CIVILTÀ TAVOLA ISSN 1974-2681 · 2015-04-14 · civiltÀ della tavola n. 270 aprile 2015 n. 270,...

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N. 270, APRILE 2015/ MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

www.accademia1953.it

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

CARI ACCADEMICI...

3 luoghi comuni di una cucina non luogo (Giovanni Ballarini)

FOCUS

5 la grande cucina prescinde dal territorio?(Paolo Petroni)

CULTURA & RICERCA

6 la colatura di alici di Cetara (Giuseppe Anastasio)

8 Paste ripiene (Carla Bertinelli Spotti)

10 il casatiello (Lejla Mancusi Sorrentino)

12 le salse in cucina (Marco Setti)

14 a proposito di tradizione e innovazione

(Giampaolo Colavita)

18 il linguaggio del cibo (Claudio Tarchi)

19 Visual food (Rossana Ragionieri)

22 i piatti di celebri chefsi esaltano con la pesca saturnia

(Ugo Bellesi)

24 territorio in tavola (Angela Renda)

26 la guerra degli strufoli (Maria Letizia Quattrocecere Miletti)

27 Piacere della tavola (Angelo Tamburini)

29 l’acqua di roma (Publio Viola)

31 eclettismo fortuito e cucina caprese

(Claudio Novelli)

33 Quando l’odore del mare era italiano

(Gabriella Iacobucci)

35 saperi e sapori (Roberto Dottarelli)

37 nutrire il Pianeta (Vittorio Marzi)

39 la prima spezia conosciuta in europa

(Sandro Bellei)

41 era l’ora del tè (Antonietta Stroili)

42 a pranzo con il duca (Daniela Stiaffini)

44 la semplicità nella cucina ligure

(Roberto Pirino)

I NOSTRI CONVEGNI

16 italiani nel mondo (Massimo Percotto)

SICUREZZA & QUALITÀ

45 saper leggere le etichette (Gabriele Gasparro)

LE RUBRICHE

9 Calendario accademico20 Parlano di noi28 accademici in primo piano46 in libreria47 dalle delegazioni57 Vita dell’accademia75 Carnet degli accademici77 international summary

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAè stata fondata nel 1953 da orio Vergani

e da luigi Bertett, dino Buzzati traVerso, Cesare Chiodi, giannino Citterio, ernesto donà

dalle rose, MiChele guido franCi, gianni MazzoCChiBastoni, arnoldo Mondadori, attilio naVa,

arturo orVieto, seVerino Pagani, aldo Passante, gian luigi Ponti, giò Ponti, dino Villani,

edoardo VisConti di Modrone, Con MassiMo alBerini e VinCenzo Buonassisi.

In copertina: Elaborazione grafica dell’opera “Lastanza rossa” (1908-1909) di Henri Matisse, esposta, alle Scuderie del Quirinale a Roma, nellamostra “Matisse Arabesque” fino al 21 giugno.

In copertina appare un Codice QR o QR Code, cioè uno di quei codici a barre con la forma quadrata che possono essere letti tramite le fotocamere dei cellulari edegli smartphone Android e iPhone. Quando trovate un QR Code potrete usare un’applicazione del vostro iPhone o smartphone con la fotocamera per deco-dificarlo e vedere cosa nasconde. Per leggere i codici QR è necessaria anche un’applicazione per la scansione, da installare sullo smartphone Android o suiPhone, che permette, puntando la fotocamera sul codice, di estrarre e decodificare le informazioni. Su Android potrete utilizzare, per esempio, la app BarCo-de Scanner, mentre su iPhone e iPad potrete scegliere I-Nigma oppure QR Reader. Basta far leggere a tablet o smartphone il codice QR in copertina, e imme-diatamente il dispositivo si collega al sito dell’Accademia. Dai prossimi numeri della rivista poi, con i QR Code che verranno pubblicati, potrete accedere a nuovie interessanti contenuti interattivi del sito dell’Accademia.

S OMM A R I O

PAGINA 1

S OMM A R I O

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XVI ASSEMBLEA ORDINARIA DEI DELEGATIFirenze, 29-30 maggio 2015

Venerdì 29 maggio

arrivo dei partecipanti e sistemazione in albergo (grand hotel Baglioni****, hotel roma****, hotel santa Marianovella****, hotel l’orologio****)

ore 17.00 Consulta accademica (2013-2015) - sala dante, grand hotel Baglioniore 20.30 Cena di benvenuto di tradizione fiorentina al ristorante Sabatini (Via Panzani, 9/a, firenze)

Sabato 30 maggio

ore 8.00 assemblea ordinaria dei delegati (i convocazione) - sala Michelangelo, grand hotel Baglioniore 9.00 Assemblea ordinaria dei Delegati (II convocazione) - elezione organi istituzionali:

Presidente, membri elettivi della Consulta accademica, Collegio dei revisori dei Conti, Collegiodei Probiviri

ore 11.00 Coffee breakore 12.00 Consulta Accademica (2015-2018) - elezione Consiglio di Presidenza ore 12.30 Consiglio di Presidenza (2015-2018) ore 13.00 Pranzo di lavoro alla Terrazza Brunelleschi, roof garden del grand hotel Baglioniore 19.30 Partenza in pullman per Palazzo Vecchioore 20.30 Cena di gala in onore del Presidente eletto. salone dei Cinquecento, Palazzo Vecchio (cravatta

nera o abito scuro)ore 23.30 rientro in pullman

Per gli accompagnatori:

ore 10.00 Visita guidata della città di firenzeore 13.00 Pranzo di lavoro alla Terrazza Brunelleschi, roof garden del grand hotel Baglioni

Domenica 31 maggio

ore 8.00 Prima colazione in albergo e commiato dei partecipanti

GLI ALBERGHI:

• Grand Hotel Baglioni**** - Piazza dell’unità italiana, 6, 50123 firenze• Hotel Roma**** - Piazza santa Maria novella, 8, 50123 firenze• Hotel Santa Maria Novella**** - Piazza santa Maria novella, 1, 50123 firenze• Hotel L’Orologio**** - Piazza santa Maria novella, 35r, 50123 firenze

AC

CADE

MIA

ITALIANA DELLA

CUCINA

C ari accademici, pomodorodi Pachino, pistacchi diBronte, capperi di Pantelle-

ria, lardo di Colonnata, lenticchie diCastelluccio di norcia, e via dicendo,sono alimenti di nicchia e forzata-mente limitati, caratterizzati dal no-me di un luogo che ben pochi cono-scono nelle sue caratteristiche am-bientali, climatiche e paesaggistiche.in modo analogo avviene per moltialimenti dop e igp, conosciuti soloper il nome e non per le caratteristi-che produttive e di qualità gastrono-mica. tutti cibi che sono, però, dive-nuti veri e propri luoghi comuni.non mancano poi i menu nei quali, inuna ricetta, vi sono due, e anche tredegli ingredienti luoghi comuni, equesto avviene con una frequenza euna diffusione impossibile per piccoleproduzioni, soprattutto quando sonopresentate da cucine nelle quali, sem-

pre più spesso, si assemblano cibi pre-parati altrove.allo stesso modo e nelle stesse cucine,assistiamo alla diffusione, quasi incon-trollata, di carni presentate su un lettodi rucola; crostacei e pesci immancabil-mente associati a passatina di ceci o al-tre leguminose; all’apertura di qualsiasitipo di tortelli, o di ricette “a modomio”. Come per i cibi anche per le ricet-te siamo di fronte alla diffusione deiluoghi comuni.il luogo comune è una realtà relativa-mente recente in cucina, e sempre piùspesso legata a un concetto, non ne-cessariamente vero, la cui diffusione,ricorrenza o familiarità ne determi-nano l’ovvietà o l’immediata ricono-scibilità. il termine deriva dalla locu-zione latina locus communis, la piazzadove le persone si incontrano e con-versano, spesso di futilità, e dove sitrasmettono vacuità. oltre a non es-sere stabile nel tempo, la diffusionedi un luogo comune non è necessaria-mente omogenea nella popolazione epuò essere limitata a gruppi secondoculture, interessi, professioni, orien-tamenti politici.è frequente l’uso del luogo comune perottenere il consenso e, per questo, èmolto impiegato nella comunicazionecommerciale, anche alimentare, doveè essenziale che il potenziale compra-tore, o consumatore, riconosca nelmessaggio il proprio modo di pensare. è ipotizzabile perfino che, quando vi èun interesse rilevante, alcuni luoghicomuni siano costruiti e diffusi ad ar-te, per poterli opportunamente sfrut-tare quando consolidati.

il luogo comune oggi sta anche dive-nendo il sostituto, se non un alibi, peruna nuova e preoccupante cucina“non luogo”. tale espressione, anchein un’unica parola “nonluogo”, non si-gnifica, come si potrebbe immagina-re, solo una cucina che non esiste, peresempio una casa nella quale si man-giano soltanto cibi preconfezionati.significa, invece, una cucina priva diidentità, quindi anonima, senza unrapporto con il territorio, il contestosociale, la tradizione e la storia.a usare per primo il termine non luo-go è stato nel 1992 l’antropologo fran-cese Marc augé. l’espressione ha avu-to grande successo anche nella linguaitaliana e, a partire dal 2003, è entra-ta ufficialmente nei nostri vocabolari.la dizione non luogo deriva dagli ae-roporti, autogrill, centri commerciali,stazioni, tutti luoghi che hanno unasorta di anonimato, con una riprodu-zione in serie anche degli ambienti ar-chitettonici, all’interno dei quali sicollocano.oggi tra i non luoghi vi è gran partedei locali di ristorazione collettiva,che a man bassa usano alimenti in to-to o in parte preconfezionati. non luo-ghi stanno diventando le cucine fami-gliari, dove si utilizzano cibi indu-striali pronti all’uso, consumati dopoun rapido scongelamento, seguito dauna breve cottura o solo un riscalda-mento, spesso in forno a microonde.tutte cucine che ricordano il gioco dellego, nel quale con una limitata seriedi anonimi mattoncini, diversamenteconformati e colorati, si elaborano co-struzioni diverse.

Cibi anonimi e omologati, in luoghi che non hanno identità, relazioni, storia.

Luoghi comuni di una cucina non luogo

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

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C A R I A C C A D EM I C I . . .

i luoghi comuni alimentari sono comequei mattoncini e i pasti che si otten-gono, seppure sicuri e di sapore anchebuono, ma sempre anonimo e omolo-gato, hanno l’anomia tipica dei nonluoghi. una pasta condita con un su-go industriale, o un risotto precosti-tuito secondo una logica industriale ecotto a microonde, seguiti da una co-toletta preconfezionata e verdure sur-gelate, con un dessert di un’industriapasticciera, sono tipici esempi di unassemblaggio che può essere eseguitoin qualsiasi non luogo, della ristora-zione collettiva o delle famiglie po-stmoderne.una cucina del non luogo che si fastrada usando il richiamo di falsi luo-ghi comuni.il massimo della cucina dei non luo-ghi si ha con i distributori automatici,

che hanno dato origine a una “cucinaautomatica”. si è iniziato con alimentiliquidi, poi con quelli solidi come i tra-mezzini e i gelati. ora hanno enormesuccesso le macchine del caffè che of-frono una gran varietà di preparazio-ni. l’evoluzione, entro poco tempo,della distribuzione automatica è rap-presentata dai cibi freschi, con la som-ministrazione di alimenti, e oggi già visono macedonie di frutta di stagione,insalate, frutta fresca, yogurt. tali cibisono preferiti da molti consumatori,in sostituzione delle solite merendineindustriali preconfezionate, conside-rate ipercaloriche e iperpubblicizzate.seguire questo tipo di alimentazionerappresenta un nuovo stile di vita, chepermette anche di valorizzare prodot-ti ortofrutticoli locali.oggi, un quarto degli italiani ha ridot-

to i consumi alimentari o variato leabitudini a seguito della crisi, ma soloil 6,8% ha diminuito i propri acquistidai distributori automatici, che sonoutilizzati dal 40% dei cittadini. sonoalmeno 15 milioni le persone che siavvicinano occasionalmente o conuna cadenza regolare alla distribuzio-ne automatica. in particolare, negliultimi periodi, il 42% della popolazio-ne italiana, tra i 18 e i 64 anni, ha ac-quistato alimenti e bevande automati-camente e addirittura un quarto degliutilizzatori ne fa un uso quotidiano.sembra ormai alle spalle lo stereotipodella macchinetta mangiasoldi daprendere a calci, ma è un segnale diuna cucina di luoghi comuni in unnon luogo che avanza.

GIOVANNI BALLARINISee English text page 77

C A R I A C C A D EM I C I . . .

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ACADÉMIE INTERNATIONALE DE LA GASTRONOMIEGIOVANNI BALLARINI CONFERMATO VICE-PRESIDENTE

Il nuovo Consiglio di Presidenza

Jacques Mallard, Presidente Rafaël Anson, Presidente onorario Giovanni Ballarini, Vice-Presidente

Gérald Heim de Balsac, Segretario Generale André Gruber, in rappresentanza di Olivier Mauss- Académie Suisse des Gourmets

Khalil SaraMarc Spielrein

Ospiti permanenti: Georges Husni (Presidente onorario); Maciej Dobrzyniecki; maître Gérard Aït-Saïd.

La prima riunione del nuovo Consiglio di Presidenza avrà luogo, in maggio, a Colorno, in occasione della consegna dei premi che l’AIG ha conferito all’Italia.

F O C U S

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I più grandi chef del mondo operano in ricche città, lontane dalle tradizioni popolari.

La grande cucina prescinde dal territorio?

Quando si parla di storia della gastronomia, o più sem-plicemente di storia della cucina, immaginiamobanchetti sfarzosi, libagioni, polverosi manoscritti,

libroni di ricette, saggi consigli di apparecchio e di salute a ta-vola. Chi scriveva di queste cose lavorava presso i potenti diturno, sovrani, granduchi, prelati, nobili signori e più tardi ric-chi borghesi. aveva ampia disponibilità di materie prime e dimano d’opera. altro che cucina popolare, cucina contadina, cu-cina della nonna oggi tanto ricercata e osannata. Quasi mai lagrande cucina era legata al territorio, era piuttosto legata algrande cuoco che, girando di corte in corte, portava con sé ilsuo sapere. ieri come oggi. a vedere il successo dei grandi chefmondiali, è chiarissimo come il territorio non conti proprionulla. si può fare una grandissima cucina in cima ad un grat-tacielo di Manhattan, come in una baita in scandinavia o inun’osteria in giappone. Per fare i ravioli d’aragosta, scampi esalmone o la coda d’aragosta in salsa di pomodoro, dove biso-gna vivere? in sardegna? nel Maine? in scozia? a napoli? di-ciamo la verità: la grande cucina mondiale vive e prospera doveci sono i capitali, non dove c’è una buona produzione di materieprime. tokyo è la capitale mondiale dei 3 stelle Michelin, ne haben 12! Parigi 9, Kyoto e hong Kong 7. Così come le grandi cu-cine di un tempo erano a firenze, a Venezia, a ferrara, a Milano

e poi a torino, ossia dove si potevano retribuire scalchi e cop-pieri, oggi i cuochi operano dove i clienti si possono permetterelussuosi pasti. anche il grande innovatore ferran adrià nonaveva certo bisogno di andare nella sperduta Cala Montjoi percreare e proporre i suoi celebri piatti. il talento prescinde dalluogo, la materia prima si trova ovunque, proviene da tutto ilmondo in poche ore. dunque inutile cianciare di filiera corta.si cucina bene in ogni luogo, come si dipinge bene ovunque, siscrive un romanzo ovunque, quello che conta è l’autore. emiliosalgari non si è mai mosso da casa, eppure ha scritto I piratidella Malesia. Ma allora il bollito che è così buono in Piemonte?le moleche a Venezia? la ribollita a firenze? la carbonara aroma? la caponata in sicilia? tutte illusioni? distorsioni dellamente? non proprio. se è vero che certe cose si possono inven-tare e riprodurre ovunque, altre acquistano valore e sostanza,direi perfezione, esclusivamente dove sono nate, perché solo lìsi sanno fare come si deve, frutto di generazioni e di sapientiaffinamenti. è questa la grandezza della cucina che si presentasempre con due facce. la grande cucina internazionale, ditesta, e la grande cucina popolare, di cuore. Comunque cucinaè sempre sinonimo di amore per la buona tavola, amore che siesprime in due mondi che debbono convivere.

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DI PAOLO PETRONISegretario Generale dell’Accademia

Ferran Adrià a Cala Montjoi

L a cucina - come affermava ilcompianto giornalista gaetanoafeltra - è storia di un Paese,

delle sue regioni, rivelarice di fatti fon-damentali del carattere nazionale.tutta l’italia, si sa, è un Paese dalle ri-sorse infinite, un giacimento di arte,di cultura, di multiformi suggestioniambientali e naturali, che la percorronolungo l’intero stivale. la diversità nonè solo geografica, e le sue regioni laesprimono con il folclore e i costumi:una varietà che si riflette integralmentenella grande tradizione gastronomicaitaliana. l’attenzione a tutelare questogrande patrimonio nasce non solo nellacoscienza che esso sia un bene indi-spensabile per chi ama la buona cucinae desidera apprezzarla in tutte le suesfumature, ma anche nella constata-zione che la gastronomia tradizionale

è pure un fattore di grande rilievo perl’economia nazionale.alla luce di tale premessa, nasce l’ideadi ricordare la “colatura di alici”, pro-dotto della più antica tradizione cu-linaria della regione amalfitana, in-ventata a Cetara, borgo marinaro notonon soltanto per le sue bellezze am-bientali e architettoniche nello sce-nario della costa d’amalfi, dichiaratadall’unesco “Patrimonio dell’umani-tà”, ma anche per la preponderanzadi un’attività: la pesca.da sempre, gli abitanti di Cetara, il cuitoponimo deriva probabilmente da ce-tarii (luogo di pescatori) o da cetarium(luogo nel quale si esegue la lavorazionedei pesci) hanno praticato quella che èuna delle più antiche attività dell’uomo.fonti storiche fanno risalire l’originedel borgo marinaro al secolo Viii d.C..

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C U LT U R A & R I C E R C A

DI GIUSEPPE ANASTASIODelegato di Salerno

Un tradizionale metodo di salatura, tramandato di generazione in generazione.

La colatura di alici di Cetara

C U LT U R A & R I C E R C A

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la pesca delle alici risulta, nel corsodei secoli, l’attività più diffusa fra gliabitanti di Cetara, che se ne traman-dano, di generazione in generazione,un tradizionale metodo di salatura.oggi Cetara è sede della più importanteflotta tonniera del tirreno, impegnatanella pesca del prezioso “tonno rosso”,prevalentemente destinato all’espor-tazione verso i mercati asiatici, tuttaviapermane radicata nella storia e nellatradizione l’attività di pesca delle alici,destinate soprattutto alla produzionedella “colatura”.regole semplici e tempi precisi. la ma-teria prima di partenza è costituita dallealici pescate con la tecnica del “cianciolo”(con utilizzo della lampara) esclusi-vamente nel golfo di salerno, da finemarzo a inizio luglio. in questo periodo,per effetto delle peculiari condizionidelle acque del golfo e della fase delciclo vitale del pesce, le alici presentanoun basso contenuto di grassi e sonoparticolarmente adatte al processo disalagione. appena pescate, vengonosottoposte a decapitazione, eviscerazione(“scapezzate”) a mano e sistemate (conla classica tecnica testa-coda, a stratialterni con il sale) in un apposito con-tenitore in legno di rovere, il “terzigno”(un terzo di botte). Completati gli strati,il contenitore viene coperto con un discoin legno (“tompagno”), sul quale si col-locano dei pesi (pietre marine).Per effetto del peso e della maturazionedelle acciughe, un liquido comincia adaffiorare in superficie. Mentre nel nor-male processo di conservazione dellealici, esso viene prelevato ed eliminato,nella produzione della colatura ne co-stituisce l’elemento base. raccolto pro-

gressivamente, è conservato e sotto-posto ad un procedimento naturale diconcentrazione, con esposizione allafonte di luce diretta del sole estivo. altermine del processo di maturazionedelle alici (circa 4-5 mesi), in generefra la fine del mese di ottobre e gliinizi di novembre, tutto è pronto perl’ultima fase del procedimento: il liquidoraccolto è conservato nuovamente nelterzigno ove le acciughe erano rimastein maturazione. attraversando lenta-mente i vari strati (colando), ne rac-coglie il meglio delle caratteristicheorganolettiche, fino ad essere recupe-rato, attraverso un apposito foro pra-ticato nel terzigno con un attrezzodetto “vriale” e trasferito in altro reci-piente. il risultato finale è un distillatolimpido, di colore ambrato carico (quasibruno-mogano), dal sapore deciso ecorposo: un’eccezionale riserva di sa-pidità, che conserva intatto l’aromadella materia prima, le alici salate.agli inizi di dicembre la colatura dialici, vale a dire il garum degli antichiromani, è pronta per condire il piattoforte delle feste natalizie. è quasi unrituale antico: ogni famiglia se la pro-cura per condire gli spaghetti o le lin-guine, immancabili nelle cene vigiliari.una tradizione vera, molto sentita, che

ogni anno ricorda ai cetaresi la propriastoria di popolo marinaro della costieraamalfitana, una specie di rituale cheintimamente celebra il mare e il suovissuto.apprezzata in gastronomia, è da alcunianni finalmente valorizzata e utilizzataquale ingrediente peculiare della cucinalocale. Questo tipico e genuino condi-mento, unico nel suo genere, ha rice-vuto un suo primo riconoscimento. lacolatura d’alici di Cetara è inseritanello speciale elenco, elaborato dalMinistero per le Politiche agricole, deiprodotti agroalimentari tradizionali datutelare e da salvaguardare.Con il passar dei secoli, le verdure con-dite con la colatura hanno subito unnotevole arricchimento di sapore conl’aggiunta dello “sponzino” o pomodorodel “piennolo”, coltivato nei terreni li-macciosi di furore e Conca dei Marini.oggi la colatura cetarese è utilizzataper condire le linguine con l’aggiuntadi pepe rosso o nero, olive verdi, cap-peri, prezzemolo, aglio, olio e unaspruzzatina di succo di limone. tuttiquesti ingredienti vengono mischiatiinsieme, a crudo, un paio d’ore primadi versarli sulla pasta appena scolatae cotta senza aggiunta di sale.

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F ra i primi piatti, che costituisconoil punto di forza della cucina ita-liana, un discorso a parte meri-

tano le paste ripiene: una sfoglia sottile,ottenuta lavorando sapientemente uovae farina bianca, tagliata in piccoli pezzisui quali viene posto e racchiuso un ri-pieno per la successiva cottura e condi-mento. Varie sono le forme del prodottofinale (tonda, quadrata, romboidale, atriangolo semplice, a triangolo arrotolatointorno al dito, ad “ombelico di Vene-re”…) e le sue misure; differenti i ripieni(a base di carni miste, di ricotta, dierbe, di zucca, di polpa di fagioli …) ediverso il gusto (che spazia fra il salatoe il dolce, cogliendo le numerose sfu-mature intermedie); molteplici i modidi cuocerlo e di condirlo. innumerevolianche i nomi usati per contraddistin-guerlo (che, si badi bene, non sono si-nonimi): agnolini, anolini, cappelletti,marubini, ravioli, tortellini, tortelli, con

numerose varianti e specificazioni dia-lettali: “blisgòn, turtèi sguasaròt, caplaz”.il campo è ampio e variegato, e in essosi è dispiegata, molti secoli or sono, lastraordinaria inventiva dei cuochi chehanno saputo impiegare le materieprime disponibili, combinandole conarte e con gusto. se era relativamentesemplice ottenere risultati di grandequalità usando carni pregiate, comequelle di vitello o di cappone, più difficilepoteva essere realizzare piatti sontuosianche per i giorni di magro, quando, inottemperanza ai precetti della Chiesa,era bandito l’uso della carne. tuttaviaproprio i piatti di magro sono quellipiù sbalorditivi per la fantasia degli ac-costamenti: una base più o meno neutra(rappresentata da ricotta o da formaggiofresco, o da polpa di zucca o di fagiolicotti) veniva insaporita con noce moscata,cannella o altre spezie, con amaretti,con cedro candito, con scorza d’arancia,con mosto cotto, con Marsala, con biscottispeziati, con mostarda di frutta.ricette di questo genere, il cui uso èdocumentato sin dal Xiii secolo e che siè ampliato e perfezionato tra il XVi e ilXVii secolo, sono tuttora saldamenteradicate nella tradizione gastronomicadel nostro Paese, in particolare nelleregioni del nord italia, e continuanoad essere preparate nelle famiglie, inoccasione di solenni festività.ai tempi del trionfo del fast food, questagamma superba di specialità di pastaripiena, cibo slow per eccellenza, rap-presenta il segnale rassicurante di unacultura gastronomica che non può esseredefinita in declino. ora anche l’industria si è impadronitadi questi prodotti e, attraverso surgelati

ed essiccati, ne ha esteso la conoscenzae il consumo anche nelle regioni delCentro e del sud dell’italia, la cui culturagastronomica aveva prodotto altri “gio-ielli”, trascurando stranamente il campodelle paste ripiene. Ma, si sa, la cucinaè figlia della geografia, della storia edell’economia.una piccola conferma di questo principioè offerta dalla provincia di Cremona,un territorio apparentemente omogeneo,ricco di acque da sempre sfruttate perle coltivazioni agricole e per l’allevamentodel bestiame. un territorio non diversoda quello di altre province che si svilup-pano a destra e a sinistra del Po, tralombardia ed emilia: a poche decine dichilometri di distanza ci sono città (Cre-mona, Piacenza, Mantova, Parma) fa-mose anche per la cucina e per le pasteripiene, una diversa dall’altra, però, siaper composizione e per gusto sia perdenominazione. anche in provincia diCremona, dal punto di vista delle pasteripiene, l’apparente omogeneità del ter-ritorio lascia il posto a significative dif-ferenze. i marubini di Cremona, ripienidi carne e cotti nei tre brodi, recente-mente affiancati dai tortelli al torroneda gustare asciutti, conditi con burrofuso, grana e mandorle tritate; i tortellidi Crema e del Cremasco, che si man-giano asciutti, e in cui il dolce e il salatosi amalgamano con un gusto insolito,che ricorda alcuni piatti arabi, dovutoall’impiego, nel ripieno, di amaretti, uvasultanina, cedri canditi, biscotti speziati(mostaccini), Marsala; i “blisgòn” di Ca-salmaggiore e del Casalasco, tortelli dizucca un po’ più grandi di quelli comuni,conditi con soffritto di lardo e pomodoro,ma anche con burro fuso e grana.

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C U LT U R A & R I C E R C A

DI CARLA BERTINELLI SPOTTIAccademica di Cremona

Una diversa dall’altra per composizione, per gusto e per denominazione.

Paste ripiene

C U LT U R A & R I C E R C A

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a spiegare le differenze, certo, soccorrela storia, che vede i destini di Crema(avversaria guelfa, prima, della ghibel-lina Cremona e, in seguito, lungamentesoggetta alla serenissima repubblicadi Venezia) per secoli separati da quellidi Cremona (legata alla signoria dei Vi-sconti e comunque alle sorti del ducatodi Milano) e da quelli di Casalmaggiore(a lungo compresa nell’orbita del ducatodi Mantova). ogni città è giustamentefiera delle proprie tradizioni gastrono-miche, ma ci si spinge talvolta ad affer-mare la supremazia dei propri prodotti

su tutti gli altri. è con tale spirito, di-chiaratamente campanilistico, che nelsettore specifico delle paste ripiene fubandita, in passato, una sfida tra i tortellidi Crema e quelli, probabilmente piùnoti, di Mantova (sono entrambi tortellidi magro, con gusto tendenzialmentedolce). non rivelerò i risultati dellasfida, limitandomi a dire, affinché sipossa valutare l’oggettività del giudizio,che ne era promotore e organizzatoreBeppe severgnini, giornalista famoso,nato a Crema.Per chiudere queste brevi note, una

frase di giovanni nuvoletti Perdomini,Presidente rifondatore dell’accademia,che, ancorché riferita a Mantova, valeintegralmente anche per Cremona (e,per far contento severgnini, anche perCrema). secondo nuvoletti, salvare lacucina della tradizione significa “con-servare alle nostre case… il conforto ela poesia, e insieme interpretare i nuovidestini turistici assicurando al panoramad’arte e di bellezza di una città preziosaanche la seduzione, oggi sentitissima,di una tavola ghiotta e gentile insieme”.

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APRILE

18 aprile - Alba-Langhe, Torino,Torino LingottoConvegno “La nocciola PiemonteIgp (o tonda gentile trilobata) -Qualità e ricchezza del Piemontetra le Langhe e Torino”

22 aprile - Valdarno Fiorentino e MugelloConvegno “Lo sport a tavola. Labuona alimentazione per glisportivi”

26 aprile - LivornoConvegno “La cucina dei tre mari”

MAGGIO

7-29 maggio - BibliotecaAccademia Italiana della CucinaAperitivo culturale e inaugurazionemostra bibliografica “20 d’Italia:storie e tradizioni regionali per lacostruzione di una cucina italianasenza confini” in collaborazione conBiblioteca d’Ateneo Università degliStudi di Milano-Bicocca.

10 maggio - LeccoVentennale della Delegazione Convegno “Bitto e stracchino inValsassina: due culture, civiltà,identità diverse nell’animamontana del territorio lecchese”

14 maggio - Roma EurConsegna borse di studio agli allievidell’Ipseoa Tor Carbone

17 maggio - Roma EurXII edizione regata enogastrovelica“Velagustate”, in collaborazionecon Circolo Velico di Fiumicino

22 maggio - Versilia StoricaV Concorso enogastronomico conIpssar “G. Marconi” di Seravezza

24 maggio - Pordenone e Treviso-Alta MarcaConvegno “Cucina e fame dellaGrande Guerra”

29-30 maggio - FirenzeAssemblea ordinaria dei Delegati

GIUGNO

26-28 giugno - Pollino-PolicastroQuinquennale della DelegazioneConvegno “I sapori della GrandeLucania: il cibo dei Parchi”

LUGLIO

12 luglio-30 agosto - AlessandriaMostra “Menu, arte con gusto”, con il patrocinio dell’AccademiaItaliana della Cucina

SETTEMBRE

18 settembre - BudapestConvegno “Cibo e Green-Economy.Prospettive per nutrire il Pianeta”

OTTOBRE

3 ottobre - CremonaCinquantennale della Delegazione Convegno “Le mostarde nellacultura del cibo. Una storiagastronomica padana”

10 ottobre - Ascoli PicenoConvegno “L’oliva ascolana qualeelemento qualificante di unagastronomia territoriale nellaprospettiva del vasto mercatoeuropeo”

15 ottobre - Cena Ecumenica“I condimenti: le salse e i sughi che caratterizzano la cucina del territorio”

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2015

Sono due i profumi che nella set-timana precedente la Pasquainondano l’aria della Campania,

ambedue penetranti, ambedue ecci-tanti. l’olfatto dei golosi ondeggia traessi e non sa se dare la preferenza aquello appetitoso e conturbante delcasatiello, che si sprigiona dalle pa-netterie, o all’effluvio fragrante e de-licato della pastiera, emanato dallepasticcerie. del resto, sia nella pastierasia nel casatiello compaiono gli stessiingredienti che simboleggiano il ri-sveglio della natura: grano, uova, for-maggio. Probabilmente ambedue lepreparazioni erano offerte sacrificalialle divinità campestri e affondano leloro radici nei riti propiziatori in onoredi demetra, la grande Madre, durantele feste primaverili. feste che, con ildiffondersi della cristianità, furonosostituite dai riti della Pasqua di cui

quei cibi diventarono tradizionali. néva dimenticato che il cattolicesimo im-pose norme severe di astinenza in mol-tissimi giorni dell’anno, oltre 170, incui, insieme alla carne, erano bandititutti gli alimenti di origine animalequali uova, latte e latticini. uno diquesti periodi, particolarmente duroe lungo, era la Quaresima, sicché congrande gioia il popolo ne festeggiavala fine concedendosi cibi saporiti ericchi come il casatiello, in cui eranoriuniti tutti gli ingredienti fin lì proibiti:uova, formaggio, sugna e salumi. l’ag-giunta di tanto pepe rendeva poi indi-spensabile l’accompagnamento di unvino rosso generoso o di un biancofrizzantino, come testimonia la vocedel venditore ambulante che sin dal-l’alba, per le strade della napoli otto-centesca, offriva piccoli casatielli caldia coloro che si recavano al lavoro:

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DI LEJLA MANCUSI SORRENTINOAccademica di Napoli-Capri

Preparato in molte località della Campanianella doppia versione rustica e dolce.

Il casatiello

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“’ncopp ‘o casatiello n’ciazzecca ‘o bic-chieriello” (sul casatiello ci sta beneun bicchierino). nella tradizione popolare campana,fino alla metà del secolo scorso, tra fi-danzati vi era l’usanza di scambiarsidoni mangerecci: lui portava alla suainnamorata un uovo di cioccolato e deifiori, mentre lei ricambiava con un ca-satiello preparato con le sue mani. an-cora oggi, per la gita di Pasquetta, latradizione prevede il casatiello carat-terizzato dalla presenza di uova interepoggiate con tutto il guscio sulla som-mità e fissate con sottili strisce di pasta.sembrerebbe quasi che lo scopo dellasottostante ciambella sia soltanto quellodi fare da supporto alle uova, simbolodel risveglio primaverile della natura,che coincide con la Pasqua di resurre-zione. è molto probabile che il nomediminutivo napoletano casatiello sialegato alla presenza del formaggio ederivi dall’aggettivo latino caseatus,fatto con cacio. la prima citazione let-teraria del casatiello risale alla fine del1500, anche se verosimilmente l’usodi preparare un pane speciale, in occa-sione delle feste di primavera, è moltopiù antico. lontano dalla amata napoli,nostalgico dei sapori della sua città,giovan Battista del tufo fu il primo atesserne l’elogio nel suo Ritratto o mo-dello delle grandezze, delizie e meravigliedella nobilissima città di Napoli: “a Pa-squa poi non son più dolci quelli/chia-mati casatielli cotti con uova, cacio eprovature,/zuccaro fino, acqua di rosee fiori,/e con altra mistura,/come sifanno allor per ogni canto/la sera altardi del sabato santo”.un’antica filastrocca era inoltre dedi-

cata proprio al casatiello: “sotto a lupanne l’aggio stipate/si no’ lo freddolo ffaje jelare./Curre guaglione, vienea mmagnare/si ‘o vuò cchiù tarde stoarrecettà./Chiste stanotte l’aggio ‘mpa-state,/so frische frische, teh! guardaccà/so calde e cuotte, viene a scialà”.Cibo antichissimo dunque il casatiello,che è giunto fino ai giorni nostri nelladoppia versione rustica e dolce, pre-parato in molte località della Campania,ma sant’arpino, grosso centro in pro-vincia di Caserta, ne rivendica i natalie si è attivato per ottenere la denomi-

nazione di origine Controllata cometipica specialità dei suoi maestri fornai.Qui il rito del casatiello, oltre a essereuna tradizione, è considerato patrimoniostorico e culturale dei cittadini, eredidelle genti atellane che dettero i natalialle famose Fabulae Atellanae da cui èderivata la commedia dell’arte. ognianno la Pro loco organizza la sagradel casatiello che culmina con la pre-parazione di quello più grande del mon-do per entrare nel guinness dei primati,e ogni anno s. arpino supera se stesso.

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CASATIELLO RUSTICO Ingredienti: 500 g di farina, 40 g di lievito di birra, 200 g di sugna, 100 gdi formaggio grattugiato, 200 g di salame napoletano, 200 g di caciocaval-lo, 6 uova, sale, pepe.

Preparazione: Fare la fontana con la farina e porvi al centro il lievito dibirra stemperato in poca acqua tiepida, sale, pepe e 50 g di sugna. Lavorareenergicamente la pasta, raccoglierla in una palla, coprirla e lasciarla lievi-tare fin quando avrà raddoppiato il suo volume. Lavorarla nuovamente, in-corporando il formaggio grattugiato, metterne da parte un pezzetto e allar-garla con le mani formando un rettangolo. Spalmarvi sopra altri 100 g disugna, spargervi sopra il salame e il caciocavallo a dadini, avvolgere su sestesso il rettangolo di pasta formando un rotolo e sistemarlo in uno stampoad anello unto di sugna, saldando fra loro le estremità. Poggiare in piedi,sulla superficie della pasta, le uova intere crude, lavate e asciugate, ferman-dole con listarelle messe in croce ricavate dalla pasta tenuta da parte. La-sciare lievitare per diverse ore il casatiello, poi cuocerlo in forno già caldo a170° finché sarà dorato e croccante e uno stecchino, infilato nel centro,uscirà asciutto.

CASATIELLO DOLCEIngredienti: 500 g di farina, 4 uova, 200 g di burro o sugna, 150 g di zuc-chero, 40 g di lievito di birra, latte, Rhum, cannella, un limone, sale.

Preparazione: Sciogliere il lievito in poco latte tiepido e incorporarvi tantafarina da ottenere un panetto morbido; metterlo in una terrina, coprirlo e la-sciarlo crescere diverse ore. Impastare il resto della farina con zucchero, burro(o sugna) morbido, 2 uova, un bicchierino di Rhum, la buccia grattugiata dellimone, un pizzico di cannella e uno di sale e il panetto lievitato. Lavorare alungo l’impasto, unendo una per volta le altre due uova e, se necessario, pocolatte tiepido per renderlo liscio ed elastico finché si staccherà in un sol pezzo.Modellare la pasta in forma di cilindro, sistemarlo in uno stampo ad anellocon foro centrale ben imburrato e infarinato, riempiendolo a metà. Coprirecon un tovagliolo e lasciare lievitare nuovamente per diverse ore (almeno 8 o10), poi cuocere a 160° in forno già caldo, per un’ora o più, finché il casatiellosarà biondo e uno stecchino, infilato al centro, uscirà asciutto.

L a salsa è una preparazione perla cucina il cui nome deriva dallatino, femminile di salsus, sa-

lato, a sua volta derivante dal greco,condimento indispensabile per ognialimento.da sola non costituisce cibo né può esi-stere come piatto autonomo, ma è de-terminante per condire e insaporire: èimplicito, quindi, che debba essere unapreparazione liquida o fluida in mododa poter essere sparsa, più o meno co-piosamente, su altri cibi avvolgendoli,compenetrandoli. numerosi, anche nei tempi passati,sono stati i tentativi di raggruppare,catalogare le diverse salse, ma sicura-mente Paul Bocuse ha effettuato lapiù efficace semplificazione suddivi-dendole in tre grandi categorie: lebianche, le brune e le emulsionate.le salse bianche e brune sono costituiteda un’associazione di roux bianchi,biondi o bruni con latte o sughi o fondiappositamente preparati; le salse emul-sionate nascono da un’associazione dituorli d’uovo con olio, burro o panna.la salsa bianca, besciamella o vellutata,e la salsa bruna, detta spagnola, sono“salse madri”, dalle quali ne derivanoinnumerevoli altre chiamate coi nomipiù fantasiosi. della famiglia dellesalse emulsionate è “madre” la maio-nese (da La cuisine du Marché, flam-marion, 1976).sulla scorta di accurate ricerche storichescopriamo che le salse, asso nella ma-nica di ogni grande chef, erano la spe-cialità di apicio, ghiottissimo e ricchis-simo antico romano, autore di un librointero dedicato solo ad esse, il De Con-dituris, le cui ricette sono successiva-

mente confluite nel più conosciuto Dere coquinaria. apicio descrive salse percarni, pesce, ogni tipo di selvaggina eanche per le verdure e le uova.un’attenta lettura permette di scoprireun grande assente: il burro, e appren-diamo inoltre che nelle salse bianche,crude o cotte, il colore non era ottenuto,

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DI MARCO SETTIAccademico di Bergamo

Dall’antica Roma alla Francia rinascimentale, fino ai nostri giorni.

Le salse in cucina

SUGO DI AGLIETTI FRESCHIÈ una preparazione campagno-la che veniva cucinata in prima-vera quando i contadini sfolti-vano gli agli, togliendo quellipiù piccoli e deboli per far cre-scere più rigogliosi gli altri. Nel-la cultura contadina non venivabuttato via niente.

Ingredienti: 1 mazzetto diaglietti freschi, 500 g di pomo-dori pelati, olio extravergined’oliva, sale, peperoncino (opepe), parmigiano, basilico.

Preparazione: Tagliare a fet-tine gli aglietti, compresa laparte tenera dei gambi, farlisoffriggere nell’olio con il pepe-roncino; unire i pelati, il sale econtinuare la cottura a tegamecoperto per circa 20 minuti.Nel sugo ottenuto saltare lapasta scolata al dente, aggiun-gendo il basilico spezzettatocon le dita e il parmigiano.

(Elisabetta Dami Lari)

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come nelle nostre, dal burro o dallafarina bensì da noci, nocciole o pinolitritati. erano sempre presenti le spezie,bacche ed erbe aromatiche, mentre ipiù importanti ingredienti liquidi eranoil mosto cotto (defrutum), la salsa dipesce (garum), il vino e il vino passito(passum), oltre ad olio, aceto e, ov-viamente, acqua.una particolare citazione merita il ga-rum, un lusso per la tavola dei più for-tunati, una salsa molto salata, aromaticae intensa: certamente ottima per gliamanti del pesce. del garum, detto an-che liquamen, esisteva una versione,la più costosa e raffinata, detta garumsociorum (per gli amici), preparata consoli sgombri della spagna del sud; coni resti avanzati si preparava l’allex concui cucinavano i meno abbienti; infineper gli schiavi si preparava un garumordinario con le interiora dei pesci cu-cinati per la tavola del padrone.Quasi ogni ricetta di apicio contienegarum che, essendo una mescolanzadi sale e pesce, eliminava la necessitàdi aggiungere sale alle preparazioni.Questo condimento, il più noto del-l’antichità, può essere oggi assimilatoalla costosa colatura di alici di Cetara.apicio, nel suo trattato di gastronomiadel i secolo d.C., descrive molte salse

di sua invenzione, tra le quali l’escaApici da cui deriva il moderno escabeche(o scapece), diffuso in tutto il mondo.le salse hanno sempre avuto un ruolodeterminante in cucina e si diffuseroampiamente nel Medioevo e duranteil rinascimento.la gastronomia fiorentina, grazie aCaterina de’ Medici, sposa di enricoii, portò in francia nel 1536 una co-mune “salsa colla fiorentina” che furibattezzata nel 1700 con il terminefrancese di béchamel, dal nome delmaggiordomo di luigi XiV louis deBéchameil. se l’antica roma ha avuto il grandeapicio per le salse, la francia ha avutogeorges auguste escoffier (1846-1935)che presenta ben 97 ricette di salsediverse (david Paul larousse, The saucebible). nel suo trattato La guide culi-naire, sosteneva che la grandeur dellacucina francese era dovuta in specialmodo alle salse. inoltre, con un sensoorganizzativo davvero unico, per primorazionalizzò anche i compiti della bri-gata di cucina, che intitolava “Metododi suddivisione ed avvio del lavoro diuna brigata”. nel suo testo Livre desmenus, innova radicalmente l’organiz-zazione del lavoro in cucina: fino aisuoi giorni ogni lavorante doveva saper

fare tutto spostandosi tra dispensa efornello, iniziando e finendo ogni co-manda da solo. escoffier applicò, in-vece, anche per gli chef, il principiodella divisione scientifica del lavoro.nasce così la figura specializzata perogni mansione: chi taglia carne e pesce,chi cuoce e, grande innovazione, chiprepara le salse, e infine i dolci.termino questa breve dissertazionesulle salse ricordando il meravigliosolibro La grande cucina italiana e le suesalse (garzanti editore, 1983), scrittoda Vincenzo Buonassisi, accademicodalla fondazione, nel 1953, con orioVergani. lo scrittore parla delle nostresalse che (contrariamente a quelled’oltralpe che partono da alcune salsemadri o di base, come abbiamo visto)sono svincolate da meccanismi comunie quasi sempre rappresentano, ciascu-na, una creazione particolare con unapropria autonomia.

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L’ACCADEMIA INCONTRA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE LOMBARDIASi è tenuto nei giorni scorsi, a Palazzo Città di Lombardia di Milano, l’incontro con il Presidente della RegioneRoberto Maroni, al quale hanno partecipato il Presidente Giovanni Ballarini e il Consigliere Gianni Fossati.

L’incontro, che fa seguito a quello avvenuto in precedenza con l’Assessore all’Agricol-tura Gianni Fava, ha consentito, tra l’altro, di mettere a fuoco gli scopi e la strutturadel nostro Sodalizio come Istituzione Culturale della Repubblica Italiana. Particola-re interesse ha suscitato il ruolo di portatrice di cultura e di tutela della tradizionemai come oggi necessaria per promuovere, diffondere e migliorare la conoscenza deivalori tradizionali della cucina italiana sul territorio nazionale e all’estero.Il Presidente Ballarini si è soffermato, altresì, sulla capillarità dell’Accademia, sul

Centro Studi e sulla Biblioteca “Giuseppe Dell’Osso”, oggetto di un recente convegno presso l’Università Bi-cocca di Milano, ricordando anche quelli promossi in collaborazione con le Università milanesi per Expo. Da parte sua, il Presidente Maroni ha formulato parole di particolare apprezzamento per l’intensa attivitàsvolta dall’Accademia e ha dato la propria disponibilità rispetto a forme di collaborazione da individuareper il futuro.

Ho letto con interesse l’articolodi Paolo Petroni sul numerodella rivista di gennaio e poi-

ché da anni mi interesso di tradizione,non solo gastronomica, vorrei dare uncontributo alla tematica “tradizione einnovazione”. a mio avviso si tratta di un binomioinscindibile, perché la tradizione nonriuscirebbe a vivere senza una neces-saria dose di innovazione, in quanto,aldilà dei riferimenti temporali (25anni), che sono una sorta di conven-zione e che per certi aspetti lasciano iltempo che trovano, gli elementi checonnotano la tradizione sono: la tra-smissione dei “saperi” di generazionein generazione e la continuità nel tem-po, senza interruzione. è inevitabileche per durare negli anni, anche lacucina e i costumi alimentari debbanoinnovarsi, connaturandosi di queglielementi nuovi indotti dal mondo cheevolve in ogni ambito della società.ed è proprio la capacità che la tradi-zione ha di innovarsi che le consentedi essere tramandata e di vivere neltempo. il concetto di tradizione, quindi,è chiaramente dinamico e non, comea volte si crede, statico, che sa di vec-chio o solo di nostalgia. se così fosse,saremmo rimasti all’età della pietra! Mi piace affermare che la “tradizione”non è il custode della cenere, ma lafiamma sempre viva che brucia neltempo. tuttavia è evidente che, in unasocietà che va sempre più veloce, sicorra il serio rischio che il binomiotradizione-innovazione possa inflazio-narsi secondo il concetto che ogni cosanuova (anche la più bizzarra) auto-maticamente è innovazione, così che,

mutuando dal lessico finanziario, dal-l’inflazione passiamo alla deflazione. la stessa problematica investe il va-riegato panorama dei prodotti tipici.non c’è angolo del nostro Bel Paesedove non si produca o non si degustiun prodotto tipico. Cosa è tipico? Qual-cuno direbbe che la domanda nascespontanea, io sostengo che sia neces-sario porcela. tipico è un prodotto cheha una precisa identità, la quale fa ri-ferimento ad un disciplinare ed è semprericonoscibile. a volte tipico ha i connotatidel locale, altre volte quelli del tradi-zionale, altre ancora quelli dell’estem-poraneità e dell’improvvisazione, percui tipico rischia di diventare una sortadi slogan e quando tutto è tipico nullafinisce per esserlo veramente. tornando al tema della tradizione,come possiamo convenire in una sortadi mediazione di buon senso, prima,e culturale, poi? se la tradizione vivein virtù di una buona dose di innova-zione, vuol dire che i cambiamentisono tali (giusti e utili) da non snatu-rare i valori del passato, bensì si stra-tificano positivamente su questi ultimie li rafforzano, dando loro nuova ener-gia. Questo potrebbe essere il riferi-mento comune, evidentemente nonsempre facile da definire in manieranetta, ma pur sempre un concetto cul-turale che si può condividere: l’equili-brio che consente di mantenereun’identità e nello stesso tempo di in-novarla (modificarla), proiettandolanel futuro. Proprio per questo sonod’accordo sul fatto che la semplice ri-scoperta di piatti del passato non con-senta di attribuire automaticamentead essi la connotazione di tradizionali.

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DI GIAMPAOLO COLAVITACentro Studi Territoriale del Molise

Un equilibrio che consente di mantenere un’identità e nello stesso tempo di innovarla proiettandola nel futuro.

A proposito di tradizione e innovazione

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se da una parte è lodevole e cultural-mente stimolante riportare alla lucevecchie ricette cadute nell’oblio, dal-l’altra dobbiamo convenire che questasorta di archeologia gastronomica nonè tradizione, perché è venuto menoun elemento cardine: la continuità neltempo, e molto probabilmente ciò èaccaduto perché è mancata l’energiavitale dell’innovazione.il discorso ci riporta anche all’accezionecomune che tutto ciò che è tradizionale,fatto a mano o fatto in casa, automa-ticamente è: buono, genuino, nostranoe chi più ne ha più ne metta di aggettivi,che a volte finiscono per essere im-propri. anche in questo caso, proba-bilmente non basta riferirsi solo al si-gnificato, pur autorevole, del dizio-nario. un esempio. Capita sovente che,recandoci al negozio di alimentarisotto casa o al banco dei salumi delsupermercato, la nostra attenzionevenga richiamata da un cartello o dallavoce persuasiva di una commessa:“oggi abbiamo un prosciutto nostranoad un ottimo prezzo!” e allora cosavuoi di più dalla vita? l’aggettivo no-strum evoca immediatamente un’ideadi buono, un sentimento di apparte-nenza, o quantomeno di prossimità, epensiamo che quel prosciutto sia statoottenuto da un maiale cresciuto tradi-zionalmente in qualche allevamentorurale delle nostre parti e le cosce sta-gionate in un laboratorio artigianaledella zona. Ma, mentre il paffuto salu-miere o la gentile commessa prende ilprosciutto per affettarlo, scorgiamoimpressa in rosa, sulla cotenna, unabella B di Belgio. di colpo ci crolla unmito, il significato identitario di “no-strano” è tramutato in anonimo e vacuo.le scuse imbarazzate della commessache afferma sommessamente: “ma ame hanno detto di dire così”, in qualchemodo stemperano il disappunto, manon attenuano l’amara constatazioneche l’aggettivo nostrano, pregno ditanti valori, ora sottenda dei disvalori.e allora ben venga una costruttiva di-scussione intorno a questa tematicache è l’humus fertile dell’accademia.

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LO SPAZIO VITALE A TAVOLAUn documentario sul Quirinale, mostrando l’apparecchiatura della tavo-la per un pranzo di gala, fa vedere i camerieri intenti a verificare, conl’aiuto di una rotella metrica, che ogni convitato disponga esattamente di55 centimetri. Lo spazio m’è sembrato esiguo e sono andato a rileggermiun brano de “L’arte di convitare spiegata al popolo” di Giovanni Rajberti,un argutissimo libro del 1850 che la Delegazione di Viterbo fece ristampa-re nel 2008, in occasione del proprio ventennale. Il Rajberti difende nelmodo seguente il diritto dei commensali di non stare troppo addossati:“Calculez sa longueur (de la table) de manière à laisser une place de 24pouces a chaque convive [Calcolate la lunghezza della tavola in modo dalasciare uno spazio di 24 pollici ad ogni convitato]. Ora, ventiquattropollici corrispondono a 65 centimetri, ossia once tredici milanesi. Non c'èda ridere: si spende il calcolo sublime per molte curiosità astronomicheche non servono nemmeno a fare il lunario, e non si esporrà il ragguagliodelle misure per sedere comodi a pranzo? Dunque, tredici once di spazioper testa. Se poi è vero che le scienze hanno sempre da progredire, e cheogni nuovo trattato deve allargare le conquiste degli antecedenti, sarei in-clinato a domandare un’oncia di più; ma non voglio soverchiare quel pen-satore illustre; stiamo quindi alla sua misura, dalla quale però non s’ab-bia a togliere una linea, almeno quando si tratta di uomini di molto pesoe di donne grosse o vestite a vapore. E se trovate che le famiglie sieno anco-ra incorreggibili sopra un punto così essenziale, vi consiglio di recarvi apranzo muniti di quel braccio snodato che tengono sempre in tasca gli as-sistenti di fabbrica e i muratori. Giunti alla tavola, e vedendo di dovercistare oppressi, cavatelo, misurate, e reclamate senza remissione il pienogodimento delle vostre tredici once che vi toccano di stretto diritto, e comela legittima a termini del codice sullodato, e del mio”.Chi sia il “pensatore illustre” che ha redatto il “codice sullodato” il Rajber-ti non lo dice, né le mie ricerche hanno approdato finora a un risultato si-curo; ma deve trattarsi di una sorta di manuale della perfetta padrona dicasa allora in voga. Sempreché il Rajberti non se lo sia inventato per deri-dere gli esterofili, che imperversavano anche ai suoi tempi. Perciò, stando al consiglio del Rajberti e tenendo conto che in un secolo emezzo gli italiani sono cresciuti di almeno due taglie, lo spazio minimospettante ai commensali di oggi è di 70 centimetri.È bene che i nostri Simposiarchi, nell’organizzare le riunioni conviviali,esigano tale spazio dai ristoranti, in modo che nessuno sia colto dalleambasce, come capitò al Rajberti: “Io, quando prevedevo siffatte angu-stie, tenevo il sistema di collocarmi a un angolo della tavola in modo daaver disimpegnata almeno la destra: ma ciò non si può far sempre, e nondimenticherò mai di essermi una volta trovato così stretto e compresso fradue signore, che dovetti schizzar fuori dalla fila, mandando indietro duespanne la mia sedia, e tenendomi lontano dalla tavola, per modo da nonparer quasi che vi partecipassi. Quando volevo allungare la destra sullatavola, bisognava che mi mettessi in profilo sul lato sinistro, e viceversaquando inoltravo la sinistra. Se poi occorreva di allungare ambedue lebraccia, mi toccava di attorcigliarle, come fanno le mosche quando si fre-gano le zampine una sull’altra”.

(Pier Luigi Leoni)

I l convegno si è svolto presso l’uni-versità degli studi di udine, pro-mosso dal dipartimento di studi

umanistici dell’ateneo, in collabora-zione con la delegazione di udine.i temi hanno riguardato il cibo comeelemento per l’internazionalizzazionedel “Made in italy”; la lingua del foodnei suoi diversi aspetti lessicali e ter-minologici; il vino nella sua dimen-sione comunicazionale; il marketing;lo spazio culturale della cucina; la va-lorizzazione dei marchi legati alla spe-cificità del territorio e, allo stesso tem-po, anche l’ibridazione della culturagastronomica.i temi del cibo e dell’alimentazionedel Pianeta sono infatti di grande at-tualità, alla vigilia di un evento inter-nazionale quale l’expo 2015 di Milano,e il cibo, visto come elemento fonda-mentale nella vita di ogni individuo eimportante bene economico, si prestaanche a diventare veicolo di valoriidentitari e culturali.in tale ambito, il convegno ha intesoproiettare in primo piano il ruolo delfood nel contesto del “Made in italy”,con un particolare focus sull’impattodi questa tematica nelle comunità ita-liane nel mondo.l’accademia è stata presentata dal de-legato di udine Massimo Percotto, ilquale ha evidenziato come il dibattitopuntasse i riflettori su un tema strate-gico per il nostro Paese e al quale l’ac-cademia, grazie alla sua competenzae alla sua capillare presenza in tutto ilmondo, potesse assicurare un rilevantecontributo di riflessione e di appro-fondimento.sono poi intervenuti relatori di chiara

fama, provenienti da varie universitàitaliane e straniere.la relazione del Presidente giovanniBallarini si è incentrata sul ruolo isti-tuzionale dell’accademia per la difesadella cultura gastronomica italianaquale patrimonio di storia, costume evalori identitari, nonché sul ruolo fon-damentale dell’evoluzione della cucina,in rapporto alle mutate condizioni so-ciali e alle nuove esigenze del contestoeconomico e culturale odierno.da udine, i professori Michele Mor-gante, flavio Pressacco e rudy Vittorihanno illustrato l’impatto economico,le strategie innovative per la comuni-cazione e il marketing in ambito agroa-limentare, anche in rapporto ai nuovicanali di comunicazione quali i “socialnetwork”. elton Prifti, dell’università di Man-nheim, ha illustrato i particolari per-corsi linguistici migrazionali delle co-munità di italici in ambito agroali-mentare, con particolare enfasi sullecomunità italoamericane.Maria teresa zanola, dell’universitàCattolica di Milano e Massimo Vedovelli

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DI MASSIMO PERCOTTODelegato di Udine

Una Expo permanente della lingua e della cucina italiana, simboli di appartenenza e serbatoi di valori identitari.

Italiani nel mondo

I N O S T R I C ON V E GN I

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e simone Casini, dell’università perstranieri di siena, hanno trattato gliitalianismi e le terminologie interna-zionali in materia di agroalimentaree di vino, con particolare attenzionealle etichettature e ai percorsi per ilraggiungimento di standard e norma-tive internazionali che possano sod-disfare i produttori e tutelare adegua-tamente i consumatori.raffaella Bombi e Vincenzo orioles,rispettivamente direttrice e referentedel corso di perfezionamento “Valoriidentitari e imprenditorialità” orga-nizzato dall’università di udine e in-dirizzato ai giovani discendenti dellecomunità friulane all’estero, hannotrattato i temi della lingua e della cul-

tura gastronomica italiana quali simbolidi appartenenza e serbatoi di valoriidentitari e tradizioni che vanno ri-scoperte e valorizzate.l’onorevole Piero Bassetti, Presidentedell’associazione globus et locus, haillustrato la sua visione di una comunitàdi italici disseminata nel mondo e ac-comunata non tanto dall’appartenenzanazionale, quanto dal fatto di porsicome tessuto connettivo per circa due-centocinquanta milioni di persone che,al limite, nemmeno parlano l’italiano,ma che condividono un modo di esseree di stare nel mondo globale comenodi di una rete: la rete italica appunto,dove l’elemento distintivo è il riferi-mento costante, consapevole ovvero

inconscio, all’insieme di valori e com-portamenti che caratterizza un “italianway of life”.hanno portato il loro saluto ai numerosiintervenuti franco iacop,Presidente delConsiglio regionale, giuseppe Comi,delegato dell’ateneo friulano per l’expo2015, laura Pani, direttrice del di-partimento di studi umanistici e PieroVillotta, giornalista e gastronomo, perl’ente friuli nel mondo.il convegno, tra la soddisfazione una-nime dei relatori e degli intervenuti,si è concluso presso i locali dell’uni-versità con un ricco buffet, a base diprodotti tipici locali, offerto dalla de-legazione.

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LA SALUTE NEL PIATTOProdotti tipici e di territorio, ricette della nonna e trasmisioni TV, talent show e scuole di cucina: il cibo ci pervade,sbuca da ogni angolo della nostra quotidianità. Un profluvio di parole, immagini, libri, che ruotano attorno a quellache, indubbiamente, è la più centrale delle attività umane: nutrirsi, anzi, sfamarsi.È un bene? Perché accade tutto questo? Perché, in pochi anni, quello che apparteneva alla vita quotidiana di ognunodi noi, gesti semplici come fare la spesa e cucinare per sé e per la propria famiglia, si sono trasformati in argomentisviscerati dai media in ogni loro aspetto? Queste alcune delle domande cui si è cercato di dare una risposta al recenteconvegno organizzato dalla Delegazione di Caltagirone. Una riflessione corale che ha coinvolto esperti, medici, gior-nalisti, ognuno dei quali ha tentato di “leggere” il fenomeno da prospettive diverse e, senza dubbio, la giornata di stu-di ha prodotto risultati importanti.Si è raggiunta, a mio parere, la consapevolezza di un profondo cambiamento, che coinvolge senza dubbio la storia delcostume e l’evoluzione della società, ma, soprattutto, l’approccio economico al fenomeno. La globalizzazione permetteormai alle merci di viaggiare liberamente nel mondo; la produzione di cibo non conosce confini e tutti noi, quando ciavviciniamo ai banchi della grande distribuzione, siamo abituati a leggere etichette che indicano la provenienza deiprodotti da ogni angolo del Pianeta: la cosiddetta cucina “fusion”, che lentamente, ma inesorabilmente, si sta impo-nendo in tutto il globo, ne è un esempio.Bello, dunque, vedere in TV tanti modi e tante idee, che vengono proposte ogni giorno; divertente, forse, cimentarsicon sfide gastronomiche sempre diverse, ma attenzione, perché per un Paese come l’Italia tutto questo nasconde insi-die in grado di minare la nostra stessa identità nazionale. Può sembrare un’esagerazione, tuttavia bisogna ricordareche l’Italia detiene il record di certificazioni della Ue per quanto riguarda i prodotti tipici, frutto del lavoro dei nostriagricoltori, dei nostri allevatori, dei nostri pescatori e dei nostri casari: uno straordinario patrimonio culturale, maanche economico, che va assolutamente preservato. La cucina, in Italia, e soprattutto ciò che le sta dietro, il lavoro, letradizioni, la storia delle famiglie, corrono il serio pericolo di confondersi con un concetto di cucina indistinto, confu-so, che non tiene conto della nostra storia. Questo il rischio di una globalizzazione selvaggia, dove il profitto spessocozza con gli interessi delle nostre comunità.Il ritorno all’agricoltura, soprattutto nel Mezzogiorno del nostro Paese, è nelle cose. Svanito il sogno di un’industriache potesse diventare motore di sviluppo, i giovani avvertono l’urgenza di tornare nelle campagne dove sono nati i va-lori fondanti del nostro stare insieme. Non come schiavi dei prezzi e dei modelli econometrici imposti dall’economiaglobale, ma come alfieri di un nuovo sogno italiano che riporti alla bellezza luoghi e tradizioni che, in fondo, non so-no mai stati dimenticati. (Gioacchino Bonsignore)

I l professore di linguistica e di scien-ze del computer dan Jurafsky,dell’università di stanford, in Ca-

lifornia, ha recentemente pubblicatouno splendido libro intitolato Il lin-guaggio del cibo. Conosciuto per le suericerche di applicazione linguistica almondo del cibo, Jurafsky accompagnail lettore in un viaggio in un mondoche tutti credono di conoscere, ma chepochi realmente conoscono nei dettaglistorici e linguistici presentati nel libro.uno dei capitoli più interessanti riguardail linguaggio dei menu. dopo aver ana-lizzato la descrizione dei piatti in 6.500menu, la prima osservazione di Jurafskyè che i ristoranti più costosi hanno metàdei piatti offerti in ristoranti a bassoprezzo. Con grande differenza per quellidi 50 anni fa, quando le parole francesierano prevalenti, ora nei menu di lussosono di moda altre lingue straniere.l’esempio riportato, per quanto riguarda

l’italiano, è quello dei “tonnarelli”, chesi affianca a termini peruviani, giappo-nesi e arabi, spesso usati nei menu ame-ricani. la lunghezza delle parole usatenei ristoranti di lusso è, inoltre, oggettodi un accurato studio. le parole piùlunghe, forse meno comprensibili,sono abbinate a menu di prestigio, ene consegue che anche i prezzi sonoautomaticamente più elevati. Per ognilettera in più, usata nella descrizionedei piatti, i prezzi salgono di 18 cente-simi. se il ristorante usa parole in mediadi tre lettere più lunghe, il pollo o lapasta costeranno 54 centesimi in più aporzione. attenzione a descrizioni cheusano termini “esotici” o “spezie”: l’au-mento è automatico anche se i costinon sono affatto aumentati. nei menua basso prezzo c’è spesso ricorso a paroleche “riempiono” il piatto: delizioso, su-blime, meraviglioso sono alcuni degliesempi. Per ciascuna di queste parole,lo studio, dopo aver verificato il tipo dicucina e l’ubicazione del ristorante,rileva che i prezzi sono in media inferioridel 9%. Quando non si hanno ingredientidi prima scelta, come granchio o filetto,si “riempie” il menu con “fantastico” e“saporito”, sostituendo con le parole isapori del piatto. e se nei ristoranti del futuro si facesse ameno del menu? a san francisco esi-stono già degli esempi. il ristorante“saison”, dove la cena dura almeno treore e il costo è di $ 500 a persona (vino,tasse e mancia non inclusi), il menu ar-riva tramite un messaggio email dopola cena: è l’elenco degli ingredienti cheerano alla base dei piatti serviti.al ristorante “the Palace”, nel quartieredella Mission, gestito da un cuoco di

origine venezuelana e dalla moglie rus-sa, il menu non esiste. la signora, chesi occupa del servizio, chiede ai com-mensali se ci siano delle allergie o degliingredienti proprio non graditi e procedecon la presentazione di cinque portate($ 50 a persona) e con il dessert per $10 di supplemento. “the Palace” nonha neppure la lista del vino. la selezione,recitata a voce, è di 3 bianchi e 3 rossi(prezzi tra 12 e 20 $ a bicchiere), sceltida un esperto esterno al ristorante, da-vid lynch, ex sommelier per il gruppodi Mario Batali a new York. Meglionon chiedere un pezzettino di pane oil caffè: non fanno parte dell’esperienzache i gestori hanno ideato per voi edunque non sono disponibili! in un altro capitolo del libro, il professorJurafsky analizza le critiche gastrono-miche pubblicate dai siti internet. spessoi consumatori utilizzano le recensioniper decidere dove mangiare o magariprovare piatti mai assaggiati in prece-denza. Jurafsky e altri colleghi hannoanalizzato un milione di recensioni insette città degli stati uniti, tra il 2005 eil 2011, e hanno trovato interessantielementi comuni della psiche umana.recensioni negative hanno tutti i sintomilinguistici di un trauma, sia pure dilivello minore. recensioni positive usanosovente metafore sessuali. Più spesso,connotazioni sessuali sono usate nellerecensioni di ristoranti più costosi; alcontrario, ristoranti modesti sono re-censiti usando metafore del mondodella droga: “se ho bisogno di una dose,quel pollo fritto è ciò che ci vuole” e an-cora “state attenti: quelle alette di pollovi rendono dipendenti”.

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C U LT U R A & R I C E R C A

DI CLAUDIO TARCHIDelegato di San Francisco

Le parole più lunghe sono abbinate a menu di prestigio, con lievitazione dei prezzi; nei menu a basso costo, sono gli aggettivi che riempiono il piatto.

Il linguaggio del cibo

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“L’occhio vuole la sua par-te” si applica anche alcibo sulla tavola. e da

sempre si è cercato di presentare levivande in maniera accattivante perottenere un piacere estetico, insiemea quello del palato. soprattutto intempi remoti si ricordano numerosibanchetti che miravano a stupire conpietanze trionfali e con la spettacola-rizzazione del cibo. oggi rendere ilcibo bellissimo, trasformando i piattiin piccole opere d’arte, è l’obiettivodel visual food, nuova mania del designapplicato a qualsiasi ingrediente com-mestibile. la differenza con le deco-razioni che si possono ammirare sulletavole in molte riunioni conviviali, conalzate di frutta, fiori e altro, sta nelfatto che il cibo non si spreca: nientefinisce nella pattumiera, ma tutto vienegustato. inventato da rita loccisano,che vanta migliaia di follower comeweb star, il visual food ha aperto la

strada a decine di imitatori conla creazione di minicapolavoriin cucina. Va in scena il cibo volto, comenel periodo barocco, a stupireed emozionare non solo il pa-lato ma anche il gusto estetico,in una dimensione quasi fia-besca. Vengono in mente gliincredibili paesaggi “com-mestibili” fotografati da CarlWarner, oppure le “testecomposte” dell’arcimboldo.

gli alimenti si trasformano inarte gioiosa e bella da vedere, oltreche da gustare, pur mantenendo laloro sostanza e la loro funzione. sicu-ramente c’è soddisfazione nel crearequalcosa di bello con le proprie manie attendere la sorpresa e le emozionidegli stupiti ospiti. se il cibo è piacereed emozione, il visual food coniugaestetica e funzionalità ed è praticabileda chiunque, perché non necessita diingredienti pregiati e attrezzature co-stose, ma richiede soltanto fantasia emanualità. un suo limite, semmai, sta piuttostonello scontrarsi con un’involuzionedel gusto estetico che emerge attual-mente in molti settori, compreso quellodella tavola. in molti ristoranti frequentati, rileviamospesso, accanto ad alte professionalità,altrettanta improvvisazione. si im-provvisano i camerieri senza la minimapreparazione, i cuochi fai da te, sioffre un menu ad alti prezzi, che noncorrispondono alla qualità servita aicommensali, con un servizio in salainsoddisfacente. Ci sarebbe da rifletterebene sulla professionalità indispensa-

bile per attirare una clientela semprepiù consapevole ed esigente. la risto-razione di qualità richiede oggi un’altaprofessionalità, una grande capacitàdi accoglienza, una profonda cono-scenza del territorio nel quale opera,dei suoi prodotti, delle sue eccellenzee peculiarità, perché soltanto così potràrappresentare il punto nodale per unaconcreta filosofia di fare turismo, ancheattraverso gusti e sapori locali. la cu-cina, infatti, ricopre anche una funzionesociale, educando al cibo sano e so-stenendo l’economia agricola. Cono-sciamo tutti l’importanza della materiaprima di qualità e di stagione, che de-termina la differenza, accanto allenuove tecnologie che aiutano nell’esal-tare il prodotto usato. è altrettantoimportante riuscire a fare rete con loscambio di esperienze e conoscenze,anziché rimanere chiusi nella propriamonade, perché raccontare la propriacucina equivale a raccontare il proprioterritorio.accanto a tutto ciò, il gusto estetico,la ricerca della bellezza nell’ambiente,sulla tavola e, perché no, sul piatto,sono tutt’altro che ininfluenti. se lanuova proposta del visual food, cheoggi insieme alla cucina è al centrodell’attenzione, può, accanto a qualcheesagerazione e (anche qui) improvvi-sazione, sollecitare un aggiornamentoo uno stimolo alla riflessione, ben ven-ga quest’ultima mania (se vogliamochiamarla così), sulle nostre tavole.del resto, già auguste escoffier dicevache “se tutto muta e si trasforma… lacucina si evolverà al passo con la so-cietà, senza cessare di essere un’arte”.

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DI ROSSANA RAGIONIERIAccademica di Empoli

La creatività in tavola, la ricerca della bellezza, anche sul piatto, possono dare al cibo piacere ed emozione.

Visual food

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P A R L A NO D I NO I . . .

L’Agenzia ANSA ha chiesto l’autorevole parere dell’Accademia sulla vera ricetta dell’amatriciana.

Gli chef interpretano le tradizioni:innovazione o provocazione?

accademia Cucina, in vera amatricianamai aglio né bucatini

ha cento anni ma sembra ancora piena di mistero

la ricetta della popolare pasta

10 febbraio, 19:17nella amatriciana di Cracco c’è l’aglio di troppo

ha cento anni ma sembra ancora piena di mistero la ricetta della

pasta all’amatriciana su cui è scoppiata la polemica tra il Comune

di amatrice che, dall’alto lazio, rivendica la ricetta autentica che

non prevede né aglio né cipolla

e lo chef Carlo Cracco che in-

vece, sabato in tv, ha contem-

plato l’aglio in camicia tra gli

ingredienti del gustoso piatto

popolare. oggi, in una inter-

vista all’ansa, scende in cam-

po l’accademia italiana della

Cucina che boccia pure quelli che parlano di bucatini. “tanti

parlano di bucatini e invece - ha detto il segretario generale

dell’accademia Paolo Petroni - la ricetta è nata un centinaio di

anni fa con gli spaghetti. nella ristorazione tuttavia sono in

voga le mezze maniche ma solo perché sono più facili, nella

cottura e nel servizio’’. ripercorrendo a ritroso la storia di

questo piatto, gli studi più affidabili, ha sottolineato ancora

Petroni, ci dicono che “l’amatriciana non è nata nel comune

del reatino ma a roma da un cuoco di amatrice, senza ap-

punto contemplare aglio e cipolla tra gli ingredienti ma

pomodoro. Mentre ad amatrice si faceva la pasta alla

gricia, che è in bianco. Ciò premesso - per l’accademia

italiana della Cucina - occorre scindere l’interpretazione

di un grande chef dalla tradizione popolare. Ma dall’autore

del best seller ‘se vuoi fare il figo, usa lo scalogno’ pote-

vamo aspettarci anche altri ingredienti impropri. Mentre

l’accademia conferma: nell’amatriciana niente aglio né cipolla’’.

Peraltro, conclude Petroni, a expo Milano 2015 l’accademia italiana

della Cucina presenterà il “Censimento delle ricette italiane”, e sarà

tregua ai fornelli. (ansa)

L’intervista a Paolo Petroni è stata pubblicata anche da moltealtre testate on line, tra le quali “Online News”, “Salepepe.it”,“Articolotre.com”.

Una lettera del 1958, in cui il Sindaco di Amatrice,Umberto Perinelli, fornisce la ricetta classicadell’Amatriciana. Il documento proviene dall’archivio delDelegato del Valdarno Fiorentino, Ruggero Larco.

PA R L A NO D I NO I . . .

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Domande e risposte d’attualità(Risponde PAOLO PETRONIPresidente Centro Studi Accademia Italiana della Cucina)

SE NE DISCUTE DA SECOLI:MA IL TORTELLINO È NATO A MODENA O A BOLOGNA?Nuove sfide tra chef riaprono le “osti-lità” tra le due città sulla primogenituradella prelibata specialità. Si dibatteanche sulla cottura: qual è quella giusta?

ll mondo della cucina è pieno di leggende im-probabili circa le origini dei nomi dei piatti edei piatti stessi. Più sono famosi e più sonooggetto di diatribe campanilistiche a volteprive di reale contenuto. L’origine della pastaripiena è vecchia di secoli e pare risalire allametà del ‘400. La prima ricetta con ripieno abase di carne sono i “ravioli in tempo dicarne” del maestro Martino, cuoco del patriarcadi Aquileia, e già allora andavano assolutamentecotti “in brodo di cappone e carne buona”.Bologna e Modena da sempre si contendonola primogenitura del tortellino di carne, ma inrealtà non c’è nessuna prova che esso sianato prima in una città o nell’altra. L’unicacosa certa è che è nato in Emilia. Va dettoperò che il ripieno del classico tortellino bolo-gnese è stato codificato dalla Delegazione diBologna dell’Accademia Italiana della Cucina,con la Dotta confraternita del tortellino, il 7dicembre 1974 (la ricetta per il ripieno prevedelombo di maiale rosolato nel burro, prosciuttocrudo, mortadella di Bologna, Parmigiano Reg-giano, 3 uova, noce moscata e niente sale epepe). La ricetta modenese è simile a quellabolognese, anche se a volte il maiale è sostituitocon polpa di vitello arrostita, oppure vengonoaggiunti cervello di vitello e mortadella. Quantoalla cottura è sempre e solo in buon brodo dicarne o, meglio ancora, di cappone.

oldani rompe un tabù: il pesto alla ligure?si può fare anche con il burro11 febbraio 2015di angela frenda

e dopo Carlo Cracco e l’amatricianagate, causata dal suo aglio in camicia messo in unaamatriciana fatta in diretta alla trasmissione «C’è posta per te», ci pensa un altro grandechef stellato a dissacrare un piatto mito della gastronomia italiana. davide oldani, abruciapelo, ieri ha annunciato a Cucina Corriere di essere pronto a dimostrare che il pestoalla ligure... si può fare anche con il burro. e non solo con l’olio. sicuro chef? «Certo come ilfatto che mi chiamo davide oldani. lo dice anche un libro antico di ricette liguri chepossiedo da anni».il pesto, dunque, spiega lo chef del d’o, «deve essere fatto con una parte di burro, oltre checon l’olio. Perché quando tu mantechi la pasta lo fai fuori dal fuoco, non sul fuoco. Quindiserve del burro di primissima qualità che si scioglie piano piano e crea anche una salsa leg-germente vellutata che è quella che dà succulenza a tutto il piatto. nel mortaio metto pinolie noci, e poi li schiaccio. Quindi aggiungo il basilico, e lo pesto in modo da ridurlo alla giustaconsistenza. aggiungo olio evo, una parte, e poi un po’ di burro come vuole la tradizione.solo così il pesto diventa cremoso. Questa cremosità ci permette di condire la pasta che scolie di mantenere molto verde anche il pesto finito».e sull’aglio in camicia messo dal suo collega Carlo Cracco nell’amatriciana? replica lapidario:«secondo me non è provocazione, ha fatto bene Carlo. l’aglio in camicia è una manieraelegante di fare l’amatriciana da cuoco elegante quale è Carlo. in camicia si trasmette ilprofumo e non ti rimane sul gozzo».

Anche Davide Oldani dice la sua su Cracco, e intanto mette il burro nel pesto alla ligure (peccatoveniale, in quanto in passato era uso metterne un po’, e, nel Tigullio, si aggiunge la prescinseua).

Sull’origine del tortellino risponde PaoloPetroni, Presidente del Centro Studi “FrancoMarenghi” (settimanale GENTE, rubrica“Domande e risposte d’attualità”)

Il Consultore nazionale Mario Ursino segnala un’altra “chicca” televisiva, messa in evidenza da unarticolo del quotidiano “La Sicilia”.

L a delegazione di Macerata è sta-ta coinvolta, vuoi con attività diconsulenza e vuoi con parteci-

pazione attiva, in una serie di appun-tamenti gastronomici che hanno avutocome protagonisti alcuni chef pluri-stellati, chiamati a far ricorso a tutta laloro professionalità e bravura nella pre-parazione di piatti di carne o di pesceche avessero come ingrediente anchela pesca saturnia, che ha la sua produ-zione tradizionale in provincia di Ma-cerata. e l’iniziativa è partita proprioda Montecosaro, la zona maggiormentevocata per questo tipo di pesche.a rubano di Padova, nel suo famosoristorante “le Calandre”, Max alajmosi è esibito nella preparazione di unmenu che è iniziato con il “maxpacho”per proseguire con il “carpaccio digamberi rossi al mandarino e acqua dipistacchi con insalata di pesca saturniae melone”, “risotto alla rosa damascata,pesca saturnia e zenzero”, “costolettedi agnello al timo con pesche saturnia

arrostite”, “macedonia Bellini con sor-betto di litchi” e “pesca saturnia all’oliocon sorbetto di basilico e menta, panealle mandorle e salsa di yogurt”. hasorpreso piacevolmente la pesca arro-stita e tutti i piatti sono stati elogiatiper l’equilibrio dei sapori e le emozionigustative suscitate in ogni istante.non meno esaltanti i piatti preparatida Moreno Cedroni a senigallia, nelsuo ristorante “la Madonnina del pe-scatore”. Moreno ha presentato una“ricciola in salsa di topinambur, pescasaturnia e sesamo nero” e subito dopo“scampo, pesca saturnia e giardinieradi verdure” seguito da una “zuppa divongole, seppie, pannocchia, gamberorosso, salsa di pesca saturnia e fagio-lini”. sempre di altissimo livello ancheil “roast beef di tonno bianco, gocce disugo della fettina di mia madre, topi-nambur al forno e salsa di sedano-rapa” mentre il primo piatto era costi-tuito da “fusiloro al mosciolo selvaticodi Portonovo con pesca saturnia e ca-

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DI UGO BELLESIDelegato di Macerata

Sei ristoranti impegnati in un ideale laboratorio di alta cucina.

I piatti di celebri chefsi esaltano con la pesca Saturnia

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rota”. al posto del classico brodetto,uno splendido “guazzetto al forno dipesci, molluschi e crostacei” per finirecon “marshmallow alla pesca croccantee acquavite di pesca Passion fatal”,“panna poco cotta, pesca saturnia croc-cante e gelatina di frutto della passione”,“Vulcani attivi”. Mauro uliassi, l’altro chef stellato disenigallia, si è espresso anch’egli almeglio della sua classe e della profes-sionalità. Partendo da un “gamberorosso con purea di pesca saturnia, cap-peri, albicocca e zucchina”, ha prose-guito con “ricci di mare e pesca satur-nia”, “sandwich di triglia con pappa alpomodoro, pesca saturnia e salsa dilemongrass”. il primo era rappresentatoda “risotto al Bellini con pesca saturniae scampi” che gareggiava in squisitezzacon il “raviolo con interiora di selvaggina,foglie di pesca saturnia e mandorle”.non poteva mancare l’“anatra laccataalla ciliegia, pesca saturnia arrosto efegato grasso in salsa di pesca saturnia”,seguito da una “minestra di ortaggi emandorle” e, per dolce, il “sorbetto dipesca saturnia”. in questo ideale laboratorio di speri-mentazione di piatti a base di pescasaturnia, sono stati coinvolti anche treristoranti tra i più noti della provinciadi Macerata, che hanno dato la loropiena disponibilità. e tutti e tre hannorealizzato dei menu squisiti. a Civita-nova il ristorante “galileo”, con lo chefMaria rosa tarantini, si è messo inevidenza con ottimi piatti tra i qualigli “scampi crudi su carpaccio di pescasaturnia profumato al lime”, il “filettodi rana pescatrice arrostito con foiegras e pesche saturnia macerate alvino passito” e il “tonno cotto a bassatemperatura con brunoise di pesca sa-turnia e fiori di capperi”. lo chef giovanni Bartolini del ristorante“la luma” di Montecosaro si è fattomolto apprezzare dagli accademicimaceratesi, che in questa occasionecostituivano lo staff di degustazione,per la “terrina di coniglio allo specchio,in insalatina, pesca saturnia e agrettomaceratese”, i “ravioli con cuore diburrata pista di mortadella e pesca sa-

turnia”, il “petto di quaglia stufata, ci-polla, pesca saturnia e visciole spiritose”e il dolce a base di “pesca saturnia allatte di mandorle, acquavite nobile dipesca saturnia Passion fatal”.infine, nel ristorante “due Cigni” aMontecosaro scalo, lo chef rosariaMorganti ha sorpreso con la “zuppettadi cozze e pesca saturnia al timo limo-nato con pane di pesca saturnia”, la“lasagnetta aperta di farina di saragolladei monti sibillini stratificata con l’az-zurro, le sfoglie di melanzane e pescasaturnia” e infine con un secondo creatocon “effetto d’oca alla doppia marinatura

nella pesca saturnia, speziata con dat-terini confit al sentore di fumo”.infine, è da sottolineare che uliassi si ètanto entusiasmato all’iniziativa che havoluto proporre i suoi piatti alla pescasaturnia anche nel ristorante “la luma”del suo amico Bartolini. e ha presentato:“gambero rosso, pesca saturnia, cetriolie indivia”, “tonno rosso alla puttanesca,triglia croccante, pesca saturnia e po-modoro verde in osmosi di lemon grass”,“cappelletti di zia elena, burro e fogliedi pesca saturnia”; “gelato di pesca sa-turnia, infuso di foglie di pesco e meringa”.

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L’OSTERIA DI BARTOLOMEO PINELLIForse in nessuna altra città del mondo la mescita di vino rappresentò una così importanteparte della società della Roma di una volta. Luogo d’incontro e di tolleranza sociale, perl’accogliente complicità. Il secolo d’oro dell’osteria romana è il 1800: ce ne erano moltis-sime, più di settecento. Emilio Zola, in visita a Roma, si meravigliò di incontrarne unaogni trenta passi. Se ne ricorda una dal nome curioso “Il Gabbione”, in via del Lavatore,frequentata da quel grande artista che fu Bartolomeo Pinelli.Via del Lavatore è una stradina in leggera salita che diparte da Piazza Fontana di Treviverso la muraglia che recinge il complesso del Quirinale e, proprio addossato a questemura, esisteva un lavatoio pubblico, da cui trae nome la strada. Ha, ormai da moltianni, perso il suo carattere tranquillo di discreta anticamera della più bella fontana delmondo. Fra le tante storie, antiche e moderne che la strada potrebbe raccontare c’è ap-punto quella dell’osteria, “Il Gabbione”, secondo alcuni anche “Gabbionaccio”. Il nomederivava da una grossa gabbia nella quale l’oste teneva polli e piccioni vivi da servire arichiesta del cliente, un po’ come fanno oggigiorno i ristoranti di grande lusso con le ara-goste, che soggiornano nell’acquario con le chele legate aspettando di essere sacrificateall’appetito del danaroso cliente.Cliente illustre de “Il Gabbione” fu Pinelli, il grande artista nato a Trastevere nel 1771,fecondissimo pittore, incisore, scultore; a lui, si è debitori della bellissima serie dei “Co-stumi pittoreschi”, che tramandano uno spaccato della società romana dei primi annidel XIX secolo, una visione un po’ idilliaca, ma di piacevole nostalgia, specialmente perchi ancora ricorda la commedia musicale “Rugantino”.Pinelli, eternamente squattrinato, consumava i suoi guadagni mangiando, bevendo eoffrendo da bere, cliente fisso, servito dall’oste che si chiamava Torrone. Il 1° aprile 1835,all’età di 54 anni, morì; la sera precedente aveva preso l’ennesima ubriacatura con i suoiamici. Era povero, tanto che i funerali furono fatti a spese di alcuni suoi ammiratori eartisti, che seguirono il feretro vestiti a lutto, recando ramoscelli di cipresso in mano.Suo contemporaneo era un altro grande romano, il poeta Giuseppe Gioacchino Belli.Tanto il Pinelli era estroverso, amante dell’estetica e della descrizione dell’ambiente, ispi-rato a un classicismo di maniera, tanto era schivo, scettico, ferocemente critico verso lasua “Romaccia”, il Belli. Tuttavia, come si sa, gli estremi si attraggono e il poeta romano,in occasione della morte dell’artista, volle scrivere in un suo sonetto che “Er pittore deTrestevere Pinelli/È crepato pe ccausa d’un bucale” e ricordando la sua fine in povertà“Ppe fa bisboccia è morto co ttre ppavoli in saccoccia”.Non è più ormai da molti anni l’epoca dell’osteria, delle figure pacioccone e simpatichedegli osti-padroni, ora ci sono numerosi i “wine bar”: forse il vino che vi si beve è piùbuono di quello delle mescite di una volta, certamente, però, è tutta un’altra cosa. (G.G.)

L a produzione agricola localerisponde pienamente ai detta-mi della dieta Mediterranea:

pane, carne, olio, vino, formaggio. latenacia di un popolo, la benevolenzadel territorio e del suo clima hanno

permesso di mantenere invita la tradizione. da sempreogni evento rilevante dalpunto di vista familiare, pa-triottico o religioso, ha comeprotagonista il cibo. nel-l’antica civiltà contadina,attorno al cibo si intesse-vano le relazioni sociali,così anche i bambini, alseguito delle genitrici, inuna società fondamen-talmente matriarcale,giocavano con la mani-polazione di semplicielementi della natura.il raduno intorno al fuo-

co serviva a scaldarsi, mangiare e so-cializzare. la spiritualità del cibo siesprimeva in un uso “rituale” deglialimenti in relazione alle varie ricor-renze: domenica, gallina e pasta inbrodo; Carnevale, maccheroni al sugo;Pasqua, biscotti tipici (“panareddi”),agnello; festa del santo Patrono, pastafatta in casa, carne di coniglio; natale,dolci tipici (“cuddureddi, mustazzoli,giuggiulena”); san Martino, frittelle;eventi luttuosi, ”u cuonsulu” (usanzadi portare il cibo ai dolenti tre volte algiorno per tre giorni); vendemmia,grande festa bucolica e preparazionedel dolce fatto con mosto fresco (“mu-starda”). taluni alimenti erano e a tut-t’oggi sono considerati propiziatori(lenticchie portatrici di ricchezza;

uova, sale e olio per augurare benesseree prosperità ad una casa in costruzio-ne). un rituale molto singolare venivapraticato nella preparazione del pane,quando le massaie recitavano una gia-culatoria che assumeva la pregnanzadi una preghiera. in taluni paesi del circondario, al granoviene tutt’oggi dedicata la “festa delgrano”; a Caltagirone la “festa dellarusedda”, quale dono dei contadinidella pianta selvatica “rusedda” perdevozione verso la Madonna protettricedalle calamità naturali, pestilenze ecarestie. in altri comuni vengono al-lestiti banchetti di diversi cibi in onoredi san giuseppe. la sperimentazione di proprietà cu-rative di taluni alimenti ha dato originead una vasta espressione di pratiche:per esempio, le proprietà antispastichedell’alloro con scorza di limone (“ca-narinu”); l’effetto rilassante della va-leriana; l’effetto ipno-inducente deisemi di papavero (“cucuzzedda dusonnu”); l’azione emostatica della fo-glia del fico d’india (“pala”); il brodocaldo di cottura della senape (“u sina-pu”) per i geloni; l’azione espettorantedel “pruffumu” ottenuto respirando ivapori prodotti dall’acqua bollita conbicarbonato, oppure bevendo un bic-chiere di mosto cotto scaldato. Malgrado le esigenze dettate dalla ci-viltà moderna abbiano svuotato dicontenuto le ritualità connesse al cibo,il nostro territorio può vantare di averefatto fede alla tradizione. una menzione a parte merita il grano,le cui varietà locali sono state sostituiteda varianti che maggiormente soddi-sfano le richieste di mercato basate su

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C U LT U R A & R I C E R C A

DI ANGELA RENDAAccademica di Caltagirone

La ricchezza di prodotti e di preparazioni di una terra con una radicata cultura alimentare che, tuttavia, non ha ancora la giusta visibilità.

Territorio in tavola

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una domanda “viziata”. Così, mentresi diffonde il concetto che i prodottida forno sono più buoni se bianchi esoffici, meglio se privi di sapori decisi,si è indotta una più diffusa coltivazionedi varietà di grano tenero, ad altoindice gluteico, e l’uso di farine raffinatemediante sostanze chimiche, impove-rendo il frumento della sua compo-nente di crusca e delle proteine delgerme, accrescendo peraltro il rischiodi incrementare intolleranze alimen-tari, soprattutto quella al glutine. l’at-tenzione è rivolta verso alimenti spon-sorizzati da operazioni di marketing,quali, per esempio, il kamut. si trattain realtà di un marchio posto su unavarietà statunitense, prodotto da unamultinazionale, con proprietà nutritiveassimilabili ad una varietà antica, pro-dotta in sicilia col nome di “marghe-rito” o “bidì”. altre varietà locali tipichesono: “timilia a reste bianche”, “timiliaa reste nere”, “russello”, “perciasacchi”o “farro lungo” o “strazzavisazz”, “Ma-iorca”, ciascuna con differenti carat-teristiche. Per esse si sta tendando unaripresa produttiva. le varietà attual-mente più richieste dal mercato sono:“simeto” e “Mongibello”, ottenute daincroci selettivi.taluni prodotti locali hanno ottenutoriconoscimenti dagli organismi europeicertificatori di qualità, sia certificazionidop sia igp: l’olio extravergine di oliva

Monti iblei (dop, 2003), prodotto inaree dei territori della provincia diragusa, siracusa e Catania, con olivedi varietà tonda iblea, moresca, no-cellara dell’etna, zaituna e bianco lilla.il fico d’india di s. Cono (dop, 2006):si tratta della varietà Opunzia FicusIndica coltivata nei comuni di s. Cono,s. Michele di ganzaria, Piazza arme-rina e Mazzarino, distinta in tre culti-var: “surfarina o nostrale” (gialla),“sanguigna” (rossa) e “muscaredda osciannarina” (bianca). l’uva da tavoladi Mazzarrone (igp, 2003), prodottanel territorio di Mazzarrone, Caltagi-rone, acate, Chiaramonte gulfi, licodiaeubea, nelle varietà rossa, bianca enera, con o senza semi. si ricordiinoltre il riconoscimento doc al vinoCerasuolo di Vittoria, già nel 1973,prodotto con uve nero d’avola o Cala-brese e frappato.Pur non ancora riconosciuti da enticertificatori, ma comunque degni dimenzione, sono: la pesca gialla diPiano s. Paolo, o “pesca incoppettata”,per la tecnica usata mediante coperturadel frutto con il “coppo” di carta chelo preserva dagli agenti infestanti; idiffusi agrumeti, fra cui spicca la pro-duzione dell’arancia “tarocco”; l’aspa-rago “regina”, coltivato nel comune

di Mirabella imbaccari da produttorioggi riunitisi in Consorzio. si pensi pure al pecorino siciliano dop,prodotto su tutto il territorio dell’isola,ottenuto dalla coagulazione del latteovino a contatto con il “caglio”, fer-mento naturale estratto dall’intestinodi agnello.la pastorizia e l’allevamento bovino,da sempre presenti sul territorio, in-teressati inoltre, da tempo, dal feno-meno della “transumanza” invernale,hanno dato luogo ad una fiorente pro-duzione locale di formaggi tradizionali.ad essi si affiancano altre realtà zoo-tecniche: l’elicicoltura (per la produ-zione, tra l’altro, dell’elicina utile incosmetologia), l’allevamento delle apiper la produzione del miele (millefiori,eucalipto, zagara, timo, sulla).la pregnanza delle produzioni del ter-ritorio è del resto pienamente dimo-strata anche dai detti popolari e daiproverbi o “miniminagghi” (o “’nduvi-nagghi”). è chiaro che i riconoscimentiottenuti sono solo un primo passo perun percorso che deve poter dare sempremaggiore visibilità ad una terra cheha dimostrato di avere una propria ra-dicata tradizione culturale alimentare,e non solo.

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IL FICO BIANCO DEL CILENTOMorbidi, di un verde chiaro, dolcissimi, invitanti, occhieggiano tra le foglie che siaprono a ventaglio su di loro, quasi a proteggerli prima che una mano golosa si tendaa coglierli per gustare il loro piacevole sapore: i fichi bianchi, da settembre a ottobre,ornano gli alberi che si trovano sui terrazzamenti del Cilento.Questo albero di fico, che cresce vicino al mare, fu introdotto dai Greci nella coloniz-zazione delle terre dell’Italia meridionale, sia per il clima temperato, sia per i terrenifertili protetti, dagli Appennini, dalle correnti fredde del Nord, sia per le piogge giuste.Ha avuto una grande diffusione in Campania e in special modo nel Cilento.Catone e Varrone hanno posto l’accento sull’utilità di questi frutti per i contadini. In-fatti, essiccati, costituivano la base della loro alimentazione, potendo essere conservatiper lungo tempo. Più tardi, i Romani ne posero in risalto la bontà del sapore, per cuifu intensificata la loro coltivazione e la vendita su diversi mercati divenne una fonte direddito consistente per i contadini stessi. Aumentò la mano d’opera agricola che si spe-cializzò anche nell’essiccazione. Molte sono le leggende che, nella cultura del luogo, cir-colano ancora in queste terre belle e aspre come il carattere degli abitanti. (Maria Monica Martino)

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DI MARIA LETIZIA QUATTROCECERE MILETTIAccademica di Perugia

Un dolce che si differenzia non solo nel nome (ha una sola “f”) ma anche nella ricetta da quelli, più noti, napoletani.

La guerra degli strufoli

Nell’antica roma i giorni deisaturnali celebravano l’iniziodel nuovo anno astrologico

dopo il solstizio d’inverno. erano igiorni dell’abbandono delle regole,dei riti orgiastici di matrice dionisiaca:i giorni in cui i padroni servivano glischiavi. Con l’avvento del Cristianesi-mo, il Carnevale mantiene le sue ca-ratteristiche, ma evitando gli eccessie allungandosi fino al mercoledì delleCeneri, inizio del periodo penitenzialedella Quaresima. dal punto di vista gastronomico, ilCarnevale, in italia, ha avuto caratte-rizzazioni locali, mettendo in lucequella realtà storica, tipicamente ita-liana, che da una parte vede una forteframmentazione territoriale e dall’altrauna fittissima rete di scambi. è questauna caratteristica che rende ragionedella diffusione di prodotti, idee, usie costumi fra le varie città, determi-

nando denominatori comuni in tuttii campi e anche nella gastronomianazionale.da un attento esame delle realtàlocali, emerge che ciò che unificadi più il Carnevale italiano in tavolaè l’uso di dolci, anche molto sem-plici, di pasta fritta, sia azimi sialievitati, guarniti con miele o zuc-chero a velo, che prendono nomidiversi nelle varie regioni: zep-pole, cenci, frappe, chiacchiere,tortelli, castagnole, struffoli. sepassiamo all’umbria, il dato cheemerge è la conferma di unacostante caratteristica della re-

gione che, pur essendo molto piccola,è terra divisa, che subisce le influenzedelle regioni limitrofe in ogni campo,non solo nella cucina. abbiamo, neifatti, l’alta valle del tevere, con influssitosco-romagnoli come l’uso del ber-lingozzo simile al berlingaccio toscano;gubbio, gualdo tadino e foligno conl’uso delle castagnole di origine mar-chigiana, mentre la parte meridionalepresenta usi più tipicamente laziali. Perugia, in questo contesto, fa partedel territorio confinante con l’aretinoe la Val di Chiana, ma a Carnevale, intavola, ha un comportamento tuttosuo: a parte le frappe, simili se nonuguali ai cenci toscani, gli strufoli fattialla nostra maniera sono una peculia-rità che non troviamo in nessun’altraregione. essendo una realtà piccola eanche un po’ defilata, dei nostri strufolinon parla nessuno: per quasi tutti gliitaliani, gli struffoli (con la doppia“f”) sono quelli di napoli, che, tra l’al-tro, non sono un dolce tipico solo delCarnevale. Molto piccoli, fritti, sono

tenuti insieme a forma di anello daabbondante miele cosparso di confettinicolorati.gli strufoli perugini sono unici sia nelnome sia nella composizione: sonograndi, fritti, conditi con del mielearomatizzato; rappresentano, o meglio,per le nostre mamme e le nostre nonnerappresentavano una prova d’esame,essendo di difficile esecuzione, unvero e proprio evento, che potremmochiamare “la guerra degli strufoli”. oggi questa guerra non esiste più, sicomperano in pasticceria o dal fornaioe hanno subito una sostanziale tra-sformazione. sono stati modificati, ag-giungendo alla tradizionale ricetta illievito chimico che li fa gonfiare comedelle palle e li rende simili ad un torcolofritto.gli strufoli tradizionali non prevede-vano l’uso del lievito, dovevano avereuna forma frastagliata e irregolare; l’in-terno, grazie alla presenza di liquorimolto alcolici, era ricco di bolle vuotee la parte esterna vicina al colore diun biscotto: il miele li ricopriva. difficileè l’esecuzione e la buona riuscita nonè assicurata, perché molti fattori, siainterni sia esterni, sono variabili diffi-cilmente controllabili. Cominciava al-lora la guerra degli strufoli, vivacissimae silenziosa, tra cognate, amiche, vicinedi casa e la difesa era una sola: pre-sentarli a tutti solo se venivano benee non confessare mai le prove riuscitemale. oggi, purtroppo, questi bonariconflitti non vi sono più. l’omologa-zione ha colpito ancora, ma raccontarequello che è stato vuol dire anche faremergere ciò che ci distingue.

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Se tutti gli organismi viventi si nu-trono per prolungare l’esistenza,l’uomo è l’unico ad aver tramutato

l’atto di assimilare il cibo, indispensabileal sostentamento, nel “saper mangiare”,ossia nel gustare inteso come apprez-zamento sensoriale e ricerca costantedella qualità, un’esperienza in cui ilpiacere si incontra con la conoscenza,divenendo un atto culturale che coin-volge i sensi e il piacere.Per di più, il sapere del sapore rad-doppia il piacere multisensoriale digustare, consumato in compagnia evivificato dal linguaggio, e migliorala qualità del nostro modo di stare almondo: la scelta ponderata e la capa-cità di valutare rafforzano il godimentodel palato, mentre la parola lo anticipa(quando qualcuno ci parla del saporedi un piatto o dei suoi ingredienti), ene accompagna la narrazione nel ritodella convivialità.Per noi, esseri parlanti, mangiare è unappetito governato dal pensiero e piùspecificamente dal ragionamento ver-bale, un’attività, quest’ultima, così per-vasiva da rendere difficile l’individua-zione di aspetti del nostro vivere, delnostro ragionare e del nostro agire chenon ne siano in qualche modo impres-sionati, anche quando le parole nonsembrano operarvi in modo esplicito.il gusto ne è un esempio: solo noiumani concepiamo i cibi che mangiamoe sappiamo apprezzarli; scegliamo con-sapevolmente tra una vastissima gam-ma di prodotti alimentari; ragioniamosulla nostra alimentazione; discutiamosui cibi e sui nostri gusti; siamo consa-pevoli di quanto ciò che ingeriamo mo-difichi e determini il nostro essere e

fondi la nostra identità. Parlare delcibo, del suo sapore, dei suoi aromi,del suo aspetto, dei suoi ingredienti,della molteplicità di sensazioni che im-pressionano il nostro palato scatenandoemozioni diverse, interpretandoli inrapporto a percezioni passate, è un’espe-rienza cognitiva in senso lato.all’uomo, perciò, non basta assumerealimenti per sostentarsi o per saziarsi:egli li sceglie, li pensa, li elabora conuno sforzo creativo e con il gusto disperimentare nuove armonie di odorie di sapori; li assapora con attenzionericonoscendone il valore e li raccontaattraverso il linguaggio. saper gustare presuppone il piaceredella tavola e una serie di conoscenzemesse in gioco in tutto ciò che precedeil momento del consumo, dall’atten-zione nella scelta qualitativa dei pro-dotti quando si fa la spesa, ai modi dicottura più adatti per quel piatto, allascelta della compagnia con cui condi-viderlo e apprezzarlo. e poi ancora,avere consapevolezza che l’avventuragustativa non coinvolge solo la boccama tutti i sensi, specialmente olfatto,gusto e tatto, configurandosi comeun’esperienza complessa tanto del cor-po quanto della mente.saper mangiare e saper bere, però, nonè una prerogativa esclusiva di gourmeto di professionisti della degustazione,frutto di anni di pratica sul campo, diconoscenze teoriche, dell’acquisizionedi un vocabolario specifico, di frequen-tazioni di ristoranti stellati, di cantinee di vigneti, e di viaggi enogastronomici.Chiunque, seppur in modi diversi, puòsaper gustare prescindendo da cono-scenze apprese intenzionalmente, da

DI ANGELO TAMBURINIDelegato di Siracusa

“Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta l'ultimo a consolarcidella loro perdita” (Jean-Anthèlme Brillat-Savarin).

Piacere della tavola

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una formazione specifica o da un’edu-cazione al gusto, perché capace di sce-gliere e di selezionare, perché attentoalla qualità più che alla quantità di ciòche mangia e beve, capace di apprez-zarla, curioso nell’accostarsi a nuovisapori e nello stesso tempo legato aigusti della tradizione, del territorio edella stagionalità.nonostante ciò che pensano quanti, ra-zionalisti di ieri e di oggi, ritengonol’atto fisico di assaporare un cibo, e lasoddisfazione conseguente, estranei oaddirittura pregiudizievoli alla cono-scenza, l’attitudine a trasformare l’attodel mangiare in quel piacere di conosceree di riconoscere, con il palato e con ilnaso, i valori culturali degli oggetti ma-teriali assimilati, l’equilibrio dei loro in-gredienti e il modo in cui sono stati cu-cinati, è una raffinatezza cognitiva svi-luppata empiricamente fin dall’infanzia(momento chiave per la formazione delgusto) nel contesto socio-familiare, dovetrovano culla gli odori e i sapori dellacucina delle mamme e delle nonne. op-pure dipende da una sensibilità perso-nale, da una capacità di percezione ed’interpretazione specifica sviluppatada adulti, stimolata da quel desiderioper il nuovo che porta a ricercare le gra-tificazioni del palato in quelle sfumaturenon percepibili da un gusto ordinario ea cogliere l’armonia complessiva di unpiatto, una competenza affinata lungotutta la vita fino a diventare una vera epropria pratica intellettuale.Così, solo per chi “sa gustare”, il cibo sitrasforma da esperienza puramentemateriale in nutrimento per l’intelletto:ma nonostante questa possibilità siapropriamente umana, non tutti i “sa-piens” sono poi così sapiens rispetto al-l’atto del gustare. Pensiamo a quantimangiano distrattamente, senza usarela “testa”, senza selezionare, senza as-saporare gli alimenti, senza cogliere ledifferenze e i particolari, senza com-prendere ciò che mangiano, incapacidi controllare i propri gusti. a chi assume,con noncuranza o indifferenza, cibiprivi d’identità, spesso insapori (peresempio cibi precotti o alimenti iperca-lorici), di bassa qualità, ricchi di con-

servanti, additivi, coloranti, quali ham-burger, maionese, snack, ketchup, me-rendine e bibite sintetiche, sovente con-sumate in piedi e frettolosamente, com-plice, come spesso si suole dire, la frettama soprattutto la disattenzione, il di-samore e la mancanza dell’interesse edel piacere di gustare.l’esperienza in cui il gusto si fa piena-mente conoscenza e cultura, è senzadubbio la degustazione: un’arte, unatecnica, ma anche un mestiere in cuil’atto istintivo del mangiare e del beresi converte in uno volontario, frutto dipeculiare esperienza oltre che di unsaper fare linguistico. degustare signi-fica, infatti, assaggiare e gustare conattenzione un prodotto per valutarnequalità e difetti, utilizzando in modoattento tutti i sensi, specialmente olfattoe gusto, il nostro impareggiabile “la-boratorio di analisi” delle caratteristicheorganolettiche di cibi e bevande.Per diventare esperti in materia di de-gustazione, è necessario un addestra-mento e un affinamento dei sensi, l’eser-cizio della memoria, capacità di con-centrazione, abilità linguistiche. Perchésapere cosa si sta degustando e cosacercare in una degustazione, basandosisu conoscenze pregresse e su attese,influenza sia la qualità sia il piaceredella degustazione.esperienza tra le più totalizzanti, de-gustare coinvolge la vista, l’olfatto, ilgusto, il tatto orale, il sistema trigemi-nale, in qualche misura anche l’udito,e il linguaggio, determinando tuttavia

un ribaltamento della classica gerarchiadei sensi. se l’occhio e l’orecchio sonoconsiderati i sensi più intellettuali eanche i più artistici, permettendoci diapprezzare le arti visive, plastiche emusicali, nella degustazione l’olfattosi prende la sua rivincita e diventa lapiù importante fonte cognitiva ed este-tica, seguito dal gusto e dal tatto orale,poi dalla vista con un ruolo secondariod’introduzione all’assaggio, e margi-nalmente dall’udito.degustare è altresì un’attività sociale elinguistica, è anzi, come qualcuno l’hadefinita, “la codificazione di una pia-cevole attività conviviale”, inadatta agliamatori solitari perché un cibo non sidovrebbe mai assaggiare da soli, bensìconfrontandosi con altri, discutendo,cercando di interpretare e di attribuireun significato alle proprie percezioni,attraverso la ricerca delle parole piùadatte a esprimere le sensazioni daesso provocate, attingendo ad un vo-cabolario ricco, preciso, ma di facilecomprensione. abilità costruita con unlavoro paziente e un’esperienza quoti-diana di assaggio, con la passione e lariflessione costante, la complessa e de-licata arte della degustazione, oltre aessere un’ottima palestra sensoriale, unesercizio di valutazione e di buon senso,è con una visione più ampia un’arte divivere e di comprendere il mondo ascol-tando le proprie sensazioni: in altre pa-role, una filosofia dell’esistenza.

ANGELO TAMBURINISee International Summary page 77

ACCADEMICI IN PRIMO PIANO

L’Accademico di Genova, Giovanni Battista Gramatica di Bellagio, èstato nominato “Socio Onorario” dell'Associazione Dimore Storiche Ita-liane.

L’Accademico della Svizzera Italiana, Giuseppe Rossi, ha ricevuto a Mila-no il premio internazionale “Excellent” riservato alle personalità che han-no contribuito allo sviluppo dell’accoglienza nell’ambito del turismo.

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L’acqua che, con linguaggio fran-cescano possiamo chiamarel’umile sorella della mensa, non

possiede un vero sapore, in quanto, perdefinizione, deve essere “incolore, ino-dore e insapore”. Può, però, contribuirea modificare, e anche a migliorare, ilsapore dei cibi e perciò la sua presenzanella mensa è necessaria non solo comedissetante, ma anche per la preparazionedei cibi. Costituisce, quindi, un compo-nente fondamentale del pasto, ma so-prattutto fondamentale per l’organismo,in quanto indispensabile per la vita, siaessa animale sia vegetale.l’uomo ha sempre cercato di assicurarsiuna sua adeguata disponibilità, e perciòla raccolta dell’acqua e la sua distribu-zione alla popolazione furono oggettodi preoccupazioni e di studi fin daitempi più antichi, e a questo propositoè molto interessante ricordare, nellastoria della civiltà romana, gli acquedottiistituiti nei primi millenni dai nostri an-

tenati, acquedotti per i quali si sonoresi famosi per la loro costruzione, maanche per la cura che vi dedicavano. digrande importanza, nell’antica roma,fu infatti la carica del curator acquarumche fruiva di onori pari a quelli di unmagistrato. al curator erano affidate lamanutenzione e l’igiene degli acquedotti,controllando, in particolare, che nellaloro prossimità non vi fossero costruitiedifici e, soprattutto, che non vi venisserogettati dei rifiuti.l’apporto dell’acqua a roma era chia-ramente indispensabile per soddisfarele esigenze dell’organismo, ma era anchenecessario per altri scopi: per le termee per l’igiene. la necessità crebbe, perciò,rapidamente, tanto che i romani furonocostretti ad importarla da numerosefonti, alcune delle quali particolarmenteapprezzate. tra queste, ricordiamo l’ac-qua Marcia, il cui nome deriva dal pre-tore Quinto Marzio che ne costruì l’ac-quedotto, della quale scriveva Plinio il

DI PUBLIO VIOLADelegato di Roma Appia

Celebrata dagli antichi Romani, venne definita da Plinio il Vecchio “la migliore acqua del mondo”.

L’acqua di Roma

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Vecchio “la migliore acqua del mondoper fresco e per sanità è l’acqua Marcia,un dono fra tutti gli altri doni concessia roma dagli dei”. il primo acquedottodi roma fu comunque quello dell’acquaClaudia, costruito dal censore appioClaudio, ma numerose altre furono lefonti, tra le quali un cenno a parte merital’acqua egeria, che scaturisce fuori Portasan sebastiano. egeria, ninfa delle fontie legata al culto di diana nemorense,era la consigliera del re numa Pompilioche la incontrava nella segretezza dellanotte. ovidio sostiene, però, che egeriafosse la moglie di numa Pompilio, laquale, in seguito al dolore per la mortedel marito, si sarebbe ritirata in unagrotta vicino al bosco. diana allora, perporre fine alle sue sofferenze, la trasformòin una fonte da cui sgorga tutt’ora un’ac-qua fresca e limpida. successivamente,in epoca imperiale, altri acquedotti fu-rono costruiti e, tra questi, ricordiamoquello dell’acqua Vergine, che fu reputatala più fresca e gradevole e che fu ancheutilizzata per uso balneare. Con la cadutadell’impero romano, la cultura dell’acquanon fu abbandonata, e pontefici, cardi-nali, principi e magnati costruironoopere idrauliche, anche di alto livelloartistico, come la fontana di trevi.Pur essendo per definizione “insapore”,una certa differenza del gusto è statacomunque sempre riconosciuta, e unanetta caratterizzazione assunse l’acquaacetosa, di sapore ferruginoso, chesorgeva in prossimità del Ponte Milvioe che fu molto apprezzata dagli inten-ditori e soprattutto dal papa alessandroVii, al punto che vi fece costruire unafonte sulla cui epigrafe se ne decanta-vano le virtù terapeutiche. ancora oggi,del resto, una certa distinzione vieneeffettuata dagli intenditori tra la vecchiaacqua Marcia e la nuova acqua del Pe-schiera, in quanto la prima viene giu-dicata più leggera, e lo stesso apprez-zamento viene espresso per altre fontiin prossimità di roma, come l’acquasanta e l’acqua laurentina, dove moltiromani ancora oggi vi si recano a farerifornimento per poterla bere al postodi quella del rubinetto.sembra quindi esistere, da parte dei

romani, un diverso piacere nel bereun’acqua piuttosto che un’altra, dandola preferenza a quella “leggera” al postodi quella “dura”, in quanto la durezzadetermina a qualcuno una sensazionemeno gradita al palato. Va precisatoche la durezza è legata alla presenzadel calcio e del magnesio, e ciò, contra-riamente alle credenze più comuni, nonè aspetto negativo, ma al contrario po-sitivo, visto che è stata dimostrata unasua attività protettiva nei confronti del-l’osteoporosi e anche del circolo coro-narico, mentre nessuna correlazione èstata confermata con la calcolosi renale. attualmente, l’acqua bevuta dai romani(così come avviene in molte altre partid’italia) comincia però a non essere piùquella che arriva con gli acquedotti, maquella che arriva con i camion nei su-permercati, preconfezionata in bottigliedi plastica. non giustificati sospetti sull’idoneitàdell’acqua di rubinetto inducono il con-sumatore a preferire le acque “minerali”,anche se, generalmente, non sa distin-guere in che cosa si caratterizzano le ti-picità delle diverse acque in commercio,e basa perciò, quasi sempre, la sua sceltasulla convenienza economica o sull’at-trazione pubblicitaria. Ci sembra giustoperciò esporre alcuni dati sommari suqueste acque provenienti da sorgentinaturali alle quali vengono attribuiteproprietà curative. una delle principalicaratteristiche è quella del “residuofisso”, ossia la quantità di sali mineraliriportata nell’etichetta (mg/l), per cuipuò essere “oligominerale”, con un re-siduo fisso non superiore a 200 mg/l,“mediominerale”, con residuo fisso com-preso tra 200 mg/l e 1 g/l, e “mineralepropriamente detta”, con residuo fissosuperiore a 1 g/l. le acque mineralisono inoltre classificate a seconda deltipo di sale prevalentemente presente,che conferisce loro un particolare sapore.Possono essere acque solfate, clorurate,calciche, bicarbonate, fluorurate, fer-ruginose ecc., a ciascuna delle qualivengono attribuite particolari indicazioniterapeutiche che dovrebbero essere ade-guate alle necessità del consumatore.Per quanto concerne l’acqua potabile

del rubinetto, precisiamo che deve esserelimpida e fresca, con un contenuto disali disciolti inferiore a g 1,5%; esserepriva di germi e non devono essere pre-senti quantità apprezzabili di ammo-niaca, di nitriti o di altre sostanze tossi-che. Per questo motivo l’acqua del ru-binetto viene costantemente e rigida-mente controllata secondo parametrifissati da leggi nazionali e da direttivedella Comunità europea. è doverosodire che l’acqua del rubinetto non dan-neggia la salute, anzi, per molti aspettila protegge, spesso meglio di quella chesi compera al supermercato e si portafaticosamente a casa, e soprattutto chepresenta una maggiore garanzia, inquanto sottoposta a controlli di verificabisettimanali che possono essere anchequotidiani per gli acquedotti più grandi.i controlli per le acque cosiddette mi-nerali non sono invece così frequenti:si ritiene che, provenendo da acque sot-terranee di origine meteorica, oltre adacquisire peculiari caratteri chimici,non siano inquinate, e la legge non sta-bilisce ogni quanto tempo debbano es-sere effettuati i controlli.sembra quindi che le acque di roma,sia minerali sia del rubinetto, possanoessere assunte tranquillamente senzarischi. è stato però affermato che talora,nell’acqua potabile del rubinetto, è statarilevata la presenza di sodio: si tratta,tuttavia, di presenze non costanti e co-munque in quantità modestissime, senzadimenticare che il sodio abitualmentel’assumiamo attraverso l’uso del sale dicucina, che talvolta consumiamo ec-cessivamente per insaporire il cibo.nulla, infine, contro gli amanti dell’acquaminerale, ma li preghiamo di provvederesempre a gettare il contenitore di plasticanei raccoglitori, onde evitare l’inquina-mento ambientale. in conclusione, riteniamo di poter beretranquilli e con piacere l’acqua di roma,un’acqua sicura perché regolarmente erigidamente controllata, che sgorgaspontanea dalle sue fontane, non a tortocelebrate dalla musica di quel grandecompositore che fu ottorino respighi.

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Se una scienza ha il diritto diessere eclettica, questa è, senzadubbio, la gastronomia. essa è

costretta, dalla sua stessa essenza, adammettere tutti i sistemi, adottare lediverse dottrine, utilizzare tutti i metodi,abbracciare ogni tipo di scuola, aver ache fare con tutti i principi, accoglierele differenti teorie, accettare tutte leinnovazioni, e non avere nazionalità:ogni giorno, momento dopo momento,potrà essere francese, italiana, russa,spagnola, raramente tedesca, inglesemai! eclettismo sì, ma a tutto c’è un li-mite. Come l’ubriachezza di qualcheindividuo non ci farà estirpare le viti,l’abuso di pochi non ci farà privaredell’alto beneficio che porta la libertàdi pensare, di concepire un piatto, diallestire una vivanda, consolatoria alpalato o novella al guardo.e parlando di eclettismo, veniamo acolei che, con una discreta dose di

sfacciataggine, può, anzi deve inserirsinella cucina di tutti i giorni, anche se,in contrasto con le più recenti indica-zioni dietologiche, utilizza timidamenteuna seppur minima quantità di carnebovina.solo un orogelido findusiano asetticoe schifiltoso può non amare la cosid-detta “pizza Monacone”, così chiamatain omaggio a un quasi anonimo scoglioposto a lato dei ben più famosi fara-glioni, messa a punto da un piccoloma eccellente chef che, sul finire deglianni sessanta, esercitava la sua artepresso il “ristorante da luigi”, giù amare, e per l’appunto sotto i faraglioni.è a lui che si deve la creazione di questapizza, basata, per sua stessa ammis-sione, su di un eclettismo girovago ecasuale: quello degli avanzi del risto-rante. Precisiamo, non con gli “avanzi”volgarmente intesi, bensì con il “nonconsumato”, con quanto restava, non

servito, nei frigoriferi della cucina: dalcarrello dei contorni melanzane a fun-ghetto e peperoni fritti; zucchine frittescampate agli spaghetti alla nerano;dall’insalata caprese i pomodori e qual-che tocchetto di fiordilatte, ancorameglio perché del giorno prima, basi-lico se ne è sempre trovato in quantitàanche nella cucina di un eremita, equel poco di carne macinata sottrattaalle “fettuccini bolognese” preparateall’occorrenza per rampolli viziati eturisti intimiditi dai profumi di maredella cucina locale e trasformata inadorabili polpettine. alla bisogna, ossiain caso di aumento imprevisto dei com-mensali, cubetti di pane secco fritto asupporto. solo fritto, e non indorato efritto, per non appesantire. il tutto av-volto in una crosta di pasta sfoglia.Passata per il forno, giusto il tempo dipermettere ai sapori di fondersi traloro e rendere la sfoglia croccante.

DI CLAUDIO NOVELLIAccademico di Napoli-Capri

Dalla pizza “Monacone”, fatta con gli avanzi, alle polpette di melanzane, alle aguglie fritte: preparazioni (quasi) senza carne, sotto i faraglioni.

Eclettismo fortuito e cucina caprese

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nonostante qualcuno cerchi di intro-durvi surrettiziamente carne tritata,béchamel, o prosciutto cotto macinato,la Monacone, eccezion fatta per le radepolpettine, resta sempre appannaggiodi una cucina che, vegetariana per in-digenza primigenia, ha saputo fare dinecessità virtù, e così come affermaJorge luis Borges “a distanza di tempo,il caso e la necessità si distinguonosempre di meno”. tanto ostinata è diventata al giornod’oggi l’astinenza dalla carne, che,fatta eccezione per la minima quantitànella Monacone, non importa sia Car-nevale o Quaresima, anche la polpetta,dono degli dei ad un’umanità sofferentee sdentata, nella cucina caprese vienepreparata senza proteina animale. Vanotato che sicilia, Puglia e Calabriahanno, a loro volta, la ricetta dellepolpette di melanzane praticamenteidentica a quella caprese. in ogni caso,quella che credevamo la “nostra” pol-petta compare, sic et simpliciter, senzavariazioni o aggiustamenti, al n° 626,col nome “crocchetta di melanzane”nel libro di enrico alliata, duca di sa-laparuta (1879-1946) Cucina vegeta-riana e naturismo crudo, ovvero Ma-nuale di gastrosofia naturista, raccoltadi 1030 formule scelte da ogni Paese.ulrico hoepli lo pubblicò nel 1930.“sbucciatele, tagliatele a dadi, cuoce-tele a marmitta, ovvero a vapore. grat-tugiate del pane in volume approssi-mativamente uguale, unitevi del for-maggio pure grattugiato in proporzionedi un quarto del pane, sale, pepe, prez-zemolo triturato e due uova. impastateil tutto, fate le crocchette della gran-dezza di un pollice. infarinate, passarea uovo e pangrattato e friggete”. aquesto punto propongo di chiamarla,anche se potrebbe suonare pomposo,“polpetta delle due sicilie”.in quello stesso mare che ne ha favoritoil viaggio da salaparuta all’isola az-zurra, viene pescata un’altra specialitàdella cucina caprese: Belone belone perlinneo nel 1761, aguglia, per noi,quando felici della sua casuale presenzasul menu la ordiniamo, fritta, allo chefgregorio. il punto di frittura deve

essere perfetto, “arruscato”, vale a diredi quel biondo scuro tendente al bron-zeo che la rende croccante al morso eche, con il calore sviluppato nella pa-della, praticamente ne fonde le minu-tissime spine. Va mangiata con il soloaiuto delle mani, tuttavia se qualchevirtuoso delle posate preferisse sfor-chettare nel piatto, si accomodi pure,farà più bella figura che con qualsiasialtro pesce. l’aguglia grande va tagliatain tre pezzi; quella media va incurvata

su se stessa infilandone il becco nellacoda; la piccola va fritta intera, assi-curandosi che resti dritta, in modo dapoterla impugnare per il becco e perla coda e, tenendola ben tesa, farviscorrere i denti. sale, forse pepe, mailimone. nel piatto, il numero delle li-sche dal particolarissimo colore ver-de-azzurro indicherà l’indice di gra-dimento di ciascun commensale.

CLAUDIO NOVELLISee International Summary page 77

IL GUSTO STA NEL CERVELLO

Non più buon palato, ma buon cervello bisognerà dire. Recenti ricercherivelano che il segreto di un buon gourmet sta in gran parte nei suoineuroni, che sono specializzati per ciascuna delle cinque categorie delgusto: salato, amaro, acido, dolce e umami, ossia saporito.Infatti, i vari sensori specializzati del gusto della bocca hanno precisicorrispondenti nel cervello, ed è questo organo che “sente”, “valuta”, e“giudica” i sapori.La ricerca scientifica sta anche spiegando come l’età influisca sulla per-cezione gustativa. Le cellule staminali della lingua, ossia il “palato”,producono nuove cellule gustative ogni quindici giorni, ma questo pro-cesso diventa più lento con l’età. In modo analogo anche i neuroni dimi-nuiscono!Una buona notizia è che gli scienziati sperano che i loro studi possanoessere utilizzati per contribuire a contrastare la perdita del senso delgusto negli anziani e nei malati. (G. B.)

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P ietro Corsi è uno degli scrittoriitaloamericani più popolari eamati nel Molise, regione in

cui è nato e in cui torna ogni anno dasempre. è conosciuto soprattutto peraver scritto storie della sua terra e deisuoi emigranti, e storie dei Paesi ame-ricani in cui è vissuto e ancora vive,ma è stato anche, nel periodo in cuinavigava sulle navi da crociera di unadelle più prestigiose compagnie delmondo, la Princess Cruises, brillanteautore di libri di cucina e dell’arte delricevere. You and your Guest, You andYour Table Guest, The Princess CruisesBar Bible (Phoenix, los angeles, 1984),Cooking with Flair (J g graphics, 1984),Cooking with Fruits and Wines (PhoenixPrinting & design, 1984). è stato no-minato membro del Master Chefs in-stitute in europa “per il suo contributoalla diffusione della conoscenza della

tradizione italiana dell’ospitalità”, e,per gli stessi meriti, insignito del titolodi Cavaliere ufficiale della repubblica,nel 1992. Per spiegare questa sua doppia perso-nalità di scrittore dobbiamo fare unpasso indietro e raccontare brevementela sua storia. Corsi, partito da Casaca-lenda alla fine degli anni Cinquanta,per seguire come tanti il famoso “sognoamericano”, in america trovò effetti-vamente le sue opportunità. dopo unperiodo trascorso a Montreal comecollaboratore del giornale “il CittadinoCanadese”, si trasferì in Messico dove,inaspettata, gli giunse da un vecchioamico un’inconsueta proposta di lavoro,un posto sulla nave da crociera aca-pulco. iniziò per lui un’avventura du-rata circa trent’anni e poi raccontatanel suo libro L’Odore Del Mare (ed. ilgrappolo, 2006). dopo qualche anno

DI GABRIELLA IACOBUCCIAccademica di Campobasso

L’esperienza dello scrittore Pietro Corsi nelle cucine delle grandi navi da crociera.

Quando l’odore del mare era italiano

gli giunse l’offerta di lavorare sullaPrincess Patricia. iniziava l’era dellecrociere di lusso, e la nave era statanoleggiata da una nascente compagnia,la Princess Cruises, per trasportare tu-risti facoltosi sulle rotte tropicali. Corsi,inizialmente, salì a bordo come rap-presentante della Compagnia, e poichétra le sue responsabilità c’era anche ilcontrollo delle cucine, ben presto sitrovò a dover fronteggiare problemi alui fino ad allora estranei, quelli dellagastronomia. Mentre sulla nave aca-pulco si era potuto affidare a personaledi cucina italiano ed esperto, sullaPrincess Patricia trovò una realtà com-pletamente diversa. il personale cino-canadese non era all’altezza degli stan-dard di una crociera di lusso dove, inquattordici giorni, erano previsti ven-totto menu diversi e, per ognuno, nonmeno di cinque aperitivi, tre minestre,tre farinacei, tre pesci, cinque carni,cinque carni fredde, contorni, tre in-salate, delle quali due composte, cinquedolci, frutta fresca e secca, tè, caffè.Corsi si rese conto ben presto che vierano tanti problemi nella ristorazione,e che i procedimenti usati dai cuochinon erano proprio ortodossi. il giornoin cui trovò i vassoi della pancetta e icontenitori di acciaio con pesce, carne,vegetali messi a scongelare al sole tro-picale sui bidoni dell’immondizia, de-

cise di parlare al Vicepresidente dellaPrincess Cruises, suggerendo che sesi voleva il successo della Compagniaera necessario provvedersi di cuochicapaci di preparare tutto il menu se-condo le regole dell’arte culinaria. ilproblema fu risolto in modo diploma-tico, e i cuochi cinesi vennero fattisbarcare e andarono a lavorare neglialberghi. nel frattempo, le navi di ban-diera italiana stavano scomparendo,e quindi un personale altamente qua-lificato - il più qualificato che si siamai visto sui sette mari, afferma Corsi- si sarebbe spostato sulle navi da cro-ciera. nel 1967, quando la PrincessCruises noleggiò la nave italia, poi ri-battezzata Princess “italia”, cominciòl’era italiana a bordo. Qui non solo icuochi, ma tutto il personale era ita-liano, dal comandante all’ultimo mozzodi cucina. e fu appunto su questa naveche Corsi poté sviluppare un interesseche non sapeva di avere, quello perl’arte culinaria.nel suo libro, racconta, in modo ap-passionato, di questo periodo, e ricordacon ammirazione e affetto le figureche significarono di più per la sua ma-turazione umana e che gli trasmiserola loro grande esperienza, come ninoCatalfamo, il maestro di casa, o PaoloBonanno, lo chef che insegnò l’arte amolti cuochi che lavoreranno poi sulle

navi più prestigiose. ricorda i perso-naggi famosi che viaggiarono su quellenavi e le cene preparate per loro. unaper tutte, la cena speciale per la prin-cipessa diana, che sarebbe stata lamadrina dell’ultimo gioiello della flotta,battezzato in suo onore royal Princess.una nave di 45.000 tonnellate di stazza,che sarebbe diventata un modello perle altre navi da crociera. la cucina eradotata di un equipaggiamento nuovoe ultramoderno. ricordando la famosacena, Corsi racconta i desideri dellaprincipessa per il pranzo inaugurale.“un pranzo semplice ma elegante, citenne a precisare: medaglioni di ara-gosta con una mousse di foie gras, se-guiti da un leggero consommé, pettodi pollo non più grande di 3 once emezza, un dolce a base di frutti di bo-sco. la sfida più grande per il bravis-simo chef alfredo Marzi non fu quelladi dover preparare un pranzo reale,bensì il petto di pollo, quel petto dipollo, molto più piccolo del normale.e Marzi, circondato dai suoi macellaie capi-partita, a tagliare e tagliare, li-mare e limare con l’astuzia dell’artista,pesare e pesare con la perizia del far-macista, fino a ottenere petti di polloche non pesavano più delle tre once emezza desiderate dalla principessa!”.

GABRIELLA IACOBUCCISee International Summary page 77

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CENA ECUMENICA 2015La riunione conviviale ecumenica, che vede alla stessa mensa virtuale tutti gli Accademici in Italia e nel mon-do, si svolgerà il 15 ottobre alle 20,30, e avrà come tema “I condimenti: le salse e i sughi che caratterizzano la

cucina del territorio”. Un tema, quello scelto dal Centro Studi “Franco Marenghi” e ap-provato dal Consiglio di Presidenza, volto a recuperare, in cucina, le tradizioni che oggi

stanno vedendo i cambiamenti connessi al passaggio dalle preparazioni familiari aquelle artigianali e industriali. E se il confronto tra i condimenti si giocava, un

tempo, tra culture vicine, oggi il campo è divenuto globale e soprattutto in con-tinuo e rapido movimento.

I Delegati cureranno che la cena ecumenica sia accompagnata da un’idonearelazione di carattere culturale che illustri l’importante tema proposto e che, sulle

mense, il menu sia composto in omaggio agli alimenti scelti.

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I l consumo di cibo è da sempreritualizzato a fini sociali: anchequando le prescrizioni hanno as-

sunto un connotato religioso, il fineultimo era quello di con-tribuire alla creazione diun’identità sociale distin-guibile dalle altre. tuttaviase inizialmente, questoprocesso sembrava esserestato utilizzato soprat-tutto per rafforzare dif-ferenti identità etnichee culturali, nel corsodel tempo, la ritualitàsi è spostata semprepiù verso una segmen-tazione interna allapropria comunità di

appartenenza, fino al mo-mento attuale, in cui tale processosembra, ormai, essere asservito a purelogiche di marketing, con il fine di di-stinguere i consumatori colti dagliignoranti, le persone trendy dagli an-tiquati, gli innovatori dai tradiziona-listi.Come modello di ritualità orientataalla segmentazione interna alla società,possiamo ricordare l’insieme di regolecontenute nel cosiddetto bon ton, chetrae origine dal manuale di buone ma-niere che Monsignor giovanni dellaCasa scrisse nel 1564 (Il Galateo).risale a quel periodo la diffusionedelle posate e dei piatti personali sulletavole delle corti. Prima il cibo venivaservito in piatti comuni; si mangiavacon le mani, scambiandosi il coltelloper tagliare i cibi. finché Caterina eMaria de’ Medici non introdussero infrancia la forchetta e l’uso delle dita

venne riservato esclusivamente al con-sumo di frutta e formaggi.dal XVi al XViii secolo, i modi “cortesi”dei frequentatori delle corti divennerouno dei tratti distintivi dell’alta societàe, quando con la rivoluzione industrialeiniziarono a svilupparsi i centri urbanie il cosiddetto ceto medio, le buonemaniere (insieme alla disponibilità eco-nomica) divennero a poco a poco il se-gno caratteristico anche della borghesiacittadina.Va quindi notato che, se all’inizio quelleregole e quei comportamenti avevanoavuto una finalità distintiva, nel sensoche permettevano di distinguere la“buona società” dal mondo dei “villani”,col passare del tempo avevano semprepiù rivestito una funzione inclusiva,dato che esse potevano contribuire al-l’ascesa sociale delle nuove famiglieborghesi.Quando, poi, con il progressivo ap-piattimento sociale, la propagazionedelle buone maniere si è estesa adun pubblico sempre più ampio, la vo-lontà di distinguersi ha continuato amanifestarsi attraverso nuove formedi ritualizzazione a tavola. la maggiorparte delle quali originata da “codi-fiche” partorite da “esperti” e divulgatespecialmente attraverso i mass mediae la ristorazione pubblica.robin fox, nel suo Food and Eating:an Anthropological Perspective, riporta,come esempio di tali codifiche, l’ordinein cui i cibi sono preparati, serviti econsumati. “il dolce non viene maiconsumato prima del salato e rara-mente (mai in francia) viene servitoinsieme ad esso. i francesi mangianol’insalata dopo il secondo, gli ameri-

DI ROBERTO DOTTARELLIAccademico di Roma Castelli

La trasposizione di pietanze e ingredienti da una parte all’altra del mondo sta indebolendo le cucine e i gusti tradizionali. Se questo modello di consumo dovesse stancare, c’è da sperare che non sia troppo tardi.

Saperi e sapori

cani rigorosamente prima, e gli inglesi,per la riprovazione di entrambi, laservono nello stesso piatto della carne(fredda)”.un altro esempio lo potremmo trarredagli abbinamenti tra vino e pietanze:con le “bollicine” per iniziare il pranzo,il vino bianco riservato eslusivamenteai piatti di pesce e il vino rosso a quellidi carne. Queste pratiche, sebbene suffragateda valide ragioni, non possono certoessere considerate canoni assoluti(basti pensare a uno Chardonnay conprosciutto e mozzarella o a un amaronecon il baccalà). eppure non si può ne-gare che siano riuscite per lungo tempoad influenzare non solo i professionistidella ristorazione, ma anche gli amantidella buona cucina.Ciò che caratterizza oggi le nuove for-me di “ritualizzazione” del cibo è ilfatto che, come scrivevo all’inizio, essenon hanno più l’obiettivo di segmentarela società verticalmente, ma di spingerei gusti verso un modello di consumosempre più innovativo e sofisticato.Così negli aspetti rituali che fanno dacornice al pasto vero e proprio, oggigli chef promuovono tipi diversi distoviglie, di bicchieri, di decori perrendere sempre nuova la tavola. Quan-to alle innovazioni sostanziali, invece,è tutta una “scoperta” di cibi e ingre-

dienti “esotici”. in passato, grazie alfatto che la possibilità di conoscerealimenti e pietanze straniere era ri-servata a pochi viaggiatori, l’introdu-zione dei cibi esotici nelle nostremense avveniva molto piùraramente; oggi, invece,l’attuale facilità di mo-vimento rende più fa-cile la globalizzazionedei cibi e il loro tra-sferimento da unaparte all’altra delmondo.integrare nella no-stra cucina ingre-dienti, che sono statiestrapolati dalla lorocultura e dalle loro tra-dizioni, può essere valutatopositivamente? Per risponderebasti pensare a cosa sarebbe la nostracucina senza il pomodoro.Per contro, però, c’è il fatto che chi in-nova in cucina, spesso, non ha altrefinalità se non quelle di cercare di di-stinguersi dagli altri e di riuscire adavere quanti più “seguaci” possibili.in questi casi, la continua ricerca dinovità, di combinazioni cucinarie sco-nosciute alla massa, finisce per averesolo obiettivi di marketing.si potrebbe comunque concludere che,anche in questi casi, non ci sia niente

di male, se non fosse, però, che la tra-sposizione di pietanze e ingredientida una parte all’altra del mondo, in-debolisce le cucine tradizionali (e i

gusti ad esse associati), portan-doci gradualmente al para-

dosso di essere prossimiad avere un’unica cucina

globale per le masse,fortemente dipenden-te dalle produzioniindustriali e dallagdo (grande distri-buzione organizza-ta) e di avere, nel

contempo, migliaia emigliaia di cucine ori-

ginali, legate a unochef, che ne è l’autore e

l’interprete e che le rendepiù o meno accessibili, in fun-

zione dei suoi obiettivi economici.non dovremmo preoccuparci, se nonfosse che anche questo meccanismodell’innovazione e del rimescolamentodei cibi, prima o poi, potrebbe stancaree, se dovesse succedere, c’è da sperareche non sia troppo tardi e che i saperie le conoscenze necessarie per tornarealle tradizioni e ai sapori semplici deinostri avi non siano andati perdutiper sempre.

ROBERTO DOTTARELLISee International Summary page 77

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BENTORNATA PAJATA! Manca dalle tavole italiane da quasi quattordici anni per le restrizioni sanitarie adottate, nel luglio 2001, in se-guito all’emergenza “mucca pazza” (Bse). La Coldiretti ha infatti comunicato che, a Bruxelles, il Comitato per-manente vegetali, animali, derrate alimentari e mangimi dell’Unione europea ha votato a favore della modificadel regolamento comunitario n. 999/2001 sulle misure di prevenzione e controllo della Bse. Viene di fatto modi-ficato l’elenco degli organi a rischio, consentendo di recuperare la colonna vertebrale ma, soprattutto, l’interopacchetto intestinale. Il che vuol dire: via libera alla pajata, il termine romanesco che definisce la prima parte del-l’intestino tenue del vitello di latte, fino ad oggi sostituito nei ristoranti e nelle trattorie dall’intestino d’agnello,per preparare uno dei piatti più tipici della cultura gastronomica della capitale: i rigatoni con la pajata, appunto.La decisione della Commissione Europea è una giusta conseguenza del fatto che, dal 2009, non si registrano, inItalia, casi di mucca pazza tra i bovini, per il rigido sistema di controlli e per le misure di sicurezza messe in atto,anche con grandi sacrifici, dagli allevatori. Il nuovo regolamento di esecuzione passa ora al servizio giuridico del-la Commissione Europea e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il mese di aprile.

News

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I n un’interessante relazione “larivoluzione in agricoltura: versola fine della scarsità?”, tenuta al-

cuni anni fa, in occasione dell’inau-gurazione dell’anno accademico deigeorgofili, il professor romano Prodievidenziava che per merito del pro-gresso tecnologico in agricoltura, conl’introduzione di varietà migliorate,l’impiego dei fertilizzanti, il controllodelle avversità parassitarie, la mecca-nizzazione agricola, era stato conse-guito un notevole incremento nelladisponibilità di prodotti agricoli.la “rivoluzione verde” degli anni ses-santa aveva eliminato, almeno neiPaesi industrializzati, il problema dellascarsità degli alimenti. il nostro Paeseaveva raggiunto la cosiddetta “fase disazietà”, tipica delle società avanzate,che è caratterizzata da una staziona-rietà dei consumi alimentari, sia nelcomplesso sia in relazione ai principalielementi nutritivi e alle singole grandicategorie merceologiche, a seguito diuna crescente omogeneizzazione deiconsumi alimentari. all’inizio, con ilraggiungimento di una saturazionedei fabbisogni pro capite di base, ot-tenuto con il consumo di prodotti po-veri di origine vegetale, in particolarecereali e legumi, e in seguito con l’ar-ricchimento della dieta con prodottianimali fin al conseguimento dellostato di “sazietà”. nel corso degli anni, si assiste ad unasensibile dinamicità dei consumi siaall’interno delle grandi categorie mer-ceologiche (meno latte, più yogurt,formaggi freschi, alimenti funzionali)sia relativamente al tipo di servizioincorporato nell’alimento (time-saving)

e alle modalità di accesso (grande di-stribuzione). da un confronto dei con-sumi pro capite tra 1970 e 2000 sirileva un aumento di ben il 50% deiprodotti di origine animale, mentrestazionari sono quelli di origine vege-tale, ma con riduzione di cereali e pa-tate e aumento di ortaggi e frutta.Pur tuttavia, questo periodo di abbon-danza sembra che non possa durare alungo; molti studiosi sono concordinell’affermare che la lunga epoca delcibo abbondante e a basso costo è ter-minata, per lasciare il posto a un’eradi nuova scarsità, come analizzato nelrecente volume del professor Paolode Castro, Corsa alla terra (Collanasaggine, editore donzelli, 2012): “nel2050 saremo più di nove miliardi adabitare il Pianeta, circa un terzo inpiù di oggi, e per soddisfare la domandadi cibo avremo bisogno di aumentarela produzione agricola del 70%, ri-spetto a quella attuale. Per di più do-vremo farlo in maniera più sostenibileche in passato”. l’argomento è di grande attualità, og-getto di convegni, dibattiti, proposteed è il tema scelto per l’esposizioneuniversale di Milano 2015 “nutrire ilPianeta, energia per la vita”.tra le tanti ipotesi e proposte per ri-solvere la fame nel mondo, una certaattenzione è posta all’utilizzo degli in-setti, come in un recente articolo “Man-giatori di insetti”, di santi longo, pub-blicato su georgofili info newsletter(febbraio 2015). “alcuni popoli del-l’america centrale e meridionale, del-l’africa, dell’asia, dell’australia e dellanuova zelanda, integrano il fabbisognoproteico alimentandosi di circa 2000

DI VITTORIO MARZIAccademico di Bari

Tra le tante ipotesi e proposte per risolvere la fame nel mondo, secondo la FAO la produzione di insetti per l’alimentazione umana potrebbe rappresentare una risposta concreta.

Nutrire il Pianeta

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specie di insetti commestibili.secondo la fao, la produzionedi insetti per l’alimentazioneumana e animale potrebbe rap-presentare una risposta con-creta all’obiettivo, che si sonoposto i capi di stato e di governodi 189 Paesi, riunitisi nel 2000al vertice di new York dell’onu,di ridurre della metà, entro il2015, la percentuale di popo-lazione mondiale che soffre lafame. gli insetti, che attual-mente integrano la dieta dicirca 2 miliardi di persone, sonostati fra i primi alimenti del-l’uomo e, oltre a rappresentare unafonte di proteine e di grassi più effi-ciente rispetto ad altri animali in alle-vamento, producono meno gas serrae possono essere utilizzati per decom-porre i rifiuti…attualmente, anchenei menu di ristoranti europei, vengonoproposti numerosi piatti a base di in-setti; gli spiedini di larve di punteruolorosso e cipolle sono apprezzati soprat-tutto in francia, mentre un ristorantemilanese ha proposto “focacce conprovola affumicata e grilli, polpettinedi riso nero e larve, risotto con sidromontanaro, salsiccia e vespe”.allo stesso tempo, contro il preoccu-pante problema degli sprechi alimen-tari, specialmente nei Paesi industria-lizzati, recenti pubblicazioni illustranoricette a base di scarti: bucce di po-modoro, di melanzane, di patata, dipera, di mela, baccelli di pisello, lischedi pesce ecc.Certamente essere preparati a un futuroalimentare molto incerto, che paventail ritorno alla scarsità, è una necessariaopportunità. Pur tuttavia in un Paese,come l’italia, così ricco di cucine re-gionali, un immenso patrimonio co-struito nel tempo dalle diverse classisociali, dalle più ricche alle più povere,la parsimonia del mondo contadino edella classe borghese del passato sonouna testimonianza del saper vivereanche in tempi difficili.Purtroppo, lo spreco alimentare è unaspetto negativo della società del be-nessere. nel passato, la povertà e la

scarsa disponibilità di alimenti avevanosollecitato, nel mondo contadino, laricerca di tutto quello che poteva essereedule. si sostiene che il sistema agro-silvo-pastorale, a partire dal Vii secolo,abbia consentito alle popolazioni ruralinon solo di sopravvivere, ma anche dicrescere. zuppe e verdure costituivanoil loro pasto, la zuppa serviva a utiliz-zare il pane raffermo, e moltissimesono le ricette regionali, dalla zone dimontagna alla pianura, di minestre ezuppe saporite a base di erbe diverse.ne è un esempio la minestra di erbespontanee, ricetta sarda costituita daben 18 specie, cotte in un brodo abase di guanciale di maiale stagionato,con l’aggiunta di formaggio pecorino.una caratteristica dei mercatini locali,ormai del tutto rari, è la vendita delle“misticanze” o di “minestre mischiate”,molto variabili nella composizione dispecie spontanee, raccolte a mano.tuttavia anche nella classe borghesedel XiX secolo la parsimonia alimentareè documentata da libri di economiadomestica, insegnamenti rivolti allapadrona di casa nel saper fare buonacucina spendendo il meno possibile.sarebbe una grave iattura, a causa deiprofondi mutamenti, la perdita di uncosì vasto patrimonio di conoscenze.in realtà, il vero problema del futurosarà l’aumento della produttività agri-cola, come base fondamentale dellafood security, ossia l’accesso e la di-sponibilità del cibo a livello globale.Per quanto riguarda l’italia la situazione

si può definire molto precaria,considerando che, come è statoscritto, è compresa tra i Paesi“debitori ecologici”, vale a direquelli dove si consumano ri-sorse ambientali più di quelleprodotte. secondo le rileva-zioni statistiche, negli ultimitrenta anni sono stati persiben 5 milioni di ettari, destinatiad altri usi, e il fenomeno nonsi arresta, se non con provve-dimenti legislativi. già da tem-po, il professor franco scara-muzzi, Presidente dell’acca-demia dei georgofili, in ma-

niera molto incisiva, ha evidenziatola necessità di una difesa della nostraagricoltura, che sta perdendo il suoruolo strategico, per una serie di motivisociali ed economici, aggravando leproprie importazioni dal mercato glo-bale, spesso inaffidabile e inquinatoda speculazioni finanziarie. è neces-saria una seconda rivoluzione verde,incrementando la ricerca scientificasulle biotecnologie avanzate, ma, allostesso tempo, appianando le attualidivergenze di giudizi.è indubbio che gli studi sugli insettieduli abbiano il loro corso per le pro-spettive di contribuire a risolvere lafame nel mondo, purché l’attualitànon diventi, come è stato scritto, “lavolontaria e cosciente assunzione diinsetti da parte di eccentrici buongustaidettata dalla curiosità”.il grande patrimonio della cucina ita-liana va strenuamente salvaguardato,come nella volontà di orio Vergani,fondatore dell’accademia; allo stessotempo, apprezzare l’impegno dellafao per assicurare l’accesso al cibo,necessario a soddisfare le esigenze ali-mentare di base, è un sentimento digratitudine per tutti coloro, che ope-rano a risolvere l’annoso problema. spiedino di larve di punteruolo rossoe cipolle sarà una leccornia, ma ancheuna giusta punizione ad un insetto,che sta distruggendo il nostro patri-monio di palme.

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DI SANDRO BELLEIAccademico di Modena

Era tanta l’importanza del pepe che veniva venduto a “peso d’oro”.

La prima spezia conosciuta in Europa

C ristoforo Colombo, nel 1492,partendo alla ricerca della viaper le indie, scoprì l’america.

Vasco de gama, nel 1496, circumnavi-gando l’africa raggiunse le indie. fer-dinando Magellano, nel 1519-1520,fece vela intorno al mondo. a spingerli,iniziando così l’era delle grandi scopertegeografiche, fu il desiderio di trovare eportare in europa le preziose spezie,che erano richiestissime. tanto, cheper lungo tempo, furono addiritturausate come merce di scambio.Per capire meglio come mai gli uominidel Medioevo introdussero per primi lespezie, facendone poi un grande con-sumo, bisogna considerare le loro con-dizioni di vita. Poiché a quei tempi, ineuropa, si produceva poco foraggio enon essendo possibile nutrire il bestiameper i lunghi mesi invernali, l’autunnoera il momento delle grandi macellazioni.la carne, di conseguenza, scendeva diprezzo e molti ne facevano provvistaanche per l’inverno, conservandola af-fumicata o sotto sale. la conservazione,però, la rendeva poco appetitosa e perovviare al suo cattivo gusto era cucinatacon le spezie: il pepe, la noce moscata, ichiodi di garofano, la cannella.

Questi prodotti, nonostante il loro prez-zo elevato, erano molto ricercati. Ve-nivano da misteriose terre lontane,principalmente dall’india e dall’africaequatoriale. gli arabi le trasportavanocon le loro carovane attraverso i deserti,fino ai porti del Mediterraneo orientale,dove avevano i loro depositi i commer-cianti europei, principalmente venezianie genovesi. le due famose repubblichemarinare italiane erano praticamentele sole a esercitare questo commercio,che per molti secoli portò loro grandiricchezze. la via delle spezie, quindi,passava per l’italia. rare, di conseguenzacostose e ricercate, le droghe eranouno status symbol che, come sempresuccede, conobbe il declino quando ilprezzo, complice la colonizzazione, co-minciò a scendere. se ne usavano ancoraparecchie alla fine del XiX secolo, mapoi lasciarono il posto alle erbe aroma-tiche locali, fresche o essiccate.in cucina, in passato, anche per con-sentire la conservazione del cibo in as-senza della tecnica di refrigerazione,le spezie hanno sempre avuto una gran-de importanza. oggi, il loro impiego èpiù dedicato alla modifica dei saporidei cibi, molti dei quali sono caratte-

rizzati nella nostra memoria olfattiva.il filetto non può più fare a meno delpepe verde, il brasato dei chiodi di ga-rofano infilati nella cipolla, la bescia-mella del sentore della noce moscata,il budino dell’aroma di vaniglia, il risottoalla milanese dello zafferano.il pepe fu la prima spezia a essere co-nosciuta in europa. tanta era la suaimportanza che fu menzionato primada teofrasto, poi da dioscoride e dagaleno, fino a Plinio il Vecchio, chefece notare come il pepe fosse vendutoa “peso... d’oro”. era abitudine nel Me-dioevo, quando una mercanzia era moltocostosa, dire “ma è cara come il pepe”.Quel che accadde, qualche secolo piùtardi, per “l’olio buono”, quello extra-vergine d’oliva. tra le spezie, è quellache ha raccolto più consensi e che megliosi è integrata nella nostra gastronomia.attualmente, grazie alla diffusione anchein italia della cucina chiamata etnica(messicana, indiana, africana, araba,cinese, ecc.), anche le altre spezie sonostate riscoperte, contribuendo, alla stre-gua del pepe, ad arricchire i sapori me-diterranei con profumi esotici.il pepe, in grani o macinato, è usato suqualsiasi cibo al quale si voglia dare ungusto un po’ piccante; essendo prati-camente privo di calorie, può essereusato per insaporire i cibi al posto delsale, ma senza esagerare, perché il suogusto forte potrebbe coprire il saporedegli alimenti. Poiché è anche uno sti-molante di numerose funzioni dell’or-ganismo, deve essere consumato concriterio. il pepe nero ha proprietà anti-settiche e favorisce la digestione, ma èsconsigliato a chi è affetto da gastrite,ulcera gastrica ed emorroidi.l’albero del pepe (Piper nigrum, famigliadelle Piperacee) è una pianta ad arbustoo rampicante, con foglie oblunghe, mol-to grandi, che presentano delle nerva-ture. i fiori, a forma di piccoli grappoli,producono numerose bacche verdi, chea maturazione arrivano a essere mar-roni. il frutto è una piccola drupa glo-bosa, di colore rossastro quando giungea maturazione e che contiene un soloseme. originario dell’india occidentalee della penisola di Malacca, da qualche

tempo è possibile trovarlo in colturaanche nell’asia tropicale e nell’americaequatoriale. attualmente, l’india è alprimo posto nel mondo per la produ-zione del pepe, seguita da indonesia,Malesia, Madagascar e Brasile.il suo sapore, particolare e inconfondi-bile, è dato dalla presenza di un alca-loide, la piperina, mentre l’odore sideve alla presenza di oli essenziali. neinostri mercati o negozi, possiamo tro-vare il pepe nero, quello bianco e quelloverde. il pepe nero, molto piccante, siottiene raccogliendo i frutti che nonsono ancora giunti a maturazione. Que-sti s’immergono per alcuni minuti inacqua bollente e si lasciano essiccareal sole. il pepe bianco, meno piccante

del precedente, si ottiene dalla raccoltadei frutti ormai giunti a completa ma-turazione, lasciati macerare in acquacorrente, essiccati e privati dell’involucroesterno (pericarpo). il pepe verde si ri-cava dalle bacche immature messe insalamoia.generalmente, il pepe si trova in granioppure in polvere, già macinato. Que-st’ultima soluzione è sicuramente piùcomoda, ma lascia disperdere facilmentel’aroma. è preferibile, quindi, macinareil pepe al momento della sua utilizza-zione, perché così l’aroma è esaltatodagli oli essenziali che si liberano du-rante quest’operazione.

SANDRO BELLEISee International Summary page 77

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MICHELE FERRERO: UN IMPRENDITORE LUNGIMIRANTE E AVVEDUTO

Fondatore dell’omonimo Gruppo dolciario-alimentare, Michele Ferrero, recentementescomparso, ha rappresentato un’eccellenza e un’unicità nel panorama dell’imprenditorianazionale e non solo. Ha saputo creare un prodotto locale, e nel contempo mondiale, al-largare le sue fabbriche al mondo e mantenere comunque le radici sul territorio. Impresadifficile ma perfettamente riuscita, su cui mi voglio soffermare. Una delle conseguenze più generali del processo di industrializzazione del Paese è stataquella di allontanare i contadini dalla terra e di portarli in fabbrica per diventare operai,svuotando così i paesi e le cascine, desertificando gli orti e le colture. In Piemonte, ma ov-viamente non solo, dagli anni Cinquanta in poi, siamo diventati tutti cittadini e le tra-dizioni contadine si sono gradualmente perse. Ad Alba questo non è successo. Ferreroprelevava con i bus, dalle cascine, uomini e donne per portarli in fabbrica e poi li riportavaalle loro case perché potessero continuare a lavorare i campi. È così che la Langa non èdiventata sterile, è cosi che sono stati salvati vigne e poderi, è così che i figli di molti diquei contadini hanno potuto studiare agraria ed enologia e condurre oggi, con sapienza,le cascine avite. Anche Ferrero si è dimostrato “agricoltore” impiantando noccioleti inogni dove (per esempio in Cile), creando imprese agricole condotte da agricoltori, per ri-fornire le sue fabbriche di materia prima fresca in ogni periodo dell’anno.Qual è la forza dei suoi prodotti, diffusi in tutto il mondo? L’essere unici, difficilmentecatalogabili in un settore specifico, così originali e solamente codificabili, se mi è per-messo affermarlo, come piccoli piaceri di massa. Il successo di Ferrero derivava ancheda una consuetudine che parrebbe scontata, ma molto singolare, per non dire unica, inuna grande azienda: faceva quello che un pasticciere fa abitualmente nel suo piccolo la-boratorio: assaggiava. Assaggiava personalmente tutte le novità prima di metterle inproduzione perché si immedesimava nel consumatore, lo conosceva “sul campo”: era ilsuo operaio, la casalinga, la persona che, appunto, non avendo perso il contatto col ter-ritorio, quotidianamente e volutamente incontrava. E proprio la conoscenza intima del cliente, dei meccanismi della società dei consumi gliha permesso di utilizzare con successo i media, in primis la televisione, che dagli anniCinquanta in poi avrebbe sempre più influenzato i costumi degli italiani. Lungimirantee avveduto, ha sempre investito in ricerca e innovazione, dando vita a piccole accatti-vanti novità, avvolte nel mistero delle formule gelosamente custodite in cassaforte, sa-pientemente confezionate e capillarmente diffuse. (Elisabetta Cocito)

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Dagli inglesi si era preso soltantoil momento in cui doveva es-sere servito: le cinque del po-

meriggio (five o’clock tea), per accom-pagnare le chiacchiere delle signorenelle prammatiche visite in un giornostabilito della settimana. Ciò accadevaquando la padrona di casa aveva il suogiro per “ricevere” le amiche e le even-tuali ospiti di riguardo, rappresentatedalle mogli delle autorità o di alti fun-zionari che, qui al nord, provenivanoin gran parte dall’italia meridionale ederano di abbastanza rapido passaggio.il tè non era certo offerto con le regolerigide e dogmatiche degli anglosassoni,abituati a sorbirlo in tutt’altro modo,anche con la scelta della varietà secondol’ora del giorno, la provenienza e con lediverse caratteristiche, seguendo quelcerimoniale che ancora oggi viene os-servato.Per noi italiani, non essendoci un’antica

tradizione né una vera conoscenza, di-ventava un’ottima bevanda, calda e cor-roborante d’inverno, fredda e dissetanted’estate. era considerato uno status sym-bol di un elevato ceto sociale con ap-partenenza alto borghese; le signoreche ambivano ad una certa distinzione,ma non avevano ancora molta dimesti-chezza con questo rito, lo sorseggiavanotenendo il dito mignolo alzato. Questolezioso atteggiamento della mano eraabbastanza diffuso, a voler mostrareun’educazione raffinata da chi ritenevache il tè rientrasse nelle bevande riser-vate ad una classe privilegiata. al popolonon piaceva, e poco anche agli uominima, considerato elegante, si beveva an-che se non del tutto gradito.nei salotti, un tempo, veniva servito suun grande vassoio - possibilmente d’ar-gento - su cui erano appoggiate le tazze,la teiera, la zuccheriera e tutto ciò chepoteva occorrere, assieme alle salviettedi lino, ricamate a mano o con lo stem-ma, simbolo di nobiltà, o con le cifre,che evidenziavano il ceto d’apparte-nenza. Veniva versato e porto dallastessa padrona di casa, a volte sostituitada una figlia in età per poterlo fare conil dovuto garbo e giudicata, poi, dalconsesso per come aveva svolto il com-pito affidatole, dimostrazione che le as-sicurava una buona raccomandazionecome futura moglie e rivelava l’ottimaeducazione. il tè era generico, piuttosto scuro e, perrenderlo più appetibile, a seconda deigusti, vi veniva aggiunto, oltre allo zuc-chero, del limone, o del latte o un po’dirhum, quest’ultimo preferito e presentein modo particolare al nord.spinto da una cameriera, in veste nera

con grembiulino, crestina in organza eguanti bianchi, entrava il carrello consandwiches, tartine, pasticceria minuta,l’immancabile plum-cake, qualche cioc-colatino, piccole prelibatezze in mododa poter tenere tutto in mano senzal’aiuto di un appoggio.durante il fascismo, quando scoppiòla guerra contro l’etiopia (1935), lasocietà delle nazioni decretò le “iniquesanzioni” e il tè fu sostituito dal “carca-dè”, proveniente dalle colonie africane.ebbe un successo immediato, tuttaviabreve: costituito dai fiori dell’ibiscusche, essiccati, danno un infuso di colorerosso rubino, è di sapore leggermenteasprigno, molto dissetante e per questo,freddo, gradevole d’estate. nonostanteciò, presto lo si dimenticò e, ad eventibellici conclusi, ci fu un ritorno al tè,anche per la maggior diffusione avutadopo la seconda guerra mondiale conl’occupazione inglese.gli incontri avvengono oggi fuori casa,senza argenti da lucidare e biscottinida preparare. al contrario, esiste orauna vasta cultura sui diversi tipi di tè,sul modo più appropriato nel prepararlie il momento più adatto per bere quelloverde o nero o altri, assieme ai diversizuccheri proposti per addolcirlo.dal salotto è passato allo sport, non èpiù elitario e riservato ad una particolarecategoria di persone e, nel berlo, non siosserva certo l’antico rituale. non pen-siamolo comunque un usurpatore dellenostre tradizioni e nemmeno del tuttoestraneo alla nostra civiltà e cultura,ma consideriamolo piuttosto alla streguadi un figlio d’adozione, venuto da lon-tano ma ben accetto.

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DI ANTONIETTA STROILIAccademica di Udine

Occasione d’incontro, nei salotti bene, per affermare l’appartenenza a una classe privilegiata.

Era l’ora del tè

I l documento oggetto di questostudio è stato rinvenuto nel corsodelle ricerche che stavo svolgendo

sulla prima residenza pisana della fa-miglia Medici di firenze, posta sullungarno vicino al monastero di s.Matteo, oggi Palazzo del governo,sede della Prefettura di Pisa, e offreun momento di vita vissuta all’internodel palazzo. Questo edificio fu di pro-prietà dei Medici dal 1441 al 1639,quando fu alienato da lorenzo, figliocadetto del granduca ferdinando i,poiché la famiglia ormai risiedeva, dapiù di cinquant’anni, nel nuovo palazzovoluto da francesco i, sullo stesso latodel lungarno, ma in prossimità delconvento di s. nicola, oggi sede dellasoprintendenza.il documento in esame è una relazionepresentata ai Priori del Popolo e delComune di Pisa sullo svolgimento e icosti per i festeggiamenti tributati, il27 e il 28 giugno 1531, ad alessandrode’ Medici, che aveva ottenuto l’inve-stitura a duca di firenze.nel mese di giugno del 1531, lasciatala germania, dove si eratrattenuto alcuni mesi pres-so la corte dell’imperatoreCarlo V, alessandro stavafacendo ritorno a firenze.Per riposarsi del viaggio,decise di fermarsi, con tut-to il suo seguito, a Pisa,nel palazzo di famiglia sullungarno: “schavallò alsuo solito palazzo”, dice ildocumento. i priori del Po-polo e del Comune di Pisa,avendo saputo dell’immi-nente arrivo in città del

neo eletto duca di firenze, si riunironoper discutere le modalità con le qualigli avrebbero reso omaggio, accoglien-dolo degnamente nella loro città. de-cisero anche di allestire un banchettoall’altezza di un così importante per-sonaggio. Per motivi burocratici, allasuddetta relazione fu allegato un det-tagliato elenco dei cibi e delle bevande,con un resoconto delle spese sostenute.Questa è senza dubbio la parte piùimportante del documento, che trova,a mio parere, una sua collocazionenella storia del convivio cinquecente-sco, e che può offrire un contributoanche alla storia dell’alimentazione.Queste le vivande e le bevande offerteal duca e al suo seguito. Vi troviamo,come era prevedibile, un rilevante ap-porto di carni, tra tenere vitelle, grassicastrati e numerosi volatili da cortile(“12 paia di capponi, 82 paia di polla-stri, 30 paia di piccioni, V paia di pa-peri”), che furono consegnati vivi.dopo le carni si registra una presenza,seppur più modesta, di formaggi: “28paia di mozze [mozzarelle]”. il tutto

era accompagnato da “90piccie di pane bianco”, os-sia novanta coppie di pa-nini, attaccati a due a due,di più grossezze. stupiscela grande quantità e va-rietà di dolci tra torte (26torte di marzapane), bi-scotti vari (“V bacini dilunette dorate, 4 bacinidi birlingozi dorati, 4 ba-cini di zuccherini, 360 bi-schotelli grandi”). Questodocumento offre, così,l’ennesima testimonianza

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Un convivio cinquecentesco, che può offrire un contributo alla storia dell’alimentazione.

A pranzo con il Duca

DI DANIELA STIAFFINIRicercatrice e storica

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di come durante il Cinque-cento si privilegiasse il dolcesul salato. al duca venneroofferte anche “22 scatole diconfectioni di più sorte e 18scatole di pinocchiati dorati”.si trattava di scatole di pralinee biscotti che all’epoca veni-vano considerati “conforti dacamera”, ossia da tenere aportata di mano durante lanotte. la nota spese attestagli ingredienti utilizzati perpreparare questi dolci. accan-to alle “9 libbre di miele” ealle tradizionali spezie chenon vennero elencate tantoerano usuali, per fare le lunette furonoadoperate “87 libbre di fior di farina,8 libbre di acqua di rose”; mentre peri birlingozi furono necessarie “23 libbredi mandorle” e impiegate 125 uova. ildato più rilevante riguarda, però, laquantità di zucchero utilizzata (“30libbre e 8 once”), perché era un pro-dotto d’importazione. si trattava, in-fatti, del costoso zucchero di canna enon di barbabietola; quest’ultimo verràutilizzato soltanto a partire dall’etànapoleonica. era una mercanzia cosìcostosa che, se paragonata al costodella foglia d’oro, usata per decorarealcuni dolci, la percentuale è sbilanciataverso lo zucchero. a differenza dellecarni, che vennero portate da cuocere,i dolci dovettero essere preparati ecotti. Per questa incombenza furonoallertate le monache dei monastericittadini, e non poteva essere diversa-mente. dai libri di ricordi del XVi eXVii secolo, vergati di proprio pugno

dalle monache, sappiamo che nellegrandi occasioni, esse erano solite pre-parare nei loro monasteri lunette, zuc-cherini, birlingozi, pinolate, torte dimarzapane da servire alle consorellecon la cioccolata. erano delle vereesperte del settore.nel documento non manca l’elencodelle bevande che, in un convivio cin-quecentesco, allineate insieme ai calicie a tutto l’occorrente per bere, facevanobella figura sulla “mostra”, una sortadi tavolinetto allestito ai lati del salonedove si teneva il banchetto, gestito dalbottigliere, dal quale si recava il cop-piere per prendere vino e bicchieri daportare ai convitati che ne avesserofatto richiesta. Così come è testimoniatodai libri di casa del Cinquecento, qualeil trattato scritto da domenico romoli,detto il Panunto, La singolare Dottrina,e raffigurato dalla coeva iconografia.il documento elenca 111 fiaschi divino rosso che ben si abbinava alle

carni arrostite, “14 fiaschi dimalvasia e 50 fiaschi di raze-re”, vini dolci da servire conle torte di marzapane e i varibiscotti. un banchetto, quello offertoal duca alessandro, che dalpunto di vista nutrizionaleera gravemente sbilanciato eanche nocivo per la salute,ma del tutto in linea con ipranzi di alto rango del Cin-quecento e con i gusti deimembri della casata de’ Me-dici. è noto come lorenzo ilMagnifico (1449-1492), quan-do era a Pisa, amasse andare

a caccia con i falconi, che teneva inuna casa annessa al suo palazzo pisano,catturando cervi e daini. Cosimo i(1519-1574), quando risiedeva nelsuo palazzo sul lungarno pisano, quasitutti i giorni organizzava battute dicaccia nella tenuta di s. rossore, ri-tornando con un buon numero di cin-ghiali, cervi e uccelli che faceva cuci-nare per sé, la sua famiglia, e tutti imembri della corte. Cosimo amavaandare anche a pesca lungo il fiumeMorto o il serchio, dove pescava leprelibate lamprede, ma non amavamangiare il pesce che regalava a di-gnitari e regnanti, con una preferenzaper il Papa, al quale inviava tutte lelamprede che riusciva a prendere. nonfu certo un caso, quindi, che Cosimo,come quasi tutti i suoi familiari, maanche i segretari e i membri della corteche sedevano alla sua tavola, soffrisserodi frequenti attacchi di gotta.

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IL PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIAÈ in silver plate, in formato grande ed elegante e reca inciso, sul fondo, il logo dell’Acca-demia. Questo oggetto simbolico è consigliato come omaggio da consegnare ai risto-ranti visitati, in cui l’accoglienza, il servizio e la cucina si siano dimostrati particolar-

mente meritevoli. Per ogni ulteriore notizia in merito e per le eventuali richieste, i Dele-gati possono rivolgersi alla Segreteria di Milano ([email protected]).

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C U LT U R A & R I C E R C A

DI ROBERTO PIRINODelegato di Albenga e del Ponente Ligure

Con tanta fantasia si usavano le parti meno nobili degli animali, che celavano sapori inattesi.

La semplicità nella cucina ligure

Non molti anni fa, nella liguriadi Ponente, pochi si potevanopermettere la carne, quella di

vitello o di vitellone. le macellerie c’era-no, e avevano bei banchi di marmo, de-corati con i profili delle corna del bue, emostravano in bella vista i ganci ai qualiappendere i quarti degli animali prove-nienti dal macello. le signore che face-vano la spesa andavano solo per i giornidi festa, e per gli altri, cercavano di ot-tenere i pezzi meno pregiati dell’animale,da preparare per risolvere il problemadi una corretta alimentazione, sana, nu-triente e a buon prezzo. gilbert Chabrolde Volvic, prefetto napoleonico, a capodel dipartimento di Montenotte, checomprendeva il Ponente albenganese,aveva potuto constatare che: “il consumodi carne era bassissimo”. erano i tempiin cui la liguria non veniva considerataquale luogo di cucina marinara comelo è oggi. le verdure, gli animali dacortile, la cacciagione, le zuppe, la pasta,accompagnata in vari modi, fornivanosostentamento alla popolazione. era lacucina della semplicità. Pochi elementi.Buoni. e tanta fantasia. arricchire le

pietanze, accorgersi che un ingredientepiuttosto che un altro rendeva miglioreuna ricetta. da questo è nata l’abitudinedi servire le parti meno nobili degli ani-mali, quelle che erano considerate tal-volta gli scarti, ma che in realtà celavanosapori e profumi inattesi. erano piattidi casa, o da osteria. scarsi i riferimentiscritti nei ricettari antichi, ancor di piùin quelli moderni o contemporanei dicucina del Ponente; segno di riserva-tezza, di impiego di queste parti nei ri-pieni, come per i ravioli o la cima. Que-stione di economia, di storia e geografia,di clima. Pochi capi di bestiame, pochimaiali. le ricette, quelle storiche o tra-dizionali, che possiamo ricordare sonodunque scarse. talvolta di importazionegenovese o sarda, determinate dal rap-porto di vicinanza, di commerci o ditrasferimento delle persone, che porta-vano con sé i piatti di casa. ecconealcune: fegato all’aggiadda, cima o raviolicon filoni, laccetti o cervella nel ripieno,trippe in brodo o in umido con fagioli,trippe in insalata. tra queste, proprio lacima è un piatto solo ed esclusivamenteligure. diversa in ogni casa, in ogniosteria. i filoni (il midollo spinale), ilaccetti (le animelle), i granelli (i testicolidi vitello) davano quel sapore particolareche rendeva il piatto un’emozione. stia-mo parlando di emozioni. Quelle checi colgono all’improvviso, quando av-vertiamo un profumo, quando sentiamoun sapore dimenticato nel tempo. incucina non si studia archeologia, nonci si affanna con la malinconia. si guardaavanti, senza dimenticare il passato,aprendo ogni tanto l’album dei ricordiper rinnovarli, e per scriverne di nuovi.

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TRIPPA CON SPIANATA Lessata la trippa, tagliarla a listarelle e farla insaporire bene in un trito di ci-polla, aglio, prezzemolo ed estratto di pomodoro, quindi aggiungere acqua efar cuocere. In una teglia versare sul fondo sugo di pomodoro, parmigianoreggiano grattugiato e uno strato di pane spianata (tipico pane sardo diOzieri in provincia di Sassari, che si può trovare in tutto il Nord della Sarde-gna e in certe zone della Liguria), ancora trippa, sugo di pomodoro e parmi-giano abbondante. Un ultimo strato di spianata e sugo, parmigiano e una odue uova sbattute. Mettere la teglia in forno e lasciar dorare bene.

S I C U R E Z Z A & Q U A L I TÀ

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DI GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

La carta d’identità del prodotto, che contiene le indicazioni per fare un acquisto consapevole.

Saper leggere le etichette

Il tradizionale negozio di prodottialimentari sta lentamente scompa-rendo nel nostro Paese, special-

mente nelle principali città. la grandedistribuzione monopolizza le scelte delconsumatore, anche se, in italia, inconfronto agli altri Paesi industrializza-ti, essa ricopre ancora solo circa il 51%delle richieste del consumatore. unapercentuale inferiore, per esempio, allagermania che conta il 60% e agli statiuniti dove si raggiunge il 73%.sempre di più il consumatore ha ne-cessità di orientarsi negli acquisti e diessere bene informato su ciò che com-pra. il biglietto da visita dei prodottialimentari è l’etichetta posta sulla con-fezione. Ma non è tutto, perché è an-che necessario saperla leggere. leprincipali indispensabili indicazionipreviste dalla legge sono: la denomi-nazione del prodotto con l’elenco det-tagliato degli ingredienti in ordine de-

crescente rispetto alla quantità presen-te; i termini di scadenza e le modalitàdi conservazione; il lotto di apparte-nenza; la sede della fabbrica e il luogod’origine, quando la legge lo richiede.nonostante le norme siano rigorose,non sono però rari i casi d’irregolarità,e le anomalie che si presentano più difrequente riguardano prodotti vendutioltre la data di scadenza, etichette po-co trasparenti, pesi non corretti. inquesti casi non esitare a restituire laconfezione al rivenditore pretenden-done la sostituzione oppure il rimbor-so di quanto speso. la legge mette a disposizione del con-sumatore, per il controllo della rispon-denza dei prodotti alimentari alle rela-tive norme, molte strutture d’interven-to, forse troppe, le aziende sanitarielocali, i Carabinieri dei nas, la re-pressioni frodi, il Corpo forestale del-lo stato, le Capitanerie di porto (per iprodotti ittici), e infine le Polizie loca-li. Possiamo, quindi, dire d’essere bencautelati, purtuttavia dobbiamo ricor-darci che in definitiva chi sceglie ecompra è il consumatore, che deve es-sere ben accorto e informato. Bisognaattenersi alle effettive necessità e nonlasciarsi trascinare all’acquisto d’im-pulso che scatta, come lo definisconogli esperti di marketing, per “decisionerapida che avviene al di sotto del livel-lo di consapevolezza di un individuo”.e ciò non solo per gli opportuni criteridi economia, ma anche per non riem-pire il frigo di prodotti non necessari.

E PINOCCHIO MANGIÒ LE BUCCEChi non ricorda l’amico della nostrafanciullezza, Pinocchio, quando rifiu-

tò di mangiare le bucce della fruttache gli aveva dato il povero geppetto?se ora ci poniamo lo stesso problemadel simpatico burattino, mangiare ono le bucce, lo facciamo per scrupolisalutistici, sospettando annidati, suquelle, le insidiose sostanze usate inagricoltura. Certo il gusto di addenta-re una mela intera è unico: la buccia èmolto saporita e contiene metà dellavitamina C del frutto. andrea ghiselli,esperto della fondazione Mach, asse-risce che “intere classi di composti na-turali bioattivi sono coinvolti nel me-tabolismo degli zuccheri, oltre agli an-tiossidanti, che sono contenuti solonella parte esterna della mela”. Ciò,tuttavia, non è sufficiente per asserir-ne un reale vantaggio per la salute, senon l’assunzione di fibra presente nel-le bucce. è indubbio che il frutto giun-ga al mercato non senza aver subitotrattamenti, quindi è meglio, comun-que, togliere la buccia, specialmentese si presenta lucida per l’impiego dicere usate per abbellirne l’aspetto. Cipotrebbero essere anche residui di pe-sticidi o di agenti patogeni che posso-no essere stati trasmessi da residui diterreno. è consigliabile consumare ifrutti appena possibile e manipolarlicon cura per evitare ammaccature;scegliere solo prodotti integri, scartan-do le parti che potrebbero contenerecariche batteriche; lavarli accurata-mente, sia in immersione per qualcheminuto, sia sotto acqua fredda corren-te, sfregandoli bene con le mani. il la-vaggio deve essere fatto subito primadel consumo e del taglio, per evitareche eventuali contaminanti passinodalla buccia all’interno.

LA CONOSCENZA FA LA DIFFERENZAdi Beppe Bigazzi

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PAURA DI CIBO MALATTIA DELL’ANIMAdi Giovanni Ballarini

edizione diabasis€ 3,99

Paura è il nome che diamo alle nostre incertezze, all’impossibilità di prevedere ciò che c’è da fa-re. e la paura alimentare è oggi diffusamente presente nella società industrializzata, disancora-ta da regole tradizionali e religiose, e dominata dall’imprevedibilità e da un insieme di notizie econsigli, spesso ambivalenti e contrastanti. tra teoria e storia, tra antico e moderno, tra crona-ca e riflessione scientifica, questo libro del Presidente giovanni Ballarini si muove su un terre-no di grande attualità, come quello dell’antropologia alimentare. e ripercorre fobie, ansie e an-gosce, pregiudizi e leggende, ma anche fatti reali ed eventi di cronaca che hanno alimentato lapaura del cibo negli anni recenti, quando, invece, si era creduto che nella modernità si sarebbe-ro potute lasciare alle spalle le paure del passato, prendendo il controllo della nostra esistenza,iniziando da un’alimentazione corretta, giusta e razionale. ecco che oggi facciamo i conti connumerose paure alimentari, dagli ogM al pesce al mercurio; dalbotulino alla mucca pazza; dall’aspartame ai coloranti; dall’ani-sakiasi al vino al metanolo, all’influenza aviaria. un po’ come eraavvenuto nel passato, con la melanzana che avrebbe portato allapazzia, o le patate, le fave e i pomodori che, quando arrivaronoin italia, solo alcuni secoli fa, suscitarono paure, dando spazio al-le leggende più fantasiose. Considerando i tempi recenti e il pre-sente, dopo una serie di brevi considerazioni antropologiche sul-la paura del cibo, in rapidi quadri questo libro chiarisce quanto visia di vero, di falso o solo supposto nelle principali paure alimen-tari, fornendo gli indispensabili elementi utili per un loro con-trollo e prevenzione. Perché la paura non può essere eliminata,ma gestita attraverso una conoscenza antropologica.

eBook

I N L I B R E R I A

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DONATORI DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE“GIUSEPPE DELL’OSSO”

Delegazione dell’Alto Milanese“Ecumenica 2014 le ricette…risibili di FulvioRaffanini: il riso” (delegazione dell’alto Milanese, 2014)

Giovanni Ballarini - Presidente“La cucina italiana tradizione ed evoluzione”di renato Morisco(Bari: Mario adda editore, 2014)“Non solo polenta: la tradizione alto manto-vana si racconta” di donatella lusenti, Piervittorio rossi, Patrizia zanotti (s.l.: zanotti editore, 2014)“La cucina tailandese” di Jennifer Brennan(Bologna: Calderini editore, 1989)“Grassi è bello” di linda sunshine (Milano: sperling & Kupfer, 1986)“Un caffè, per favore: l’espresso al bar in Ita-lia: una straordinaria ricerca condotta sututto il territorio nazionale” (Milano: Pubblistampa, 1989)

“Récits et recettes” di Walid Mouzannar (s.l.: les éditions l’orient le Jour, 2010)“Civiltà della tavola contadina in Romagna”di liliana Bobbi Cappelletti(Milano: idealibri, 1993)“La storia in un bicchiere”di sandro doglio, antonella appiano (s.l.: daumerie, 1988)“Pecorino romano: la storia più saporita delmondo”(Consorzio per la tutela del formaggio pe-corino romano, 1993)“I piatti stranieri che piacciono agli italiani”di rodolfo gabellieri(tirrenia: edizioni del Cerro, 1988)

Massimo Gelati - Accademico di Parma-Bassa Parmense“Aceto balsamico: con le ricette dei grandichef” di Massimo gelati(Correggio: Wingsbert house, 2014)

D A L L E D E L E G A Z I ON I

PIEMONTE

BIELLA

CULTURA DEL TERRITORIO E UN PIZZICO DI ORIGINALITÀ

Per il primo convivio dell’an-no si è pensato di privilegiareuna cucina semplice e tradi-zionale che potesse sfruttare iprodotti genuini, cosiddetti achilometro zero. la delega-zione si è quindi rivolta a ste-fania Mosso che, con il maritoVittorio, gestisce il ristorante“la taverna del gufo”, situatoa occhieppo inferiore (Biel-la), nella villetta di campa-gna, di loro proprietà, nonlontana dal centro città. stefa-nia prepara piatti curati, leg-geri e saporiti, legati alla cul-tura piemontese e del territo-rio, conditi con un pizzico dioriginalità personale. nel-l’elenco delle pietanze propo-ste, è stata rispettata la verdu-ra di stagione, in un deliziosoe delicato tortino di peperoniin salsa di acciughe, e neglistrepitosi ravioli di carciofi, ri-gorosamente fatti a mano inmattinata, che hanno ottenu-to un plauso unanime. eccel-lente la qualità della carne,sia la battuta sia il cappellodel prete. Quest’ultimo è statoapprezzato per la sua morbi-dezza, mentre per qualcuno lasalsa sarebbe potuta essere unpo’ più saporita.ottimo l’abbinamento con ivini, un eccellente e pluripre-miato Petit arvine e una deco-rosa Barbera. nell’atmosferafamiliare e amichevole, il de-legato ha colto l’occasione perpresentare e approvare propo-

ste per il nuovo anno accade-mico. a fine serata, si è com-plimentato con i titolari dellocale per la disponibilità e laperizia, offrendo loro il piattoin ceramica dell’accademia.(Marialuisa Bertotto)

LOMBARDIA

BERGAMO

L’IMPORTANZA DI TRACCIAREIL CAMMINO DELL’OLIO

serata dedicata alla cultura,che la delegazione ha organiz-zato sulle colline di Ponterani-ca, con la presenza importante

e istruttiva del direttore delCentro studi della toscana, al-fredo Pelle, membro del Centrostudi “franco Marenghi”. il re-latore ha sottolineato, attiran-do subito l’attenzione dei nu-merosi accademici, come, nonesistendo l’obbligo di scriverein etichetta la provenienza del-le olive dalle quali è ricavatol’olio, né dove vengano frante,nascano infiniti problemi an-che per questo alimento che,come il pane e il vino, è dotatodi particolare sacralità. da qui,la necessità di una cultura in-tensiva degli ulivi, della mag-gior tutela da numerose frodiche vengono perpetrate, di tap-pi antiriempimento delle botti-

gliette distribuite sui tavoli deiristoranti, di maggior protezio-ne dei piccoli produttori.Bisogna sapere che, purtroppo,produttori disonesti aggiungo-no all’olio di oliva betacarotenee clorofilla per farlo apparirepiù attraente e che giungono initalia tonnellate di prodotto dalnord africa, dalla spagna edalla grecia che vengono pre-sentati come oli franti in italia.Bisogna poter tracciare il cam-mino che fa quell’olio che vieneimbottigliato dalle nostre gran-di aziende e viene venduto neisupermercati a 2,00 euro o po-co più e pagato a 0,23 centesi-mi al Paese di produzione.tanti sono i tipi di olive dallequali si ricava l’olio e bisognaconoscerne le caratteristiche,poiché, con la dieta mediterra-nea, l’olio è preferito al burro;ma attenzione alle tante sofisti-cazioni che fanno male alla no-stra salute e, comunque, va stu-diato anche l’abbinamento aipiatti.dalle dotte considerazioni delbravissimo oratore, anche gliaccademici bergamaschi han-no quindi imparato che biso-gna star lontani dagli oli a bas-sissimo prezzo; che nelle frittu-re va usato un abbondante oliod’oliva; che è importante esa-minare con attenzione le dateriportate in bottiglia e diffidaredi quei prodotti ove si indicasolo la data di scadenza e nonquella di produzione: è la se-conda che è essenziale.una serata istruttiva, interes-sante e molto apprezzata. (lucio Piombi)

MILANO

PERFETTA CASSOEULA

san galdino ha colpito ancorauna volta: nel senso che i qua-ranta partecipanti alla riunio-ne conviviale hanno potuto fi-nalmente assaporare una cas-soeula, equilibrata, non bro-dosa, proprio come una casso-eula perfetta deve essere.

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INDICE DELLE RUBRICHE

DALLE DELEGAZIONI pagina 47

VITA DELL’ACCADEMIA 57Piemonte 57liguria, lombardia 58trentino - alto adige, Veneto 60friuli - Venezia giulia, emilia romagna 61toscana 64Marche 66umbria 67lazio 68abruzzo, Campania 69Puglia, Calabria 70sicilia, sardegna 71europa 72nel mondo 73

CARNET DEGLI ACCADEMICI 75

Ai Delegati: ricordiamo che i “commenti” delle riunio-ni conviviali devono essere contenuti in 800 (massimo1000) caratteri, spazi inclusi. I testi della rubrica “Dalle Delegazioni” non devono su-perare i 2500 caratteri.

lo spirito di gianni staccottiera presente nel ricordo ditutti, e, probabilmente, ha an-che dato al cuoco qualche bo-nario consiglio dei suoi.il pranzo non si limitava peròall’ottima cassoeula: tutto per-fetto, dall’atmosfera rilassatada osteria di campagna ai san-guinacci (hanno conquistatoqualcuno che non li aveva maivoluti assaggiare in preceden-za), agli altri salumi crudi ecotti, allo zabaione. forse, sol-tanto la rostisciada avrebbeguadagnato ad essere prepa-rata con un giorno d’anticipo.nel corso della serata, l’ostegianni, della trattoria “sangaldino” di zelo surrignone(Milano), ha illustrato con do-vizia di particolari la filierache ha portato in tavola il ci-bo, ricordando poi tradizionilocali che, purtroppo, si stan-no man mano perdendo.si temeva che negli anni sifosse perduto qualcosa dellaqualità e della calda ospitalitàdi questo locale e, invece, gliaccademici lo hanno trovato,se possibile, migliorato.infine, gli affreschi leonarde-

schi dell’oratorio di san galdi-no sono stati una felice sco-perta per chi ancora non li co-nosceva e un gradito “ripasso”per tutti gli altri.(dino Betti van der noot)

VOGHERA-OLTREPÒ PAVESE

IMPAREGGIABILE BAGNA CAÔDA

ormai sta diventando una tra-dizione che tutti si aspettano:accademici e amici, anchequesta volta, sono riusciti aconvincere “la Cele” (non èstata una gran fatica!) a ripro-porre la sua impareggiabilebagna caôda. e come lo scorsoanno, nel salone del Circolo“il ritrovo” di Voghera, conoltre cinquanta presenze, trale quali giuseppe Masserdotti,delegato di Brescia e Coordi-natore lombardia est, l’even-to ha avuto luogo con grandesoddisfazione di tutti, orga-nizzatori e partecipanti.anche se si tratta di un cibomolto semplice, chi almenouna volta l’ha preparata sa

quanto tempo occorre persbucciare l’aglio, dissalare leacciughe, lavare e mondare leverdure... soprattutto per unnumero così considerevole dipersone. oltre alla “bagna”, con tutti gliannessi e connessi (verdurecrude e cotte, peperoni “a ba-gno”, polenta abbrustolita, car-ne cruda, uova ecc.), la riunio-ne conviviale prevedeva unaperitivo con fette di ottimocacciatorino (montagne di fet-te che sono scomparse in unbattibaleno) e un antipasto co-stituito da un superbo salamecotto con purè di patate. Questisalumi, veramente squisiti, so-no stati forniti dal Vice delega-to silvano Campanini che sasempre dove trovare i prodottimigliori nella zona.infine alma zucchi, anchequest’anno, ha dato sfogo allasua abilità e fantasia realiz-zando, deliziosi tronchetti allapanna e cioccolato, meravi-gliosi bignè, una fantasticacrostata, le scorzette di aran-cia e pompelmo candite. Chedire di più? (umberto guarnaschelli)

VENETO

ALTO VICENTINO

TUTTO SULLA BECCACCIA

la Consulta della delegazio-ne, su proposta del delegato,ha festeggiato il solstizio d’in-verno in gambellara, pressola foresteria della Casa vinico-la zonin, effettuando una riu-nione conviviale sul tema “labeccaccia nella cucina vicenti-na”. il simposiarca Marco Cal-tran, con l’aiuto prezioso digiuseppe zonin, ha predispo-sto un buon menu: crostinicon paté di beccacce (oltrene-ro spumante metodo classicooltrepò Pavese docg, tenutail Bosco); tagliatelle in brodocon fegatini a parte (il gian-gio, gambellara classico doc2011, zonin). Come piatto

forte della serata, beccacce intecia (tegame) con polentaabbrustolita e verdura cotta,insalata di radicchio (le elle-re, Chianti classico docg2011, Castello d’albola); cro-stoli e frittelle (recioto spu-mante gambellara docg, zo-nin). Prima di iniziare la cena,il simposiarca ha illustrato levarie portate del menu spie-gando anche la ricetta delpiatto principale, per il qualevengono impiegate beccaccecacciate sulle Prealpi venete altempo del passo (fine ottobre-fine novembre), messe a frol-lare in cantina un giorno a te-sta in su, un giorno a testa ingiù fino a conseguire un odo-re particolare (sentore) chesolo un naso esperto sa coglie-re al momento giusto. il sim-posiarca ha inoltre parlatodella caccia alla beccaccia, ri-gorosamente con il cane, non-ché della vita e delle abitudinidel volatile, chiamato, nel Vi-centino e nel Veneto, “galinas-sa”. gli uccelli dai “becchi lun-ghi” rappresentano il non plusultra della selvaggina da spie-do. nel più famoso dei trattatigastronomici rinascimentali,Bartolomeo scappi cita unaportata di “beccacci e galli-nacci arrostiti allo spiedo, ser-viti con una suppa sotto”, lad-dove “beccacci” sta per bec-caccini e “gallinacci” sta perbeccacce. si capisce così an-che l’origine del dialettale“galinassa”.giuseppe zonin ha fornito tut-te le spiegazioni relative ai va-ri vini serviti e ben abbinati,

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“I PIATTI...RACCONTANO” È questo il titolo del progetto, legato all’Expo 2015, realizzatodall’Istituto di Istruzione Superiore Luigi Einaudi di Cremonain collaborazione con alcuni qualificati partner, tra i quali laDelegazione cremonese dell’Accademia, rappresentativi delmondo della produzione, della trasformazione e della culturagastronomica del territorio. Il prodotto finale consiste in unsito web “expo.einaudicremona.it” che presenta le seguentiinteressanti sezioni.“Economia e territorio”: protagoniste sono le cascine, in-sediamenti secolari alle radici dello sviluppo agricolo del fer-tile territorio cremonese. “Terra & Tavola”: ricerca sui prodotti e relative ricette, at-traverso testimonianze e informazioni sulla cultura alimen-tare del passato. Una sezione in cui sono pubblicate moltericette tradizionali del territorio. “Il gioco del benessere”: intitolato “Cremona Benessere”, edestinato ad alunni della scuola primaria, intende educaread una sana alimentazione. Un’analisi delle ricette della tra-dizione valuta i vantaggi e gli svantaggi nell’alimentazionecontemporanea.

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ricordando che l’arrivo nel-l’oltrepò Pavese (allora facen-te parte del Piemonte) del viti-gno del Pinot nero, da vinifi-carsi in bianco con il metodoclassico, una volta champe-nois, alla fine del 1800 erachiamato champagne italiano.a fine serata, lo staff della fo-resteria ha ricevuto i compli-menti degli accademici per labuona riuscita dell’evento, ri-cevendo dal delegato il menudella serata, in ricordo dellariunione conviviale, con unascena di caccia alla beccaccianella fase del frullo, riportatain copertina. ospite d’onore, ildirettore de “il giornale di Vi-cenza”, ario gervasutti, alquale è stato donato il volumeaccademico Tradizione e Inno-vazione. (renzo rizzi)

VENEZIA MESTRE

RIUNIONE CONVIVIALE DELLA CACCIA

ogni anno la delegazione de-dica una riunione convivialespeciale alla cucina della cac-cia e, per restare collegati allamigliore tradizione del terri-

torio, alla caccia di valle. il lo-cale prescelto è stato la “lo-canda da Vito”, a lughetto diCampagna lupia (Ve). Quicessa ogni discussione tra i so-ci, nella permanente dialetticatra il vecchio e il nuovo, traconservazione e innovazione,essendo tutti accomunati daun giudizio unanime sulla qua-lità e bontà della cucina di Vi-to. Con la sorella direttrice disala, insieme al fidato stefano,Vito è sempre in grado di offri-re i piatti migliori di un ricetta-rio ereditato dalla sua mammascomparsa alcuni mesi fa.l’incontro ha rappresentatoanche un momento specialeperché franco zorzet, Vice de-legato e siniscalco ormai abi-tuale, con Carmine guadagno,della riunione conviviale daVito, è stato festeggiato per isuoi 25 anni accademici. inquesto stesso locale fu presen-tato dal papà, compianto sociofondatore della delegazione,con gigi Bevilacqua, e qui, inoccasione del convivio, ha rice-vuto, in un clima di grandeamicizia, il diploma accademi-co, il distintivo d’argento e unamedaglia d’oro personalizzata,dono della delegazione.

interventi come sempre pun-tuali e approfonditi dei Con-sultori Michela dal Borgo e diugo ticozzi. Michela ha ricor-dato l’origine della tradiziona-le consegna delle “oselle” cheil doge, reggitore della sere-nissima repubblica, donavaogni anno alle personalitàeminenti della città: dappri-ma cinque autentiche “ana-trelle” selvatiche (oselle dalveneziano “oselo”, “uccello”)della laguna e poi, trasforma-te in una moneta-medaglia.ugo che, da cacciatore di anti-ca data, ogni anno contribui-sce al carniere della riunioneconviviale con alcune delleprede da lui catturate, ha svol-to un breve ma efficace inter-vento sulle ragioni della cac-cia in un tempo come il no-stro, dove non esistono piùmotivazioni di ordine nutri-zionale. Quest’anno, l’offertasi è concretata in alcuni splen-didi fagiani che la sapienteabilità di Vito ha saputo tra-sformare in uno dei piatti mi-gliori della serata. a questopiatto della caccia in terrafer-ma si sono aggiunti quelli tra-dizionali della caccia di valle:il sublime risotto di folaga,

specialità della casa; sarsegneripiene al forno, masorini (ger-mani reali) in umido con verze“sofegae” e patate al forno, ac-compagnati da un gradevoleCabernet di Bennati e un otti-mo amarone dell’azienda agri-cola farina di san Pietro in Ca-riano. (ettore Bonalberti)

FRIULI - VENEZIA GIULIA

PORDENONE

L’ORO DELL’ALTO LIVENZA

la delegazione ha aperto l’an-no accademico - dedicato allacucina delle salse, sughi, con-dimenti - con la celebrazionedi un condimento di recenteintroduzione nel territorio delfriuli. lo zafferano della pe-demontana pordenonese èstato proposto sulle tavole delristorante “da regina” di Pol-cenigo. il locale è stato ampia-mente lodato per la cucina delpesce, cui, nella serata, si è ac-compagnato l’aroma dell’“orodell’alto livenza”, dall’antipa-sto al dolce. la riunione con-viviale, che ha visto la parteci-pazione di delegati e accade-mici di tutta la regione, guida-ti dal neo Consultore naziona-le renzo Mattioni, è stata pre-ceduta da tre brevi interventiillustrativi del tema della sera-ta. ha esordito giorgio Vielcon “storie e storia in cucina ein medicina”, dalle leggendesulla nascita del croco, allenotizie storiche sull’impiegodella pianta aromatica nel-l’antica roma, per passareagli usi in medicina e, soprat-tutto, in cucina. nel Medioevoentra in pompa sulle mense. icosiddetti ricettari di federicoii abbondano di preparazionicon la polvere gialla. sempreapprezzato dai grandi cuochie scalchi del rinascimento,conosce poi una stasi dal1700 fino alle preparazionimoderne del risotto alla mila-nese e della paella valenciana.una sequenza di aneddoti e

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citazioni,tratti da te-

sti classici e ga-stronomici, ac-

compagnata dallaproiezione di im-magini del croco

rinvenute sui libridei più famosimedici e botanici

dei secoli passati.a seguire, stefano zanolin hatrattato “un racconto famiglia-re” sulle prime sperimentazio-ni di coltivazione intrapresedal padre, oltre venticinqueanni fa, a livello di curiosoesperimento, che si è rivelatol’ispirazione per la messa acoltura di piccole produzionisfruttabili commercialmente.Conclusione di lucio zanolinsu “la coltivazione in alto li-venza”. ha spiegato le varie fa-si della coltura del croco, chefiorisce nella prima metà dinovembre, i cui bulbi, messi adimora in particolare nelle zo-ne di dardago, Budoia e Polce-nigo, generano i colorati fioriche vengono sacrificati in grannumero per ricavarne i prezio-si stimmi utilizzati in cucina:la pregiata spezia che cono-sciamo come zafferano. in sot-tofondo, le foto scattate du-rante le diverse fasi della pro-duzione, lavorazione del terre-no, raccolta dei fiori, laboriosoprelievo dei filamenti, confe-zionamento del prodotto, cheha ottenuto, nel 2014, la certi-ficazione di prima qualità, chelo colloca tra i migliori zaffe-rani d’italia. (giorgio Viel)

EMILIA ROMAGNA

CST ROMAGNA

I TEMPLI DELLA CUCINA

Coordinato dal Centro studidell’area romagna, il viaggioattraverso i “templi” è desti-nato a proseguire scendendodalle cime appenniniche allapianura, per finire nelle ondedell’adriatico. e il primo chi-lometro ha avuto come appro-do sicuro l’istituto scolasticoper l’enogastronomia “P. artu-si” di forlimpopoli, dove glistudenti, con i loro docenti, sisono trovati fianco a fiancocon i compagni di viaggio digianfranco Bolognesi, che,negli anni settanta, avevaaperto a Castrocaro il risto-rante “la frasca”, esaltando ilbinomio, per niente usuale al-lora, cantina-cucina. Bologne-si non era solo. aveva, e hatuttora, al suo fianco una don-na eccezionale, la franca, equesto secondo binomio gli haconsentito di crescere ognianno attirando nel contempoin cucina cuochi tanto umili esemplici quanto capaci, con illoro talento, di stupire inno-vando, ma mai tradendo il le-game con il territorio e con lamigliore tradizione accompa-gnata dalla riconoscibilità delpiatto. e allora perché non ce-lebrare questa famiglia pro-fessionale che tanto ha datoall’enogastronomia di quali-tà? il contenitore, grazie alvulcanico accademico franco

Chiarini (affiancato poi da an-tonio gaddoni ed edgardo za-gnoli) c’era già bello e pronto.i “templi” di romagna, infatti,sono persone, singoli luoghi,istituzioni culturali, opere, at-tività produttive che rappre-sentano un patrimonio sullecui fondamenta potrà germo-gliare quella conoscenza chesolo le nuove generazioni po-tranno continuamente arric-chire con un mix identitarioche va dall’alimentazione al-l’ospitalità, dalla ristorazioneall’enologia. erano presentiall’appello, nelle cucine del-l’istituto “P. artusi”, i cuochistorici de “la frasca”, silverioCineri, angelo asirelli, MarcoCavallucci, il maître Brunorenna, il sommelier andreaspada. è stato quindi un rin-corrersi tra ricordi e aneddoti,tra storie e un pizzico di fanta-sia, con un punto fermo: par-lare de “la frasca” significa ri-chiamare una culla di innova-zione e formazione per la ri-storazione romagnola degli ul-timi decenni. in contrasto tal-volta, come ha ricordato il de-legato di forlì zagnoli che gio-cava in casa, con una ristora-zione avvilita dall’improvvisa-zione o da una scarsa cultura.ora “la frasca” non c’è più.dopo l’esperienza triennalecon “la frasca a mare” di Mi-lano Marittima, Bolognesi hatirato remi in barca ritornan-do nella sua Castrocaro, dovela figlia Melania ha dato im-pulso ad una trattoria nellaquale convivono sia piatti sto-rici sia della tradizione roma-gnola. nella riunione convi-viale, gli accademici hannogustato i piatti storici de “lafrasca”, tutti con materie delterritorio: dalle noci di cape-sante al salfiore di Cervia, pu-rea di melanzane violette, po-modori essiccati e sardoncinifritti, ai passatelli asciutti alsugo di scorfano, poveracce epesto leggero con lo scalognoal posto dell’aglio, dalle roset-te di agnello tartufate, gratindi patate e anelli di porri do-

rati, al bianco di crema alcioccolato fondente.

TOSCANA

LUNIGIANA

SI RINNOVA LA TRADIZIONEDI SAN GEMINIANO

fedele alla propria tradizione,la delegazione si è resa anchequest’anno partecipe della fe-sta di san geminiano e ha in-vitato, ad una serata festosa aPontremoli in onore del Patro-no, accademici vicini e lonta-ni e numerosi ospiti, per se-guire insieme i festeggiamentisacri e profani. nelle stanzedel Palazzo della giustizia,l’istituto alberghiero “a. Paci-notti” di Bagnone ha presen-tato, come aperitivo di benve-nuto, in attesa del magico mo-mento dell’accensione del fa-lò, il “pane del pellegrino”,un’innovazione gastronomicacreata per l’occasione dal pro-fessore rolando Paganini, inricordo dell’antico binomiopane e vino. una ciambella dimedia dimensione da spezza-re con le mani, accompagnatacon un piccante gorgonzola eben abbinata con un calice diMarsala, è stata una novitàgastronomica approvata an-che dagli accademici più tra-dizionalisti. un’altra attrazio-ne visiva ed emotiva è stata lavisita ad una mostra fotografi-ca sulla “disfida dei falò”, al-lestita con una serie di pan-nelli del fotografo lunigianeseWalter Massari, per celebrarele giornate della preparazionedei falò in tutti i momenti piùcaratteristici. al suonare dellecampane alla fine della messanel duomo, gli accademici sisono ritrovati sul balcone delpalazzo per vedere in primafila il magico rito dell’accen-sione del falò, sul greto deltorrente Verde. uno spettaco-lo emozionante, dai colori vividelle fiamme, dalla fitta piog-gia delle faville, dal canto ap-

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D A L L E D E L E G A Z I ON I

passionato dei tanti sostenito-ri, dal falò che è sempre lostesso, ma sempre così diver-so. giunti, poi, al ristorante, inumerosi accademici, tra iquali anche i delegati di Val-darno fiorentino, ruggerolarco, e di Borgo Val di taro,giovanni spartà e il segreta-rio di genova est, Marco gob-bi, sono stati piacevolmenteaccolti per celebrare la serataconviviale. il Consultore giu-seppe Benelli ha intrattenutocon un’appassionante relazio-ne sull’antica tradizione deifalò pontremolesi, traendodalla sua lunga esperienzapresagi e auspici, che spessosfuggono all’attenzione di oc-casionali spettatori, ma chehanno, come egli ha spiegato,un loro significato specifico.l’accademico andrea Baldiniha aggiunto un commentopersonale e suscitato applausiper una sua recita del leggen-dario “lupo mannaro” in dia-letto pontremolese. a fine se-rata, è intervenuto il sindacodi Pontremoli, professoressalucia Baracchini, per portarealla delegazione il saluto isti-tuzionale e personale e perdonare il libro Disfida dei falòa Pontremoli. (ragna engelbergs)

VALDARNO FIORENTINO

UN PREMIO BEN MERITATO

Piacevolissima riunione convi-viale nello splendido ristorante“il Mulino di ferraia”, in locali-tà Vaggio (reggello, firenze),un locale unico che ha sempreincontrato il plauso dei com-mensali, tra i quali, anche que-st’anno, roberto doretti, Coor-dinatore toscana est, Martaghezzi, delegata di empoli,con l’accademica rossana ra-gionieri, e ancora gianfrancogiuliani della delegazione difirenze. e per un locale unico,un menu “quasi” unico e moltogradito, come hanno dimostra-to i commenti, tutti positivi,

che esaltavano l’ambiente “de-lizioso, con un’accoglienza fa-miliare”, e il cibo, “preparatocon cura e fantasia”. l’alta vo-tazione meritata dal menu,concordato con la simposiarcagiulietta Manuelli, ha ribaditouna cucina al meglio della ri-storazione del territorio. unaconferma per elizabeth Wil-lmott e Marco Ceri che, nel2014, hanno meritato, e anchein questa occasione hanno con-fermato di meritare, il premio“giovanni nuvoletti”. il delega-to ruggero larco, al terminedella bella serata, ha offerto lo-ro, oltre alla vetrofania, il piat-to in ceramica personalizzatodella delegazione. (ruggero larco)

VOLTERRA

INFERNO SCANDALOSO MISTERO

il delegato Maurizio luperi,da “buon padre di famiglia”,ha pensato di mettere in guar-dia i propri accademici dal ri-schio del peccato di gola, pec-cato assai grave, tanto da me-ritare un posto nel terzo cer-chio dell’inferno dantesco.Chi meglio del professor Mari-

no Balducci, studioso di spes-sore internazionale di erme-neutica dantesca, poteva tene-re questo evento educativo? ilprofessore, docente all’univer-sità di harward e di new del-hi, e che attualmente sta inse-gnando a Cracovia, ha scritto,oltre ad opere poetiche, il suoprimo romanzo Inferno scan-daloso mistero.nella sala del Maggior Consi-glio del Comune di Volterra,alla presenza del sindaco,dell’assessore alla Cultura, diintere classi di studenti dei li-cei cittadini, si è tenuta la con-ferenza del professor Balduccisul Vi canto dell’inferno, quel-lo dei golosi, soffermandosisulla figura di Ciacco. è segui-to un monologo recitato daMarino filippo arrigoni, sup-portato da 155 illustrazionioriginali di Marco rindoni evideo installazione dell’archi-tetto arianna Bechini.al termine, si è svolta una riu-nione conviviale in cui sonostati presentati cibi che, se-condo la tradizione, eranomolto graditi a Ciacco. sonostati apprezzati dai commen-sali con molta morigeratezza,avendo capito la lezione. ilConsultore nazionale francoCocco ha chiuso questa gior-

nata veramente memorabile,anche per i complimenti chele autorità intervenute hannorivolto alla delegazione, comepunto di riferimento culturalecittadino per le attività svolte,sempre di altissimo livello.(Maurizio luperi)

UMBRIA

TERNI

ADDIO ALLA BRUSCHETTA?

in umbria è consuetudine de-gustare, sul buon pane di ter-ni bruscato sulla brace, la“bruschetta” con l’olio nuovo.un tempo, si entrava nel fran-toio, e il profumo di olive, fi-scoli e olio colpiva le nari; il“molinaro” intingeva le fettedi pane e le porgeva calde e ri-coperte di un sottile strato diolio. guardando, quest’anno,gli olivi coperti solamente dafoglie e i molti frantoi chiusi,gli accademici hanno temutoveramente di dover rinunciarea trattare, come sempre, agliinizi di ogni anno, il tema de“l’olio nuovo”. Con gian PieroBenedetti e Michele Vino, isimposiarchi, poi si è deciso:perché non parlare delle cau-

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se che hanno caratterizzato il2014, anno maledetto perl’olivicoltura? si è assuntol’onere di parlarne Maurizioliorni, agronomo ed espertoassaggiatore, che è riuscito atrovare tre splendidi oli um-bri, annata 2014, da portarein degustazione. la riunioneconviviale è “tecnica”, riserva-ta ai soli accademici, apertaquindi alle domande e alla di-scussione. dopo la presenta-zione del delegato, Vino ricor-da che, per i particolari pregi,l’olio, dal 1998 in umbria, èriconosciuto dop; legge poi lapagina che Pablo neruda de-dicò all’oliva e all’olio in Odeal vino e altre odi elementari;ricorda anche il pane che lochef francesco Copparoniproduce nel forno del risto-rante “M.e.t. Bistrot” secondoun’antica ricetta molisana,confezionandolo in grandi“ruote” che fanno ricordare aldelegato guido schiaroli i pa-ni di grano duro sfornati aMonte s. angelo sul gargano,da cui la denominazione di“pane della montagna”. Bene-detti fa notare il ricercato ab-

binamento fra piatto e olio; ci-ta e legge alcune pagine daExtraverginità. Il sublime escandaloso mondo dell’olio dioliva di tom Mueller. liorniinquadra le cause che hannopenalizzato la raccolta delloscorso anno: fioritura anoma-la per l’inverno mite, primave-ra lunga e piovosa (non è pra-ticamente esistita l’estate),fattori che hanno favorito laproliferazione della moscaolearia con addirittura diecipunture su un’oliva. il cam-biamento climatico è respon-sabile anche della massicciapresenza di funghi che debili-tano la pianta, con conse-guente caduta anche delle fo-glie. solo pochi olivicoltori,con massicci trattamenti, so-no riusciti a salvare, anche separzialmente, il raccolto.è seguita la riunione convivia-le con piatti elaborati dallochef Copparoni, che ha saputofelicemente esaltare l’abbina-mento di preparazioni sapidee semplici con tre splendidi,preziosi oli delle colline um-bre, e, alla fine, “pane caldo”appena sfornato, donato da

francesco agli accademici chesono rientrati a casa con l’au-gurale necessario per la “bru-schetta del giorno dopo”. (guido schiaroli)

LAZIO

ROMA

IN RICORDO DI MASSIMO FREDA

gli accademici romani hannovoluto ricordare, a un annodalla sua scomparsa, Massimofreda, geloso conservatore del-la tradizione della gastronomiaromana, erede di quell’amoreper la buona tavola e la convi-vialità di suo padre secondino,uno dei fondatori della delega-zione. numerosi gli ospiti, tra iquali il delegato di roma eurClaudio nacca, giampaolo la-du, delegato di Pisa Valdera,l’architetto Marta lo russo, ladottoressa rossana Muzzi, ildirettore generale giuseppeMartinez. l’incontro non pote-va non avvenire se non nellostorico ristorante “Checchino

1887” a testaccio, dove si riunìper la prima volta la delegazio-ne di roma. il locale è gestitoda sempre dalla famiglia Ma-riani, vanto della tradizionalegestione familiare che caratte-rizza la migliore ristorazioneromana.la serata è stata aperta dal de-legato e Coordinatore territo-riale gabriele gasparro, che hasalutato la signora linda fredae ha ricordato Massimo, con ilsuo amore per il rispetto dellatipicità dei piatti “romaneschi”,e la sua avversione a tutti i ten-tativi di “rivisitazione” e travi-samento del gusto, frutto del-l’esperienza delle cucine roma-ne nei secoli. Questa era unadelle caratteristiche dell’essereaccademico di Massimo, checonsiderava la tavola, e lo stareattorno ad essa, l’indispensabi-le fattore di amicizia, e di tute-la della famiglia, struttura por-tante della società. schivo, mavalidamente presente in tuttele iniziative, freda ha lasciatoun grande ricordo. la tradizio-ne passa ora alla terza genera-zione, a francesco, giovane en-tusiasta e preparato accademi-co, che è stato il simposiarcadella serata. ha proposto unclassico menu, perfettamentepreparato dal cuoco, uno deifratelli Mariani, elio. Pecorinoromano fresco come aperitivo,fagioli con le cotiche, mezzemaniche cacio e pepe, la miticacoda alla vaccinara, nata pro-prio in questo locale, la spumadi ricotta con ciambelline anicee vino. il tutto sapientementeabbinato ai migliori vini delleCantine fontana Candida difrascati, le cui caratteristicheorganolettiche e di gusto sono

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state illustrate da un enologodella Cantina stessa. Perfetto ildiscorso di presentazione delpranzo e del locale tenuto dafrancesco. Con l’occasione ga-sparro ha consegnato all’acca-demico gianfranco Bussetti ildiploma e il distintivo d’argentoper i 25 anni di accademia. Conun ringraziamento ai titolari el’applauso per il cuoco si è con-clusa una bella serata. (g. g.)

ABRUZZO

AVEZZANO

ARCHEOLOGIA DEGLI ANTICHI SAPORI

una serata perfettamente riu-scita e gradita, in un ambienteraffinato ed elegante, all’inse-gna dell’amicizia e a forte va-lenza culturale: il tutto sa-pientemente combinato, nelcorso del convivio, dal dele-gato, con l’importante suppor-to della simposiarca. ed è cosìche la “cena delle tradizioni”,dedicata all’archeologia degliantichi sapori, ha trovato neidue relatori, il professor fabioredi e la professoressa rosa-ria Pollina, i perfetti interpre-ti. il primo, dissertando sulleabitudini alimentari degli uo-mini del passato, attraversol’analisi dei reperti archeolo-gici; la seconda, dedicandosiall’analisi dell’evoluzione del-la cucina italiana e affrontan-do il parallelismo fra gastro-nomia e lingua. e ancora, in-teressanti gli interventi degliaccademici arianna fiasca(anche nel ruolo di simposiar-ca) e tina sucapane che, com-mentando il racconto Curry dipollo, ha voluto portare l’at-tenzione sul binomio dialetti-co “tradizione e traduzione”,intese, la prima, come espres-sione del passato e della sto-ria, la seconda, quale espres-sione di nuove modalità e ri-sultato di una negoziazionetra culture e tradizioni diffe-renti.

il tutto, nella splendida corni-ce del ristorante “napoleone”nel quale, per l’occasione ac-cademica, il piatto che ha avu-to diritto al primo posto (inquanto richiamava l’anticatradizione contadina) è statola polenta alla marsicana conspuntatine di maiale e salsic-ce; a seguire, tagliolini al ra-dicchio del fucino (interes-sante la variante di croccan-tezza data da alcuni fram-menti di gherigli di noci) e,ancora, prosciutto di maialeagli aromi, felicemente ac-compagnato da insalata frescae patate al forno. un degno fi-nale è stato rappresentato dalcheese cake all’arancia. otti-mi i vini della Cantina del fu-cino. emozioni suscitate dalvirtuoso duo di fisarmonica echitarra, che ha eseguito mu-siche rivisitate del novecento,per poi spaziare ai successi delcinema. un lungo applauso haconfermato l’ottima organiz-zazione. (franco santellocco gargano)

CHIETI

IL GENEROSO AMICO DELL’UOMO

amico di famiglia, vezzeggiatocon nomignoli affettuosi e am-messo come familiare neglispazi casalinghi, curato e ali-mentato con quel che il descolasciava o con quel che il pa-scolo tra le querce poteva offri-re, il maiale ha ricambiatoogni anno questa attenzione,garantendo, con la propria ine-guagliabile generosità, l’indi-spensabile sostegno proteiconella fase invernale, altrimentidifficilissima da superare. sto-ria, culto, generosità, attualitàdel maiale, gran protagonistadi mille ricette, sono stati illu-strati, nel corso di una riunio-ne conviviale sul tema, dalprofessor Concezio sciarra,Preside emerito della facoltà disociologia dell’università “ga-briele d’annunzio” di Chieti-

Pescara. l’incontro si è tenutonella superba cornice dellachiesa sconsacrata annessa alPalazzo dei Baroni, in torre-vecchia teatina (Chieti). il re-latore ha riannodato i fili diuna storia almeno tri-millena-ria che ha legato il nome delmaiale alla dea Maia, la stessache ha dato il nome alla Majel-la Madre, la celebre montagnad’abruzzo. ha ricordato che alculto di quella divinità italicaera legata l’offerta di una scro-fa e che da quella antichissimatradizione è quindi venuto ilnome di maiale al suino. haevidenziato come, la stratifica-zione della conoscenza deipregi del suino, abbia portatoa poterne utilizzare ogni parte,scandendo, nei mesi successivialla sua uccisione, le stagionidel consumo delle carni, delgrasso, delle interiora, delleparti conservate sotto sale o af-fumicate, delle setole, delle os-sa. i riti, come quello antichis-simo dell’assaggio della puntadel fegato per valutare la qua-lità della carne, sono spalmatisul territorio regionale, com-preso quello conviviale delconsumo, dopo l’uccisione,delle prime porzioni preparatein cucina: le spuntature e lapasta per le salsicce. sciarra havoluto inoltre riaffermare il va-lore dell’allevamento nostra-no, che ancora viene privile-giato nelle tante famiglieabruzzesi, basato sia sulla ge-nuinità di prodotti per l’ali-

mentazione del maiale sia sul-la natura invidiabile dell’am-biente che ne ospita la crescita.nel cuore del momento convi-viale, il delegato Mimmod’alessio ha avviato la cerimo-nia di ammissione di tre nuoviaccademici e quella del festeg-giamento di rocco Pasetti ePaolo albanese, per i loro 25anni di attività accademica. lariunione conviviale ha vistoprotagonista il maiale, conpiatti che, traendo ispirazionedalla migliore tradizione ga-stronomica abruzzese, hannosegnato gli indispensabili passiavanti nel tempo, grazie allaguida del simposiarca, d’ales-sio, e alla perizia appassionatae generosa della brigata di cu-cina di nicola genobile, noto,non solo in abruzzo, per la suaporchetta. (Maurizio adezio)

SULMONA

POLENTA ROGNOSA: CIBO DEGLI ANTICHI CARBONAI

il delegato, nello spirito acca-demico a tutela della territo-rialità e della tradizione, hainvitato gli accademici a visi-tare uno dei borghi più bellid’italia, Pettorano sul gizio. ilpercorso ha avuto inizio nelParco archeologico industria-le dove si è potuta ammirareun’antica ramiera e mulini adacqua perfettamente ristrut-turati e funzionanti, con un

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saggio di molitura di grana-glie. Ci si è poi recati ad am-mirare lo storico castello Can-telmo, posto a difesa e con-trollo della valle, dalle cui tor-ri si ammira un panorama stu-pendo che va dal Monte gen-zana al gran sasso d’italia. daun punto di vista gastronomi-co, le eccellenze di questo bor-go sono varie. senz’altro lapiù antica è la “polenta rogno-sa”: si tratta di un piatto pove-rissimo, appena insaporitocon qualche aringa, che gliumili carbonai preparavano,nei lunghi periodi lontani dacasa. usando unicamente fari-na di mais, la polenta vienecotta in un paiolo rigorosa-mente di rame, tagliata a fettecon un filo e condita con pa-sta di salsicce, ventresca e for-maggio pecorino. altre tipici-tà sono i mugnoli, verdurache cresce spontaneamente inmontagna; le crustole, ciam-belle fritte con rosmarino; lepizzelle dolci e la torta di sanMartino con noci e mosto cot-to. gli accademici hanno gu-stato tutte queste leccornie alristorante “il torchio”, il cuigestore, Michele, ha allietato i

commensali con versetti, cantie madrigali in dialetto. (giovanni Maria d’amario)

MOLISE

ISERNIA, CAMPOBASSO

VINO ROSSO E PESCE

un titolo provocatorio (“vinorosso e pesce”), per la riunio-ne conviviale organizzata dal-le due delegazioni e che dà vi-ta ad uno stimolante, origina-le dibattito in cui si alternanoil vivace scambio di opinionifra i commensali e i colti inter-venti di esperti enologi e som-melier nella “Cantinetta Vale-rio” e dove il cuoco leonardolombardi si presta alla prepa-razione del pesce. è anche ilgiorno in cui si celebra la festadi s. antonio abate, cui è le-gata la benedizione degli ani-mali, il successo nella seminadei cereali e l’accensione deifalò. Come asserito dalla de-legata di Campobasso annaMaria lombardi, il significatodel fuoco è simbolo di purifi-cazione, aiuta ad allontanarele streghe, gli spiriti invernali,le malattie, la morte. riti ecredenze pagane, trasfiguratenella vite e nelle leggende le-gate ai santi cristiani. il santoviene festeggiato in chiesa enelle famiglie, in allegria congli amici ed è quello che ledue delegazioni si propongo-

no. Mancano solo le pietanzerituali tipiche di questa festa,“cavatelli, carne ‘e puorch, fa-ve allesse”, che vengono co-munque ricordate e descritte,perché sarà il pesce il protago-nista del pranzo, proprio perpermettere di sviluppare l’ar-gomento della riunione convi-viale con l’interessante indagi-ne sul suo abbinamento col vi-no rosso, prospettato dai sim-posiarchi accademici Mariarosaria tufano e antonio Va-lerio. l’atmosfera è vivace epiacevolmente festosa. afronte di ottimi piatti di pe-sce: polenta e moscardini nel-l’antipasto, scialatelli mezzoscoglio nel primo, vi sono, co-me stabilito, vini rossi di cui ilsimposiarca sommelier Vale-rio fa una colta descrizione.illustra i pregi del vino a tavo-la, il suo duplice aspetto dicontrasto per pulire la bocca econtinuare ad assaporare ilcibo, o semplicemente per ac-compagnarlo ed esaltarlo insintonia con le vivande. l’attrice di prosa emilia Vitul-lo, gradita ospite, si inseriscecon simpatici aneddoti delmondo classico, i cui protago-nisti hanno ispirato i nomi dialcuni dei vini proposti.l’esperto enologo accademicoMario stasi fa un’analisi criti-ca del vino, dà un indirizzo aquel tipo di menu, descrive al-cuni tipi di vitigni. assaporando gli ottimi secon-di: il filetto di orata e la frittu-

ra, sempre accompagnati davini rossi, nascono, fra gli ac-cademici, scambi di commen-ti, pareri dettati dal gusto per-sonale, dall’abitudine, dallanovità. interessanti dialoghiche vivacizzano lo stare insie-me. un plauso al successo diun’idea e a una bella giornata.

CAMPANIA

BENEVENTO, NAPOLI

ALLA SCOPERTA DEL TABURNO

le due delegazioni si sono in-contrate sul taburno, massic-cio calcareo dell’appenninocampano, il cui profilo, dallacittà di Benevento, assume lesembianze di una donna supi-na, per questo chiamato “ladormiente del sannio”.la giornata ha previsto la visi-ta al Museo archeologico delsannio Caudino, che esponealcuni corredi delle necropolicaudine, e una visita alla mo-stra “rosso immaginario. ilracconto dei vasi di Caudium”,che ha proposto un viaggionell’affascinante mondo delleimmagini dipinte sui crateririnvenuti nella necropoli diCaudium, attuale Montesar-chio.a seguire, la riunione convi-viale si è svolta nell’aziendaagrituristica “serra del tabur-no”, nel comune di tocco Cau-

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dio. il convivio si è aperto conil saluto della delegata di Be-nevento, Milly Pati Chica, cheha posto l’accento sulla versa-tilità del maiale. il delegato dinapoli, Vincenzo del genio,ha raccontato, con un coinvol-gente fraseggio, la cucina na-poletana popolare e quellaaristocratica che introdussenei propri menu gli spaghettie il quarto rebbio della for-chetta, invenzione del ciam-bellano di re ferdinando iV diBorbone. il menu proposto haconsentito agli accademici didegustare antichi piatti dellatradizione contadina del ta-burno: di particolare interessei salumi e i formaggi di latte dipecora, freschi e stagionati,prodotti nell’azienda medesi-ma; i fagioli con le cotiche; la“padellaccia”, pietanza bene-ventana costituita da patate,“pepacelle”, ossia peperonisottoaceto, e carne di maiale;il fegato con la “rezza” e l’allo-ro; le salsicce e i cotechini allabrace, in altre parole una veraè propria “maialata”. simpo-siarca della riunione convivia-le l’accademica danila Carluc-ci, che ha fornito notizie sulmaiale allevato sul territoriosannita e in particolare sullamacellazione dei suini a do-micilio. Questa tradizionecontadina resiste ancora, nonpiù per soddisfare le necessitàdella famiglia di salumi egrasso per tutto l’anno, maper conservarne la memoriacon la produzione di eccellen-ze. le norme comunitarie cheregolamentano la sicurezzaalimentare non disciplinanoquesta pratica tradizionaleche si basa, ancora oggi in ita-lia, su un regio decreto del1928. da sempre il patrimo-nio zootecnico della provinciadi Benevento è stato caratte-rizzato dall’allevamento sui-no, e, nell’elenco dei Prodottiagroalimentari tradizionali,la salsiccia rossa di Castelpotoe il prosciutto di Pietraroja oc-cupano un posto di riguardo.(danila Carlucci)

CALABRIA

REGGIO CALABRIA

FESTA DELLE FRITTOLE

dopo dieci anni, in contrada s.elia, a Palmi, nel “Museo im-piombato” è tornata ad esserecelebrata dalla delegazione la“festa delle frittole”, per la 23ªvolta. nel vecchio palmentodell’ottocento, il maestro frit-tolaro ha espresso la sua arte,dosando i tempi e i modi dellacottura delle varie parti delmaiale nella “caddara” postasulle braci mantenute vive persette ore. nell’accogliente salaattigua, la delegata CettinaPrinci lupini ha poi introdottoil tradizionale rito, ringrazian-do gli ospiti, fra i quali il Presi-dente del Circolo di società direggio e i suoi soci, il sindacodi Palmi, gli accademici di Vi-bo Valentia e le soroptimist diPalmi. una magistrale relazio-ne dell’accademico Michelesalazar, direttore del Centrostudi territoriale, che ha spa-ziato fra letteratura, giurispru-denza e poesia, ha “incantato”i convenuti nutrendone l’ani-ma prima di affrontare il con-vivio con la dovuta attenzione.la degustazione dei numerosie abbondanti antipasti costitui-ti da salumi, sott’oli e sottaceti,prelevati da selezionati pro-duttori di Canolo, di Ciminà edi altre contrade aspromonta-ne, ha coinvolto intensamentei commensali, tanto da indurlia ripetuti approcci e richiestedi informazioni sulle prove-nienze e sulle modalità di pro-duzione. le frittole, i contorni,i dolci e il vino di Bivongi sonostati gustati in un clima di con-vivialità, esteso ai numerosiospiti. alla fine, il frittolaro elo chef enzo Cannatà, insiemealla brigata, hanno ricevuto i

complimenti della delegata edei convenuti. (roberto Cuzzocrea)

SICILIA

CATANIA

TRA ARTE E CUCINA

la delegazione si è riunitapresso il ristorante “il sale”,nella bella e suggestiva viasanta filomena, strada delcentro cittadino pulsante di vi-ta dopo la sua chiusura al traf-fico veicolare.sapientemente gestito dalla fa-miglia graziano, questo localenasce come galleria d’arte; og-gi ospita al suo interno un rino-mato ristorante. è una struttu-ra articolata su due piani e ca-ratterizzata da piccoli ambientiraffinati, ma nel contempo in-formali, dove si può apprezza-re la simbiosi perfetta tra arte ecucina, grazie alle interessantiopere in esposizione e allamaestria dei piatti offerti.il pane della casa da intingerenell’olio nuovo è stato il piccoloma estremamente convivialeassaggio di benvenuto, che pre-ludeva ad una carrellata dipiatti ben abbinati, delicati edecisi. un’esplosione di gustiper l’ottima qualità e la presen-tazione raffinata e curata neidettagli. gli accademici sonostati, così, piacevolmente tra-volti da un fagottino di pastafillo con cavolo verde e carotesaltate; “cosacavaddu” ragusa-

no e acciughe del mar Canta-brico; maltagliati di pasta fre-sca al ragù di maiale nero deinebrodi e ragusano disidratatoservito con raviolo nero. ad es-si ha fatto seguito un superbofiletto di manzo con fondentedi patata e mozzarella affumi-cata, che ha preceduto un deli-zioso tortino caldo al cioccola-to fondente accompagnato daun gelato al pistacchio. ottimoanche il vino etna fud rossodella Cantina Villagrande. iltutto accompagnato da un ser-vizio premuroso, professionalee celere. Con l’atmosfera da galleriad’arte, con la cura nella sceltadegli ingredienti che rendonoprelibate le pietanze, il locale èun ottimo esempio di buona ri-storazione catanese, frutto dilavoro, innovazione e tantaesperienza. (Michela ursino)

SIRACUSA

EDUCAZIONE ALIMENTAREPER BAMBINI E GENITORI

il primo simposio dell’anno havisto la delegazione riunitapresso il ristorante “MìVà”, do-ve il calice augurale e gli sfizidello chef hanno avviato festo-samente l’incontro. il delegatoangelo tamburini ha conse-gnato all’accademica Catiascialabba il dvd realizzato inoccasione del Progetto di edu-cazione Permanente dell’asses-sorato ai Beni Culturali dellaregione sicilia, “tra libri e for-

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nelli”, realizzato dal 4° istitutoComprensivo “g. Verga” di si-racusa, cui la stessa ha dato ilproprio speciale apporto pro-fessionale relazionando su im-portanti aspetti di educazionealimentare e coinvolgendobambini e genitori nella modifi-cazioni di alcuni comportamen-ti al fine di migliorare il benes-sere e la salute di ogni indivi-duo. a seguire, il delegato hapremiato, con il piatto dell’ac-cademia, l’accademico dell’an-no 2014: il Consultore rosaliasorce, che è risultata la più pre-sente alle attività della delega-zione. l’intervento culturale èstato curato dallo stesso dele-gato tamburini che ha relazio-nato su “la prossemica al risto-rante”, una tematica che racco-glie aspetti tecnici, relazionali,sociometrici e… subliminali!l’ascolto, attento e partecipe,ha reso palpabile l’interesse perl’argomento inconsueto e riccodi sorprese. è stata proposta in tavola, inmaniera impeccabile, la sequen-za delle pietanze ben confezio-nate e presentate, in un origina-le connubio tra materia prima

piemontese e vini siciliani. laconsegna del guidoncino acca-demico da parte del delegatoallo chef edoardo tubolino e alproprietario riccardo Pellegri-no è stata sottolineata da unsentito applauso.(angelo tamburini)

SIMPOSIO DI CARNEVALE PRO UNICEF

una grande dimora di villeg-giatura dei primi anni del1900, oggi sede del ristorante“Villa arlecchino”, immersa inun grande parco, arroccata suuna collinetta di Penisola Mad-dalena, e dalle cui terrazze sigode una meravigliosa vista, èstata la splendida cornice in cuiil delegato angelo tamburini eil Consigliere nazionale unicef,professoressa Carmela Pace,hanno dato il benvenuto ai nu-merosi ospiti intervenuti alsimposio di Carnevale delladelegazione pro unicef. albrindisi augurale è seguita unasimpatica cerimonia di conse-gna, da parte della Pace, degliattestati agli amici dell’unicef:

diego Morreale e giancarlo diPietro per asas; dottor salvato-re nastasi; dottor gioacchinonardone; laura Vasile; dottorVincenzo gandolfo (CantineBarone gandolfo di san giu-seppe); dottoressa francescascacco; Concetto rizza; gio-vanna Portelli Marino; flaviaarmaro per nuova acropoli;natale Bordonali, Presidenterotary Monti Climiti. la ceri-monia ha avuto la finalità diringraziare tutti coloro che,nei vari momenti e con il coin-volgimento del territorio, han-no contribuito alla raccoltafondi pro unicef. a seguire, ildelegato ha presentato un bre-ve intervento culturale su “ipiaceri della tavola”, un excur-sus storico, sensoriale e gastro-nomico su una tematica non so-lo da gourmet, riscuotendo par-ticolare interesse e successo.ha, infine, concluso invitandogli intervenuti in sala da pranzoper “un pranzo di Carnevalespeciale, dedicato, in armonia efraterna convivialità, dalla de-legazione a tutti i bambini delmondo e all’unicef che, dal1946, ne ha cura e ne tutela idiritti”. il pranzo, servito concortesia e ben presentato haprevisto: frittura di paranza; ri-sotto dello Jonio; caserecce alsugo di maiale; misto di carni alsugo (tocchetti di vitello, di ma-iale e salsiccia) con patata di si-racusa; dolce di ricotta; chiac-chiere. in buon abbinamentocon i vini “Branciforti dei Bordo-naro” bianco e rosso igt sicilia2013 (azienda firriato, tP);“eliano” Moscato di siracusadoc sicilia 2013 (Cantine Baro-

ne gandolfo di san giuseppe,sr). nel corso del pranzo, pri-ma del dolce, sono stati estratti inumeri vincenti del sorteggiodei premi messi in palio dalladelegazione e dal Comitato uni-cef di siracusa. infine, la tortacon l’immagine, realizzata perl’occasione dal Presidente uni-cef di siracusa professoressa Pi-na Cannizzo: un simpatico ar-lecchino che lancia stelle filantirecanti, intrecciati, i loghi del-l’unicef e dell’accademia. (a. t.)

SARDEGNA

ORISTANO

I LEGAMI CON LA CUCINA LIGURE

il delegato riccardo fantacciha organizzato un piacevolepranzo presso l’accogliente ri-storante dell’angel’s club, si-tuato ad abbasanta (or). ilmenu, realizzato da Pietro op-po, cuoco residente in liguriama di origini sarde, presenta-va piatti gustosi e ben eseguitidella cucina ligure, molto ap-prezzati dagli accademici edagli ospiti. interessante l’ab-binamento dei vini offerti dal-la Cantina Contini di Cabras,ben rappresentata da MauroContini, appartenente all’ulti-ma generazione di una fami-glia che da più di cento anniporta avanti con passione, de-dizione e impegno, l’attività, eche ogni anno riscuote con-sensi nelle principali manife-stazioni enologiche. (riccardo fantacci)

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ALESSANDRIA30 gennaio 2015

Ristorante “La Risacca dell’Hotel Va-lentino” di Perfumo, in cucina SergioVespi. �Passeggiata Fontanafredda20, Acqui Terme (Alessandria);0144/356767, fax 0144/326977;[email protected], www.ho-tel-valentino.com; coperti 80. �Par-cheggio privato del ristorante; feriedue o tre settimane in gennaio; giornodi chiusura mai. �Valutazione 7,8;prezzo da 36 a 45 €; carte accettatetutte.

Le vivande servite: cotechino caldosu sancrau di verza; carciofo stufatonell’olio extravergine d’oliva e ripie-no di salsiccia su fonduta di rasche-ra; pappardelle alla pasta di salsic-cia, melanzane e scamorza dolce; fi-letto di maiale su crema di peperonigialli e ristretto nell’aceto balsamico;bunet tradizionale.

I vini in tavola: gavi di gavi “Mina-ia” (nicola Bergaglio); Barbera docg“sori dic mori” (Vinchio e Vaglio ser-ra); Moscato di strevi “la scrapona”(Marenco).

Commenti: una bellissima giornataha accolto gli accademici convenutiper questa celebrazione del maiale.lo chef Vespi, di origine e tradizionigenovesi, più orientato al pesce, si èdato da fare per imbandire una tavo-la ricca di piatti gustosi e ben prepa-

rati, con porzioni extralarge che han-no messo alla prova anche gli appeti-ti più robusti e che hanno riscossoun’ottima votazione. ottimi gli anti-pasti e le pappardelle. servizio velo-ce e puntuale. una passeggiata neimagnifici giardini dell’albergo, vici-no alle terme di acqui, ha rimessotutto a posto.

BIELLA12 febbraio 2015

Ristorante “La taverna del gufo” di Stefa-nia e Vittorio Mosso, in cucina StefaniaMosso. �Via Caralli 60, Occhieppo Infe-riore (Biella); 015/590051, cell.339/8350679; [email protected],www.tavernadelgufo.it; coperti 30. �Par-cheggio comodo; ferie 10 giorni a settem-bre; giorno di chiusura lunedì e martedì.�Valutazione 7,3; prezzo fino a 35 €; car-te accettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: assaggio di car-ne cruda condita con olio e limonecon insalatina di sedano e finocchi;crostata di peperoni e patate in salsadi acciughe; ravioli di carciofi serviticon carciofi stufati; “cappello delprete” di manzo alla Barbera con ci-polline novelle; semifreddo al Calva-dos con salsa al gianduia; bugie dicarnevale; Calvados.

I vini in tavola: Petit arvine 2013(ottin, aosta); Barbera d’alba 2010(hilberg- Pasquero, Priocca).

Commenti: la cuoca del locale, ste-fania, è conosciuta per interpretare ipiatti della tradizione piemontese inmodo semplice e genuino. tutti isuoi menu iniziano sempre con laclassica battuta al coltello accompa-gnata da una insalatina, che gli ac-cademici non si sono fatti mancare.Per il convivio, stefania ha espressa-mente ideato la torta di peperoni,che è stata un successo per l’indovi-

nato equilibrio dei sapori, e i delizio-si ravioli che hanno incantato tutti icommensali. giudizi alterni, invece,per la carne e il semifreddo. i vini so-no stati scelti con cura. Molto ap-prezzata la disponibilità dei gestori,sia per l’accoglienza sia per il servi-zio in tavola. serata godibile per l’at-mosfera rilassata e informale.

CUNEO-SALUZZO12 febbraio 2015

Ristorante “San Michele” di GiordanoBruno e Marco Isoardi. �ContradaMondovì 2, Cuneo; 0171/681962;[email protected]; co-perti 70. �Parcheggio incustodito; fe-rie 15 giorni a marzo e 15 giorni a no-vembre. �Valutazione 8; prezzo 45 €.

Le vivande servite: insalatina di va-leriana e uovo in camicia; treccia difiletto di branzino con leggera cremaal cerfoglio novello; lasagnetta ripie-na di carciofi liguri cotta al forno conla sua salsa; filetto di coniglio in cro-sta di sesamo e passata di peperoni;tiramisù in tazza con crema allo za-baione e Pavesini; caffè con piccolapasticceria.

I vini in tavola: Prosecco di Valdob-biadene (Bellussi); sauvignon blanc2013 (Castel salleg); Verduno Pela-verga 2013 (Bel Colle); Moscatod’asti 2014 (la Caudrina).

Commenti: da qualche anno la de-legazione non frequentava questo ri-storante e bisogna dire che il ritornoè stato veramente molto piacevole ela cena, concordata con il delegato,è stata di alto livello. l’ambiente èsempre lo stesso: elegante, raffinato,romantico, ideale per momenti spe-ciali. la cucina ha proposto piatti neiquali è sempre presente la tradizionegastronomica del territorio, rivisitatanella preparazione e curatissima nel-la presentazione. Particolarmente

apprezzata la treccia di branzino ser-vita su una crema delicatissima. Mol-to gradito anche il secondo piatto, ilfiletto di coniglio: il filetto e la partedorsale del coniglio vengono passatiin padella, poi ricoperti di semi di se-samo, quindi la cottura viene conclu-sa nel forno. la portata che ha una-nimemente avuto il massimo dei votiè stata il dessert: un tiramisù in taz-za, originale e indimenticabile! otti-mi i vini e il servizio.

PINEROLO23 gennaio 2015

Ristorante “Osteria La Mimosa” di Fran-co Pisu, in cucina Franco Pisu. �Via SanGiuseppe 15, Pinerolo (Torino);0121/480601, cell. 334/5708483;[email protected]; coperti 50.�Parcheggio comodo; ferie mai; giornodi chiusura lunedì e martedì. �Valuta-zione 7,8; prezzo fino a 35 €; carte accet-tate CartaSì/Visa/MasterCard, Diners.

Le vivande servite: aperitivo constuzzichini; filetto di triglia doratocon porri e patate; foglia di verza far-cita in due salse all’acqua; raviolidell’ogliastra; coppa di maialino dilatte arrostita con fagioli e foglie dimirto selvatico; gratin di limone.

I vini in tavola: Vernaccia Valle deltirso orriu 2013; Cannonau di sar-degna Moro Mesa 2013; Moscatod’asti grimaldi Ca du sindich 2014.

Commenti: l’osteria può essere defi-nita un locale storico che la scorsaprimavera, dopo alcune vicissitudini,ha cambiato gestione. franco Pisu,solido cuoco al timone dell’osteria, èandato oltre l’insegna del locale perla qualità dei piatti e la puntualitàdel servizio, conservando tuttavial’atmosfera calda e accogliente del-l’osteria. Pisu, di origini sarde, d’ac-cordo con il simposiarca Marco Bri-ghenti, ha proposto un menu ispirato

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quasi completamente alla sua isola,che è risultato convincente. la serataè poi stata caratterizzata da un mo-mento culturale. i coniugi Clara e gi-gi Padovani, critici gastronomici,hanno presentato il loro libro StreetFood (ed. giunti), intrattenendo inumerosi commensali con dati stori-ci, aneddoti, curiosità e - non poteva-no mancare - le ricette.

PINEROLO17 febbraio 2015

Ristorante “Locanda dell’Antica Lucer-na” di Marco Lussiana e Costanza Zi-ta, in cucina Marco Lussiana. �Via Ge-nerale Armando Diaz 54, Luserna SanGiovanni (Torino); 0121/90751;[email protected]; coperti 35. �Par-cheggio comodo; ferie due settimane ingennaio; giorno di chiusura mercoledì.�Valutazione 7,4; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: aperitivo a buf-fet (salumi di produzione della lo-canda, bugie salate, formaggi di val-le); zuppa di fagioli e cotiche concrostini “ciccioli”; ravioli di salsicciae topinambour con salsa di acciughee scorza di limone; filetto di maialinoin sfoglia di fegato grasso; frittelle dimele con gelato alla vaniglia; caffècon dolci di Carnevale.

I vini in tavola: Brut (detetto); neb-biolo “Vigna granda” 2011 (ghio-mo); Moscato d’asti “isolabella dellacroce” 2014 (Valdiserre).

Commenti: un locale aperto ad ot-tobre, situato all’interno di un vec-chio edificio ristrutturato con cura,collocato nel centro storico di luser-na alta, a quindici chilometri da Pi-nerolo. il cuoco Marco lussiana, do-po alcuni anni passati al fianco digrandi chef (tra questi Walter ey-nard del pluristellato “flipot”), aveva

aperto un ristorante a rorà, in altaVal Pellice, dove ha potuto mettere afrutto le esperienze acquisite e speri-mentare nuove tecniche. Martedìgrasso, ultimo giorno di Carnevale,lo chef (simposiarca Clara lanza) haproposto un menu dove la carne dimaiale è stata la protagonista; moltoapprezzato il secondo, forse tropposemplice il dessert. a fine cena, lasimposiarca ha presentato un’inte-ressante relazione sul cibo durante ilCarnevale.

ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE

29 gennaio 2015

Ristorante “Lamberti” della famigliaCavalli, in cucina Fabio Dagrada.�Via Gramsci 57, Alassio (Savona);0182/642747, fax 0182/642438;coperti 50+20 (all’aperto). �Parcheg-gio privato del ristorante; ferie novem-bre, variabili; giorno di chiusura lune-dì. �Valutazione 8,5; prezzo da 46 a65 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: involtino di ora-ta farcito di scampi su crema di topi-nambur; parmigiana di melanzanecon mozzarella di bufala; filetto digallinella e riduzione al basilico; spa-ghetti Martelli alla carbonara di asti-ce e tartufo nero scorzone; orata alforno su salsa bagna cauda e carciofidi albenga; semifreddo alle noccioledel Piemonte con salsa al cioccolato.

I vini in tavola: trento doc (altema-si); Chardonnay 2013 (Villa Marcondi lunelli); Pinot nero nawari 2011(duca di salaparuta).

Commenti: riunione conviviale inuno dei migliori ristoranti della rivie-ra, già luogo preferito da Massimoalberini, storico cofondatore dell’ac-cademia. Piatti al limite della perfe-zione, accolti all’unanimità da con-sensi entusiastici. Vini e servizio otti-mi. il gestore e direttore di sala, Bru-no Cavalli, ha accolto gli accademicicon cordialità e la serata è stata vera-mente una bella apertura per l’annoaccademico. Complimenti.

SAVONA15 febbraio 2015

Ristorante “Trattoria Giardino”, incucina Sara Giordano. �Via C. Bria-no 5, Località Valleggia, Savona;019/881157; coperti 30. �Par-cheggio comodo; giorno di chiusuradomenica. �Valutazione 7,5; prezzofino a 35 €; carte accettate nessuna.

Le vivande servite: stoccafisso inquattro maniere: crudo con soncinoe pomodorini; bollito con patate eolive nere; al forno con patate, olivenere e salsa di pomodoro; fritto inpastella.

I vini in tavola: Vermentino; Pigato(piccoli produttori).

Commenti: trattoria di una volta;locale pulito; piatti semplici ma conmaterie prime di ottima qualità; ser-vizio efficiente. Per chi ama la sem-plicità (e lo stoccafisso).

ALTO MILANESE29 gennaio 2015

Ristorante “Corte” dei fratelli Giovan-ni e Leonardo Buoso, in cucina Leo-nardo Buoso. �Via Camillo Chiesa36, Pogliano Milanese (Milano);02/93258018, anche fax; [email protected]; coperti 35.�Parcheggio comodo; ferie agosto eprima settimana di gennaio; giorno di

chiusura domenica sera e lunedì. �Va-lutazione 7,6; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: terrina d’oca eanatra con panbrioche e composta difrutta; risotto con zucca e fegatini dipollo; piccolo bottaggio di maiale“leggero” con polentina morbida;sfogliatina calda con gelato alla cre-ma e salsa ai frutti di bosco.

I vini in tavola: frappato nerelloMascalese 2013 (Cantina Caruso eMinini).

Commenti: Per la prima riunioneconviviale dell’anno gli accademicisi sono riuniti in un locale da temponoto e già segnalato prima della na-scita della delegazione e di cui iltempo ha riconfermato la capacità,la bontà e la cortesia. la “Corte” hariservato, per l’occasione, tutta la sa-la e ha proposto un menu in stilelombardo, molto vicino al territorioe ai prodotti stagionali. lo chef leo-nardo Buoso (membro dell’associa-zione Jeunes restaurateurs d’euro-pe) ha realizzato una serie di portateche hanno saputo solleticare il palatodei commensali con accostamenti disapori molto equilibrati, pur introdu-cendo nei piatti della tradizione ele-menti che ne hanno consentito leg-gerezza e digeribilità. la cena, svol-tasi in un clima di piacevole amici-zia, ha permesso al delegato di ag-giornare sui programmi e gli obietti-vi della delegazione.

BERGAMO12 febbraio 2015

Trattoria “Falconi” di Marco e GiorgioFalconi. �Via Valbona 81, Ponterani-ca (Bergamo); 035/572236; coper-ti 200. �Parcheggio incustodito, suffi-ciente; ferie mai; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 7,8; prezzo 35 €.

Le vivande servite: selezioni di af-fettati tosco-bergamaschi con crosto-ne di pane tostato e paté toscano;lardo di Colonnata al pepe bianco;assaggio di polenta di mais spinatodi gandino con crema di Branzi; ver-dura all’olio d’oliva; casoncelli alla

LIGURIA

LOMBARDIA

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bergamasca fatti a mano e conditicon burro delle orobie, salvia, pan-cetta bergamasca e formai de mut2.12 (piatto expo 2015); gigli allamaremmana (trafilatura al bronzo)al ragù bianco toscano con pecorinograttugiato; arrosto di spalla di ma-ialino toscano con porcini trifolati,polenta bramata e patate de. Co.gialle di Martinengo con sfilacci dispeck e rosmarino; bocconcini dichianina stufati al Valcalepio rosso;trilogia di formaggi con marmellate;tortino al cacao e crema pasticciera.

I vini in tavola: Prosecco e Valcale-pio (Vinicola falconi).

Commenti: Particolarmente affolla-ta la serata del giovedì grasso e conun’atmosfera davvero allegra; il me-rito è del delegato ma, soprattutto,del relatore: alfredo Pelle, bravo escoppiettante, ha strappato ripetutiapplausi. le domande allo chef gior-gio, poi, non finivano mai. fra i nu-merosi piatti hanno trionfato gli an-tipasti, il dolce e i formaggi; tutti glialtri (primi e secondi) erano interes-santi anche se i casoncelli, pur sapo-riti e ben conditi, causa i quasi 50 co-perti, in qualche caso sono stati ser-viti un po’ freddi. ospite d’onore ilCoordinatore territoriale al qualePelle ha fatto dono di una apprezza-tissima brochure sull’argomento re-lazionato: “i problemi dell’olio di oli-va”. interessanti e dotti gli interventidel dottor suter, di Pier enzo Baruffi,di ernesto tucci e dell’architetto Pa-gani, amante dell’olio del lago d’iseoparticolarmente pregiato e ricerca-tissimo. Perfetto il connubio fra lacucina orobica e quella toscana.

MANTOVA19 febbraio 2015

Trattoria “da Giacomo” di Gianni Cal-ciolari e Alessia Olivieri. �Via Cadè 4,Villanova de Bellis, San Giorgio diMantova (Mantova); 0376/371152,

fax 0376/274866; [email protected], www.dagiacomotratto-ria.it; coperti 45. �Parcheggio comodo,non custodito; ferie 10 giorni in luglio;giorno di chiusura domenica sera e lu-nedì. �Valutazione 7,5; prezzo fino a35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: carpaccio di fi-nocchi crudi con speck d’anatra affu-micato e tortino di pasta sfoglia converdure; paccheri con crema di ceci ebaccalà; costolette d’agnello e filettodi petto d’oca marinato al pepe conmostarda di mele e pere; tortino dimandorle, nocciole e zabaione.

I vini in tavola: lugana (tenuta ro-veglia zweifel-azzone, Pozzolengo);Valpolicella (Corte Moschina dironcà).

Commenti: trattoria gradevole e ac-cogliente nella sua sobria semplicitàd’arredo. la piacevole sorpresa vienepoi in tavola: il menu rivela l’impe-gno della cucina a proporsi con piattiche, rispettata la tradizione del man-giar mantovano, cercano anche altrestrade. Così è stato già dall’antipasto,finalmente fresco e leggero, e nel pri-mo piatto, decisamente intrigantenell’accostamento tra ceci e baccalà.non certo frequente nel panoramamantovano la presenza dello speckd’anatra e del petto d’oca. Carta deivini di tutto rispetto, dal terroir aben oltre. gestione classicamente fa-miliare: papà gianni in sala, mammaalessia ai fornelli, figlio giacomo(che dà il nome alla trattoria) defini-scono lo staff della mini-impresa, datanti anni radicata nel borgo.

MILANO BRERA28 gennaio 2015

Ristorante “La taverna della trisa” diSergio Chesani, in cucina MaurizioPomati. �Via Francesco Ferrucci 1,Milano; 02/341304; coperti 40.�Parcheggio privato del ristorante; fe-rie agosto; giorno di chiusura domeni-ca sera e lunedì. �Valutazione 7,39;prezzo da 36 a 45 €; carte accettateCartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: ciuiga, mortan-dela e polenta di castagne; caneder-li; brasato al vino di sambuco; stru-del di mele.

I vini in tavola: spumante Chardon-nay brut al ribes nero (Cavit); schia-va gentile sort Magre 2013 (Pravisdi lasino); teroldego ternet 2011(schwarzhof, san Michele all’adi-ge); Moscato rosa 2011 (zeni, gru-mo).

Commenti: in un ristorante conquarant’anni di storia, la passionedel patron sergio Chesani fa viverela cucina povera del trentino, da luiraccontata con mirabile maestria.l’incontro con piatti poco conosciutida chi frequenta le stazioni turistichee un’esperienza da provare.

VALLECAMONICA5 febbraio 2015

Ristorante “Paul Haster” di Luca Maf-folini. �Via Nazionale 81, Gianico(Brescia); 348/7133690; coperti35. �Parcheggio comodo; ferie agosto;giorno di chiusura dal lunedì al giove-dì. �Valutazione 6,5; prezzo fino a 35€; carte accettate tutte.

Le vivande servite: galletto italianomarinato per 24 ore e rosolato allospiedo; hamburger di chianina 200 gservito con fetta di edamer; hambur-ger di fassona piemontese servitocon fetta di edamer; würstel di suino450 g affumicato e cotto alla piastra.Birra eva (birrificio lorem ipsum);Birra aktien Buronator (Birrificio ak-tien); Birra Calypso (Birrificio Valca-vallina).

Commenti: locale gestito con entu-siasmo da tre ragazzi che propongonoun menu semplice e adatto ai giovani.ha colpito la cura per la scelta dellamateria prima e per il suo condimen-to, che dimostra come, anche in un lo-cale destinato ai giovani e con una cu-cina semplice, la qualità è un partico-lare di non poco conto. ottima possi-bilità di scelta fra le varie birre, ognu-na con un proprio carattere, in gradodi accontentare qualsiasi palato.

VARESE11 febbraio 2015

Ristorante “La Bevera” delle famiglieBucci e Rizzi. �Frazione Bevera 14,

Viggiù (Varese); 0332/486350, [email protected]; coperti 70. �Parcheggioincustodito, sufficiente; ferie agosto;giorno di chiusura lunedì. �Valutazio-ne 7,68; prezzo 30 €.

Le vivande servite: pane nero conpâté di cinghiale, lardo e gnervittcon Prosecco; cassoeula con polenta;formaggino sott’olio; zabaione congelato.

I vini in tavola: Barbera d’asti sannicolao (terre da vino).

Commenti: da troppo tempo siaspettava l’arrivo di una riunioneconviviale della tradizione, con ilpiatto un tempo più celebrato neimesi invernali: la cassoeula. il piattoforte è stato molto gradito (solo trepersone su 35 hanno chiesto un’al-ternativa) e quasi tutti hanno repli-cato chiedendo il bis. lo chef Chiccorizzi è riuscito a vincere la sua timi-dezza rubando il microfono al prepa-ratissimo simposiarca della serataerik ernst, raccontando le fasi sa-lienti della sua procedura di prepara-zione e cottura. il cuoco ha sorpresoun po’ tutti raccontando che, fattaeccezione per le parti molto grassedel maiale, cotenna e cotechino, luicuoce le verze insieme alla carnesenza sbollentarle a parte e il risulta-to è stato ottimo. tra le caratteristi-che positive del piatto, oltre allamorbidezza e all’abbondanza di ver-ze e carne, si è notato il gusto moltointenso e profumato del cotechino.anche l’aperitivo in piedi è stato ap-prezzato con la sorpresa di un ottimopâté non previsto nel menu.

VIGEVANO E DELLA LOMELLINA

19 febbraio 2015

Ristorante “Guallina” di Elena Delù,in cucina Carlo Carrege. �Via MolinoFaenza 19, frazione Guallina, Morta-

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ra (Pavia); 0384/91962; [email protected], www.trattoriagualli-na.it; coperti: 30. �Parcheggio comodo;ferie due settimane giugno-luglio e unasettimana a gennaio; giorno di chiusu-ra martedì. �Valutazione: 7,1; prezzoda 36 a 45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: cestino di panecon ovetto di quaglia; risotto bagna-to con Bonarda e con carne di sala-me d’oca e fagiolini dell’occhio; ragòd’oca con polenta 8 file Marano; frut-ta fresca.

I vini in tavola: Pinot nero brut(scuropasso di Pietra de giorgi); Bo-narda biologica oltrepò Pavese doc2013 (i doria di Montalto Pavese);sangue di giuda doc 2012 (Picchio-ni di Canneto Pavese).

Commenti: edy fantasma ha apertonel 1986 questa trattoria dall’am-biente confortevole, con una cucinatradizionale. la signora elena ha ac-colto gli accademici con un simpaticoaperitivo. al tocco della campana, ildelegato giovanni Canelli ha presen-tato il nuovo accademico sandroscevola. a mensa, dopo un assaggiodi salumi e di pâté d’oca, è seguito uncurioso cestino di pane con uovo diquaglia. sorprendente la generositàdell’oca apprezzata nel risotto, cheha riscosso ampi consensi per l’equili-brio dei sapori e per la buona cottura,e nel gradevole ragò con verze e unassaggio di polenta. scelta adeguatadei vini così come il rapporto servi-zio-qualità-prezzo.

BRESSANONE29 gennaio 2015

Ristorante “Unterwirt” della famigliaTauber. �Via Josef Telser 2, Velturno(Bolzano); 0472/855225, fax0472/855048; www.unterwirt.it; co-perti 100. �Parcheggio sufficiente,non custodito; ferie maggio, novem-bre; giorno di chiusura nessuno. �Va-lutazione 7,5; prezzo 44 €.

Le vivande servite: salsicce affumi-cate della pecora della Val di funescon formaggio fresco alle castagne e

crema di vino bianco altoatesino concrostini alla cannella; tagliatelle dicastagne di Velturno in salsa di cipol-lotti e formaggio grigio; tagliata dimanzo della Valle isarco con “ge-röstl” di canederli e salsa di Pinot ne-ro; tortino di grano saraceno conmirtilli, yogurt e gelato cremoso del-la birra di castagne.

I vini in tavola: Kerner aristos doc(Cantina Valle isarco, Chiusa); altoadige Pinot nero doc (tenuta garli-der, Velturno); gewürztraminer,nectaris Passito doc (Cantina Valleisarco, Chiusa).

Commenti: grazie al simposiarcarudiger nitz, la delegazione torna avisitare questo piacevole e conforte-vole albergo-ristorante, conferman-do e migliorando l’impressione rice-vuta quattro anni orsono. il locale hafatto della castagna la sua bandiera ene fa largo uso in cucina, come di-mostra il menu proposto, e non solo.è evidente la ricerca di materie pri-me autoctone di superba qualità, tra-sformate in cucina con esiti riusciti(antipasto e primo), contrastanti(sulla carne gli accademici non han-no espresso valutazioni uniformi) emigliorabili (l’acido dello yogurt neldessert male si sposava con gli altrideliziosi sapori). il servizio è statomolto attento e i vini, gentilmenteofferti dalla Cantina Valle isarco, dicui il direttore ha illustrato caratteri-stiche e qualità, molto apprezzati.Prezzo onesto.

ROVIGO-ADRIA-CHIOGGIA24 gennaio 2015

Ristorante “Le Clementine” di LucianaVallese. �Via Colombano 1239/b, BadiaPolesine (Rovigo); 0425/590729, an-che fax; [email protected],www.leclementine.it; coperti 80+20 (al-l’aperto). �Parcheggio privato del risto-rante; giorno di chiusura dal lunedì alvenerdì. �Valutazione 7,5; prezzo fino a35 €; carte accettate nessuna.

Le vivande servite: i salumi delle“Clementine” (salame fresco, salamestagionato, lonza, pancetta e lardel-lo) con “pinza onta” (focaccia di pa-ne con ciccioli di maiale) e “schizotocol radesèlo” (pane basso sfogliatocondito con omento di maiale); mal-tagliati in brodo di fagioli; bondolacon purè di patate; ossi e zampetti dimaiale bolliti con cren e mostarde dicasa; fagioli in umido; zucca cara-mellata; crostoli e assortimento didolcetti.

I vini in tavola: friulano 2013, Ca-bernet franc 2013 (e. Bortolusso);Prosecco extra dry (Mazzolada); Ver-duzzo friulano (e. Bortolusso).

Commenti: il convivio d’inverno de-dicato alla cucina del maiale si è te-nuto ancora una volta in questo agri-turismo, in cui si pratica la cucinadella tradizione e del territorio utiliz-zando principalmente i prodottidell’azienda familiare. la riuscita del

pranzo è stata ottima, a iniziare daisaporiti salumi di casa seguiti da unabuonissima pasta e fagioli (il piattopiù apprezzato), dalla tradizionalebondola, per arrivare agli ossi e aglizampetti di maiale bolliti e serviti fu-manti cosparsi di sale grosso. Moltoapprezzati anche i contorni, il desserte i vini. dopo il commento finale, ca-lorosi e meritati applausi hanno salu-tato la consegna, da parte del dele-gato, del piatto dell’accademia allasignora luciana e al marito Beppe,che da quasi venticinque anni condu-cono ottimamente questo locale.

TREVISO13 febbraio 2015

Ristorante “Da Fernanda” di Simonet-ta Feltrin e Mauro Carraro, in cucinaMauro Carraro. �Via Cendon 99, Si-lea (Treviso); 0422/94682, cell.335/434535; [email protected],www.dafernanda.it; coperti 60+20(all’aperto). �Parcheggio privato delristorante; ferie dal 1° all’8 gennaio edue settimane in agosto; giorno dichiusura giovedì e domenica sera.�Valutazione 7,5; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: crostini con sal-se del doge; cappuccino di baccalàcon brioche al radicchio; “bigoli mo-ri” in salsa; rosa di branzino croccan-te su crema di castagne; sorbetto almojito; dolci di Carnevale.

I vini in tavola: Prosecco Coneglia-no Valdobbiadene docg (CantineBellussi, Valdobbiadene); soave clas-sico doc (Cantina Monte tondo,soave); lugana docg Pratello 2013(Cantina Pratello, Padenghe sul gar-da); Colli di Conegliano refrontoloPassito docg fervo 2013 (Cantineastoria, refrontolo).

Commenti: gradevoli i tre crostinicon acciuga marinata, acciuga salatae salmone marinato, accompagnatida appropriate salse. straordinariol’antipasto per la felicità dell’idea: ilcucchiaio entra incuriosito nella pre-parazione, attraversa uno strato dipolenta cremosa (il colore della pan-na!), penetra nel baccalà mantecato(difficile trovarne l’uguale) e conti-nua raccogliendo una purea di len-ticchie (il colore del caffè) che avvol-ge e nasconde il baccalà e, una voltacolmo, arriva alla bocca sorprenden-do, dopo la vista, anche il palato, daprovare! Classici, nel vero senso del-la parola, i “bigoli in salsa”, estrusi incasa dal “bigolaro” (ottenuti da unamiscela di farine integrale e di nor-male grano tenero) e conditi con la

VENETO

TRENTINO - ALTO ADIGE

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LOMBARDIA segue

“salsa” per antonomasia (acciughe ecipolla) nella quale le proporzionidei due ingredienti richiamano sapo-ri antichi. Pregevole e originale la ro-sa di branzino. Corretto il mojito.Buoni i dolci, ottimi i vini.

TREVISO-ALTA MARCA13 febbraio 2015

Ristorante “Antica Osteria via Brando-lini” di Giovanni e Umberto Perenzin eCarla Canel snc, in cucina Mirko Bon.�Via Brando Brandolini 35, Solighet-to (Treviso); 0438/82590; anticao-s t e r i a . b r a n d o l i n i @ g m a i l . c o m ,www.anticaosteriabrandolini.it; co-perti 80. �Parcheggio scomodo; ferie15 giorni a gennaio, ultima settimanadi luglio e prima di agosto; giorno dichiusura domenica sera e lunedì. �Va-lutazione 7,6; prezzo fino a 35 €; carteaccettate CartaSì/Visa/MasterCard,Diners.

Le vivande servite: radicchio tardi-vo pastellato; polpettine di carne;formaggio grana in scaglie; zuppa difagioli con radicchio di campo; gnoc-chi di patate con ragù di vitello e ra-dicchio; gallo di farrò in tegame; cin-ghiale d’alta Marca alla cacciatora;radicchio di campo e ciccioli di lardo;gelato alla vaniglia con uvetta; tortadi mele; crostoli e frittelle veneziane.

I vini in tavola: Prosecco spumantebrut docg (Cantina antica osteria);Verdiso 2013 (azienda Balancin);Merlot 2013 doc (Cantina Colli delsoligo); Marzemino veneto (aziendanardi giordano).

Commenti: Per la riunione convivia-le di Carnevale, la delegazione è tor-nata in un locale di antica tradizione,saldamente gestito da giovanni Pe-renzin. il menu, studiato e presentatodal Consultore Vittorio zanini, ha ri-sposto pienamente alle aspettative. ilradicchio con i fagioli, gli gnocchimolto delicati e squisitamente condi-ti, e il gallo di cortile preparato conun ricco sugo sapientemente dosato

nei componenti, sono stati piatti sem-plici ma molto apprezzati. una sicuranovità è stato il cinghiale che ormai sitrova sempre più frequentemente neilocali della pedemontana trevigianaper essere diventato un animale stan-ziale. durante la serata, il Maestro li-no dinetto ha parlato della sua espe-rienza di pittore che ha attraversato,con i più grandi nomi del novecento,il processo di maturazione dell’artecontemporanea.

PORDENONE30 gennaio 2015

Ristorante “Da Regina” di GiovanniModolo. �Via Pedemontana 59, Polce-nigo (Pordenone); 0434/74586, an-che fax; [email protected];coperti 70. �Parcheggio interno; ferie15 giorni in ottobre; giorno di chiusu-ra lunedì. �Valutazione 7; prezzo 35 €.

Le vivande servite: aperitivo concrostini di pane nero e gorgonzola;verdure pastellate e frittura di totani;calamari ripieni su vellutata di pata-te; risotto con “l’oro dell’alto liven-za”; carciofo in tecia brasato congamberi e zafferano; panna cotta al-lo zafferano.

I vini in tavola: spumante brut “Bir-bo” (rive Col de fer); Chardonnay2013 (Conte Brandolini d’adda);traminer aromatico 2013 (fernandaCappello); Moscato “075 carati”(Piera Martellozzo).

Commenti: il convivio d’inverno eradedicato allo zafferano dell’alto li-

venza, coltivato nella pedemontanapordenonese. unendo passione perla tradizione al coraggio dell’innova-zione, giovanni Modolo ha cercatoun’armonia tra la preziosa spezia - ocondimento? - e gli ingredienti diogni pietanza, realizzando un menuche, pur con qualche doveroso ap-punto, ha pienamente soddisfatto inumerosi accademici. ottima e fra-grante la frittura di totani servita conl’aperitivo; alcune critiche ai calama-ri: qualcuno avrebbe gradito solol’orzotto del ripieno con profumo dizafferano; plauso unanime al risotto,ben mantecato ed equilibrato in aro-ma e sapore. nota di merito al car-ciofo con gamberi, mentre nella pan-na cotta la presenza dello zafferanoera troppo discreta. Vini del territo-rio molto gradevoli. servizio curatoe solerte, atmosfera familiare in unambiente accogliente, riscaldato dalcaminetto.

BOLOGNA DEI BENTIVOGLIO

21 febbraio 2015

Trattoria “da Massimino” di MassimoBena e Giulia Bernardi, in cucina Mas-simo Bena. �Via A. Gramsci 3/i, Piano-ro Nuova (Bologna); 051/4126916,cell. 392/0363832; [email protected], www.damassimino.com; co-perti 35+45 (all’aperto). �Parcheggiocomodo; ferie mai; giorno di chiusuradomenica. �Valutazione 7,75; prezzoda 36 a 45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: dadini di cecifritti; sformato di spinaci con letto difonduta di castelmagno; risotto al ra-dicchio rosso, salsiccia croccante ecrema di castelmagno; guancialinodi frisona piemontese su letto di rapa

rossa, yogurt montato e frutto dellapassione; sfogliata con crema chan-tilly e frutti di bosco.

I vini in tavola: Prosecco superioredi Cartizze (drusian); Pignolettospumantizzato Colli Bolognesi(Chiarli); Pinot nero Colli Bolognesi(Vallania).

Commenti: alla presenza di unbuon numero di accademici, Massi-mo Bena, giovane chef professional-mente formato in significativi localibolognesi, ha proposto la sua cucinanel nuovo locale. nel rispetto delletradizioni, con maestria, lo chef hapresentato, introducendo costante-mente nuove idee e delizie, ottimipiatti equilibrati nei sapori e nei pro-fumi, realizzati con un’armonicacomposizione, alla continua ricercadella qualità delle materie prime ein sintonia con prodotti che seguonoi naturali ritmi delle stagioni. il con-vivio, aperto da un gradevole extra eda un delizioso sformatino di spina-ci, seguiti da un ottimo risotto, ha vi-sto in tavola il piatto forte della ce-na: il morbido guanciale di frisonapiemontese. la chiusura non potevaessere più emozionante, il bicchieri-no di yogurt montato ma, soprattut-to, la sfogliata di crema hanno sor-preso ed entusiasmato i convitati.una più che gradevole sorpresa:piatti di alta qualità e un giovane epromettente chef da seguire con at-tenzione.

BOLOGNA-SAN LUCA27 gennaio 2015

Ristorante dell’“Hotel Calzavecchio” diCalzavecchio srl. �Via Calzavecchio 1,Casalecchio di Reno (Bologna);051/571226; coperti 180. �Par-cheggio comodo; ferie mai. �Valuta-zione 8; prezzo 32 €.

Le vivande servite: tortelli rosa dibufala e melanzane al filetto di pomo-doro; verdure di stagione sott’olio,marinate e in agrodolce di produzio-ne propria; tagliere di pizze mille sa-pori e gran calzone napoletano; boc-concini di mozzarella di bufala cam-pana; tagliere di formaggi dei collibolognesi con mostarde di frutta; in-voltini di speck e caprino; insalata dimare con polpo, olio e limone; alicimarinate; salmone al forno alla medi-terranea; arrosto di vitello al Marsala;roastbeef in salsa demi-glace; torta diriso; tiramisù; zuppa inglese.

I vini in tavola: Prosecco di Valdob-biadene; Pignoletto frizzante e fer-mo; lambrusco di sorbara; sangio-

EMILIA ROMAGNA

FRIULI - VENEZIA GIULIA

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vese di romagna (tutti in selezioni“Calzavecchio”).

Commenti: l’albergo, onusto di 400anni di storia e recentemente restau-rato e ristrutturato, è nel centro diCasalecchio di reno e vanta ancheun ottimo ristorante e numerose saleconvegni. una di queste ha accoltol’annuale assemblea della delegazio-ne che, dopo aver stabilito il pro-gramma per il 2015, si è trasferita alristorante. Più di settanta gli accade-mici, con molti coniugi. il simposiar-ca lucio Montone, ben noto per lesue capacità organizzative, nonchébravissimo cuoco-gentiluomo, si eraprodigato perché tutto riuscisse nelmigliore dei modi. e così è stato. daoscar il rapporto qualità-prezzo perla selezione rigorosa e la freschezzadelle materie prime e la correttasemplicità delle preparazioni.

BORGO VAL DI TARO21 febbraio 2015

Ristorante “A La Maison”, in cucinaSandra Piazza con il figlio Nicolò.�Piazza Matteotti 18, Fornovo Taro(Parma); 0525/2691; [email protected]; coperti 60. �Parcheg-gio comodo; ferie dal 10 al 25 agosto;giorno di chiusura martedì sera e mer-coledì. �Valutazione 7,54; prezzo finoa 35€; carte accettate tutte.

Le vivande servite: polenta frittacon battuto di lardo pesto; salaminoal vino bianco; cotiche con fagioli;fegato ratellato; musetti e piedini;anolini in brodo; gelato alla cremacon frutti di bosco.

I vini in tavola: lambrusco e Malva-sia dei Colli di Parma.

Commenti: la riunione conviviale,denominata “maialata”, celebra ilmaiale nella tradizione locale. lamanifestazione ha avuto due mo-menti ufficiali con la consegna delmateriale associativo al nuovo sociofrancesco Mariani e con il conferi-mento di un distintivo a franco Bru-gnoli e antonio ferrari che quest’an-no celebrano 35 anni di appartenen-za all’accademia. sono stati riportatii saluti del segretario generale PaoloPetroni e del Consiglio di Presidenzaa tutti gli amici accademici. espleta-te le funzioni di prassi, il simposiar-ca della giornata, angelo ablondi, haintrattenuto con spunti e aneddotisui piatti del menu, che hanno sim-paticamente rallegrato gli accademi-ci. le pietanze hanno riscosso un vi-vo successo per l’equilibrio dei sapo-ri, la giusta cottura e la qualità delle

carni. è stato difficile riconoscere laprevalenza di un piatto, in un menuche per la cura apportata ad ognipietanza ha conseguito un consensoalto e unanime. Corretto il rapportoqualità-prezzo.

CERVIA-MILANO MARITTIMA

27 gennaio 2015

Ristorante “Insolito Ristorante” di Da-niele Baruzzi e Stefano Zappi, in cucinaDaniele Baruzzi. �Via Emilio Babini 22,Russi (Ravenna); 0544/582954, cell.335/6694069; [email protected], www.ristoranteinsolito.com; co-perti 48. �Parcheggio zona pedonale; fe-rie una settimana in agosto; giorno dichiusura mercoledì. �Valutazione 8,5;prezzo da 36 a 45 €; carte accettate Car-taSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: tortelli zucca epatata; gnocchi di semolino conspeck, porcini e fonduta al parmigia-no reggiano; cappelletti romagnoli alragù; sandwich di manzo con pan-cetta croccante, chips di verdura esalsa al vino rosso; rosticini di agnel-lo con budino di cipolla e olio alle er-be; mazzancolle rosolate con lardodi mora, riccia e pepe rosa; selezione3 formaggi con i loro accompagna-menti.

I vini in tavola: Pinot nero (Colte-renzio); sangiovese superiore neverWalk alone doc (Cantina leoneConti faenza); albana Passita (fat-toria Monticino rosso).

Commenti: la Consulta di delega-zione, in occasione dell’incontro mi-rato a pianificare i programmi, gliimpegni e le riunioni conviviali cheverranno svolte nel corso dell’anno,si è riunita presso questo locale dal-l’ambiente elegante e raffinato, ac-colta dai proprietari stefano e danie-le di cui quest’ultimo anche chef.l’occasione ha permesso di assapora-re pietanze diverse (dai primi, allacarne, al pesce sino ai formaggi) e iriscontri positivi sono stati unanimi.servizio al tavolo ben gestito, curatoe molto professionale anche nell’of-frire spiegazioni e curiosità inerentiai piatti scelti. ricca la carta dei vini(con oltre 200 etichette), gustosa laselezione dei formaggi arricchita da-

gli accompagnamenti. impressioneottima.

FAENZA20 gennaio 2015

Ristorante “Sette Dollari”, in cucina Gia-como Monti. �Via Strada Casale 7, Bri-sighella (Ravenna); 0546/88070; co-perti 30. �Parcheggio comodo, incusto-dito; ferie variabili; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 7,19; prezzo 30 €.

Le vivande servite: misto di crostiniai sapori di bosco e di caccia su panetostato di giacomo; riso al parmigia-no “vacche rosse” (28 mesi di stagio-natura) al rosa dei cachi; tagliatelleromagnole ai porcini di bosco; anticotortello di patate al ragù di cinghia-le; capretto al forno, alla brace di gi-nepro; purea di finocchio, patate av-volte al lardo di Colonnata; pannacaramellata al forno.

I vini in tavola: Prosecco five stars(Bosca); sauvignon Borgo tesis2013 (fantinel); sangiovese riserva2011 (Cesari).

Commenti: Prima riunione convi-viale per gli accademici faentini chesi sono ritrovati numerosi. lo chefgiacomo Monti ha proposto una cu-rata e riuscita successione di piattidai sapori decisi. fra questi, il più ap-prezzato è stato l’ottimo capretto dilutirano, la cui eccellente carne èstata perfettamente arrostita nel for-no a legna, degnamente accompa-gnato da patate al lardo, cotte sottola brace. Piacevoli i crostini ai saporidi bosco e caccia, fatti con pane cottonel forno a legna, nonché i tortelli dipatate al ragù di cinghiale. giudizidissonanti sul risotto, in particolareper l’esecuzione della cottura del risostesso. Valido il dessert e discreti i vi-ni in abbinamento. Corretto e pre-

muroso il servizio. l’ambiente, senzapretese, ha penalizzato la votazionefinale. lo scalco della serata, gio-vanni Collina, ha illustrato agli acca-demici la storia dei menu.

IMOLA23 gennaio 2015

Ristorante “Osteria Callegherie” diLeonardo Mantovani, in cucina Ales-sandro Sasdelli. �Via Callegherie 13,Imola (Bologna); 0542/33507, an-che fax; [email protected],www.callegherie.it; coperti 26. �Par-cheggio scomodo; ferie 1°-8 gennaio eagosto; giorno di chiusura sabato apranzo e domenica. �Valutazione8,25; prezzo da 36 a 45 €; carte accet-tate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: sfilacci di coni-glio rosolati al tegame, profumati altimo con sformatino di zucca; tortellifarciti allo stracotto in sugo d’arro-sto; guanciale di manzo brasato salsaal Pelaverga con tortino di patate allatte; tortino di carote farcito al ma-scarpone; vellutata alle fave di ton-ka; piccola pasticceria.

I vini in tavola: Balbino 2013 Ver-mentino di Maremma toscana (teren-zi); Cascina Massara 2013 VerdunoPelaverga (Burlotto); zibibbo vino li-quoroso (alagna, Marsala).

Commenti: la delegazione si è ri-trovata per il rendiconto della gestio-ne dell’anno 2014. il menu è statoben curato, a partire dagli sfilacci diconiglio apparsi molto gustosi, colgiusto sapore e lasciando gradevo-lezza nel palato. i tortelli, ben pre-sentati con un ripieno insaporito dalsugo d’arrosto, hanno preceduto ilguanciale tenerissimo e vellutato,uno dei migliori in assoluto. la chiu-sura è arrivata con un tortino di ca-

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EMILIA ROMAGNA segue

rote farcito al mascarpone che, per lasua bontà, ha conquistato l’oscar del-la cena. Validissimo il Vermentino,ben abbinato, mentre il Pelaverga,per quanto gradevole al palato, nonera forse l’ideale da abbinare al bra-sato. al termine, un applauso allabrigata di cucina guidata da alessan-dro sasdelli e al personale di servizioha coronato la riunione convivialeconclusa dalla consegna, da partedel delegato, al sempre attento e di-sponibile gestore leonardo Mantova-ni della vetrofania e del piatto in sil-ver dell’accademia.

LUGO DI ROMAGNA28 gennaio 2015

Ristorante “Osteria del Boccaccio” diValentina Matulli e Davide Mazzotti,in cucina Valentina Matulli e DavideMazzotti. �Via San Vitale 14, San-t ’Agata sul Santerno (Ravenna);0545/916264; [email protected], www.osteriadelboccac-cio.it; coperti 60. �Parcheggio privatodel ristorante; ferie mai; giorno dichiusura lunedì (in estate anche do-menica). �Valutazione 8,5; prezzo fi-no a 35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: aperitivo con sa-lumi romagnoli e crudo di Parma s.ilario 30 mesi al coltello; soufflé alradicchio tardivo con crema di taleg-gio dolce dop; pasta e fagioli; filettodi manzo con cipolla caramellata efonduta di lardo con verdure alla gri-glia e patate al forno; semifreddo al-la robiola con uva appassita e noc-ciole; piccoli taglieri di crostata conmarmellate della casa e zuccherini.

I vini in tavola: Metodo classico brutdoc (lini 910); terra albana 2013doc (Villa Papiano); le Morine san-giovese riserva 2008 doc; MalvasiaPassita di uve stramature doc (en-trambi Monticino rosso).

Commenti: splendida serata convi-viale, in cui gli accademici si sonoconfrontati su diversi aspetti dellagastronomia italiana e della vita ac-cademica. Cucina genuina, piatti benpreparati, gentilezza e grande acco-glienza in questa osteria in cui gli ac-cademici sono sempre i benvenuti.superlativa la pasta e fagioli, comegli antipasti e i dolci.

MODENA9 febbraio 2015

Trattoria “Omer” di Omer Caiumi. �ViaTorre 33, Modena; 059/218050; co-perti 35. �Parcheggio scomodo; giorno

di chiusura giovedì. �Valutazione 6,63;prezzo 30 €.

Le vivande servite: tagliatelle allambrusco; spaghetti con la cipolla;polpettone; purè con cipolla; scalop-pine alla cardinale; funghi dorati;torta di zucca.

I vini in tavola: lambrusco graspa-rossa nivola doc (Cleto Chiarli);lambrusco di sorbara “tenuta Man-tovani” (Chiarli 1860).

Commenti: trattoria tradizionale aconduzione familiare, con omer e lamoglie in cucina e il nipote efficien-tissimo a servire ai tavoli. il locale,fondato negli anni settanta, ha man-tenuto lo stile dell’epoca e appare unpo’ “vintage”. la cucina riprende latradizione locale con spunti dalle an-tiche ricette estensi. Molto apprezza-te le tagliatelle con la cipolla, piattosolo apparentemente semplice e quicucinato con grande equilibrio di sa-pori. Buon recupero dalla tradizionecon la scaloppina alla cardinale e ilpurè con la cipolla stufata. apprezza-ta la torta alla zucca. Vini tipici delterritorio. la tagliatella al sapore dilambrusco è sembrata, a molti, trop-po appesantita da panna e formag-gio; il polpettone, pur saporito, erapoco consistente, probabilmente pereccesso di cottura. in generale è sta-ta una piacevole serata con cui la de-legazione ha aperto il nuovo anno.

RAVENNA ROMEA29 gennaio 2015

Ristorante “Amemipiace” di Ivano Ra-vaioli, in cucina Cinzia Ravaioli. �ViaReale 40, Camerlona di Ravenna (Ra-venna); 0544/502494; [email protected]; coperti 40. �Parcheg-gio comodo; ferie 15 agosto e 25 di-cembre; giorno di chiusura domenica.�Valutazione 7,8; prezzo fino a 35 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: baccalà mante-cato; sarde in saor; molluschi alla ta-rantina; gamberi con polenta bianca;moscardini su cavolo viola; pacchericon scampi e carciofi; pinzimonio diverdure fresche croccanti miste;rombo con patate fritte; fritto di ca-lamaretti; macedonia; tiramisù.

I vini in tavola: drei donà il tornese2013; drei donà il notturno sangio-vese forlì igt 2012 (entrambi tenutaPalazza di Massa di Vecchiazzano).

Commenti: lo staff del locale, com-posto dai due gestori, marito e mo-glie, e dalla loro figlia, oltre a profes-

sionalità, offre estrema gentilezza epremura. la serata è iniziata con unaserie di ottimi antipasti; il primo dipaccheri al sugo di carciofi e scampoha preceduto un pinzimonio fresco ei due secondi: una fetta di rombo conpatate fritte e un fritto di calamaret-ti. la cena si è chiusa con un’ottimamacedonia di frutta fresca e con unaltrettanto buon tiramisù. la mag-gioranza degli accademici e ospiti hapasteggiato con il tornese del 2013della tenuta. il prezzo è stato equoper la qualità, la bontà e il servizioofferti. il locale e la cucina hanno in-contrato la soddisfazione di tutti gliaccademici.

REGGIO EMILIA4 febbraio 2015

Ristorante “A mangiare” di DonatellaDonati e Olàz Agouès, in cucina OlàzAgouès. �Viale Monte Grappa 3, Reg-gio Emilia; 0522/433600, cell.331/6397972; www.ristoranteaman-giare.it; coperti 40. �Parcheggio co-modo; ferie tre settimane ad agosto euna a gennaio; giorno di chiusura do-menica. �Valutazione 8; prezzo da 36a 45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: spuma di par-migiano reggiano con mostarda dipere; bocconcini di baccalà in pa-stella al profumo di aglio e rosmari-no; tortelli di patate, tosone e tartu-fo nero con crema di porcini; tranciodi baccalà confit; insalatina di pun-tarelle e acciughe; broccoli e pil pil;dolce autunno-inverno, vin brûlé ecastagne.

I vini in tavola: lugana doc Molin(azienda agricola Provenza).

Commenti: ad una proficua assem-blea di delegazione, è seguita unariunione conviviale degna di esserericordata, sia per la qualità eccellen-te dei piatti serviti sia per la profes-sionalità della brigata di sala. Questoristorante, dal nome che parrebbesolo una pleonastica indicazione (“amangiare”), in realtà fa di esso unaverità eminente per antonomasia. daqualche tempo la delegazione man-cava da questo elegante locale, in cuil’accogliente ambientazione fa dasfondo alla discreta sobrietà di chiporge i curatissimi piatti con gestoimpeccabile, arricchito da generosiragguagli. simpatica anche la passio-ne con cui la cuoca basca ha intratte-nuto gli accademici svelando i segre-ti della convivenza di ingredienti ar-ditamente assemblati. Complimential simposiarca Vittorio Corradi.

RICCIONE-CATTOLICA30 gennaio 2015

Ristorante “Azzurra” di Maurizio Si-gnorini. �Piazzale Azzarita 2, Riccio-ne (Rimini); 0541/648604,0541/647866; [email protected], www.ristornteazzurra.com;coperti 100. �Parcheggio comodo; fe-rie mai; giorno di chiusura mai. �Va-lutazione 7,5; prezzo da 46 a 65 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: crostone di panecon acciughe e agrumi; canocchie ecarciofi cotti a bassa temperatura;polenta con vongole, canocchie, ca-lamaretti, cannelli e pomodorino;baccalà con patate, olive, cipolla,cappero e pomodorino; gelato di pi-stacchio di Bronte.

I vini in tavola: franciacorta brut(la Montina, Monticelli Brusati); Pa-

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cherhof silvaner alto adige doc2012 (andreas huber Pacherhof,novacella); ora san Patrignano ro-magna sangiovese superiore doc2011 (san Patrignano, Coriano); ta-landina romagna albana spumantedoc 2013 (Celli, Bertinoro).

Commenti: gli accademici si sonoriuniti in assemblea della delegazio-ne nella comoda ed elegante sala su-periore a loro riservata. serviti inmodo discreto e puntuale, hanno po-tuto degustare ottimi vini e piattiben presentati, fra i quali hanno ap-prezzato particolarmente il crostonee le canocchie, il baccalà e il gelato.Bella e proficua serata in un ristoran-te ben noto, nel quale è sempre pia-cevole ritrovarsi a tavola.

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FIRENZE25 febbraio 2015

Ristorante “Oliviero” di Francesco Al-tomare, in cucina Duccio Pistolesi.�Via delle Terme 51/r, Firenze;055/212421, fax 055/2302407;ol ivieror istorante@inter free. i t ,www.ristoranteoliviero.com; coperti85. �Parcheggio privato del ristorante;ferie agosto; giorno di chiusura dome-nica. �Valutazione 8; prezzo da 46 a65 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: sformatino dicarciofi con fonduta al pecorino;stracciatella; gran carrello dei bolliticon le sue classiche salse e il purè;torta di mele, secondo la ricetta diPaolo Petroni, con gelato di crema.

I vini in tavola: lambrusco giusep-pe Verdi (Cantine Ceci).

Commenti: Come ormai tradizioneconsolidata, anche quest’anno gli ac-cademici della delegazione e quelli,numerosi, venuti dalle delegazionivicine, hanno potuto godere dellosplendido bollito del ristorante “oli-viero”. Preceduto da un gradevolissi-mo sformatino di carciofi con fondu-ta di pecorino e da un’ottima strac-ciatella, il piatto forte della serata, losplendido bollito, servito diretta-mente nei piatti, senza l’uso del car-

rello in considerazione del gran nu-mero di commensali, ha trovato una-nime e convinto apprezzamento. lochef, duccio Pistolesi, oltre a racco-gliere il meritato plauso degli acca-demici, ha illustrato l’ottima ricettadi Paolo Petroni per la torta di mele.

FIRENZE PITTI5 febbraio 2015

Ristorante “Trattoria del Pesce” dellafamiglia Falugiani. �Via Cassia perSiena 124, San Casciano in Val di Pesa,Bargino (Firenze); 055/8249045,anche fax, cell. 339/8190735; [email protected], www.latrattoria-delpesce.it; coperti 80. �Parcheggio pri-vato del ristorante; ferie dal 10 al 30agosto; giorno di chiusura lunedì. �Va-lutazione 7,73; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: acciughe MarCantabrico “serie limitata” con paniscelti e burro dolce Charentes-PoitouaoP; zuppetta con frutti di mare,molluschi e crostacei; paccheri algerme di grano “Morelli” con cala-mari nostrali, pescato di amo e arsel-le; peposo di polpo “all’elbana”;soufflé di cioccolato fondente all’olioevo con gelato al croccantino di semidi sesamo.

I vini in tavola: Vermentino Bolghe-ri grattamacco 2012 (Collemassari,Bolgheri); rosé sangiovese e Cana-iolo Val delle Corti 2013 (Val delleCorti, radda in Chianti).

Commenti: riunione conviviale ca-ratterizzata dal pesce e dall’olio.l’amico Consultore donato Creti ha il-

lustrato gli abbinamenti tra olio epiatti serviti. erano a disposizione deicommensali cinque varietà di olio dialta qualità, provenienti da toscana,Puglia, Campania, abruzzo e trenti-no. è stata mossa una critica sull’abbi-namento inopportuno del burro cheaccompagnava le eccellenti acciughesott’olio. ottima la zuppetta di fruttidi mare e i paccheri cotti al dente. in-teressante la trasposizione culinariadi un piatto tipico toscano, il “peposoall’imprunetina”, nel peposo di polpo“all’elbana” da cui spiccava il profu-mo di una miscela di erbe aromaticheraccolte sull’isola d’elba, con l’elicrisocome componente caratterizzante.originale e delizioso il dolce.

GARFAGNANA-VAL DI SERCHIO

4 febbraio 2015

Ristorante “Eliseo” di Franco Simonini.�Via Cavour 28, Gallicano (Lucca);0583/74031, fax 0583/730024; co-perti 50. �Parcheggio incustodito, suffi-ciente; ferie mai; giorno di chiusura mar-tedì. �Valutazione 8; prezzo fino a 35 €.

Le vivande servite: “manafregoli”;crostini di polenta; bruschetta; tor-telloni allo scorzone; zuppa di verdu-ra e fagioli; triangoli di spinaci conporro e salsiccia; bocconcini al pepeverde; sformato; filetto di trota frittaalle erbette; insalatina mista; dolcedella casa “il francescano”. grappaCandolini.

I vini in tavola: Chianti dei Colli se-nesi (fattoria fornacelle); syrah igttoscana (tenuta Mordini, albiano,Barga); Pignoletto dei Colli Bolognesi.

Commenti: i piatti proposti da eli-seo interpretano la cucina del terri-torio “letto” e “pensato”. i “manafre-goli”, sconosciuti alla maggior partedei ristoratori, sono stati un piattoessenziale per il sostentamento dellapopolazione della garfagnana du-rante l’ultima guerra. Buoni i tortel-loni, sia per la giusta consistenza del-la pasta fatta a mano sia per l’origi-nale ripieno di cavolo e carne. otti-ma la zuppa con gli “erbi”; speciali,perché saporiti ma nell’insieme leg-geri, i triangoli con porri e salsiccia.equilibrato il sapore dei bocconciniche ben si abbinavano allo sformatodi spinaci. ottima anche la trota frit-ta allevata nelle acque purissime deltorrente turrite. giusto il dolce. ap-propriato l’abbinamento dei vini. Ve-loce e puntuale il servizio. Buono ilrapporto qualità-prezzo. la dottores-sa Puccinelli ha svolto una breve einteressante conversazione su “il ser-chio, via d’acqua per i legnami dellagarfagnana da Bargecchia alle flottedi a. doria e del granduca di tosca-na”. gradito ospite il Coordinatoreterritoriale franco Milli.

LIVORNO30 gennaio 2015

Ristorante “L’Ancora” di Ennio Retti eFrancesco Cazzorla.�Scali delle Anco-re 10, Livorno; 0586/881401; [email protected],www.ri-storanteancora.com; coperti 100+50(all’aperto in estate). �Parcheggio vi-cino; ferie mai; giorno di chiusuramartedì (solo d’inverno). �Valutazio-ne 7,87; prezzo 33 €.

Le vivande servite: crocchelle di ri-cotta e tonno, crêpe al pâté di orata;polentina al nero di seppia in salsa dimare; cozze ripiene; telline in salsadi pomodoro; zuppetta di cozze;penne agli scampi; frittura mista diparanza; grigliata di scampi, gambe-ri e totani; patate e verdure grigliate;dolce della casa (semifreddo).

I vini in tavola: Bianco ante hipys;greco della Campania 2013, (azien-da vinicola sannio, Castelvenere).

Commenti: allo scopo di offrire unoscenario storicamente adeguato allarelazione, svolta dalla ricercatrice estorica daniela stiaffini, sul tema delmenu offerto dai maggiorenti di Pisaad alessandro i dei Medici, in occa-sione del suo passaggio in città, il 28giugno 1531, il delegato sergio gri-stina ha invitato gli accademici e i lo-ro ospiti in questo ristorante nel pie-no del caratteristico quartiere della“Venezia”. la successione dei varie-

TOSCANA

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gati e saporiti antipasti di mare, tutticaldi, del primo e poi dei gustosi se-condi è stata particolarmente gradi-ta dai numerosi commensali chehanno sottolineato, fra i molti assag-gi, quelli delle cozze ripiene e dellafrittura di paranza.

LUNIGIANA31 gennaio 2015

Ristorante “Cà del Moro” di StefanoBardini, in cucina Roberta Finipelli.�Via Casa Corvi, Pontremoli (Massa-Carrara); 0187/830588; www.ca-delmororesort.it; coperti 100+120(all’aperto). �Parcheggio comodo; fe-rie gennaio; giorno di chiusura dome-nica sera e lunedì. �Valutazione 8;prezzo fino a 35 €; carte accettate Car-taSì/Visa/MasterCard, Diners.

Le vivande servite: ricca degusta-zione di salumi di produzione pro-pria (salame, mortadella nostrana,testa in cassetta, filetto, coppa) congli sgabei; verza ripiena col cotechi-no; torta d’erbi e torta di riso e cipol-le; tagliatelle di farina di castagnecon olio extravergine di oliva, noci eparmigiano; coscia d’agnello di raz-za zerasca al forno con le patate dizeri accomodate; tortino di mela ro-tella con rosmarino pastellato.

I vini in tavola: Portolano Vermenti-no Colli di luni doc 2013; logaiolorosso Colli di luni doc 2013 (entram-bi rossana ruffini, tirolo di Bolano).

Commenti: il ristorante ha premiatola scelta e superato tutte le aspettative.i gestori, stefano Bardini e sua moglieroberta, hanno saputo accogliere ungruppo molto numeroso, in modo con-fortevole, nel primo piano del ristoran-te; anche la cucina ha dato il meglio eproposto un ottimo menu, con piattistoricamente in uso a Pontremoli perla festa del Patrono san geminiano,preparati con cura e professionalità,utilizzando per la maggior parte pro-dotti della propria azienda agricola. icommensali hanno apprezzato la bra-vura in cucina della signora robertacon una votazione molto alta. ilprimo e il dolce hanno su-scitato vero entusiasmo:semplici piatti della tradi-zione contadina che lacuoca ha saputo trasfor-mare in chicche di alta ga-stronomia. Perfetto l’abbi-namento dei vini; di grandesuggestione e fascino l’ambiente;servizio impeccabile; molto buono ilrapporto qualità-prezzo. Meritati ap-plausi agli osti quale ringraziamen-to per la bellissima serata.

MAREMMA-GROSSETO29 gennaio 2015

Ristorante “Oste Scuro” di Ezio EnricoFormica. �Via Malenchini 38, Bracca-gni (Grosseto); 0564/324068; co-perti 16. �Parcheggio incustodito; fe-rie variabili; giorno di chiusura lunedìe martedì. �Valutazione 6,9; prezzo35 €.

Le vivande servite: prosciutto esott’oli; sopressata di cinghiale confarro al vapore; pan di lepre; acciu-ghe sotto pesto; pappardelle al ragùbianco di cinta; peposo di maremma-na; crostata di marmellata di ciliegiedell’amiata.

I vini in tavola: sassabruna Monte-regio di Massa Marittima docg (roc-ca di Montemassi).

Commenti: la riunione conviviale,organizzata dal simposiarca ales-sandro Bracciali, si è svolta in un lo-cale accogliente, caratterizzato daun arredamento minimale realizzatocon gusto e innovazione. i gestori idaed ezio, provenienti rispettivamenteda lombardia e Piemonte, con allespalle cultura e attività lavorativeestranee alla ristorazione, per purapassione hanno iniziato, nel 2003,questa avventura, ponendo partico-lare cura alla ricerca delle materieprime di qualità e di provenienzaesclusiva dal territorio regionale fa-cente parte della tradizione toscana.nel locale è presente una cantina conampia scelta di vini e distillati. il me-nu della serata ha avuto consensi daparte dei commensali che hanno ap-prezzato particolarmente gli antipa-sti e le pappardelle al ragù bianco dicinta. Purtroppo, ancora una volta, èstata scarsa la partecipazione degliaccademici.

MAREMMA-PRESIDI16 gennaio 2015

Ristorante “Trattoria Amica” di Anto-nello e Ivano Pifferi. �Località BorgoMarsiliana, Manciano (Grosseto);0564/606400; coperti 70+30

(all’aperto). �Parcheggio comodo;ferie mai; giorno di chiusura lune-

dì sera. �Valutazione 8,5; prezzofino a 35 €; carte accettate nes-suna.

Le vivande servite: tortellini aifunghi porcini; tortelli ricotta e

spinaci al ragù di carne; gnocchettidi patate al sugo di lepre; grigliata

mista; fesette a scottiglia;patate arrosto; torta dimele fatta in casa.

I vini in tavola: rosso la Murciaia(Massimiliano rossi, sovana).

Commenti: Chi sa mangiare con labocca e non con gli occhi apprezzeràsicuramente questo locale, dove cer-to non risaltano né l’apparecchiaturané il mobilio, ma dove i gestori, conla loro dignità, fanno gustare ottimipiatti di cacciagione e pietanze tipi-che della cucina casareccia marem-mana dei giorni di festa. il prezzo èveramente conveniente. l’ambiente èquello da dispensa di campagna conil bar e la mescita del vino.

MONTECATINI TERME-VALDINIEVOLE30 gennaio 2015

Ristorante “Sciatò” di al Massimo srl,in cucina Massimo Neri. �Via Garibal-di 49-55, Serravalle Pistoiese (Pisto-ia); 0573/51301; [email protected],www.sciato.it; coperti 40+40 (al-l’aperto). �Parcheggio comodo; feriegennaio; giorno di chiusura lunedì emartedì. �Valutazione 7,8; prezzo da36 a 45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: spuma di cavol-fiore; lingua rosolata e capperi fritti;tortello e fegato affumicato d’anatra;maialino croccante, castagne e scalo-gni; millefoglie di lenticchie e cioc-colato; bonbon.

I vini in tavola: tocai friulano (for-chir); Bolgheri rosso Volpolo (Pode-re sapaio); recioto della Valpolicella(antolini).

Commenti: C’è da esser grati al sim-posiarca guido Betti per aver propo-sto questo rinnovato locale. il menu,per cui è valsa la pena affrontare ilclima avverso, è stato un’esperienzainconsueta nel panorama della risto-razione locale: i piatti proponevanoingredienti ben noti (lingua, maiali-no, lenticchie) ma in combinazioniinnovative, proposte con lodevolecura e abilità. Particolarmente gradi-

ti la spuma di cavolfiore e il maiali-no. unico appunto, la temperatura diservizio, che ha penalizzato specie ilprimo piatto. da segnalare, prodottidirettamente, la varietà e bontà deivari tipi di pane e gli ottimi bonbon,in elegante presentazione col caffè.eccellente la scelta dei vini. Meritatiapplausi allo chef Massimo. al termi-ne, il delegato alessandro giovanni-ni, ha tenuto un breve intervento su“il primo cuoco del mondo”, ossia iprimi passi della cultura dell’alimen-tazione: l’uso del fuoco per cuocere,il “cibo di rapina”, fino alla rivoluzio-ne neolitica di agricoltura e alleva-mento, la domesticazione di vegetalie animali nelle diverse zone delmondo.

MUGELLO13 febbraio 2015

Ristorante “Gli Artisti” dei fratelliTranchina, in cucina Nicola Tranchi-na. �Piazza Romagnoli 1, Borgo SanLorenzo (Firenze); 055/8457707,cell. 327/7366777; [email protected], www.gliartistiristoran-te.it; coperti 50+20 (all’aperto). �Par-cheggio zona pedonale; ferie 15 giornida gennaio a febbraio; giorno di chiu-sura mercoledì. �Valutazione 8; prezzofino a 35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: acqua cotta alparmigiano con crudo e tartufo disan Miniato; “tonno di vitello” conpestato di fagioli e cipolla rossa ma-rinata; risotto mantecato al parmi-giano con sorbetto al pomodoro ecristalli di basilico; tagliolino di cre-scione con battuto di coniglio inbianco, pinoli tostati e olive taggia-sche; tournedos di suino grigio conpurea di barbabietole rosse all’acetobalsamico; strudel in raviolo, cremaagli agrumi e sorbetto al Passito.

I vini in tavola: Pinot nero ritterhof2012 (tenuta Weingut); refosco dalPeduncolo rosso 2011 (Cantina fos-sa Mala); Malvasia delle lipari 2011(hauner).

Commenti: locale storico mugella-no, con nuova gestione, dal 2014,dei giovani fratelli tranchina. la cu-cina elaborata da nicola è essenzialee si adatta al gusto della vita moder-na. la cena è piaciuta per la fantasiae per le nuove tecniche, pur utiliz-zando prodotti stagionali e locali. idolci hanno ottenuto il massimo deivoti. il fratello luigi è riuscito a coin-volgere tutti con la presentazione deipiatti, dando la sensazione di vivereun momento magico. il piatto da nonperdere è il “tonno di vitello”, cotto

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sottovuoto per circa 20 ore, con con-torno di fagioli e cipolla marinata.

SIENA VALDELSA4 febbraio 2015

Ristorante “Il Molino il Moro” di Gi-gliola Papa e Sergio De Lorenzo. �Viadella Ruota 2, Colle di Val d’Elsa (Sie-na); 0577/920862, anche fax; co-perti 150. �Parcheggio incustodito,sufficiente; ferie mai; giorno di chiusu-ra lunedì e martedì a pranzo. �Valu-tazione 7,37; prezzo 35 €.

Le vivande servite: aperitivo conscaglie di parmigiano e uva, mandor-le salate, cartoccio con verdure fritte;fantasia di antipasti con paté di fagia-no con puntarelle; sformato di par-migiano con fonduta al tartufo; fa-gottino di radicchio rosso e scamorzaaffumicata; ravioli farciti con ricottabiologica e arancia in salsa di anatra;tagliolini con cuori di carciofi morellie lardo di Colonnata croccante; fa-raona farcita agli aromi con le olivenere; bietola saltata e soufflé di pata-te; variazioni di dessert al mandarinocon bavarese; millefoglie e sorbetto.

I vini in tavola: franciacorta fratus;Chardonnay a divinis 2014; Chianticlassico 2012 (entrambi Poggio re-gini).

Commenti: Partecipata riunione con-viviale organizzata in un locale chegarantisce sempre un alto livello di ri-storazione. alla serata erano stati invi-tati il Comandante Provinciale dell’ar-ma dei Carabinieri franco Bartolini, ildelegato della Valdelsa fiorentinaalessandro signorini e il Coordinatoreterritoriale toscana est roberto do-retti, che ha simpaticamente intratte-nuto gli accademici rivelando curiosianeddoti relativi alla sua quasi qua-rantennale appartenenza all’accade-mia. il delegato ha ringraziato il co-lonnello Bartolini per il meritorio im-pegno della Benemerita nel garantireil controllo sia del territorio sia, in par-ticolare, a mezzo del n.a.s., della si-curezza alimentare. nel menu, predi-sposto con la consueta maestria dallochef gigliola Papa, hanno primeggia-to la delicata fantasia di antipasti e leoriginali variazioni al mandarino deldessert. Puntuale e affabile il servizio,guidato dal maître sergio de lorenzo.serata veramente ben riuscita.

VALDARNO ARETINO27 gennaio 2015

Ristorante “Osteria di Rendola” diFranca Cilibrizi, in cucina Luca Bor-ghini. �Via di Rendola 22/24, Monte-varchi (Arezzo); 055/9707713; co-perti 40. �Parcheggio comodo; feriemai; giorno di chiusura mai. �Valuta-zione 7,3; prezzo fino a 35 €; carte ac-cettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: zuppa di fagio-lini zolfini e grigio del Casentino;polentina di mais con broccoli e la-melle di porcini; tagliatelle fatte incasa al ragù di battitura (salsiccia,coniglio, maiale e vitello); raviolo digrano duro con ripieno di ricotta epatate con ragù di carciofi; stracottodi vitellone con patate alla ghiotta ecipolle stufate; fantasia di cantucci.

I vini in tavola: rosso 2014; rosso diMontalcino 2012 (entrambi fattoi);Vinsanto (rendola).

Commenti: l’“osteria di rendola” èuno dei ristoranti più conosciuti e hauna lunga tradizione affermata neltempo. da diversi anni è gestito dafranca Cilibrizi, che ha proposto unacena del territorio curata dallo chefluca Borghini. i piatti sono stati tuttigraditi dagli accademici, in partico-lar modo il sugo di “battitura” e lostracotto. al termine della bella sera-ta, sulla quale l’emittente televisivaregionale tV1 ha realizzato un servi-zio giornalistico, il delegato robertoVasarri ha consegnato il guidoncinodell’accademia allo chef.

VALDARNO FIORENTINO20 febbraio 2015

Ristorante “Il Mulino di Ferraia” diElizabeth Willmott e Marco Ceri, incucina Elizabeth Willmott. �Via Fer-raia 51A, Vaggio, Reggello (Firenze);055/8656913, anche fax; [email protected], www.ilmulino-diferraia.com; coperti 32. �Parcheg-gio privato del ristorante; ferie mai;giorno di chiusura da lunedì a giovedì.�Valutazione 8,3; prezzo fino a 35 €;carte accettate American Express, Car-taSì/Visa/MasterCard, Diners.

Le vivande servite: sbriciolona(premio dino Villani 2014), pecori-no toscano e taleggio della Marem-ma; cotechino con lenticchie allenoci aromatizzate con aceto balsa-mico; polenta sul tombolo con sugodi porri, zucca, salsiccia e pinoli;spezzatino di scamerita e cavolo ne-ro con patate arrosto del Pratoma-gno; pavlova.

I vini in tavola: Chianti 2012 (inalbi).

Commenti: Cena accattivante nellascelta del simposiarca giulietta Ma-nuelli, servita in un locale unico: unosplendido arredo d’epoca in un muli-no cinquecentesco. una serie di piat-ti più che gradevoli: dall’antipastoservito nella grotta, alla polenta sco-dellata sul tombolo e tagliata con ilfilo. la scamerita, morbida, profu-mata e arricchita dal deciso saporedel cavolo nero, immancabile sulletavole fiorentine. Poi le patate delPratomagno, arrosto: una “pasta” eun sapore quasi dimenticato. e per fi-nire, la splendida pavlova. Più chemeritato il piatto in ceramica offertodal delegato ruggero larco ai duegestori insigniti l’anno scorso delpremio giovanni nuvoletti.

ASCOLI PICENO6 febbraio 2015

Ristorante “Puerto Baloo” di ArmandoGovernatori, in cucina Simone Gover-natori. �Via Vespucci 30, San Bene-detto del Tronto (Ascoli Piceno);0735/593551, fax 0735/590021;coperti 300+60 (all’aperto). �Par-cheggio comodo; ferie mai; giorno dichiusura mai. �Valutazione 7,3; prez-zo da 36 a 45 €; carte accettate Carta-Sì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: antipasti crudi:ostriche, calamaretti; caldi: soglio-letta al limone, frittatina di bulli,mazzancolle al Brandy, assaggio dibrodetto; linguine con melecche ecalamari; piccolo arrosto misto del-l’adriatico con contorno di insalata;mousse all’arancia; crema di limonein crosta; caffè del marinaio.

I vini in tavola: offida Passerina(Cantina santori); Verdicchio di Ma-telica (Cantina Belisario).

Commenti: la piacevole riunioneconviviale, intitolata “ritorno alla cu-cina marinara” e organizzata metico-losamente dal simposiarca Paoloulissi, ha offerto agli accademici - chehanno dimostrato esplicitamente diaver gradito - spunti di raffinata cuci-

na, pur rispettosa della più appetitosatradizione locale di pesce. apprezzatiparticolarmente, tra gli antipasti cal-di, la frittatina di bulli (conchiglioni)e ancor più l’assaggio di brodetto, cheda solo avrebbe potuto costituire uncompleto e succulento pasto. il primopiatto è apparso superbo per l’elegan-te e gustoso sapore. il piccolo arrostomisto, poi, ha incontrato l’incondizio-nato favore degli accademici per laricchezza di specie di pesci che com-prendeva la perfetta e saporita cottu-ra. ottimi e particolarmente indovi-nati i vini scelti per accompagnare levarie portate del menu.

MACERATA7 febbraio 2015

Ristorante “Beati Paoli” di Lorepia Fio-retti, in cucina Lorepia Fioretti. �ViaLe Grazie 70, Corridonia (Macerata);0733/433235; www.ristorantebea-tipaoli.it; coperti 120+30 (all’aperto).�Parcheggio privato del ristorante, co-modo; ferie mai; giorno di chiusura lu-nedì. �Valutazione 7,3; prezzo fino a35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: pizza con farinaintegrale di grano tenero; pizza confarina 5 stagioni; pizza con farina bio-logica; pizza con farina integrale ai 5cereali; pizza al Varnelli. Birra linilia(al grano sen. Cappelli); birra ladeisi(alla mela rosa); birra lalcina (ros-sa); birra Carmenta (alla castagna).

Commenti: Questa riunione convi-viale, organizzata dal simposiarcafabio Mariani, aveva lo scopo di va-lutare vari tipi di pizza in base all’im-piego o meno del lievito madre e so-prattutto in rapporto all’uso di farinedi diversa qualità e origine. è risulta-to che le migliori erano quelle con illievito madre e con farina biologica ofarina integrale ai 5 cereali. la titola-re del ristorante ha illustrato le variepizze, mentre il mastro birraio Mau-ro Massacci ha curato gli abbina-menti con i vari tipi di birra prodottidal birrificio “le fate” di Comunan-za. è stata molto apprezzata la pizza-dolce arricchita con fettine di mele epere, arancia, mistrà Varnelli, zuc-chero di canna e un pizzico di pepe.tra le birre è stata preferita quellarossa lalcina.

MARCHE

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TOSCANA segue

PESARO-URBINO9 gennaio 2015

Ristorante “Piccolo Mondo”, in cucinaCristiano Venturi. �Via Villagrande175, Mondavio - Frazione Cavallara(Pesaro-Urbino); [email protected], www. piccolomondoonli-ne.it; coperti 200. �Parcheggio priva-to del ristorante; ferie novembre e feb-braio; giorno di chiusura lunedì emartedì. �Valutazione 6; prezzo fino a35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: salumi di produ-zione propria, pecorini stagionati ederborinati, gran riserva di grana pa-dano in scaglie in abbinamento conmarmellate e mieli artigianali, frittiin tempura, melanzane, carote e zuc-chine julienne, olive all’ascolana,creme fritte e foglioline di erbe aro-matiche; cappelletti in brodo di tac-china; bollito misto con salse freddee patate prezzemolate; arrosti mistial forno; coniglio in porchetta; pollodi razza “ancona” e piccione ripieno.

I vini in tavola: Bianchello del Me-tauro “Borgo torre”; Colli Pesaresisangiovese “la Vigna delle terrazze”(entrambi Morelli); Moscato natura-le fiori d’arancio selezione PiccoloMondo.

Commenti: folta la presenza degliaccademici, i quali hanno molto ap-prezzato gli ottimi antipasti prove-nienti dalla fattoria del ristoranteove si coltivano prodotti e si allevanoanimali esclusivamente per la pro-pria cucina. Buoni i cappelletti inbrodo. nota negativa per i secondi abase di carne: il bollito misto poveronelle pezzature. non è stata rispetta-ta in pieno la cottura al forno degliarrosti misti. lo stesso per i contorni:per esempio, le patate al forno sonostate prima bollite in acqua, poi lacottura è stata terminata al forno, ri-sultato oltremodo deludente. non èstata consegnata la vetrofania.

FOLIGNO6 febbraio 2015

Ristorante “Da Angelo/Hotel Guesia”.�Località Ponte Santa Lucia, Foligno(Perugia); 0742/311615; coperti200. �Parcheggio privato del ristoran-te, comodo; ferie mai; giorno di chiu-sura mai. �Valutazione 8; prezzo da36 a 45 €; carte accettate AmericanExpress, CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: barchette dibaccalà fritto, cucchiaio di formag-gio di fossa con purea di mele renet-te, passatina di fagiolina di spellocon guanciale croccante; fiocco dimanzo e ricotta al tartufo con cottu-ra a bassa temperatura su misticanzadi crudità; sformatino di vera converdurine su crema di reggiano e tar-tufo; creste di gallo tuttotuorlo conpetto di quaglia e cardo gobbo su vel-lutata di patate novelle rosse e tartu-fo; rollatina di coniglio farcita al tar-tufo con tortino di finocchi in panu-ra; frollina di nocciole con pere allacannella al rhum Jamaica; cioccola-tini d’autore.

I vini in tavola: Brut 106 (CantineBriziarelli); Clarignano bianco (Can-tina spacchetti); sagrantino di Mon-tefalco (Cantina Pardi); Vendemmiatardiva (Cantina la Palazzola).

Commenti: la delegazione, attornoalla splendida tavola imperiale, conun menu avente per tema il prodottoprincipe stagionale, il tartufo nero

pregiato, ha discusso insieme al pro-prietario sulle problematiche vecchiee nuove della ristorazione, avendocome riferimento la poliedrica espe-rienza di un ristoratore a 360°, chespazia dal negozio gastronomico alcatering/banqueting, dal ristorantedi classe alla gestione di menseaziendali. grande soddisfazionedegli accademici per ipiatti, con menzioneparticolare per i dueantipasti e il se-condo piatto eper lo stupendodolce che ha ri-scosso la vota-zione più alta, al-l’unanimità. notadolente la qualitànon eccezionale deltartufo, che quest’annosi sta raccogliendo inquantità, ma di qualità non ec-celsa, a causa di una stagione pococlemente. Vini umbri di qualità.Prezzo ben rispondente alla qualitàgastronomica e all’ottimo servizio.

GUBBIO28 gennaio 2015

Ristorante “Federico da Montefeltro” diAgostino Casoli, in cucina SebastianoMuolo. �Via della Repubblica 35, Gub-bio (Perugia); 0759/273949, fax0759/272341, cell. 328/0092751; [email protected]; coperti50. �Parcheggio comodo; ferie mai;giorno di chiusura mercoledì. �Valuta-zione 7,5; prezzo fino a 35 €; carte ac-cettate tutte.

Le vivande servite: vellutata di fa-ve; risotto al radicchio con rosso diMontefalco; polenta con umido; fa-raona farcita con chiodini di bosco;cavoli e patate con barbozza; crema;pera cotta con cannella.

I vini in tavola: grechetto PoggioBelvedere; anima umbra (entrambiarnaldo Caprai); Montingino.

Commenti: ambiente piacevole eaccogliente; buono il servizio e parti-colarmente apprezzati i primi piatti.

PERUGIA5 febbraio 2015

Ristorante “Vineria Stella” della fami-glia Pasticci - Piszczyk, in cucina SilviaPasticci e Nicola Passarelli. �Via deiNarcisi 47/a, Casaglia (Perugia);075/6920002; [email protected],www.stellavineria.it; coperti 50+30(all’aperto). �Parcheggio comodo; chiu-

so sempre a pranzo. �Valutazione 8;prezzo fino a 35 €; carte accettate Car-taSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: supplì di riso;crostino cavolfiore e alice; assorti-mento di affettati e formaggi di Vis-so; saccottini ripieni di maiale, polen-

ta e verdura di campagna; polpet-tine di Carnevale alla peru-

gina con purea di patatedi Colfiorito; strufoli.

I vini in tavola:Va l d o b b i a d e n eProsecco superio-re docg (Ca’ di-vo); orvieto clas-

sico doc 2013 (ilCarpino); Janus,

rosso umbria igp2011 (Marco Merli, Pe-

rugia); filari Corti, Mostoparzialmente fermentato (Carus-

sin, ferro san Marzano oliveto).

Commenti: da anni, i gestori silvia earek hanno operato la scelta di porrela massima cura e attenzione nellaselezione degli ingredienti utilizzati,nel rispetto della stagionalità. simpo-siarca della serata Maria letiziaQuattrocecere Miletti che, dopo averparlato del Carnevale in cucina, ha il-lustrato i vari piatti. Molto apprezzatigli antipasti, anche per l’ottima quali-tà degli affettati, provenienti da unpiccolo produttore di Visso. Buone lepolpettine di Carnevale, piatto tipicoperugino, realizzate con carne maci-nata di vitello e maiale, mollica di pa-ne, uova, noce moscata, pinoli e uvet-ta. dietro insistenza, i cuochi si sonocimentati nella realizzazione deglistrufoli, dolce di Carnevale della tra-dizione perugina di non facile realiz-zazione. Come prima prova il risulta-to è stato positivo, opportuna peròulteriore sperimentazione.

TERNI21 gennaio 2015

Ristorante “Lincei”, in cucina Donatel-la Nuccioni. �Via G. Galilei 9, Acqua-sparta (Terni); 338/2619086; [email protected], www.lincei-catering.it; coperti 15 - 20. �Parcheg-gio comodo; giorno di chiusura lunedì emartedì, chiuso sempre a pranzo. �Va-lutazione 8; prezzo da 36 a 45 €; carteaccettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: crostatina contrevisano tardivo; tortello di fagianosu salsa di sedano nero di trevi e sca-glie di tartufo; sella di maialino farci-ta con prugne e scalogno; patatafonduta; semifreddo alla vaniglia

UMBRIA

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con salsa al cioccolato; dolci di Car-nevale.

I vini in tavola: Bidibì, tai e sauvi-gnon (Maculan Breganze); acqua-giusta, Cabernet sauvignon, Merlot,syrah (la Badiola, Castiglione dellaPescaia); gallarey (fontanafredda).

Commenti: si inizia con una crostati-na calda con radicchio e provola: buo-na la frolla in armonia con la salsa difondo e il ripieno di amarognolo trevi-giano addolcito dal formaggio. seguo-no i tortelli: pasta tirata a mano e cot-tura al punto giusto, ottima la farcitu-ra al fagiano, gradita anche la salsache nappava il piatto, delicata, dolce enon aggressiva anche nel profumo. ilpiatto giudicato il migliore è stata lasella di maialino: cottura perfetta, cro-sticina croccante, carne sapida e soda;perfetta la farcitura e quasi unanime ilmassimo dei voti. infine, i tradizionalidolci di Carnevale: frappe e castagno-le ripiene di crema e non, morbide,calde e fragranti. Complimenti a do-natella nuccioni, che ha ben lavoratoin cucina dimostrando la sua ottimaprofessionalità nella cottura del maia-lino; complimenti anche ai simposiar-chi federico Carli e giuseppe Malveta-ni, per la cura del menu proposto e li-mato con numerosi assaggi, nonchéper la scelta e l’abbinamento dei vini.

ROMA AURELIA28 gennaio 2015

Ristorante “Il Cortile” della famigliaSalvi. �Via Alberto Mario 26, Roma;06/5803433; coperti 100. �Par-cheggio scomodo; ferie mai; giorno dichiusura domenica sera e lunedì. �Va-lutazione 7,5; prezzo 40 €.

Le vivande servite: carciofi alla ro-mana, fiori di zucca, anelli di mela,melanzane fritte, supplì e frittata dipatate; tagliatelle ai funghi porcini;gnocchi alla sorrentina; costoletta diabbacchio con carciofi; trippa allaromana; cestini di pasta frolla confragoline e crema chantilly.

I vini in tavola: frascati della casa;shiraz (Casale del giglio).

Commenti: la delegazione ha cele-brato la “cena di tesseramento” conuna riunione svoltasi in un tipico ri-storante del quartiere di MonteverdeVecchio, presentato dalla simposiar-ca raffaella lico. il menu, concorda-to dalla simposiarca con dario e si-mone salvi, rispecchia in pieno latradizione del territorio. Buoni gliantipasti fritti, caldi e croccanti, esquisiti i primi: tagliatelle ben condi-te e profumate da abbondanti funghiporcini e gnocchi di patate fatti in ca-sa. ottima la costoletta d’abbacchiodalla panatura leggera, e decisamen-te apprezzato l’assaggio di trippa allaromana con mentuccia. Come des-sert sono stati presentati dei cestinidi pasta frolla ripieni di crema chan-tilly e fragoline di bosco, che hannoconcluso una cena cordiale e graditadagli accademici intervenuti in grannumero. Buono il rapporto qualità-prezzo e attento e professionale ilservizio al quale hanno contribuitopersonalmente anche i proprietari.

ROMA EUR25 febbraio 2015

Ristorante “Acino Brillo” di Anto-nella di Capua, in cucina Mar ioFo n ta n a . �P i a z z a S a n t ’ E u ro s i a2/b2, Roma; 06/51436020; [email protected]; coperti 46+40(all’aperto). �Parcheggio scomodo; fe-rie agosto e 1°-7 gennaio; giorno dichiusura domenica. �Valutazione 7,3;prezzo da 36 a 45 €; carte accettatetutte.

Le vivande servite: croccantini dipollo al sesamo; panzanella dell’aci-no Brillo; crème caramel di cipollesu ketchup di peperoni; flan di gor-gonzola su radicchio stufato; sfogliedi maialino porchettato in crosta dipatate su salsa all’arancia; caprinoin crosta croccante di pasta fillo suchutney di pere aromatizzate al pe-pe rosa; gnocchetti radicchio e ta-

leggio; strozzapreti al ragù d’anatrae olive taggiasche; strudel di verdu-re e provola; torta sbrisolona tiepidacon mele, cioccolato e crema chan-tilly.

I vini in tavola: “448 s.l.m.” igt do-lomiti (Cantina girlan, Cornaiano);“Breza Marina” bianco igp; “Merlot”igp (entrambi Casa divina Provvi-denza, nettuno).

Commenti: Particolarmente apprez-zata la selezione di antipasti, soprat-tutto per il gusto e per l’originalitàdella confezione delle sfoglie di ma-ialino porchettato e il caprino in cro-sta croccante. Molto graditi anche iprimi piatti, in special modo glignocchetti, mentre gli strozzapreti alragù d’anatra e olive taggiasche, pe-raltro gustosissimi, per qualche pala-to sono risultati eccessivamente sapi-di (per la quantità di olive che, oltrea conferire colore al piatto, ne hannoesaltato i sapori già decisi). Menooriginale lo strudel di verdure e pro-vola, selezionato per “alleggerire” ilmenu ma penalizzato, in quanto adigeribilità, dalla presenza dei pepe-roni. ottimi il dessert e la selezionedei vini particolarmente curata che,da sola, è valsa mezzo punto in piùnella valutazione generale. Migliora-bile la qualità del servizio, in ognicaso veloce ed efficiente.

ROMA VALLE DEL TEVERE-FLAMINIA

ROMA OLGIATA SABAZIA-CASSIA

5 febbraio 2015

Ristorante “Romeo chef Bakery”, incucina Cristina Bowerman. �Via Silla26/a, Roma; 06/32110120; [email protected], www.romeo.ro-ma.it; coperti 120. �Parcheggio sco-modo; ferie variabili. �Valutazione8,5; prezzo da 36 a 45 €; carte accet-tate tutte.

Le vivande servite: prosciutto dinorcia 24 mesi igp; mortadella Bolo-gna igp Bonfatti; coppa di testa cottain juta con Morellino di scansano;pecorino piacentino ennese zaffera-no e pepe, Moliterno12 mesi, asiagod’allevo 12 mesi; risotto castelma-gno, pere e mostarda; porchetta divitella, chutney di albicocche, cipollabruciata; tiramisù; pane e pizza pro-duzione di “romeo”.

I vini in tavola: spumante metodoclassico; Poggio dei gelsi 2013; Vi-tiano 2012 (tutti falesco); Moscatod’asti (zagara Marchesi di Barolo).

Commenti: incontro conviviale gra-devole e decisamente ben riuscito trale due delegazioni. locale moderno,ambiente di design, ampio, luminosoe accogliente, con atmosfera interna-zionale. il ristorante si trova nel cuo-re di Prati, la cucina è di Cristina Bo-werman, chef di “glass hostaria” (intrastevere). tra i piatti serviti, tuttiapprezzati, particolare successo hariscosso il risotto castelmagno, peree mostarda. è noto che non sia facilemangiare un buon risotto a roma.anche il dolce, una vera novità, è ri-sultato eccezionalmente bello e buo-no. un nutrito applauso allo chef e airagazzi di sala per il servizio prontoe attento. ha arricchito la serata l’in-teressante e apprezzato interventodell’accademico ottavio Cagiano deazevedo, direttore generale di fe-dervini, che ha parlato dell’affasci-nante mondo del vino.

VITERBO21 gennaio 2015

Ristorante “Bistrot” di G.A. srl. �VialeTrieste 96, Viterbo; 0761/344018;[email protected]; coperti40+40 (all’aperto). �Parcheggio pri-vato del ristorante; ferie una settima-na in agosto; giorno di chiusura lune-dì. �Valutazione 7,4; prezzo da 36 a45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: fagioli e calama-ri; fettuccine con carciofi e guancia-le; cartoccio di pesce; tris di dolcidella pasticciera Michela.

I vini in tavola: grechetto; idea (en-trambi Cantina trappolini).

Commenti: la delegazione visitadopo alcuni anni il ristorante sitonell’immediata periferia della città.Confermate le aspettative, con la no-vità di una cucina di pesce che, oltrea essere sempre attenta alla qualità ealla corretta esecuzione, si è arric-chita di una migliore e gradita pre-

LAZIO

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UMBRIA segue

sentazione. in dettaglio, ottimo suc-cesso dell’antipasto, caratterizzatodall’uso dei rinomati prodotti dellazona di origine del gestore, gradoli,con i suoi fagioli e l’olio. gradevole egradito il primo; il cartoccio di pesceha riscosso il plauso dei convitati perla presentazione “in trasparenza”,unico addebito l’eccessiva cotturadei gamberi. Buono e ben presentatoil variato dessert. Vini all’altezza, inrelazione al favorevole prezzo. unappunto all’ambiente, piccolo e conacustica insoddisfacente. Preferibilein giardino all’aperto, in stagione.

ATRI1 febbraio 2015

Agriturismo “La collina dei fichi”, incucina Sara Pagliaroli. �Via TroianoIV, Bisenti (Teramo); 0861/995418;[email protected]; coperti 50. �Parcheggio como-do; ferie mai; giorno di chiusura lunedì.�Valutazione 7,5; prezzo fino a 35 €;carte accettate CartaSì/Visa/Master-Card.

Le vivande servite: prosciutto ta-gliato spesso; bruschette con ventri-cina; coppa; salsicce sott’olio; lonzi-no nostrano; cif e ciaf; spezzatinobianco; polenta con pancetta, salsic-cia e costata; salsicce di carne, fegatoe cotechino; broccoli formaggio esalsiccia; uccelletti di s. antonio.

I vini in tavola: Vini in caraffa del-l’azienda agricola s. lorenzo.

Commenti: il simposiarca noèd’orazio ha deciso di far ripercorre-re agli accademici la strada imperviae accidentata che si inerpica lungocolline con un panorama mozzafiato,per riassaporare la cucina semplice ecasereccia di questo agriturismo, ela-borata con prodotti di produzionepropria. dopo la relazione tenuta daldottor nicola farina sulle tradizionilegate all’uccisione del maiale e allafestività di s. antonio abate, è co-minciata la lunga serie di piatti pre-parati dalle sapienti mani di sara.notevoli il cif e ciaf e lo spezzatino inbianco dai sapori antichi. Mentre

fuori, all’improvviso, scendevanofiocchi di neve, quasi un effetto spe-ciale preparato dal simposiarca perrendere più suggestiva la giornata, èstato ancora più piacevole assapora-re la speciale polenta con pancetta,salsiccia e costata.

AVEZZANO28 gennaio 2015

Ristorante “Napoleone” di Marco Anto-nelli. �Via Tiburtina Valeria km 112,Avezzano (L’Aquila); 0863/413687,cell. 335/226090; [email protected]; coperti 500.�Parcheggio privato del ristorante; fe-rie mai; giorno di chiusura lunedì.�Valutazione 7,3; prezzo 35 €.

Le vivande servite: polenta allamarsicana con spuntature di maialee salsiccia; tagliolino al radicchiorosso del fucino; prosciutto di maia-le agli aromi; spicchi di patate dora-te; insalatina capricciosa; cheese ca-ke all’arancia.

I vini in tavola: Pecorino e Monte-pulciano d’abruzzo “noemo” (Canti-na sociale del fucino).

Commenti: una cena “delle tradi-zioni”, organizzata dal delegatofranco santellocco gargano e vissu-ta con grande sintonia dagli accade-mici e i numerosi ospiti. Brillanti lerelazioni dei professori fabio redi erosaria Pollina e gli interventi degliaccademici arianna fiasca (simpo-siarca), tina sucapane e stefanoMaggi. un trionfo di sapori e coloriper la polenta alla marsicana conspuntature e salsicce che si ricollegaa un’antica tradizione contadina.Presentata nelle tradizionali scifelle,la polenta, morbida al punto giusto efumante, trova il suo felice connubiocon le sapide carni di maiale rosatedal sugo di pomodoro su cui è cadu-ta una nevicata di pecorino. anche itagliolini al radicchio del fucino siricollegano alla tradizione, ma con

una punta innovativa: nel sapore ro-tondo del condimento si intuisce ilretrogusto amarognolo del radic-chio. Bella la presentazione del pro-sciutto di maiale agli aromi, portatoin tavola intero per essere poi porzio-nato. la cheese cake all’arancia halasciato una dolce nota al palato.

PESCARA ATERNUM17 gennaio 2015

Ristorante “Lu Pianellese”. �Via ParcoNazionale d’Abruzzo 21, Manoppello(Pescara); 085/8561335; [email protected], www.lupianellese.it; co-perti 150+100 (all’aperto). �Par-cheggio comodo; ferie mai; giorno dichiusura lunedì e martedì. �Valuta-zione 7,5; prezzo fino a 35 €; carte ac-cettate tutte.

Le vivande servite: bruschette mistee affettati; involtini di cotenna converdurine; cervellata; polentina conritagli di maiale; rigatoni al ragù dimaiale; grigliata mista; misticanza diverdurine selvatiche; “pizza doce”;“li cillucce di sant’andonie”.

I vini in tavola: albarosa rosato(Cantina i fauri, Chieti); Campo sa-cro (Cantina roxan, rosciano).

Commenti: sotto l’attenta regia delsimposiarca gianfranco falcone èstata ripercorsa l’antica tradizionecontadina de “lu sant’andonie” che,tra sacro e profano, ancor oggi asso-cia i festeggiamenti in onore del san-to all’annuale sacrificio del maiale.l’argomento è stato storicamente in-trodotto dal direttore del Centro stu-di territoriale gianni di giacomo,cui sono seguiti gli interventi di ni-cola genobile, custode dell’anticatradizione della norcineria abruzze-se, e del postulante Carlo d’intino,esperto di igiene alimentare della lo-cale asl. graditi ospiti sono stati s.e. il Prefetto di Pescara dottor Vin-cenzo d’antuono e il sindaco di Ma-noppello gennaro Materazzo, non-ché alcuni attori e musici che hannorappresentato la vita del santo. Par-ticolarmente apprezzati gli insaccati,tra i quali spiccava un’ottima coppadi testa, e la preparazione alla brace,che ha messo in risalto la qualità del-le carni e la perizia usata nella cottu-ra. i tempi del servizio sono da mi-gliorare.

SULMONA22 febbraio 2015

Ristorante “Torchio” di Maria Grazia eMilena Ciccolella, in cucina Milena Cicco-

lella. �Piazza Rosario Zannelli 14, Petto-rano sul Gizio (L’Aquila); 0864/48541,anche fax, cell. 339/4045448; coperti 70.�Parcheggio comodo; ferie mai; giorno dichiusura martedì. �Valutazione 7; prezzofino a 35 €; carte accettate CartaSì/Vi-sa/MasterCard.

Le vivande servite: crustole; mu-gnoli cacio e uovo; polenta zafferanoe baccalà; polenta rognosa; pizza disan Martino; frutta.

I vini in tavola: Cerasuolo d’abruz-zo, impeto (Cantina speranza).

Commenti: Visita guidata, grazie arosa giammarco, al Parco archeolo-gico industriale, al meraviglioso bor-go medievale di Pettorano su gizio, eal castello Cantelmo, datato 1310.graditi ospiti, gli accademici di avez-zano con il dinamico delegato francosantellocco gargano. Pranzo organiz-zato dal delegato gianni d’amarioche ha curato nei minimi particolari ilbuon andamento della giornata. Mol-to gustose le due versioni di polenta,sia con il baccalà e zafferano sia ro-gnosa (in bianco con macinato di ma-iale), quest’ultima famosa essendoPettorano la patria dei carbonari chela usavano come pasto principale. in-fine, il bravo polentaio Michele, traun caffè e un amaro, ha intrattenutogli accademici con la sua chitarra esonetti dialettali, ottenendo un dop-pio applauso: per la polentata e per lesue doti canore.

NAPOLI21 gennaio 2015

Trattoria “Antica Capri” di RosarioCoppa. �Via Speranzella 110, Napoli;081/0383486; coperti 30. �Par-cheggio custodito; ferie dal 5 al 20agosto; giorno di chiusura giovedì edomenica sera. �Valutazione 8; prez-zo 25 €.

Le vivande servite: antipasti di terra;antipasti di mare; fritturine; bruschet-te; mozzarelle; “zomparielli”; rotolocon provola, salsiccia e “friarielli”; frit-tura di paranza; marinato di pescespada e salmone; pizza cafona.

ABRUZZO

CAMPANIA

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I vini in tavola: Primitivo di Mandu-ria novello.

Commenti: rosario, il proprietario,ed enzo, suo figlio, ottimo pizzaiolo,sono diventati “famosi” per un piattomolto particolare, di loro invenzione.Portano ad ogni tavolo un tegame dicoccio ricoperto da una pasta di piz-za, che viene tagliata a spicchi e ada-giata sul fondo del piatto, su cui met-tono il ripieno, composto da una stra-ordinaria pasta e fagioli, con cozze,vongole, lupini etc. una vera squisi-tezza! anche i molteplici antipasti diterra e di mare sono stati apprezzati.non così un “novello” portato in fia-schetta a tavola. Convivio molto par-ticolare e gradito. emozionante il mo-mento della commemorazione dellacara isa Contaldi iodice, da parte deldelegato e di Myriam fonti Cimino.

ALTAMURA11 febbraio 2015

Ristorante “Osteria Tre Torri” di Mi-chele Di Palma e Michele Dambrosio.�Via Ostuni 44, Altamura (Bari);080/3144024; coperti 70. �Par-cheggio ampio non custodito; ferie se-conda metà di luglio; giorno di chiusu-ra martedì e la sera dei festivi. �Valu-tazione 8,5; prezzo 35 €.

Le vivande servite: insalata di sep-pia con cipolla di tropea e semi disoia; carpaccio di tonno con sale vul-canico di Cipro; baccalà fritto su cre-ma di ceci; alici marinate; crostini alsalmone; tortino di polpo, patate erape; carpaccio di polpo con grani dipepe rosa e chips di patate viola;cozze gratinate; tagliolini con cremadi zucca e scampi; spaghetti alla bot-targa di tonno; frittura mista; merin-ghette mandorlate; cannoli alla ri-cotta e tiramisù.

I vini in tavola: rosato Basilicata igt“le rolle” 2013 (alovini).

Commenti: Piacevolmente colpitidalla premurosa ma discreta acco-glienza, gli accademici hanno apprez-zato le preparazioni proposte, moltovarie, rispettose delle tradizioni delterritorio. gli ottimi prodotti di maresono stati presentati in maniera im-peccabile, sobria ed essenziale, pergarantirne il rispetto dei sapori. equi-librato l’abbinamento del vino, prove-niente da una cantina fornita di nu-merose etichette, soprattutto regiona-li. Molto graditi anche i dolci, rigoro-samente fatti a mano. ambiente so-brio e raffinato, servizio efficiente.

BARI4 febbraio 2015

Ristorante “Gran Caffè Saicaf ” diSossio D’Alonzo, in cucina Marco Vi-tucci. �Corso Cavour 121, Bar i;080/5210667; coperti 140. �Par-cheggio scomodo; ferie mai; giorno dichiusura mai. �Valutazione 7,5; prez-zo 35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: tartare di galli-nella con mandorle croccanti e tur-bante di cicorielle con pane di alta-mura su letto di fave; cavatelli di fa-rina di ceci con cardoncelli, pomodo-ro datterino rosso e pecorino di fos-sa; filetto di branzino gratinato conmazzancolle pepe e sale; tagliata discottona con verdure dell’orto; guaz-zetto di stagione con sfera ghiacciataalla menta bianca con croccante al-l’arancia.

I vini in tavola: Vini della Cantinaalberto longo.

Commenti: la riunione conviviale èstata preceduta dalla presentazionedel libro La cucina italiana. Tradizio-

ne ed evoluzione (adda editore),scritto dallo chef renato Morisco conla prefazione dell’accademico Vitto-rio Marzi. ne hanno parlato gli stessiautori insieme al delegato Vincenzorizzi e la conversazione, seguita conmolto interesse, ha messo in luce idiversi aspetti dell’opera: dalla storiadella gastronomia e dalle più recenticonsuetudini culinarie, fino al rap-porto cibo-salute e alle preziose indi-cazioni di Morisco sulle diverse tipo-logie di cottura degli alimenti. am-piamente apprezzata anche la cena,le cui portate hanno saputo spaziarecon equilibrio tra la terra e il mare,la tradizione e l’innovazione.

LECCE5 gennaio 2015

Ristorante “Masseria Melcarne” diFrancesco Leo, in cucina Rosanna Eliae Matteo Taurino. �Strada ProvincialeTorre Rinalda 5 km Surbo, Surbo(Lecce); 368/958324; [email protected], www.masseriamelcar-ne.it; coperti 120. �Parcheggio como-do; ferie variabili; giorno di chiusuralunedì, martedì, mercoledì e a pranzodal giovedì al sabato (in inverno).�Valutazione 7,8; prezzo fino a 35 €;carte accettate American Express, Car-taSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: fagottino converdure selvatiche; vellutata di zuccacon porcini e pancetta croccante;grano stampato della masseria; pas-satina di ceci con baccalà e tria ritor-ta; maccheroncini di grano con cico-rielle su purè di fave e crumble di oli-ve “celline”; tagliata di manzo consenape rustica e cime di rape; car-paccio di frutta; dolcezze di natale.

I vini in tavola: donna lisetta, rosè;salice salentino doc riserva, rosso;fives roses igt, rosato; Pierale, Mo-

scato dolce (tutti della Cantina leo-ne de Castris).

Commenti: interessante serata acca-demica, immersa in un bosco incan-tato a pochi chilometri da lecce. ec-cellenti gli antipasti e i primi. altaprofessionalità nell’accoglienza enella premura del servizio. i prodottiofferti sono stagionali e selezionaticon grande cura, nel rispetto delleantiche ricette di famiglia. l’accade-mica lucia lazari Congedo ha intrat-tenuto gli ospiti con una relazionesulla storia e sulle origini dei presepisalentini.

CATANZARO23 gennaio 2015

Ristorante “Locanda Cucullera” di Raf-faele Rania, in cucina Raffaele Rania.�Contrada Cucullera Nobile 29, Catan-zaro; 0961/799008; [email protected], www.locandacucullera.it; coper-ti 50. �Parcheggio privato del ristoran-te; ferie dal 1° al 30 settembre; giorno dichiusura domenica sera. �Valutazione8; prezzo fino a 35 €; carte accettateCartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: tagliata di salu-mi; formaggi calabresi accompagnatida marmellata di agrumi; crespelle efrittelle di ortaggi; scilatelle con po-modoro e basilico; tortino di carciofie patate; spiedo di carni miste roso-late al camino; crostata di amarene;frutta mista.

I vini in tavola: asylia (Cantina li-brandi).

Commenti: nella quiete della cam-pagna, la locanda ha accolto gli ac-cademici nel frantoio dell’antica casafortezza “Villa Magnolia”, dal nomedel secolare albero di ficus magnoliache domina sulle altre rigogliosepiante del giardino. l’aperitivo è sta-to servito davanti al grande caminoche domina la sala. la cucina rispet-ta ritmo e armonia delle stagioni,privilegiando prodotti freschi prove-nienti dall’azienda agricola che cir-conda la villa. lo chef raffaele ra-nia, insieme alla simposiarca ema-

CALABRIA

PUGLIA

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CAMPANIA segue

nuela defrancesco, ha proposto unmenu a km 0. lo spiedo di carni mi-ste cotte al camino della sala e il tor-tino di carciofi hanno avuto unanimeapprovazione; ottimo l’abbinamentodel vino.

CATANZARO22 febbraio 2015

Ristorante “San Domenico” di Cateri-na Colosimo. �Contrada San Domeni-co, Sorbo San Basile (Catanzaro);0961/922025; coperti 60. �Par-cheggio privato del ristorante; feriemai; giorno di chiusura mai. �Valuta-zione 8,5; prezzo da 36 a 45 €; carteaccettate tutte.

Le vivande servite: salumi silani,polpettine di maiale; “suzzu”; scila-telle al sugo con costine; “frisulimiti”nella pitta; caddara; logna salsicciacon rape; fegato avvolto nel velo; in-voltino di coretto con verza; sangui-naccio.

I vini in tavola: Cirò rosso (Cantinalibrandi).

Commenti: la riunione convivialededicata al maiale si è svolta in unclima di grande allegria e ha visto lapresenza numerosa di accademici.al simposiarca, alessandro tallarico,è andato un caloroso ringraziamentoper la scelta del ristorante che si tro-va sull’altopiano silano, circondatoda boschi, e per la scelta del menuche ha rispecchiato l’antica tradizio-ne silana. la colazione è stata servitain una sala davanti ad un caminettoscoppiettante e la preparazione dellepietanze è stata eccellente: partico-larmente apprezzata la caddara.

CALTAGIRONE24 gennaio 2015

Ristorante “Il casale delle rose” di Te-resa Viola Lirosi. �Via Croce del Vica-r io 81, Caltagirone (Catania);0933/25064, anche fax; coperti110. �Parcheggio privato del ristoran-te; ferie mai; giorno di chiusura mai.�Valutazione 7,2; prezzo fino a 35 €;

carte accettate CartaSì/Visa/Master-Card.

Le vivande servite: fagottini di ca-volfiore bio; arancino al profumo difinocchietto; ricotta ovina; carpacciodi carciofi; bruschetta con lardo; pa-tacò di cicerchia; maccheroncini alsugo contadino; porchetta di maiali-no del luogo; polpettine in foglie dilimone; frutta di stagione; cassatelledi ricotta; cubbaita.

I vini in tavola: Vini della casa; ne-rello Cappuccio; syrah.

Commenti: la delegazione si è recatapresso un agriturismo della zona incui vengono utilizzati, per predisporrei piatti, prodotti bio coltivati diretta-mente dall’azienda che gestisce il lo-cale. la simposiarca della serata, an-gela renda, prendendo spunto da ciò,ha intrattenuto i convenuti con unaserie di notizie riguardanti le tradizio-ni culinarie e i prodotti del territorio.ha, inoltre, curato l’addobbo dei tavo-li con simboli della cultura contadinae una serie di indovinelli in dialetto le-gati al passato. Complessivamente di-screta la qualità delle pietanze.

PALERMO MONDELLO12 febbraio 2015

Ristorante “Osteria Lo Bianco” di Miche-le Biondo e Giulio Messina. �Via Belgio43, Palermo; 091/585816, cell.329/9036051; [email protected]; coperti 85. �Parcheggio sco-modo; ferie mai; giorno di chiusuramai. �Valutazione 7,6; prezzo fino a35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: caponata, pa-nelle e crocché di latte, insalata di“musso”, involtini di melanzane; pa-sta con “anciova”; pasta alla “glassa”;frittella di fave con o senza pasta; in-voltini di carne; salsiccia ai ferri o alsugo; trippa al sugo; polpette di sar-de; “giri” bolliti, patate al forno oglassate; cassata al forno, cannolo“scafazzato”; macedonia di frutta.

I vini in tavola: Bianco e rosso dellacasa.

Commenti: l’“osteria” è la terzaapertura del brand in cui i due giova-ni proprietari, giulio Messina e Mi-chele Biondo, hanno trasformatouna storica trattoria dove con pocaspesa si potevano gustare i tradizio-nali piatti della cucina palermitana.la felice intuizione dei titolari è stataquella di mantenere questa tradizio-ne. Per la serata, coincidente con ilgiovedì grasso, il delegato Beppe

Barresi e gianfranco Cupido hannoricostruito l’atmosfera di un tempo,con lunghi tavoli comunitari e intrat-tenimento musicale di tradizione.serata riuscitissima, con bella atmo-sfera e ben 84 tra accademici e ospi-ti, tra i quali il direttore del Centrostudi sicilia occidentale BeniaminoMacaluso. in quanto alla cucina, solola recente apertura giustifica talunepecche, risolte le quali, l’osteria loBianco potrà essere consigliata.

SIRACUSA30 gennaio 2015

Ristorante “MìVà” di Riccardo Pelle-grino. �Via Maielli 4, Siracusa;0931/462326, cell. 346/0381736;[email protected]; coperti 50.�Parcheggio vicino; ferie una settima-na a febbraio; giorno di chiusura lune-dì. �Valutazione 8,15; prezzo 35 €.

Le vivande servite: carpaccio di fas-sona con crema di formaggio capri-no; raviolo fumé alla norma; filettodi fassona con crema di patata di si-racusa e carciofo croccante; tortinodi cioccolato e farina di carrube dalcuore caldo con gelato di crema.

I vini in tavola: “lamuri” doc sicilia2012 (tasca d’almerita); “Moscatodella torre” doc sicilia 2013 (Canti-na Marabino, noto).

Commenti: il delegato angelo tam-burini ha consegnato all’accademicaCatia scialabba il dvd realizzato inoccasione del Progetto “tra libri efornelli”, cui la stessa ha dato il pro-prio apporto professionale relazio-nando su aspetti di educazione ali-mentare. a seguire, il delegato haconsegnato il premio all’accademicodell’anno 2014: il Consultore rosaliasorce. l’intervento culturale è stato

curato dallo stesso delegato che harelazionato su “la prossemica al ri-storante”. a seguire, è stata propostain tavola, in maniera impeccabile, lasequenza delle pietanze, ben confe-zionate e presentate, in un connubiotra materia prima piemontese e vinisiciliani. la consegna del guidoncinoaccademico da parte del delegato al-lo chef edoardo tubolino e al pro-prietario riccardo Pellegrino è statasottolineata da un sentito applauso.

CAGLIARI CASTELLO11 febbraio 2015

Ristorante “Corte Cristina”, in cucinaMarcello Putzu. �Vico IV Nazionale,Quartucciu (Cagliari); 070/8607801,cell. 333/8593818; [email protected], www.cortecristina.com; co-perti 100+100 (all’aperto). �Parcheg-gio scomodo; ferie mai; chiuso semprea pranzo. �Valutazione 7,7; prezzo da36 a 45 €; carte accettate CartaSì/Vi-sa/MasterCard, Diners.

Le vivande servite: lonza affumica-ta su julienne di radicchio e tortinodi verdure; fagottini di crespelle aifunghi; misto di maiale e cinghialedel gennargentu al ginepro con po-lenta; bonbon al cioccolato.

I vini in tavola: santesu (Cantinadolianova).

SARDEGNA

SICILIA

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Commenti: riunione conviviale al-l’insegna del gusto e della tradizionequella organizzata dai simposiarchigiorgio Marracini e Vincenzo Mecca-riello. la cena è stata piacevole eperfettamente in linea con le indica-zioni dell’accademia circa l’equili-brio delle pietanze e l’armonia dei ci-bi. Molto curata la mise en place.Buone le crespelle ai funghi, benamalgamate; ricco di sapori il mistodi maiale e cinghiale; ottimo il dolceal cioccolato, servito caldo alla giu-sta temperatura. la serata, conclusacon la piena soddisfazione degli ac-cademici e dei gentili ospiti, ha avutoancora una volta quali ingredientiprincipali l’affiatamento e l’amicizia.

GALLURA25 gennaio 2015

Ristorante “Villa del lago Coghinas” diCarlo Massini, in cucina Caterina Fo-gu. �Località Mandras-Oschiri, Oschi-ri (Olbia-Tempio); 338/7145131;[email protected], www.agrituri-smovilladellagocoghinas.it; coperti300. �Parcheggio comodo; ferie mai;giorno di chiusura mai. �Valutazione7; prezzo fino a 35 €; carte accettateCartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: sas panadas deoschiri; sa mazza frissa; sas alisan-zas cun bagna de polcrabu; su pane afitas; su polcrabu agritu e dulche; satumbada.

I vini in tavola: nieddu de domo (t.fogu, oschiri); Moscato di sardegnadoc (la Cantina delle vigne di PieroMancini, olbia).

Commenti: Pranzo conviviale in agri-turismo, sulle rive del lago Coghinas.il delegato luigi Collu ha rivolto paro-le di benvenuto al sindaco di oschiri,dottor Pietro sircana, accompagnatodal dottor roberto Carta, che ha illu-strato la ricetta della panada così co-

me deliberata dalla giunta del Comu-ne oschirese, con la collaborazionedella delegazione. Presente l’accade-mica onoraria francesca Barracciu,sottosegretaria al Ministero della Cul-tura, che ha sottolineato l’importanzadel ruolo dell’accademia nella valoriz-zazione delle tradizioni culturali eno-gastronomiche del territorio gallure-se. Molto apprezzate le panade oschi-resi, sa mazza frissa e il dolce sa tum-bada. attento e cortese il servizio. do-po pranzo, interessante visita del sitoarcheologico di s. stefano.

FRANCIA

PARIGI11 febbraio 2015

Ristorante “Fame da Lupo” di Giovan-ni Perrone, in cucina Andrea Benassi.�122, Avenue de Villiers, Parigi;0143/801010; [email protected]; coperti 50. �Parcheggioprivato del ristorante; ferie agosto;giorno di chiusura sabato a pranzo edomenica. �Valutazione 7,6; prezzoda 46 a 65 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: antipasto all’ita-liana, prosciutto di Parma e burrati-na; ravioli di spinaci alla crema disalvia; merluzzo all’arancia e porri;carpaccio di ananas; gelato al ma-scarpone, salsina di arancia.

I vini in tavola: Prosecco; Barberad’asti; orvieto classico.

Commenti: serata vivace, animatadai giovani candidati all’accademia.la simposiarca Marlene Benarroumha brillantemente presentato il risto-rante e la sua cucina di ispirazionepugliese. Molto gradito il goloso an-tipasto realizzato con ottimi prodot-ti; i ravioli un po’ troppo cotti e nonspecificamente profumati alla salvia;eccellente il merluzzo, fresco e car-noso, gradevolmente accostato al-l’arancia e ai porri stufati. felice con-clusione il carpaccio di ananas, lievee profumato. durante la serata, ladelegata ha presentato il program-ma per il trimestre a venire e distri-buito un referendum sulle propostedegli accademici della delegazione.le risposte sono state varie e costrut-tive: soprattutto, è emerso un vivointeresse per un’accurata presenta-zione delle specialità dei menu pro-posti durante le riunioni conviviali,le particolarità delle regioni di origi-ne, le tradizioni.

GERMANIA

MONACO DI BAVIERA22 gennaio 2015

Ristorante “Il Carretto” di Giuseppe Pa-padia e Massimo Fiore. �Zugspitzstrasse46, Vaterstetten (Monaco di Baviera);08106/34785, fax 08106/34786;coperti 70. �Parcheggio incustodito,sufficiente; ferie 15 giorni in agosto e 15giorni a Natale; giorno di chiusura sa-bato a pranzo e domenica. �Valutazione7,9; prezzo 67 €.

Le vivande servite: aperitivo constuzzichini; scampo “porchettato”con insalatina di campo; pizza e fo-jie; raviolo alla carbonara; filetto diorata in brodetto orientale con zaffe-rano; bocconotto al cacao con fruttidi bosco. Birra delle saline di Cervia.

I vini in tavola: riseis, Pecorino; ei-kos, Montepulciano d’abruzzo (en-trambi Cantina agriverde); Vino cotto(azienda Vinicola guido strappelli).

Commenti: eccellente prima riunio-ne conviviale dell’anno accademico.lo chef Massimo fiore, di originiabruzzesi, e il contitolare giuseppePapadia hanno confezionato, unita-mente al simposiarca Pietro fox, unmenu all’insegna dell’innovazione e,soprattutto, della creatività, semprenel rispetto delle tradizioni della cu-cina abruzzese. i piatti tipici, come lapizza e fojie e il bocconotto, unita-mente a quelli innovativi e “speri-mentali” appositamente ideati per laserata, come lo scampo “porchetta-

to” e il raviolo alla carbonara, sonostati particolarmente apprezzati dal-la maggior parte dei commensali;non è mancato lo zafferano del’aquila nel gustoso filetto di orata.oltre agli eccellenti vini abruzzesi,con la pizza e fojie è stata servitaun’ottima birra artigianale delle sali-ne di Cervia. servizio gentile e pre-muroso, seguito personalmente dagiuseppe. il delegato Bernardo zan-ghi ha chiuso la serata con un caldoringraziamento ai titolari, alla briga-ta di cucina e di sala.

MALTA

MALTA28 gennaio 2015

Ristorante “Il Pirata” di Claudio e Al-fredo Spiteri Debarro, in cucina Alfre-do Debarro. �41 Paceville Street, St.Julians (Malta); 356/21375827;[email protected], www.ilpirata-malta.com. �Ferie prime due settima-ne di gennaio. �Valutazione 8,2; prez-zo 45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: vol-au-vent ri-pieni di coniglio; rotolo di pizza altonno; paccheri di gragnano con ra-gù di salsiccia; spaghetti di gragnanocon polpo e calamari; guanciale dimaiale brasato in vino rosso; tagliatadi manzo; imqaret; cannoli siciliani;focaccia alla ricotta e cioccolato.

I vini in tavola: Prosecco doc trevi-so 2012 (dogarina); furet dolcettod’alba doc 2013 (Villadoria); Barbe-ra d’asti docg 2012; Moscato d’astidocg 2014 (entrambi Cossetti).

Commenti: la riunione convivialeha avuto luogo nel cuore della vitanotturna di Malta, Paceville, in un ri-storante-pizzeria, dall’ambiente sem-plice e senza pretese, ma che ha sa-puto coniugare cucina tradizionale,atmosfera piacevole, vini sapidi econti equi. lo chef e il pizzaiolo da-niele Cordai hanno lavorato insiemecon un’armonia che ha trovato ri-scontro nei piatti presentati, fino aculminare, a sorpresa, in una focac-cia, ripiena di ricotta di pecora ecioccolato, cosparsa di pistacchio: unpiccolo capolavoro nel suo equilibriodi sapori e anche di colori. il giovanemaître, Marco Campisi, si è dimo-strato all’altezza del suo compito,fornendo un servizio attento e prodi-gandosi ad illustrare i piatti, al finedi far apprezzare il vero “tesoro delPirata”, costituito da piccoli gioiellidi arte culinaria. una gradevolissimasorpresa!

EUROPA

V I TA D E L L ’ A C C A D EM I A

PAGINA 72

SARDEGNA segue

REGNO UNITO

LONDRA26 gennaio 2015

Ristorante “Rextail” di Arkady Novi-kov. �13, Albermarle Street, Londra;020/33011122; coperti 100. �Par-cheggio sufficiente; ferie mai; giornodi chiusura mai. �Valutazione 8,1;prezzo 80 €.

Le vivande servite: stuzzichini; vi-tello tonnato; gnocchi del Verbanoalle erbette verdi; brasato al Barolocon purea di patate al tartufo; bunet;baci di dama.

I vini in tavola: franciacorta; gri-gnolino doc 2012 (Carlin de Paolo);nebbiolo doc (terre alfieri).

Commenti: il ristorante offre un’at-mosfera accogliente, data anche daicolori caldi, come quello delle sedierosse, che dominano su tutta l’esten-sione del locale. lo chef Carmelo Car-nevale, presidente dell’associazioneitalian Cuochi uK, nonostante la suaorigine siciliana, ha saputo dare un’in-terpretazione molto valida della cuci-na piemontese, tema scelto dal sim-posiarca fortunato Celi zullo per que-sta riunione conviviale. l’ottima atmo-sfera, il servizio accurato e il buon ci-bo hanno fatto sì che la serata fosse digradimento per gli accademici e gliospiti. Particolarmente apprezzato ilvitello tonnato destrutturato e l’abbi-namento del cibo con ottimi vini.

BRASILE

RIO DE JANEIRO24 febbraio 2015

Ristorante “Uniko” di Nicola Giorgio,Dionisio Chaves e Fabrizio Giuliodori.�Rua da Quitanda 86-105, edificio Ga-leria Sul América, Rio de Janeiro;021/38066334, fax 021/85564323;coperti 120. �Ferie mai; giorno di chiu-sura sabato, domenica e festivi. �Valu-tazione 8; prezzo 50 €.

Le vivande servite: burrata con pro-sciutto di Parma e rucola; gnocchi al

ragù di agnello con fonduta di par-migiano; cernia alla mediterraneacon legumi al forno; millefoglie clas-sica con fragole; torta gelata al limo-ne siciliano.

I vini in tavola: spumante brut(hermann lirica, Brasil); anas 2013(herdade do sobroso, Portugal);Montepulciano d’abruzzo 2008 (Cal-dora Yume).

Commenti: gli accademici sono sta-ti ricevuti da uno dei titolari, nicola,che ha riservato grande gentilezza eattenzione. Molto apprezzata la pro-fessionalità del servizio. Molto buonii piatti a tavola, perfetta l’armonizza-zione dei vini. in più, quale graditasorpresa, è stato offerto uno “sgrop-pino”, che a rio conoscono in pochi.ringraziamenti all’accademico ales-sandro Barillà in qualità di simpo-siarca della serata.

REPUBBLICA DOMINICANA

SANTO DOMINGO31 gennaio 2015

Ristorante “Da Luca’s” di AlessandroMaida e Lisa Perrone. �Av. Los Robles,Plaza Buena Vista Norte, La Romana;809/5503401, anche fax; coperti30+60 (all’aperto). �Parcheggio suf-ficiente; ferie mai; giorno di chiusurada lunedì a sabato a pranzo. �Valuta-zione 8,1; prezzo 42 €.

Le vivande servite: tris di focacce(rosmarino, olive e cipolla); sfoglia-tina di ricotta e spinaci; cappon ma-gro; zuppa di pesce alla livornese; la-sagna al pesto con patate e fagiolini;brasato al nero d’avola con tortino dipatate alle erbe; babà con zabaioneal rhum.

I vini in tavola: Prosecco sergio ex-tra dry (Mionetto); fiano di avellino2013 (terre dora); nero d’avola2011 (donnafugata).

Commenti: il menu, proposto dallochef lisa, conteneva un piatto famo-so e tipico della tradizione ligure, il“cappon magro”, e il simposiarcaMario Boeri ne ha illustrato l’originee la gran difficoltà nella preparazio-ne. dopo la sfogliatina di ricotta espinaci, deliziosa e morbidissima, ec-co apparire il “cappon magro” in ver-sione ricca, realizzato in porzioni in-dividuali, con alla base la fetta di pa-ne imbevuta leggermente in aceto,salsa verde, grande varietà di verdu-re lessate, il tutto montato a troncodi cono su cui campeggiava un gam-

berone aperto: non solo bello alla vi-sta ma ottimo al palato. il contrastocroccante dei fagiolini arricchiva ilsapore della lasagna al pesto; il bra-sato al nero d’avola, morbidissimo,con il tortino di patate alle erbe leg-germente croccante all’esterno emorbido all’interno, ha riscosso unnotevole successo. Per finire, il babà,non imbevuto ma accompagnatodallo zabaione al rhum, ha coronatoil convivio. Complimenti ai gestori eal personale per la professionalità eil buon servizio.

SINGAPORE-MALAYSIA-INDONESIA

SINGAPORE-MALAYSIA-INDONESIA

3 febbraio 2015

Ristorante “Basilico” del RegentHotels/Four seasons Hotel Pte Ltd, in cu-cina Simone Cerea. �1 Cuscaden Road,Level 2, Singapore; 0065/672532332;[email protected],www.regenthotels.com/EN/Singapo-re/Cuisine/Basilico; coperti 150+30(all’aperto). �Parcheggio privato del ri-storante; ferie mai; giorno di chiusuramai. �Valutazione 8,5; prezzo da 46 a65 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: antipasti mistiall’italiana (salumi, burrate, bufali-ne, pizze e insalate varie), focaccinaal tartufo nero invernale e mascarpo-ne; risotto con i gamberi all’essenzadi limoni di amalfi con zucchini eaneto; raviolone di ricotta e spinacicon salsa all’amatriciana con cipollerosse e pecorino romano; baccalà al-la vicentina con timballo di polenta;ossobuco alla milanese in gremolatacon verdure novelle; selezione didolci e formaggi.

I vini in tavola: Prosecco (Belusi);seiano bianco 2012 (noemia d’ami-co); Chianti classico 2012 (santaCristina).

Commenti: riunione conviviale anumero chiuso in una saletta riserva-ta. l’executive chef simone Cerea, as-sistito dallo chef angelo Ciccone, hapreparato davanti ai commensali, ser-vito e illustrato, con simpatia e profes-sionalità, le ricette e le scelte operatenella preparazione del menu, susci-tando interesse, curiosità, compli-menti per la maestria dell’esecuzione.ha colpito la preparazione del risottoall’onda, cremoso e mantecato allaperfezione. il simposiarca giorgioMaria rosica ha accompagnato lapreparazione dei piatti con una rela-zione sull’origine, tradizione ed evo-luzione della trattoria e della sua cu-cina. i commensali hanno condivisocon entusiasmo l’esperienza unicadella preparazione e degustazione dipiatti, particolarmente apprezzati. ilmenu ha rappresentato un ragionatoponte fra tradizione e innovazione. ilraviolone e il baccalà, contrapponen-dosi, hanno sorpreso per la delicataricchezza di gusti e sapori. il teneroossobuco, i ricchi antipasti, la vastaselezione di formaggi hanno avuto unnotevole successo. Buona la scelta deivini. Puntuale e accorto il servizio.

STATI UNITI D’AMERICA

MIAMI21 gennaio 2015

Ristorante “La Bottega”, in cucina IgorFerraro. �3450 Main Hwy, CoconutGrove (Miami); 0013/054443493;[email protected],www.labottegasociale.com. �Parcheg-gio valet parking; ferie mai; giorno dichiusura mai. �Valutazione 8,5; prez-zo 51 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: crostini di bac-calà mantecato; calamaretti in rossocon polentina morbida a cucchiaio;raviolone nero al profumo mediter-raneo; branzino al cartoccio con pa-tate, asparagi, olive, pomodorini,gamberi e capesante; tiramisù allaveneziana.

NEL MONDO

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V I TA D E L L ’ A C C A D EM I A

I vini in tavola: Prosecco (la Marca);sauvignon (Collio zorzon); soaveclassico (suavia); lugana (zenato).

Commenti: il locale è riuscito ad im-porsi nella nuova realtà gastronomi-ca del south florida. lo chef e com-proprietario igor ferraro, di origineveneziana, ha introdotto nel menudel bar alcune specialità venete quali“cicchetti” e “tramezzini”. la cucinaè a vista e, per eventi, è disponibileun locale al piano sotterraneo, con lepareti di mattoni a vista. degno di ri-lievo l’assortimento dei vini. il risto-rante è considerato una delle più for-nite enoteche di Miami con oltre 500tipi di vini. dopo la cena, lo chef haillustrato i prodotti utilizzati nellapreparazione dei piatti e il criterio discelta delle materie prime. Viva lasoddisfazione dei partecipanti allaserata per l’ottima qualità del cibo.lo chef ha dimostrato serietà e pro-fessionalità unite ad una buona dosedi simpatia personale. ogni signoraha ricevuto in omaggio dal delegatouna rosa e bigliettini con note sullacucina veneziana.

NEW JERSEY5 febbraio 2015

Ristorante “Nanni”. �53 West PassaicStreet, Rochelle Park (New Jersey);201/843/1250, fax 201/843/0933;coperti 120. �Parcheggio custodito; fe-rie mai; giorno di chiusura mai. �Valu-tazione 7,8; prezzo 74 €; carte accettatetutte.

Le vivande servite: antipasto misto;spaghetti alla puttanesca; fusilli allaCampania; sorbetto di limone allamenta; scaloppine di vitello alla sor-rentina; costoletta alla pizzaiola;pollo alla cacciatora; babà al rhum,sfogliatella napoletana. limoncello.

I vini in tavola: Prosecco (Valdo);falanghina del sannio 2013; aglia-nico Campania 2009; Core Monteve-trano 2012.

Commenti: il tema di questa riunio-ne conviviale è stato la cucina dellaCampania. dopo una breve e interes-sante dissertazione sulla storia dellaCampania dalla Magna grecia ad og-

gi, il simposiarca tony del gaizo haillustrato il menu della serata. i varipiatti sono stati serviti con professio-nalità, un po’ troppo abbondanti e al-cuni non sempre all’altezza della qua-lità di questo ristorante. i vini buoni eben abbinati. il dolce molto gradito.

SAN FRANCISCO5 febbraio 2015

Ristorante “Trabocco” di GiuseppeNaccarelli. �2213 South Shore Center,Alameda; 0015/105211152; coper-ti 100+40 (all’aperto). �Parcheggiocomodo; ferie mai; giorno di chiusuramai. �Valutazione 7,5; prezzo 85 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: polpo con pata-te; insalata invernale; brodetto allavastese; ravioli di coda; punchabruzzese; panna cotta.

I vini in tavola: Pecorino 2013 (Ca-staldi Madonna); rosato Cerasuolod’abruzzo 2013 (torre dei Beati);Montepulciano d’abruzzo 2011(zaccagnini).

Commenti: la delegazione si è reca-ta al di là del Ponte Bay Bridge, nellacittadina di alameda. su segnalazio-ne dell’accademico Carlo di ruocco,è stato scelto un nuovo ristorante diproprietà dell’abruzzese giuseppenaccarelli, un cuoco noto nella re-gione della Baia, ma al debutto conun esercizio tutto suo. il ristorante faparte di un complesso commerciale eciò rende perplesso il visitatore. giu-seppe, invece, è riuscito a creare unambiente accogliente, moderno, conuna bella cucina a vista e un bar cheserve aperitivi. la serata è ben riusci-ta per lo spirito di amicizia e simpa-tia tra tutti gli accademici e i nume-

rosi ospiti. i piatti che hanno regi-strato i più alti consensi sono stati ilpolpo con patate e il brodetto alla va-stese, con pesce freschissimo, cuci-nato al momento. Qualche dubbiosulla scelta, come seconda portata,dell’insalata invernale, non per laqualità, peraltro ottima, ma per aversposato una “tradizione” statuniten-se che vede la verdura non comecontorno ma come piatto a sé stante.tra i vini è piaciuto in particolare ilMontepulciano, abbinato splendida-mente con i ravioli di coda.

SILICON VALLEY23 febbraio 2015

Ristorante “Vin Santo” di Umberto Pa-la. �1346 Lincoln Avenue, WillowGlen/San Jose; 408/9202580; co-perti 75. �Parcheggio incustodito, suf-ficiente; ferie mai; giorno di chiusuralunedì e a pranzo dal martedì al saba-to. �Valutazione 8,16; prezzo 74 €.

Le vivande servite: antipasti assor-titi; assaggio di ravioli: casoncelli,agnolotti di zucca, caramelle di ara-gosta, ravioli di cioccolato bianco egranchio; cinghiale su polenta; oratacon finocchi gratinati e patate al-l’olio; paradiso di cioccolato.

I vini in tavola: Brut sparkling; Val-caleppio 2006; Kalos 2006 (tutti ilCalepino); Pinot grigio 2013 (Vigna-baldo); Passito di Chardonnay 2007(alicats).

Commenti: lo chef e proprietario,originario di Bergamo, ha propostoun menu ispirato ai piatti del norditalia abbinati ad una serie di vinidella lombardia. gli accademici, ac-comodati in una saletta privata, han-no apprezzato un servizio rapido einappuntabile. frequenti interventidello chef, con spiegazioni e com-menti, e una varietà di piatti prepa-rati con ingredienti di stagione. levalutazioni espresse hanno premia-to, nell’ordine, i vini, il servizio, gliantipasti e il dessert, pur riservandoanche agli altri elementi di valuta-zione un voto particolarmente alto.alla fine della serata, la delegataCarla anisman ha consegnato al de-legato onorario Walter romanini il

diploma di appartenenza venticin-quennale e il distintivo d’argento.

TURCHIA

ISTANBUL29 gennaio 2015

Ristorante “Divan Lokanta” del DivanHotel, in cucina Giancarlo Gottardo eÖzay Akar. �Asker Ocagi Caddesi 1,Sisli, Istanbul; 212/3155500; gian-c a r l o . g o t t a r d o @ d i v a n . c o m . t r,www.divan.com.tr; coperti 80+10(all’aperto). �Parcheggio privato delristorante, comodo; ferie luglio-ago-sto; giorno di chiusura domenica. �Va-lutazione 8,3; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: salmone e sto-rione marinato; insalatina di finocchie arance, melagrana in gelatina,emulsione di mostarda di mele;agnolotto ripieno di ricotta magra ederbe spontanee; bosco, asparagi ver-di, scaglie di pecorino di fossa, pro-sciutto crudo croccante; filettino divitello di latte arrostito al forno;marmellata di cipolle rosse, fegatograsso scottato servito nel suo stessosugo; millefoglie di mele caramella-te; gelato allo yogurt con lamined’oro, gelatina di caramello al succodi miele.

I vini in tavola: Prosecco doc; fa-langhina sannio doc 2007; Chianticlassico 2011 (Cecchi); refosco2006 (giovanni dri); Picolit 2005(le Vigne di zamo).

Commenti: serata molto elegante,con la presenza del Ministro ue Vol-kan Bozkır, dell’ambasciatore gian-paolo scarante e del Console gene-rale federica ferrari Bravo. Quaran-tasei persone, tavolo unico, decora-zione del tavolo molto bella e servi-zio impeccabile. il Ministro è interve-nuto con una conversazione a propo-sito della relazione tra turchia e Co-munità europea; è stato estrema-mente disponibile a rispondere allemolteplici domande che gli sono sta-te poste. la valutazione molto alta èun indice del successo della serata.

V I TA D E L L ’ A C C A D EM I A

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NEL MONDO segue

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NUOVI ACCADEMICI

PieMonte

Astialessandra Bellariaalberto ercole

liguria

Riviera dei Fioriluciano Beranger

loMBardia

Monza e Brianza Concita fedele sirtori giuseppe guarnieri Cattadori

Vigevano e della Lomellina sandro scevola

Veneto

Venezia susanna Paties

Verona roberta Brugnoli

friuli-Venezia giulia

Udine gianluca arrighi enrico Cicconetti

eMilia roMagna

Bologna dei Bentivoglio Maria luisa forchielliguglielmo garagnani andrea Piva

Carpi-Correggiogianluca stella

Cervia-Milano Marittima davide Ceccato

Faenzagiorgio Balla

Imola severino albonetti

Reggio Emiliaferruccio grisendi

tosCana

Firenze Mauro Mariangioli Piercarlo luigi Visconti

Pisa raffaello Barbiero laura Cosci franco gentile andrea Mattoliniirene saba

Valdarno Aretino ezio dotti

Valdelsa Fiorentina Paola Ciampolini

Viareggio Versilia roberto Branconi Paolo Chiocchetti

Volterra diva Maria Milianti

lazio

Roma Marialuisa del giudice

Roma Nomentanasaba d’elia Paola de sanctis stefano gobbini sergio leotta

CaMPania

Napoli-CapriPatrizia sardo

Penisola Sorrentinaalberto Pontecorvo

Puglia

Valle d’ItriaWalter Cavallogiovanni sebastiani

BasiliCata

Pollino-Policastroimelda agnonefrancesco di giorgioMassimo lomonaco

siCilia

Caltagironesalvatrice garra

CefalùPietro Polizzi

Cina

Pechinoguido Molteni

Shanghairiccardo ColiMichele ferrante

franCia

Parigieugenio CallegariMarina rizzi

gerMania

Monaco di Bavieraulrich Kreuzer

C A RN E T D E G L I A C C A D EM I C I

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granduCato del lusseMBurgo

LussemburgoMarina Massari

israele

Tel Avivsabrina fadlun

PrinCiPato di MonaCo

Monacoalessandro dalmassoMario sciacca

sPagna

Barcellonadenis tiengo

stati uniti d’aMeriCa

Houston-Texasirma a. floresCinzia holt dragoniClaudia sims

VARIAZIONE INCARICHI

loMBardia

PaviaDelegatogiuseppe rossettiVice Delegatorenato abbiatiConsultore-SegretarioCesare turriConsultore-TesoriereBruno rondiConsultorialberto Cevinigiovanni desimonililiana ironigian Mario Marianigaetano nocca

Veneto

Venezia Consultoreantonio trovò

eMilia roMagna

ModenaVice Delegatoandrea strataConsultore-SegretarioMario gambigliani zoccoliConsultore-Tesoriere alberto lottiConsultori sandro BelleiVittorio feriolialberto Mantovanigiorgio Montorsidavide scarabelliantonio Vaccari

tosCana

PisaConsultoresaverio sani

ungheria

BudapestConsultoreMichele fasciano

TRASFERIMENTI

eMilia roMagna

Parmastefano agazzi(da Madrid)

Reggio EmiliaMauro Catellani(da Pavia)anna Marmiroli(da Pavia)

uMBria

Perugialaura Bruni fiumicelli(da Arezzo)

NON SONO PIÙ TRA NOI

liguria

Riviera dei Fiori giuseppe rollando

Aggiornamenti a cura diCarmen sogailenia CallegaroMarina Palena

C A RN E T D E G L I A C C A D EM I C I

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Dear academicians, Pachino to-matoes, Bronte pistachios, Pan-telleria capers, Colonnata bacon,

Castelluccio di norcia lentils, and so on - areall deliberately limited niche foods that be-ar the name of a place that few peopleknow in terms of its environmental, clima-tic and topographical characteristics. thesame is true for many doP and igP foodsthat are known only for their name of originand not for their productive characteristicsor their gastronomic quality. nonethelessthey are all foods that have truly become“commonplace”.there is no dearth of menus featuring reci-pes containing two or even three common-place ingredients, and this happens with afrequently and diffusion that would proveimpossible for small producers, especiallywhen they are present in cuisine that is in-creasingly dependent on assembling foodsthat were prepared elsewhere.similarly, in that same cuisine, we are wit-nessing the almost uncontrollable spread ofmeat presented on a bed of rucola, crusta-ceans and fish unerringly associated withchickpea or other legume purees, and thediffusion of all sorts of tortelli pasta or reci-pes cooked “my way”. in terms of recipes aswell as food we come face to face with thecommon place, or commonplace. the com-monplace is a relatively recent culinary rea-lity and is increasingly linked to a concept(not necessarily a true or accurate one)whose diffusion, recurrence or familiarityare determined by self-evidence or imme-diate recognizability. the term “commonplace” derives from the latin locus commu-nis, the square where people meet and con-verse, often about trivial things, and havebanal exchanges. in addition to not beingstable over time, the diffusion of the com-mon place is not necessarily homogeneousin terms of the population and groups canbe limited according to culture, interests,profession or political orientation. the“common place” is often a place of consen-sus and therefore it is a constant in com-mercial and even nutritional communica-tion and exchanges, in which it is essential

that the potential buyer or consumer reco-gnizes in the message a familiar way ofthinking. it is even presumable that whenthere is sufficient interest some “commonplaces” may be constructed and devoted tothe arts, so that they may be consolidatedand taken advantage of. today the commonplace is becoming the substitute, if not thealibi, for a new and worrisome non-placecuisine. this expression, which is sometimewritten as one word, as “nonplace”, doesnot refer, as one might imagine, to a cuisinethat does not exist, for example a house inwhich they eat only prepackaged foods. itmeans instead a cuisine lacking an identity,therefore it is anonymous, with no relation-ship to a region, and no social, traditionalor historical context.french anthropologist Marc augé was thefirst person to coin the term “non-place” in1992. the expression became extremelysuccessful in italian as well, and starting in2003 “non luogo” officially entered our vo-cabulary. the phrase non-place derivesfrom airports, highway restaurants, malls,train stations - all places that posses a cer-tain anonymity and are environmentallyand architecturally similar on the inside.among non-places today we find manychain restaurants, which basically dependon foods that are partially or completelypre-packaged. even home kitchens are be-coming non-places that utilize industriallyprepared ready-to-eat foods, consumed af-ter thawing followed by a brief warming-up, often in a microwave oven. this type ofcuisine is reminiscent of the lego toys, inwhich a limited series of anonymousblocks, in different shapes and colors, areused to create a variety of structures. ali-mentary “common places” are like legoblocks and the meals that they make up,while generally safe and good tasting, arealways standard and homogenized, withthe typical anonymity of non-places. a pa-sta served with canned sauce or a pre-con-stituted risotto that is assembled accordingto an industrial logic and cooked in the mi-crowave, followed by a pre-cooked chopand frozen vegetables and mass produced

dessert are typical examples of an assem-blage that can be executed in any non-pla-ce, from chain restaurants to post-modernhomes.this non-place cuisine promotes and pro-pels itself through a claim of belonging to afalse “common place”. We find the ultimateexpression of non-place cuisine with ven-ding machines, which have given rise to an“automatic cuisine”. it began with liquids,with beverages like soft drinks, and movedto solids like sandwiches and ice cream. to-day coffee machines that offer a wide varie-ty of styles and flavors are very popular. Wehave, in a fairly short time, evolved to theautomatic distribution of fresh foods. todaywe already have machines that purvey freshfruit salads, green salads, fresh fruit, andyogurt. these are the kinds of foods that arepreferred by many consumers today overthe usual industrially produced snacks thatare hyper-publicized and full of calories.following a diet based on this nutrition re-presents a new life style that allows us toappreciate local fruit and vegetable pro-ducts. today, one-fourth of the italian po-pulation has reduced their food consum-ption or altered their eating habits as a re-sult of the economic crisis, but only 6.8 per-cent have reduced their purchases fromvending machines, which are used by 40percent of our citizens. at least 15 millionpeople occasionally or regularly purchasefood from vending machines. lately 42 per-cent of the italian population, in particularthose from 18 to 64 years of age, have ac-quired food and beverages automaticallyand one-quarter of them do so on a dailybasis. it seems that the stereotype of kickingthe money-eating machine is long gone, butit has been replaced by a “common place”cuisine in a non-place that is advancing dayby day.

GIOVANNI BALLARINI

FOCUS

GREAT CUISINE TODAY IS FAR FROM LOCAL

see page 5

When we speak of the history of gastrono-my, or even simply the history of cuisine,we imagine sumptuous banquets, potentlibations, dusty manuscripts, tomes of re-cipes, wise advice on tools, equipment andhealthy eating. those who wrote about

I N T E R N AT I ON A L S UMM A R Y

D E A R A C A D EM I C I A N S …see page 3

THE COMMONPLACE NATURE OF THE CUISINE OF NON-PLACES

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such things were employed by the richand powerful of the time; kings, grand du-kes, prelates, the nobility and later, weal-thy members of the bourgeoisie.they hadample raw materials at their disposal anda large and ready workforce. it was a farcry from the popular and peasant cuisine,or that of our grandmothers that is so wi-dely touted and sought out today. the“grand cuisine” of the past was seldom lo-cal or regional; rather it was associatedwith a great chef who carried his wisdomand skills from court to court. Just like to-day. to judge from the success of the greatchefs of the world, it is clear that one’slink with his territory of origin counts fornothing. great cuisine can be created atthe top of a Manhattan skyscraper, in ascandinavian chalet or at a Japanesecountry inn. Where does one need to liveto make great lobster ravioli, shrimp orsalmon or lobster tails in tomato sauce? insardinia? in Maine? scotland? naples?let’s be frank: the great cuisine of theworld lives and prospers where there iswealth, not where the raw materials comefrom. tokyo is the world capital of Miche-lin 3-star restaurants: it boasts 12! Parishas 9, Kyoto and hong Kong each 7. onceupon a time great cuisine could be foundonly in florence, Venice, ferrara, Milan,and turin, where there was plenty of mo-ney to pay carvers and cupbearers. todaychefs work in places where the clientelecan afford luxurious and expensive meals.even the great innovator ferran adrià cer-tainly did not have to go back to the remo-te Cala Montjoi to develop and create hiscelebrated dishes. talent occurs regar-dless of place; the raw materials can befound anywhere, easily gotten from any

part of the world in just a few hours. so itis useless to babble about close ties toone’s roots. one can cook well anywhere,just as one can paint or write a novel any-where. What matters is the author of thework. emilio salgari never left his home-town and yet he wrote The Pirates of Ma-laysia. But what is it about the bollito thatis so good when eaten in Piedmont? Craw-fish in Venice? Ribollita in florence? Spa-ghetti alla carbonara in rome? Caponatain sicily? are they all mere illusions?tricks of the mind? not at all. While itmay be true that some things can be in-vented and reproduced anywhere, othersacquire value and substance, i might evensay perfection, only in the places wherethey were born because only there do wefind the wisdom and refinement of manygenerations. this is the greatness of cuisi-ne, which always has two faces: great in-ternational cuisine, made with the head,and great popular cuisine, made with theheart. nonetheless, cuisine is always syno-nymous with love for the good table; a lo-ve that expresses itself in two worlds thatmust coexist.

PAOLO PETRONI

ANCHOVY “COLATURA” FROM CETARA

see page 6

“anchovy colatura” is one of the amalficoast region’s oldest traditional culinaryproducts. invented in Cetara, it is madefrom a liquid drained from salted ancho-vies. salerno delegate giuseppe anastasioexplains that the quality of the raw mate-rial is important, and must consist of an-

chovies fished with the purse seine systemused exclusively in the gulf of salerno.

FILLED PASTASsee page 8

stuffed pastas play a very important rolein italian gastronomic tradition. there aremany forms of this thinly rolled pastadough that encloses a delicious filling, justas there are many sizes and types of fil-ling. the taste can vary and there are nu-merous ways of cooking and seasoningthe little bundles. Cremona academicianCarla Bertinelli spotti describes some ofthese creations.

CASATIELLO: NEAPOLITAN EASTER BREAD

see page 10

along with other pastries, casatiello is oneof two typical easter sweets from Campa-nia. Coming from an ancient tradition, itrepresents the foods that one is finally al-lowed to eat at the end of lent, and it in-cludes all the ingredients prohibited du-ring that period of penitence: eggs, chee-se, lard and salami. today casatiello is pre-pared in the version that is both rustic andsweet.

CULINARY SAUCES see page 12

a sauce (salsa in italian) is a culinary pre-paration whose name derives from the la-tin salsus, meaning salty. even in times go-ne by numerous attempts were made toclassify and categorize the many differentkinds of sauces. But certainly Paul Bocusemade the most efficient simplification bydividing them into three categories: whi-te, brown and emulsified.

THE INSEPARABIILITY OF TRADITION AND INNOVATION

see page 14

giampaolo Colavita of the Molise Cst af-firms that the two are an inseparable cou-ple because tradition could not continue

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Ferran Adrià in Cala Montjoi

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to thrive without a certain amount of in-novation. it is inevitable that in order toendure over the years cuisine and nutritio-nal habits must keep pace with the times.it is the very capacity of tradition to inno-vate that allows it to thrive and to be han-ded down.

ITALIANS AROUND THE WORLDsee page 16

a conference promoted by the humanitiesdepartment of the ateneo was held at theuniversity of udine, in collaboration withthat city’s delegation. the topics addres-sed included food as an element of inter-nationalizing the “Made in italy” cam-paign. in this case the lexical and termino-logical aspects of the language of food.

THE LANGUAGE OF FOODsee page 18

san francisco delegate Claudio tarchi de-scribes linguistics professor dan Juraf-sky’s book The Language of Food. one ofthe volume’s most interesting chapters re-gards the language of menus. in anotherchapter the professor analyzes gastrono-mic criticism published on internet websi-tes and finds some interesting commonelements of the human psyche.

VISUAL FOODsee page 19

Making food look beautiful, transformingdishes into small works of art is the object

of “visual food”, a new design fad that canbe applied to any edible ingredient. inven-ted by rita loccisano, visual food has at-tracted many followers who are creatingminiature masterpieces in the kitchen.

SATURNIA PEACH AND THE CREATIONSOF FAMOUS CHEFS

see page 22

the Macerata delegation participated in aseries of gastronomic meetings whose pro-tagonists included several multi-starchefs. they were asked to participate inorder to apply their considerable skillsand expertise in the creation of several di-shes, including those utilizing saturniapeach, which is traditionally produced inthe province of Macerata.

ITALIAN REGIONS AT THE TABLEsee page 24

Caltagirone academician angela rendadescribes the bounty of land. local agri-cultural production amply satisfies the re-quirements of the Mediterranean diet:bread, meat, oil, wine and cheese. the te-nacity of a population, the generosity ofthe land and its climate have allowed us tokeep our traditions alive.

THE STRUFOLI WARsee page 26

the strufoli of Perugia are unique both inname and composition: they are largefried pastries seasoned with aromatic ho-ney. at one time they represented a great

proving ground for women owing to thedifficulty in their preparation. Women on-ce challenged one another in what wemight call “the Strufoli War”.

ENJOYING THE GOOD TABLEsee page 27

the pleasure of fine dining assumes anunderstanding of how to sample and en-joy food. a whole battery of knowledgeplays a role in everything that precedesthe moment of consumption, from the ca-re taken in choosing high quality productswhile shopping to the best way of cookinga given dish. finally, the choice of diningcompanions can also add to our enjoy-ment and appreciation.

THE WATER OF ROMEsee page 29

the famous drinking water of the ancientromans was defined by Pliny the elder as“the best water in the world”. rome appiadelegate Publio Viola assures us that wecan drink the tap water of rome withtranquility and pleasure. it is a safe drin-king water because the spring water thatflows from rome’s fountains is regularlyand rigidly checked.

CASUAL VERSATILITY AND THE CUISINE OF CAPRI

see page 31

naples-Capri academician Claudio novelliprovides some recipes from the cuisine ofCapri such as meatballs with eggplant andfried pike, lingering on “Monacone” pizzanamed after a shoal lying next to the fa-mous ocean rock stacks. the pizza wascreated by using the “leftovers” in the re-frigerators of local restaurants, and the re-sult is truly delicious.

WHEN THE SCENT OF THE SEA WAS ITALIAN

see page 33

Pietro Corsi was one of the most popularand best loved italian-american writers in

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Molise. he was known above all for havingwritten stories about his land of origin andits emigrants. But during his time aboardcruise ships he was also a brilliant authorof books about cuisine and the art of ser-ving.

KNOWLEDGE AND FLAVORSsee page 35

the transposition of foods and ingredientsfrom one part of the world to another isweakening traditional cuisine and tastes. ifthis consumption model were to slack off,affirms rome Castelli academician rober-to dottarelli, there may be hope that it isnot too late and the knowledge necessaryfor a return to tradition and simple flavorswill not be lost forever.

FEEDING THE PLANETsee page 37

according to the food and agricultural or-ganization (fao) the cultivation and pro-duction of insects for human and animalconsumption could represent a concrete so-lution to the challenge posed by the headsof state and government of 189 countriesat a un summit in 2000: reducing the per-centage of the world population sufferingfrom hunger by one-half by the year 2015.

THE FIRST KNOWN SPICE IN EUROPEsee page 39

Modena academician sandro Bellei tellsthe story of a famous spice that is widelyused in cooking. Pepper was the first spiceto be known in europe and its importancewas so great that it was first mentioned bytheophrastus, then discorides and galen,and finally by Pliny the elder who pointedout that pepper was sold at the same priceas gold.

TEA TIMEsee page 41

tea time represented an occasion for mem-bers of the privileged class to meet in theirbeautifully appointed homes and confirmtheir status. today most tea consumptiontakes place outside the home. there is avast culture about various types of blends,the appropriate ways of preparation andthe ideal moment to taste the tea.

DINING WITH THE DUKEsee page 42

daniela stiaffini examines a report presen-ted by the Prior of the Populace to the townof Pisa about the preparations and costs fortributary festivals devoted to alessandrode’ Medici on June 27 and 28, 1531. forbureaucratic reasons a detailed list andcost of the foods and beverages was atta-ched to the report.

THE SIMPLICITY OF LIGURIAN CUISINEsee page 44

albenga and Ponente ligure delegate, ro-berto Pirino, describes the once simple cui-sine of liguria that employed few elementsbut a great deal of imagination. it was acommon practice to fortify foods by inclu-ding lesser cuts of meat, which others di-scarded, that had great flavor and intensearomas.

Translator: NICOLA LEA FURLAN

Summarized: FEDERICA GUERCIOTTI

I N T E R N AT I ON A L S UMM A R YI N T E RN AT I ON A L S UMM A R Y

aPrile 2015 / n. 270

DIRETTORE RESPONSABILEgioVanni Ballarini

COORDINAMENTO REDAZIONALEsilVia de lorenzo

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONEsiMona Mongiu

IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DIgiuseppe anastasio, giovanni Ballarini,

sandro Bellei, ugo Bellesi,Carla Bertinelli spotti, gioacchino Bonsignore,

elisabetta Cocito, giampaolo Colavita,elisabetta dami lari,

roberto dottarelli, gabriele gasparro,gabriella iacobucci, Pier luigi leoni,

lejla Mancusi sorrentino, Maria Monica Martino,

Vittorio Marzi, Claudio novelli,Massimo Percotto, Paolo Petroni,

roberto Pirino,Maria letizia Quattrocecere Miletti,rossana ragionieri, angela renda,

Marco setti, daniela stiaffini,antonietta stroili, angelo tamburini,

Claudio tarchi, Publio Viola.

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