Chimica Fisica dei Materiali - unibas.it · L’esempio classico è la cosiddetta diffrazione...
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Chimica Fisica dei Materiali
Introduzione alla
diffrazione
Sergio Brutti
Diffrazione: ottica classica
Il termine diffrazione è utilizzato in ottica classica (macroscopica)
per indicare la deviazione della propagazione della luce dalle
traiettorie geometriche del raggio.
L’esempio classico è la cosiddetta diffrazione Fraunhofer che
descrive il fenomeno della trasmissione di un fascio parallelo di
luce attraverso una fenditura circolare di raggio D.
Consideriamo il caso ottico monodimensionale classico
luce S
cherm
o
Fenditura 1D Sullo schermo l’intensità
luminosa trasmessa
attraverso la fenditura si
osserverà solo nella sua
proiezione geometrica
Tuttavia la luce ha natura
duplice onda-corpuscolo
Diffrazione: ottica complessa
Lo scattering dei fotoni luminosi (corpuscoli) dovuto ai bordi
della fenditura modifica sostanzialmente il risultato originando
una radiazione trasmessa aggiuntiva (intensità additiva) con
direzionalità diversa da quella del fascio trasmesso (deviazione
angolare).
Ks=Ki+q
In termini algebrici dato il vettore d’onda ki che descrive la
direzione di propagazione radiazione incidente, dopo il passaggio
attraverso la fenditura si osserva che la radiazione di propaga non
solo parallelamente a ki ma anche con direzione diversa definita dal
vettore d’onda ks
Nella quale q è un vettore d’onda variabile che si origina dai
fenomeni di scattering (urti) con i bordi della fenditura.
Se lo scattering è solo elastico:
Ks = Ki =2𝜋
λ
Diffrazione: ottica complessa
Consideriamo l’equazione precedente e la seguente costruzione
geometrica: Ks = Ki =
2𝜋
λ
Schermo
Ks Ki
q
Θ
Si ottiene che per un dato angolo di deviazione
della direzione di propagazione del fascio il vettore
di deviazione varrà:
q =2𝜋
λ Θ
Per ogni vettore di deviazione q,
l’ampiezza della luce scatterata
(proporzionale alla radice dell’intensità
luminosa trasmessa) è data dalla
componente di Fourier uq del campo
ondulatorio complessivo u(r) che descrive
l’insieme del fascio trasmesso. Considerando la planarità dello schermo
la radiazione diffratta risulterà fuori fase
rispetto alla riadiazione trasmessa.
Diffrazione: ottica complessa
Senza perdersi in troppa algebra si può dimostrare che:
𝑑𝐼𝑑𝑖𝑓𝑓𝑟 = λ−2 ∙𝑢𝑞
𝑢0
2dΘ
Schermo Ks
Ki
q
Θ
In cui Idiffr è l’intensità diffratta, λ la lunghezza d’onda
della radiazione luminosa, u0 è l’ampiezza della
radiazione incidente non diffratta, e Θ è l’angolo di
deviazione dovuto allo scattering.
L’ampiezza della radiazione lungo q
è data da uq che a sua volta è pari a:
Θ
2D
intensità Nodo I=0
𝑢𝑞=2𝜋𝑢0𝐷
𝑞J
In cui J è una funzione complessa
(Bessel) dipendente dalla
dimensione della fenditura e dal
vettore di scattering. E in definitiva:
𝑑𝐼𝑑𝑖𝑓𝑓𝑟 =𝐷2
Θ2 𝐽2dΘ
Diffrazione: ottica complessa
La funzione di Bessel J ha ampiezza oscillante (come
una funzione trigonometrica).
Schermo
L’intensità quindi oscillerà tra valori massimi e nulli.
Questi ultimi dipenderanno dagli zeri di J. Il primo nodo
si osserva Θ=Θ0 :
Θ
2D
intensità Nodo I=0
2𝜋
λDΘ0=3.832
Ovvero per valori di deviazione:
𝑑𝐼𝑑𝑖𝑓𝑓𝑟 =𝐷2
Θ2 𝐽2dΘ
Θ0=0.61∙λ
𝐷
Il che significa che per fenditure di dimensioni
paragonabili della lunghezza d’onda della
radiazione incidente i fenomeni di diffrazione si
osserveranno regolarmente.
Determinazione di strutture cristalline
Come è possibile determinare sperimentalmente l’arrangiamento
strutturale di un cristallo?
Mediante l’interazione della struttura cristallina con una radiazione
Essa sfrutta fasci di onde (radiazione) elettromagnetiche,
elettroniche o neutroniche.
Esistono alcuni requisiti che un fascio di onde deve soddisfare
affinchè possa essere utile per determinare una struttura:
1. La lunghezza d’onda della radiazione deve essere minore
della distanza interatomica tipica
2. La radiazione non deve essere assorbita in modo significativo
dal materiale in modo da non alterare/danneggiare il cristallo
Lunghezze d’onda della radiazione incidente
Fenomeni di interazione di una radiazione con la struttura
cristallina di un materiale solido sono ottenuti se la lunghezza
d’onda della radiazione è simile o minore della distanza
interatomica
Esistono diversi possibili fasci di onde utili:
1. Radiazione elettromagnetica nello spettro dei raggi X
2. Fasci di elettroni monocromatici con λ≈0.1-2 Å
3. Fasci di neutroni monocromatici on λ≈0.1-2 Å
In tutti i casi (fotoni, elettroni, neutroni) i fasci sono trattati come
onde secondo le relazioni tipiche tra il momento p, il vettore
d’onda k, la velocità e la lunghezza d’onda.
hmvpkkkp
2
E’ importante sottolineare che l’interazione dei fasci con la struttura
cristallina avviene mediante un fenomeno di
SCATTERING
Questo fenomeno consente di ricostruire dalla deviazione delle
traiettorie delle radiazioni incidenti l’ordinamento delle strutture
Rilevazione della radiazione
I fasci una volta che hanno interagito con la struttura del materiale
solido debbono essere raccolti. La rivelazione della radiazione
post-interazione avviene sfruttando le sue caratteristiche
corpuscolari (rilevazione di particelle singole)
I detector quindi rileveranno:
1. Fotoni singoli monocromatici
2. Elettroni singoli monocromatici
3. Neutroni singoli monocromatici
Coerenza ed elasticità dello scattering Scattering coerente:
Tutti gli atomi identici interagiranno con i fasci incidenti
monocromatici (scattering) in modo identico. Questo assunto
è sempre vero per lo scattering di raggi X ed elettroni mentre
ci sono vaste eccezioni per lo scattering di Neutroni.
Scattering elastico:
Processi di scattering della radiazione (fasci) in cui la lunghezza
d’onda (e quindi l’energia) è inalterata durante l’interazione con la
struttura cristallina.
Se chiamiamo E(i) l’energia del fascio incidente e E(s) l’energia del
fascio dopo lo scattering avremo 2 possibili fenomeni:
EDIFFRAZION
0 iEsEE
PIASPETTROSCO
0 iEsEE
Diffrazione e legge di Bragg La diffrazione è il processo di scattering elastico e coerente di un
fascio incidente di opportuna lunghezza d’onda da parte
dell’ordine a lungo raggio in una struttura.
Per un cristallo significa
diffrazione dalla struttura
periodica dovuto
all’arrangiamento ordinato degli
atomi nello spazio.
Come viene riflesso un fascio
incidente da parte di un reticolo
(scattering elastico)?
adistruttivndn
acostruttivndn
hklhkl
hklhkl
2sin2
sin2
Dato un insieme di n piani bidimensionali paralleli: lo scattering
coerente ed elastico di radiazione da parte di 2 piani qualunque
darà riflessione o meno a seconda dell’interferenza:
Visione semplificata di un esperimento
Un esperimento di diffrazione si realizza facendo incidere un
fascio di radiazione opportuna su un campione.
La radiazione sarà
parzialmente riflessa
dai piani reticolari dei
cristalli.
Le riflessioni giacciono
su dei CONOIDI.
La deflessione
(deviazione) sarà legata
alle corrispondenti
distanze interplanari
secondo la legge di
Bragg
acostruttivzainterferenBRAGGDILEGGEdhklhkl 2sin
Rilevazione: camera di Debye-Scherrer Il metodo tradizionale con cui si fanno esperimenti di diffrazione
richiede la rilevazione mediante pellicola fotografica cilindrica dei
riflessi di diffrazione in funzione del’angolo della radiazione
diffratta rispetto a quella incidente.
DETECTOR
Pellicola
fotografica
sensibile ai RX
CAMPIONE
Posto nel
centro del
cilindro
all’interno di un
capillare
Diffrattometri piani tetha-2 theta Esiste poi la cosiddetta geometria Bragg Brentano detta anche
tetha-2 theta.
DETECTOR
Scintillatore
accoppiato ad un
PC
CAMPIONE
Posto sul piano 0 al
centro del doppio
goniometro
Esperimento di diffrazione Il diffrattometro Phillips con il quale lavoreremo ha invece una
geometria Bragg-Brentano-like di tipo tetha-tetha
Campione
Campione
Θ1 Θ2
CONDIZIONE TETHA-TETHA
Pattern di diffrazione o diffrattogramma Il risultato di un esperimento di diffrazione è un diffrattogramma
(che non è uno spettro) in cui viene riportato l’andamento
dell’intensità della radiazione diffratta in funzione di 2θ, l’angolo
di diffrazione
I raggi X sono
riflessi dalle nubi
elettroniche e
quindi l’intensità
delle radiazioni
diffratte dipendono
da quando sono
densamente
popolati da atomi
ricchi di elettroni i
piani cristallini su
cui avviene la
diffrazione.
La posizione dei picchi di diffrazione Ricordiamo la relazione di Bragg
E’ possibile convertire quindi gli
angoli di deflessione in distanze
interplanari
hkl
hkld2
sin
hkl
hkld
sin2
Se si conoscono gli indici di
Miller e il reticolo è possibile
ricavare i parametri di cella.
Come interpretare un diffrattogramma? Quali informazioni possono essere tratte da un diffrattogramma?
1. La posizione angolare in cui cadono
i riflessi di diffrazione
2. L’intensità dei riflessi di diffrazione
3. La forma dei picchi.
La posizione dei
picchi è legata alle
distanze interplanari che
sono legate a loro volta
agli assi cristallografici!
Informazioni sulla cella
elementare e sulle
operazioni di simmetria
L’intensità dei picchi è
legata a quanta radiazione
viene riflessa con la
struttura atomica
(coordinamento locale)
Informazioni sulle
posizioni atomiche nella
cella elementare!
La forma dei picchi è
legata alla morfologia
dei cristalli e alla loro
difettività estesa (strain,
texture).
Informazioni sulla
morfologia e difettività
del materiale
Analisi dei dati di diffrazione Che informazioni si possono trarre da un pattern di diffrazione?
Sperimentalmente quello che
viene raccolto è l’andamento
della radiazione diffratta
(intensità) rispetto all’angolo di
diffrazione (2θ).
Ciascun picco, ovvero ogni
terna (2θ,intensità, ampiezza dei
picchi), corrisponde ad uno
specifico riflesso di diffrazione.
Lo spettro può essere analizzato mediante:
1. Studio dell’elenco delle terne (2θ,intensità, ampiezza dei picchi)
2. Analisi dello spettro complessivo mediante metodo Rietveld.
Studio delle liste di picchi di diffrazione. Che informazioni si possono trarre da una lista di picchi di
diffrazione?
1. Distanze interplanari a cui cadono i picchi di diffrazione
2. Intensità dei picchi di diffrazione.
3. Larghezza a mezza altezza dei picchi di diffrazione.
Operativamente?
• Si individuano i picchi di diffrazione del diffrattogramma e si raccolgono
le triplette (2θ,intensità, 2Q).
• Si convertono gli angoli di diffrazione in distanze interplanari mediante la
relazione di Bragg
• Si normalizzano le intensità dei riflessi di diffrazione a 100.
• Si trasformano in radianti le ampiezze a mezza altezza (2QFWHM).
• Si ottiene un listato a 4 colonne (2θ,d,intensità relativa,2Q)
hklhkl d2sin
Studio delle liste di picchi di diffrazione. Cosa fare del listato a 4 colonne (2θ,d,intensità relativa,FWHM)?
Riconoscimento delle fasi
Confronto con i
pattern di
diffrazione nei
database
1. Identificare i materiali
presenti;
2. Identificare la presenza
di contaminanti o
impurezze;
Metodo delle tavole di
Fich (o dei 3 riflessi
più intensi). Si cerca
la fase che ha in
comune con il
campione reale le 3
distanze interplanari
corrispondenti ai
picchi più intensi.
Indicizzazione
completa dei
picchi di
diffrazione
Identificazione
delle fasi
presenti
mediante
processing
automatico
(scoring) su
databases.
Studio delle liste di picchi di diffrazione.
La natura chimica del
campione è nota?
La fase è stata identificata?
Analisi della struttura
Necessarie misure
preliminari di
composizione (EDX,
XRF, analisi
elementare, AA, ICP)
Calcolo dei
parametri di
cella e della
dimensione
media dei
cristalliti
Identificazione delle simmetrie
cristalline (reticolo e cella
elementare) dalle assenze
sistematiche potenziali mediante
metodi iterativi
La posizione dei picchi di diffrazione Ricordiamo la relazione di Bragg
E’ possibile convertire quindi gli
angoli di deflessione in distanze
interplanari
hkl
hkld2
sin
hkl
hkld
sin2
Se si conoscono gli indici di
Miller e il reticolo è possibile
ricavare i parametri di cella.
Esempio concreto: il rame Consideriamo il diffrattogramma del rame.
L’obiettivo è individuare i parametri utili al riconoscimento della
fase.
Esempio concreto: il rame Come prima cosa è necessario individuare i 3 picchi più intensi:
I picchi cadono a valori di 2 tetha pari a: 43.51°, 50.67° e 74.49° con
corrispondenti intensità pari a 30822, 14058 e 5155 conteggi.
E’ necessario convertirli in distanze interplanari e intensità relative.
Esempio concreto: il rame Lo spettro è stato ottenuto con una
radiazione incidente di lunghezza d’onda
λ=1.54178°.
Non è quindi difficile ricavare dalle posizioni angolari dei 3 picchi
più intensi le corrispondenti distanze interplanari e le intensità
relative dei picchi stessi:
hkl
hkld
sin2
Picco 2Θ/gradi Θ/rad d/A I/a.u. Irel
(1) 43.51 0.3797 2.078 30822 1
(2) 50.67 0.4422 1.800 14058 0.45
(3) 74.49 0.6500 1.273 5155 0.17
Picco d/A Irel
(1) 2.078 1
(2) 1.800 0.45
(3) 1.273 0.17
Esempio concreto: il rame
La presenza di una fase deve tuttavia essere SEMPRE confermata
verificando la presenza di TUTTI i picchi di diffrazione dovuti ad
essa e anche il rispetto delle corrispondenti intensità relative.
La tripletta più intesa è caratteristica di ogni fase cristallina.
I database di riconoscimento delle fasi catalogano i riflessi di
diffrazione più intensi e consentono quindi l’identificazione
univoca.
Esempio concreto: il rame
Una volta identificato la presenza del Cu
con il metodo delle triplette (o mediante
riconoscimento con database) si procede
all’identificazione di tutti il diffrattogramma.
Picco 2Θ/gradi
sperimentale
d/A
sperimentale
d/A
atteso
checked Irel
exp
Irel
atteso
(1) 43.51 2.078 2.078 Ok 1 1
(2) 50.67 1.800 1.800 Ok 0.45 0.46
(3) 74.49 1.273 1.273 Ok 0.17 0.23
(4) 90.42 1.085 1.085 Ok 0.16 0.24
(5) 95.67 1.039 1.039 Ok 0.04 0.07
(6) 117.72 0.900 0.900 Ok 0.02 0.04
Esempio concreto: una miscela Lo spettro rappresentato è una
miscela di 2 metalli.
Picco 2Θ/gradi
intensità
(1) 38.44 2955
(2) 43.52 27948
(3) 44.00 1827
(4) 50.68 12066
(5) 64.94 378
(6) 74.5 4858
(7) 78.06 378
(8) 81.34 164
(9) 90.38 4479
(10) 95.56 1023
(11) 97.76 80
(12) 111.92 224
(13) 117.48 313
(14) 117.70 581
Picco 2Θ/gradi d/A
(2) 43.52 2.078
(4) 50.68 1.800
(6) 74.50 1.273
La tripletta identifica il rame (di nuovo!)
Esempio concreto: una miscela E’ necessario quindi identificare tutti i picchi del
rame tra quelli presenti per individuare i picchi della
seconda fase.
Picco 2Θ/gradi
d/A exp d/A Cu checked
(1) 38.44 2.342
(2) 43.52 2.079 2.078 Ok
(3) 44.00 2.058
(4) 50.68 1.801 1.800 Ok
(5) 64.94 1.436
(6) 74.5 1.274 1.273 Ok
(7) 78.06 1.224
(8) 81.34 1.183
(9) 90.38 1.087 1.085 Ok
(10) 95.56 1.041 1.039 Ok
(11) 97.76 1.023
(12) 111.92 0.930
(13) 117.48 0.902 0.900 Ok
(14) 117.70 0.901
I picchi (1) (3)
(5) (7) (8) (11)
(12) (14) sono
appartengono
allo spettro del
rame.
Applichiamo il
metodo delle
triplette ai
picchi restanti.
Esempio concreto: una miscela Lo spettro rappresentato è una
miscela di 2 metalli.
Picco 2Θ/gradi
intensità checked
(1) 38.44 2955
(2) 43.52 27948 Cu
(3) 44.00 1827
(4) 50.68 12066 Cu
(5) 64.94 378
(6) 74.5 4858 Cu
(7) 78.06 378
(8) 81.34 164
(9) 90.38 4479 Cu
(10) 95.56 1023 Cu
(11) 97.76 80
(12) 111.92 224
(13) 117.48 313 Cu
(14) 117.70 581
Picco 2Θ/gradi d/A
(1) 38.44 2.342
(3) 44.00 2.058
(5) opp.
(7)
64.94
78.06
1.436
1.224 La tripletta identifica l’alluminio
Esempio concreto: una miscela E’ necessario quindi identificare tutti i picchi
dell’alluminio tra quelli restanti esclusi quelli del
rame.
Picco 2Θ/gradi
d/A exp d/A Cu checked
(1) 38.44 2.342 2.338 Al
(2) 43.52 2.079 2.078 Cu
(3) 44.00 2.058 2.025 Al
(4) 50.68 1.801 1.800 Cu
(5) 64.94 1.436 1.432 Al
(6) 74.5 1.274 1.273 Cu
(7) 78.06 1.224 1.221 Al
(8) 81.34 1.183 1.169 Al (??)
(9) 90.38 1.087 1.085 Cu
(10) 95.56 1.041 1.039 Cu
(11) 97.76 1.023 1.013 Al
(12) 111.92 0.930 0.929 Al
(13) 117.48 0.902 0.900 Cu
(14) 117.70 0.901 0.906 Al
Tutti i picchi sono
stati identificati
(con qualche
incertezza) e non
sono presenti
altre fasi oltre a
Cu e Al.
Esempio concreto: una miscela Graficamente l’identificazione dello spettro viene riportata sullo spettro
attribuendo ogni riflesso di diffrazione ad una specifica fase.
Cu
Cu
Cu Cu
Cu
Cu
Al Al
Al
Al Al