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Circuiti elettrici in evoluzione dinamica Scipione Bobbio - Luigi Verolino Scrivere e ... vivere con leggerezza non è solo un obiettivo, ma anche un ... ideale.

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Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Scipione Bobbio - Luigi Verolino

Scrivere e ... vivere con leggerezzanon è solo un obiettivo, ma anche un ... ideale.

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Indice

Prefazione

Capitolo 6Circuiti funzionanti in condizioni variabili nel tempo

Capitolo 7Reti in regime sinusoidale

Capitolo 8Applicazioni del regime sinusoidale

Capitolo 9Sistemi trifasi

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Prefazione

Questo volume contiene sostanzialmente lo studio delle reti lineari di bipoli edoppi bipoli in regime sinusoidale (cioè in ‘corrente alternata’), includendo,naturalmente, anche i circuiti trifasi.

Lo studio dei circuiti lineari in condizioni ‘transitorie’ viene effettuato per mezzodel simulatore circuitale Spice, e il testo mette l’allievo in condizione di far usodi questo simulatore. Ciò farà sì che, oltre ad apprendere ad usare uno strumentoche gli sarà indispensabile nel corso della sua vita professionale, lo studente potràanche agevolmente familiarizzarsi con le dinamiche dei transitori più comuni, lequali gli verranno proposte dal simulatore in forma di grafici chiari e completi.

Infine, grande risalto viene dato alla parte applicativa per consentire all’allievo direndersi conto fino in fondo se le idee esposte nel testo siano state ben assimilate.Pertanto, con la certezza che ‘solo chi fa, sa’, questo volume, come d’altra partequello sui circuiti in regime stazionario, è corredato di molti esempicompletamente risolti e commentati.

S.B. - L.V.Gennaio 2000

Mentre scrivevamo questi due volumi di Elettrotecnica, Scipione Bobbio,sopraffatto da un male incurabile, il 22 febbraio del 2000, ci ha lasciati. Pertanto,mi sembra giusto riportare un suo breve ricordo.Era un uomo colto, una lucida intelligenza che offriva continuamente occasioni dicrescita a chi gli stava accanto. Spontaneo, appassionato ed appassionante nelparlare, di grande generosità e per nulla invidioso. Nella società dell’immagine,aveva scelto la via della discrezione ed amava lavorare sia nella ricerca, sia nellasocietà senza clamore, in totale dedizione.Nato a Napoli il 23 luglio 1941 da Luigi e Maria Marone, si laureò in IngegneriaElettronica all’Università di Napoli Federico II nel 1965, diventando ben prestoAssistente, poi Professore Incaricato, infine Professore Ordinario dal 1980.Insieme a Luciano De Menna, ad Oreste Greco ed al compianto FerdinandoGasparini, suoi carissimi amici, ha fondato la scuola di Elettrotecnica napoletana,ormai punto di riferimento sul piano nazionale ed internazionale.

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Grande ricercatore ed amato didatta, ha dedicato gran parte della sua vita allacomprensione dei fondamenti dell’Elettromagnetismo e dell’interazione del campocon la materia.Ha dato due grossi contributi nella sua attività di ricerca scientifica: unoriguardante lo studio e la progettazione di macchine Tokamak per realizzare laFusione Termonucleare Controllata; l’altro riguardante l’interazione dei campielettrici e magnetici con i mezzi materiali.È stato autore di più di cento pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali edi vari testi didattici e scientifici, tra i quali ricorderemo:

• Elettromagnetismo e Ottica, scritto in collaborazione con Emilio Gatti, edito daBoringhieri nel 1984;• Electrodynamics of materials, edito dall’Academic Press nel 2000.

Combinando la teoria classica dell’Elettromagnetismo con la Meccanica delContinuo e la Termodinamica, ha affrontato il problema delle forze e dell’energianei mezzi polarizzati, contribuendo a chiarire una dibattuta controversia sulleformule di Helmholtz e di Kelvin per le densità di forza nei dielettrici e neimateriali magnetici. Gli ultimi lavori, alcuni scritti proprio poco tempo primadella fine, ed il libro edito dall’Academic Press riguardano proprio questoargomento. Nella presentazione al suo libro, Isaak Mayergoyz, professoreall’Università del Maryland ed editore della serie di Elettromagnetismodell’Academic Press, ha scritto: “The book reflects the broad erudition, uniqueexpertise, and strong interest of the author in the fundamental aspects ofelectromagnetism”.Era fermamente convinto che l’attività di ricerca servisse anche a fare la‘manutenzione culturale’ del sapere, supporto indispensabile per il docente.Tutti ricordiamo, ormai con nostalgia, le sue lezioni di Elettrotecnica, vissute allimite della teatralità, in cui, quasi prendendo a pretesto le proprietà delle retielettriche o dei campi elettromagnetici, si poteva ascoltare un grande maestro cheinsegnava come si ‘struttura il pensiero’.

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Scipione Bobbio ai tempi in cui era assessore al Comune di Napoli.

Lo stesso rigore, la stessa determinazione ed il forte impegno civile portò quando,chiamato come assessore, lavorò nella prima giunta Bassolino. Questo scienziato,prestato alla politica, è ricordato con tanto affetto da tutti coloro che, in quelperiodo, ebbero modo di interagire con lui, perché egli sapeva immedesimarsi neiproblemi della gente, da quelli dei dipendenti comunali messi in mobilità, a quellidei cittadini.Grazie, insostituibile amico e maestro,

Luigi Verolino.

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Capitolo 6

Circuiti funzionanti in condizioni variabili neltempo

6.1 Introduzione

6.2 Circuiti resistivi in condizioni di funzionamento non stazionario

6.3 Bipoli con memoria: l’induttore e il condensatore ideali

6.4 Altri componenti dotati di memoria: il mutuo induttore

6.4.1 Trasformatore ideale6.4.2 Mutuo induttore

6.5 Struttura generale della Teoria dei circuiti in condizioni variabilinel tempo

6.6 Un esempio di studio di circuito in condizioni variabili

6.7 Classificazione dei tipi fondamentali di funzionamento variabilenel tempo

6.8 Le condizioni iniziali

6.9 Evoluzione libera

6.10 Risposta al gradino e altri esempi

Appendice: transitori in circuiti con generatori controllati

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Sommario

Questo capitolo fornisce una introduzione allo studio dei circuiti chefunzionano in condizioni variabili nel tempo. Particolare attenzioneverrà posta all’introduzione di nuovi elementi ‘a memoria’, induttore,condensatore e mutuo induttore, che, a differenza del resistore, sonocapaci di immagazzinare l’energia elettrica. Non poteva mancare uncenno ai transitori di circuiti in cui sono presenti generatori controllati.

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6.1 Introduzione

Nel primo volume di questa collana ci siamo volutamente limitati a trattare icircuiti funzionanti in regime stazionario, pur sapendo bene che, nella stragrandemaggioranza dei casi, i circuiti funzionano invece in condizioni non stazionarie.Per la verità, applicazioni importanti della ‘corrente continua’ non mancano: bastipensare, ad esempio, a treni, tram, filobus, funivie, per i quali la ‘continua’ giocaun ruolo importante. Anche in questi casi, però, va detto che tutti i ‘circuitiausiliari’ che azionano, controllano e segnalano il funzionamento degli apparatiprincipali funzionano in condizioni non stazionarie. Rimane vero, dunque, che, nelpanorama dei circuiti elettrici ed elettronici, la regola è il funzionamento nonstazionario mentre quello stazionario costituisce l’eccezione.Ma, allora, perché siamo partiti a spiegarvi le cose con l’eccezione, e non con laregola? La risposta è semplice, ed è fatta di due parti: la prima, ovvia per laverità, è che lo studio dei circuiti in regime stazionario è generalmente piùsemplice dell’altro; la seconda ragione, ancora più importante, è che, una volta chesi sia capito davvero il funzionamento dei circuiti in regime stazionario, è moltoagevole e naturale estendere l’intera trattazione al caso generale, poiché ci sonopoche cose nuove da capire rispetto a quelle già acquisite. E, una volta che leavrete capite, il gioco sarà fatto: vedrete tra poco. Prima di entrare nel vivo dellequestioni che affronteremo nei prossimi paragrafi, però, vogliamo profittareancora per qualche momento di questa introduzione per accennare a un’ulterioredistinzione che va fatta nell’ambito del funzionamento non stazionario (e cheriprenderemo alla fine del capitolo):

• funzionamento periodico (e, in particolare, regime sinusoidale, detto anchein gergo funzionamento in corrente alternata);• funzionamento aperiodico, detto anche ‘transitorio’ (ma quest’ultimotermine, come si vedrà, è molto limitativo, ed è preferibile usarlo soltanto nei casiparticolari in cui, come vedremo più avanti, trova una sua giustificazione pratica).

Questa distinzione è importante sia sul piano concettuale, sia su quello pratico,perché, tra l’altro, ci aiuta anche a cominciare a capir meglio alcune importantidifferenze che esistono fra quei circuiti che finora abbiamo consideratoindifferentemente elettrici oppure elettronici. Va detto, dunque, che i circuiti chesvolgono nelle nostre case funzioni che possiamo considerare ‘ripetitive’, comel’illuminazione, il condizionamento ambientale, i lavori domestici (lavatrice,aspirapolvere, lavastoviglie, frigorifero, forno) funzionano di regola in regimesinusoidale (fatta eccezione, ovviamente, per i pochissimi attimi in cui vengono

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accesi o spenti, oppure ancora ‘regolati’ per far fronte a mutate esigenze). Ingenere, questi dispositivi assorbono potenze elettriche (e quindi anche energie) diun qualche rilievo: ad esempio, alcuni chilowatt di potenza (e quindi parecchichilowattora giornalieri di energia).I circuiti che, invece, svolgono funzioni tipicamente non ripetitive, come iltelefono, la TV, gli impianti hi-fi, i personal computers, funzionano in condizioninon periodiche, e quindi variabili nel tempo in modo del tutto generale. Di regola,questi altri dispositivi, contrariamente ai precedenti (stufe, frigoriferi, ... )assorbono livelli di potenza elettrica (e quindi anche energia) molto minori: adesempio, dell’ordine dei watt, delle decine o al massimo delle centinaia di watt.Riassumendo, possiamo dire che, in gergo, vanno spesso sotto il nome di circuitielettrici quelli che hanno funzionamento tipicamente ripetitivo e assorbono valorisignificativi di potenza ed energia elettrica (si dice che lavorano a livello dipotenza); vanno, invece, sotto l’indicazione di circuiti elettronici quelli che hannofunzionamento tipicamente non ripetitivo, e assorbono potenze ed energieelettriche notevolmente minori (si dice che lavorano a livello di segnale). Ladistinzione non è comunque sempre così netta, e qualche ambiguità spesso rimane.A questo punto, non ci resta che avviarci a fare il ‘grande salto’ dai circuiti inregime stazionario a quelli funzionanti in condizioni qualsiasi. Lo faremo neiprossimi paragrafi, ma, come al solito, con la massima gradualità, in modo daportarvi alla meta ... senza scossoni. Nel prossimo paragrafo, perciò, cilimiteremo a considerare una particolare classe di circuiti (quelli soltantoresistivi), in cui il passaggio dal regime stazionario a quello non stazionario noncomporterà concettualmente alcuna novità: sarà soltanto questione di ... pazienza(e Spice, vedrete, ci verrà in aiuto ancora una volta per risparmiare fatica).Nei paragrafi successivi, invece, entreremo davvero nel vivo delle questioni,affrontando i veri ‘fatti nuovi’ che nascono nel funzionamento non stazionario, eche - come vedremo - traggono origine dal fatto che dovremo prendere inconsiderazione componenti nuovi (diversi da quelli finora considerati), e che sicomportano in modo concettualmente e praticamente diverso dai resistori.Ma ... andiamo per gradi ed esaminiamo una cosa alla volta.

6.2 Circuiti resistivi in condizioni di funzionamento non stazionario

In questo paragrafo, ci limiteremo a prendere in considerazione circuiti dellostesso tipo di quelli di cui ci siamo occupati nella prima parte, con una importantedifferenza: i generatori (di tensione o corrente) che li ‘alimentano’ non sono piùstazionari, bensì, come si dice in gergo, tempo varianti. Chiariamo subito cosa sia,ad esempio, un generatore di tensione tempo variante. È molto semplice: è un

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bipolo la cui tensione ai morsetti è assegnata come funzione del tempo, cheindicheremo solitamente con e(t), indipendentemente dai circuiti nei quali ilgeneratore stesso può essere inserito. Fra un attimo, faremo degli esempi, emostreremo pure come sia possibile realizzare, almeno in linea di principio, similioggetti. Per ora, comunque, quel che ci preme sottolineare è che l’unica differenzaesistente fra un generatore indipendente di tensione stazionaria e uno tempovariante è che, nel primo caso, la tensione ai morsetti è rappresentata da unnumero assegnato (e quindi costante nel tempo), mentre, nel secondo caso, èrappresentata da un’assegnata funzione del tempo e(t). In entrambi i casi,comunque, il generatore è in grado di erogare qualsiasi valore di corrente(anch’essa, in generale, funzione del tempo) a seconda dei circuiti nei quali esso èinserito. Per non lasciare le cose troppo nel vago, mostriamo subito come siapossibile concepire generatori tempo varianti, purché si disponga di unsemplicissimo bipolo, il cosiddetto interruttore ideale. Naturalmente, i verigeneratori tempo varianti sono fatti diversamente, e ce ne occuperemodiffusamente in altri volumi di questa collana, specie quello dedicato alle‘Macchine Elettriche’; per il momento, quel che ci accingiamo a dire è più chesufficiente per i nostri scopi. Cos’è, dunque, un interruttore ideale?

T

Figura 6.1: simbolo dell’interruttore ideale.

Un semplicissimo bipolo che presenta due possibili stati di funzionamento, indicatisolitamente come chiuso e aperto (oppure, in gergo, on e off): il punto essenziale èche il passaggio da uno stato all’altro è deciso da noi, a piacer nostro premendo untasto, pigiando un pulsante, o in qualsiasi altro modo. I due stati dell’interruttoreideale corrispondono a quello di corto circuito ideale (interruttore ‘chiuso’, o in‘on’), e di circuito aperto ideale (interruttore ‘aperto’, o in ‘off’). Per questomotivo, l’interruttore ideale è solitamente rappresentato graficamente come inFigura 6.1, nella quale il tasto T si suppone mobile in modo da poter essere chiusoe riaperto a nostro piacimento (in Figura 6.1, è in posizione aperto, ovviamente).Ritornando ora al modo in cui si possa concepire, almeno in linea di principio, unsemplicissimo generatore di tensione tempo variante, basta pensare a unbipolo del tipo schematizzato in Figura 6.2.

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+

+

A

B

+

−E1

E2

I2I1e(t)

Figura 6.2: un semplice generatore di tensione tempo variante.

Esso è costituito, come si vede, da due generatori indipendenti di tensionestazionaria di f.e.m. rispettive E1 e E2, nonché dagli interruttori ideali I1 e I2,disposti come in Figura 6.2.

+

+

A

B

+

−E1

E2

I2I1e(t) = E1

Figura 6.3: l’interruttore I1 è aperto, I2 è chiuso.

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È facile rendersi conto che la tensione che si presenta ai morsetti del bipoloequivalente A-B dipende dagli stati dei due interruttori ideali. Se, infatti, teniamoaperto I1 e chiuso I2, come in Figura 6.3, la tensione ai morsetti A-B è pari allaf.e.m. E1. Per convincersene, basta applicare la LKT alla magliaA - I2 - E1 - B - A. Se, invece, chiudiamo I1 e apriamo I2, come in Figura 6.4, latensione tra A e B diventa pari alla somma E1 + E2. Possiamo quindi concludereche, manovrando a piacere i due interruttori ideali, siamo facilmente in grado diconcepire un generatore di tensione tempo variante, la cui tensione ai morsetti A eB cambi nel tempo in maniera largamente arbitraria (pur essendo, in questo caso,costante a tratti).

+

+

A

B

+

−E1

E2

I2I1e(t) = E1 + E2

Figura 6.4: l’interruttore I1 è chiuso, I2 è aperto.

e(t)

t0 t1 t2 t3 t4 t5 t6

E1

E1 + E2

Figura 6.5: un possibile andamento temporale della tensione e(t).

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In Figura 6.5 abbiamo riportato una esempio di tensione variabile a tratti.

Sapreste dire cosa accade quando entrambi gli interruttori sono chiusi?È ovvio, inoltre, che, se invece di disporre di due soli generatori stazionari ealtrettanti interruttori, si dispone di quanti si vuole generatori stazionari di f.e.m.qualsiasi e interruttori, è possibile costruire molto facilmente generatori tempovarianti la cui tensione ai morsetti possa essere assegnata praticamente a piacerecome funzione del tempo e(t), come, ad esempio, quella mostrata in Figura 6.6.

e(t)

t0

Figura 6.6: una ‘forma d’onda’ un po’ più complicata.

In maniera del tutto simile, naturalmente, possono essere definiti e concepiti igeneratori indipendenti di corrente tempo varianti: si tratta di bipoli che eroganocorrenti i(t) il cui andamento nel tempo è assegnato indipendentemente dai circuitinei quali sono inseriti, mentre le tensioni ai loro capi possono essere, in linea diprincipio, arbitrarie.A questo punto, armati di questi nuovi dispositivi, non ci resta che provare astudiare il funzionamento di qualche semplice esempio di circuito contenentesoltanto generatori tempo varianti, nonché resistori.Ciò che va chiarito ancora una volta, ove ce ne fosse ancora bisogno, è che i mezzicui faremo ricorso sono sempre gli stessi, e cioè le onnipresenti LKC e LKT,nonché le caratteristiche dei bipoli e dei doppi bipoli presenti nei circuiti: enull’altro!Consideriamo, allora, il semplicissimo circuito rappresentato in Figura 6.7, in cuisi suppone che il generatore di tensione sia tempo variante, e che la sua f.e.m. siaquella rappresentata nella stessa figura con E1 = 100 V, E2 = 50 V, E3 = - 100 V,t1 = 20 s, t2 = 70 s, t3 = 110 s. Siano, inoltre, R = 20 Ω e R1 = R2 = 10 Ω.

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e(t)

t0

E1

E2

E3

t2 t3t1

+

−e(t) R1 R2

Ri

i1 i2

Figura 6.7: primo esempio di circuito tempo variante.

Dopo aver compiuto le operazioni di rito (scelta delle correnti sui diversi rami),ci proponiamo di determinare innanzitutto le correnti i(t), i1(t) e i2(t) circolanti nelcircuito.A questo scopo, basterà considerare i tre intervalli di tempo, distinti fra loro, incui la e(t) assume separatamente i tre valori costanti, E1, E2 e E3, e risolvere ilcircuito in ciascuno dei tre casi come se fosse, di per sé, in regime stazionario (ecioè dimenticandosi temporaneamente degli altri due). Si tratterà, insomma, dirisolvere per tre volte, consecutivamente, lo stesso circuito, cambiando soltanto laf.e.m. del generatore presente.

+

−e(t)

Ri

R0

Figura 6.8: circuito semplificato.

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18 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Ormai, siete diventati bravi a risolvere circuiti, e concluderete subito che, inultima analisi, R1 e R2 sono fra loro in parallelo e possono essere sostituiti da unresistore R0 = 5 Ω, posto in serie a R, come mostrato in Figura 6.8.

La soluzione è dunque immediata, perché, in corrispondenza dei diversi valori dif.e.m. del generatore, si ha:

• per t compreso tra 0 s e 20 s, e(t) = 100 V, e quindi

i = 10025

A = 4 A , i1 = i2 = i2

= 2 A ;

• per t compreso tra 20 s e 70 s, e(t) = 50 V, e quindi

i = 5025

A = 2 A , i1 = i2 = i2

= 1 A ;

• per t compreso tra 70 s e 110 s, e(t) = - 100 V, e quindi

i = - 10025

A = - 4 A , i1 = i2 = i2

= - 2 A .

Si vede che, ovviamente, le tre correnti i i1 e i2 variano anch’esse nel tempo comela e(t). In Figura 6.9 è riportato l’andamento della sola i(t), per semplicità.

t0 t2 t3t1

i(t)

42

- 4

Figura 6.9: andamento temporale della corrente i(t).

A questo punto, il metodo di soluzione di circuiti di questo tipo dovrebbe esserechiaro, e può essere riassunto così: indipendentemente dalla variabilità nel tempodel generatore (o dei generatori) presente basta risolvere il circuito in ogni istante

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19 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

come se fosse in regime stazionario, utilizzando naturalmente i valori deigeneratori (di tensione e di corrente) effettivamente presenti in ciascuno degliistanti considerati. Si tratta, in ultima analisi, di armarsi si pazienza, e ripeteretante volte i calcoli fino a ottenere tutti i risultati che si desiderano.Anche in questo caso, come si accennava in precedenza, Spice può esserci digrande aiuto, facendoci risparmiare fatica perché c’è addirittura una sua specificaistruzione che ci consente di fare automaticamente col computer ciò che altrimentidovremmo fare ‘a mano’: si tratta dell’istruzione ‘.DC’.Fino ad ora abbiamo imparato a risolvere una rete in continua con Spice e aricavare alcune informazioni come la potenza erogata dai generatori indipendentidi tensione. L’istruzione ‘.DC’ permette di risolvere una rete quando ungeneratore indipendente varia entro un intervallo di valori. Consideriamo dinuovo l’esempio disegnato in Figura 6.10, descritto delle istruzioni, di seguitoriportate.

Esempio 1* Esempio di circuito in continuaR1 1 3 2R2 1 2 4R3 3 0 10R4 2 0 4VE 1 0 100IJ 2 3 4.END

R4R3

R2R1

I1

I3

I2

I4

J

E

I

1

23

0

+

E = 100 VJ = 4 AR1 = 2 ΩR2 = 4 ΩR3 = 10 ΩR4 = 4 Ω

Figura 6.10: un esempio per illustrare l’uso dell’istruzione ‘.DC’.

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L’istruzione (inserita proprio prima dell’istruzione ‘.END’)

.DC VE 90 110 1

fa sì che l’analisi in corrente continua venga effettuata considerando il generatoredi tensione VE che assume valori tra 90 V e 110 V con un incremento di 1 V. Inaltri termini, Spice risolve il circuito una volta per VE = 90 V, poi perVE = 91 V, fino a VE = 110 V.Per ogni valore del generatore VE potete richiedere, mediante l’istruzione‘.PRINT DC’, la stampa di una o più grandezze di interesse e otterrete nel file diuscita una tabella in cui la prima colonna contiene i valori assunti dal generatoreche varia e le successive contengono le grandezze richieste.Si noti che non conta il valore 100V che compare nella riga in cui definiamo ilgeneratore che faremo variare

VE 1 0 100 ,

in quanto esso sarà sostituito dal valore di volta in volta imposto dall’istruzione‘.DC’. Tale valore, di solito, viene posto a zero proprio per ricordare che ilgeneratore è incluso in un istruzione ‘.DC’.L’istruzione ‘.DC’ permette anche di far variare due generatori indipendenticontemporaneamente; questa possibilità è particolarmente utile per ricavare lecaratteristiche di uscita dei doppi bipoli (per esempio, del transistore)

.DC VE 90 110 1 IJ 0 4 0.5 .

Stavolta facciamo variare anche il generatore IJ tra 0 A e 4 A con incrementi di0.5 A. Il file di uscita conterrà ancora una tabella in cui per ogni valore di VEavremo i valori assunti dalle grandezze richieste per tutti i valori di IJ.Per ottenere nella tabella anche i valori assunti da IJ bisogna ricorrere a ungeneratore di tensione usato come amperometro, posto in serie a IJ.

Prima di concludere questo paragrafo, è importante fare un’ultima osservazione,che ci riuscirà utile più avanti nei paragrafi seguenti.L’osservazione, peraltro semplicissima, è che tutto quello che abbiamo detto inquesto paragrafo può essere riassunto così: per risolvere qualsiasi circuitoresistivo, alimentato da generatori tempo varianti, basta scrivere le equazioni delcircuito lasciando soltanto indicate le funzioni che rappresentano le f.e.m. deigeneratori di tensione (e le correnti di quelli di corrente), e risolvere, senza

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specificare in partenza il valore di t al quale si riferiscono. Con riferimento, adesempio, al circuito di Figura 6.8, basta scrivere la soluzione generale, valida perogni t, nella forma:

i(t) = e(t)R + R0

, i1(t) = i2(t) = i(t)2

.

Il punto importante è che, in questo modo, la soluzione generale del problema,valida per ogni t, è stata ottenuta scrivendo e risolvendo equazioni nelle qualicompare il ‘parametro’ esprimente l’istante di tempo t, che, in partenza, puòassumere qualsiasi valore, a patto che, ad ogni suo valore, corrisponda nelleequazioni il valore ‘giusto’ (e cioè corrispondente allo stesso t) di e(t).

6.3 Bipoli con memoria: l’induttore e il condensatore ideali

Se tutti i circuiti funzionanti in condizioni variabili nel tempo fossero del tipo cheabbiamo trattato nel paragrafo precedente, potremmo dire di avere praticamenteconcluso il nostro studio dell’intera Teoria dei circuiti, e di poter terminare quiquesto libro. Ma, per fortuna, le cose non stanno così.Per ... sfortuna, altro che per fortuna, penserete voi: sarebbe bello poter smetteredi studiare tutta questa roba, sapendo di aver già imparato tutto quello che c’è daimparare. E, invece, sarebbe proprio un gran male, se le cose stessero così, perchél’utilizzazione dell’energia elettrica si ridurrebbe, in ultima analisi,all’illuminazione, al riscaldamento e a poco più. Non disporremmo, invece, dellesconfinate possibilità che sono offerte dai fenomeni fondamentalidell’Elettromagnetismo e delle sue bellissime leggi. Non disporremmo, adesempio, delle onde elettromagnetiche, e quindi di radio, TV, telefoni satellitari,radar, né delle infinite opportunità offerte dall’Informatica e dalla Telematica, coni loro computers, le loro reti (Internet in testa alle altre), né delle insostituibiliapparecchiature biomediche che consentono oggi di curarci (TAC, NMR, PET).In ultima analisi, converrete facilmente anche voi che, senza tutte queste cose, ilmondo sarebbe incomparabilmente più ‘povero’ di opportunità di ogni tipo.Ma, per fortuna, dicevamo, le cose non stanno così.E, a guardare bene, la ragione ultima per cui i circuiti funzionanti in condizionivariabili nel tempo offrono le sconfinate possibilità che offrono è che, oltre aigeneratori tempo varianti e ai bipoli e doppi bipoli resistivi, esistono altri tipi dicomponenti, che si comportano in modo completamente diverso, e cheindicheremo genericamente come componenti dotati di memoria (in opposizione airesistori che, come vedremo subito, ne sono invece privi).

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22 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Tra questi ‘nuovi’ tipi di componenti che ci accingiamo a introdurre subito, i piùsemplici e senza dubbio più importanti sono:

• l’induttore ideale;• il condensatore ideale.

In questo paragrafo, cominceremo col definire che cosa essi siano; li esamineremouno alla volta, e ne spiegheremo più chiaramente possibile il funzionamento dalpunto di vista circuitale. Ci sforzeremo inoltre di spiegare bene i motivi per cuiessi si comportano in modo totalmente diverso dai resistori, e offrono quindiopportunità che i resistori stessi neppure si sognano.Quel che, invece, non potremo fare (perché non ne abbiamo ancora gli strumenticoncettuali), è spiegarvi cosa c’è davvero dentro ciascuno di questi bipoli, né comefunzionano dal punto di vista fisico. Ma questo sarà compito del volume in cuitratteremo le leggi dell’Elettromagnetismo. Per ora, andiamo come al solito pergradi, e facciamo una cosa alla volta: impariamo a usarli nei circuiti.

L’induttore ideale

Abbiamo più volte detto che, in regime stazionario, definire un bipolo dal puntodi vista circuitale vuol dire, in ultima analisi, assegnarne la caratteristica statica, ecioè la funzione che consente di determinare il valore della tensione V daapplicare ai morsetti del bipolo quando si vuole che la corrente che in esso circolivalga I [oppure, viceversa, determinare I quando sia nota V].Ricordiamo, ad esempio, che la caratteristica statica di un resistore è esprimibilecome

V = ± R I , con R ≥ 0 , (6.1)

(il segno a secondo membro è ‘+’, se si è fatta per il resistore la convenzionedell’utilizzatore; il segno ‘-’, in caso contrario). Non a caso, una caratteristica diquesto tipo è detta statica, poiché il tempo t non vi figura in alcun modo.Diremo invece che una caratteristica è dinamica, se il tempo t vi compare in modoesplicito. D’altra parte, è anche ovvio che - se proprio lo desideriamo - non civuole molto a far comparire la variabile t in una relazione del tipo (6.1); basta,infatti, dire che essa vale in ogni istante di tempo, e scrivere quindi:

v(t) = ± R i(t) , con R ≥ 0 . (6.2)

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23 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Con ciò, la variabile t è presente, questa volta, e la (6.2) potrebbe essere vista nonpiù come una caratteristica statica, bensì dinamica. In realtà, però, quello di cuistiamo parlando è un fatto di forma, più che di sostanza, perché la (6.2) non dicenulla di più di quanto dica la (6.1), e cioè che, in ogni istante t, per ottenere v(t) aquell’istante, basta moltiplicare per R (a parte il segno ‘±’) il valore della i(t) nellostesso istante. E tutto questo era già contenuto anche nella (6.1), pur senzaesplicitare la variabile t.Le cose stanno, invece, in modo completamente diverso per l’induttore ideale,perché, come vedremo fra un attimo la sua caratteristica è davvero dinamica, ecioè contiene la variabile t in maniera sostanziale e non soltanto formale.

i(t)

v(t)+ −

L

Figura 6.11: simbolo dell’induttore ideale.

L’induttore ideale, solitamente rappresentato nei circuiti come indicato in Figura6.11, è un bipolo la cui caratteristica è, per definizione

v(t) = ± L ddt

i(t) , con L ≥ 0 , (6.3)

nella quale L è un numero (non negativo) che caratterizza l’induttore (come laresistenza caratterizza il resistore), prende il nome di induttanza (oppurecoefficiente di autoinduzione) dell’induttore, e si misura in henry (H). Inoltre, ilsegno a secondo membro della (6.3) è ‘+’ se si è fatta per l’induttore laconvenzione dell’utilizzatore (come in Figura 6.11); è ‘-’ in caso contrario(convenzione del generatore).Come si vede, la (6.3) è una vera caratteristica dinamica, poiché la variabile t vifigura in maniera sostanziale attraverso l’operazione di derivata rispetto a t dellafunzione i(t), a secondo membro. In altre parole, non è possibile, in questo caso,eliminare la variabile t, senza che nulla cambi (come è, invece, possibile per lacaratteristica del resistore). Eliminare la variabile t, infatti, obbligherebbe a

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24 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

eliminare anche la derivata della funzione i(t) rispetto a t. Ma, eliminare laderivata equivarrebbe a ... ‘gettar via il bambino insieme con l’acqua sporca’.Per essere il più possibile chiari, sottolineiamo che, per ottenere il valore dellatensione v(t) a un dato istante t, occorre moltiplicare per il numero L non ilvalore di i(t) allo stesso istante t, bensì il valore della derivata rispetto a t dellacorrente, calcolata nello stesso istante t. Tutto ciò conferma, come si vede,l’aspetto sostanziale e non formale della presenza della variabile t in unacaratteristica dinamica come la (6.3).

Chiariti questi primi punti essenziali, ci proponiamo ora di mettere in evidenza ledifferenze fondamentali che passano fra il comportamento circuitale di unresistore e quello di un induttore ideale. A questo scopo, mettiamo a confronto leprincipali differenze che derivano dalle caratteristiche dei due componenti (persemplicità, facciamo per entrambi la convenzione dell’utilizzatore).

Resistore

A) Caratteristica:

v(t) = R i(t) , con R ≥ 0 .

B) In ogni istante t, per un fissato valore di i, resta determinato (per una data R)il valore di v nello stesso istante. Ad esempio sia R = 10 Ω e t = 2 s; peri(2) = 5 A, si ha v(2) = 10 ⋅ 5 = 50 V.Se, poi, si prova a variare bruscamente (cioè di ‘scatto’) il valore della tensioneapplicata, portandolo istantaneamente, che so, a 100 V, la corrente cambiaanch’essa istantaneamente, portandosi, in questo esempio, a 10 A. La stessa cosa siverifica, ovviamente, se, invece che aumentare la tensione applicata, la riduciamo:la corrente si riduce anch’essa istantaneamente nella misura imposta dallacaratteristica del resistore. In altre parole, la corrente nel resistore ‘risponde’istantaneamente alle variazioni di tensione applicata senza alcuna ‘esitazione’. Ècome una automobile che abbia una ‘ripresa’ fortissima: è sufficiente schiacciarel’acceleratore perché l’auto acceleri istantaneamente. In questo senso, è come se ilresistore non avesse alcuna memoria della situazione in cui si trovava a funzionareprima che facessimo variare la tensione ad esso applicata.C) La caratteristica statica può essere rappresentata con un grafico.D) La tensione v è sempre dello stesso segno di i, perché R è positiva. Ne derivache le cariche positive, in un resistore, ‘cadono’ sempre dai punti a potenziale piùalto a quelli a potenziale più basso.

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25 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

E) La potenza elettrica assorbita è, in ogni istante, trasformata tutta in calore pereffetto Joule. Il resistore è come un colabrodo che non riesce a trattenerenemmeno un po’ di energia elettrica.

Induttore

A) Caratteristica:

v(t) = L ddt

i(t) , con L ≥ 0 .

B) In ogni istante t, per un fissato valore di i, v può assumere qualsiasi valorenello stesso istante. Ad esempio, sia L = 2 H e t = 2 s; consideriamo due casi tipici:

• i1(t) = 2.5 t ; i1(2) = 2.5 ⋅ 2 = 5 A ; •• i2(t) = 10/t ; i2(2) = 10/2 = 5 A ,

nei quali i(2) ha lo stesso valore (5A). Calcoliamo, ora, nei due casi, lecorrispondenti tensioni, ottenendo:

• ddt

i1(t) = ddt

2.5 t = 2.5 ;

•• ddt

i2(t) = ddt

10t

= - 10t2

.

Quindi:

• v1(2) = 2 ⋅ 2.5 = 5 V ;

•• v2(2) = - 2 ⋅ 104

= - 5 V ≠ v1(2) !

Come si vede, v2(2) è addirittura di segno opposto, in questo caso particolare, av1(2), a parità di corrente nell’istante considerato.

Il punto centrale da capire è che, nell’induttore, un brusco aumento della tensioneapplicata non provoca un aumento altrettanto brusco della corrente (come avviene,invece, nel resistore), ma soltanto una accelerazione nella crescita della corrente.Da questo punto di vista, l’induttore è come un’auto dotata di scarsa ‘ripresa’ (e la

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26 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

ripresa è tanto peggiore quanto maggiore è l’induttanza L!). Quando ‘schiacciamol’acceleratore’ della tensione applicata, la corrente aumenta, sì, ma con gradualità,non istantaneamente: è proprio come se l’induttore conservasse una certa memoriadella condizione in cui funzionava prima. Per questo, lo consideriamo dotato dimemoria.

i1(t)

i2(t)

t0 t0

I0

Figura 6.12: intersezione tra due correnti.

Per rendere il fenomeno ancora più evidente, osserviamo esplicitamente chediverse funzioni i(t) possono avere, nello stesso istante, lo stesso valore, ma diversivalori della derivata rispetto a t, come suggerisce la Figura 6.12.All’istante t0, sia i1(t) che i2(t) hanno il valore I0, ma la derivata di i1(t) è positiva(la curva è inclinata verso l’alto), mentre la derivata di i2(t) è negativa (la curva èinclinata verso il basso).C) La funzione che descrive la caratteristica statica non esiste, e non può quindiessere rappresentata da alcun grafico.D) Il segno di v non dipende da quello di i, perché dipende dal segno delladerivata di i. Ne deriva che le cariche positive, in un induttore, possono sia‘cadere’ dai punti a potenziale più alto, sia fare il contrario, cioè ‘risalire’ daipunti a potenziale più basso a quelli a potenziale più alto.E) La potenza elettrica assorbita da esso è, in ogni istante, immagazzinata eneppure una piccola parte viene trasformata in calore. L’induttore è come unserbatoio di energia privo completamente di buchi. L’energia (detta magnetica inquesto caso) accumulata in un induttore è data, in ogni istante da:

UL = 12

L i(t) 2 . (6.4)

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27 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Essa dipende, quindi, soltanto dal valore della corrente che circola nell’induttorein quell’istante (e non dalla tensione applicata ai suoi morsetti).In regime stazionario, l’induttore si riduce a un semplice corto circuito, poiché i ècostante nel tempo, e la sua derivata è quindi nulla. Si ha, dunque:

v(t) = L ddt

i(t) = L ⋅ 0 = 0 !

Ecco perché, in regime stazionario, non ne abbiamo proprio parlato.

Il condensatore ideale

Il condensatore ideale, schematizzato solitamente nei circuiti come in Figura 6.13,è un bipolo la cui caratteristica è, per definizione:

i(t) = ± C ddt

v(t) , con C ≥ 0 , (6.5)

nella quale C è un numero (non negativo) che caratterizza il condensatore (comel’induttanza L caratterizza l’induttore), prende il nome di capacità delcondensatore, e si misura in farad (F); inoltre, al secondo membro della (6.5), ilsegno presente è ‘+’ se si è fatta la convenzione dell’utilizzatore (come in Figura6.13); altrimenti, se cioè si è fatta la convenzione del generatore, il segno è ‘-’.

i(t)

v(t)

+ −

C

Figura 6.13: simbolo del condensatore ideale.

Come si vede, anche in questo caso (come per l’induttore), la (6.5) rappresentauna caratteristica dinamica ‘vera’, poiché la variabile t vi figura in manierasostanziale attraverso l’operazione di derivazione proprio rispetto alla variabile t!

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28 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Dal punto di vista circuitale, il condensatore si comporta in maniera per così dire‘simmetrica’ (in gergo, si dice duale), rispetto all’induttore. In parole povere, ciòsignifica che tutto quello che abbiamo detto a proposito dell’induttore, possiamoripeterlo a proposito anche del condensatore, a patto di scambiare sempre tra lorole parole tensione e corrente. Così, ad esempio, potremo dire che, in ogni istante,il valore della corrente circolante nel condensatore è indipendente dal valore dellatensione applicata in quello stesso istante al condensatore, ma è inveceproporzionale alla derivata nel tempo di questa tensione.Similmente, le cariche positive possono, nel condensatore, tanto ‘cadere’ dai puntia potenziale più alto a quelli a potenziale più basso, quanto ‘risalire’ in sensoinverso, a seconda del segno della derivata nel tempo della tensione. Continuandonelle analogie con l’induttore, anche il condensatore è come un’auto con ‘scarsaripresa’ (tanto peggiore, quanto maggiore è la capacità): un brusco aumento dellacorrente non determina un altrettanto brusco aumento della tensione.In regime stazionario, il condensatore si riduce a un semplice circuito aperto, datoche

i(t) = ± C ddt

v(t) = 0 !

Per questo, non se ne era parlato.Anche il condensatore è un perfetto serbatoio di energia elettrica, senza buchi.L’energia immagazzinata in un condensatore, in ogni istante, dipende soltantodalla tensione applicata ai suoi morsetti, e vale:

UC = 12

C v(t) 2 . (6.6)

Per motivi del tutto analoghi a quelli validi per l’induttore, anche il condensatoreideale è considerato, evidentemente, bipolo ‘dotato di memoria’.Prima di concludere questo paragrafo, va detto che, naturalmente, i componentiche, nella pratica, vanno sotto i nomi di induttore e condensatore (‘reali’, non‘ideali’) si comportano in maniera simile a quelli ideali, ma non identica. Laprincipale differenza è che anch’essi sono, nella realtà, soggetti sia a pur piccole‘perdite’ di energia: ciò significa che, inevitabilmente, durante il funzionamento diun induttore o di un condensatore reale, una frazione sia pur modesta (di solito,non superiore a qualche percento), della potenza elettrica assorbita si trasforma incalore, ed è quindi trasmessa all’ambiente esterno (come una piccola stufetta, infondo). Come i resistori e tutti gli altri componenti, anche gli induttori e icondensatori reali hanno, infine, una targa che serve a individuarne le effettive

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29 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

caratteristiche, anche dal punto di vista pratico. I dati di targa, solitamente,contengono, per entrambi i bipoli, due informazioni essenziali:

• per l’induttore l’induttanza L (in H), e la corrente nominale (in A),oppure l’energia magnetica nominale (in J);

• per il condensatore la capacità C (in F), e la tensione nominale (in V),oppure l’energia elettrica nominale (in J).

È ovvio, infatti, che componenti destinati a immagazzinare energia dell’ordine diqualche joule dovranno avere dimensioni ben diverse da quelli destinati aimmagazzinare energia migliaia di volte (o, addirittura, milioni di volte) piùgrandi. Per rendere più concrete le cose dette, discutiamo un paio di esempi (neiquali assumiamo che il tempo t sia misurato in secondi: per questo, quandoscriveremo t = 3, intendiamo t = 3 s).

Esempio 1 - Un condensatore, supposto scarico all’istante t = 0 e di capacitàC = 2 F, viene alimentato dalla tensione

v(t) = 6 t .

Determinare la potenza e l’energia assorbite nell’intervallo 0 ≤ t ≤ 10.

0

10

20

30

40

50

60

70

0 2 4 6 8 10

t

v(t)

i(t)

i(t)

v(t)

+ −

C = 2 F

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30 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Cominciamo col fare per il condensatore la convenzione dell’utilizzatore comemostrato nella figura precedente. Si ha, allora (ricordate che la derivata dellasemplice funzione f(t) = t è costante e pari a uno):

i(t) = C ddt

v(t) = 2 ddt

(6 t) = 12 ddt

(t) = 12 .

Venendo alla potenza e all’energia assorbite, non è difficile concludere che

p(t) = + v(t) i(t) = 72 t .

L’energia, invece, è pari a

UC(t) = 12

C v(t) 2 = 36 t2 .

Queste due grandezze sono rappresentate nella figura che segue (i valori dellapotenza sono espressi, come al solito, in watt, quelli dell’energia in joule). Vale lapena notare che, come già sappiamo, tra esse sussiste la relazione generale:

p(t) = ddt

UC(t) .

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

0 2 4 6 8 10

t

p(t)

UC(t)

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31 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Esempio 2 - Un induttore, supposto scarico all’istante t = 0 e di induttanzaL = 1 H , viene alimentato dalla corrente (il cui grafico è riportato nella figura chesegue):

i(t) =

2 t , per 0 ≤ t ≤ 2 ;

8 - 2 t , per 2 ≤ t ≤ 4 ;

0 altrove .

Determinare l’andamento della potenza e dell’energia istantanea assorbita.

L’esempio richiede la determinazione della potenza e dell’energia assorbitedall’induttore. Fatta la convenzione dell’utilizzatore, cominciamo a calcolare latensione v(t) prodotta dalla corrente di alimentazione i(t):

v(t) = L ddt

i(t) .

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

5

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

t

i(t)

v(t)

i(t)

+ −

L = 1 H

v(t)

Adoperando questa relazione e ricordando le principali regole di derivazione, nonè difficile concludere che

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32 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

v(t) =

2 , per 0 ≤ t ≤ 2 ;

- 2 , per 2 ≤ t ≤ 4 ;

0 altrove .

Comunque, tutto ciò che vi serve per verificare questo risultato è rappresentatodalle formule

ddt

t = 1 , ddt

K = 0 ,

dove K è un qualsiasi numero. Nella figura precedente sono rappresentate le duefunzioni, corrente e tensione, nell’intervallo 0 ≤ t ≤ 4; al di fuori di questointervallo, esse sono nulle.Per determinate le potenza, basta eseguire il prodotto

p(t) = + v(t) i(t) =

4 t , per 0 ≤ t ≤ 2 ,

4 t - 16 , per 2 ≤ t ≤ 4 ,

0 , altrove ,

mentre l’energia magnetica immagazzinata è data dalla formula

UL(t) = 12

L i(t) 2 =

2 t2 , per 0 ≤ t ≤ 2 ,

32 + 2 t2 - 16 t , per 2 ≤ t ≤ 4 ,

0 , altrove .

La potenza e l’energia sono rappresentate, sempre nell’intervallo 0 ≤ t ≤ 4, nellafigura che segue.

Infine, riportiamo le istruzioni Spice per individuare un condensatore, ad esempiodi 1 mF, connesso tra i nodi 2 e 0:

C1 2 0 1e-3 ,

in cui C1 è il nome scelto. La prima lettera del nome deve essere sempre una C.In maniera analoga per un induttore di valore, ad esempio 7 mH, connesso tra inodi 3 e 4, la sintassi è:

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33 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

L23 3 4 7e-3 ,

in cui il nome scelto è L23. Notate che per individuare un induttore la primalettera è sempre una L.

-20

-15

-10

-5

0

5

10

15

20

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

t

p(t)

UL(t)

Più avanti vedremo come utilizzare le condizioni iniziali per tali elementi amemoria.

6.4 Altri componenti dotati di memoria: il mutuo induttore

Oltre agli induttori e ai condensatori, molti altri componenti (sia bipoli che doppibipoli) sono dotati di caratteristiche dinamiche (e non statiche), e sono moltodiffusi nelle applicazioni pratiche, sia di tipo elettrico che elettronico.Basti pensare ai cosiddetti induttori e condensatori variabili che sono componentinei quali l’induttanza L e la capacità C possono essere fatte variare da noi (almenoentro certi limiti) a piacere. In fondo, quando sintonizziamo la radio oppure la TVsu un dato canale, quel che facciamo è proprio far variare l’induttanza oppure lacapacità di uno di questi componenti (ma di questo, parleremo altrove, piùdettagliatamente).Per il momento, non occorre specificare meglio quali siano le caratteristiche diquesti bipoli, né quelle di altri, come gli induttori e i condensatori non lineari. Èinvece importante introdurre subito due particolari doppi bipoli, che useremo

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34 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

spesso nei capitoli restanti di questo libro: il cosiddetto trasformatore ideale e ilmutuo induttore, detto anche più semplicemente trasformatore (non ideale).

6.4.1 Trasformatore ideale

Il trasformatore ideale è un doppio bipolo lineare il cui funzionamento, con leconvenzioni fatte alle due porte in Figura 6.14, è definito dalle seguenticaratteristiche:

v2

(t) = 1a v1(t) ,

i2 (t) = - a i1(t) .

(6.7)

dove la costante a è detta rapporto di trasformazione; il simbolo del trasformatoreideale è riportato in Figura 6.14.

a : 1+

+

−v1(t) v2(t)

i2(t)i1(t)

Figura 6.14: simbolo circuitale del trasformatore ideale.

A stretto rigore, le (6.7) sono delle caratteristiche statiche (e non dinamiche),poiché la variabile t vi figura in maniera non essenziale (in sostanza, non vi sonoderivate rispetto a t). Per questo motivo, sarebbe stato possibile includere anche iltrasformatore ideale fra i doppi bipoli trattati nel volume dedicato ai circuiti inregime stazionario. Va detto, però, che il trasformatore ideale nella realtà nonesiste, mentre quello reale (che esiste ... e come!) presenta, come vedremo subito,caratteristiche dinamiche e non statiche. Per questo motivo, si è preferitoincludere anche il trasformatore ideale fra i doppi bipoli dinamici (pur essendo diper sé, privo di memoria).La potenza elettrica totale assorbita dal trasformatore ideale è nulla, in qualsiasicondizione di funzionamento. Si ha, infatti:

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35 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Pel-ass = + v1(t) i1(t) + v2(t) i2(t) = v1(t) i1(t) - 1a v1(t) a i1 (t) = 0 .

Esso, quindi, non dissipa, né immagazzina energia: si dice, in gergo, che ètrasparente alla potenza elettrica.

Una delle proprietà più importanti del trasformatore ideale può essere illustratadal circuito di Figura 6.15, in cui la porta secondaria è connessa a un resistorelineare, di resistenza R. In questo caso, si ha:

v1(t) = a v2(t) = - a R i2(t) = a2 R i1(t) . (6.8)

a : 1+

+

−v1(t) v2(t)

i2(t)i1(t)

R

Figura 6.15: una resistenza vista dal primario di un trasformatore ideale.

Ne segue che il bipolo equivalente ‘visto’ dai morsetti della porta primaria è unresistore di resistenza a2R.

+

−v2(t)

i2(t)

+

−v1(t)

i1(t)

+

−a v2(t) a i1(t)

Figura 6.16: realizzazione di un trasformatore ideale mediante generatoricontrollati.

Ricordando, infine, quanto detto nel capitolo riguardante i doppi bipoli, untrasformatore ideale può essere concepito mediante un generatore di correntecontrollato in corrente e un generatore di tensione controllato in tensione, come

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36 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

illustrato in Figura 6.16. Questo circuito equivalente suggerisce pure un modo disimulare con Spice il trasformatore ideale.

6.4.2 Mutuo induttore

Il mutuo induttore è, per definizione, un doppio bipolo, solitamente rappresentatonegli schemi circuitali come in Figura 6.17, individuato dalle seguenticaratteristiche dinamiche:

v1(t) = L1 d

dt i1(t) + M d

dt i2(t) ,

v2(t) = M ddt

i1(t) + L2 ddt

i2(t) , (6.9)

nelle quali L1 e L2 sono numeri non negativi che prendono il nome,rispettivamente, di induttanza primaria e secondaria, e sono misurati in henry (H),mentre M è un terzo parametro, che può essere sia positivo che negativo, dettomutua induttanza, misurato anch’esso in henry (H).

Fate attenzione al piccolo dettaglio che differenzia la Figura 6.17a dalla 6.17b: sitratta del ‘pallino’ della porta secondaria che è posto, rispettivamente, in altooppure in basso. Questa piccola differenza nella rappresentazione grafica ciinforma sul segno di M: se usiamo il simbolo di Figura 6.17a, stiamo dicendo cheM è positivo; viceversa, se usiamo il simbolo di Figura 6.17b, M è da ritenersinegativo. Un piccolo dettaglio che, però, fa ... una grande differenza!

I tre numeri L1, L2 e M sono soggetti, inoltre, ad un’altra fondamentalelimitazione, e cioè che, in ogni caso, e per qualsiasi trasformatore, vale sempre laseguente disuguaglianza:

M2 ≤ L1 L2 . (6.10)

Un trasformatore per il quale valga nella (6.10) il segno di uguale, e cioè siaM2 = L1 L2, viene detto ad accoppiamento perfetto. Per motivi che chiariremoaltrove, è conveniente pure introdurre la quantità adimensionale

k = ML1 L2

,

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37 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

detta coefficiente di accoppiamento. In forza della relazione (6.10), concludiamoimmediatamente che - 1 ≤ k ≤ 1.

Come si vede chiaramente, le caratteristiche (6.9) sono certamente dinamiche,poiché vi figurano le derivate rispetto alla variabile t delle correnti i1(t) e i2(t).Anche il mutuo induttore immagazzina energia magnetica (come il sempliceinduttore), e non dissipa potenza elettrica in calore. L’energia immagazzinata èesprimibile, in ogni istante, nella forma:

UM(t) = 12

L1 i1(t) 2 + 1

2 L2 i2(t)

2 + M i1(t) i2(t) . (6.11)

+

L1 L2

M

v1(t) v2(t)

i2(t)i1(t)

+

+

L1 L2

M

v1(t) v2(t)

i2(t)i1(t)

+

(b)

(a)

Figura 6.17: simboli circuitali del mutuo induttore.

Come si vede, questa energia è somma di tre termini distinti:

a) il primo termine corrisponde all’energia immagazzinata in un induttore diinduttanza L1, ed è sempre non negativo;b) il secondo termine corrisponde all’energia immagazzinata in un induttore diinduttanza L2, ed è anch’esso sempre non negativo;c) il terzo termine, invece, è il cosiddetto termine di energia mutua, e può esseresia positiva che negativa poiché tanto i1(t) e i2(t), che M possono assumere qualsiasisegno.

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38 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Quel che resta certo, però, è che la somma dei tre termini, e cioè l’intera energiamagnetica UM(t), espressa dalla (6.11), non può essere mai negativa: è positiva, oal minimo nulla, poiché il mutuo induttore è un componente passivo.

Più avanti, quando studieremo le macchine elettriche, torneremo più diffusamentesu questo fondamentale componente, le cui applicazioni sono, come vedremo,moltissime, e impareremo ad usarlo in maniera corretta in tutte le diversecondizioni di funzionamento. Ma, per ora, quel che abbiamo detto può ... bastare.

È appena il caso di dire, infine, che anche nei mutui induttori ‘reali’, un po’ diperdite ci sono, e quindi, un po’ della potenza elettrica assorbita si trasforma incalore.

6.5 Struttura generale della Teoria dei circuiti in condizioni variabilinel tempo

Siamo arrivati così al punto centrale di tutto questo libro, e cioè al momento in cuistiamo per presentarvi la Teoria dei Circuiti nella sua forma più generale, validanon soltanto in regime stazionario, bensì in qualsiasi condizione di funzionamento,variabile comunque nel tempo.Ricordate il quadro che vi presentammo nel paragrafo 2.5 dicendovi, allora, chequella era la ... Bibbia del circuitista, almeno per ciò che riguardava il regimestazionario?Bene. Vi sorprenderà forse (ma sarà certamente una ... gradita sorpresa)apprendere che quello stesso quadro continua a valere anche in condizioni variabilinel tempo, con la sola differenza che, in aggiunta ai componenti considerati inregime stazionario (tutti dotati di caratteristiche statiche e privi di memoria),dobbiamo aggiungere anche i seguenti nuovi tipi di componenti:

• generatori di tensione e di corrente tempo varianti;• interruttori ideali;• induttori, condensatori, mutui induttori, e altri componenti dotati dicaratteristiche dinamiche, e quindi di ‘memoria’.

Per il resto, non cambia nient’altro: questo è il bello!

Le LK rimangono inalterate, e debbono essere valide, naturalmente, in ogniistante. Pertanto, esse saranno enunciate come segue:

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39 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

LKCin ogni istante, la somma algebrica delle correnti che circolano nei terminalitagliati da una qualunque superficie Gaussiana è nulla;

LKTin ogni istante, quale che sia la maglia considerata, la somma algebrica delletensioni è nulla.

Il numero di equazioni indipendenti esprimenti la LKC è pari al numero di nodimeno uno, (n - 1) . Il numero di equazioni indipendenti esprimenti la LKT è paria r - (n - 1) , se r è il numero totale di rami dell’intero circuito. Il numero totaledi equazioni indipendenti esprimenti le LK è dunque pari a r, numero di rami.I modi per costruire un sistema di maglie indipendenti sono gli stessi che eranovalidi in regime stazionario (ricordate la procedura dell’albero).Il numero di equazioni indipendenti che esprimono le caratteristiche è pari alnumero di rami del grafo dell’intero circuito. Il numero totale di incognite è ildoppio del numero dei rami (una corrente e una tensione per ogni ramo).

Riassumendo, possiamo, quindi, presentarvi di nuovo il quadro che contienel’intera Teoria dei Circuiti nella sua forma più generale, valida sempre.

Teoria dei circuiti in regime dinamico qualsiasi

• Protagonisti: - bipoli, doppi bipoli e altri componenti;- le loro grandezze fondamentali [corrente (A), tensione (V)];- grandezze derivate [potenza (W) ed energia elettrica (J, o Wh)].

• Leggi generali: LKC e LKT, valide in ogni istante.

• Funzioni che descrivono il comportamento elettrico di ciascun componente: lecaratteristiche statiche o dinamiche.

E questa è, finalmente, la ... vera e definitiva Bibbia del circuitista!

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40 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

In conclusione, risolvere un circuito in condizioni di funzionamento variabilicomunque nel tempo significa pur sempre dover risolvere un sistema di 2requazioni in altrettante incognite: queste incognite, però, a differenza del regimestazionario, non sono più semplici numeri, bensì funzioni del tempo. Se è vero,quindi, che il passaggio dal regime stazionario al funzionamento variabile neltempo non richiede concettualmente grandi cambiamenti nella formulazione delproblema della risoluzione dei circuiti, occorre dire pure con la massimachiarezza che i calcoli da fare per risolvere un circuito si complicano non poco,poiché si tratterà di affrontare la soluzione di equazioni di tipo nuovo: lecosiddette equazioni differenziali. Naturalmente, quando diciamo equazioni nuoveci riferiamo allo studio che stiamo portando avanti in questo libro. Nella realtà,queste equazioni sono state studiate a fondo, a partire del secolo XVII (dai solitiNewton e Leibnitz), e sono state sviluppate poi nei secoli successivi da schiere diillustri matematici che ci hanno spiegato come fare a risolverle, e ci hanno fornitospesso abili ‘trucchi’ per risparmiare fatica. Quelli di voi che continueranno studidi carattere fisico-matematico all’Università ne impareranno molti.A noi, però, in questo libro tutto ciò interessa relativamente poco, poiché il nostroscopo principale non è quello di imparare tecniche e trucchi matematici, bensìquello di imparare a risolvere circuiti. A questo scopo, cercheremo di risparmiarefatica il più possibile, ricorrendo ogni volta che potremo a Spice, che funzionaegregiamente anche in condizioni variabili nel tempo.Prima, però, di ... abbandonarci nelle braccia di Spice, dobbiamo fare alcune coseche sono essenziali:

• darvi, con un semplice esempio, un’idea delle difficoltà connesse con la soluzionedi un’equazione differenziale, non fosse altro che per farvi capire almeno ledifficoltà che Spice vi consentirà di scansare;• distinguere i diversi possibili tipi di funzionamento in condizioni variabili neltempo, con lo scopo di capire bene quali siano i casi in cui davvero non potremofare altro che ricorrere a Spice, da quelli in cui, invece, come vedremo subito,potremo disporre di un semplice ‘trucco matematico’ (inventato, o meglio,riscoperto alla fine del secolo XIX) che ci consentirà di arrivare alla risoluzionedei circuiti in regime sinusoidale (o, in gergo, in corrente alternata), manierasemplicissima, e cioè, ‘a mano’, con carta e penna, senza ricorrere all’aiuto diSpice (non fosse altro che per controllare l’esattezza dei nostri risultati).Per questi motivi prenderemo in esame in maniera semi-quantitativa un sempliceesempio di circuito che richiede la soluzione di una semplice equazionedifferenziale. Poi, classificheremo i diversi tipi possibili di funzionamento incondizioni variabili nel tempo, e sottolineeremo quelli per i quali il ‘trucco

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41 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

matematico’ cui abbiamo fatto cenno prima funziona e ci consente di risolvere icircuiti ‘a mano’, da quelli in cui, invece, non avremo altra scelta se non ...imparare a usare correttamente Spice.

6.6 Un esempio di studio di circuito in condizioni variabili

Veniamo al semplice esempio di cui abbiamo parlato, e consideriamo il circuitoschematizzato, nella sua condizione iniziale di funzionamento, in Figura 6.18.

+

+ −−+ +

E L

R

i = 0

vRvI

vL

I

Figura 6.18: l’interruttore I è aperto.

Esso è costituito, come si vede, da un generatore indipendente di tensione di f.e.m.E costante nel tempo, collegato in serie, attraverso l’interruttore ideale I, a unresistore di resistenza R e a un induttore ideale di induttanza L.Nelle condizioni iniziali, cui la Figura 6.18 si riferisce, l’interruttore è aperto, el’induttore è supposto scarico, e cioè privo di energia immagazzinata. Ricordandola (6.4), ciò implica che nell’induttore, in queste condizioni, non circola alcunacorrente.Cominciamo col chiederci quale sia la soluzione del circuito in queste condizioni.La risposta è molto semplice e può essere ottenuta applicando, come sempre, leLK. Dopo aver compiuto le operazioni di rito (e avere quindi introdotto le diversegrandezze del circuito), applichiamo subito la LKC, la quale ci dice semplicementeche esiste un’unica corrente i che percorre tutti gli elementi del circuito, poichéessi sono in serie fra loro; aggiungendo, poi, che l’interruttore ideale è inposizione aperto, ed equivale quindi a un circuito aperto, il valore di questacorrente i non può che essere zero. Ne concludiamo, quindi, che, nelle condizioniindicate, l’intero circuito non è percorso da corrente.

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42 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Per quel che riguarda, poi, le tensioni, la LKT, applicata all’unica maglia esistente,è rappresentata dalla seguente equazione (nella quale inseriamo subito lacaratteristica del generatore):

E = vI + vR + vL . (6.12)

La caratteristica del resistore richiede che, essendo i = 0, anche vR = R i = 0. Perquel che riguarda, invece, la tensione vL, la caratteristica dell’induttore potrebbeconsentire un valore diverso da zero, soltanto a patto che la derivata rispetto a tdella corrente i fosse diversa da zero. D’altra parte, però, affinché ciò siapossibile, occorrerebbe che una corrente cominciasse a circolare nell’induttore (equindi anche negli altri elementi in serie ad esso). E ciò, finché l’interruttoreideale è aperto, non è possibile.Cosa dobbiamo dunque concludere? Che, fino a quando l’interruttore I è aperto, laLKT, espressa dalla (6.12), si riduce in realtà alle seguenti semplici condizioni:

vR = 0 , vL = 0 , vI = E .

Ciò significa che tutta la tensione del generatore di tensione si ritrova applicata aimorsetti aperti dell’interruttore ideale, e che, inoltre, questa situazione puòcontinuare per tempo indeterminato (e cioè stazionario), fino a quandol’interruttore I non verrà chiuso.Ammettiamo ora che, a un certo istante, che per comodità indicheremo con t = 0(l’istante in cui facciamo scattare il nostro cronometro), chiudiamo bruscamentel’interruttore I.

+

+ −−+ +

E L

R

vR

vL

vI = 0

i

I

Figura 6.19: l’interruttore I è chiuso.

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43 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Per comprendere cosa succede, cominciamo col rappresentare il circuito nella sua‘nuova’ condizione, mostrata in Figura 6.19. Questa volta, come si vede,l’interruttore I è in posizione ‘chiuso’, ed equivale dunque a un corto circuito; nederiva che la tensione vI applicata ai suoi morsetti non può che essere zero!Inoltre, essendo l’interruttore chiuso, una corrente i diversa da zero può oracircolare nell’intero circuito.Rispetto alla situazione precedente, è cambiato, per la verità, quasi tutto, e noi oraci proponiamo di esaminare proprio come cambia la condizione di funzionamentodel circuito dall’istante t = 0 in poi, e cioè per t ≥ 0. Proveremo a farlo ‘passo-passo’, e cioè seguendo i cambiamenti che via via intervengono dalla chiusuradell’interruttore in poi.Per fissare le idee anche da un punto di vista quantitativo, e non soltantoqualitativo, assegniamo dei valori numerici (i primi che ci capitano) ai diversiparametri E, R e L. Scegliamo, ad esempio: E = 100 V, R = 10 Ω, L = 2 H .Cominciamo ora a scrivere tutte le equazioni che governano il funzionamento delcircuito, e cioè le LK nonché le caratteristiche dei bipoli che compongono ilcircuito stesso.La LKC ci dice semplicemente (come già più volte sottolineato) che la stessacorrente i (da determinare istante per istante) circola in tutti i bipoli, poiché questisono in serie fra loro. La LKT, applicata all’unica maglia esistente, è rappresentataora (per t ≥ 0) dalla seguente equazione (si noti l’assenza del termine vI, che è oranullo):

E = vR(t) + vL(t) , (6.13)

nella quale abbiamo volutamente sottolineato la dipendenza di vR e di vL dal tempot, mentre E ne è indipendente.Non resta, a questo punto, che aggiungere le caratteristiche del resistore edell’induttore

vR(t) = R i(t) , vL(t) = L ddt

i(t) , (6.14)

e sostituirle nella (6.13), in modo da ricondurci a un’unica equazione nella solafunzione incognita i(t):

E = R i(t) + L ddt

i(t) . (6.15)

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44 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Sostituendo, poi, i valori numerici scelti per E, R e L, la (6.15) diventa indefinitiva:

100 = 10 i(t) + 2 ddt

i(t) , (6.16)

la quale deve essere verificata in ogni istante successivo alla commutazionedell’interruttore, cioè per t ≥ 0.Siamo giunti così al punto centrale dell’intera questione: risolvere l’equazione(6.16) vuol dire riuscire a trovare una particolare funzione la quale, una voltasostituita al posto di i(t), sia nel termine 10 i(t) che nel termine 2 di(t)/dt, verifichil’equazione stessa in ogni istante t ≥ 0. Come si vede, il problema che ci si pone ècompletamente diverso da quelli ai quali siamo abituati quando affrontiamoun’equazione algebrica del tipo a x + b = c, con x incognita, e a, b, c parametrinoti. Come già detto in precedenza, equazioni come la (6.16), nelle quali, cioè,compaiono, come incognite, funzioni di t, (e non semplici numeri costanti), einoltre figura pure la derivata rispetto a t della funzione incognita, vanno sotto ilnome di equazioni differenziali, e costituiscono, di per sé, uno dei settori più vastie importanti di tutta la Matematica!Non vi spaventate, quindi, se non avete (e non potete ancora avere) i mezzi perrisolverle. Ne faremo a meno, aiutandoci con Spice, che, invece, le sa risolvereegregiamente! Per non lasciarvi, però, a ... bocca asciutta, vogliamo provare,prima di concludere questo paragrafo, a spiegarvi come è possibile risolvereun’equazione di questo tipo in maniera non rigorosa, ma almeno approssimata (cheè, poi, per la verità, proprio quello che fa Spice). Il trucco è semplice, ed è fattodi tanti ‘passi’ successivi che noi seguiremo uno a uno, cominciando dal primo, perindicare poi la strada che potrà essere seguita poi per quanti ‘passi’ si vuole, ...senza limiti.

• Il primo passo da fare è ricavare il termine contenente la derivata della funzioneincognita i(t) dall’equazione, riscrivendo la (6.16) nella forma:

ddt

i(t) = 50 - 10 i(t) . (6.17)

• Il secondo passo è ricavare il valore di di/dt all’istante t = 0, sapendo che, peripotesi, la corrente i è nulla, all’istante t = 0. Si ha, così:

ddt

i(t) t = 0

= 50 - 10 i(0) = 50 ,

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45 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

dove abbiamo voluto indicare con il simbolo

ddt

i(t) t = 0

proprio il valore della derivata di i(t), calcolata all’istante t = 0.

• Il terzo passo richiede innanzitutto di ricordare (paragrafo 1.5) che la derivata diuna qualsiasi funzione i(t) può essere calcolata, almeno in modo approssimato,utilizzando l’espressione generale

ddt

i(t) t = t1

≅ i(t2) - i(t1)t2 - t1

, (6.18)

purché i due istanti di tempo t1 e t2 siano abbastanza vicini l’uno all’altro (quantopiù lo sono, tanto più preciso è il valore che si ottiene per la derivata: ricordate?).Notate che, nella (6.18), non abbiamo usato il simbolo di uguaglianza ma quello(≅) di approssimativamente uguale. L’espressione (6.18) può allora essere riscrittain modo da poter calcolare il valore di i(t2), quando si sia già calcolato il valoredella derivata all’istante t1:

i(t2) ≅ i(t1) + ddt

i(t) t = t1

(t2 - t1) . (6.19)

Questa espressione è la vera formula magica che ci fornisce la soluzioneapprossimata dell’equazione differenziale, a patto di ripetere a volontà i seguentidue passi:

a) si ricava dalla (6.17) il valore della derivata prima all’istante t = t1, cioè

ddt

i(t) t = t1

;

b) si sostituisce questo valore nella (6.19), e si calcola i(t2), partendo dallaconoscenza di i(t1).

Applichiamo il metodo al nostro esempio, partendo con

t1 = 0 e t2 = 0.001 ,

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46 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

continuando, poi, con

t1 = 0.001 e t2 = 0.002 ,

e ancora

t1 = 0.002 e t2 = 0.003 ,

e così via. Otteniamo allora (utilizzando una semplice macchinetta calcolatricesoltanto per fare i conti) che, per t1 = 0 e t2 = 0.001, risulta:

i(0.001) ≅ i(0) + ddt

i(t) t = 0

(0.001 - 0) = 0 + 50 ⋅ 0.001 = 0.05 .

Ripetendo per t1 = 0.001 e t2 = 0.002, possiamo calcolare i(0.002):

i(0.002) ≅ i(0.001) + ddt

i(t) t = 0.001

(0.002 - 0.001) . (6.20)

Ma, per farlo, abbiamo bisogno del valore della derivata di i(t) calcolata non più at1 = 0, bensì a t1 = 0.001. Come facciamo? Semplice: ritorniamo all’equazione dipartenza (6.17), proprio quella, cioè, che dobbiamo risolvere, e applichiamola al‘nuovo’ istante t1 = 0.001, ottenendo:

ddt

i(t) t1 = 0.001

= 50 - 10 i(0.001) = 50 - 50 (0.05) = 49.75.

Ottenuto così il nuovo valore della derivata, ricaviamo il valore di i(0.002) dalla(6.20):

i(0,002) ≅ i(0.001) + ddt

i(t) t = 0.001

(0.002 - 0.001) =

= 0.05 + 49.75 ⋅ 0.001 = 0.09975 .

Volendo continuare, occorre calcolare

ddt

i(t) t = 0.002

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47 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

mediante la (6.17) sostituendo in essa, a secondo membro, il valore di i(0.002) cheabbiamo appena trovato, e, poi, ricavare i(0.003) dalla (6.19), partendo dallaconoscenza della corrente e della sua derivata per t = 0.002.

t i(t)0 0

0.001 0.050000000000000.002 0.099750000000000.003 0.149251250000000.004 0.198504993750000.005 0.247512468781250.006 0.29627490643734

A questo punto, il metodo per andare avanti ‘passo-passo’ nella soluzionedell’equazione dovrebbe essere chiaro. Potete controllare da soli, se ne avetevoglia, che, nel nostro esempio, si ottengono i valori riportati in tabella.Riportare in una tabella tutti i dati calcolati sarebbe troppo lungo; convieneorganizzare i dati in un grafico. Allora, se ripetiamo il calcolo per molti altripunti, otteniamo la soluzione mostrata in Figura 6.20.

0

2

4

6

8

10

12

0 1 2 3 4 5

i(t)

t

Figura 6.20: andamento temporale della corrente i(t).

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48 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La soluzione che si ottiene non è quella matematica, rigorosa, ma è comunquesufficiente per molti scopi pratici. D’altra parte, la cosa importante è che, conquesto metodo, se si vuole migliorare l’approssimazione con cui si desidera lasoluzione, basta avvicinare gli istanti, scegliendo, ad esempio, t1 e t2 chedifferiscano fra loro di 0.0005 e non di 0.001. Basta, ad esempio, cominciare cont1 = 0, e t2 = 0.0005, e continuare con t1 = 0.0005 e t2 = 0.001, e così via.

Vale la pena di osservare, infine, che l’equazione differenziale (6.16), una voltastabilito che i(0) = 0, cioè che la corrente parte dal valore iniziale zero, ammetteuna soluzione analitica (che imparerete a trovare nel prosieguo dei vostri studi),che vale:

i(t) = 10 1 - e-5t , per t ≥ 0 , (6.21)

in cui ‘e’ rappresenta la funzione esponenziale introdotta nel Capitolo 1.Notate come la soluzione (6.21) sia uguale a zero all’istante t = 0 e controllate concura che il grafico riportato in Figura 6.20 corrisponde proprio alla soluzioneriportata.Facciamo ancora un passo avanti. Scriviamo la soluzione generale del problemadifferenziale (6.15), soggetto alla condizione iniziale di corrente nulla, può esserescritta nella forma generale

i(t) = ER

1 - e-t/τ , per t ≥ 0 , (6.22)

in cui la quantità τ, detta costante di tempo del circuito, vale

τ = LR

. (6.23)

Osservate come la (6.21) costituisca un caso particolare della (6.22) e come lacostante di tempo sia un parametro caratteristico di ogni circuito e che, in qualchemisura, determini il tempo di estinzione del transitorio. Per comprenderne sino infondo quanto andiamo dicendo, riconsiderate la Figura 6.20: essa mostra che lacorrente raggiunge il valore finale (si dice più correttamente ‘asintotico’) in duesecondi. La costante di tempo regola proprio questo tempo nel senso che, se ilvalore della costante di tempo è piccolo, il circuito raggiunge la nuova situazionestazionaria in poco tempo, altrimenti, cioè per costanti di tempo elevate, ci vuolepiù tempo a raggiungere il valore finale. Convenzionalmente si dice che il circuitoimpiega un tempo pari a 5 costanti di tempo perché il transitorio si estingua.

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49 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

+ − +

E L

R

i(t)

vR(t)

vL(t) t > 0

1 2

0

Figura 6.21: carica del circuito RL.

Dopo un tempo sufficientemente lungo la corrente che percorre il circuito inesame è, dunque, di nuovo costante e vale

i(t) = ER

, dopo un certo tempo. (6.24)

Ciò vuol dire che, dopo questo tempo, l’induttanza si comporta come un cortocircuito e, pertanto, vale la (6.24). Alle stesse conclusioni si può giungereadoperando Spice. Vediamo, allora, di capire come si simuli una rete le cuigrandezze variano nel tempo, partendo da questo semplice esempio. Nei paragrafisuccessivi discuteremo altri esempi.Come al solito, numeriamo (0, 1, 2) i tre nodi della rete, ridisegnata in Figura6.21 per t > 0, dopo che l’interruttore ha chiuso la maglia e, pertanto, ilgeneratore eroga la tensione continua E. Il listato che segue può essere utilizzatoper simulare la rete.

Esempio 2*Carica del circuito RLVE 1 0 100R0 1 2 10L0 2 0 2 IC=0.TRAN 0.02 2 UIC.PROBE.END

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50 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La terza, la quarta e la quinta riga introducono, rispettivamente il generatore ditensione, il resistore e l’induttore. La quinta, in particolare,

L0 2 0 2IC=0

che descrive l’induttore, posto tra i nodi 2 e 0, di valore 2 H, è completata conl’indicazione ‘IC=0’. Essa sottolinea il fatto che l’induttore, quando l’interruttorecommuta, non è attraversato da corrente e, quindi, la condizione iniziale difunzionamento (Initial Condition, in inglese) è nulla. Se, come vedremo neiparagrafi successivi, l’induttore, all’istante iniziale, fosse stato interessato da unacorrente di 2 mA, avremmo dovuto scrivere ‘IC=2m’.La sesta riga avverte il simulatore che è nostra intenzione eseguire un’analisidinamica della rete, chiedendo di risolverla con un passo di 0.02 s e fino a 2 s.Questo passo è stato scelto basandoci sul valore della costante di tempo pari a

τ = LR

= 210

s = 0.2 s .

Un semplice criterio che consenta all’elaboratore di non svolgere troppi calcolima, al tempo stesso, di fornire risultati attendibili, è di scegliere il passo utile perla soluzione pari a un decimo della costante di tempo. È evidente che quanto piùpiccolo viene scelto questo passo, tanto più accurata è la soluzione. Tuttavia unpasso eccessivamente piccolo potrebbe rappresentare una scelta troppo onerosa dacalcolare. Un buon compromesso è quello che abbiamo indicato.Il comando ‘.TRAN’ nella sua versione più completa è

.TRAN TSTEP TSTOP TSTART TMAX UIC

in cui TSTEP è il passo con cui vengono visualizzati i dati calcolati, TSTOPl’istante di arresto in cui va terminato il calcolo, TSTART è l’istante iniziale che,se non esplicitamente indicato, viene assunto pari a zero, TMAX è il più grandepasso di elaborazione dei risultati che, se non indicato, è assunto pari a TSTEP,UIC impone al simulatore di usare le condizioni iniziali riportate nel file (UtilizeInitial Conditions).La penultima riga contiene il comando ‘.PROBE’ che richiede a Spice di creare, inuscita, un nuovo file, individuato con l’estensione ‘.DAT’, che contiene tutti i datidelle elaborazioni effettuate. Questo nuovo file può essere letto dal post-processoregrafico PROBE che è in grado di produrre grafici di alta qualità sulla base dei dati

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51 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

forniti. Solo un po’ di pratica vi aiuterà a rendervi conto di quanto sia più ...semplice usare questo processore grafico, piuttosto che descrivere come siadoperi.In definitiva, come avete potuto constatare, l’analisi di una rete che lavori incondizioni dinamiche non è molto più complicata di quella di una rete che operi inregime stazionario; basta ricordare il comando ‘.TRAN’ e imparare ad usare ilpost-processore PROBE.

6.7 Classificazione dei tipi fondamentali di funzionamento variabilenel tempo

Siamo ora pronti a introdurre i concetti fondamentali che sono alla base delfunzionamento di qualsiasi circuito in condizioni comunque variabili nel tempo,per elencare i diversi tipi di funzionamento che si incontrano nella pratica, e chesaranno studiati nei prossimi capitoli, e per spiegarvi, almeno per sommi capi, inche cosa consistono, dandovi quindi un’idea di ... ciò che vi aspetta.I tipi principali di funzionamento in condizioni variabili nel tempo sono quattro, epossono essere indicati così:

• regime periodico sinusoidale (in gergo, detto anche corrente alternata);• regimi periodici non sinusoidali;• funzionamento transitorio;• funzionamento in condizioni dinamiche generali.

Ciascuno di questi termini richiede, naturalmente, opportune e approfonditedefinizioni e spiegazioni, che saranno date di volta in volta nei capitoli seguenti.Per il momento, basti pensare che il regime sinusoidale è fondamentale dal puntodi vista pratico, poiché esso corrisponde alle condizioni di funzionamento normaledella maggior parte dei dispositivi elettrici, sia a livello domestico che industriale.Inoltre, anche dal punto di vista concettuale, il regime sinusoidale è essenziale,poiché costituisce la base per analizzare anche i regimi periodici non sinusoidali.Vanno sotto il nome di transitorie quelle condizioni di funzionamento, solitamentedi durata limitata, in cui un circuito passa da una condizione di regime all’altra(dello stesso tipo o di tipo diverso). Infine, tipiche del funzionamento deidispositivi elettronici sono le condizioni in cui ciascuna grandezza varia nel tempoin maniera non prevedibile ‘a priori’, ma dipendente dalle informazioni che sivogliono comunicare (si pensi alla radio, alla TV, ai telefoni, ai computers, e cosìvia).

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Nel Capitolo 7, affronteremo lo studio del regime sinusoidale, mentre i paragrafiche seguono saranno dedicati ai transitori e al funzionamento in condizionidinamiche generali. Come già accennato in precedenza, il regime sinusoidale, datala sua particolare importanza pratica, sarà studiato da noi in notevole dettaglio,perché è essenziale che voi impariate a ‘sbrigarvela bene’ con i circuiti in correntealternata. Sarà importante, quindi, che voi impariate a usare bene anche quei‘trucchi’ algebrici che ci consentono di risolvere ‘a mano’ questi tipi di circuiti.Spice ci servirà, comunque: non fosse altro che per controllare la correttezza deirisultati che saremo stati capaci di ottenere a mano. D’altra parte, non è affattodetto che ... agli esami finali, vi sarà consentito di ricorrere a Spice per risolvereun circuito in corrente alternata!

6.8 Le condizioni iniziali

Prima di affrontare lo studio di alcuni transitori in circuiti elettrici, è necessariosviluppare alcune considerazioni sulle condizioni iniziali.In particolare, è utile considerare le eventuali discontinuità nella tensione o nellacorrente dei bipoli a memoria per imporre le giuste condizioni iniziali.Cominciamo a esaminare un induttore. Mentre per la tensione v(t) ai suoi capi(quale che sia la convenzione fatta) non si può escludere qualche discontinuità, perla corrente i(t) che la percorre non è possibile accettare discontinuità.

t0

Figura 6.22: due funzioni, più e meno ripide, attorno all’origine.

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53 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Considerando, infatti, l’energia immagazzinata nell’induttore (6.4), segue che auna discontinuità nella corrente corrisponde una discontinuità nell’energia e,quindi, un potenza illimitata. Ricordate che la potenza elettrica è niente altro che laderivata dell’energia e, pertanto, se la funzione da derivare è discontinua segue chela derivata diventa illimitata. Questo ultimo punto merita qualche ulteriorecommento.

Dato che un disegno vale più di mille parole, tentiamo di mostrare graficamenteciò che andiamo dicendo. La Figura 6.22 mostra due funzioni del tempo, una piùpendente (tratteggiata) dell’altra (a tratto continuo) attorno all’origine. Di questedue funzioni abbiamo fatto la derivata che è mostrata in Figura 6.23.Ebbene, cosa si può concludere osservando la Figura 6.23? Semplicemente questo:che la funzione più ripida presenta una derivata più alta in prossimità dell’origine.

t0

Figura 6.23: derivate delle funzioni di Figura 6.22.

Portiamo al limite questo ragionamento: se la funzione presenta un salto in uncerto istante, presenta, cioè, una brusca variazione, allora la sua derivata diventeràtanto più grande, quanto più la variazione della funzione è brusca. Ciò eraesattamente quello che avevamo detto a proposito della potenza e dell’energia:l’energia non può essere discontinua dato che ciò comporterebbe una potenzaillimitata nell’istante di salto.

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Detto ciò, ci siamo convinti che, non potendo essere discontinua l’energia in uninduttore, la corrente non può presentare brusche variazioni, cioè deve variarecon continuità.Se esaminiamo il caso di un condensatore, con ragionamenti del tutto analoghi aquelli fatti per il caso dell’induttore, pur di sostituire la tensione alla corrente, siottiene l’impossibilità di ammettere discontinuità nella tensione.

Riassumendo, se poniamo che la manovra dell’interruttore avvenga all’istantet = 0, si può parlare del valore che la variabile interessata assume in un istanteimmediatamente precedente alla manovra dell’interruttore, e del valore che essaassume in un istante immediatamente susseguente la manovra. Ebbene, seconsideriamo la corrente in un induttore o la tensione su un condensatore, questidue valori devono coincidere, ovvero esse non devono presentare salti bruschi oaltre discontinuità.In base a queste considerazioni sulle discontinuità si possono ricavare le condizioniiniziali necessarie a risolvere le equazioni differenziali che descrivono la dinamicadi una rete. In generale, si considera il regime precedente la commutazionedell’interruttore che dà inizio al transitorio e si calcolano i valori delle correntinegli induttori e delle tensioni sui condensatori. Dopo aver manovratol’interruttore le correnti negli induttori e le tensioni sui condensatori rimangonoinalterate e costituiscono quindi le condizioni iniziali note.Un’ultima considerazione di carattere più pratico. Per sapere quali saranno ivalori di tensioni e correnti in una rete elettrica quando il transitorio siaterminato, supponendo di utilizzare generatori stazionari, vi ricordiamo cheinduttori e condensatori si possono sostituire con dei corto circuiti e dei circuitiaperti, rispettivamente. È ovvio, infatti, che ‘a regime’ un induttore può esserepercorso da corrente ma non ha tensione ai suoi capi, mentre una condensatorepuò essere sottoposto a tensione, ma non è percorsa da corrente.Nei prossimi paragrafi esamineremo alcuni esempi di transitori nelle retielettriche per rendere più concrete le cose dette.

6.9 Evoluzione libera

È giunto il momento di applicare le cose imparate per studiare la scarica dei dueprincipali bipoli a memoria: il condensatore e l’induttore.

Scarica del condensatore

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55 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Consideriamo il circuito mostrato in Figura 6.24, in cui un condensatore,all’istante t = 0, viene collegato ad un resistore e, poco a poco, si scarica.

La costante di tempo di questo circuito è

τ = RC = 10 ms = 0.01 s ,

mentre la tensione ai capi del condensatore, come dimostra la teoria delleequazioni differenziali, si può scrivere come

v(t) = v(0) e-t/τ = 2 e-100t , per t ≥ 0 .

+

R

i(t)

v(t)C

t = 0

1

0

v(0) = 2 V

R = 5 Ω

C = 2 mF

Figura 6.24: scarica di un condensatore.

Da ciò segue che la corrente è pari a (si noti che sul condensatore è stata fatta laconvenzione del generatore)

i(t) = - C ddt

v(t) = - C v(0) - 1RC

e-t/τ = v(0)R

e-t/τ = 0.4 e-100t .

Quanto detto può essere verificato con Spice per mezzo delle istruzioni seguenti.

Esempio 3*Scarica del condensatoreC0 1 0 2m IC=2R0 1 0 5.TRAN 1m 0.1 UIC.PROBE.END

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56 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Si noti che il condensatore è carico ‘IC=2’ e che l’analisi del transitorio vienesviluppata dal simulatore con passo di 1 ms, fino a 0.1 s.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1

TensioneCorrente

t

Figura 6.25: tensione e corrente nel circuito RC.

In Figura 6.25 abbiamo riportato sullo stesso grafico l’andamento temporale dellatensione e della corrente dopo la chiusura dell’interruttore. Si noti, però, cheprima che l’interruttore colleghi il condensatore al resistore, la tensione è costantee pari a 2 V, mentre la corrente è nulla. Ciò vuol dire che nell’istante dicommutazione la tensione si mantiene continua, mentre la corrente è discontinua.Ancora un’osservazione: se provate a disegnare la corrente con Spice, nontroverete esattamente il grafico riportato in Figura 6.25. Ciò dipende dal fatto che,su ogni bipolo, anche in regime dinamico, Spice considera sempre la convenzionedell’utilizzatore.

Scarica dell’induttore

La stessa cosa fatta per un condensatore ripetiamola per un induttore (Figura6.26).

Anche in questo caso non sarebbe difficile mostrare, grazie alla teoria delleequazioni differenziali, che

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57 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

i(t) = i(0) e-t/τ = e-1000t e v(t) = R i(0) e-t/τ = 2 e-1000t ,

in cui abbiamo introdotto la costante di tempo

τ = LR

= 1 ms .

+

R

i(t)

v(t)

t = 0

1

0

L

i(0) = 1 A

R = 2 Ω

L = 2 mH

Figura 6.26: scarica di un induttore.

Esempio 4*Scarica dell’induttoreL0 1 0 2m IC=1R0 1 0 2.TRAN 0.1m 10m UIC.PROBE.END

Potete verificare le cose dette per mezzo di Spice che vi mostrerà pure gliandamenti di tensione e corrente riportati nella Figura 6.27.

Ancora una volta dobbiamo notare che, prima dell’istante di manovradell’interruttore, la corrente dell’induttore valeva 1 A e questo valore si èmantenuto continuo anche nell’istante t = 0, mentre la tensione era nulla primadella commutazione ed è bruscamente salita a 2 V per poi decrescere in manieraesponenziale. Anche in questo caso una delle due grandezze riportate in Figura6.27 (la tensione) si presenterà nei grafici di Spice con il segno cambiato.

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58 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0 0.002 0.004 0.006 0.008 0.01

TensioneCorrente

t

Figura 6.27: tensione e corrente nel circuito RL.

6.10 Risposta al gradino del circuito RLC e altri esempi

Continuiamo nello studio dei transitori considerando esempi più complicati. Inparticolare, cominciamo dal circuito RLC forzato con un generatore di tensione agradino (Figura 6.28).

+

−L

Re(t)

+ −

+

vL(t)

vR(t)

i(t)

1 2

0

C

+−vC(t)

3

e(t) = E u(t)

t0

E

Figura 6.28: circuito RLC forzato con un gradino di tensione.

Nel Capitolo 1 abbiamo introdotto la funzione gradino unitario, detta anchefunzione di Heaviside, e, pertanto, il generatore di tensione imporrà la tensione:

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59 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

e(t) = E u(t) = E , per t > 0 ,

0 , per t < 0 .(6.25)

Dato che la rete è a riposo per t < 0, possiamo assumere che sia la correntedell’induttore i(t), sia la tensione sul condensatore vC(t) siano nulle, e, quindi, ledue condizioni iniziali sono:

i(0) = 0 , vC(t) = 0 .

Scriviamo l’equazione differenziale che regola, ad esempio, la tensione ai capi delcondensatore (discorso analogo potrebbe farsi per la corrente nell’induttore).Applicando la LKT alla maglia, per t > 0, risulta:

- E + vR(t) + vL(t) + vC(t) = 0 . (6.26)

Notate che, invece della funzione e(t) definita dalla (6.25), abbiamo messo già ilvalore che questa tensione assume dopo la commutazione, cioè E. Inoltre, essendola corrente legata alla tensione sul condensatore dalla relazione

i(t) = C ddt

vC(t) ,

utilizzando le caratteristiche dei diversi bipoli, possiamo scrivere:

vR(t) = R i(t) = RC ddt

vC(t) , vL(t) = L ddt

i(t) = LC d2

dt2 vC(t) , (6.27)

in cui il simbolo ‘d2/dt2’ indica la derivata seconda, cioè la derivata della derivatadella funzione. Sostituendo le (6.27) nella (6.26), è

LC d2

dt2 vC(t) + RC d

dt vC(t) + vC(t) = E ,

che si può anche scrivere nella forma semplificata

d2

dt2 vC(t) + R

L ddt

vC(t) + vC(t)LC

= ELC

. (6.28)

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60 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La soluzione della (6.28) richiede la conoscenza delle equazioni differenzialilineari. Noi ci accontenteremo della risposta che Spice ci fornisce, mostrando che,a seconda dei valori che assumono i diversi parametri del circuito, la soluzionepuò essere più o meno oscillante. Esaminiamo questo ultimo punto ricorrendoall’esempio:

R = 4 Ω , L = 1 mH , C = 1 mF , E = 2 V .

Esempio 5*Circuito RLCR0 1 2 4L0 2 3 1m IC=0C0 3 0 1m IC=0VE 1 0 2.TRAN 0.01m 20m UIC.PROBE.END

Il risultato della simulazione è riportato in Figura 6.29. Notate subito due cose: lascala dei tempi è in millisecondi e la tensione, dolcemente, si avvicina, al cresceredel tempo, al valore di regime di 2 V.

0

0.5

1

1.5

2

0 5 10 15 20

vC(t)

t (ms)

R ≥ 2 LC

Figura 6.29: andamento temporale della tensione sul condensatore.

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61 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Come abbiamo indicato nella stessa figura, questo è un comportamento tipico ogniqual volta si verifica la disuguaglianza

R ≥ 2 LC

.

Come poi questo fatto si giustifichi esula dalla trattazione elementare dei transitoriche stiamo facendo. Ciò che a noi interessa è che riteniate che per certi valori deiparametri della rete l’andamento della tensione può essere non oscillante.

Se invece scegliamo i valori

R = 1 Ω , L = 1 mH , C = 1 mF , E = 2 V ,

in cui abbiamo abbassato il valore della resistenza da 4 Ω a 1 Ω, lasciandoinalterati gli altri parametri, l’andamento della tensione può diventare oscillante,come mostrato in Figura 6.30. Come suggerito da questa figura, l’andamento dellatensione può essere descritto da una funzione che, mentre oscilla attorno al valoredi 2 V, si smorza ‘su esso’ sempre più al crescere del tempo.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0 5 10 15 20

t (ms)

R < 2 LC

vC(t)

Figura 6.30: andamento temporale oscillante della tensione sul condensatore.

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62 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Notate pure come, nell’intervallo 0 ÷ 5 ms, la tensione sul condensatore superi ilvalore di 2 V, valore che assumerà quando il transitorio sarà concluso: proprioqueste oscillazioni che superano i valori attesi di regime creano quellesovratensioni (o sovracorrenti) che durante il transitorio, provocato dalla chiusurao dalla apertura di un interruttore, possono danneggiare alcuni componenti delcircuito: ciò mostra l’importanza dello studio delle reti in regime dinamico.Come per il caso precedente, ci interessa riteniate che, se

R < 2 LC

,

le grandezze del circuito tendono ai valori di regime oscillando.

Prima di concludere questo paragrafo, vi riportiamo due esempi per mostrarvicome sia semplice trattare con Spice generatori che impongono tensioni descritteda funzioni più complicate e come si simuli un circuito in cui sia presente undoppio bipolo accoppiamento mutuo. Se siete interessati ad altri tipi di tensioneoppure a particolari bipoli o doppi bipoli, è il caso che consultiate dei manuali piùspecialistici di Spice.

Consideriamo il circuito schizzato in Figura 6.31. Si tratta di un circuito R - Cforzato con una tensione a forma di ‘onda quadra’, un tipo di generatore moltodiffuso nella pratica tecnica e che, spesso, incontrerete nei vostri studi. Per t < 0,la tensione è nulla; per t > 0, la tensione è rappresentata da una funzione che siripete periodicamente assumendo il valore ‘E’ nell’intervallo 0 < t < T, il valore‘0’ nell’intervallo T < t < 2T, poi di nuovo ‘E’ nell’intervallo 2T < t < 3T, e cosìvia fino all’infinito.

+

R

e(t)

+ −

+

i(t)

1 2

0

C vC(t)

t0

E

e(t)

T 2T 3T

Figura 6.31: circuito RC con forzamento a onda quadra.

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63 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Il listato che di qui a poco commenteremo mostra come il circuito si possasimulare per mezzo di Spice, nel caso in cui il periodo di ripetizione dell’ondaquadra è cinque volte più grande della costante di tempo del circuito, cioèT = 10 ms > RC = 2 ms, avendo scelto R = 2 kΩ e C = 1 µF.La tensione sul condensatore, come mostrato in Figura 6.32, nel primo periodo sicarica, tendendo al valore E = 2.5 V che praticamente raggiunge; nel secondoperiodo si scarica ritornando a zero. Questa operazione di carica e scarica si ripeteogni volta che la tensione del generatore commuta alla tensione ‘E’ e da questa a‘0’.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1

vC(t)

t

Figura 6.32: carica e scarica periodica in un circuito RC.

Esempio 6*Circuito RC con forzamento a onda quadraR0 1 2 2kC0 2 0 1uVE 1 0 PULSE(0 2.5 0 1n 1n 10m 20m).TRAN 0.1m 100m.PROBE.END

L’istruzione nuova è quella che introduce il generatore di tensione

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64 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

VE 1 0 PULSE(0 2.5 0 1n 1n 10m 20m)

in cui, tenendo sottocchio la Figura 6.33, il primo valore dopo la parola chiave‘PULSE’ è 0 e rappresenta il valore iniziale ‘V1’, 2.5 quello di picco ‘V2’, il terzovalore impone che ‘TD = 0’; il terzo e quarto campo scelgono, rispettivamente, ivalori di ‘TR = 1n’, il tempo di salita, e di ‘TF = 1n’, il tempo di discesa. Infine,‘PW = 10m’ rappresenta il tempo in cui la tensione si mantiene costante al valoreV2, e ‘T = 40m’ è il periodo totale.

t

e(t)

0 T

PW

TR TF

TD

V1

V2

Figura 6.33: impulso periodico.

Notate (Figura 6.32) che mettendo 1n per il tempo di salita e 1n per quello didiscesa praticamente abbiamo un’onda quadra ‘perfetta’.Nel caso riportato in Figura 6.34, per il quale T = 0.4 ms < RC = 2 ms, in ciascunperiodo la tensione sul condensatore non ‘ha il tempo’ per caricarsi o scaricarsi e,pertanto, abbozza solo un debole salita verso ‘E’ oppure una incerta discesa verso‘0’. Il risultato è che l’andamento temporale risulta completamente diverso daquello mostrato in precedenza e, dopo un certo tempo, la tensione sembra‘oscillare’, in maniera più o meno lineare, tra due valori intermedi compresi tra‘0’ e ‘E’.

Esempio 7*Circuito RC con generatore a onda quadraR0 1 2 2kC0 2 0 1uVE 1 0 PULSE(0 2.5 0 1n 1n 0.4m 0.8m).TRAN 0.01m 10m.PROBE.END

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65 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

0 0.002 0.004 0.006 0.008 0.01

t

vC(t)

Figura 6.34: carica e scarica periodica in un circuito RC.

Non possiamo qui riportare tutti i tipi di forme d’onda che Spice consente ditrattare. Tuttavia, se avete ben compreso i semplici esempi riportati, avete tutti glielementi per risolvere qualsiasi transitorio vi si presenterà nella praticaprofessionale.

L’ultimo esempio che vogliamo discutere è il transitorio legato alla chiusura di uninterruttore su doppio bipolo accoppiamento mutuo. Per i diversi parametriscegliamo i seguenti valori:

E = 6 V , L1 = 3 mH , L2 = 0.2 H , M = 20 mH , R1 = 1 Ω , R2 = 200 Ω .

+

L1 L2

M

v1(t) v2(t)

i2(t)i1(t)

+

t = 0+

−E

1 2

0

R1

R2

3

Figura 6.35: transitorio con un doppio bipolo accoppiamento mutuo (M > 0).

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66 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Notate subito che, per ragioni legate al simulatore Spice, abbiamo collegato traloro i due bipoli scegliendo il nodo ‘3’ comune alle due maglie, quella di ingressoe quella di uscita.

Calcoliamo per prima cosa il coefficiente di accoppiamento

k = ML1 L2

= 0.816496581 .

Esempio 8*Circuito con un mutuo induttore (M > 0)VE 1 0 DC 6L1 1 3 3m IC=0L2 2 3 0.2 IC=0KC L1 L2 0.8165R1 3 0 1R2 2 3 200.TRAN 0.01m 20m UIC.PROBE.END

Notate che, se non altrimenti specificato, gli elementi a memoria vengono suppostiscarichi in Spice e, pertanto, non è nemmeno necessario usare ‘UIC’ nel comando‘.TRAN’.

L’andamento della corrente di uscita i2(t) è riportato in Figura 6.36. Si tratta, inultima analisi, di un processo di carica, diverso però da quelli esaminati. La scaladei tempi è in millisecondi.

Un’ultima considerazione che ci aiuti a simulare il caso in cui il fattore diaccoppiamento è negativo.

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67 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

-0,15

-0,1

-0,05

0

0 5 10 15 20

i2(t)

t (ms)

Figura 6.36: andamento temporale della corrente i2(t).

Consideriamo il circuito mostrato in Figura 6.37 che è del tutto equivalente aquello appena esaminato tranne che per la posizione dei ‘pallini’ che, comecertamente ricorderete, impongono una mutua induttanza negativa. Usiamo,allora, i seguenti dati per la simulazione:

E = 6 V , L1 = 3 mH , L2 = 0.2 H , M = - 20 mH , R1 = 1 Ω , R2 = 200 Ω .

+

L1 L2

M

v1(t) v2(t)

i2(t)i1(t)

+

t = 0+

−E

1 2

0

R1

R2

3

Figura 6.37: transitorio con un doppio bipolo accoppiamento mutuo (M < 0).

Il risultato è qualitativamente simile a quello illustrato in Figura 6.36 con la soladifferenza che, questa volta, la corrente cambia segno. Provate voi a verificare

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68 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

questo risultato usando il listato Spice che cambia come di seguito riportato, in cuila sola differenza è rappresentata dalla riga

KC L1 L2 -0.8165

in cui si cambia segno al coefficiente di accoppiamento.

Esempio 9*Circuito con un mutuo induttore (M < 0)VE 1 0 DC 6L1 1 3 3m IC=0L2 2 3 0.2 IC=0KC L1 L2 -0.8165R1 3 0 1R2 2 3 200.TRAN 0.01m 20m UIC.PROBE.END

Quanto detto può bastare sui transitori: è tempo, ora, di passare all’esame delregime sinusoidale.

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69 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Appendice: transitori in circuiti con generatori controllati

Consideriamo la rete mostrata in Figura A.1: un condensatore carico alla tensionev(0) = v0, si scarica su due resistori posti in parallelo R1 e R2 in presenza di ungeneratore di tensione controllato in corrente.

Ci(t)

v(t)t = 0

R1 R2

i1(t)

i2(t)

α i1(t)

+ −1

0

2

+

Figura A.1: transitorio in un circuito con generatore controllato.

Nella rete assegnata è presente, dunque, un generatore di tensione controllato incorrente (α ha le dimensioni di una resistenza) e il condensatore è stato caricato(non ci interessa come) ad una valore di tensione non nulla.Se provate a formulare il problema delle determinazione della tensione v(t),troverete che essa soddisfa l’equazione differenziale

ddt

v(t) + v(t)τ

= 0 ,

in cui abbiamo introdotto la costante di tempo

τ = CR2 R1 - α

R1 + R2 .

Basta una rapida occhiata a questa costante di tempo per convincersi che essa èpositiva per R1 > α, ed è negativa per R1 < α. Il fatto che la costante di tempopossa diventare negativa comporta, come vedremo in dettaglio tra un momento,che la corrente in esame, al trascorrere del tempo, aumenti. Tutti i transitorifinora sviluppati ci hanno abituato a dinamiche convergenti (o a zero, o a un certovalore) e dinamiche ‘esplosive’ ci spaventano un poco. La realtà è che nessuncircuito può produrre indefinitamente tali dinamiche dato che, prima o poi,interverranno dei fenomeni di saturazione, tipici di ciascun componente: quando le

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70 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

tensioni e le correnti diventano troppo elevate, il funzionamento dei componentinon è più lineare e diventano importanti effetti non lineari che arrestano lacrescita esponenziale.

La soluzione del problema differenziale (la cui dimostrazione esula dagli scopidella nostra trattazione) vale

v(t) = v0 e-t/τ per t ≥ 0 .

e rappresenta una funzione esponenziale smorzata se τ è positivo, un esponenziale‘che esplode’ per valori negativi di τ. In altri termini

se R1 > α, allora τ > 0 e la dinamica è del tipo smorzato;

se R1 < α, allora τ < 0 e la dinamica è del tipo esplodente.

Più che delle formule ci preme mostrarvi la Figura A.2 in cui alcune dinamichedella tensione v(t) per valori, positivi e negativi, della costante di tempo vengonopresentate.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

-1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2

t

τ = - 2

τ = 1τ = 0.2τ = 0.1

v(t)v0

Figura A.2: dinamiche in un circuito con generatore controllato.

Osservate dalla Figura A.2 come, per t < 0, la tensione si mantenga costante alvalore v0 e che, non appena l’interruttore collega il condensatore al resto del

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circuito, comincia il transitorio che o fa evolvere rapidamente la tensione versovalori molto elevati, oppure, dopo qualche costante di tempo, rende praticamentenulla la tensione.Il fatto che la tensione possa crescere col passare del tempo non deve turbarci piùdi tanto: se la tensione cresce, vuol dire che nella rete deve essere presente unasorgente di energia da qualche parte. Questa sorgente è certamente il generatorecontrollato dato che, come certamente ricorderete, i generatori pilotati sonodispositivi attivi.

Provate a convincervi fino in fondo delle dinamiche fornitevi usando Spice per idue seguenti casi:

a) v0 = 10 V, R1 = R2 = 1 Ω, C = 4 mF, α = 0.5 Ω;b) v0 = 10 V, R1 = R2 = 1 Ω, C = 4 mF, α = 1.5 Ω.

Per il caso a) troverete una costante di tempo positiva e pari a τ = 1 ms; per il casob) la costante di tempo è negativa e vale τ = - 1 ms.

Cosa dobbiamo imparare dall’esempio appena discusso?

Abbiamo imparato che, essendo i generatori controllati doppi bipoli attivi, ledinamiche che si instaurano in un circuito in cui siano presenti generatori diquesto tipo possono essere non convergenti col passare del tempo.

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72 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Capitolo 7

Reti in regime sinusoidale

7.1 Introduzione

7.1.1 La generica funzione sinusoidale del tempo7.1.2 C’era una volta ...

7.2 Una indispensabile parentesi matematica: i numeri complessi

7.2.1 I numeri immaginari7.2.2 I numeri complessi: forma algebrica e forma polare7.2.3 Le quattro operazioni fra i numeri complessi

7.3 I ‘trucchi’ di Steinmetz e Kennelly

7.4 La risoluzione di una rete in regime sinusoidale con il ‘metodo deifasori’

7.5 Impedenza complessa

7.6 Il circuito RLC

7.7 Strumenti in corrente alternata

7.8 Potenze in regime sinusoidale

7.9 Esempi

7.10 Doppi bipoli in regime sinusoidale

7.11 Un transitorio con forzamento sinusoidale

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73 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

7.12 Galileo Ferraris

Appendice: introduzione alla Trigonometria

A.1 La misura degli angoliA.2 Le principali funzioni trigonometricheA.3 L’identità pitagoricaA.4 Qualche utile relazione

Sommario

Studieremo in questo capitolo il regime sinusoidale, detto in gergo‘corrente alternata’, caratterizzato da tensioni e correnti che varianosinusoidalmente nel tempo. Dopo aver introdotto i numeri complessi,saremo in grado di concludere che, per studiare il comportamento diuna rete operante in corrente alternata, possono essere adoperati tutti imetodi che abbiamo imparato per le reti in regime stazionario e ciò ... cifaciliterà non poco la vita.

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7.1 Introduzione

Questo capitolo è dedicato interamente allo studio dei circuiti in regimesinusoidale. L’importanza che in tal modo attribuiamo a questo argomento nondeve sorprendere, giacché la rete con la quale l’energia elettrica viene distribuitaagli utenti (a partire dalle nostre stesse case), non soltanto in Europa, manell’intero mondo industrializzato, funziona appunto in regime sinusoidale. Sicomprende, quindi, l’importanza di queste condizioni di funzionamento.È essenziale, perciò, che acquisiate la massima familiarità con la risoluzione deicircuiti in regime sinusoidale: e che sappiate farlo correttamente e rapidamente,tanto aiutandovi con i mezzi di calcolo disponibili al computer (Spice), quanto ‘amano’.Prima di entrare nel vivo dell’argomento, che sarà affrontato nei paragrafiseguenti (dal 7.2 in avanti), conviene profittare di questa premessa per spiegareinnanzitutto due cose essenziali:

• in cosa consista esattamente il regime sinusoidale;• come mai esso si sia affermato così diffusamente, al posto del più semplice(almeno in apparenza) regime stazionario.

A questo scopo, dedicheremo innanzitutto un lungo paragrafo per discutere afondo cosa sia una funzione sinusoidale del tempo, sia dal punto di vistamatematico che fisico, poiché queste funzioni costituiscono il fondamentodell’intera teoria dei circuiti in regime sinusoidale. Non sorprendetevi, quindi, seinsisteremo a lungo su queste cose: sarà tutta fatica risparmiata ... nel seguito.Un’ultima annotazione prima di iniziare. In diversi punti di questo capitolouseremo delle relazioni tra funzioni trigonometriche; ogni volta cercheremo, permezzo di grafici, di farvene intuire e di farvene comprendere appieno ilsignificato. Tuttavia, per chi volesse dimostrarle rigorosamente, abbiamopreparato un’appendice, posta alla fine del libro, in cui vi sono le ideefondamentali della trigonometria piana e, con esse, alcune relazioni che vitorneranno utili nel corso dei vostri studi.

7.1.1 La generica funzione sinusoidale del tempo

Per chiarire la prima questione, facciamo un passo indietro, e cominciamo colricordare che, già nel paragrafo 1.4, avevamo introdotto le semplici funzioni dellavariabile t che avevamo indicato con i simboli

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SIN(t) , COS(t) , TAN(t) ,

oppure anche

sen(t) , cos(t) , tan(t) ,

e di cui avevamo riportato i grafici, nonché i modi per calcolarle per ciascunvalore di t, sia facendo uso di una comunissima ‘macchinetta calcolatrice’, sia ‘amano’. Ora, per chiarire bene in cosa consista il funzionamento di un circuito inregime sinusoidale conviene introdurre una funzione un po’ più generale, sia disen(t) che di cos(t), che va sotto il nome generico di funzione sinusoidale, e che èrappresentata dalla seguente espressione:

a(t) = AM sen(ω t + α) , (7.1)

nella quale

• AM è un numero sempre positivo, che prende il nome di ampiezza della funzionesinusoidale;

• ω è un altro numero, anch’esso sempre positivo, che va sotto il nome dipulsazione della suddetta funzione;

• α è un terzo numero, questa volta di segno qualsiasi, che prende il nome di fasedella funzione considerata.

Per fissare subito le idee, riportiamo qualche semplice esempio di funzionesinusoidale:

a1(t) = 100 sen(200t + 1.5) ,

a2(t) = 300 sen(314t - π/4) ,

a3(t) = 10 2 sen(1000t + π/3) ,

e così via. Le ampiezze di a1(t), a2(t) e a3(t) valgono, rispettivamente, 100, 300 e10 2 ; le pulsazioni delle tre funzioni sono rispettivamente 100, 314 e 1000,mentre, infine, le rispettive fasi sono 1.5, - π/4 e + π/3.L’intera quantità contenuta all’interno della parentesi nella (7.1), e cioèl’espressione

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76 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

β = ω t + α (7.2)

prende il nome di argomento della funzione sinusoidale, e possiamo quindiscrivere:

a(t) = AM sen(ω t + α) = AM sen β . (7.3)

Come vedremo subito, già la semplice definizione che abbiamo appena dato di unagenerica funzione sinusoidale della variabile tempo richiederà parecchieprecisazioni e qualche approfondimento, per essere compresa fino in fondo.Cominciamo quindi col chiarire subito come si calcola il valore di una funzionedel tipo (7.1) per un qualsiasi, assegnato, valore della variabile indipendente t. Lacosa è ovvia: si comincia col calcolare, per il valore assegnato di t, il valoredell’argomento β, dato dalla (7.2). Ad esempio, con riferimento alla funzione

a2(t) = 300 sen(314t - π/4) ,

volendo calcolare il valore, diciamo, per t = 12.3, abbiamo, subito:

β = 314 ⋅ 12.3 - π4

= 3861.41460184 .

Dopo di ciò, basta pigiare sulla calcolatrice il tastino ‘SIN’, per ottenere subito:

sen β = - 0.386866046 .

Infine basta moltiplicare questo risultato per l’ampiezza 300:

a2(12.3) = 300 sen(314 ⋅ 12.3 - π/4) = 300 ⋅ (- 0.386866 ) = - 116.0598 .

A questo punto, abbiamo imparato a calcolare il valore di una qualsiasi genericafunzione sinusoidale del tipo (7.1) per ogni valore della variabile indipendente t.Già questo ci consente di ricavare alcune importanti informazioni sulle funzionisinusoidali, nonché sul significato dei tre numeri AM, ω e α che la caratterizzano.Cominciamo coll’osservare subito che ogni funzione sinusoidale è periodica.Questo vuol dire, in parole povere, che, se conosciamo i valori in un determinatointervallo di tempo (che prende il nome di periodo della funzione), i valori inogni altro istante sono noti a priori, perché non fanno altro che ripetere quelli già

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77 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

assunti nel periodo. Chiariamo la cosa con un esempio, come al solito, econsideriamo la funzione:

a(t) = 100 sen(50t + π/4) .

Calcoliamo il valore di a(t) per t, ad esempio, pari a 3:

a(3) = 100 sen(50 ⋅ 3 + π/4) = - 1.105 .

Ricaviamolo, ora, per t = 3 + 0.125664:

a(3.125664) = 100 sen(50 ⋅ 3.125664 + π/4) = - 1.105 ,

e, ancora, per t = 3 ± 2 ⋅ 0.125664:

a(3 ± 2 ⋅ 0.125664) = - 1.105 .

Ci accorgiamo così che il valore della funzione a(t), calcolato per t = 3 coincideesattamente col valore calcolato per t = 3 ± n ⋅ 0.125664, essendo n un numerointero qualsiasi (1, 2, , 100, ).La stessa cosa si ripete per qualsiasi altro valore della variabile indipendente t;accade, cioè, che ad esempio:

a(23.5) = a(23.5 ± n ⋅ 0.125664) ,

e così via. Si intuisce allora che, per la funzione a(t) assegnata, il numero fisso0.125664 svolge il ruolo di quello che avevamo chiamato periodo della funzione.Sorge spontanea allora la domanda: come abbiamo fatto a saperlo? E, inoltre,come si fa a calcolare il periodo per un’altra, qualsiasi funzione sinusoidale?La risposta è semplicissima: data una qualsiasi funzione sinusoidale scritta nellaforma (7.1), il periodo, che indicheremo con la lettera maiuscola T, è dato dallasemplicissima formula:

T = 2πω , (7.4)

nella quale ω è la pulsazione della funzione sinusoidale considerata. In altreparole, conoscere ω è equivalente a conoscere T; e viceversa, se si conosce T manon ω, quest’ultima si ottiene subito dalla stessa (7.4):

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78 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

ω = 2πT

. (7.5)

Il periodo T è misurato in secondi, ovviamente, quando la variabile t è il tempo.La pulsazione ω è misurata invece in ‘radianti/secondi’.C’è una terza grandezza, anch’essa legata a ω e T, che è molto usata nella pratica,ed è la cosiddetta frequenza, di solito indicata con la lettera f, e che corrispondesemplicemente all’inverso del periodo:

f = 1T

= ω2π

. (7.6)

La frequenza si misura in ‘hertz’ (Hz) e suoi multipli (kHz, MHz, GHz, che sileggono rispettivamente chilohertz, megahertz, gigahertz; a volte, si usano, ingergo, anche termini come chilocicli, megacicli, e così via).In conclusione, conoscere uno qualsiasi dei tre numeri ω, T, f consente dicalcolare subito, mediante le (7.4), (7.5) e (7.6), gli altri due.Per chiarire ulteriormente il significato di questi numeri, facciamo riferimento algrafico tipico di una funzione sinusoidale, riportato in Figura 7.1.Come si vede, esso è ‘periodico’ anche dal punto di vista ‘visivo’: nel senso che siripete continuamente lungo l’asse orizzontale.

a(t) = AM sen(ωt + α)

t

AM

- AMT

T

0

Figura 7.1: generica funzione sinusoidale.

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79 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Il valore del periodo T può essere misurato, su un grafico di questo tipo, conestrema facilità: basta prendere una ‘oscillazione completa’ della funzione, comemostrato in figura e misurare l’intervallo di tempo corrispondente (indicato con Te i suoi estremi, in due posizioni diverse del grafico).La frequenza f corrisponde, in questo modo, al numero di periodi (e, quindi, dioscillazioni complete) contenuti in un secondo.La pulsazione ω, infine, altro non è se non la frequenza moltiplicata per il numero‘fisso’ 2π, come prescritto dalla relazione (7.6).Data l’importanza fondamentale di questi concetti nello studio dei circuiti (e nonsoltanto in regime sinusoidale), non deve sorprendere se insistiamo ancora ametterne in evidenza i diversi significati.A questo scopo, facciamo ora riferimento a un esempio ‘meccanico’ certamentefamiliare a tutti: quello di un pendolo (fatto semplicemente di un filo appeso alsoffitto e terminante con una pallina di acciaio o con qualunque altro oggetto,piccolo ma abbastanza pesante).

θ

Figura 7.2: esempio di pendolo meccanico.

Immaginiamo di mettere in moto questo pendolo e di lasciarlo poi oscillare dasolo per un certo tempo. Non sarebbe difficile mostrare che, specie all’inizio, ilmoto del pendolo può essere descritto con eccellente approssimazione proprio dauna funzione sinusoidale del tipo (7.1), nella quale il valore della funzionerappresenta, in ogni istante, l’angolo θ che il pendolo fa con la verticale (vedi laFigura 7.2). È chiaro che la durata T del periodo è quella che corrisponde a unaoscillazione completa del pendolo (e cioè a una andata e ritorno completi dellapallina), e che, analogamente, la frequenza con cui il pendolo oscilla corrispondeal numero di oscillazioni complete compiute dal pendolo in un solo secondo. Con

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ciò, speriamo di aver chiarito a sufficienza il significato fisico di T, e quindi anchedi f e ω.

Ricordando che la generica funzione sinusoidale (7.1) è caratterizzata dai trenumeri AM, ω, α, resta ora da chiarire il significato di ΑM e α per completare ilquadro.

Per quel che riguarda AM, la cosa è semplicissima, poiché basta ricordare che lafunzione sen(ωt + α) ha come valore massimo + 1 e come valore minimo - 1, perconcludere che AM rappresenta il valore massimo assunto dalla funzione (comeindicato nella Figura 7.1), e che, analogamente, il suo opposto, - AM, nerappresenta il minimo.È importante osservare qui che, per motivi che saranno chiariti più avanti, èmolto diffuso scrivere l’ampiezza AM nella seguente forma:

AM = A 2 , (7.7)

dove la quantità A prende il nome di valore efficace della a(t). Nell’esempio delpendolo, AM rappresenta l’angolo formato dal filo con la verticale, quando ilpendolo, raggiunto uno degli estremi della sua ‘corsa’, si trova proprio nelmomento in cui sta per ritornare indietro.

Più delicato è chiarire, invece, il significato del terzo numero che caratterizza lafunzione sinusoidale, e cioè la fase α. Data, però, l’importanza assunta da questoparametro nello studio del regime sinusoidale, ci soffermeremo anche su esso, coldovuto dettaglio per metterne in piena luce i diversi aspetti.Cominciamo coll’osservare che se, nell’espressione (7.1) di una generica funzionesinusoidale a(t), calcoliamo il valore all’istante t = 0, otteniamo:

a(0) = AM sen(ω ⋅ 0 + α) = AM sen α . (7.8)

Come si vede, quindi, il valore di α determina (indirettamente, e cioè attraversol’espressione AM sen α) il valore che la funzione sinusoidale assume proprioall’istante t = 0. Così, ad esempio, se la fase α è zero, si ha: a(0) = 0, e il graficodella funzione a(t), riportato in Figura 7.3, passa per l’origine degli assi.

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81 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

t

AM

a(t) = AM sen(ωt)

α = 0

0

- AM

Figura 7.3: funzione sinusoidale con α = 0.

Se, invece, la fase α è, ad esempio, pari a π/2, si ha: a(0) = AM sen(π/2) = AM, e ilgrafico corrispondente è del tipo riportato in Figura 7.4, in cui si vede che a(t)raggiunge addirittura il suo valore massimo AM proprio nell’istante t = 0.

a(t) = AM sen(ωt + π/2)

t0

AM

- AM

α = π/2

Figura 7.4: funzione sinusoidale con α = π/2.

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82 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Più in generale, non sarebbe difficile far vedere che α può essere facilmentemisurato sul grafico della generica funzione a(t), nel modo indicato in Figura 7.5:si considera il primo punto (indicato con P in Figura 7.5) a sinistra dell’originenel quale il grafico assume valore nullo, e cioè ‘taglia’ l’asse orizzontale, mentrecresce; il punto P', quindi, non va bene, perché il grafico ‘taglia’, sì, l’asseorizzontale, ma mentre decresce.Una volta trovato il punto P, basta misurare la durata P0 sull’asse t, emoltiplicarla per la pulsazione ω. Si ha, cioè:

α = ω P0 , (7.9)

avendo indicato con P0 la durata (misurata ovviamente in secondi, del segmentoP0).A questo punto, siamo in condizioni di chiarire la differenza sostanziale che passatra un numero come ω e uno come α. Mentre, infatti, per una data funzionesinusoidale, ω è un numero assegnato, che noi non possiamo modificare in alcunmodo, α dipende sostanzialmente da noi, poiché dipende dall’istante in cui noifacciamo ‘scattare’ il cronometro. Non dimentichiamo, infatti, che l’istante t = 0non esiste di per sé: esso indica semplicemente l’istante in cui noi decidiamo di farpartire la lancetta del nostro orologio.

AM

- AM

a(t) = AM sen(ωt + α)

t0PP'

Figura 7.5: misura di α per una generica funzione sinusoidale.

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83 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Ora, tornando, per chiarire ulteriormente la cosa, all’esempio del pendolo, è facilecapire che, mentre il pendolo sta oscillando per conto suo (e cioè liberamente,senza alcun intervento da parte nostra), noi possiamo decidere di far partire inqualsiasi momento il nostro orologio. Con ciò, la fase della funzione sinusoidaleche descrive il moto del pendolo rimane praticamente decisa da noi stessi, nelmomento in cui azioniamo il cronometro.In conclusione, mentre la pulsazione ω (e quindi anche la frequenza f, e il periodoT) di una data funzione sinusoidale è univocamente fissata, la fase α è arbitraria,poiché dipende, come già detto, dall’istante in cui facciamo partire il nostroorologio.

Ciò detto, va però chiarita subito un’altra cosa, altrettanto importante, cheriguarda le differenze di fase fra funzioni sinusoidali diverse. Se, infatti,consideriamo le due seguenti funzioni sinusoidali

a(t) = AM sen(ω t + α) , b(t) = BM sen(ω t + β) , (7.10)

che hanno la stessa pulsazione ω, è chiaro, in base a ciò che abbiamo detto prima,che, facendo scattare il nostro cronometro in un determinato istante (sceltoarbitrariamente da noi), possiamo decidere il valore della fase di una delle duefunzioni, ma non di tutte e due insieme. Per chiarire ulteriormente, se di pendoliche oscillano ciascuno per conto proprio ce ne sono due (e non uno soltanto),possiamo fare scattare l’orologio nell’istante in cui, ad esempio, il primo pendolosta passando proprio per la verticale, ma, in quello stesso istante l’altro pendolo sitroverà in generale in una posizione diversa. Ne dobbiamo concludere quindi che,‘giocando sull’istante t = 0‘, possiamo decidere ad arbitrio il valore di α, oppurequello di β, ma non il valore della differenza

ϕ = α - β , (7.11)

che prende il nome di ‘sfasamento di b(t) rispetto ad a(t)’, ed è indipendente dalmomento in cui azioniamo il cronometro.La stessa cosa vale ovviamente quando, invece che due funzioni sinusoidali diuguale pulsazione, ne consideriamo tante quante ne vogliamo:

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84 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

a(t) = AM sen(ω t + α) ,

b(t) = BM sen(ω t + β) ,

c(t) = CM sen(ω t + γ) ,

s(t) = SM sen(ω t + σ) .

(7.12)

‘Giocando’ sull’istante t = 0, possiamo fissare ad arbitrio il valore di una qualsiasidelle fasi α, β, γ, , ma di una soltanto. Restano, invece, determinati in modofisso tutti gli sfasamenti (e cioè le differenze di fase) fra le diverse funzioni:

ϕ1 = α - β , ϕ2 = α - γ , . (7.13)

In gergo, quando lo sfasamento ϕ dato dalla relazione (7.11) è positivo, si dice chea(t) è in ‘anticipo di ϕ‘ sulla b(t); oppure, il che è equivalente, che b(t) è ‘inritardo di ϕ‘ sulla a(t). Ad esempio, per

a(t) = AM sen(ωt + π/4) , b(t) = BM sen(ωt + π/5) ,

lo sfasamento ϕ è

ϕ = π4

- π5

= π20

= 9° ,

e a(t) è in anticipo di π/20 su b(t). Analogamente, posto

a(t) = AM sen(ωt + π/2) , b(t) = BM sen(ωt - π/3) ,

risulta che

ϕ = π2

- - π3

= 5π6

= 150° ,

e a(t) è in anticipo di 5π/6 su b(t).

Per abituarvi, poi, al gergo degli elettrotecnici, ricordate che quandoϕ = π/2 = 90°, si dice che a(t) è in quadratura d’anticipo (o di ritardo, seϕ = - π/2 = - 90°) su b(t), e che, se ϕ = π = 180° , a(t) e b(t) sono in opposizione.

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85 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Al termine di questa lunga parentesi dedicata a chiarire bene cosa sia una genericafunzione sinusoidale del tempo, e a metterne in luce i diversi aspetti e i diversiparametri, è ora il caso di applicare quello che abbiamo detto al caso pratico che ciinteressa più da vicino, e che ciascuno di noi ha sottocchio tutti i giorni, in casa esui posti di lavoro: quello delle cosiddette ‘prese’ (alle quali accennavamo giàall’inizio di questo libro). Siamo ora, finalmente, nelle condizioni di spiegare indettaglio cosa rappresenti una ‘presa’ dal punto di vista circuitale.Con riferimento a una tipica presa a tre fori, del tipo rappresentato in Figura 7.6(come se ne trovano normalmente nelle nostre case), diciamo subito che,malauguratamente (per motivi che saranno chiariti nel libro dedicato agli impiantielettrici), molto spesso, per non dire quasi sempre, il foro centrale della presa èinutile, e può essere quindi ignorato, perché elettricamente inattivo.

Figura 7.6: presa a tre fori.

Quando non è così, esso è invece molto importante ai fini della sicurezza degliutenti!Per semplicità, facciamo riferimento quindi a una presa a due soli fori (Figura7.7), come, pure, se ne trovano ancora tante nelle nostre case.

+

−e(t)

Figura 7.7: presa a due fori e circuito equivalente.

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86 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Bene: da un punto di vista circuitale, possiamo pensare che una presa di questogenere sia equivalente, con buona approssimazione (pari a ± 5%) a un generatoreindipendente di tensione, la cui d.d.p. sia la seguente funzione sinusoidale deltempo:

e(t) = 220 2 sen(2π 50 t + α) ≅ 220 2 sen(314 t + α) . (7.14)

Si vede così che:

• è più corretto considerarla come ‘presa di tensione’, che non ‘di corrente’ (nontrattandosi di un generatore di corrente, bensì - semmai - di tensione);• che la frequenza di questa tensione è 50 Hz (e cioè 50 oscillazioni complete in unsecondo); il periodo è quindi di 20 ms (millisecondi), mentre la pulsazione è circa314 radianti/secondo;• che il valore efficace di questa d.d.p. è pari a 220 V, mentre l’ampiezza (e cioè ilvalore massimo) è circa 311 V.

Siamo ora giunti al punto di poter dare piena e completa risposta alla primadomanda che ci eravamo posti nella premessa, e cioè cosa debba intendersiesattamente per regime sinusoidale quando ciascuna delle grandezze fondamentalidella rete, e cioè ciascuna corrente e ciascuna tensione varia nel tempo come unafunzione sinusoidale la cui pulsazione sia assegnata una volta per tutte nell’interarete. Così, in Italia (e nel resto della Comunità europea), il regime sinusoidale, peri comuni impianti domestici e industriali, ha la frequenza di 50 Hz. Ciò vuol dire -lo ripetiamo - che ogni corrente e ogni tensione, in Italia, in Francia, e così via,variano nel tempo sinusoidalmente alla frequenza di 50 Hz (negli USA, invece, ilregime sinusoidale ha una frequenza di 60 Hz).Si osservi, infine, che, nel definire il regime sinusoidale di una rete, si è fattaattenzione a specificare che le grandezze che variano sinusoidalmente sono soltantoquelle fondamentali, e cioè le correnti e le tensioni: non così per le grandezzederivate. Vedremo, infatti, che, in particolare, le potenze elettriche assorbite (ederogate) dai diversi componenti non variano, in generale, con legge sinusoidale,bensì in modi diversi (che a suo tempo specificheremo caso per caso).

7.1.2 C’era una volta …

Come anticipato al termine della premessa a questo capitolo, vogliamo ora farealmeno un cenno alle ragioni e alle circostanze principali che, in passato, hanno

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portato a fare prevalere il regime sinusoidale su quello stazionario nelfunzionamento delle reti di distribuzioni dell’energia elettrica.Inquadriamo innanzitutto l’epoca: siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento, edobbiamo immaginare che soltanto da pochi anni i fenomeni fondamentalidell’Elettromagnetismo sono stati scoperti, insieme con le grandi leggi della fisicache li governano, (ad opera di scienziati della levatura di Volta, Oersted, Faraday,Maxwell e altri). Le prime applicazioni di questa ‘nuova’ branca della Fisicacominciano a diffondersi: basta pensare al telegrafo, ai primi generatorielettromeccanici (le cosiddette ‘dinamo’ di Pacinotti e di Siemens), ai primi motorielettrici, alle prime lampade per l’illuminazione, e così via.C’è da dire che questi primi dispositivi funzionano in ‘corrente continua’ (e cioè inregime stazionario), e che soltanto ora cominciano a fare la loro comparsa i primigeneratori elettromeccanici tempo varianti che presentano ai loro morsetti unad.d.p. variabile sinusoidalmente nel tempo (sono i cosiddetti alternatori), e che -specie all’inizio - non sembrano offrire opportunità migliori rispetto a quelleofferte dalle ‘dinamo’, né dal punto di vista tecnico, né economico.Poi, all’improvviso - siamo intorno agli anni ’80 dell’Ottocento - compare undispositivo nuovo, il cosiddetto Generatore secondario, a opera di due ‘praticoni’(uno, francese, di nome Gaulard, e l’altro, inglese, Gibbs), che permette di fare,operando in ‘corrente alternata’ (e cioè in regime sinusoidale), una cosa moltoimportante che in ‘continua’ non può essere fatta in alcun modo. Si tratta, inultima analisi, di riuscire a cambiare a piacimento (almeno entro certi limiti) ilvalore della tensione prodotta ai morsetti di un generatore, sia innalzandola cheabbassandola. Di qui, il nome di generatore secondario, poiché il dispositivoopera, dal punto di vista logico, come se fosse un secondo generatore funzionante‘in cascata’ a un generatore ‘primario’.Il dispositivo offre certamente opportunità - specie in termini di flessibilità difunzionamento - che sono di grande interesse tecnico-economico, anche se -occorre riconoscerlo apertamente - neppure gli stessi inventori ne avevano capitofino in fondo il funzionamento. Al punto che, specie all’inizio, si ‘sospettava’ che ilgeneratore secondario fosse in grado di erogare una potenza elettrica addiritturamaggiore della potenza elettrica assorbita! A chiarire questo aspetto fondamentaledella questione, rimettendo le cose al loro giusto posto, nel contesto del teoremagenerale di conservazione delle potenze elettriche, ci pensò il nostro grandeGalileo Ferraris, professore di Elettrotecnica a Torino, che, in un lavoroscientifico esemplare sia sotto il profilo della ‘pulizia’ logica che sotto quello dellaabilità e precisione sperimentale, spiegò in maniera del tutto soddisfacente ilfunzionamento del nuovo dispositivo, e ne indicò anche in maniera limpida eoriginale i criteri-guida per progettarlo e costruirlo ‘a regola d’arte’.

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Le enormi possibilità offerte dal nuovo dispositivo (che ormai è indicato cometrasformatore, e non più generatore secondario) si delineano rapidamente: specienei confronti della possibilità di riuscire a innalzare la tensione delle linee didistribuzione dell’energia elettrica, in modo da poterne ridurre i costi direalizzazione.Nasce, così, di qua e di là dell’Atlantico, una grande disputa fra le aziende che,all’epoca, dominavano l’allora nascente mercato elettrico, come la Westhinghouse,la General Electric, la Siemens e poche altre, circa l’opportunità di prevedere peril futuro lo sviluppo dell’energia elettrica nel quadro di una generale distribuzionedella stessa in regime stazionario, oppure in regime sinusoidale. A favoredell’alternata, oltre alla possibilità di impiego del trasformatore, ci sono anchealtre opportunità alle quali faremo cenno fra un attimo. Per contro, a vantaggiodella ‘continua’ non va sottovalutata la facilità di risoluzione delle reti in regimestazionario che, in ultima analisi, si traduce in semplicità di progettazione e quindianche di realizzazione. Non dimentichiamo, infatti, che la risoluzione di una retein condizioni variabili nel tempo richiede quegli strumenti matematici, leequazioni differenziali di cui si è parlato al temine del Capitolo 6, e che, all’epocadi cui stiamo parlando, non potevano essere considerate patrimonio comune deitecnici che progettavano e realizzavano apparati elettrici.La disputa ebbe toni accesi, e durò più di un decennio, con alti e bassi da una partee dall’altra.Come sempre accade in casi simili, alla fine la scelta non fu presa in un solo, benpreciso momento, né per una sola e precisa ragione: avvenne, invece,gradualmente, e per l’effetto concomitante di molte cause.Molto influirono certamente due fatti, che videro la luce grosso modocontemporaneamente:

a) l’intuizione avuta dal giovanissimo ingegnere tedesco Brown circa la possibilitàdi distribuire l’energia elettrica per mezzo di linee trifase e non soltanto monofase(di qui a poco, chiariremo bene il senso di questa intuizione);b) l’invenzione da parte ancora del nostro Galileo Ferraris e di un ‘geniaccio’euro-americano, Nikola Tesla, del cosiddetto motore asincrono, che letteralmenterivoluzionò le opportunità di applicazione dell’energia elettrica in campomeccanico.

La conclusione fu, per farla breve, che già ai primi del Novecento, il regimesinusoidale l’aveva avuta vinta, sia al di qua che al di là dell’Atlantico, e che, siapure a malincuore, occorreva adattarsi ai problemi che nascevano dalla difficoltà

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di risoluzione delle reti in queste condizioni di funzionamento variabile nel tempo.Ma questa è … un’altra storia, di cui parleremo nei paragrafi che seguono.

7.2 Una indispensabile parentesi matematica: i numeri complessi

In questo paragrafo introdurremo prima i numeri immaginari e, poi, i numericomplessi, che rappresentano uno strumento capace di rendere più semplice lostudio delle reti in regime sinusoidale.

7.2.1 I numeri immaginari

La questione di come riuscire a risolvere i circuiti in regime sinusoidale inmaniera rapida ed efficace, evitando di affrontare le complesse equazionidifferenziali mediante le quali si esprimono le leggi della teoria dei circuiti inquesti casi, impegnò non poco gli elettrotecnici degli ultimi decenni dell’Ottocento.Alla fine, la soluzione fu trovata da un ingegnere cecoslovacco emigrato negliUSA, Charles Proteus Steinmetz (che, a buon diritto, può essere considerato unodei ‘padri fondatori’ dell’Elettrotecnica mondiale: si pensi che, ogni anno, eglistabiliva da sé il compenso che riteneva giusto percepire dalla Compagnia che eglistesso stava contribuendo tecnicamente a ‘lanciare’, e cioè la famosa GeneralElectric) e da un americano, Kennelly, che, a sua volta, contribuì in manieradeterminante al definitivo trionfo dei nuovi metodi.Come spesso accade, si vide poi che il metodo escogitato da questi due notevolipersonaggi non era in realtà del tutto nuovo, poiché era stato concepito per laprima volta da un famoso fisico francese, Fresnel, agli inizi dell’Ottocento perrisolvere problemi di tutt’altra natura, e cioè di Ottica. Ma, per la verità, néSteinmetz, né Kennelly ne erano al corrente: all’epoca, la comunicazionescientifica non viaggiava veloce come ai giorni nostri.Come vedremo di qui a poco, il metodo di cui parliamo (che va sotto il nome dimetodo simbolico, oppure di metodo dei fasori) è molto efficace perché segue lestesse vie logiche che si percorrono nel risolvere un qualsiasi circuito in regimestazionario, con la sola differenza di fare ricorso a certi particolari calcolialgebrici dei quali occorre acquisire subito piena padronanza.Questo è il motivo per cui, prima di entrare nel vivo dei ‘trucchi’ inventati daSteinmetz e Kennelly (che saranno spiegati in dettaglio nei paragrafi seguenti),conviene presentare subito questa breve parentesi matematica che è alla base diquesti trucchi, e che altro non è se non l’uso dei cosiddetti numeri complessi.

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I cosiddetti numeri immaginari e, insieme con questi, i numeri complessi fecero laloro prima apparizione già nel XVI secolo, e, fin dall’inizio, apparvero tanto‘strani’ da essere indicati, appunto, come immaginari.In cosa consiste questa stranezza? In una cosa molto semplice. Tutti sanno che nonesiste alcun numero che, elevato al quadrato, dia come risultato (- 1): infatti, si sache

(+ 1)2 = + 1 e (- 1)2 = + 1 .

Nessuno può però impedirci di immaginare che esista un altro oggetto matematico(che non può essere un semplice numero, evidentemente), di tipo completamentediverso (immaginario, appunto), che goda della proprietà che il suo quadrato siapari proprio a (- 1).Come potremo indicarlo? Il modo più semplice di indicarlo è con il simbolo

- 1 , (7.15)

perché, applicando semplicemente la regola del quadrato, si ha:

- 1 2

= - 1 . (7.16)

Con ciò, diciamo la verità, ci siamo semplicemente presi in giro, poiché il simboloche abbiamo introdotto, e cioè - 1 , non è un numero, e non può essere, quindi,né elevato al quadrato, né sommato, né sottratto, né diviso per altri numerisecondo le normali regole delle quattro operazioni.Eppure ... vedrete che questa ‘stranezza’ che abbiamo fatto, quando sarà statasfruttata nel modo adatto, ci consentirà di risolvere problemi che altrimenti nonavremmo saputo neppure affrontare.Si tratta, però, come dicevamo, di sapere sfruttare bene questa ‘strana’ idea dipartenza, ‘inventandoci’ opportune ‘regole del gioco’ che ci consentano di fare lequattro operazioni anche su oggetti come questa immaginaria - 1 .Cominciamo allora col dire subito che sappiamo attribuire un significato(immaginario anche questo, ovviamente) a un ‘oggetto’ del tipo - 4 , oppure- 10 , o che so - 5.21 , e così via. Basta, infatti, scrivere con le solite regole

dell’Algebra:

- 4 = ( 4 ) (- 1) = 4 - 1 = 2 - 1 , - 10 = 10 - 1 , - 5.21 = 5.21 - 1 , e così via .

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Scriveremo quindi, indicando con a un generico numero reale (e cioè razionale oirrazionale) positivo:

- a = + a - 1 . (7.17)

In questo modo, - a viene scritto affiancando un vero numero reale (che è + a )a questo oggetto immaginario che è - 1 . Sottolineiamo ancora una volta chemettere a fianco questi due oggetti diversi non significa moltiplicarli, poiché nonsappiamo ancora, a questo punto della spiegazione, come si moltiplica - 1 per unnumero reale, né per qualsiasi altro ‘oggetto’ matematico.Con ciò, siamo riusciti a dare una significato sia pure soltanto formale, e cioè inquesto caso immaginario, alla radice quadrata di un qualsiasi numero realenegativo. Cosa significa, in ultima analisi, la relazione (7.17)? Niente di più chequest’altra:

- a 2 = - a , (con a > 0) , (7.18)

e cioè che il quadrato del numero immaginario - a è il numero reale negativo(- a).D’ora innanzi, sarà questo l’unico significato che attribuiremo a oggetti matematicidi questo tipo.Per non portarsi dietro ogni volta il simbolo - 1 , che è piuttosto ‘pesante’ dascrivere, si convenne fin dall’inizio di indicarlo con un simbolo più ‘leggero’.Questo simbolo, d’altra parte, non poteva essere un numero reale (perché non loè); si scelse allora di indicarlo con una lettera (che non poteva, evidentemente,essere confusa con nessun numero): la lettera minuscola ‘j’ (i fisici e matematicipreferiscono la minuscola ‘i’, iniziale di immaginario; noi abbiamo scelto la ‘j’ pernon generare confusione con le correnti, che, d’abitudine, si indicano con nomiche iniziano con la lettera ‘i’).Ecco perché, dunque, si affermò rapidamente l’uso di scrivere questi ‘strani’numeri immaginari nell’ancor più ‘strana’ forma

- a = ± j + a , (7.19)

essendo ‘a’ un qualsiasi numero reale positivo. In altre parole, nella (7.19), ilsimbolo ‘j’ sta al posto di - 1 , e si è implicitamente posto:

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(+ j)2 = - 1 2

= - 1 . (7.20)

D’altra parte, utilizzando le solite regole dell’Algebra, deve aversi pure:

(- j)2 = (+ j)2 = - 1 . (7.21)

Potremo quindi scrivere, in piena generalità

(± j)2 = - 1 , (7.22)

la quale - lo ripetiamo ancora una volta - ha ancora e sempre lo stesso significato‘immaginario’ dal quale siamo partiti quando, per la prima volta, ci siamo‘inventati’ l’oggetto rappresentato dal simbolo - 1 .A conclusione di questa prima discussione, d’ora innanzi diremo che un numeroimmaginario è un oggetto rappresentato da un simbolo del tipo

j a , oppure a j (7.23)

(ad esempio, j 5, oppure 5 j, o - 3 j, o ancora 104 j, e così via), essendo ‘a’ unnumero reale qualsiasi, e ‘j’ la cosiddetta unità immaginaria, definita dallarelazione

j = - 1 . (7.24)

Una volta introdotti questi strani numeri immaginari, occorre saper fare le quattrooperazioni aritmetiche: altrimenti, davvero non sappiamo cosa farci.La cosa è molto semplice, se ci serviamo delle stesse regole che usiamo per inumeri reali. Basta, infatti, stabilire che le operazioni fra numeri immaginari sifanno così:

• addizione: j a + j b = j (a + b);ad esempio, 3 j + 2 j = 5 j; 2 j + (- 3) j = (- 1) j = - j;

• sottrazione: j a - j b = j (a - b);ad esempio, 2 j - 3 j = (2 - 3) j = (- 1) j = - j; - 3 j - 4 j = - 7 j;

• moltiplicazione: (j a) (j b) = (ab) j2 = - ab; ad esempio, (2 j) (3 j) = 6 j2 = - 6; (- 3 j) (4 j) = - 12 j2 = + 12;

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• divisione: (j a) : (j b) = a : b ; ad esempio, (3 j) : (2 j) = 3 : 2 = 1.5; (3 j) : (- 2 j) = - 1.5 .

Nella divisione, in altre parole, l’unità immaginaria ‘si semplifica’.

Per completare il quadro dei numeri immaginari, non resta a questo punto chestabilire un’ultima cosa importante: come si fanno le quattro operazioni franumeri reali e numeri immaginari.

Qui, le cose si complicano un po’, perché si tratta di mettere insieme, in qualchemodo, ‘oggetti’ matematici molto diversi tra loro. Cominciamo quindi colrenderci conto subito che già dalla prima operazione, l’addizione, incontriamo unadifficoltà insormontabile. Se, infatti, proviamo a sommare un qualsiasi numeroreale (che so? 5) a un qualsiasi numero immaginario (ad esempio, 3 j), cosa ne può‘venire fuori’?Pensateci un momento: non può veneri fuori né semplicemente un numero reale,ma neppure un numero immaginario, perché il ‘risultato’ deve in qualche modocontenere sia il numero reale che quelli immaginario. Cosa fare, allora? In pratica... non si fa proprio niente, stabilendo che la somma può soltanto essere indicata,ma non eseguita.In conclusione, potremo soltanto limitarci a scrivere la somma così com’è, cioè

5 + 3 j ,

stabilendo che essa non può essere eseguita: deve semplicemente essere lasciata cosìcom’è. Anzi: per non correre alcun rischio di confusione, possiamo fare una cosaancora più ‘simpatica’, e cioè stabilire una volta per tutte di introdurre un terzotipo di ‘oggetti’ matematici (oltre ai numeri reali e ai numeri immaginari), chechiameremo numeri complessi, per distinguerli dagli altri.

7.2.2 I numeri complessi: forma algebrica e forma polare

D’ora innanzi, quindi, diremo che un ‘numero complesso’ è un oggetto matematicoche ha la seguente forma

a + j b , (7.29)

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essendo sia ‘a’ che ‘b’ due qualsiasi numeri reali, e ‘j’ l’unità immaginaria. Spesso,i numeri complessi vengono indicati con lettere soprassegnate, oppure con unpuntino sovrapposto, scrivendo quindi:

c = a + j b , oppure c = a + j b . (7.30)

A seconda delle circostanze, ci atterremo all’uno oppure all’altro degli usi.

A questo punto, ancora una volta, per completare il quadro dei numeri complessi edel loro uso, non ci resta che stabilire come vanno fatte le quattro operazioni.

Siamo così giunti al punto centrale della questione, che è alla base dei ‘trucchi’inventati da Steinmetz e Kennelly per risolvere i circuiti in regime sinusoidale:avrete già intuito, infatti, che questi trucchi si basano proprio sull’uso di questistrani numeri complessi. Quindi, occorre imparare a usarli in modo corretto erapido, a partire, ovviamente, dalle quattro operazioni fra numeri complessi.La cosa, dal punto di vista concettuale, è meno banale di quanto possa apparire aprima vista: infatti, i matematici ‘rigorosi’ presentano le cose in manieraabbastanza diversa da come faremo noi di qui a poco. A noi, però, come tantevolte abbiamo ripetuto, quel che davvero interessa è che voi impariate a risolvere icircuiti in modo rapido e corretto, e rinunzieremo, quindi, a un po’ di rigore, apatto che ciò serva a rendere le cose più semplici e chiare.Diciamo subito, dunque, che piuttosto che darvi le definizioni delle quattrooperazioni fra numeri complessi nella loro forma più generale e astratta (comefanno appunto i matematici), noi preferiamo spiegarvi subito come conviene farle,in modo da risparmiare fatica. Tanto, per quel che ci serve, il risultato sarà lostesso: ... non preoccupatevi.

Per fare quel che abbiamo appena detto, conviene però fare un passo indietro, eritornare a un argomento che certamente sapete usare con disinvoltura: le frazioni.Vi ricordiamo ancora una volta che le frazioni coincidono con quei numeri cheabbiamo chiamato razionali, per distinguerli dagli irrazionali. Vedrete, infatti, checi sono ... strane somiglianze fra un argomento facile come le frazioni e unocomplicato come i numeri complessi (almeno per ciò che riguarda i modi in cuiconviene fare le quattro operazioni).

Cominciamo, quindi, col ricordarvi innanzitutto che una frazione, e cioè un‘oggetto’ matematico che solitamente indichiamo con il simbolo

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MN

→ generica frazione (7.31)

essendo M e N due qualsiasi numeri interi (ad esempio, 3/4, 11/3, - 4/5, e cosìvia), può essere espresso anche in una forma diversa, ma equivalente, e cioè informa cosiddetta decimale. Possiamo scrivere quindi:

45

= 0.8 , 34

= 0.75 , 23

= 0.6 = 0.666 , 115

= 2.2 , e così via.

Le due forme, quella ‘frazionaria’ e quella ‘decimale’, si presentano in modocompletamente diverso, ma sono equivalenti, perché sappiamo come si fa a passareda una all’altra, e viceversa. Ricordate che, per passare dalla forma frazionaria aquella decimale, basta dividere in numeratore per il denominatore, mentre perpassare dalla forma decimale a quella frazionaria, bisogna calcolare le cosiddette‘frazioni generatrici’. Comunque, anche se non lo ricordate in dettaglio, non ve nepreoccupate. L’importante è che sia chiaro che le due forme sono equivalenti, eche possono essere usate, l’una oppure l’altra, a seconda di quel che fa piùcomodo. In particolare, conviene usare una forma oppure l’altra, a seconda delleoperazioni che bisogna fare.Se, infatti, occorre eseguire un’operazione di addizione o sottrazione, convienericorrere alla forma decimale. A esempio, dovendo sommare le frazioni 3/4 e 4/5,conviene eseguire la somma usando le forme decimali

34

+ 45

= 0.75 + 0.80 = 1.55 ,

piuttosto che in forma frazionaria (dove occorre calcolare innanzitutto il minimocomune denominatore delle due frazioni, e così via).Quando, invece, occorre eseguire una moltiplicazione o una divisione, conviene disolito la forma frazionaria. Ad esempio, volendo moltiplicare 3/4 per 4/5,conveniamo subito che è più semplice usare la forma frazionaria

34

⋅ 45

= 35

,

piuttosto che eseguire la moltiplicazione tra le due forme decimali

0.75 ⋅ 0.8 = 0.6 .

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La conclusione di questi brevi elementari richiami sull’uso dei numeri decimali edelle frazioni può così essere riassunta in due punti essenziali:

• l’oggetto matematico chiamato numero ‘razionale’ può essere rappresentato indue forme diverse, ma equivalenti; è essenziale saper passare da una formaall’altra, e viceversa, in modo corretto;• per eseguire le quattro operazioni fra numeri razionali, conviene operare, aseconda dei casi, utilizzando una forma oppure l’altra; l’importante è che irisultati, in un modo o nell’altro, siano gli stessi (anche se rappresentati in formadiversa).

Bene: entrambe le affermazioni contenute nei due punti precedenti valgono ancheper i numeri complessi. Ciò che, quindi, ci accingiamo a fare ora è propriomostrarvi innanzitutto le due forme (diverse, ma equivalenti) in cui i numericomplessi possono essere presentati, mostrandovi come si passa dall’una all’altra (eviceversa), e poi insegnarvi a fare le quattro operazioni fra numeri complessi,ricorrendo a una forma oppure all’altra, a seconda della convenienza.

a) Forma algebrica

La cosiddetta forma algebrica di un numero complesso possiamo dire diconoscerla già, poiché altro non è se non la forma, rappresentata dalla (7.29) conla quale abbiamo introdotto (e, quindi, definito) i numeri complessi.Diremo, perciò, che un dato numero complesso c è espresso in forma algebrica,quando è nella forma

c = a + j b , (7.32)

‘a’ e ‘b’ essendo due numeri reali qualsiasi, e ‘j’ l’unità immaginaria j = - 1 .Ad esempio:

c1 = 3 + 4 j , c2 = - 1.2 + j 7.4 , c3 = - 3 - 4.5 j , e così via.

Il numero reale ‘a’ è detto parte reale del numero complesso c, ed è anche indicatocome

a = ℜ c ; (7.33)

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il numero reale ‘b’ (senza l’unità immaginaria) è detto coefficientedell’immaginario, ed è indicato come

b = ℑ c . (7.34)

La (7.32) può essere anche formalmente scritta come

c = ℜ c + j ℑ c ,

ma, per la verità, è piuttosto rara.

Un’operazione che ci tornerà utile nel seguito, e che nel campo dei numeri realinon viene definita, è l’operazione di coniugazione. Diremo coniugato delnumero complesso (7.32), il numero

c * = a - j b ,

in cui l’asterisco ci ricorda proprio la nuova operazione. Il numero complesso c *

ha la stessa parte reale del numero complesso c, ma parte immaginaria opposta.Ad esempio:

se c = 4 - 5 j → c * = 4 + 5 j .

b) Forma polare

L’altra forma, detta polare, con cui può essere rappresentato un numerocomplesso, richiede una semplice costruzione grafica. A questo scopo, cominciamocol tracciare una coppia di assi cartesiani x e y, come in Figura 7.8, e conveniamodi indicare l’asse x come asse reale, e l’asse y come asse immaginario. Ciòfatto, conveniamo di rappresentare il generico numero complesso (7.32) come unraggio-vettore ‘spiccato’ dall’origine degli assi, come mostrato in Figura 7.8. Iraggi-vettori come c vengono detti comunemente fasori; si parla, quindi,indifferentemente di ‘numeri complessi in forma polare’, oppure di ‘fasori’, senzaalcuna distinzione di significato.È chiaro che, in questo modo, la parte reale ‘a’ del numero complesso crappresenta la componente lungo l’asse x del vettore c, mentre il numero reale ‘b’rappresenta l’altra componente del vettore c. Si ha, così:

cx = a , cy = b . (7.35)

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c

α

a

b

0x ≡ ℜ

y ≡ ℑ

Figura 7.8: numeri complessi in forma polare.

Dunque, per rappresentare il numero complesso c, è possibile assegnare, inveceche i due numeri reali ‘a’ e ‘b’, gli altri due numeri reali ‘c’ e ‘α’, cherappresentano rispettivamente:

c

→ modulo del vettore c e si scrive: mod c ;

α → angolo formato dal vettore c con l’asse reale e si scrive: arg c .

Vale la pena sottolineare che il modulo, trattandosi della lunghezza di un vettore,è sempre positivo. A proposito di ‘α’, va notato esplicitamente che esso vaconsiderato positivo quando misurato, a partire dall’asse reale, in senso antiorario,e negativo, quando è misurato (sempre a partire dall’asse reale) in senso orario.Perciò lo stesso angolo di Figura 7.9 può essere considerato come positivo, e paria 270°, oppure negativo, e pari a - 90°.

270°

- 90°

Figura 7.9: due modi diversi di indicare lo stesso angolo.

Un modo diffuso di indicare il numero complesso c in questa ‘forma polare’ èscrivere

c = c , α ,

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oppure anche c = c ∠α, o altre ancora, meno diffuse.

La semplice costruzione grafica mostra con sufficiente chiarezza tanto come sifaccia a passare dalla forma algebrica a quella polare, quanto come si faccia ilpassaggio inverso, dalla forma polare a quella algebrica. Per essere il più possibilechiari, come sempre, ricorriamo a un paio di esempi.

Esempio 1 - Consideriamo il numero complesso espresso nella forma algebrica

c = 3 + 4 j .

Per passare in forma polare, costruiamo il grafico seguente, partendo col segnarel’ascissa 3 e l’ordinata 4. Si ha subito (misurando α con un goniometro)

c = 32 + 42 = 25 = 5 , α ≅ 53° .

Alcuni autori, quando esprimono gli angoli in gradi, sono soliti indicare questascelta chiaramente anche nel simbolo, per cui si scrivono, ad esempio, α° ≅ 53°.Useremo questa distinzione nei simboli solo nei casi in cui si possa dar adito aqualche confusione.

c

α

0 x ≡ ℜ

y ≡ ℑ

1

1

2

2

3

3

4

Esempio 2 - Dato il numero complesso in forma polare

c = 10 , 45° = 10 , π/4 = 10 ∠π/4 .

Per passare in forma algebrica, costruiamo ancora il grafico, partendo questavolta col tracciare il modulo del vettore c, e cioè il numero positivo 10 in una

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100 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

scala scelta ad arbitrio sul grafico, e posizionando poi il vettore c in modo daformare l’angolo di 45° con l’asse reale.

0 x ≡ ℜ

y ≡ ℑ

45°

c = 10

Non è difficile convincersi che l’operazione di coniugazione di un numerocomplesso in forma polare si ottiene cambiando il segno della fase:

c * = c , - α .

A questo punto, il passaggio dalla forma algebrica a quella polare di un qualsiasinumero complesso, nonché il passaggio inverso dovrebbero essere chiari. Cosìcome li abbiamo spiegati, essi richiedono sempre la costruzione geometrica di ungrafico del tipo di quelli mostrati negli esempi, e la misura, con un goniometro,dell’angolo ‘α’. Ora, entrambe le operazioni, benché concettualmente moltosemplici, richiedono però una certa precisione grafica. È preferibile, per evitareerrori, far ricorso a una delle solite calcolatrici, e fare il passaggio da una formaall’altra, servendosi delle formule che, qui di seguito, riassumiamo.

È forse questo il momento migliore per leggere l’appendice trigonometrica postaalla fine di questo capitolo.

a) Passaggio da forma algebrica a forma polare.

Cominciamo a dire che se il numero è immaginario, cioè se a = 0, la cosa èsemplice:

se c = j b → c = b , α = 90° , se b > 0 ,

c = - b , α = 270° , se b < 0 . (7.36a)

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101 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Facciamo qualche esempio:

c = 3 j → c = 3 , 90° = 3 ∠90° ; c = - 8 j → c = 8 , 270° = 8 ∠270° .

Se, invece, il numero è complesso, allora:

se c = a + j b → c = a2 + b2 , α = arctan b

a , se a > 0 ,

180° + arctan ba , se a < 0 ,

(7.36b)

in cui la funzione ‘arctan’ è detta funzione arcotangente, e la trovate sulle vostrecalcolatrici, vi fornisce il valore della fase del numero complesso se a > 0, vifornisce il valore della fase, a meno dell’angolo 180° = π, se a < 0. La sola cosacui dovete prestare attenzione è capire come la vostra macchinetta calcolatricemisura gli angoli, se in gradi, in radianti, o in qualche altra strana unità. Solo unpo’ di ‘confidenza’ con la calcolatrice vi fornirà la sicurezza necessaria perinterpretare correttamente il risultato fornito.

Ad esempio:

c = 1 + j → c = 12 + 12 ≅ 1.42 , α = arctan 11

= 45° = π4

;

c = 3 + 4 j → c = 32 + 42 = 5 , α = arctan 43

≅ 53.1° ;

c = - 1 + 2 j → c = (- 1)2 + 22 ≅ 2.24 , α = 180° + arctan 2- 1

≅ 116.6° ;

c = - 1 - 3 j → c = (- 1)2 + (- 3)2 ≅ 3.16 , α = 180° + arctan 3 ≅ 251.6° ;

c = 1 - 5 j → c = (- 1)2 + 52 ≅ 5.10 , α = arctan - 51

≅ - 78.7° = 281.3° .

Insomma, ogni volta che state per calcolare la fase di un numero complesso,dovete valutare con attenzione se sommare, o meno, l’angolo di 180° = π rad allafunzione arcotangente.

b) Passaggio inverso, da forma polare a forma algebrica.

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102 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Sono noti c (> 0) e α → a = c cos α , b = c sen α . (7.37)

Ad esempio:

c = 5 ∠30° → a = 5 cos 30° ≅ 4.33 , b = 5 sen 30° = 2.5 ; c = 6 ∠120° → a = 6 cos 120° = - 3 , b = 6 sen 120° ≅ 5.20 ; c = 8 ∠210° → a = 8 cos 210° ≅ - 6.93 , b = 8 sen 210° = - 4 ; c = 5 ∠310° → a = 5 cos 310° ≅ 3.21 , b = 5 sen 310° ≅ - 3.83 .

7.2.3 Le quattro operazioni fra i numeri complessi

Una volta imparato come si fa a passare rapidamente e correttamente da unaforma all’altra, è semplicissimo imparare a fare le quattro operazioni nel modopiù rapido e sicuro.È conveniente distinguere le operazioni di addizione/sottrazione, che vannoeseguite in forma algebrica, dalle operazioni di moltiplicazione/divisione, chevanno, invece, eseguite in forma polare.In questo modo, le regole sono semplicissime, e possono essere riassunte secondolo schema di seguito indicato.

A) Operazioni di addizione/sottrazione.

Volendo eseguire le operazioni

c1 ± c2 ,

basta porre entrambi i numeri complessi c1 e c2 nelle rispettive forme algebriche

c1 = a1 + j b1 , c2 = a2 + j b2 ,

e operare con le normali regole dell’Algebra elementare. Si ha, cioè:

c = c1 + c2 = a1 + j b1 + a2 + j b2 = a1 + a2 + j b1 + b2 ; (7.38)

c = c1 - c2 = a1 + j b1 - a2 + j b2 = a1 - a2 + j b1 - b2 . (7.39)

Siano, ad esempio, c1 = 3 + 4 j e c2 = 2 - 3 j. Allora, risulta:

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103 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

c1 + c2 = 3 + 4 j + 2 - 3 j = 5 + j ; c1 - c2 = 3 + 4 j - (2 - 3 j) = 1 + 7 j .

B) Operazioni di moltiplicazione/divisione.

Volendo eseguire le operazioni

c1 ⋅ c2 , oppure c1 : c2 ,

conviene porre entrambi i numeri complessi nelle rispettive forme polari

c1 = c1 ∠α1 , c2 = c2 ∠α2 ,

ed eseguire le operazioni come segue:

c = c1 ⋅ c2 = c1 ∠α1 ⋅ c2 ∠α2 = c1 c2 ∠(α1 + α2) ; (7.40)

c = c1 : c2 = c1 ∠α1 : c2 ∠α2 = c1 : c2 ∠(α1 - α2) . (7.41)

In altri termini, per la moltiplicazione di due numeri complessi i moduli deinumeri si moltiplicano tra loro, mentre gli angoli si sommano; per la divisione, imoduli si dividono, e gli angoli si sottraggono.Siano, ad esempio, c1 = 10 ∠45° e c2 = 5 ∠30°. Si ha, allora:

c1 ⋅ c2 = 50 ∠75° , c1 : c2 = 2 ∠15° .

Vale la pena osservare che, dovendo sommare (oppure sottrarre) due numericomplessi dati in forma polare, ad esempio

c1 + c2 = 10 ∠45° + 5 ∠30° ,

conviene trasformarli dalla forma polare a quella algebrica, in modo che

c1 = 10 ∠45° = 10 cos 45° + j 10 sen 45° ≅ 7.07 + 7.07 j , c2 = 5 ∠30° = 5 cos 30° + j 5 sen 30° ≅ 4.33 + 2.5 j ,

e poi eseguire la somma

c1 + c2 ≅ 7.07 + 7.07 j + 4.33 + 2.5 j = 11.4 + 9.57 j .

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104 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Viceversa, dovendo moltiplicare (o dividere) due numeri complessi espressi informa algebrica, conviene, innanzitutto, trasformarli in forma polare e, poi,eseguire la moltiplicazione (o divisione).

7.3 I ‘trucchi’ di Steinmetz e Kennelly

Ora che abbiamo introdotto i numeri complessi, e abbiamo anche imparato aoperare su essi, possiamo finalmente ritornare alla questione centrale dalla qualeeravamo partiti, e cioè quella di trovare un metodo semplice e rapido perrisolvere correttamente ‘a mano’ (e cioè senza l’uso di Spice) i circuiti in regimesinusoidale.È chiaro che quando parliamo dei ‘trucchi’ che furono inventati da Steinmetz eKennelly per risolvere il problema, questo è soltanto un modo per indicare imetodi (rigorosi anche da un punto di vista matematico) mediante i quali i dueautori riuscirono a risolvere le equazioni differenziali che governano ilfunzionamento dei circuiti in regime sinusoidale.A noi, però, come al solito, non interessa qui imparare questi metodi matematici(anche perché ce ne mancherebbero le basi, al momento), bensì imparare arisolvere i circuiti. Ecco perché, anche per alleggerire il tono, parliamo di‘trucchi’ di Steinmetz e Kennelly, pur sapendo bene che i metodi utilizzati sonotutt’altro che ‘magici’, ma hanno, invece, rigorose basi matematiche.

Non ci resta, a questo punto, che spiegarvi come si usano.

L’idea centrale del metodo è molto semplice, e prende spunto dalla definizionestessa di regime sinusoidale. Ricordando, infatti, che una rete è in regimesinusoidale, quando tutte le correnti e tensioni della rete sono funzioni sinusoidalidel tempo dotate della stessa pulsazione ω, ciascuna corrente e ciascuna tensionepuò essere scritta nella forma generica

a(t) = A 2 sen(ω t + α) , (7.41)

nella quale ω è la pulsazione, fissata una volta per tutte (in Italia èω = 2π 50 ≅ 314 rad/s), mentre il valore efficace A, oppure l’ampiezzaAM = A 2 , e la fase α sono ovviamente diverse per le diverse correnti e tensioni.D’altra parte, è vera anche la proprietà inversa: e cioè, se di una data corrente (otensione) conosciamo il valore efficace, diciamo ad esempio 10 A, nonché la fase,ad esempio π/4, è semplicissimo scrivere l’espressione della grandezza considerata:

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105 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

i(t) = 10 2 sen 314t + π4

.

Negli USA, invece di ω = 2π ⋅ 50 rad/s, avremmo dovuto scrivereω' = 2π ⋅ 60 rad/s, perché la ‘frequenza di rete’ è pari a 60 Hz, invece che 50 Hz.È chiaro, dunque, che ciascuna delle grandezze fondamentali di una rete chefunzioni in regime sinusoidale (a una data pulsazione) è individuata univocamenteda due numeri: il suo valore efficace, sempre positivo (oppure, equivalentemente,dalla sua ampiezza, pari a 2 volte il valore efficace), e la sua fase, che puòessere, invece, sia positiva che negativa, (o anche nulla).Viene spontaneo allora concludere che ciascuna corrente e tensione di una rete inregime sinusoidale (alla assegnata pulsazione ω) può essere rappresentata da unnumero complesso espresso nella forma polare A ∠α, oppure, il che èevidentemente la stessa cosa, dal corrispondente fasore rappresentato in Figura7.10.

α

0 x ≡ ℜ

y ≡ ℑ

A

Figura 7.10: fasore rappresentativo di una generica grandezza elettrica.

In ultima analisi, è proprio questo il primo dei trucchi da usare (in particolare,quello dovuto essenzialmente a Steinmetz): sostituire alle incognite funzionisinusoidali del tempo i(t) e v(t) incognite indipendenti dal tempo, e costituite dafasori, cioè numeri complessi espressi in forma polare.Il vantaggio di un simile ‘trucco’ è evidente poiché riporta le cose, in qualchemodo, a una situazione simile a quella che c’era in regime stazionario (in cui leincognite erano, appunto, indipendenti dal tempo), con la sola differenza che, inregime stazionario, le incognite sono rappresentate da numeri reali, mentre, inregime sinusoidale, le incognite debbono essere rappresentate da fasori, e cioè,ripetiamolo ancora una volta, da numeri complessi.

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106 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

L’altro trucco, essenzialmente dovuto a Kennelly, fu quello di riuscire atrasformare le caratteristiche dinamiche dei bipoli dotati di memoria (inparticolare, induttore e condensatore ideale), in caratteristiche statiche checollegano fra loro non più le funzioni sinusoidali del tempo che rappresentano lecorrenti e le tensioni, bensì i fasori che le rappresentano. La ‘regola’ in base allaquale questa fondamentale trasformazione viene realizzata è molto semplice, e puòessere enunciata nel modo seguente: la caratteristica di ciascuno dei tre bipolifondamentali, resistore, induttore e condensatore ideale, va scritta fra i fasorirappresentativi della tensione e della corrente di ciascun bipolo, ed è sempre dellaforma

V = ± Z I , (7.42)

nella quale va il segno ‘+’ se si è fatta per il bipolo la convenzione dell’utilizzatore,il segno ‘-’ in caso contrario, e inoltre V e I sono i fasori rappresentativirispettivamente della tensione e della corrente ai morsetti del bipolo. Infine, Z èun numero complesso che è diverso per i tre bipoli fondamentali:

• per il resistore

Z = R , (7.43)

in cui R è la stessa resistenza del resistore considerato in regime stazionario;

• per l’induttore ideale

Z = j ω L , (7.44)

in cui ω è la pulsazione comune a tutte le grandezze fondamentali del regimesinusoidale considerato, L è l’induttanza che figura nella caratteristica dinamicadell’induttore (6.3), e ‘j’ è l’unità immaginaria; se ne conclude che, in questo caso,Z è un numero immaginario;

• per il condensatore ideale

Z = - jω C

, (7.45)

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107 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

in cui ω è la pulsazione comune a tutte le grandezze fondamentali del regimesinusoidale considerato, C è la capacità che figura nella caratteristica dinamica delcondensatore (6.5), e ‘j’ è l’unità immaginaria; anche in questo caso, Z è unnumero immaginario.Il numero Z prende il nome di impedenza del bipolo corrispondente, e ha ledimensioni di una resistenza, cioè ohm. Vale la pena osservare esplicitamente duecose:

• l’impedenza Z è indicata con la lettera zeta maiuscola sormontata da un pallinopiuttosto che da un trattino per sottolineare il fatto che essa è un numero (reale oimmaginario) che non rappresenta alcuna grandezza fondamentale della rete;• il numero Z è rappresentato in forma algebrica, e non polare.

Aggiungiamo, infine, che la resistenza R è indipendente dalla pulsazione ω delregime sinusoidale considerato. Invece, la quantità reale

XL = ω L , (7.46)

che è strettamente positiva (perché sia ω che L lo sono) prende il nome direattanza induttiva, cresce per una data L, al crescere della pulsazione ω, comemostrato in Figura 7.11 (con L = tan α).

α

0 ω

XL = ω L

Figura 7.11: la reattanza induttiva cresce linearmente con la pulsazione.

Si vede, così, che, mentre il comportamento di un resistore non risente dellapulsazione ω del regime sinusoidale considerato, la reattanza induttiva di uninduttore ideale ne risente, invece, in maniera significativa, crescendo linearmentecon ω, e diventando tanto più grande, approssimando, cioè, il comportamento diun circuito aperto, quanto più elevato è il valore della frequenza. Questo è ilmotivo per cui, in regime stazionario, e cioè quando la frequenza tende a

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108 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

diventare nulla, la reattanza induttiva dell’induttore tende a diventare nulla, e,corrispondentemente, l’induttore tende a comportarsi come un corto circuito.D’altra parte, la quantità reale

XC = 1ω C

, (7.47)

che è, come la reattanza induttiva, strettamente positiva (perché sia ω che C losono), diminuisce, invece, per una data C, al crescere della pulsazione ω, comemostrato in Figura 7.12.

0 ω

XC = 1ω C

Figura 7.12: la reattanza capacitiva decresce con la pulsazione.

Si vede così che anche il comportamento del condensatore ideale risentefortemente della pulsazione del regime considerato: ne risente, però, in modoinverso rispetto all’induttore. Infatti, esso tende a comportarsi come un circuitoaperto quando la pulsazione ω tende a zero (poiché XC tende a diventare semprepiù grande, come una resistenza progressivamente crescente), mentre tende acomportarsi come un corto circuito quando la pulsazione ω cresce indefinitamente(poiché XC diminuisce progressivamente, come una resistenza che diventa semprepiù piccola).La tabella che segue riassume il comportamento dei due bipoli a memoria,induttore e condensatore, alle basse e alte pulsazioni (o frequenze).

Induttore ideale Condensatore idealeBasse frequenze Corto circuito Circuito apertoAlte frequenze Circuito aperto Corto circuito

Per completare la nostra analisi, non ci resta che esaminare separatamente come itre bipoli fondamentali, resistore, induttore e condensatore, si comportino quandofunzionano in corrente alternata. Ciò vuol dire che, se immaginiamo che su

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109 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

ciascun bipolo venga fatta la convenzione dell’utilizzatore, vogliamo studiarel’andamento temporale quando siano alimentati, ad esempio, da una correntesinusoidale del tipo

i(t) = I0 2 sen(ω t) ,

che può essere rappresentata, secondo la (7.41), dal numero complesso a fase nulla

I = I0 .

• Per il resistore, risulta

V = R I = R I0 ,

e i due fasori, quello che rappresenta la tensione e quello della corrente, hannoentrambi fase nulla, e sono due vettori paralleli diretti nella stessa direzione(quella dell’asse reale positivo), come suggerisce la Figura 7.13.

+ −

I R

V0

I

V

ℑV = R I

Figura 7.13: fasori che rappresentano tensione e corrente ai capi di un resistore.

Rappresentando la tensione nella forma di sinusoide, la precedente relazionediventa:

v(t) = R I0 2 sen(ω t) .

L’andamento temporale della tensione e corrente è rappresentato, in un casoparticolare, in Figura 7.14. Si noti, innanzitutto, che in ascisse non abbiamoriportato il tempo t, ma la grandezza adimensionale ωt, ad esso proporzionale: èquesta una comoda rappresentazione alla quale spesso ricorreremo nel seguito. Inquesto modo abbiamo evitato di specificare quanto valga la pulsazione di lavoro ω.Osservate, poi, come le due sinusoidi assumano i valori massimo e minimo, o

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110 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

intersechino l’asse dei tempi, proprio negli stessi istanti: è questo il significatodell’espressione in fase, che abbiamo in precedenza introdotto. Le due sinusoidievolvono nel tempo (qualche volta si dice pure oscillano, ricordando il pendolo) inmaniera sincrona. Tuttavia dovete convenire con noi nel dire che è più sempliceaccorgersi che due fasori siano in fase dal diagramma di Figura 7.13, piuttosto chericonoscerlo dall’andamento temporale delle corrispondenti sinusoidi di Figura7.14.

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8

CorrenteTensione

ωt

I0 = 12

A

R = 12

Ω

Figura 7.14: tensione e della corrente ai capi di un resistore.

• Per l’induttore, risulta (Figura 7.15)

V = j ω L I = j XL I0 ,

e, assumendo che il fasore della corrente sia diretto come l’asse reale positivo, ilfasore che rappresenta la tensione punta nella direzione dell’asse immaginariopositivo.I due fasori formano un angolo mutuo di 90° e sono, pertanto, in quadratura. Piùprecisamente, usando, come abbiamo già fatto per la misura degli angoli, qualeverso di riferimento quello antiorario, cioè il verso di rotazione opposto a quellodelle lancette dell’orologio, diciamo pure che la tensione è in anticipo di 90°rispetto alla corrente (o, se preferite, che la corrente è in ritardo di 90° rispetto

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111 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

alla tensione). Rappresentando la tensione nella forma di sinusoide, e considerandoche j = 1 ∠π/2, che la precedente relazione diventa:

v(t) = ω L I0 2 sen ωt + π2

.

0

IV

+ −

I

V

XL = ωLV = j XL I

Figura 7.15: fasori che rappresentano tensione e corrente ai capi di un induttore.

L’andamento temporale della tensione e corrente è rappresentato, in un casoparticolare, in Figura 7.16.

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8

CorrenteTensione

ωt

I0 = 12

A

ωL = 12

Ω

Figura 7.16: tensione e della corrente ai capi di un induttore.

Notate come la tensione assuma il suo valore massimo all’istante zero, mentre lacorrente raggiunge il massimo solo qualche tempo dopo (nel grafico perωt = π/2 = 1.57 ): la tensione, allora, è in anticipo rispetto alla corrente.

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112 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

• Per il condensatore, risulta (Figura 7.17)

V = - jω C

I = - j XC I0 ,

e, assumendo, come d’abitudine, che il fasore della corrente sia diretto come l’assereale positivo, il fasore che rappresenta la tensione punta nella direzione dell’asseimmaginario negativo. I due fasori formano un angolo mutuo di 90° e sono,pertanto, in quadratura. Più precisamente, usando, come abbiamo già fatto per lamisura degli angoli, quale verso di riferimento quello antiorario, diciamo pureche la tensione è in ritardo di 90° rispetto alla corrente (o, se preferite, che lacorrente è in anticipo di 90° rispetto alla tensione).

0

I

V

+ −

I

V

XC = 1/(ωC)V = - j XC I

Figura 7.17: fasori che rappresentano tensione e corrente ai capi di uncondensatore.

Rappresentando la tensione nella forma di sinusoide, e considerando chej = 1 ∠π/2, la precedente relazione diventa:

v(t) = 1ω C

I0 2 sen ω t - π2

.

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113 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8

CorrenteTensione

I0 = 12

A

ωC = 2 S

Figura 7.18: tensione e della corrente ai capi di un condensatore.

L’andamento temporale della tensione e corrente è rappresentato, in un casoparticolare, in Figura 7.18. Notate come la tensione assuma il suo valore minimoall’istante zero, mentre la corrente ha già raggiunto il minimo qualche tempoprima (nel grafico per ωt = - π/2 = - 1.57 ): la tensione, allora, è in ritardorispetto alla corrente.Bene: a questo punto, vi attende una ... lieta sorpresa: i ‘trucchi’ sono finiti, e voisiete ormai in possesso di tutto ciò che vi serve per risolvere ‘a mano’ una rete inregime sinusoidale. Nel paragrafo seguente, vi spiegheremo come si fa, e ...vedrete che è molto semplice.

7.4 La risoluzione di una rete in regime sinusoidale con il ‘metodo deifasori’

Arrivati a questo punto, e cioè, una volta che abbiamo imparato come si opera coni numeri complessi, e abbiamo inoltre capito i due trucchi fondamentali escogitatida Steinmetz e Kennelly, siamo finalmente in condizioni di spiegarvi in dettagliocome si fa a risolvere ‘a mano’ una qualsiasi rete in regime sinusoidale. La cosa èin realtà molto semplice, perché si tratta, in ultima analisi, di ripercorrere passodopo passo le stesse vie che si seguono in regime stazionario, con le sole seguentidifferenze:

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114 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

• ciascuna incognita della rete (tensione o corrente) è rappresentata da un numerocomplesso (e non da un numero reale) costante nel tempo;

• le LK vanno scritte allo stesso modo che in regime stazionario, a patto discriverle fra i numeri complessi (e non reali) rappresentativi delle correnti e delletensioni;• la caratteristica di ciascuno resistore, induttore o condensatore ideale va scritta,con la convenzione dell’utilizzatore, nella forma statica

V = Z I , in cui si è posto

Z = R , per il resistore, (7.48)Z = j ω L , per l’induttore, (7.49)

Z = - j 1ω C

, per il condensatore; (7.50)

• la caratteristica di un generatore sinusoidale di tensione è del tipo

V = E , (7.51)

essendo E un numero complesso noto, mentre la caratteristica di un generatoresinusoidale di corrente è del tipo

I = J , (7.52)

essendo J un numero complesso noto.

A parte le cose segnate in questa cornice, niente altro cambia rispetto allarisoluzione di una rete in regime stazionario. Ciò significa, in particolare, che larisoluzione della rete si riduce alla soluzione di un opportuno sistema di equazionialgebriche che hanno, come incognite, numeri complessi invece che numeri reali.Per chiarire questo fondamentale aspetto della questione, facciamo ricorso subito aun semplice esempio.Consideriamo la rete rappresentata in Figura 7.19, e proponiamoci di risolverlaquando essa funziona in regime sinusoidale alla frequenza f = 50 Hz (cioè allapulsazione ω = 2π ⋅ 50 rad/s), imposta dal generatore sinusoidale di tensione la cuif.e.m. vale:

e(t) = 100 2 sen ωt + π4

.

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115 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

−L

R

e(t)

Figura 7.19: circuito R-L funzionante in regime sinusoidale.

Per fissare le idee anche da un punto di vista numerico, assumiamo inoltre iseguenti valori per i parametri R e L: R = 10 Ω, L = 10 mH. Cominciamo,dunque, come al solito, a compiere le operazioni di rito, e cioè a battezzare tutte legrandezze fondamentali del circuito, come mostrato in Figura 7.20, in cui i nodisono stati chiamati con 0, 1 e 2 per motivi che saranno chiariti alla fine delparagrafo.

+

−L

Re(t)

+ −

+

vL(t)

vR(t)

i(t)

1 2

0

Figura 7.20: convenzioni per le tensioni e la corrente.

Applichiamo, ora, la LKC, la quale ci dice, ovviamente, che, essendo tutti i bipolicollegati in serie, esiste un’unica corrente i(t) circolante nel circuito.Conformemente alle regole enunciate, consideriamo, come incognita, il numerocomplesso (costante nel tempo), che indicheremo, ad esempio, con I, al posto dellafunzione sinusoidale

i(t) = I 2 sen(ω t + α) ,

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116 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

della quale, al momento conosciamo la sola pulsazione ω, mentre ignoriamo ilvalore efficace I e la fase α. Decidiamo pure di usare i radianti per misurare gliangoli per lo svolgimento di questo esempio; pertanto, controllate che anche levostre calcolatrici misurino gli angoli in radianti, altrimenti rischiate di trovarerisultati ... falsi.Comportandoci in modo analogo per quel che riguarda le altre grandezzefondamentali del circuito, e cioè le tensioni, considereremo come incognite, inluogo delle funzioni sinusoidali

vR(t) = VR 2 sen(ω t + β) , vL(t) = VL 2 sen(ω t + γ) ,

i numeri complessi (costanti nel tempo) che indicheremo rispettivamente con VR eVL. Indicheremo poi con E il numero complesso (anch’esso costante nel tempo)che rappresenta la funzione sinusoidale nota e(t) = 100 2 sen(ω t + π/4).A questo punto, completato il battesimo di tutte le grandezze fondamentali delcircuito, non ci resta che applicare la LKT e aggiungere le caratteristiche deidiversi bipoli che costituiscono la rete.La LKT, applicata all’unica maglia esistente, è scritta subito nella forma:

- E + VR + VL = 0 . (7.53)

Con il simbolo 0 abbiamo indicato un numero complesso che ha sia la parte reale,sia quella immaginaria, nulle. La caratteristica dei diversi bipoli sono, d’altraparte:

VR = R I , (7.54)

VL = j ω L I , (7.55)

E = 100 ∠π/4 ≅ 70.71 + 70.71 j . (7.56)

Con ciò, come si vede, abbiamo terminato la scrittura di tutte le equazioni chegovernano il funzionamento della rete, e cioè le LK nonché le caratteristiche ditutti i bipoli. È bene notare ancora una volta che abbiamo fatto, quindi, le stessecose che avremmo fatto in regime stazionario, con la sola differenza diconsiderare, come incognite, numeri complessi (costanti nel tempo), piuttosto chenumeri reali.Sostituendo le (7.54), (7.55) e (7.56) nella (7.53), otteniamo:

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117 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

R I + j ω L I = E . (7.57)

Adoperando, a primo membro, le usuali regole dell’Algebra elementare e la(7.56), possiamo scrivere (mettendo in evidenza I)

(R + j ω L) I = 100 ∠π/4 , (7.58)

e, sostituendo i valori numerici di R, L e ω, otteniamo:

(10 + j 2π ⋅ 50 ⋅ 10 ⋅ 10-3) I = (10 + j π) I = 100 ∠π/4 . (7.59)

Siamo, con ciò, arrivati a un’equazione algebrica lineare nella quale l’unicaincognita presente è il numero complesso I. La soluzione di questa equazione,utilizzando ancora una volta le usuali regole dell’Algebra elementare, può esserescritta nella forma:

I = 100 ∠π/410 + j π

, (7.60)

e cioè come rapporto tra due numeri complessi noti. Osserviamo subito, però, che,mentre il numeratore è scritto in forma polare (e cioè come fasore), ildenominatore è scritto, invece, in forma algebrica. Per eseguire la divisione,allora, conviene trasformare i due numeri complessi nella stessa forma: in questocaso, conviene trasformare il denominatore in forma polare, in modo chel’incognita I, una volta calcolata, risulti espressa automaticamente anch’essa comefasore.Ricordando la regola di trasformazione da forma algebrica a forma polarerappresentata dalla (7.36), possiamo scrivere:

mod(10 + j π) = 102 + π2 ≅ 109.87 ≅ 10.48 , (7.61)

e, esprimendo gli angoli in radianti,

arg(10 + j π) = arctan π10

≅ 0.30 . (7.62)

Riassumendo, possiamo scrivere, quindi:

10 + j π ≅ 10.48 ∠0.30 ,

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118 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

e, sostituendo nella (7.60):

I ≅ 100 ∠π/4

10.48 ∠0.30 .

Ricordando, infine, che la divisione va fatta dividendo i moduli e sottraendol’argomento del denominatore da quello del numeratore, otteniamo infine:

I ≅ 9.54 ∠0.48 ≅ 8.46 + 4.41 j . (7.63)

Abbiamo così trovato il valore (precedentemente incognito) del numero complessoI. Le (7.54) e (7.55) ci forniscono allora i valori di VR e di VL. Anche in questocaso, conviene prima trasformare i numeri complessi R e j ω L, scritti in formaalgebrica, in forma polare per mezzo della regola (7.36):

R = 10 = 10 ∠0 , j ω L = 2π ⋅ 50 ⋅ 0.01 j = j π = π ∠π/2 .

+

−L

R

+ −

+

VLE

VR

I

E

VR

VL

y ≡ ℑ

x ≡ ℜ0

E = VR + VL

Figura 7.21: verifica grafica della LKT.Otteniamo, così:

VR = R I ≅ 10 ∠0 ⋅ 9.54 ∠0.48 = 95.4 ∠0.48 ≅ 84.62 + 44.05 j , (7.64)

VL = jωLI ≅ π ∠π/2 9.54 ∠0.48 = 29.96 ∠2.05 ≅ - 13.81 + 26.59 j . (7.65)

Possiamo anche verificare i risultati trovati sostituendo nella LKT (7.53) i valoricalcolati:

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119 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

- E + VR + VL ≅ - 70.71 - 70.71 j + 84.62 + 44.05 j - 13.81 + 26.59 j = = 0.1 - 0.07 j .

La somma delle tre tensioni, come c’era da aspettarsi, non è esattamente zero acausa delle approssimazioni introdotte nel calcolo delle funzioni trigonometriche.Noi abbiamo sviluppato i calcoli approssimando i diversi numeri con due cifredecimali dopo la virgola; se provate a ripetere gli stessi calcoli con quattro cifredecimali dopo la virgola, troverete che la LKT è verificata con maggioreaccuratezza dato che troverete un numero complesso ancora più vicino allo zero.La Figura 7.21 suggerisce la stessa verifica, appena eseguita sviluppando leoperazioni sui numeri complessi, rappresentando nel piano complesso i fasoricorrispondenti alle tre tensioni E, VR e VL.

A questo punto, la rete è completamente risolta in termini di fasori rappresentatividelle diverse grandezze fondamentali. Non ci resta che utilizzare il trucco diSteinmetz in senso inverso, per ritornare dai fasori alle funzioni sinusoidali deltempo. Ricordando, allora, che il modulo del fasore altro non è se non il valoreefficace della funzione sinusoidale, e l’argomento del fasore è la fase, concludiamosubito che

i(t) = 2 mod I sen ω t + arg I = 9.54 2 sen(ω t + 0.48) , (7.66)

e, analogamente, che

vR(t) = 95.4 2 sen(ω t + 0.48) , (7.67)

vL(t) = 29.96 2 sen(ω t + 2.05) . (7.68)

E, con ciò, la rete è completamente risolta.

Possiamo, a questo punto, verificare la validità della LKT nel dominio del tempo,cioè controllare che, istante per istante, è:

- e(t) + vR(t) + vL(t) = 0 .

In Figura 7.22 abbiamo riportato gli andamenti temporali di queste tre tensioni,per una durata di due periodi (ricordate che T = 20 ms). Notate che l’istantegenerico, nella scala temporale scelta, è misurato in millisecondi (ms).

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120 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

-150

-100

-50

0

50

100

150

-10 -5 0 5 10 15 20 25 30

t (ms)

e(t)

vR(t)

vL(t)

Figura 7.22: andamento temporale delle tre tensioni e(t), vR(t) e vL(t).

Osservate pure che l’asse dei tempi appare tratteggiato: abbiamo, infatti, disegnatopure la funzione F(t) = - e(t) + vR(t) + vL(t) che dovrebbe essere esattamente nullama che, per le approssimazioni introdotte nel calcolo dei numeri complessi, non èrigorosamente nulla. Tuttavia, nella scala delle ordinate scelta per costruire laFigura 7.22, la funzione F(t) appare schiacciata sull’asse dei tempi. Se ci rifletteteun momento, questa funzione rappresenta proprio una misura dell’errorenumerico commesso: se non commettessimo alcun errore di approssimazione,questa funzione sarebbe nulla in ogni istante, cioè F(t) = 0.Provate voi a verificare che la funzione F(t) nei quattro istanti t = - 5 ms,t = 5 ms, t = 15 ms e t = 25 ms (segnati con delle crocette in figura), vale:

F(-5) = F(15) ≅ - 0.13421 , F(5) = F(25) ≅ 0.13421 .

Prima di concludere questo paragrafo, vogliamo mostrarvi un primo esempio disintassi Spice per una rete che funzioni in regime sinusoidale. Lo scopo è diconvincervi che, dopo le istruzioni che avete imparato alla fine del regimestazionario e quelle che codificano un induttore e un condensatore, studiate nelCapitolo 6, avete bisogno veramente di poco per adoperare il simulatore anche incorrente alternata.

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121 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Pertanto, qui di seguito trovate il file di ingresso da dare a Spice per realizzare larete di Figura 7.20. Come d’abitudine, la prima riga assegna un nome al file,mentre la seconda è un commento.

Esempio* Primo esempio di circuito in alternataR1 1 2 10L1 2 0 10mVE 1 0 AC 141.42 - 45.AC LIN 1 50 50.END

La terza e la quarta riga dovrebbero esservi familiari: esse codificano un resistore,tra i nodi 1 e 2, e un induttore, tra i nodi 2 e 0, di valore 10 Ω e 10 mH,rispettivamente.La quinta linea stabilisce che tra i nodi 1 e 0 vi è un generatore sinusoidale (AC)di tensione di ampiezza 100 2 V ≅ 141.42 V e fase - 45°. Va bene per l’ampiezza,ma la fase assegnata è + 45° = π/4; da dove salta fuori il segno meno? Percomprenderlo sino in fondo, bisogna sapere che Spice assume la seguente funzioneper realizzare un generatore sinusoidale:

e(t) = EM cos(2πf t + α) .

L’ampiezza vale EM; Spice, però, invece di usare la funzione seno, adopera lafunzione coseno. Noi siamo abituati ad usare la funzione seno. Come sonocollegate le funzioni seno e coseno? È facile: nella appendice trigonometrica postaalla fine di questo capitolo, troverete la formula che risolve il nostro problema

sen x = cos x - π2

.

In tal modo, il generatore assegnato può anche scriversi nella forma equivalente

e(t) = 100 2 sen ωt + π4

= 100 2 cos ωt + π4

- π2

= 100 2 cos ωt - π4

,

che, dando come di consueto un nome che inizia con V al generatore, puòcodificarsi per mezzo della seguente riga:

VE 1 0 AC 141.42 - 45 .

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122 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La sesta linea del pacchetto di istruzioni ‘.AC’ richiede a Spice di eseguire unaanalisi in regime sinusoidale del circuito per un sol valore della frequenza (1 è ilterzo termine nell’istruzione in questione) pari a 50 Hz. Per esaminarecompiutamente l’istruzione, scriviamola in generale:

.AC LIN NP FSTART FSTOP .

Essa informa il programma che desideriamo venga effettuata un’analisi in regimesinusoidale a partire dalla frequenza iniziale FSTART, fino a raggiungere lafrequenza finale FSTOP, e questa analisi va ripetuta NP volte. Esemplifichiamoquesta istruzione con un esempio:

.AC LIN 5 10 50 .

Essa richiede che l’analisi in regime sinusoidale di un certo circuito vada ripetuta5 volte, a partire dalla frequenza di 10 Hz, fino alla frequenza di 50 Hz, e cioè perle cinque frequenze: 10 Hz, 20 Hz, 30 Hz, 40 Hz e 50 Hz.Se vogliamo esaminare la rete per una sola frequenza (come è nel nostro caso)basterà porre NP = 1 e far coincidere la frequenza iniziale con quella finale, comeabbiamo fatto noi scrivendo due volte 50 Hz.La parolina ‘LIN’ informa Spice che vogliamo che, nel caso la rete vada esaminataper diverse frequenze, esse dovranno variare linearmente dal valore iniziale aquello finale, secondo una spaziatura costante data dalla formula:

SPAZIATURA = FSTOP - FSTARTNP - 1

.

Più avanti, studiando la risonanza, discuteremo meglio questo punto.Come per i circuiti in regime stazionario, Spice fornisce in uscita il potenziale deidue nodi 1 e 2, assumendo quale riferimento per le tensioni il nodo indicato con 0.Le tensioni vengono riportate come numeri complessi espressi sia in formaalgebrica, sia in forma polare, come vedremo tra breve.

7.5 Impedenza complessa

La relazione (7.57) del precedente paragrafo può anche essere riscritta nellaforma:

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123 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I = ER + j ω L

.

Essa mette in evidenza che la tensione complessa E agisce sull’impedenzacomplessa

Z = R + j ω L .

Questa impedenza, che è un numero complesso, è costituita da una parte reale divalore R e di una parte immaginaria di valore ω L. Se provate a riflettere unmomento su questo risultato, concluderete che c’era da aspettarselo. Il generatoredi tensione ‘vede un’impedenza equivalente che è pari alla somma delle impedenzeche rappresentano, rispettivamente, il resistore e l’induttore: le due impedenze,essendo percorse dalla stessa corrente, sono in serie. Ma allora è proprio come incorrente continua: due (o più) impedenze in serie si possono sintetizzare inun’unica impedenza equivalente, pari alla somma delle impedenze checostituiscono la serie. La Figura 7.23 riassume graficamente ciò che abbiamoappena affermato.

Z1 Z2 Z = Z1 + Z2

Figura 7.23: serie di impedenze.

Allora, se abbiamo N impedenze in serie, possiamo trasformarle in un’unicaimpedenza di valore:

Z = Z1 + Z2 + + ZN . (7.69)

Anche per il parallelo valgono le stesse regole che abbiamo introdotto per le retiin regime stazionario. Prima però di esaminarle, è bene introdurre la ammettenza,definita come l’inverso dell’impedenza:

Y = 1Z

= G + j B . (7.70)

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124 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Anche in regime stazionario abbiamo fatto la stessa cosa quando abbiamointrodotto la conduttanza, che era definita come l’inverso della resistenza. Solo perfare un po’ di gergo, è bene sottolineare che la parte reale dell’ammettenza (G)viene detta conduttanza, mentre la parte immaginaria (B) si chiama suscettanza.Ebbene, se abbiamo due bipoli in parallelo, possiamo rappresentare il bipoloequivalente con un’unica ammettenza (Figura 7.24):

Y = Y1 + Y2 .

Questa relazione, scritta in termini di impedenze, diventa in tutto simile alla regoladel parallelo di due resistori (che ben conoscete!):

Z = 1Y

= Z1 Z2

Z1 + Z2

. (7.71)

Z1

Z2

Z = Z1 Z2

Z1 + Z2

Figura 7.24: parallelo di impedenze.

Anche il caso di N impedenze in parallelo è molto simile alle cose che aveteappreso nello studio del regime stazionario, potendosi scrivere che l’ammettenzaequivalente è pari alla somma delle ammettenze che compongono il parallelo:

Y = Y1 + Y2 + + YN . (7.72)

Esempio 3 - Determinare l’impedenza equivalente vista dai morsetti A-B.

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125 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

A B

Z1 = 1 + j

Z3 = 2 + 3 j

Z2 = 1 - j

Cominciamo coll’osservare che i valori delle resistenze e delle reattanze siritengono espressi in ohm, e che le due impedenze Z1 e Z2 sono in parallelo.Pertanto, posto

Z1 = 1 + j = 2 ∠π/4 = 2, π/4 e Z2 = 1 - j = 2 ∠- π/4 = 2, - π/4 ,

l’impedenza equivalente a queste due vale:

Z = Z1 Z2

Z1 + Z2

= 2 , π/4 2 , - π/4

1 + j + 1 - j =

2 2 , π/4 - π/42

= 2, 02

= 22

= 1 .

Ora, l’impedenza Z è in serie con Z3 e, allora, l’impedenza vista dai morsetti A eB vale:

ZAB = Z + Z3 = 1 + 2 + 3 j = 3 + 3 j .

Esempio 4 - Determinare l’impedenza supponendo che la rete funzioni allapulsazione ω = 1 krad/s.

A

B

L1 = 1 mH

L2 = 2 mHC = 1 mF

R = 3 Ω

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126 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Le reattanze relative a ogni bipolo a memoria valgono:

X1 = ω L1 = 1 Ω , X2 = ω L2 = 2 Ω , XC = 1ω C

= 1 Ω .

Poi, eseguendo il parallelo tra le impedenze relative a C e a L2, si ha:

Z = j X2 - j XC

j X2 - j XC = - 2 j j

2 j - j = - 2 j2

j = - 2 j .

Il risultato, dunque, di questo parallelo è una impedenza che corrisponde ad unacapacità (di reattanza 2). Ora, l’impedenza Z è in serie con la resistenza R e con lareattanza X1, sicché:

ZAB = R + j X1 + Z = 3 + j - 2 j = 3 - j .

In gergo si dice che l’impedenza ZAB, avendo una parte immaginaria negativa, haun ‘carattere’ ohmico-capacitivo.

Abbiamo appena visto che valgono le stesse regole del regime stazionario per ilcalcolo delle impedenze in serie e in parallelo. In maniera naturale, le regole delpartitore di tensione e di corrente continuano a valere: l’esempio che segue ha loscopo di mostrarvi come si adoperino in regime sinusoidale. Tra l’altro, puòessere utilmente adoperato per fare ulteriore pratica sui numeri complessi.

Esempio 5 - Consideriamo la rete mostrata in figura. Essa opera in regimesinusoidale e, per questo, abbiamo riportato il valore del generatore di tensionenella forma di fasore. Si assuma: E = (3 - j) V, R = 1 Ω, XC = 1 Ω.

A

B

+

R

R XC

I IC

IR

E

1) Determinare la tensione VAB e la corrente I.

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127 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Prima di valutare la tensione richiesta, semplifichiamo la rete come mostrato nellafigura che segue, in cui l’impedenza Z rappresenta il parallelo tra R e XC:

Z = R || (- j XC) = - j R XC

R - j XC = - j

1 - j =

1 ∠- π/22 ∠- π/4

= 12

∠- π/4 =

= 1

2 cos π

4 - j sen π

4 = 1

2 1

2 - j

2 = 1 - j

2 .

A

B

+

RI

E Z VAB

+

La tensione VAB può essere calcolata usando la regola del partitore di tensione:

VAB = E ZR + Z

= (3 - j)

1 - j2

1 + 1 - j2

= (3 - j) 1 - j3 - j

= 1 - j .

Allora la corrente I può essere calcolata applicando la LKT all’unica maglia(percorsa, come d’abitudine, in senso orario):

- E + R I + VAB = 0 → I = E - VAB

R = 3 - j - (1 - j) = 2 .

2) Calcolare le correnti IR e IC.

Adoperiamo la regola del partitore di corrente.

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128 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

A

B

R XC

I IC

IR

Risulta (come suggerito dalla figura precedente):

IR = I - j XC

R - j XC = 2 - j

1 - j = 2

1, - π/2

2 , - π/4 = 2 1

2 , - π

4 = 2

2 1

2 - j

2 = 1 - j ;

IC = I RR - j XC

= 2 11 - j

= 2 1, 0

2 , - π/4 = 2 1

2 , π

4 = 2

2 1

2 + j

2 = 1 + j .

Quale verifica dei calcoli sviluppati, controllate che la LKC al nodo A

IR + IC - I = 0 ,

risulta verificata con i valori calcolati delle correnti. Infine, controllate cheavremmo potuto calcolare le correnti IR e IC per mezzo delle relazioni:

IR = VAB

R e IC = VAB

- j XC .

Anche la trasformazione triangolo stella (o quella stella-triangolo) di impedenzepuò essere utilizzata in regime sinusoidale e le formule di trasformazione si usanoproprio come mostrato in regime stazionario. Prima però di mostrare qualcheesempio, ricordiamo le formule generali di trasformazione di un triangolo in unastella e quelle inverse, di trasformazione di una stella in un triangolo:

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129 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

ZA = ZAB ZAC

ZAB + ZAC + ZBC

, ZAB = ZA ZB + ZB ZC + ZA ZC

ZC

,

ZB = ZAB ZBC

ZAB + ZAC + ZBC

, ZBC = ZA ZB + ZB ZC + ZA ZC

ZA

,

ZC = ZAC ZBC

ZAB + ZAC + ZBC

, ZAC = ZA ZB + ZB ZC + ZA ZC

ZB

.

(7.73)

A

B

C

ZAB

ZBC

ZAC

A

B

C

ZA

ZB

ZC

O

Figura 7.25: triangolo e stella di impedenze.

Esempio 6 - Calcolare l’impedenza vista dai terminali A-B del bipolo mostratoin figura, assumendo R = 6 Ω, XL = 4 Ω e XC = 4 Ω.

R

R

R

XL

XCA B

Per trovare l’impedenza equivalente vista dai terminali A-B si potrebbe procederein diversi modi; noi riteniamo che la via più semplice sia quella di trasformare il

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130 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

triangolo di resistenze in una stella. Successivamente, semplici operazioni di seriee parallelo ci consentiranno di calcolare la richiesta impedenza.Se facciamo riferimento allo schema riportato di seguito, possiamo affermare che,dopo aver effettuato l’operazione di trasformazione del triangolo in stella, deveessere

ZAB = R3

+ R3

+ j XL R3

- j XC

2R3

+ j XL - XC

= R3

+ R2

9 - j2 XL XC + j R

3 XL - j R

3 XC

2R3

+ j XL - XC

=

= R3

+ R2

9 + XL XC + j R

3 XL - XC

2R3

+ j XL - XC

.

Avete notato come abbiamo eseguito la moltiplicazione tra due numeri complessi?Siamo abituati a trasformare i fattori in forma polare e poi eseguire lamoltiplicazione; per sviluppare il calcolo precedente, abbiamo moltiplicato duenumeri complessi usando le regole algebriche cui siete abituati e osservando che,per definizione, è j2 = - 1, risulta:

(a + j b) (c + j d) = ac + j bc + j ad + j2 bd = ac - bd + j (bc + ad) .

XL

XC

A BR3

R3

R3

Se poi osserviamo che XL = XC, l’espressione precedente si semplifica come segue:

ZAB = R3

+ R2

9 + XL XC

2R3

= 2 + 4 + 16

4 = 7 .

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131 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Tuttavia, qualcosa di nuovo, forse anche un po’ strano e imbarazzante, puòaccadere in regime sinusoidale. L’esempio che segue analizza questa novità efornisce una chiave di lettura dei risultati ottenuti.

Esempio 7 - Trasformare la stella di impedenze in un triangolo, assumendo cheR = 10 Ω, XL = 2 Ω e XC = 4 Ω.

XL

XCA

B

C

R

Applicando le formule di trasformazione della stella in un triangolo, concludiamorapidamente che deve essere

ZAB = XL

XC + j R XL - XC

- j XC = R 1 - XL

XC + j XL = 5 + 2 j ,

ZBC = XL

XC + j R XL - XC

R = XL XC

R + j XL - XC = 0.8 - 2 j ,

ZAC = XL

XC + j R XL - XC

j XL = R 1 - XC

XL - j XC = - 10 - 4 j .

Osservando con attenzione i risultati ottenuti, peraltro evidenziati nella figura chesegue, si nota che l’impedenza ZAC ha una parte reale negativa pari a - 10 Ω.Questo fatto non deve turbarci più di tanto dato che le trasformazioni imposte cidicono che se chiudiamo in una scatola i due elementi a tre morsetti, quello a stellae quello a triangolo, non sono distinguibili per mezzo di esperimenti eseguitidall’esterno di questa scatola. Il secondo ha in un ramo una resistenza negativa chenei corsi di Elettronica imparerete a realizzare. Ci basti qui sottolineare che unaresistenza negativa, fatta ovviamente su essa la convenzione dell’utilizzatore, sicomporta come un generatore.

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132 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

A

B

C

- 10

4

20.8

2

5

7.6 Il circuito RLC

Continuiamo la nostra analisi del regime sinusoidale, esaminando circuiti piùcomplicati. In questo paragrafo esamineremo, in qualche dettaglio, il circuitoRLC, costituito da tre elementi in serie, alimentati da un generatore di tensione, emostrato in Figura 7.26.

+

−L

Re(t)

+ −

+

vL(t)

vR(t)

i(t)

1 2

0

C

+−vC(t)

3

Figura 7.26: circuito RLC serie.

Supponiamo che il generatore di tensione eroghi la tensione sinusoidale

e(t) = EM 2 sen(ω t + α) ,

che può essere rappresentata dal fasore

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133 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

E = EM ∠α = EM , α .

Dopo avere eseguito le normali operazioni di rito sulle tensioni e correnti relativea ciascun bipolo, possiamo scrivere la LKT all’unica maglia che costituisce la rete:

- e(t) + vR(t) + vL(t) + vC(t) = 0 .

Ora, detto I il fasore che rappresenta la corrente che attraversa le tre impedenze,quest’ultima relazione, introducendo le caratteristiche dei diversi bipoli, diventa:

- E + R I + j XL I - j XC I = 0 → I = ER + j XL - XC

= EZ

, (7.74)

in cui, abbiamo chiamato con

Z = R + j XL - XC = R2 + XL - XC 2 , ϕ (7.75)

l’impedenza ‘vista’ dal generatore e, come al solito, abbiamo introdotto le duereattanze

XL = ω L e XC = 1ω C

.

Inoltre, la fase ϕ dell’impedenza, definita come la differenza tra la fase di E equella di I (fase del rapporto di due numeri complessi), vale:

ϕ = arctan XL - XC

R . (7.76)

Ora, la funzione arcotangente è positiva se l’argomento è positivo, negativa in casocontrario. Potete convincervi di ciò adoperando la calcolatrice e calcolandol’arcotangente una volta per un numero positivo, un’altra per un numero negativo;se non siete sufficientemente convinti, ripetete questo esperimento numerico piùvolte. Ciò comporta che

se XL > XC , allora ϕ > 0 ; mentre se XL

< XC , allora ϕ < 0 .

Il diagramma vettoriale del circuito RLC serie è molto semplice: si comincia coldisegnare il vettore rappresentativo della corrente. La somma della caduta di

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134 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

tensione resistiva R I, in fase con la corrente, di quella induttiva j XL I, sfasata di90° in anticipo, e di quella capacitiva - j XC I, sfasata di 90° in ritardo, fornisce ilvettore rappresentativo della tensione del generatore.È immediato, a questo punto, determinare graficamente lo sfasamento ϕ fratensione e corrente. Se supponiamo (Figura 7.27a) che il modulo della cadutainduttiva sia maggiore del modulo della caduta capacitiva, la corrente è sfasata inritardo rispetto alla tensione (carico prevalentemente induttivo, ϕ > 0).Naturalmente, se accade l’inverso (Figura 7.27b), la corrente è sfasata in anticipo(carico prevalentemente capacitivo, ϕ < 0).

IVR = R I

E

ϕ > 0

I

VR = R I

E

ϕ < 0

(a) (b)

VC = - j XC I

VL = j XL I

VC = - j XC I

VL = j XL I

Figura 7.27: diagramma fasoriale del circuito RLC con un carico di tipoohmico-induttivo (a) e ohmico-capacitivo (b).

Resta da esaminare l’ultimo caso, quello in cui XL = XC. In tal caso il diagrammavettoriale assume la caratteristica forma descritta in Figura 7.28. In pratica, lecadute induttive e capacitive si compensano reciprocamente con il risultato che, algeneratore, il carico appare puramente resistivo. L’impedenza complessiva siriduce alla sola resistenza e possiede, quindi, soltanto la parte reale.È questo il fenomeno della risonanza che esamineremo in dettaglio nel prossimocapitolo.

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135 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

IE = VR = R I

ϕ = 0

VL = j XL I

VC = - j XC I

Figura 7.28: diagramma fasoriale del circuito RLC in condizioni di risonanza.

Esempio 8 - Un circuito RLC serie, alimentato da una tensione sinusoidalee(t) = EM 2 sen(ω t), con EM = 5 V e ω = 1 krad/s, è costituito da un resistoreR = 1 Ω, da un induttore L = 2 mH e da un condensatore C = 1 mF. Determinarela corrente che attraversa il circuito.

Cominciamo a rappresentare il generatore di tensione con il fasore

E = EM = 5 V ,

ed a valutare le due reattanze

XL = ω L = 2 Ω , XC = 1ω C

= 1 Ω .

L’impedenza vista dal generatore vale

Z = R + j XL - XC = 1 + j (2 - 1) = 1 + j = 2 , π4

.

Essendo la fase dell’impedenza positiva, concludiamo subito che si tratta di uncarico di tipo ohmico-induttivo. Pertanto, la corrente risulta pari a

I = ER + j XL - XC

= 51 + j

= 5, 0

2 , π/4 = 5

2 , - π

4 ,

che è rappresentata dalla funzione sinusoidale

i(t) = 5 sen 1000 t - π4

.

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136 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Come al solito, potete controllare il risultato adoperando il simulatore Spice, permezzo delle istruzioni che seguono.

Esempio 8* Circuito RLC serieR1 1 2 1L1 2 3 2mC1 3 0 1mVE 1 0 AC 7.071 -90.AC LIN 1 159.15 159.15.PRINT AC VM(1,2) VP(1,2).END

Ricordate che Spice usa la funzione coseno per rappresentare i generatori e,pertanto, il nostro generatore va rappresentato come

e(t) = EM 2 sen(ωt) = EM 2 cos ωt - π2

.

Anche la corrente verrà rappresentata sotto forma di coseno:

i(t) = 5 sen 1000 t - π4

= 5 sen 1000 t - 34

π + π2

= 5 cos 1000 t - 34

π .

Provate ora a risolvere da soli lo stesso circuito, usando per il condensatore duediversi valori: C = 1/3 mF e C = 1/2 mF. Troverete i risultati che vi riassumiamonella tabella che segue.

C mF XL Ω XC Ω i(t) A

1/3 2 3 5 sen(1000 t - π/4)1/2 2 2 5 2 sen(1000 t)

Prima di terminare questo paragrafo, vogliamo sottolineare che le stesse cose detteper il circuito RLC serie si possono adattare per quello parallelo, mostrato inFigura 7.29.

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137 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

R L

1

0

C

+

v(t)j(t)

Figura 7.29: circuito RLC parallelo.

Notate che questa volta, invece di un generatore di tensione, la rete è alimentata daun generatore di corrente. Provate da soli a calcolare la tensione v(t) ai capi delgeneratore, usando gli stessi valori numerici per L e C dell’esempio appena svolto.In questo caso, per risolvere la rete, basta semplicemente calcolare l’ammettenzavista dal generatore:

Y = G + j B = 1R

+ 1j XL

- 1j XC

= 1R

+ j 1XC

- 1XL

. (7.77)

Infine, controllate i risultati per mezzo di Spice.

7.7 Strumenti in corrente alternata

Gli strumenti in corrente alternata si usano come quelli in corrente continua con lasola differenza che essi misurano non il valore istantaneo della grandezzasinusoidale, ma il suo valore efficace. Così, un voltmetro che, operando in regimesinusoidale, deve misurare la tensione

v(t) = 8 2 sen(500 t + π/6) ,

fornirà sul suo quadrante (o display) l’indicazione

V0 = 8 V .

Per essere quanto più possibile chiari, consideriamo la porzione di rete mostrata inFigura 7.30: nel nodo N convergono tre rami e le correnti che interessano ciascunlato soddisfano la LKC al nodo. Ammettiamo che esse valgano:

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138 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

i1(t) = 5 2 sen(ω t) , i2(t) = 5 2 sen(ω t + π/2) , i3(t) = 10 sen(ω t - π/4) .

Queste correnti possono essere anche rappresentate dai tre fasori:

I1 = 5 , I2 = 5 , π2

= 5 cos π2

+ 5 j sen π2

= 5 j , I3 = 102

, - π4

= 5 - 5 j .

Ni1(t)

i2(t)

i3(t)

Ni1(t)

i2(t)

i3(t)

A

A

A

Figura 7.30: inserzione di amperometri in regime sinusoidale.

Usando la rappresentazione complessa, è facile convincersi che vale la LKC alnodo N:

- I1 + I2 + I3 = 0 → I1 = I2 + I3 .

Se, ora, inseriamo tre amperometri come mostrato in Figura 7.30, essi ciforniranno le indicazioni dei tre valori efficaci

I1 = 5 , I2 = 5 , I3 = 102

= 5 2 ,

che non verificano la LKC al nodo, dato che il valore efficace della somma noncoincide con la somma dei valori efficaci

I1 ≠ I2 + I3 .

Allora fate attenzione: le LK non valgono per i valori efficaci, esse valgono per legrandezze sinusoidali, oppure per i fasori. Sottolineiamo ciò poiché gli strumentidi misura delle tensioni e delle correnti in regime sinusoidale forniscono soltantol’indicazione del valore efficace della grandezza da misurare.Ancora una osservazione prima di terminare il paragrafo. Guardate con attenzionela Figura 7.30: l’amperometro (ma la stessa cosa potrebbe dirsi per un voltmetro)ha perduto, rispetto agli strumenti che abbiamo utilizzato in regime stazionario,

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139 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

l’indicazione della polarità. Se rivisitate un esempio svolto, noterete chel’amperometro aveva, vicino a uno dei suoi terminali, un segno ‘+’. In regimesinusoidale, l’indicazione di questo segno è superflua dato che lo strumentofornisce l’indicazione del valore efficace, che è una quantità positiva, e, pertanto,viene omessa negli schemi.

Nel prossimo paragrafo, dopo aver introdotto la potenza in regime sinusoidale,studieremo lo strumento che misura la cosiddetta potenza attiva: il wattmetro. Inaltri termini, questo nuovo strumento ci fornirà quella indicazione sulla fase che,al momento, abbiamo perduto.

7.8 Potenze in regime sinusoidale

Per parlare compiutamente delle potenze in regime sinusoidale, cominciamo aricordare la definizione di potenza istantanea. Considerato un bipolo e fatto suesso, ad esempio, la convenzione dell’utilizzatore, chiameremo potenza istantaneail prodotto:

p(t) = v(t) i(t) . (7.78)

Ora, dato che il bipolo funziona in regime sinusoidale, la tensione e la correntesaranno rappresentate da due sinusoidi con la stessa pulsazione e sfasate di un certoangolo che, per generalità, indicheremo con ϕ. In tal modo, possiamo scrivere:

v(t) = V 2 sen(ω t + ϕ) e i(t) = I 2 sen(ω t) ,

essendo, rispettivamente, V e I, i valori efficaci della tensione e della corrente e ϕla fase della tensione, avendo supposto la corrente a fase nulla. In termini di fasoripossiamo scrivere:

V = V , ϕ , I = I , 0 .

Per rendere più concrete le idee, supponiamo che la tensione V agisca suun’impedenza Z, di modo che

Z = VI

= V , ϕI , 0

= VI

, ϕ , (7.79)

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140 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

in cui la fase ϕ coincide pure con la fase dell’impedenza. Come abbiamo giàevidenziato in precedenza, può accadere che questa fase ϕ sia:

• positiva, e in tal caso la corrente è in ritardo rispetto alla tensione e il bipoloavrà un carattere ohmico-induttivo;• negativa, e in tal caso la corrente è in anticipo rispetto alla tensione e il bipoloavrà un carattere ohmico-capacitivo;• nulla, e in tal caso la corrente è in fase rispetto alla tensione e il bipolo avrà uncarattere puramente ohmico.

Comunque sia, la potenza istantanea (7.78) vale:

p(t) = 2 V I sen(ω t + ϕ) sen(ω t) . (7.80)

Ora, se consultate l’appendice trigonometrica posta alla fine di questo capitolo,scoprirete che il prodotto di due seni può scriversi nella forma equivalente:

cos(α - β) - cos(α + β) = 2 sen α sen β .

Allora, la formula (7.80) diventa:

sen(ω t + ϕ) sen(ω t) = 12

cos ϕ - cos(2ω t + ϕ) . (7.81)

Sostituendo la (7.81) nella (7.80), otteniamo:

p(t) = V I cos ϕ - V I cos(2ω t + ϕ) . (7.82)

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141 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

2

0 1 2 3 4 5 6 7

ωt

p(t)/(VI)

ϕ = π3

Figura 7.31: andamento temporale della potenza istantanea.

In altri termini, la potenza istantanea, in regime sinusoidale, è la somma di untermine costante, pari al prodotto del valore efficace della tensione per il valoreefficace della corrente per il coseno dell’angolo ϕ tra i due fasori, più un termineoscillante di pulsazione 2ω.La Figura 7.31 illustra chiaramente quanto detto nel caso particolare ϕ = π/3cos ϕ = 0.5 : in essa abbiamo rappresentato la potenza istantanea (normalizzata alfattore V I) al variare del tempo (più precisamente della variabile adimensionaleωt). Il primo termine della formula (7.82), V I cos ϕ, è rappresentato dalla lineatratteggiata (che nel disegno è una costante pari a 0.5). Il secondo è una funzionesinusoidale, di pulsazione 2ω, che, come potete rendervene conto osservando conattenzione la Figura 7.31, oscilla un po’ al di sopra, un po’ al di sotto dellacostante 0.5: più precisamente, in un periodo

T = 2πω ,

esso compie due oscillazioni complete, essendo il suo periodo pari a

T * = 2π2ω

= πω = T2

.

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142 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Questo termine oscillante ha valor medio nullo. Per comprendere fino in fondo ilsignificato di questa affermazione, sempre nel caso particolare ϕ = π/3, facciamoun grafico della sola parte oscillante.

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

0 1 2 3 4 5 6 7

ωt

+

ϕ = π3

cos(2ωt + ϕ)

Figura 7.32: andamento temporale del solo termine oscillante.

In un periodo T, esso compie due oscillazioni complete, e le semionde negativesono uguali a quelle positive: l’area netta sottesa da un’onda completa è, dunque,nulla:

cos(2ω t + ϕ)0

T

dt = 0 . (7.83)

Detta a(t) una qualsiasi grandezza periodica (di periodo T), si definisce valormedio il seguente integrale:

valor medio = 1T

a(t)0

T

dt . (7.84)

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143 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Il valor medio di una grandezza sinusoidale (che noi abbiamo chiamato alternata) èpari a zero poiché, in un periodo, le semionde positive descrivono un’area ugualeed opposta a quella delle semionde negative.Allora, la potenza media, detta anche potenza attiva, indicata con P, sarà:

P = 1T

p(t)0

T

dt = V IT

cos ϕ - cos(2ω t + ϕ)0

T

dt = V I cos ϕ . (7.85)

La (7.85) è conosciuta in letteratura come formula di Ferraris. Notate che ilsecondo termine nell’integrale (7.85), essendo a valor medio nullo, noncontribuisce all’integrale per quanto detto in precedenza. La potenza attiva èsempre positiva dato tale è il coseno, nell’intervallo - π/2 ≤ ϕ ≤ π/2.

Il fattore cos ϕ viene detto fattore di potenza.

In effetti, il valore della potenza media (P) consente di calcolare agevolmente laquantità di energia (E), assorbita in un intervallo di tempo pari proprio al periodoT, come il prodotto della potenza media per l’intervallo stesso: E = P T.

Come è lecito attendersi, la potenza attiva si misura in watt, o nei suoi multipli esottomultipli. Ci aspettiamo, pure, che per la potenza media valga, così come perl’energia, un teorema di conservazione: la potenza attiva fornita dai generatorideve essere eguale a quella utilizzata dagli utilizzatori.

Torna utile introdurre anche la cosiddetta potenza reattiva, indicata con Q, edefinita dalla relazione:

Q = V I sen ϕ . (7.86)

Per la misura della potenze reattiva si usa una nuova unità: il volt-ampere-reattivo(simbolo VAr). In realtà, nella introduzione di questa nuova unità di misura per lapotenza reattiva, non vi è nulla di magico: si tratta soltanto di un nuovo nome,adoperato per distinguere le potenze attive da quelle reattive. Badate bene, però,che, a differenza di quella attiva, la potenza reattiva può essere sia positiva chenegativa poiché il seno, nell’intervallo - π/2 ≤ ϕ ≤ π/2, cambia segno.Anche la potenza reattiva si conserva. Pertanto, la potenza reattiva erogata daigeneratori presenti nella rete è uguale a quella assorbita dalle diverse impedenzeche costituiscono il circuito. Il fatto che la potenza reattiva sia una grandezza che

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144 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

si conservi può essere di grande utilità nella risoluzione delle reti. Si consideri,per esempio, il caso di due carichi in parallelo di cui siano note le potenze attive ereattive assorbite da ognuno di essi; si può affermare che il complesso dei duecarichi è equivalente ad un unico carico che assorbe una potenza attiva e reattivache sono la somma algebrica (la potenza reattiva può essere negativa!) dellerispettive potenze dei singoli carichi.Come vedremo meglio quando studieremo i campi elettrici e magnetici, unapotenza reattiva non nulla in una rete è indubbiamente indice della presenza dienergie immagazzinate associate al campo elettrico o al campo magnetico.

In un resistore, la potenza reattiva assorbita è evidentemente nulla, mentre diversada zero è la potenza attiva che è pari a VI, dato che cos ϕ = 1.Per l’induttore ed il condensatore, invece, la potenza attiva assorbita è nulla,essendo cos ϕ = 0; le potenze, invece, reattive valgono rispettivamente VI e - VI.

La Tabella che segue riassume, per un resistore, induttore e condensatore, i valoridi potenza attiva e reattiva.

Bipolo ϕ Potenza attiva P [W] Potenza reattiva Q [VAr]

Resistore 0 V I 0

Induttore π/2 0 V I

Condensatore - π/2 0 - V I

Per valutare simultaneamente la potenza attiva e reattiva relative a un bipolo, èutile introdurre una potenza complessa, che noi indicheremo con P, definita inmaniera tale che la sua parte reale coincida con la potenza attiva, mentre la suaparte immaginaria sia proprio pari alla potenza reattiva, cioè

P = P + j Q . (7.87)

Sostituendo nella (7.87) le definizioni di P e Q, essa diventa:

P = P + j Q = V I cos ϕ + j sen ϕ = V I , ϕ . (7.88)

Sostituendo la (7.79) nella (7.88) e ricordando la definizione di numero complessoconiugato, otteniamo una nuova semplice rappresentazione della potenzacomplessa:

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145 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

V I *

= V , ϕ I , 0 = V I , ϕ = A = P + j Q , (7.89)

in cui abbiamo indicato con ϕ la fase della tensione ed abbiamo supposto lacorrente a fase nulla come abbiamo fatto sin dall’inizio di questo paragrafo (ma laformula ottenuta è generale). Da questa ultima formula, poi, se ne può ricavareimmediatamente un’altra assai comoda. Se ricordiamo che V = Z I per unagenerica impedenza Z e consideriamo che il prodotto tra un numero complesso e ilsuo coniugato è pari al modulo al quadrato del numero stesso, la (7.89) diventa

P = V I *

= Z I I *

= Z I2 , (7.90a)

cioè la potenza complessa è pari al prodotto del numero reale I2, per la quantitàcomplessa Z. In maniera simile possiamo scrivere che

P = V I *

= V VZ

* = V V

*

Z *

= V2

Z *

. (7.90b)

Separando la parte reale da quella immaginaria nella (7.90a) e supponendo cheZ = R ± j X, otteniamo due ‘comode’ formule per la potenza attiva e per quellareattiva assorbite da un bipolo:

P = R I2 e Q = ± X I2 .

Dato che, come sottolineato in precedenza, sia la potenza attiva, sia quella reattivasi conservano, allora anche la potenza complessa si conserva: le potenze complesseerogate dai generatori sono, pertanto, pari a quelle assorbite dai carichi.

Le formule (7.90) mostrano che, anche nel calcolo delle potenze, tra correntecontinua e corrente alternata esiste uno stretto legame. E sarà proprio questolegame a fornirci una maniera per interpretare in termini fisici il valore efficacedi una grandezza sinusoidale. Consideriamo un resistore R che, in correntecontinua, sia attraversato da una corrente di valore I. Come sappiamo, la potenzaP = R I2 assorbita dal resistore si trasforma in calore per effetto Joule. Se, invece,lo stesso resistore funziona in regime sinusoidale, valendo formalmente la stessarelazione in cui, però, I rappresenta il valore efficace, possiamo concludere che ilvalore efficace rappresenta il valore che ha una corrente continua che, circolandonello stesso resistore, genera, per effetto Joule, la stessa quantità di calore.

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146 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Infine, è abitudine diffusa indicare il prodotto VI col nome di potenza apparente,A, che si misura in volt-ampere. Si noti che tra le tre potenze, attiva P, reattiva Qed apparente A, sussiste la relazione:

|P| = P2 + Q2 .

Tale relazione può utilmente essere rappresentata graficamente nel cosiddettotriangolo delle potenze, che mostra l’interessante relazione, che più volteadopereremo nel seguito:

Q = V I sen ϕ = V I cos ϕ sen ϕcos ϕ = P tg ϕ . (7.91)

P

|P| = P2 + Q2

Figura 7.33: triangolo delle potenze.

Si badi bene che, in generale le potenze apparenti non si conservano.

Esempio 9 - La rete mostrata in figura opera in regime sinusoidale. Risolvere larete e determinare le potenze attive, reattive e apparenti assorbite dai singolibipoli e quelle erogate dal generatore. Infine si verifichino i teoremi diconservazione.

+

−Re(t)

i(t)

C

j(t)

+

−v0(t)

iG(t)

1 2

0

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147 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Assumiamo che e(t) = E 2 sen(ωt), j(t) = - I 2 cos(ωt), E = 10 V, I = 2 mA,ω = 200 rad/s, R = 5 kΩ, C = 1 µF.

Cominciamo a calcolare la reattanza

XC = 1ω C

= 1200 10-6

= 5 kΩ ,

e a introdurre i fasori che rappresentano i due generatori

e(t) = E 2 sen(ωt) → E = E ; j(t) = - I 2 cos(ωt) = I 2 sen(ωt - π/2) → J = I, - π/2 = - j I .

Le LK applicate, rispettivamente al nodo 2 e alla maglia formata dal generatore ditensione, dal condensatore e dal resistore, sono sufficienti a risolvere la rete:

I - J - IG

= 0 nodo 2 ,

- E - j XC IG + R I = 0 maglia E - XC - R .

Risolvendo questo sistema di due equazioni complesso, otteniamo immediatamente:

I = E - j XC JR - j XC

= 0 , IG = E - R JR - j XC

= 0.002 j .

Pertanto, le potenze complesse erogate dai due generatori valgono:

PE = E IG * = - 0.02 j , PJ = V0 J

* = 0 .

Invece le potenze assorbite dal condensatore e dal resistore valgono:

PC = - j XC IG2 = - 0.02 j , PR = R I2 = 0 .

Ora, si verifica facilmente la conservazione delle potenze complesse

PE + PJ = PC + PR ,

che, come detto in precedenza, comporta la conservazione delle potenze attive ereattive.

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148 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Continuate da soli a lavorare sull’idea della conservazione delle potenze in regimesinusoidale adoperando il file Spice, qui di seguito riportato. Notate che per ivalori massimi della tensione e della corrente dei due generatori e per la frequenzadi lavoro sono state introdotte i seguenti valori approssimati:

E 2 ≅ 14.142 V , I 2 ≅ 2.8284 mA , f = ω2π

≅ 31.83 Hz .

Cambiate i valori di resistenza e capacità, risolvete ‘a mano’ l’esercizio, controllatei risultati con il codice riportato (opportunamente adattato ai nuovi dati), e, infine,verificate che le potenze complesse si conservano.L’istruzione

.PRINT AC VM(1) VM(2)

richiede la stampa nel file di uscita dei moduli delle sue tensioni V1 e V2 (sempreriferite al potenziale di riferimento).

Esempio 9*Conservazione delle potenzeC0 1 2 1uR0 2 0 5kVE 1 0 AC 14.142 -90IJ 0 2 AC 2.8284m 180.AC LIN 1 31.83 31.83.PRINT AC VM(1) VM(2).END

Controllate con cura i risultati ottenuti nel file di uscita; il modulo VM(2) non èrigorosamente nullo, a causa dei dati approssimati che abbiamo immesso, maquasi!

Ancora due relazioni che ci torneranno più volte utili nel seguito.Consideriamo un condensatore. Come sappiamo, esso assorbe una potenza reattivapari a

QC = - V2

XC = - ω C V2 .

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149 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Ora, la quantità C V2 rappresenta il valore massimo dell’energia elettricaimmagazzinata dal condensatore. Nel Capitolo 6, infatti, abbiamo visto chel’energia immagazzinata in un condensatore vale (α è la fase, peraltro generica,della tensione):

UC(t) = 12

C v2(t) = 12

C 2 V2 sen2(ωt + α) .

Come per la funzione seno, anche la funzione seno al quadrato assume un valoremassimo che è pari ad uno. Allora, il valore massimo di energia è dato da

UC-max = C V2 ,

ed allora

QC = - V2

XC = - ω C V2 = - ω UC-max .

Quest’ultima relazione mostra che la potenza reattiva assorbita da un condensatoreè proporzionale al massimo valore di energia immagazzinata.In maniera simile, per un induttore, si potrà scrivere:

QL = ω L I2 = ω UL-max ,

e la potenza reattiva assorbita da un induttore è proporzionale massimo valore dienergia immagazzinata.

Vale la pena notare, a conclusione di questo lungo paragrafo, che la misura dellapotenza attiva P può essere realizzata per mezzo di un wattmetro. Nel primocapitolo abbiamo mostrato come questo strumento a quattro morsetti si inseriscasu un carico per misurarne la potenza. Per la verità, in quella sede, dicemmo cheil wattmetro misurava la potenza istantanea; questa affermazione non è del tuttocorretta dato che, per motivi che saranno chiariti più compiutamente quandostudieremo le misure, il dispositivo non riesce a seguire le variazioni istantaneedella p(t) e, pertanto, la misura si attesta sul suo valore medio, cioè la potenzamedia.

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150 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

W+

+

V

I

I = 5 AP = R I2 = 1 ⋅ 52 = 25 W

Z = 1 + 2 j

Figura 7.34: inserzione di un wattmetro in corrente alternata.

Per questa ragione, un wattmetro completa le informazioni che ci servivano perdescrivere il comportamento di una assegnata impedenza in corrente alternata,consentendoci di sapere quanto valga la fase ϕ.La Figura 7.34 mostra un esempio di inserzione e la susseguente indicazione delwattmetro. Vi ricordiamo solo che i due morsetti amperometrici andavanocollegati in serie al carico di cui si vuole misurare la potenza attiva, mentre i duevoltmetrici andavano messi in parallelo.

7.9 Esempi

In questo paragrafo non introdurremo alcun concetto nuovo, ma cercheremo diconvincervi che tutte le tecniche di soluzione delle reti in regime stazionario, sipossono applicare, fatte le debite differenze, per le reti in regime sinusoidale.Faremo ciò per mezzo di alcuni esempi, convinti che essi vi aiuteranno più dimille parole. Ancora una parola prima di iniziare: anche i generatori controllati siusano come in regime stazionario. Pertanto, ogni tanto, torneremo a presentarveli.

Come abbiamo visto, a condizione di trasformare tutte le grandezze sinusoidali neicorrispondenti fasori, si può operare in regime sinusoidale alla stessa maniera incui si è operato in regime continuo. Ai concetti di resistenza e di conduttanza deibipoli si sostituiscono quelli di impedenza ed ammettenza. Tali grandezze, adifferenza delle precedenti, sono espresse da numeri complessi, e ciò naturalmentecomporterà inizialmente qualche lieve complicazione. Per superarle bastaricordare le principali operazioni sui numeri complessi.In generale, possiamo affermare che tutte le proprietà ed i teoremi sulle reti, cheabbiamo studiato in regime stazionario basandoci delle leggi di Kirchhoff, hannoun loro equivalente in regime sinusoidale in termini di fasori. In particolare, valela conservazione delle potenze, che nella sua più generale forma, può esprimersi

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151 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

come legge di conservazione delle potenze complesse, contenendo in se laconservazione delle potenze attive e quella delle potenze reattivePer comprendere fino in fondo quanto l’analogia regime stazionario - regimesinusoidale sia forte, cominciamo con un primo semplice esempio di rete, etentiamo di risolverla utilizzando le regole del partitore di tensione o di corrente.

Esempio 10 - La rete rappresentata in figura è a regime. Determinarel’impedenza vista dal generatore e le correnti iL(t) e iC(t).

+

−e(t)CL

R

R

iC(t)

iL(t)

0

12

3

Si assuma che e(t) = E sen(1000 t), E = 10 V, R = 5 Ω, L = 20 mH, C = 0.1 mF.

L’impedenza vista dal generatore è presto calcolata, osservando che ilcondensatore C è in parallelo con la serie tra il resistore 2R e l’induttore L.Pertanto, valutando le reattanze

XL = ω L = 20 Ω e XC = 1ω C

= 10 Ω ,

si ha immediatamente:

Z = - j XC || 2R + j XL = XL XC - 2 j R XC

2R + j XL - XC = 5 - 15 j .

Per calcolare la corrente che fluisce nel condensatore, non è necessario ricorrereal metodo simbolico dato che la tensione che insiste ai suoi capi è proprio quelladel generatore e(t), ed allora:

iC(t) = C de(t)dt

= cos(1000t) .

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152 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Per calcolare la corrente che fluisce nel ramo dell’induttore, ricorrendo ai fasori,si ha:

e(t) = 10 sen(1000 t) → E = 102

.

Risulta allora:

IL = E2R + j XL

= 10/ 2

10 + 20 j = 1

10 , - arctg 2 .

63.435°E

IL

Come mostra il diagramma fasoriale la corrente IL è in ritardo rispetto allatensione E di un angolo pari a α = arctg 2 ≅ 1.107148767 rad ≅ 63.435°.Tornando alle rappresentazione in termini di funzioni sinusoidali, avremo

iL(t) = 15

sen(1000t - α) = 15

cos 1000t - α - π2

.

Riflettete sulla rapidità ed efficacia di calcolo consentite dal metodo simbolico, cheha eliminato le relazioni differenziali dei bipoli a memoria, sostituendole conrelazioni algebriche.

Esempio 10*Circuito in corrente alternataR0 1 2 5R1 3 0 5L0 2 3 20mC0 1 0 0.1mVE 1 0 AC 10 -90.AC LIN 1 159.155 159.155.PRINT AC IM(L0) IP(L0).END

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153 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Si noti come l’istruzione

.PRINT AC IM(L0) IP(L0)

chiede al compilatore di stampare nel file ‘.OUT’ il modulo e la fase dellacorrente che passa per l’induttore L0.

In questo esercizio applicheremo sistematicamente le leggi di Kirchhoff perrisolvere una semplice rete nel dominio dei fasori; si noti la stretta analogia con icircuiti in regime stazionario.

Esempio 11 - Determinare le correnti che fluiscono nei tre rami della retemostrata in figura, sia come fasori che nel dominio del tempo.

+

C

L

R

0

1 23

i1(t) i2(t)

i3(t)+

−e2(t)e1(t)

Si assuma che e1(t) = E 2 sen(ω t), e2(t) = - E 2 cos(ω t), E = 10 V,ω = 1 krad/s, R = 5 Ω, L = 5 mH, C = 0.2 mF.

Partiamo come al solito dal calcolo delle reattanze:

XL = ω L = 5 Ω e XC = 1ω C

= 5 Ω .

Poniamo poi:

e1(t) → E1 = E , e2(t) → E2 = - j E = - 10 j .

Per stabilire la fase del secondo generatore, si è fatto uso della notevole identitàtrigonometrica (vedi l’appendice):

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154 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

- cos α = sen α - π2

.

Applicando le leggi di Kirchhoff nel dominio dei fasori, e adoperando leconvenzioni di segno mostrate in figura, possiamo scrivere:

E1 = R I1 + j XL I3 ,

E2 = - j XC I2 + j XL I3 ,

I1 + I2 = I3 ,

ovvero, eliminando la corrente I3 per mezzo della terza equazione:

E1 = R I1 + j XL I1 + I2 = R + j XL I1 + j XL I2 ,

E2 = - j XC I2 + j XL I1 + I2 = j XL I1 + j XL - XC I2 .

Sostituendo i valori numerici assegnati, e risolvendo il precedente sistema, è facileottenere i seguenti valori per i fasori rappresentativi delle tre correnti di lato:

I1 = - 2 = 2 , π ,

I2 = 2 - 4 j = 2 5 , - ϕ , (ϕ = arctg 2 ≅ 1.107)

I3 = - 4 j = 4 , - π2

,

che, nel dominio del tempo, diventano:

i1(t) = 2 2 sen(1000t + π) ,

i2(t) = 2 10 sen(1000t - ϕ) ,

i3(t) = 4 2 sen(1000t - π/2) .

Operiamo, come d’abitudine, un controllo dei risultati ottenuti per mezzo di Spice.

Esempio 11*Circuito in alternataR1 1 3 5C1 2 3 0.2mL1 3 0 5m

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155 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

VE1 1 0 AC 14.14 -90VE2 2 0 AC 14.14 180.AC LIN 1 159.15 159.15.PRINT AC IM(R1) IP(R1).PRINT AC IM(C1) IP(C1).PRINT AC IM(L1) IP(L1).END

La risposta di Spice si può condensare nelle sei righe che seguono

FREQ IM(R1) IP(R1)1.592E+02 2.828E+00 9.001E+01

FREQ IM(C1) IP(C1)1.592E+02 6.323E+00 -1.534E+02

FREQ IM(L1) IP(L1)1.592E+02 5.656E+00 -1.800E+02

che (non senza un tantino di trigonometria) ci forniscono risultati in accordo conquelli che abbiamo trovato ‘a mano’.Per continuare ad esercitarvi, provate ad ottenere gli stessi risultati adoperando lasovrapposizione degli effetti, cioè facendo agire, uno per volta, i due generatori ditensione.

Vediamo, poi, come si applicano i metodi dei potenziali nodali e delle correnti dimaglia.

Esempio 12 - La rete in figura opera in regime sinusoidale. Si determini lacorrente i(t) che fluisce nel condensatore.

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156 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

0 1

23

i(t)

C0

4

5

j(t) L1L2

R2

R1

R3

R4

0.5 j(t)0.5 j(t)

Si assuma che j(t) = I 2 cos(ωt), ω = 200 rad/s, I = 2 A, L1 = L2 = L = 5 mH,C0 = 10 mF, R1 = R2 = R3 = R4 = R = 1 Ω.

Questo esercizio verrà risolto sia adoperando il metodo dei potenziali nodali, siaadoperando quello delle correnti di maglia. Cominciamo, come sempre, colcalcolare le reattanze

XL = ω L = 1 Ω e XC = 1ω C0

= 12

Ω ,

e i fasori rappresentativi dei generatori (osservate bene la rete: vi sono, bennascosti, due generatori indipendenti di corrente)

j(t) = I 2 cos(ω t) → J = I = 2 A .

Potenziali nodali

Scegliamo quale riferimento per i potenziali il nodo 0, ponendo cioè V0 = 0.Essendo

I1 = V3 - V1

R + j XL , I2 = V3

- V5

R + j XL , I3 = - V1

R , I4 = - V5

R , I = j V3

XC ,

le equazioni ai nodi 1, 2 e 3 diventano:

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157 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

V3 - V1

R + j XL + V3 - V5

R + j XL + j V3

XC = J ,

V3 - V5

R + j XL = 1

2 J + V5

R ,

V3 - V1

R + j XL = 1

2 J + V1

R .

Sostituendo i valori numerici, e risolvendo, potete verificare che la soluzione delprecedente sistema vale:

V1 = - 1

2 - 1

2 j , V3

= 12

- 12

j , V3 = - 1

2 - 1

2 j .

Pertanto, la corrente incognita vale

I = 1 + j = 2 , π/4 ,

che, nel dominio del tempo, fornisce il risultato:

i(t) = 2 cos 200t + π4

.

Correnti di maglia

Scegliendo come incognita le due correnti di maglia indicate nella figura seguente,e scelti (in maniera del tutto arbitraria) i percorsi delle correnti impresse daigeneratori (noi abbiamo diviso la corrente J in due metà, ciascuna passanteattraverso un resistore), possiamo scrivere il seguente sistema:

R + j XL J1 + J/2 + R J1 - j XC J1 + J2 = 0 ,

R + j XL J2 + J/2 + R J2 - j XC J1 + J2 = 0 .

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158 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

XL XL

XC

R R

R R

J1 J2

0.5 J0.5 J

J

I

Sostituendo i valori numerici e risolvendo, si ha:

J1 = J2 = - 12

- 12

j .

A questo punto, non è difficile mostrare che la corrente è ancora una volta pari alrisultato ottenuto in precedenza; basta porre:

I = - J1 - J2 .

Esempio 12*Ancora un circuito in regime sinusoidaleR1 0 1 1R2 1 2 1L1 2 3 5mC0 3 0 10mL2 3 4 5mR3 4 5 1R4 5 0 1I1 5 3 AC 1.414 0I2 1 3 AC 1.414 0.AC LIN 1 31.83 31.83.PRINT AC IM(C0) IP(C0).END

Il file Spice riportato dà la possibilità di controllare i risultati trovati ‘a mano’.

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159 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Infine studiamo gli utilissimi teoremi del generatore equivalente (Thévenin eNorton).

Esempio 13 - Determinare il circuito equivalente di Thévenin (Norton), vistodai morsetti A-B, per la rete mostrata in figura.

+

A

B

Re(t)

L

C

Si assuma e(t) = E 2 sen(ωt), E = 100 V, ω = 20 krad/s, R = 10 Ω, L = 1 mH,C = 5 µF.

Dopo aver valutato le due reattanze

XL = ωL = 20 Ω , XC = 1/(ωC) = 10 Ω ,

possiamo valutare l’impedenza equivalente vista dai morsetti A-B quando ilgeneratore di tensione viene spento:

ZE = R || j XL - XC = j R XL - XC

R + j XL - XC = 100 j

10 + 10 j = 5 (1 + j) .

Ponendo poi:

E = E = 100 V ,

la tensione a vuoto può essere calcolata per mezzo di un semplice partitore ditensione:

E0 = E RR + j XL - XC

= 100010 (1 + j)

= 50 (1 - j) .

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160 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Similmente, volendo applicare il teorema di Norton (vedi la figura), si concluderapidamente che

I0 = Ej XL - XC

= 10010 j

= - 10 j .

+

A

B

RE

XL

XC

I0

Si noti come l’impedenza equivalente, determinata all’inizio di questo esercizio,poteva essere calcolata anche per mezzo del rapporto:

ZE = E0

I0 = 50 (1 - j)

- 10 j = 5 (1 + j) .

Terminiamo con un esempio in cui la sovrapposizione degli effetti risulta unatecnica utilissima per risolvere una rete in cui operano due generatori dipulsazione differente.

Esempio 14 - La rete mostrata in figura è a regime. Determinare la correntei(t).

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161 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

−e(t)

L

C R j(t)

i(t)

Si assuma che ω = 1 krad/s, e(t) = E = 10 V, j(t) = J 2 sen(ωt), J = 2 A, R = 2 Ω,L = 1 mH, C = 0.5 mF.

Nella rete sono presenti due generatori che funzionano a due frequenze diverse: ilgeneratore di tensione che opera in regime stazionario, erogando una tensionecontinua; quello di corrente lavora in corrente alternata. È, pertanto, necessarioapplicare la sovrapposizione degli effetti, facendo funzionare un generatore pervolta.

Supponiamo agisca il solo generatore di tensione: dato che l’induttore si comportacome un corto circuito e il condensatore come un circuito aperto, la rete sisemplifica come di seguito mostrato.

+

−e(t) R

I0

Si ha, allora, che la corrente che interessa il resistore vale:

I0 = E

R = 5 A .

Spegniamo ora il generatore di tensione, lasciando in funzione il solo generatoredi corrente. Se poniamo

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162 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

XL = ωL = 1 Ω , XC = 1/(ωC) = 2 Ω ,

ed anche

Z = jXL || -jXC = XL XC

j XL - XC = 2 j ,

indicando con J = J = 2 A il fasore rappresentativo della corrente j(t), la regola delpartitore impone che nel resistore circoli la corrente:

IA = J ZZ + R

= 1 + j = 2 , π/4 → iA(t) = 2 sen 1000t + π4

.

L

C R j(t)

iA(t)

In definitiva, sovrapponendo i due effetti ed esprimendo le correnti in ampere,risulta:

i(t) = I0 + iA(t) = 5 + 2 sen 1000t + π4

.

7.10 Doppi bipoli in regime sinusoidale

Tutto quello che abbiamo detto per i doppi bipoli in regime stazionario, vale, purdi apportare le necessarie modifiche, in regime sinusoidale.Cominciamo a convincerci che, in presenza dei generatori controllati, poteteadoperare i metodi che avete appreso nel Capitolo 5.

Esempio 15 - Calcolare l’impedenza equivalente vista dai terminali A-B per larete mostrata in figura.

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163 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+ −A

B

C r i(t)

L R

i(t)

Si assuma che R = 30 Ω, L = 0.6 mH, C = 0.4 µF, r = 5 Ω, ω = 100 krad/s.

Iniziamo con il calcolo delle due reattanze

XL = ω L = 60 Ω , XC = 1ω C

= 25 Ω .

Per valutare l’impedenza vista dai due terminali A e B, è necessario alimentare larete, ad esempio con un generatore (ovviamente sinusoidale) di tensionearbitraria, come mostrato in figura.

+ −A

B

R

+

−V0

XC r I

I

XL

IL

Come si vede, siamo passati nel dominio dei fasori, e abbiamo collegato alla reteun generatore di tensione, rappresentato dal fasore V0. L’impedenza equivalentevista dai terminali A-B è definita dal rapporto:

ZE = V0

I0

.

Per la linearità della rete, essa non dipende dalla tensione di alimentazione scelta.Applicando le leggi di Kirchhoff, si ha immediatamente:

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164 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

IL = I0 + I ,

j XL IL = - R I ,

V0 = - j XC I0 + r I + j XL IL .

Eliminando ora la corrente IL, il sistema si riduce a uno di ordine più basso:

j XL I0 + I = - R I ,

V0 = - j XC I0 + r I + j XL I0 + I .

Eliminando la corrente I, si ha:

V0 = - j XC I0 + R - r j XL

R + j XL I0 ,

di qui, si ricava immediatamente il valore dell’impedenza (espresso in ohm)

ZE = V0

I0

= - j XC + R - r j XL

R + j XL = 20 - 15 j .

Quello che segue è un esercizio riassuntivo, in cui si chiede di calcolare tutte lecaratteristiche di un certo doppio bipolo.

Esempio 16 - Per il doppio bipolo mostrato in figura, determinare lerappresentazioni in termini di impedenze, ammettenze e ibride.

1

1' 2'

2+

+

−V1 V2

I2

I2

I1

I1

CLR

R0

Si assuma che ω = 1 krad/s, R = 2 Ω, R0 = 2 Ω, L = 2 mH, C = 1 mF.

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165 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

L’induttore e il condensatore possono essere rappresentati alla frequenza dilavoro, rispettivamente, dalle due reattanze

XL = ω L = 2 Ω e XC = 1ω C

= 1 Ω .

Iniziamo con il calcolo delle caratteristiche in termini di impedenze

V1 = Z11 I1 + Zm I2 ,

V2 = Zm I1 + Z22 I2 .

L’elemento Z11 rappresenta l’impedenza vista dalla porta 1, quando la secondaporta è aperta:

Z11 = V1

I1

I2 = 0

.

Aprendo la porta 2, è facile verificare che

Z11 = - j XC + R || R0 + j XL = - j XC + R R0 + j XL

R + R0 + j XL = 6

5 - 3

5 j .

In maniera del tutto analoga, si verifica che l’impedenza vista dalla porta 2,quando la porta 1 è aperta, vale:

Z22 = - j XC + R + R0 || j XL = - j XC + j XL R + R0

R + R0 + j XL = 4

5 + 3

5 j .

Più complicato è il calcolo dell’impedenza mutua Zm, definita dalla relazione

Zm = V1

I2

I1 = 0

.

Con riferimento allo schema indicato nella figura seguente, risulta

V1 = R I21 - j XC I2 ,

laddove un partitore mostra che

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166 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I21 = I2 j XL

R + R0 + j XL .

1

1'

2'

2

+

+

−V1 V2

I2

I2

CLR

R0

I1 = 0

I1 = 0

I2I2

I21

Mettendo insieme le ultime due relazioni, concludiamo:

Zm = - j XC + j R XL

R + R0 + j XL = 2

5 - 1

5 j .

Provate ora voi a verificare che allo stesso risultato si sarebbe arrivati ancheutilizzando l’altra definizione della mutua impedenza:

Zm = V2

I1

I2 = 0

.

1

1'

2'

2

V1

I2

I2

I1

I1

CLR

R0

V2 = 0

+

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167 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Passiamo, ora, alla rappresentazione in termini di ammettenze, e cominciamo acalcolare l’elemento Y11, tramite la definizione. Esso è l’ammettenza equivalentevista dalla porta 1, quando la porta 2 è chiusa in corto circuito:

Y11 = I1

V1

V2 = 0

.

Lo schema prima riportato suggerisce che risulta:

Y11

= 1R0

+ 1R + -jXC || jXL

= 34

+ 14

j .

In maniera simile, può controllare gli altri due elementi valgono:

Ym

= - 14

+ 14

j , Y22

= 34

- 34

j .

Passiamo, infine, alla rappresentazione ibrida, definita dalle relazioni:

V1 = H11 I1 + H12 V2 ,

I2 = H21 I1 + H22 V2 .

Gli elementi che definiscono questa rappresentazione hanno dimensioni diverse (daciò discende il nome ibrida):

H11 = Ω , H22 = S , H12 e H21 sono adimensionali .

Adoperando alcuni risultati già ottenuti, abbiamo subito:

H11 = V1

I1

V2 = 0

= 1Y11

= 65

- 25

j .

In maniera duale, è anche:

H22 = I2

V2

I1 = 0

= 1Z22

= 45

- 35

j .

Un pochino più complicato è il calcolo dei due elementi H12 e H21. Cominciamocon H12. Esso è definito come

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168 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

H12 = V1

V2

I1 = 0

.

D’altra parte, quando I1 = 0, risulta:

V1 = Zm I2 e V2 = Z22 I2 .

Da queste due relazioni, otteniamo allora:

H12 = Zm

Z22

= 15

- 25

j .

L’ultimo elemento, H21, può essere ottenuto mediante il teorema di reciprocità:

H21 = - H12 = - 15

+ 25

j .

Provate voi a mostrare che l’altra rappresentazione ibrida ‘G’ vale:

G11 = 23

+ 13

j , G12 = - 13

, G21 = 13

, G22 = 23

+ 23

j .

Un’ultima considerazione: l’esercizio appena svolto lascia intuire che tra glielementi delle diverse rappresentazioni di un doppio bipolo esiste una relazione.Su molti manuali si forniscono tabelle con queste relazioni di collegamento. Qui sivuole solamente sottolineare che, qualora si dovessero cercare piùrappresentazioni per un doppio bipolo, si tenti sempre di minimizzare il numerodi elementi da calcolare, tentando di adoperare quei legami che con un poco diattenzione e di buon senso si intuiscono facilmente.

Passiamo, poi, ad esaminare come funzioni in regime sinusoidale il trasformatoreideale.

Esempio 17 - La rete in figura opera in regime sinusoidale. Determinare lapotenza complessa erogata dal generatore di tensione.

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169 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

a : 1+

R

Re(t)

L

C

Si assuma e(t) = E 2 sen(ωt), E = 16.4 V, ω = 200 rad/s, R = 10 Ω, L = 64 mH,C = 0.25 mF, a = 0.8.

Cominciamo, come al solito, a calcolare le due reattanze:

XL = ω L = 12.8 Ω e XC = 1ω C

= 20 Ω .

Poniamo poi:

e(t) = E 2 sen(ωt) → E = E = 16.4 V .

Trasportando al primario la serie R-C, l’impedenza equivalente, espressa in ohm,vale:

Z = a2 R - j XC = 6.4 - 12.8 j .

Potendosi la rete ridisegnare nella maniera semplificata di seguito riportata, lacorrente che fluisce attraverso il generatore vale:

I = ER 1 + a2 + j XL - a2 XC

= 1 A .

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170 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

R

Z

I

XL

E

In definitiva, la potenza complessa erogata dal generatore di tensione vale:

P = E I * = 16.4 W .

Il generatore non eroga, quindi, alcuna potenza reattiva. Torneremo su questo,quando, nel prossimo capitolo, prenderemo in esame più dettagliatamente larisonanza.

Dovreste ricordare il giratore. Ebbene, rispetto alle cose che già sappiamo, ilgiratore è un particolare doppio bipolo che consente di realizzare un induttore apartire da un condensatore, e, dualmente, un condensatore a partire da uninduttore.

Esempio 18 - Si risolva la rete supponendo che essa operi in regime sinusoidale.

G+

R

Le(t)

i1(t) i2(t)

+

v1(t)

+

v2(t)

Si assuma che e(t) = E 2 sen(ωt), E = 200 V, ω = 500 rad/s, R = 20 Ω, L = 1 µH,G = 10 S .

Cominciamo col ricordare che il giratore è un doppio bipolo, il cui funzionamentoè descritto dalle relazioni che qui di seguito ricordiamo:

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171 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

i1 = G v2 ,

i2 = - G v1 ,

in cui G è la conduttanza di girazione.La proprietà più importante di questo componente può essere illustrata quando laporta ‘2’ è connessa a un induttore lineare tempo-invariante, di induttanza L. Inquesto caso, si ha:

v1 = G v2 = - GL di2dt

= G2L di1dt

.

Pertanto, quando alla porta di uscita è collegato un induttore, la porta di ingressosi comporta come un condensatore lineare tempo-invariante, di capacità G2L.Pertanto, il giratore consente di realizzare bipoli condensatori a partire dainduttori.Vale anche la proprietà duale (che ha forse maggiori ricadute sul pianotecnologico): tramite un giratore è possibile realizzare un induttore a partire da uncondensatore. In particolare, se alla porta di uscita viene collegato un condensatoredi capacità C, la porta di ingresso si comporta come un induttore lineare e tempoinvariante di induttanza pari a C/G2 (provate a eseguire questa verifica).È facile mostrare anche le seguenti proprietà: se il giratore è connesso a unresistore lineare di resistenza R, il bipolo equivalente si comporta come unresistore lineare di resistenza 1/(RG2); se il giratore è collegato a un resistorecontrollato in tensione (corrente), ad esempio ad un diodo tunnel, il bipoloequivalente si comporta come se fosse un resistore controllato in corrente(tensione).

Venendo all’esercizio proposto, la prima cosa da fare è trasportare alla porta diingresso l’induttanza presente alla porta di uscita, che è pari ad una capacitàC = L G2 = 0.1 mF, ovvero una reattanza capacitiva di valore

XC = 1ω C

= 1ω L G2

= 20 Ω .

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172 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

R

e(t)

i1(t)

+

v1(t) C

Pertanto, prendendo come riferimento temporale la tensione erogata dalgeneratore

e(t) = E 2 sen(ωt) → E = E = 200 V ,

la corrente del generatore vale

I1 = ER - j XC

= 20020 (1 - j)

= 5 (1 + j) = 5 2 , π4

.

Ritornando nel dominio del tempo si ha immediatamente

i1(t) = 10 sen ωt + π4

,

e, sfruttando la definizione di giratore, è anche

v2(t) = 1G

i1(t) = sen ωt + π4

.

Ancora, dato che

v1(t) = e(t) - R i1(t) ,

applicando con cura le formule di addizione dei seni (riportate in Appendice), sipuò scrivere

v1(t) = 200 2 sen(ωt) - 200 sen ωt + π4

,

da cui discende che la corrente alla porta di uscita vale

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173 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

i2(t) = - G v1(t) = - 2000 2 sen(ωt) + 2000 sen ωt + π4

.

7.12 Un transitorio con forzamento sinusoidale

Prima di concludere questo lungo capitolo dedicato al regime sinusoidale, cisembra opportuno ritornare al punto dal quale eravamo partiti. Il regimesinusoidale è quel particolare regime che si instaura nelle reti elettriche quando igeneratori sono funzioni sinusoidali del tempo, tutti della stessa frequenza.È evidente che, nei circuiti reali, ciò accade per mezzo della chiusura di uninterruttore e, pertanto, il regime sinusoidale non si instaura immediatamente:come abbiamo imparato nel capitolo precedente, alla chiusura dell’interruttore haluogo un transitorio che, più o meno rapidamente, si estingue per lasciare il postoalla soluzione di regime, proprio quella che abbiamo imparato a calcolare con ilmetodo dei fasori.Per comprendere, almeno in un caso semplice, come questo accada, studiamo iltransitorio che la chiusura dell’interruttore T provoca nel circuito mostrato inFigura 7.35. L’interruttore collega il generatore alla rete nell’istante t = 0: ilnostro scopo è determinare la corrente che fluisce nell’induttore.

T

t = 0

j(t) R L

1

0

iL(t)

iR(t)

Figura 7.35: transitorio con forzamento sinusoidale.

Volendo rendere ancora più concrete le cose, assumiamo che j(t) = I 2 sen(ωt),ω = 1 krad/s, I = 2 A, R = 1 Ω e L = 1 mH.

La rete è a riposo prima che l’interruttore commuti e, pertanto, la correntenell’induttore (che è pure l’unica variabile di stato presente nella rete), essendonulla per t < 0, si mantiene continua anche nell’istante di commutazione. Ciòcomporta che, in t = 0 s, possiamo assumere che

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174 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

iL(0) = 0 A ,

che costituirà la condizione iniziale per la soluzione del transitorio.Applicando le leggi di Kirchhoff alla rete una volta che il generatore di correntesia stato collegato alla rete, si può scrivere il seguente sistema costituito dalle dueseguenti equazioni:

iR + iL = j prima legge al nodo 1 ,

R iR = L diLdt

secondo principio alla maglia R - L .

Questo sistema, eliminando la corrente iR(t) dalla seconda equazione, può essereridotto ad un unica equazione differenziale

LR

diLdt

+ iL = j .

Riassumendo, la corrente che circola nell’induttore del circuito di Figura 7.35dopo la commutazione dell’interruttore si può descrive per mezzo del sistema(equazione differenziale e condizione iniziale)

diL

dt + iLτ = Iτ sen(ωt) , per t ≥ 0 ,

iL (0) = 0 ,

in cui abbiamo introdotto, come d’abitudine, la costante di tempo del circuito

τ = LR

= 1 ms .

Già sapete che è difficile risolvere questo tipo di problema; qui ci limiteremo adarvi la soluzione e farvela verificare con Spice, soluzione che si può scriverenella forma generale

iL(t) = I 2

1 + (ωτ)2 sen(ωt - ϕ) + e-t/τ sen ϕ .

Dato che la fase ϕ vale

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175 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

ϕ = arctan(ωτ) = arctan 1 = π4

,

nel caso in esame, la soluzione generale si particolarizza come

iL(t) = 2 sen 1000t - π4

+ e-1000t sen π4

.

La Figura 7.36 riporta sia la soluzione completa (a tratto pieno), sia il solotermine sinusoidale (tratteggiato). Come è evidente, dopo un intervallo abbastanzabreve, i due andamenti sono indistinguibili. Sappiamo, infatti, che deve essere

iL(t) ≅ I 2 sen(ωt - ϕ)

1 + (ωτ)2 dopo qualche tempo (diciamo 5 costanti di tempo) ,

e questa corrente è proprio quella che calcoliamo con il metodo dei fasori.Per convincere anche i più increduli tra voi, adoperiamo il metodo fasoriale perrisolvere l’esercizio.

-3

-2

-1

0

1

2

3

0 2 4 6 8 10

iL(t)j(t)

Figura 7.36: andamenti della corrente del generatore e dell’induttore.

Posto, allora,

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176 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

j(t) = I 2 sen(ωt) → J = I = 2 A ,

la corrente dell’induttore, usando la regola del partitore di corrente, vale:

IL = J RR + j ω L

= 2 11 + j 103 10-3

= 21 + j

= 2 , 0

2 , π/4 = 2

2 , - π

4 .

Tornando alle funzioni sinusoidali otteniamo, ovviamente, lo stesso risultatoprecedente

iL(t) = 2 sen ωt - π4

.

Controllatelo con cura.

Proprio in questa uguaglianza sta tutta la forza del metodo simbolico: esso ciconsente di ottenere le soluzioni di regime quando il circuito è forzato da soligeneratori sinusoidali, aventi tutti la stessa pulsazione, senza ricorrere alcomplicato apparato di equazioni differenziali (che neppure conosciamo!). Esso,in altri termini, è un metodo che consente di operare con le reti in regimesinusoidale per trovare la soluzione per mezzo di tecniche algebriche nel campocomplesso.

Non ci resta che fornirvi il listato Spice per simulare la rete e controllare irisultati riportati.

Esempio 13*Transitorio con forzamento sinusoidaleIJ 1 0 SIN(0 2.8284 159.155 0 0)R0 1 0 1L0 1 0 1m.TRAN 10u 10m.PROBE.END

Solo un cenno alla nuova istruzione introdotta

IJ 1 0 SIN(0 2.8284 159.155 0 0)

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177 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

che introduce un generatore sinusoidale di ampiezza

2 2 ≅ 2.8284 ,

e frequenza

f = ω2π

= 10002π

Hz ≅ 159.155 .

Nel caso generale, questa istruzione introduce un generatore di corrente (mapotrebbe essere usata con altrettanto successo per un generatore di tensione)dipendente dal tempo secondo la relazione:

iG(t) = I0 , per 0 ≤ t ≤ TD ;

I0 + IA e- θ (t - TD) sen 2π f (t - TD) , per TD ≤ t ≤ TSTOP .

Spieghiamo il significato dei diversi parametri. La corrente I0 è un valore costantedi corrente che, nel caso in esame, è stata considerata nulla; IA è, invece, il valoremassimo della sinusoide. Il tempo ‘TD’ rappresenta un certo ritardo, assentenell’esempio che stiamo sviluppando, e che ci consente di non far partire lasinusoide dall’istante t = 0, ma dall’istante TD. La frequenza della funzionesinusoidale è f e, infine, la quantità θ, misurata in s-1, rappresenta un’eventualeattenuazione che possiamo, aggiungere alla sinusoide: anch’essa è stata assuntanulla.

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178 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

0

0.5

1

1.5

2

iG(t)I0

TD TSTOP

Figura 7.37: funzione sinusoidale smorzata.

Per non lasciare troppo nel vago le definizioni riportate, vi proponiamo la Figura7.37 che li riassume tutti e che vi aiuta a ricordarli.

Se non altrimenti specificato, l’attenuazione θ e il tempo di ritardo TD vengonoassunti pari a zero, mentre, se non venisse indicata esplicitamente, la frequenzasarebbe assunta pari a 1/TSTOP: abitudine diffusa dire che questi sono i valoriassunti per ‘default’ dal compilatore. Noi comunque, per evitare qualunqueconfusione, li abbiamo riportati tutti.

7.12 Galileo Ferraris

Livorno Vercellese (oggi Livorno Ferraris), 1847 - Torino, 1897

Galileo Ferraris si laureò in Ingegneria Civile a Torino alla fine del 1869, con unatesi ‘Sulle trasmissioni telodinamiche di Hirn’, in cui si discuteva il tentativo ditrasmissione a distanza dell’energia meccanica mediante fili e carrucole.Ferraris appartiene alla generazione immediatamente successiva a quella che erastata protagonista diretta delle vicende del nostro Risorgimento. Suo maestro fuGiovanni Codazza, allievo a sua volta di quell’Ottaviano Fabrizio Mossotti, cheaveva saputo accomunare, nel corso di una vita movimentata, un rigoroso impegno

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179 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

scientifico e una intensa partecipazione civile alle vicende risorgimentali (preseparte, tra l’altro, alle famose battaglie di Curtatone e Montanara).Particolarmente rilevante, nell’opera di Ferraris, è la varietà degli interessiscientifici, testimoniata da numerosi contributi originali in campi, come l’Ottica el’Acustica, anche lontani dall’Elettromagnetismo (che costituì, in ogni caso, ilsettore scientifico cui dedicò maggiore attenzione). L’interesse per l’Acustica siricollega certamente alla sua spiccata passione per la musica, specialmente quellawagneriana, di cui era profondo conoscitore. Lo spessore culturale di Ferraris e lasua sensibilità letteraria sono testimoniate, fra l’altro, dalla qualità della sua prosa,agile e ricca, oltre che rigorosa.Detto questo, è indubbio che i contributi maggiori di Ferraris riguardinol’Elettromagnetismo e le sue applicazioni. È qui che egli mostrò da un lato laprofondità del suo approccio fisico-matematico (era tra i pochi in Europa,all’epoca, a padroneggiare le equazioni di Maxwell), dall’altro la vivacità del suoingegno creativo. Fu il primo a proporre una seria teoria scientifica di quel‘generatore secondario’ di Gaulard e Gibbs (in realtà, un trasformatore) che tantasorpresa aveva prodotto nei contemporanei per le sue sorprendenti proprietà. E fuil primo, inoltre, a rendersi conto che l’espressione della potenza media, in regimesinusoidale, deve contenere un fattore dipendente dallo sfasamento fra tensione ecorrente (per molto tempo, questa espressione fu indicata come ‘formula diFerraris’).L’altro, notevole, contributo di Ferraris, l’invenzione del motore asincrono,traeva origine da una sofisticata analogia fisico-matematica tra la polarizzazionerotatoria della luce, ottenuta sovrapponendo due stati piani di polarizzazioneopportunamente sfasati, e la rotazione di un campo magnetico, ottenutasovrapponendo due campi ortogonali, anch’essi opportunamente sfasati.Fanno sorridere le parole con cui, concludendo il lavoro dedicato all’invenzionedel motore, Ferraris confessa di ritenere che ben difficilmente la sua invenzioneavrebbe potuto avere ricadute industriali. Queste ricadute furono, invece, subitopercepite dal più pratico inventore croato-americano Nikola Tesla, che, pur nonavendo compreso appieno il principio di funzionamento del motore (pensava chele correnti indotte nel rotore andassero minimizzate), ne sviluppò subito lepotenzialità applicative (forte, tra l’altro, del potenziale economico-industrialedella Westinghouse).Va ricordato, infine, il notevole impegno didattico di Ferraris. Le sue lezioni sulla‘Teoria geometrica dei campi vettoriali’, e il suo testo di Elettrotecnica,costituiscono ancor oggi un esempio magistrale di chiarezza espositiva, unita arigore fisico-matematico.

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180 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Appendice: introduzione alla Trigonometria

Studiando il regime sinusoidale, vi sarete certamente accorti che, oltre ai numericomplessi, è necessario avere una certa pratica con le funzioni trigonometriche,almeno quelle più importanti. Crediamo di farvi cosa grata mettendo in questaappendice un piccolo compendio di Trigonometria (piana), ponendo l’accento suquelle formule che maggiormente interessano i nostri studi.

A.1 La misura degli angoli

Certamente avete la nozione intuitiva di angolo come quella porzione di pianoracchiusa tra due linee che si intersecano, o, più precisamente, come inclinazionereciproca di due rette. Il nome tradisce il suo significato: deriva dal greco ankon,che vuol dire ‘gomito’.Tra gli angoli ve ne sono alcuni notevoli che più volte avete incontrato nel corsodei vostri studi: l’angolo retto, ad esempio, è uno qualsiasi dei quattro angoliformato da due rette perpendicolari.

Ma come si misurano gli angoli?

Vi sono parecchi modi di misurare un angolo. Le vostre calcolatrici hanno deitasti per scegliere la maniera di misurare gli angoli (tasti talvolta indicati come‘deg’, ‘rad’ o ‘grd’). Qui ne esamineremo soltanto due. Cominciamo da quello chevi è più familiare: la misura in gradi.

90° 180°

angolo retto angolo piatto angolo giro

360°

Figura A.1: alcuni angoli notevoli.

Tutto comincia col dire che l’angolo retto misura 90°. Il numero ‘90’ non ha nulladi magico: è solo un numero convenzionale scelto per eseguire la misura. Ognimisura, d’altra parte, ha bisogno di una unità la cui scelta, in qualche maniera, èarbitraria. Seguendo questa strada, possiamo dire che un grado sessagesimale

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181 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

(detto anche più semplicemente ‘grado’) altro non è se non la novantesima partedell’angolo retto.La Figura A.1 mostra alcuni angoli e le rispettive misure in gradi che, siamosicuri, sono delle vostre ... vecchie conoscenze!Per indicare gli angoli useremo le lettere dell’alfabeto greco e, per ricordarci chestiamo misurando un certo angolo α in gradi, useremo il simbolo α°.

Nella pratica scientifica e tecnica, tuttavia, è molto diffusa anche un’altra unità dimisura: il radiante. La definizione del radiante è descritta in Figura A.2.

αΑ

B

CCA = CB = raggio (R) della circonferenza

arc(AB) = arco che congiunge i punti A e B

Figura A.2: definizione del radiante.

Su una circonferenza di centro C e raggio R, consideriamo un arco, indicato conarc(AB). I segmenti CA e CB, essendo entrambi raggi, sono lunghi R. La misuradi un angolo α in radianti si ottiene dividendo la lunghezza di questo arco per ilraggio della circonferenza:

α = arc(AB)

CA = arc(AB)

CB = arc(AB)

R .

Ricorderete certamente che una circonferenza di raggio R misura 2πR, in cui π èil cosiddetto ‘numero fisso’ che è un numero con infinite cifre decimali dopo lavirgola, alcune delle quali qui vi riportiamo:

π = 3.14159265359 .

Pertanto, dato che un quarto di circonferenza è pari a πR/2, possiamo scrivere perun angolo retto

π2

rad = 90° ,

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182 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

in cui l’abbreviazione ‘rad’ (che qualche volta si sottintende) ci ricordasemplicemente che abbiamo misurato l’angolo in radianti. Allo stesso modo,scriveremo per l’angolo piatto e giro:

π rad = 180° , 2π rad = 360° .

Tra la misura di un angolo in gradi e quella in radianti esiste una relazione chepuò essere sintetizzata dalla semplice proporzione

α : α° = π : 180° ,

in cui α è la misura dell’angolo in radianti e α° la corrispondente misura in gradi.Da essa si possono ricavare le due formule di uso molto frequente

α = α° π180°

, (A.1)

per la conversione dei gradi in radianti, e l’altra

α° = α 180°π , (A.2)

per la conversione dei radianti in gradi. Facciamo qualche esempio.

Supponiamo di avere un angolo di 30° e di essere interessati a sapere a quantiradianti corrisponde. La relazione (A.1) fornisce immediatamente:

α = 30° π180°

= π6

.

Alla stessa maniera provate che un angolo di 60° corrisponde π/3 radianti.Invece, se abbiamo un angolo di π/4 radianti, siamo sicuri, in forza della formula(A.2) che esso corrisponde a

α° = π4

180°π = 45° .

Allo stesso modo si può dire che un angolo di π/12 radianti può essere ancheespresso come

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183 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

α° = π12

180°π = 15° .

Continuate ad esercitarvi sulle formule (A.1) e (A.2) con gli angoli di 36° e diπ/18 radianti.

Ancora una curiosità. Quanto vale un radiante? Se abbiamo un angolo α = 1 rad,la formula (A.2) ci dice che esso, espresso in gradi, è pari a

α° = 1 180°π ≅ 57.30° .

Un’ultima osservazione sull’orientazione degli angoli.

Quando consideriamo una retta in un piano cartesiano, come ad esempio quellamostrata in Figura A.3, l’angolo che essa forma con l’asse x viene, perconvenzione, misurato in senso antiorario, l’opposto del senso di rotazione dellelancette dell’orologio. Pure i quattro quadranti in cui il piano resta suddiviso dalledue rette perpendicolari, si numerano nello stesso senso con dei numeri romani I,II, III e IV.

α

x

yIII

III IV

- α α > 0

O

Figura A.3: misura di angoli orientati.

Un angolo viene rappresentato con un numero positivo quando è misurato,dunque, nel verso antiorario a partire dal semiasse positivo dell’asse x. In casocontrario, è rappresentato con un numero negativo.

A.2 Le principali funzioni trigonometriche

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184 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Nel Capitolo 1 abbiamo già introdotto le principali funzioni trigonometriche; inparticolare, in quella sede, vi presentammo i grafici delle funzioni seno, coseno etangente. In questo paragrafo vogliamo imparare a calcolare ‘a mano’ il valore diqueste funzioni e, magari, scoprire qualche loro interessante proprietà. In realtà,esistono anche altre funzioni trigonometriche, secante, cosecante e cotangente; essesono frequenti nelle applicazioni e, comunque, sono legate alle tre che stiamo perintrodurre.

Per definire e calcolare le funzioni ‘sen t’, ‘cos t’ e ‘tan t’ [che si trovano scritteanche nella forma ‘sen(t)’, ‘cos(t)’ e ‘tan(t)’] seguiamo il procedimento di seguitoproposto.

• Si disegna una circonferenza di raggio R qualsiasi come in Figura A.4, nonchédue assi ortogonali, x e y, passanti per il centro O della circonferenza.• A partire dall’asse x, si misura, poi, in senso antiorario un angolo orientato α(come in Figura A.4), intersecando la circonferenza nel punto P (che dipendeovviamente da α) con la semiretta che parte dall’origine.

P

α

Q x

y

O

Figura A.4: circonferenza utile alla definizione delle funzioni trigonometriche.

• Si abbassa, poi, la perpendicolare dal punto P sull’asse x, fino al punto Q.• Per definizione, scriveremo le funzioni trigonometriche seno, coseno e tangentecome i seguenti tre rapporti:

sen α = lunghezza del segmento PQ

lunghezza del segmento OP = PQ

OP ; (A.3a)

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185 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

cos α = lunghezza del segmento OQ

lunghezza del segmento OP = OQ

OP ; (A.3b)

tan α = lunghezza del segmento PQ

lunghezza del segmento OQ = PQ

OQ . (A.3c)

• I valori di sen α sono da considerarsi positivi quando il punto P giace sullasemicirconferenza ‘superiore’, rispetto all’asse x, cioè nel primo e secondoquadrante; negativi, invece, quando P giace sulla semicirconferenza ‘inferiore’,cioè nel terzo e quarto quadrante. Essa è periodica di periodo 2π e, in ogni caso,assume valori compresi nell’intervallo - 1 ÷ 1. Notate pure come il seno assuma ilvalore massimo in α = π/2 ≅ 1.57 e quello minimo in α = 3π/2 ≅ 4.71.

y = sen x

xπ 2π- 2π - π 0

- 1

1

Figura A.5: la funzione seno.

• I valori di cos α sono da considerarsi positivi quando il punto P giace sullasemicirconferenza di ‘destra’ rispetto all’asse y, nel primo e quarto quadrante;negativi, invece, quando P giace sulla semicirconferenza di ‘sinistra’, nel secondo eterzo. Si tratta sempre di una funzione periodica di periodo 2π che assume valoricompresi nell’intervallo - 1 ÷ 1.

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186 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

x

y = cos x

- 1

1

2π- π

- 2π

Figura A.6: la funzione coseno.

• I valori di tan α sono da considerarsi positivi quando il punto P giace nel primoe terzo quadrante del piano; negativi, invece, quando P giace nel secondo e quartoquadrante. Essa è periodica di periodo π, cioè la metà del periodo del seno e delcoseno. Inoltre si tratta di una funzione che, nel primo quadrante assume valoripositivi, crescenti: in prossimità di π/2, assume valori grandissimi, al limiteinfiniti. Nel secondo quadrante cresce partendo da valori negativi, e continua acrescere nel terzo quadrante, ma assumendo valori positivi. Infine, nel quartoquadrante, torna ad assumere valori negativi crescenti.

Vale la pena notare che, se consideriamo il rapporto tra le funzioni seno e coseno,otterremo la funzione tangente. Dividendo membro a membro le formule (A.3) siha, infatti:

sen αcos α = PQ

OP OP

OQ = PQ

OQ = tan α . (A.4)

Questa ultima relazione mette in evidenza che, una volta note le funzioni seno ecoseno, anche la tangente è nota: basta fare il rapporto tra esse.

Per convincervi che il metodo funziona davvero, proviamo a calcolare le funzionitrigonometriche di qualche angolo notevole. Ad esempio, poniamo α = π/6 = 30°.

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187 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

- π2

π2

x0

y = tan x

Figura A.7: la funzione tangente.Partiamo (Figura A.8) dal triangolo equilatero ABC e consideriamo l’altezza AH.Dalle relazioni geometriche

BH = 12

AB e AH = AB 2

- BH 2

= 3

2 AB ,

discende immediatamente che

sen π6

= BHAB

= 12

, cos π6

= AHAB

= 32

, tan π6

= BHAH

= 13

= 33

.

A

B CH

π6

Figura A.8: calcolo delle funzioni trigonometriche per un angolo di 30°.

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188 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Sempre dallo stesso triangolo precedente, dato che l’angolo

ABH = 60° = π3

,

si ricava pure che

sen π3

= AHAB

= 32

, cos π3

= BHAB

= 12

, tan π3

= AHBH

= 3 .

Nella tabella che segue riassumiamo i valori delle funzioni trigonometriche peralcuni angoli notevoli.

Seno Coseno Tangente

0° = 0 0 1 0

30° = π/6 1/2 3 /2 1/ 3

45° = π/4 1/ 2 1/ 2 1

60° = π/3 3 /2 1/2 3

90° = π/2 1 0 ∞

Infine, vale la pena sottolineare ancora una volta che la vostra calcolatrice calcolale funzioni trigonometriche ... presto e bene.

A.3 L’identità pitagorica

Torniamo alle definizioni del seno e del coseno date dalle relazioni (A.3) che, diseguito, riassumiamo per comodità:

sen α = PQ

OP e cos α = OQ

OP .

Dalla Figura A.4, si evince che OPQ è un triangolo rettangolo e, allora,applicando il teorema di Pitagora, risulta:

PQ 2

+ OQ 2

= OP 2

.

Questa relazione può anche essere scritta nella forma equivalente

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189 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

PQ 2

OP 2

+ OQ 2

OP 2

= 1 .

Nel primo rapporto riconosciamo la definizione del seno, nel secondo quella delcoseno. Pertanto, otteniamo la cosiddetta identità pitagorica

sen2 α + cos2 α = 1 , (A.5)

che ci lascia intuire che nemmeno il seno e il coseno sono funzioni del tuttoindipendenti. In tal modo, se conosciamo, ad esempio, che

sen π3

= 32

,

dalla relazione (A.5) ricaviamo immediatamente che

cos π3

= 1 - sen2 π3

= 1 - 34

= 14

= 12

.

In realtà, davanti alla radice quadrata avremmo dovuto mettere due segni, il più eil meno; il segno meno è stato scartato dato che, nel primo quadrante, tanto ilseno, quanto il coseno sono numeri positivi.

A.4 Qualche utile relazione

Consideriamo i due numeri complessi di modulo unitario

c1 = 1 , θ1 = cos θ1 + j sen θ1 e c2 = 1 , θ2 = cos θ2 + j sen θ2 .

Sviluppiamo il prodotto tra questi due numeri sia in forma polare, sia in formacartesiana. Cominciamo con quella polare:

c1 c2 = 1 , θ1 1 , θ2 = 1 , θ1 + θ2 = cos θ1 + θ2 + j sen θ1 + θ2 . (A.6)

Per quella cartesiana, invece, ricordando che j2 = - 1, valgono le relazioni:

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190 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

c1 c2 = cos θ1 + j sen θ1 cos θ2 + j sen θ2 = = cos θ1 cos θ2 + j2 sen θ1 sen θ2 + j cos θ1 sen θ2 + sen θ1 cos θ2 = = cos θ1 cos θ2 - sen θ1 sen θ2 + j cos θ1 sen θ2 + sen θ1 cos θ2 .

(A.7)

Uguagliando le parti reali e quelle immaginarie dei due numeri complessi (A.6) e(A.7),, si ottengono le cosiddette formule di addizione del seno e del coseno:

cos θ1 + θ2 = cos θ1 cos θ2 - sen θ1 sen θ2 , sen θ1 + θ2 = cos θ1 sen θ2 + sen θ1 cos θ2 .

(A.8)

Se ripetiamo questo ragionamento per i numeri complessi

c1 = 1 , θ1 = cos θ1 + j sen θ1 e c2 = 1 , - θ2 = cos θ2 - j sen θ2 ,

dove il nuovo c2 è il coniugato del precedente, otterrete, senza troppo sforzo,quelle che sono note come formule di sottrazione:

cos θ1 - θ2 = cos θ1 cos θ2 + sen θ1 sen θ2 , sen θ1 - θ2 = cos θ1 sen θ2 - sen θ1 cos θ2 .

(A.9)

Un esempio classico di applicazione delle formule di addizione e sottrazione è ilseguente: si voglia calcolare il seno a 75°. Ora, dato che 75° = 45° + 30°,consultando la tabella riportata nel paragrafo precedente, otteniamo:

sen 75° = sen(45° + 30°) = sen 45° cos 30° + cos 45° sen 30° = = 1

2 3

2 + 1

2 12

= 3 + 12 2

.

Parecchie volte incontrerete queste formule e, perciò, fate bene a ricordarvialmeno ... dove potete trovarle, dato che da esse ne discendono molte altre.Ad esempio, se nelle relazioni (A.8) scegliete valori uguali per i due angoli, cioèθ1 = θ2 = θ, esse ci consentono di scrivere quelle che sono note come formule diduplicazione:

cos(2θ) = cos2 θ - sen2 θ e sen(2θ) = 2 sen θ cos θ . (A.10)

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191 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Se provate a fare la stessa cosa nelle formule di sottrazione (A.9) otterrete dinuovo l’identità pitagorica (A.5) ed un’identità banale (0 = 0).Dalle formule di addizione e sottrazione (A.8) e (A.9) si possono trarre ancoraalcune utili relazioni. Cominciamo a riscrivere le formule di addizione esottrazione del coseno, cioè la prima delle (A.8) e delle (A.9):

cos θ1 - θ2 = cos θ1 cos θ2 + sen θ1 sen θ2 , cos θ1 + θ2 = cos θ1 cos θ2 - sen θ1 sen θ2 .

Sommando e sottraendo membro a membro queste ultime due relazioni, discendeche

cos θ1 - θ2 + cos θ1 + θ2 = 2 cos θ1 cos θ2 , cos θ1 - θ2 - cos θ1 + θ2 = 2 sen θ1 sen θ2 .

(A.11)

La stessa cosa, ripetuta sulle formule di addizione e sottrazione del seno, invece,fornisce:

sen θ1 - θ2 + sen θ1 + θ2 = 2 cos θ1 sen θ2 , sen θ1 + θ2 - sen θ1 - θ2 = 2 sen θ1 cos θ2 .

(A.12)

Le formule (A.11) e (A.12) trasformano il prodotto di due funzioni seno e cosenoin somma, e sono quelle che abbiamo usato nello studio delle potenze in regimesinusoidale.

Infine, se poniamo θ1 = θ e θ2 = π/2, sempre le (A.8) e (A.9), ci consentono discrivere delle utili relazioni che, durante lo studio del regime sinusoidale, abbiamopiù volte adoperato dato che ci consentivano di sostituire un generatore sinusoidalecon uno cosinusoidale o viceversa. Dunque, ricordando che

sen π2

= 1 e cos π2

= 0 ,

possiamo scrivere:

cos(θ + π/2) = - sen θ , sen(θ + π/2) = cos θ , cos(θ - π/2) = sen θ , sen(θ - π/2) = cos θ .

(A.13)

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192 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Ora, però, è tempo di smetterla con la Trigonometria e di tornare ai circuiti!

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193 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Capitolo 8

Applicazioni del regime sinusoidale

8.1 Introduzione

8.2 La risonanza nei circuiti elettrici

8.2.1 Risonanza serie8.2.2 Risonanza parallelo

8.3 Rifasamento

8.4 Massimo trasferimento di potenza

Appendice: bipoli passivi reali

Sommario

Abbiamo raccolto in questo capitolo alcune applicazioni delle reti inregime sinusoidale: si tratta della risonanza nelle reti elettriche, delrifasamento e del massimo trasferimento di potenza. Esse non sono leuniche possibili e altre ne vedrete studiando le macchine elettriche, gliimpianti o i circuiti elettronici. Ci è sembrato interessante, comunque,considerarle tutte insieme per due motivi: sono semplici da studiare ehanno moltissime applicazioni pratiche. Preparatevi, dunque, a studiareun capitolo in cui applicherete i metodi che avete appreso studiando ilregime sinusoidale per risolvere alcuni problemi che un tecnico incontracon una certa frequenza nella pratica professionale.

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194 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

8.1 Introduzione

L’ampio risalto dato nel capitolo precedente al regime sinusoidale è giustificatodalle molteplici applicazioni che di esso esistono: per fare solo due fra i piùimportanti esempi, pensate che le principali macchine elettriche e la trasmissionedell’energia elettrica vengono realizzate in regime sinusoidale.In questo capitolo abbiamo raccolto alcune applicazioni in corrente alternata, nonmeno interessanti, che si utilizzando in campi anche molto diversi. Abbiamopreferito scorporale dal capitolo relativo al regime sinusoidale per dare ad essemaggior risalto.Dopo avere introdotto il concetto di comportamento variabile in frequenza eparlato della risonanza dei circuiti elettrici, studieremo il rifasamento el’importante teorema del massimo trasferimento di potenza che, quandointroducemmo il regime stazionario omettemmo, per introdurlo in tutta la suageneralità in regime sinusoidale. Infine, concluderemo il capitolo facendo uncenno alla pratica realizzazione dei bipoli resistore, induttore e condensatore,introducendo quei parametri che ci consentono di capire di quanto il bipolo realeche stiamo usando si discosti dal modello ideale che adoperiamo nello studio enella simulazione.

8.2 La risonanza nei circuiti elettrici

Un circuito elettrico opera in condizioni risonanti quando esiste un accordo tra lafrequenza che impongono i generatori e quella caratteristica del circuito. Non è unfenomeno che si verifica esclusivamente nelle reti elettriche, ma si può ritrovarein tutti i sistemi dinamici in cui è possibile avere l’accordo detto. Pensate, peresempio, a un plotone si soldati che attraversa un ponte; essi non possono marciareal ‘passo’ dato che, se sul ponte poggiano il piede a terra tutti nello stesso istante,esiste la possibilità che ciò inneschi una pericolosa risonanza e il ponte può, incerte condizioni, persino crollare. Senza pensare, però, a effetti tanto catastrofici,ci accingiamo a studiare la risonanza nelle reti elettriche allo scopo dicomprendere come funzionano certi oggetti di uso quotidiano.

8.2.1 Risonanza serie

Nel capitolo precedente abbiamo visto che in un circuito RLC serie (Figura 8.1),alimentato da un generatore di f.e.m. sinusoidale, si può verificare la condizioneper cui la caduta capacitiva compensa perfettamente la caduta induttiva, e ilcircuito appare al generatore come puramente ohmico.

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195 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Supponiamo che i valori di L e C siano assegnati, e domandiamoci quando ciòaccade. Il generatore di tensione deve operare ad una pulsazione (nel gergotecnico, la pulsazione viene spesso confusa con la frequenza, tanto che i duetermini vengono usati come sinonimi) pari a

XL = XC → ω L = 1ω C

→ ω2 = 1LC

→ ω0 = 1LC

, (8.1)

che corrisponde ad una frequenza

f0 = ω0

2π = 1

2π LC . (8.2)

+

−L

Re(t)

+ −

+

vL(t)

vR(t)

i(t)

1 2

0

C

+−vC(t)

3

Figura 8.1: circuito RLC serie.

Siamo dunque nella già menzionata condizione di risonanza tra la frequenza delforzamento e quella propria del sistema. Un circuito di tal genere è detto anchecircuito risonante. In esso, la tensione erogata dal generatore, che, in generale, èsomma delle tre tensioni del resistore, dell’induttore e del condensatore, si riducead essere uguale alla sola tensione del resistore perché le altre due si compensanoperfettamente, essendo uguali ed opposte. Quindi possiamo concludere chel’impedenza diventa un numero complesso puramente reale, privo della parteimmaginaria (reattanza nulla), simbolicamente:

Z = R + j XL - XC → ℑ Z = 0 .

Le tensioni dell’induttore e del condensatore si calcolano, poi, agevolmente comeprodotto tra la corrente e relativa impedenza (Figura 8.2).

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196 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Sia nel caso della risonanza serie, sia in quello della risonanza parallelo cheesamineremo tra poco, bisogna tener presente che abbiamo assunto di essere aregime (sinusoidale). Ciò comporta che, in tempi lontani, di cui si è perduto ognitraccia, il generatore è stato collegato alla rete per mezzo di un interruttore che haportato all’attuale situazione di regime. Durante il transitorio, il generatore hafornito al complesso dei due elementi con memoria presenti nella rete una certaquantità di energia; d’altra parte, da quanto dicemmo nel Capitolo 6, sappiamo chel’energia immagazzinata nel condensatore è proporzionale al quadrato dellatensione su di esso, mentre quella nell’induttore è proporzionale al quadrato dellacorrente che lo attraversa. Allora, se tensione e corrente non sono in fase, ma inquadratura, come nel nostro caso, accadrà che quando l’energia elettrica associataal condensatore è massima, quella magnetica associata all’induttore è nulla eviceversa. Se poi in particolare tali energie massime sono uguali, una voltaraggiunto il regime si assisterà ad un periodico scambio di energia tra campoelettrico e campo magnetico che vede completamente estraneo il generatore, chedovrà solo occuparsi di fornire la potenza dissipata nel resistore.

IE = VR = R I

ϕ = 0

VL = j XL I

VC = - j XC I

Figura 8.2: diagramma fasoriale di un circuito RLC serie in risonanza.

Negli impianti di potenza la condizione di risonanza va evitata poiché essa puòprovocare pericolose sovracorrenti (o nel caso della risonanza serie,sovratensioni) che possono produrre danni irreparabili nei diversi componenti.Per convincersi di ciò basta osservare il diagramma fasoriale di Figura 8.2; letensioni dell’induttore e del condensatore, come già osservato, sono uguali epossono diventare, per particolari valori dei parametri del circuito, molto piùgrandi della tensione di alimentazione stessa. È questa la ragione ultima dellacreazione delle pericolose sovratensioni. Provate a dare dei particolari valori aiparametri R, L e C che rendano la tensione erogata dal generatore più piccoladelle altre due.

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197 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Il fenomeno della risonanza può essere visto anche da un altro punto di vista,molto importante anche per le applicazioni, specialmente nel campo dei circuiti:esso è caratteristico di qualsiasi sistema che abbia la capacità di oscillare sufrequenze proprie. Vediamo di capire cosa ciò significhi continuando l’esame delcircuito di Figura 8.1. Supponiamo di poter disporre di un generatore di tensionea frequenza variabile, che, come d’abitudine, rappresenteremo per mezzo dellafunzione sinusoidale

e(t) = E 2 sen(ωt) → E = E .

Questa volta dobbiamo immaginare che vi sia sul generatore di tensione ‘unamanopola’ che consenta di variare a piacimento la frequenza che esso eroga.Introducendo il numero complesso che rappresenta l’impedenza

Z = R + j XL - XC = R2 + XL - XC 2 , arctan XL - XC

R = Z(ω) , ϕ(ω) ,

possiamo, per ciascuna frequenza, calcolare il valore del fasore della corrente

I = ER + j XL - XC

= EZ(ω) , ϕ(ω)

= I(ω) , - ϕ(ω) ,

e anche il suo modulo

I = ER2 + XL - XC

2 = I(ω) . (8.3)

Nella formula (8.3) abbiamo esplicitamente, con il simbolo I(ω), messo in evidenzache il modulo della corrente dipende, per la presenza delle due reattanze, dallapulsazione di funzionamento (notate pure che il modulo E del generatore ditensione non dipende dalla pulsazione). Cerchiamo di essere ancora più chiari e diesplicitare questa dipendenza dalla pulsazione. Dato che (ω0 = 1/ LC )

XL - XC = ω L - 1ω C

= ω ω0

ω0 L - ω0ω

1ω0 C

= LC

ω ω0

- ω0ω ,

la formula (8.3) può riscriversi come:

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198 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I(ω) = E

R2 + LC

ω ω0

- ω0

ω

2 . (8.4)

È abitudine diffusa indicare con

Q = 1R

LC

(8.5)

un parametro adimensionale cui si dà il nome di fattore di qualità (o di merito). Ilmotivo sarà chiaro tra un momento; per ora ci basti osservare che esso ci consentedi ricavare il rapporto

LC

= R2 Q2 ,

che, sostituito nella (8.4), ci consente di scrivere il modulo della corrente nellanuova forma:

R I(ω)E

= 1

1 + Q2 ω ω0

- ω0

ω

2 = F(ω) . (8.6)

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 1 2 3 4 5

F(ω)

Q = 5

ω ω0

Figura 8.3: andamento della funzione F(ω) al variare della pulsazione.

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199 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Negli ultimi passaggi riportati non vi è nulla di concettuale da comprendere; essisono solo formali e servono a scrivere in maniera più compatta e significativa lacorrente. La nuova funzione F(ω) rappresenta una quantità adimensionale,proporzionale alla corrente, che prende il nome di curva di risonanza.Riportiamo, dunque, in un diagramma la curva di risonanza, relativa alla corrente,in funzione della pulsazione.Cerchiamo di farci una ragione dell’andamento riportato in Figura 8.3. A bassefrequenze, poiché il condensatore si comporta come un circuito aperto (si diceanche che presenta una impedenza infinita) nel circuito non circola corrente e,allora, non può che essere F(0) = 0. Anche per valori elevati della frequenza, lacorrente tende a diventare nulla, questa volta a causa dell’induttore che, per questefrequenze, si comporta come un circuito aperto. In corrispondenza dellapulsazione di risonanza, il modulo della corrente ha un massimo pari ad E/R, cioèF(ω0) = 1.

-2

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

2

0 1 2 3 4 5

Q = 5

ϕ(ω)

ω ω0

Figura 8.4: andamento della fase ϕ (ω) al variare della pulsazione.

Per rendere completa l’informazione, è necessario anche riportare l’andamentodella fase dell’impedenza, ϕ (ω), che si può riscrivere nella forma adimensionale:

ϕ (ω) = ∠ Z(ω) = arctan XL - XC

R = arctan Q ω

ω0 - ω0

ω . (8.7)

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200 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Come era prevedibile (Figura 8.4), per frequenze inferiori a quella di risonanza ilcircuito si comporta globalmente come un carico prevalentemente capacitivo:l’impedenza offerta dal condensatore prevale e la fase ϕ(ω) vale circa- π/2 ≅ - 1.57. Per frequenze invece superiori a quella di risonanza, il carico èprevalentemente induttivo, e la fase della corrente tende, piuttosto lentamente, aπ/2 ≅ 1.57. Alla frequenza di risonanza, come già sappiamo, il carico si comportacome se fosse puramente resistivo; quindi, per ω = ω0, la fase della corrente valezero.Le cose più interessanti si scoprono facendo variare il fattore di qualità delcircuito. All’aumentare di esso, la curva di risonanza diventa sempre più ripidanell’intorno della frequenza di risonanza e stretta (Figura 8.5). Si usa anche direche essa è sempre più ‘piccata’ attorno alla frequenza di risonanza.Osservando la Figura 8.5, si conclude immediatamente che, al crescere del valoredi Q, le cosiddette caratteristiche filtranti del circuito si accentuano. Si dice che uncircuito si comporta da filtro, se lascia ‘passare’ di preferenza un determinatointervallo di frequenze (banda), e attenua tutte le altre. Per essere ancora piùchiari, consideriamo la curva corrispondente al caso Q = 10 di Figura 8.5; sesupponiamo che il nostro generatore di tensione lavori ad una pulsazione moltopiù grande (oppure molto più piccola) rispetto alla pulsazione di risonanza,possiamo dire che, con buona approssimazione, la funzione F(ω), che rappresentala corrente, è pressoché nulla.

Per far circolare una corrente significativa nel circuito, bisogna che esso operi oin condizioni di risonanza (in cui abbiamo un massimo), oppure in un suo intorno,cioè un poco prima o un poco dopo. Questo intervallo di frequenze utili si chiamain gergo banda. In ultima analisi, la banda rappresenta un intervallo di pulsazioni(o di frequenze) entro cui la curva della funzione F(ω) si mantiene al di sopra diun prefissato valore di soglia.Ad esempio, assumiamo come banda (conosciuta come banda a tre decibel, o bandaa 3 dB) l’intervallo di frequenze entro cui la funzione F(ω) si trovi sempre al disopra del valore 1/ 2 . Incontrerete certamente altre definizioni della banda nelcorso dei vostri studi.Dato che un grafico vale più di mille parole, abbiamo riportato in Figura 8.6 ladefinizione di banda (detta talvolta anche banda passante) che è, dunque, daintendersi come l’intervallo di frequenze pari a

banda → ∆f = ω2 - ω1

2π . (8.8)

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201 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 1 2 3 4 5

Q = 1Q = 5Q = 10

ω ω0

F(ω)

Figura 8.5: risonanza per vari valori di Q.

Si potrebbe dimostrare che la banda, indicata nella (8.8) con il simbolo ∆f, per uncircuito RLC serie caratterizzato da un fattore di merito elevato, è data dallaformula:

∆f = ω0

2π Q . (8.9)

L’inverso di Q viene detto fattore di selettività, e la formula (8.9) mette inevidenza che, all’aumentare di Q, la banda diventa sempre più piccola e, pertanto,il circuito è sempre più selettivo in frequenza.

È giunto il momento di dare una interpretazione fisica del fattore di merito. Incondizioni di risonanza, nella rete circola la corrente:

I = ER

= ER

→ i(t) = I 2 sen(ω0t) = ER

2 sen(ω0t) .

Cominciamo a determinare l’energia ER assorbita dal resistore in un intervallo ditempo pari proprio al periodo T. Dalla definizione che abbiamo dato nel capitoloprecedente di valore efficace, segue immediatamente:

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202 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

ER = P T = R I2 T = 2πω0

R I2 . (8.10)

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 1 2 3 4 5

12

≅ 0.707

F(ω)

ω1 ω2

ω

Figura 8.6: definizione di banda.

Continuiamo, poi, con il calcolo dell’energia immagazzinata nell’induttore, chevale

UL(t) = 12

L i2(t) = L I2 sen2(ω0t) ,

e che assume un valore massimo (quando, ovviamente, la funzione seno alquadrato è pari a uno) pari a

UL-max = L I2 . (8.11)

Consideriamo, allora, il rapporto tra queste due energie, facendo il rapporto tra la(8.11) e la (8.10):

valore massimo dell’energia immagazzinata nell’induttoreenergia assorbita in un periodo dal resistore

=

= UL-max

ER = ω0 L

2π R = 1

2π LR LC

= 12π

1R

LC

= Q

2π .

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203 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Ebbene, se accettiamo il fatto che il massimo di energia immagazzinatadall’induttore è uguale a quella immagazzinata dal condensatore (cosa che poteteprovare a verificar da soli), in forza dell’ultima relazione scritta, possiamoconcludere che il fattore di qualità rappresenta, a parte la costante 2π, proprio ilrapporto tra il massimo valore dell’energia immagazzinata negli elementi amemoria e l’energia dissipata in un periodo nel resistore. In formula:

Q = 2π energia massima immagazzinata in uno dei due elementi a memoriaenergia dissipata dal resistore

.

In ultima analisi possiamo dire che se il fattore di merito è elevato vuol dire chegli elementi a memoria immagazzinano molta energia o che il resistore ne dissipapoca; se la cifra di merito è piccola, allora o il circuito immagazzina poca energia,oppure ne dissipa molta nel resistore.

Prima di concludere questo paragrafo, vogliamo soltanto sottolineare come, incondizioni di risonanza, le potenze reattive ai capi dell’induttore e delcondensatore siano proporzionali ai valori massimi di energia immagazzinata inciascuno di essi. Ricordando la (8.11), per l’induttore risulta:

QL = XL I2 = ω L I2 = ω UL-max .

Provate voi ad ottenere che, per il condensatore, deve essere:

QC = - VC2

XC = - ω C VC

2 = - ω UC-max .

Tra le tantissime applicazioni che sfruttano il fenomeno della risonanza nelle retielettriche, tutte di importanza notevole, dobbiamo ricordare il circuito di sintoniadi un apparecchio radiofonico o televisivo. Quando ruotiamo la manopola dellasintonia di un ricevitore non facciamo altro che modificare la capacità di uncircuito risonante, e quindi variamo la sua frequenza di risonanza, in modo tale daselezionare l’opportuna banda che desideriamo filtrare.

Esempio 1 - Supponendo la rete di figura alimentata dal solo generatore e(t) afrequenza variabile, si determini la pulsazione ω0 di risonanza e il valore dellaresistenza R che, in condizioni di risonanza, renda il valore efficace della tensioneai capi dell’induttore 40 volte maggiore del valore efficace della tensione dialimentazione. Si supponga, poi, di collegare un generatore di corrente ai nodi A e

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204 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

B, e che entrambi i generatori funzionino alla pulsazione ω0. In tali condizioni, sivalutino le potenze, attiva e reattiva, erogate dal generatore di corrente.

j(t)

C

L

A

B

R

e(t)+

Assumiamo che e(t) = 10 2 sen(ω0t), j(t) = 400 sen(ω0t - π/4), L = 5 nH, C = 2 µF.

La pulsazione di risonanza di un circuito R-L-C serie si trova imponendo lacondizione (uguaglianza tra reattanza induttiva e reattanza capacitiva):

XL = XC → ωL = 1ωC

→ ω0 = 1LC

= 10 Mrad/s f0 ≅ 1.592 MHz .

Operando in condizioni di risonanza, il valore di R si troverà imponendo che ilmodulo della tensione ai capi dell’induttore valga

VL = ω0 L I = ω0 L ER

= 40 E ,

che implica immediatamente

R = ω0L40

= 1.25 mΩ .

Colleghiamo alla rete anche il generatore di corrente e applichiamo il metodofasoriale, ponendo XL = ω0L = 50 mΩ = XC, e

e(t) → E = 10 , j(t) → J = 200 2 , - π4

= 200 - 200 j .

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205 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

A

B

R

JE

I + J

XL

XC

I

+

Si scriva la seconda legge di Kirchhoff alla maglia costituita dal generatore ditensione, R, XL e XC

E = R I + j XL I + J - j XC I = R I + j XL J ,

ovvero, esplicitando la corrente I,

I = E - j XL JR

= 10 - 0.05 j (200 - 200 j)

1.25 10-3 = - 8000 j .

Per valutare la potenza complessa erogata dal generatore di corrente, definitacome

PJ-ero = PE + j QE = VAB J * ,

bisogna calcolare la tensione VAB, che è pari a

VAB = j XL I + J = 410 + 10 j .

In definitiva

PJ-ero = (410 + 10 j) (200 + 200 j) = 80000 + 84000 j ,

ovvero PE = 80 kW e QE = 84 kVAr.

8.2.2 Risonanza parallelo

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206 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Del tutto equivalente è il caso del circuito RLC parallelo, a volte detto anchecircuito antirisonante (Figura 8.7).

Li(t)

1

R

+

0

C

iR(t) iC(t)iL(t)

v(t)

Figura 8.7: circuito RLC parallelo.

In esso la corrente erogata dal generatore, che è somma delle tre correntirispettivamente nel resistore, nell’induttore e nel condensatore, si riduce ad essereuguale alla sola corrente nel resistore perché le altre due si compensanoperfettamente, essendo uguali ed opposte.

IV = R I

IL = Vj XL

IC = V- j XC

Figura 8.8: diagramma fasoriale di un circuito RLC parallelo in antirisonanza.

Le correnti nell’induttore e nel condensatore si calcolano, poi, agevolmente comerapporto tra tensione applicata e relativa impedenza (Figura 8.8).Esaminiamo in qualche dettaglio quanto detto per un circuito RLC parallelo chefunzioni in condizioni di antirisonanza. Con riferimento alla Figura 8.7,introduciamo innanzitutto il fasore che rappresenta la corrente i(t) erogata dalgeneratore:

i(t) = I 2 sen(ω t) → I = I . (8.12)

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207 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

In generale, la LKC impone il seguente legame tra le correnti:

I = IR + IL + IC ,

Questa ultima relazione, in condizioni di risonanza, diventa

I = IR → V = R I = R I , 0 → v(t) = R I 2 sen(ω t) , (8.13)

da cui discende immediatamente che pulsazione, come nel caso di circuito serie giàesaminato, vale

IL + IC = 0 → Vj XL

- Vj XC

= 0 → XL = XC → ω0 = 1LC

.

Inoltre, si può scrivere che

IL = - IC = Vj XL

= R Ij ω0 L

= R LCj L

I = R I CL

, - π2

,

che, in termini di funzioni sinusoidali, significa

iL(t) = R I CL

2 sen ω0t - π

2 = - R I C

L 2 cos(ω0t) . (8.14)

Prima di procedere oltre esaminiamo le affinità con il circuito serie. Diremo cheil circuito è in condizioni di antirisonanza quando l’ammettenza diventa un numerocomplesso puramente reale, privo della parte immaginaria (suscettanza nulla),simbolicamente:

Y = 1R

+ j BC - BL → ℑ Y = 0 .

Le relazioni (8.13) e (8.14) ci consentono di calcolare l’energia totaleimmagazzinata nei due elementi a memoria, cioè nel condensatore e nell’induttore,rispettivamente. Posto, allora, U0 = C R2 I2, risulta:

UL(t) = 12

L iL2(t) = 1

2 L R2 I2 C

L 2 cos2(ω0t) = U0 cos2(ω0t) , (8.15)

UC(t) = 12

C v2(t) = 12

C R2 I2 2 sen2(ω0t) = U0 sen2(ω0t) . (8.16)

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208 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 1 2 3 4 5 6

Energia / U0 U0 = C R2 I2

ω0t

L C

Totale

Figura 8.9: energie immagazzinate al variare del tempo.

Ora, se ricordiamo l’identità trigonometrica fondamentale (discussanell’Appendice del Capitolo 7)

sen2 x + cos2 x = 1 ,

concludiamo che l’energia totale immagazzinata nei due bipoli è costante nel tempoe vale:

U(t) = UC(t) + UL(t) = U0 . (8.17)

In Figura 8.9 abbiamo rappresentato, in forma adimensionale, le tre precedentienergie: nel ‘cappio’ LC si dice che si sono instaurate delle oscillazioni persistenti,cioè che continuano indefinitamente nel tempo senza attenuarsi.

Esempio 2 - Per il circuito mostrato in figura, verificate che la frequenza dirisonanza è pari a ω0 = 1/ LC .

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209 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

CL

R

e(t)+

i(t)

1 2

0

Se provate a scrivere il valore efficace della corrente i(t), otterrete:

I(ω) = E

R 1

1 + Q2 ω2

ω2 - ω02 2

,

in cui abbiamo introdotto il fattore di merito

Q = 1R

LC

.

Per comprendere come varia con la frequenza il modulo della corrente,riferiamoci al grafico che segue, in cui abbiamo scelto R = 1 Ω, L = 1 mH eC = 1 mF. Da esso si evince chiaramente quanto segue:

RE

I(ω) ≅ 1 , alle basse frequenze;

RE

I(ω) ≅ 1 , alle alte frequenze .

• Si potevano prevedere questi comportamenti asintotici?Questi due comportamenti ‘estremi’ si possono spiegare facilmente osservandoche, alle basse frequenze, il condensatore si comporta come un circuito aperto el’induttore come un corto circuito, mentre, alle alte frequenze, i duecomportamenti limite si invertono. Inoltre, la figura suggerisce pure che ilcircuito si comporta come un ‘elimina banda’ dato che il valore normalizzato dellacorrente è quasi sempre unitario tranne in una regione più o meno piccola attornoalla frequenza di risonanza in cui diventa nulla. Non dovrebbe risultarvi troppocomplicato comprendere quanto detto poiché è l’esatto complementare del circuito

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210 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

RLC serie che si comporta come un ‘passa banda’. Domandatevi, infine: cosasuccede se cambia il fattore di merito?

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

0 1 2 3 4 5

Q = 1 ω0 = 1 krad/s

ω ω0

RE

I(ω)

• Spice può aiutarci a fare grafici come questo?La risposta è affermativa. Basta ricordare quanto abbiamo accennato nel Capitolo7 quando spiegammo il significato dei vari campi dell’istruzione ‘.AC’.Per comprendere fino in fondo quel che stiamo per dire, conviene anzituttoscrivere il file Spice per simulare il circuito. Allora supponiamo che il generatoredi tensione sia, ad esempio, del tipo

e(t) = E cos(ωt) , con E = 1 V .

Esempio 2*Analisi in frequenza di una reteVE 1 0 AC 1 0R0 1 2 1L0 2 0 1mC0 2 0 1m.AC LIN 1001 0.1 1000.1.PROBE.PRINT AC I(R0).END

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211 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Ricordate che Spice adotta le funzioni cosinusoidali per la rappresentazione neldominio del tempo. Il file, allora, è, qui di seguito, riassunto.

Considerate l’istruzione ‘.AC’; essa è del tipo

.AC LIN NP FSTART FSTOP

in cui ‘LIN’ ci informa che la scansione in frequenza, su NP = 1001 punti, traFSTART = 0.1 Hz e FSTOP = 1000.1 Hz, è lineare con passo

FSTEP = FSTOP - FSTARTNP - 1

= 1000.1 - 0.11001 - 1

= 1 Hz .

In termini più semplici, Spice risolve 1001 volte il circuito: la prima volta allafrequenza di 0.1 Hz, la seconda a 1.1 Hz, la terza a 2.1 Hz, e così via fino a1000.1 Hz.

• Come facciamo a visualizzare i risultati ottenuti?I risultati dell’analisi AC possono essere mostrati in un grafico mediante il ‘post-processore’ grafico Probe, di solito distribuito insieme a Spice.L’istruzione ‘.PROBE’, contenuta nel file di ingresso, richiede al compilatore dicreare un nuovo file in uscita, che verrà individuato con l’estensione ‘.DAT’, checontiene tutti i dati delle elaborazioni effettuate. Un tale file può essere letto dalprocessore grafico che è in grado di produrre grafici di alta qualità sulla base deidati forniti da Spice. Con un po’ di pratica riprodurrete il grafico che vi abbiamodato prima e scoprirete che Probe presenta una gamma di possibilità veramentevasta. Come sempre, la pratica ha un ruolo insostituibile e non è possibile spiegareciò che pochi minuti di lavoro rendono semplice.

8.3 Rifasamento

È sotto gli occhi di tutti che il trasporto dell’energia elettrica, dai luoghi diproduzione fino a quelli di utilizzazione, avviene per mezzo di lunghe linee (che,come vedremo più avanti sono di tipo trifase), lungo le quali l’energia viaggia permolte centinaia di chilometri nel nostro paese, attraversandolo da nord a sud.Uno dei pregi maggiori dell’energia elettrica è la trasportabilità, cioè il fatto cheessa viene portata dai luoghi di generazione (dalle cosiddette centrali) a quelli diutilizzazione (le nostre case, i luoghi di lavoro, e così via) senza apprezzabili

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212 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

perdite. Il sistema di trasporto è, in altri termini, molto efficiente realizzando unatrasmissione che non comporta eccessive perdite. Si calcola che circa il 12%dell’energia prodotta viene dissipata in calore nel trasporto, a volte anche moltolungo, sulle linee di trasmissione.

+

−ZV

I

I

V

ϕ

Figura 8.10: generico utilizzatore di tipo ohmico-indutttivo.

Quando studieremo gli impianti elettrici ci renderemo conto meglio del fatto che,allo scopo di ridurre le perdite per effetto Joule, è conveniente realizzare unatrasmissione dell’energia elettrica che impegni correnti di valore quanto più bassopossibile. Allora, per comprendere in maniera semplice come ciò possarealizzarsi, consideriamo un generico utilizzatore, mostrato in Figura 8.10, cheper funzionare correttamente ha bisogno che il valore efficace della tensione aisuoi capi sia fissato.La maggior parte delle apparecchiature industriali si possono schematizzare condei carichi ohmico-induttivi e, pertanto, la corrente sarà in ritardo rispetto allatensione o, equivalentemente (ricordate che le reattanze sono da intendersi semprecome numeri positivi),

Z = R + j X .

Ciò non vuol dire che nella pratica non si trovino anche carichi di tipo ohmico-capacitivo; quelli induttivi sono, però, di gran lunga più diffusi. Inoltre le cose chediremo, con piccole modifiche, si applicano anche ai carichi di tipo capacitivo.In questo paragrafo, vogliamo imparare a rifasare un carico che vuol dire, inultima analisi, ridurre il valore efficace della corrente che interessa il caricolasciando, però, invariate sia la tensione sul carico, sia la potenza attiva da essoassorbita.Per fare ciò, possiamo procedere come suggerito dalla Figura 8.11: per ridurre ilmodulo della corrente, a tensione bloccata, possiamo aggiungere alla corrente dilinea I una corrente IC che la riduca al valore I'. Ora, la corrente IC deve essere in

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213 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

anticipo di 90° rispetto alla tensione V e ciò può realizzarsi mediante un opportunocondensatore posto in parallelo al carico. Si ha, allora:

I' = I + j ω C V . (8.18)

Se supponiamo che la tensione V sia concorde con l’asse reale, la relazionecomplessa (8.18) diventa equivalente alle due reali:

I' cos ϕ' = I cos ϕ ,

- I' sen ϕ' = - I sen ϕ + ω C V . (8.19)

La prima delle relazioni (8.19) ci dice che stiamo lavorando a parità di potenzaattiva assorbita dal carico; moltiplicando, infatti, membro a membro per il valoreefficace V della tensione risulta:

V I' cos ϕ' = V I cos ϕ → P' = P . (8.20)

IC

I

V

ϕ

ϕ'

I'IC

+

−ZV

IC

I

XC

I'

Figura 8.11: condensatore di rifasamento.

La seconda relazione (8.19) deve fornirci il valore della capacità C che consente lariduzione dell’angolo della corrente da ϕ a ϕ', realizzando quello che ètecnicamente conosciuto come il rifasamento del carico Z. Moltiplicando ancoraper V, essa diventa:

- V I' sen ϕ' = - V I sen ϕ + ω C V2 → Q - Q' = ω C V2 , (8.21)

in cui Q è la potenza reattiva assorbita dalla sola impedenza di carico, mentre Q' èquella assorbita dal carico e dal condensatore di rifasamento.

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214 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La Figura 8.12 ci ricorda il cosiddetto triangolo delle potenze dal quale, per solaispezione, si può ricavare un legame tra potenza attiva P e reattiva Q. Pertanto,eliminando dalla (8.21) le potenze reattive e osservando che per la (8.20) è P = P',possiamo, in definitiva, scrivere che

Q - Q' = ω C V2 = P tan ϕ - P' tan ϕ' = P (tan ϕ - tan ϕ') ,

dalla quale si ricava immediatamente il valore della capacità che rifasa il caricofino all’angolo ϕ'

C = Pω V2

(tan ϕ - tan ϕ') . (8.22)

P

ϕQ = P tan ϕ

Figura 8.12: triangolo delle potenze.

Potremmo essere, a questo punto, indotti a credere che è meglio rifasare un caricofino a ϕ' = 0, come mostrato in Figura 8.13. Ciò, tuttavia, non è tecnicamenteconveniente per i motivi che andiamo a dire. Le linee di trasporto dell’energiasono lunghi fili che, in quanto tali, hanno un comportamento di tipo ohmico-induttivo (in realtà, questa affermazione vi sarà completamente chiara solo dopoavere studiato i campi elettrici e magnetici). Ciò comporta che, se per qualchemotivo accidentale, il carico varia, anche poco, in modo che la corrente I' anticipala tensione V, alla fine delle linee verrà a trovarsi un carico ohmico-capacitivo.Per quanto detto sulle linee, ciò può creare delle indesiderate risonanze chepossono generare forti sovracorrenti e sovratensioni che possono danneggiareirreparabilmente l’intero impianto di distribuzione. Per questo motivo l’angolo ϕ'non si riduce mai a zero; lo renderemo piccolo, ma non nullo.Questo fatto si esprime dicendo che il coseno di questo angolo deve essere moltoprossimo all’unità, diciamo 0.9 (dire che l’angolo tra tensione e corrente è piccolovuol dire che il coseno è vicino all’unità).

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215 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

V

ICI

ϕ' = 0

I'

Figura 8.13: rifasamento a ϕ' = 0.

Quando studieremo gli impianti elettrici vedremo quale siano i valori fissati dallenormative vigenti nel nostro e negli altri paesi.

Esempio 3 - Rifasare il carico mostrato in figura prima, acos ϕ' = 0.9 ϕ' ≅ 0.451 , poi, a cos ϕ' = 1 ϕ' = 0 .

+

I

V0

XL

R

Si assuma che R = XL = 20 Ω, V0 = 220 V, f = 50 Hz.

La fase dell’impedenza di carico

ϕ = arctan QP

= arctan 1 = π4

è positiva, e, come in realtà si verifica nella maggioranza dei carichi industriali,stiamo considerando un carico ohmico-induttivo. Come abbiamo detto, la potenzadissipata lungo la linea che collega il carico ai generatori è proporzionale alquadrato del modulo della corrente, che va tenuto quanto più basso possibile.Tali perdite possono essere ridotte se, in parallelo al carico, se ne disponesse unsecondo, puramente reattivo, nelle nostre ipotesi, capacitivo, in grado di assorbire

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216 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

una porzione della sola potenza reattiva. In tali condizioni il carico si dirà rifasatoda cosϕ a cosϕ' .

+

I

V0

XL

R

XC

In pratica con il rifasamento si evita che l’energia immagazzinata nel carico, che,come è noto, oscilla tra un punto di massimo ed uno di nullo, venga continuamentetrasferita lungo la linea, avanti ed indietro, con le conseguenti perdite; l’averdisposto un ‘serbatoio di energia’ in opposizione di fase in prossimità del carico - èquesta appunto la funzione che svolgono i condensatori posti in parallelo al carico- consente che tale scambio di energia avvenga tra il ‘serbatoio’ ed il carico e nontra i generatori ed il carico. Il problema del rifasamento si riduce al calcolo dellacapacità da disporre in parallelo al carico in modo tale che la fase dell’impedenzaequivalente sia quella desiderata. Essa è

C = P2πf V2

(tan ϕ - tan ϕ') ,

dove ϕ è la fase senza il condensatore e ϕ' è quella desiderata.Cominciamo a calcolare la corrente che circola nel carico quando il condensatorenon c’è (assumendo che la tensione V0 sia a fase nulla):

I = V0

R + j XL = 220

20 (1 + j) = 11

2 2 , - π

4 .

Calcoliamo, poi, la potenza media da esso assorbita:

P = V0 I cos π4

= 1210 W .

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217 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Allora, la capacità deve valere, nel primo caso

C ≅ 41 µF (rifasamento a cos ϕ' = 0.9)

e nel secondo caso

C ≅ 79.6 µF (rifasamento a cos ϕ' = 1) .

Osserviamo che tutti i calcoli svolti sono stati condotti nell’ipotesi chel’utilizzatore abbia un carattere ohmico-induttivo. Nel caso, per la verità più raro,in cui si verifichi l’evenienza opposta, cioè ci troviamo a dover operare con uncarico ohmico-capacitivo, occorre disporre in parallelo all’utilizzatore unainduttanza, e bisogna sviluppare considerazioni del tutto simili a quelle appenasviluppate. Provate voi a verificare che l’induttanza che serve per rifasare questotipo di carico vale:

L = V2

ω P 1tan ϕ - tan ϕ'

. (8.23)

8.4 Massimo trasferimento di potenza

Discuteremo ora una notevole proprietà delle reti in regime sinusoidale che regolail trasferimento di potenza da un generatore a un carico. In particolare, conriferimento alla Figura 8.14, stabiliremo che il massimo trasferimento possibile dipotenza attiva dal generatore al carico si ottiene se la parte reale e quellaimmaginaria dell’impedenza di carico verificano le relazioni

R = R0 , X = - X0 , (8.24)

in cui Z0 = R0 + j X0 rappresenta l’impedenza interna del generatore di tensione E.In questo paragrafo abbandoniamo, per comodità, la regola dataci in questo librosecondo cui le reattanze sono da intendersi sempre come numeri positivi, anchenel caso di un condensatore: qui ‘X’ indicherà il valore di una generica reattanzache, se positiva, rappresenta un induttore, se negativa, un condensatore.In altri termini, vogliamo sapere quale carico Z dobbiamo collegare alla rete perottenere il massimo trasferimento di potenza attiva. Allo scopo, cominciamo acalcolare la corrente in forma di fasore

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218 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I = EZ + Z0

= ER + R0 + j X + X0

,

cui corrisponde un modulo pari a

I = ER + R0

2 + X + X0 2

. (8.25)

+

−Z = R + j X

Z0 = R0 + j X0

E

I

Figura 8.14: generatore collegato ad un generico carico.

La potenza attiva P che assorbe il carico vale:

P = R I2 = R E2

R + R0 2 + X + X0

2 . (8.26)

Ora, dimostrare che la potenza espressa dalla (8.26) è massima proprio quandosono verificate le condizioni (8.24) non è un affare semplice: è necessario saperestudiare come si trovano i massimi (e i minimi) di una funzione (P) che dipendeda due variabili indipendenti (R e X). Ciò che è certo, comunque, è che se le(8.24) sono soddisfatte, la potenza attiva è massima e vale:

Pmax = E2

4 R0 . (8.27)

Se nelle stesse condizioni di massimo proviamo a calcolare la potenza complessaerogata dal generatore E, concludiamo che

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219 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

PE-max = E I *

= E E *

2 R0 = E2

2 R0 (quantità reale) → PE-max = E2

2 R0 . (8.28)

Ora, se consideriamo il rapporto tra la potenza attiva assorbita dal carico e quellaerogata dal generatore, possiamo calcolare il rendimento

rendimento → η = PPE-max

= 0.5 , (8.29)

e concludere che soltanto il 50% della potenza erogata viene assorbita dal carico.E ciò è il meglio che, al momento, possiamo fare: l’altro 50% viene dissipato nellaresistenza interna del generatore. Quando studieremo le macchine elettriche, e iltrasformatore in particolare, scopriremo che è possibile aggirare questo pesantevincolo. La condizione (8.24) che può anche essere riscritta nella forma piùcompatta

Z = R + j X = R0 - j X0 = Z0* , (8.30)

è anche conosciuta come condizione di adattamento, volendo sottolineare ilfatto che, se la condizione (8.30) è verificata, ci troviamo nelle condizioni diadattamento del carico alla sorgente la quale trasferisce ad esso il massimopossibile di potenza attiva.

Esempio 4 - Si valuti l’indicazione fornita dal wattmetro W nella rete di figura,funzionante in regime sinusoidale, quando il carico Z soddisfi la condizione diadattamento.

A

B

Z

+

W+C

D

e(t)

X1

j(t)

R2

X2

X3

R3

R1

IZ+

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220 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Si assuma che e(t) = E sen(ωt), E = 100 2 V, j(t) = J sen(ωt - π/4), J = 20 A,R1 = R2 = 10 Ω, R3 = 3.75 Ω, X1 = X2 = 5 Ω, X3 = 10 Ω.

Il wattmetro fornisce una indicazione formalmente espressa da

W = ℜ VCD IZ *

,

dove la tensione VCD è legata alla corrente IZ dalla relazione costitutiva

VCD = R3 + Z - jX3 IZ .

Volendo conoscere l’indicazione del wattmetro, è sufficiente valutare la solacorrente IZ, la quale può essere calcolata adoperando il teorema di Thévenin, comesuggerisce lo schema che segue.

A

B

ZE

E0 Z

IZ+

Si vuole, in altre parole, applicare il teorema del generatore equivalente pertrasformare l’intera rete a monte dei morsetti A-B in un generatore di tensione E0

e in un’impedenza equivalente Z. In tal modo, la corrente IZ sarà pari a

IZ = E0

Z + ZE

,

e il problema potrà dirsi risolto. Osserviamo pure che trovandoci in condizioni diadattamento, cioè di massima potenza attiva trasferita al carico Z, deve essere

Z = ZE * ,

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221 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

e la precedente relazione si semplifica ulteriormente

IZ = E0

2 ℜ ZE

.

Si cominci a calcolare ZE, rendendo passiva la rete. Risulta, allora,

ZE = R3 - jX3 + R1 + jX1 || R2 - jX2 = 10 (1 - j) Ω ,

da cui si ottiene immediatamente

Z = ZE* = 10 (1 + j) Ω .

A

B

X1

R2

X2

X3

R3

R1

Veniamo al calcolo della tensione a vuoto E0. Dato che attraverso la resistenza R3

e la reattanza X3 non passa corrente a circuito aperto, lo schema si semplificacome indicato di seguito, e si evince che

E = R1 + jX1 I + R2 - jX2 I + J .

Trasformando le sinusoidi nei fasori corrispondenti

e(t) → E = 100 V , j(t) → J = 10 2 , π4

= 10 (1 - j) A ,

la corrente I vale

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222 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I = E - R2 - jX2 J

R1 + R2 + j X1 - X2 = (2.5 + 7.5j) A .

C

D

X1

R2

X2

R1

E

J

I

I + JE0

J

+

+

Pertanto, la tensione a vuoto vale

E0 = R2 - jX2 I + J = (112.5 - 87.5j) V .

Tornando al circuito di partenza, la corrente IZ risulta

IZ = E0

2 ℜ ZE = (5.625 - 4.375j) A ,

e, in definitiva, l’indicazione del wattmetro è

W = ℜ VCD IZ * = ℜ R3 + Z - jX3 IZ

2 = R3 + ℜ Z IZ2 .≅ 698.24 W .

Si fa notare esplicitamente che l’indicazione fornita dal wattmetro ha un precisosignificato fisico: coincide con la potenza attiva assorbita dalla serie di R3, Z e X3.

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223 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Appendice: bipoli passivi reali

Si è già avuto modo di sottolineare più volte che i bipoli introdotti costituisconosempre una rappresentazione, più o meno approssimata, dei bipoli reali. Conriferimento al regime sinusoidale (in altre condizioni di funzionamento leconsiderazioni possono essere diverse) faremo ora qualche cenno allacorrispondenza fra bipoli reali e bipoli ideali che li rappresentano; per leinduttanze mutue svilupperemo considerazioni analoghe nel volume dedicato allemacchine elettriche, quando approfondiremo il funzionamento del trasformatore.Per comprendere fino in fondo ciò che diremo in questo paragrafo, è necessarioavere qualche conoscenza dei campi elettrici e magnetici. Pertanto, nel volumededicato allo studio di questi campi, approfondiremo alcuni aspetti che potrebberorisultare poco chiari ed alcune affermazioni che faremo in quel che seguediverranno completamente chiare solo dopo aver studiato alcuni aspetti fisici legatialla definizione dei condensatori e degli induttori. Non perdete, dunque, lapazienza se non tutto vi sarà chiaro; fidatevi e memorizzate quanto diremo. Piùavanti ... tutto si illuminerà.Una cosa da sottolineare subito è che, fissata una frequenza oppure un intervallo difrequenze di funzionamento, un certo bipolo reale può essere considerato unresistore, un induttore oppure un condensatore, solo in maniera approssimata: itermini resistore, induttore e condensatore indicano un bipolo reale che hacaratteristiche prevalentemente resistive, induttive oppure capacitive, ma che, avoler essere precisi, mostra un comportamento ben più complesso di quello chesuggerisce il suo nome.

ResistoreLa maniera più semplice di realizzare un resistore è quella di avvolgere un filo suun supporto (Figura A.1).

Figura A.1: filo avvolto per formare un resistore.

Come sappiamo già, il filo presenta una resistenza che dipende dalla sua lunghezza,dalla sezione e dal materiale di cui è costituito. È pure vero che il resistore puòanche essere considerato come un solenoide a cui si può associare un’induttanza, e,

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224 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

se si considera una coppia di spire contigue, si può osservare che queste possonoessere considerate come armature di un condensatore, cui si può associare unacapacità. In definitiva, mentre uno studio molto preciso e completo, valido a tuttele frequenze, del comportamento del sistema richiederebbe l’analisi del campoelettrico e del campo magnetico che si generano al passaggio della corrente,limitando lo studio ad un intervallo ristretto di frequenze, il sistema puòessere rappresentato con il circuito equivalente di Figura A.2, dove la capacità èstata considerata concentrata agli estremi del bipolo. È chiaro che, a una benprecisa frequenza, il bipolo è poi ulteriormente semplificabile con uno schemaequivalente serie (o parallelo), mettendo in evidenza due soli parametri; la parteresistiva è preponderante e la parte reattiva è induttiva o capacitiva, secondo laprevalenza dell’uno dell’altro effetto parassita. È appena il caso di accennareche, entro una data approssimazione, per allargare il campo di frequenze entro cuiè valido il circuito equivalente, bisogna complicare sempre più, richiedendo unnumero di parametri sempre maggiore.

InduttoreFisicamente si può pensare a un solenoide, cioè a un sistema come quello di FiguraA.1. Data la perfetta analogia, valgono le considerazioni già fatte per il resistore;un circuito equivalente, valido in un campo ristretto di frequenze, è quello giàvisto in Figura A.2, dove, l’effetto induttivo è, ovviamente, preponderante.

R L

C

Figura A.2 circuito equivalente di un resistore reale.

Non si ritiene opportuno approfondire qui i problemi connessi con la presenza diun nucleo di ferro: basti accennare al fatto che, non tenendo conto dei fenomeni dinon linearità necessariamente presenti, si può sempre, ad una data frequenza,rappresentare l’induttore con un circuito equivalente semplificato, come quellomostrato in Figura A.3.

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225 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Per indicare l’entità della parte resistiva parassita si utilizza spesso, invece che laresistenza R, un altro parametro, detto angolo di perdita δ, definito come

tan δ = RωL

.

R L

Figura A.3: circuito equivalente semplificato di un induttore reale.

Quanto più piccolo è l’angolo di perdita, tanto più ideale sarà il comportamentodell’induttore. L’inverso della tangente dell’angolo di perdita viene detto fattoredi qualità (o coefficiente di merito)

Q = 1tan δ

= ωLR

,

e rappresenta un altro parametro largamente usato nella letteratura tecnica. Ilfattore Q fornisce il rapporto fra le potenze attiva e reattiva assorbite dal bipolo.È importante sottolineare, infine, che al variare della frequenza variano, ingenerale, i parametri che caratterizzano l’induttore; tuttavia, l’induttanzaequivalente varia percentualmente di meno dell’angolo di perdita, o dellaresistenza equivalente.

CondensatoreLa presenza di un dielettrico non perfettamente isolante e di elementi conduttorinon perfettamente conduttivi spiega la presenza di una componente resistiva nelcircuito equivalente che rappresenta un condensatore ideale; la presenza di uncampo magnetico, e quindi di un flusso concatenato con un circuito di cui ilcondensatore è parte (non approfondiamo qui la questione), giustifica la presenzadi un’induttanza. Un circuito equivalente frequentemente adottato valido per uncerto campo di frequenze, è quello di Figura A.4. Anche in questo caso,comunque, è possibile considerare un circuito più semplificato, eliminando laresistenza R0 e l’induttanza L0.In funzione di R e di C (oltre che di ω) sono, anche in questo caso, definitil’angolo di perdita δ

tan δ = ω R C ,

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226 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

e il fattore di qualità Q

Q = 1tan δ

= 1ω R C

.

R

C

R0 L0

R

si possono eliminarenel circuito semplificato

Figura A.4: circuito equivalente (e semplificato) di un condensatore reale.

Anche per il condensatore è opportuno sottolineare che i parametri sono variabilicon la frequenza, specialmente quelli direttamente rappresentativi degli elementiparassiti.

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227 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Capitolo 9

Sistemi trifasi

9.1 Introduzione

9.2 Sistemi trifasi

9.2.1 Disposizione dei generatori9.2.2 Disposizione degli utilizzatori

9.3 Collegamenti fra generatori e utilizzatori

9.4 Esame dei diversi tipi di configurazione

9.4.1 Collegamento stella-stella9.4.2 Collegamento stella-stella con neutro9.4.3 Collegamento stella-triangolo9.4.4 Collegamento tringolo-stella9.4.5 Collegamento triangolo-triangolo

9.5 Un primo vantaggio dei sistemi trifasi

9.6 Potenze nei sistemi trifasi

9.6.1 Centro stella accessibile9.6.2 Centro stella inaccessibile9.6.3 Sistema trifase equilibrato

9.7 Rifasamento dei sistemi trifasi

9.8 Altri vantaggi dei sistemi trifasi

9.9 Conclusioni

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228 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Appendice: impianti di distribuzione

Sommario

I generatori elettrici e gli utilizzatori che fino a questo momentoabbiamo usato nel nostro studio dei circuiti elettrici hanno avuto, tra levarie caratteristiche, quella di presentare sempre solo due morsetti. Eproprio da questa loro particolarità vien fuori il termine ‘bipolo’.In questo capitolo apriremo una finestra su quella che si chiamaelettrotecnica industriale in cui i generatori elettrici e gli utilizzatori,salvo casi eccezionali, sono dotati di più di due morsetti. Si dice in gergoche essi danno luogo a un sistema polifase, anziché monofase. La ragionedi questa apparente complicazione troverà una prima parzialegiustificazione nelle pagine seguenti.

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229 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

9.1 Introduzione

Negli ultimi due capitoli abbiamo dato il meritato risalto alle reti che operano inregime sinusoidale; una rete del genere viene, in gergo, detta rete sinusoidalemonofase. L’attributo ‘monofase’ sottolinea il fatto che l’energia elettrica vieneportata dal generatore ad un generico carico per mezzo di due conduttori: unoattraverso cui la corrente raggiunge il carico ed un altro di ritorno. La grandemaggioranza degli impianti elettrici domestici offre il più tipico esempio disistema monofase: nell’alloggio giungono due fili, provenienti da una vasta eramificata rete di distribuzione dell’energia. Con la mentalità ormai formataattraverso la considerazione e l’uso del teorema di Thévenin, i due fili chegiungono ad alimentare le utenze elettriche di un’abitazione possono essereconsiderati gli estremi di un bipolo equivalente, costituito da un generatore idealedi tensione e da un’opportuna impedenza. Nella pratica, tuttavia, l’energia elettricanon viene né prodotta, né trasportata alle varie utenze in questa maniera.Questo ultimo capitolo è dedicato allo studio dei sistemi trifasi. L’importanza ditale studio risiede nel fatto che la produzione, la trasmissione e la distribuzionedell’energia elettrica avvengono quasi totalmente sotto forma di grandezzealternate trifasi, sia per motivi tecnici, sia per motivi economici.Quando studieremo le macchine elettriche mostreremo che quelle trifasi, a paritàdi potenza e tensione ai morsetti, presentano minor peso e sono meno ingombrantirispetto alle macchine monofase o in corrente continua. Inoltre, le linee elettrichetrifasi utilizzate nella trasmissione e nella distribuzione dell’energia elettricapresentano cadute di tensione più basse rispetto alle linee monofase a parità dilunghezza della linea, e possono essere realizzate con sezioni dei conduttori piùpiccole. Le linee trifasi, infatti, consentono, a parità di lunghezza e di caricoservito, un risparmio di circa il 25% sul peso di rame impiegato rispetto a unacorrispondente linea monofase. Quanto detto non deve far dimenticare, tuttavia,che la corrente continua e la corrente alternata monofase trovano ancora oggiimpiego in alcune importanti applicazioni, quali la trazione elettrica, latrasmissione dell’energia elettrica a grande distanza (alta tensione continua) e, allagià ricordata, alimentazione di piccole utenze.

Ma procediamo con ordine e cerchiamo di capire cosa si intende per sistematrifase.

9.2 Sistemi trifasi

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230 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La grande maggioranza degli impianti elettrici industriali non costituisce unsistema monofase. Se vogliamo considerare gli apparecchi utilizzatori, senzanecessariamente sapere come sono fatti al loro interno, essi si presentano comemostrato in Figura 9.1.

U

1

2

3

0

Figura 9.1: generico utilizzatore industriale.

Essi sono costituiti da tre (a volte quattro) morsetti, indicati con 1, 2 , 3 (e 0), efunzionano in maniera corretta solo se vengono collegati ad altrettanti morsetti dialimentazione, generalmente nel medesimo ordine (Figura 9.2). In realtà, esisteanche il quinto filo, detto fune di guardia, del quale qui ci disinteresseremo, mache è molto utile per la protezione della linea di trasmissione dell’energia dallefulminazioni indirette.

V31

V12

V23

I1

I2

I3

UG

1

2

3

0 I0

+−+−

+

Figura 9.2: collegamento trifase tra un generatore e un carico.

I morsetti 1, 2 e 3 sono detti morsetti di fase e devono essere collegati ai rispettivimorsetti di fase del sistema di alimentazione. Il morsetto 0, quando esiste, deveessere collegato al rispettivo morsetto 0 del sistema di alimentazione: tale morsetto(o conduttore) viene detto di (o del) neutro.

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231 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Le tensioni applicate all’apparecchio U dal generatore trifase, V12, V23 e V31,hanno generalmente un identico valore efficace (V) e sono indicate, in gergo,come tensioni concatenate:

V12 = V23 = V31 = V .

Quando, invece, riferiamo le tensioni al neutro, considerando la terna V10, V20 eV30, parleremo di tensioni di fase (o stellate) che hanno anch’esse lo stessovalore efficace (E):

V10 = V20 = V30 = E .

Le tre correnti I1, I2 e I3 sono chiamate correnti di linea e, come preciseremopiù avanti, non è detto che esse abbiano lo stesso valore efficace. Infine, I0 è lacorrente che attraversa il filo del neutro.

9.2.1 Disposizione dei generatori

Cerchiamo di capire, per quanto possibile, come è fatto un generatore trifase.Come sarà più chiaro quando studieremo le macchine elettriche, un generatoretrifase è un sistema elettrico capace di sostenere tre tensioni sinusoidali. Piùprecisamente, esso genera una terna di tensioni che, se il sistema è ben progettato,è pressoché simmetrica. Intendiamoci bene su questi nuovi termini introdotti.

E1

E2

E3

1

2

3

V12

+−

+−

+−

0

+

Figura 9.3: disposizione a stella dei tre generatori.

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232 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Consideriamo il sistema dei tre generatori collegati a stella mostrati in Figura 9.3,detto generatore ideale trifase di tensione; in questa figura, per non complicareinutilmente il disegno, abbiamo riportato la sola tensione concatenata V12, nonrappresentando le altre. Le tre tensioni stellate siano rappresentate dalle funzionisinusoidali

e1(t) = E 2 sen(ω t) ,

e2(t) = E 2 sen(ω t - 2π/3) ,

e3(t) = E 2 sen(ω t - 4π/3) ,

(9.1)

o, in maniera equivalente, dai corrispondenti tre fasori E1, E2 e E3. Si tratta(Figura 9.4) di tre vettori complessi aventi lo stesso valore efficace E, e definitidalle relazioni

E1 = E , 0 = E ,

E2 = E , - 23

π = E cos 23

π - j E sen 23

π = - E2

- j E 32

,

E3 = E , - 43

π = E cos 43

π - j E sen 43

π = - E2

+ j E 32

.

(9.2)

Tenete presente che un terzo di angolo giro può indicarsi come

13

360° = 120° = 23

π ,

e che valgono le relazioni trigonometriche

cos 23

π = cos 43

π = - 12

e sen 23

π = - sen 43

π = 3

2 .

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233 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

E1

E2

E3

0

Figura 9.4: rappresentazione fasoriale di una terna diretta.

Quando accade che tre fasori hanno lo stesso valore efficace e sono sfasati tra lorodi 120° diremo che essi costituiscono una terna trifase; in particolare se, come ènel nostro caso, ci stiamo riferendo al generatore, la terna si dice simmetrica. Incaso contrario, cioè se le tre tensioni non hanno lo stesso valore efficace, o nonsono mutuamente sfasate di 120°, la terna viene detta dissimetrica.

E1

E2

E3

0

Figura 9.5: terna simmetrica inversa.

Una terna simmetrica di tensioni può essere, poi, inversa o diretta. Se, assuntoquale verso di riferimento per la misura degli angoli quello antiorario, la tensioneE1 è in anticipo sulla tensione E2 e quest’ultima è in anticipo sulla E3, la terna èdetta diretta. In Figura 9.4 abbiamo rappresentato una terna diretta. In casocontrario, come suggerisce la Figura 9.5, la terna viene detta inversa.

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234 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Nel seguito ci riferiremo quasi esclusivamente a terne dirette, anzi la parola ternasenza aggiunta di altri attributi sarà sinonimo di terna diretta.

Osserviamo subito che per una terna simmetrica, vale la relazione:

e1(t) + e2(t) + e3(t) = 0 , in ogni istante di tempo. (9.3)

Per verificare la (9.3) usiamo la rappresentazione fasoriale (9.2). Possiamo,allora, scrivere:

E1 + E2 + E3 = E - E2

- j E 32

- E2

+ j E 32

= 0 .

Per sincerarvi fino in fondo della proprietà appena dimostrata, provate ad usare laFigura 9.6 e a sommare in un istante da voi scelto le tre funzioni sinusoidali:troverete sempre zero, quale che sia l’istante di tempo considerato.

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

0 2 4 6 8 10

ωt

e1(t) e2(t) e3(t)

Figura 9.6: le tre funzioni sinusoidali (9.1).

Spesso ciò che interessa non è tanto la terna di tensioni stellate (inaccessibile nellemacchine reali) ma la terna di tensioni concatenate. La cosa è semplice dato chenon è difficile passare da una terna stellata di tensioni alle corrispondenticoncatenate. Dalla Figura 9.3 discende immediatamente che

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235 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

V12 = E1 - E2 , V23 = E2 - E3 , V31 = E3 - E1 . (9.4)

La Figura 9.7 rappresenta graficamente le tre relazioni (9.4).

E1

E2

E3

V12

V23

V31

1

2

3

0

Figura 9.7: la terna di tensioni concatenate.

Tentiamo di capire se questa costruzione grafica ci può essere di aiuto nel calcolodelle tre tensioni concatenate, a partire dalle stellate. Cominciamo con la prima:

V12 = E1 - E2 .

Ciò che potremmo immediatamente fare è sostituire al posto delle due tensionistellate le rispettive definizioni e, poi, farne la differenza. Osserviamo, invece, laFigura 9.7 o, meglio ancora, il dettaglio di essa riprodotto in Figura 9.8.

E1

E2

E3

V12

V23 1

2

3

030°

30°

Figura 9.8: dettaglio della Figura 9.7.

Il triangolo 1-2-0, di base V12 e lati E1 e E2, è isoscele dato che E1 = E2 = E. Ora,essendo 102 = 120° , i due angoli alla base sono pari a 30°. Ciò comporta,tracciando l’altezza relativa alla base V12, che

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236 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

V12

2 = E cos 30° = E 3

2 → V12 = E 3 .

La Figura 9.8 suggerisce pure che il fasore V12 è in anticipo di 30° rispetto a E1

(che è stato assunto, per semplicità, a fase nulla). Allora possiamo finalmenteconcludere che

V12 = E 3 , π6

.

Seguendo la stessa linea di ragionamento è possibile ricavare anche le altre duetensioni concatenate e, pertanto, scrivere che

V12 = E 3 , π6

= E 3 cos π6

+ j sen π6

= E 32

+ j 32

,

V23 = E 3 , - π2

= E 3 cos π2

- j sen π2

= - j E 3 ,

V31 = E 3 , 56

π = E 3 cos 56

π + j sen 56

π = E - 32

+ j 32

.

(9.5)

Le relazioni (9.5) ci forniscono le tre tensioni concatenate ma, cosa piùinteressante, il metodo adoperato per dedurle ci fornisce una traccia che più volteuseremo nello studio dei sistemi trifasi.

Vale la pena notare come, anche per le tensioni concatenate, valga la relazione

V12 + V23 + V31 = 0 . (9.6)

Una terna di generatori come quelli indicati in Figura 9.3, priva di filo di neutro,può anche essere collegata a triangolo e, in questa configurazione circuitale,fornirà direttamente le tre tensioni concatenate, come mostra la Figura 9.9.

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237 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

+

V12

V23

V31

+

1

2

3

Figura 9.9: disposizione a triangolo dei tre generatori.

In realtà, dei tre generatori a triangolo di questa figura, non tutti sono necessariper imprimere una terna di tensioni concatenate: se ne potrebbe togliere uno enulla cambierebbe quanto alle tensioni. Cambierebbero, invece, le correnti erogatedai generatori qualora essi alimentassero dei carichi. Questa affermazione, èappena il caso di accennarlo, si fonda sul fatto che la LKT, applicata alla magliacostituita dai tre generatori, impone la relazione

V12 = - V23 - V31 ,

sia che esista, sia che non esista il generatore tra i morsetti 1 e 2. Analogamente sipotrebbe dire per le altre due tensioni concatenate facendo ruotare i pedici. Giànel primo volume abbiamo fatto notare che nel parallelo di due generatori realiche non forniscono la stessa tensione circola una corrente di valore molto elevato.Per questo è molto importante che le tre f.e.m. erogate da un triangolo digeneratori soddisfino la relazione (9.6) in modo da evitare assolutamente checircoli corrente nel triangolo medesimo quando esso non alimenta carichi.

Le tre relazioni (9.5) ci fornivano il valore delle tensioni concatenate noto quellodelle stellate. Volendo trasformare un collegamento a triangolo dei generatori inuno equivalente a stella, abbiamo bisogno di relazioni che ci forniscano le tensionistellate note le concatenate. Da quanto detto in precedenza, posto che le tretensioni concatenate siano rappresentate dalle relazioni

V12 = V , α , V23 = V , α - 23

π , V31 = V , α - 43

π , (9.7)

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238 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

(α è una fase generica, introdotta per rendere generali le cose) segue che le trestellate sono pari a

E1 = V3

, α - π6

, E2 = V3

, α - 56

π , E3 = V3

, α + π2

. (9.8)

Provate a verificarle da soli, prestando particolare attenzione al caso α = π/6ricavato in precedenza.Infine, ritornando al fatto che uno dei generatori del triangolo si può escluderesenza che si modifichino le tensioni concatenate, talvolta si può trovare realmentequalche generatore trifase con due soli lati del triangolo, anziché tre; il terzo lato,allora, può essere tranquillamente portato in riparazione o revisione periodica. Sidice in tal caso che i generatori sono collegati non a triangolo, ma a ‘V’, essendoV la lettera dell’alfabeto che meglio rappresenta un triangolo a cui è stato tolto unlato.

Esempio 1 - Si abbia una terna di generatori come quella rappresentata dallerelazioni (9.2), di valore efficace E = 10 V.

• Verificare che

E1 + E2 + E3 = 0 .

Posto, dunque,

E1 = 10 , 0 = 10 ,

E2 = 10 , - 2

3 π = 5 - 1 - j 3 ,

E3 = 10 , - 4

3 π = 5 - 1 + j 3 ,

risulta:

E1 + E2 + E3 = 10 + 5 - 1 - j 3 + 5 - 1 + j 3 =

= 10 - 5 - 5 - 5 j 3 + 5 j 3 = 0 .

• Calcolare V31 = E3 - E1.

Dalle definizioni precedenti discende immediatamente che

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239 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

V31 = E3 - E1 = - 5 + 5 j 3 - 10 = 5 - 3 + j 3 .

In forma polare questa tensione diventa:

V31 = 5 9 + 3 = 5 12 = 10 3 e ϕ31 = π + arctan - 3

3 = π - π

6 = 5

6 π .

• Verificare che V23 = - 10 j 3 .

Operando come nel caso precedente, otteniamo:

V23 = E2 - E3 = 5 - 1 - j 3 - 5 - 1 + j 3 = - 10 j 3 .

• Valutare il fasore A = E1 + 2 E2.

Sempre usando le definizioni delle tre tensioni assegnate, possiamo scrivere:

A = E1 + 2 E2 = 10 - 10 - 10 j 3 = - 10 j 3 = 10 3 , - π2

.

9.2.2 Disposizione degli utilizzatori

Veniamo, ora, alla disposizione degli utilizzatori che riflette, in gran parte, quantodetto a proposito dei generatori e quanto già avete appreso nel primo volume aproposito della trasformazione stella-triangolo.

1

2

3

V12

V23

Z

Z

Z

I1

I2

I3

+

−+

0

Figura 9.10: tre impedenze uguali collegate a stella.

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240 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La Figura 9.10 mostra tre impedenze uguali, di valore Z, percorse dalle trecorrenti di linea I1, I2 e I3. I tre generatori di alimentazione non sono mostrati infigura per non appesantirla inutilmente.Se le tre correnti di linea costituiscono un insieme di fasori che hanno lo stessomodulo (I) e sono sfasati l’uno rispetto all’altro di 120°, si dice che costituisconoun sistema trifase equilibrato nel carico. A seconda del senso ciclico scelto, unaterna viene detta diretta oppure inversa, come suggerisce la Figura 9.11. In questotesto, salvo avviso contrario, come abbiamo già sottolineato per le terne ditensioni, si farà riferimento soltanto a terne dirette.

I1

I2

I3

120°

120°

120°

Terna diretta

I1

I2

I3

120°

120°

120°

Terna inversa

I1 = I , α

I2 = I , α - 120°

I3 = I , α - 240°

I1 = I , α

I2 = I , α + 120°

I3 = I , α + 240°

Figura 9.11: terna diretta e inversa di correnti.

Allo stesso modo, se si considera un generico carico equilibrato a triangolo, tra lecorrenti di linea e quelle di lato, sussistono i legami:

I1 = J12 3 , - π6

, I2 = J23 3 , - π6

, I3 = J31 3 , - π6

. (9.10)

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241 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

1

2

3

V12

V23

Z

Z

Z

I1

I2

I3

J12

J23

J31

+

−+

Figura 9.12: tre impedenze uguali collegate a triangolo.

Le correnti J12, J23 e J31, essendo relative ai tre lati che compongono il triangolo diimpedenze, vengono dette correnti di lato.

La verifica delle relazioni (9.10) potrebbe essere fatta come per i legami tratensioni stellate e concatenate, visti in precedenza. Qui, invece di procedere per viagrafica, sfruttando relazioni geometriche sui triangoli isosceli, opereremo inmaniera analitica. Così facendo, avrete visto, una volta per tensioni, l’altra per lecorrenti, le due maniere di procedere per passare dalla terna stellata a quellaconcatenata.

Allora, mostriamo come si passa in maniera analitica dalla terna di correnti di latoa quelle di linea. Riferendoci, ad esempio alla prima corrente di linea esupponendo note le correnti di lato, risulta:

I1 = J12 - J31 .

Assumendo quale riferimento per le tensioni la prima concatenata

V12 = V , 0 = V ,

le tre correnti di lato, essendo proporzionali alle tensioni concatenate secondo leimpedenze, valgono:

J12 = V12

Z = V

Z, J23 = V23

Z =

V , - 2π/3

Z , J31 = V31

Z =

V , - 4π/3

Z .

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242 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Pertanto, possiamo scrivere:

I1 = J12 - J31 = V12

Z - V31

Z = 1

Z V12 - V31 = 1

Z V - V cos 4

3 π + j V sen 4

3 π =

= VZ

1 + 12

- j 32

= VZ

32

- j 32

= J12 3 , - arctan 33

= J12 3 , - π6

.

Allo stesso modo verificate le relazioni (9.10) relative alle altre due correnti dilinea.

La Figura (9.13) riassume graficamente le relazioni espresse dalla (9.10); dovresteconfrontarla con cura con la Figura 9.7 per convincervi che le correnti di latogiocano il ruolo delle tensioni stellate, mentre quelle di linea corrispondono aquelle concatenate.

I1

I3

I2

J12

J23

J31

Figura 9.13: relazione tra le correnti di linea e di lato.

Esempio 2 - Tre resistori, con R = 190 Ω, sono collegati a triangolo e alimentatida una terna di tensioni concatenate con V12 = 380 V. Determinare le correnti dilinea.

Dalla Figura 9.12, assumendo che le tre generiche impedenze coincidano con i treresistori assegnati, segue che

J12 = V12

R = 380

190 A = 2 A → J23 = 2 , - 2

3 π , J31 = 2 , - 4

3 π .

Note le tre correnti di lato, possiamo agevolmente calcolare quelle di linea:

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243 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I1 = J12 - J31 = 2 - 2 cos 23

π - j sen 23

π = 3 - j 3 = 2 3 , - π6

;

I2 = 2 3 , - π6

- 23

π = 2 3 , - 56

π ;

I3 = 2 3 , - π6

- 43

π = 2 3 , - 32

π = 2 3 , π2

.

9.3 Collegamenti fra generatori e utilizzatori

Nel paragrafo appena terminato abbiamo appreso che, sia i generatori, sia icarichi, possono essere collegati a stella oppure a triangolo e che il quartoconduttore, il filo di neutro, può esserci o meno.

La Figura 9.14 riassume queste cose e riporta in maniera schematica i tre tipi dicollegamento possibili di generatori e carichi.

Collegamento a stella senza neutro

Collegamento a stella con neutro

Collegamento a triangolo

Figura 9.14: possibili collegamenti di generatori e carichi.

Nella Figura 9.15, invece, riportiamo le cinque possibili combinazioni trageneratori e carichi, disposizioni circuitali che, di qui a poco, esamineremo indettaglio, ma che, per il momento, riassumiamo:

1) collegamento stella-stella;2) collegamento stella-stella con neutro;3) collegamento stella-triangolo;4) collegamento triangolo-stella;5) collegamento triangolo-triangolo.

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244 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Per convenzione, abbiamo riportato a sinistra i generatori e a destra i carichi.Ognuno di questi collegamenti ha qualche aspetto di particolare interesse erappresenta un tipo di impianto che si può incontrare nelle applicazioni.

Collegamento stella-stella

Collegamento stella-stella con neutro

Collegamento stella-triangolo

Collegamento triangolo-stella

Collegamento triangolo-triangolo

Figura 9.15: possibili collegamenti tra generatori e carichi.

È chiaro, allora, che il collegamento di una stella di generatori con neutro non sipuò fare con un triangolo di impedenza: ci avanzerebbe un filo, quello di neutro,che non sapremmo proprio ... dove collegare!

9.4 Esame dei diversi tipi di configurazione

È giunto il momento di prendere in esame, in qualche dettaglio, i diversi tipi diconfigurazione e di collegamento descritti sommariamente nel precedenteparagrafo.

9.4.1 Collegamento stella-stella

Supponiamo ora di collegare i tre generatori a stella alle tre impedenze di caricosempre a stella, come mostrato in Figura 9.16

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245 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+−

+−

+−

E1

E2

E3

00'

1

2

3

Z1

Z2

Z3

I3

I2

I1

Figura 9.16: collegamento stella-stella senza filo di neutro.

Le tre tensioni di alimentazione siano simmetriche come quelle delle relazioni(9.2), mentre le tre impedenze possono anche essere diverse: ciò comporta che letre correnti non formano necessariamente una terna di correnti aventi lo stessomodulo e neppure sfasate di 120°. Il nostro scopo è di calcolare le correnti dilinea, note che siano le tensioni di alimentazione e le impedenze.

La differenza di potenziale tra i nodi 0 e 0' è la chiave di volta del problema: se laconoscessimo, potremmo calcolare agevolmente le tre correnti di linea. In realtà,già sappiamo come si possa calcolare: basta ricordare quanto detto nel primovolume sulla formula di Millman, che altro non era se non una applicazione delmetodo dei potenziali di nodo. Se non la ricordate, andate a riguardarla; senzaquesta formula, non riuscireste a comprendere sino in fondo gran parte delle coseche diremo.Dunque, per calcolare la differenza di potenziale V00' = V0 - V0', facciamo usodella formula di Millman:

V00' =

E1

Z1

+ E2

Z2

+ E3

Z3

1

Z1

+ 1

Z2

+ 1

Z3

= Y1 E1 + Y2 E2 + Y3 E3

Y1 + Y2 + Y3

, (9.11)

in cui, per rendere la notazione più comoda, abbiamo introdotto le tre ammettenze

Y1 = 1

Z1

, Y2 = 1

Z2

, Y3 = 1

Z3

.

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246 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La conoscenza di questa differenza di potenziale, detta spostamento del centrostella per motivi che tra un po’ vi saranno più chiari, rende il calcolo dellecorrenti di linea molto agevole. Se, infatti, vi aiutate con la Figura 9.17 e applicatela LKT, potete scrivere

V00' - E1 + Z1 I1 = 0 ,

da cui è facile ricavare la prima corrente di linea

I1 = E1 - V00'

Z1

= Y1 E1 - V00' . (9.12)

+−E1

00'

1 Z1

I1

+− V00'

Figura 9.17: calcolo della corrente I1.

Con un po’ di pazienza possiamo ora esplicitare ulteriormente la relazione (9.12).Sostituendo in essa l’espressione (9.11) che ci fornisce il valore della V00', avremo:

I1 = Y1 E1 - Y1 E1 + Y2 E2 + Y3 E3

Y1 + Y2 + Y3

= Y1 Y2 E1 - E2 + Y3 E1 - E3

Y1 + Y2 + Y3

.

Questa formula, stabilita con riferimento alla prima corrente, può esserenaturalmente estesa alle altre correnti di linea. Nel quadro che segue riportiamo ilvalore delle tre correnti che è sempre buona norma controllare con cura:

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247 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I1 = Y1 E1 - V00' = Y1

Y1 + Y2 + Y3

Y2 E1 - E2 + Y3 E1 - E3 ,

I2 = Y2 E2 - V00' = Y2

Y1 + Y2 + Y3

Y1 E2 - E1 + Y3 E2 - E3 ,

I3 = Y3 E3 - V00' = Y3

Y1 + Y2 + Y3

Y1 E3 - E1 + Y2 E3 - E2 .

(9.13)

Le formule (9.13) rappresentano tutto quanto ci serve per risolvere il nostroproblema; sembrano difficili da ricordare ma, come l’uso frequente suggerirà, èmolto facile trovare regole mnemoniche per ... tirarle fuori al momentoopportuno. Per convincervene, applichiamole in un caso particolare.

Esempio 3 - La rete trifase di figura è alimentata da una terna diretta di tensioni,aventi lo stesso valore efficace. Determinare le correnti di linea.

+−

+−

+−

00'

1

2

3

R

L

C

e1(t)

e2(t)

e3(t)

i3(t)

i2(t)

i1(t)

e1(t) = E 2 sen(ωt)e2(t) = E 2 sen(ωt - 2π/3)e3(t) = E 2 sen(ωt - 4π/3)

Si assuma che E = 20 V, ω = 1 krad/s, L = 1 mH, C = 1 mF, R = 1 Ω.

Cominciamo a calcolare le reattanze

XL = ω L = 1 Ω e XC = 1ω C

= 1 Ω ,

e, quindi, le tre ammettenze

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248 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Y1 = 1R

= 1 S , Y2 = 1j XL

= - j S , Y3 = 1- j XC

= j S .

Assumendo le relazioni (9.2) quale riferimento per le tensioni stellate,determiniamo la differenza di potenziale V00':

V00' = Y1 E1 + Y2 E2 + Y3 E3

Y1 + Y2 + Y3

= E1 - j E2 + j E3 =

= E + j E2

- E 32

- j E2

- E 32

= E 1 - 3 = - 20 3 - 1 V .

Da essa ricaviamo, allora, le tre correnti:

I1 = Y1 E1 - V00' = 20 3 A ,

I2 = Y2 E2 - V00' = 10 - 3 + j 1 - 2 3 A ,

I3 = Y3 E3 - V00' = 10 - 3 - j 1 - 2 3 A .

La tabella precedente è stata stabilita in condizioni generali di alimentazione e dicarico. Tuttavia, la prima domanda che ci viene in mente è la seguente: assumendouna terna di alimentazione simmetrica, come si semplificano nel caso particolaredi tre impedenze di carico uguali?

Ebbene, se assumiamo che

Z1 = Z2 = Z3 = Z ovvero Y1 = Y2 = Y3 = Y ,

la formula (9.11) diventa:

V00' = Y3 Y

E1 + E2 + E3 = E1 + E2 + E3

3 .

Essendo la terna di alimentazione simmetrica, per cui

E1 + E2 + E3 = 0 ,

concludiamo che i due nodi 0 e 0' sono allo stesso potenziale e

V00' = 0 .

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249 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Questo risultato ci consente di semplificare le espressioni delle correnti di linea:

I1 = Y E1 = E1

Z, I2 = Y E2 = E2

Z , I3 = Y E3 = E3

Z . (9.14)

Proviamo a leggere il risultato espresso dalle tre relazioni (9.14). La primacorrente di linea I1 è determinata dalla sola tensione E1 (e ovviamentedall’impedenza); se volete, la prima tensione imposta dal generatore ‘cade’ tuttasulla impedenza della prima linea. Allo stesso modo, le altre due tensioniriguardano solo le impedenze delle linee omologhe. È, per certi versi, come seavessimo a che fare con tre circuiti ‘monofase’ indipendenti. Questa osservazioneci tornerà utile nel prossimo paragrafo quando spiegheremo l’uso del filo dineutro.Inoltre, delle tre relazioni (9.14) si può dare una efficace rappresentazionegrafica, riportata in Figura (9.18).

E1

E2

E3

0

ϕ

ϕϕ

Z = Z , ϕ

Ι3

Ι1

Ι2

Figura 9.18: tensioni di alimentazione e correnti di linea in una linea equilibrata.

Osservate con attenzione questa figura: in essa trovate le tre tensioni dialimentazione, che formano una terna simmetrica, e le tre correnti di linea, checostituiscono una terna equilibrata. Ciascuna corrente, rispetto alla corrispondentetensione, è, nel caso scelto come esempio, in ritardo dello stesso angolo ϕ cherappresenta proprio la fase dell’impedenza.Qualora le tre impedenze non fossero uguali, sempre ammesso che le tensioni dialimentazione siano una terna simmetrica, il diagramma fasoriale si modificacome mostrato in Figura 9.19.

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250 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

E1

E2

E3

0ϕ1ϕ2

ϕ3 Ι3

Ι2

Ι1

Figura 9.19: tensioni di alimentazione e correnti di linea in una linea squilibrata.

Le tre correnti non hanno più lo stesso valore efficace, e nemmeno l’angolorelativo tra tensione e corrente della stessa linea è lo stesso per le tre fasi. Inoltre,la differenza di potenziale V00' non è più nulla e le tre tensioni sui carichi V10, V20

e V30 non costituiscono più una terna simmetrica di tensioni, come indica la Figura9.20.

E1

E2

E3

0

0'

V10

V20

V30

V00'

1

2

3

Figura 9.20: interpretazione dello spostamento del centro stella.

Da questa figura si capisce l’origine del nome di V00': spostamento del centrostella. Se il carico è costituito da tre impedenze diverse, il centro 0 della stelladelle tre tensioni di alimentazione è diverso da quello 0' delle tre tensioni suicarichi, e la tensione V00' rappresenta proprio lo spostamento tra questi due centristella. Ricordiamo ancora una volta che, se le tre impedenze di carico sono uguali,le due terne coincidono.

Da quanto precede, si può concludere che il collegamento in esame non èconsigliabile con carichi non equilibrati poiché, quanto più squilibrato è il sistema,

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251 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

tanto più grande è la V00' rispetto alle tensioni di fase, e dunque le tensioni sulleimpedenze

V10 = E1 - V00' , V20 = E2 - V00' , V30 = E3 - V00' ,

sono sempre più dissimetriche. Come discuteremo più in dettaglio nel prossimoparagrafo, questo squilibrio non è gradito nel progetto di un buon impianto didistribuzione che, se ben fatto, dovrebbe alimentare le tre impedenze di carico conuna terna simmetrica.

Esempio 4 - La terna simmetrica diretta di tensioni stellate, di valore efficaceE = 220 V, alimenta tre resistenze uguali, di valore R = 10 Ω.

+−

+−

+−

E1

E2

E3

00'

1

2

3

I3

I2

I1

R

R

R

• Determinare le tre correnti di linea.

Il carico è costituito da tre resistenze uguali e, pertanto, lo spostamento del centrostella è nullo. In questa situazione, la prima tensione E1 insiste tutta sulla resistenzadella prima linea, la seconda tensione E2 su quella della seconda linea, la terzatensione E3 su quella della terza linea. Allora:

I1 = E1

R = 22 , 0 , I2 = E2

R = 22 , - 2

3 π , I3 = E3

R = 22 , - 4

3 π .

(Verificate, per esercizio, che la somma di queste tre correnti è identicamentenulla).

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252 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

• A causa di un guasto, la seconda linea si interrompe. Determinare lo spostamentodel centro stella.

+−

+−

+−

E1

E2

E3

00'

1

2

3

I3

I1

R

R

RI2 = 0

In questa nuova situazione, la conduttanza della seconda linea è nulla (se vi piacedi più, potete anche dire che la resistenza, a causa del guasto, diventa infinita).Allora, la corrente I2 è zero e, pertanto, posto G = 1/R, risulta:

V00' = G E1 + 0 E2 + G E3

G + 0 + G = E1 + E3

2 = - E2

2 .

Sostituendo i valori numerici assegnati e usando le (9.2), otteniamo:

V00' = - E2

cos 23

π + j E2

sen 23

π = 110 + j 55 3 V .

9.4.2 Collegamento stella-stella con neutro

La presenza del filo di neutro impone che, per questo tipo di collegamento, siasempre verificata la condizione:

V00' = 0 .

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253 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+−

+−

+−

E1

E2

E3

00'

1

2

3

Z1

Z2

Z3

I3

I2

I1

I0

Figura 9.21: collegamento stella-stella con neutro.

Ciò porta come naturale conseguenza che le tensioni ai capi delle singoleimpedenze siano uguali alle tensioni di fase imposte dai generatori, che, come piùvolte sottolineato, sono generalmente simmetriche. Inoltre, le correnti di linea,ove si tenga conto della precedente relazione, si calcolano immediatamente:

I1 = E1

Z1

, I2 = E2

Z2

, I3 = E3

Z3

.

Infine, la corrente del neutro, in forza della LKC al nodo 0' (oppure 0), vale:

I0 = - I1 - I2 - I3 = - E1

Z1

- E2

Z2

- E3

Z3

= - Y1 E1 - Y2 E2 - Y3 E3 . (9.15)

Esempio 5 - La rete trifase di figura è alimentata da una terna simmetrica direttadi tensioni di valore efficace E = 220 V. Assumendo R = 100 Ω, L = 0.11 H,C = 1 mF e ω = 100 rad/s, determinare la corrente di neutro i0(t).

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254 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+−

+−

+−

00'

1

2

3

R

L

C

e1(t)

e2(t)

e3(t)

i3(t)

i2(t)

i1(t)

i0(t)

Se rappresentiamo le tre tensioni del generatore per mezzo della terna

E1 = 220 , 0 = 220 ,

E2 = 220 , - 23

π = 220 cos 23

π - j 220 sen 23

π = - 110 - j 110 3 ,

E3 = 220 , - 43

π = 220 cos 43

π + j 220 sen 43

π = - 110 + j 110 3 ,

possiamo ottenere facilmente ottenere le correnti delle tre linee

I1 = E1

R = 2.2 A ,

I2 = E2

j ω L = - 110 - j 110 3

11 j = 10 - 3 + j A ,

I3 = j ω C E3 = - 110 + j 110 3- 10 j

= - 11 3 + j A ,

e da esse la corrente del neutro

I0 = - I1 - I2 - I3 = - 2.2 + 10 3 - 10 j + 11 3 + 11 j = 21 3 - 2.2 + j =

≅ 34.19 , arctan 121 3 - 2.2

≅ 34.19 , 0.02925 .

Ritornando alle funzioni sinusoidale, infine, risulta:

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255 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

i0(t) ≅ 34.19 2 sen(100 t + 0.02925) .

Il collegamento in esame è adatto nel caso di carichi aventi una certa probabilità disquilibrio. In tal modo, siamo sicuri che le tensioni sui carichi hanno tutte lo stessovalore efficace, anche se le impedenze sono diverse tra loro. Un esempio tipico siha negli impianti elettrici degli edifici civili: in ogni appartamento entrano duefili, il neutro e un altro filo. Questo secondo filo risulta quello della fase 1 per unterzo degli appartamenti dell’edificio, quello della fase 2 per un altro terzo, quellodella fase 3 per l’ultimo terzo. Se anche il gruppo di appartamenti serviti da unafase presenta un carico squilibrato rispetto a un altro gruppo (evento assaiprobabile), la tensione fra i due fili in arrivo in ogni alloggio (ricordate che unodella coppia è sempre il neutro) non varia il suo valore efficace. Quanto piùpronunciato è lo squilibrio, tanto più grande sarà la corrente di neutro I0, secondoquanto si deduce dalla formula (9.15).

9.4.3 Collegamento stella-triangolo

In questo caso supponiamo che siano assegnate le tre tensioni di fase dei generatorie le tre impedenze che costituiscono il carico a triangolo.

+−E1

E2

E3

0'

1

3

V12

V23

I1

I2

I3

J12

J23

J31

+

−+

2+−

+−

Z1

Z2

Z3

Figura 9.22: collegamento stella-triangolo.

Per determinare le correnti di linea, è opportuno innanzitutto valutare le tretensioni concatenate, dalle quali si deducono agevolmente le correnti di lato:

J12 = V12

Z1

, J23 = V23

Z2

, J31 = V31

Z3

.

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256 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Le correnti di linea si ricavano applicando le LKC ai nodi 1, 2 e 3, secondo lerelazioni:

I1 = J12 - J31 , I2 = J23 - J12 , I3 = J31 - J23 .

Esempio 6 - La rete trifase di figura è alimentata da una terna simmetrica direttadi tensioni stellate di valore efficace E = 110 V. Determinare le correnti di linea,assumendo che XC = 11 3 Ω.

+−E1

E2

E3

0'

1

3

V12

V23

I1

I2

I3

J12

J23

J31

+

−+

2+−

+−

XC

XC

XC

Assumendo, come di consueto, quale riferimento per le fasi la prima tensione delgeneratore, stante le relazioni (9.5), le tre tensioni concatenate sono pari a:

V12 = 110 3 , π6

= 110 32

+ j 32

V ,

V23 = 110 3 , - π2

= - j 110 3 V ,

V31 = 110 3 , 56

π = 110 - 32

+ j 32

V .

Note le tre tensioni concatenate, le correnti di fase discendono immediatamente:

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257 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

J12 = V12

- j XC =

110 3 , π6

11 3 , - π2

= - 5 1 - j 3 A ,

J23 = V23

- j XC =

110 3 , - π2

11 3 , - π2

= 10 A ,

J31 = V31

- j XC =

110 3 , 56

π

11 3 , - π2

= - 5 1 + j 3 A .

Infine, applicando la LKC al nodo 1, otteniamo la prima corrente di linea

I1 = J12 - J31 = - 5 + 5 j 3 + 5 + 5 j 3 = 10 j 3 A ,

e similmente le altre due. Volendo ricavare le sole correnti di linea, si sarebbeanche potuto operare la trasformazione del triangolo di impedenze in stella e poiprocedere come mostrato in precedenza.

9.4.4 Collegamento triangolo-stella

In questo caso, si può trasformare la stella delle impedenze degli utilizzatori neltriangolo equivalente. Dato che i generatori sono a triangolo, si conoscono già latensioni concatenate e si può procedere come mostrato nel paragrafo precedente.

+

+

V12

V23

V31

+

1

2

3

0

Z1

Z2

Z3I3

I2

I1

Figura 9.23: collegamento triangolo-stella.

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258 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Si potrebbe anche trasformare il triangolo di generatori in stella, secondo leformule (9.8), e operare come nel caso del collegamento stella-stella.

Esempio 7 - Determinare la prima corrente di linea. Si assuma V12 = 25 3 V eR = 5 Ω.

1

2

3

V12

V23

I1

I2

I3

+

−+

0

R

R

R

In questo esempio non vengono assegnate le tre tensioni stellate del generatore madirettamente le concatenate. Se rivedete le formule (9.8) nel caso particolareα = 0, risolverete senza difficoltà l’esempio, trovando:

I1 = 5 , - π6

.

Quanto valgono le altre correnti di linea? E poi, la LKC al nodo 0 è verificata?

9.4.5 Collegamento triangolo-triangolo

Come operare in questo tipo di collegamento discende dalle cose dette inprecedenza. Vi facciamo soltanto osservare che i generatori ci forniscono i valoridelle tensioni concatenate, per mezzo dei quali calcoliamo rapidamente le correntidei lati del triangolo di impedenze, note le quali è poi facile risalire a quelle dilinea.

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259 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+

+

V12

V23

V31

+

1

2

3

I3

I2

I1 J12

J23

J31

Z3

Z2

Z1

Figura 9.24: collegamento triangolo-triangolo.

Come sempre un esempio vale più di mille parole.

Esempio 8 - Assumendo V12 = 380 V e R = XL = 19 Ω, determinare la primacorrente di linea.

1

2

3

V12

V23

I1

I2

I3

+

−+

R

XL

R J31

J12

J23

La prima cosa da osservare nell’esempio proposto è che la tensione concatenata trala prima e la seconda linea viene assegnata non solo in valore efficace, ma anche infase (in particolare, la si assume a fase nulla). Pertanto, dato che

I1 = J12 - J31 ,

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260 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

per determinare la prima corrente di linea, dobbiamo calcolare le due correnti difase. Risulta, allora:

J12 = V12

R = 20 A ,

J31 = V31

j XL =

380 , - 43

π

19 , π2

= 20 , - 116

π = 20 , π6

= 10 3 + j A .

In definitiva, la corrente della prima linea vale:

I1 = 10 1 - 3 - j A .

Completate l’esempio determinando le correnti nella altre due linee e verificandoche la somma delle tre correnti di linea è identicamente nulla.

9.5 Un primo vantaggio dei sistemi trifasi

Giunti a questo punto della trattazione, dopo aver introdotto le terne di tensioni ecorrenti ed aver studiato tutti i possibili collegamenti tra generatori e carichi, illettore più attento si sarà certamente domandato quali siano i veri vantaggi deisistemi trifasi. Per comprenderli a fondo, dobbiamo discutere delle potenze messein gioco; in questo paragrafo cominceremo a discutere la questione, mostrando unprimo vantaggio che si può ottenere.

Consideriamo la rete trifase mostrata in Figura 9.25. Si tratta, come ormaidovrebbe esservi ben chiaro, della solita terna simmetrica di tensioni stellate chealimenta un generico carico trifase equilibrato, indicato con M in figura.

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261 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

+−

+−

+−

0'

1

2

3

e1(t)

e2(t)

e3(t)

i3(t)

i2(t)

i1(t)

M

[neutro] i0(t)

Figura 9.25: carico equilibrato alimentato da una terna simmetrica di tensioni.

Potete pensare il carico M come volete; se vi fa piacere, immaginate vi siano treimpedenze collegate a stella oppure a triangolo. Una cosa è certa: il carico Mverrà supposto equilibrato. La presenza del neutro, tratteggiato in figura esupposto conduttore elettrico perfetto, non è essenziale per la discussione chesegue.Quale che sia il tipo di carico che avete immaginato, la potenza istantanea fornitadai generatori, che rappresenta proprio tutta quella assorbita dal carico, vale:

p(t) = e1(t) i1(t) + e2(t) i2(t) + e3(t) i3(t) . (9.16)

Ricordiamo che la terna di tensioni è simmetrica e, pertanto,

e1(t) = E 2 sen(ω t) ,

e2(t) = E 2 sen(ω t - 2π/3) ,

e3(t) = E 2 sen(ω t - 4π/3) ,

mentre la terna di correnti è pari a

i1(t) = I 2 sen(ω t - ϕ) ,

i2(t) = I 2 sen(ω t - 2π/3 - ϕ) ,

i3(t) = I 2 sen(ω t - 4π/3 - ϕ) ,

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262 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

in cui il valore efficace I e la fase ϕ dipendono da come è realizzato il carico (sidice anche, più sinteticamente, che dipendono dal tipo di carico). Stando così lecose, la potenza istantanea risulterà:

p(t) = 2 E I sen(ω t) sen(ω t - ϕ) + 2 E I sen ω t - 2π3

sen ω t - 2π3

- ϕ +

+ 2 E I sen ω t - 4π3

sen ω t - 4π3

- ϕ . (9.17)

Ci conviene, a questo punto, applicare, per tre volte di seguito, la relazionetrigonometrica secondo la quale il prodotto di due funzioni seno si puòtrasformare nella somma di due funzioni coseno:

2 sen a sen b = cos(a - b) + cos(a + b) .

Applicandola al nostro caso, la (9.17) diventa:

p(t) = 3 E I cos ϕ - E I cos(2ω t - ϕ) - E I cos 2ω t - ϕ - 4π3

+

- E I cos 2ω t - ϕ - 8π3

.(9.18)

La formula (9.18) è composta da due termini:

- il termine costante

P = 3 E I cos ϕ ,

che non dipende dal tempo;

- il termine variabile

p0(t) = - E I cos(2ωt - ϕ) + cos(2ωt - ϕ - 4π/3) + cos(2ωt - ϕ - 8π/3) .

che sembra dipendere dal tempo.

Abbiamo usato l’espressione ‘sembra dipendere dal tempo’ perché, come tra unmomento vedremo nel dettaglio, il secondo termine è nullo. Se pensate, infatti, diriscrivere questo termine dopo avere posto α = 2ωt - ϕ ed aver osservato che

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263 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

- 83

π = - 2 π - 23

π ,

otterrete la quantità:

- p0(t)E I

= cos α + cos(α - 4π/3) + cos(α - 2π/3) .

Ora, è facile convincersi che è nulla dal momento che questa ultima quantità puòinterpretarsi come la somma di tre fasori, di stesso valore efficace, sfasati di 120°;una tale somma, come certamente ricorderete, è nulla.

Tornando alla potenza istantanea assorbita dal carico (9.18), possiamo concludereche

p(t) = 3 E I cos ϕ ,

cioè che essa non varia nel tempo. E questo è proprio il primo grande vantaggiodei sistemi trifase rispetto a quelli monofase perché, se andate a rivedere quantodetto a proposito della potenza in regime sinusoidale monofase, scoprirete che essaera composta di due termini: uno costante, che rappresentava la potenza media,l’altro oscillante con pulsazione doppia e a valor medio nullo in un periodo.

Un carico trifase equilibrato, dunque, assorbe una potenza istantanea costante neltempo, potenza che coincide anche con il suo valor medio. Concludiamo che, inquesto caso, essendo assenti termini oscillanti, possiamo scrivere:

p(t) = 3 E I cos ϕ = P . (9.19)

Il termine oscillante, presente nel caso monofase, rappresentava un inutileimpegno della sorgente a fornire un’energia al carico, energia che in certi istantiera fornita dalla sorgente al carico, in altri ritornava dal carico alla sorgente, mache, in ogni caso, rappresentava un inutile impegno. Questa energia ‘fluttuante’ nelcaso trifase è scomparsa e la sorgente trifase non viene inutilmente impegnata afornirla.

Prima di concludere questo paragrafo un’ultima osservazione va fatta.La formula (9.19) ci fornisce la potenza media assorbita da un carico trifaseequilibrato. In essa la fase ϕ rappresenta l’angolo che la generica tensione di fase

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264 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

forma con la corrispondente corrente di linea. Le tensioni concatenate non entranoin questo computo di angoli.Questa formula, d’abitudine, si trova anche scritta con riferimento al valoreefficace della tensione concatenata V = E 3, nella forma:

p(t) = 3 V I cos ϕ = P .

È solo una questione di comodità di uso. Tuttavia la fase ϕ è la stessa appena detta:angolo tra tensione di fase e corrente di linea corrispondente. Tenetelo bene inmente.

Esempio 9 - Determinare la potenza istantanea assorbita dalla rete trifasemostrata in figura. Si supponga di alimentare la rete con una terna simmetricadiretta di tensioni stellate di valore efficace E = 220 V e che R = 50 Ω.

+−

+−

+−

00'

1

2

3

R

R

R

e1(t)

e2(t)

e3(t)

i3(t)

i2(t)

i1(t)

La rete assegnata è simmetrica ed equilibrata e, pertanto, la prima tensione delgeneratore è tutta sulla resistenza della prima linea e così via per le altre due. Ciòvuol dire che

i1(t) = e1(t)R

, i2(t) = e2(t)R

, i3(t) = e3(t)R

.

Le potenze istantanee assorbite dalle tre resistenze valgono

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265 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

p1(t) = R i12(t) = e1

2(t)R

= 2 E2

R sen2(ωt) = E

2

R 1 - cos(2ωt) ,

p2(t) = R i22(t) = e2

2(t)R

= 2 E2

R sen2(ωt - 2π/3) = E

2

R 1 - cos(2ωt - 4π/3) ,

p3(t) = R i32(t) = e3

2(t)R

= 2 E2

R sen2(ωt - 4π/3) = E

2

R 1 - cos(2ωt - 8π/3) ,

in cui abbiamo usato la relazione trigonometrica

sen2(ωt) = 1 - cos(2ωt)2

.

La potenza istantanea, somma delle tre precedenti potenze, risulta

p1(t) = 3 E2

R - E

2

R cos(2ω t) + cos 2ω t - 4π

3 + cos 2ω t - 8π

3 = 3 E

2

R = 2904 W .

che, come sappiamo dalla teoria appena svolta, coincide con il solo terminecostante. Tuttavia, volendo verificare che il termine fluttuante è nullo per ogniistante di tempo, possiamo procedere in maniera diversa da come proposto inquesto paragrafo, usando le formule di addizione della funzione coseno. In altritermini, è facile verificare quanto segue:

cos(2ω t) + cos(2ω t - 4π/3) + cos(2ω t - 8π/3) = cos(2ω t) 1 + cos(4π/3) + cos(8π/3) + sen(2ω t) sen(4π/3) + sen(8π/3) = = cos(2ω t) 1 - 1

2 - 1

2 + sen(2ω t) 3

2 - 3

2 = 0 .

In tal modo, abbiamo verificato, almeno in un caso particolare, che il termine dipotenza fluttuante è nullo in maniera, leggermente diversa, da quanto propostonella spiegazione generale fornita.

9.6 Potenze nei sistemi trifasi

Siamo ora pronti a parlare in maniera più completa della potenza assorbita da unsistema trifase. Per farlo, cominciamo coll’osservare la Figura 9.26 in cuiabbiamo disegnato, quale esempio, un carico costituito da tre impedenze diversecollegate a stella.

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266 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

La potenza complessa assorbita dal questo carico coincide con quella assorbitadalle tre impedenze, sicché si può scrivere come la somma dei tre termini:

P = P + j Q = V10 I1 *

+ V20 I2 *

+ V30 I3 *

. (9.20)

È pure evidente che la parte reale della potenza complessa (9.20) coincide con lapotenza attiva, quella che abbiamo calcolato facendo il valor medio nel paragrafoprecedente, e che la parte immaginaria definisce la potenza reattivacomplessivamente assorbita dal carico trifase. Le considerazioni che stiamo perfare, comunque, si adattano naturalmente anche al caso di un carico a triangolodato che la trasformazione triangolo-stella ci consente di trasformare un cariconell’equivalente altro.

1

2

3

I1

I2

I3

0

Z1

Z2

Z3 P = V10 I1 * + V20 I2

* + V30 I3 *

Figura 9.26: carico trifase descritto nel dominio dei fasori.

Come sempre cominciamo con un esempio.

Esempio 10 - Determinare la potenza complessa assorbita dal carico trifasemostrato in figura, alimentato da una terna simmetrica diretta di tensioni.

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267 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

1

2

3

V12

V23

I1

I2

I3

+

−+

0

R

R R = 19 Ω XL = XC = 20 Ω V12 = 380 V

XL

XC

Vale la pena notare, innanzitutto, due cose:

• la tensione concatenata tra le linee 1 e 2 ci è stata assegnata in modulo e fase;• l’uguaglianza delle due reattanze comporta che la terza linea sia un circuitoaperto.

Da queste osservazioni scaturisce il circuito semplificato mostrato nella figuraseguente, in cui viene messo in evidenza che la corrente della terza linea è nulla.

1

2

3

V12

V23

I1

I2

+

−+

0

R

R

I3 = 0

Ora, applicando la LKT alla maglia costituita dalle prime due linee e la LKC alnodo 0, risulta:

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268 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

V12 = R I1 - R I2 e I1 = - I2 .

Da queste equazioni discende immediatamente che

I1 = - I2 = V12

2R = 10 A .

Pertanto la potenza complessa è pari a

P = P + j Q = V10 I1 *

+ V20 I2 *

+ V30 I3 *

= V10 - V20 I1 *

=

= V1 - V0 - V2 + V0 I1 *

= V12 I1 *

= V12 V12

*

2R = V12

2

2R = 3800 W .

La risonanza nel parallelo L-C comporta che la potenza complessa sia un numeroreale e che, quindi, vi sia solo assorbimento di potenza attiva da parte del carico.

Come si può misurare la potenza assorbita da un generico sistema trifase?

Per approfondire il problema della misura della potenza trifase, è necessariodistinguere il caso in cui il centro della stella di impedenze che costituisce il caricosia accessibile da quello in cui il centro stella non è accessibile. Nel primo caso,infatti, possiamo fisicamente arrivare al punto comune alle tre impedenze; nelsecondo non possiamo arrivarci e, come vedremo tra un momento, dobbiamo inqualche maniera ricostruirlo. Ma procediamo con ordine e distinguiamo i due casi.

9.6.1 Centro stella accessibile

Se il centro stella delle tre impedenze è accessibile, la misura della potenza attivaassorbita dal carico trifase si può eseguire come mostrato in Figura 9.27. I trewattmetri misurano, ciascuno, la potenza attiva assorbita dalla impedenza di lineain cui sono inseriti. Il primo wattmetro, ad esempio, misura la potenza attivaassorbita dall’impedenza ohmico-induttiva Z1 = R1 + j X1, che vale

P1 = R1 I12 = V10 I1 cos ϕ10 ,

in cui l’angolo ϕ10 rappresenta la fase relativa tra la tensione V10 e la corrente I1.

Stesse considerazioni potete ripetere per le altre due impedenze.

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269 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Notate pure come il punto comune delle voltmetriche dei tre wattmetri, indicatocon U in figura, coincida con il centro stella 0 delle impedenze.

1

2

3

I1

I2

I3

0

Z1

Z2

Z3

+

W+

+

W+

+

W+

W1

W2

W3

U

Figura 9.27: misura della potenza attiva nel caso di centro stella accessibile.

1

2

3

I1

I2

I3

0

Z1

Z2

Z3

++

++

++

Var3

Var2

Var1

U

Figura 9.28: misura della potenza reattiva nel caso di centro stella accessibile.

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270 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Se disponessimo di tre varmetri, cioè di tre strumenti che misurano la potenzareattiva, potremmo usare lo stesso schema discusso con i wattmetri. In Figura 9.28tre varmetri vengono utilizzati per effettuare una misura della potenza reattivaassorbita dal carico trifase. Notate che un varmetro, se esistesse, sarebbe unostrumento a quattro terminali, proprio come un wattmetro. Con i simboli appenaintrodotti, Var1 misura, ad esempio, la potenza reattiva assorbita dalla primaimpedenza:

Q1 = X1 I12 = V10 I1 sen ϕ10 .

Riassumendo, gli schemi mostrati nelle Figure 9.27 e 9.28 suggeriscono che

P = W1 + W2 + W3 = V10 I1 cos ϕ10 + V20 I2 cos ϕ20 + V30 I3 cos ϕ30 ,

Q = Var1 + Var2 + Var3 = V10 I1 sen ϕ10 + V20 I2 sen ϕ20 + V30 I3 sen ϕ30 .

9.6.2 Centro stella inaccessibile

Supponiamo, ora, che il centro stella sia inaccessibile, come accade nella maggiorparte dei casi.

1

2

3

I1

I2

I3

0

Z1

Z2

Z3

+

W+

+

W+

+

W+

W1

W2

W3

U

Figura 9.29: misura della potenza attiva nel caso di centro stella inaccessibile.

Lo schema mostrato in Figura 9.29 delinea una possibile strategia di misura dellapotenza attiva. Analoghe considerazioni si possono fare nel caso della potenza

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271 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

reattiva, e, per questo motivo, nelle deduzioni che seguono parleremo sempredella potenza complessa.La somma delle indicazioni dei tre wattmetri di Figura 9.29 e degli eventuali trevarmetri sistemati allo stesso modo ci fornisce la seguente potenza complessa:

P = V1U I1 *

+ V2U I2 *

+ V3U I3 *

. (9.21)

Ora, dato che le tre tensioni sono riferite al nodo comune U, esse possonoscriversi come differenze di potenziale rispetto a questo nodo:

V1U = V1 - VU , V2U = V2 - VU , V3U = V3 - VU .

Sostituendo nell’espressione della potenza complessa, risulta che

P = V1 - VU I1 *

+ V2 - VU I2 *

+ V3 - VU I3 *

=

= V1 I1 *

+ V2 I2 *

+ V3 I3 *

+ I1 *

+ I2 *

+ I3 *

VU .

Dato che stiamo considerando un sistema trifase senza neutro, la somma delle trecorrenti di linea è nulla e l’espressione precedente si può semplificare:

P = V1 I1 *

+ V2 I2 *

+ V3 I3 *

.

Proprio il fatto che la somma delle tre correnti di linea è nulla ci consente anchedi scrivere pure che

P = V1 I1 *

+ V2 I2 *

+ V3 I3 *

- I1 *

+ I2 *

+ I3 *

V0 ,

in cui V0 rappresenta il potenziale del centro della stella di impedenze. Ma allora ilgioco è fatto poiché quest’ultima relazione può essere riscritta nella forma

P = V1 - V0 I1 *

+ V2 - V0 I2 *

+ V3 - V0 I3 *

. (9.22)

dalla quale appare con chiarezza che la misura (9.21) ci fornisce proprio lapotenza complessa assorbita dal carico trifase. La formula (9.22) si commentadicendo che se il centro stella risulta inaccessibile ... si crea ‘artificialmente’ e lamisura della potenza assorbita risulta comunque possibile.

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272 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Le considerazioni precedenti sono state sviluppate in tutta generalità; il punto U,comune ai tre wattmetri, è un punto qualsiasi e nulla ci vieta di considerarloproprio su una delle tre linee. Ad esempio, in Figura 9.30, il punto U è stato sceltosulla terza linea e questa scelta rende inutile l’uso del terzo wattmetro chefornirebbe sempre indicazione nulla dato che la tensione ai suoi capi è nulla.Quando i wattmetri sono usati in questa configurazione, si dice che abbiamorealizzato un’inserzione Aron (dal nome dello studioso che per primo la propose).Dunque, due strumenti indicatori (wattmetri o varmetri che siano) sonoeffettivamente necessari per eseguire misure su sistemi trifasi qualsiasi. Nelprossimo paragrafo mostreremo come, per mezzo di un’inserzione Aron, se ilsistema è equilibrato possiamo conoscere anche la potenza reattiva usando soltantodue wattmetri.

1

2

3

I1

I2

I3

0

+

W+

+

W+

W1

W2

Z1

Z2

Z3

Figura 9.30: inserzione Aron.

9.6.3 Sistema trifase equilibrato

Se il carico è equilibrato, le precedenti considerazioni possono ulteriormentesemplificarsi. Innanzitutto, la formula generale (9.20), detta Z l’impedenza dicarico, diventa:

P = P + j Q = V10 I1 * + V20 I2

* + V30 I3 * = Z I1 I1

* + Z I2 I2 * + Z I3 I3

* =

= Z I12 + Z I2

2 + Z I32 = 3 Z I2 ,

in cui I è il valore efficace comune alle tre correnti. Se l’impedenza di carico èposta nella forma (peraltro generale)

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273 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Z = Z , ϕ = Z (cos ϕ + j sen ϕ) ,

la relazione precedente, considerando separatamente la parte reale e la parteimmaginaria, ci fornisce le due relazioni

P = 3 Z I2 cos ϕ = 3 E I cos ϕ ,

Q = 3 Z I2 sen ϕ = 3 E I sen ϕ ,

di uso assai frequente, in cui si è posto E = Z I.

Esempio 11 - Un motore è alimentato da una terna simmetrica di tensionistellate. Determinare le correnti di linea.

1

3

2

I3

I1

I2

+−

+−

+−

0' M

E1

E2

E3

E1 = 220 V

PM = 3 kW

QM = 1 kVar

Prima di iniziare a risolvere il quesito proposto, vale la pena notare che la primatensione stellata ci viene assegnata in modulo, E = 220 V, e fase (nulla). Inoltre,non sappiamo come è fisicamente costruito il motore, ma sappiamo che assorbeuna data potenza attiva ed una reattiva, che, essendo positiva, ci informa che sitratta di un carico ohmico-induttivo. Detto ciò, dalle relazioni generali

PM = 3 E I cos ϕM e QM = 3 E I sen ϕM ,

si ricava immediatamente il valore della fase ϕM:

tan ϕM = QM

PM = 1

3 → ϕM = π

6 .

Allora, il comune valore efficace delle correnti di linea risulta pari a

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274 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I = PM

3 E cosϕM = 1000 3

3 220 32

A = 10033

A = 3.03 A ,

e, pertanto, ricordando che la prima corrente è in ritardo di π/6 rispetto allacorrispondente tensione stellata e che le altre due correnti sono in ritardo rispettoalla prima di 2π/3, potremo scrivere:

I1 = I , - π6

, I2 = I , - 56

π , I3 = I , π2

.

Come potete controllare da soli, la somma di queste tre correnti è nulla in forzadella LKC al nodo 0', e il diagramma fasoriale che le rappresenta è mostrato nellafigura che segue.

0

I1I2

I3

α

E1

α = π6

α

Le precedenti considerazioni sulla misura della potenza, nel caso di un caricoequilibrato, risultano molto semplificate. Osservate la Figura 9.31.

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275 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

1

2

3

I1

I2

I3

0

+

W+

+

W+

W1

W2

Z

Z

Z

Figura 9.31: inserzione Aron su un sistema equilibrato.

La somma delle indicazioni dei due wattmetri in inserzione Aron, come sappiamo,ci forniscono la potenza attiva; ciò che non sappiamo è che la loro differenzarisulta proporzionale alla potenza reattiva assorbita dal carico trifase.In maniera più formale, possiamo dire che la somma delle indicazioni dei duewattmetri fornisce la potenza attiva complessivamente assorbita dal carico:

P = W1 + W2 . (9.23)

In realtà, se riflettete bene, anche un solo wattmetro sarebbe sufficiente per lamisura della potenza attiva. Provate a scoprire da soli il motivo.

Per la misura della potenza reattiva, consideriamo, invece, la differenza:

Q = 3 W1 - W2 . (9.24)

Per verificare le due ultime relazioni (9.23) e (9.24), dobbiamo investigare benele relazioni di fase che intercorrono tra le tensioni concatenate e le correnti dilinea. Allo scopo seguite, aiutandovi con la Figura 9.32, il ragionamento relativoal primo elemento della terna (gli altri si otterranno per successivi sfasamenti di120°).

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276 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

E1

V12

I1

ϕπ/6

Figura 9.32: tensione concatenata e corrente della prima linea.

Senza perdere di generalità, supponiamo che il carico sia di tipo ohmico-induttivo.Allora, la tensione stellata E1 è in anticipo rispetto alla corrente di linea I1 propriodell’angolo ϕ dell’impedenza Z. Inoltre, sempre la stellata E1 è in ritardo rispettoalla concatenata V12 di un angolo pari a π/6 radianti, cioè 30°. Concludiamo che laconcatenata V12 è in anticipo rispetto alla corrente della prima linea I1 di un angolopari a ϕ + π/6. Ciò comporta che, se assumiamo quale riferimento per le fasiproprio la tensione concatenata V12, possiamo scrivere:

V12 = V , 0 , V23 = V , - 23

π , V31 = V , - 43

π ;

I1 = I , - ϕ - π6

, I2 = I , - ϕ - π6

- 23

π , I3 = I , - ϕ - π6

- 43

π .

Se poi ricordate che l’indicazione di un wattmetro consiste nel prodotto del valoreefficace della tensione rilevata dai morsetti voltmetrici per il valore efficace dellacorrente rilevata ai morsetti amperometrici per il coseno della loro fase relativa,otterrete senza alcuna difficoltà:

W1 = V I cos - π3

+ ϕ + π6

= V I cos ϕ - π6

= V I 3

2 cos ϕ + 1

2 sen ϕ ;

W2 = V I cos - 23

π + ϕ + π6

+ 23

π = V I cos ϕ + π6

= V I 3

2 cos ϕ - 1

2 sen ϕ .

Se ora sommate membro a membro le due ultime relazioni, otterrete la (9.23),peraltro già dimostrata nel caso generale di carico squilibrato. Ma, se sottraetemembro a membro, troverete la (9.24).

In definitiva, per un carico equilibrato, due wattmetri in inserzione Aron possonodarci non solo la misura della potenza attiva, ma anche quella della potenzareattiva.

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277 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Esempio 12 - Supponendo che la rete trifase di figura sia alimentata da una ternasimmetrica di tensioni stellate, determinare la corrente della prima linea dei duecarichi. Si assuma PM = 3 kW, QM = 3 kVar, R = 50 Ω, XL = XC = 100 Ω,V12 = 380 V.

1

3

2

I3

I1

I2M

XL XCRR

I1M

I2M

I3M

+

−V12

La prima cosa da osservare è che la rete trifase è composta da due carichi trifase,uno equilibrato e l’altro squilibrato, posti in parallelo, cioè sono alimentati dallastessa terna di tensioni concatenate (o, se volete, dalle stesse tensioni stellate). Poi,notate che il parallelo L-C è in risonanza e, pertanto, la rete può semplificarsicome mostrato nella figura che segue.

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278 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

1

3

2 M

I1M

I2M

+

−V12

2R

I

I1 = I1M + I

I2 = I2M - I

I3 = I3M

Ora, le tre correnti che interessano il motore M costituiscono una terna di correntiequilibrate, mentre le correnti di alimentazione I1, I2 e I3 sono squilibrate. Allora,detta I la corrente del resistore 2R, risulta:

I = V12

2R = 3.80 A .

Le tre correnti del motore possono determinarsi come segue. Dal legame con lapotenza attiva

PM = 3 V IM cos ϕM ,

essendo

tan ϕM = QM

PM = 3

3 → ϕM = π

3 ,

discende immediatamente che

IM = PM

3 V cos ϕM

= 1000 3380 3 cos π

3

A = 10019

A ≅ 5.26 A .

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279 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

e, quindi, dato che il fasore della corrente della prima linea del motore è inritardo di ϕM + π/6 rispetto a V12, risulta:

I1M = IM , - ϕM - π6

= IM , - π2

= - j IM .

La LKC, infine, ci consente di concludere che

I1 = I1M + I = V12

2R - j IM ≅ (3.80 - 5.26 j) A .

9.7 Rifasamento dei sistemi trifasi

Per il rifasamento di un sistema utilizzatore trifase (andate a rivedere anchequanto detto a proposito del rifasamento monofase) si ricorre, generalmente, alcollegamento di condensatori a triangolo, come mostrato in Figura 9.33, in cui,anche se non ci serviranno nel ragionamento che segue si sono pure indicate lecorrenti di linea e del motore. Inoltre, il generico carico trifase è stato indicato infigura con la lettera M, iniziale di motore.

1

3

2

I3

I1

I2M

XC

I1M

I2M

I3M

+

−V12

XC

XC

Figura 9.33: rifasamento di un carico trifase.

Per comprendere la ragione del collegamento a triangolo anziché a stella bisognaconsiderare il fatto che, a parità di potenza reattiva assorbita, che è negativa

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280 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

trattandosi di condensatori, il costo di un condensatore cresce al diminuire dellatensione e al crescere della capacità, come accadrebbe se si passasse ad uncollegamento a stella dei condensatori. Ciò vale in maniera particolare per tensioninon troppo elevate, quali si hanno negli impianti utilizzatori della maggior partedelle industrie.

Per il calcolo delle capacità necessarie a rifasare un carico ohmico-induttivo, comeè un tipico motore, da un angolo di fase ϕ ad uno più piccolo ϕ' (< ϕ), possiamoseguire il semplice schema proposto qui di seguito.

• Prima dell’inserimento della batteria di condensatori:

QP

= tan ϕ → Q = P tan ϕ .

• Dopo l’inserimento della batteria di condensatori:

Q + QC

P = tan ϕ' → Q + QC = P tan ϕ' = P tan ϕ + QC .

Ora, dato che

QC = - 3 V2

XC = - 3 ω C∆ V2 ,

segue che il valore della capacità da utilizzare per ottenere il desideratorifasamento vale:

QC = - 3 ω C∆ V2 = P (tan ϕ' - tan ϕ) → C∆ = P (tan ϕ - tan ϕ')

3 ω V2 . (9.25)

Generalmente le batterie di condensatori di rifasamento per sistemi trifasi sonocaratterizzate da due dati essenziali:

• la tensione concatenata V (tensione nominale) per la quale essi sono destinati;• la potenza reattiva totale QC, considerata in valore assoluto, pur essendo notoche, con le convenzioni da noi adottate, è negativa, che essi assorbono alla tensioneV.

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281 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Per esercizio potete provare a calcolare le correnti di linea con e senza icondensatori di rifasamento e a fare il rapporto tra i rispettivi valori efficaci.

Ricordate sempre che in quel che precede abbiamo parlato di rifasamento di uncarico ohmico-induttivo; nel caso duale di carico ohmico-capacitivo, pocofrequente nelle applicazioni, invece di una batteria di condensatori dovresteadoperare un insieme di induttori. Provate da soli a discutere questo caso che sitrova, ad esempio, quando al posto del motore M considerate il caso di unaindustria chimica dotata di celle galvaniche.

L’esempio che segue vi invita a trovare il valore delle capacità di rifasamento nelcaso di collegamento a stella dei condensatori.

Esempio 13 - Trovare il valore della capacità CY nel caso di collegamento astella dei condensatori di rifasamento.

1

3

2

I3

I1

I2M

XC

I1M

I2M

I3M

+

−V12

XC XC

La potenza reattiva assorbita dai tra condensatori a stella vale:

QC = - 3 E2

XC = - 3 ω CY E2 ,

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282 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

essendo E il valore efficace della tensione stellata di alimentazione. Ora,ricordando il legame tra tensione concatenata e stellata V = E 3, la precedenterelazione diventa:

QC = - ω CY V2 .

Allora, dato che

QC = P (tan ϕ' - tan ϕ) ,

otteniamo il valore di capacità desiderata

QC = - ω CY V2 . = P (tan ϕ' - tan ϕ) → CY = Pω V2

(tan ϕ - tan ϕ') .

Come si evince dalla formula trovata, a parità di tutti glia altri parametri, il valoredi capacità nel caso di rifasamento a triangolo è tre volte più piccolo di quellonecessario per il rifasamento a stella:

C∆ = 13

CY .

9.8 Altri vantaggi dei sistemi trifasi

Nei paragrafi precedenti abbiamo prima parlato delle terne di tensioni o dicorrenti, poi dei sistemi trifasi. In particolare abbiamo mostrato che, rispetto alcaso monofase, vi era un importante vantaggio: la potenza istantanea, in un sistematrifase simmetrico ed equilibrato, è costante nel tempo.Scopo di questo paragrafo è mostrare che, rispetto al caso monofase, esistono altrivantaggi che hanno portato all’affermazione dei sistemi trifasi per il trasportodell’energia elettrica su grandi distanze.

Supponiamo di avere un certo utilizzatore U, ad esempio, una palazzina di trepiani, caratterizzata da un certo fattore di potenza, cioè da un certo cos ϕ, e didover decidere se sia più conveniente alimentare questo carico secondo unoschema monofase o trifase. Per effettuare questo confronto, è bene convincersisubito che, a patto di adoperare lo stesso valore efficace di tensione sul carico, duecose devono essere assunte uguali:

• la potenza dissipata lungo le linee, cioè quella perduta nel trasporto;

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283 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

• la potenza fornita al carico.

Consideriamo due sistemi, l’uno monofase e l’altro trifase, senza neutro, che sianodel tutto equivalenti secondo quanto in precedenza specificato. Potete immaginareil sistema trifase come preferite, costituito, cioè, da tre impedenze disposte atriangolo oppure a stella; ciò che stiamo per dire non ne risulterà influenzato. Perquesto, in Figura 9.34 abbiamo lasciato non meglio specificato il carico, sia nelcaso monofase, sia in quello trifase.Uguagliando le due potenze assorbite dal carico sottoposto alle due diversealimentazione, possiamo scrivere

PD = V IM cos ϕ = 3 V IT cos ϕ → IM = 3 IT . (9.26)

in cui IM e IT rappresentano, rispettivamente, i valori efficaci delle correnti dialimentazione del caso monofase e di quello trifase.

V12

V23

1

2

3

+

− U

cos ϕ+

I1T

I2T

I3T

RT

RT

RT

+

U

cos ϕ

V

IM

IM

RM

RM

(a)

(b)

V12 = V

Figura 9.34: alimentazione (a) monofase e (b) trifase.

Uguagliando, invece, le potenze dissipate nel trasporto, risulta:

2 RM IM2 = 3 RT IT

2 , (9.27)

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284 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

in cui RM e RT sono, rispettivamente, le resistenze offerte dai conduttori,monofase e trifase, usati per il collegamento. Sostituendo la (9.26) nella (9.27),otteniamo:

2 RM 3 IT2 = 3 RT IT

2 → 2 RM = RT .

Ora, ricordando il legame tra resistenza, resistività, sezione e lunghezza delconduttore, e che i tratti di conduttore che collegano il carico al generatore sonougualmente lunghi (L) sia nel caso monofase, sia in quello trifase, otteniamo, dettaρ la resistività dei conduttori, che

2 RM = RT → 2 ρLSM

= ρLST

→ SM = 2 ST . (9.28)

Già il risultato (9.28) mostra un ulteriore vantaggio dei sistemi trifasi: la sezionedei conduttori del caso monofase è doppia rispetto a quella del caso trifase.Intuiamo, pertanto, che ci sarà nel caso trifase un risparmio di volume dimateriale conduttore. Cerchiamo di capire quanto materiale in meno vieneimpiegato, seguendo lo schema:

volume monofase = 2 SM L = 4 ST L ;

volume trifase = 3 ST L .

Dividendo membro a membro le precedenti relazioni, possiamo, in definitiva,affermare che

volume trifasevolume monofase

= 34

,

cioè che vi è un risparmio del 25% in volume di conduttore utilizzato nel casotrifase rispetto al caso monofase.Questo semplice confronto basterebbe a giustificare la scelta della trasmissione consistemi trifasi; naturalmente ci sono altri aspetti del problema che non abbiamoesaminato in quanto non congruenti con il livello di approfondimento dellaquestione al quale riteniamo di doverci mantenere, e che approfondirete durante ilcorso di Impianti Elettrici.

9.9 Conclusioni

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285 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Con questo paragrafo si conclude questo secondo volume dedicato allo studio dellereti elettriche. In questi due volumi, il primo dedicato alle reti elettriche in regimestazionario, il secondo a quelle in regime dinamico (con particolare enfasi alregime sinusoidale), abbiamo cercato di spiegare, nella maniera più semplicepossibile, i metodi principali di studio delle reti elettriche. Abbiamovolontariamente trascurato ogni collegamento alla affascinante teoria dei campielettrici e magnetici per dare risalto al problema della corretta soluzione di unarete elettrica. Nel prosieguo dei vostri studi, quando studierete le macchine, gliimpianti, le misure o i circuiti elettronici, capirete sino in fondo il perché dialcune nostre scelte. Di una cosa, però, dovete essere certi: che, quale che sia larete che incontrerete, che nasca dalla studio di un campo o da una macchina, voidovete saperla studiare. E se vi chiederanno lo studio delle dinamiche transitorie,oppure volete solamente controllare la correttezza dei calcoli fatti a mano, nondimenticate il simulatore Spice, il solo che può veramente aiutarvi a trattareproblemi nei quali il numero delle maglie cresce molto.Abbiamo pure tralasciato alcune applicazioni che ci sembrava appesantisseroinutilmente la trattazione, ma che possono essere facilmente comprese una voltaassimilati i princìpi di base espressi in questi volumi. Ad esempio, abbiamo dettoche l’inserzione Aron non consente la misura della potenza reattiva per un sistemasquilibrato. Esistono tuttavia due altri tipi di inserzioni che possono essere usatiper risolvere questo problema e che sono mostrati in Figura 9.35.

1

2

3

+

W+

+

W+

W1

W2

A BC D

1

2

3

+

W+

+

W+

W1

W2

+

W+

W3

(a) (b)

Figura 9.35: (a) inserzione Barbagelata e (b) inserzione Righi.

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286 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

L’inserzione Barbagelata (Figura 9.35a) permette di ricavare la potenza reattiva inun sistema simmetrico squilibrato per mezzo della relazione

Q = W1A - W2B + 2 W1C - W2D

3 ,

in cui W1A, W2B, W1C e W2D sono le letture dei wattmetri con i commutatori postinelle posizioni A, B, C e D, rispettivamente.L’inserzione Righi (Figura 9.35b), invece, permette di ricavare la potenza reattivain un sistema simmetrico squilibrato come

Q = W1 - W2 + 2 W3

3 ,

in cui W1, W2 e W3 rappresentano le indicazioni dei tre wattmetri.Siamo sicuri che, con l’aiuto del vostro docente, riuscirete a dimostrare queste duerelazioni, sviluppando, tra le altre cose, anche un utile esercizio sui trifasi.

I metodi di misura delle potenze si convertono agevolmente in metodi di misuradelle energie sostituendo ai wattmetri ordinari i wattmetri integratori, piùconosciuti come contatori. Data l’importanza economica delle misure di energia, ènecessario fare uso di metodi che non risentano troppo delle dissimetrie (peraltrodi solito trascurabili), ma soprattutto degli squilibri (spesso imponenti) del sistematrifase. Il problema può essere risolto usando l’inserzione Aron per le misure dienergia attiva, con il vantaggio di ottenere indicazioni corrette quale che sia ilgrado di dissimetria e di squilibrio del sistema, e l’inserzione Righi per le misuredi potenza reattiva, ottenendo una valutazione accettabile del cos ϕ medioqualunque sia il grado di squilibrio; purché la dissimetria sia abbastanza contenuta.Torneremo a parlare più dettagliatamente dei contatori nel volume dedicato allemisure.

Se poi, oltre ai tanti esempi che in questi due volumi abbiamo sviluppato, sentisteil bisogno di farne degli altri, potete utilizzare il libro ‘Esercizi sui circuitielettrici’ di Andreotti, Davino e Verolino, nel quale troverete circuiti in regimestazionario e sinusoidale, trifasi compresi, la maggior parte dei quali codificatianche con Spice, e che costituirà un valido strumento per affinare la vostrapreparazione.

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287 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Un’ultima osservazione prima di concludere. Con il crescere delle vostreconoscenze matematiche, comprenderete meglio molti dei concetti che abbiamointrodotto in questi due volumi e che abbiamo adoperato per l’analisi delle retielettriche: non dimenticate, pertanto, di rileggere, di tanto in tanto, i vostri libri diElettrotecnica. Teneteli sempre sotto mano: quale che sia il prosieguo dei vostristudi, siamo sicuri, vi torneranno certamente utili.

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288 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

Appendice: impianti di distribuzione

Un impianto di distribuzione dell’energia elettrica per applicazioni industriali èuna rete più o meno complessa che assolve il compito di trasferire lavoro elettricoda un insieme di generatori ad un certo insieme di utilizzatori o carichi. Il numeroed il tipo degli utilizzatori collegati alla rete, salvo casi eccezionali, varia inmaniera impredicibile nel tempo e dipende dalle necessità degli utenti. Risulta,quindi, di primaria importanza costruire la rete di distribuzione in modo che ognicarico venga ad essere alimentato nelle condizioni nominali, indipendentemente dalnumero e dal tipo degli altri carichi collegati. Ora, questa esigenza può esseresoddisfatta nel modo più semplice attuando la rete in una delle due forme diseguito descritte.

• Distribuzione in parallelo

Tutti i carichi sono collegati in parallelo tra loro e con un generatore di tensione;in serie a ciascun carico è disposto un interruttore, come mostrato in Figura A.1.I carichi vengono inseriti chiudendo gli interruttori; il generatore di tensione,supposto ideale per semplicità, mantiene ai loro morsetti la tensione nominalequale che sia il numero di carichi inseriti.

+

−E

Figura A1: impianto di distribuzione in parallelo.

• Distribuzione in serie

Tutti i carichi sono collegati in serie tra loro e con un generatore di corrente; inparallelo ad ogni carico è disposto un interruttore, come mostrato in Figura A.2.I carichi vengono inseriti aprendo gli interruttori; il generatore, supposto idealeper semplicità, mantiene ai loro morsetti la corrente nominale quale che sia ilnumero di carichi.

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289 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

I

Figura A.2: impianto di distribuzione in serie.

I generatori industriali approssimano per lo più il comportamento di generatoriideali di tensione e, per questa ragione, gli impianti di distribuzione dell’energiaelettrica sono di norma in parallelo. Vi sono, tuttavia, delle importanti eccezioni,degne di essere messe in rilievo.Gli impianti elettrochimici sono caratterizzati da un valore molto elevato dicorrente assorbita da ciascuna cella, decine di migliaia di ampere ed anche oltre.Ciò rende proibitiva la distribuzione in parallelo, nella quale il generatoreverrebbe ad essere percorso da una corrente somma delle correnti dei carichi.Taluni impianti di distribuzione stradale vengono realizzati con unadistribuzione in serie che consente di alimentare tutte le lampade con la stessacorrente, che si può rendere uguale a quella nominale, ottenendo prestazioninominali. Se si fosse adottato, invece, uno schema di distribuzione in parallelo, acausa delle inevitabili cadute di tensione, le lampade più lontane dal generatoresarebbero alimentate a tensione più bassa di quella nominale e fornirebbero,pertanto, prestazioni inferiori a quelle di progetto.In questi impianti, tutti in corrente alternata, il generatore è un particolaretrasformatore detto a corrente costante, di cui parleremo più approfonditamentenel volume dedicato alle macchine elettriche. Inoltre, allo scopo di evitare labrusca apertura del circuito in occasione della fulminazione di una lampada e,quindi, i danni che deriverebbero dalle sovratensioni prodotte da questa apertura,si dispone in parallelo a ciascuna lampada una valvola di tensione, costituita da unapastiglia di materiale isolante, che viene perforata da una scarica e trasformata inun corto circuito, quando la tensione ai morsetti della lampada interrotta supera unprestabilito valore.

Un impianto di distribuzione dell’energia elettrica in parallelo può essereeffettivamente descritto mediante una rete di bipoli in parallelo solo se è possibiletrascurare le impedenze longitudinali dei tronchi di linea di collegamento: ciò

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290 - Circuiti elettrici in evoluzione dinamica

accade, d’abitudine, se le distanze tra i carichi sono piuttosto piccole. In generale,è necessario tenere in debito conto di tali impedenze longitudinali ed alloral’impianto viene schematizzato come in Figura A.3.

+

−E

Figura A.3: impianto di distribuzione in parallelo con linee di impedenza nontrascurabile.