quarto capitolo: dalle Etymologiae di Isidoro di Siviglia

alla non rilevante trattatistica dei teorici che operano fra il VII e il X

(Beda il Venerabile, Alcuino di York, Aureliano di Réôme, Ubaldo di

Saint Amand, Remigio di Auxerre, Odone di Cluny, oltre i due fon-

damentali trattati anonimi, Musica enchiriadis e Alia musica). I conte-

nuti tecnici delle opere abbiamo ritenuto di doverli esaminare accura-

tamente, al fine di evidenziare da un lato la definitiva consacrazione

della musica come scientia fra le arti del Quadrivium e, dall’altro,

l’acquisizione del sistema notazionale alfabetico e la concreta attua-

zione degli otto modi autentici e plagali, il tutto alla base della pro-

gressiva organizzazione e trascrizione del patrimonio musicale liturgi-

co.

In tale ambito, sia l’evoluzione del sistema notazionale sia le sus-

seguenti acquisizioni teoriche si concretano proprio nell’opera di Gui-

do d’Arezzo, ampiamente analizzata nel quinto capitolo: i suoi quattro

fondamentali scritti, il Micrologus, soprattutto, ma anche le Regulae

rhythmicae, il Prologus in Antiphonarium e L’Epistola ad Michaelem,

abbiamo ritenuto di esporli con lunghe ed esaustive citazioni, ma pur

sempre commentate e inserite nel contesto assunto per la relativa ana-

lisi, corredata delle necessarie esemplificazioni. Le stesse “innovazio-

ni” guidoniane abbiamo inteso approfondirle, anche in relazione alle

interpretazioni successive del suo pensiero musicale, dalla denomina-

zione delle note all’esacordo e alla pratica della solmisazione.

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Introduzione 14

Il mutamento sostanziale della concezione e definizione della mu-

sica, da scientia ad ars, e la sua stessa ragione di essere nell’ambito

della cultura, che gradualmente si affermano dal XII secolo fino agli

albori del Rinascimento, hanno costituito la sostanza delle argomenta-

zioni esposte negli ultimi due capitoli, paritariamente suddivisi nella

trattazione dell’Ars Antiqua e dell’Ars Nova, senza eccedere – come

forse sarebbe stato opportuno – in più dettagliate esposizioni, che

avrebbero snaturato, tuttavia, gli intenti assunti nella trattazione mede-

sima.

Nel sesto abbiamo esposto e analizzato le prime forme di polifonia,

suddividendo lo stesso contesto storico-artistico in tre distinte fasi: la

prima, di carattere teorico, ne ha mostrato i prodromi e le espressioni

iniziali, attraverso le opere di trattatisti come Ermanno il Contratto,

Gil de Zamora e Johannes Affligemensis; nella seconda ampio spazio

abbiamo voluto dedicarlo alla scuola di Nôtre-Dame, ai modi ritmici,

all’opera dei primi compositori (Leoninus e Perotinus) e ai trattati del-

l’Anonymous VII e di Johannes Boen, mentre nella terza fase abbia-

mo esaminato e illustrato la notazione franconiana (assieme ai trattati

di Francone di Colonia e di Giacomo da Liegi). A corredo della teoria,

abbiamo addotto riproduzioni di manoscritti e la trascrizione in nota-

zione moderna del Viderunt omnes di Perotinus.

Nel settimo capitolo rinveniamo inizialmente la disamina e il com-

mento sui contenuti della bolla Docta Sanctorum di Giovanni XXII: di

seguito, l’Ars Nova francese abbiamo inteso descriverla attraverso le

opere teoriche di Johannes de Muris e Philippe de Vitry, riproducendo

parzialmente il manoscritto del mottetto Garrit gallus e la sua trascri-

zione moderna. Analogamente abbiamo operato per l’analisi di due

lavori di Guillaume de Machault: il Kyrie dalla Messa di Nôtre-Dame

e la ballata Sanz cuer m’en vois. Per l’Ars Nova italiana abbiamo chio-

sato il trattato di Marchetto da Padova, il Pomerium, e due lavori poli-

fonici di Gherardello da Firenze (la caccia Tosto che l’alba) e di Fran-

cesco Landino (la ballata Echo la primavera).

Infine, nelle conclusioni abbiamo potuto accennare anche alla trat-

tatistica del Quattrocento, con una breve analisi di due opere teoriche

di Johannes Tinctoris.

Le traduzioni dei passi selezionati e riportati sono originali (nel

senso che ne abbiamo curato direttamente le relative versioni, sovente

caratterizzate da “libere” ma necessarie interpretazioni), tranne quelle

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Introduzione 15

espressamente indicate in nota, per le quali abbiamo utilizzato la tra-

duzione dei curatori dell’opera in oggetto2.

Tutte le esemplificazioni musicali e gli schemi tabellari, salvo di-

versa indicazione (riportata in nota), sono ugualmente originali.

2 I testi dei trattati (oggetto di traduzione originale) sono stati desunti dal Tesaurus Musi-

carum Latinarum nel sito http://www.chmtl.indiana.edu/tml/start.html della già menzionata

Jacobs School of Music della Indiana University (tranne le opere di Aristosseno, Boezio, Isi-

doro di Siviglia, Aureliano di Réôme e Guido d’Arezzo). Nelle note, relative alle citazioni,

abbiamo riportato il nome dell’autore e l’anno di pubblicazione (con la sola indicazione degli

eventuali capitoli): le altre indicazioni vengono dettagliate nella bibliografia.

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Introduzione 16

(particolari da “La Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio,

1509-1510, Musei Vaticani, Stanza della Segnatura)

Boezio Aristosseno Pitagora

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Capitolo I

Da Aristosseno al canto cristiano

1.1. Gli Elementa Harmonica di Aristosseno

Nell’età ellenistica Aristosseno di Taranto (IV sec. a.C.), apparte-

nente alla scuola peripatetica, pose i fondamenti teorici ed estetici del

sistema musicale3, contrapponendosi recisamente alla tradizione pita-

gorica4. L’esordio degli Elementa Harmonica (Ἁρμονικῶν Στοιξεῖν)

definisce e delimita il campo d’azione della ricerca speculativa5:

Τῆς περὶ μέλους ἐπιστήμης πολυμεροῦς οὔσης καὶ διῃρημένης εἰς

πλείους ἰδέας μίαν τινὰ αὐτῶν ὑπολαβεῖν δεῖ τὴν ἁρμονικὴν καλουμένην

εῖναι πραγματείαν, τῇ τε τάξει πρώτην οὖσάν ἔχουσάν τε δύναμιν

στοικχειώδη.

3 La storia della musica, nel corso della sua più che millenaria evoluzione, è disseminata

di antinomie sui diversi piani interpretativi, teorici, pratici, etici ed estetici. Occorre rammen-

tare, tuttavia, come nell’antichità greca l’arte delle Muse (μουσική τέχνη) designasse l’unità

di poesia, melodia e azione gestuale. In tale coeso contesto, interpretazioni e speculazioni fi-

losofiche investivano la stessa espressione artistica nel suo complesso: alla condanna platoni-

ca dell’arte in generale, in quanto mera imitazione della realtà, si giustapponeva una visione

più “liberale” delle discipline afferenti da parte di Aristotele, che ne indicava (ma delimitava)

il fine catartico. In Platone l’astrazione della musica (nella “moderna” accezione terminologi-

ca) si concretava solo sul piano teorico e si associava al concetto pitagorico di armonia delle

sfere, poiché rappresentava l’armonia dell’anima e quindi dell’universo, determinando la se-

colare frattura tra prassi rappresentativa ed esecutiva e ideazione o intuizione pura. Il pensiero

aristotelico, pur derivato da tale dicotomia, scindeva la fruizione (attribuendole valore etico

non disgiunto dal beneficio edonistico) dalla stessa prassi, avulsa dall’educazione e relegata a

mestiere. 4 La concezione pitagorica si fondava principalmente su un razionalismo di carattere ma-

tematico: nella conseguente astrazione del contesto musicale i rapporti numerici tra i suoni si

estendevano al concetto di armonia dell’anima e dell’universo. 5 Aristosseno, 1954: I, 3 (la traduzione dei passaggi selezionati è di Rosetta Da Rios).

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Capitolo I 18

La scienza della melodia è multiforme e si divide in più parti; una di esse

si deve considerare la scienza detta armonica, che è, secondo l’ordine, la

prima ed ha una funzione elementare.

L’impostazione in termini aristotelici della trattazione indica l’ar-

monia come oggetto fondamentale ed “elementare” della conoscenza

(ἐπιστήμη) teorica della musica, compresa nel più ampio genere della

melodia (τό μέλος): entrambi i termini hanno naturalmente assunto si-

gnificati diversi nella terminologia musicale occidentale6.

Dopo un’articolata definizione della stessa melodia7, Aristosseno

ne classifica i tre generi (γένη) in cui si divide il relativo tetracordo8, il

diatonico, il cromatico e l’enarmonico: nell’esemplificazione susse-

guente vengono riportati in notazione moderna e nella convenzionale

intervallazione mi4-si

3.

Nel genere diatonico (ossia tensivo, dall’aggettivo διάτονος, deri-

vante da διατείνω, tendere) i suoni mobili sono appunto caratterizzati

dalla massima tensione, secondo la sequenza tono-tono-semitono; l’at-

tribuzione di cromatico indica una sorta di alterazione di ‘colore’

(χρῶμα) del genere diatonico (secondo la sequenza un tono e mez-

zo/semitono/semitono).

6 Per “armonia” dovremmo intendere la disciplina che studia la formazione e la classifica-

zione degli accordi: anticamente, invece, designava sia le diverse tipologie di accordatura del-

la lira greca sia (ma come harmoniai) le difformi denominazioni dei modi in base all’unione

dei tetracordi nella scalarità di ottava; nel concetto più affine di “melodia”, che designa oggi

una espressione tematica in fieri, erano comprese le parti tonali e ritmiche di una successione

di suoni (φθόγγοι) di altezza differente. Per Aristosseno, tuttavia, tale successione era priva di

altre determinazioni e implicava esclusivamente la parte tonale della musica: l’organizzazione

completa e complessa del τὸ μουσικὸν μέλος veniva indicata, come aggiunta, dal termine

τέλειον che ne formalizzava la funzione di inventio. 7 Aristosseno operava una fondamentale distinzione tra melodia del linguaggio (λογώδες

μέλος) e melodia armonizzata (μουσικὸν μέλος), poiché la prima si avvale del naturale accen-

to delle parole senza discontinuità, mentre la seconda necessita del movimento discontinuo

della voce e delle varie combinazioni degli intervalli semplici. 8 Teoricamente tale termine designava la successione di quattro suoni congiunti, ma si ri-

feriva (anche nella pratica esecutiva) alle quattro corde della lira: tra la corda più alta e la più

bassa l’intervallazione compresa e discendente era di quarta giusta, ma la diversa intonazione

delle due corde intermedie determinava la distinzione funzionale dei tre generi.