CLAUDIO CERRITELLI UMBERTO MILANI - Studio d'Arte del … · si staccano dal buio, ... Tuttavia...

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CLAUDIO CERRITELLI U MBERTO MILANI Studio d’Arte del Lauro Arte Moderna e Contemporanea Via Mosè Bianchi, 60 - 20149 Milano tel. 3408268664 - [email protected]

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CLAUDIO CERRITELLI

UMBERTO MILANI

Studio d’Arte del LauroArte Moderna e Contemporanea

Via Mosè Bianchi, 60 - 20149 Milanotel. 3408268664 - [email protected]

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Trasmutazioni

Introducendo verso la fine del 1972 una scelta di opere di Umber-to Milani per l’inaugurazione della nuova sede del Milione Gian-franco Bruno scrive che “ilpassaggio da una plastica cheponeva come tema di ricercala figura a una forma d’arteproiettata in libera articola-zione tra volumi e spazio èstato per Milani un eventonaturale, intorno al ’50”. “E crediamo di non sbaglia-re - prosegue l’incalzanteavvio del testo - affermandoche il contributo fondamen-tale a questa logica trasmu-tazione di linguaggio, in unartista in cui la coscienzastorica s’identifica con lanecessità di vivere nella sostanza diretta della materia plasticale sue esperienze, è venuto al Milani dall’esercizio della pittura”.Questa convinzione è ancora valida per sostenere i presuppostidi lettura che l’arte di Milani sollecita ogni volta che ci si avvici-na alle sue opere plastiche, pittoriche e grafiche, sia nel caso diesposizioni esaurienti del suo percorso creativo, sia nelle occa-sioni in cui vengono proposti nuclei di più limitato respiro ma

Senza titolo, tecnica mista su carta, 31,5x43,5 cm.

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Senza Titolo, tecnica mista su carta, 51x71 cm.

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sempre – come in questa mostra accuratamente predisposta daCristina Sissa- di eccelsa qualità. L’attuale esposizione comprende circa 30 opere, la pittura èdocumentata da una tempera del 1952, da un collage del 1954,un olio del 1958 e da numero consistente di tele e carte dipin-te tra il 1960 e il 1964. Della scultura sono proposti sei pezzi significativi realizzati tra il1951 e il 1963, un bronzo dal sinuoso orizzonte plastico, alcuni irilievi parietali e lesene dove il segno si frantuma, infine una del-le più emblematiche sintesi spaziali che porta il titolo “Incanto”.Non sono dunque documentate le fasi iniziali di caratterefigurativo e la maggior parte delle ricerche plastiche dell’ulti-mo decennio, le espansioni, i colloqui, i racconti, fino alle bat-taglie e alle ascese che spingono l’arte di Milani verso il culmi-ne del suo itinerario precocemente interrotto. Per quanto riguarda la pittura, allo stesso modo tace l’avviofigurativo e il tormentato fluire del colore entro i filamenti delsegno che esplodono intorno al 1947, per poi saldarsi in nucleipiù compatti e circoscritti.Nonostante queste assenze, è sempre avvincente l’occasione dipoter leggere pittura e scultura come percorsi paralleli chefanno emergere reciproche influenze, insorgenze, tramitisegreti, affinità che tuttavia non permettono mai di rinuncia-re alla specifica natura dei singoli linguaggi. All’interno di questa osmosi continua tra valori di superficiedel corpo plastico e fermenti strutturali dell’immagine pittori-ca si inseriscono le tempere e gli inchiostri come ulteriori

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momenti di dialogo tra le grafie materiche e le tracce croma-tiche, tra i segni tattili che si aggregano in velocità e le disgre-gazioni della linea in espansione sulla superficie. Si tratta di trasmutazioni di pieni e di vuoti, di nervaturescheletriche e di linee diramate nell’aria, di situazioni fragili edi precari elementi in dispersione, eppure dotati di energicislanci costruttivi.Di questo fermento generativo l’opera di Milani si fa carico inogni aspetto del suo divenire, con un ampio rivelarsi di possibi-lità espressive che attinge a quella che Valsecchi ha definito nel1962 come “emotività profonda nel formularsi delle immagini”. Emotività che attraversa lo spazio trasformando i materiali nellacertezza vibratile del gesto, emotività come presenza di sentimen-ti e di sensazioni che affondano nel valore primigenio della mate-ria, emotività del fare e del pensare l’opera come affioramento ditensioni interne, di immagini vive anche nei minimi dettagli.

Nel “ritorno plastico” del 1951 Milani si stacca dalle “formearcane” realizzate nello stesso periodo, gessi di limpida conce-zione plastica dove la purezza astratta dei volumi evoca arca-ne risonanze spaziali, ma soprattutto il desiderio di fissare leespansioni essenziali della forma, memore di Brancusi e diArp, di Moore e Martini, certo anche di Viani.A fronte delle purissime rotondità che trasfigurano i riferi-menti antropomorfici in andamenti di misurato equilibrio, alcospetto di un simile sogno plastico, luminoso come l’avorio,

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sta la forma ruvida e materica di questa opera racchiusa in unorizzonte arcaico e primordiale. La superficie è fatta di gesso cemento e sabbia, con rilievi asprie sommari che emergono attraverso un lavoro di scavo nellamateria, trattata come un reperto della memoria, frammentoarcheologico di un mondo sepolto. Nessuno di questi aspetticontroversi vengono a perdersi nella fusione in bronzo, che anzirestituisce tutti gli effetti materici, le asperità, le scalfiture, igrumi informi, gli accordi lineari e gli sbalzi di spessore che d’o-ra in avanti sarà la modalità più sperimentata dall’artista. L’allusione pittorica a queste evoluzioni della forma è rintrac-ciabile nella composizione del 1952, tecnica mista su cartadove dal fondo fantasmatico emerge, in modo quasi impercet-tibile, l’andamento sinuoso di un segno che si smarrisce nel-l’oscurità. Lo sguardo sprofonda entro il perimetro invisibiledell’ombra dove oscillano tracce di materia fluida, schegge chesi staccano dal buio, lievi consistenze e minime apparizioni diluce che galleggiano nella notte misteriosa dei pensieri.Dopo questa fase di ricerca l’itinerario di Milani si muove ver-so la liberazione della materia, elaborando strutture plasticheparietali basate sull’esercizio della scrittura segnica comeregistrazione immediata dell’invenzione creativa. Una sensibi-le trasformazione di impulsi plastici domina queste vibrazioniritmiche, la costruttività delle linee nasce direttamente dalrapporto con il piano, dai modi in cui i segni si articolanocome rilievi, lamelle, schegge dinamiche di un progetto spa-ziale vitalistico.

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Senza titolo, china su carta, 64x52 cm.

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Nella “lesena” n.5 del 1953 il perimetro della lastra di cemen-to e di sabbia offre la sensazione di un manufatto arcaico dalquale emerge l’immagine allusiva del corpo, ridotto a segniessenziali, scabri, dislocati sulla direttrice verticale. Talecostruzione raggiunge il proprio equilibrio sui molteplici pun-ti di congiunzione delle linee che si snodano, scattano, si arre-stano intorno a nuclei più contorti, liberandosi da questeocclusioni per salire verso l’alto, e perdersi nel vuoto.Nella “lesena” del 1955 (cm. 14x152) la verticalità è accentua-ta al massimo della resa, la lastra racchiude un groviglio dilinee corrose dal tempo, spessori materici si aggregano seguen-do ritmi imprevedibili, trattenuti entro i margini come figureprigioniere della superficie.La scelta del formato fa pensare a tavole di scrittura interioredove ogni segno si contrae nel palpito del proprio inestricabi-le fluire, inesplicabile combinazione di segni che cresconoalternando momenti di velocità e stati di pausa, tra tensionirappresentative disgreganti e nuovi accorpamenti.Nell’altra “lesena” del 1955 (cm. 21x74) la costruzione è piùelementare, si attenua il ritmo convulso delle linee e prevaleun respiro strutturale calibrato sulle ortogonali, quasi memo-re della stilizzazione grafica delle figure che era stato uno deimotivi affrontati nel passato. A proposito dei modi in cui le lesene si affidano all’espressivi-tà del segno Guido Ballo ha parlato di “modulazione ritmicaincisiva e segreta di riferimenti psichici”, Renato Barilli haindicato “la compresenza di un sistema di scheletri e di spine

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dorsali, di coste in aggetto, quasi di reperti fossili affioranti”,Vittorio Fagone ha sottolineato “la forza di aggregazione e l’a-scensionalità che della scultura di Milani resta sempre il movi-mento profondo”.Significative sono in questa direzione di ricerca le plasticheparietali attraversate da schegge per la parete d’ingresso del-la X Triennale del 1954, un esempio di forte tensione struttu-rale in cui si coglie il rapporto con lo spirito spazialista, con lanecessità di far vivere i segni nell’architettura dello spazio-luce. La frantumazione della materia significa rompere con lastaticità della scultura e a rendere il dinamismo del suo corponello spazio, Milani sente infatti la necessità di forme ascen-sionali, conquista la dimensione del vuoto articolando i segniintorno a nuclei in espansione. Questo processo di attivazionelo vede dialogare con Lucio Fontana e con il clima sperimen-tale dello spazialismo che trasforma la materia ponendo lascultura in fervido rapporto con l’architettura, come solleci-tazione di ipotesi ambientali di coinvolgimento totale. Tuttavia l’artista non varca le soglie complementari della pit-tura e della scultura ma le porta fino agli estremi esiti dellaloro possibilità di affermare senza fraintendimenti la loro spe-cifica identità, considerando l’ottica della frontalità come ele-mento di raccordo delle reciproche diversità.Nella piccola plastica parietale del 1957 (cm. 36x73) l’allusio-ne ad una spazialità sempre meno compromessa con la conce-zione statica della scultura si attua nella pur breve misura del-l’opera, capace di sprigionare un’atmosfera vibrante e incon-

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tenibile, attraverso lo scheggiarsi ininterrotto delle linee comesegni alla deriva. Non v’è nulla di scopertamente simbolico,l’evento plastico si struttura nell’evidenza dei suoi elementicostitutivi, nel trattare l’opera come campo di energie magne-tiche che si rafforzanonell’incontro continuodelle linee, dei frammen-ti, dei segni.Del resto, nel 1958 Mila-ni individua tra gli aspet-ti della sua arte una“volontà di contenimen-to, di pensosità, di misu-ra, di controllo”, e inoltre“una grafia personale volta ad esprimere un pensiero o unsentimento con la composizione ‘elementare’ di elementi pla-stici elementari: linee, piani, spessori, tratti”.Considerazioni - queste - che trovano ulteriore verifica nellearticolazioni essenziali del corpo plastico che le sculture deiprimi anni Sessanta esprimono come processo di scarnifica-zione della forma, ricerca di energia assoluta che si elevariscattando la condizione isolata del vivere.Il senso di elevazione di un’opera come “Incanto” (1963) nonsta tanto nell’ampio slancio della sua altezza (cm. 281) quan-to nella radicale riduzione dell’ingombro formale ad una ten-sione incentrata sul ritmo ascensionale della linea portante.Essa si modifica lievemente dalla base al vertice, sdoppiando-

Senza titolo, acquerello su carta, 17x13,3 cm.

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Senza titolo, 1964, china su carta, 70x49 cm.

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si verso la metà del suo percorso in un’altra linea che nasce daun grumo, un nodo, una asperità informe che genera unanuova tensione della materia.Oltre il mito della lacerazione e della frantumazione informa-le, in questa scultura tra le più intense della sua storia Milaniesalta il vigore della struttura primaria attraverso il tratta-mento quasi primordiale della materia. Il colloquio con lo spa-zio avviene seguendo le linee aspre e irregolari dei contorniche liberano la forza interna dell’organismo plastico, trattatocome un’icona che svetta verso l’alto commisurandosi alleenergie del vuoto. Icona dell’incanto - dunque - riferibile sempre al corpo dellascultura, al luogo in cui i nessi figurali stanno in bilico oltre lasimmetria della forma, dislocati nei punti di congiunzione trail visibile e l’invisibile.Scultura come incarnazione materica di un’invenzione spazia-le dove il punto di equilibrio si muove dal basso verso l’alto,senza una stabile certezza tra ciò che si vede a colpo d’occhioe ciò che si può immaginare al di là della misura irradiantedella sua presenza corporea.

Nell’itinerario verso la sintesi plastica l’esperienza della pit-tura affiora come evocazione interiore, non è mai trascrizionepreliminare degli impulsi costruttivi della scultura ma percor-so parallelo dentro il magma lacerato dell’immagine, sintomodel disfarsi del colore tra le luci dell’ombra.

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Nell’alternarsi di questa doppia anima, nella compresenza diquesto duplice sentiero dello stesso cammino, l’intensità dellavoro non ha regole ma solo tacite rispondenze alle verità del-l’esercizio creativo. In tal senso, risulta preziosa l’indicazionedi Francesco Porzio quando scrive che “nei primi anni Ses-santa, quando la sua scultura abbandona la dimensione parie-tale, Milani ci dà le cose migliori nella pittura”.E’ una fase che la mostra documenta con numerose opere cherivelano differenti modalità non solo riconducibili all’aspettomanuale del fare pittura, ma alla concentrazione mentale delcolore come veicolo di sensazioni plastiche. Già se ne avvertela consistenza nelle tracce sfuggenti che si staccano dal fondocome pensieri dell’immediato trascorrere del tempo. Segnismaniosi di superare i limiti, impulsi irrazionali che si sovrap-pongono alla luce calda di “Autunno” (1958) oppure alla sen-sazione metallica di “Argento” (1962), opere non dissimili pertemperamento e intuizione spaziale, anche se legate a istantiesecutivi differenti.L’allusione alla scultura è invece dichiarata con evidenza inuno studio su carta del 1960 dove la struttura del segno è for-temente marcata in chiave strutturale, con una insistenzamaterica che si ritrova anche in un olio dello stesso anno, dovele linee aggrediscono un nucleo formale di forte valenza pla-stica. Una analoga tensione è suggerita da un cartoncinodipinto come uno studio per scultura frontale risolto con moti-vi neri, forti e insistenti sono i segni che artigliano il vuoto e lorendono palpabile.

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In questo contesto possono essere collocate alcune chine del1964 dove le macchie si spandono urtando il bianco della car-ta, disgregando la forma sotto l’effetto del colore liquido, qua-si per adescare lo spazio dentro il ritmo irregolare del segno,in modo non estraneo a quanto avviene nelle espansioni pla-stiche della scultura.Da un altro punto di vista, in una composizione del 1961 fattacon olio collage e tempera emerge la memoria della sculturacome dialettica frontale dei pieni e dei vuoti, frammenti nerigalleggiano su un fondo dissestato fatto di ombre e bagliori chedisorientano lo sguardo, tenendolo in continua apprensione. La visione autonoma della pittura viene restituita al puroistinto del colore in un gruppo di tele del 1962 dedicato allesensazioni del verde, alle trasparenze di luce che si modifica-no in relazione alle diverse fibre della materia che l’artista dis-pone come zone di colore mobile, allusive alla natura e all’in-canto cromatico delle stagioni. La dimensione del paesaggio è sempre il tramite interiore piùdiretto, la percezione si dilata oltre i motivi naturalistici, indiverse composizioni il verde diventa una fitta trama di segniin libertà, tracce sospese nei fondali di grigio o di azzurro, maanche negli spessori indistinti del nero. Talvolta il gesto comprime il segno fino a renderlo scarno edessenziale, si forma così una distanza tra le forme accese e lezone tacite che avvolgono le profondità della superficie, comeuna necessità di placare i nuclei tormentati che la generano. Milani condensa nel colore umori intensi e controversi, inda-

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Studio per scultura, 1960, tecnica mista su carta, 70x50 cm.

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ga lo stupore precario di ciò che resta del paesaggio, fram-menti disseminati nel vuoto, fluide impronte di eventi croma-tici che si sfaldano sulla superficie, equilibri di gesti immedia-ti stratificati negli impasti materici. Le linee portanti di queste composizioni variano a secondadello stato d’animo, si perdono nelle vibrazioni liriche dellaluce notturna, stanno sospese come larve silenziose su fondiluminosi, sono inquiete memorie di colori accumulati nel dive-nire dell’esistenza.Nella grande composizione a scacchiera del 1963 si trovanoracchiusi diversi modi di strutturare il rapporto tra segno ecolore, colore e forma, forma e spazio totale. Il ritmo che gui-da il lieve incastro tra le zone è inquieto, l’apparente fermez-za costruttiva rivela sussulti tra i vari accordi compositivi, leforme sono talvolta racchiuse, in altri casi lasciate indefinite,alcune sono marcate dal segno, altre appena accennate. La logica strutturale di questo dipinto non è mai data per cer-ta, anzi la composizione è lasciata sempre in via di definizio-ne, soggetta al lento trasalire dei colori, dai grigi agli ocra, dairossi ai neri, dalle terre ombrose agli eterei chiarori della luce.D’altro lato, il colore sa staccarsi dalla vacuità dello spazio eva-nescente e recuperare l’ardore intenso della luce, la passione delgesto e l’immediatezza convulsa del segno, in sintonia con alcuniaspetti della pittura americana, Motherwell, Kline e de Kooning,Wols e Mathieu, richiami europei filtrati nel modo tutto lom-bardo di sentire le voci della natura. Non va dimenticato il rap-porto con Alfredo Chighine, l’idea della materia che si fa luce

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emotiva, nervosa, chiusa nella struttura dell’immagine ma sem-pre in grado di sbloccarsi in altra direzione. E’ quanto sollecita un olio del 1963 come “Amaranto e rosso”,dove tracce di nero dialogano con l’energia viscerale dei colo-ri, lo sguardo si nutre di ricorsi segreti, di sfioramenti veloci,di grafie non assimilabili nell’atmosfera del tutto. Lontano da questo fervore cromatico si pongono le esili formedelineate in “Palude verde”, una plaga luminosa dipinta conmovenze audaci eppure senza clamore, anzi disposte a svani-re nel silenzio dello spazio. In “Doppia vita”, la scrittura sensibile della luce e dell’ombrasi attesta sulla duplice soglia del colore, l’immagine è unapagina dove il pittore fissa parvenze emozionali allo stato flui-do, stati d’abbandono della coscienza tra gli incerti equilibridell’esistenza. In un dipinto senza titolo del 1964 due forme rosse su fondorosso evocano lo stato di attesa dello sguardo di fronte allostupore originario della luce, Milani evoca la visione astrattacome spoliazione dell’immagine, puro splendore di coloreincorporeo che affiora senza tremori. In un’altra composizione dello stesso anno, sopra un velo diluce verde, acida e visionaria, galleggiano forme grigie intrisedella stessa luce, umori della natura che aleggiano oltre l’oriz-zonte del paesaggio, captando altri presagi di vita, apparenzeinconsapevoli del desiderio di trasmutazione della pittura.Questa solitaria inquietudine guida l’artista nei suoi modiinfiniti di interrogare lo spazio come continuo ritorno nel

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grembo della materia, sia solidificata nelle intuizioni della ter-za dimensione sia fissata nelle essenze inafferrabili del colore.Ogni opera nasce da una oscura urgenza, muove dal di dentrole trasmutazioni della materia, senza ossessioni progettualima con spontanea capacità di trarre forza dai segni precaridella vita, affinchè l’arte sappia essere – come avviene semprein Milani – esercizio provvisorio di una conoscenza poeticadestinata a durare.

Claudio Cerritelli

Figura, tempera su cartoncino, 67x46 cm.

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© Fotografia di Ugo Mulas - Alberto Giacometti e Umberto Milani, Biennale di Venezia, 1962

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OPERE

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1 - Senza titolo, 1952, tempera su carta intelata, 100x100 cm.

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2 - Ritorno plastico n. 1, 1951, bronzo, 175x102x20 cm.

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3 - Composizione, 1961, olio, collage e tempera su tela, 100x150 cm.

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4 - Autunno, 1958, olio su tela, 80x100 cm.

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5 - Scultura parietale, 1954, gesso e sabbia, 74x36 cm.

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6 - Composizione, 1962, olio su tela, 70x100 cm.

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7 - Composizione in verde, 1962, olio su tela, 100x150 cm.

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8 - Lesena, 1955, bronzo, 21x74 cm.

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9 - Amaranto e rosso, 1963, olio su tela, 80x120 cm.

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10 - Composizione, 1961, olio su tela, 80x120 cm.

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11 - Lesena, 1953, cemento e sabbia, 29x202 cm.(particolare)

12 - Lesena, 1953, cemento e sabbia, 29x202 cm.

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13 - Senza titolo, 1960, olio su tela, 80x100 cm.

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14 - Lesena, 1955, bronzo, 14x152 cm.(particolare)

15 - Lesena, 1955, bronzo, 14x152 cm.

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16 - Argento, 1962, olio su tela, 90x100 cm.

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17 - Senza titolo, 1962, olio su tela, 100x100 cm.

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18 - Palude verde o fumata, 1963, olio su tela, 100x100 cm.

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19 - Attesa, 1963, olio su tela, 180x220 cm.

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20 - Senza titolo, 1964, olio su tela, 100x100 cm.

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21 - Incanto, 1963, bronzo, 281x40x40 cm.

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22 - Doppia vita, 1963, olio su tela, 70x100 cm.

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23 - Senza titolo, 1964, olio su tela, 80x120 cm.

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BIOGRAFIA

Umberto Milani nasce a Milano nel 1912. Inizia giovanissimo a dipin-gere. Dal 1926 segue i corsi serali della Scuola Superiore d’Arte Applicataall’Industria del Castello Sforzesco di Milano e frequenta all’Accade-mia di Brera le lezioni di Adolfo Wildt dove incontra tra gli altri LucioFontana, Fausto Melotti e Luigi Broggini. Il suo interesse si rivolge quindi alla scultura. L’esordio figurativo gli apre uno spazio di rilievo accanto agli scultoriattivi a Milano in quegli anni (1930-1940): Arturo Martini, MarinoMarini, Giacomo Manzù. Fra il 1940 e il 1950 realizza una serie di sculture, pitture e disegni,specialmente nudi femminili, d’intonazione post-cubista e di forte sin-tesi con ascendenze sironiane e romaniche, che lo avvicinano partico-larmente alla prima esperienza plastica di Chighine, artista con il qua-le Milani presenta nel tempo affinità pittoriche. In altre sculture dei primi anni la materia più fluida avvicina Milanial Fontana barocco; la temperie grafica richiama alla mente anche ibei disegni di Meloni, e si inserisce in un clima figurativo comune inquegli anni a vari artisti operanti a Milano. Nel 1943 tiene le sue prime mostre personali a Como e a Milano. Dopo alcuni passaggi in cui ricorrono immagini astratte con robusteforme sinusoidi, ha luogo l’esordio informale. Nel 1947 compaiono i primi dipinti eseguiti con la tecnica del “drip-ping”; subito dopo nei gessi, bronzi e cementi il mondo espressivo diMilani, abbandonata ormai la figura, si arricchisce di valenze pri-mordiali, microcosmi ctonii di terra e materia appena emersa dal caose sulla quale l’uomo lascia le prime tracce.

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Nel 1954 e 1957 nascono le plastiche parietali per le Triennali Milane-si, opere fondamentali nella storia di Milani, misteriosi geroglifici emessaggi ancestrali in bassorilievo.Avvia così un’intensa collaborazione con alcuni architetti operanti aMilano (Luciano Baldessarri, Carlo De Carli, Marco Zanuso, IcoParisi, i fratelli Castiglione e Silvio Longhi). Dopo il 1960 la scultura si circonda dello spazio e propone, in uno deipiù felici sincretismi di nuovo e arcaico - strada diversamente affineall’altra tracciata da Giacometti - steli simboliche, verticalità ieratichee forme lanceolate come corrose “spathe” longobarde, architetturefossili, poetici reperti delle vicende geologiche e naturali.Contemporaneamente Milani arricchisce l’esperienza pittorica diimmagini variamente strutturate a zone di colore o larghe “taches”cerchiate e percorse da segni e graffi spaziali.Nella sua ricca attività espositiva, che si sviluppa dalla seconda metàdegli anni Quaranta, e poi lungo tutti i Cinquanta e Sessanta, parteci-pa a mostre personali e collettive in Italia e all’estero ed è presente consale personali alla Biennale di Venezia nel 1958 e nel 1962, quando gliviene attribuito il primo premio ex aequo per la scultura. Nel 1965 è nominato Accademico di San Luca. Muore nel 1969 a soli 58 anni.

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Senza titolo, 1964, china su carta, 72x50 cm.

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Senza titolo, 1964, china su carta, 72x50 cm.

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MOSTRE PERSONALI

1943 Milano, Galleria Cairola (prefazione di Stefano Cairola)Como, Galleria Como (prefazione di Dino Bonardi)

1944 Como, Galleria Borromini (prefazione di Raffaello Giolli)Milano, Galleria dell’Annunciata

1946 Milano, Galleria del Milione

1948 Como, Libreria DentiTrieste, Galleria Lo ScorpionePavia, Galleria Lo Spettatore (prefazione di Primo Carena)Padova, Libreria Internazionale Draghi

1949 Milano, Galleria dell’Annunciata

1952 Firenze, Galleria Strozzina

1954 Milano, Galleria del Milione

1958 Venezia, XXIX Biennale Internazionale d’Arte, Sala personale (prefazione di Marco Valsecchi) Milano, Galleria dell’Annunciata (prefazione di Franco Russoli)

1959 Milano, Galleria del Milione (prefazione di Franco Russoli)

1960 Bologna, Galleria La Loggia (prefazione di Franco Russoli)

1961 Milano, Galleria del Milione (prefazione di Francesco Arcangeli)

1962 Venezia, XXXI Biennale Internazionale d’Arte, Sala personale (prefazione di Franco Russoli)

1963 Milano, Galleria del Milione (prefazione di Raffaele Carrieri)Firenze, Quadrante Studio d’Arte Contemporanea (prefazione Agnoldomenico Pica, Franco Russoli, Marco Valsecchi)

1964 Modena, Università del Tempo Libero (prefazione di Guido Ballo)

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1965 Winterthur (Svizzera), Kunstmuseum, “Funf Mailander Kunstler. Fabris, Francese, Milani, Minguzzi, Morlotti”(prefazione di Marco Valsecchi)Milano, Galleria del Milione (prefazione di Leonardo Borgese)

1966 Verona, Palazzo della Gran Guardia, “Sei artisti milanesi 1960-1965 Cassinari, Fabbri, Fabris, Francese, Milani,Morlotti” (prefazione di Marco Valsecchi)

1968 Milano, Galleria CortinaLegnano, Galleria Pagani

1969 Milano, Galleria Levi

1970 Milano, Sede dell’Unione Artigiani della Provincia di MilanoMilano, Galleria Bagutta

1971 Milano, Chiostro Grande del Convento di Santa Maria delle Grazie (prefazione di Marco Valsecchi)

1972 Cunardo (Varese), FornaciMilano, Galleria del Milione (prefazione di Gianfranco Bruno)

1973 Milano, Galleria Il Mercante (prefazione di G. Traversi)

1974 Milano, Galleria d’Arte Studio AG

1976 Milano, Galleria Montenapoleone

1977 Milano, Galleria San Fedele (prefazione di Giorgio Mascherpa)Monza, Galleria Agrati

1979 Milano, Rotonda di Via Besana (prefazione di Renato Barilli, Vittorio Fagone, Francesco Porzio)

1980 Milano, Padiglione d’Arte Contemporanea (prefazione di Antonello Negri)

1982 Milano, Galleria Arte Spiga (prefazione di Enotrio Mastrolonardo)

1988 Sartirana Lomellina (Pavia), Castello di Sartirana (prefazione di Francesco Porzio, Alberto Ghinzani)

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1989 Milano, Galleria Vinciana (prefazione di Elena Pontiggia)

1990 Milano, Galleria del Milione (prefazione di Gian Piero Vincenzo)

1992 Milano, Galleria Arte Centro (prefazione di Albero Veca)

1996 Matera, Chiese Rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci (prefazione di G. Apella, F. D’Amico)

1997 Milano, Galleria Arte 92 (prefazione di Martina Corgnati)

2000 Milano, Museo della Permanente (prefazione di Sara Fontana)

2007 Milano, Matteo Lampertico Arte Antica e Moderna (prefazione di Sara Fontana)Milano, Studio d’Arte del Lauro (prefazione di Claudio Cerritelli)

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Di questo volume sono state stampate 300 copie numerate in occasione della mostra tenuta nell’autunno 2007

presso lo Studio d’Arte del Lauro.

Catalogo a cura diCristina Sissa e Luigi De Santis

Fotografie delle opereLuigi De Santis

Fotografia dell’artistaUgo Mulas

Copyright © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati

Realizzazione graficaArtCenter, Bernareggio

StampaMi. G. Milano Grafica sas - Velate Milanese

Tel. 039 671056 - Fax 039 672998

Finito di stampare nel mese di luglio 2007

Un particolare ringraziamento agli amici Silvano Ghiringhelli e Anna Lavagnino

Copia n°

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