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1 notes n. 8/2018 Non a n a n a n a n abbiate p e p e p e p e paura di ura di ura di ura di ura di sognare cose grandi sognare cose grandi sognare cose grandi sognare cose grandi sognare cose grandi La s a s a s a s a scuo uo uo uo uola a a a a che v e v e v e v e ver er er er errà Poste Italiane S. P. A. Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/04 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB - Roma Direttore: Giuseppe Desideri - Direttore responsabile: Mariella Cagnetta Reg. Tribunale di Roma n. 8617 del 1962 - Quota annua di abbonamento euro 11,00 C. C. P. n. 37611001 Direzione - Redazione - Amministrazione - Stampa Clivo di Monte del Gallo, 48 00165 Roma Tel. 06634651-2 Fax 0639375903 [email protected] aprile 2018 I n questo numero 8 n. P roponiamo in apertu- ra di questo numero di Notes la relazione introduttiva che il card. Gualtiero Bassetti, presidente del- la CEI, ha tenuto all’avvio del Convegno nazionale dei direttori degli Uffici diocesani e regionali di Pastorale della scuola e per l’Irc, sul tema: “Non abbiate paura di sognare cose grandi. La Chiesa per la scuola, guardando al Sinodo 2018”, che si è svolto a Roma dal 16 al 18 aprile 2018. L’incontro – di cui abbiamo già dato notizia nel precedente numero di Notes e a cui hanno partecipato il presidente e l’assi- stente nazionale dell’AIMC – è sta- to aperto dal presidente della CEI che, partendo dalla domanda: “Che cosa vuol dire sognare in grande?”, ha posto l’accento in- nanzitutto sulla fondamentale funzione sociale della scuola al- l’interno della comunità; in secon- do luogo, ha lanciato un messag- gio di incoraggiamento a tutti coloro che vivono nelle strutture educative, gli operatori scolastici e, infine, ha delineato le sfide del- la scuola di oggi. Parole chiare molto significative e appellanti in special modo per noi “cittadini” della scuola, che ci piace socializ- zare per offrire l’opportunità a quanti non padroneggiano i new media e l’uso di internet di farne strumento di conoscenza e rifles- sione. A seguire riportiamo l’inter- vento che il presidente nazionale ha tenuto durante l’assemblea nazionale sulla scuola, organiz- zata da FLC CGIL e dall’associa- zione professionale Proteo Fare Sapere dal titolo “La scuola che verrà” (21 e il 22 marzo u. s.) che ha coinvolto pedagogisti, giuristi e insegnanti per discutere della scuola che vogliamo per il Paese. L’iniziativa è stata collocata in un momento particolare della vita politica e sociale del Paese: all’indo- mani delle elezioni politiche e dopo svolgimento delle elezioni delle RSU della scuola e di tutti i lavoratori della conoscenza e del pubblico im- piego dell'Italia. È emerso forte il messaggio che occorre ridare protagonismo al mondo della scuola con lungimi- ranza e coraggio. Un sogno a oc- chi aperti che, anche il presidente dell’AIMC, ha indicato in modo chiaro e inequivocabile. Chiude il lancio della Conferen- za nazionale del 19-20 maggio p. v.

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NNNNNooooon an an an an abbbbbbbbbbiiiiiaaaaattttte pe pe pe pe paaaaaura diura diura diura diura disognare cose grandisognare cose grandisognare cose grandisognare cose grandisognare cose grandi

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Direttore: Giuseppe Desideri - Direttore responsabile: Mariella CagnettaReg. Tribunale di Roma n. 8617 del 1962 - Quota annua di abbonamento euro 11,00 C. C. P. n. 37611001

Direzione - Redazione - Amministrazione - Stampa Clivo di Monte del Gallo, 48 00165 RomaTel. 06634651-2 Fax 0639375903 [email protected]

aprile

2018

In questo numero

8n.

P roponiamo in apertu-ra di questo numero di Notes larelazione introduttiva che il card.Gualtiero Bassetti, presidente del-la CEI, ha tenuto all’avvio delConvegno nazionale dei direttoridegli Uffici diocesani e regionali diPastorale della scuola e per l’Irc,sul tema: “Non abbiate paura disognare cose grandi. La Chiesa perla scuola, guardando al Sinodo2018”, che si è svolto a Roma dal16 al 18 aprile 2018.

L’incontro – di cui abbiamogià dato notizia nel precedentenumero di Notes e a cui hannopartecipato il presidente e l’assi-stente nazionale dell’AIMC – è sta-to aperto dal presidente della CEIche, partendo dalla domanda:“Che cosa vuol dire sognare ingrande?”, ha posto l’accento in-nanzitutto sulla fondamentalefunzione sociale della scuola al-l’interno della comunità; in secon-do luogo, ha lanciato un messag-gio di incoraggiamento a tutticoloro che vivono nelle struttureeducative, gli operatori scolastici

e, infine, ha delineato le sfide del-la scuola di oggi. Parole chiaremolto significative e appellanti inspecial modo per noi “cittadini”della scuola, che ci piace socializ-zare per offrire l’opportunità aquanti non padroneggiano i newmedia e l’uso di internet di farnestrumento di conoscenza e rifles-sione.

A seguire riportiamo l’inter-vento che il presidente nazionaleha tenuto durante l’assembleanazionale sulla scuola, organiz-zata da FLC CGIL e dall’associa-zione professionale Proteo FareSapere dal titolo “La scuola cheverrà” (21 e il 22 marzo u. s.) cheha coinvolto pedagogisti, giuristi

e insegnanti per discutere dellascuola che vogliamo per il Paese.

L’iniziativa è stata collocata inun momento particolare della vitapolitica e sociale del Paese: all’indo-mani delle elezioni politiche e doposvolgimento delle elezioni delle RSUdella scuola e di tutti i lavoratoridella conoscenza e del pubblico im-piego dell'Italia.

È emerso forte il messaggio cheoccorre ridare protagonismo almondo della scuola con lungimi-ranza e coraggio. Un sogno a oc-chi aperti che, anche il presidentedell’AIMC, ha indicato in modochiaro e inequivocabile.

Chiude il lancio della Conferen-za nazionale del 19-20 maggio p. v.

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Carissimi amici e amiche,buon pomeriggio a tutti e grazie di essere qui.Il mio grazie, oltre che ad ognuno di voi, va a

coloro che hanno voluto e organizzato questo in-contro, in particolare alla professoressa MariapiaVeladiano e alla professoressa Maria Rita Pitoni, chedirige la scuola di Amatrice: un luogo profonda-mente ferito e colpito al cuore – che ho avuto oc-casione di visitare – e che, nonostante le difficoltàe le sofferenze, riesce a testimoniare che la vita èpiù forte di tutto.

Il tema di questo convegno riprende le paroleche papa Francesco ha rivolto ai giovani in diversimomenti, fin dall’inizio del suo pontificato cinqueanni fa: «Non abbiate paura di sognare cose gran-di!». E a me sembra quanto mai appropriata la sceltadi applicare questo invito alla scuola, dove incon-triamo proprio quei giovani ai quali si rivolge ilPapa.

Che cosa vuol dire sognare in grande? A mioavviso, significa essenzialmente tre cose: innanzi-tutto, avere il coraggio della libertà; in secondo luo-go, avere il coraggio della responsabilità; e infineavere il coraggio di pensare senza schemi ideologicio preconcetti culturali. Perché è nel pensiero liberoe responsabile che si ha il potere di immaginare unarealtà diversa e – come disse Francesco Gesualdi,un allievo di don Milani – di costruire una scuola “discienza e di lingua, di pensiero e di vita” che sia ca-pace di interpretare e “capire la realtà”.

Queste parole mi permettono di introdurrequesto mio breve saluto che si articolerà attorno atre spunti di riflessioni. Innanzitutto, sottolineare

UUUUUFFIFFIFFIFFIFFICICICICICIOOOOO NNNNNAZIAZIAZIAZIAZIOOOOONNNNNALEALEALEALEALE PPPPPERERERERER LLLLL’’’’’EDEDEDEDEDUCAZIUCAZIUCAZIUCAZIUCAZIOOOOONENENENENE, , , , , LLLLLAAAAA SCUOSCUOSCUOSCUOSCUOLLLLLAAAAA EEEEE LLLLL’’’’’UNIVERSUNIVERSUNIVERSUNIVERSUNIVERSITITITITITÀÀÀÀÀ

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“““““NNNNNooooon an an an an abbbbbbbbbbiiiiiaaaaattttte pe pe pe pe paaaaaura di sura di sura di sura di sura di sogogogogognananananarrrrre cose cose cose cose cose ge ge ge ge grararararannnnndididididi”””””.....LLLLLa Ca Ca Ca Ca Chieshieshieshieshiesa pa pa pa pa per ler ler ler ler la sa sa sa sa scccccuououououollllla, gua, gua, gua, gua, guaaaaarrrrrdddddaaaaannnnndo ado ado ado ado al Sl Sl Sl Sl Sinininininooooodo 2018do 2018do 2018do 2018do 2018

Il Convegno nazionale dei direttori degli Uffici diocesani e regionali di Pastorale della scuola e per l’IRC(Roma, 16-18 aprile u. s.) è stato aperto dalla relazione del card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI,che si è rivolto specificatamente ai “cittadini” della scuola per suscitare pensiero libero e responsabile ecostruire una scuola capace di interpretare e “capire la realtà”.

Di seguito, proponiamo il testo completo dell’intervento del Card. Bassetti per farne oggetto di riflessivi-tà personale e condivisa. Gli altri interessanti interventi e tutta la documentazione relativa al convegnosono reperibili sul sito della CEI.

la fondamentale funzione sociale della scuola all’in-terno della comunità. In secondo luogo, lanciareun messaggio di incoraggiamento a tutti coloro chevivono nelle strutture educative e che a me piacechiamare i “cittadini” della scuola. E infine, deline-are le sfide della scuola di oggi.

La funzione sociale della scuolaLa funzione sociale della scuolaLa funzione sociale della scuolaLa funzione sociale della scuolaLa funzione sociale della scuolaParto dal primo punto: sottolineare che la scuo-

la svolge una funzione fondamentale all’internodella comunità significa che la scuola è, senza dub-bio, uno dei centri propulsori della nostra società.

D’altra parte i numeri sono impressionanti: 9milioni di alunni; 900 mila insegnanti; ogni perso-na ci trascorre dentro dai 10 ai 16 anni. I numerida soli, però, non ci dicono tutto. Ci forniscono

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solo una prima fotogra-fia. Dobbiamo andare piùin profondità. Dobbia-mo, cioè, avere la pienaconsapevolezza della suamissione sociale.

L’ho già detto in piùoccasioni e lo voglio riba-dire ancora oggi, pren-dendo a prestito le paro-le di don Milani: “Lascuola mi è sacra comeun ottavo comandamen-to”. La sua funzione, cioè,non può essere ridotta aduna visione aziendalisti-ca – tutta basata sull’effi-cienza, sui risultati raggiunti e sugli studenti con-siderati alla stregua dei clienti – o ad una visioneburocratica, in cui le procedure soffocano la liber-tà e la capacità delle singole persone.

La scuola è sacra, dunque, per tre motivi: inprimo luogo, perché ha il compito di trasmettere lacultura e il sapere di una comunità, di una nazio-ne, di una civiltà di “generazione in generazione”;in secondo luogo, perché vive in strettissimo rap-porto con le famiglie, stipulando con loro un’alle-anza educativa che, non mi stancherò mai di sot-tolinearlo, rappresenta il cuore pulsante della so-cietà attuale e di quella futura; infine, perché met-te al centro della sua azione la dignità della perso-na umana: dello studente, del professore e di tuttigli operatori scolastici. Partendo sempre dal piùdebole: ovvero il povero, il disabile, il forestiero, ilprecario, il pendolare. Tutti uniti alla ricerca delvero, del bello e del futuro, per la promozione e losviluppo della dignità umana.

MMMMMesesesesessssssaaaaaggggggggggio aio aio aio aio ai “i “i “i “i “cicicicicittttttttttadiniadiniadiniadiniadini” de” de” de” de” delllllllllla sa sa sa sa scccccuououououolllllaaaaaA questi “cittadini della scuola”, e vengo al se-

condo punto, vorrei dare alcune parole di incorag-giamento. Partendo dai principali protagonisti a cuiè rivolta la scuola: ovvero gli alunni. Francesco,nella grande giornata dedicata a “La Chiesa per lascuola” il 10 maggio 2014, ha impostato il suo di-scorso sull’amore e ha detto: «Noi siamo qui per-ché amiamo la scuola. E dico “noi” perché io amola scuola, io l’ho amata da alunno, da studente e dainsegnante. E poi da Vescovo».

Quanti di noi possono ripetere queste parole?Quanti di noi hanno amato e amano la scuola?

Eppure è a scuola che abbiamo fatto tante espe-rienze importanti per la nostra vita. Ecco perché aigiovani vorrei dire di amare la scuola, amarla an-che quando non corrisponde ai propri desideri esoprattutto di darsi da fare perché possa migliora-re: con il dialogo, la pazienza, l’impegno di tutti.

Ai genitori vorrei dire ugualmente di avere fi-ducia nella scuola. È sempre più comune dire cheoggi si è rotto il patto educativo tra scuola e fami-glia, è finita quella fiducia che faceva lasciare i pro-pri figli nelle mani degli insegnanti con la certezzache gli insegnanti avrebbero dato loro il meglio.Ed è vero: oggi si è insinuata una cultura del so-spetto anche nella scuola; tanti episodi indubbia-mente lo giustificano. Nonostante ciò, la scuolarimane sempre un luogo di accoglienza e di cresci-ta insieme, una comunità in cui tutti devono po-tersi confrontare con franchezza e con fiducia re-ciproca.

Indubbiamente ci sono dei problemi nella scuo-la: sia dal punto di visto didatticoorganizzativo cheda quello comportamentale e umano. A volte ci sonodegli episodi molto gravi che bisogna denunciaresenza paura e affrontarli seriamente e con decisio-ne. Non bisogna però generalizzare: ci sono tantescuole che vanno avanti senza fare notizia, tanti ra-gazzi e famiglie che trovano nella scuola la soddi-sfazione alle proprie attese educative e, soprattutto,tanti insegnanti appassionati del loro lavoro che, no-nostante le poche gratificazioni, vivono la scuola conuno spirito di missione veramente unico.

Proprio a loro, agli insegnanti vorrei dedicare ilmio più vigoroso messaggio d’incoraggiamento. Ilmestiere dell’insegnante è indubbiamente faticoso

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e talvolta capita di non trovare la soddisfazione de-siderata. Tuttavia, sono fermamente convinto chequello dell’insegnante, come di ogni educatore, ri-mane uno dei lavori più belli del mondo: ogni giornoa contatto con giovani studenti che necessitano diun aiuto, non tanto per imparare una nuova no-zione, ma per costruire la propria vita. L’educazio-ne è una scommessa con la libertà umana: con irischi, le sconfitte e i successi propri della libertà.Con il mutare dei tempi, entrano in crisi e cambia-no i modelli di scuola, ma il rapporto tra allievo emaestro non può essere eliminato: è assolutamen-te centrale.

È soprattutto nei momenti di sconforto – chesicuramente non mancano – che bisogna tornarea porsi le domande fondamentali, tornare a riflet-tere sul senso del fare scuola, dell’essere insegnan-ti. Perché non saranno le tecnologie, né le riformedi sistema, né le nuove metodologie a salvare lascuola. La scuolasarà salvata soltantoda insegnanti moti-vati e consapevoli delloro ruolo di educa-tori, al servizio deglialunni più che delleloro materie. Per que-sto – lasciatemi ag-giungere – una socie-tà che non riconosceun’elevata dignità so-ciale all’educatore èuna società estrema-mente autolesionista e con scarse risorse di uma-nità. In definitiva, una società che non ha futuro!

Parlando agli insegnanti vorrei infine aggiun-gere qualche parola per gli insegnanti di religione.Alle difficoltà comuni della professione insegnan-te essi aggiungono quelle di una disciplina “diver-sa”, ritenuta debole, spesso oggetto di polemichepretestuose o strumentali. La forza degli insegnantidi religione sta nella relazione umana che essi in-staurano con i loro alunni. Molte ricerche ci dico-no che gli insegnanti di religione sono in larga mag-gioranza soddisfatti del loro lavoro, hanno buonirapporti con il mondo della scuola e sono general-mente molto apprezzati dai loro alunni. A tutti loroposso dire di continuare su questa strada, senzapaura, con coraggio e senza sentirsi docenti mar-ginali ma, al contrario, di sentirsi orgogliosi per ilprezioso servizio che svolgono alla società e alla

scuola. E in questo lavoro devono poter contaresul sostegno degli uffici diocesani (mi rivolgo oraai tanti responsabili presenti in sala), che devonocostituire con questi insegnanti una vera comuni-tà, basata sulla reciproca stima e fiducia.

La sfida di oggi: una nuova primavera per laLa sfida di oggi: una nuova primavera per laLa sfida di oggi: una nuova primavera per laLa sfida di oggi: una nuova primavera per laLa sfida di oggi: una nuova primavera per lascuolascuolascuolascuolascuola

La “sacralità” della scuola e l’importanza di tut-ti i ruoli all’interno delle strutture educative sonole due condizioni fondamentali per affrontare lesfide attuali. Gli episodi di bullismo – nei confrontisia degli studenti che dei docenti – delineano unorizzonte cupo non solo della scuola ma della so-cietà occidentale. Sembra che in ogni luogo ci siaun’avanzata inesorabile di uno stile di vita nichili-sta che appiattisce tutto e toglie di significato adogni realtà sociale. Bisogna dare una risposta alta aquesta deriva sociale e culturale, dando un senso

alla vita che svolgiamoe alle istituzioni che vi-viamo.

Per questo penso,che la prima sfida perla scuola di oggi con-siste nel tornare a ri-pensare la scuola. Lascuola non può limi-tarsi a fornire solo“istruzioni per l’uso”,ovvero una serie di co-noscenze tecniche par-ticolari slegate da una

visione d’insieme. Il mio invito vorrebbe dunqueessere quello di tornare spesso a interrogarsi sulsignificato della scuola, sulle sue finalità più pro-fonde, e di conseguenza interrogarci sul contribu-to che possiamo dare – ognuno nel proprio ruolospecifico – alla sua crescita. Che è poi il modo mi-gliore per fare pastorale scolastica.

La scuola è la più grande agenzia educativa delmondo contemporaneo e dunque non può esserepensata distrattamente, ma merita di avere la mas-sima attenzione da parte di tutti: non solo per de-nunciare ogni volta ciò che non funziona, ma periniziare a costruire il futuro. La scuola quindi deveessere pensata e ripensata nel suo essere un siste-ma complesso e dilatato sull’intero Paese.

Dobbiamo allora non farci dettare l’agenda dalpiccolo cabotaggio degli interventi occasionali, de-gli interessi corporativi, dei ritocchi spacciati per

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riforme epocali. La scuola vale in quanto scuola, inquanto luogo educativo per eccellenza, in quantobene comune per tutta la società.

Qualche settimana fa, concludendo i lavori delConsiglio permanente della CEI, ho usato l’imma-gine dell’inverno per segnalare alcuni elementi checaratterizzano il momento presente, come il disa-gio diffuso, la paura del diverso, la disaffezione perla ricerca del bene comune. La stessa metafora èusata anche per indicare l’impressionante invec-chiamento del nostro Paese e per sottolineare lacrisi delle tradizionali realtà educative. Secondo al-cuni, infatti, stiamo vivendo un “inverno educati-

vo”. Sono tutti aspetti diversi di quella che è la po-vertà più preoccupante della nostra società: la po-vertà di speranza. È questa che fa rinunciare a so-gnare e ad educare. Lo constatate anche voi. Vaperò aggiunto che se c’è un luogo in cui la prima-vera si può intravvedere e perfino aiutare a germo-gliare, quel luogo è la scuola.

Ecco la seconda sfida per la scuola: far sorgereuna nuova primavera per la scuola. Una primave-ra che sorga dal basso delle aule e non dall’alto diqualche stanza ministeriale. Una nuova primaverache si fondi sulla valorizzazione dei tanti, tantissi-mi, talenti inespressi dei nostri ragazzi e dei nostridocenti. Talenti preziosissimi ma sciupati: non con-

siderati, non riconosciuti e in definitiva confinatiai margini della nostra società.

È questo il mio sogno più grande, che vado ri-petendo da tempo. Occorre valorizzare i talenti chevivono la scuola. E questo può essere fatto, a mioavviso, solo da chi vive le strutture educative, dai“cittadini della scuola”. Mi rivolgo perciò a tutti glioperatori scolastici: voi scorgete prima di tutti i se-gni della primavera. Li vedete ogni volta che fateemergere le migliori risorse delle persone, che riu-scite ad andare oltre le maschere che non solo igiovani ma anche tanti adulti indossano. Ogni vol-ta che aiutate coloro che stanno crescendo ad ac-

quistare fiducia in se stessi e negli altri.Voi dunque potere far nascere dal basso una

nuova primavera della scuola che può sorgere at-torno a tre concetti: libertà di pensiero, libertà edu-cativa, valorizzazione dei talenti.

E proprio per questo, vorrei concludere con unagrande esortazione di speranza che vale per tuttele componenti della scuola. Cari amici, nella scuo-la c’è il nostro presente, in cui si trasmette il passa-to, per costruire il futuro.

Per questo motivo, come ha detto Francesco,“non lasciamoci rubare l’amore per la scuola”.

Roma, 16 aprile 2018

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La scuola che “vorrei”La scuola che “vorrei”La scuola che “vorrei”La scuola che “vorrei”La scuola che “vorrei”Giuseppe Desideri, presidente nazionale AIMC

Siamo tutti consapevoli che la scuola che verràpotrà essere molto distante dalla scuola che cia-scuno di noi vorrebbe.

In questo mio intervento sognerò insieme a voiquello che mi piacerebbe potesse diventare la scuoladella nostra Repubblica. Una scuola che prima ditutto dovrebbe cambiare una serie di rapporti.

Il primo è il rapporto con la RepubblicaIl primo è il rapporto con la RepubblicaIl primo è il rapporto con la RepubblicaIl primo è il rapporto con la RepubblicaIl primo è il rapporto con la Repubblica, nelsenso che la scuola di domani dovrebbe uscire dal-lo schema che l’ha caratterizzata negli ultimi de-cenni, cioè da una politica scolastica fondata sul“meglio di niente”, nel senso che ogni proposta cheil mondo politico ha fatto alla scuola è sempre sta-ta al ribasso, un atteggiamento che la scuola nonmerita.

Altra cosa in rapporto con la Repubblica chemi piacerebbe potesse contraddistinguere la scuo-la del futuro è che parole come ascoltare, riflette-re, condividere, trattare e contrattare non fosseroconsiderate come assurdità: ultimamente, tali azio-ni sono state… abbandonate, per cui diventa mol-to difficile realizzare un dialogo tra scuola, opera-tori della scuola, associazioni e organizzazioni sin-dacali e, quindi, i decisori politici.

Lo abbiamo visto con la legge 107/2015, lo ab-biamo constatato con il contratto: tante cose cheerano nelle piattaforme iniziali si sono scontratecon le diverse esigenze che hanno poco a che ve-dere con le esigenze di chi opera quotidianamentenella scuola e, soprattutto, dei nostri ragazzi.

Altro elemento importante, guardando al fu-turo, è capire che cambiare non significa di per sé

FLFLFLFLFLC CC CC CC CC CGIL GIL GIL GIL GIL EEEEE P P P P PRRRRROOOOOTEO FTEO FTEO FTEO FTEO FARE SAPARE SAPARE SAPARE SAPARE SAPEREEREEREEREERE

AAAAASSSSSSSSSSEMBEMBEMBEMBEMBLEALEALEALEALEA NNNNNAZIAZIAZIAZIAZIOOOOONNNNNALEALEALEALEALE SSSSSULLULLULLULLULLAAAAA SCUOSCUOSCUOSCUOSCUOLLLLLAAAAA

“““““LLLLLa sa sa sa sa scccccuououououollllla ca ca ca ca chhhhhe ve ve ve ve verererererràràràràrà”””””Roma, 21-22 marzo 2018Roma, 21-22 marzo 2018Roma, 21-22 marzo 2018Roma, 21-22 marzo 2018Roma, 21-22 marzo 2018

Pubblichiamo il contributo che il presidente nazionale Desideri ha portato, il 21 e 22 marzo scorsi, ailavori della due giorni organizzati dalla FLC CGIL e da Proteo Fare Sapere dall’ambizioso titolo “Lascuola che verrà”. Registrato il pieno successo dell’iniziativa per la qualità dei contributi dei relatori e per lapartecipazione di ospiti da ogni parte d’Italia.

migliorare. Se una persona subisce un incidente,la vita cambia, ma certo non migliora. Il fatto cheogni volta che cambia un governo si debba cam-biare inevitabilmente qualcosa non è sempre posi-tivo; cambiare è, ormai, diventato uno slogan. Pri-ma bisognerebbe analizzare le cose che funziona-no e comprendere perché funzionano, quindi esa-minare le cose che non funzionano, ascoltando chiopera nella scuola e non coloro che guardano lascuola dal di fuori, come molte volte è successo.

A parlare di scuola molto spesso sono espertiprovenienti da “mondi” diversi – per esempio Con-findustria – che esprimono giudizi e propongonostrategie; non mi sembra che il sistema industrialedi questo Paese funzioni al meglio, tant’è vero cheesportiamo cervelli all’estero e ciò conferma che lascuola e l’università italiane offrono qualcosa dipositivo.

Mi piacerebbe, quindi, che la scuola riacquistas-se il posto che merita all’interno del nostro sistemaPaese, perché la scuola, l’università, la formazione,la cultura rappresentano l’industria più importantedell’Italia. Questo, purtroppo, è molto difficile chevenga condiviso nelle stanze del Governo.

Mi piacerebbe che cambiasse e migliorasse ilrapporto tra docenti e Paeserapporto tra docenti e Paeserapporto tra docenti e Paeserapporto tra docenti e Paeserapporto tra docenti e Paese, superando la consi-derazione diffusa che docenti e dirigenti scolasticisiano l’anello debole, coloro che vanno controllati,quelli che devono stare costantemente sotto il tirodel bastone (pochissima carota e tanto bastone!).

I docenti passano per coloro che non voglionoessere valutati, ma tutte le indagini e le rilevazioniche sono state fatte dalle associazioni, dalle orga-nizzazioni sindacali ricordano, invece, che il do-cente vuole essere valutato. Certo, però, valutazio-ne è una cosa, mentre l’idea di merito e premialità

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è un’altra partita, sono due cose molto differenti.Probabilmente, se si ascoltassero i docenti sulla va-lutazione, si potrebbe creare un sistema efficace.

Mi piacerebbe anche che i più alti rappresentan-ti dello Stato dessero ununununun’’’’’immaimmaimmaimmaimmagggggininininine dee dee dee dee delllllllllla doa doa doa doa docenza,cenza,cenza,cenza,cenza,degli operatori e dei professionisti della scuoladegli operatori e dei professionisti della scuoladegli operatori e dei professionisti della scuoladegli operatori e dei professionisti della scuoladegli operatori e dei professionisti della scuolaprofondamente diversaprofondamente diversaprofondamente diversaprofondamente diversaprofondamente diversa. La valorizzazione non pas-

sa esclusivamente per l’aumento stipendiale, ma so-prattutto per la considerazione sociale e, anche, perla considerazione che il Paese e i rappresentanti isti-tuzionali hanno dei docenti e dirigenti della scuolaitaliana. Fondamentale è l’immagine della catego-ria. Se i primi a svalutare la professionalità docente edirigente sono proprio i rappresentanti istituziona-li, allora veramente c’è molto da lavorare.

Mi piacerebbe che cambiasse il rapporto dellarapporto dellarapporto dellarapporto dellarapporto dellassssscccccuououououollllla coa coa coa coa con gn gn gn gn gli ali ali ali ali alllllunniunniunniunniunni. Un discorso che ci toccaperché non ci devono essere più alibi: soprattuttocome docenti dobbiamo riflettere sul rapporto congli alunni. I ragazzi non sono nomi sul registro, losappiamo tutti, però dobbiamo testimoniarlo in undiscorso di prossimità, di attenzione, di ricerca con-tinua, di superamento di schemi, di soluzioni di-dattiche, di superamento di un’idea di voto comefine, mentre invece è uno strumento di formazio-ne, di attenzione alla persona, un elemento fon-dante della relazione educativa.

Altro elemento che mi piacerebbe cambiasse èil rapporto tra scuola e famiglia rapporto tra scuola e famiglia rapporto tra scuola e famiglia rapporto tra scuola e famiglia rapporto tra scuola e famiglia. Il patto educati-vo non è un contratto, è sedersi occhi negli occhi eragionare di colui che da una parte è figlio e dal-l’altro è l’alunno, secondo il significato vero di alun-no. Ripristinare il rapporto con la famiglia che ri-torni a vivere quell’entusiasmo che c’era all’iniziodell’esperienza della partecipazione. È possibile che

nel nostro Paese in cui cambia tutto… non si èstati capaci di ragionare sugli Organi collegiali inmaniera seria? Significa ragionare non solo in ter-mini formali, ma in termini di serietà e sostanza.

Mi piacerebbe che cambiasse anche il rappor-rappor-rappor-rappor-rappor-ttttto to to to to tra sra sra sra sra scccccuououououollllla e la e la e la e la e laaaaavvvvvooooorrrrrooooo. La scuola non è l’antica-mera del lavoro, l’alternanza scuola/lavoro non èprovare a fare un determinato mestiere. Nel rap-porto con il mondo del lavoro, formiamo futuri la-voratori, nel senso che formiamo lo spirito criticodel futuro lavoratore, ne formiamo l’essenza comepersona, non andiamo sui tecnicismi o a fare la pra-tica di un determinato mestiere.

Il lavoro è una dimensione fondamentale da unpunto di vista antropologico, per cui si fa alternan-za scuola/lavoro perché il lavoro ti dà degli inse-gnamenti, ma bisogna rifletterci sopra. Quindi, sitratta di un rapporto tra un contesto che è e fa scuo-la, che si confronta con un altro contesto che hauna valenza formativa. Solo in questi termini ha

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senso e valenza quello che è ilrapporto tra scuola e lavoro.Anche il nome dovrebbe esseremodificato: “alternanza” dà unsegnale erroneo. Oggi il rischioè che molta della valenza edu-cativa si riduca solo a una corsaa riempiere le caselline di quan-te ore si fanno… con esperien-ze a volte avvilenti e demotivan-ti per i ragazzi!

Altro elemento importanteè il rapporto tra scuola e uni-rapporto tra scuola e uni-rapporto tra scuola e uni-rapporto tra scuola e uni-rapporto tra scuola e uni-versitàversitàversitàversitàversità, che a un certo puntos’interrompe e così non dovreb-be essere, perché il rapporto trascuola e università va affron-tato da più versanti. Il primoversante è il rapporto fra docen-ti e formazione iniziale. Nellascuola che vorremmo, esiste-ranno ancora i 24 CFU per i fu-turi insegnanti? Dobbiamo ra-gionarci insieme attentamente.Stiamo vivendo l’avvio del nuo-vo sistema previsto dalla legge107/2015 per diventare inse-gnanti nella scuola secondaria.Quello che stiamo osservandonon ci può certo trovare con-cordi. Stiamo assistendo adesperienze limite. È la logica del“meglio di niente” ma, onestamente, meglio nien-te se deve essere fatta in questo modo. Vi sono tan-te difficoltà da affrontare, ma i primi a trovarsi indifficoltà sono proprio le università che devono or-ganizzare i corsi per conseguire i 24 CFU con mi-gliaia di persone con attese alte o bassissime.

Altro fondamentale elemento: perché si parlasi parlasi parlasi parlasi parlatanto di ricerca e non si incentiva il fare ricercatanto di ricerca e non si incentiva il fare ricercatanto di ricerca e non si incentiva il fare ricercatanto di ricerca e non si incentiva il fare ricercatanto di ricerca e non si incentiva il fare ricerca ascuola in maniera seria? Parliamo sempre di auto-nomia, ma l’unica vera autonomia è l’autonomia diricerca. Questo significa che siamo insegnanti, sia-mo ricercatori della quotidianità e abbiamo bisognodell’accademia, dell’università che ci deve aiutare ariflettere sulle cose, noi con il nostro bagaglio espe-rienziale e loro con il loro. Quest’alleanza dove sta?Ci sono bellissime pratiche in giro, ma non fannosistema, ed è fare sistema che fa la qualità.

Altra cosa importante è il rapporto con i ra-rapporto con i ra-rapporto con i ra-rapporto con i ra-rapporto con i ra-gazzigazzigazzigazzigazzi. Terminata la scuola, l’università è un altromondo. E i contatti dove sono? C’è forte difficoltà.

Questa è la scuola che, onestamente, non ver-rà… anche se penso che qualcosa dipenda ancheda noi, dal nostro non accontentarci.

Stiamo trascinando i nostri ragazzi a ragionaresecondo una mentalità troppo economica, mentredovremmo ritornare a una mentalità aperta e umanache li porti a sognare e a essere creativi.

Da questo punto di vista, la scuola che verràdovrebbe essere quella in cui finalmente si torni afar scuola realmente senza troppi “ingredienti ag-giunti” e, soprattutto, che al centro mette il ragaz-zo, l’alunno che ha diritto ad avere un insegnantemotivato, valorizzato, che si senta anche una per-sona importante per questa Repubblica.

Grazie per l’attenzione.

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