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Sommario

26 Marzo 1983..............................................................................................................................................13

Sì, certo che è una cosa molto bella e sorprendente dal punto di vista così, specialmente

dell’astrofisica, della fisica in generale; perché si è abituati a pensare, per esempio alle stelle - perché il So-

le non è l’unico ad avere questa natura particolare, diversa da quella che viene sospettata o immaginata - si

pensa generalmente che un corpo che sia molto... che abbia un altissimo grado di calore, conservi.................14

Il riassorbimento di questi corpi celesti, di queste stelle, avviene, come ha spiegato molto bene il Mae-

stro Kempis, ai limiti del Cosmo laddove la materia, dipartendosi dal centro del Cosmo dove è avvenuto il

Big Bang, arriva a raggiungere la velocità critica e si smaterializza: quel punto segna il confine del Cosmo

fisico - è vero? - con la smaterializzazione dei corpi celesti che arrivano in quel punto e quindi vengono ..........15

Cercherò di essere più chiaro: si potrebbe pensare che la fase fra la coscienza cosmica e la Coscien-

za Assoluta fosse... contenesse il passaggio fra la “coscienza multicosmica” nel senso che vi fosse una fu-

sione fra le coscienze cosmiche graduale fino ad arrivare alla Coscienza Assoluta............................................17

E questa consapevolezza, seguendo la successione logica, arriva fino al vertice, cioè fino alla Co-

scienza Assoluta; ma arriva solo seguendo la successione logica. Ecco perché non c’è comunicabilità fra i

Cosmi: perché ogni “sentire” seguendo la sua successione logica arriva al vertice e non arriva laddove non

v’è successione logica; siccome fra i sistemi di “sentire” non v’è successione logica fra loro, non v’è quindi

legamento. ............................................................................................................................................................18

Però io comprendo quello che tu vuoi dire, ma in effetti bisogna sempre tenere presente che tutto lo

spazio e il tempo è proprio... esce fuori dalla limitazione che ha l’essere; in questo momento diciamo

l’essere - è vero? - nel suo complesso, cioè “sentire” come “sentire” di coscienza, e “sentire” in senso lato,

è vero? Solo da questo. Perché se l’essere fosse privo di limitazione.................................................................19

Certo, la risposta può essere data in varie maniere: può essere una risposta inserita in un discorso ge-

nerale ma sempre giusto, come è stato fatto; e cioè che talvolta nell’esprimersi le Entità - specie quelle an-

che, di una certa evoluzione - sono molto preoccupate di non turbare quella che è la convinzione di quelli

che stanno ad ascoltare... (riguardo all’Entità A) ..................................................................................................20

Perché come sempre è stato detto giustamente dai Maestri, non deve mai essere preso, un messag-

gio, valido perché viene firmato da un sedicente personaggio o anche, se non mette il nome, da una perso-

na che dice di essere evoluta, di avere delle mansioni speciali e via dicendo; ma deve essere preso a sé,

proprio come valore intrinseco .............................................................................................................................20

Ora poi, colgo anche l’occasione per dire qualcosa a proposito di varie comunicazioni nelle quali pos-

sono presentarsi Entità che si presentano in altri gruppi, è vero? E qui, il discorso è anche qua molto delica-

to e mi dispiace farlo ma d’altra parte mi sembra giusto, è vero? Allora, quando vi sono i vari Dali, Fratello

Orientale, Kempis e via dicendo...........................................................................................................................21

Purtroppo però, in questo caso, vi era proprio, è vi è tuttora, una frode chiara, lampante; addirittura si è

avuto del materiale e con la speranza che il Cerchio Firenze 77 non uscisse mai fuori, se ne è fatto uso

come di comunicazioni di Entità che venivano a Monza, è vero, cari? E quindi questo fatto, che in un primo

tempo poteva sembrare anche meraviglioso, poi invece andando a vederlo nella realtà ....................................23

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In effetti, alcune volte, nell’apporto c’è proprio un significato particolare; e allora è come un simbolo che

viene naturalmente... non solo simbolo fisico che si ritrova nella forma dell’oggetto fisico o in quello che

quella forma può richiamare, ma proprio come idea legata a quell’oggetto, e che attorno alla quale la per-

sonalità................................................................................................................................................................. 23

Quindi, di fronte ad una persona che abbia del talento e che non lo applichi, non lo sfrutti - è brutto dire

sfruttare, è vero? - per cattiva volontà, e invece una persona che abbia lo stesso talento ma non lo possa

impiegare proprio per mancanza di senso pratico, è chiaro che il Karma è diverso, è vero? Nel secondo ca-

so proprio l’insegnamento .................................................................................................................................... 24

Ecco, la logica fortunatamente... il ragionamento - non la logica - il ragionamento, la mente, viene pro-

prio perché per quella legge naturale si può arrivare a comprendere una cosa prima ponendovi attenzione,

poi capendola con la mente, con il raziocinio (e quindi strumento di primaria importanza la logica), fino a

che poi - ancora non basta perché è capita solo con la mente e non con la coscienza - poi c’è il passaggio .... 25

Poi d’improvviso avviene come una folgorazione, come un lampo; ed ecco la comprensione vera e

propria. Questo proprio sta a dimostrare che in quel momento allora qualcosa si è aperto nella vostra co-

scienza, per cui queste verità vi sembrano più vive, più reali, più vere. .............................................................. 26

Quando ci sono delle sensazioni, dei ricordi, oppure dei movimenti interiori, degli stati d’animo non ben

chiari, identificati, che possono far sospettare che si tratti di riminiscenze, allora bisogna ricorrere allo stru-

mento dell’ipnosi vera e propria; non la paraipnosi della quale ho parlato in altre occasioni, è vero? Non di

quella forma di autosuggestione indotta che fa parlare, aprirsi meglio una creatura, è vero? Non quella;

proprio l’ipnosi profonda, quella lì, allora. François............................................................................................. 27

E poi, piano piano, attraverso a quelle Entità che sapete, che conoscete anche voi - particolarmente

Alan - ho capito la ragione... la ragione. Sapete perché Alan? L’avevo conosciuto in India in un’altra vita.

S’era stati molto amici. E allora, così, lui m’è venuto incontro e m’ha fatto capire. E ho capito questo abban-

dono della vita ultima proprio nel pieno della felicità. E’ stato perché in quell’altra vita m’ero ammazzato.

Sandro ................................................................................................................................................................. 28

Sorelle, fratelli, non abbandonate mai il senso mistico della vita; ma questo non significa battersi il pet-

to. Sovente recarsi in Chiesa significa ricordare che al di là delle vostre vicissitudini quotidiane voi siete per

una ragione ben diversa da quella che appare all’occhio dell’uomo ignaro. Voi siete qua per la ragione che

spesso, quasi sempre, vi sfugge... Teresa .......................................................................................................... 28

02 Aprile 1983 ............................................................................................................................................. 30

Oh, bè, ma sai, entriamo nel campo del fantastico - è vero? - e non amiamo parlare di queste cose.

Anche se, così, a livello di statistica, qualcuno vuol asserire con una certa autorità che esistono certi feno-

meni realmente oggettivi che possono far pensare a qualcosa di strano... (Il Triangolo delle Bermude) ........... 30

E quindi la parapsicologia sarà veramente, dopo un periodo ancora di bonaccia, quella scienza che po-

trà dare delle indicazioni più precise. E mentre da un lato scoprirà, e si dimostrerà in un certo senso, che

moltissimi fenomeni avvengono chiaramente per facoltà inerenti all’uomo - è vero? - come tale, poi si co-

mincerà ad intravvedere che queste facoltà... François ..................................................................................... 31

Rifuggite le abitudini della mente, o amici; e questo potete farlo essendo vigili di voi stessi e soprattutto

cercando di non avere paura del nuovo, di essere fiduciosi nelle vostre forze, nella vostra possibilità di rea-

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gire. Colui che ha paura è perdente in partenza e molte volte quelli che credete vittoriosi non hanno più

possibilità di voi... Maestro Veneziano ................................................................................................................33

16 Aprile 1983 ..............................................................................................................................................34

Che, ripeto, sempre rapportata al livello di evoluzione può anche essere un ideale di vita; mentre poi

nell’epoca del Figlio, dell’amore, diventa un ideale di vita superato, nell’epoca del Padre stesso diventa un

ideale di vita da raggiungere.................................................................................................................................35

Però, avete notato, cari, come certi atteggiamenti poi si ritrovano - dico atteggiamenti tanto per dire

qualcosa perché in questo momento non mi viene un termine più appropriato - modi di essere si ritrovano

all’inizio dell’evoluzione e poi anche più avanti, che visti dall’esterno potrebbero essere anche identici, simili

- è vero? - analoghi...............................................................................................................................................35

Non c’è nessun’altra materia akasica che non faccia parte di una collana di “sentire” di una individuali-

tà; non esiste, è vero? E’ chiaro questo discorso? Allora, dov’è che esiste un mondo che non “sente” ma è

“sentito”? Nei piani della percezione; unicamente lì, allora, è vero? Perché chiaramente se la coscienza co-

smica è formata di tutti i “sentire” individuali.........................................................................................................37

Allora: il “sentire” può limitarsi solo nel “sentire” di essere limitato, e quindi in una data forma di limita-

zione creare un certo mondo; dal vedere questo mondo - vedere nel senso di sperimentarlo e “sentirlo” ve-

ramente - cade una limitazione; ma non è un divenire questo, intendetemi è vero? Il “sentire” crea un’altra

fase meno limitata. ...............................................................................................................................................39

Però è certo... cercate sempre di ricordare che non esistono tempo e spazio, che non esistono piani

come luoghi diversi, è vero? Sono differenti stati di coscienza, di consapevolezza, è vero cari? E che quindi

sono propri di certe limitazioni sensorie; quindi per questo può esistere in uno stesso... non dico in uno

stesso spazio, badate bene, ma in uno stesso ambiente che è l’ambiente cosmico ...........................................40

Sì, fino ad arrivare al vertice che è la coscienza cosmica la quale a sua volta poi ha un altro stato di

coscienza ancora più ampio che è la Coscienza Assoluta, è vero? Però non dovete pensare a gerarchie

come è nel mondo umano, il superiore che insegna all’inferiore, perché lasciato i mondi della percezione

naturalmente voi sapete benissimo che la comunicazione ..................................................................................40

Tant’è vero che se anche fosse necessità per gli altri potrebbe benissimo essere egualmente invece li-

bertà per l’individuo; perché potrebbe, la variante che contiene la storia generale nella quale - non so - deve

essere costituita, creata e mostrata un’opera d’arte o un’invenzione...................................................................41

Perché riguarda più che altro quelle famose capacità che una volta acquisite, se non si impiegano, non

passano poi a quella che è il proprio patrimonio interiore che poi in una vita successiva, o in vite successi-

ve, possono essere fatte riaffiorare o comunque danno all’individuo certe abilità. Quando una creatura ha

certi talenti - talenti dati da quelle che sono le varie costruzioni dei suoi veicoli fisico, astrale e mentale - e

quindi potrebbe avere certe attività.......................................................................................................................42

Invece per una sua cattiva volontà oppure per un suo problema - perché anziché applicarsi a questo si

applica ad altre cose che danno un diverso tipo di sensazione e via dicendo - non lo fa, non impiega il suo

talento. E allora pur avendo in quella vita facilitata l’abilità per esempio - non so - di dipingere o di scrivere e

via dicendo, poi questa abilità non viene tramandata...........................................................................................43

Ecco il discorso che facevo prima della variante; se sono cose belle che dovevano essere necessa-

riamente per l’umanità esiste la variante nella quale a livello della storia generale è vissuta l’opera d’arte fat-

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ta dall’artista, è vero Pietro? Mi intendi? Mentre per lui a livello individuale non è vissuta l’opera d’arte...

François .............................................................................................................................................................. 43

Ecco, voi in questo momento siete coloro che sono sulla soglia di una porta da una parte della quale

stanno queste energie, e dall’altra sta il vostro mondo; e voi in questo momento - non solo in questo ma an-

che in molti altri dei vostri momenti - io mi auguro potete dispensare questa manna celeste a coloro che vi

avvicinano... Teresa............................................................................................................................................. 50

Grazie a voi e ringraziamo tutti i Maestri compreso il Maestro Erto che non si è mai presentato e che

invece è sempre presente. Alan .......................................................................................................................... 50

19 Aprile 1983 ............................................................................................................................................. 52

La logica al servizio dello Spirito. Kempis ................................................................................................... 52

23 Aprile 1983 ............................................................................................................................................. 56

E’ una cosiddetta forza d’animo, è vero? Che però, naturalmente, può essere innescata in modo diver-

so a seconda del tipo di prova, di esperienza faticosa che una creatura sta vivendo. Può esservi

un’esperienza di salute, una malattia dolorosa e quindi il modo di reagire a quello è di un tipo.......................... 60

Allora bisogna, ripeto - è facile parlare così, astrattamente e dal di fuori - ma posso assicurarvi che è

perfettamente inutile lasciarsi abbattere e compatire se stessi nella prova: non serve a niente, è vero? Nien-

te è più importante che cercare di reagire in questo senso: non vedendosi più perseguitati degli altri ma ve-

dendosi oggetto di un’esperienza come tanti altri fanno. ..................................................................................... 60

Ecco, a seconda dell’età in cui avviene il trapasso il significato di quella vita può essere solo per i geni-

tori, per i parenti o coloro che hanno vissuto quell’esperienza dolorosa, ma non può essere affatto per la

persona, per l’individuo, che è trapassato così giovane. E questo vale fino ai tre anni, ai quattro anni, è ve-

ro? Non c’è ancora............................................................................................................................................... 61

E quindi non si può dire che prima di questo Cosmo ve ne sono stati altri e dopo questo Cosmo ve ne

sono altri ancora; perché il “prima” e il “dopo” sono solo dentro un Cosmo; al di là del Cosmo è l’Eterno

Presente e l’Infinita Presenza. Quindi se i Cosmi sono innumerevoli - non infiniti - non sono né prima né do-

po l’uno dell’altro .................................................................................................................................................. 61

Non bisogna amare... addirittura non bisognerebbe neppure amare il Cristo come creatura, ma il Crea-

tore addirittura; quindi figuriamoci amare e venerare il lenzuolo che ha avvolto il suo corpo. Anche se in ef-

fetti questa reliquia ha un carattere autentico ...................................................................................................... 62

Perché il fatto che tutto esista in uno stato di Eterno Presente, di Infinita Presenza, non deve far capire

che tutto esiste già e quindi che è perfettamente inutile che l’uomo si muova o cerchi di agire in un senso o

nell’altro. Bisogna rifarsi alla dimensione del non tempo per capire questo discorso.......................................... 62

Certo che l’insegnamento deve essere assimilato e deve diventare parte di se stessi. E’ altrettanto cer-

to che se non lo si capisse con la mente difficilmente poi entra quella verità a fare parte di se stesso; può

entrare attraverso all’esperienza diretta: se non si capisce una cosa.................................................................. 63

L’intuito può venire anche prima, è vero? Anche prima. Però è proprio una dote peculiare di una certa

evoluzione ma anche di un certo modo di porsi di fronte al problema, che alcuni hanno ma non perché co-

noscono la tecnica ma perché la indovinano si direbbe: cioè lo fanno così, senza esserne consapevoli. Però

l’intuito non riguarda né il tipo di temperamento .................................................................................................. 64

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Sia per colui che muore giovane e per tutti coloro che sono coinvolti, che prendono parte, che sono

colpiti, da questo avvenimento. E’ una benedizione; perché significa che non c’era altro mezzo per loro per

arrivare a capire quel qualcosa che capiscono, o capiranno, attraverso a quella esperienza. ............................64

Caro, è difficilissimo rispondere; ad una domanda generale non si può che rispondere in modo generi-

co: amarle. Se tu le ami allora trovi la maniera di confortarli, di aiutarli, di sostenerli, è vero? Allora non gli

dici delle parole vuote ...........................................................................................................................................65

Però tenete presente sempre di vivere il presente; mentre si è portati a cercare di evaderlo, di essere

proiettati nell’avvenire, di fare una cosa in funzione proprio dell’avvenire, mentre questo dovete cercare di

evitarlo. .................................................................................................................................................................67

Perché bisogna viverlo proprio nella prospettiva di comprensione; anche per poi comprendere, per e-

sempio, gli altri che soffrono: vi sono molte persone che non comprendono le sofferenze degli altri e che in-

vece le comprendono dopo avere avuto un’esperienza dolorosa; quindi il dolore ha servito a dare loro com-

prensione. .............................................................................................................................................................67

Poi può essere tradita questa fiducia e allora il riporre la fiducia in quella persona era un’illusione. Ma

può darsi anche che invece non lo sia; e allora sarebbe la cosa opposta: sei tu che giudichi male una per-

sona che invece non se lo meritava. Ed è molto peggiore, credimi; è molto peggiore giudicare male una

persona che non se lo meriti ................................................................................................................................68

Io non la chiamerei morte apparente perché in effetti sono trapassati veramente; poi la vita riprende.

Insomma, è una questione di termini. Però, che cosa vedono? I sottopiani più bassi del piano astrale? No;

ricordatevi che la visione oggettiva del piano astrale avviene sempre dopo che l’individuo ha superato il pe-

riodo della fase in cui è ripiegato su se stesso .....................................................................................................69

Ecco, durante il sonno possono venire alla superficie e all’uso le facoltà cosiddette paranormali, la

sensibilità più spiccata, i sensi oltre quelli del corpo fisico. Non in tutti però; in coloro che hanno una certa

predisposizione. Per cui è facile che durante il sonno si possano avere delle forme di veggenza ......................70

Mentre poi, durante il sonno, è possibile vedere anche dei cari trapassati, è vero? E vederli vivi, in

condizioni migliori di quanto lo erano prima di trapassare, eccetera; molte volte questi sono sogni veritieri,

non sono dovuti al desiderio di rivederli. Sai come si può fare per distinguere quando è creazione del pro-

prio desiderio ........................................................................................................................................................70

Però è certo che ogni sistema solare ha come minimo... cioè ha un pianeta in cui esiste la vita: ogni si-

stema solare. Quindi pensate voi quanti sono i sistemi solari. Poi vi sono naturalmente... il dire che esiste la

vita non significa dire che esiste una civiltà progredita o che esiste una forma di vita come quella umana ........70

Per quanto riguarda queste visite degli extraterrestri posso confermare che sia attualmente che nel

passato vi sono stati degli avvenimenti che possono chiamarsi “visite”, è vero? Ma però sono sempre avve-

nimenti che non vanno a sfociare in un contatto vero e proprio; cioè, il fine di queste “persone” ........................70

E quindi chiaramente il progresso della scienza, la tecnologia, invia agli abitanti di questa civiltà degli

stimoli che sono necessari alla loro evoluzione; non c’è dubbio, di questo dobbiamo esserne certi. Però non

si deve fare l’errore di credere che solo quegli stimoli siano necessari e siano importanti ..................................71

Però tu dici: come è possibile conoscere se stessi quando una grandissima parte dell’io, la parte in-

conscia, non viene mai alla superficie e non sarà mai conosciuta, ecco. Però non è vero questo discorso,

perché ciò che rimane all’interno, nella parte non consapevole è, più che lo stimolo, più che lo stato d’animo

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vero e proprio, è tutto un insieme di notizie e di informazioni molte delle quali riguardano le vite precedenti...

François .............................................................................................................................................................. 71

Noi non possiamo deludere le vostre aspettative, non possiamo non rispondere al vostro richiamo, ben

sapendo quanto questo nostro parlare possa aiutarvi nella vostra vita di ogni giorno. Ed aiutare non solo per

quanto riguarda i vostri problemi, ma anche rendervi più disponibili verso gli altri e verso i problemi degli al-

tri. Dali.................................................................................................................................................................. 72

30 Aprile 1983 ............................................................................................................................................. 73

Ancora sapete che fino all’85 le cose andranno sempre come le state vivendo, e poi dall’85 molto mol-

to lentamente potranno esservi dei piccoli cambiamenti a livello, non solo vostro nazionale, ma anche mon-

diale, come ho avuto occasione di dire anche altre volte..................................................................................... 73

Però per quanto riguarda la società è naturale che allora bisogna ricorrere al collettivismo per quelle

che sono le istituzioni; certo che le istituzioni sono costituite anch’esse da individui, sono fondate e regolate

da norme fatte dagli uomini, e quindi sono suscettibili di essere perfezionate, non c’è dubbio........................... 75

Certamente che se un popolo è oppresso da un regime o da un governo che conculca tutte le libertà,

che fa delle ingiustizie, eccetera, e ad un certo punto c’è una reazione la quale necessariamente sfocia, di-

co, in una forma di violenza certo che la cosa è vista in modo diverso da come si può aspettare colui che

incentra tutti i suoi principi sulla morale ............................................................................................................... 75

Qualcuno ha detto giustamente che una religione conserva la sua purezza, la sua cristallinità, per una

cinquantina d’anni dal momento in cui il suo fondatore l’ha fondata, o dalla morte del suo fondatore, dopo di

che cominciano le varie degenerazioni, organizzazioni, gli interessi e via dicendo ............................................. 76

Mettete al sicuro, in questo caso, voi stessi; può sembrare un insegnamento egoistico, è vero? Però

mettete al sicuro voi stessi e la vostra coscienza col comportarvi nel modo che i Maestri vi insegnano. Non

crediate che tutto si riduca a voi stessi; perché, intanto voi potete essere d’esempio ad altri............................. 77

Dico: il “sentire” non puoi raggiungerlo con la violenza. Quello che dicevamo prima era diverso, cioè: di

raggiungere, non per te ma per gli altri, per la società, una società migliore anche attraverso alla violenza,

chiamiamola così, a mezzi che non sono pacifici. Allora, in quel caso lì tu hai già quel “sentire”, non è che lo

raggiungi attraverso alla violenza......................................................................................................................... 77

Guarda, è chiaro che molte volte sono reminiscenze di precedenti incarnazioni. Ma da che cosa dipen-

dono queste reminiscenze? Dipendono da azioni le quali comportano in sè questo senso di colpa, azioni

che sono state fatte e che hanno come verità questo senso di colpa che riaffiora nell’attuale vita.................... 79

Ecco, ebbene, dopo lasciato il corpo fisico, nella nuova dimensione passato il periodo - diciamo così -

di transizione e via dicendo, cambia completamente; c’è subito, immediatamente, un desiderio di tornare

ancora sulla Terra a vivere: c’è questo desiderio impensabile e così intenso che durante la vita....................... 81

Poi tu mi hai chiesto se in qualche maniera si vede quella che sarà la prossima esistenza: allora par-

liamo di coloro che sono ad un certo punto di evoluzione, è vero? Perché naturalmente coloro che sono

all’inizio dell’evoluzione in forma umana non hanno questa possibilità di vedere e via dicendo.......................... 81

E come avviene poi il contatto con la nuova incarnazione: da quel momento, quando ha avuto queste

visioni che riguardano la sua prossima incarnazione e che servono poi a sintonizzarlo su quello che sarà la

sua condizione futura, subentra uno stato di totale benessere ed abbandono.................................................... 81

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Allora, potrebbe benissimo essere quindi il discorso, che il macrocosmo, il Cosmo è “sentito” dalla co-

scienza cosmica attraverso a tutti i “sentire” degli individui: coscienza cosmica quale risultato della compo-

sizione di tutti i “sentire” individuali, è vero? Quindi potrebbe essere vero questo discorso. Discorso che fa-

rebbe escludere l’altro per cui non si potrebbe “sentire” diversamente... François.............................................85

07 Maggio 1983 ...........................................................................................................................................86

E’ come dire: in un nastro in cui è registrata una bellissima opera la musica salta fuori nel momento in

cui poni il nastro nel registratore; e così è del tempo e dello spazio che dal piano del non-tempo e non-

spazio, dell’Eterno Presente e dell’infinita presenza, non esistono ma prendono oggettività apparente nel

momento in cui tu sei limitato nella percezione. ...................................................................................................86

Già sapete che il cane, il cavallo, la scimmia e via dicendo, ed altri animali sono già animali individua-

lizzati; a diversità invece delle formiche, delle api, i fili d’erba, i prati, i boschi e via dicendo, gli insetti e così

via, è vero? I quali sono individui biologici, individui nel senso della scienza umana, ma non lo sono per ogni

corpo nel senso spirituale. ....................................................................................................................................87

Supponiamo di numerare il periodo dal momento in cui il Cosmo comincia ad essere emanato, se-

gnamolo con l’anno uno, e il Cosmo che viene riassorbito segnamolo con l’anno cento, l’animale che ha

avuto la sua evoluzione come tale nell’anno novantanove si potrà benissimo reincarnare come uomo

nell’anno dieci .......................................................................................................................................................87

E quindi, allora, se lo spazio, e conseguentemente il tempo - in un’altra dimensione dello spazio se-

condo la scienza - è direttamente connesso e dipendente dalla materia, a materie diverse corrispondono

spazi e tempi diversi; e siccome il piano astrale non è che una diversa dimensione... un diverso stato della

sostanza ...............................................................................................................................................................88

Questa nostra sera nella quale io vi sto parlando è un comun denominatore fra voi che vivete nella di-

mensione fisica coscientemente e io che invece vi parlo da un’altra dimensione; questo comune percepire,

questa relazione fra me e voi che potrebbe al limite anche essere unilaterale ....................................................89

Più che dire cosa sia l’inconscio - che lo spiega benissimo la scienza umana, la psicologia e anche la

psicanalisi, è vero? - più che dire che cosa sia l’inconscio, dove si colloca secondo la struttura dell’essere

che i Maestri ci hanno dato: ed evidentemente quest’inconscio si colloca chiaramente anche nel veicolo a-

strale, nel veicolo mentale ....................................................................................................................................90

Il “Super io” - che può far parte dell’inconscio - è collocato generalmente nella coscienza dell’individuo:

generalmente, il vero “Super io” è collocato nella coscienza dell’individuo. Cioè, qual’è il vero “Super io”? E’

la evoluzione che l’individuo ha raggiunto e che non viene mai perduto, che può mostrarsi come qualità mo-

rale........................................................................................................................................................................90

Quindi l’inconscio è come parte di desideri nascosti sepolti nel corpo astrale, parte di pensieri sepolti

nella mente e parte invece di buone qualità non direi sepolte nella coscienza ma latenti nella coscienza, che

possono scappare fuori allorché vi sia lo stimolo adatto. .....................................................................................91

Quindi l’inconscio dovrebbe riaffiorare solo come stato d’animo e non mai come avvenimento trascor-

so; mentre il subconscio è una cosa che può anche ritornare come cronologia del fatto che tu hai vissuto, è

vero? Cioè, farebbe parte del tuo subconscio quell’avvenimento se poi successivamente attraverso la psi-

canalisi, attraverso a una psicoterapia, tu potessi ritrovare il fatto .......................................................................91

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Questo è molto importante. Ricordatevi, in ogni tipo... anche in tutti i vari medicamenti, le varie cure

anche per malattie di ordine organico, non solo di malattie psicosomatiche eccetera, ma parlo proprio nelle

malattie organiche, è di somma importanza che l’individuo creda e sia sicuro di guarire; è di grandissima

importanza. .......................................................................................................................................................... 92

Anche il Maestro Claudio quando dice: «Voi dovete conoscere voi stessi e fare l’analisi di voi, del vo-

stro egoismo...», non dice che nel momento che voi avete scoperto di essere egoisti avete superato

l’egoismo; no, per carità! L’analisi deve essere costante, deve continuare, è vero? Deve continuare senza

preoccuparsi di quando può avvenire .................................................................................................................. 93

Ma se tu mi dici che una determinata persona, per esempio, si è procurata in qualche maniera un certo

talismano convinta che questo talismano lo salvi dai pericoli o gli dia coraggio, forse è meglio, gli dia corag-

gio; dopo di che è talmente convinta che si sente coraggiosa. Allora non è un’illusione, caro, in effetti quel

talismano gli dà coraggio; non guardare se in sè è un pezzo di carta, o un pezzo.............................................. 93

Ma siccome nessuno mai lo sa questo, quando è Karma veramente, e poi anche il Karma può finire,

quindi chiunque si trovi in uno stato d’infermità sia fisico che psicologico sia convinto che in sè ha le doti, la

capacità di poter reagire e ritrovare l’equilibrio. ................................................................................................... 94

Gli antichi alchimisti, per esempio, cercavano la trasmutazione della materia; ma sapeste quanta tra-

smutazione di materia avviene nel corpo fisico; non avete idea! Voglio dire: chimicamente si possono fare

delle combinazioni, è vero? Non so, uno scambio per esempio: un sale unito ad un altro sale, ne crea altri

due diversi. ........................................................................................................................................................... 95

Per esempio potrebbe provarsi che ad una creatura con una alimentazione strettamente rigida, proprio

cercando di togliere assolutamente il potassio, ad un certo punto il sodio che questa creatura prende attra-

verso, per esempio, ai cibi salati il cloruro di sodio si trasforma in potassio. Proprio c’è una trasformazione a

livello atomico. François...................................................................................................................................... 95

Ma voi non dovete prenderci come conforto, come gruccia; voi non dovete cercare la soluzione al vo-

stro problema attraverso di noi, data come la “manna” piovuta dal cielo. Voi dovete da ciò che vi diciamo

imparare ad affrontare voi personalmente il vostro problema; non farlo risolvere a noi che non potremmo,

ma trovare la capacità di risolverlo voi stessi. Dali .............................................................................................. 96

Ma che tu faresti te? Vorrei vedere venisse la lava di là e t’arrostisse tutti i tuoi aggeggi, che tu faresti

te? Ti parrebbe vero di fermarla, ti sembra? Ti immagini, Giannina, il tuo registratore tutto affumicato? Lilli .... 97

E’ il vostro Alan che viene a salutarvi e a chiudere questo incontro. Vi salutano tutti gli amici, tutti, e vi

benedicono i Maestri. Vi auguro che questa serata rimanga viva nel vostro pensiero e vi sia di utilità nella vi-

ta. Alan................................................................................................................................................................. 98

14 Maggio 1983........................................................................................................................................... 99

Allora quando un individuo, per una qualche ragione mette in moto questa forza psichica, essa forza

della psiche passa al fisico e si hanno le cosiddette guarigioni miracolose, le quali sempre - ripeto - però

non possono mai andare oltre le possibilità di recupero naturali del corpo fisico; perché se un arto è stato

amputato certamente non vi sarà mai l’evenienza che questo arto ricresca. ...................................................... 100

Mentre per quello che è il generale gli avvenimenti sono stabiliti in quel determinato modo. Così è del

resto sempre per le varianti, perché la variante riguarda la libertà di una persona, è vero? La quale, quindi,

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se ha un comportamento che coinvolge il comportamento di altri, o la vita di altri, necessariamente per e-

sercitare questa libertà deve avere una variante sua personale ..........................................................................101

Ognuno di noi, cari, esiste solo nel piano akasico; il suo vero essere, il suo vero “sentire” è nel piano

akasico. Poi se è collegato ad altri veicoli come il veicolo mentale, il veicolo astrale e il veicolo fisico, trasla

la sua consapevolezza fino a credere di essere nel piano fisico; ma questo è un errore di percezione e di

traslazione ............................................................................................................................................................102

Allora, se a un dato punto esiste per un individuo la possibilità di scegliere di muoversi in una direzione

oppure in un’altra, e se nella direzione - chiamiamola “A” - egli deve necessariamente incontrare altre per-

sone le quali da questo incontro debbono avere una certa esperienza, che cosa succede? Che se lui per

ventura scegliesse di seguire la direzione “B” le persone non avrebbero l’esperienza ........................................102

Però questo tipo di verifica non viene mai; perché nel momento in cui vi fosse questa si riaprirebbe ve-

ramente una variante per cui tu non sentiresti la domanda e risponderebbe la tua rappresentazione. Questo

non può mai avvenire perché la realtà è fatta in modo talmente chiaro e perfetto che non avviene questo........103

Quindi il mendicante qualunque sia la scelta dell’altro vedrà un passante che pone un obolo nel suo

piattino, nel piattino del mendicante. Mentre l’altro può scegliere di porlo o non porlo, vivere quella serie di

fotogrammi in cui è disegnato che egli passa di lì e pone l’obolo, o vivere l’altra serie di fotogrammi.................103

Tutto il mondo della percezione non esiste, cari! Se voi usciste fuori dai vostri sensi fisici e poteste ve-

dere la parte di sostanza divina che voi vedete come mondo fisico, per esempio, vedreste tutta un’altra co-

sa diversa: vedreste sostanza indiversificata; niente! E’ solo in funzione dei sensi del corpo fisico ....................104

Se mai proprio quello... se vogliamo andare a vedere qual’è quello reale, quello totale, vediamolo - se

vedere si potesse perché invece si tratta di “sentire” - vediamolo come è in una percezione senza limiti; e

allora nella percezione senza limiti la “sostanza” quella che costituisce Dio, che costituisce l’essere, è la

“sostanza divina” che è sostanza .........................................................................................................................105

D’altra parte però c’è un altro discorso ancora da fare e da dire ed è che: qual’è l’insegnamento morale

più alto che è stato dato dai Maestri? La famosa “Voce” che dice: «Tu avrai capito la vita non quando...»,

eccetera, eccetera: cioè “non quando tu farai del bene, ma quando lo farai pur sapendo che a nessuno ser-

ve, neppure a te stesso ........................................................................................................................................106

E quindi se certe cose non si capiscono prima attraverso alla mente non si arriverà mai a comprender-

le e a “sentirle”. Perché anche... guardate, il mistico, l’illuminato che riesce a “sentire” Dio più di quanto lo

possa fare un’altra creatura, è sempre arrivato a quel punto attraverso a delle esperienze antecedenti ............107

Cioè, voi dite: non vedete... se esiste un fotogramma per ogni unità di mutazione, come è che non si

vede il procedere a scatti in un certo senso, è vero? Certo cari, perché c’è proprio questa persistenza della

percezione nella consapevolezza. C’è questa... e voi del resto la potete controllare in diverse maniere se ci

fate attenzione ......................................................................................................................................................108

Quindi i corpi sono degli automatismi in fondo, cari; cominciando dal corpo fisico, dal corpo astrale e

dal corpo mentale sono degli automatismi, è vero? Questo voi lo avete capito, cari. Poi è la coscienza indi-

viduale che fa sì che questi automatismi agiscano, funzionino in un determinato modo o in un altro. ................109

Però può anche essere che una esperienza finale possa riguardare più creature fuse; naturalmente

deve essere un’esperienza analoga. E poi le comunioni avvengono solo attraverso all’analogia del “sentire”,

a “sentire” equipollenti, altrimenti non potrebbero avvenire..................................................................................109

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Oppure si può partire dal presupposto dell’esistenza di un Dio Assoluto ed allora il Maestro Kempis ti

cuce tutto il discorso e ti porta dunque a dire “cogito ergo sum”, penso quindi esisto. E’ un... - come dire - è

una equazione... è un qualche cosa, una costruzione così logica e conseguente .............................................. 110

Ma non è una loro invenzione; la loro abilità è nel dirla in parole più semplici possibile, più accessibili

possibile, più sintetiche possibile, è vero? Ma loro non fanno altro che vedere la realtà, loro che ci sono, la

più vicina alla Realtà Assoluta, e per noi poveretti tradurla in concetti in maniera che possiamo comprender-

la con la mente..................................................................................................................................................... 110

Direi, guardate, è stato dato questo insegnamento perché proprio in questo momento, in questo seco-

lo, proprio ora fortunatamente con l’istruzione, con la scuola con tutti i suoi difetti e quello che volete, ecce-

tera, eccetera, però la mente dell’uomo è più disposta a ragionare... Fançois................................................... 111

Pochi momenti, figli, per salutarvi e per riprendere un discorso che avete ascoltato e che ha un’enorme

importanza: l’importanza di costruire con la vostra partecipazione mentale una corrente di queste nuove i-

dee che circoli e permei tutti gli uomini. Una corrente silenziosa, invisibile fisicamente... Maestro Venezia-

no ......................................................................................................................................................................... 113

Messaggio all’Alpha Centauri ................................................................................................................... 114

Ecco, allora lo scopo di queste comunicazioni, di questi insegnamenti, è quello di chiarire la realtà in

maniera che ciascuno di voi abbia una visione del mondo in cui vive e in cui è immerso, radicalmente diver-

sa da quella che è stata data fino a questo momento e che era utile e necessaria - è vero? - per certe crea-

ture e certi momenti. ............................................................................................................................................ 114

Perciò, questa visione di Dio così prospettata per secoli e secoli dalle varie religioni - dell’occidente in

verità, perché dell’oriente la prospettazione era diversa - deve essere trascesa. Voi dovete cominciare a

capire che tutti gli esseri, tutti noi, tutto questo mondo, è immerso in Dio ........................................................... 114

Ecco perché dicevo che le verità dello Spirito sono essenzialmente logiche, sono conseguenti, omoge-

nee e quindi sono il riflesso stesso, l’essenza stessa della logica. ...................................................................... 115

E quello che è più bello è che ogni essere è egualmente importante: non c’è un essere più importante

dell’altro, non c’è un Gesù Cristo che è Figlio di Dio ed è più importante del figlio della donna di servizio,

come si usa dire; ogni essere è egualmente importante. Noi tutti siamo egualmente importanti e noi tutti

siamo chiamati ad avere maggiore coscienza di noi stessi... François .............................................................. 116

21 Maggio 1983........................................................................................................................................... 117

Quindi, in un certo senso, chi non trova necessità di saperne di più e se ne vive tranquillamente con le

sue convinzioni, fa bene a restare così da un certo punto di vista; però state certi che la vita lo richiamerà,

lo muoverà dalle sue cristallizzazioni: perché quello di essere felici e tranquilli con se stessi di fronte allo

spettacolo che la vita ogni giorno mostra............................................................................................................. 117

Allo stesso modo rispondo alla vostra domanda se è lecito che voi turbiate il quieto vivere di altri: ecco,

da questo punto di vista - sempre rispettando la volontà degli altri, cioè non facendo violenza a loro perché

se faceste violenza andreste contro l’insegnamento dei Maestri, è vero? - però un certo... chiamiamolo sve-

gliarino, una certa provocazione, voi avete il dovere di farla nei confronti degli altri............................................ 118

Perché dovete sapere che vi sono degli amici che posso seguire più direttamente - diciamo - non vor-

rei dire che mi sono stati affidati, ma insomma, a cui posso essere più vicino; ed altri invece che non posso

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seguire io e seguono altri, è vero? Lui era proprio uno di quelli che ho potuto seguire. Generalmente tutti co-

loro che intervengono a queste comunicazioni.....................................................................................................120

Però il consiglio può essere generale: cioè di vedere questi figli, queste creature, in maniera sempre

aggiornata ai tempi; con questo non intendo dire che voi non lo facciate questo, però in genere il genitore è

sempre portato a ripetere l’esperienza - diciamo - di quando è stato figlio, e quindi di tornare in una mentali-

tà diversa, di avere una mentalità diversa da quella del figlio. .............................................................................123

Allora lo ripeto, perché i nostri Maestri l’hanno detto ed è una cosa meravigliosa: il sesso è un com-

plemento dell’amore, cari; quando c’è l’affetto, quando c’è l’amore, l’intesa fra le creature, è logico che tutto

l’essere risponda; e quindi risponda anche la parte sessuale, è vero? E risponda nella maniera più, direi,

spontanea - non dico naturale perché questo potrebbe trarvi in inganno - nella maniera più spontanea...

François...............................................................................................................................................................125

...voi già sapete come può essere la conclusione: e cioè che chiaramente quando vi sono queste co-

munioni l’essere che prende vita è un essere che raccoglie in sè il “sentire” di tanti altri esseri e quella fu-

sione può avvenire giusto perché sono cadute delle limitazioni. A loro volta queste limitazioni sono cadute

proprio perché vi sono state delle esperienze, cioè degli effetti, che le hanno fatte cadere. Quindi, la fusione

di per sè avviene generalmente... Alan ................................................................................................................127

La fusione può avvenire solo quando il “sentire” è equipollente e allora può avvenire solo allo stesso li-

vello di evoluzione, è vero, Martino? Quindi non c’è questa divisione che tu... questa esperienza che tu di-

cevi; non esiste la possibilità che possa esservi una unione di esseri, una unione di “sentire” fra esseri di

evoluzione diversa... François .............................................................................................................................129

Cari fratelli, care sorelle, lasciate che io mi avvicini a voi e che vi benedica con tutto il mio amore. Siate

grati all’Altissimo che vi ha concesso di assistere a queste riunioni per darvi forza nelle peripezie che la vita

vi pone di fronte. Non perdete mai nè la fede nè la speranza, e siate certi che tutto accade per il vostro be-

ne. Teresa ............................................................................................................................................................130

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26 Marzo 1983

Buonasera, cari. Ecco, allora saluto come sempre le nuove amiche che sono per la prima volta a

queste riunioni così, fra noi, così amichevoli; spero che siano a loro agio e che non si sentano emo-

zionate perché proprio parlare con me non deve dare nessuna emozione; io faccio di tutto perché vi

sentiate a vostro agio e che vi sembri di parlare con un vecchio amico, come in alcuni casi - è vero? -

alcune volte per taluno è veramente così.

Allora, miei cari, eccoci qua ancora assieme a continuare la nostra conversazione; voi oramai

siete proprio collaudati con tutte queste vostre riunioni. Che gioia! Ah, che bellezza ascoltare tutti i

vostri... così, discorsi! Veramente, proprio una cosa meravigliosa, mi congratulo con voi, è vero? Ve-

ramente! Proprio discorsi di alto livello intellettuale; bravi, bravi.

Bene, cari, allora vogliamo continuare? Spero che la favella non vi manchi questa sera e speria-

mo che io possa introdurmi nella conversazione e rispondervi, è vero? Spero proprio di no. Chi è che

vuol cominciare per primo?

Gianna - François?

François - Sì.

Gianna - Mi farò coraggio.

François - Brava, brava Gianna, non te ne manca. Sì cara.

Gianna - Senti François. Abbiamo parlato con Pietro a Roma a proposito di certe lezioni degli anni 60

del Maestro Dali sulla natura e la funzionalità del sole. E anche del problema del riassorbimento da

parte della Terra della Luna in funzione, però, dell’evoluzione delle razze. Non so se ho ripetuto bene

ma sicuramente ci avrai sentiti.

François - Ebbene, che cosa dovrei dire, che cosa dovrei aggiungere.

Gianna - Ecco, non avevamo capito il limite nel quale per noi si avvertiva calore e luce da parte del

Sole mentre in realtà questo non è.

François - Sì, anche ultimamente siamo rientrati in questo argomento. Sì, certo che è una cosa mol-

to bella e sorprendente dal punto di vista così, specialmente dell’astrofisica, della fisica in generale;

perché si è abituati a pensare, per esempio alle stelle - perché il Sole non è l’unico ad avere questa

natura particolare, diversa da quella che viene sospettata o immaginata - si pensa generalmente che

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un corpo che sia molto... che abbia un altissimo grado di calore, conservi tutta la sua materialità, sia

sempre materiale, e che abbia solo di diverso di avere questa altissima temperatura. Mentre così non

è: perché allorché passa una certa soglia - è vero? - che diventa... diventa proprio immateriale direi

quasi, perlomeno passa allo stato di plasma, non è più materialmente fisico, direi, veramente, real-

mente e propriamente fisico, ma è al limite fra il fisico e l’astrale. Per cui, un corpo che fosse così ad

altissima temperatura che la sua materia raggiungesse lo stato plasmatico, non avrebbe più quelle

caratteristiche fisiche che invece hanno gli altri corpi che non hanno quell’altissima temperatura. Per

cui in un certo senso si potrebbe dire - si può dire senza sbagliarsi - che quel corpo non è più mate-

riale nel senso di fisico, è vero? Però materiale rimane sempre perché, voi sapete, tutto è sostanza;

lo stesso Spirito è immateriale nel senso che non è fisico, però è sostanziale, cioè è sempre un qual-

cosa, è sempre una sostanza, la sostanza spirituale. Quindi allora questo corpo che raggiunge...

questa materia fisica che raggiunge un’altissima temperatura non è più materia fisica ma è uno stato

di aggregazione... non si può neppure dire molecolare perché non esistono più neppure le molecole,

va al di là dell’atomo, e quindi diventa ultrafisico, è sulla soglia fra l’astrale e il fisico: e quindi si può

considerare come la porta dell’energia. Perciò, nel piano materiale, laddove la materia raggiunge lo

stato plasmatico si ha come un foro, una mancanza di materia; ecco, in questo senso e da questo

punto di vista va visto il sole, è vero? Ecco, in questo senso.

Alberto - Scusa François.

François - Dimmi caro.

Alberto - Ti rifaccio la domanda che ha fatto la Gianna, a proposito del riassorbimento: ecco, com’è

che si attuerà questo riassorbimento? Non solo da parte... cioè, quello che mi interessa è sapere

come l’uomo sarà riassorbito; perché rimarrà un uomo solo...

François - No, la cosa riguarda l’ambiente cosmico fisico e poi anche tutti gli altri piani; sempre que-

sto va detto nel presupposto che si sta osservando la storia del Cosmo come è raccontata nei foto-

grammi, è vero? Perché poi si sa, l’inizio dei fotogrammi della vita nel Cosmo è l’emanazione, è vero?

Chi li osserva vede l’emanazione del Cosmo. E la fine è il riassorbimento: però tutto l’insieme dei fo-

togrammi va visto nello stato di Eterno Presente, cioè che il movimento è per coloro che sono dentro

o legati a quei fotogrammi; ma al di là, nell’Eterno Presente, tutto è immobile: tanto l’emanazione

quanto il riassorbimento sono in stasi, è vero? E questo va detto. Però il riassorbimento non riguarda

l’uomo, non è che la Terra ad un certo punto viene riassorbita dall’emanazione e quindi gli uomini che

ci sono scompaiono; no, naturalmente...

Gianna - No, non è la Luna che viene riassorbita dalla Terra?...

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François - Quello è un altro discorso...

Gianna - Ecco, io domandavo questo...

François - Quello è un altro discorso. Adesso sto rispondendo ad Alberto. Il riassorbimento di questi

corpi celesti, di queste stelle, avviene, come ha spiegato molto bene il Maestro Kempis, ai limiti del

Cosmo laddove la materia, dipartendosi dal centro del Cosmo dove è avvenuto il Big Bang, arriva a

raggiungere la velocità critica e si smaterializza: quel punto segna il confine del Cosmo fisico - è ve-

ro? - con la smaterializzazione dei corpi celesti che arrivano in quel punto e quindi vengono, in un

certo senso riassorbiti. Poi, alla fine, a forza di trasmigrare naturalmente sparisce l’ultimo presidio di

materia fisica, con quello sparisce l’eventuale spazio, sparisce l’eventuale tempo e sparisce il piano

fisico. Perché lo spazio non esiste come ente a sé - è vero? - ormai lo sapete benissimo, ma è stret-

tamente legato alla materia; sparendo la materia sparisce lo spazio, e quindi l’ultima materia riassor-

bita, l’ultimo spazio sparisce e non c’è più. Ecco, quello è il confine della storia del Cosmo. Ecco, il

discorso invece della Luna che viene riassorbita dalla Terra, non dovete pensare che venga assorbita

- è vero? - dalla Terra; ma nel senso che queste particelle che sfuggono al controllo visivo e percetti-

vo vengono man mano attratte dal magnetismo terrestre, dalla gravitazione terrestre, ecco, in questo

senso qui. E questo provoca anche una particolare situazione dal punto di vista esoterico che riguar-

da la vita delle razze future, è vero? Sì, questi sono discorsi esoterici che il Maestro Dali aveva fatto

particolarmente per coloro che erano presenti allora, ma che non ha mai voluto divulgare perché ri-

guardano aspetti proprio che possono sembrare misteriosi, fantasiosi, favolosi, e che possono inte-

ressare poche persone; l’insegnamento che i Maestri danno a tutti - è vero? - è quello che può ri-

guardare sì, anche una parte filosofica che possa fare capire meglio la realtà - ma d’altra parte che

serva anche a chiarire una visione generale di tutto quanto esiste e di come è la realtà - ma nello

stesso tempo che possa rafforzare la validità della morale, del retto comportamento e via dicendo, è

vero? Lo scopo principale dell’insegnamento essoterico è proprio quello. Poi gli altri risvolti come la

spiegazione dell’Apocalisse, dei Tarocchi, dei Vangeli - è vero? - la parte più nascosta i Maestri non

desiderano che sia divulgata.

Gianna - Ho capito. No, appunto, questo era venuto fuori da una sollecitazione venuta da una tra-

smissione, un documentario, su certi fenomeni inspiegabili sia per le conoscenze tecniche, sia pro-

prio per cose logistiche di ambiente, come non so... quegli idoli dell’isola di Pasqua, come la grande

pista a Macchu Picchu, come certe tombe degli atzechi, come certe scritte dentro le caverne in Asia

Minore che facevano prevedere degli arrivi di Dei celesti, capito? Allora si pensava... si fantasticava

un po’ per trovare un collegamento, come mai...

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François - Ecco, sì, sono tutti quegli aspetti così, un poco particolari che riguardano questi fatti di al-

tre civiltà; vi sono parti che sono certamente veritiere e che non si potrebbero spiegare diversamente.

Ma poi su questo, come sempre succede, chi si lascia convincere da questo aspetto finisce poi col

sentire... col vedere certi fatti solo in quella chiave, è vero? Come del resto, mi sia consentito dirlo -

anche se forse mi farò dei nemici in questo senso - come quelli che sono abituati ad ascoltare le “vo-

ci” della psicofonia, della metafonia o come si chiama, che poi finiscono con l’interpretare qualunque

rumore come fosse una parola che viene... come comunicazione dall’altra dimensione. Bisogna sem-

pre cercare di avere il senso della misura.

Gianna - Quindi erano solo delle immissioni di civiltà terrestri.

François - Sì, vi sono anche stati, per la verità, contatti di altre civiltà; sì, vi sono stati. Però non mai

in forma di interferenza, è vero? Mai, mai; questo ricordatelo, mai in forma di interferenza.

Gianna - Sì, infatti anche come messaggi storici veniva una forma di comunicazione di civiltà altissi-

me e sempre con un contenuto morale molto elevato, da quello che si sa.

François - Certo.

Carmen - François?

François - Dimmi cara, dimmi, dimmi. Abbiamo finito, Gianna, è vero?...

Gianna - Sì, con questo argomento sì...

François - Sì, ecco, e poi continuiamo...

Gianna - Ne troveremo fuori degli altri.

François - Certo, certo. Dimmi, cara Carmen.

Carmen - Ecco, te hai detto spesso che non c’è interferenza fra il nostro mondo ed altri Cosmi; ecco,

è questa la domanda che ti volevo fare: si può dire così, cioè, non c’è interferenza perché la manife-

stazione - quello che noi vediamo, sia pure limitatamente - corrisponde esattamente a un “sentire”

che non ha un altro uguale identico in nessun’altra parte? Per cui quello che noi vediamo si può dire

come dell’Assoluto che ha un Suo “Sentire Assoluto” e una Sua manifestazione totale, ogni “sentire”

ha il suo mondo manifestato?

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François - Eh, certo, certo...

Carmen - E’ perciò che è incomunicabile, diciamo così, un mondo...

François - Sì, però mentre fra un “sentire” e l’altro c’è poi questa... una fase - è vero? - una serie, vi

è poi questa comunicazione che confluisce in un “sentire” unico; mi segui Carmen?

Carmen - Sì.

François - Ecco, allora, non si trova questa confluenza fra i Cosmi. Cercherò di essere più chiaro: si

potrebbe pensare che la fase fra la coscienza cosmica e la Coscienza Assoluta fosse... contenesse il

passaggio fra la “coscienza multicosmica” nel senso che vi fosse una fusione fra le coscienze cosmi-

che graduale fino ad arrivare alla Coscienza Assoluta; così come avviene la comunione dei “sentire”

in seno ad un Cosmo, è vero? Invece questo non c’è, assolutamente non c’è; perché non c’è? Per-

ché i “sentire” sono legati da una successione logica, dicono i Maestri, no? C’è una consequenzialità

nei “sentire”, la logica dei “sentire”; è strano, vero? Sembra un controsenso a voi che avete tanto di-

squisito sulla logica, è vero? Sembra la logica una cosa e il “sentire” un’altra che non abbia nessun

legame con la logica il “sentire”. Ecco, invece la successione dei “sentire” è una successione logica,

è vero? Allora, queste catene di “sentire” legate da una successione logica sono a sistemi, per cui

ciascun Cosmo ha un suo sistema di “sentire” che si sviluppa logicamente in quella forma - è vero? -

e quindi non... sono sistemi separati; ecco perché non vi è comunicazione. Mentre fra un “sentire” e

l’altro c’è questa consequenzialità - è vero, cari? E c’è, tanto che c’è la successione logica fra un

“sentire” e l’altro - fra un sistema e l’altro non v’è questa consequenzialità; vi è solo il punto unico di

contatto, il vertice, la Coscienza Assoluta. Quello e basta. Io non so se sono stato sufficientemente

comprensibile per voi, è vero? Se no ditemi pure.

Carmen - Capito si è capito ma ci scombina un po’. Sì, sono concetti difficili: credo ci vorranno degli

anni per noi per assimilarli bene.

François - Beh, non so come dirvi; supponi sistemi di equazioni, è vero? Ogni equazione ha il suo

svolgimento per arrivare alla soluzione; ogni equazione di “sentire” è un Cosmo che si svolge, arriva

alla conclusione e manifesta tutto il Cosmo, è vero? Però i sistemi di equazione fra loro non hanno

punti di contatto, non hanno delle soluzioni incrociate. No. Quindi...

Carmen - Sì, è quello che i Maestri dicono: ogni Cosmo ha il suo modulo.

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François - Ha il suo modulo, è vero, e quindi è diviso, è separato. Ora direte voi, però se noi esami-

niamo un “sentire”, vediamolo nell’Eterno Presente il “sentire”; che cos’è? E’ un attimo che sembra

venire “da” e andare “a”, è un presente, no? Un presente, è vero, cari? Un presente. Se noi lo guar-

diamo congelato, questo sistema di “sentire” svolto, dalla impostazione dell’equazione fino alla solu-

zione - tutti i vari passaggi li vediamo congelati - diciamo: in fondo ogni “sentire” è lì per sempre e da

sempre nell’eternità, è vero? Allora Carmen dice: «E’ incomunicabile in fondo, perché è lì...»...

Carmen - Sì... io veramente non volevo dire proprio così; è comunicabile nel senso che il successivo

lo comprende...

François - Ecco, allora, ecco il discorso della successione logica; questa consequenzialità, questa

successione logica di ogni “sentire” è quel filo che lega un “sentire” all’altro per cui la consapevolezza

crea l’essere che “sente”, è vero? E questa consapevolezza, seguendo la successione logica, arriva

fino al vertice, cioè fino alla Coscienza Assoluta; ma arriva solo seguendo la successione logica. Ec-

co perché non c’è comunicabilità fra i Cosmi: perché ogni “sentire” seguendo la sua successione lo-

gica arriva al vertice e non arriva laddove non v’è successione logica; siccome fra i sistemi di “senti-

re” non v’è successione logica fra loro, non v’è quindi legamento.

Gianna - Non c’è fusione fra i Cosmi, insomma.

François - Solo nella Coscienza Assoluta; solo là, non prima. Sono successioni logiche diverse.

Carmen - Cioè, questa c’è solo a livello di trascendenza allora vuoi dire; questa fusione tra...

François - Certo, certo, dalla coscienza cosmica nella Coscienza Assoluta c’è la fusione totale.

Carmen - Cioè al di fuori della logica, appunto, al di fuori di un sistema...

François - Al di fuori... alla fine - è vero? - alla fine.

Carmen - Ecco, e poi ti volevo fare, se posso, un’altra domanda.

François - Sì, cara.

Carmen - Mi hanno detto, ho letto, che una limitazione cade dopo la morte, ma può cadere anche

durante...

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François - Può cadere anche durante però più facilmente, più soventemente cade dopo la morte

quando è rivista la incarnazione trascorsa.

Carmen - Ecco, in quel momento può avvenire una fusione con un “sentire”...

François - O più anche...

Carmen - O con più “sentire”; è qui il punto in cui il tempo, praticamente, non esiste più. Cioè, per

capire il non tempo: se a un “sentire” di ampiezza “N” si aderisce l’essere, insomma è rappresentato...

è un “sentire” di ampiezza “N”, è solamente la limitazione, cioè l’angolo di osservazione limitato che fa

il tempo e lo spazio. Appena la limitazione è caduta e la comprensione è maggiore c’è una dilatazio-

ne.

François - Certo.

Carmen - Per cui praticamente il tempo è solo una funzione della limitazione.

François - Certo, è una conseguenza, è vero?

Carmen - E per questo uno di noi può essere contemporaneo a una persona del futuro o a una per-

sona del passato, se la sua comprensione è analoga?

François - Il meccanismo è leggermente diverso, la ragione per la quale esiste la contemporaneità -

è vero? - che si risolve poi in una contemporaneità di “sentire” e non cronologica, è leggermente di-

versa. Però io comprendo quello che tu vuoi dire, ma in effetti bisogna sempre tenere presente che

tutto lo spazio e il tempo è proprio... esce fuori dalla limitazione che ha l’essere; in questo momento

diciamo l’essere - è vero? - nel suo complesso, cioè “sentire” come “sentire” di coscienza, e “sentire”

in senso lato, è vero? Solo da questo. Perché se l’essere fosse privo di limitazione il suo stato di es-

sere e di “sentire” sarebbe al di là del tempo e dello spazio, della successione e della separatività. E’

nel “sentirsi” limitati, ecco come può limitarsi un “sentire” dice il Maestro Kempis: nel “sentirsi” limita-

to. Nel “sentirsi” limitato scappa fuori il tempo, lo spazio, la successione, la separatività. Allora, man

mano che questo “sentirsi” limitato è sempre un “sentirsi” sempre meno limitato, naturalmente

l’essere è sempre meno limitato e naturalmente “sente” sempre meno la successione e sempre me-

no la separatività.

Carmen - Grazie.

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François - Ma non c’è da ringraziare, cari.

Corrado - Scusa, François.

François - Dimmi caro.

Corrado - E’ un’idea, ma io penso che sia sufficientemente importante: come risponderesti tu a quel-

la domanda che fece quella signora che ha perduto la figlia, riguardo a quello che lei diceva che tro-

vava che c’era uno squilibrio fra il detto dell’Entità A e gli insegnamenti dei Maestri. Tu cosa risponde-

resti a questa domanda?

François - Oh, una domanda molto imbarazzante, è vero? Mi vuoi proprio mettere nei guai. Certo, la

risposta può essere data in varie maniere: può essere una risposta inserita in un discorso generale

ma sempre giusto, come è stato fatto; e cioè che talvolta nell’esprimersi le Entità - specie quelle an-

che, di una certa evoluzione - sono molto preoccupate di non turbare quella che è la convinzione di

quelli che stanno ad ascoltare, per cui fra il dire una verità al 100% che non sarebbe accettata - come

dicono giustamente i Maestri - e il dire una verità al 50% che invece sarebbe accettata, viene preferi-

to di dire la verità al 50%, è vero? Però questo discorso, verissimo, talvolta non può giustificare una

diversa spiegazione o enunciazione di certe verità; perché, in effetti, quello che viene detto anzi, non

turba, e semmai quello che turba è proprio quello che viene detto riferito alla logica, è vero? Voglio

dire che dicendo una certa cosa non si travolge quello che può essere la tranquillità di chi ascolta, ma

semmai questa tranquillità viene travolta proprio dal discorso che viene fatto che non torna neppure

logicamente, è vero, caro? Quindi questo discorso del “non turbare” non si può applicare in certi casi:

allora qui bisogna dire che quando si è di fronte a delle affermazioni contrastanti non c’è che da rin-

graziare il fatto che queste affermazioni avvengano, perché questo è un motivo per meglio valutare

quello che viene detto, è vero, cari? Approfondire e vedere quale delle enunciazioni che vengono fat-

te può essere più o meno logica, può essere più o meno veritiera in fondo; perché queste afferma-

zioni vanno sempre inserite nel discorso generale che viene fatto, è vero? E quindi si vede subito se

l’affermazione torna o non torna, se la visione torna o non torna, sta in piedi o non sta in piedi. Quindi

non c’è che da ringraziare l’occasione in forza della quale vi sono queste contrastanti affermazioni

che danno modo di approfondire meglio e di valutare meglio il discorso che viene fatto. Perché come

sempre è stato detto giustamente dai Maestri, non deve mai essere preso, un messaggio, valido per-

ché viene firmato da un sedicente personaggio o anche, se non mette il nome, da una persona che

dice di essere evoluta, di avere delle mansioni speciali e via dicendo; ma deve essere preso a sé,

proprio come valore intrinseco - è vero? - ignorando che sia un’Entità a dirlo, proprio come costruzio-

ne; ma non solo il discorso breve in sé, però inserito nel resto del discorso che viene fatto. Non si de-

vono mai trovare delle contraddizioni in seno allo stesso discorso, è vero? Quando poi, invece, vi so-

no queste contraddizioni proprio nel messaggio dato, allora bisogna che le persone si chiedano se

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veramente questa fonte possa essere cristallina o possa essere inquinata da qualcosa, è vero? Pos-

sa essere inquinata da una sorta di meccanismo particolare nella comunicazione che può dare questi

effetti; allora bisogna domandarsi se veramente chi parla è un’Entità, e se è un’Entità veramente se

dice delle cose che sono in contrasto con quelle che ha detto precedentemente che tipo di Entità è, è

vero? Si dovrebbe dire che è un’Entità di poca evoluzione; ma quando questa comunicazione avviene

ripetuta negli anni allora difficilmente si può giustificare che un’Entità non di alta evoluzione possa

seguitare per degli anni a parlare, diciamo, e a dire delle cose a delle persone che la stanno ad a-

scoltare in tutta buona fede. Allora è più facile in questo caso che si tratti veramente e propriamente

di una “psiche”, una “psiche di vivente”, è vero? E naturalmente quando ci si trova di fronte a questo

discorso della psiche del vivente c’è da chiedersi se questa psiche del vivente parli consciamente, nel

senso che vi sia una frode cosciente oppure vi sia una frode incosciente; in uno stato, cioè, di son-

nambulismo per cui esce fuori questo stato psichico che parla alcune volte coerentemente, altre volte

meno coerentemente, pescando, essendo invocata dai presenti e via dicendo, i quali hanno una par-

ticolare cura e interesse se non altro di prestigio, un lustro di partecipare a un fenomeno particolare e

raro - è vero? - e hanno interesse che questa cosa sia vera. Quindi è un discorso che va visto in tutti i

suoi aspetti, va esaminato senza falsi pudori, senza dire: «Ah, ma se quello dice di essere una Entità

evoluta - o se è ritenuta un’Entità evoluta - io non mi sento all’altezza di indagare il ragionamento...»

e via dicendo; no, il vostro dovere nell’ascoltare è proprio quello di esaminare quello che viene detto.

Lo ripeto ancora una volta: vederlo in sé nell’affermazione limitata alla verità che si sta dicendo, e poi

vedere se questa affermazione non è in contrasto con tutto un altro discorso precedente o seguente -

è vero? - che sta ad illustrare tutto un sistema filosofico in fondo, è vero? Quando, ripeto, vi è questo

contrasto allora si è veramente in dovere verso se stessi di farsi tutte queste domande. E certamen-

te... e certamente la risposta verrà.

Ora poi, colgo anche l’occasione per dire qualcosa a proposito di varie comunicazioni nelle quali

possono presentarsi Entità che si presentano in altri gruppi, è vero? E qui, il discorso è anche qua

molto delicato e mi dispiace farlo ma d’altra parte mi sembra giusto, è vero? Allora, quando vi sono i

vari Dali, Fratello Orientale, Kempis e via dicendo, i Maestri non amano dare nessuna conferma o

smentita, però il dovere di chi ascolta è quello, veramente, di confrontare questi discorsi che vengono

fatti con quello che... diciamo, con quei discorsi che sono stati fatti dai Maestri che per primi si sono

presentati con quei nomi, è vero? E vedere se le cose sono in contrasto più o meno. D’altra parte,

quando non sono in contrasto, non debbono essere delle rimasticature di quello che è già stato detto

attraverso alla pubblicazione dei libri o alla divulgazione delle varie dispense e ciclostili che voi fate;

perché sarebbe una cosa... Perché non debbono essere? Perché sarebbe una cosa completamente

inutile e una ripetizione priva di qualunque significato, è vero? Giustamente è stato osservato che se

quando non v’era la divulgazione degli insegnamenti dei Maestri, da qualche altra parte vi fosse stata

una comunicazione che si firmava Dali e che diceva le stesse cose, la cosa poteva essere compren-

sibile, logica e plausibile; perché da vari gruppi disposti in varie zone il Maestro Dali poteva dare... far

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conoscere così, separatamente, per esempio - dico il Maestro Dali o gli altri Maestri - il suo messag-

gio, è vero, cari? Ma dal momento che queste persone che ricevono queste comunicazioni dal Mae-

stro Dali, dal Maestro Kempis o dal Maestro Orientale, hanno già per altra via le trascrizioni dei mes-

saggi dei Maestri detti, per quale motivo gli stessi Maestri dovrebbero andare a ridire le stesse cose

in forma peggiore con sottoforma di rimasticatura quando esistono gli originali, è vero, cari? E quindi

chiaramente qua si tratta di una di quelle manifestazioni della psiche delle quali dicevo prima, è vero,

cari? Delle quali dicevo prima. Mi spiace forse con questo disilludere tanti chi in buona fede - mi au-

guro in buona fede - dicono di avere le manifestazioni dei Maestri; però, non dico né si né no, le e-

saminino alla luce di questa logica e riescano a vedere se veramente la cosa può essere in sé. Per-

ché dico questo? Perché è importante che ognuno impari a giudicare e a valutare il contenuto dei

messaggi.

Partecipante - Posso?

François - Sì cara!

Partecipante - Ti ringrazio di essere qui...

François - Ma non devi... E’ una cosa che ti è dovuta, cara.

Partecipante - Senti, François, io vorrei porti una domanda un tantino personale; tu mi scuserai per

questo e non so, anzi se potrai anche rispondermi. Vorrei chiederti qualcosa riguardo alla razza

dell’America del nord, degli indiani prima che apparissero i bianchi; dunque vorrei sapere, se è possi-

bile, come mai questa mia predilezione particolare. E poi se esistono per il loro insegnamento esote-

rico dei punti di contatto con quello che abbiamo adesso noi.

François - Questo lo puoi vedere te stessa, è vero, cara? Certo che esistono, naturalmente in forma

diversa, naturalmente in simboli diversi che è molto difficile chiarire e interpretare; ma certamente la

verità è unica - è vero? - la verità è unica. In quanto poi alla tua predilezione è chiaramente una rimi-

niscenza - è vero, Laura? - è chiaramente una riminiscenza. Allora qua si torna al discorso che face-

vo prima, no? Per esempio il discorso che certe verità possono essere conosciute ed essere sboccia-

te in seno ad una civiltà, come possono, le stesse verità, essere conosciute e sviluppate in seno ad

un’altra civiltà distante migliaia e migliaia di chilometri. Ora, in antico non c’erano i mezzi di comuni-

cazione che ci sono adesso, quindi gli archeologi, gli studiosi delle civiltà antiche, interpretano questo

fatto dicendo che vi sono state delle comunicazioni fra le civiltà per cui una dottrina è passata

dall’una all’altra, è vero? Certo che questo è avvenuto, anche questo. Però è altrettanto vero che es-

sendo unica la verità può darsi che sia stata intuita tanto dai sapienti di una civiltà come dell’altra, la

stessa verità, e quindi la si ritrova in civiltà che sembrerebbe che non avessero avuto punti di contatto

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come in effetti non hanno avuto punti di contatto, è vero? Allora è bello quando, per esempio, una ve-

rità viene detta qua quando il Cerchio era sconosciuto, e la stessa veniva detta - non so - per esem-

pio a Monza o da un’altra parte, e quindi si ritrovava la stessa verità anche nell’altro Cerchio: sarebbe

stata una cosa meravigliosa. Purtroppo però, in questo caso, vi era proprio, è vi è tuttora, una frode

chiara, lampante; addirittura si è avuto del materiale e con la speranza che il Cerchio Firenze 77 non

uscisse mai fuori, se ne è fatto uso come di comunicazioni di Entità che venivano a Monza, è vero,

cari? E quindi questo fatto, che in un primo tempo poteva sembrare anche meraviglioso, poi invece

andando a vederlo nella realtà si scopre che è una frode cosciente, come frode cosciente è tutta

quell’impalcatura di fenomeni che vengono presentati come autentici ma che autentici non sono, per-

ché basterebbe poco per capire. Ma non vi dirò, la sfacciataggine di queste persone è stata tale an-

che da presentarsi qua - è vero? - presentarsi qua. E’ vero che forse pensavano che come loro fro-

dano vi fossero delle frodi anche qua; e quindi fra ladri, fra frodatori, non si mordono, è vero? Beh,

insomma, io sapete sono “parla chiaro”, e quindi sono per dire le cose. E con questo, naturalmente,

mi farò dei nemici ma probabilmente ve li farò anche a voi, è vero? Quindi questo discorso vi attirerà

delle antipatie anche a voi del Cerchio; d’altra parte è bene che si sappia.

Allora, miei cari. Maria! Maria, abbiamo qua Maria; è con gioia che ti abbraccio, cara; mi fa molto

piacere che tu sia qua. Bene. Allora, miei cari.

Partecipante - François, ti volevo fare una domanda riguardo agli apporti. Volevo sapere se era - di-

ciamo - un mezzo, un modo, più diretto forse e meno mentale per trasmettere dei messaggi o un in-

segnamento direttamente alle persone.

François - In effetti, alcune volte, nell’apporto c’è proprio un significato particolare; e allora è come

un simbolo che viene naturalmente... non solo simbolo fisico che si ritrova nella forma dell’oggetto fi-

sico o in quello che quella forma può richiamare, ma proprio come idea legata a quell’oggetto, e che

attorno alla quale la personalità della persona ricevente può avere un richiamo particolare conscio o

inconscio.

Partecipante - Ecco, ma non è un vero e proprio - diciamo - tramite?

François - Proprio questo che sto dicendo; è proprio quello che sto dicendo.

Partecipante - François?

François - Dimmi cara.

Partecipante - Scusa, quell’esperienza che io ebbi verso i 4 o 5 anni, del riconoscimento di quel

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grosso libro, era una reminiscenza?

François - Sì, cari, naturalmente se voi ne parlate ad uno psicologo vi dirà che sono tutte trasposi-

zioni, simboli, sogni, che assumono la parvenza di realtà; certamente che questa sarà la spiegazione

che vi viene data. Però invece quando vi sono queste forti impressioni sono reminiscenze.

Gianna - Posso?

François - Certo cara.

Gianna - Volevo sapere: se un individuo, poniamo che abbia delle qualità creative però è mancante

di altrettante qualità organizzative, e quindi c’è uno spreco di talento, no? Oltre che avere delle fru-

strazioni a che cosa va incontro?

François - Dal punto di vista karmico dici?

Gianna - Sì, dello spreco del talento.

François - Sì, beh, - è vero? - bisogna sempre tenere presente l’intenzione. Quindi, di fronte ad una

persona che abbia del talento e che non lo applichi, non lo sfrutti - è brutto dire sfruttare, è vero? -

per cattiva volontà, e invece una persona che abbia lo stesso talento ma non lo possa impiegare pro-

prio per mancanza di senso pratico, è chiaro che il Karma è diverso, è vero? Nel secondo caso pro-

prio l’insegnamento avviene poi quando rivedendo la propria vita si accorge di questa mancanza di

senso pratico che è una forma di organizzazione anche di se stessi, è vero? Una forma di organizza-

zione di se stessi. Voi non dovete pensare che il mistico sia tutto volto alle cose dello Spirito e che

praticamente non debba fare niente e non... E’ un errore - è vero? - è un errore. Perché ognuno, ogni

essere veramente equilibrato deve avere anche il senso pratico, deve avere anche una forma di au-

tocontrollo, di potersi inserire nella vita e via dicendo, è vero? In questo senso qui. E quindi rivedendo

la propria vita, rivedendo il proprio modo di agire e via dicendo, se ne duolerà molto di non avere po-

tuto dare... impiegare tutto il suo talento proprio per incapacità di tradurlo praticamente, è vero? E

quindi si concentrerà sulla necessità anche di avere questo senso pratico nell’organizzazione di se

stesso.

Partecipante - Scusa, François, posso?

François - Dimmi, certo, cara.

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Partecipante - Ecco, riguardo al discorso precedente tu hai detto appunto che può essere stata una

reminiscenza: puoi aggiungere qualche altra cosa oppure no?

François - Ma non credo importante, è vero, Laura? Non credo importante. Sono cose che stanno a

dimostrare che lo Spirito dell’uomo incarnato non è nato con il suo corpo fisico, è vero? E che poi

quando è il momento che diventa utile ricordare dettagliatamente le precedenti incarnazioni si ricor-

dano, il ricordo avviene automaticamente.

Partecipante - Ti ringrazio.

François - Non c’è da ringraziare. Cari, vi ho forse già annoiato abbastanza?

Corrado - Mai!

François - Mai; oh, troppo buoni, troppo buoni.

Partecipante - François, scusa. Ieri sera abbiamo parlato della comprensione e mi trovo sempre a

dire la stessa cosa: che per comprendere bisogna andare oltre la mente; cioè per comprendere ve-

ramente una realtà, anche parziale, bisogna che la mente sia... e non serve la logica. Questo è il mio

pensiero ma non so se è giusto.

François - Ecco, diciamo così: la logica... è uno strumento come hai detto giustamente per riuscire a

capire qualche cosa; perché se non vi fosse la logica, se non vi fosse la mente - è vero, cari? - allora

uno il “sentire” o ce l’avrebbe o non ce l’avrebbe: o gli verrebbe il senso mistico, per esempio, e via

dicendo, o non gli verrebbe perché non ce l’avrebbe. Ecco, la logica fortunatamente... il ragionamen-

to - non la logica - il ragionamento, la mente, viene proprio perché per quella legge naturale si può ar-

rivare a comprendere una cosa prima ponendovi attenzione, poi capendola con la mente, con il ra-

ziocinio (e quindi strumento di primaria importanza la logica), fino a che poi - ancora non basta per-

ché è capita solo con la mente e non con la coscienza - poi c’è il passaggio successivo che è la

comprensione, l’assimilazione, il tradurla in propria natura interiore. Quindi la comprensione vera e

propria, quella che fa diventare una verità propria verità interiore facente parte della propria natura va

oltre la mente perché è parte della coscienza, è vero? Quindi va oltre la mente. Però, questa verità

che sta nella coscienza, che è un ampliamento della coscienza può essere raggiunta attraverso a va-

rie vie - è vero? - fra le quali c’è quella del ragionamento, e da qui l’importanza della logica. Può es-

sere capita attraverso al senso mistico e può essere capita attraverso all’esperienza diretta. Però è

chiaro che il capire con la mente è sempre un processo che sta prima della comprensione della co-

scienza. Tant’è vero che una persona... e questo penso l’abbiate riscontrato anche voi: certe verità

che vengono dette dai Maestri sono capite con la mente, però rimangono ancora - alcune le ritrovate

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subito come parte di voi, no? Vi sembra di averle sempre sapute solo che loro le hanno potute dire

con parole e quindi le ritrovate subito, no? Con parole più efficaci, più descrittive, più significative, le

ritrovate subito e le accettate tranquillamente senza traumi - mentre altre le capite anche con la men-

te, però non... - non dico non vi convincono - ma non vi commuovono, non le sentite vere come avete

sentito vere le altre. Poi d’improvviso avviene come una folgorazione, come un lampo; ed ecco la

comprensione vera e propria. Questo proprio sta a dimostrare che in quel momento allora qualcosa

si è aperto nella vostra coscienza, per cui queste verità vi sembrano più vive, più reali, più vere.

Carmen - Ma, François, questi momenti, questi lampi, ci sono ma non si riesce a trattenerli.

François - Perché li vorresti trattenere, come.

Carmen - Beh, a me ogni tanto mi sembra che mi capiti un lampo, però non lo trattengo.

François - E allora non è ancora un lampo vero e proprio; perché trattenere nel senso di non farlo

sparire, di una intuizione momentanea, è vero? Ancora non è veramente e propriamente un lampo né

una folgorazione; è un prodromo.

Gianna - E per ritornare a quello che diceva Franca prima, quando si fanno delle analisi di compor-

tamento e c’è un gran lavoro di contrasti in cui la mente affronta il problema da tante angolazioni e c’è

anche un turbinio di molta faticosa sofferenza, a questo punto è sempre e solo un discorso della

mente o subentra la coscienza in questa fatica dolorosa?

François - Ah, certo che subentra la coscienza indirettamente perché chi vorrebbe addossarsi

un’angoscia, un intimo travaglio... scusate, cari, lo strumento in questo momento non risponde in tut-

te le sue possibilità fisiche nel senso di vocali. Chi vorrebbe subire questo travaglio se non vi fosse

qualche richiamo dal suo intimo? Nessuno, certamente. Vuol dire che almeno a livello di bisogno

questo travaglio è sostenuto, è tenuto in essere - è vero? - di bisogno interiore, è tenuto in essere;

proprio si vuole arrivare ad una soluzione. Perché qua non c’entra l’io, è vero? Perché, vedi, se fosse

l’io, cara, per esempio, non darebbe questo travaglio. Non so: sul fare una cosa o non farla, per e-

sempio; sul dare un aiuto a una persona, è vero? Per esempio, dare un aiuto a una persona compor-

ta un travaglio; ecco, non si può dire che sia l’io perché se fosse l’io non sentiresti nessun sacrificio;

se fosse il tuo io che si vuole abbellire di questa azione per poter poi dire, se non altro a se stesso:

«Ho fatto questa bella cosa... Ho aiutato il tale...», lo farebbe veramente, senza travaglio, direi. Ma

quando c’è travaglio allora c’è veramente...

Carmen - Però riesci a farlo fino in fondo... come tu ben sai questo viaggio che ho fatto a Roma pie-

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no di angoscia? E mi è rimasto un grande dubbio...

François - Sì cara, è vero. Però non c’è dubbio che le cose costano, è vero? Costano. Ecco, e allora

bisogna anche capire questo: che forse Gesù Cristo... sono costate anche a Lui, è vero, Gianna?

Forse inizialmente sentiva meno angoscia di quanto l’hai sentita tu, è vero? Ma però, certo la cara

Gianna, con tutta la stima che io ho per lei, non è Gesù Cristo: semmai potrebbe essere Giovanna

d’Arco. Sto scherzando...

Gianna - Grazie.

Partecipante - François?

François - Sì cara.

Partecipante - Senti, tu prima dicevi alla Franca come uno psicologo considererebbe le reminiscen-

ze. Alla luce di questo tutta la psicanalisi sarebbe da riscrivere...

François - Sì, certo, certo.

Partecipante - Però, gli strumenti della psicoanalisi possono intervenire anche su... cioè, sono sem-

pre validi questi strumenti nonostante che le cose a monte non siano valide?

François - Sì, mi dispiace che questa sera non c’è il mio caro amico Renato, è vero? Glielo direte...

spero di averlo... Perché gli strumenti in questo momento sono efficacissimi... cioè, sono validi quelli

che sono conosciuti, è vero? Però, torno ancora a ripetere, che è importantissimo che l’operatore si

immedesimi nel soggetto, è vero? Ed allora usi certi strumenti piuttosto che altri proprio fidando sulla

sua intuizione. Quando ci sono delle sensazioni, dei ricordi, oppure dei movimenti interiori, degli stati

d’animo non ben chiari, identificati, che possono far sospettare che si tratti di reminiscenze, allora bi-

sogna ricorrere allo strumento dell’ipnosi vera e propria; non la paraipnosi della quale ho parlato in al-

tre occasioni, è vero? Non di quella forma di autosuggestione indotta che fa parlare, aprirsi meglio

una creatura, è vero? Non quella; proprio l’ipnosi profonda, quella lì, allora. Ecco, quella può vera-

mente dare la conferma se si tratta di reminiscenza oppure di trasposizione di rimembranza della vita

presente; solo quella. E quindi gli strumenti debbono essere variati: perché, mentre in alcuni casi può

essere utile e sufficiente la paraipnosi, quella forma di autosuggestione indotta, in altri invece non

serve a niente, ci vuole l’ipnosi profonda.

Bene, cari, allora? Che cosa posso dirvi: abbracciarvi tutti con grandissimo affetto, è vero? Parti-

colarmente queste nuove amiche che sono presenti qua questa sera.

A presto, miei cari, a presto.

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François

Alberto! Son Sandro! Sono venuto a salutarvi.

E poi perché avevo voglia di parlare di tutti i pensieri che ho avuto e di tutte le riflessioni che ho

fatto. Io non son tanto bravo a parlare; insomma, mi piglierete come sono. Volevo dire che io son tra-

passato giovane e nel momento, proprio, che ero felice. Tutta la mia vita è stata molto felice, spen-

sierata; amavo proprio la vita. Allora ero in un momento, proprio, che la felicità mi traboccava da tutte

le parti. Mi sarei dovuto sposare, tutto m’andava bene, e... è successo: sono trapassato. E, natural-

mente, quando ho capito che ero morto la disperazione è stata grossa, molto grossa. E poi, piano

piano, attraverso a quelle Entità che sapete, che conoscete anche voi - particolarmente Alan - ho ca-

pito la ragione... la ragione. Sapete perché Alan? L’avevo conosciuto in India in un’altra vita. S’era

stati molto amici. E allora, così, lui m’è venuto incontro e m’ha fatto capire. E ho capito questo ab-

bandono della vita ultima proprio nel pieno della felicità. E’ stato perché in quell’altra vita m’ero am-

mazzato. E m’ero ammazzato proprio per una ragione che non mi doveva fare ammazzare; non vale-

va la pena. E così ho capito che la vita è una cosa meravigliosa; meravigliosa anche quando non tut-

to va bene. E che bisogna amare la vita anche quando è faticoso vivere. Magari, quando ci s’ha

qualche infermità, quando siamo impediti in qualche maniera, allora ci s’ha, a volte, dei pensieri... di

levarsi dal mondo perché siamo stufi. Invece no! La vita è una cosa importante. E se anche non ci

sembra lì per lì, invece è importantissima. Direte: «Come mai questo ci è venuto a fare questo di-

scorso?». A parte il fatto che nei momenti di dispiacere - io credo - che tutti abbiate pensato di farla

finita - vero? - con quel pensiero, almeno. Ma poi, proprio perché quando voi siete in difficoltà e avete

questo pensiero, è un pochino come se ammazzaste una particina di voi stessi. Sicché non dovete

avere di questi pensieri; non li dovete avere. E allora, quando vi vengono, sapete icché vu’ dovete fa-

re? Pigliare un martello e dare una martellata su... ...fate meglio, date retta a me, vu’ fate meglio che

avere dei pensieri così balzani. Grazie d’essermi stati ad ascoltare.

A presto.

Sandro

Pace sorelle, pace fratelli, pace. La vostra Teresa vi abbraccia e vi benedice.

Sorelle, fratelli, non abbandonate mai il senso mistico della vita; ma questo non significa battersi

il petto. Sovente recarsi in chiesa significa ricordare che al di là delle vostre vicissitudini quotidiane

voi siete per una ragione ben diversa da quella che appare all’occhio dell’uomo ignaro. Voi siete qua

per la ragione che spesso, quasi sempre, vi sfugge: che non può essere contemplata da una visione

materiale della vita. Perciò vi dico: non abbandonate il senso mistico del vostro vivere. Ma questo non

significa che chi non crede non possa avere un suo misticismo, una sua verità trascendentale; non

significa che il materialista non possa essere più mistico del credente. Ricordate di trovare sempre la

giusta misura fra il vostro vivere di ogni giorno dettato dalle necessità della vita contingente e mate-

riale, e il vostro vivere più profondo che ubbidisce alle necessità del vostro essere interiore.

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Vi amo, vi amo tutti, miei cari; sorelle, fratelli, tutti. Pace... pace...

Teresa

Sono qua per salutarvi e per chiudere questo incontro portandovi i saluti del caro Alan. Spero di

ritrovarvi presto qua.

Vi abbraccio pure io. A presto, cari, a presto.

François

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02 Aprile 1983

Buonasera miei cari.

Sono felice di incontrarmi con voi come è successo altre volte, ed anche se questa sera non po-

trò trattenermi a lungo per altri motivi che poi vedrete, egualmente ho l’occasione di stare qualche

momento con voi. Bene, miei cari, innanzitutto come consueto saluto i nuovi amici che sono qua pre-

senti, quelli che non vengono per abitudine e quelli che assistono per la prima volta; e poi saluto an-

che gli altri amici - è vero? - quelli che oramai sono da vecchia data, come si usa dire.

Bene, miei cari, di che cosa vogliamo parlare.

Luciana - François, posso?

François - Certo.

Luciana - Fare gli onori di casa e dire chi sei visto che queste persone...

François - Sì, una voce qualunque, è vero, cara? Una voce qualunque.

Luciana - Sì, una voce qualunque che ha detto di chiamarsi François e che ha il compito di intratte-

nersi con noi e di rispondere alle domande più varie. Perciò se qualcuno vuole fare delle domande le

faccia pure.

Partecipante - François?

François - Dimmi caro.

Partecipante - Puoi dirmi qualcosa del “Triangolo delle Bermude”.

François - Oh, bè, ma sai, entriamo nel campo del fantastico - è vero? - e non amiamo parlare di

queste cose. Anche se, così, a livello di statistica, qualcuno vuol asserire con una certa autorità che

esistono certi fenomeni realmente oggettivi che possono far pensare a qualcosa di strano. Però non

amiamo approfondire perché in effetti dovremmo dire certe cose che potrebbero deludere alcuni, è

vero?

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Cimatti - François?

François - Dimmi caro.

Cimatti - Vorrei chiederti: quale può essere il futuro della parapsicologia? Nel presente la conoscia-

mo; ci sono qui...

François - Degli insigni studiosi e rappresentanti, certo...

Cimatti - Ecco, il futuro nel senso di questo clima di “Iniziazione generale”, come dicono i Maestri, di

grande apertura della coscienza, di novità, che fremono nel mondo...

François - Ecco, guarda, un futuro abbastanza interessante; perché mentre da un lato si segnerà un

muoversi in una direzione un po’ diversa e un ampliarsi del raggio di studio e di riflessione, si dovrà

prendere anche in considerazione il cambiamento che avverrà nella mentalità degli uomini, è vero? In

particolare degli scienziati i quali chi ben è attento a certi segni, mostreranno più precisamente di in-

teressarsi a certe cose che debbono essere osservate e studiate in un modo un po’ diverso, non se-

guendo i tradizionali canoni della scienza sperimentale, è vero? E quindi la parapsicologia sarà ve-

ramente, dopo un periodo ancora di bonaccia, quella scienza che potrà dare delle indicazioni più pre-

cise. E mentre da un lato scoprirà, e si dimostrerà in un certo senso, che moltissimi fenomeni avven-

gono chiaramente per facoltà inerenti all’uomo - è vero? - come tale, poi si comincerà ad intravedere

che queste facoltà, in alcuni casi, sono manovrate da qualcosa che umano non è. Ma naturalmente

questa è una strada ancora lunga. E perché questo: perché se chiaramente tutti i fenomeni - non

parlo di quelli che attualmente studia la parapsicologia ma quelli più complessi, è vero? - fossero di

origine non umana allora sarebbe più facile. Ma un fenomeno molte volte può avvenire per diverse

ragioni, per diverse cause: alcune umane, inerenti alla persona dell’uomo, ed altre volte no, più rara-

mente. Ecco perché da questo, quindi, lo scoprire in questi fenomeni qualcosa di non umano sarà un

po’ difficile, però si arriverà - non dico a provare oggettivamente - ma ad avere degli indizi abbastan-

za probanti, abbastanza indicativi. Certo che questo potrà avvenire soprattutto per il cambiamento di

mentalità degli uomini, è vero? E prima di arrivare a questo cambiamento dovrà esservi veramente la

fine del mondo; non in senso catastrofico e fisico, ma la fine di un vecchio mondo, lenta ma per quan-

to lenta sempre accelerata in relazione a questo tipo di movimento interno. E vi dirò che voi, la vostra

generazione, già comincia a vedere un qualcosa di diverso nonostante i vari Prandi e compagnia, ma

non arriverà a vedere tutto quello che io ho detto. Arriverà però a vedere un cambiamento radicale

nell’atteggiamento degli uomini verso queste forze così sconosciute e inconsuete che qua e là si ma-

nifestano e danno spettacolo, in un certo senso. Quindi io faccio ogni augurio a coloro che seriamen-

te seguono questo campo.

Bene, miei cari, oggi ho assistito alla vostra conversazione con tutti quegli amici che una volta al

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mese si riuniscono per ascoltare i messaggi dei Maestri, è vero? E voi vedete quanto interesse susci-

tino. Ma in confronto a quello che voi non riuscite a vedere perché naturalmente non è seguito, rima-

ne nascosto, è ben poca cosa quello che potete osservare. E posso dirvi che - come se ve ne fosse

bisogno - che il dire dei Maestri porta per molti una grande forza, oltre che una consolazione; ma la

sola consolazione sarebbe ben poco, è vero cari? Porta invece una grande forza e un mutamento

della loro vita.

Luciana - Infatti riceviamo anche tantissime lettere da tutte le parti d’Italia; gente che, a volte, cerca i

libri e non li trova... ne riceviamo moltissime...

François - Sì, è una fortuna per loro, e per voi in fondo che siete un po’ i tramiti di tutto questo, è ve-

ro, cari?

Cimatti - Ha un importanza Firenze in quanto tale?

François - Eh, se volete... sì, è vero? Se volete sì, perché in fondo anche queste cose hanno un loro

significato; niente avviene a caso, è vero.

Bene, miei cari, allora io non voglio annoiarvi oltre...

Partecipante - Scusa, François.

François - Sì, dimmi caro.

Partecipante - Gli amici di Torino hanno chiesto se possono, non so se la prossima volta, telefonarti.

François - Ah, non la prossima volta, la volta dopo, è vero? La volta dopo.

Partecipante - Grazie.

François - Non c’è da ringraziare.

Allora, miei cari, vi saluto tutti con tantissimo affetto.

Luciana - François, quando ci dicono di stare concentrati ci dobbiamo mettere d’accordo su una co-

sa da pensare...

François - No, basta stare presenti a questa serata, è vero? E non pensare ad altre cose.

A presto, miei cari, a presto.

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François

Figli, vi benedico.

Parlare della vita che l’uomo vive momento per momento è parlare in massima parte della sua

mente perché principalmente la vita dell’uomo riguarda un aspetto che è ben distinto dal mondo fisico

o materiale. E parlare della vita mentale dell’uomo significa parlare di mondi diversi, perché ciascun

uomo ha un suo mondo, un suo pensiero, che se anche può essere simile a quello di altri tuttavia si

diversifica profondamente in alcuni aspetti o nel modo in cui egli vive quei suoi pensieri, quelle sue ri-

flessioni. Quindi, paragonare o raggruppare la vita interiore degli uomini è sempre un agire impreciso,

un agire sommariamente; ognuno, lo ripeto, è un mondo a sè ed ognuno vive tutte quelle riflessioni

che sono incentivate dal vivere di ogni giorno in modo del tutto personale. Che significato può avere

allora parlarvi di voi stessi quando chi vi parla non vi conosce? O parlare di esperienze comuni quan-

do, se anche simili sono, sono vissute in modo assai diverso? Parlarvi di questo vostro mondo interio-

re può avere un solo significato che è quello di darvi delle indicazioni, di aiutarvi a comprendere voi

stessi, a comprendere questo vostro mondo che vi trascina, che vi manda sempre laddove forse voi

consapevolmente non vorreste andare, ma dove inconsapevolmente siete attratti. Parlarvi del vostro

mondo interiore ha solo il significato di stimolarvi a conoscervi, a capire il vostro meccanismo di ra-

gionamento, a capire che talvolta la mente gioca dei sottili tranelli conducendovi a comportamenti che

sono nè più e nè meno abitudini. Significa quindi farvi liberare da certe abitudini che sono in fondo

comode, che vi danno una certa sicurezza, perché quello che vi tormenta è l’incertezza, il non sapere

come agire di fronte a situazioni nuove; mentre nelle cose fatte per abitudine si sa che cosa fare

momento per momento. Ecco, però nell’abitudine è la cristallizzazione, e nella cristallizzazione la co-

scienza tace, non si fa strada, non prende il sopravvento sui meccanismi della mente. Quindi non do-

vete avere paura di ciò che chiamate incertezza, ma dovete comprendere che nella non sicurezza c’è

un rapporto migliore con la vera essenza di voi stessi. Talvolta, come dicevo, l’abitudine soffoca la

coscienza, specie quella coscienza che sta nascendo e che ancora non è così delineata da prendere

il sopravvento sulla mente e sulle emozioni.

Rifuggite le abitudini della mente, o amici; e questo potete farlo essendo vigili di voi stessi e so-

prattutto cercando di non avere paura del nuovo, di essere fiduciosi nelle vostre forze, nella vostra

possibilità di reagire. Colui che ha paura è perdente in partenza e molte volte quelli che credete vitto-

riosi non hanno più possibilità di voi: la loro vittoria sta nel non avere paura, nell’essere fiduciosi di se

stessi, e soprattutto nel non appoggiarsi sulle abitudini della mente.

Figli, vi benedico!

Maestro Veneziano

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16 Aprile 1983

Buonasera miei cari, sono contento di vedervi così raccolti, è vero? Vi ringrazio di essere inter-

venuti, cari, e saluto tutti voi, questa sera, tutti, tutti. E in particolare tutti i vecchi amici, possiamo dire,

è vero? Bene, bene carissimi, siamo qua per fare un po’ di conversazione assieme; spero che me ne

darete l’opportunità. Chi è che vuole cominciare a dire qualcosa, a introdurre qualche argomento?

Rosita - Posso chiederti io qualcosa?

François - Sì, cara, perché? Anzi, ti ringrazio di iniziare, è vero?

Rosita - Soltanto perché è una cosa che avevo pensato e ce l’ho pronta, diciamo.

François - Bene.

Rosita - E’ una cosa che riguarda le “Ere”, le “Grandi Ere”: cioè, l’Era del Padre, l’Era del Figlio e

l’Era dello Spirito Santo. Voi ci avete detto che l’Era del Figlio è sotto l’insegna - diciamo - dell’amore;

l’Era del Padre era sotto l’insegna della potenza?

François - Sì, della potenza - è vero? - secondo la tradizione esoterica.

Rosita - Ecco, in che senso...?

François - Dei Rosacroce principalmente, è vero? Furono loro che polarizzarono la loro attenzione

su queste tre Ere e introdussero nell’esoterismo di marca “rosacruciana” proprio questa distinzione,

che sono sempre un po’ convenzionali tutte le distinzioni. In che senso, tu domandi, l’Era della poten-

za: perché l’ideale, diciamo, verso il quale gli uomini volgono in quel periodo è quello

dell’affermazione di se stessi, del predominio sugli altri, della potenza. Che adesso voi siete abituati a

considerarlo forse come... alla luce dell’insegnamento dell’espansione dell’io, come qualche cosa che

non dovrebbe essere, mentre invece se ci riportiamo ai tempi andati in fondo l’uomo che sente il de-

siderio di affermare se stesso e non si lascia abbandonare - non già perché quell’abbandono, che

non significa superamento, ma che significa proprio mancanza di volontà, vivere così, allo stato...

senza alcun indirizzo interiore - rappresenta invece, il fatto di indirizzarsi verso anche l’affermazione

di se stessi, qualcosa che si sopraeleva dal comune grigiore, dal comune livello basso di evoluzione.

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E quindi se da questo punto di vista dell’insegnamento del Maestro Claudio oggi l’Era della potenza

potrebbe far pensare unicamente all’espansione dell’io, ad un aspetto negativo del problema, mentre

invece visto e riportato all’epoca della evoluzione degli individui rappresentava qualche cosa che si

sopraelevava, qualche merito, insomma, se vogliamo parlare in questo senso, di meriti. Quindi, la po-

tenza in questo senso, è vero? L’affermazione di se stessi al di sopra del grigiore, dell’indifferenza,

della tepidezza, della brutalità così, brutalità intesa nel senso animale che non desidera per niente

superare se stesso, che vive così, unicamente di istinti e alla giornata, è vero?

Rosita - Ecco, infatti, la volontà di potenza intesa come l’ha intesa anche Nietzsche, la si può applica-

re a volontà di potenza sui propri istinti, cioè sulla propria vita istintiva e immediata...

François - Sì, anche, certo. Che poi è un aspetto complesso perché poi può diventare anche vera e

propria espansione dell’io, unicamente. Che, ripeto, sempre rapportata al livello di evoluzione può

anche essere un ideale di vita; mentre poi nell’epoca del Figlio, dell’amore, diventa un ideale di vita

superato, nell’epoca del Padre stesso diventa un ideale di vita da raggiungere. Non so se io mi sono

spiegato in un modo sufficientemente chiaro, è vero, cari? Ditemi voi se...

Rosita - Ma allora, François, anche - non so - gli atlantidei, per esempio, avevano come - diciamo -

indirizzo, come mèta, come ideale, la potenza?

François - Hanno avuto a periodi, all’inizio dell’evoluzione in cui si sono dovuti sopraelevare da quel-

la che era l’opinione comune del gregge - è vero? - da quello che era il modo di vita così, come dice-

vo prima, indifferente, abulico, è vero? Però, avete notato, cari, come certi atteggiamenti poi si ritro-

vano - dico atteggiamenti tanto per dire qualcosa perché in questo momento non mi viene un termine

più appropriato - modi di essere si ritrovano all’inizio dell’evoluzione e poi anche più avanti, che visti

dall’esterno potrebbero essere anche identici, simili - è vero? - analoghi, si potrebbero confondere.

Mentre hanno tutto un movimento interiore assai diverso, è vero? Per esempio, appunto, questo vive-

re alla giornata, senza interessarsi di niente, questo stato di tiepidezza, di abulia, può essere

dell’uomo poco evoluto che ancora addirittura quasi non sente neppure l’io nella forma più sottile più

sublimata - è vero? - che è quella delle ambizioni, dell’espansione vera e propria dell’io; conosce

l’egoismo bruto - è vero? - che nel momento in cui ha bisogno cerca di soddisfare il suo bisogno, ma

non arriva ancora a pianificare come invece fa poi l’io quando è nella sua forma più sublime, mi se-

guite, cari? Ecco, questa abulia è propria dell’evoluzione ai primordi, è vero? Che poi si ritrova così,

dal di fuori, a chi osserva un individuo, anche all’individuo evoluto il quale invece è così - diciamo - vi-

ve... “basta a ciascun giorno il suo affanno” proprio perché ha superato tutto; ha superato poi la fase

vera e propria dell’io con i suoi sottilissimi processi di ambizione, di espansione, il non-io, e ritorna e-

steriormente quasi nello stesso modo di essere e di comportarsi dell’uomo inevoluto: esteriormente,

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naturalmente, cari. Così sono, quelle che io sto facendo, delle affermazioni molto superficiali, è vero?

Ma però hanno un loro fondamento.

Rosita - E noi, in noi stessi, come possiamo distinguere se questa abulia, per esempio, appartiene...

ha un aspetto di inevoluzione o...

François - Ecco, cari, non ha nessunissima... per se stessi, è vero? Per gli altri non ha nessunissima

importanza; da qui, ecco il “non giudicare” famoso perché quello che si vede di fuori può apparire in

un modo e la motivazione interiore può essere del tutto diversa, è vero? Quindi non interessarti

dell’evoluzione degli altri perché sono cose che non riguardano... che non ci riguardano, riguardano

loro esclusivamente, è vero, cari? Per se stessi, invece il discorso può essere diverso: però rientra

sempre nel discorso di conoscere se stessi. Non già per riuscire a capire qual’è il proprio grado evo-

lutivo - è vero? - questo mai, cari. Perché uno non deve cercare di scoprire se stesso per dire: «Oh,

sono molto evoluto perché oggi sono riuscito a superare questo stimolo che avrebbe dovuto farmi ar-

rabbiare, reagire, e invece non mi ha fatto reagire...», non per questo scopo, è vero? Però deve inve-

ce conoscere se stesso proprio per questo fattore liberatorio che la coscienza di se stessi conduce

poi al fine.

Rosita - Grazie.

François - Oh, cara, non c’è da ringraziare.

Serenella - Senti, François, io non ho capito bene come avviene quel rapporto fra coscienza cosmica

e macrocosmo; cioè, non capisco... praticamente, che cosa sente la coscienza cosmica se il macro-

cosmo non... la materia cioè, non ha nessun tipo di sensazione, non fa nessuna esperienza? Ecco,

una cosa che non riesco a spiegarmi.

François - Cara, intanto bisogna dire che la coscienza cosmica sente tutta l’intera realtà cosmica, è

vero? Ed è formata, la coscienza cosmica, da unicamente - dice il Maestro Kempis - da tutti i “sentire”

che sono nel Cosmo. Quindi, mentre nel piano fisico può esservi della materia che non entra a far

parte, non costituisce dei veicoli fisici - è vero? Per esempio: il terreno dove voi camminate, gli oggetti

che vi servono per la vostra vita di tutti i giorni, i vestiti e via dicendo - nel piano akasico la coscienza

cosmica è costituita unicamente di tutti i “sentire”, che poi dall’uno all’altro entrano a far parte di quel-

la collana di “sentire” che costituiscono le coscienze individuali, è vero? E’ chiaro questo discorso?

Dimmi Serenella.

Serenella - No, d’accordo ma... si fa una distinzione fra microcosmo e macrocosmo; il discorso del

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microcosmo credo di averlo capito: cioè la sensazione è un tramite che influisce sulla coscienza - no?

- dagli organismi alla coscienza. Ma se non c’è la sensazione, io mi domando, come è possibile, che

cosa si sente di questa vita del macrocosmo se non sperimenta in termini di sensazione?

François - Ecco, allora, siamo d’accordo che la coscienza cosmica è formata unicamente da tutti i

“sentire” che poi fanno parte... sono i “sentire” degli individui?

Serenella - Sì.

François - Non c’è nessun’altra materia akasica che non faccia parte di una collana di “sentire” di

una individualità; non esiste, è vero? E’ chiaro questo discorso? Allora, dov’è che esiste un mondo

che non “sente” ma è “sentito”? Nei piani della percezione; unicamente lì allora, è vero? Perché chia-

ramente se la coscienza cosmica è formata di tutti i “sentire” individuali e non esiste niente altro che

sia al di fuori di questo, è solo “sentire”, è vero? Allora nei mondi della percezione vi sono dunque

delle cose che non “sentono” tuttavia sono “sentite”, è vero?

Serenella - Ecco, è questo...

François - Oh, allora, secondo te come queste cose entrano a far parte della coscienza cosmica?

Attraverso al “sentire” individuale, chiaramente, è vero? E’ chiaro questo discorso? Attraverso al

“sentire” individuale. Ma questo, io ho avuto proprio in questo momento l’autorizzazione di dirlo, di an-

ticiparlo, perché invece sarà oggetto di una lezione del Maestro Kempis, ulteriore, è vero? Ulteriore.

E poi, appunto, il Maestro Kempis parlerà anche della realtà, ancora una volta; perché ogni tanto voi

sapete che i Maestri hanno sempre parlato della verità - è vero? - a volte enunciandola a voi senza

che da parte vostra vi fosse il bisogno di sapere certe cose, è vero? Allora ogni tanto questo concetto

della realtà ritorna; ma ritorna così, non perché è un argomento che di tanto in tanto si ritira fuori per

fare del ripieno, per riempire un oggetto di discussione o di lezione da parte dei Maestri, ma proprio

perché via via andando avanti nell’insegnamento secondo le varie puntualizzazioni, questi concetti si

sottopongono nuovamente al collaudo di quello che già si è approfondito, che già si sa di più. Allora

tornerà il Maestro Kempis, dice, a parlare anche della realtà del mondo della percezione proprio in

rapporto a questo discorso del “sentire”. Del resto il Maestro Kempis ha già gettato i semi da diversi

anni di questo discorso della creazione da parte dei microcosmi di un mondo che poi entra a far parte

della coscienza cosmica proprio attraverso, però, ai microcosmi: attraverso a loro. Vi ricordate, è ve-

ro, l’esempio del colore? Lo dice in una lezione: chiaramente il colore non esiste al di fuori della crea-

zione dell’individuo. Quindi, allora, dovrebbe essere escluso da Dio se Dio non contenesse invece il

“sentire” individuale il quale conosce il colore. In modo analogo è quindi anche per tutti i piani della

percezione. Ma di questo, ripeto, ne parlerà il Maestro Kempis.

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Carmen - François?

François - Dimmi cara, oh... dimmi, dimmi cara.

Carmen - Noi avevamo tentato di discutere di questo argomento in questi giorni; e i filoni della di-

scussione concernevano soprattutto due argomenti. Cerco di fare una domanda sintetica, due cioè:

una, se la capacità di percezione, perciò di conoscenza, perciò di creazione del proprio mondo di ogni

singolo individuo, è condizionato... determinato dal suo grado di “sentire”; cioè, in pratica è come se

fosse, fra virgolette, una sua creazione, se è vero che la sostanza...

François - Certo cara; oh cara, brava, è proprio così...

Carmen - Ecco, ora perciò con questo concetto si capisce abbastanza cose. Allora andando avanti in

questo ragionamento viene abbastanza facile capire un po’ meglio la creazione del tempo e dello

spazio e capire che questo è soggettivo. Ecco, l’intersecazione dei mondi individuali in uno scaglione

di anime deve essere qualche cosa di necessario poi alla successiva fusione; cioè, ci deve essere in

quella... e lì il pensiero nostro casca. Se tu ci potessi dare una definizione, diciamo, della limitazione

del “sentire”; cioè, che cos’è la limitazione del “sentire”? Cosa vuol dire cade una limitazione? Cioè, la

limitazione è intrinseca al “sentire” in qualche modo? E’ un meno di questa quantità di sostanza...

François - Ma... non direi proprio nella quantità, è vero? Però, chiaramente, si dice male perché co-

me si può limitare un “sentire”? Lo dice il Maestro Kempis: solo “sentendo” di essere limitato; solo in

quel modo lì. Perché altrimenti se tu riuscissi a fare una questione di quantità, togliere dei pezzi di

“sentire” opereresti realmente e propriamente un frazionamento reale. Il frazionamento del “sentire”

non sarebbe più virtuale, sarebbe reale, è vero? E da qua decadrebbe tutto il discorso dell’essere e

sarebbe valido il divenire, la molteplicità sarebbe reale e quindi scomparirebbe Dio.

Carmen - Allora si potrebbe dire, per capire, che un “sentire” individuale che crea, diciamo così, il

suo mondo, tra virgolette, nel momento stesso che lo crea si rende conto per conoscenza proprio,

per acquisita conoscenza di questo mondo che non può essere così finito, e va oltre. Cioè, ne capi-

sce la parzialità? Può essere un discorso così?

François - Certo, grosso modo. Anche questo però è stato spiegato dal Maestro Kempis - è vero? -

con il suo esempio dell’uomo che si pone di fronte allo specchio; ricordate? Dice il Maestro Kempis:

«Ma le situazioni del mondo della percezione sono limitate perché sono una proiezione di un “sentire”

limitato o viceversa?». Ricordate quel discorso? Che lì per lì non sembra neppure molto necessario e

invece è profondamente necessario e si scopre dopo perché: proprio è l’una cosa e l’altra. E allora

dice: «E’ come se questo “sentire” attraverso al mondo della percezione riuscisse a vedere se stesso

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e quindi facesse cadere una limitazione». Lo dice - è vero? - chiaramente; le avete trovate queste le-

zioni, cari.

Carmen - Abbiamo discusso molto questo argomento; ora forse qualcuno le aveva lette e ha intro-

dotto questi concetti...

François - E’ proprio così, è vero? Allora: il “sentire” può limitarsi solo nel “sentire” di essere limitato,

e quindi in una data forma di limitazione creare un certo mondo; dal vedere questo mondo - vedere

nel senso di sperimentarlo e “sentirlo” veramente - cade una limitazione; ma non è un divenire que-

sto, intendetemi è vero? Il “sentire” crea un’altra fase meno limitata.

Carmen - Certo. Sì, ecco era di questo... c’eravamo abbastanza arrivati, cioè nel senso che abbiamo

un po’ capito questo concetto; ti si voleva domandare se era vero. E io poi ti volevo domandare se mi

potevi dire qualcosa della compenetrazione dei piani, degli stati di coscienza.

François - E più precisamente, cara? Dimmi.

Carmen - Beh, questa è una cosa che non mi è chiara per niente. Siccome, appunto, non esiste né

tempo e né spazio, e perciò né qua e né là, e tutto deve essere evidentemente compenetrato; e tutto

evidentemente è... appare diciamo al nostro mondo della percezione attraverso alcuni sensi che sono

svegli... desti come sensori, in uno stato di coscienza - per esempio il nostro adesso è il piano fisico -

e poi negli altri piani, diciamo così, si destano altri sensi. Però aperti evidentemente a un’unica realtà

che corrisponde - se è vero quello che hai detto prima - a quel “sentire”, a quel grado di “sentire”, che

ha varie finestre, diciamo, verso la realtà. Io ti volevo dire: anche se i sensi... diciamo i nostri sensi

sono aperti nel piano fisico, però evidentemente se la sostanza del piano fisico viene presa dalla so-

stanza del piano astrale, e poi quella del piano astrale dal piano mentale e l’altra dal piano akasico,

anche se noi non ne siamo consapevoli, coscienti, ci deve essere una continua osmosi tra questi

piani e individualmente e probabilmente anche tra tutti gli esseri fra tutte le...

François - Certo, c’è, Tutto è Uno, è vero? Tutto è Uno.

Carmen - Sì... certo... Non ci sono ancora per formularla con le parole... scusa. Fra un po’ di tempo.

François - No, penso però... io approfitto... ho capito quello che vuoi però approfitto per non rispon-

derti proprio perché questo discorso fa parte del discorso della realtà che farà il Maestro Kempis, è

vero? E quindi lo farà talmente bene lui che sarebbe... con più competenza di me per cui sarebbe un

errore da parte mia entrare nel vivo del problema che forse vi confonderei più ancora le idee. Però è

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certo... cercate sempre di ricordare che non esistono tempo e spazio, che non esistono piani come

luoghi diversi, è vero? Sono differenti stati di coscienza, di consapevolezza, è vero cari? E che quindi

sono propri di certe limitazioni sensorie; quindi per questo può esistere in uno stesso... non dico in

uno stesso spazio, badate bene, ma in uno stesso ambiente che è l’ambiente cosmico, la compene-

trazione di questi mondi i quali non esistono oggettivamente ma sono frutto della percezione indivi-

duale, e per questo motivo possono compenetrare ed esistere nello stesso ambiente: per la loro non

oggettività assoluta, altrimenti non potrebbero compenetrarsi, è vero?

Carmen - Certo, era questo che mi sfuggiva. Non sono oggettivi, sono sempre soggettivi.

François - Sempre soggettivi, sempre; anche quando sembrano oggettivi per il fatto che possono

essere punti di contatto di percezioni soggettive, il famoso “soggettivo universale” di Kant - è vero? -

punti di contatto di tutte le varie soggettività, sono sempre punti di contatto di soggettività e quindi

sono comuni soggettività e non oggettività assolute, è vero?

Allora, cari...

Partecipante - François?

François - Dimmi caro.

Partecipante - Senti, io pensavo giorni fa, mi chiedevo, ma i Maestri avranno dei Maestri a loro vol-

ta?

François - Oh, in genere è così, è vero? Certo, c’è una gerarchia che è data però da questa comu-

nione dei “sentire” e delle coscienze, è vero? E’ così, certo.

Partecipante - Quindi è una gerarchia infinita, praticamente.

François - Sì, fino ad arrivare al vertice che è la coscienza cosmica la quale a sua volta poi ha un al-

tro stato di coscienza ancora più ampio che è la Coscienza Assoluta, è vero? Però non dovete pen-

sare a gerarchie come è nel mondo umano, il superiore che insegna all’inferiore, perché lasciato i

mondi della percezione naturalmente voi sapete benissimo che la comunicazione è attraverso

all’identificazione; e quindi proprio a diventare l’altro, ad essere l’altro - è vero? - ad essere quello che

prima si pensava fosse un altro, un’altra persona staccata da te e quindi è una cosa del tutto diversa,

no?

Cari...

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Serenella - Un’altra cosa... io stavo pensando che non capisco più tanto bene cosa possa essere

“creatività” se la vedo come frutto di necessità; cioè, mi sembra che perda quelle caratteristiche pecu-

liari per cui noi consideriamo una certa cosa un’espressione libera dell’anima... non so... La creatività

è sempre una scelta - cioè fa sempre parte di una libertà - oppure può essere anche frutto di una ne-

cessità?

François - Può anche essere frutto di una necessità, è vero? Però, necessità che cosa intendi tu?

Necessità che ti è dovuta...

Serenella - Intendo... non un momento di libertà, quell’altro momento della storia generale dove non

c’è libertà.

François - Ecco, perché allora dovrebbe essere minore il discorso di importanza della creatività se

corrispondesse ad una necessità della storia generale?

Serenella - Mi sembra che diventa un’altra cosa, non so; forse perché io non riesco bene ad accetta-

re questa...

François - Penso che sia questo discorso - è vero? - che ciò che deve essere allora forse è comun-

que sia che l’individuo vi partecipi o non vi partecipi, ma in realtà non è così, è vero cari? Non è così,

certamente no. Tant’è vero che se anche fosse necessità per gli altri potrebbe benissimo essere e-

gualmente invece libertà per l’individuo; perché potrebbe, la variante che contiene la storia generale

nella quale - non so - deve essere costituita, creata e mostrata un’opera d’arte o un’invenzione o

quello che voi volete - avvenimento che ha un certo rilievo nei confronti della storia generale - a livello

individuale dell’inventore o dell’artista potrebbe esservi una variante per cui egli potrebbe fare

un’opera d’arte o una scoperta nella sua forma migliore corrispondente alla necessità della storia ge-

nerale, oppure non farla così bene per una sua scelta e quindi vivere una variante sua personale, è

vero? Quindi anche il fatto che sia necessità per gli altri non esclude assolutamente che nell’ambito di

quel fatto per l’individuo possa esservi una scelta ancora e una libertà.

Cimatti - François, posso dirti una cosa?

François - Dimmi caro.

Cimatti - C’è un punto, mi sembra, nella “Parabola dei talenti” e poi in certe dichiarazioni anche se di

vecchia data di Dali e non solo di Dali, c’è come un punto di terribilità nell’insegnamento; c’è come la

possibilità non dico di una retrocessione, no, la “Parabola dei talenti” quello che ne ha conservato uno

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per tiepidezza lo dà a chi ne ha di più e quasi ne viene privato: è come se l’evoluzione avesse...

François - Non mettendolo a frutto è quasi come una privazione, sì...

Cimatti - E’ il fatto di questa specie di degradazione nel senso proprio del soldato che viene degrada-

to. E questo è un punto di durezza: anche il passaggio che viene fatto intravedere da un vecchio di-

scorso di Dali quasi ad altri pianeti nel senso di retrocedere, andare ad altre razze in evoluzione per-

dendo la propria; c’è qualche cosa di terribile in questo.

François - Sì, voi non dovete però prenderla così tragicamente. Comunque certo è questo:

l’individuo che dopo il trapasso si accorge di aver lasciato cadere delle occasioni per lui molto fruttuo-

se proprio per cattiva volontà, è certo che sente un grandissimo dispiacere, e vive tragicamente que-

sto fatto; lo vive tragicamente questo fatto. Io più volte vi ho detto quanto poi dopo il trapasso si va a

vedere le cose belle che si sono fatte, belle nel senso di proprio così, morale nel senso che si può

dare a questa parola, l’aiuto agli altri e via dicendo. E quanto invece ci scottano le cose meschine che

si fanno nella vita.

Cimatti - E’ così ampio il margine di libertà?

François - Guarda, non è molto ampio il margine di libertà individuale. Però posso dirvi che c’è que-

sto margine; ed anche se talvolta fra il fare una cosa e il non farla la libertà è relativa, la conseguenza

è molto limitata, tuttavia diventa molto importante una scelta in un senso o nell’altro: moltissimo. Spe-

cie poi quando si rivive la propria ultima incarnazione proprio alla ricerca delle cose buone: natural-

mente questo avviene ad un dato livello di evoluzione, è vero cari? Perché quando l’evoluzione è

proprio all’inizio l’individuo non ha questa facoltà di rivedere chiaramente la sua vita nelle sfumature

proprio, e cogliere quelle cose errate che poi per lui non sarebbero errate ma lo sono errate per uno

di più grande evoluzione, è vero?

Cimatti - Io vorrei solo dire una cosa: che questo riguardava, la mia domanda, anche la possibilità

quasi di perdere il treno - diciamo - evolutivo della propria razza; questo mi sembrava di aver capito

su quelle parabole, al di là del dopo morte del singolo...

François - Sì, è un discorso molto complesso quello della “vite” e dei “tralci”, è vero? E’ un discorso

molto complesso. Perché riguarda più che altro quelle famose capacità che una volta acquisite, se

non si impiegano, non passano poi a quello che è il proprio patrimonio interiore che poi in una vita

successiva, o in vite successive, possono essere fatte riaffiorare o comunque danno all’individuo cer-

te abilità. Quando una creatura ha certi talenti - talenti dati da quelle che sono le varie costruzioni dei

suoi veicoli fisico, astrale e mentale - e quindi potrebbe avere certe attività e svolgerle con una certa

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facilità e non lo fa, cioè non impiega i suoi talenti, ecco, questa facoltà che lui ha, questa abilità che

lui ha non viene tramandata. E quando poi dovrà ritrovarsela, fare qualcosa per cui quella abilità gli

sarebbe stata molto utile dovrà faticare molto di più. Questo è uno degli aspetti - è vero? - del discor-

so, è uno solo degli aspetti. Poi c’è n’è un altro molto più complesso che riguarda proprio il discorso

del “sentire” ma è un po’ prematuro farlo adesso.

Carmen - Perché... cioè le cose se non si agiscono nel senso più lato, cioè... credendoci o pensan-

dole, in realtà non mettono quel seme nel “sentire” che poi resta.

François - Adesso parliamo solo a livello di abilità vera e propria. Allora supponiamo che un artista è

creato con certe sensibilità, e quindi con un veicolo astrale particolare, con un veicolo mentale parti-

colare, sotto un determinato influsso degli astri e via dicendo, posto in un ambiente nel quale egli può

o attraverso alla privazione o attraverso invece alla gratificazione svolgere la sua attività artistica, ha

tutte queste cose favorevoli per creare qualcosa di bello per gli uomini, è vero? Invece per una sua

cattiva volontà oppure per un suo problema - perché anziché applicarsi a questo si applica ad altre

cose che danno un diverso tipo di sensazione e via dicendo - non lo fa, non impiega il suo talento. E

allora pur avendo in quella vita facilitata l’abilità per esempio - non so - di dipingere o di scrivere e via

dicendo, poi questa abilità non viene tramandata nel suo intimo, nella sua coscienza, per cui nelle vi-

te successive non avrà più quell’abilità, non la ritroverà più come invece comunemente si ritrova

quando si è fatto buon uso, è vero?

Cimatti - E quelle cose belle chi le fa? Quelle che deve fare lui.

François - Ecco il discorso che facevo prima della variante; se sono cose belle che dovevano essere

necessariamente per l’umanità esiste la variante nella quale a livello della storia generale è vissuta

l’opera d’arte fatta dall’artista, è vero Pietro? Mi intendi? Mentre per lui a livello individuale non è vis-

suta l’opera d’arte e diventa qualcosa di obbrobrioso, è vero? Adesso l’esempio è portato agli estremi

limiti; ecco perché dicevo prima, appunto, a Serenella che la creatività quando anche deve essere

frutto della necessità degli altri, cioè deve ad un certo punto della storia del mondo essere nato - non

so - un Raffaello che ha fatto certe opere meravigliose - è vero? - deve... diceva Serenella: «Mi sem-

bra che sia per lui un po’ perdere il valore perché lui doveva farle e le ha fatte, e non c’è più la sua

abilità...»; no. Per la storia generale doveva farle però per la sua storia individuale poteva anche non

farle e seguire la variante nella quale non le faceva e quindi aveva tutto un discorso suo alienato dal-

la storia generale. Non so se sono abbastanza chiaro, cari.

Gianna - Sì, questo per quanto riguarda la grande creatività; e quello per quanto riguarda - non so -

le cose più spicciole, che si dice: «Quello ha avuto fortuna...» o «Quello non ha avuto fortuna...», «Ha

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incontrato le persone giuste o ha incontrato le persone sbagliate...», c’è sempre un riferimento di va-

riante anche in questo?

François - C’è sempre, cara, guarda c’è sempre; quando una persona a livello così, specialmente...

a livello di fama per altri, fa qualcosa è sempre perché deve farlo per gli altri anche; e molto spesso

c’è la variante che riguarda la sua vita personale.

Partecipante - Allora come si fa a distinguere, François.

François - Ah no, cari, non ha nessuna importanza questa distinzione; ognuno di voi, ed io anche,

dobbiamo fare il meglio che possiamo fare, è vero? Dobbiamo farlo proprio... applicarci con tutto noi

stessi senza preoccuparci di altro.

Partecipante - Ma allora è giusto ricercare anche l’affermazione per comunicare determinate cose

oppure...

François - Io credo che quando una creatura ha dato il meglio di se stesso è sempre giusto, è vero?

Anche se poi si va a vedere il discorso dell’espansione dell’io ma è diverso; perché un artista può...

dico artista perché è sempre la figura che più può essere simbolizzata e si identifica e meglio si può

comprendere. Quando un artista fa un’opera d’arte, scrive per esempio, deve farlo proprio sotto ispi-

razione ma impiegando tutto se stesso, è vero, cari? Ecco, guai se in quel momento cominciasse a

dire: «Ma io faccio questo perché poi desidero avere il plauso dei miei simili oppure perché poi così

sarò conosciuto, perché poi vincerò dei premi...», eccetera, eccetera. Lui deve... se sente questo im-

pulso non deve ritrarsi, deve farla questa cosa. Perché non è detto che faccia... che si dedichi

all’arte, alla creatività, solo per raggiungere una fama; può farlo proprio per un suo bisogno, una sua

necessità interiore senza neppure pensare lontanamente al successo che avrà o che non avrà, è ve-

ro?

Gianna - Questo lo può fare chi può agire singolarmente nella sua cameretta; ma chi per fare tante

altre forme di cose ha bisogno degli altri... uno può desiderare di fare delle cose bellissime che però

se non si fanno in collettivo non possono essere realizzate rimane un desiderio per conto proprio.

François - Perché Gianna, non mi sembra, è vero? Non mi sembra. Per esempio: un attore, perché

non potrebbe fare delle cose bellissime se deve recitare con altri, è vero?

Gianna - No, non mi sono spiegata; cioè, se non ci sono gli altri... mi dispiace fare il caso Teatro ma

è l’unico che conosco. Voglio dire: un attore... io posso avere, sentire nel mio profondo, una maturità,

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oggi soprattutto poi dopo che ho avvicinato i Maestri, di poter trasmettere il valore di certi testi, ma se

non ho la compagnia, non ho il palcoscenico, io posso sentire Medea, posso sentire Macbeth, posso

sentire tutto ma rimane una cosa...

François - Certo, è un discorso giusto, è vero; però non smentisce quello che stavamo dicendo pri-

ma, no?

Gianna - Cioè, il fatto stesso che uno lo viva... ora si può parlare - non so - anche di un giornalista

che scrive per conto suo; non so, gli altri possono sempre farlo e rimanere nel cassetto, questo... ma

noi se non si vive in quel momento non si è altro davanti allo specchio...

François - Certo, è vero, però non è detto che queste cose non debbono accadere, è vero?

Gianna - No, anche perché è sempre un alto e un basso. Volevo solo sapere a proposito di tutto

quello che si diceva prima, questo discorso della variante, del talento sprecato, se fa parte di un mo-

mento in cui uno fa delle accettazioni e soprassiede oppure fa parte proprio di un discorso che deve

capire...

François - Deve capire...

Gianna - Cioè, cosa si deve capire quando le cose diventano così sterili? Si deve capire qualche co-

sa, non è solo una sofferenza gratuita.

François - Certo; vi può essere un momento nel quale c’è questa riflessione in questa causa per cui

quando uno poi torna nuovamente ad avere la possibilità di fare lo fa con più amore e con più arric-

chimento. Non c’è dubbio, è vero? Sempre... in fondo, vedete, anche nella vita di ogni giorno c’è la vi-

ta attiva e la vita passiva, è vero? E poi sono periodi, ma c’è questo alternarsi, no?

Rosita - François?

François - Dimmi cara

Rosita - Non so se posso farla... cioè io te la faccio questa domanda ma mi dispiace se agli altri non

interessa; ed è l’importanza del concepimento nel tema natale astrologico. Se è vero che questo av-

viene sempre nella posizione di quadratura rispetto alla posizione del sole.

François - Non mi sembra che sia sempre vero questo. Ora devo dirti la verità: che questo argomen-

to non è che mi abbia interessato molto ultimamente, è vero? Per cui non è che abbia approfondito il

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discorso. Però posso sempre ripeterti quello che ho sempre detto e cioè che è importante il discorso

del concepimento. Però c’è un piccolo calcolo che si può fare: dal momento della nascita risalire

all’esatto momento del concepimento. Però non so se mi è consentito di dirlo; se mai ne riparleremo.

No, adesso non credo, è vero? Beh insomma, non sono cose così importanti...

Rosita - No, sai perché? Mi sembra che proprio dato questa macerazione in cui l’uomo vive, che sen-

te il dolore eccetera, e mi sembrava proprio appropriata questa posizione di quadratura fra... cioè la

costruzione proprio della materia, il quadrato e tutta una serie di elementi che vengono fuori fra il

momento del concepimento e quello della nascita.

François - Sì, però non corrisponde sempre; comunque l’osservazione è molto acuta.

Carmen - François?

François - Dimmi cara.

Carmen - A proposito di nascita: tutte le scuole... ritrovano nel momento della nascita un’ansia del

bambino, di tutti i bambini, un tema di separazione che poi hanno descritto è riferito alla madre; c’è

come un tema profondo di tutti gli uomini. Io ti volevo domandare: questo a noi pare che sia vero,

questo senso di separazione non può essere invece il senso di separazione dell’uomo da Dio?

François - Sì, però non c’è una vera e propria separazione dell’uomo da Dio, è vero?

Carmen - No, “senso”...

François - Senso, ecco sì, è giusto. C’è... però più che unicamente dell’uomo da Dio direi proprio la

diaspora, dall’Unità alla molteplicità; c’è questo discorso, sì, fa parte di questo.

Partecipante - Quindi il discorso psicanalitico del rapporto con la madre non c’entra nulla.

François - Direi, è un altro aspetto da questo.

Partecipante - Un’altra cosa François. Se è vero che ogni cosa è perfetta in sé, nel suo presente,

primo elemento; secondo elemento, ciascuno di noi ha le limitazioni che si merita o che si è guada-

gnato eccetera, voi Maestri che ci invitate praticamente con questo insegnamento a divenire qualche

cosa che non siamo, cioè, io l’ho sentito come qualcosa di meravigliosamente... ma è contraddittorio.

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François - Ecco, come rispondereste... adesso mi piace, scusate cari, io non voglio sempre monopo-

lizzare la conversazione, è vero? Ma per esempio, come risponderesti tu, Pietro, a questa domanda.

Pietro - Io risponderei che tutti i momenti sono perfetti; i Maestri non è che ci tirano da fuori, ma è

dall’interno. E’ dall’interno che il mio stimolo... Tu sei - diciamo - tu François, è come la mia voce più

alta, è il mio futuro assoluto che mi parla, ma tutto accade in me e quindi nulla mi sforza ad essere

diverso.

François - Certo, è così.

Carmen - Posso dire qualcosa a proposito di questo?

François - Sì, dimmi.

Carmen - Siccome in realtà voi ci parlate attraverso, appunto, la voce della coscienza per cui quello

che accade qui dipende oltre che da Roberto anche da chi è qua, da noi.

François - Certo, cari, certo; perché avremmo un bel parlare se non ci foste voi. Non in senso fisico,

intendete, se voi non foste presenti e determinanti, quella presenza determinante - è vero? - non fisi-

ca.

Gianna - Praticamente è come se fosse la nostra voce...

Cimatti - Questo enorme amore che ci viene, una pioggia che viene dall’alto...

François - E’ da dentro di voi stessi - è vero? - da voi stessi. Tutto è Uno, cari, tutto è Uno, è vero?

Carmen - A noi questo non ci piace mica tanto...

François - No? E perché?

Carmen - Perché questa pioggia d’amore che sentiamo da voi forse ci sembra più bella se viene

proprio da voi.

François - Oh cari, vi ringrazio ma...

Gianna - Perché si pensa sempre con il senso di separatività...

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François - E’ vero, certo; e poi ripeto non si può levare da qualcosa ciò che non... cioè non si può le-

vare il sangue... come è detto?

Carmen - Da una rapa...

François - Da una rapa, e quindi se voi invece questo amore lo sentite è perché lo avete in voi, è ve-

ro? Diciamo così, è vero? Noi comunque è certo che vi amiamo e vi ringraziamo di darci la possibilità

di suscitare in noi l’amore, è vero, cari?

Cimatti - Dobbiamo fare qualcosa oltre quello che stiamo facendo?

François - Cari, fate abbastanza; e non vi preoccupate che poi, vedi, quando c’è qualcosa da fare vi

viene sottoposta e voi la fate, è vero?

Allora, io vorrei salutare la mia cara Sandra e la mia cara Angela, è vero? Vi ringrazio di essere

qua, è vero, care?

Partecipante - François, ti posso fare una domanda un po’ personale?

François - Sì certo.

Partecipante - Che riguarda un amico, Luciano, non so se sai che ha un problema... che gli devono

amputare probabilmente una gamba; tu mi puoi consigliare più il medico di Marsiglia o questo qua di

Firenze.

François - Ah, di Marsiglia; non è vero... no, vi prego di non credere che questo mio consiglio abbia

qualche origine nostalgica, no cari.

Corrado - Questo è un paese disastrato anche...

François - Di Marsiglia, senz’altro.

Partecipante - Grazie.

François - Niente, care. E ricordatevi che io vi sento, è vero? Vi sento, Angela e Sandra, certo, e an-

che se non ci parliamo e voi non sentite me comunque quello...

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Partecipante - Ma allora sei tu che mi rispondi alle domande che ti chiedo?

François - Certo, fin dove posso arrivare...

Partecipante - E anche tutti i nuovi arrivi senti?

François - Tutti cari; sì, ma non per mia possibilità - è vero? - sono i Maestri che mi danno questa

possibilità perché io di mio non l’avrei, assolutamente.

Cimatti - Noi possiamo continuare a proporci come ponti tra te, François, e gli amici?

François - Certo.

Cimatti - Non è un uso improprio?

François - No, mi fate immensamente piacere. Allora, miei cari amici, credo di avervi stancato abba-

stanza, è vero?

Partecipante - No, anzi...

François - E allora...

Partecipante - François?

François - Dimmi.

Partecipante - Tu hai la possibilità di indicarmi la strada più giusta per uscire da questo vicolo cieco?

François - Sì, la sentirai in te, cara.

Cimatti - François, è possibile che a Michel non venga una materializzazione?

François - E’ vero? A volte il caldo può dare noia e allora... è così, è vero? Può dare noia il caldo e

impedire l’estrinsecarsi del fenomeno - è vero? - e allora quando non ci sono le condizioni favorevoli

non si può insistere. Bene cari, allora vi abbraccio, vi abbraccio tutti con tantissimo affetto.

A presto, cari, a presto.

François

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Pace fratelli, pace sorelle. Vostra Teresa vi abbraccia e benedice.

Concentrate il vostro pensiero a questo momento in cui in modo a voi sensibile sono uniti più

mondi. Siate consci di ciò che questa comunione reca con sè. E immaginate che da quella dimensio-

ne così a voi sconosciuta ora, dove è il centro di ogni energia e di ogni sostegno, giunga qua su voi e

da voi ai vostri cari, ciò di cui il mondo ha ora bisogno. E non è forse quello che voi potete immagina-

re; sono cose diverse che naturalmente e spontaneamente giungono all’uomo ma che possono esse-

re ampliate nella loro portata e nella loro efficacia se l’uomo dispone di buona volontà. Ecco, voi in

questo momento siete coloro che sono sulla soglia di una porta da una parte della quale stanno que-

ste energie, e dall’altra sta il vostro mondo; e voi in questo momento - non solo in questo ma anche

in molti altri dei vostri momenti - io mi auguro potete dispensare questa manna celeste a coloro che vi

avvicinano, a coloro che vi interrogano, a coloro anche che forse vi deridono ma che nella loro deri-

sione vi mostrano quanto grande sia la loro necessità.

Vi abbraccio tutti, tutti fratelli, tutte sorelle. Noi siamo con voi.

Pace... Pace...

Teresa

E’ Alan che viene a farvi il consueto saluto di arrivederci.

Porto i saluti di tutti gli amici: Lilli, Arlotto, tutti gli amici e anche i vostri cari trapassati, che pos-

sono ascoltare queste cose che voi domandate e le risposte. Vi abbracciano tutti.

Cari, allora io vi do un arrivederci.

Grazie a voi e ringraziamo tutti i Maestri compreso il Maestro Erto che non si è mai presentato e

che invece è sempre presente.

Partecipante - E si presenterà?

Alan - Non posso dirlo.

Partecipante - Che cosa rappresenta?

Alan - Il “Raggio di Verità”.

Partecipante - Grazie.

Alan - Un abbraccio forte forte a tutti gli altri vi prego; come io porto i saluti di altri voi portate i

nostri agli altri, tutti, perché vi conosciamo tutti. Veramente, dite loro questo; sono conosciuti come

voi tutti, non ne sfugge uno, tutti. A risentirci presto.

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Alan

Lilli - ...tagliata fuori; io, ti rendi conto? La più importante di tutti. Rompo tutto! Cominciando da que-

sto microfono! Ecco, rotto! Rotto! Così imparano. Tieni Fabrizio questo microfono tutto rotto. Mi di-

spiace per te ma rompo anche la poltrona! La poltrona tutta rotta. Mi hanno chiuso la porta perché

non mi presentassi. Gianna, è tutta invidia, guarda, è tutta invidia! Sono proprio fuori di me. Mi tocca

sventolarmi e sventolare anche... Ennio, Ennio...

Corrado - Perché te non lo dici al tuo sposo?

Lilli - Ah, lo dico, figurati se non lo dico...

Corrado - Io non credo che lui lo sappia...

Lilli - Non lo sa perché se non glielo dico io non lo sa; perché sono io la sua informatrice. Sandra,

Sandra, ma che te lo immagini una parte così a me? Te lo saresti mai immaginata? Ci sono anche

queste care amiche che mi chiamano sempre e io gli fo’ tutti i saluti così mi fanno fare questa figura

come se fossi la figliola della serva; in questa maniera mi trattano! Che è questo affare qui; questo

tubicino che sembra una supposta! Ora ci penso io! Le supposte le dovessero mettere allo struggi-

mento! Ciao ciao. Tanti bacioni.

Lilli

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19 Aprile 1983

Pace a voi.

L’interpretazione della vita in chiave trascendentale è stata in passato quasi esclusivamente pa-

trimonio dei temperamenti mistici: solo chi sentiva che la vita non era solo un fatto fisiologico, poteva

crederlo. Gli altri, i temperamenti razionali, non potevano avere nella ragione un supporto che ren-

desse la fede più fondata, più plausibile.

Noi abbiamo la pretesa di rendere logica la fede nella realtà trascendentale del mondo, o per lo

meno di rendere logica una opinione di tal genere. Perciò parliamo da tempo evitando accuratamente

qualunque affermazione che possa suonare dogmatica, cercando di spiegare logicamente ogni no-

stra asserzione, una volta oggetto solo di fede o per lo meno tanto inaccettabile dalla ragione che al-

tri hanno dovuto imporla come dogma.

D’altra parte, se così non facessimo, saremmo in contraddizione con noi stessi e quindi illogici

dato che da sempre vi raccomandiamo di credere, di quello che vi diciamo, solo ciò che vi convince.

Ecco perché sentiamo nostro dovere il rendere comprensibile logicamente ciò che affermiamo, pro-

prio per non creare una sorta di religione in cui sono accettate e credute alla lettera immagini simboli-

che, e scambiate per realtà favole assurde.

Mi si obbietterà che se quelle storie sono credute ed elevate a dottrina, evidentemente sono rite-

nute logiche. Una simile obiezione merita una analisi proprio in omaggio alla logica.

Innanzi tutto, sgombriamo il campo da qualunque altro motivo che possa fare accettare una fede

senza comprenderla: per esempio il fatto che l’accettante veda nella accettazione una sorta di con-

venienza, che può andare da una convenienza di ordine umano a una d’ordine trascendentale. Sof-

fermiamoci solo sulla affermazione che chi crede qualcosa e l’accetta, la trovi logica.

Intanto che una asserzione sia logica, o sia ritenuta tale, sono due cose diverse. La logica non è

una scelta o una opinione, sicché si può accettare un’asserzione ritenendola logica - quando invece

logica non è - solo se si commette un errore. Poi se si afferma che chi crede a qualcosa e l’accetta è

perché la ritiene logica, si afferma implicitamente la credibilità della logica: cioè si afferma che se una

cosa è logica, è credibile. D’altro canto, però, si afferma anche che possono esservi logiche diverse

che conducono a conclusioni in antitesi, dato che esistono credenze contrastanti.

Prima di approfondire tale aspetto della questione, che credo sia il più importante, vorrei ancora

soffermarmi sul discorso che gli uomini possono credere a qualcosa non solo se quel qualcosa non è

logico in sé, ma anche ritenendolo illogico; cioè pur non comprendendolo logicamente. Quindi il fatto

che vi siano convinzioni contrastanti non dimostra che vi siano logiche contrastanti. E che gli uomini

possano credere a cose aberranti, vi sono esempi a non finire; e che abbiano comportamenti illogici -

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cioè non conseguenti rispetto alle loro opinioni - vi sono altrettanti esempi. Uno dei più divertenti,

proprio perché rimane sul piano inoffensivo della curiosità accademica, è quello della religione che

condanna la bestemmia, cioè l’offesa verbale a Dio, e poi parla di lui come di Colui che sacrifica a sé

il suo divin figliolo per riscattare presso di sé i peccati degli uomini! Siccome si parla di “verità di fede”

- cioè di concetti che ci si rendeva conto fossero incredibili, tanto che si impongono come dogma -

non si può passare tale affermazione al vaglio della logica. Però si può dire che Dio si dovrebbe di-

spiacere di più che si parlasse di Lui in questi termini, che gli si rivolgesse qualche epiteto offensivo.

Non c’è dubbio che una simile concezione di Dio è la più grande bestemmia che si possa concepire.

Allora, tornando ad argomenti più seri: vi è una sola logica, o vi sono più logiche che partendo da

uno stesso presupposto possono condurre a conclusioni diverse? La questione è importante perché,

se fosse vera quest’ultima ipotesi, sarebbe perfettamente inutile che ci appellassimo alla logica per

rendere a voi credibili le nostre affermazioni, dato che non potete controllarle altrimenti, quando poi vi

fosse un’altra logica che tranquillamente potesse far affermare tutto il contrario. Ma in tutta franchez-

za vi dico che se il nostro dire fosse solo una serie di affermazioni buttate là e le nostre parole credu-

te solo perché ipse dixit1 allora ci saremmo taciuti, perché è l’ora di finirla con i pontefici di tutti i ge-

neri che impongono il loro vuoto dire con la presunta loro autorità. Uomo, svegliati! Abbatti questi falsi

idoli! La più grande criminalità è quella di chi occupa un posto di preminenza e autorità senza avere

né le doti morali né quelle specifiche.

Per continuare il discorso, mi sembra essenziale che ci intendiamo per prima cosa sul significato

dei termini e principalmente su quello di logica.

La logica è quel requisito che ha una affermazione fatta nell’ambito di un presupposto, allorché è

coerente, conseguente e omogenea. Quindi la logica, come scienza, è l’insieme dei principi in ordine

ai quali viene assicurata la coerenza, la conseguenzialità e l’omogeneità di un pensiero o di un ragio-

namento. La logica in questo senso è universale perché non riguarda l’oggetto, la materia del ragio-

namento, ma il modo e la forma, quindi rimane valida per qualunque contenuto. Ora, per quanto la

logica si possa o si voglia astrarre dai contenuti e quindi affermare il suo carattere autonomo, è certo

che la logica non è un requisito che abbellisce un ragionamento e basta, ma lo rende più probabile,

più credibile e quindi lo valorizza. Sicché la logica va a beneficio dei contenuti.

D’altro canto, per quanto universale si possa considerare la logica, i principi che la costituiscono

non sono estranei, anzi, sono strettamente connessi a un certo tipo di realtà. In una realtà diversa, la

conseguenzialità, lo sviluppo sarebbe diverso e quindi diversa la conclusione. Ora, si dovrebbe in tal

caso parlare di logica diversa? Se la logica è il rispetto dei principi che rendono coerente, conseguen-

te e omogeneo un ragionamento, esiste una sola logica, che può avere forme e sviluppi diversi ma

che rimane sempre logica. Quindi una diversa conclusione di due ragionamenti logici non è dovuta a

logiche diverse, ma a presupposti diversi e sviluppi diversi. E tutto ciò senza parlare dei giochetti di

parole o di conclusioni che sembrano diverse ma che in realtà si equivalgono: la storia del bicchiere

1Ipse dixit - L’ha detto lui.

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che per taluno è mezzo pieno e per talaltro è mezzo vuoto. E senza parlare degli errori come, per e-

sempio, applicare la logica dell’eguaglianza alla logica della diversità: infatti se “A” è eguale a “B”, e

“B” è eguale a “C”, ne deriva che “A” è eguale a “C”; mentre se “A” è diverso da “B”, e “B” da “C”, non

necessariamente “C” è diverso da “A”.

Prima dicevo che in una realtà diversa, la logica può implicare un diverso svolgimento del ragio-

namento. Non per nulla alcuni filosofi hanno concepito la logica come il processo storico-dialettico

della realtà. Inoltre, se si pensa alla logica induttiva, quella che risale dagli effetti alle cause, si ha la

misura di quanto il ragionamento sia legato alla realtà, o all’immagine della realtà che ha chi ragiona,

cioè l’uomo. Così, in una realtà in cui fosse vera la successione temporale, lo sviluppo logico di un

ragionamento è in funzione di quel presupposto e conduce a certe conclusioni. Mentre in una realtà

in cui è vera la successione del “sentire”, il ragionamento si conclude diversamente; ed ancora diver-

samente si conclude in una realtà di Eterno Presente, cioè senza successione.

Tuttavia, questo non significa che si possa sostenere disinvoltamente qualunque affermazione

dicendo che, se anche non è logica nella realtà che si concepisce, può esserlo in una realtà diversa.

Anzi, proprio dal collaudo che una concezione subisce, sottoponendola al confronto con realtà diver-

se, si ha la misura della sua universalità e quindi della sua validità. In altre parole, quando una affer-

mazione è logica in sé e logica rimane inserendosi logicamente in un contesto logico - che riguarda la

concezione più vasta possibile dell’Esistente - non ci può essere affermazione opposta che si possa

sostenere logicamente.

Se è vero che tutto è Uno, ne consegue che tutto è legato e quindi conseguente. Perciò la logica

non è che lo specchio della realtà totale e solo concezioni parziali della realtà - o realtà parziali - pos-

sono, nella prospettiva relativa, portare a conclusioni diverse; conclusioni che, se vere, trovano in-

dubbiamente la loro sintesi conciliativa nella vera concezione della realtà globale. Insisto sul fatto che

se tutto è Uno, tutto è interdipendente, e quindi la conseguenzialità, la coerenza e l’omogeneità - os-

sia l’essenza stessa della logica - fanno parte della realtà.

Che tale affermazione sia vera potete crederlo dalla ricerca scientifica, la quale altro non è che la

ricerca della logica della natura. E se proprio la scienza può concepire logiche dette diverse, il cui svi-

luppo può condurre a risultati diversi, a ben vedere si tratta spesso di presupposti diversi, come nel

caso delle leggi sul moto, concepite nel presupposto di uno spazio euclideo, che tuttavia rimangono

vere per approssimazione nello spazio relativistico. E se anche si concepiscono logiche astratte per

pura speculazione, si tratta di costruzioni logiche su modulo diverso, ma sempre di logica si tratta,

mantenendo esse la conseguenzialità, la coerenza, l’omogeneità.

Voi potete dire quello che volete, scivolare dal discorso sulla logica a quello sulla conoscenza,

per affermare che la logica non dà valore alcuno al concetto. Ma nel momento in cui fate il ragiona-

mento che vi conduce ad una tale affermazione, se non fate omaggio al vero, comunque fate omag-

gio alla logica, perché è certo che il comunicare, come il capire, sono processi logici.

Certo, non intendo dire che tutto quello che è logico sia vero, come in matematica: fra più logiche

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supposizioni o spiegazioni di un fatto, una sola è quella vera; tuttavia fra quelle logiche e quelle che

tali non sono, la vera è certamente fra le prime. Quindi la logica rappresenta un punto di appoggio,

un orientamento per chi debba scegliere o prendere partito senza sapere qual’è la verità. Nessuno

dovrebbe perdere di vista o bandire la logica dal suo abito mentale. Solo per il fatto che il capire e il

capirsi sono processi logici, la logica dovrebbe essere ricercata da ognuno.

Ho già detto che la scienza è la ricerca della logica della natura. E il sapere, come ricchezza in-

dividuale, non deve forse un grande tributo alla logica? Certo si può sapere anche per intuizione, cioè

con un mezzo che non coinvolge la logica e che dà risultati più certi e meno sofferti. Però quanto raro

è l’intuire! E se, da questo punto di vista, si deve dire che c’è qualcosa che sovrasta la logica e la

rende non insostituibile, bisogna anche dire che la logica, nel comprendere, può far risparmiare molto

dolore. Qual’è, infatti, l’altra alternativa alla comprensione cosciente, quando manchi l’intuizione e

non si voglia capire con la mente, se non l’esperire direttamente? Ma quanto dolore costa poi

l’esperienza diretta!

Dunque, voi che non avete il dono dell’intuizione, non siete votati al dolore per trarre la vostra

coscienza dalle nebbie della materia: potete servirvi della logica per capire e poi comprendere. La lo-

gica è quindi il vostro conforto, la vostra salvezza dal dolore.

Il mio discorso è un elogio alla logica, non già quale requisito che il discorso scientifico deve ave-

re, ma come mezzo per percorrere la via dello Spirito, per chi lo Spirito non senta così profondamen-

te da ritenerlo vero senza alcuna convalida, perché la vera fede è quella che non teme l’esame della

logica. La logica, quindi, al servizio dello Spirito, come dire la mente al servizio del sentimento. Mira-

bile associazione, che completa nella reciproca integrazione due attributi che, in se stessi, potrebbero

essere aberranti: infatti, il freddo raziocinio può condurre alla crudeltà, e l’incontrollato sentimento

può diventare alienante e improduttivo; mentre un giusto dosaggio dei due dona quel buon senso che

è la benedizione dell’umanità, perché, quando c’è, protegge l’uomo dalla cecità degli eccessi.

Ascoltatemi: nelle vostre professioni di fede, non perdete mai di vista la logica. E’ l’unico stru-

mento che avete per salvarvi dal pericolo di finire col credere a tutto. E’ l’unico mezzo che può impe-

dire di astrarvi dalla realtà e cadere nel vortice di un mondo assurdo, incombente e insidioso pericolo

per chi voglia conoscere l’aspetto nascosto di ciò che “è”.

Pace a voi.

Kempis

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23 Aprile 1983

Buonasera, miei cari.

Vi porto i saluti da parte di tutti gli amici della mia dimensione, non solo a voi ma anche a coloro

che ci pensano e che sanno di questo probabile nostro appuntamento. Allora saluto per primo l’amico

Lello che è qua per la prima volta e poi tutti gli altri amici. E come sempre, cari, siamo qua per parlare

un poco assieme degli argomenti che vi interessano. Allora, da che cosa e da chi vogliamo comincia-

re?

Partecipante - François?

François - Dimmi caro.

Partecipante - Due domande: gli amici di Bologna vorrebbero sapere se anche loro possono usufrui-

re di una telefonata prossimamente.

François - Ma certo, la prossima volta, volentieri.

Partecipante - Il prossimo sabato?

François - Sì, certamente.

Partecipante - E Luciano di Brescia voleva parlare con te.

François - Ah, dovete dirgli che non occorre, non importa che stia a venire qua perché io conosco

benissimo i suoi problemi e quello che posso fare lo faccio, come l’ho fatto; e cerchi di stare abba-

stanza tranquillo nel senso di non vedere, diciamo, nero o più nero di quello che la situazione può far

pensare. Quando sarà il momento dirò io.

Partecipante - François?

François - Dimmi cara.

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Partecipante - Un’altra domanda personale: per il padre di Maddalena che anche dopo l’intervento

non sta bene, che cosa consigli di fare?

François - E’ vero? Lì vi è stata un po’ di... Perché talvolta, vedete cari, ci può essere un luminare

che può fare un intervento ma non avere un esito felice. Mentre un altro chirurgo meno quotato, me-

no famoso, meno ritenuto bravo, può in un singolo caso riuscire meglio e vedere meglio il da farsi, è

vero? Ora, adesso questa persona ha, vedo, la pressione molto alta e in genere ha dei picchi piutto-

sto eccessivi, e questo perché fa parte proprio del sistema circolatorio che è lievemente modificato;

però porta uno scompenso nell’automatismo regolatore della pressione e così si hanno questi sbalzi.

Allora c’è poco da fare nel senso di medicamenti più di quello che già gli stanno facendo. Cercherò io

di vedere se mi è consentito, di fare qualcosa di più.

Partecipante - Grazie.

François - Non c’è bisogno di ringraziare per così poco.

Partecipante - François?

François - Dimmi cara.

Partecipante - Liliana mi prega di farti una domanda: vorrebbe che tu illuminassi i suoi legali, i legali

che stanno lavorando alla sua causa, affinché al termine appunto di questa si crei la pace fra tutte le

parti.

François - Sì, in vista di questo fine certamente farò quello che mi è possibile fare. Volentieri.

Partecipante - François.

François - Cara, cara amica Tosca; ti abbraccio con tanto affetto. Sono molto lieto che tu sia qua

questa sera...

Partecipante - Senti, ho scritto delle domande, non so se puoi leggerle.

François - Ma guarda, tu di domande e di parole con me, conversazioni con me, ne fai molta sem-

pre; non solo con me ma anche con i Maestri, è vero? E ci parli, ci raccomandi i tuoi cari e via dicen-

do; allora è un continuo conversare perché io pure cerco di risponderti; talvolta mi arrivi anche a capi-

re nel senso... non le parole, ma il significato della mia risposta. Allora desidero tranquillizzarti Tosca,

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è vero? Desidero tranquillizzarti sulle questioni che più ti premono, e di dire quel che posso dire, non

a tutto posso rispondere. Però in linea generale, per quella questione che più ti preme, stai tranquilla;

seguo particolarmente Paola e Luca.

Partecipante - Grazie.

François - Ed anche il caro Bruno ed Egle, naturalmente. Ma particolarmente i giovani che debbono

fare questa strada; e seguo particolarmente Luca. Ed anzi, quando vi sarà l’occasione, desidero a-

verlo qua, in maniera da poterlo così salutare a viva voce, come si usa dire.

Partecipante - Va bene.

François - Va bene? Do questo appuntamento senza fretta ma che do molto volentieri.

Bene cari.

Partecipante - Scusa, c’è anche Antonietta che voleva una risposta...

François - Sì, veramente è una risposta che mi mette molto nell’imbarazzo perché... è una questione

alla quale non rispondo molto sicuramente. E perché. Perché se io dovessi dire sinceramente come è

la sensazione, il mio giudizio, dovrei dire che in effetti certe preoccupazioni che le hanno messo pos-

sono essere anche fondate, è vero? E quindi dovrei, in un certo senso, in ordine a questa prima im-

pressione, sconsigliarla. D’altra parte, invece, non mi sembra che questo pericolo esista realmente.

In ogni caso, se anche non vorrà cogliere questa presente ed attuale situazione ve ne sarà

un’occasione più favorevole anche in seguito. Quindi veda lei; questo è il senso della mia risposta.

Bene cari, allora siamo sempre sulla questione personale?

Partecipante - François, posso dire anch’io una cosa?

François - Dimmi caro.

Partecipante - Io non so se tu sai che il mio amico Salvatore ha avuto un’esperienza molto simile alla

mia... Io volevo sapere se tu potevi dirmi qualcosa che possa rassicurarlo...

François - Caro, vedi, in queste questioni quello che conta, che ha grandissima importanza, è la rea-

zione individuale, il desiderio di uscire fuori e soprattutto la volontà di non lasciarsi abbattere. Quello

che, quindi, una persona può fare, il diretto interessato, è quello che ti ho detto; gli altri possono ben

poco in ultima analisi. Però a me è dato di fare qualcosa di più perché posso cercare di indurre nel

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soggetto, nella persona, qualcosa che possa aiutarlo a trovare questo stato d’animo suo e questa li-

nea di condotta. Allora cercherò di farlo ben volentieri. In ogni caso voglio parlare anche a te caro: e

voglio dirti che tu devi cercare - lo posso fare, spero, anche se è una cosa che ti riguarda così, per-

sonalmente; in presenza di altri, posso farlo - desidero, caro, che tu cerchi di vedere la vita da un

punto di vista diverso, è vero? Perché tu la prendi con molto calore - e con questo non intendo consi-

gliarti di essere un superficiale, tutt’altro, è vero? - però cercare sempre di raggiungere l’equilibrio in

quello che è l’esame dei vari problemi e delle varie situazioni nelle quali puoi trovarti, ricordandoti che

molto spesso la prima impressione può essere più violenta e più forte di quello che poi in realtà do-

vrebbe essere; specie quando si ha un certo tipo di carattere. E quindi è facile lasciarsi intimorire da

certi dati di fatto e poi finire con l’esserne trascinati. Ora invece, tu devi cercare di raggiungere questo

modo e capacità di reagire a certi avvenimenti che possono prospettarsi; e soprattutto ricordarti che

non sei solo e puoi essere molto accompagnato ed aiutato in certe esperienze della tua stessa esi-

stenza. Quindi in questo pensiero che non sei solo e che quanto ti circonda non ti è ostile - e dicendo

“quanto ti circonda” mi riferisco a tutta la dimensione dalla quale io ti parlo, quella che è sconosciuta

agli uomini: dicendoti questo intendo, appunto, questa dimensione - spero di darti questa sicurezza;

tu pensaci, pensa ai Maestri, pensa a noi. E soprattutto non pensare mai che gli avvenimenti abbiano

un esito, uno svolgimento negativo o catastrofico, prima che veramente non vi siano tutti gli elementi

per poterlo dire.

Partecipante - François, posso chiederti una cosa?

François - Certo.

Partecipante - C’è la mamma di Andrea che voleva sapere qualcosa; se riesci a vedere Andrea e se

puoi dirle qualcosa riguardo a suo figlio.

François - Sì, vedrò, andrò e guarderò che cosa posso fare; va bene, cari? Ecco, ora però io non

vorrei che queste riunioni diventassero una specie di... porre sul tappeto tutti questi problemi che pur-

troppo la vita vi impone e vi prospetta, è vero? Vorremmo che più che risolvere il singolo problema,

voi stessi foste in grado di risolverli e di affrontarli con maggiore decisione e serenità, è vero, cari?

Corrado - Ecco, François, a proposito di quello che hai detto, quale... io farò una domanda che mi at-

tirerà il ludibrio dei miei simili ma non mi interessa, ma dico: quale può essere quella forza, quel

“quid”, quel qualcosa, insito nell’individuo e reale perché voi ne parlate, e che pure è invisibile e in

tante creature inavvertito, che può dare lo spunto per avere la forza di non soffrire soffrendo, ad e-

sempio; o per lo meno di non denunciarlo, di non essere tanto deboli - per me poi non è una debolez-

za ma è solo umanità - di non denunciarlo. Una creatura che riesce a essere serena nonostante ab-

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bia dei guai molto “sentiti” e profondi; ecco, qual’è quel qualcosa di cui voi sempre parlate che è in

ognuno di noi - altrimenti non ce lo direste - e che può dare questa forza talmente grande da farci su-

perare i travagli del momento.

François - E’ una cosiddetta forza d’animo, è vero? Che però, naturalmente, può essere innescata in

modo diverso a seconda del tipo di prova, di esperienza faticosa che una creatura sta vivendo. Può

esservi un’esperienza di salute, una malattia dolorosa, e quindi il modo di reagire a quello è di un ti-

po; mentre può esservi un’esperienza del tutto psicologica e allora la maniera di reagire, di affrontar-

la, è diversa. Però bisogna sempre cercare di vedersi dal di fuori, come se voi usciste fuori da voi

stessi e vi osservaste dal di fuori nel vostro comportamento; soprattutto cercare di non lasciarsi ab-

battere nel senso di compatirsi, di pensare di essere i più infelici, i più disgraziati, coloro che sono

perseguitati, che tutti gli altri sono più fortunati di voi, che non hanno queste esperienze così dolorose

e faticose come le avete voi, che il destino vi ha perseguitato, vi ha colpito duramente e via dicendo.

Ecco, in questo stato di autocompassione in cui facilmente la persona scivola perché assecondato

dall’io, in questo atteggiamento che si vede così valorizzato più degli altri, ha qualcosa di più degli al-

tri anche se in senso negativo, in questo stato finisce che l’individuo non reagisce più. Ecco, mentre

invece bisogna fare tutta la cosa opposta. E’ chiaro che quando una persona ha avuto la morte di un

caro congiunto e via dicendo, sono esperienze tremende e dolorose non c’è dubbio - è vero? - però

con quello che voi avete saputo dagli insegnamenti dei Maestri avete anche il modo di comprendere

la ragione - anche se non la particolare, ma la generale - e quindi di uscire fuori, in un certo senso,

da quella che può essere la disperazione senza un filo di speranza, senza la consolazione sia pure

amara di una spiegazione, della prospettiva di una ragione che possa aver condotto a

quell’esperienza. Allora bisogna, ripeto - è facile parlare così, astrattamente e dal di fuori - ma posso

assicurarvi che è perfettamente inutile lasciarsi abbattere e compatire se stessi nella prova: non ser-

ve a niente, è vero? Mentre è più importante cercare di reagire in questo senso: non vedendosi più

perseguitati degli altri ma vedendosi oggetto di un’esperienza come tanti altri fanno. Quanto poi al

fatto contingente in sé, ripeto - forse il più tragico e il più doloroso è quello della perdita di un caro

congiunto - soccorrono le parole dei Maestri in questo senso. Dunque, qual’è la forza che può aiutare

a superare un’esperienza dolorosa? Questa: quella di vedersi dal di fuori e di capire che è

un’esperienza amara, ma che non è più amara di quella che hanno tanti altri e in questo senso quindi

non compatirsi, non compiangersi, è vero? Ma cercare di vivere questa esperienza... “io debbo dimo-

strare a me stesso e alla mia Guida, al mio Maestro Spirituale, che io sono forte e che posso soppor-

tare questa cosa per trarre tutto l’insegnamento che se ne può trarre”.

Corrado - Certo, dicevo... riguardo all’aiuto grandissimo, sommo, indiscutibile, che gli insegnamenti

dei Maestri ci portano per alleviare in parte quello che la vita giornaliera, a chi più e a chi meno, pro-

spetta ad ogni creatura del Cosmo. Però penso anche che questi detti dei Maestri debbano essere

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fatti nostri, assunti, compresi, non solo capiti; perché il capire una cosa non vuole affatto dire “sentir-

la”, e quindi seguirla, e quindi averne tutti i giovamenti che questa cosa “sentita” comporta. Vuol dire

capirli e basta...

Suona il telefono. François risponde.

François - Sì caro, buonasera. Bentrovati a tutti voi, cari, mi fa molto piacere di potervi parlare.

Domanda telefonica - ...

François - No, non è affatto complicato, è vero, cari? Ecco, a seconda dell’età in cui avviene il tra-

passo il significato di quella vita può essere solo per i genitori, per i parenti o coloro che hanno vissu-

to quell’esperienza dolorosa, ma non può essere affatto per la persona, per l’individuo, che è trapas-

sato così giovane. E questo vale fino ai tre anni, ai quattro anni, è vero? Non c’è neppure, si può dire,

un contatto vero e proprio con un’Entità; mentre man mano che si passa in là con l’età allora

l’esperienza vale anche per coloro che trapassano. Quindi è un Karma che non è solo per i genitori,

per i parenti e tutti coloro che sono così, colpiti da questa scomparsa, ma anche proprio per colui che

scompare. Quando appunto si ha un’età di quindici anni come voi stavate dicendo - è vero, cari? - al-

lora l’esperienza è anche per colui che trapassa. E chiaramente può essere... è senz’altro conse-

guenza di un’azione mossa in una precedente incarnazione.

Domanda telefonica - ...

François - No cari, no. Non è affatto esatta; perché il problema di quello che appare e quello che “è”

è un problema che l’uomo facilmente fraintende. E’ abituato a vivere in un mondo di “divenire” per cui

crede che tutto sia così, è vero? E anche in Dio esista questo “divenire”; mentre così non è. Dice il

Maestro Kempis che molti sono i sistemi solari in un Universo, molti gli Universi in un Cosmo, molti i

Cosmi nell’Assoluto; però fra un Cosmo e l’altro non vi è comunicazione. E quindi non si può dire che

prima di questo Cosmo ve ne sono stati altri e dopo questo Cosmo ve ne sono altri ancora; perché il

“prima” e il “dopo” è solo dentro un Cosmo; al di là del Cosmo è l’Eterno Presente e l’Infinita Presen-

za. Quindi se i Cosmi sono innumerevoli - non infiniti - non sono né prima né dopo l’uno dell’altro; se

mai se vogliamo vederli tutti nella loro realtà e nella loro presenza sono tutti contemporanei. Però nel

momento stesso in cui li osserviamo tutti, sono tutti immobili e nessuno trascorre; sono in uno stato di

Eterno Presente. Quindi il “prima” e il “dopo” - ripeto - è dentro ciascun Cosmo.

Domanda telefonica - ...

François - Sì, certo. E’ bello che questo discorso venga proprio da voi e quindi che non siate - come

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tu dici - suggestionati o trascinati dal campanilismo, è vero? Non bisogna amare... addirittura non bi-

sognerebbe neppure amare il Cristo come creatura, ma il Creatore addirittura; quindi figuriamoci a-

mare e venerare un lenzuolo che ha avvolto il suo corpo. Anche se in effetti questa reliquia ha un ca-

rattere autentico; quindi è giusto non soffermarsi a queste forme di feticismo, ma bisogna sempre

cercare di raggiungere la realtà delle cose e delle persone. E’ giusto.

Domanda telefonica - ...

François - Ecco cari, a proposito dell’errore in cui è facile cadere nella visione fra l’essere e il diveni-

re vi è proprio quello che vi ha fatto fare la domanda; del resto una cosa comprensibilissima, un erro-

re nel quale si cade facilmente. Perché il fatto che tutto esista in uno stato di Eterno Presente, di Infi-

nita Presenza, non deve far capire che tutto esiste già e quindi che è perfettamente inutile che l’uomo

si muova o cerchi di agire in un senso o nell’altro. Bisogna rifarsi alla dimensione del non tempo per

capire questo discorso: cioè, ciò che l’uomo vive è come se lo stesse creando lui stesso, perché è

solo una diversa dimensione che glielo fa vivere successivamente e separatamente; che fa vivere

successivamente e separatamente ciò che in realtà è in uno stato di Eterno Presente e di Infinita

Presenza. Però, se l’uomo non lo vivesse e non lo creasse come lo sta vivendo e creando non po-

trebbe esistere nell’Eterno Presente e nell’Infinita Presenza. Quindi rovesciate il problema: cioè, non

vedete che tutto esiste già e quindi l’uomo non può sottrarsi ma rovesciatelo; perché esista

nell’Eterno Presente e nell’assolutezza di Dio l’uomo deve viverlo nel migliore modo possibile. Ed è

nell’Eterno Presente, nell’Infinita Presenza, nel modo come l’uomo cerca di viverlo attualmente.

Domanda telefonica - ...

Interruzione telefonica...

François - Purtroppo c’è un’interferenza... Mi dispiace per voi, cari, che state qua, ma c’è un proble-

ma...

Il concetto dell’Eterno Presente e dell’Infinita Presenza - sto parlando con voi - porta facilmente a

questo discorso: allora se tutto esiste già che senso ha che io viva, è vero? Non faccio che seguire

già un canovaccio che esiste già. Invece l’errore voi lo avete già allontanato da voi, è vero, cari? Non

è questo il discorso.

Purtroppo c’è questa interferenza. Riprovino più tardi. Sono due donne che parlano insieme; Dio

ci salvi, è vero?

Allora cari...

Corrado - Ecco, allora dicevo che se è una cosa solo saputa, una notizia recepita dalla mia mente, io

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la metto nello scaffale del conosciuto e basta; per cui in questo senso credo che l’insegnamento dei

Maestri non abbia nessun potere su di me, perché posso anche al limite scordarmelo. Per cui penso

che sia una cosa che vada “sentita”. Ma ora... sto sbagliando, François? Fermami se devo andare

avanti con un discorso sbagliato...

François - No caro, lo sappiamo, è vero? Lo sappiamo che l’insegnamento deve essere non solo

capito con la mente ma compreso e fatto diventare propria natura, parte di se stessi, è vero?

Corrado - Ecco, penso che solo in quel caso lì possa addirittura riuscire a trasformare l’individuo il

quale ha “sentito” questo. Ma come facciamo noi a sapere se “sentiamo” questo insegnamento? Io

non riesco a capire...

François - Io credo che non sia di nessuna importanza questo fatto. Sapere se si “sente”... Uno lo

“sente” e non c’è altro da dire. E’ certo che l’insegnamento deve essere assimilato e deve diventare

parte di se stessi. Ma è altrettanto certo che se non lo si capisce con la mente difficilmente poi entra

quella verità a fare parte di se stesso; può entrare attraverso all’esperienza diretta: se non si capisce

una cosa...

Corrado - Certo François, ma passano dei secoli...

François - Appunto, e allora la via più efficace, più importante, è proprio quella di capirlo con la men-

te. Certo non capirlo così come si legge un romanzo e poi dopo si può anche scordare. A parte che

anche in questo caso non passa mai niente così, inosservato dall’intimo dell’uomo, ma rimarrebbe

anche in questo caso; bisogna anche una volta capito, riflettere, meditare e fare quello che il Maestro

Claudio dice a proposito della conoscenza di se stessi: confrontare quello che si è capito con la vita

nella quale siete, o siamo, immersi; cercare di vedere se quello che ci viene detto ben spiega i fatti

della vita, non così, le cose di cronaca, ma i cambiamenti, gli stati d’animo di coloro che ci sono vicini,

insomma, un collaudo dell’insegnamento che si è capito. Deve essere collaudato dall’individuo. Non

dico in maniera ossessiva, attimo per attimo, ma per lo meno durante la giornata deve essere cercato

di vederlo nella vita di tutti i giorni; questo è importante. Dopo di che attraverso al capire con la men-

te, attraverso alla riflessione, è possibile che queste verità entrino più profondamente nel proprio es-

sere e quindi diventino in fondo “natura”.

Partecipante - Il Maestro Kempis dice: «Voi che non avete l’intuito capitelo con la logica...»; quand’è

cha arriva questo intuito? A media evoluzione o oltre?

François - L’intuito può venire anche prima, è vero? Anche prima. Però è proprio una dote peculiare

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di una certa evoluzione ma anche di un certo modo di porsi di fronte al problema, che alcuni hanno

ma non perché conoscono la tecnica ma perché la indovinano si direbbe: cioè lo fanno così, senza

esserne consapevoli. Però l’intuito non riguarda né un tipo di temperamento, cioè non è solo il tempe-

ramento mistico che ha delle intuizioni; ecco, non fate questi errori, è vero, cari? L’intuizione può a-

verla anche il temperamento razionale e questo ce lo dimostrano certe scoperte scientifiche che sono

frutto delle intuizioni di temperamenti razionali i quali si sono posti di fronte a un problema, a un e-

nigma della natura, e improvvisamente ne hanno avuto un bagliore, un lampo, che li ha fatti com-

prendere. Ma non attraverso al ragionamento, ma proprio così, attraverso all’intuizione; quindi hanno

avuto l’intuizione pur essendo dei temperamenti razionali. Mentre poi vi sono anche le intuizioni dei

temperamenti mistici: riguardano forse altre materie, altre verità. Tuttavia l’intuizione non è una dote

peculiare di certi temperamenti nè di certe evoluzioni: si riscontra più facilmente in evoluzione avan-

zata, però esiste anche in evoluzioni meno avanzate.

Partecipante - François, volevo farti una domanda a proposito di quello che hai detto prima al telefo-

no: quando muore una persona giovane è non solo un Karma per quelli che gli stanno vicino ma an-

che una causa mossa in una precedente incarnazione. E’ necessariamente una punizione?

François - No, mai una punizione, cari; mi raccomando, è vero? Il Karma... questa visione del Karma

trasportato... è facile fare questa cosa, però mai una punizione, cari; anzi direi è una benedizione

perché è l’unico modo che conduce a comprendere qualcosa. Quindi non è una punizione, è una

somma benedizione. E’ amara quanto...

Partecipante - Morire giovani è una benedizione?

François - Certo! Sia per colui che muore giovane e per tutti coloro che sono coinvolti, che prendono

parte o sono colpiti da questo avvenimento. E’ una benedizione; perché significa che non c’era altro

mezzo per loro per arrivare a capire quel qualcosa che capiscono, o capiranno, attraverso a quella

esperienza. Quindi non è una punizione, tutt’altro.

Partecipante - Anche per la persona che muore?

François - Non c’era altro mezzo per capire diversamente; altrimenti non sarebbe accaduto così, è

vero? Ricordiamoci che c’è sempre, come dire, è brutto dire un’economia delle forze, delle cause, è

vero? E’ brutto dire “economia”, questa parola; però c’è effettivamente in tutta la vita del Cosmo e

quindi dell’individuo, questa accortezza di arrivare a comprendere per la strada non dispendiosa di

energie; anche quando sono esperienze dirette quelle che sono necessarie per far comprendere e

quindi sono esperienze faticose, però non sono mai dispersive, mi intendi che cosa dico? E’ sempre

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tutto fatto nel rispetto dell’individuo e con la prospettiva di fargli trovare la comprensione nel migliore

modo possibile.

Corrado - Senti François.

François - Dimmi caro.

Corrado - Qual’è il modo veramente attivo, reale con la “R” maiuscola, di mettermi di fronte a un es-

sere o a più esseri che sono stati coinvolti in un’esperienza tragica, dolorosissima, qual’è il modo di

pormi di fronte a loro per altruisticamente e realmente aiutarli; non a raccontargli delle barzellette che

quelli, giustamente, mi sparano e farebbero bene, ma per aiutarli realmente.

François - Caro, è difficilissimo rispondere; ad una domanda generale non si può che rispondere in

modo generico: amarli. Se tu li ami allora trovi la maniera di confortarli, di aiutarli, di sostenerli, è ve-

ro? Allora non gli dici delle parole vuote, delle cose per cui ti sparano, come tu hai detto, è vero? Ma

amandoli veramente trovi la maniera di essere loro utile e soprattutto trovi quello che a loro è neces-

sario.

Corrado - Quindi ora come ora, in questo momento, io sono impossibilitato ad aiutare realmente un

mio simile perché non li amo...

François - Eh caro...

Corrado - Non ho quella possibilità? E se ce l’ho, ammesso e non concesso, quale è?

François - Caro, io credo che certamente tu non sia impossibilitato ad aiutare. Credo che quando ti è

capitato l’occasione hai saputo anche rispondere, parlare e trovare il tono giusto per...

Corrado - E quello è sufficiente?

François - Certo, certo.

Corrado - Perché a me vengono molti dubbi.

François - Ma non ha nessuna importanza; l’importante è avere l’intenzione di aiutare e questa si

può avere solo amando, è vero? E poi non importa...

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Corrado - Di fronte all’Assoluto che mi giudica io posso sempre rispondere: «Ma io avevo

l’intenzione; se non ho aiutato...»; ecco, può essere un lasciapassare come scusa per...

François - Non mi dire, caro - nè gli altri debbono crederlo, vi prego - che sei ancora al discorso di

quello che si giudica dal di fuori; è una cosa automatica. Se tu l’intenzione ce l’hai hai certi effetti e

uno sviluppo; se non ce l’hai non puoi dire di averla e viceversa: o dire che non l’hai e invece l’hai.

Qua non si inganna nessuno: è un discorso che se tu sei in un certo modo la legge ti porta a certe

reazioni; è senza inganno perché è come una reazione chimica: se tu sei così reagisci così. E quindi

c’è poco da nascondersi dietro alle parole e via dicendo.

Carmen - François?

François - Dimmi cara.

Carmen - Ecco, io penso che per noi sia difficile capire, a volte, il senso della vita in sé; cioè, quello

che tu dicevi prima al telefono: che forse noi siamo riusciti un pochino a capire che nel divenire quello

che noi facciamo è parte integrante dell’Eterno Presente. C’è una cosa che, sembra a volte a noi

contraddire: i Maestri hanno detto che la vita è come una palestra, come una scuola. Questo è un

esempio che se è volto a far capire la nascita spirituale che ogni attimo avviene va bene, se no toglie-

rebbe importanza e bellezza, e direi anche gioia e amore alla vita in sè, come hanno detto i Maestri

che è completa in sè ed è anche il più gran dono per l’uomo; sembrerebbe quasi contradditorio per-

ché la scuola è qualcosa che prepara “a”, per noi naturalmente nella dizione nostra è qualche cosa

che è poco importante nel momento che lo vivi e poi è molto importante per come ti prepari. Forse se

ponessimo più attenzione al fatto che ogni secondo, ogni attimo della nostra consapevolezza che fa

questa vita, è quello che è importante e non quello che diverremo.

François - Ecco, io questo lo chiamo scuola, è vero? Ora può darsi che questo tuo discorso, cara

Carmen, sia giustissimo per tutti, è vero? Cioè, che forse possa far pensare che prepara a qualcosa;

no, è uno sviluppo, è una palestra. Quindi è nel momento che tu stai vivendo che ti esercita, che ti

sviluppa, che ti tira fuori, che ti matura. E questa, l’immagine più adatta, è quella di scuola, è vero? Di

palestra, di qualcosa che ti prepara, che ti sviluppa nel momento; questo è lo scopo. Non è un co-

struirsi per fare qualcosa un domani ma è un costruirsi per farti crescere nell’istante. Ecco perché la

vita è il più grande dono.

Carmen - Sì, noi questo cerchiamo di arrivare a capirlo perché se no, a volte, il peso del dolore è

qualcosa appunto che procrastina; invece se noi ci sforziamo di capire bene che è il presente che

conta, ogni secondo di quello che siamo che conta, allora forse l’attenzione alla bellezza di questo

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momento può rendere anche più accettabile questo dolore che in effetti pervade un po’ l’uomo; è una

domanda che voi vi sentite fare da sempre, penso...

François - Sì, cari, certo. E che comprendiamo benissimo, è vero? Perché abbiamo vissuto anche

noi come voi e quindi vi comprendiamo bene. Però tenete presente sempre di vivere il presente;

mentre si è portati a cercare di evaderlo, di sfuggire il presente, di essere proiettati nell’avvenire, di

fare una cosa in funzione proprio dell’avvenire, mentre questo dovete cercare di evitarlo. Non dico di

essere degli imprevidenti nella vita di tutti i giorni: questo no. Anche se c’è l’insegnamento evangelico

che dice: “basta a ciascun giorno il suo affanno”. Però proprio vivere il presente, gustarlo tutto, assa-

porarlo tutto, sempre in una prospettiva più ampia; né annullare il presente in funzione del futuro -

questo no, certamente - ma neppure il contrario.

Carmen - Cioè, a volte pensare in termini della propria evoluzione può non far capire che è

quell’attimo che conta e non l’evoluzione che verrà dopo; ecco, era questo che volevo dire...

François - Ah, certamente, certamente; questo dell’attimo presente per me è proprio la scuola, la pa-

lestra, che ti sviluppa, è vero? Proprio. Poi dopo come ti avrà sviluppato lo applicherai nella vita; ma

lo sviluppo è allora, nel momento in cui tu sei in palestra.

Corrado - Ecco, François, è condannabile una creatura che vive la sua vita, o parte di essa, immersa

nel dolore, nella preoccupazione, più o meno lieve, più o meno grave; è condannabile o è patologico?

François - Condannabile mai; però, dico, bisogna vedere secondo come vive questo dolore; ripeto,

se lo fa, come dicevo prima, per autocompassione, per autolesionismo e via dicendo, allora è viverlo

nel modo peggiore, è vero? Perché bisogna viverlo proprio nella prospettiva di comprensione; anche

per poi comprendere, per esempio, gli altri che soffrono: vi sono molte persone che non comprendo-

no le sofferenze degli altri e che invece le comprendono dopo avere avuto un’esperienza dolorosa;

quindi il dolore ha servito a dare loro comprensione. Però non bisogna mai, ripeto, cullarsi in questo

dolore, farlo diventare lo scopo della propria vita, farlo diventare addirittura ciò che ti mette su un pie-

distallo che tu solo hai avuto, che gli altri non hanno avuto come te e via dicendo. Queste sono cose

che non si debbono fare.

Corrado - In questo caso può essere di aiuto l’illusione?

François - Quale illusione, caro?

Corrado - Tutte le illusioni possibili e immaginabili purché ti aiutino.

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François - Allora, caro, non credo che sia una maniera di vivere un’esperienza dolorosa... quella di

un’evasione allora...

Corrado - E’ una maniera umana; molti di noi vivono così: scusateci tanto...

François - Non so... credo che sia un errore come quello di viverlo in eccesso; un errore di segno

opposto, è vero? Allora potresti dire un’illusione... un’evasione potrebbe essere la droga - è vero? -

ma invece...

Corrado - No, non un’evasione; un’illusione, François, forse è diverso.

François - Portami un esempio perché allora non ci intendiamo sul termine.

Corrado - Non so... io che soffro molto, ad esempio, mi illudo che nel mondo tutto è bello e che tutti

gli esseri che io incontro sono tutti degli Dei, dei Santi, delle persone che mi aiutano; quando vado

fuori tutti mi sorridono; ecco, in questo senso qua.

François - E questa sarebbe una maniera per illudersi, è vero, sparisce il dolore e del resto... però

debbo dire che diventa illusione nel momento in cui veramente tu riponi male la tua fiducia altrimenti

non è illusione, è verità; perché se ti si presenta una persona davanti e tu riponi fiducia in lei e questa

persona non tradisce la tua fiducia, tu non ti sei illuso; è vero, caro? Dunque anche il discorso

dell’illusione non è sempre tutta illusione.

Corrado - Però bisognerebbe, appunto, che io avessi la certezza totale che questa persona non mi...

Perché se mi si dimostra in un modo, fisicamente tanto per dire, ma intimamente mi manda nel...

François - Caro, ma tu non puoi giudicare le intenzioni; caro, è una cosa che riguarda quella creatu-

ra. Tu hai il dovere di dare tutta la massima fiducia ai tuoi simili - naturalmente non così gratuitamen-

te, per gradi e saggiando la persona - ma hai il dovere di dare la massima fiducia. Poi può essere

tradita questa fiducia e allora il riporre la fiducia in quella persona era un’illusione. Ma può darsi an-

che che invece non lo sia; e allora sarebbe la cosa opposta: sei tu che giudichi male una persona che

invece non se lo meritava. Ed è molto peggiore, credimi; è molto peggiore giudicare male una perso-

na che non se lo meriti piuttosto che dargli fiducia e restare poi traditi: perché in quel caso è una cosa

che riguarda la persona che ti ha tradito, mentre nell’altro è una cosa che riguarda te.

Partecipante - Vorrei chiedere che differenza c’è fra distratto, astratto e concentrato: cioè, io sono in

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un posto poi mi distraggo o mi concentro per trovarmi dopo dieci minuti come se fosse passato solo

un minuto in un altro posto.

François - Vuoi sapere se eri distratto o concentrato in un altro pensiero per cui non ti sei accorto, è

vero? Bè, è una questione di termini: io penso che tu sia stato concentrato in un altro pensiero; ed

essendo concentrato in un altro pensiero come conseguenza ti sei astratto o distratto da quello che

stavi facendo con il tuo corpo, da quello che era intorno a te. Quindi è la stessa cosa a seconda da

quale parte si vede, è vero? Tu stai parlando con una persona, se segui il tuo pensiero ti concentri in

quel pensiero e ti distrai dalla conversazione. La distrazione quindi è conseguenza di una concentra-

zione.

Non hanno ancora finito, non vi dico niente, cari.

Pronto, signore gentilissime... ma non mi sentono perché sono così concentrate nella loro con-

versazione.

Pronto... caro Lino, mi dispiace ma purtroppo ci sono due signore con un radiotelefono che inter-

feriscono su questo.

Ripristino della comunicazione telefonica con Torino.

Pronto? Finalmente ci hanno consentito di parlare. Andiamo avanti.

Domanda telefonica - ...

François - Io non la chiamerei morte apparente perché in effetti sono trapassati veramente; poi la vi-

ta riprende. Insomma, è una questione di termini. Però, che cosa vedono? I sottopiani più bassi del

piano astrale? No; ricordatevi che la visione oggettiva del piano astrale avviene sempre dopo che

l’individuo ha superato il periodo della fase in cui è ripiegato su se stesso e rivede l’incarnazione pre-

cedente. Quindi vedono una verità che sta fra il loro stato d’animo e una visione invece oggettiva, un

punto di passaggio nel primo momento, è vero? Tant’è che possono vedere altre persone, eccetera;

ma di queste altre persone non sempre si tratta di visioni oggettive - in un primo momento sempre

parlo, ricordatevi - possono essere anche creazioni del loro corpo astrale: per esempio vi sono delle

persone che si vedono di fronte a un tribunale (per esempio quelle che hanno cercato di suicidarsi e

non vi sono riuscite); portano in sé questo senso di colpa e immediatamente si vedono di fronte a un

tribunale, a delle persone che le giudicano; ecco, in questo caso è una creazione del loro stato

d’animo. Mentre altre possono avere una visione oggettiva non solo del piano astrale più basso, ma

anche del piano fisico: perché possono vedere anche persone... prima di tutto il loro corpo e poi an-

che quello che accade attorno al loro corpo; quindi è una visione oggettiva del piano fisico, è vero?

Però è un momento iniziale perché poi se andassero avanti finirebbero con il desiderio di rivedere tut-

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ta la loro esistenza ultima, di vedere certe situazioni, di riflettere su certe esperienze e cadrebbero in

quello stato del quale vi abbiamo parlato altre volte.

Domanda telefonica - ...

François - Ecco, durante il sonno possono venire alla superficie e all’uso le facoltà cosiddette para-

normali, la sensibilità più spiccata, i sensi oltre quelli del corpo fisico. Non in tutti però; in coloro che

hanno una certa predisposizione. Per cui è facile che durante il sonno si possano avere delle forme

di veggenza e di premonizione di certi avvenimenti che poi si verificano; però si colgono sempre, più

facilmente, certi avvenimenti che sono legati ad uno stato di emozione; per cui molto spesso accade

che coloro che hanno dei sogno profetici sognino degli avvenimenti dolorosi o qualcosa che compor-

ta una sensazione dolorosa che è quella che più è avvertibile e che più si ricorda anche, in fondo. E

quindi questo fa parte del discorso del sogno profetico. Mentre poi, durante il sonno, è possibile ve-

dere anche dei cari trapassati, è vero? E vederli vivi, in condizioni migliori di quanto lo erano prima di

trapassare, eccetera; molte volte questi sono sogni veritieri, non sono dovuti al desiderio di rivederli.

Sai come si può fare per distinguere quando è creazione del proprio desiderio e quando invece è

contatto con questi cari trapassati? Dal loro stato: se tu li sogni sofferenti, con la stessa età nella

quale sono trapassati, oppure come se ancora non fossero morti, eccetera; nel senso quasi... proprio

un ricordo che tu hai di loro allora forse è un desiderio tuo che ti spinge a sognarli. Mentre quando li

vedi sorridenti, felici, pieni di salute, allora chiaramente è un loro contatto vero, reale, non un tuo de-

siderio di sognarli.

Domanda telefonica - ...

François - Io seguo l’impostazione dei Maestri e cioè che noi non parliamo di queste civiltà extrater-

restri perché non vogliamo scivolare in quella che potrebbe sembrare fantascienza. Però è certo che

ogni sistema solare ha come minimo... cioè ha un pianeta in cui esiste la vita: ogni sistema solare.

Quindi pensate voi quanti sono i sistemi solari. Poi vi sono naturalmente... il dire che esiste la vita

non significa dire che esiste una civiltà progredita o che esiste una forma di vita come quella umana;

può essere ancora allo stadio meno evoluto e cioè allo stadio di vegetale o simile all’animale, è vero?

Però chiaramente i mondi abitati nel Cosmo sono innumerevoli, sono moltissimi; alcuni dei quali han-

no forme di civiltà, e civiltà anche più progredite della civiltà umana, è vero? Questo è chiaro. Per

quanto riguarda queste visite degli extraterrestri posso confermare che sia attualmente che nel pas-

sato vi sono stati degli avvenimenti che possono chiamarsi “visite”, è vero? Ma però sono sempre av-

venimenti che non vanno a sfociare in un contatto vero e proprio; cioè, il fine di queste “persone” non

è quello di mettersi in contatto con l’uomo, perché sanno benissimo che ogni civiltà deve avere il suo

svolgimento naturale, e che non si può interferire nel senso che l’uomo è portato a credere. Quindi

diffidate da tutte quelle che sono comunicazioni telepatiche di extraterrestri che invierebbero all’uomo

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vari moniti, avvertimenti, insegnamenti e via dicendo; sono tutte creazioni del subconscio delle per-

sone.

Domanda telefonica - ...

François - Guarda, caro, ogni civiltà, diciamo, ha certi suoi stimoli che trasfonde e imprime ai suoi fi-

gli, è vero? E quindi chiaramente anche il progresso della scienza, della tecnologia, invia agli abitanti

di questa civiltà degli stimoli che sono necessari alla loro evoluzione; non c’è dubbio, di questo dob-

biamo esserne certi.

Però non si deve fare l’errore di credere che solo quegli stimoli siano necessari e siano importan-

ti, e che altre civiltà che non hanno avuto la scienza e la tecnologia che ha l’attuale siano state più

povere di stimoli per la formazione della coscienza individuale che di questa. Ecco, questo è un erro-

re. Dovete pensare che la vita quale voi adesso la vivete, forse così caotica, forse così specializzata,

anche bella in fondo direi per tutte queste comodità che vi offre, o schiavitù secondo come le si vo-

gliano considerare, offre una gamma molteplice di stimoli per lo sviluppo della vostra coscienza indi-

viduale. Però ricordatevi che tutte le civiltà hanno avuto varie forme di stimoli, e tutte erano adatte e

le migliori che vi potessero essere per i figli di quelle civiltà.

Domanda telefonica - ...

François - Certo. Questo solo nella fase dei Maestri, è vero? Perché altrimenti l’io cosciente rimane

solo una piccola parte dell’io totale, è vero? Però tu dici: come è possibile conoscere se stessi quan-

do una grandissima parte dell’io, la parte inconscia, non viene mai alla superficie e non sarà mai co-

nosciuta? Però non è vero questo discorso, perché ciò che rimane all’interno, nella parte non consa-

pevole è, più che lo stimolo, più che lo stato d’animo vero e proprio, è tutto un insieme di notizie e di

informazioni molte delle quali riguardano le vite precedenti, e purtuttavia però influiscono sull’io con-

sapevole e cosciente. Allora il Maestro Claudio dice di analizzare se stessi nella parte consapevole

proprio per riuscire a capire quali sono le direttive e gli stimoli che dall’intimo cercano di spingerti o di

farti comportare in un senso o nell’altro. Se quindi certe motivazioni sono sepolte nel tuo inconscio

perché provengono da un’altra esistenza, ma quello che conta è il presente ed è quello che nel mo-

mento attuale tu stai vivendo, e l’indirizzo che consapevole o inconsapevole tu stai seguendo. Ed è

quello del quale devi essere consapevole, quell’indirizzo lì. E quindi devi analizzare te stesso senza

preoccuparti di ciò che giace sepolto o nascosto nelle profondità del tuo inconscio, capisci? Devi fare

questo.

Domanda telefonica - ...

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François - Certo, tu devi... puoi farlo anche da te. Però devi aiutarti con varie forme di respirazione, è

vero? Questo devi fare.

Domanda telefonica - ...

François - Io già ho avuto occasione di affermarlo questo, è vero? E ho detto che certamente che

può rappresentare un bene; e non solo: io, se questa è una cosa che può interessarvi, sono favore-

vole alla costruzione... sarei favorevole alla costruzione delle centrali nucleari elettriche che non

comportano maggiori rischi di tutte le altre.

Domanda telefonica - ...

François - Certo, ma questo discorso comporterebbe un lungo svolgimento e lo faremo in un'altra

occasione. Adesso, cari, mi è gradito abbracciarvi tutti affettuosamente. A presto, cari, a presto.

Fine della comunicazione telefonica.

François - Allora, miei cari... Vi abbraccio e saluto tutti caramente. A presto.

François

Il mio saluto e la mia benedizione a voi, figli.

E' gradito per me, o cari, rivolgermi a voi che con tanto amore attendete le nostre parole, e con

tanta speranza. Noi non possiamo deludere le vostre aspettative, non possiamo non rispondere al

vostro richiamo, ben sapendo quanto questo nostro parlare possa aiutarvi nella vostra vita di ogni

giorno. Ed aiutare non solo per quanto riguarda i vostri problemi, ma anche rendervi più disponibili

verso gli altri e verso i problemi degli altri. Perciò da parte nostra sarebbe veramente mancanza di

sensibilità e di amore non rispondere alla vostra invocazione e non tendervi questa mano che tanto

può su voi.

Con tanto amore, o figli, vi portiamo nel nostro cuore; con grande consapevolezza conosciamo i

vostri problemi, le vostre preoccupazioni, e per questo ci siete sommamente cari. Vi auguro di cuore

di restare sempre uniti a noi nella speranza e nel desiderio di aiutare coloro che vi sono vicini e che si

rivolgono ansiosamente a voi.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Cari amici, è Alan a salutare e a chiudere questo incontro.

Cari amici, io spero di non essere poi sgradito in questa mia funzione di chiusura della comuni-

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cazione. Io pure vi abbraccio con tutto il mio amore.

A presto.

Alan

30 Aprile 1983

Buonasera, miei cari; è un piacere vedervi raccolti così, intimamente, per passare un po’ del vo-

stro tempo in qualche conversazione spero interessante. Saluto tutti voi, cari, oramai amici di vecchia

data, e con piacere quelli che vedo un po’ più raramente qua, ma che vedo sempre continuamente

perché li seguo come tutti gli altri; mi è stata data questa possibilità.

Allora, miei cari, siamo qua nuovamente riuniti; di che cosa vogliamo parlare? Vi ho sentito parla-

re dei momenti particolari che sta attraversando diciamo tutta l’umanità; perché non è solo la vostra

nazione ma è un po’ generale: questo non c’è bisogno che lo dica io ma voi stessi lo vedete, è vero,

cari? E allora questa vostra, diciamo, preoccupazione in fondo anche, di sapere come le cose si met-

teranno e questo profeta François che ha detto che ancora per un certo tempo le cose non andranno

molto bene... io spero di sbagliare naturalmente, mi auguro di sbagliare e che invece le cose vadano

prestissimo per il giusto verso in maniera da togliere una parte di angoscia che all’uomo viene a pro-

posito di queste sue paure del futuro. Purtroppo però credo che non mi sbaglierò; vorrei essermi

sbagliato nel rapportare quello che si vede al calendario umano, cari; ma così non è purtroppo. Anco-

ra sapete che fino all’85 le cose andranno sempre come le state vivendo, e poi dall’85 molto molto

lentamente potranno esservi dei piccoli cambiamenti a livello, non solo vostro nazionale, ma anche

mondiale, come ho avuto occasione di dire anche altre volte, è vero, cari? Allora a questo proposito

volete aggiungere qualcosa?

Corrado - Ecco François...

François - Dimmi caro.

Corrado - Mi rifaccio a quello che hai detto adesso, in questa situazione per noi, naturalmente, pre-

occupante, che scopo ha dare del denaro per la condizione ospedaliera in Italia, dare dei sussidi ai

disoccupati, dare le pensioni a coloro che ne hanno diritto; che significato ha tutto questo? Diventa

una burla, diventa...

François - Perché, caro, dici così? Ma non credo...

Corrado - Vedo che la situazione va talmente deteriorandosi che a un certo momento non c’è più da

sperare neanche in quelle che erano un tempo nei governi delle pietre miliari: le pensioni, i vari sus-

sidi, eccetera, eccetera. Anzi, oggi si cerca di non dare a chi deve avere.

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François - Beh, non sarei poi veramente così pessimista, è vero? Certo la cosa così, ripeto, a livello

mondiale non è rosea, però neppure da mostrarsi in maniera catastrofica. Del resto tutto questo ser-

ve proprio perché l’uomo rifletta e veda un modo di concepire la vita diverso, veda la vita da un punto

di vista diverso, è vero? E così cambi il suo correre affannoso al benessere, anche allo sperpero in

fondo, alla ricerca dell’eccessivo, del di più, del sovrappiù; cambi e riduca i suoi desideri, le sue a-

spettative a qualcosa, in fondo, di indispensabile, di necessario e non oltre, è vero? E punti la sua at-

tenzione e il suo interesse non alla conquista, ripeto, del sovrappiù, ma ad altre cose assai più impor-

tanti.

Corrado - Penso però che questa non sia la situazione del povero pensionato il quale non pretende

che la sua pensioncina e basta; non è che abbia delle mire di potenza...

François - Ma non deve però, dico, ridurre tutti i suoi interessi ad attendere la sua pensione e ridurre

tutto il problema sociale al fatto che la sua pensione arrivi regolare, puntuale... è una cosa per lui es-

senziale, lo comprendo benissimo, però una volta ottenuto questo allora non avrebbe altro desiderio?

No, sarebbe un errore, è vero? E quindi... sì, questo, ripeto, è importante perché l’uomo deve avere

la fonte per il suo sostentamento quotidiano, però oltre a questo ci sono cose assai più importanti, è

vero? Deve impiegare il suo tempo libero in cose di un certo valore e non solo nel passatempo e nel-

la distrazione. Impegnare, quindi, se stesso in argomenti che possano arricchirlo e non solo aiutarlo a

passare le ore.

Carmen - Ecco, François, per chi ancora lavora invece, anche se le istituzioni oggi forse lasciano a

desiderare, l’atteggiamento di ognuno di noi secondo me dovrebbe essere quello... come se

l’istituzione fosse ancora la migliore possibile tanto da arrivare a crederci per poter dare, non dico il

meglio di sè, ma quanto uno può dare, per quel cambiamento, miglioramento, dall’interno che forse è

meno traumatico di altri. Cioè, ance se uno vede, volevo domandarti, che le istituzioni sarebbero for-

se totalmente da cambiare, ma lavorando nel proprio ambito come se fosse la migliore del mondo e

dando quello che si può, è un mezzo giusto per migliorare se stessi ma cambiare anche le istituzioni

che governano i gruppi, le società?

François - Ecco, a questo proposito risponde molto bene il Maestro Claudio il quale dice che

l’individualismo va bene per il singolo per quelle che sono le sue esperienze ed anche per quanto ri-

guarda la sua vita interiore; bisogna essere estremamente individualisti. E non per nulla parlerebbe

dell’autoanalisi di sé stessi, dell’analisi di sé stessi, e quindi non può essere che fatta a livello indivi-

duale e personale. Però per quanto riguarda la società è naturale che allora bisogna ricorrere al col-

lettivismo per quelle che sono le istituzioni; certo che le istituzioni sono costituite anch’esse da indivi-

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dui, sono fondate e regolate da norme fatte dagli uomini, e quindi sono suscettibili di essere perfezio-

nate, non c’è dubbio; ed anche a parità di normativa due istituzioni che operano su una stessa nor-

mativa possono essere di diversa efficienza a seconda di coloro che le traducono in atto, che le fan-

no vivere ed essere operanti, sono o non sono efficienti, è vero? Quindi prima di tutto una buona

normativa di base per quello che riguarda la vita e lo scopo dell’istituzione, normativa che può essere

modificata qualora si mostri insufficiente, ma poi soprattutto il lavoro a livello di coloro che le curano e

che le fanno essere attive è un lavoro reso nel migliore modo possibile: questo è importantissimo.

Quando i Maestri dicono: «Non organizzatevi», certo riguarda l’insegnamento dell’intimo di ciascuno

di voi; riguarda questo fatto del loro parlare e del loro insegnare, è vero, cari? E quindi per questo

non va bene l’organizzazione; non si devono creare delle religioni, oramai lo sapete, tante volte lo

avete ascoltato da loro; però per quanto riguarda l’aiuto che l’istituzione deve dare ai cittadini, a colo-

ro che le istituzioni in un certo senso assistono, è importante invece che vi sia non dico

un’organizzazione tale da dimenticare il fine che l’istituzione ha, questo no: però un qualcosa che

possa tenere in piedi l’istituzione e che la possa fare essere efficiente e soprattutto non far fare delle

ingiustizie. In questo siete tutti chiamati, è vero, cari? Non dimenticatelo; tutti indistintamente.

Corrado - Ecco, François, una società è colpevole se i suoi figli si ribellano con la violenza, con le

armi, di fronte a dei governi disonesti?

François - Beh, insomma, in fondo penso che non occorrerebbe ricorrere alle armi, alla violenza, in

un regime di democrazia; basterebbe che ciascuno fosse più consapevole della propria responsabili-

tà, del proprio peso che ha nei confronti...

Corrado - Io parlavo di una società ideale, non parlavo della nostra democratica; prendiamo la “Rivo-

luzione francese”, non so se... tu sei francese, appunto, forse ne sai qualcosa. Ecco, i figli di quella

società che si ribellarono a una dinastia regale ormai stanca, corrotta, eccetera; io non sto parlando

che dopo quelli fecero peggio di coloro che hanno combattuto: non sto dicendo questo. Diciamo la

cosa in sè, sono colpevoli di qualche cosa perché si sono ribellati oppure no?

François - Persino San Tommaso dice che bisogna sopprimere il despota, è vero? Perfino lui am-

mette che questa possibilità vi sia. Certamente che se un popolo è oppresso da un regime o da un

governo che conculca tutte le libertà, che fa delle ingiustizie, eccetera, e ad un certo punto c’è una

reazione la quale necessariamente sfocia, dico, in una forma di violenza certo che la cosa è vista in

modo diverso da come si può aspettare colui che incentra tutti i suoi principi sulla morale, su se stes-

so. E’ comprensibile, io non esiterei a dire che di fronte ad un popolo che viene, ripeto, soffocato da

certe forme di governo e soffre, non esiterei a dire che una ribellione sarebbe legittima, dal mio modo

di vedere. Certo che una cosa meravigliosa può essere anche - adesso voi la state vivendo in questo

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periodo - la non violenza di un Gandhi, meravigliosa, è vero? Può esserlo. Però anche lì non sempre

si può ottenere, sotto certi regimi, di raggiungere lo stesso scopo; perché probabilmente in un regime

diverso Gandhi sarebbe stato soppresso e quindi tutta la sua non violenza non sarebbe neppure

sbocciata, non si sarebbe divulgata e dilagata come invece avvenne in quel periodo, è vero, cari?

Ferraro - Io volevo sottolineare una conferma che ho avuto: che anche a noi è stato detto a Genova,

diciamo in una sede diversa anche se sono convinto che ci sia un collegamento, che fino all’85 - tu

hai detto - “vivrete questi due anni come li state vivendo ora”; quindi anche a noi è stato detto che

siamo già nel fondo della curva e che fino all’85 continueremo; però non peggioreremo di come sia-

mo adesso. E penso che questo sia molto significativo.

François - Certo, certo.

Cimatti - François? Posso dirti una cosa?

François - Dimmi, caro Pietro.

Cimatti - In questo periodo tutti guardiamo all’indietro: è come un ripercorrere tutta la storia dell’uomo

fino ad oggi, almeno nei capitoli salienti, quasi per un tentativo di fare un futuro dopo avere finalmen-

te capito il passato dell’uomo. Dalla storia del passato, quale potrebbe essere lo stimolo più bello, lo

stimolo più pulito, non da rimettere tale e quale aggiornato alle esigenze di noi, per rifare lo stato e

per rifare la società? Quale modello, direi, alle nostre spalle.

François - Guarda, è una domanda alla quale si risponde male, è vero? Dice un proverbio che “le

nuove scope spazzano bene”; allora all’inizio i vari sistemi possono funzionare bene ma subito dopo

poi scappa fuori l’uomo che riporta tutto pressappoco allo stato antecedente: perché, come dicono

bene i nostri Maestri, se non cambia l’uomo si può cambiare tutti i sistemi che si vuole e si tornerà

sempre punto e da capo. Del resto guardate anche le religioni, è vero? Qualcuno ha detto giusta-

mente che una religione conserva la sua purezza, la sua cristallinità, per una cinquantina d’anni dal

momento in cui il suo fondatore l’ha fondata, o dalla morte del suo fondatore, dopo di che cominciano

le varie degenerazioni, organizzazioni, gli interessi e via dicendo, è vero? E quindi è difficile dirlo. Pe-

rò così, a volo d’uccello, non direi proprio un sistema ma direi...

Cimatti - No, un modello...

François - Ecco, neppure un modello, direi proprio che scappa fuori un insegnamento che è quello

che dice il Maestro e cioè: che se non cambia l’individuo possiamo cambiare tutti i governi, tutti i si-

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stemi che vogliamo ma torneremo sempre punto e da capo. Quindi è importante. Ma non scoraggia-

tevi in questo, non dite mai: «Ma cosa vuoi, se anche cambio io poi ce ne sono altri, quanti miliardi di

persone, che rimangono uguali e quindi che peso ha...»; non vi preoccupate, è vero? Mettete al sicu-

ro, in questo caso, voi stessi; può sembrare un insegnamento egoistico, è vero? Però mettete al sicu-

ro voi stessi e la vostra coscienza col comportarvi nel modo che i Maestri vi insegnano. Non crediate

che tutto si riduca a voi stessi; perché, intanto voi potete essere d’esempio ad altri, e questo solo

guardando ciò che appare, è vero? Ma non è solo questo: voi dimenticate sempre, cari, l’importanza

grandissima che ha la corrente di pensiero. Quindi il vostro pensare in modo diverso... per esempio,

in modo onesto di fronte ad una caterva di persone che pensano in modo disonesto, è qualcosa che

va oltre la vostra persona e il vostro agire fisico, va ben oltre; è una corrente di pensiero che si oppo-

ne ad un’altra. E poi voi sapete che esiste il contagio psichico che avviene anche a livello inconsape-

vole: per cui c’è proprio un dilagare... come c’è un dilagare in senso negativo, c’è anche un dilagare

in senso positivo. E quindi non vi preoccupate ma voi tirate per la vostra strada con i principi dei Ma-

estri, vivendoli, e stiate certi che seminate qualcosa di buono che darà i suoi frutti.

Corrado - Allora se per camminare su questo sentiero che in ultima analisi fa comprendere, acquisire

un qualche cosa, un certo tipo di “sentire”, se io lo raggiungo attraverso alla violenza, benedetta sia la

violenza.

François - Ecco, caro, la cosa è diversa. Dico: il “sentire” non puoi raggiungerlo con la violenza.

Quello che dicevamo prima era diverso, cioè: di raggiungere, non per te ma per gli altri, per la socie-

tà, una società migliore anche attraverso alla violenza, chiamiamola così, a mezzi che non sono paci-

fici. Allora, in quel caso lì tu hai già quel “sentire”, non è che lo raggiungi attraverso alla violenza;

cioè, cerchi di raggiungere una situazione favorevole per gli altri attraverso ad un mezzo... chiamia-

molo non ortodosso, non so come chiamarlo, violento anche se vuoi, o di forza... ecco, di forza,

chiamiamolo di forza: allora, tu hai un “sentire” che è quello di far sì che gli altri cessino di soffrire in

un regime di oppressione, e cerchi di realizzare questo tuo “sentire” attraverso ad un sistema forte,

ad un mezzo forte. Allora, quindi, è diverso; non è che raggiungi il “sentire” attraverso al sistema for-

te, è vero? E’ diverso.

Corrado - Sì, ma... cioè, ci sono molti casi nella vita che un individuo deve fare un’esperienza violen-

ta perché altrimenti se non avesse quella non comprenderebbe. In questo caso qua benedetta è

quella violenza...

François - Certo, certo...

Corrado - Se da questo fango nasce quel famoso fior di loto...

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François - Sempre, caro; però bisogna vedere quanto poi gli costa, è vero? Può darsi anche che

quello che tu dici possa essere raggiunto non solo attraverso all’esperienza diretta di violenza ma an-

che attraverso alla comprensione e via dicendo, all’auto convinzione; c’è sempre questo discorso.

Però in ultima analisi quando si è rifiutata quella via lì, del comprendere attraverso alla mente, alla ri-

flessione e via dicendo, non resta che l’esperienza diretta e tutto è sempre, ripeto, per il bene

dell’individuo; anche quello che poi è dolore.

Carmen - Scusa, François, ma se in una società, vedendo la questione dal punto di vista

dell’insegnamento spirituale della realtà della vita, la maggior parte degli individui o comunque una

grossa fetta di individui, avessero un “sentire” che gli impedisce la violenza in qualsiasi forma... io non

voglio dire se è giusto o no; ho capito come hai detto, a volte si possono determinare situazioni in cui

è possibile; io ti voglio domandare un’altra cosa: ma si verificherebbe questo in una società... in un

gruppo dove la gran maggioranza degli individui avesse...

François - No, cara, no.

Carmen - Ecco, non si raggiunge...

François - No certo, cara, certo.

Carmen - Perché questi sono mezzi, diciamo così, di chi ha capito fino a un certo punto.

François - Certo, senz’altro. E’ un esempio radicalizzato quello che io ho fatto.

Cimatti - Eppure la “Rivoluzione francese” è stata necessaria, totalmente necessaria.

François - Certo che è stata necessaria, perché oramai c’era un tal punto di marcio, diciamolo pure,

che non poteva essere tolto che attraverso ad un’operazione chirurgica, certamente. Poi, naturalmen-

te, anche lì è uscito fuori l’uomo e allora si è passato a degli eccessi; quella che doveva essere

un’operazione invece si è trasformata in un macello.

Partecipante - François?

François - Dimmi caro.

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Partecipante - Vorrei riportare il discorso un po’ all’individuale, al privato, ma ad un’angoscia così

opprimente che direi è collettiva. Vorrei che mi dicesti qualcosa sui sensi di colpa, i sensi di colpa

profondi, a volte immotivati di cui tante persone sono vittime: è possibile che un ricordo vago di vite

precedenti diventi addirittura una personalità all’interno della persona che l’accusa?

François - Sì, certo. Guarda, è chiaro che molte volte sono reminiscenze di precedenti incarnazioni.

Ma da che cosa dipendono queste reminiscenze? Dipendono da azioni le quali comportano in sè

questo senso di colpa, azioni che sono state fatte e che hanno come verità questo senso di colpa

che riaffiora nell’attuale vita; però non è escluso che questo senso di colpa possa benissimo essere il

prodotto di azioni fatte nella vita presente; non necessariamente sono reminiscenze, è vero? E allora,

forse è più facile trovarlo, riuscire a individuare da che cosa avviene, quando è nella vita attuale per-

ché il soggetto ti può aiutare a trovare l’origine narrandoti la sua vita e via dicendo. Mentre nell’altro

caso è più difficile, è vero? Si potrebbe fare attraverso a una regressione ipnotica, trovare... ma non è

una cosa facile...

Partecipante - No, ma scusami, mi riferisco a un episodio concreto che mi è successo: una persona

che soffre molto psicologicamente si è come sdoppiata e ha parlato a se stesso dicendo: «Tu, 400

anni fa hai fatto una certa cosa: hai avvelenato questa donna. Per questo io ti castigo e ti farò soffri-

re...», eccetera, eccetera. E’ possibile che diventi una vera personalità, la doppia personalità di que-

sto ricordo?

François - Certo caro, certo.

Partecipante - Quindi le doppie personalità potrebbero spiegarsi con i ricordi delle vite precedenti.

François - E’ chiaro, caro, è chiaro. Perché c’è un rifiuto attuale di quella che è stata una personalità

precedente e allora avviene questo sdoppiamento.

Partecipante - In questi casi, François, queste persone hanno bisogno di sfogare questa autopuni-

zione, secondo me; come opereresti tu? Gliela faresti in qualche modo sfogare?

François - La lascerei sfogare fino ad un certo punto, che non ci prendesse però gusto. E’ difficile,

bisogna avere la sensibilità, il senso della misura, è vero? In maniera che a quel punto bisogna cer-

care di arginare e cercare di tagliare, se no diventa un’abitudine. E’ molto difficile, sai caro Renato,

quello che stai facendo, però non ti voglio scoraggiare perché posso dirti, in tutta coscienza che lo fai

bene, con molto scrupolo. Continua, continua così, caro.

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Rosita - Ti posso chiedere una cosa?

François - Sì, certo.

Partecipante - Per ritornare al Maestro Claudio che questa sera è stato nominato, lui dice che la libe-

razione può avvenire anche subito. Però, d’altro canto, io ti chiedo: non è vero che noi nasciamo con

un certo numero di limitazioni già quasi prefissate?

François - Certo.

Rosita - Ed allora?

François - Certo, dalla limitazione che devi superare; non pensate alla liberazione finale. Dalla limi-

tazione che tu devi sciogliere, per la quale tu stai vivendo, è vero? In questo senso. Però, vedete,

perché è importante questo discorso del Maestro Claudio? Perché se guardiamo i vari insegnamenti

che possono venire dalle dottrine orientali, adesso da certe scuole e via dicendo, le quali dicono che

l’uomo deve evolvere, c’è l’evoluzione, c’è la reincarnazione... alcune promettono che si possono su-

perare un certo numero di vite con certe tecniche e questa è un’affermazione impossibile, che cade

così, al buon senso, immediatamente. Altre addirittura dicono il contrario, che bisogna...

Interruzione dovuta ad una telefonata. François risponde ad alcune domande telefoniche.

François - Quindi, Renato...

Partecipante - Vorrei farti una domanda per procura: mi hanno detto di chiederti come avviene per

l’Entità che deve reincarnarsi il momento della reincarnazione - tu già hai detto che non è una scelta -

ma in qualche modo ci si sente spinti o in qualche modo si sa dove si va pur sapendo che si deve

andare lì... come avviene in qualche modo e come avviene anche la penetrazione, diciamo,

dell’Entità nel feto?

François - Badate, cari, intanto quando si è nel piano fisico - incarnati nel piano fisico - ci sono dei

momenti in cui la vita è bella e si vive volentieri; poi quando cominciano ad esserci dei problemi allora

in certi momenti non si vivrebbe, si preferirebbe morire, è vero? In generale, sì, c’è un attaccamento

alla vita però c’è anche un momento in cui questa vita pesa - vero? - la vita fisica. Ecco, parliamo di

coloro che addirittura pesa così tanto che poi arrivano a togliersi la vita. Ecco, ebbene, dopo lasciato

il corpo fisico, nella nuova dimensione passato il periodo - diciamo così - di transizione e via dicendo,

cambia completamente; c’è subito, immediatamente, un desiderio di tornare ancora sulla Terra a vi-

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vere: c’è questo desiderio impensabile e così intenso che durante la vita anche l’uomo il più attaccato

che vi sia alla vita fisica, non arriva mai a sentire un desiderio di vita fisica come lo sente poi quando

è nel piano astrale ed oltre. Quindi c’è questa diversità di prospettiva da quando si è incarnati a

quando poi si è disincarnati. Poi tu mi hai chiesto se in qualche maniera si vede quella che sarà la

prossima esistenza: allora parliamo di coloro che sono ad un certo punto di evoluzione, è vero? Per-

ché naturalmente coloro che sono all’inizio dell’evoluzione in forma umana non hanno questa possibi-

lità di vedere e via dicendo. Però coloro che sono di media evoluzione hanno anche questa possibilità

di vedere quale sarà la loro prossima incarnazione; e da qui l’errore che ne deriva della scelta, del

programma, dell’Entità che sceglie: non è che sceglie; lasciandosi, abbandonandosi a questo suo

desiderio di tornare vede quella che sarà la sua prossima incarnazione, in linea generale, natural-

mente, non nei dettagli, è vero? E perché questo? Perché proprio è una cosa automatica, direi. E

come avviene poi il contatto con la nuova incarnazione: da quel momento, quando ha avuto queste

visioni che riguardano la sua prossima incarnazione e che servono poi a sintonizzarlo su quello che

sarà la sua condizione futura, subentra uno stato di totale benessere ed abbandono, proprio una bea-

titudine immensa perché si raggiunge la certezza che si tornerà a vivere; cioè, che quel desiderio co-

sì impellente sarà soddisfatto e quindi vi è un senso di totale appagamento, quasi proprio un addor-

mentarsi, un cullarsi in questo pensiero, un totale rilassamento. Ecco, e quello è il momento in cui si

comincia a tornare, perché comincia tutto il lavoro di presa di contatto di quelli che saranno i nuovi

corpi: il nuovo corpo mentale, il nuovo corpo astrale e il nuovo corpo fisico. Il nuovo corpo fisico co-

mincia ad essere in collegamento con il nuovo corpo astrale e il nuovo corpo mentale durante la ge-

stazione, è vero? E comincia poi proprio il contatto vero e proprio al momento in cui il bambino na-

sce: il contatto con il corpo fisico principalmente, e anche con il corpo astrale e il corpo mentale. Poi a

questo punto voi lo sapete già, è vero? Sapete le varie fasi, che prima quello che comincia ad essere

organizzato, a prendere contatto più diretto, è il corpo astrale, man mano il corpo mentale, poi infine

la coscienza, è vero? Contatto che si può dire completo attorno ai ventuno anni; attorno ai ventuno

anni l’individuo è completamente in contatto con i suoi veicoli già formati del resto; perché già si è ri-

formato ed organizzato il corpo astrale, si è nuovamente organizzato il nuovo corpo mentale e la co-

scienza è a totale contatto con il corpo fisico. E quindi l’individuo può esprimersi nella maniera più ve-

ra di se stesso. Come sia questo contatto sul piano tecnico è una cosa piuttosto difficile a spiegarsi.

Però voi avete sentito parlare del famoso “filo”, filo che unisce il corpo astrale con il corpo fisico, è ve-

ro? Questo cordone che alla vista astrale appare argenteo - è vero? - e che attraverso al quale pas-

sano tutti quegli impulsi che si traducono in sensazioni ed anche in pensieri, è vero? Che è un filo a

doppia corsa: le sensazioni, gli impulsi che si traducono in sensazioni, che vengono dai sensi del

corpo fisico che si rivelano nel corpo astrale, e i pensieri che dal corpo mentale attraverso a questo

cordone arrivano al cervello fino a comandare anche gli organi vocali per potersi esprimere e comu-

nicare con gli altri. E questo “filo” famoso è noto fino dai tempi antichi, dai veggenti dell’antichità che

hanno simbolizzato in vari modi: quel filo di Arianna che fa vedere il percorso nel labirinto; e in effetti

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se non ci fosse questo filo... ve lo immaginate durante, per esempio, uno sdoppiamento il corpo a-

strale si perderebbe, non troverebbe più il corpo fisico. Perché sarebbe estremamente difficile, direi

impossibile, ritrovare un collegamento con un corpo dopo aver avuto uno sdoppiamento astrale per

moltissime ragioni: perché, intanto chi veramente si trovasse nel piano astrale con il corpo fisico vi-

vente ne sarebbe sopraffatto dalle immagini e da tutto ciò che potrebbe creare, è vero? Si perdereb-

be. Mentre rimane questo filo che lo riporta alla realtà del piano fisico. Quindi, vedete cari, voi, tante

volte quando vivete la vostra vita - non so se vi è successo - di avere come un attimo, un pensiero e

dire: «Ma questo io già l’ho vissuto...»; un lampo, è vero? Ecco, è proprio una di quelle situazioni che

voi avete visto prima di incarnarvi. Poi c’è l’altro discorso della reminiscenza, di coloro che dicono:

«Ma io in questo luogo sono già stato...», sanno dire: «Giri di qua, c’è una piazza...», eccetera, quello

è un discorso diverso, quella è una reminiscenza. Ma quando si tratta di vedere una casa... non so, vi

trovate in una piazza di recente costruzione e dite: «Ma io questa piazza l’ho già vista...»; ecco, non

si può spiegare con una reminiscenza, perché la costruzione è recente. Ecco, allora si spiega con

questa seconda possibilità: cioè, di ritrovare una visione avuta prima di incarnarsi.

Ferraro - Io devo fare una domanda che credo possa interessare un po’ tutti: io Lunedì ho assistito a

una seduta di sette ore a Palermo. Questo gruppo di persone indubbiamente serio, è un gruppo chiu-

so, ha risposto a tutte le domande in chiave rigorosamente cattolica, anche se questi di questo grup-

po hanno detto che nessuno di loro è “bacchettone”; c’erano degli atei perciò neanche praticanti, e

quelli praticanti dicevano che praticavano per abitudine. Ora, nel corso di questi colloqui hanno defini-

to la reincarnazione come fenomeno eccezionale e non abituale; io ho parlato allora del contrasto fra

questo gruppo... fra i messaggi di questo gruppo, quelli che si hanno qua a Firenze, quelli che ab-

biamo a Genova e anche quelli che abbiamo in altri “Cerchi”. La risposta è stata che anche qua a Fi-

renze, come a Genova, siamo nel giusto; è solo una questione di diversa terminologia perché si con-

fonde la reincarnazione con la “rigenerazione”. Ora, io domando: non mi sembra una questione ter-

minologica...

François - No, non direi; interessante questo della rigenerazione: dovresti proprio fartelo spiegare

meglio perché mi interessa.

Ferraro - Però questo è successo quando stavano per scadere le sette ore e non ho più potuto con-

tinuare.

François - Oh, caro, guarda Alfredo, veramente in questa tua ricerca devo proprio lodarti, è vero?

Perché se arrivi a questi sforzi così... veramente credo che pochi resisterebbero. Caro, proprio ti rin-

grazio per tutto quello che fai per portare avanti seriamente il discorso dello spiritismo; che veramen-

te bisognerebbe che molti venissero a scuola da te da questo punto di vista, Alfredo. Non sto facen-

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doti un elogio...

Ferraro - Grazie, mi sembra che tu dica troppo, comunque...

François - No, è vero, non sto facendoti un elogio; però i signori spiritisti che credono a tutto quello

che viene detto in certe pseudo sedute dovrebbero imparare questo rigore nella valutazione di ciò

che viene detto e anche del fenomeno come si presenta. Perché essere spiritisti non significa crede-

re a qualunque squilibrato che apre bocca e parla, è vero? E poi bisogna soprattutto anche avere

una preparazione dal punto di vista della psicologia; capire che può essere molto importante per ca-

pire certe manifestazioni e certi cosiddetti fenomeni non fisici - è vero? - intellettivi. Perché è chiaro

che il fatto che, per esempio, non vi siano fra i partecipanti dei professanti dichiarati cattolici, non si-

gnifica che a livello invece inconsapevole non vi sia una propensione a quella dottrina. Mi spiego: uno

può professarsi ateo e poi per dimostrare invece che... qualche ragione, qualche gioco psicologico,

può dimostrare che esiste lo Spirito, fa questo tipo di ragionamento inconsapevole. Cioè dice: «Se al-

lora esiste lo Spirito l’unico aspetto spirituale che io conosco è quello cattolico e allora è vero quel-

lo...», e parla in funzione di quella dottrina; dottrina rispettabilissima, per carità, utilissima per un certo

tipo di persone altrimenti non esisterebbe se non fosse utile, è vero? Tutto il rispetto per quello che

può essere il cattolicesimo. Però queste discordanze che vi sono fra le comunicazioni sono spiegabi-

lissime e senza neanche ricorre all’intervento di Entità. Quando poi si tratta di Entità vere e proprie al-

lora bisogna capire che certe Entità arrivano a vedere fino ad un certo punto, e quindi ripetono le co-

se per quello che loro sanno, portando peraltro confusione e facendo nascere queste divergenze di

dottrina fra i vari oratori disincarnati. Però, dico, come si può fare a giudicare un discorso? Bisogna

metterlo in tutto un contesto... perché non basta dire: «Noi siamo Spiriti, Dio esiste...», è troppo faci-

le, è vero? Bisogna fare un discorso generale e vedere se poi questo discorso è un costrutto logico

che sta in piedi oppure se fa delle affermazioni che sono poi in contrasto con altri principi che vengo-

no detti. Quindi, il seguire lo spiritismo è una cosa che deve essere fatta non così in maniera impre-

parata e superficiale perché si può essere tratti in inganno e poi finire col non capire più niente.

Ferraro - Mi fa molto piacere quello che dici perché io ho la perfetta conferma della perfetta coinci-

denza di quanto viene detto in questo Cerchio e di quanto viene detto fra noi, nel nostro Cerchio di

Genova. Tutto quello che tu hai parlato, del cordone d’argento, del passaggio attraverso i vari corpi,

di come entrano nel feto, è stato detto qualche settimana fa quasi con le stesse parole a Genova.

François - Certo, caro, certo. La verità è una, è vero?

Carmen - Scusa, François.

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François - Dimmi cara.

Carmen - Ma dal punto di vista della realtà come ce l’avete descritta e un po’ insegnata, che signifi-

cato ha questo desiderio di uno che è trapassato di tornare. Cioè, dal punto di vista del “sentire” che

è quello che poi proietta, come si era detto l’altra volta, il suo mondo, che significato ha questa ne-

cessità o desiderio?

François - Guarda, è una cosa, direi... è brutto dire automatica, è vero? Ma perché l’acqua, automa-

ticamente, scendendo da monte a valle segue la linea di maggiore pendenza? E’ una legge. E’ così,

proprio...

Carmen - Cioè, ho capito; è intrinseca proprio, allora.

François - Perché se non ci fosse questo desiderio, guarda che veramente, uno in quella beatitudine

in cui ci troviamo dopo il trapasso, rispetto a quella che è anche la più felice vita nel piano fisico, non

si staccherebbe più, è vero?

Carmen - Credo di saperlo... Posso farti un’altra domanda?

François - Certo, cara.

Carmen - Dunque, abbiamo discusso questo punto e ci siamo arenati. Nella penultima lezione di

Kempis è stato detto che il Logos “sente” il macrocosmo tutto insieme; allora, un gruppo di noi pensa

che questo può avvenire unicamente attraverso a tutti i “sentire” individuali, visto che il Logos è tutti i

“sentire” individuali. Un altro gruppo, invece, sosteneva che non passa, o non necessariamente, pas-

sa attraverso i “sentire” individuali; cioè, probabilmente passa anche attraverso quelli ma viene “senti-

to” a sè, come un “sentire”... un altro tipo di “sentire” di un’altra grandezza, di un’altra ampiezza, ecco.

Però ci siamo arenati.

François - Sì, ma di questo ne parlerà il Maestro Kempis e quindi è inutile che lo dica io in modo

peggiore di quanto può dirlo lui - è vero? - e quindi confondervi le idee. Però, il discorso è vero, che la

coscienza cosmica è l’insieme di tutti i “sentire” relativi; e quindi di tutti i “sentire” degli individui, tutti.

Però c’è anche il principio della trascendenza: per cui nella simultaneità dei “sentire” la coscienza che

è unitaria li fonde tutti insieme, ma al tempo stesso trascende la somma di tutti i “sentire”. Come il

famoso esempio delle due immagini piatte che nella simultaneità della percezione si trasformano in

una immagine tridimensionale: è vero questo discorso. Allora, potrebbe benissimo essere quindi il di-

scorso, che il macrocosmo, il Cosmo è “sentito” dalla coscienza cosmica attraverso a tutti i “sentire”

degli individui: coscienza cosmica quale risultato della composizione di tutti i “sentire” individuali, è

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vero? Quindi potrebbe essere vero questo discorso. Discorso che farebbe escludere l’altro per cui

non si potrebbe “sentire” diversamente che attraverso al “sentire” degli individui, il Cosmo, è vero?

Però c’è il principio della trascendenza per cui potrebbe essere anche vero che la coscienza cosmica,

trascendendo l’insieme, la somma di tutti i “sentire” relativi potrebbe “sentire” il Cosmo in modo diver-

so, trascendente dalla somma di questi. Sono stato chiaro?

Partecipante - Sì.

François - E allora vi lascio in questo dilemma filosofico nel quale potete ancora dibattervi finché si

spera che il Maestro Kempis dirà quale è la risposta giusta e per quale ragione, è vero? Implica que-

sto il discorso sulla realtà: che cosa è realtà, è vero? Significa questo il discorso. Risposta che in

fondo dall’insieme di quanto è stato detto proprio a proposito della realtà e via dicendo, esiste già; e-

siste già data, si tratta solo di metterla assieme.

Cari amici, vi abbraccio con tantissimo affetto, vi ringrazio di questa interessantissima conversa-

zione e vi prego di salutare tutti gli amici che non sono qua presenti questa sera. E adesso svegliamo

il nostro Roberto.

A presto, cari, a presto.

François

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07 Maggio 1983

Buonasera, miei cari. Stasera vedo che siete molto numerosi, e soprattutto numerosi sono i nuo-

vi amici che per la prima volta assistono alla comunicazione. Saluto tutti indistintamente con grandis-

simo affetto, cari, e sono qua a vostra disposizione per rispondere alle vostre domande augurandomi

che ne abbiate, perché altrimenti facciamo scena muta, è vero? Usando il linguaggio così, degli atto-

ri, perché di attori questa sera non ne mancano, è vero? Allora, miei cari, vi abbraccio tutti con mol-

tissimo affetto e porto i saluti dei vostri cari che sono nella dimensione dalla quale vi sto parlando. Di

che cosa vogliamo parlare, questa sera? Chi è che inizia la conversazione?

Corrado - Comincerei anch’io se non sembrassi... non vorrei apparire troppo invadente. Ecco, Fra-

nçois, una domanda che forse è sciocca: ogni uomo che si incarna come tale proviene da regni pre-

cedenti (animale, vegetale e minerale). Se così è tutte le creature che adesso sono dei minerali, dei

vegetali e degli animali si dovranno incarnare come uomini; però quando saranno incarnati come

uomini, come creature umane, ci sarà sempre un regno minerale, un regno vegetale e un regno ani-

male. Quando finisce se è vero che ogni essere si deve reincarnare?

François - La spiegazione a questa domanda è stata data allorché fu dato il concetto del non tempo

e non spazio. Cioè, voi siete... l’uomo diciamo, è abituato a pensare al tempo e allo spazio in maniera

oggettiva; cioè, c’è qualcosa che scandisce il passare dei secoli cosicché ciò che è trascorso non c’è

più e ciò che ancora deve venire non esiste. Mentre voi sapete che così non stanno le cose, è vero

cari? Che lo spazio come il tempo è qualcosa che assume una certa oggettività nel momento in cui

l’essere è limitato e prende coscienza della porzione di sostanza divina, del divino Spirito, ne prende

coscienza in maniera parziale. E’ come dire: in un nastro in cui è registrata una bellissima opera la

musica salta fuori nel momento in cui poni il nastro nel registratore; e così è del tempo e dello spazio

che dal piano del non-tempo e non-spazio, dell’Eterno Presente e dell’infinita presenza, non esistono

ma prendono oggettività apparente nel momento in cui tu sei limitato nella percezione. Così questo

spiega come sia possibile vivere tutta la sequenza del tempo cronologico più volte; cioè, può essere

che una creatura, un essere, un individuo, possa benissimo vivere quello che per un altro è il futuro e

viverlo contemporaneamente... simultaneamente - forse dire contemporaneamente può trarre in in-

ganno - vivere simultaneamente, ed essere questi due individui contemporanei nel “sentire” lo spazio-

tempo, mentre poi se si fa un riferimento al tempo astronomico si vede che vivono a distanza di mi-

gliaia di anni. Ora vorrei, prima di dire che il tempo e lo spazio sono percorsi prima come individui ap-

partenenti ai regni minerale, vegetale e animale, e poi come uomini vi è un tornare indietro nel tempo

e nello spazio cronologici, vorrei precisare che non è proprio esatto dire che l’uomo come tale provie-

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ne dal regno minerale, vegetale e animale; non si deve pensare ad un individuo che prima presiede a

un processo di cristallizzazione, poi a un processo di vita vegetale, e poi di vita animale e rimane uo-

mo, è vero? Ma quelle varie forme di vita che voi conoscete come naturali concorrono in varie manie-

re e con varie aggregazioni a costituire il primo essere individualizzato detto uomo; e quanto

l’individualizzazione possa avere anche qualche riscontro prima della reincarnazione umana, è vero?

Già sapete che il cane, il cavallo, la scimmia e via dicendo, ed altri animali sono già animali individua-

lizzati; a diversità invece delle formiche, delle api, i fili d’erba, i prati, i boschi e via dicendo, gli insetti

e così via, è vero? I quali sono individui biologici, individui nel senso della scienza umana, ma non lo

sono per ogni corpo nel senso spirituale. Cioè, voglio dire che mentre ad ogni corpo fisico dell’uomo

corrisponde un individuo spirituale, a vari corpi fisici di insetti corrisponde un solo corpo spirituale;

non c’è, cioè, un corpo solo per ogni Spirito nel regno minerale, vegetale ed animale. Quindi bisogna

fare questa precisazione altrimenti uno può pensare che una formica sia un individuo spirituale il qua-

le poi alla fine della sua vita fisica diventi un altro insetto più evoluto, è vero? Non è così, la cosa non

sta così. Ecco, allora, tutto questo spazio-tempo veditelo spiegato dinanzi a te fino alla fine del tempo

nel senso... al momento in cui su un pianeta non vi sarà più vita, o addirittura nel Cosmo non vi sarà

più vita, fino all’estremo limite del riassorbimento. E in tutto questo spazio-tempo sono dispiegate le

vite minerali, vegetali e animali nel senso progressivo, se vuoi cronologico. Poi può succedere che

l’ultimo animale, quello vicino al riassorbimento - cioè alla distruzione, chiamiamola così - del Cosmo

fisico, si reincarnerà in forma umana ai primordi del tempo, cioè al momento in cui è terminata la e-

manazione; se facciamo questo discorso in termini di un tempo oggettivo che non esiste... suppo-

niamo di numerare il periodo dal momento in cui il Cosmo comincia ad essere emanato, segnamolo

con l’anno uno, e il Cosmo che viene riassorbito segnamolo con l’anno cento, l’animale che ha avuto

la sua evoluzione come tale nell’anno novantanove si potrà benissimo reincarnare come uomo

nell’anno dieci; c’è quindi un tornare indietro nello scenario dello spazio-tempo. Ecco perché, quindi,

fino al termine diciamo, della vita in senso generale del Cosmo fisico vi saranno sempre animali,

piante e minerali.

Corrado - Quindi anche, può darsi che non abbia capito niente, quindi anche al momento del rias-

sorbimento...

François - Del termine del riassorbimento, perché il riassorbimento comincia immediatamente quan-

do è finita l’emanazione, è vero? Diciamo fino a poco prima del termine del riassorbimento vi saranno

ancora animali.

Corrado - E piante...

François - Qualche pianta e minerali, certo.

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Corrado - E’ così?

François - Certo, certo. Perché poi come forma umana potranno essere dislocati in altri spazio-

tempo che per il momento sono già trascorsi ma non lo sono in senso oggettivo perché lo spazio e il

tempo non sono oggettivi.

Corrado - Ecco, appunto, mi domandavo siccome niente va perduto, niente è inutile ma tutto ha un

suo validissimo e reale perché, queste creature, questi esseri insomma, anche se minerali, o vegeta-

li, o animali, sono esseri di Dio, dove andavano a finire; adesso un valido motivo c’è. Grazie François.

Partecipante - François?

François - Dimmi caro.

Partecipante - Il tempo è conseguenza dello spazio, ne abbiamo parlato anche altre volte; lo spazio

è fatto di materia. Anche il piano astrale è fatto di materia; che rapporto c’è fra il tempo nel piano a-

strale e il tempo così come lo viviamo noi.

François - E’ difficile dirlo, è vero? Comunque è bene precisare questo concetto: che il tempo come

lo spazio sono strettamente inerenti alla materia; questo lo dice anche la vostra scienza, la scienza

umana, è vero? Tant’è che ipotizzano che se fosse vera la teoria del famoso “Big Bang”, cioè

dell’esplosione iniziale, e poi che culminasse con la traslazione di tutti i corpi celesti e questi giunti ad

un certo limite cominciassero anziché a smaterializzarsi come è la realtà e come il Maestro Kempis

ha spiegato benissimo, tornassero indietro per raggrupparsi tutti al centro del Cosmo e formare una

nuova palla di materia che desse poi luogo ad una nuova esplosione e al sorgere di un nuovo Co-

smo, si dice che questo nuovo Cosmo molto probabilmente avrebbe tutta una diversa struttura mate-

riale e quindi spaziale, e quindi temporale. E quindi la scienza riconosce diciamo dalla “Teoria della

relatività” in poi con le successive parziali conferme che si sono avute, riconosce che lo spazio è

strettamente inerente alla materia, è vero? E che non esiste più uno spazio assolutamente vuoto, in-

deformato, tridimensionale, infinito, come lo ipotizzava Euclide e tutti gli antichi; ma lo spazio è diret-

tamente... è come un’emanazione della materia, per intenderci; questo lo dice la vostra scienza. E

quindi, allora, se lo spazio, e conseguentemente il tempo - in un’altra dimensione dello spazio secon-

do la scienza - è direttamente connesso e dipendente dalla materia, a materie diverse corrispondono

spazi e tempi diversi; e siccome il piano astrale non è che una diversa dimensione... un diverso stato

della sostanza - della materia, se vuoi chiamarla così, ma preferisco chiamarla della “sostanza” che i

Maestri e gli antichi esoteristi hanno chiamato invece “energia” - ne consegue che anche lo spazio e

il tempo del piano astrale sono estremamente diversi da quello che sono nel piano fisico, così come

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sono diversi nel piano mentale. Allora, fare una relazione fra questi due tempi è una cosa estrema-

mente difficile; e assolutamente non vi sarebbe nessuna relazione se non vi fosse una costruzione

comune, se non vi fossero comun denominatori fra gli esseri astrali e gli esseri fisici, è vero? Questa

nostra sera nella quale io vi sto parlando è un comun denominatore fra voi che vivete nella dimensio-

ne fisica coscientemente e io che invece vi parlo da un’altra dimensione; questo comune percepire,

questa relazione fra me e voi che potrebbe al limite anche essere unilaterale, potrebbe essere solo

da parte di chi vive nella mia dimensione, questo comun denominatore, dicevo, crea questa sorta di

relazione, mette in contatto questi due scorrere diversi, che sono completamente diversi. Per quello

che posso dirvi io la differenza fra l’uomo che vive nel suo mondo incarnato, fisico, che ha il senso

dello spazio perché deve spostare il suo corpo in un certo ambiente - se desidera visitare un luogo

deve traslocare il suo corpo con atti meccanici e recarsi là dove vuol visitare - e noi invece, c’è

un’enorme differenza; perché mentre - ripeto - nel piano fisico occorre una certa serie di azioni per

spostarsi, nel piano astrale sapete che è sufficiente un desiderio per trovarsi immediatamente nel

luogo che si desidera visitare, è vero? E quindi tutto questo dà certamente una visione alquanto di-

versa dello spazio, una concezione diversissima dello spazio. Del resto che la concezione dello spa-

zio possa cambiare in funzione del modo di percepire, e la concezione di un ambiente della realtà

nella quale uno si trova possa cambiare in funzione del tipo di percezione che ha, potete pensare per

esempio che se voi aveste il senso dell’odorato molto sviluppato vi accorgereste che in un dato am-

biente - come lo hanno certi animali, è vero? - vi accorgereste che in un dato ambiente vi sono state

certe persone o certi altri animali anche se quelli non ci sono più. E questo darebbe tutta una conce-

zione diversa della realtà, ti sembra Aurelio? Voi adesso vi accorgete che in una stanza c’è stato

qualcuno perché magari vedete gli oggetti spostati che voi avevate lasciato in una certa posizione; se

invece aveste il senso dell’odorato molto sviluppato questo... - non pensate subito che chi ci sia stato

prima abbia dei cattivi odori, no, è vero? - entrate in un ambiente e vi accorgereste che anche se

niente è stato spostato che c’è stato qualcuno dall’odore che questa persona o questo animale ha la-

sciato. E quindi tutto questo darebbe una concezione diversa della realtà. Allora voi potete pensare

quanto sia diversa la concezione della realtà, e la percezione della realtà, in un piano dove basta de-

siderare per trovarsi in un ambiente diverso, in un luogo diverso, è vero? E quindi quanto tutto questo

possa cambiare. Questo solo per parlare di un meccanismo di spostamento. Se poi andiamo a parla-

re di percezione visiva, per esempio, certamente che è un mondo completamente diverso; e tutto

questo modo di percepire diverso dà concezioni diverse della realtà. Concezioni che sarebbero com-

pletamente indipendenti e che non avrebbero nessun punto di riferimento se proprio non fossero co-

struite in modo da avere dei comun denominatori e dei punti di riferimento proprio per un piano gene-

rale che adesso non possiamo spiegare, è vero? Lo stesso piano generale, cari, per il quale noi ci

troviamo qua a parlare questa sera assieme.

Partecipante - François, che cos’è l’inconscio, cosa contiene e, diciamo, dove si colloca nella struttu-

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ra dell’individuo che ci hanno dato i Maestri?

François - Qua con tante persone così dotte in psicologia - non faccio riferimenti, cari, perché altri-

menti voi subito pensate che io parli sempre delle stesse persone - con tante persone così preparate

secondo la dottrina della scienza umana che cosa sia l’inconscio, certamente, saprebbero dirvelo

meglio di me. Però, dico, noi possiamo trovarci d’accordo sul tema: e cioè dire che la parte consape-

vole dell’essere umano principalmente, non ricopre tutta la sua mente e tutta la sua vita interiore, è

vero? Ci sono molte cose che bollono, che creano tensioni interiori e stati d’animo che hanno una vita

interiore che non è compresa nella consapevolezza; e questo voi oramai lo sapete benissimo, è ve-

ro? Talvolta vi sentite un malessere o un benessere e magari ne date la colpa allo stato di salute del

corpo fisico mentre in realtà così non è; perché invece tutto ciò dipende, magari, da uno stato

d’animo che non affiora alla consapevolezza: un problema, un timore, un’angoscia che voi avete, so-

prattutto di affrontare una situazione che sapete di dover affrontare, e che consapevolmente non vi

dà preoccupazione perché magari è una cosa che dovete affrontare fra del tempo; oppure

un’esperienza triste e dolorosa che avete avuto in passato che in quel momento non ricordate, ma

che riaffiora alla vostra consapevolezza con uno stato d’animo di angoscia, di tristezza, oppure anche

di gioia o di euforia. Allora tu, Uber, quindi più che dire cosa sia l’inconscio - che lo spiega benissimo

la scienza umana, la psicologia e anche la psicanalisi, è vero? - più che dire che cosa sia l’inconscio,

dove si colloca secondo la struttura dell’essere che i Maestri ci hanno dato: ed evidentemente

quest’inconscio si colloca chiaramente anche nel veicolo astrale, nel veicolo mentale ed anche in

quello che è chiamata la “coscienza dell’essere” e cioè nel corpo akasico. C’è una differenza però ed

è questa: mentre quello che la scienza, la psicanalisi, per esempio, chiama “Es” o “Id” - cioè i principi

animaleschi, quelli d’istinto, quelli definiti più bassi, è vero? - sono chiaramente collocati o nel corpo

astrale o nel corpo mentale dell’individuo, il “Super io” - che può far parte dell’inconscio - è collocato

generalmente nella coscienza dell’individuo: generalmente, il vero “Super io” è collocato nella co-

scienza dell’individuo. Cioè, qual’è il vero “Super io”? E’ l’evoluzione che l’individuo ha raggiunto e

che non viene mai perduta, che può mostrarsi come qualità morale ma può anche non mostrarsi così,

che può saltare fuori quando l’individuo è sottoposto ad un certo stimolo, è vero? Per esempio

l’essere che... l’uomo che in guerra, pur non avendo prima di allora mai avuto particolari istinti di sa-

crificio per gli altri, si pone davanti ad un suo simile e muore lui per non far morire il suo simile, è ve-

ro? Questo è qualcosa che salta fuori dietro una particolare provocazione, dopo un particolare stimo-

lo, e che allo stesso individuo forse sarebbe anche sconosciuto se non fosse stato questo stimolo

che lo ha tirato fuori. Questo, diciamo, è il vero “Super io”. Poi vi può essere anche invece la parte di

moralità posticcia creata dall’insegnamento religioso o dall’insegnamento di educazione civica, se

ancora vi fosse l’educazione civica come insegnamento, è vero? Che invece è posticcia, e quella si

vede perché prima è vantata dall’individuo, ostentata, e poi al momento opportuno invece è dimenti-

cata; tutto il contrario di quello che avviene per la coscienza acquisita, è vero? Perché prima è addirit-

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tura quasi insospettata nell’individuo e che salta fuori nel momento in cui invece c’è bisogno. Quindi

l’inconscio è come parte di desideri nascosti sepolti nel corpo astrale, parte di pensieri sepolti nella

mente e parte invece di buone qualità non direi sepolte nella coscienza ma latenti nella coscienza,

che possono scappare fuori allorché vi sia lo stimolo adatto.

Partecipante - Ecco, di fronte a queste cose, diciamo nascoste, dell’inconscio, specialmente

nell’astrale e nel mentale, quando emergono non si possono conoscere; cioè se ne può solo prende-

re atto. Ma anche una interpretazione di queste in fondo a che serve?

François - Be’, perché dici a che serve? Intanto si dovrebbe dire che per definizione l’inconscio non

dovrebbe affiorare come causa, come spiegazione vera e propria che origina una certa pulsione. Mi

spiego: tu puoi avere avuto nella tua vita di ragazzo, di fanciullo un trauma, un trauma che ti ha porta-

to un certo stato d’animo particolare; poi tu dimentichi questa cosa completamente, però rechi sem-

pre, pur non ricordando il fatto in sè, rechi però dentro di te un qualcosa che può suscitarti uno stato

d’animo ansioso, di paura, di tristezza, allorché nell’ambiente o nell’esperienza che tu stai facendo, o

le persone che tu stai incontrando, ti ricordano questo avvenimento che tu hai vissuto e che ti ha pro-

vocato questo trauma, è vero? Quindi l’inconscio dovrebbe riaffiorare solo come stato d’animo e non

mai come avvenimento trascorso; mentre il subconscio è una cosa che può anche ritornare come

cronologia del fatto che tu hai vissuto, è vero? Cioè, farebbe parte del tuo subconscio

quell’avvenimento se poi successivamente attraverso la psicanalisi, attraverso a una psicoterapia, tu

potessi ritrovare il fatto, non solo la sensazione, ma proprio il fatto che tu hai vissuto e che ti ha crea-

to questo trauma. Tu dici a che cosa serve: serve perché se si segue il tipo di analisi che il Maestro

Claudio ci ha insegnato, se pur non ritrovando il fatto in sè, la cronaca di ciò che tu hai vissuto, puoi

benissimo però scoprire che cosa è che ti crea angoscia, mi spiego? E questo nel momento in cui tu

l’hai trovato è già un primo passo per superarlo.

Partecipante - Quindi prendo atto della reazione e quindi non interpreto la causa...

François - Non scopri il fatto, la cronologia, è vero? Ma non ha importanza. L’importante è che... non

so, tu provi angoscia tutte le volte che, per esempio, una determinata persona si rivolge a te in un

certo modo; e allora da questo tu trovi che in quell’aspetto - non parlo di casi... di te, parlo in generale

ovviamente - quell’aspetto suscita in te angoscia perché... e scopri il perché, è vero? E questo scopri-

re il motivo, la ragione della propria angoscia è un modo di superarla.

Partecipante - Scusa François.

François - Dimmi caro.

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Partecipante - Ma quando invece si manifesta una paranoia psicosomatica, come fai a capire la

causa?

François - Ci vuole molta costanza. Non è impossibile; è molto difficile però è possibile, è vero? Con

pazienza e soprattutto sempre cercando di non abbandonarsi a questo tipo di stato d’animo. Non ab-

bandonarsi, non dire: «E’ così e quindi non c’è niente da fare. Non c’è rimedio e purtroppo è così...»,

prenderla come una cosa senza soluzione e senza rimedio. No, questo mai! Mai darsi per vinti.

Partecipante - Quindi c’è la possibilità di un controllo.

François - C’è la possibilità di un controllo, è vero? Primo passo da fare è essere certi che questo

controllo può esserci; secondo passo, non scoraggiarsi mai; se pure essendo certi che questo con-

trollo può esserci si ricade ancora in quel tipo di stato d’animo.

Partecipante - Quindi ogni tipo di paranoia psicosomatica come ha un inizio ha una fine, in ogni ca-

so.

François - Certo, certo, purché il soggetto e non tanto i... - e in questo mi scusino i medici - non tan-

to i medici, proprio il soggetto sia convinto di poterlo fare e non si dia per vinto; e soprattutto non si

scoraggi. Questo è molto importante. Ricordatevi, in ogni tipo... anche in tutti i vari medicamenti, le

varie cure anche per malattie di ordine organico, non solo di malattie psicosomatiche eccetera, ma

parlo proprio nelle malattie organiche, è di somma importanza che l’individuo creda e sia sicuro di

guarire; è di grandissima importanza.

Partecipante - Ma quindi, allora, il problema rimane solo il fatto che è psicosomatico; non potrai tro-

vare altre soluzioni tipo altre cause.

François - Il problema è solo quello in un determinato caso. Poi talvolta può esservi una tara organi-

ca - parlo così in generale naturalmente, sempre - una piccola tara organica che viene amplificata e

tradotta proprio... che è, diciamo, l’innesco della malattia di tipo poi psicosomatico che viene trasfor-

mata, accentuata e amplificata.

Partecipante - Insomma, è lento comunque il distaccarsi da una malattia psicosomatica.

François - Sì, è lento però non bisogna scoraggiarsi e soprattutto bisogna crederci. Uno dice: «Io

credo a questo...», e crede poi la volta dopo che credendoci sia tutto superato; poi si accorge che

non è superato allora si scoraggia e non ci crede più. Ecco, invece questo è un errore, è vero? Anche

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il Maestro Claudio - per parlare di un’altra cosa forse ancora più importante di questa, di questo pro-

blema di salute e di equilibrio interiore - anche il Maestro Claudio quando dice: «Voi dovete conosce-

re voi stessi e fare l’analisi di voi, del vostro egoismo...», non dice che nel momento che voi avete

scoperto di essere egoisti avete superato l’egoismo; no, per carità! L’analisi deve essere costante,

deve continuare, è vero? Deve continuare senza preoccuparsi di quando può avvenire quel famoso

scatto per cui una determinata limitazione viene superata; perché quando è il momento, quando

l’individuo ha raggiunto quella maturazione interiore che nessun tipo, credete, di disciplina “Yoga” o

via dicendo può far raggiungere, scatta quel qualcosa e la limitazione è superata. Ma tutto questo

avviene direi - è brutto dirlo - ma avviene automaticamente, purché vi sia sempre la volontà e la co-

stanza di continuare nell’analisi di se stessi, nella introspezione.

Corrado - Ecco, François, che cos’è che scatta nell’individuo quando questo individuo è sotto

l’impressione di una suggestione, un’illusione; che cos’è che fa guarire l’individuo che si getta nelle

acque delle piscine di Lourdes, come disse il Maestro Kempis, che sono piene di croste, di pus... Che

cos’è nell’individuo che scatta... perché questa è un’illusione...

François - Perché, caro...

Corrado - Una forte autosuggestione, non so come chiamarla io...

François - Bisogna intendersi sempre sui termini...

Corrado - Se io dico che questo pezzo di pietra è il mio portafortuna e in realtà non lo è perché, Fra-

nçois, è una pietra: vive la sua vita di vita macrocosmica e non ha niente, nessun potere, niente; ma

se io glielo do, quindi che cosa faccio? Interpreto un’illusione - perché è un’illusione perché questo

sasso non mi può nella maniera più assoluta portare fortuna - quindi io credo in questa illusione: che

cos’è che scatta nel momento in cui io do vita a questa illusione tanto che quel sasso realmente mi

porta fortuna?

François - Ecco, allora intendiamoci sui termini: è un’illusione quando uno crede una cosa e poi que-

sta cosa non avviene; quindi è un’illusione e resta deluso, è vero? Ma se tu mi dici che una determi-

nata persona, per esempio, si è procurata in qualche maniera un certo talismano convinta che questo

talismano lo salvi dai pericoli o gli dia coraggio - forse è meglio - gli dia coraggio, dopo di che è tal-

mente convinta che si sente coraggiosa. Allora non è un’illusione, caro; in effetti quel talismano gli dà

coraggio. Non guardare se in sè è un pezzo di carta, o un pezzo di pergamena, o di rame o di che

sia, fatto da certi simboli che in sè potrebbero anche non avere nessun significato - è vero? - ed es-

sere un pezzo di materia come un altro. Però, se questo pezzo di materia riesce a suscitare

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nell’intimo di questa creatura un particolare stato d’animo per cui si sente coraggioso, non è

un’illusione; per lui quello è vero, è una realtà. Che cosa è che suscita? Ecco, in ogni essere c’è a di-

sposizione, salvo i casi karmici - e questo lo sapete, è vero? - c’è a disposizione la possibilità di reagi-

re e di superare certe sue infermità, guardiamolo dal lato della salute. Allora, quando questo essere

attraverso a una sua convinzione, attraverso ad un particolare stato d’animo che può essere suscita-

to dall’esterno - e quindi poi la spiegazione sarà che è stato l’esterno a guarirlo - scatta, trova in sè,

mette in movimento in sè questo suo naturale rimedio all’infermità, l’essere guarisce. E’ quella con-

vinzione della quale parlavo prima con Martino, è vero? E’ un altro campo. Bisogna essere convinti

che la cosa funzioni; questa convinzione crea, mette in moto le difese naturali che sono in ogni orga-

nismo, in ogni corpo; le mette in moto.

Corrado - Allora si può dire che questo autoconvincersi di un qualche cosa è un interruttore che fa

scattare un certo circuito il quale mette in moto un meccanismo...

François - Che ognuno ha, è vero? Salvo, ripeto, i casi karmici in cui quella persona deve sopportare

una certa infermità, un certo stato d’animo e allora... Ma siccome nessuno mai lo sa questo, quando

è Karma veramente, e poi anche il Karma può finire, quindi chiunque si trovi in uno stato d’infermità

sia fisico che psicologico sia convinto che in sè ha le doti, la capacità di poter reagire e ritrovare

l’equilibrio.

Corrado - Quindi l’individuo che non pone in atto tutto questo ma che è per me, per esempio, una

mente raziocinante, che ha i piedi in terra e che ragiona come gli uomini che sono in terra, non può

avere questo tipo di aiuto.

François - Perché, caro? Uno può avere fiducia nelle scoperte della scienza medica, è vero? Può

benissimo avere fiducia. Trovare un medico che dice: «Guardi, per lei ho una cura meravigliosa...».

Basta e fatta. Non importa essere... è raziocinante, è vero? Non è un oltraggio al raziocinio, anzi pro-

prio direi che è il raziocinio che deve farvi convinti che in ogni essere c’è la possibilità di reagire. Ma

voi avete idea, se non vi fosse nell’organismo, dico fisico, non solo umano ma anche animale, non vi

fosse questo rimedio quante volte voi sareste morti? Quante volte al giorno voi siete aggrediti da mi-

crobi, da virus, da sostanze tossiche, e quanto automaticamente l’organismo reagisce. Quindi crede-

re che vi sia in ognuno una sorta di panacea universale, di rimedio universale a tutte le infermità non

è fare atto irrazionalità; tutt’altro, è essere convinti di una realtà.

Corrado - Sì, certo. E magari non guarisce quel male del quale sei affetto ma magari ne rimedia altri.

François - Non lo guarisce se è una questione karmica, ma anche in quel caso il Karma può ad un

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certo punto finire. Vi posso assicurare che tantissime malattie cosiddette incurabili sono invece guari-

te; non con cure mediche, chimiche e via dicendo, di farmacologia, ma proprio con le difese naturali

dell’organismo. Dimmi cara Carmen.

Partecipante - E chi ci crede troppo a tutto questo? Cioè, per gli altri non lo farei mai ma io per e-

sempio ci credo talmente che sono convinta che l’unico modo di guarire sia questo di cui tu hai parla-

to ora. Per cui arrivo a trascurare anche ovvie regole mediche che per un altro naturalmente seguirei.

Tu pensi che ci sia pericolo?

François - Bè, io direi che c’è più pericolo per chi non ci crede che per chi ci crede. Comunque è be-

ne che tu mantenga fede alla tua professione. Comunque tutto ha un suo equilibrio; bisogna anche

aiutarsi... anche questo fa parte della razionalità, è vero? Se l’organismo ha bisogno di certe sostan-

ze, di certi principi bisogna darglieli. Per quanto è veramente singolare il fatto che gli uomini... Gli an-

tichi alchimisti, per esempio, cercavano la trasmutazione della materia; ma sapeste quanta trasmuta-

zione di materia avviene nel corpo fisico; non avete idea! Voglio dire: chimicamente si possono fare

delle combinazioni, è vero? Non so, uno scambio per esempio: un sale unito ad un altro sale, ne crea

altri due diversi. Che cosa posso dirvi: il cloruro di bario con il solfato di sodio mescolati danno il sol-

fato di bario e il cloruro di sodio, è vero? Ma non intaccano gli elementi, c’è solo uno scambio fra gli

acidi e le basi, è vero, cari? Mentre quello che cercavano gli alchimisti... cercavano la trasmutazione

della materia; cioè, magari loro volevano che un metallo fosse trasformato in oro. Quindi in questo

caso, non so, il sodio si doveva trasformare, per dire, in potassio e il bario in calcio; questa sarebbe

la trasmutazione della materia, che non riguarda più la chimica ma che riguarda la fisica. Ecco, ora si

può credere che nel corpo umano quelle reazioni che avvengono siano tutte a livello chimico, è vero?

Siano solo sali oppure acidi, oppure prodotti della chimica organica, che si combinano ma che non vi

sia trasmutazione di materie, di atomi, di metalli o di metalloidi. Invece no; vi sono anche delle tra-

smutazioni per cui ad un certo punto il sodio si tramuta in potassio. E’ una cosa singolare ma potreb-

be essere benissimo provata scientificamente, è vero? Per esempio, potrebbe provarsi che ad una

creatura con una alimentazione strettamente rigida, proprio cercando di togliere assolutamente il po-

tassio, ad un certo punto il sodio che questa creatura prende attraverso, per esempio, ai cibi salati, il

cloruro di sodio si trasforma in potassio. Proprio c’è una trasformazione a livello atomico. Quindi, di-

cevo prima... che cosa c’entra questo discorso; dicevo che se un organismo ha bisogno di certi ele-

menti bisogna darglieli, è vero? E quando non gli si danno un organismo sano se li procura da sè;

trasforma, fa una trasmutazione proprio a livello atomico.

Corrado - Certo che il Karma ha buon gioco con la salute dell’uomo; può fare tutti gli scherzi che

vuole. Basta che mangi un milligrammo di una cosa...

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François - E’ vero, caro. Se invece, ti sto dicendo, per Karma tu devi avere quella cosa anche se non

gliela dai l’organismo se la forma; o viceversa, è vero? Se tu per Karma devi ammalarti puoi dare tut-

te le sostanze che vuoi all’organismo ma ti ammali lo stesso. Però non fissatevi troppo sul Karma

perché non si sa mai quando è e quanto dura, è vero? E quanto dura. Allora, miei cari, vorrei avere

parlato con tutti voi e specie con i nuovi amici. Spero di non avervi annoiato e vi ripeto ancora che vi

porto i saluti di tutti coloro, vostri cari, che sono nella dimensione dalla quale vi sto parlando; tutti in-

distintamente. Sono felici che voi siete qua e vi abbracciano come me. A presto, cari, a presto.

François

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari. Il mio saluto e la mia benedizione a voi, o

figli.

Voi siete qua raccolti ascoltando ciò che vi viene detto, speranzosi ciascuno di avere un segno

particolare che possa confermare la verità di ciò di cui siete venuti a conoscenza, e che possa per

questo sollevarvi da qualche angoscia, da qualche problema che rattrista o condiziona la vostra vita.

Ma voi non dovete prenderci come conforto, come gruccia; voi non dovete cercare la soluzione al vo-

stro problema attraverso di noi, data come la “manna” piovuta dal cielo. Voi dovete da ciò che vi di-

ciamo imparare ad affrontare voi personalmente il vostro problema; non farlo risolvere a noi che non

potremmo, ma trovare la capacità di risolverlo voi stessi. Non è facile, ma l’occasione che vi viene da-

ta è abbastanza valida. Quindi noi sappiamo e forse con poche parole potremmo darvi la soluzione

ma non vi aiuteremmo, perché non fareste il necessario sforzo che costruisce in voi stessi la capacità

di reagire, di essere forti e di affrontare altri problemi che inevitabilmente la vita vi porrà dinanzi. Se vi

risolvessimo il vostro problema attuale dovremmo risolverli tutti, tutti gli altri che la vita vi proporrà; e

non faremmo che rimandare e rendere inutile il vostro vivere di oggi e di domani. Così, figli, invece

approfittate di questa occasione per trovare in voi stessi la forza di affrontare la vostra partita, il vo-

stro mondo, e fortificarvi interiormente. Più che parole generali non possiamo darvi e non è giusto

che vi diamo; vi diamo solo quel tanto, poco indispensabile, ma sufficiente perché voi costruiate voi

stessi per la situazione nuova che state vivendo.

Io vi abbraccio e benedico tutti affettuosamente; che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Ecco a voi l’Entità più importante di tutto il Cerchio. Sono io, la Lilli.

Questa volta non mi hanno chiuso fuori, sai? Questa volta ho messo tutti i puntini sulle “i”; ho

detto: «Non vi riprovate più perché se no guai a voi, state attenti, non si può mai sapere quello che

succede. Lo dico a mio marito e vi mette a posto lui!». Con l’Assoluto non si scherza.

Corrado - Senti, Lilli, posso farti una domanda?

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Lilli - Sì, sì.

Corrado - Ecco, è giusto e lecito da parte dell’uomo... cioè, l’eruzione di un vulcano è una cosa natu-

rale, no? Si suppone sia naturale. E’ giusto da parte dell’uomo, con degli artifici quali esplosivi più o

meno potenti, cercare di rendere artificioso questo effetto naturale?

Lilli - Ma senti... sì, è giusto, purché si cerchi di limitare il danno.

Corrado - Ma limitare il danno...

Lilli - Ma che tu faresti te? Vorrei vedere venisse la lava di là e t’arrostisse tutti i tuoi aggeggi, che tu

faresti te? Ti parrebbe vero di fermarla, ti sembra? Ti immagini, Giannina, il tuo registratore tutto af-

fumicato?

Corrado - Ma allora è lecito?

Lilli - Sì, è lecito.

Corrado - Ed è lecito anche quando si uccidono delle forme di vita?

Lilli - Bisogna fare un bilancio e vedere se è meglio uccidere qualche animale, qualche pianta, oppu-

re se degli uomini.

Corrado - Pur di rispettare questo bipede umano.

Lilli - Sì, insomma, non è mica tanto da buttare via.

Corrado - Ma neanche un cervo o un capriolo sono da buttare via, per quale motivo? Forse, per me

sono più belli degli uomini.

Lilli - Sì, ma io non credo che se tu ammazzi un capriolo si ferma la lava.

Partecipante - Lilli, se ti chiamo ti fai sentire?

Lilli - Sì, però non a bacchetta.

Partecipante - Come sarebbe a dire non a bacchetta?

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Lilli - Cioè, voglio dire: «Lilli, batti un colpo se ci sei».

Partecipante - E cosa bisogna dirti?

Lilli - Non sono mica uno Spirito da tavolino. Sono la spada dell’Assoluto, non ve lo dimenticate. Per-

ché se te tu sei dottoressa io sono la spada dell’Assoluto, capito? Mettiamo un po’ le...

Partecipante - E com’è che dobbiamo chiamarti?

Lilli - Lilli.

Partecipante - E allora se io ti chiamo così, Lilli, tu in qualche modo ti fai sentire...

Lilli - Quando mi pare a me...

Ciao a tutti!

Lilli

Buonasera, miei cari.

E’ il vostro Alan che viene a salutarvi e a chiudere questo incontro. Vi salutano tutti gli amici, tutti,

e vi benedicono i Maestri. Mi auguro che questa serata rimanga viva nel vostro pensiero e vi sia di

utilità nella vita.

Vi saluto con tantissimo affetto, amici. A presto, a presto.

Alan

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14 Maggio 1983

Buonasera, miei cari.

Sono felice di essere qua con voi. E come sempre saluto per primi i nuovi amici che sono qua a

questo tipo di comunicazioni, anche se oramai nuovi per la verità non lo sono più, è vero? Hanno già

avuto il battesimo della comunicazione questa sera. Bene, cari, poi saluto tutti gli altri amici oramai

così, da vecchia data.

Cari, di che cosa vogliamo parlare questa sera? Io avevo insistentemente pregato l’amico Alan di

presentarsi lui qua per rispondere, ma l’amico Alan non vuole; e comunque vedrò di metterlo nei pa-

sticci lo stesso - come si usa dire - di prenderlo un poco con la forza, perché non mi sembra giusto

che sia io a monopolizzare sempre la conversazione, è vero? E’ così caro, Alan, che è bene che parli

di più e non venga solamente a chiudere la comunicazione; vi sembra giusto, vero cari? Dite di sì,

certamente.

Bene, cari, allora mettetevi a vostro agio, tranquilli; vediamo se abbiamo qualche cosa di cui par-

lare assieme in maniera piacevole mi auguro. Chi è che vuole dire qualcosa? Nessuno. Allora addirit-

tura non solo non parla Alan, ma non parla neppure François perché non abbiamo argomenti.

Partecipante - E’ vero che il fegato si riforma?

François - Oh, domanda tecnica; è uno di quegli organi - è vero, Carmen? - che anche se è, dicia-

mo, depauperato di una certa massa può ricostituirsi e riformarsi in parte. E come mai questa do-

manda?

Partecipante - Sì, visto che non ricrescono le gambe.

François - Ah, bè, sì, certo; è un’osservazione intelligente quella che avete fatto, che questi miracoli

che vi sono, i miracolati, e che sono spiegati con l’intervento diretto di Dio che sana infermità di una

data persona, mostrano un lato molto debole come spiegazione nel fatto che se è vero che Dio inter-

viene direttamente e ricostituisce gli organi malati, insomma ristabilisce l’equilibrio salutare, non si

capisce come mai non abbia mai fatto ricrescere un braccio, è vero? Se questo è l’intervento di Dio.

E certamente è un’osservazione che fu fatta nei secoli passati, certamente. E se non vado errato fu

proprio Voltaire che con i suoi sarcasmi fu il primo a fare un’osservazione di questo genere che poi fu

anche ripresa da altri; non per plagiare, naturalmente, ma proprio perché ognuno in buona fede trae-

va le dovute considerazioni e conclusioni a certi presupposti. Cioè, al presupposto che se è la divinità

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che interviene nel miracolo in maniera così diretta come certe religioni vogliono far credere, non si

vede che difficoltà vi sia all’onnipotenza divina a far ricrescere un arto amputato, per esempio. Ma in-

vece il discorso è diverso perché è vero... E’ molto complesso. Innanzi tutto bisogna far rientrare

questo discorso nel discorso generale che tutto avviene quello che deve avvenire; e che quando una

creatura ha un Karma che deve durare tutta la vita non c’è barba di miracolo che possa interrompere

questo Karma. E naturalmente quali sono i Karma che debbono durare tutta la vita? Quelli che la for-

za naturale di risanamento che è insita in ogni veicolo, in ogni corpo, non può addirittura sanare; co-

sicché mentre si può guarire da uno squilibrio dovuto ad una situazione ormonale, ad uno squilibrio

ematico e via dicendo, non si può invece far ricrescere naturalmente un arto amputato. Ecco, quindi,

il discorso che il Karma che dura tutta una vita naturalmente prenderà una configurazione di questo

tipo, cioè del tipo di quelli che non possono essere sanati con le risorse naturali dell’organismo uma-

no o che sia. Ecco, allora il discorso va visto da questo punto di vista. Poi c’è l’altra prospettiva, è ve-

ro cari? E cioè la prospettiva che il miracolo è una cosa diversa; non è un intervento di Dio diretto,

che a un certo punto per così, per una ragione non vorrei dire capricciosa, ma così, perché magari

sembra più meritevole uno dell’altro, interviene e guarisce da un’infermità una certa creatura. Il mira-

colo non va visto così, il cosiddetto miracolo; ma va visto proprio come una forza di reazione

dell’individuo, che mentre c’è una forza di reazione e di recupero nell’organismo che può insorgere

anche inconsciamente - è vero? - senza cioè che l’individuo l’abbia messa in moto, c’è un’altra forza

di reazione e di recupero anche a livello psichico. Questa però molte volte, quasi per la totalità, ha bi-

sogno di un’esca, ha bisogno di un innesco, è vero? E allora dalla forma psichica poi influisce soma-

ticamente sul corpo fisico. Allora quando un individuo, per una qualche ragione mette in moto questa

forza psichica, essa forza della psiche passa al fisico e si hanno le cosiddette guarigioni miracolose,

le quali sempre - ripeto - però non possono mai andare oltre le possibilità di recupero naturali del

corpo fisico; perché se un arto è stato amputato certamente non vi sarà mai l’evenienza che questo

arto ricresca. Ecco, da questo punto di vista quindi la cosa è diversa rispetto all’intervento diretto di

Dio.

Partecipante - Solo per l’uomo; agli animali invece ricrescono, le lucertole...

François - E’ vero, sì, quello fa parte di tutta un’altra costruzione diversa; però anche diciamo

l’individuo biologico lucertola ha altre cose che non possono essere rigenerate: perché se tagli la te-

sta, la testa non si ricostruisce. Quindi ci sono dei limiti anche lì.

Cimatti - François, ti vorrei chiedere una cosa.

François - Ma certo, ma tutto quello che vuoi, caro Pietro.

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Cimatti - E’ un incastro; cioè, diciamo, un personaggio che fa la storia, che determina magari per se-

coli o per milioni di persone la storia dell’uomo, la storia scritta, la storia palese; insomma compie dei

gesti determinati ed è libero di compierli perché la coscienza si acquisisce, si costituisce nella libertà;

è libero di agire. Però, contemporaneamente, siccome lui deve partecipare alla storia e persone, mi-

lioni di persone, debbono subire la sua presenza nella storia di dittatore, di tiranno, qual’è l’incastro

fra la libertà di lui e l’impossibilità per certe persone di subire la sua presenza?

François - Ecco, è vero, questo è un discorso che ci riporta alle famose varianti, è vero? Che d’altra

parte, come è stato detto dal Maestro Kempis con un esempio - diciamo radicalizzato - ma che però

serve per comprendere meglio, è chiaro che la storia generale è quella e quando vi sono degli avve-

nimenti che coinvolgono un’intera nazione, se non addirittura più nazioni come quelle recenti che par-

te di voi hanno vissuto, è chiaro che è una cosa che è scritta, per così dire, che fa parte del piano

generale; che serve a consumare Karma individuali, a dare certe esperienze a moltissime creature, e

quindi non può essere elusa. Però i responsabili, diciamo, i legali rappresentanti di questi avvenimen-

ti, i legali responsabili di questi avvenimenti generali, non possono che agire nella maniera che poi

porta a quella conclusione; conclusione che, ripeto, si ripercuote in un determinato modo per diverse

migliaia di persone, è vero? Non possono che fare quello. Tuttavia loro, a livello individuale, possono

usufruire di certe varianti che in un certo senso danno la possibilità a loro di usufruire di un certo tipo

di libertà; ma sempre per quanto riguarda la loro vita individuale e personale. Mentre per quello che è

il generale gli avvenimenti sono stabiliti in quel determinato modo. Così è del resto sempre per le va-

rianti, perché la variante riguarda la libertà di una persona, è vero? La quale, quindi, se ha un com-

portamento che coinvolge il comportamento di altri, o la vita di altri, necessariamente per esercitare

questa libertà deve avere una variante sua personale; però gli altri vivranno quella che invece per lo-

ro non costituisce variante; costituisce un punto fermo e fisso, e inderogabile, è vero?

Carmen - Ecco, François, in questo senso abbiamo capito la variante come grado di libertà acquisito,

come un salto di qualità che è vissuto dall’individuo appunto come una sua libertà. Ma io - scusami,

questa è una domanda che hanno già fatto in tanti - io non riesco a capire che cosa vuol dire che il

corpo fisico può essere rappresentato in due situazioni diverse dalla parte del tempo, nello stesso

momento. Cioè, non mi riesce di conciliare questo discorso, che la variante è un salto di qualità, un

grado di libertà dell’individuo, con il concetto che il suo corpo fisico può essere rappresentato in due

posti diversi nello stesso momento.

François - Ecco, intanto appunto bisogna premettere che quello che l’uomo vede come “divenire” in-

vece costituisce un “essere”, è vero? E secondo quell’esempio del Maestro Kempis - che non trovo

sostituibile con altro più efficace - anche le varie situazioni del piano fisico sono da considerarsi nella

realtà dell’essere come tante situazioni fisse, una per ogni unità di mutazione, è vero? Quindi non e-

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siste un corpo fisico che è in “divenire”, che cresce, da fanciullo diviene adulto e poi su fino alla vec-

chiaia ed oltre, fino alla morte, è vero?

Ma esistono per ogni unità di mutazione tanti corpi fisici come esistono tanti fotogrammi in un film

che poi proiettati danno l’illusione del movimento. Così, il corpo akasico... perché ognuno di noi, cari,

esiste solo nel piano akasico; il suo vero essere, il suo vero “sentire” è nel piano akasico. Poi se è

collegato ad altri veicoli come il veicolo mentale, il veicolo astrale e il veicolo fisico, trasla la sua con-

sapevolezza fino a credere di essere nel piano fisico; ma questo è un errore di percezione e di trasla-

zione; cosi avendo dei sensi attivi nel piano fisico crede di essere nel piano fisico ma il suo “essere” è

sempre e stabilmente, il suo “essere vero” è sempre e stabilmente nel piano della coscienza, del

“sentire”, nel piano akasico.

Allora, se potessimo schematizzare questo meccanismo, noi vedremmo l’essere vero cosciente

nel piano akasico che ha come dei tentacoli sensori, e una volta si lega al fotogramma in cui il suo

corpo fisico pone l’atto di camminare, è vero? Poi nell’istante successivo “sente” l’altro fotogramma in

cui è rappresentato il suo corpo fisico che comincia il cammino e così via. Quindi non è che il suo

corpo fisico si sposta nello spazio ma è la sua consapevolezza che si lega a queste situazioni cosmi-

che che gli danno l’illusione di camminare; è vero, Carmen? Allora, se a un dato punto esiste per un

individuo la possibilità di scegliere di muoversi in una direzione oppure in un’altra, e se nella direzione

- chiamiamola “A” - egli deve necessariamente incontrare altre persone le quali da questo incontro

debbono avere una certa esperienza, che cosa succede? Che se lui per ventura scegliesse di segui-

re la direzione “B” le persone non avrebbero l’esperienza che invece debbono avere; allora tu mi di-

rai: «Ma se deve essere così togliamo la libertà a questo individuo e facciamogli seguire solo la dire-

zione “A”». Ma sarebbe un reprimere; se lui ha questa libertà per quale motivo si dovrebbe togliere a

lui la libertà della scelta? E allora c’è nel “piano divino” la soluzione diversa che è quella di dare una

doppia versione della questione: cioè, una che riguarda l’esperienza nella direzione “A”, (che chi deve

avere necessariamente ha, qualunque sia la scelta; cioè vivrà quei fotogrammi in cui l’individuo è vi-

sto andare in quella direzione); l’altra invece è volta verso la direzione “B”, che al momento in cui

l’individuo ha la facoltà di scegliere, può scegliere e vivere indipendentemente dagli altri, è vero?

Quindi sono proprio spezzoni di situazioni fisiche - e quindi astrali, e quindi mentali - sdoppiate per

consentire la possibilità all’individuo di fare la sua scelta e di non influire in modo diverso da come è

scritto nella esperienza degli altri. Allora, come è il meccanismo? Il meccanismo rimane eguale: per-

ché nel piano akasico c’è l’essere, il “vero essere”, la sua coscienza, che si porrà in contatto con la

successione dei fotogrammi fino ad arrivare al momento della scelta. D’altra parte quegli stessi foto-

grammi nella direzione “A” sono percepiti dagli altri esseri che debbono vivere quella situazione fisica

- è vero? - e che si pongono in contatto con la serie “direzione A”, e la vivono come è scritta: cioè,

vedono il corpo fisico dell’altro che fa quei dati movimenti e che dice loro le cose che deve dire per-

ché si abbiamo le esperienze che essi debbono avere; mentre lui, a quel punto, potrà benissimo fare

la sua scelta e porsi in comunicazione con i fotogrammi della “direzione B” che lo vedono in tutt’altra

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esperienza affaccendato.

Rosita - Quindi questo fatto, se dovesse essere verificato costantemente - cioè, quello che noi fac-

ciamo se fosse continuamente verificato - ne riscontreremmo che gli altri hanno una visione di noi

completamente diversa da quella che noi sappiamo di avere.

François - Certo, gli altri vedono di voi quello che devono vedere.

Rosita - Cioè, uno mi dice: «Tu eri qui il giorno tal dei tali...»; io dico: «No, quel giorno ero lì...».

François - Certo, certo. Però questo tipo di verifica non viene mai; perché nel momento in cui vi fos-

se questa si riaprirebbe veramente una variante per cui tu non sentiresti la domanda e risponderebbe

la tua rappresentazione. Questo non può mai avvenire perché la realtà è fatta in modo talmente chia-

ro e perfetto che non avviene questo, altrimenti tutto veramente sarebbe un’enorme cosa incoerente.

Ma l’illusione è fatta talmente bene che la realtà sembra in “divenire”, è vero? Sembra costruirsi atti-

mo dopo attimo, cosa che...

Rosita - Cioè, sembra anche coerente...

François - Coerente lo è sempre, è vero? Ricordate, l’ho già ridetto anche recentemente, il discorso

della variante, di colui che è posto di fronte alla scelta di fare l’elemosina ad un mendicate o non far-

la; mentre il mendicante necessariamente non ha questa scelta, deve vivere l’esperienza di ricevere

l’elemosina, è vero? Quindi il mendicante qualunque sia la scelta dell’altro vedrà un passante che

pone un obolo nel suo piattino, nel piattino del mendicante. Mentre l’altro può scegliere di porlo o non

porlo, vivere quella serie di fotogrammi in cui è disegnato che egli passa di lì e pone l’obolo, o vivere

l’altra serie di fotogrammi, l’altro spezzone di film, in cui invece tira diritto. Poi al momento che vi fos-

se un cambio della moneta o che tutti dovessero dire i soldi che hanno in tasca, chiaramente vi sarà

un’altra variante: la variante per il mendicante dirà “io ho tanto” contando anche l’obolo che ha ricevu-

to, mentre colui che non l’ha dato egualmente dirà “io ho tanto”, è vero? Ma se si potesse fare ancora

una somma di tutti i soldi che sono in circolazione esisterebbe la variante per colui che deve fare la

verifica in cui effettivamente risulta che il passante ha dato l’obolo al mendicante, perché quella è la

storia generale che deve tornare; mentre l’altro da solo vivrebbe la sua storia particolare in cui i suoi

soldi li ha ancora in tasca.

Partecipante - Comunque questi fotogrammi non esistono; sono solo una verità punto di passaggio.

François - Cari, è una verità vera... certamente non esiste il fotogramma così come ve lo stiamo di-

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cendo e dipingendo, è vero? Perché vi stiamo dicendo... il paragone è lo stesso come se vi dicessi-

mo: «Vedete, in questo nastro magnetico ci sono tanti violini, tanti archi, tante trombe, che quando

passano davanti alla testina di un registratore producono il suono dell’orchestra»; non è così, è vero?

Nel nastro magnetico ci sono vari campi magnetici di diversa intensità che passando di fronte alla te-

stina del registratore per induzione provocano delle correnti elettromagnetiche amplificate che danno

poi tutti i suoni e compagnia bella, è vero, cari? Allora noi quando vi diciamo: «Ci sono i fotogrammi

che vedono dipinto il mendicante...» facciamo la stessa cosa che vi ho detto adesso; come se vi di-

cessimo che dentro al nastro vi fossero tanti piccoli strumenti musicali. Non è così, però per farvi ca-

pire devo dire che è così, è vero? Tutto il mondo della percezione non esiste, cari! Se voi usciste fuori

dai vostri sensi fisici e poteste vedere la parte di sostanza divina che voi vedete come mondo fisico,

per esempio, vedreste tutta un’altra cosa diversa: vedreste sostanza indiversificata; niente! E’ solo in

funzione dei sensi del corpo fisico che appare questo mondo. E siccome gli uomini hanno tutti gli

stessi sensi allora si sono messi d’accordo e dicono: «Il mondo è fatto così», e credono che sia og-

gettivo; l’oggettività risulta solo dal fatto che tutti gli uomini vedono attraverso ai sensi analoghi e

quindi vedono un’illusione analoga, ma al di fuori dei sensi del corpo fisico non esiste che sostanza

divina indiversificata. Allo stesso modo è per il piano e il corpo astrale, è vero? Attraverso ai sensi del

corpo astrale l’individuo crea il corpo astrale; lo crea proprio nella sua percezione. Ma se i suoi sensi

fossero diversi la realtà che egli coglierebbe sarebbe completamente diversa. E se ancora andasse

al di là dei sensi e fosse possibile vedere questa sostanza - che attraverso ai sensi fisici diventa

mondo fisico e attraverso i sensi astrali diventa mondo astrale - se potesse invece vedere cos’è in se

stessa questa sostanza, vedremmo che essa materia è “sostanza divina indiversificata”, è “Spirito in-

diversificato”.

Partecipante - Caro François, posso farti una domanda?

François - Ma certo, caro, ma certo. Volentieri.

Partecipante - Ma allora nel piano fisico, diciamo ancora nel campo medico, la casistica e la statisti-

ca dovrebbero essere eliminate?

François - Non direi; perché in fondo il vedere la realtà non è qualche cosa di... un sognarla ognuno

per conto suo in maniera totalmente diversa, è vero? La realtà non è del tipo solipsistico (cioè ognu-

no la vede in un modo suo particolare); no, perché, ripeto, c’è questo “comun denominatore” che so-

no i sensi del corpo fisico e qualunque altra indagine, o modo d’indagare, che in un certo senso ampli

la portata dei sensi fisici. Perché anche un microscopio non è che un estendere la possibilità della vi-

sta dell’uomo, è vero? Però non significa vedere cose diverse che esistono. Ed anche se si creasse

un altro sensore che cogliesse qualche altra cosa, la coglierebbe non perché la cosa esiste in sè ma

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perché esiste in quanto il sensore ha certe limitazioni e delimita la “sostanza divina indiversificata”, e

delimitandola la fa esistere in un certo modo. E’ difficile per me spiegarlo, d’altra parte non so come

dirlo più chiaramente. Diciamo: qualunque senso, qualunque sensore, che tenda a vedere la realtà

come è fatta delimita la cosa che sta indagando, non la vede nella sua ampiezza, ne vede solo una

parte; e nel momento stesso in cui ne vede solo una parte la fa essere in un determinato modo. Allo-

ra se poni diversi sensori che hanno la stessa limitazione tu da diverse parti vedi la stessa cosa. E al-

lora dici: «Siccome io ho diverse fonti di informazione e diverse forme di percezione, e tutte mi dicono

che la materia è fatta così, oggettivamente significa che la materia è fatta così». Mentre non è vero

perché tu vedi solo una parte.

Partecipante - Per nostra convenzione noi, diciamo, che possiamo ammettere che esistono determi-

nate leggi che stabiliamo noi, che vediamo noi, per nostro comodo; perché oggettivamente un gruppo

di persone stabilisce che quelle leggi valgano.

François - Certo, ma l’osservazione è viziata in partenza; perché il gruppo di persone vede solo limi-

tatamente. E nel momento in cui vedono limitatamente, questa cosa immensa che è la “sostanza di-

vina” che contiene tutto, assume un determinato aspetto, una determinata realtà che è proprio in fun-

zione delle limitazioni che i sensi hanno nella percezione. E quindi ecco come si crea... Allora, se -

come dice il Maestro Kempis - una cosa, una realtà, un oggetto che voi avete davanti, visto con certi

sensi assume un... cioè, diciamo così: con certi sensi io osservo un oggetto e dico: «E’ così...». Do-

mando a chi mi è accanto: «Descrivimelo!»; ci sarà una differenza soggettiva minima però anche lui

me lo descrive e l’oggetto è così. Poi con un sistema amplio i miei sensi e vedo che questo oggetto è

del tutto diverso. Ma potete dire voi: «Ma perché è diverso?». Dalla possibilità di vedere l’oggetto co-

sì, nel suo complesso, a raggiungere la possibilità di poterlo vedere nella sua composizione ultrato-

mica, la prospettiva cambia immensamente, è vero? E quindi l’oggetto è del tutto diverso; addirittura

sparisce. Se poi ancora si va avanti fino a vedere la materia nella costituzione astrale, sparisce asso-

lutamente la forma fisica, è vero? E così avanti, nella materia mentale, eccetera, eccetera, che cosa

succede? Di tutti questi aspetti qual’è quello reale? O tutti o nessuno. Non ce n’è uno più reale

dell’altro. Se mai proprio quello... se vogliamo andare a vedere qual’è quello reale, quello totale, ve-

diamolo - se vedere si potesse perché invece si tratta di “sentire” - vediamolo come è in una perce-

zione senza limiti; e allora nella percezione senza limiti la “sostanza” quella che costituisce Dio, che

costituisce l’essere, è la “sostanza divina” che è sostanza - nella percezione, nella comunicazione,

nella cognizione totale - è “indiversificata”: non ha nè forma, non ha nè colore, non ha niente. Ecco, è

tutto ed è nulla in particolare.

Partecipante - Scusami François se insisto, il concetto è chiarissimo, ma io dico dal lato proprio u-

mano, terrestre; sentiamo addirittura di essere inutili a noi stessi o l’uno dell’altro. A questo punto io

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vedo i miei limiti enormi anche nei riguardi del mio prossimo. Così penso... tu quando professavi il tuo

esercizio di medico, e così Carmen, e così tutti noi che vogliamo cercare di aiutare...

François - Ecco cari, è giusto, perché quando si parla di argomenti di questo genere chiaramente si

focalizza un aspetto per cercare di comprenderlo meglio, e dall’altra parte si pone fuori fuoco un altro

aspetto; e da qui si traggono delle conclusioni che sono errate. Cioè, nel dire “la realtà è in essere e

non è in divenire”, e per farci intendere cosa si intende per “realtà in essere”, noi abbiamo dovuto par-

lare... il Maestro Kempis ha dovuto parlare dell’esempio dei fotogrammi; ha dovuto dire come se tutto

esistesse già scritto e già stabilito dall’Onnipotente e l’uomo dovesse solo seguire una storia già scrit-

ta. Questo così, per capire bene che cosa si intende con “divenire” e cosa con “essere”. Però la verità

vera non è questa; perché ciò che - ed è molto difficile dirlo - ciò che esiste, esiste in quanto

l’individuo lo sceglie e lo costruisce. Come dirvi: nel momento in cui voi agite non state seguendo una

storia scritta per voi, ma voi la state scrivendo nell’eternità. E quindi allora da questo cambia nuova-

mente la prospettiva perché voi e noi abbiamo il dovere di scrivere questa storia nel migliore modo

possibile. Il nostro errore di prospettiva quindi, da una parte ci fa dire: «Se la realtà è in “divenire” io

ne sono l’artefice e posso fare quello che voglio...», e quindi Dio è in “divenire”, Dio è in costante mu-

tazione, eccetera, eccetera, e non è mai eguale a se stesso; dall’altra, invece, se si parla della realtà

“essere” allora si cade nell’errore che tutto esiste già, è già stato stabilito da Dio e l’uomo lo vive solo

così, per avere delle sollecitazioni e delle stimolazioni. Non è così, cari, è vero? Non è così. Bisogna

cercare di poter capire il concetto di “essere” per quanto attiene al “non divenire” di Dio, ma al tempo

stesso di capire che è al momento stesso che noi viviamo, che noi “sentiamo”, che manifestiamo una

parte di Dio; la facciamo esistere nell’eternità. Io vi confesso la mia incapacità, cari, a dirlo in maniera

più chiara di così; capisco che non sono affatto chiaro, però spero che voi riusciate a capirmi. D’altra

parte però c’è un altro discorso ancora da fare e da dire ed è che: qual’è l’insegnamento morale più

alto che è stato dato dai Maestri? La famosa “Voce” che dice: «Tu avrai capito la vita non quando...»,

eccetera, eccetera: cioè “non quando tu farai del bene, ma quando lo farai pur sapendo che a nessu-

no serve, neppure a te stesso”. E in questo c’è un’estrema coerenza. Quindi Carmen, quindi Adalber-

to, l’ideale vostro, della vostra vita e del vostro agire, non è quello di fare del bene per vedere gli ef-

fetti, che le creature ne usufruiscano e ne beneficino, è vero? E già sarebbe moltissimo perché, miei

cari, voi sapete, c’è chi agisce non per fare del bene ma per guadagnare e basta; lo sapete fin troppo

bene, è vero? Quindi il fare e l’agire a beneficio degli altri non per guadagnare ma per portare a loro

sollievo e conforto è già molto rispetto invece a chi agisce per tutt’altra ragione. Ma andare oltre: ad-

dirittura all’agire per agire senza tenere conto di quelli che possono essere gli effetti; senza neppure

aspettarsi che gli altri abbiano degli effetti, ma agire perché si deve agire bene, si deve fare bene, si

deve agire nel senso di aiutare gli altri. E’ una cosa molto difficile, lo comprendo, ma l’ideale è que-

sto, è vero? Non nel senso di... con distacco, con freddezza, dire: «Io faccio così poi se tu hai un be-

neficio bene altrimenti se non lo hai peggio per te»; no, con amore, proprio con trasporto, ben sapen-

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do che se nella vostra intenzione c’è questo aiutare gli altri, fare del bene agli altri, siate certi che se

anche non avviene fisicamente il miracolo, l’aiuto che voi sperate che avvenga, certamente questa

vostra corrente di bene, di altruismo, di impulso verso gli altri, non andrà certamente perduta; ma si

porrà in moto e trascinerà ancora e su, su, ancora fino a formare un ambiente psichico meraviglioso.

Carmen - François?

François - Dimmi cara.

Carmen - Posso dire una cosa a questo proposito? Si potrebbe dire che la storia del pensiero, della

scienza, con tutte le scoperte anche per questa non realtà che noi viviamo, rendono in grado l’uomo

di intuire, per esempio, quella struttura di Dio di cui ci hai parlato oggi pomeriggio? Cioè, se non si

avessero avute tutte queste scoperte della scienza, parziali, illusorie, eccetera, l’uomo non sarebbe

forse in grado di rendere ragionevole a se stesso...

François - Certamente, certamente cara...

Carmen - E questo potrebbe essere anche una funzione al di là del rapporto umano con gli altri.

François - Sì, in primo luogo però io metterei sempre questo rapporto. Però è chiaro, è importantis-

simo quello che stai dicendo; se non vi fosse stato questo oggi non sarebbe possibile parlare e capi-

re certi concetti, è vero? Non sarebbe assolutamente possibile. E quindi se certe cose non si capi-

scono prima attraverso alla mente non si arriverà mai a comprenderle e a “sentirle”. Perché anche...

guardate, il mistico, l’illuminato che riesce a “sentire” Dio più di quanto lo possa fare un’altra creatura,

è sempre arrivato a quel punto attraverso a delle esperienze antecedenti che prima lo hanno condot-

to ad un certo modo di capire e di ragionare, e poi lo hanno portato a quel “sentire”. Sempre ricorda-

telo.

Partecipante - François, volevo chiedere... cioè, la domanda che ho fatto per telefono e non è stato

possibile rispondere. Se le situazioni cosmiche, i fotogrammi, non sono infiniti ma innumerevoli, sono

quindi discreti come struttura; la sensibilità, la consapevolezza dell’uomo, come passa da una situa-

zione all’altra? Cioè, c’è soluzione di continuità nella struttura, ma nell’uomo non c’è soluzione di con-

tinuità per passare da un’esperienza all’altra; come avviene questo? E’ come il meccanismo della vi-

sta per cui in un film passa da un fotogramma all’altro?

François - C’è la persistenza dell’immagine nella rètina per cui, certo, avviene in maniera analoga.

Cioè, voi dite: non vedete... se esiste un fotogramma per ogni unità di mutazione, come è che non si

vede il procedere a scatti in un certo senso, è vero? Certo cari, perché c’è proprio questa persistenza

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della percezione nella consapevolezza. C’è questa... e voi del resto la potete controllare in diverse

maniere se ci fate attenzione; non tanto nella vista fisica quanto proprio anche nel pensiero, nel modo

di pensare; c’è questa inerzia, è vero? E’ proprio fatta perché avvenga in maniera così... il movimento

sia in maniera dolce e non scattoso.

Partecipante - Alla luce di quello che hai detto su come noi ci poniamo di fronte alla nostra azione, è

molto sbagliato pensare che tutta la realtà dell’uomo che soffre e muore - e quindi ha coscienza e do-

lore e paura della morte, che però viene riscattata dalla gioia quando scopre che invece è immortale -

che non sia una gioia che Dio che è sede di tutte le gioie non potrebbe provare in quanto tale attra-

verso l’uomo mortale... che si rende conto poi successivamente che è immortale, però è una gioia al-

trimenti non provabile?

François - Guarda, il discorso è in parte vero e in parte non è vero. Noi possiamo solo dire questo:

che il “Sentire Assoluto”, la Coscienza Assoluta, non può essere di una sola qualità; perché altrimenti

sarebbe “una” e non sarebbe Assoluta. Dunque deve essere formata da una molteplicità di “sentire”;

ora, siccome la molteplicità di “sentire” non può essere una molteplicità di “Sentire Assoluto” perché

di Assoluto può esservene uno solo, allora è una molteplicità di “sentire” relativi. Quindi la Coscienza

Assoluta che è l’insieme, che è il frutto di una molteplicità di “sentire” relativi, contiene tutti questi

“sentire” relativi e gli esseri realizzano, manifestano, fanno sussistere tutti i possibili “sentire” relativi, i

quali tutti insieme costituiscono l’assolutezza della Coscienza Assoluta. Quindi il discorso che tu dici

in parte è vero ma non perché - come posso dirti - un ente è lì e si serve delle gioie o dei dolori di altri

enti a lui subordinati per gioire o addolorarsi; no! Ma proprio perché è così la struttura della Coscien-

za Assoluta, è così, è vero? E’ costituita di tutti i possibili “sentire”.

Cimatti - François?

François - Sì, caro.

Cimatti - Vorrei dirti una cosa. In effetti il Karma, che poi viene non dico pagato, ma insomma viene

riscosso dalla coscienza; è la coscienza non sufficientemente costituita che muove delle cause e

quando la coscienza è maturata può ricevere gli effetti. In effetti tutto è la “coscienza”, tutto è “senti-

re”. I corpi densi tutto sommato sono degli innocenti i quali verrebbero... è attraverso di loro che la

coscienza prima paga poi riscuote, prima riscuote poi paga; si costituisce a loro spese, in un certo

senso. Degli innocenti, si può dire così in un linguaggio molto umano.

François - Sì, insomma, proprio innocenti... perché...

Cimatti - Siccome le religioni hanno condannato i corpi.

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François - E’ vero, in effetti è come condannare - non so - un revolver, condannare una sostanza

chimica che può essere un medicamento in certe dosi e un veleno in altre dosi. Quindi i corpi sono

degli automatismi in fondo, cari; cominciando dal corpo fisico, dal corpo astrale e dal corpo mentale

sono degli automatismi, è vero? Questo voi lo avete capito, cari. Poi è la coscienza individuale che fa

sì che questi automatismi agiscano, funzionino in un determinato modo o in un altro. E’ la coscienza

che impugna l’arma se mai; nel senso che si serve della medicina... della sostanza come di un medi-

camento o come di un veleno, è vero? Quindi in se stessi i corpi sono degli automatismi.

Cimatti - Circa il Karma... dice Kempis che il Karma viene mosso da un individuo il quale poi quando

sarà pronto ne coglierà i frutti, nel senso che quando sarà pronto a capire ne subirà gli effetti. Ma non

è più però quello stesso soggetto, quello stesso individuo...

François - Non è più la stessa personalità, no...

Cimatti - Anche l’omicida, muore, l’attimo dopo non è più omicida; ha un confronto con se stesso...

allora in che senso?

François - Nel senso proprio che tutto fa capo alla coscienza in quanto è la coscienza che fa il salto

ultimo di qualità attraverso alla esperienza che si è procurata muovendo la causa. E’ proprio quella.

Ma naturalmente siccome è tutta una catena di cause e di effetti, prima di arrivare all’esperienza fina-

le, quella traumatica che farà cadere la limitazione, c’è tutta una preparazione come tu hai detto.

Perché è vero che ogni attimo - lo dice il Maestro Kempis - nell’attimo successivo non si è mai eguali

all’attimo precedente, è vero, cari?

Cimatti - Ma fra l’inizio e la fine, diciamo, di questo meccanismo non ci sono quindi comunioni, fusio-

ni, altrimenti dove si andrebbe a trovare...

François - Ecco, il discorso del Karma invece è una cosa piuttosto complessa e io vi ho invitato a

parlare di questa cosa. Però può anche essere che una esperienza finale possa riguardare più crea-

ture fuse; naturalmente deve essere un’esperienza analoga. E poi le comunioni avvengono solo at-

traverso all’analogia del “sentire”, a “sentire” equipollenti, altrimenti non potrebbero avvenire. E que-

sto non per una legge, ma proprio per una questione così, strutturale proprio.

Partecipante - François?

François - Dimmi caro

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Partecipante - L’assoluto, il fatto che esista l’Assoluto comporta una serie di conseguenze di cui di-

cevi anche oggi. Ma nell’insegnamento l’esistenza dell’Assoluto è una premessa da cui poi, in fondo,

tutto discende logicamente?

François - Senti, caro, io direi - io non ne sono capace, ci vorrebbe il Maestro Kempis - però direi...

se non vuoi porre come premessa l’Assoluto, per parlare, partiamo da una cosa certa, è vero? Per

esempio dal dire “cogito ergo sum”, (penso quindi esisto), è vero? E da questo il Maestro Kempis - io

non lo saprei fare - ti sfila tutto il discorso fino ad arrivare a una dimostrazione ragionevole - cioè non

assolutamente certa, perché si sta parlando e quindi si sta seguendo un ragionamento - ma attraver-

so ad un ragionamento logico arriva a dire che esiste un Dio Assoluto. Quindi non necessariamente

si parte da un Dio Assoluto, è vero? Si può partire da un’altra affermazione, da un’altra tesi, da un al-

tro presupposto, per esempio quello. Oppure si può partire dal presupposto dell’esistenza di un Dio

Assoluto ed allora il Maestro Kempis ti cuce tutto il discorso e ti porta dunque a dire “cogito ergo

sum”, penso quindi esisto. E’ un... - come dire - è una equazione... è un qualche cosa, una costruzio-

ne così logica e conseguente che da qualunque parte tu la affronti non fai che fare il giro e trovare

queste affermazioni. Però, d’altra parte dico, anche se non vogliamo partire dal “cogito ergo sum” per

arrivare alla conclusione che Dio è Assoluto, basta vedere le concezioni più elevate di Dio, quali qua-

lità gli riconoscono, quali attributi gli riconoscono e dopo di che si vede che Dio non può che essere

Assoluto; perché se mettiamo da una parte la logica, allora possiamo dire che esiste Dio, che Dio è

infinito, eterno, onnipotente, onnipossente, onnipresente e via dicendo, perfetto, questi sono gli attri-

buti che universalmente si riconoscono a Dio, è vero? Certo, se vai a prendere la concezione di Dio

che hanno - non so - gli aborigeni, allora è un altro discorso; ma insomma, la concezione di Dio delle

religioni più evolute e dei filosofi più illuminati, tutti ci dicono che Dio deve avere questi caratteri. Allo-

ra se diciamo che Dio deve avere questi caratteri non può che essere Assoluto; non se ne sfugge.

Perché non può essere che esista un Dio perfetto, completo, onnisciente, onnipresente, che sia però

di concezione teistica; cioè che se ne stia lì distinto e diviso dalla creazione. O che sia semplicemen-

te un Dio ordinatore di un caos preesistente: che esisteva questa materia tutta in caos e che Dio, ad

un certo punto, ha preso, ha ordinato tutto, ha creato il mondo semplicemente facendo un’opera di

ordinamento. Si può dire, certo, si può dire! L’hanno detto in tanti e tuttora lo dicono. Però se pren-

diamo la logica del discorso e dell’affermazione vediamo che quello non è un Dio Assoluto, non può

essere un Dio Assoluto perché è mancante di qualche cosa. Quindi, allora, la qualità, la prerogativa

migliore, più bella, dell’insegnamento dei Maestri è proprio quella di dirlo con estrema logica; e partire

da un punto, punto dopo punto cucire tutta la realtà. Ma non è una loro invenzione; la loro abilità è nel

dirla in parole più semplici possibile, più accessibili possibile, più sintetiche possibile, è vero? Ma loro

non fanno altro che vedere la realtà, loro che ci sono, la più vicina alla Realtà Assoluta, e per noi po-

veretti tradurla in concetti in maniera che possiamo comprenderla con la mente.

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Corrado - Ecco, François, si può dire che i Maestri nel proporre questo insegnamento narrano di loro

stessi?

François - Certo, proprio della loro realtà, perché loro sono così.

Cimatti - Si può dire che è stata una sorta di dichiarazione di guerra alla filosofia terrestre? E la filo-

sofia terrestre non può più vivere dopo i Maestri? Non c’è più spazio?

François - Direi, guardate, è stato dato questo insegnamento perché proprio in questo momento, in

questo secolo, proprio ora fortunatamente con l’istruzione, con la scuola con tutti i suoi difetti e quello

che volete, eccetera, eccetera, però la mente dell’uomo è più disposta a ragionare, è vero? Mentre

prima c’erano delle menti più... l’intelligenza non era molto diffusa fra gli uomini proprio perché non

c’era possibilità di svilupparla, adesso invece attraverso l’istruzione l’intelligenza si sviluppa e quindi

gli uomini possono ragionare anche su argomenti che fuoriescono apparentemente dalla vita di tutti i

giorni; e vedrete che ci sarà un grandissimo rifiorire dell’interesse a questi argomenti. Non crediate

che la gente... adesso sì, in un primo momento c’è il desiderio di andare ai vari divertimenti e compa-

gnia bella, è vero? Di vivere così, magari anche superficialmente. Ma vedrete nei giovani invece co-

me ci sarà il ricercare argomenti più interessanti e profondi; non dico subito in prima istanza

l’insegnamento dei Maestri o le questioni dell’Assoluto e via dicendo: certamente non questo, inizial-

mente, è vero? Però un desiderio di discutere, di volgere la propria attenzione a cose più complesse,

non più ai romanzetti d’appendice. Lo vedrete nel corso degli anni come questo si andrà affermando.

E quindi proprio in questo momento è venuto questo insegnamento perché costituisce un parlare di

argomenti che sono sempre stati affrontati in fondo, dai filosofi specialmente dell’occidente - anche

dell’oriente, ma principalmente dell’occidente - ma che sono stati affrontati parzialmente; e nessuno

ha mai visto un quadro così generale, una realtà così complessa e globale, ma si è limitato a vederne

una piccola parte fino poi anche a creare delle aberrazioni, perché perdendo di vista l’insieme, natu-

ralmente poi il particolare può condurre ad una aberrazione. Mentre in realtà tutto questo nella visio-

ne dei Maestri non accade perché è una visione globale e generale. E allora vedrete come in seguito

si porrà - lo vedrete anche voi, non certo domani - come si porrà l’accento, l’attenzione, il ragiona-

mento, su questi problemi; come non si potrà più credere che esiste un Dio il quale ha alla destra uno

e alla sinistra un altro, che mette sotto i piedi certi... è vero? Per carità! Diventeranno cose veramente

ridicole e gli uomini ci rideranno sopra, veramente, proprio come se fossero delle barzellette come in

realtà sono. Invece saranno portati a discutere proprio su questa natura di Dio; certo che anche a

questo si arriverà attraverso a delle aberrazioni egualmente, perché si creeranno i nuovi pontefici,

cercheranno di imporsi i nuovi portatori, i nuovi “Verbi” che avranno da dire qualcosa, quelli che ma-

gari si incarnano... sono venuti per missione, per portare il “nuovo Verbo” e tutte queste cose conti-

nueranno ad esserci: ma cadranno da sole proprio per l’intelligenza dell’uomo.

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Cimatti - Si può dire veramente, François, che questo potrebbe essere - questo insegnamento - una

sorta di concentrato finale che possiede in sè il futuro.

François - Certo.

Cimatti - Per cui il futuro è chiuso in un certo senso. Dal punto di vista metafisico.

François - Direi di sì. Direi di sì... naturalmente le cose da dire possono essere tante ancora, però

nelle linee essenziali, nella costruzione che possa dare una visione d’insieme c’è già tutta.

Cimatti - Per cui si tratta di raggiungere nel tempo quello che fuori del tempo è definito.

François - E’ definito, certo.

Cimatti - E’ meraviglioso, François.

François - Veramente, ogni volta che io ci penso, ne “sento”... ci rifletto, e che voi tutto non vedete,

non posso che inginocchiarmi veramente... e restare annichilito.

Cari, credo proprio di avervi annoiato.

Partecipante - E’ meraviglioso.

François - Ma cari, vi ringrazio della vostra bontà.

Cimatti - François, parleresti ancora ad Agosto, malgrado sia caldo, nel mio programmino?

François - Ma certo, ben volentieri, caro Pietro.

Partecipante - ...

François - Posso dire ben poco, purtroppo. Veramente poi adesso è in uno stadio che è piuttosto

brutto... Non c’è niente da dire e da fare se non cercare di aiutarlo per altra via, non attraverso a me-

dicamenti e via dicendo. Comunque porta il mio saluto e digli che François lo segue, è vero? Che non

bisogna mai perdere la speranza e che vedrò se posso trovare qualcosa che possa dargli sollievo per

lo meno dal dolore, è vero?

Partecipante - Qualcosa che ci pensi te?

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François - Sì, sì; tu me lo ricorderai e io quando non ci sarà Carmen... perché altrimenti la scandaliz-

zo troppo, è vero? Allora bisogna che lo dica quando non c’è lei e che non lo risappia altrimenti... Una

volta ho dato il “Viks Vaporub” e l’ho scandalizzata la prima volta ma passi: la seconda volta poi ho

detto che avvengono delle trasmutazioni a livello subatomico nel corpo fisico, nel mentre si sa, la

medicina sa che al massimo avvengono delle reazioni chimiche: ora la terza dire: «E’ una cosa di

questo genere... Il fegato cresce...» e via e via... Ma, insomma...

Partecipante - Ti rovini la reputazione.

François - Certamente, certamente; e quindi allora aspetterò che non ci sia Carmen.

Cari amici, allora che cosa dire a queste care amiche nuove; salutarle affettuosamente, è vero?

Spero che abbiate ascoltato con interesse anche voi e che questa esperienza sia fruttuosa.

Bene. Allora vi abbraccio, cari; a presto, a presto.

François

Pochi momenti, figli, per salutarvi e per riprendere un discorso che avete ascoltato e che ha

un’enorme importanza: l’importanza di costruire con la vostra partecipazione mentale una corrente di

queste nuove idee che circoli e permei tutti gli uomini. Una corrente silenziosa, invisibile fisicamente,

ma che si manifesta e rivela ogni qualvolta l’uomo si pone in stato di ricezione e cerca idee da espri-

mere, nuove idee.

Nel momento in cui dentro di sè cerca qualcosa di nuovo da dire egli coglie questa corrente che

sicuramente e silenziosamente si insinua e va a colmare quel vuoto mentale che egli ha costruito.

Perciò, cari, fatevi promotori, alimentatori di questa corrente; pensando a quello che le Guide dicono,

riflettendo, discutendo, parlando, non in modo ozioso ma in modo costruttivo. Quando il vostro pen-

siero cerca di sintonizzarsi con l’insegnamento dei Maestri allora voi siete parte integrante e generan-

te di questa corrente, e contribuite alla sua propagazione fra gli uomini.

Meditate quindi attivamente, coscientemente consapevoli di essere strumenti di questo “agente

magico” - così lo chiamavano gli antichi esoteristi - di questo “agente magico” che avvolge

l’atmosfera psichica dell’umanità.

Figli, vi benedico.

Maestro Veneziano

Alan vi saluta e viene...

Partecipante - Obbedisci a quello che ha detto François?

Alan - Non obbedisco... Come potrei parlare come François; vi sciuperei tutta la serata e quindi la-

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scio a lui la possibilità, che ha più capacità di me, di farlo.

Vi abbraccio pure io, miei cari, e vi porto i saluti di tutti gli amici. A presto riavervi qui con noi. A

presto.

Alan

Messaggio all’Alpha Centauri

Salve amici, buonasera.

Non potevo lasciarvi andare via da questa riunione senza salutarvi dopo un po’ di tempo, è vero?

Come qualcuno di voi da tempo si aspettava io sono tornato per salutarvi con grandissimo affetto e

ricordarvi quello che ho avuto occasione di dire più volte. E cioè lo scopo di queste nostre conversa-

zioni; di ricordare prima di tutto lo scopo dei Maestri, del loro insegnamento, e poi di noi amici che ci

poniamo a disposizione vostra è quello, principalmente, di darvi una maggior coscienza di voi stessi.

Non c’è bisogno che vi parli della storia dell’umanità per vedere quanti passaggi abbia compiuto

l’uomo, quanti stati d’animo e quanti stati d’essere si siano susseguiti nelle varie umanità, per capire

che la mèta verso cui tende l’umano è proprio quella... verso cui tende l’evoluzione dell’uomo, è pro-

prio quella di portarlo alla coscienza individuale. Ecco allora lo scopo di queste comunicazioni, di

questi insegnamenti, è quello di chiarire la realtà in maniera che ciascuno di voi abbia una visione del

mondo in cui vive e in cui è immerso, radicalmente diversa da quella che è stata data fino a questo

momento e che era utile e necessaria - è vero? - per certe creature e certi momenti. Altrimenti non

sarebbe stata così, è vero? Adesso cambia la fase di evoluzione dell’uomo, cambiano i tempi, cambia

l’intimo delle creature e cambia quindi anche l’insegnamento e la mèta che l’uomo deve raggiungere.

Ed appunto questa mèta si può sintetizzare nella parola “autocoscienza”, la coscienza individuale.

Perciò comincia col distruggere tutte quelle visioni di Dio in forma antropomorfa, è vero? Di questo

Dio che è simile ad un regnante che è al di fuori quasi del creato; perché si ama dire in cielo, in Terra

ed in ogni luogo, e poi dopo invece in quello che si va a vedere singolarmente e successivamente,

questo concetto non corrisponde; ecco qui la logica, è vero? Ogni affermazione per essere logica de-

ve essere la conseguenza di un presupposto e tutto deve essere concatenato: perciò se si dice che

Dio è in cielo, in Terra e in ogni luogo si dice che Dio è il Tutto; non si può pensare in un Dio che se

ne sta nel Regno dei Cieli e che osserva l’umanità e quello che fa l’uomo quasi con senso di distac-

co, oppure con il fucile spianato pronto a sparare e colpire allorché questo povero essere così, in

fondo debole, erra. Un Dio, come dice il Maestro Kempis, che misura la sua onnipotenza, onnipos-

senza, con la debolezza dell’essere umano, che noi sappiamo benissimo per esperienza diretta - cia-

scuno di noi lo sa - quanto siamo deboli.

Perciò, questa visione di Dio così prospettata per secoli e secoli dalle varie religioni -

dell’occidente in verità, perché nell’oriente la prospettazione era diversa - deve essere trascesa. Voi

dovete cominciare a capire che tutti gli esseri, tutti noi, tutto questo mondo, è immerso in Dio; Dio che

comprende perché contiene tutto, ma al tempo stesso trascende il Tutto perché - come giustamente

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ha ricordato prima la figlia Luciana - va oltre la somma di tutto quanto esiste; da qui la trascendenza

di Dio. Ma questa trascendenza non significa estraneità nel senso che fino ad ora è stato dato alla

trascendenza di Dio, qualcosa che è al di fuori dal concetto teistico della creazione, è vero? No, tra-

scendenza proprio perché trascende la somma di tutto, però è costituito da tutto quanto esiste.

Perciò abituiamoci, cari amici, a vedere questa realtà nella quale siamo immersi come un im-

menso seno del Padre nel quale ciascuno di noi ha un posto ben preciso, ed è egualmente ed estre-

mamente indispensabile; non solo ogni essere umano ma anche ogni cellula è così indispensabile

che se venisse ad annullarsi, per assurda ipotesi, una cellula sola cadrebbe il tutto. Pensate quanto

sia tutto legato e conseguenziale; quindi la logica è proprio lo specchio di questo legame e di questa

conseguenzialità, è vero, cari amici? Questa è la logica.

E le verità spirituali non debbono essere prese a sé stanti, come qualcosa che non si può ragio-

nare, che si deve accettare per fede, è vero? Avete sentito; la verità spirituale è estremamente logi-

ca, sempre, e l’uomo può arrivare a coglierla, a comprenderla. Non arriverà a “sentire” Dio, cioè non

arriverà a “sentire” questa realtà perché il “sentire” è una conquista individuale, come lo è l’evoluzione

perché è la stessa cosa, è vero, cari amici? Non potrà mai arrivare a “sentire” Dio attraverso a quello

che un altro gli dice, ma potrà arrivare a “sentirlo” lui; ed ancora prima di arrivare a “sentirlo” potrà ar-

rivare a capirlo logicamente, a capire logicamente se non tutto, ma almeno nel suo concetto genera-

le. Quando si dice che Dio è Assoluto implicitamente si ammette per logica, ed è così, che Dio è tutto

quanto “è”, tutto quanto esiste ed oltre; e se si dice che è Assoluto si deve dire che è completo, e se

si dice che è completo si deve dire che è di niente mancante; perciò si dice che comprende tutto

quanto esiste e quindi nessuno e niente può essere disgiunto da Lui: e se nessuno e niente può es-

sere disgiunto da Lui si dice implicitamente che ogni essere è in Lui e lui può riconoscere e “sentirsi”

in Lui e identificarsi in Lui. Perché se vi fosse anche un solo essere che fosse destinato a non rag-

giungere coscientemente l’Assoluto - dico raggiungere coscientemente perché in effetti nessuno può

uscire da questo seno del Padre del quale prima parlavo - se anche vi fosse un solo essere che po-

tesse non raggiungere Dio, allora crollerebbe tutto; allo stesso modo di come prima dicevo, che se

anche una cellula fosse annullata crollerebbe tutto, perché significherebbe che quell’essere non è

contenuto da Dio, e questo significherebbe che Dio non sarebbe completo perché mancherebbe di

quell’essere; perciò non sarebbe assoluto e quindi crollerebbe tutto. Ecco perché dicevo che le verità

dello Spirito sono essenzialmente logiche, sono conseguenti, omogenee e quindi sono il riflesso

stesso, l’essenza stessa della logica.

Lo scopo, cari amici, ancora, è quello di darvi una visione della vita più responsabile, nella quale

voi abbiate più responsabilità di voi stessi, nella quale voi dovete sfuggire tutti coloro che cercano di

pensare per voi, di decidere per voi, di considerarvi dei minorenni, dei sottosviluppati mentalmente;

voi dovete acquistare coscienza di ciò che siete ricordandovi che se per caso, per assurda ipotesi,

uno di voi venisse meno o potesse annientarsi, crollerebbe l’intero Esistente: non dico questo Cosmo

ma l’intero sistema dei Cosmi. Quindi pensate a quanto importante sia ogni essere e quindi voi stes-

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si. E quello che è più bello è che ogni essere è egualmente importante: non c’è un essere più impor-

tante dell’altro, non c’è un Gesù Cristo che è Figlio di Dio ed è più importante del figlio della donna di

servizio, come si usa dire; ogni essere è egualmente importante. Noi tutti siamo egualmente impor-

tanti e noi tutti siamo chiamati ad avere maggiore coscienza di noi stessi, del mondo nel quale vivia-

mo e della realtà che ci è ignota e che ci attornia, la quale ci è amica. Non siamo qua a parlare del

mondo occulto per incutervi delle paure, per creare in voi uno stato di dipendenza cosicché voi dove-

te avere paura che Tizio vi ha fatto una malia o che l’altro vi ha fatto una fascinazione; tutte queste

sono sciocchezze. Voi dovete acquistare forza e fiducia in voi stessi, perché se voi avete forza e fi-

ducia in voi stessi non c’è nessuno che possa in qualche maniera soggiogarvi, non già magicamente,

ricordatelo, semmai psicologicamente. Quindi anche in questo senso noi siamo qua per farvi avere

una maggiore coscienza di voi stessi, per sottrarvi a questi stati di subordinazione e di dipendenza

che si cerca di esercitare su di voi attraverso ora a questa forma dell’occultismo che va tanto in voga.

Noi siamo qua, cari, quali portavoce dei Maestri, ma più ancora i Maestri stessi vi comunicano,

proprio perché vi liberiate da tante grucce e tante dipendenze, perché abbiate la forza in voi stessi.

Anch’essi cercano di darvi delle speranze, ma non già come necessità poi della quale voi non possia-

te più fare a meno, è vero, cari? Ma speranze che voi dovete trovare in voi stessi. E se a questa

grandissima opera dei Maestri io sono riuscito ad aggiungere un piccolo tassello ne sono più che

contento.

Vi abbraccio immensamente, con immenso affetto, cari amici; e spero che ancora ci risentiremo

e che potremo così conversare. Scusate la mia eloquenza così noiosa e la mia verbosità.

Vi abbraccio nuovamente. A presto, cari, a presto.

François

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21 Maggio 1983

Buonasera, cari, saluto tutti coloro che sono qua, che mi pensano tanto spesso e io ringrazio del

loro pensiero direi costante; e che seguo, tutti noi seguiamo, compreso l’amico Alan; non parlo poi

dei Maestri - è vero? - che vi e ci proteggono con la loro benedizione costante. E’ un piacere per me

essere fra voi anche questa sera per poter parlare assieme, mi auguro, di qualche cosa di interes-

sante. Ecco, allora cari... poi saluto naturalmente anche i vecchi amici che qua si riuniscono e che

costantemente ci seguono. Saluto poi tutti coloro che per ragioni di spazio non possono essere pre-

senti ma che ci pensano e desidererebbero esserlo più spesso; e a loro mando il particolare saluto e

mi fo’ tramite della particolare benedizione dei Maestri; nessuno - è vero? - è dimenticato, ditelo a

questi cari amici: se anche non possono venire frequentemente come gli altri che assistono lo stru-

mento tuttavia non sono affatto dimenticati e sono seguiti costantemente come gli altri, come tutti.

Cari, sono qua a vostra disposizione; se avete qualche domanda da rivolgere vedremo di rispondere.

Partecipante - Ecco, François, non so se tu hai sentito la domanda di quella signora di Brescia...

François - Sì, di Bruna, sì...

Partecipante - Che è particolarmente difficile rifare ma che io penso tu già sappia...

François - Sono diverse domande, è vero? E’ un problema molto dibattuto. Ricordate che cosa disse

Cristo agli apostoli: «Voi siete il sale della Terra...». Quindi, il fermento, il lievito; proprio perché guai a

chi si cristallizza, guai veramente. I Maestri dicono che loro si rivolgono solo a chi sente il bisogno di

saperne di più; chi invece si trova bene nelle sue convinzioni e quindi è in pace con la sua coscienza

non ha bisogno - dicono i Maestri - delle nostre parole. In effetti è così. Però, nello stesso tempo, ri-

facendosi alle parole del Vangelo è chiaro... dice il Cristo: «Io non vengo per portare la pace, ma per

me il padre sarà contro il figlio e il figlio contro il padre». Quindi, in un certo senso, chi non trova ne-

cessità di saperne di più e se ne vive tranquillamente con le sue convinzioni, fa bene a restare così

da un certo punto di vista; però state certi che la vita lo richiamerà, lo muoverà dalle sue cristallizza-

zioni: perché quello di essere felici e tranquilli con se stessi di fronte allo spettacolo che la vita ogni

giorno mostra, chiaramente può essere realizzato solo con una cristallizzazione dell’individuo. E allo-

ra a questo provvede la vita con certi scossoni - è vero? - che voi tutti, bene o male, avete provato.

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Con quei richiami, quelle esperienze, quelle cose traumatiche che smuovono dalle cristallizzazioni e

dal quieto vivere. Quindi la necessità dell’uomo quando non l’accetta è quella di andare incontro, a

pensare - è vero? - a esperienze e a stati d’animo che lo facciano riflettere soprattutto, e lo muovano

dalle sue cristallizzazioni. Quindi è bello che voi, invece, vi poniate questi problemi e cerchiate di sa-

perne di più, di capire di più, di svelare di più ciò che è nascosto agli occhi della maggiore parte degli

uomini. Allo stesso modo rispondo alla vostra domanda se è lecito che voi turbiate il quieto vivere di

altri: ecco, da questo punto di vista - sempre rispettando la volontà degli altri, cioè non facendo vio-

lenza a loro perché se faceste violenza andreste contro l’insegnamento dei Maestri, è vero? - però un

certo... chiamiamolo svegliarino, una certa provocazione, voi avete il dovere di farla nei confronti de-

gli altri; se poi questa cosa non viene recepita non deve interessarvi, è vero? Però il vostro dovere è

quello un poco di agitare le acque con molta diplomazia, con molto tatto, senza prendere mai le cose

di punta perché allora si ottiene l’effetto contrario, è vero, cari? Se uno prende le cose di punta non fa

che rafforzare gli altri sulle loro posizioni, li pone in difesa per cui ciò che potete dire assolutamente

non viene accettato. Però lo stuzzicare, per così dire, il gettare il sasso nello stagno, gettare l’esca e

dare adito... far riflettere gli altri con molto tatto, con molta diplomazia, senza violentare, è quello che

ogni uomo dovrebbe fare: ogni uomo che intenda soffermarsi, ragionare su questi insegnamenti e su

queste verità. Se poi la cosa viene assolutamente respinta, il vostro invito non viene recepito, non

viene accolto e seguito non deve importarvene; però siate certi che voi avete gettato il famoso seme

che al momento opportuno darà i suoi frutti e spingerà queste persone, queste creature, a riflettere e

forse a muoversi dalle loro cristallizzazioni. Se voi riuscite a far muovere gli altri dalle loro cristallizza-

zioni senza che la vita intervenga con i suoi colpi avete loro risparmiato del dolore: e questa è

un’opera meravigliosa, è vero, cari? Quindi da questo punto di vista senza, ripeto, scandalizzare, pe-

rò il vostro dovere è quello di porre delle domande. Allora avete anche chiesto: «Ma forse questo è

legittimo nei confronti di noi stessi? Serve... se anche serve agli altri però a noi confonde le idee...».

Ecco cari, e anche da questo punto di vista devo dire che la questione è estremamente positiva; per-

ché sempre bisogna nascere - dicono i Maestri - ogni giorno, ogni giorno mettere in dubbio tutto per

ridiscutere con se stessi, ritrovare nuovamente la convinzione, superare il dubbio che non solo gli altri

ma anche voi stessi suscitate in voi, cosicché possiate veramente essere certi della vostra convinzio-

ne. Colui che ad un certo punto accetta una verità così, perché sul momento lo convince, e poi in se-

guito alla minima obiezione che gli altri gli rivolgono, non ha discusso e quindi non sa controbattere, è

come se costruisse sulla sabbia, è vero? Basta una lieve scossa che tutto crolla. Mentre colui che ha

fatto passare al vaglio della critica le sue convinzioni - ripeto, in primo luogo proprio la sua critica, la

critica che lui stesso è in grado di fare a queste verità con cui viene a contatto - è certo che è sicuro

di non avere costruito sulla sabbia, di avere trovato qualcosa di veramente valido. Perché delle per-

sone che credono così, a dei principi ameni, quasi risibili, ve ne sono molte, sapete cari? Li accettano

così e poi non ammettono di discuterli, credono, la cosa è così - è vero? - e non vogliono neppure

che gli altri rivolgano a loro delle parole e facciano delle domande; questo succede proprio anche nel-

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la vostra religione nella quale molto spesso si dice: «Devi credere perché la verità rivelata è questa e

se anche tu non arrivi a capire con la tua mente non vuol dire... anzi se cerchi di capire con la tua

mente fai un atto di superbia perché la verità portata è questa». Ecco, i nostri Maestri, invece, fortu-

natamente dicono tutto l’opposto, e dicono: non è un atto di superbia ma è un atto estremamente

giusto, è un atto dovuto quello di dover passare al vaglio della propria comprensione le verità; perché

le verità spirituali - dicono - sono estremamente logiche, non sono delle cose che devono essere ac-

cettate ad occhi chiusi. Forse nei tempi trascorsi quando la mente dell’uomo non era esercitata era

necessario - è vero? - dover dire le cose e poi non avere la possibilità di spiegarle perché chi stava

ad ascoltare non aveva gli strumenti per capire. Ma oggi che la mente dell’uomo di media... - come

dire? - del cittadino medio, del buon padre di famiglia, è abbastanza sviluppata perché non si do-

vrebbe mostrare a lui la logica della verità spirituale, sì da convincerlo maggiormente e dargli quella

serenità interiore che molto spesso, invece, non ha colui che si trova di fronte delle cose incompren-

sibili e che quindi non gli spiegano niente nè la vita degli altri nè la sua vita.

Partecipante - Grazie.

François - Non ringraziate, cari, perché grazie a voi di avermi dato l’opportunità di parlare.

Partecipante - Io ti voglio ringraziare per quello che mi hai...

François - Cara, no, lasciamo da una parte i ringraziamenti, è vero?

Partecipante - E’ stato importante invece...

François - Ma cara, tu hai quel che deve essere - è vero? - e quindi non c’è necessità di ringraziare.

Piuttosto vi ringrazio di essere venute qua e così possiamo stare fisicamente assieme servendoci

dello strumento che così generosamente pone a disposizione il suo corpo fisico e ci dà questa possi-

bilità di conversare. Per parte mia, al di fuori di questo - come prima vi dicevo - vi seguo costante-

mente, care; e voi pure pensate, continuate a pensarci, è vero?

Partecipante - Senti François.

François - Sì cara.

Partecipante - Volevo chiederti, siccome proprio oggi sono cinque anni, tu sai che c’è stata tolta la

nostra Clara. Volevo sapere se è vicina a te...

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François - Ah, certo, è molto contenta, lo abbiamo detto altre volte, è felice - è vero? - per tutto. Cer-

to ci sono dei problemi, ma insomma, questo fa parte della vita di coloro che sono rimasti, è vero? Ed

anche Vito - è vero? - sì, sta molto bene; sì, certo, sono certo che - non ne abbiamo parlato - ma vi

manda i suoi saluti, certamente questo è sottinteso. Belli, cari amici nostri...

Partecipante - François?

François - Dimmi, caro. Oh, ecco il nostro caro Martino. Dimmi caro.

Partecipante - Già che siamo qui, volevo sapere allora, per esempio, il mio amico Giorgio, come si

trova; perché mi ricordo che se ne andò via così silenziosamente e non ho potuto nemmeno rifletterci

sopra; anche perché penso che lui è stato una persona abbastanza importante...

François - Sì, certo...

Partecipante - Allora mi farebbe piacere sapere un po’...

François - Caro, guarda, sta bene; perché in genere nella dimensione nella quale siamo noi se uno

proprio non ha fatto delle cose terribili, delle cose atroci, sta certamente bene, è vero? Stai tranquillo;

certo gli porterò i tuoi saluti che credo del resto abbia già sentito, è vero?

Partecipante - Grazie.

François - No, non ringraziare, non mi ringraziate.

Partecipante - François?

François - Dite cari, dite, sì...

Partecipante - Scusa, una volta ti ho parlato per telefono di un ragazzo che era molto malato; era

Fabio. Tu mi hai detto: «Portami col pensiero da lui»; in effetti è successo quello che tu mi avevi detto

ed è trapassato. Ma non so come... era così spaventato, ha sofferto così tanto...

François - Sì, cara, adesso non lo è più, sai? L’ho seguito personalmente. Perché dovete sapere che

vi sono degli amici che posso seguire più direttamente - diciamo - non vorrei dire che mi sono stati af-

fidati, ma insomma, a cui posso essere più vicino; ed altri invece che non posso seguire io e seguono

altri, è vero? Lui era proprio uno di quelli che ho potuto seguire. Generalmente tutti coloro che inter-

vengono a queste comunicazioni o che hanno saputo dell’insegnamento dei Maestri - è vero? - o di-

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rettamente o per interposta persona, sono creature che rientrano fra quelle di questo gruppo, per co-

sì dire, che noi seguiamo direttamente. Ed altre invece che non vengono mai a conoscenza

dell’insegnamento dei Maestri che invece fanno parte di altri gruppi, è vero? Perché voi sapete che

siamo tutti uniti da fili karmici, da fili di amore, di incontri in altre esistenze, veramente una cosa me-

ravigliosa. A voi... quando siamo incarnati fa molto effetto... a volte certe persone sentono il legame

della parentela, dell’amicizia, oppure di essere dello stesso paese o della stessa nazione, quando

sono all’estero due si incontrano, magari sono della stessa città allora fraternizzano subito - è vero? -

mentre ci sono fili di unione ben più importanti e ben più validi di questi fili umani, e che uniscono tut-

te le creature così, a gruppi, fino a poi all’unione totale che ci attende.

Partecipante - François, questi fili che tu dici sono forse l’omogeneità nella disposizione delle limita-

zioni...

François - Quelli senz’altro, è vero? Questi più che fili sono dei canapi, è vero? Ma poi vi è anche

l’inizio di tutto questo proprio per questioni che non riguardano... fra due creature che possono esse-

re di diversa limitazione e quindi di diverso “sentire” può nascere questo legame affettuoso che le u-

nisce egualmente e che le condurrà poi in seguito a quello che dovrà essere.

Carmen - François?

François - Dimmi cara.

Carmen - Senti, io ho riflettuto molto su quel discorso che hai fatto sui farmaci e in particolare sul

“Viks Vaporub”.

François - Oh, davvero? Oh cara, mi dispiace averti portato in una cosa - è vero? - che non condivi-

devi; dimmi, dimmi cara Carmen...

Carmen - Ecco, allora siccome ci ho riflettuto molto e non so che effetto tu volevi dargli, se placebo o

altro; la domanda è un’altra però. Io ho un amico che ha una malattia neurologica abbastanza seria

diciamo; non ti chiedo niente sulla malattia...

François - Meno male...

Carmen - Ti chiedo però un consiglio medico se posso, su come aiutarlo per la qualità della vita, ca-

pisci cosa voglio dire? Per farlo stare generalmente meglio; non ti chiedo niente della malattia in par-

ticolare, ma per l’uomo, per la persona.

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François - Oh, cara, è molto seguito, è vero? Ti ringrazio...

Carmen - Ma quello che possiamo fare noi, volevo...

François - Sì, cari, fate già quello che potete fare, fate già quello che potete fare. Certo, io non pos-

so parlare di questo caso particolare, è vero?

Carmen - Lo so, ma...

François - Per quanto ogni tanto qualcuno me lo presenti in forma magari più o meno mimetizzata,

per vedere se... facendo finta di niente ne parlo...

Carmen - No, io non volevo fare finta di niente...

François - No, lo so, cara...

Carmen - Volevo solo dire da un punto di vista proprio umano, l’atteggiamento con cui... capisci che

cosa voglio dire? L’atteggiamento da tenere.

François - Sì, cara, è vero, ma credo che questa persona sia abbastanza forte, è vero? E del resto

voi fate già abbastanza per quello che potete fare.

Carmen - E non c’è un placebo?

François - Non c’è un placebo.

Partecipante - Non c’è un “Viks Vaporub”?

François - Non c’è.

Carmen - Scusami per la domanda.

François - Cara, ti ringrazio di questa domanda, per la tua intenzione, è vero? Sì, dimmi cara Rita.

Partecipante - François, io ti volevo chiedere, siamo tutti genitori di figli un po’ grandi con tanti pro-

blemi; siamo un po’ incerti come genitori, siamo un po’ tentennanti, non sappiamo mai... Puoi darci

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qualche direttiva? Insegnarci un po’...

François - Guarda, cara, siete dei genitori veramente esemplari; non per farvi un complimento per-

ché io non ero e non sono complimentoso. Però siete dei bravissimi genitori, perché siete scrupolosi,

siete attenti, è vero? Allora, darvi un consiglio: il consiglio è quello di... non saprei perché ad una per-

sona che già si comporta bene, come si fa a dire di comportarsi in modo ancora migliore? Però il

consiglio può essere generale: cioè di vedere questi figli, queste creature, in maniera sempre aggior-

nata ai tempi; con questo non intendo dire che voi non lo facciate questo, però in genere il genitore è

sempre portato a ripetere l’esperienza - diciamo - di quando è stato figlio, e quindi di tornare in una

mentalità diversa, di avere una mentalità diversa da quella del figlio. E quindi l’errore può nascere da

questo, se errore c’è e se errore si può chiamare. Però, dico, cercare sempre di sorvegliare i figli - è

vero? - per carità; fate bene, così deve essere. Io sono di quelli che non esito a consigliare magari a -

diciamolo pure in parole forti, è vero? - dare uno schiaffo al figlio o alla figlia quando se lo merita, è

vero? Però, dico, bisogna sempre cercare di sorvegliare questi figli non dando l’impressione di sor-

vegliarli, è vero? E poi non, soprattutto, arrabbiarsi, radicalizzare le questioni, quando questi figli agi-

scono in una maniera un po’ diversa da quella in cui agirebbe, o ha agito, il genitore ai suoi tempi, è

vero? Bisogna sempre cercare di capire. E cercare sempre di convincere questi figli, non di imporgli,

è vero? Certo, al momento opportuno, quando il pericolo si fa concreto se veramente esiste questo

pericolo, allora si può usare anche la maniera forte; ma non usarla prima - è vero? - perché se si usa,

con tutte le paure che un genitore che ama suo figlio può avere per quello che gli può accadere, tutto

può accadergli, allora sarebbe continuamente ad assillarlo, a soffocarlo, anche a intimorirlo, è vero?

Alla fine poi a fare in modo che questo figlio dica: «Ma basta, io voglio la mia vita; non mi soffocare

più!», è vero, cara? Non parlo per te, cara, parlo in senso generale. Quindi, allora: sorvegliare i figli,

controllarli, guidarli - è vero? - tenerli sotto controllo ma senza farsene accorgere; ed intervenire in

maniera dura, radicale, in maniera autoritaria quando veramente la questione lo richieda; non prima,

non per le piccole cose - è vero? - che molto spesso sono innocenti e possono sembrare invece non

innocenti agli occhi ansiosi di un genitore.

Partecipante - Il signor B. mi ha detto di chiedere se il lavoro che sto facendo è valido, non so...

François - Sì, certo, perché no? Certamente; molto bene, direi.

Partecipante - Devo continuare?

François - Certo. Allora cari... Sì cari, bene, più domande ci sono e meglio è.

Partecipante - Allora lascio lo spazio alle bresciane.

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François - Ah, credevo a Dio, cara.

Partecipante - Volevo chiedere, ecco, anche a nome... il problema non è solo mio, è un po’ comune;

come possiamo aiutare i nostri mariti?

François - Ah, che cara...

Partecipante - Veramente dal profondo del cuore vorremmo poter fare qualcosa per loro ma non

sappiamo come.

François - Cara - è vero? - se foste altre persone direi: «Lasciandogli spazio, lasciando loro spa-

zio!», è vero? Scusa la battuta scherzosa, è vero? Ma credo che anche in questo caso potete aiutarli

benissimo e sapete come fare perché li amate e quindi chi ama sa sempre trovare la maniera giusta,

è vero, mie care?

Partecipante - Ma noi vorremmo che loro condividessero le nostre stesse ricerche...

François - Ma care, non si può; non si può, guardate, forzare nessuno; ripeto: si getta il seme, si par-

la, così - è vero? - e senza forzare; poi tutto viene da sè quando è il momento. State certe che sono

semi che non vanno perduti. Rimangono magari accantonati da una parte fino al tempo dello sviluppo

ma poi danno i loro frutti, state certi.

Partecipante - François, scusami, forse sono egoista perché continuo a ripetermi: questo è un mio

problema personale, posso?

François - Certo.

Partecipante - Sempre a riguardo di mio marito: io vivo una realtà non bella, cioè, è tutta colpa mia,

sono io che non lo so amare. Io non so come fare ad amarlo. Anche a livello - posso dirlo? - per me a

livello sessuale con mio marito è sempre difficilissimo; e per me si presenta sempre in modo che non

vorrei anche proprio per lui, cioè, non mi sembra giusto per lui anche, oltre che per...

François - Cara, non è vero, bisogna sempre... anche questa cosa del sesso che è una cosa così,

tenebrosa per come è stata presentata, per come è ritenuta dalla religione, è una cosa che va

sdrammatizzata. Tu fai... ti ringrazio di avermi fatto questa domanda in presenza di tutti e allora tu mi

consenti anche di risponderti così, pubblicamente. E del resto è una cosa che avveniva nei primi anni

del cristianesimo perché la confessione era in pubblico. Ognuno parlava dei propri problemi fra i fra-

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telli, fra gli altri presenti cristiani come stiamo facendo adesso noi proprio in uno spirito di fraternità

reale veramente, non di un’ipocrisia, vero? Quindi, così noi imitiamo i primi cristiani. Allora questo

sesso, questo presentarlo in una maniera così peccaminosa, come fosse qualcosa di sporco, ha cre-

ato dei complessi tremendi, dei blocchi, delle inibizioni, cosicché poi succede che le persone - marito

e moglie - non si intendono su questo piano; proprio perché specialmente o dalla parte dell’uno o dal-

la parte dell’altra non è visto nella stessa maniera e quindi non c’è quell’accordo che ci dovrebbe es-

sere. Allora lo ripeto, perché i nostri Maestri l’hanno detto ed è una cosa meravigliosa: il sesso è un

complemento dell’amore, cari; quando c’è l’affetto, quando c’è l’amore, l’intesa fra le creature, è logi-

co che tutto l’essere risponda; e quindi risponda anche la parte sessuale, è vero? E risponda nella

maniera più, direi, spontanea - non dico naturale perché questo potrebbe trarvi in inganno - nella ma-

niera più spontanea, nella maniera come una persona può esprimerlo che è diverso dall’uno all’altro.

Se poi si pensa che sulla questione sessuale si instaura tutta una sfera psichica particolare che ha

bisogno di certe situazioni perché diventa più importante il fattore psichico di quello fisico, allora si

comprende che cosa voglio dire. Quindi cara, pensa a questo discorso che ti sto facendo: che non è

peccato il sesso, non è peccato quando alla base di questo c’è l’affetto, c’è l’amore, è vero? Non è

assolutamente. E pensa, cara, soprattutto, che da parte tua - lo debbo dire - esistono proprio delle

questioni... dei blocchi, qualcosa di psicologico, che può condizionarti.

Partecipante - Scusa, François. Ti volevo chiedere una cosa. Io penso che mi troverò fra poco di

fronte a un problema forse abbastanza chiave della mia vita - no? - affrontare una situazione nuova.

Se tu dovessi consigliarmi qualche cosa, che cosa mi diresti?

François - Allora guarda: io ti direi di... ti direi che tuo padre sono io.

Partecipante - In che senso?

François - In tutti i sensi, caro; per carità, non voglio tirare in ballo la cara Gianna, intendiamoci be-

ne, è vero? Non fraintendetemi. Però ricordati che tuo padre sono io, va bene Martino?

Partecipante - Va bene...

François - Ti ho detto tutto, credo.

Partecipante - Eh sì, forse... non so cosa c’è da capirci...

François - C’è da capire che qua in me, se tu, così, non restassi contento, soddisfatto, non ti sentissi

abbastanza... appoggiato, riconosciuto e via dicendo, eccetera, eccetera, è perché così deve essere

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per la tua vita; è un’esperienza che tu dovevi avere, che in parte hai già fatto. Un’esperienza, fortuna-

tamente, che può avere presentato degli aspetti dolorosi, di angoscia, di mancanza di sicurezza, tutte

quelle cose che tu sai benissimo - è vero? - che però d’altro canto, ad un certo punto, viene ricom-

pensata dall’incontro con i Maestri. Ed ecco allora a questo punto, se puoi trovare quello di cui hai

sempre sentito la mancanza, e se questo dovesse in un certo senso un poco disilluderti o non darti

tutto quello che tu ti attendi di avere c’è qua il vecchio François, che è tuo padre.

Carmen - Te vai anche in America, è vero, François?

François - Ah, certo cara...

Partecipante - Una curiosità molto semplice: ma in esperienze precedenti ci siamo mai conosciuti?

François - Oh, sì, può darsi; ma non ha importanza, ci conosciamo adesso, è vero? Bene cari...

Partecipante - ...

François - Sì, purtroppo però non è che possa rispondere direttamente - è vero? - dire: «Fai que-

sto...»; però io non mi preoccuperei eccessivamente; vedrai che trova la sua strada; decisamente,

con un po’ di pazienza vedrai che la trova.

Partecipante - François, volevo portarti col pensiero dalla mia Elena che mi ha detto di parlarti di lei;

hai qualcosa da dirmi quando vado a casa per lei?

François - Abbracciala da parte mia; abbracciala e digli che non deve avere paura. Ha spesso delle

paure Elena, ha delle paure molto forti che non ti dice, le trova lei dentro, un senso di incertezza per

la vita ed anche di insoddisfazione perché vorrebbe già da ora avere quello che invece la vita gli ri-

serva in un futuro, è vero? Allora dille da parte mia di non avere queste paure, queste angosce. Di

dare tempo al tempo, naturalmente, però tutto a suo tempo le sarà più famigliare.

Partecipante - ...

François - Ecco, sì, benissimo; certo. Allora dirai a queste creature che - adesso non è possibile -

ma che le invito qua; quando si sentiranno in grado, quando sarà il momento - è vero? - le invito qua.

E allora così, in previsione di questo appuntamento mi penseranno ancora di più ed io potrò agire su

di loro.

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Partecipante - Devi dire qualcosa a mio marito? Che lui non so se...

François - Oh, certo, lo saluto e lo seguo il caro Enrico; certamente. E’ tanto una brava persona, una

brava creatura veramente; proprio siamo felici di averlo qui.

Partecipante - François?

François - Sì caro.

Partecipante - Noi ieri sera abbiamo parlato delle fusioni, del Karma nelle fusioni; sembra siamo ar-

rivati più o meno a una conclusione... Ecco, puoi dire qualcosa su...

François - Oh, a questa domanda risponderà il caro amico Alan, è vero? Il quale non vuole mai pre-

sentarsi e adesso lo metto nei guai. Cari, adesso lascio... se viene Alan bene, altrimenti la seduta è

interrotta.

François

Alan - Non si può violentare le persone; François veramente vuole mettermi nei guai. Io non saprei

che cosa dire di questo argomento perché credo che voi abbiate analizzato tutti i vari aspetti che la

questione può avere; e sulla base di quello che i Maestri hanno accennato, e anche lo stesso Franç-

ois, voi già sapete come può essere la conclusione: e cioè che chiaramente quando vi sono queste

comunioni l’essere che prende vita è un essere che raccoglie in sè il “sentire” di tanti altri esseri e

quella fusione può avvenire giusto perché sono cadute delle limitazioni. A loro volta queste limitazioni

sono cadute proprio perché vi sono state delle esperienze, cioè degli effetti, che le hanno fatte cade-

re. Quindi, la fusione di per sè avviene generalmente per la maggior parte quando gli effetti sono già

avvenuti; salvo poi quelli più lontani che debbono avvenire successivamente. Mi spiego: ognuno vi-

vendo muove delle cause, cause che portano degli effetti; poi continua nella sua esperienza in una

vita successiva. Alcune delle cause che ha mosso hanno un effetto nella vita successiva, altre invece

portano l’effetto in vite ancora successive; perché si tratta di esperienze - l’effetto voi sapete che ca-

de solo quando l’individuo ha raggiunto una certa preparazione sicché può comprendere - dicevo, ri-

cadono più a distanza perché sono esperienze che toccano più il profondo dell’individuo. Allora, quelli

nella vita successiva, gli effetti che cadono nella vita successiva, originano poi una comprensione,

una caduta di limitazione e quindi, dopo il trapasso, una comunione di “sentire” e di essere; l’essere

nuovo però dovrà poi subire l’effetto delle cause mosse precedentemente. Naturalmente si tratterà di

esperienze analoghe, sicché l’essere nuovo che subisce un effetto e che raccoglie in sè un insieme

di cause mosse da più esseri, da quell’effetto potrà a sua volta superare un’altra limitazione e addi-

venire ad altre fusioni. Perché il Karma è sempre stato detto che è come una corda composta di tanti

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fili? Anche per questo proprio: perché in una causa sola, in un effetto solo, vengono compensate ed

equilibrate molte piccole cause mosse da altri esseri di “sentire” meno ampio.

Partecipante - Perché in genere le cause mosse sono dello stesso peso...

Alan - Sì, certo; ed un’altra cosa importante è che nel Karma voi non dovete vedere l’azione esterio-

re, cioè non dovete vedere quello che accade esteriormente, ma quello che si ripercuote interiormen-

te. Una ragione per la quale i Maestri non parlano mai del Karma nel senso che non dicono mai: «Chi

fa così muove una causa che porta come effetto questo...»; è proprio perché non è l’azione ma ciò

che sta dentro che muove la causa, ed è quindi ciò che sta dentro che è suscitato dall’effetto. Uno

stesso avvenimento può dare un... sempre dà, non può dare, sempre dà un effetto diverso fra un es-

sere e l’altro perché ciascuno è diverso dall’altro. Altrimenti voi direste che la morte di un figlio, un

evento che si produce molto spesso fra gli uomini, è un’esperienza identica per tutti, mentre così non

è; lo stesso fatto - morte del figlio - porta invece una macerazione interiore, un modo di vivere questo

evento profondamente diverso fra l’uno e l’altro.

Corrado - Allora, scusa Alan...

Alan - Sì, caro.

Corrado - Quindi si può dire che un effetto quando ricade non riguarda solo - diciamo - la pietra mi-

liare dell’effetto ma ha con sè una serie di sfumature che lo rendono tale.

Alan - Non solo sfumature ma proprio il modo di vivere questo effetto; è proprio l’intimo dell’essere,

dell’individuo, che reagisce diversamente proprio perché fra un individuo e l’altro c’è una conforma-

zione psicologica completamente diversa.

Corrado - Sì, ma io facendo un certo tipo di esperienza non imparo unicamente quello che quella e-

sperienza mi ha fatto capire, mi ha fatto comprendere, ma illumino anche altre zone.

Alan - Certo, perché non è mai una cosa sola; tu puoi, vedi, tu puoi - non dico tu, dico in generale - tu

puoi, non so, rubare per tantissime ragioni; e allora sarebbe assurdo dire: «Chi ruba ha come effetto

questo...», perché non è il fatto di rubare ma è il motivo, l’intenzione, la spinta che ti ha condotto a

rubare: è quello. E l’effetto è diverso.

Carmen - Alan? Perciò si fondono le persone che... cioè gli individui che hanno avuto la stessa inten-

zione ad azioni diverse.

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Alan - Azioni diverse purché vi sia la stessa deficienza interiore.

Partecipante - Che si potrà manifestare nel muovere magari una quantità di cause molto superiori;

per esempio uno le può muovere in due vite e un altro in una sola; poi si fondono...

Alan - Certo. E poi, appunto, bisogna non vedere il Karma come la legge proprio del contrappasso, in

maniera così, direi ragionieristica, ma vederlo proprio in modo diverso tenendo sempre presente che

alla base c’è l’intimo dell’essere, l’intimo dell’individuo.

Partecipante - Sì, ma può avvenire una fusione fra due esperienze, un’esperienza - diciamo - supe-

riore all’altra proprio per venire in aiuto per certe difficoltà che ci potranno essere...

Alan - A questa domanda risponderà François.

Alan

François - Scusa caro Martino, ma ero in altre faccende affaccendato e allora non ho ben seguito

quello che dicevi. Ripetimi per favore.

Partecipante - Può avvenire una fusione fra due individui dei quali uno di questi di esperienze e di

evoluzione superiore, così, per aiutare...

François - Bisogna che sia una cosa... (pausa)... La fusione può avvenire solo quando il “sentire” è

equipollente e allora può avvenire solo allo stesso livello di evoluzione, è vero, Martino? Quindi non

c’è questa divisione che tu... questa esperienza che tu dicevi; non esiste la possibilità che possa es-

servi una unione di esseri, una unione di “sentire” fra esseri di evoluzione diversa, perché il “sentire” è

come dire evoluzione; deve esserci “sentire” equipollente e quindi evoluzione equipollente.

Cari, il caro Alan mi ha ceduto nuovamente lo scettro, è vero? E allora, che cosa dirvi? Nuova-

mente abbracciarvi con tanto affetto e sperare di riavervi nuovamente qua presto. Adesso vi lascio

momentaneamente. A presto, a presto.

François

Pace fratelli, pace sorelle.

Oh sorelle, oh fratelli, che non ascoltate i richiami del mondo, che qua vi riunite in attesa delle

nostre parole, quanto amore noi riversiamo su voi; quanta gioia spirituale noi vorremmo farvi provare

così come noi la proviamo. La Guida Michel vi ha invitato a pensare a coloro, i vostri famigliari, i vostri

amici che ne hanno necessità; ed io pure mi sono unita al suo desiderio di recare aiuto a queste

creature.

Cari fratelli, care sorelle, lasciate che io mi avvicini a voi e vi benedica con tutto il mio amore. Sia-

te grati all’Altissimo che vi ha concesso di assistere a questi prodigi sì da darvi forza nelle peripezie

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che la vita vi pone di fronte. Non perdete mai nè la fede nè la speranza, e siate certi che tutto accade

per il vostro bene. Vi abbraccio, vi benedico, vi amo.

Pace... Pace...

Teresa

Sono io stasera, sono io venuta a chiudere.

Luciana - Senti Lilli, io ho una cosa che mi preme di chiedere; so che tu sei bravissima e sai rispon-

dere: ma quando ci è stato detto che i bambini che muoiono prestissimo non hanno mai un contatto

con il proprio “sè superiore”, però questo corpo astrale e questo corpo mentale a che cosa fa capo?

Lilli - Ma quali tu dici? I bambini piccini piccini?

Luciana - Ma, appunto non lo so; penso che sia solo il caso di quando sono appena appena nati.

Lilli - Sì.

Carmen - Posso fare una domanda?

Lilli - Sì, se è importante sì se no...

Carmen - Non lo so, senti: come può avvenire che una veggente veda Dali, Kempis... a me mi ha

colpito quella cosa lì...

Lilli - Sì, se si vogliono far vedere se no non si fanno vedere.

Carmen - Ecco, allora semmai si fanno vedere loro perché con l’insegnamento non tornerebbe...

Lilli - Sì, si fanno vedere apposta ogni tanto; sai, sono vanitosi anche loro.

Luciana - Cioè, Lilli, sono inclusi nei fotogrammi di quella veggente.

Lilli - Sì, sono loro però che si fanno vedere se no non vede nulla. Allora, tanti bacioni a tutti, tante

belle cose a tutti. Tutte queste belle stelline2 le lascio perché le veda lo struggimento. Ciao!

Lilli

2Le stelline di cui parla Lilli sono globi di luci rimasti sulle mani del medium.