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The following ad supports maintaining our C.E.E.O.L. service Il valore dell’Icona nell’ambito liturgico a partire dalla relazionemente corpoimmagini «The Mind BodyImages report and the Icon’s Importance within the Liturgical Framework» by Eduard Eugen Gegiu Source: Theology and Life (Teologie şi Viaţă), issue: 14 / 2013, pages: 7794, on www.ceeol.com .

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Icone

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    IlvaloredellIconanellambitoliturgicoapartiredallarelazionementecorpoimmagini

    TheMindBodyImagesreportandtheIconsImportancewithintheLiturgicalFramework

    byEduardEugenGegiu

    Source:TheologyandLife(TeologieiVia),issue:14/2013,pages:7794,onwww.ceeol.com.

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    IL VALORE DELLICONA NELLAMBITO LITURGICO A PARTIRE DALLA RELAZIONE

    MENTE-CORPO-IMMAGINI

    Dr. Eduard Eugen GEGIUIstituto di Liturgia Pastorale Santa Giustina di Padova, Italia

    Abstract

    The problem of the link between mind and body gave rise to a special interestfor people of all times and cultures thanks to the multiple involvements whichsuch a problems possess, in particular those of religious nature. The importanceof this aspect is given first of all by the fact that the entire human being, mindand body participates at the liturgical life of the Church, and in that direction thebody opens the access to a whole senses, images and perceptions palette. The samereligious experience articulates especially in the Christian orient either fromthe concepts, either from the images, whereas at the emotional level the image hasa conclusive importance. The present study puts in parallel some aspects of theliturgical life of the Orthodox Church with the ideas of the cognitive scienceswhich lately constitutes an important chapter in the study and interpretation ofthe religion and of the religious life. The convergence of these two averagesapparently distant is built, in fact, from an important aspect of the anthropologyknowledge which is that the knowledge process is configured first of all like some-thing that gets birth from the body, sensibility, emotions; something which isalways expressed through a complete interaction between body and mind. Thusif the cognitive theories tend to keep unit the body and mind, if I talk aboutknowledge in the terms of a complete interaction with reality even through thegestures, the mimicry and the entire body, then we deal with what Christianity,through the liturgical life, has carried out and preached in the ancient times.

    Keywords: image, cognitive sciences, mind, body, perception, icon, Liturgy

    1. Le scienze cognitive e la relazione mente-corpo-immagini

    1.1. Maurice Merleau-Ponty e la percezione corporea

    La conoscenza, o meglio lazione cognitiva, non lo specchiodi una realt oggettiva esterna, ma piuttosto un processo attivo,radicato nella struttura biologica e corporale delluomo. Inteso in

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    questo modo, luomo stesso quello che crea veramente il suo mondodi esperienza attraverso il corpo. Nelluomo in quanto orga-nismo vivente la struttura biologica, psichica e culturale determinail campo cognitivo che pu essere anche definito come quellinsieme di interazioni in cui si pu entrare senza perdere la pro-pria identit1.

    A questo proposito, la ricerca di Merleau-Ponty risulta partico-larmente adatta a stimolare e favorire lo studio approfondito dellapercezione a livello corporeo dellazione rituale. La riflessioni delfenomenologo francese permettono di cogliere il vissuto cor-poreo della percezione come la radice costitutiva di ogni esperienzae di ogni orientamento significativo nel mondo. Nella stessa misura,la sua opera punto di partenza per tanti altri autori, come peresempio James Gibson, di cui si parler in seguito mette in evi-denza come il corpo umano in forza della percezione si esprimegi a livello originario e poi sempre di nuovo con una ritualitproduttrice di senso nello spazio e nel tempo.

    Il titolo di una delle pi famose conferenze di Merleau-Ponty, Ilprimato della percezione, offre unidea del modo in cui la maggiorparte dei fenomenologi tratta la percezione2. Alla luce di questo, ildetto fenomenologico alle cose stesse pu essere inteso comeun richiamo a tornare al mondo della percezione, il quale pre-cedente a qualsiasi concettualizzazione e articolazione scientificae delle quali precondizione3.

    Nella fenomenologia di Merleau-Ponty il corpo inteso comela modalit desistenza fondamentale, il punto imprescindibile dacui partire per compiere unanalisi fenomenologica e ontologicadellessere nel e del mondo4. Lo studio della percezione articolato

    1 Si veda anche R. Tagliaferri, Il progetto di una scienza liturgica, in Celebrareil mistero di Cristo, I: La celebrazione. Introduzione alla liturgia cristiana, a curadellAssociazione Professori di Liturgia, Roma, Edizioni Liturgiche, 1993, pp. 68-71.

    2 M. Merleau-Ponty, Il primato della percezione e le sue conseguenze filo-sofiche, a cura di R. Prezzo e F. Negri, Milano, Medusa, 2004, passim.

    3 Si veda Gallagher Zahavi,La mente fenomenologica. Filosofia della mentee scienze cognitive, Raffaello Cortina Editore, 2009, p. 137.

    4 Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, Bompiani, 2003, p. 130: Ilcorpo il veicolo dellessere al mondo, e per un vivente avere un corpo signi-fica unirsi a unambiente definito, confondersi con certi progetti e impegnarvisicontinuamente.

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    dal filosofo nella Fenomenologia della percezione orientato inmodo specifico alla comprensione della medesima percezione qualemodalit originaria della coscienza. Tematizzando quindi lo statutofenomenologico della soggettivit corporeo-percettiva, Merleau-Pontyrisale al momento genealogico in cui la coscienza non ancoraintrappolata nella classica distinzione di esteriore e interiore,di empirico e trascendentale. La soggettivit, ripensata a partiredal suo radicamento corporeo al mondo come tre-au-monde, concepita dallautore come correlato ontologico della corporeitdel mondo5.

    Per la tesi che mette in risalto il legame mente-corpo nellazionerituale importante quindi la visione che Merleau-Ponty offre allapercezione: unit di soggetto-oggetto nellesperienza del mondo6.Intenzionalit e percezione, unite nel sentire, caratterizzano il mondofenomenologico che, secondo lautore, non un essere puro, ma costituito dallintreccio dei vissuti personali con quelli degli altri invirt del radicarsi degli uni sugli altri. Il soggetto che intenziona ilmondo mosso, contemporaneamente, dalla meraviglia, dallatten-zione e dal desiderio di appropriarsi del senso del mondo e di quellodegli avvenimenti che in esso accadono7.

    importante notare come anche nellambito liturgico luomoreligioso si muove nelle stesse coordinate: lattenzione, la meravigliao addirittura lo stupore e il forte desiderio dimpossessarsi delsacro che si manifesta nella celebrazione.

    Secondo Merleau-Ponty, nellespressivit dinamica del corpo vissutoogni azione emerge allinterno del mondo non come somma di ele-menti accostati luno allaltro, ma come unit organica e significativa8.

    5 Cf. R. Breeur, Merleau-Ponty, un sujet dsingularis, in Revue philoso-phique de Louvain, 96 (1998), pp. 232-253.

    6 Sullo stesso argomento si veda G. Bonaccorso, Il corpo di Dio. Vita e sensodella vita, col. Leitourgia. Sezione antropologica, Cittadella, 2006, pp. 114-118.

    7 Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, p. 321: Ci che chia-miamo sensazione non se non la percezione pi semplice e, in quanto modalitdellesistenza, non pu, al pari di ogni percezione, separarsi da uno sfondo, chein definitiva il mondo. Correlativamente, ogni atti percettivo si rivela come pre-levato da unadesione globale al mondo.

    8 Si veda anche G. Mazzocchi, Corpo celebrante: la liturgia come azione epercezione, in Celebrare il mistero di Cristo, III: La celebrazione e i suoi lin-guaggi, a cura dellAssociazione Professori di Liturgia, Roma, Edizioni Liturgiche,2012, p. 21.

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    In questo senso il corpo umano appartiene al mondo delle cose e necondivide il duplice statuto di soggetto e oggetto, perch il mondo carne universale in seno alla quale il corpo del soggetto vede etocca e allo stesso tempo visto e toccato9. Ecco le parole del filo-sofo in Locchio e lo spirito: Visibile e mobile, il mio corpo anno-verabile fra le cose, una di esse, preso nel tessuto del mondo ela sua coesione quella di una cosa. Ma poich vede e si muove,tiene le cose in cerchio attorno a s, le cose sono un suo annessoo un suo prolungamento, sono incrostate nella sua carne, fanno partedella sua piena definizione, e il mondo fatto della medesimastoffa del corpo10.

    1.2. Teoria della percezione e stretta relazione al corpo

    Con il termine carne, Merleau-Ponty designa la circolarit nelcorpo vivente nello stesso tempo senziente e sensibile. Per il filo-sofo francese la carne il sensibile nel doppio senso di ci chesentiamo e di ci che sente11. La carne si lascia quindi descriverecome uno stesso tessuto piegato e ripiegato tante volte che diffi-cile stabilire una vera distinzione tra il dentro e il fuori. Nella visionemerleau-pontiana il concetto denomina propriamente e fondamen-talmente il medium formatore del soggetto e delloggetto12, il mezzodi comunicazione tra la visibilit propria della cosa e la corpo-reit propria del vedente13. Alla luce di questo, la carne diventa iltessuto comune del corpo vedente e del mondo visibile, nascentiluno per laltro. Infatti, nella carne che Merleau-Ponty cerca dipensare una vera co-originariet tra soggetto e mondo.

    9 M. Merleau-Ponty, Locchio e lo spirito, traduzione di A. Sordini, postfazione diC. Lefort, Milano, SE, 1989, p. 18: [] il mio corpo insieme vedente e visibile.Guarda ogni cosa ma pu anche guardarsi e riconoscere in ci che allora vedelaltra faccia della sua potenza visiva. Si vede vedente, si tocca toccante, vi-sibile e sensibile per se stesso. un s, non per trasparenza come il pensiero,che pu pensare a una cosa solo assimilandola, costituendola, trasformandola inpensiero bens un s per confusione, narcisismo, inerenza di colui che vede a ciche vede, di colui che tocca a ci che tocca, del senziente al sentito dunque un sche preso nelle cose, che ha una faccia e un dorso, un passato e un avvenire.

    10 Ibidem, p. 19.11 Idem, Il visibile e linvisibile, edizione italiana a cura di M. Carbone, tradu-

    zione di A. Bonomi, Milano, Bompiani, 2007, p. 271.12 Ibidem, p. 163.13 Ibidem, p. 151.

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    chiaro che la riformulazione della teoria dellintenzionalit edella percezione, caratterizzata ultimamente dallunit di percezionee intenzione, articolata da Merleau-Ponty, apre la strada a nuoveconsiderazioni sulla teoria del corpo14. La fine analisi fenomeno-logica condotta dallautore mette sempre pi in risalto che il corpoumano non pu pi essere identificato come il corpo-oggetto,descritto dalla fisiologia classica, ma come la prima condizione delvivere e del muoversi delluomo nel mondo15. Infatti, come si vedr inseguito, per un vivente, possedere un corpo significa avere la possibi-lit di collocarsi in un ambiente preciso ed entrare in un rapportoprogettuale con esso nellesperienza del reciproco adattamento.

    Il corpo ha quindi la capacit di condurre alle cose stesse grazieal suo essere a due dimensioni: senziente e sensibile, vedente evisibile16, intenzionante e intenzionabile, grazie al suo coesisterecon le cose stesse nel medesimo mondo17. Una tale esperienza portail corpo ad affermarsi contemporaneamente come corpo fenome-nico e corpo oggettivo.

    Lesperienza del sentirsi unitariamente aperto consente quindi alcorpo di impossessarsi, in modo sempre pi articolato del propriovivere nel mondo, radicandosi progressivamente in esso attraverso ildramma di una progressivit che non ha mai fine. in questo modoche il corpo si fa riconoscere come il soggetto naturale della perce-zione. Basandosi sulla medesima esperienza, riveste una particolareimportanza il fatto che latto percettivo vissuto dal corpo auten-ticamente intenzionale, perch nel momento in cui la percezioneaccade il corpo si comporta come se si cancellasse davanti ad essa,cosicch essa non coglie mai il corpo nellatto del suo percepire18.

    Nellunit dellatto percettivo vissuto dal corpo proprio, Merleau-Ponty spiega come soggetto e oggetto sono inseparabilmente coinvolti

    14 Per unapplicazione in campo sociologico si veda D. Le Breton, Antro-pologia del corpo e modernit, traduzione di B. Magni, Milano, Giuffr, 2007,passim.

    15 Proprio sulla possibilit del muoversi nel mondo come iniziale condizionedella percezione si basa la teoria di James Gibson.

    16 Cf. Merleau-Ponty, Locchio e lo spirito, p. 27.17 Cf. Idem, Il visibile e linvisibile, p. 152. 18 Cf. Ibidem, p. 108.

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    pur mantenendo la propria identit: Nella percezione noi non pen-siamo loggetto, n ci pensiamo come pensanti loggetto, ma ine-riamo alloggetto e ci confondiamo con questo corpo che sa pi dinoi sul mondo e sui mezzi che ne abbiamo per farne la sintesi19.

    La nuova condizione emergente del corpo vissuto fa del me-desimo la condizione di ogni azione espressiva e di ogni concen-trazione riflessiva. Infatti, ogni soggetto pensante svolge la propriaattivit di riflessione in dipendenza dallattivit irriflessiva e fungentedel corpo percipiente e si accorge di coincidere con il propriocorpo nella misura in cui lo vive come abbozzo incompleto, tesoa raggiungere il proprio compimento20.

    Lapplicazione alla dimensione liturgica delle teorie sopra esposteevidenzia come il corpo sia il luogo originario della percezione-intenzione del senso del sacro e dellAlterit. La liturgia, cele-brazione del perenne rivelarsi del senso della vita, non potr maitrascurare la dimensione corporea, in quanto proprio tale dimen-sione a mantenerla contemporaneamente aperta al divino e alla storia,evidenziandola come fonte di tutta lesistenza cristiana. Lambienteliturgico si rivela quindi come medio in cui luomo in quanto corpo,in quanto carne, si collega alla celebrazione attraverso i sensi eriesce a farne parte interamente.

    2. La percezione visiva nella concezione di James Gibson

    Sulla falsariga di Merleau-Ponty, oggi, invece, viene sempre pimessa in risalto una tesi che si configura quale allargamento piesteso della percezione diretta e dellimmediatezza. Si tratta della teo-ria dellapproccio ecologico alla percezione visiva. Gibson elaborail punto di vista di un tale approccio prima in un suo libro del 1966chiamato The Senses Considered As Perceptual Systems. La nuovaimpostazione proposta dallo scienziato della percezione implica ilrifiuto della formula stimolo-risposta e introduce quel tipo di rifle-ssione che si comincia a tentare in quella che viene chiamata secondo lui abbastanza imprecisamente teoria dei sistemi21.

    19 Ibidem, p. 318.20 Si veda in questo senso anche Mazzocchi, Corpo celebrante: la liturgia come

    azione e percezione, in Celebrare il mistero di Cristo, III, pp. 18-20.21 Si veda J.J. Gibson, The Senses Considered As Perceptual Systems, Boston,

    Houghton Mifflin, 1966.

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    Nella sua opera, Un approccio ecologico alla percezione visiva,Gibson ritiene decisivo il fatto che per studiare in modo diversola percezione, bisogna toglierla dai laboratori in cui stata confi-nata, bisogna eliminare quegli stimoli di laboratorio fantasiosi, maa volte del tutto artificiosi, per arrivare e cogliere la funzione e ilfunzionamento della percezione come uno degli aspetti essenzialidellinterazione tra organismo e ambiente22. Come Merleau-Ponty,anche Gibson mette un forte accento sul corpo, ma nello stessotempo, per Gibson la visione interazione con lambiente, dunque fatta anche di movimenti nello spazio e ricerca attiva da parte delpercettore. Il forte legame tra mente, corpo e ambiente nel processodella percezione visiva quindi avvertito con forza: Locchio considerato uno strumento della mente, o un organo del cervello.Ma la verit e che ogni occhio posizionato in una testa, che asua volta posizionata su un tronco, che posizionato su gambe chemantengono la postura del tronco, della testa e del corpo, relati-vamente alla superficie di sostegno. La visione un sistema per-cettivo globale non un canale sensoriale []. Si vede lambiente congli occhi, ma con gli occhi-nella-testa-sul-corpo-poggiante-sul-suolo.La visione non ha sede nel corpo, al modo in cui si riteneva che lamente avesse sede nel cervello. Le capacit percettive dellorga-nismo non risiedono in parti anatomiche del corpo tra di loroseparate, ma in sistemi con funzioni intrecciate23.

    Lidea che la mente debba basarsi sulle inferenze o sulle espe-rienze passate per formare concetti che risultino essenziali per lapercezione non ha per Gibson molto senso. In questo senso, nellelaborare la sua teoria ecologica della percezione, lautore sostieneche ogni stimolo possiede informazioni sensoriali sufficientementespecifiche da renderne possibile il riconoscimento senza linterventodei processi cognitivi superiori. Tutto questo avviene in quanto lostimolo avrebbe gi un ordine interno che ne consentirebbe unapercezione diretta. Lordine interno di cui si parla, costituito dalladistribuzione spaziale e temporale dello stimolo, permette unadiretta disponibilit al suo riconoscimento. Gibson introduce

    22 Cf. Idem, Un approccio ecologico alla percezione visiva, Bologna, Il Mulino,1999, soprattutto 1, 2 e 3, pp. 41-93.

    23 Ibidem, p. 316.

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    questa disponibilit dello stimolo col termine affordance, e nellasua visione, affordance sarebbe appunto ci che permette allosser-vatore di estrarre le caratteristiche che definiscono luso e le fina-lit delloggetto percepito24. importante notare che secondo lateoria della percezione diretta, laffordance, ovvero la disponibilitsuggerita dalloggetto allosservatore si basa per non soltanto suifattori fisici posseduti dalloggetto, ma anche sullo stato psicolo-gico e fisiologico dellosservatore.

    Laltro elemento caratterizzante dellapproccio ecologico alla per-cezione di Gibson la teoria della raccolta dinformazioni (Infor-mation Pickup Theory). La percezione un processo attivo che di-pende dallinterazione tra lorganismo e lambiente. Per ci, tutti gliatti percettivi si realizzano in relazione alla posizione del corpo ealle sue attivit e funzioni nellambiente25. Questa teoria in con-trasto con le teorie correnti dellelaborazione cognitiva dellinforma-zione per affermare con forza la percezione diretta. Lassetto am-bientale include invarianti come le ombre e colori che determinano ciche si percepisce. La percezione stessa, grazie alle affordancesgi ricordate, in grado di cercare ed estrarre queste invarianti inun mondo che costituito da un flusso incessante dinformazioni,ricche e variabili.

    In seguito, collegando tutti questi dati alla percezione dellimma-gine nel mondo liturgico si vedr limportanza di tali teorie per la

    24 Cf. Ibidem, pp. 205-229.25 J.J. Gibson, Un approccio ecologico alla percezione visiva, Il Mulino, Bologna,

    1999, pp. 362-363: La teoria della raccolta delle informazioni differisce radical-mente dalle teorie tradizionali della percezione. In primo luogo essa determina unadeterminata concezione della percezione, e non solo una nuova teoria del pro-cesso percettivo. In secondo luogo, essa prevede un nuovo tipo di assunzionecirca quando ha da essere percepito. In terzo luogo essa conduce ad una nuovaconcezione delle informazioni che servono alla percezione, di cui sono dispo-nibili sempre due tipi, uno per lambiente e laltro per il s. In quarto luogo essarichiede che si compia una uova assunzione, quella cio della esistenza di sistemipercettivi con funzioni che si sovrappongono, ognuno dei quali presenta sia outputnella direzione di organi adattabili sia input che procedono da degli organi. []E infine, in quinto luogo, la raccolta di informazioni ottiche implica unattivitdel sistema sinora non immaginata da nessuno studioso della visione, e cio lacontemporanea registrazione della persistenza come del cambiamento, via via che siha il flusso della stimolazione strutturata. questo il punto cruciale della teoria[]. Sullo stesso argomento si veda anche Ulric Neisser, Conoscenza e realt.Un esame del cognitivismo, Il Mulino, 1990, pp. 83-86.

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    giusta comprensione di un rapporto sempre pi stretto tra liconae il fedele partecipante.

    3. Immagini esterne e il mondo delle immagini mentali nella celebrazione liturgica

    A partire dalle teorie esposte precedentemente si pu coglierepienamente limportanza delle immagini in rapporto al rito e alla li-turgia. Prima di tutto importante per riconoscere, insieme a variautori, quanto siano rilevanti le scoperte delle scienze cognitive appli-cate al mondo religioso nello stabilire il giusto rapportarsi delluomoal mondo rituale26. Infatti, luomo intero quale corpo e mente cheattraverso tutte le manifestazioni del rito prova a stabilire un con-tatto con la divinit. Visto in questo modo, nella liturgia in atto, ilpensiero religioso delluomo abbraccia tutti gli elementi appartenentia una certa tradizione che eredita o che guadagna attraverso lestesse esperienze rituali27.

    Il rito in chiave fenomenologica va considerato innanzitutto comeazione. Gli studiosi vedono ancor di pi che proprio il rito quelloche crea unazione vera e soprattutto riesce a portare significatimentali a livello fisico. Due autori in modo particolare provano aspiegare il modo in cui, durante il rito religioso, si plasmano nei par-tecipanti le rappresentazioni di una determinata forma rituale28.Nella visione proposta da McCauley e Lawson tutto gira intorno almodo critico in cui luomo che partecipa al rito capace di rico-noscere la presenza di agenti sovrannaturali dietro le azioni rituali.Alla luce di questo il rito religioso viene percepito come un inter-vento di un agente divino29.

    La liturgia presuppone a questo punto un insieme di rappre-sentazioni e di immagini che nel contesto non vengono pi intese

    26 Cf. J.L. Barrett, Cognitive Science of Religion: What Is It and Why Is It?, inReligion Compass, 6 (2007), pp. 768-786.

    27 Si veda in questo senso M. Day, Religion, Off-Line Cognition and theExtended Mind, in Journal of Cognition and Culture, 4 (2004), pp. 101-121.

    28 Cf. R.N. McCauley T. Lawson, Bringing Ritual to Mind. PsychologicalFoundations of Cultural Forms, New York, Cambridge University Press, 2002, p. 8.

    29 Si veda anche R.N. McCauley H. Whitehouse, Introduction: New Frontiersin the Cognitive Science of Religion, in Journal of Cognition and Culture, 5(2005), pp. 1-13.

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    in maniera statica, ma in maniera dinamica. Passando nellambito or-todosso sintende che durante le funzioni, Cristo, la Madre si Dioo gli angeli non hanno pi il ruolo dimmagini statiche ma diven-tano immagini che partecipano attivamente al rito essendo essi i veridestinatari o i protagonisti dello stesso rito. chiaro che in questacircostanza le immagini esterne, fisiche creano immagini mentalidentro i partecipanti al rito30. Qui viene messa in risalto lazioneliturgica dellicona anche al livello cognitivo in quanto i santi rappre-sentati trovano una corrispondenza nella coscienza liturgica deipartecipanti. Le parole di Terrin a proposito sono queste: [] ilrito vive di un insieme di immagini visive o mentali che nellazione rituale sono in grado di divenire espressioni e forme dimovimento e di azioni del rito rappresentando i destinatari veridellazione. Per esempio, potremmo dire allora che Dio, Ges cristo,la Madonna, i santi sono presenti e ascoltano le preghiere, acce-ttano le offerte, vivono in rapporto al dialogo che si instaura con ipartecipanti al rito31.

    Nelloriente cristiano, pi che altrove, la liturgia un porsi difronte alle immagini e in questo senso il rito si configura qualecollaborazione con le immagini mentali dellagente sovrannaturaleche in questo caso Dio, la Madonna, gli angeli o i santi. Allorala liturgia altro non che lanimazione di immagini fisiche e men-tali in ordine allimmediatezza del riferimento. Il rito religioso dellaChiesa ortodossa rende le immagini cristiane pi presenti che mai,le avvicina in modo che la loro presenza sia efficace per i parte-cipanti. La liturgia celebrata in un mondo dimmagini che a lorovolta generano immagini dentro i fedeli testimoniata da Gogolcon queste parole: Linno trionfale dei Serafini, che fu udito daiprofeti durante le loro sante visioni, viene ripreso da tutti i cantoridella chiesa e i loro canto trasporta i pensieri dei fedeli in preghieraverso i cieli invisibili, li induce a ripetere con le moltitudini an-geliche: Santo, santo, santo il Signore degli eserciti, e si unisce aiSerafini dalle molte ali che circondano il mondo divino della gloria; epoich, tutta la chiesa attende in questo momento la discesa di Dio

    30 Si veda in questo senso M.I. Rupnik, Larte della vita. Il quotidiano nellabellezza, Roma, Lipa, 2011, pp. 76-94.

    31 Aldo Natale Terrin, Religione visibile, La forza delle immagini nella ritua-lita' e nella fede, Morcelliana, 2011, pp. 109-110.

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    stesso, che viene a immolarsi per tutti noi, al canto dei Serafiniche risuona nei cieli stato aggiunto il canto col quale i figli degliEbrei, cospargendo di rami di palma il suo cammino, accolserolingresso di Ges a Gerusalemme: Osanna nel pi alto dei cieli.Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nel pialto dei cieli32.

    chiaro quindi che nellambito rituale sono opportunatamentericonosciute come fondanti le teorie rappresentative della perce-zione esposte precedentemente. Il mondo liturgico si configuraquindi come spazio in cui si verifica da una parte la percezionevisiva e dallaltra lazione rituale, quale risultato delle affordances.Licona da spazio sia alla percezione visiva sia alla preghiera inquanto dalla percezione dellimmagine attraverso la contempla-zione pu sbocciare la pi profonda esperienza religiosa. Sullafalsariga cognitivista, vale la pena ricordare che in chiave psico-logica, la stessa esperienza religiosa a cui la contemplazione dellimmagine porta, viene considerata piuttosto come uno stato men-tale, un sentimento profondo, una conoscenza senza limiti e senzaconcetti33. Ci si avvicina alla teoria del sacro di Rudolf Otto34, percui il sacro genera un sentimento che va oltre la razionalit, simile altimore, allo stupore, alla meraviglia35. Alla luce di questo, lespe-rienza rituale del sacro raffigurato nellimmagine una misteriosaconoscenza afferrabile con lesperienza36.

    4. Lazione rituale facilita il rapporto tra corpo, mente e immagini

    Nella tradizione cristiana doriente il linguaggio liturgico dellazione rituale tiene conto in una stretta maniera del rapporto

    32 Nikolaj Gogol, Meditazioni sulla divina liturgia, Nova Millennium, Romae,2007, p. 121.

    33 Si veda in questo senso P. Thagard, The Emotional Coherence of Religion,inJournal of Cognition and Culture, 5 (2005), pp. 58-74.

    34 Cf. Rudolf Otto, Il Sacro, L'irrazionale nell'idea del divino e la sua rela-zione al razionale, in col. Scienze e storia delle religioni, Morcelliana, 2010,passim.

    35 Si veda anche A.N. Terrin, Scienza delle religioni e teologia nel pensiero diRudolf Otto, Morcelliana, Brescia, 1978, p. 55.

    36 Cf. J. Mort, J. Slone, Considerying the Rationality of Ritual Behaviour, inMethod & Theory in the Study of Religion, 18 (2006), pp. 424-439.

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    mente-corpo. In seguito, nel tentativo di mettere in risalto un taleaspetto, laccento cadr sul fatto che durante la liturgia i simbolireligiosi e le interpretazioni teologiche sono in consonanza con lacomprensione intrinseca del corpo e della sua capacit di comu-nicare direttamente con il mondo37. Il senso religioso della liturgiacelebrata intorno alle immagini si concretizza quindi come unacostruzione simbolica che nasce dal rapporto mente-corpo.

    Nello studio della liturgia bizantina in chiave estetica ViktorByckov introduce il termine ecphrasis38. Un tale concetto stabilisce cheogni presentazione della stessa liturgia deve essere prima di tuttosoggettiva, vissuta in prima persona, unesperienza estetica e per-formativa. Lo stesso viene affermato anche da Florenskij, alliniziodella sua opera La colonna e fondamento della verit39, e insieme,tali affermazioni testimoniano che nella liturgia bizantina cele-brata accanto alle immagini si intuisce una profondit della conos-cenza nella percezione diretta prima di ogni conoscenza con-cettuale. Immersi nel rito liturgico, i sensi del corpo funzionanocome antipredicativi della consapevolezza, e nello stesso tempocontribuiscono a una conoscenza silenziosa40, a una compren-sione diretta della realt.

    Limmagine sempre collegata al corpo e in nessun modopu essere separata dalla corporeit. In questo senso la rappre-sentazione diventa presentazione viva che sfugge a ogni determina-zione unilaterale riduzionista41. Nellottica del linguaggio religiosoliturgico limmagine cristiana rappresenta quindi la riduzione delmondo alla propria percezione, la concentrazione dei sensi in ununico centro estetico, in un beato rapimento davanti alle tenta-zioni rumorose del mondo. questo il modo in cui vari teologi

    37 Si veda K.R. Livingston, Religious Practice, Brain, and Belief, in Journal ofCognition and Culture, 5 (2005), pp. 75-117.

    38 Si veda V.V. Byckov, Lestetica bizantina. Problemi teorici, Galatina, Con-gedo, 1983, pp. 128-139.

    39 Pavel A. Florenskij, La colonna e il fondamento della verit, San PaoloEdizioni, 2010, p. 13: [] c un solo metodo per chi desidera capire lorto-dossia: lesperienza ortodossa diretta [].

    40 Cf. J.Y. Lacoste, La connaissance silencieuse. Des vidences antprdica-tives une critique de lapophase, in Laval thologique et philosophique, 58(2002), pp. 137-153.

    41 Si veda J.J. Wunenburger, Filosofia imaginilor, Ia[i, Polirom, 2004, p. 32.

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    concepivano lesperienza di contemplare le icone: un digiuno congli occhi42.

    Nella liturgia, licona offre loccasione di uscire dagli schemi men-tali e nello stesso modo indica un via da percorrere. Lungi da essereunimmagine statica, nel dinamismo liturgico licona interpella lacorporeit e si configura quale movente della sensibilit. Il postofisico dedicato allimmagine cristiana e le condizioni in cui la mede-sima stimola la sensibilit umana viene accentuato da Florenskijcon queste parole: [] il modo in cui [licona] illuminata contaeccome; e, certo, affinch licona abbia una propria vita artisticalilluminazione devessere la stessa per cui essa stata intesa edipinta. Non deve essere, dunque, la luce diffusa della bottega di unpittore o della sala di un Museo, ma la luce discontinua, irregolare,ondeggiante, per non dire vacillante, della lampada votiva che hadavanti. Concepita per la luce flebile di una fiamma tremolantescossa da ogni alito di vento e tenendo conto a priori degli effetticreati dai riflessi cromatici dei fasci di luce che attraversano levetrate colorate e talvolta sfaccettate, licona pu essere contem-plata in quanto tale solo in questo fluire, solo in questo tremolare diluce che spezza, di luce discontinua, quasi pulsante, ricca di caldi raggiprismatici, di luce che tutti percepiscono come viva, in grado discaldare lanima e di emanare una calda fragranza. [] lelemen-tarit dellicona, i suoi colori spesso e talvolta fin troppo vividi, la sua saturazione, la sua ostentazione derivano dal calcoloacutissimo degli effetti di luce in una chiesa. L, nel tempio, tantaesasperazione si stempera e acquista una forza che i normali pro-cedimenti figurativi non riescono a raggiungere; e allora, nella lucedella chiesa, nel volto dei santi cogliamo il sembiante, limmagineceleste, il vivo manifestarsi di un altro mondo []43.

    42 Si veda Uspenskij, La teologia dellicona. Iconografia e storia, La Casa diMatriona, 1995, p. 127; P. Evdokimov, Teologia della bellezza, Ed. Paoline, Roma,1971, p. 189; O. Clment, Trupul mor]ii [i al slavei, Editura Christiana, Bucure[ti,1996, p. 55.

    43 P.A. Florenskij, Bellezza e Liturgia, Scritti su cristianesimo e cultura, cap.:Il rito come sintesi delle arti, trad. di Claudia Zonghetti, Mondadori, Milano,2010, pp. 33-34.

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    In questa dialettica liturgica il corpo da vita alle immagini ericostruisce costantemente limmagine in una poetica dellimma-ginario44. Riveste una particolare importanza il fatto che nella ritua-lit liturgica, per una percezione autentica dellicona decisivo ilricorso a una vera phantasia. Questultima invece, non deve essereintesa come unastrazione o creazione di fantascienza, bens comeuna comprensione visiva che mette insieme la sensibilit naturalee la dimensione mentale delluomo45.

    La visione bizantina insegna che il rito cristiano non un oggettoarbitrario che si pu comprendere intellettualmente. Svolta in presenzadelle immagini, la liturgia si manifesta invece nellesperienza di-retta ed fatta per la meraviglia e per lammirazione. Essa figliadellemozione, dello stupore e di un tipo di conoscenza profonda,quasi inconscia. Alla luce di tutte queste considerazioni, diventachiaro che la liturgia si deve comprendere attraverso il corpo cheha i propri strumenti di comunicazione. Perci, si pu dire che nelrito religioso le stesse idee in quanto vissute si formano a partiredallesperienza fisica, proprio come si fa di fronte ad unoperadarte.

    Larte cristiana possiede per antonomasia questo carattere litur-gico. Essa sempre stata chiamata a servire la liturgia nel com-piere attraverso il rito la santificazione del creato. Licona qualemanifestazione diretta dellarte cristiana ha quindi un posto cen-trale nellazione liturgica e, attivando la sensibilit corporea nutre ilsentimento religioso pi profondo. Il fatto che larte abbia unim-portante funzione rituale testimoniato con grande forza nellor-todossia: La liturgia ci insegna oggi pi che ieri che larte si de-compone non perch figlia del suo secolo o perch pecca-trice, ma perch demoniaca nella sua rinunzia alla sua funzionesacerdotale, nel suo rifiuto satanico ad adempiere il sacramento,ad essere arte teofanica46.

    44 Cf. G. Bachelard, La potique de la rverie, Paris, Presses Universitaires deFrance, 1960, pp. 163-167.

    45 Si veda per esempio L. James, Art and Lies. Text, Image and Imaginationin the Medieval World, in Image and World: The Power of Image in Bizantium,ed. by A. Eastmond, L. James, Butlington, Ashgate, 2003, pp. 59-71.

    46 Paul Evdokimov, Lortodossia, con prefazione di Olivier Clment e introdu-zione di Emmanuele Lanne, dell'editore Edizioni Dehoniane, Bologna, 1965, p. 337.

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    Da precisare che nella mentalit ortodossa larte sacra non unaccettazione passiva, estatica, una paralisi come spesso si pensama un invito che implica una dimensione volitiva e performativa delcorpo47. Tutti i sensi umani sono invitati a partecipare e luomointero, mente e corpo e chiamato a imitare i gesti di preghiera deipersonaggi raffigurati nelle icone che adornano le chiese di tra-dizione bizantina48. Durante il rito si ha a che fare con una contem-plazione attiva che coinvolge tutti i sensi e tutte le dimensionimentali delluomo.

    Usando le icone nel rito, la liturgia ortodossa ha una formulagenerale molto precisa: nellinterpellare la sensibilit umana, dauna parte orienta la preghiera e dallaltra lascia spazio alla libertdellespressione del corpo. In questo senso la regola liturgica sirende simile a quella artistica, perch in essa si riuniscono una tra-dizione dellesperienza passata e un sottile movimento di libert.Larte liturgica orientale si configura come un binomio: accantoalla tradizione intesa come corpo canonico da mantenere e daseguire nascono fini movenze despressione. Lomogeneit dellatradizione e la complessit dei particolari sincontrano perci nelrito come in una vera sintesi delle arti49.

    5. Il rito: collegamento tra immagini, percezioni e gesti

    Luniversalit del fenomeno rituale viene presentata dalla feno-menologia religiosa come trasformazione simbolica di esperienzeumane fondamentali. Negli intrecci del linguaggio simbolico cele-brativo, il percepire e lagire corporeo sono in grado di mostrarecome lesperienza del sacro si offra nella liturgia in modo rituale50.Concentrando lattenzione sul corpo quale veicolo privilegiato della

    47 Cf. M.A. Panayotis, Esthtique de lart byzantin, Flammarios, Paris, 1959,pp. 122-125.

    48 J. Dubuc, Il linguaggio del corpo nella liturgia, Cinisello Balsamo, EdizioniPaoline, 1989, p. 28: [] non esistono esperienze ed espressioni dellamore senzauna partecipazione del corpo. Non si possono incontrare gli altri e Dio che si trovain mezzo ad essi senza passare attraverso il corpo. [] Questa presenza si rivelaattraverso lattegiamento generale del corpo, attraverso la qualit dei suoi gesti.

    49 P. Florenskij, Il rito come sintesi delle arti, p. 35.50 Cf. C. Rocchetta, Per una teologia della corporeit, Edizioni Camilliane, To-

    rino, 1990, pp. 94-95.

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    comunicazione umana si scopre che il rito come latmosfera na-turale in cui il corpo celebrante trova il suo giusto respiro. Leffettodella ritualit corporea quello di conferire una dimensione direalt al mondo, di percepire il sacro nellesperienza di limite ra-dicale e di orientarsi alla comunicazione simbolica con esso51.

    Prendendo di mira luomo nella sua integrit mente-corpo,la liturgia bizantina offre unarmonica connessione tra stimoli divari tipi, percezioni immediate e gesti rituali nati dalle stesse per-cezioni. Gli studiosi, mentre spiegano limportanza di tali collega-menti evidenziano che in una prospettiva complessa e completadel rito si debba accettare dentro la medesima ritualit una logicainterazionale pi che una logica informazionale52. Alla luce diquesta tesi il rito non una somma di significati trasmessi diretta-mente attraverso vari segni ma un insieme di articolazioni che cos-tituiscono un significato53. Le unit cultuali presenti nella liturgiabizantina sono in realt combinazioni di pi codici che apparen-temente trasmettono la stessa cosa e con-fondono le loro funzioni inmodo sincronico. I vari tipi di codici simbolici attivi nella liturgiausano quindi degli schemi circolari retroattivi, con interconne-ssioni multiple, orchestrate in una comunicazione ecologica54.

    Tradotto in linguaggio teologico lintero discorso centratosulluomo e sulle sue percezioni liturgiche. La celebrazione larealt in cui si entra con i sensi desti e con lanima aperta, comediceva Guardini, nel mistero del Dio fatto uomo. Infatti, colui che si fatto uomo per la salvezza di tutti viene lodato in un ambito litur-gico che coinvolge tutto il corpo, tutti i sensi55. La partecipazione

    51 Si veda in questo senso A. Ashwin, Spirituality and Corporate Worship Separated Words or Vitally Connected, in Worship, 75 (2001), pp. 106-129.

    52 Si veda in questo senso L.M. Chauvet, La liturgie dans son espace symbo-lique, in Concilium, 259 (1995), pp. 49-61.

    53 Cf. L.W. Barsalou, A.K. Barbey, W.S. Simmons, A. Santos, Embodiment inReligious Knowledge, in Journal of Cognition and Culture, 5, 1-2, (2005), pp.14-57; e anche R. Tagliaferri, Un ministero impertinente nella liturgia: il foto-grafo, in Liturgia e immagine, p. 301: Il rito un insieme di codici moltocomplesso e delicato che funziona in modo sinergico e simbolico nel senso chedestabilizza i normali processi mentali e apre mondi nuovi.

    54 Cf. G. Bateson, Verso unecologia della mente, Milano, Adelphi, 1976, p. 423.55 Cf. P. Tomatis, Tatto, gusto, olfatto: i codici dellincontro, in Celebrare il

    mistero di Cristo, III, pp. 595-627.

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    sensibile al rito ricordata anche negli inni liturgici, con una parti-colare attenzione alla purificazione dei sensi in vista di un giustorapportarsi alla liturgia56. Lesigenza estetica di uno spazio, di uncanto, di parole e immagini, di uno stile che si addica alla bellezza diDio non costituisce dunque una dimensione superflua e ornamen-tale della liturgia, un di pi che aiuta a celebrare meglio, ma faparte della stessa forma attraverso cui il rito si dona. Nella liturgianon si tratta semplicemente di vedere o ascoltare qualcosa di bello;la celebrazione uno spazio in cui entrare, muoversi, respirare, con-templare e toccare costituisce lanima del culto57. Florenskij de-finisce come vere arti tutte le azioni liturgiche legate direttamente aisensi58 ed forse lunico che riesce a descriverle tutte in una ma-niera straordinaria, collegandole allinterno della stessa celebrazione:[] dallarte del fuoco parte necessaria nella sintesi del rito li-turgico passiamo allarte del fumo, senza la quale, di nuovo, talesintesi non pu esistere. C forse bisogno di dimostrare che lalievissima cortina azzurra dellincenso dissolta nellaria dona allacontemplazione delle icone e degli affreschi una prospettiva aerea[] delicata e profonda []. E c forse bisogno di ricordare chetale atmosfera in continuo movimento, unatmosfera materializzata,unatmosfera visibile a occhio nudo che una sorta di corpusco-larit finissima, porta allaffresco e allicona conquiste nuovissimenellarte dellaria, le quali tuttavia sono nuove solo per lartelaica isolata e astratta, mentre non lo sono affatto per larte sacra,dove sono tenute in conto a priori dai creatori e, di conseguenza,senza le quali le loro opere no potrebbero che risultare snaturate?

    56 Giovanni Damasceno, Canone. Poema, Ode 1, Tropario dellOrthros dellaSanta e Grande Domenica di Pasqua, in Anthologhion, III, p. 155: Purifi-chiamo i sensi, e vedremo il Cristo sfolgorante dallinaccessibile luce della risurre-zione, lo udremo chiaramente dire: Gioite! e canteremmo linno di vittoria.

    57 Si veda anche Mazzocchi, Corpo celebrante: la liturgia come azione e per-cezione, in Celebrare il mistero di Cristo, III, pp. 13-54.

    58 Paul Florenskij, Il rito come sintesi delle arti, p. 36: [] arti che parte-cipano del rito forese in maniera apparentemente sussidiaria, ma che in realt,sono quanto mai sostanziali alla struttura del medesimo quale integrit artistica,arti dimenticate o quasi dalla modernit: larte del fuoco, larte dei profumi, lartedel fumo, larte delle vesti eccetera, eccezionalmente fino allarte delle ostie uniche al mondo del Monastero della Trinit, con il misterioso segreto della lorocottura, o fino alla particolare coreografia dei movimenti cadenzati e regolaridegli ingressi e delle uscite degli officianti, nel levarsi e nellabbassarsi dei volti,nei giri attorno allaltare e alla chiesa stessa durante le processioni.

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    [] In sostanza, in una chiesa tutto si compenetra: larchitettura peresempio, tine conto anche di un effetto minimo come pu essereanche quello della voluta di incenso azzurro che sale lungo gliaffreschi e attorno ai pilastri della cupola, che con il suo movimentoamplifica allinfinito, o quasi, gli spazzi architettonici della chiesa,smorza linee asciutte e dure e le scioglie, o quasi, conferendoloro movimento e vita. [] i movimenti ritmici e plastici degli offi-cianti durante lincensazione, per esempio , il gioco di luci ecolori delle pieghe dei tessuti preziosi, i profumi, latmosfera per-meata di luci particolari, ionizzata da migliaia de fiammelle cheardono; e ricordiamo anche che la sintesi del rito liturgico non silimita alla sola sfera delle arti figurative, ma attira nel proprio am-bito anche larte vocale e la poesia e poesia di ogni tipo, giacchsul piano estetico la liturgia un dramma in musica. Tutto vi subordinato a un unico scopo, alleffetto supremo della catarsi diquesto dramma musicale, e perci tutte le cose reciprocamentesubordinate se prese singolarmente non esistono, o esistono inmodo errato. [] Anche dettagli come lo sfiorare specificamentediverse superfici e oggetti sacri di materiale diverso icone unte eimpregnate del sacro miron, profumi e incensi , e lo sfiorarle per dipi con le parti pi sensibili del nostro corpo le labbra parte-cipano del rito in quanto tale, quale arte particolare, quale partico-lare sfera artistica: come arte del tatto, per esempio, dellodorato evia dicendo59.

    Attraverso i sensi, il corpo umano nella liturgia si rende apertonello stesso tempo allinvocazione e allaccoglienza attiva della sal-vezza che qualifica lazione rituale non come semplice cerimoniarappresentativa di ci che non pu essere sperimentato diretta-mente, ma come scambio autenticamente vitale60. solo attraverso isensi che il corpo pu essere genuinamente attivo nella celebra-zione liturgica61 perch fatto per essere coinvolto dallalterit, ori-ginariamente strutturato per vivere una reciprocit mai sospesa emai definitivamente conclusa62.

    59 Ibidem, pp. 34-36.60 Si veda A.N. Terrin, Il simbolo nella scienza delle religioni, in Rivista Li-

    turgica, 67 (1980), pp. 376-377.61 Si veda in questo senso J.L. Barrett, How Ordinary Cognition Informs

    Petitionary Prayer, in Journal of Cognition and Culture, 1, 3 (2001), pp. 259-269.62 Cf. S. Marsili, La chiesa locale comunit di culto, in Rivista Liturgica, 59

    (1972), pp. 42-43.