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La pista dei «soldati di Dio» fra talebani e 007 pachistani «Puzza di bruciato». C’è qualcosa che non torna nell’atten- tato di ieri in Iran, dice Mohsen Sazegara. Il 1˚ febbraio 1979, Sazegara tornò a Teheran con l’ayatollah Khomeini e per lui fondò i Pasdaran (o Guardiani della Rivoluzione). Oggi, dis- sidente a Washington, resta un attento osservatore delle atti- vità del potente corpo militare d’élite. Sazegara non è convin- to che il gruppo sunnita Jundallah sia tanto forte da sferrare da solo un attacco micidiale contro alcuni dei più alti coman- danti dei Guardiani della Rivoluzione. Cosa c’è dietro quest’attacco? «E’ molto strano. C’erano così tanti comandanti di alto rango. E’ possibile che sia legato a un conflitto all’interno dei Pasdaran piuttosto che a una nuova capacità di Jundallah». Crede cioè che qualcuno nei Pasdaran abbia aiutato Jun- dallah? «E’ possibile che ci sia qualcosa sotto: informatori, una cospirazione. Anche se non ne ho la conferma». Su cosa sono fondati questi sospetti? «Mohsen Rezai è stato comandante in capo dei Guardiani della Rivoluzione (e poi rivale di Ahmadinejad nelle ultime elezioni ndr). Nei giorni scorsi il suo sito web diceva che al- cuni generali, membri dei Guardiani sin dai tempi della guer- ra Iran-Iraq, non sono d’accordo con i comandanti più in- transigenti come Hossein Tayeb, che dopo le elezioni ha re- presso le proteste popola- ri. E dopo che Rezai dice questo, il generale Shu- shtari, vicario delle forze di terra, viene ucciso. Sen- to puzza di bruciato... E non ricordo operazioni in cui siano stati assassinati comandanti di così alto rango». Shushtari era più mo- derato? «Ho letto che era tra i comandanti ai quali non piacciono le nuove attività dei Guar- diani della Rivoluzione». Che nuove attività svolgono i Pasdaran in quella zona? «Hanno da sempre basi in ogni città in Iran. E la forza Qo- ds (della quale Shushtari era pure un comandante, ndr), che svolge le operazioni all’estero, ha basi nelle province del Kur- distan e Belucistan, per le sue attività in Iraq, Afghanistan e Pakistan. Negli ultimi mesi, però, il ruolo dei Pasdaran nella sicurezza è aumentato. Non solo in quella zona. Il loro repar- to d’intelligence sta diventando il ministero d’Intelligence dell’Iran. Tayeb (ex vice-capo dei basiji nella repressione del- le proteste contro Ahmadinejad, ndr) è ora il vice-capo del- l’intelligence dei Guardiani. Il nuovo ministro dell’intelligen- ce, Muslehi, è visto come un loro burattino. Per quello che ne so, manderanno via 6 mila persone, il 20% dello staff, dal ministero. Tutto è nelle mani dei Guardiani, incluse le opera- zioni contro i terroristi. Nelle zone di confine, hanno assun- to anche i compiti della polizia contro il traffico di droga e di persone: il nuovo comandante della polizia, Ahmadi Mo- ghaddam, ha un passato di Pasdaran. Due settimane fa han- no preso il controllo della compagnia delle telecomunicazio- ni nazionale. Ma ad alcuni comandanti tutto questo non pia- ce. Credono che i Pasdaran dovrebbero proteggere l’Iran da attacchi nemici, non uccidere la gente in strada, e che la poli- tica, i soldi e la corruzione rovineranno l’istituzione». La tv di Stato ha detto che Shushtari era nel distretto di Pishin come mediatore in un incontro tra sunniti e sciiti. «Non so che cosa facessero lì, ma non sono certo che si tratti di questo, perché la maggioranza in quella zona è sun- nita, i gruppi sciiti si trovano nel Nord della provincia». Viviana Mazza © RIPRODUZIONE RISERVATA SEGUE DALLA PRIMA Dall’anno di fondazione — 2003 — il gruppo ha cambiato spesso tattiche e strategia. Creato da un ex talebano, Nek Mohammed Wazir, ha alternato azioni di guerriglia, terrore puro, ag- guati a personalità del potere. Un’attivi- tà resa possibile dai rifugi — a lungo tollerati — sul versante pachistano del Belucistan e dalla frontiera tradizional- mente porosa (quasi mille chilometri). Ad animare la lotta il clan Rigi, con il suo attuale leader Abdel Malek, e un obiettivo dichiarato: quello che i beluci non siano discriminati. E visto che gli ayatollah hanno spesso calpestato i di- ritti della minoranza, Jun- dallah si è sentito autoriz- zato ad usare qualsiasi mezzo. I Rigi, come spes- so accade da queste par- ti, sono stati in prima li- nea. Pagando duramen- te. Abdul Hamid è stato impiccato dagli iraniani, un altro fratello — Abdul Gafoor — si è trasforma- to in kamikaze all’inter- no di una moschea nel 2008. Il ricorso agli attentato- ri suicidi si è rivelata la nuova arma della ribellio- ne dei beluci, che ha ori- gini lontane. In preceden- za, solo nel lontano 1974, si era verificata un’azione kamikaze attri- buibile alla nebulosa irre- dentista. Per alcuni specialisti l’uso delle bombe umane è la prova dell’influenza di movimenti islamisti sunniti. Quanti credono a questa tesi sottolineano alcuni punti: 1) Il capo, Abdel Malek, ha studiato in una madrassa di Kara- chi frequentata da nume- rosi esponenti talebani. 2) La fazione collabora con una temibile organiz- zazione pachistana, la Lashkar-e-Janghvi, prota- gonista di sanguinosi at- tacchi contro gli sciiti, e il neogruppo Tehrik-e-Taliban Belucistan. 3) Un diri- gente del Lashkar, Qari Zafar, avrebbe favorito un contatto con esponenti qae- disti interessati ad aprire un fronte an- che con l’Iran. 4) I «soldati» potrebbero venire coinvolti nell’attività per destabi- lizzare lo strategico porto di Chabahar, usato anche dalla Nato per i suoi riforni- menti destinati all’Afghanistan. A questi elementi — respinti dai diri- genti di Jundallah —, si aggiungono i sospetti di collusione con gli 007 pachi- stani dell’Isi e, come denuncia Tehe- ran, con quelli alleati. I ribelli partecipe- rebbero a una manovra di accerchia- mento clandestina dell’Iran insieme ad altre formazioni (Fronte arabo di Ahwaz, curdi, Mujaheddin Khalq, na- zionalisti). Accuse in questo senso era- no state mosse durante l’amministra- zione Bush, ritenendo che la Cia avesse armato i separatisti per destabilizzare l’Iran. Per gli osservatori la fazione ribelle si sarebbe accostata all’area jihadista per necessità. Come ha ammesso lo stesso Rigi, Jundallah ha problemi di fondi e rendendo più strette le relazio- ni con l’area jihadista avrebbe benefi- ciato di aiuti provenienti dal Golfo Per- sico. Poi c’è l’atteggiamento ambiguo dei pachistani. Le autorità di Islama- bad hanno lasciato fare, tanto è vero che lo stesso Abdel Malek è stato segna- lato molte volte nelle cittadine di confi- ne — Taftan, Turbat —, insieme a una ventina di guardie del corpo. Un’ospita- lità a intermittenza. La polizia, con un segno di buona volontà verso Teheran, ha condotto rastrellamenti che hanno portato allo smantellamento di nume- rosi nuclei. Uno dei fratelli Rigi è stato arrestato e consegnato proprio ai Pa- sdaran. Altro aspetto, non secondario, è quello militare. La componente guerri- gliera di Jundallah appare piuttosto ri- dotta: 700-1000 militanti a tempo pie- no, di cui solo 200 schierati, come dice il leader, «sulle montagne». Un nume- ro sufficiente, però, per cogliere di sor- presa i Guardiani della Rivoluzione. Dunque è possibile che per rilanciare l’offensiva i ribelli abbiano cercato aiu- ti esterni. Nel loro terreno di caccia operano contrabbandieri, trafficanti di droga e spie dai molti colori. Essere «soldati di Dio» non impedisce di strin- gere, a volte, un patto con il Diavolo. Guido Olimpio © RIPRODUZIONE RISERVATA E’ molto strano. C’erano così tanti comandanti di alto rango. Sento puzza di bruciato Intervista L’ex Pasdaran «Forse un complotto contro gli ufficiali meno intransigenti» Il leader e l’obiettivo La ricostruzione Chi c’è dietro ai responsabili dell’attacco L’importante differenza tra l’attuale offensiva dell’esercito pachistano contro le milizie ta- lebane nel Waziristan meridio- nale e quelle del passato sta nel forte sostegno fornito da- gli aerei senza pilota americani (i droni). «Ormai la nostra rete di osservazione aerea permet- te di controllare gran parte del- le zone tribali pachistane. I dro- ni stanno in cielo sino a 24 ore per turno e i nostri centri di co- mando sono coordinati all’oc- correnza con quelli dell’eserci- to pachistano», ci spiegavano un mese fa i comandi dei Mari- nes a Helmand, nell’Afghani- stan meridionale. Elemento, questo, che potrebbe ora garan- tire ai militari di Islamabad quel successo che è mancato nelle tre grandi offensive nella stessa regione dal 2004 all’an- no scorso. Tuttavia, due giorni dopo l’inizio dell’attacco, la situazio- ne resta fluida. Il massimo por- tavoce militare pachistano, ge- nerale Athar Abbas, parla con cautela, ammette che i combat- timenti si svolgono su «terre- no difficile», aggiunge che i ta- lebani uccisi sarebbero «una sessantina», i soldati tre. Da parte talebana i vari comandan- ti ribadiscono la «forte deter- minazione a combattere», «fi- no all’ultimo uomo». Si calcola che, su una popola- zione di circa mezzo milione di persone, 150.000 siano partiti, di cui 20.000 nell’ultima setti- mana. Gli altri 350.000 potreb- bero restare tragicamente coin- volti e allora scatterebbe l’emergenza umanitaria. La pri- mavera scorsa, centinaia di mi- gliaia di civili fuggirono in po- chi giorni dalle vallate di Swat, Dir e Buneir. Il governo e le agenzie di aiuto internazionali montarono campi di tende at- torno alle regioni coinvolte dal- l’offensiva anti-talebana. «Nel Waziristan la popola- zione sapeva già da molto tem- po che noi avremmo attaccato. Numerosi abitanti sono partiti nelle ultime settimane e han- no trovato rifugio da parenti, amici o in seconde case», so- stiene Tariq Hayat Khan, re- sponsabile per gli aiuti nel go- verno provinciale in Waziri- stan. Tuttavia la situazione po- trebbe peggiorare. Nessuno na- sconde che la campagna è an- cora aperta. Tra i 10.000 e 20.000 talebani sono addestra- ti per adottare le tattiche della guerriglia contro 30.000 solda- ti in una delle regioni più im- pervie al mondo. L’esercito uti- lizza elicotteri e caccia. Ma loro conoscono i sentieri più nasco- sti sulle montagne. Hanno or- ganizzato depositi di armi e ci- bo. Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA Esodo I civili lasciano le aree tribali dove l’esercito ha lanciato un’operazione contro i miliziani Ad animare la lotta è il clan Rigi, con il suo attuale leader Abdel Malek. L’obiettivo dichiarato è che i beluci non siano discriminati ❜❜ In marcia Vittime Soccorsi Offensiva in Waziristan, i profughi sono 150 mila Guardiani della Rivoluzione in marcia a una parata militare a Teheran lo scorso anno per commemorare l’anniversario della guerra Iran-Iraq. Il comandante dei Pasdaran ha promesso vendetta ai ribelli sunniti di Jundallah che hanno rivendicato l’attentato (Afp/B. Mehri) Alcune delle 49 persone rimaste uccise ieri nell’attentato in Belucistan, una delle regioni più turbolente dell’Iran. Più in alto, i soccorsi ai feriti, almeno una trentina Uno dei feriti portato in ambulanza (Ap) In fuga Una famiglia di profughi pachistani (Mahsud /Ap) 3 Primo Piano Corriere della Sera Lunedì 19 Ottobre 2009

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Page 1: Chi c è dietro ai responsabili dell attacco Lapistadei ... _Sera_20091019.pdfLa tv di Stato ha detto che Shushtari era nel distretto di Pishin come mediatore in un incontro tra sunniti

La pista dei «soldati di Dio»fra talebani e 007 pachistani

«Puzza di bruciato». C’è qualcosa che non torna nell’atten-tato di ieri in Iran, dice Mohsen Sazegara. Il 1˚ febbraio 1979,Sazegara tornò a Teheran con l’ayatollah Khomeini e per luifondò i Pasdaran (o Guardiani della Rivoluzione). Oggi, dis-sidente a Washington, resta un attento osservatore delle atti-vità del potente corpo militare d’élite. Sazegara non è convin-to che il gruppo sunnita Jundallah sia tanto forte da sferrareda solo un attacco micidiale contro alcuni dei più alti coman-danti dei Guardiani della Rivoluzione.

Cosa c’è dietro quest’attacco?«E’ molto strano. C’erano così tanti comandanti di alto

rango. E’ possibile che sia legato a un conflitto all’interno deiPasdaran piuttosto che a una nuova capacità di Jundallah».

Crede cioè che qualcuno nei Pasdaran abbia aiutato Jun-dallah?

«E’ possibile che ci sia qualcosa sotto: informatori, unacospirazione. Anche se non ne ho la conferma».

Su cosa sono fondati questi sospetti?«Mohsen Rezai è stato comandante in capo dei Guardiani

della Rivoluzione (e poi rivale di Ahmadinejad nelle ultimeelezioni ndr). Nei giorni scorsi il suo sito web diceva che al-cuni generali, membri dei Guardiani sin dai tempi della guer-ra Iran-Iraq, non sono d’accordo con i comandanti più in-transigenti come Hossein Tayeb, che dopo le elezioni ha re-

presso le proteste popola-ri. E dopo che Rezai dicequesto, il generale Shu-shtari, vicario delle forzedi terra, viene ucciso. Sen-to puzza di bruciato... Enon ricordo operazioni incui siano stati assassinaticomandanti di così altorango».

Shushtari era più mo-derato?

«Ho letto che era tra icomandanti ai quali non piacciono le nuove attività dei Guar-diani della Rivoluzione».

Che nuove attività svolgono i Pasdaran in quella zona?«Hanno da sempre basi in ogni città in Iran. E la forza Qo-

ds (della quale Shushtari era pure un comandante, ndr), chesvolge le operazioni all’estero, ha basi nelle province del Kur-distan e Belucistan, per le sue attività in Iraq, Afghanistan ePakistan. Negli ultimi mesi, però, il ruolo dei Pasdaran nellasicurezza è aumentato. Non solo in quella zona. Il loro repar-to d’intelligence sta diventando il ministero d’Intelligencedell’Iran. Tayeb (ex vice-capo dei basiji nella repressione del-le proteste contro Ahmadinejad, ndr) è ora il vice-capo del-l’intelligence dei Guardiani. Il nuovo ministro dell’intelligen-ce, Muslehi, è visto come un loro burattino. Per quello chene so, manderanno via 6 mila persone, il 20% dello staff, dalministero. Tutto è nelle mani dei Guardiani, incluse le opera-zioni contro i terroristi. Nelle zone di confine, hanno assun-to anche i compiti della polizia contro il traffico di droga e dipersone: il nuovo comandante della polizia, Ahmadi Mo-ghaddam, ha un passato di Pasdaran. Due settimane fa han-no preso il controllo della compagnia delle telecomunicazio-ni nazionale. Ma ad alcuni comandanti tutto questo non pia-ce. Credono che i Pasdaran dovrebbero proteggere l’Iran daattacchi nemici, non uccidere la gente in strada, e che la poli-tica, i soldi e la corruzione rovineranno l’istituzione».

La tv di Stato ha detto che Shushtari era nel distretto diPishin come mediatore in un incontro tra sunniti e sciiti.

«Non so che cosa facessero lì, ma non sono certo che sitratti di questo, perché la maggioranza in quella zona è sun-nita, i gruppi sciiti si trovano nel Nord della provincia».

Viviana Mazza© RIPRODUZIONE RISERVATA

SEGUE DALLA PRIMA

Dall’anno di fondazione — 2003 —il gruppo ha cambiato spesso tattiche estrategia. Creato da un ex talebano,Nek Mohammed Wazir, ha alternatoazioni di guerriglia, terrore puro, ag-guati a personalità del potere. Un’attivi-tà resa possibile dai rifugi — a lungotollerati — sul versante pachistano delBelucistan e dalla frontiera tradizional-mente porosa (quasi mille chilometri).Ad animare la lotta il clan Rigi, con ilsuo attuale leader Abdel Malek, e unobiettivo dichiarato: quello che i belucinon siano discriminati. E visto che gliayatollah hanno spesso calpestato i di-

ritti della minoranza, Jun-dallah si è sentito autoriz-zato ad usare qualsiasimezzo. I Rigi, come spes-so accade da queste par-ti, sono stati in prima li-nea. Pagando duramen-te. Abdul Hamid è statoimpiccato dagli iraniani,un altro fratello — AbdulGafoor — si è trasforma-to in kamikaze all’inter-no di una moschea nel2008.

Il ricorso agli attentato-ri suicidi si è rivelata lanuova arma della ribellio-ne dei beluci, che ha ori-gini lontane. In preceden-za, solo nel lontano1974, si era verificataun’azione kamikaze attri-buibile alla nebulosa irre-dentista.

Per alcuni specialistil’uso delle bombe umaneè la prova dell’influenzadi movimenti islamistisunniti. Quanti credonoa questa tesi sottolineanoalcuni punti: 1) Il capo,Abdel Malek, ha studiatoin una madrassa di Kara-chi frequentata da nume-rosi esponenti talebani.2) La fazione collaboracon una temibile organiz-zazione pachistana, laLashkar-e-Janghvi, prota-gonista di sanguinosi at-

tacchi contro gli sciiti, e il neogruppoTehrik-e-Taliban Belucistan. 3) Un diri-gente del Lashkar, Qari Zafar, avrebbefavorito un contatto con esponenti qae-disti interessati ad aprire un fronte an-che con l’Iran. 4) I «soldati» potrebberovenire coinvolti nell’attività per destabi-lizzare lo strategico porto di Chabahar,usato anche dalla Nato per i suoi riforni-menti destinati all’Afghanistan.

A questi elementi — respinti dai diri-

genti di Jundallah —, si aggiungono isospetti di collusione con gli 007 pachi-stani dell’Isi e, come denuncia Tehe-ran, con quelli alleati. I ribelli partecipe-rebbero a una manovra di accerchia-mento clandestina dell’Iran insieme adaltre formazioni (Fronte arabo diAhwaz, curdi, Mujaheddin Khalq, na-zionalisti). Accuse in questo senso era-no state mosse durante l’amministra-zione Bush, ritenendo che la Cia avessearmato i separatisti per destabilizzarel’Iran.

Per gli osservatori la fazione ribellesi sarebbe accostata all’area jihadistaper necessità. Come ha ammesso lostesso Rigi, Jundallah ha problemi difondi e rendendo più strette le relazio-ni con l’area jihadista avrebbe benefi-ciato di aiuti provenienti dal Golfo Per-sico. Poi c’è l’atteggiamento ambiguodei pachistani. Le autorità di Islama-

bad hanno lasciato fare, tanto è veroche lo stesso Abdel Malek è stato segna-lato molte volte nelle cittadine di confi-ne — Taftan, Turbat —, insieme a unaventina di guardie del corpo. Un’ospita-lità a intermittenza. La polizia, con unsegno di buona volontà verso Teheran,ha condotto rastrellamenti che hannoportato allo smantellamento di nume-rosi nuclei. Uno dei fratelli Rigi è statoarrestato e consegnato proprio ai Pa-sdaran.

Altro aspetto, non secondario, èquello militare. La componente guerri-gliera di Jundallah appare piuttosto ri-dotta: 700-1000 militanti a tempo pie-no, di cui solo 200 schierati, come diceil leader, «sulle montagne». Un nume-ro sufficiente, però, per cogliere di sor-presa i Guardiani della Rivoluzione.Dunque è possibile che per rilanciarel’offensiva i ribelli abbiano cercato aiu-ti esterni. Nel loro terreno di cacciaoperano contrabbandieri, trafficanti didroga e spie dai molti colori. Essere«soldati di Dio» non impedisce di strin-gere, a volte, un patto con il Diavolo.

Guido Olimpio© RIPRODUZIONE RISERVATA

E’ molto strano.C’erano così tanticomandanti di altorango. Sento puzzadi bruciato

Intervista L’ex Pasdaran

«Forse un complottocontro gli ufficialimeno intransigenti»

Il leader e l’obiettivo

La ricostruzione Chi c’è dietro ai responsabili dell’attacco

L’importante differenza tral’attuale offensiva dell’esercitopachistano contro le milizie ta-lebane nel Waziristan meridio-nale e quelle del passato stanel forte sostegno fornito da-gli aerei senza pilota americani(i droni). «Ormai la nostra retedi osservazione aerea permet-te di controllare gran parte del-le zone tribali pachistane. I dro-ni stanno in cielo sino a 24 oreper turno e i nostri centri di co-mando sono coordinati all’oc-correnza con quelli dell’eserci-to pachistano», ci spiegavanoun mese fa i comandi dei Mari-nes a Helmand, nell’Afghani-stan meridionale. Elemento,questo, che potrebbe ora garan-tire ai militari di Islamabadquel successo che è mancatonelle tre grandi offensive nella

stessa regione dal 2004 all’an-no scorso.

Tuttavia, due giorni dopol’inizio dell’attacco, la situazio-ne resta fluida. Il massimo por-tavoce militare pachistano, ge-nerale Athar Abbas, parla concautela, ammette che i combat-timenti si svolgono su «terre-no difficile», aggiunge che i ta-lebani uccisi sarebbero «unasessantina», i soldati tre. Daparte talebana i vari comandan-ti ribadiscono la «forte deter-minazione a combattere», «fi-no all’ultimo uomo».

Si calcola che, su una popola-zione di circa mezzo milione dipersone, 150.000 siano partiti,di cui 20.000 nell’ultima setti-mana. Gli altri 350.000 potreb-bero restare tragicamente coin-volti e allora scatterebbe

l’emergenza umanitaria. La pri-mavera scorsa, centinaia di mi-gliaia di civili fuggirono in po-chi giorni dalle vallate di Swat,Dir e Buneir. Il governo e leagenzie di aiuto internazionali

montarono campi di tende at-torno alle regioni coinvolte dal-l’offensiva anti-talebana.

«Nel Waziristan la popola-zione sapeva già da molto tem-po che noi avremmo attaccato.

Numerosi abitanti sono partitinelle ultime settimane e han-no trovato rifugio da parenti,amici o in seconde case», so-stiene Tariq Hayat Khan, re-sponsabile per gli aiuti nel go-verno provinciale in Waziri-stan. Tuttavia la situazione po-trebbe peggiorare. Nessuno na-sconde che la campagna è an-cora aperta. Tra i 10.000 e20.000 talebani sono addestra-ti per adottare le tattiche dellaguerriglia contro 30.000 solda-ti in una delle regioni più im-pervie al mondo. L’esercito uti-lizza elicotteri e caccia. Ma loroconoscono i sentieri più nasco-sti sulle montagne. Hanno or-ganizzato depositi di armi e ci-bo.

Lorenzo Cremonesi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Esodo I civili lasciano le aree tribali dove l’esercito ha lanciato un’operazione contro i miliziani

Ad animare la lotta è il clan Rigi,con il suo attuale leader AbdelMalek. L’obiettivo dichiarato èche i beluci non siano discriminati

❜❜In marcia

Vittime

Soccorsi

Offensiva in Waziristan, i profughi sono 150 mila

Guardiani della Rivoluzionein marcia a una parata militarea Teheran lo scorso anno percommemorare l’anniversario dellaguerra Iran-Iraq. Il comandantedei Pasdaran ha promessovendetta ai ribelli sunniti diJundallah che hanno rivendicatol’attentato (Afp/B. Mehri)

Alcune delle 49 persone rimaste uccise ierinell’attentato in Belucistan, una delleregioni più turbolente dell’Iran. Più in alto,i soccorsi ai feriti, almeno una trentina

Uno dei feriti portato in ambulanza (Ap)

In fuga Una famiglia di profughi pachistani (Mahsud /Ap)

3Primo PianoCorriere della Sera Lunedì 19 Ottobre 2009