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Cassiglio, Cornalba, Costa Serina, Cusio, Dossena, Serina ... · sono messe in atto ed attestate...
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Ambito Territoriale Valle Brembana Servizi socio-assistenziali e socio-sanitari
Algua, Averara, Blello, Bracca, Branzi, Brembilla, Camerata Cornello, Carona, Cassiglio, Cornalba, Costa Serina, Cusio, Dossena,
Foppolo, Gerosa, Isola di Fondra, Lenna, Mezzoldo, Moio de’Calvi, Olmo al Brembo, Oltre il Colle, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Roncobello,
San Giovanni Bianco,San Pellegrino Terme, Santa Brigida, Sedrina, Serina, Taleggio,Ubiale Clanezzo,Valleve, Valnegra,
Valtorta, Vedeseta, Zogno
PIANO di ZONA per il Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali
Legge 328/2000
Triennio 2012 - 2014
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INDICE
PREMESSA 1. LINEE GUIDA GENERALI ……………………………………………………………… pag. 6
2. RISULTATI RAGGIUNTI NEL PIANO DI ZONA 2009-2011 ………………………….. pag. 7
3. L’ ANDAMENTO DEMOGRAFICO IL CONTESTO TERRITORIALE ………………. pag. 30
4. IL PIANO DI ZONA COME STRUMENTO DI “GOVERNANCE” DEL WELFARE
LOCALE ……………………………………………………………………………………….. pag. 38
5. LE POLITICHE SOCIALI PER IL TRIENNIO 2012 – 2014. …………………................... pag. 41
5.1 INDICAZIONI POLITICHE PER LO SVILUPPO DELLE POLITICHE ………………… pag. 41
SOCIALI PER IL NUOVO TRIENNIO
5.2 ORGANI DELLA GOVERNANCE ………………………………………………….... pag. 39
5.2.1 ASSEMBLEA DEI SINDACI E DIRETTIVO
5.2.2 UFFICIO DI PIANO
5.2.3 TAVOLI TEMATICI
6. LE LINEE PROGRAMMATICHE TRASVERSALI E LE AZIONI PER IL TRIENNIO …pag 45
6.1 SEGRETARIATO SOCIALE ……………………………………………………………pag. 45
6.2 COMUNE E SOLIDARIETÀ …………………………………………………………... pag. 49
6.3 INTEGRAZIONE SOCIALE E SANITARIA …………………………………………. pag. 50
6.4 SISTEMA DI ACCREDITAMENTO ………………………………………………… pag. 53
6.5 TITOLI SOCIALI ……………………………………………………………………… . pag. 54
6.6 RAPPORTO CON IL TERZO E QUARTO SETTORE…………………………… pag 54
7. LE AREE DI PROGRAMMAZIONE PER IL TRIENNIO …………………………………. pag. 56
7.1 AREA FAMIGLIA E MINORI ……………………………………………………… .pag. 56
7.1.1 IL SERVIZIO DI TUTELA MINORI
7.1.2 IL CONSULTORIO FAMILIARE DI AMBITO
7.1.3 IL SERVIZIO DI ASSISTENZA DOMICILIARE MINORI (ADM)
7.1.4 IL SERVIZIO AFFIDI
7.1.5 I SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA
7.1.6 I SERVIZI EXTRA SCUOLA
7.1.7 I SERVIZI DI MEDIAZIONE CULTURALE
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7.2 AREA DISABILI …………………………………………………………………. pag. 68
7.2.1 SIL – PERCORSI DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO
7.2.2 AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
7.3 AREA SALUTE MENTALE ……………………………………………………….. pag. 77
7.4 AREA ADULTI IN DIFFICOLTÀ – EMARGINAZIONE ……………………… pag. 79
7.5 AREA DIPENDENZE ……………………………………………………………….. pag. 81
7.6 AREA ANZIANI …………………………………………………………………….. pag. 83
8. CONCLUSIONE ……………………………………………………………………………….pag.86
9. NORMATIVA DI RIFERIMENTO …………………………………………………………...pag. 87
ALLEGATI:
All. 1) Piano Triennale Nidi
All. 2) I consumi di sostanze psicoattive in provincia di Bergamo: uno sguardo al fenomeno e all’attività
di prevenzione. Alcune informazioni inerenti l’Ambito Territoriale della Valle Brembana
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PREMESSA
I cambiamenti e le profonde trasformazioni di ordine demografico, economico e sociale in atto nella
nostra società, stanno rendendo per le Amministrazioni Pubbliche sempre più complesso ed articolato il
“governo del bisogno sociale”. Inoltre e’ rilevante, sotto l’aspetto progettuale, la continua evoluzione del
quadro normativo di riferimento.
La costruzione del Piano di Zona rappresenta pertanto un’opportunità di progettazione e sintesi
fondamentale non solo rispetto alle indicazioni legislative in materia, ma soprattutto nella valutazione
delle peculiarità del territorio, sia in termini di risorse che di criticità.
La legge quadro di riforma dell’assistenza (L. 328/2000) e la sua applicazione concreta nell’attività di
programmazione e gestione locale dei bisogni sociali, ha contribuito ad introdurre significativi aspetti di
innovazione ed al consolidamento del rapporto di collaborazione tra istituzioni pubbliche e privato
sociale; tale percorso e’ stato tracciato negli anni scorsi con interventi che hanno saputo creare le
condizioni essenziali affinché tale processo si consolidasse.
Diventa quindi sempre più fondamentale la definizione di un assetto programmatico e decisionale stabile;
la progettazione comune per i diversi servizi finanziati con le risorse a disposizione dell’Ambito
Territoriale, la gestione di gran parte dei servizi territoriali attraverso meccanismi associativi e di
solidarietà intercomunale, con l’obiettivo fondamentale di patrimonializzare il percorso di “rete”
costruito in questi anni.
La programmazione per il triennio 2012-2014, non può che proseguire nel solco tracciato dai precedenti
Piani di Zona, considerando le nuove linee guida regionali che si inseriscono in un quadro normativo
delineato dalla Legge n. 3 del marzo 2008 “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla
persona in ambito sociale e sociosanitario”. In base alla nuova disciplina, il Piano di Zona si
configura non solo come il principale strumento della programmazione della rete dei servizi a
livello locale, ma soprattutto come ambito privilegiato per conseguire forme di integrazione tra i
vari servizi, in particolare tra le unità d’offerta socioassistenziali e quelle sociosanitarie, mediante
l’analisi approfondita dei bisogni e la gestione innovativa, flessibile e partecipata dei servizi, con
particolare attenzione all’integrazione tra differenti politiche (sociali, sanitarie, abitative etc.).
Il livello di complessità delle problematiche affrontate deve comportare un riordino e la messa in
rete di servizi, interventi e prestazioni, anche in considerazione della difficoltà nel definire i diversi
aspetti legati ad una effettiva integrazione nel campo delle politiche sociali.
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Con i Piani di Zona precedenti, si è realizzato l’avvio e il consolidamento di un processo di lettura
costante del territorio e delle sue esigenze, delle sue problematiche e delle sue potenzialità, di
strategie di collaborazione e di concertazione con tutti i diversi soggetti coinvolti e di messa in rete
delle responsabilità e delle risorse; si è perseguito l’obiettivo di coniugare identità e specificità
delle comunità locali, con criteri di omogeneità, equità, uguaglianza nei diritti di cittadinanza. Si
sono messe in atto ed attestate azioni e modalità di lavoro nuove (es. voucher sociali per assistenza
domiciliare) e si sono sperimentate forme di gestione associata di alcuni servizi (es. tutela minori e
affidi, servizio inserimenti socio-lavorativi).
Il complessivo benessere dei cittadini puo e deve essere promosso compiutamente solo attraverso
l’integrazione ed il concorso di tutte le diverse politiche a favore della persona e della famiglia, in
modo particolare quelle che riguardano le politiche per la famiglia, l’educazione, la formazione e il
lavoro, le politiche per la casa e quelle relative all’inclusione sociale.
La cura della rete diventa allora il punto fondamentale attorno al quale devono incentrarsi gli
sforzi di tutti gli attori in gioco, la condizione imprescindibile per poter veramente migliorare la
qualità del sistema.
La qualità del welfare è “conditio sine qua non” del benessere delle persone e questo richiede di
garantire la qualità delle prestazioni standard o dei meccanismi erogativi, ma anche delle azioni
capaci di rafforzare la buona vita e l’appartenenza attiva al proprio territorio.
Qualità del welfare richiede capacità del “sistema” (cioè delle istituzioni) di connettersi alla
“società” (alla realtà dei propri cittadini e del proprio territorio) per la promozione, condivisa e
partecipata, del benessere sociale. E’ solo dalla capacità di connessione tra le
organizzazioni/professionalità con il sociale che può emergere il welfare (inteso come lo star
bene/la qualità della vita, ecc.).
Diventa essenziale allora, la qualità delle relazioni, la qualità dei rapporti tra istituzioni e società,
tra servizi sociali territoriali e comunità locali, tra operatori sociali e famiglie, e anche qualità delle
relazioni tra cittadini e cittadini, non necessariamente utenti o pazienti o consumatori.
Nelle sempre più complicate situazioni di oggi, la strada maestra da seguire è quella di riscoprire e
sostenere (a tutti i livelli) strategie condivise, progetti collettivi che sappiano farci progredire nella
direzione del bene comune e del benessere collettivo, fare sintesi tra le tante e diverse strategie
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che ciascun soggetto coinvolto nella rete mette in campo, in modo da poter individuare delle
possibili convergenze su progetti comuni e condivisi.
1. LINEE GUIDA GENERALI Le linee guida del Piano di Zona 2012-2014 partono dal considerare le linee guida evidenziate dalla
Regione Lombardia:
l’invecchiamento della popolazione: è registrato dall’incremento continuo dell’indice di
vecchiaia; il numero delle famiglie lombarde con almeno un anziano è superiore a quello
delle famiglie con almeno un minore;
la presenza di “care giver” informali retribuiti: sempre più ampio è il numero di
famiglie che organizzano il proprio sistema di cura, ricorrendo a forme di “care giving"
informale; il numero stimato delle badanti sul territorio regionale era nel 2006 superiore a
125.000;
l’impoverimento delle famiglie: è dimostrato dal trend crescente negli ultimi anni delle
famiglie lombarde deprivate. Dato esemplare di questa difficoltà e il numero degli sfratti
per morosità, che cresce di anno in anno;
il fenomeno dell’immigrazione: la Lombardia è la regione italiana con il più alto numero
di immigrati, prevalentemente concentrati nelle province di Milano, Brescia e Bergamo.
Questo porta ad un ripensamento del welfare in una logica comunitaria e di responsabilizzazione dei
diversi attori e rende necessario:
salvaguardare la centralità della persona e della famiglia;
focalizzare l’attenzione sulla ricomposizione istituzionale e finanziaria degli interventi,
delle decisioni e delle linee di programmazione;
liberare le energie degli attori locali, semplificando il quadro degli adempimenti,
armonizzando le linee di finanziamento regionali e facendo convergere le risorse
regionali tradizionalmente destinate ai piani di zona verso sperimentazioni locali di un
welfare promozionale e ricompositivo;
connettere le conoscenze dei diversi attori del territorio;
ricomporre le risorse che gli enti locali investono nei sistemi di welfare, favorendo
l’azione integrata a livello locale;
facilitare l’integrazione tra ambiti di intervento sociale e socio sanitario;
promuovere l’integrazione tra diversi ambiti di policy.
In particolare si apre la necessità di concepire politiche di welfare che:
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• realizzino in forma compiuta un sistema di rete territoriale in grado di incontrare la
famiglia, coglierne le esigenze e rispondervi in tempi brevi, in modo trasversale ed
integrato;
• diversifichino e incrementino la gamma dei servizi fornendo ai cittadini risposte sempre
più personalizzate e sempre meno indistinte;
• razionalizzino e ottimizzino l’impiego delle risorse disponibili, perseguendo modelli di
gestione associata dei servizi e l’integrazione degli strumenti tecnici e dei criteri di
implementazione delle policy;
• superino le logiche organizzative settoriali, la frammentazione e la duplicazione di
interventi favorendo una presa in carico unitaria e semplificando l’informazione e le
procedure di accesso ai servizi.
La programmazione sociale territoriale 2012 – 2014 dovrà caratterizzarsi per la capacità di:
• sviluppare alleanze tra gli attori pubblici e gli attori della società per promuovere
opportunità e benessere sociale;
• coordinare e integrare le politiche pubbliche: agire affinché i diversi strumenti di
programmazione si parlino ed interagiscano a livello di ambito territoriale e che il Piano
di Zona si coordini con gli altri strumenti di programmazione;
• garantire scelte sostenibili, (quelle che favoriscono il permanere nel tempo di quelle azioni
e di quelle relazioni che promuovono il benessere della società e al tempo stesso offrono
sostegno e tutela alle situazioni di fragilità) e adeguate all’evolversi dei bisogni
(appropriatezza degli interventi);
• promuovere, sostenere e connettere le reti sociali;
• promuovere un’attività di valutazione permanente e diffusa, orientata a consolidare i
successi e comprendere le eventuali criticità;
• sviluppare e potenziare la gestione associata per:
- migliorare l’integrazione dei servizi e degli interventi sul territorio;
- garantire la copertura su tutto il territorio di riferimento;
- razionalizzare l’offerta rispetto alla domanda espressa;
- offrire pari opportunità ai cittadini e livelli adeguati di informazione.
2. RISULTATI RAGGIUNTI NEL PIANO DI ZONA 2009-2011
La programmazione del nuovo triennio 2012-2014, non può che partire da quanto sviluppato nel
precedente Piano di Zona nell’Ambito della Valle Brembana.
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In particolare si sono sviluppati servizi che hanno permesso di:
promuovere e sostenere la famiglia come luogo privilegiato di produzione di beni, di educazione, di
cura, di sicurezza e snodo fondamentale dell’organizzazione dei servizi,
costruire azioni che facilitano il processo di integrazione prevedendo forme di una rete integrata degli
interventi, superando vecchie logiche di gestione individuali dei servizi, coinvolgendo i diversi soggetti
nei processi di progettazione e programmazione
la sperimentazione di forme diverse come la gestione associata di diversi servizi, che ha previsto anche
l’istituzione di una quota di solidarietà fra i Comuni aderenti, ha progressivamente portato alla creazione
di interventi maggiormente omogenei sia nella distribuzione territoriale che nelle modalità di accesso.
rafforzamento e collaborazione con il Terzo settore promuovendo forme di collaborazione sempre più
strette tra le rete dei servizi dell’Ambito, del Privato Sociale e del Terzo Settore presenti sul territorio,
rafforzare l’integrazione socio sanitaria per un miglior grado di efficienza dei servizi rivolti ai cittadini.
Di seguito vengono riportati sinteticamente, i dati relativi agli obiettivi raggiunti, con le specifiche azioni
attuative del triennio precedente.
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RISULTATI RAGGIUNTI PIANO DI ZONA 2009 – 2011
AREA /ORGANIZZAZIONE
AZIONI RISULTATI NOTE
- ASSEMBLEA DEI SINDACI - DIRETTIVO
CONVOCAZIONI PERIODICHE E’ necessario convocare con cadenza mensile sia l’Assemblea che il Direttivo per evitare di dover discutere nella medesima seduta un OdG troppo ampio.
- UFFICIO DI PIANO - TAVOLI TEMATICI
CONVOCAZIONI PERIODICHE Difficoltà nell’utilizzare tali contesti in termini di progettazione e non solo di confronto/valutazione delle proposte.
- ASSISTENTI SOCIALI COORDINAMENTO QUINDICINALE Buono il livello di collaborazione e confronto. Necessità di dare continuità a impostazioni di lavoro condivise.
- TERZO SETTORE VERIFICHE PERIODICHE SUI SERVIZI
E’ necessario sviluppare maggiore interazione con il terzo settore sia per quanto riguarda la programmazione e le verifiche dei servizi, sia per la progettazione di ulteriori interventi e collaborazioni. La cooperazione sociale e il volontariato sono una risorsa del territorio che deve avere l’Ambito come interlocutore che sappia mantenere una regia rispetto alle diverse componenti e collaborazioni.
STRUTTURE/UNITA’ D’OFFERTA
- ACCREDITAMENTO SERVIZI PER LA DISABILITA’
- REGOLAMENTO CSE E’ necessario regolamentare in modo omogeneo i servizi sulla disabilità sia in termini di requisiti per l’accreditamento sia in termini di compartecipazione ai costi da parte dei comuni e delle famiglie.
- ACCREDITAMENTO SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA
- REGOLAMENTO ACCREDITAMENTO
La normativa regionale ha vincolato l’erogazione di contributi alle strutture e ai servizi accreditati, quindi con requisiti di qualità.
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AREA ANZIANI
- RICOVERI DI SOLLIEVO
- CONVENZIONI PER: n° 1 POSTO PRESSO FONDAZIONE DON PALLA (PIAZZA BREMBANA) – n° 2 POSTI PRESSO OPERA PIA (LAXOLO-BREMBILLA)
La possibilità di avere a disposizione i due nuovi posti presso l’Opera Pia ha permesso di migliorare la capacità di rispondere alle esigenze delle famiglie relative a ricoveri di sollievo/convalescenza. E’ necessario migliorare la procedura in caso di dimissioni ospedaliere.
- CONTRIBUTO ECONOMICO RICOVERI DI SOLLIEVO
- RIMBORSO € 20,00 GIORNALIERE Il contributo è stato modificato durante il triennio introducendo l’applicazione dell’ISEE. Non è ritenuto prioritario e necessario, vista l’estemporaneità del contributo.
- SERVIZIO TRASPORTO SOCIALE
- CONTRIBUTO ASSOCIAZIONI
Date le difficoltà nel garantire un servizio vallare si è provveduto ad erogare contributi economici alle Associazioni che sul territorio erogano servizi di trasporto sociale. I contributi sono stati ridimensionati a causa della diminuzione di risorse. E’ necessario riformulare nuove modalità di collaborazione e di riconoscimento del servizio svolto.
- VOUCHER SOLLIEVO - ATTIVAZIONE DI PACCHETTI ASSISTENZIALI DI 60 ORE
Buon utilizzo di questa tipologia di interventi, in particolare per le situazioni con fasce ISEE basse. Riconoscendone l’estrema positività, si valuterà di aumentare le fasce ISEE, considerando livelli di contribuzione più simili ai servizi SAD comunali.
- CONTRIBUTO REGOLARIZZAZIONE BADANTI
- CONTRIBUTI ECONOMICI
Modifica della regolamentazione nel triennio che ha previsto la differenziazione sia in base all’ISEE, sia in caso di prime richieste e/o rinnovi. L’obiettivo iniziale sollecitato dalle indicazioni regionali (regolarizzazione) si è trasformato in contributo economico non prioritario.
- TELESOCCORSO - GESTIONE ASSOCIATA
La gestione associata permette di mantenere omogeneo l’utilizzo del servizio e ottimizzarne le procedure ormai consolidate. Nonostante una flessione nell’utilizzo, rimane un buono strumento di comunicazione con le situazioni di solitudine e/o fragilità del territorio.
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AREA DISABILI
- CDD - VOUCHER CDD Il triennio ha visto l’investimento da parte dell’Ambito di un contributo a copertura delle spese organizzative (trasporto e affitto) del CDD; è necessario una riformulazione degli accordi attualmente esistenti.
- SERVIZI RESIDENZIALI - IPOTESI CONTRIBUTI PER ABBATTIMENTO DELLE SPESE PER STRUTTURE RESIDENZIALI
L’intervento non è mai stato attivato per mancanza di fondi e regolamentazione. Attualmente si è ipotizzato un regolamento comune di compartecipazione alle rette RSD viste le recenti indicazioni della Conferenza dei Sindaci provinciale di modifica della regolamentazione dei pagamenti.
- VOUCHER DISABILI - VOUCHER SOLLIEVO Contributi a rimborso delle spese sostenute per periodi di sollievo/vacanza
Nonostante le necessità delle famiglie e le positività delle attività di vacanze di gruppo, non si valuta prioritario proseguirne il finanziamento.
- VOUCHER SOCIALIZZAZIONE progetti individualizzati che prevedono l’affiancamento del disabile in contesti socializzanti
Sono stati tra gli interventi più utilizzati e validi vista la flessibilità e la necessità di integrazione sul territorio.
- VOUCHER DOMICILIARI interventi effettuati all’interno del nucleo familiare
Sono stati utilizzati a supporto delle situazioni di fragilità non solo del disabile, ma in generale del nucleo familiare.
- VOUCHER SOCIO-OCCUPAZIONALI Contributi a cooperative accreditate per l’inserimento di soggetti che non hanno livelli adeguati ad inserimenti lavorativi, ma che necessitano di un impegno settimanale con caratteristiche socio-occupazionali
Sono tra gli interventi necessari e opportuni per i soggetti disabili. Sarebbe necessario ampliare gli ambiti di intervento non solo agli spazi messi a disposizione dalle cooperative di tipo B, ma del territorio in generale. In tal senso è necessaria una maggiore collaborazione fra Cooperative e Amministrazioni Comunali per l’affidamento di servizi idonei agli inserimenti di soggetti disabili.
- SERVIZIO INSERIMENTI LAVORATIVI
- COLLABORAZIONE CON AZIENDA CONSORTILE ISOLA BERGAMASCA
Nel triennio si è valutata l’opportunità di sviluppare una collaborazione con il servizio gestito dall’Azienda Consortile Isola Bergamasca, anche in qualità di ente capofila del tavolo di coordinamento provinciale sistema doti; attualmente a causa di alcune difficoltà organizzative e del cambio dell’ente coordinatore si stanno valutando alcune ipotesi alternative.
- ASSISTENZA EDUCATIVA SCOLASTICA
- GESTIONE ASSOCIATA Nel triennio si è strutturato un servizio al quale hanno aderito alcuni comuni attraverso un affidamento unitario del servizio.
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AREA SALUTE MENTALE
- FONDO PSICHIATRIA - CONTRIBUTI ECONOMICI
Finalizzati all’inserimento socio-occupazionale e ai progetti di residenzialità leggera, gli interventi sono concordati e sviluppati dall’assistente sociale del CPS in collaborazione con le assistenti sociali comunali. Si sono valutati positivamente gli interventi e i risultati anche se emerge la necessità di integrare (soprattutto nei progetti di lunga durata) un intervento da parte del Comune di residenza del paziente.
- TAVOLO SALUTE MENTALE - COORDINAMENTO TAVOLO PERSONALE AZIENDA OSPEDALIERA
Si è richiesta la disponibilità a garantire il coordinamento del tavolo Salute Mentale da parte del personale dell’Azienda Ospedaliera ed in particolare dell’Assistente Sociale del CPS.
- PROGETTI SPERIMENTALI - PROGETTO “TUTTI PAZZI PER LA BIBLIOTECA”
Attraverso il finanziamento da parte della Fondazione Bergamasca, si è attivato un progetto sperimentale ideato dai componenti del tavolo salute mentale per sperimentare reali spazi di integrazione sul territorio. Si ipotizza di sviluppare sia il progetto che la positiva modalità di collaborazione interistituzionale.
AREA EMARGINAZIONE
- FONDO FRAGILITA’ - CONTRIBUTI ECONOMICI
Su valutazione dell’assistente sociale di riferimento, si prevedono interventi economici temporanei e finalizzati in situazione di fragilità in particolare economica e lavorativa; date le difficoltà a reperire fondi questo tipo di contributo sarà valutato e sostenuto con contributi comunali.
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AREA MINORI
- SERVIZIO TUTELA MINORI - ATS VALLE IMAGNA
Date le notevoli criticità affrontate nel triennio dovute; al continuo cambio del personale, all’impossibilità dell’Ente gestore “Comunità Montana Valle Brembana” di poter programmare nuove assunzioni, la difficoltà a mantenere un coordinamento del servizio ed un rapporto con gli psicologi messi a disposizione dall’ASL, si è valutato di affidare il servizio alla Val Cavallina per poterne garantire la maggiore continuità del personale e una riprogrammazione del servizio che ne riformuli le competenze, le collaborazione e il ruolo di regia rispetto ai servizi coinvolti sui casi.
- SERVIZIO AFFIDI - ATS VALLE IMAGNA
Attualmente è attiva una collaborazione con la Valle Imagna per la gestione del servizio attraverso la Cooperativa Il Varco di Brembilla; si ritiene opportuno valutare e definire i ruoli e le modalità operative alla luce delle modifiche anche del servizio tutela minori.
- ASSISTENZA DOMICILIARE MINORI
- AFFIDAMENTO SERVIZIO
E’ stato predisposto l’avviso di gara che prevede l’affidamento del servizio per il nuovo triennio; questo per poter ottimizzarne l’organizzazione e dare maggiore continuità agli interventi anche alla luce della necessaria riduzione del relativo impegno economico.
- BANCO DI SOLIDARIETA’ - CONTRIBUTO ECONOMICO
Nel triennio si è valutata la necessità di mantenere la collaborazione con l’Associazione Banco di Solidarietà formalizzando la segnalazione delle situazioni prese in carico da parte delle assistenti sociali comunali e l’acquisto di latte e pannolini.
- SOSTEGNO ECONOMICO FAMIGLIE IN DIFFICOLTA’
- BANDO EX SPAI
Sulla modalità dei precedenti contributi provinciali per i nuclei familiari in difficoltà, nel trienni si sono previsti supporti economici in situazioni specifiche valutate dalle Assistenti Sociali di riferimento. Dato il positivo utilizzo e il supporto ad interventi comunali spesso già onerosi, si valuta opportuno il proseguimento dell’intervento
- FAMIGLIE NUMEROSE - BANDO REGIONALE Nel triennio Regione Lombardia ha stanziato fondi finalizzati al sostegno di famiglie numerose con tre o quattro figli; attualmente sembra che questi contributi non saranno ulteriormente previsti.
- FONDO SOLIDARIETA’ RETTE COMUNITA’
- CONTRIBUTO FINO AL 50% SPESE SOSTENUTE
Nel triennio, visto l’onere economico previsto per i comuni nel caso di rette per comunità per minori, l’Ambito ha previsto una compartecipazione ai costi fino a un massimo del 50% delle spese sostenute.
- MEDIAZIONE CULTURALE - AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO Il servizio è svolto su richiesta delle scuole attraverso operatori messi a disposizione dalla cooperativa Kinesis. L’utilizzo è stato altalenante e
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vincolato ai flussi migratori nel territorio.
PROGETTO IMPRENDITIVITA’ E PROTAGONISMO
- PROGETTO PREVENZIONE (VEDI AREA SOCIO-SANITARIA)
Il progetto ha previsto la sperimentazione di diverse attività relative all’uso/abuso di alcol e sostanze stupefacenti, la prevenzione agli incidenti stradali, educazione a stili di vita sani. La complessità e la diversità relativa alla tipologie degli interventi previsti ha avuto la positività di un approccio di sistema, ma la difficoltà pratica a coinvolgerne i diversi interlocutori. Anche in questo caso è necessario una regia che possa sviluppare singoli interventi.
- PROGETTO EXTRASCUOLA - BANDO NON SOLO COMPITI
Per il triennio si è previsto un finanziamento dei progetti attivati dai singoli Comuni e attraverso la collaborazione nel progetto complessivo con l’UPEE; l’ultimo anno a causa della riduzione dei finanziamenti a disposizione si è prevista una compartecipazione economica e non soltanto in termine di valorizzazione da parte delle Amministrazioni Comunali e delle Parrocchie; nonostante alcune criticità si valuta la positività del progetto e soprattutto le caratteristiche preventive e educative che questo tipo di intervento comporta.
SEMINARIO EXTRASCUOLA
In collaborazione con la Provincia di Bergamo si sono concordati due eventi: il seminario di presentazione a livello provinciale degli spazi extrascuola dove l’Ambito ha rappresentato le realtà degli Uffici di Piano a livello provinciale e una giornata formativa/ricreativa che avverrà presumibilmente a fine maggio per il quale abbiamo ottenuto € 1.000,00 di finanziamento.
EXTRASCUOLA E INTEGRAZIONE DISABILI
L’Ambito è stato selezionato con la Val Cavallina e la Valle Seriana per un progetto di integrazione dei disabili all’interno dell’extrascuola attraverso un finanziamento di € 20.000,00 a valere sui progetti di conciliazione.
- CONTRIBUTI ISTITUTI SCOLASTICI
BANDO FINANZIAMENTI ISTITUTI COMPRENSIVI E SUPERIORI
Il triennio ha previsto finanziamenti finalizzati a sostenere iniziative relative a:
- dispersione scolastica (utilizzata in parte solo dal CFP); - equipe psico-socio-pedagogica per gli Istituti Comprensivi; - iniziative di prevenzione all’uso/abuso di alcol e sostanze
utilizzati dagli istituti superiori. Si ritiene necessario una maggiore specifica rispetto alle modalità di utilizzo dei fondi erogati e le attività finanziate; è opportuno che le attività e i finanziamenti vengano incrociati con i fondi comunali per i Piani di diritto allo Studio e con le offerte formative messe a disposizione da parte di altri enti (es. ASL)
- PROGETTI l.23 - PROGETTO NASCERE In collaborazione con il Distretto ASL e l’Ambito Valle Imagna, si è
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prevista una collaborazione con il Consorzio Solco Priula in qualità di ente titolare del progetto Nascere finanziato attraverso i fondi della L.23. Attraverso il progetto si sono positivamente sperimentate attività quali il sostegno domiciliare attraverso le figure dell’ostetrica, dell’educatrice e della psicologa, supporto economici e in particolare la fornitura di latte e pannolini, l’apertura di uno spazio “gravidanza e neonato” di confronto e formazione delle mamme.
- SERVIZI PRIMA INFANZIA - GESTIONE ASSOCIATA
A seguito della presentazione di un progetto di gestione associata relativo ai servizi alla prima infanzia, si sono erogati finanziamenti finalizzati a rendere il più omogenee possibili le rette degli asili nidi, oltre che offrire momenti formativi e attività animative in Valle. La sperimentazione si è conclusa a seguito dello scioglimento della gestione associata.
- COORDINAMENTO E FORMAZIONE
Si è istituito il coordinamento servizi alla prima infanzia con la partecipazione da parte dei 5 nidi vallari e il percorso formativo per il quali l’ambito, in collaborazione con la Valle Imagna, ha messo a disposizione le due percorsi per garantire le 20 ore necessarie per l’accreditamento dei servizi. La Provincia di Bergamo ha erogato a tal fine un contributo di € 1.000,00.
INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA
- ACCESSO RSA - MODULISTICA UNICA RSA - L’ASL con Regione Lombardia, in collaborazione con le RSA ha predisposto una modulistica unica utilizzabile per le diverse RSA agevolando l’accesso alle famiglie.
- CONTINUITA’ ASSISTENZIALE
- PROTOCOLLI ASL-AMBITI- AZIENDE OSPEDALIERE- CLINICHE
- l’ASL ha promosso protocolli d’intesa per formalizzare alcuni passaggi tra istituzioni nel caso di dimissioni ospedaliere. Nonostante la positività e l’opportunità nel rinnovare suddetti protocolli, appare necessario migliorare le collaborazioni e i passaggi tra operatori coinvolti in particolare con i reparti ospedalieri. Mantenere e sviluppare maggiore presenza all’interno del CEAD di Ambito
- NUCLEO DI VALUTAZIONE - COLLABORAZIONE ASSISTENTI SOCIALI E EDUCATRICE ASL
Con l’apertura dello Sportello Socio-Sanitario presso il distretto ASL, si era ipotizzata la costituzione di un nucleo di valutazione mai formalizzato. Secondo recenti indicazioni regionali e provinciali (PAR) si è prevista la formalizzazione del protocollo per le dimissioni
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dall’UONPI (VEDI NEUROPSICHIATRIA)
- CONSULTORIO FAMILIARE - PROTOCOLLO CONSULTORIO FAMILIARE PRIVATO ACCREDITATO
Si sono avviate le procedure per l’accreditamento e la messa a contratto di due sedi consultoriali del privato sociale di cui una a Zogno, già aperta e in attesa della messa a contratto regionale e la seconda a Piazza Brembana in fase di accreditamento, da pochi giorni in funzione. Risulta necessario formalizzare il livello di collaborazione tra ASL, Ambito e Enti Gestori del Consultorio per una migliore collaborazione e programmazione degli interventi sul territorio.
- NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
- PROTOCOLLO DIMISSIONI UONPI
E’ stato predisposto un protocollo d’intesa tra ASL, Azienda Ospedaliera e Ambiti Valle Brembana e Valle Imagna, per la creazione di un nucleo di valutazione del progetto di vita del disabile in particolare a seguito delle dimissioni dalla UONPI.
- RICHIESTE ASSISTENZA EDUCATIVA SCOLASTICA
Risulta necessario mantenere e sviluppare un raccordo con la UONPI per la valutazione delle richieste relative all’assistenza educativa scolastica.
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- RIMBORSI SERVIZI SOCIO-SANITARI NON GARANTITI
Rimborsi in particolare per le spese di logopedia, psicomotricità e consulenze specifiche erogate nel triennio (con alcune modifiche relative alla valutazione ISEE introdotte successivamente); si sta valutando l’opportunità di sospenderne l’erogazione vista la competenza esplicitamente sanitaria.
- EDUCAZIONE ALLA SALUTE
Collaborazioni degli operatori ASL all’interno delle scuole e con le Amministrazioni comunali per le attività di promozione alla salute (prevenzione a l tabagismo, programmi guida sicura, gruppi di cammino,….); è necessario mantenere una collaborazione per poter individuare le azioni ipotetiche e/o necessarie applicabili sul territorio.
- PROGETTO PREVENZIONE - COLLABORAZIONE CON I DIPARTIMENTI DI PREVENZIONE E MEDICINA DI COMUNITA’
Gli operatori ASL hanno partecipato all’attuazione del progetto prevenzione attraverso incontri periodici del tavolo tecnico e rapporti con le scuole in applicazione del progetto sperimentale “scuola che promuove salute”.
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RENDICONTAZIONE ECONOMICA 2009
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RENDICONTAZIONE ECONOMICA ANNUALITÀ 2009
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COSTI SOSTENUTI DAI COMUNI 2009
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RENDICONTAZIONE ECONOMICA ANNUALITÀ 2010
23
RENDICONTAZIONE ECONOMICA ANNO 2010
24
COSTI SOSTENUTI DAI COMUNI ANNO 2010
25
26
RENDICONTAZIONE ECONOMICA ANNUALITÀ 2011
27
RENDICONTAZIONE ECONOMICA ANNUALITÀ 2011
28
COSTI SOSTENUTI DAI COMUNI ANNO 2011
29
30
3. L’ ANDAMENTO DEMOGRAFICO: IL CONTESTO TERRITORIALE
Comune Popolazione residente
(dati ISTAT 01.01.2011)
Popolazione straniera residente
(dati ISTAT 01.01.2011) Algua 726 70 Averara 185 11 Blello 79 1 Bracca 767 69 Branzi 727 18 Brembilla 4179 156 Camerata Cornello 619 5 Carona 355 8 Cassiglio 120 0 Cornalba 310 5 Costa Serina 980 41 Cusio 265 2 Dossena 966 10 Foppolo 206 4 Gerosa 360 15 Isola di Fondra 189 1 Lenna 640 17 Mezzoldo 196 7 Moio de' Calvi 208 4 Olmo al Brembo 525 12 Oltre il Colle 1062 13 Ornica 180 1 Piazza Brembana 1256 70 Piazzatorre 444 5 Piazzolo 86 0 Roncobello 436 4 San Giovanni Bianco 5094 99 San Pellegrino Terme 4974 110 Santa Brigida 586 1 Sedrina 2559 117 Serina 2187 44 Taleggio 625 25 Ubiale Clanezzo 1395 25 Valleve 137 0 Valnegra 209 3 Valtorta 295 3 Vedeseta 217 0 Zogno 9097 292 Valle Brembana 43.441 1.290 Provincia 1.098.740 120.807
31
ANALISI DELLA POPOLAZIONE PER FASCIA DI ETÀ PERCENTUALI COMPARATE
(DATI ISTAT AL 01/01/2011):
% popolazione val Brembana 0 - 2 anni
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
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0,50
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3,50
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4,50
5,00
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% popolazione 6 - 10 anni
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2,00
3,00
4,00
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BREMBILLA
CAMERATA CORNELLO
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CORNALBA
COSTA SERINA
CUSIO
DOSSENA
FOPPOLO
GEROSA
ISOLA DI FONDRA
LENNA
MEZZOLDO
MOIO
DE'CALVI
OLMO AL BREMBO
OLTRE IL COLLE
ORNICA
PIAZZA BREMBANA
PIAZZATORRE
PIAZZOLO
RONCOBELLO
SAN G
IOVANNI B.
SAN PELLEGRINO T.
SANTA BRIG
IDA
SEDRINA
SERINA
TALEGGIO
UBIALE CLANEZZO
VALLEVE
VALNEGRA
VALTORTA
VEDESETA
ZOGNO
popolazione 11 - 13 anni
0,00
0,50
1,00
1,50
2,00
2,50
3,00
3,50
4,00
4,50
5,00
ALGUA
AVERARA
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BRACCA
BRANZI
BREMBILLA
CAMERATA C
ORNELLO
CARONA
CASSIG
LIO
CORNALBA
COSTA SERIN
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FOPPOLO
GEROSA
ISOLA D
I FONDRA
LENNA
MEZZOLDO
MOIO
DE'CALVI
OLMO AL BREMBO
OLTRE IL C
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ORNICA
PIAZZA BREMBANA
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SANTA BRIG
IDA
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UBIALE CLANEZZO
VALLEVE
VALNEGRA
VALTORTA
VEDESETA
ZOGNO
32
popolazione 14 - 16 anni
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0,50
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2,00
2,50
3,00
3,50
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popolazione 17 - 18 anni
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0,50
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popolazione 19 - 35 anni
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popolazione 36 - 50 anni
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15,00
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25,00
30,00
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CARONA
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OLMO AL BREMBO
OLTRE IL COLLE
ORNICA
PIAZZA BREMBANA
PIAZZATORRE
PIAZZOLO
RONCOBELLO
SAN G
IOVANNI B.
SAN PELLEGRINO T.
SANTA BRIG
IDA
SEDRINA
SERINA
TALEGGIO
UBIALE CLANEZZO
VALLEVE
VALNEGRA
VALTORTA
VEDESETA
ZOGNO
33
popolazione 51 - 65 anni
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
35,00ALGUA
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popolazione 65 - 74 anni
0,00
2,00
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10,00
12,00
14,00
16,00
18,00
20,00
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OLTRE IL C
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RONCOBELLO
SAN G
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VALNEGRA
VALTORTA
VEDESETA
ZOGNO
popolazione 75 - 80 anni
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
7,00
8,00
9,00
10,00
ALGUA
AVERARA
BLELLO
BRACCA
BRANZI
BREMBILLA
CAMERATA C
ORNELLO
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CASSIG
LIO
CORNALBA
COSTA S
ERIN
A
CUSIO
DOSSENA
FOPPOLO
GEROSA
ISOLA D
I FONDRA
LENNA
MEZZOLDO
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RONCOBELLO
SAN G
IOVANNI B.
SAN P
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A
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A
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UBIA
LE C
LANEZZO
VALLEVE
VALNEGRA
VALTORTA
VEDESETA
ZOGNO
34
RAFFRONTO POPOLAZIONE TOTALE/POPOLAZIONE STRANIERA
(DATI ISTAT AL 01/01/2011):
popolazione straniera residente su popolazione totale
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
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oltre 80
75 - 80
65 - 74
51 - 65
36 - 50
19 - 35
17 - 18
14 - 16
11 - 13
6 - 10
3 - 5
0 - 2
35
PERCENTUALI DI POPOLAZIONE PER MACRO AREE
(DATI ISTAT AL 01/01/2011):
popolazione val Brembana per macro area età
0%
20%
40%
60%
80%
100%
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0 - 13 14 - 35
36 - 65 oltre 65
% popolazione straniera su popolazione totale per macro aree di età
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80%
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VEDESETA
ZO
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oltre 65
36 - 65
14 - 35
0 - 13
36
TASSI DI INCIDENZA IN % SULLA POPOLAZIONE GENERALE
(DATI ISTAT AL 01/01/2011):
tasso di mascolinità
0,00
20,00
40,00
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100,00
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80,00
100,00
120,00
140,00
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Pia
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Roncobello
San G
iovanni B
ianco
San P
elle
grino T
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4. IL PIANO DI ZONA COME STRUMENTO DI “GOVERNANCE” DEL WELFARE
LOCALE
La legge quadro di riforma dell’assistenza L.328/00 e la Legge Regionale 3/2008, individuano
nella programmazione, condotta in una logica che promuova la massima partecipazione di tutti gli
attori del sistema sociale territoriale, l’azione fondamentale per l’attuazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali.
Il sistema di welfare, inteso come combinazione degli elementi sociali, economici e culturali, deve
favorire l’integrazione tra individui, gruppi e organizzazioni, che caratterizzano il contesto
territoriale di riferimento. In particolare questo territorio caratterizzato da una storia e da una
strutturazione demografica, socio-culturale e politica propria, deve trovare in questo nuovo Piano di
Zona, la possibilità di mantenere e valorizzare il tradizionale senso di appartenenza comunitario, il
forte radicamento dei legami famigliari e parentali, la capacità di farsi carico dei nuovi bisogni
emergenti e di fronteggiare, con logiche solidaristiche al venir meno di risorse economiche.
39
Partendo pertanto da livelli di government macro, - lo Stato, chiamato a definire i livelli essenziali
e di assistenza sociale (LIVEAS), le Regioni, chiamate ad ottemperare agli obiettivi di
integrazione tra politiche sociali e politiche sanitarie (come del resto richiamato dalla L.R 3/2008)
, fondamentale sarà promuovere sinergie e strategie di lavoro, che permettano una governance
locale, centrata sulla definizione, da parte dei Comuni, delle priorità di intervento, delle modalità
organizzative e dell’insieme di strumenti e risorse necessari, per la realizzazione della rete dei
servizi sociali.
La metodologia della programmazione degli interventi e delle risorse, oltre ad essere orientata a
dare operatività alla fase di elaborazione dei progetti, dovrà contraddistinguersi in base alle
seguenti caratteristiche:
decentramento: sempre più vicini ai luoghi di vita quotidiana dei cittadini; questo
richiederà l’individuazione di forme, modalità e tempi di servizi che permettano di individuare
specifici bisogni, fornendo risposte adeguate anche in piccole aree o Comuni del territorio;
valutazione: costruzione di modalità di monitoraggio diretto, anche attraverso la
governance locale del singolo Comune, dello stato di attuazione del sistema integrato di
politiche sociali. La valutazione è elemento necessario e prioritario per garantire la qualità dei
servizi erogati;
partenariato e progettazione partecipata: la sussidiarietà è principio fondamentale
dell’agire futuro del sistema sociale vallare e la caratteristica essenziale di una metodologia di
lavoro sociale tesa a garantire, attraverso la concertazione, la partecipazione della pluralità di
soggetti, istituzionali e privati che rappresentano la vera ricchezza sociale del nostro territorio ;
gestione integrata e sovra comunale (associata): condizione necessaria per affrontare i
problemi e rendere sostenibile, la promozione della rete dei servizi, che da sempre
rappresentato il ruolo e la funzione essenziale del Piano di Zona.
Nel campo sociale, e in particolare in quello della pianificazione di zona, il termine governance
locale
appare come il più appropriato per rappresentare, un processo che vede coinvolti, una pluralità di
soggetti pubblici e privati che non è possibile (oltre a essere inopportuno), governare in modo
gerarchico.
In un territorio complesso e diversificato come quello della Valle Brembana, applicare la
governance locale
significa sostanzialmente, riuscire a promuovere un processo condiviso di costruzione collettiva
delle politiche sociali.
40
Rafforzare la coerenza fra i diversi livelli e ambiti di pianificazione, per non disperdere le energie
e le risorse del territorio, diventa sempre più urgente e necessario.
Il Piano di Zona rappresenta lo strumento privilegiato per la condivisione e la concertazione delle
politiche sociali, per la fissazione di modalità organizzative dei servizi, di forme di rilevazione dei
bisogni e delle risorse e di modalità di collaborazione tra i diversi attori che operano sul territorio.
In questo modo si realizza un efficace passaggio da una tradizionale gestione di “government” ad
una moderna prospettiva di “governance locale” , vicina al territorio e alle esigenze dei singoli
cittadini.
Gli organi politici e tecnici della governance locale, in questo Piano di Zona, di seguito
maggiormente declinati, hanno quindi la necessità di creare delle forte sinergiche progettuali, sia
nella fase preventiva di realizzazione dei progetti territoriali o individuali, sia in fase successiva di
monitoraggio e verifica dell’andamento degli interventi che verranno posti in essere. Questo vale
anche per la creazione di Tavoli e Gruppi di lavoro che si andranno a costituire, che dovranno
rappresentare il più possibili tutti gli ambiti del pubblico e del privato sociale che agiscono ed
operano nelle diverse aree del territorio e che facciano da tramite, tra il livello politico e tecnico e
le esigenze del territorio stesso.
La possibile sinergia tra i vari livelli, politico, tecnico e locale, in questo Piano di Zona, dovrà
cercare di raggiungere alcuni obiettivi che possiamo così sintetizzare:
Un sistema di servizi e di prestazioni integrate che rappresentino una forte
connotazione di appartenenza locale,
Nuove forme di finanziamento del sistema, attualmente non più sufficiente
considerati i continui tagli alla spesa pubblica e i limitati trasferimenti, comunicati
dalla Regione nell’ultimo periodo;
Modalità organizzative e gestionale dei servizi, nonché le modalità di accesso alla
rete dei servizi, che vadano incontro alle reali esigenze delle famiglie e dei
cittadini della zona;
Gli apporti del privato sociale nella progettazione e gestione del sistema dei servizi;
L’integrazione tra servizi sociali e servizi sanitari di base o specialistici, presenti sul
territorio.
Il Piano di Zona e’ adottato attraverso un Accordo di programma, sottoscritto dai Comuni
dell’ambito e dall’ASL territorialmente competente. Esso rappresenta, la sintesi delle scelte
concertate con tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione del sistema integrato di interventi
e servizi sociali e sanitari.
41
5. LE POLITICHE SOCIALI PER IL TRIENNIO 2012 – 2014
5.1 INDICAZIONI POLITICHE PER LO SVILUPPO DELLE POLITICHE SOCIALI
PER IL NUOVO TRIENNIO
Gli indirizzi individuati per le politiche Sociali dal presente Piano di Zona hanno l’obiettivo di
offrire il benessere e un buon livello di qualità di vita per i cittadini, tale principio base, di tutte le
politiche sociali deve essere poi collocato nelle condizioni del nostro contesto territoriale. Il Piano
di Zona e l’Ambito diventano strumenti insostituibili delle singole Amministrazioni Comunali,
che associandosi, creano condizioni e opportunità necessarie per il raggiungimento degli obiettivi.
Il protagonismo delle Amministrazioni Comunali è imprescindibile e cosi pure la loro capacità di
interferire con i servizi e la stessa struttura dell’Ambito. L’Ambito dovrà meglio sviluppare il
proprio ruolo di braccio operativo e di strumento associato.
Il contesto storico d’azione è caratterizzato da diversi elementi che condizionano fortemente le
scelte. Fra i più caratterizzanti: la contrazione delle risorse dirette destinate all’ambito, la
formulazione di nuove forme di sostegno regionali tramite il sistema di “voucherizzazione” , la
necessità di reperire risorse tramite bandi e progetti, i nuovi bisogni emergenti sul territorio, i
nuovi indirizzi delle politiche nazionali e regionali.
Rispetto a tali condizioni è necessario sviluppare una politica che sia caratterizzata da forme di
confronto, dialogo e collaborazione molto forte tra i diversi enti e livelli di competenza (Ambito e
Comuni, Distretto Asl, Enti Provinciali, Azienda Sanitaria, Terzo Settore, Quarto Settore …),
forme che possano sfociare in fattive condivisioni delle progettualità per far si che ogni attore
possa apportare l’opportuno contributo.
La pianificazione del triennio deve essere supportata da una forte presenza della rappresentanza
del territorio, sotto le formule previste dalla struttura della Governance, condividendo il principio
di sistema e messa in rete delle risorse. Sinteticamente si può affermare che per l’attuazione di
buone politiche sociali, il periodo storico, politico e le caratteristiche socio-geografiche
dell’Ambito richiedono un impegno condiviso fra tutti gli attori del territorio.
5.2 ORGANI DELLA GOVERNANCE
5.2.1 ASSEMBLEA DEI SINDACI E DIRETTIVO
L’Assemblea dei Sindaci è normata ai sensi dell’art. 9 comma 6° della L.R. 11.07.1997 n. 31 e
delle direttive approvate con DGR n. 41788/1999. L’Assemblea è composta dai Sindaci dei 38
Comuni dell’Ambito e rappresenta il luogo stabile della decisionalità politica in merito alla
42
programmazione zonale, quale espressione di continuità rispetto alla programmazione
sociosanitaria e all’integrazione tra politiche sociali e sanitarie. L’Assemblea interpreta la
funzione strategica di indirizzo e controllo che si estrinseca, in particolare, nelle seguenti attività:
approvazione del documento di Piano e suoi aggiornamenti;
verifica annuale dello stato di raggiungimento degli obiettivi della programmazione;
aggiornamento delle priorità e degli interventi annuali, coerentemente con la
programmazione triennale e le risorse disponibili;
approvazione dei piani economico-finanziari di preventivo e dei rendiconti di consuntivo;
approvazione dei dati relativi alle rendicontazioni richieste dalla Regione per la
trasmissione all’ASL ai fini dell’assolvimento dei debiti informativi.
Il Direttivo dell’Assemblea Sindaci è l’organo, i cui componenti sono nominati dal Presidente in
accordo con i Sindaci, che svolge funzione di analisi e verifica dei temi e problematiche da
trattare.
I componenti del Direttivo rappresentano i diversi sottoambiti del territorio (Aree e
Amministrazioni Comunali più ampie).
5.2.2 UFFICIO DI PIANO
L’evoluzione delle norme in materia di welfare e la crescente responsabilità attribuita agli Enti
Locali in quest’ambito, hanno determinato la necessità di fare fronte ad una maggiore complessità
nella gestione delle funzioni e dei compiti posti in capo ai Servizi Sociali Comunali e di
conseguenza risulta fondamentale il potenziamento del ruolo degli Uffici di Piano.
Considerata la funzione meramente tecnica dell’Ufficio di Piano, di supporto all’organismo
politico e per l’assunzione degli atti amministrativi di attuazione del Piano di Zona, si propone di
rivederne la sua composizione e di definirlo più come “cabina di regia tecnica” rappresentativa dei
Comuni attraverso la partecipazione dei loro referenti tecnici.
Gli obiettivi dell’Ufficio di Piano , nell’arco del triennio si possono così sintetizzare:
Ricostituzione dell’Ufficio di Piano e della funzione programmatica
Raccordo periodico con l’Assemblea dei Sindaci
Coordinamento della rete territoriale.
43
5.2.3 I TAVOLI TEMATICI
All’interno dei PdZ, i Tavoli Tematici meritano senz’altro un’attenzione particolare, in quanto
luogo privilegiato della partecipazione e di sviluppo di una decisionalità “a più voci”. Essi sono
parte della definizione di un modello di partecipazione e di complessivo assetto per la
pianificazione sociale che coinvolga la comunità e il territorio nel suo complesso, con le risorse e
con i soggetti che la rappresentano. L’obiettivo è quindi la definizione delle linee strategiche di
indirizzo delle politiche sociali e l’attuazione del Piano stesso, attraverso un costante rapporto di
partecipazione con i diversi organismi della comunità. In uno scenario complesso che vede una
pluralità di attori presenti nel territorio, la condivisione delle scelte è garanzia della loro efficacia
a partire dagli enti locali, fino a tutte le componenti che a diverso titolo si occupano del benessere
e dei cittadini. La partecipazione presuppone collaborazione e costruzione di percorsi condivisi
nonchè la precisazione di reciproci livelli di riconoscimento e titolarità.
Per questo si possono identificare due livelli di espressione di partecipazione:
il livello di rappresentanza e rappresentatività con la funzione di ampliare il più possibile la
capacità di ascolto dei diversi soggetti del territorio, coinvolti nelle azioni del Piano di Zona; - il
livello consultivo organizzato nei tavoli tematici, dove la rappresentanza diventa condizione
fondamentale di condivisione e di efficacia degli interventi formulati e attuati.
La funzione dei tavoli è quella di costruire una partecipazione vera, al fine di realizzare
fattivamente un sistema di servizi più rispondente ai bisogni della nostra comunità. In tal senso, i
Tavoli Tematici devono seguire un regolare svolgimento di approfondimento e
accompagnamento dell’evolversi dei progetti e delle situazioni; la loro composizione richiama la
necessità di una riformulazione dei referenti, anche a seguito delle modifiche avvenute e delle
nuove impostazioni programmatiche.
I Tavoli Tematici rappresentano il luogo di confronto tra i programmatori istituzionali e realtà
sociale. Essi operano stabilmente per tutta la durata dell’attuazione del Piano di Zona: dalla sua
costruzione, al monitoraggio, compresa la fase di valutazione del processo attuativo.
I Tavoli Tematici d’Area previsti per il Piano di Zona 2012-2014 sono:
TAVOLO MINORI E FAMIGLIA TAVOLO SCUOLE
TAVOLO DISABILI
TAVOLO SALUTE MENTALE
TAVOLO ANZIANI
TAVOLO EMARGINAZIONE
TAVOLO TERZO E QUARTO SETTORE
44
I partecipanti mettono a disposizione della comunità risorse e competenze utili a:
• rilevare le condizioni sociali del territorio
• analizzare le criticità
• individuare i bisogni
• individuare le risorse e i punti di forza presenti nella comunità locale
• proporre le priorità di intervento.
Chi partecipa è quindi riconosciuto portatore di saperi, esperienze, competenze utili per
fotografare il volto della Valle, delle condizioni di vita di chi vi abita, dei diritti da garantire.
Si conferma la disponibilità degli operatori psico-sociali dell’ASL di zona ai Tavoli di lavoro,
considerando l’importanza di tenere aperta questa interlocuzione e collaborazione anche sotto
questa forma.
GRUPPI DI LAVORO SU PROGETTI SPECIFICI
Legati ai Tavoli Tematici, il Piano di Zona 2012-2014 prevede la formalizzazione di modalità
operative che prevedano gruppi di lavoro specifici che permettano di ottimizzare la loro
costituzione e renderne più efficace i risultati.
In particolare i gruppi avranno obiettivi specifici e attività finalizzate al raggiungimento di questi.
A prosecuzione del lavoro intrapreso nel triennio precedente si prevede la conferma dei gruppi:
AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
GRUPPO TECNICO PROGETTO PREVENZIONE
GRUPPO DI LAVORO CRE
COORDINAMENTO SERVIZI PRIMA INFANZIA
COORDINAMENTO SERVIZI EXTRASCUOLA
TAVOLO TECNICO DIMISSIONI UONPI
TAVOLO DEL VOLONTARIATO
Si valuteranno in itinere eventuali ulteriori gruppi di lavoro.
Le azioni previste per la realizzazione degli obiettivi possono essere così sintetizzate:
Ridefinizione e nomina dei componenti dell’Ufficio di Piano individuati nel responsabile
servizi sociali dell’ente capofila (o suo delegato), responsabile UdP e nelle assistenti sociali dei
comuni;
Convocazione periodiche e messa a tema delle problematiche inerenti i servizi e le
funzioni in ambito sociale e socio-sanitario;
45
Predisposizione e assunzione degli atti amministrativi attuativi il piano di zona;
Stesura, a seguito delle linee di indirizzo, di proposte da sottoporre all’Assemblea dei
Sindaci;
Definizione e conduzione dei tavoli tematici di progettazione e monitoraggio:
MINORI E FAMIGLIA
SCUOLE
DISABILI
SALUTE MENTALE
ANZIANI
EMARGINAZIONE
TERZO E QUARTO SETTORE
Per ognuno dei tavoli tematici è previsto un coordinatore da individuare nelle assistenti
sociali comunali (ad esclusione del tavolo famiglia che sarà coordinato dal responsabile tutela
minori)
6. LE LINEE PROGRAMMATICHE TRASVERSALI E LE AZIONI PER IL TRIENNIO
6.1 SEGRETARIATO SOCIALE
Il Segretariato Sociale è la porta unitaria d’accesso al sistema dei servizi sociali e sociosanitari
del territorio. Ad esso si possono rivolgere tutti i cittadini per avere informazioni e orientamento
sui servizi. Tale attività, per le sue caratteristiche di accoglienza, ascolto, orientamento,
costituisce una delle funzioni del Servizio Sociale Professionale; quest’ultimo fornisce non solo
informazioni sui diritti, opportunità e risorse disponibili territorialmente, ma, adeguatamente
strutturato ed organizzato, diventa uno strumento utile ai fini della programmazione locale tra le
strategie del governo del Welfare.
Il Servizio di Segretariato Sociale si pone come servizio di primo livello del territorio, il cui
obiettivo è offrire:
alle Amministrazioni Comunali:
� Informazioni e consulenza sulla legislazione sociale;
� Supporto nella gestione delle situazioni di disagio sociale (si rimanda al paragrafo
successivo per gli specifici interventi nelle varie aree)
all’utenza che accede direttamente al servizio:
46
• Informazione e orientamento su servizi pubblici e del privato sociale presenti sul
territorio, sulle loro funzioni, sulle modalità e sui criteri di accesso, nonché sulla
legislazione sociale;
• Analisi della domanda, ascolto e accoglienza del disagio, interventi di
chiarificazione e counselling;
• Filtro, invio ed eventuale accompagnamento rispetto ai servizi di base e ai servizi
specialistici e alle realtà del privato sociale;
• Presa in carico di situazioni specifiche, previo contatti e accordi con le
Amministrazioni Comunali.
al territorio:
� Contatto e messa in rete con i servizi del territorio, in un’ottica di collaborazione e
integrazione;
� Monitoraggio dei bisogni e delle risorse, finalizzato a orientare le politiche sociali
della Comunità Montana e a offrire elementi di confronto alle Amministrazioni
Comunali.
Il servizio, per i Comuni che hanno delegato la gestione alla Comunità Montana, non sostituisce le
Amministrazioni Comunali, che rimangono titolari del servizio, nonché di proprie conoscenze e
saperi, ma vi si affianca come supporto, possibilità di confronto, consulente all’interno di specifici
progetti di intervento concordati e condivisi. Nonostante la corresponsabilità, anche dal punto di
vista giuridico, per competenza, legittimità e perfezione, gli atti del segretariato sociale, (ad
esempio relazioni sociali, …) verranno emanati dall’ente gestore. Spetteranno, invece, ai comuni
di residenza degli utenti del servizi gli atti relativi a prestazioni sociali che impegnano i bilanci
comunali. Rimane fatto salvo, in ogni caso, che qualsiasi intervento o prestazione sociale a favore
degli utenti del servizio di segretariato sociale dovrà essere preventivamente autorizzata dal
comune di residenza.
A seguito della positiva esperienza degli sportelli di segretariato sociale attivi nei Comuni, si
intende promuovere, nel triennio 2012 – 2014, una gestione coordinata dei servizi di segretariato
sociale (sia di quelli comunali che di quelli in gestione associata) con la costituzione di una cabina
di regia tra le assistenti sociali coinvolte. La cabina di regia sarà coordinata da un’assistente
sociale di un comune con esperienza pluriennale in materia.
Sarà, inoltre, prevista l’apertura degli sportelli di segretariato sociale presso i singoli Comuni,
attraverso la presenza dell’assistente sociale con modalità e tempi da calibrare in base alle reali
dimensioni dei Comuni, in modo da favorire l’accesso dei soggetti in stato di fragilità e bisogno,
con una struttura più prossima e vicina alle realtà territoriali.
47
Le competenze assegnate sono le seguenti:
Area persone anziane
� Valutazione delle domande di attivazione del Servizio di Assistenza Domiciliare, predisposizione
del progetto e verifica degli interventi (compresa la eventuale segnalazione al Cead di ambito);
� Valutazione delle situazioni personali e familiari, analisi del bisogno ed individuazione di
possibili risposte, orientamento ai nuclei familiari;
� Informazione e consulenza per pratiche burocratiche per l’accesso a benefici e indennità
economiche e sulle risorse residenziali e semiresidenziali.
Area Disagio Adulto
� Informazione e consulenza sulla legislazione sociale, nonché sulle risorse pubbliche e del privato
sociale presenti sul territorio;
� Analisi della domanda, percorsi brevi di consulenza per problematiche personali e familiari;
� Valutazione di situazioni di povertà ed esclusione sociale, in termini di lettura dei bisogni e
delle risorse della persona e del suo contesto, progettazione di interventi di inclusione sociale dove
possibile (inserimento lavorativo, individuazione di soluzioni alloggiative, reinserimento sociale)
o di progetti a bassa soglia volti a contrastare l'aggravarsi dell'emarginazione sociale;
� Consulenza ai comuni per progetti di sostegno al reddito per situazioni di povertà, mirati ove
possibile al raggiungimento dell’autonomia;
� Informazione, orientamento e invio verso i Servizi per le dipendenze e i servizi del Privato
Sociale di persone con problematiche di dipendenza;
� Informazione, orientamento ed invio verso il C.P.S. di persone con problematiche psichiatriche;
� Collaborazione con i Servizi per le Dipendenze, il C.P.S., gli Enti Ausiliari e realtà del privato
sociale per l’attuazione di progetti di reinserimento sociale e/o lavorativo sul territorio (fermo
restando la titolarità dei progetti in capo ai servizi specialistici …).
Area handicap � Analisi della situazione sociale e predisposizione, in collaborazione con i servizi pubblici e del
privato sociale di progetti specifici di inserimento sociale e lavorativo, di supporto e sollievo al
nucleo familiare;
� Collaborazione nell’individuazione di risorse residenziali in caso di bisogno;
Area immigrazione/ intercultura � Facilitazione dell'accesso dei cittadini immigrati ai servizi esistenti nel territorio;
� informazioni per la regolare permanenza in Italia;
� ascolto, consulenza, orientamento;
� attivazione della mediazione culturale a scuola e negli spazi aggregativi;
� promozione delle risorse e delle competenze delle popolazioni straniere presenti sul territorio.
48
MODALITA’ DI ACCESSO E INVIO DELL’UTENZA
Sono previste le seguenti modalità di accesso:
1. accesso diretto dell'utente o dei nuclei familiari (presso la sede del servizio prevista c/o la sede
di ognuno dei 38 Comuni dell’ambito Territoriale), negli orari di ricevimento al pubblico o
tramite appuntamento concordato telefonicamente con l’Assistente Sociale;
2. segnalazione da parte del distretto asl;
3. segnalazione da parte dei servizi pubblici e delle risorse del privato sociale.
OBIETTIVI DI GESTIONE
Risultano tra gli obiettivi prioritari di questo nuovo Piano di Zona:
il Coordinamento /Regia delle azioni sviluppate a livello di ambito, attraverso un
coordinamento unico;
maggiore conoscenza delle risorse attivabili in seguito al consolidamento della rete dei servizi
socio-assistenziali ed educativi;
il miglioramento dell’integrazione con i servizi socio-sanitari;
Software unico e Modulistica comune
Introduzione di un software unico e unificazione della strumentazione tecnica utilizzata, per
esempio cartella dell’utente;
Accesso alle rete dei servizi
Elaborazione di un regolamento ISEE uniforme a livello distrettuale per l’accesso alla rete
integrata di interventi e servizi sociali;
Riorganizzazione del Servizio Sociale
Definizione di aree specifiche di competenza sovra-territoriale
Apertura degli sportelli di Segretariato Sociale in tutti i Comuni (per i Comuni più piccoli si
ipotizza una fase di studio per la definizione di un’apertura di sportello associato o di sportello
comunale con modalità e tempi diversificati);
Sistema informativo
Costruzione di modalità di reporting annuale della tipologia di utenza e della domanda sociale al
fine di garantire un riorientamento del sistema di protezione sociale;
Rete con i punti di ascolto territoriali
Definizione di modalità di raccordo con i patronati sindacali e con i centri di ascolto attivi in
valle.
49
6.2 COMUNE E SOLIDARIETÀ
FONDO SOCIALE TRIENNIO 2012/2014:
COMUNI ABITANTI AL 31/12/2010
COSTO ASSISTENTE SOCIALE ai
comuni 2012 - 2014
FONDO EX SPAI
2012 - 2014
FONDO SOCIALE 2012
- 2014
FONDO TOTALE
ANNO 2012 - 2014
Averara 185 € 870,42 € 36,62 € 870,00 € 1.777
Branzi 727 € 3.420,52 € 143,92 € 1.954,00 € 5.518
Camerata Cornello 619 € 2.912,39 € 122,54 € 1.738,00 € 4.773
Carona 355 € 1.670,27 € 70,28 € 1.210,00 € 2.951
Cassiglio 120 € 564,60 € 23,76 € 740,00 € 1.328
Cusio 265 € 1.246,82 € 52,46 € 1.030,00 € 2.329
Foppolo 206 € 969,23 € 40,78 € 912,00 € 1.922
Isola di Fondra 189 € 889,24 € 37,41 € 878,00 € 1.805
Lenna 640 € 3.011,19 € 126,69 € 1.780,00 € 4.918
Mezzoldo 196 € 922,18 € 38,80 € 892,00 € 1.853
Moio de' Calvi 208 € 978,64 € 41,18 € 916,00 € 1.936
Olmo al Brembo 525 € 2.470,12 € 103,93 € 1.550,00 € 4.124
Ornica 180 € 846,90 € 35,63 € 860,00 € 1.743
Piazza Brembana 1256 € 5.909,46 € 248,64 € 3.012,00 € 9.170
Piazzatorre 444 € 2.089,01 € 87,89 € 1.388,00 € 3.565
Piazzolo 86 € 404,63 € 17,02 € 672,00 € 1.094
Roncobello 436 € 2.051,37 € 86,31 € 1.372,00 € 3.510
Santa Brigida 586 € 2.757,12 € 116,00 € 1.672,00 € 4.545
Valleve 137 € 644,58 € 27,12 € 774,00 € 1.446
Valnegra 209 € 983,34 € 41,37 € 918,00 € 1.943
Valtorta 295 € 1.387,97 € 58,40 € 1.090,00 € 2.536
subtotale 1 7864 € 37.000,00 € 1.556,76 € 26.228,00 € 64.785
Algua 726 € 3.838,53 € 143,72 € 1.952,00 € 5.934
Bracca 767 € 4.055,30 € 151,84 € 2.034,00 € 6.241
Cornalba 310 € 1.639,04 € 61,37 € 1.120,00 € 2.820
Costa Serina 980 € 5.181,48 € 194,00 € 2.460,00 € 7.835
Dossena 966 € 5.107,46 € 191,23 € 2.432,00 € 7.731
Oltre il Colle 1062 € 5.615,03 € 210,23 € 2.624,00 € 8.449
Serina 2187 € 11.563,16 € 432,94 € 4.874,00 € 16.870
subtotale 2 6998 € 37.000,00 € 1.385,33 € 17.496,00 € 55.881
Blello 79 € 310,43 € 15,64 € 658,00 € 984
Brembilla 4179 € 16.421,30 € 827,28 € 8.858,00 € 26.107
Gerosa 360 € 1.414,61 € 71,27 € 1.220,00 € 2.706
Sedrina 2559 € 10.055,54 € 506,58 € 5.618,00 € 16.180
50
Ubiale Clanezzo 1396 € 5.485,56 € 276,35 € 3.292,00 € 9.054
Vedeseta 218 € 856,63 € 43,16 € 936,00 € 1.836
Taleggio 625 € 2.455,93 € 123,73 € 1.750,00 € 4.330
subtotale 3 9416 € 37.000,00 € 1.864,00 € 22.332,00 € 61.196
Zogno 9097 € 1.800,85 € 18.694,00 € 20.495
San Giovanni Bianco 5094 € 1.008,41 € 10.688,00 € 11.696
San Pellegrino Terme 4974 € 984,66 € 10.448,00 € 11.433
Subtotale 4 19165 € 3.793,91 € 39.830,00 € 43.624
TOTALE 43443 € 111.000,00 € 8.600,00 € 105.886,00 € 225.486
6.3 INTEGRAZIONE SOCIALE E SANITARIA
Come previsto dalla Legge Regionale 3/08, all’Art. 18, che specifica il ruolo dei Piani di Zona nella
programmazione territoriale in ambito sociale, e successiva DGR n° 8551/08, che prevede la
programmazione basata sul principio dell’integrazione, al fine di evitare il disorientamento del cittadino
fragile e rendere più fruibili i servizi, pare particolarmente importante la ricerca di forme più efficaci di
integrazione e sinergia tra interventi socio-sanitari dell’ASL e quelli socio-assistenziali dei Comuni. Lo
scopo è di produrre risposte congrue ed appropriate in grado di affrontare la globalità e la complessità
dei bisogni delle persone, nell’ottica di unità d’offerta adeguate ai diversi gradi di fragilità.
In questi anni, le singole componenti della rete dei servizi territoriali sono cresciute: si è sviluppata
l’ADI con il voucher socio-sanitario e l’implementazione del CeAD, l’Ambito poi ha introdotto,
l’erogazione di buoni e voucher sociali, ma permangono ancora difficoltà di raccordo tra queste
componenti, un’integrazione che non deve essere vista unicamente come una modalità di
funzionamento tecnico-organizzativa dei servizi, ma deve diventare lo strumento per realizzare la
risposta unitaria ai problemi di salute e di promozione del benessere psico-fisico dei cittadini.
Gli obiettivi perseguibili attraverso il rafforzamento del processo di integrazione socio-sanitaria sono
quindi:
o Rispondere in modo adeguato e personalizzato ai bisogni delle persone “fragili” attraverso la
rimodulazione della rete dei servizi socio-sanitari e socio assistenziali, nell’ottica di una
maggiore diversificazione e flessibilità dell’offerta;
o Favorire la permanenza della persona con fragilità al proprio domicilio e nel proprio contesto
familiare e socio-amicale, attraverso un’implementazione dei servizi domiciliari;
o Favorire la messa in rete delle risorse presenti sul territorio, sia del pubblico che del privato,
nonché del Terzo Settore, a supporto delle fasce più vulnerabili;
51
In particolare segnaliamo alcuni ambiti specifici che verranno in parte ripresi nei paragrafi successivi e
che avranno come connotazione un forte integrazione tra i servizi di Ambito e i Servizi Consultoriali e
non dell’Azienda Asl, in particolare
Servizio tutela minori
Prosecuzione e rafforzamento della collaborazione con l’ASL relativamente agli interventi
psicologici di valutazione e terapia rivolti ai minori sottoposti a provvedimenti dell’Autorità
Giudiziaria e non solo, comunque in carico al Servizio Tutela Minori.
Definizione Protocollo per la segnalazione dei minori in condizione di rischio di disagio sociale
con gli istituti scolastici.
Consolidamento di tutte le collaborazioni già in atto tra l’ASL, l’Ambito, le strutture Socio
Sanitarie locali, il Terzo e Quarto Settore, che favoriscono l’utilizzo integrato delle risorse del
territorio e ove possibile l’attivazione di percorsi che valorizzano e sostengono il ruolo sociale
della famiglia.
Attività consultoriali
Collaborazione con l’ASL e la rete Consultoriale del privato sociale per la promozione della
famiglia e lo sviluppo delle attività di adozione, affido familiare e sostegno alla genitorialità.
Continua l’attività degli psicologi all’interno del Servizio Affidi familiari nell’accompagnare e
sostenere sia la famiglia affidataria che il bambino in affido;
Verranno ripresi e svolti dagli operatori psico-sociali del Consultorio di Villa D’Alme , gli
interventi connessi alle adozioni in riferimento alla legge 149/2001.
Interventi a favore dei minori dimessi dalla NPI di Zogno. Nel triennio si avvierà un rapporto di
collaborazione (vedi protocollo disabilità siglato nel dicembre 2011), tra l’ASL, l’Ambito e la
Neuropsichiatria di Zogno per quanto riguarda gli interventi sui minori con disabilità, a favore
dei minori dimessi dalla NPI al raggiungimento del 18esimo anno di età.
Inserimento lavorativo
Promozione di un nuovo modello per l’inserimento lavorativo delle persone in condizione
fragilità sociale che coinvolga direttamente il livello del segretariato sociale dei comuni,
dell’ABF e CPI della Provincia di Bergamo e della rete del privato sociale (in modo particolare
le cooperative sociali di tipo b del territorio).
Il modello prevede una gestione più istituzionale dell’analisi, definizione e attuazione del
progetto individualizzato di inserimento lavorativo e l’acquisto, tramite sistema di
accreditamento dell’eventuale accompagnamento educativo o di prestazioni di formazione al
lavoro attraverso la rete dei laboratori occupazionali protetti del privato sociale. Per quanto
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riguarda il matching tra domanda o offerta di lavoro e la ricerca lavoro nelle aziende si ipotizza
un’azione condivisa e diretta tra ambito, ABF e CPI.
Rafforzamento della collaborazione con l’ASL per le valutazioni psico-diagnostiche per
l’inserimento lavorativo.
Prevenzione all’uso/abuso di sostanze e promozione di stili di vita sani
Prosecuzione e rafforzamento della collaborazione con l’ASL, in particolare il Dipartimento
delle Dipendenze e della Medicina di Comunità, per lo sviluppo di azioni sul territorio che
coinvolgono le diverse agenzie educative al fine di prevenire comportamenti a rischio e
promuovere stili di vita sani.
Coinvolgimento degli enti gestori di spazi commerciali pubblici coinvolti e coinvolgibili nei
processi di prevenzione.
Avvio di uno studio su un progetto per la dipendenza da gioco e da sistemi on line, quale
problematica emergente sul territorio.
Strumenti di tutela
Rafforzamento della collaborazione con l’ASL (Ufficio di Protezione Giuridica) e con le realtà
del territorio che si occupano di soggetti privi di autonomia o che non sono in grado di tutelare i
propri interessi, attraverso la diffusione di spazi di consulenza e l’implementazione della figura
dell’Amministratore di Sostegno.
PUOI
Messa a disposizione delle realtà territoriali che si occupano di intercettare la domanda sociale
del sistema informativo sui servizi socio-assistenziali e sanitari del territorio.
Manutenzione del sistema informativo in collaborazione con l’Asl, Provincia e gli altri attori
coinvolti.
CeAD
Rafforzamento e presidio del CeAD come ambito di programmazione e verifica degli interventi
individualizzati relativi alla domiciliarità su tutto il territorio dell’Ambito.
Dimissioni accompagnate - posti di sollievo
Rafforzamento delle collaborazioni con ASL e istituzioni del territorio quali Azienda
Ospedaliera, RSA e SAD al fine di poter programmare interventi di sollievo o ricoveri di
convalescenza.
Promozione e collaborazione tra enti e istituzioni
Raccordo periodico con gli organismi rappresentativi con funzioni di analisi, predisposizione di
linee di indirizzo e programmazione di interventi socio-sanitari.
53
Collaborazione e confronto tra Ambito Territoriale di Zona, Assemblea dei Sindaci, Ufficio di
Piano, Distretto ASL e Consultorio attraverso una interlocuzione tra le parte politiche e le parti
tecniche.
Proseguiranno infine i progetti già in atto sul territorio vallare:
- “ASL Libera dal Fumo”, continuerà la collaborazione con l’Ospedale di San Giovanni Bianco a
favore delle donne gravide;
- “Sostegno allattamento al seno”;
- “Prevenzione depressione post partum”. Progetto realizzato in collaborazione con il Centro
Bambino Famiglia dell’ASL e gli Ospedali Riuniti.
- “Dote conciliazione famiglia e lavoro” che vede una forte interconnessione tra il mondo dei
servizi e quello produttivo, al fine di garantire più opportunità per le neo mamme;
- “Progetto Nasko” a tutela della maternità.
6.4 IL SISTEMA DI ACCREDITAMENTO
I Comuni del’Ambito Valle Brembana hanno delegato alla Comunità Montana Valle Brembana in
qualità di Ente Gestore del Piano di Zona la gestione dell’istituto della Comunicazione Preventiva (art.
15 Legge n. 3/2008) anche al fine di predisporre protocolli e regolamenti per l’accreditamento delle
Unità di Offerta socio-assistenziali.
OBIETTIVI AZIONI Uniformare i criteri di erogazione, accesso e organizzazione dei servizi socio-assistenziali su tutto il territorio vallare
Implementazione di un sistema di accreditamento di tutte le unità d’offerta socio-assistenziali presenti sul territorio; in particolare:
- verifica sistema accreditamento voucher disabili;
- verifica applicazione regolamento CSE e ipotesi regolamento CDD e RSD;
- applicazione regolamento accreditamento servizi per la prima infanzia.
Valutazione Unità d’offerta socio-assistenziali sperimentali
Valutazione di criteri di accreditamento e verifica anche di unità d’offerta sperimentali non previste dalla normativa regionale.
Promozione forme di gestione associata tra le unità di offerta
Promuovere logiche di gestione associata di alcune azioni trasversali alle diverse unità di offerta:
- formazione del personale; - acquisti coordinati di presidi sanitari e per la
sicurezza sul lavoro; - informazione e formazione all’utenza e alla rete
parentale.
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6.5 I TITOLI SOCIALI
I titoli sociali, strumenti per l’acquisto di servizi e prestazioni sociali a mezzo voucher o attraverso
l’erogazione di buoni sociali, sono utilizzati a supporto delle famiglie e del cittadino in condizioni di
fragilità, al fine di sostenerne la permanenza presso il proprio domicilio ovvero a ritardarne o evitarne
l’istituzionalizzazione o il ricovero. Questo, in base anche alle indicazioni regionali, nell’ottica di
garantire, per quanto possibile, la libera scelta sia del tipo di servizio che dell’ente erogatore da parte
degli interessati ed il principio di sussidiarietà, ampliando il sistema integrato dei servizi sociali con
l’introduzione di soggetti accreditati, quali erogatori delle prestazioni socio-assistenziali.
Tra gli obiettivi di tali strumenti:
- Fruizione omogenea su tutto il territorio dei servizi attraverso il sistema di voucherizzazione;
- Accreditamento sul territorio Vallare di enti/cooperative per l’erogazione dei servizi con conseguente
definizione di parametri economici e qualitativi;
La sempre maggiore carenza di risorse ne condizionerà non solo l’utilizzo, ma l’eventuale di nuovi
modelli di domiciliarità.
OBIETTIVI AZIONI Rafforzare la rete di soggetti pubblici e privati che operano nell’ambito della domiciliarità
Promozione di azioni di coordinamento e coprogettazione tra Ufficio di Piano e Terzo Settore
Omogeneizzazione dei servizi domiciliari sul territorio
Ridefinizione dei parametri di erogazione dei servizi per aree di intervento (criteri di accesso, quote a carico dell’utenza, tipologia di prestazioni)
Voucher per servizi diurni e/o residenziali Studi di fattibilità per l’utilizzo di voucher per CDD/CSE/ADM
Consolidamento di sostegno alla domiciliarità Collaborazione con le associazioni del territorio che erogano servizio di trasporto sociale
6.6 RAPPORTO CON IL TERZO E QUARTO SETTORE
La legge n. 328/00 e quella regionale 3/2008 disciplinano la costruzione del sistema di consultazione
locale, inserendo tra gli interlocutori privilegiati nella fase di programmazione, gli enti del Terzo e
Quarto Settore. Esso costituisce quel complesso di organizzazioni che all’interno del sistema
economico si collocano tra Stato e mercato e che contribuiscono, nel settore dei servizi alla persona,
soprattutto in termini di cura delle fasce deboli della popolazione ed al loro inserimento/reinserimento
lavorativo. Anche nel nostro ambito territoriale si è rilevata una forte presenza di associazioni e gruppi
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informali, oltre che cooperative sociali che spesso risultano fondamentali nel garantire una risposta ai
bisogni espressi.
A fronte della risorsa sul territorio risulta ancora difficoltoso averne uno scambio periodico
formalizzato e programmatorio che ha comportato la non costituzione finora del tavolo di Terzo
Settore.
OBIETTIVI AZIONI Potenziamento della rete sociale Maggiore coinvolgimento e raccordo del Terzo Settore
nella progettazione e realizzazione degli interventi sociali
Costituzione del Tavolo del Terzo e Quarto Settore
Consultazione e verifica periodica della rappresentatività degli organismi coinvolti.
Promozione del terzo e quarto settore Sviluppo di iniziative di promozione della conoscenza delle attività del terzo e quarto settore in Valle. Questo anche in un’ottica della promozione di sinergie e ottimizzazioni progettuali e gestionali.
Promozione della progettazione partecipata Avvio di uno studio per la messa a sistema della gestione associata di alcuni interventi sociali e definizione del bando di progettazione partecipata per la gestione associata condivisa con gli enti del terzo settore
Il Terzo Settore, ed in particolare il volontariato nelle sue diverse forme e componenti, risulta all’interno
del territorio dell’ambito 10 una risorsa molto significativa per la portata di valore sociale e di coesione
che esso rappresenta.
Nel percorso di riconoscimento e supporto al volontariato dell’ambito, il Centro Servizi Bottega del
Volontariato della provincia di Bergamo (CSV) svolge una funzione significativa/qualificata rivolta a
promuovere il volontariato e ad agevolare azioni da svolgersi in accordo con gli enti istituzionali e
sociali del territorio stesso. CSV infatti opera all'interno dell’Ambito esprimendo una funzione di
accompagnamento e supporto alle singole organizzazioni e alle reti attorno alla possibilità di
promuoverne la crescita in termini di coesione interna, competenze organizzative, capacità di analisi e di
risposta ai bisogni locali; e di sostenerne l'attitudine a sviluppare logiche collaborative e cooperative fra
di loro e con gli altri soggetti locali.
Le principali direttrici di azione da sviluppare risultano essere le seguenti:
Promozione del volontariato giovanile: realizzare percorsi di sensibilizzazione, azioni conoscitive e
orientative, stage ed esperienze dirette di volontariato con le associazioni, co-progettati e co-costruiti
con i soggetti del territorio che intercettano le nuove generazioni (in particolare scuole primarie e
secondarie di primo e secondo grado, oratori, cag, gruppi giovanili e gruppi informali), con l’obiettivo di
diffondere la cultura e i valori del volontariato verso l’intera comunità ed in particolare nei confronti
delle nuove generazioni.
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Realizzazione di manifestazioni, eventi, occasioni di visibilità: sostenere la capacità delle
organizzazioni di promuoversi e comunicarsi; di offrire ai cittadini l’opportunità di conoscere il mondo
del volontariato e della solidarietà.
Sostegno e supporto alle reti territoriali: valorizzare la territorialità delle associazioni nello
sviluppare capacità di lettura, analisi e risposta a specifici bisogni/desideri di un contesto, con l’obiettivo
di sviluppare percorsi di partecipazione e corresponsabilità tra le associazioni e tra esse e gli altri
soggetti del territorio in cui si trovano ad operare: soggetti sociali, istituzionali, del mondo profit e no
profit.
Sostegno e supporto alle reti tematiche: offrire strumenti di consapevolezza, sostegno e crescita
attraverso percorsi di partecipazione e corresponsabilità a reti di volontariato che condividono
un’attenzione comune rispetto ad un particolare focus sociale, ad esempio reti legate al tema della
disabilità, della salute mentale, associazioni che si occupano di anziani, di immigrazione, minori,
mutualità tra le famiglie, ecc.
Accompagnamento alla partecipazione e alla rappresentanza: sostenere le diverse azioni locali nel
ricollocarsi all’interno di un disegno di Ambito, agevolando lo scambio di competenze e la condivisione
di buone prassi, che partano dal riconoscimento delle varie identità per giungere gradualmente e secondo
un processo bottom-up all’implementazione di forme di rappresentanza reali e riconosciute.
7. LE AREE DI PROGRAMMAZIONE PER IL TRIENNIO
7.1 AREA FAMIGLIA E MINORI
7.1.1 IL SERVIZIO DI TUTELA MINORI
L’art. 4 della L.R. N.34 del 14 dicembre 2004 attribuisce ai comuni le funzioni inerenti i servizi sociali
rivolti ai minori che esercitano in forma associata a livello di ambito territoriale, nelle diverse forme
giuridiche previste dalla normativa vigente e secondo gli assetti più funzionali alla gestione.
Quando si parla di tutela minori, si intende l’insieme delle attività volte ad assicurare la cura, la tutela
del minori, laddove la famiglia non sia in grado di provvedere adeguatamente alla sua crescita, al suo
sviluppo, garantendo ove possibile la permanenza anche con adeguati supporti all’interno della famiglia.
In questa visione più ampia, l’Ufficio di Tutela Minori non può di fatto limitarsi alla sola presa in carico
e gestione degli interventi previsti dall’Autorità Giudiziaria, ma deve saper entrare in rete, utilizzando le
risorse tecniche proprie del servizio, Assistenti Sociali, Educatori, Psicologi, Assistenti Educatori, tutte
le agenzie educative presenti sul territorio, per condividere e predisporre progetti di cura, sostegno,
prevenzioni rivolti ai nuclei famigliari e ai minori in difficoltà.
57
Pertanto l’Ufficio Tutela minori ha il compito di rilevare e successivamente intervenire laddove
(attraverso una segnalazione, che può giungere dalle agenzie educative, scolastiche, amministrative,
civili), la sussistenza di una o più situazioni di pregiudizio per il minore.
Ha il compito di mettere in campo di promuovere progetti (in collaborazione con la rete territoriale e in
accordo con l’amministrazione comune di riferimento), che siano rivolti alla vigilanza, protezione e cura
dell’area minorile in genere, con particole attenzione e tutela nei confronti delle situazione di fragilità e
rischio sociale e culturale.
Quando necessario in condizioni di abbandono, incuria e trascuratezza grave, maltrattamento, molestie
sessuali o abuso, grave incapacità genitoriale dei genitori, provvede alla segnalazione alla competente
Autorità Giudiziaria.
In questo caso, ha il compito di eseguire, comunicandole e dove possibile di concerto con
l’Amministrazione Comunale di riferimento, le prescrizioni disposte della stessa Autorità Giudiziaria sia
essa il Tribunale per i Minorenni o il Tribunale Ordinario.
STRUTTURA E FUNZIONI UFFICIO TUTELA MINORI
L’Ufficio di Tutela Minori, sarà composto da un Responsabile dell’Ufficio che coincide con il
Responsabile dei Servizi Sociali, un Coordinator, due assistenti sociali.
La presa in carico da parte degli operatori avviene in seguito alla segnalazione della situazione, da parte,
delle scuole, delle assistenti sociali dei comuni che svolgono servizio di segretariato sociale, agenzie del
territorio, privato sociale o per accesso diretto del cittadino, oppure su indicazioni diretta dell’autorità
giudiziaria.
Verrà garantita dal Coordinatore anche un servizio di consulenza alle scuole o a chi ne fa richiesta per
valutare in merito alla possibilità di segnalare o meno la situazione o alle procedure di attivazione
migliori delle autorità giudiziarie competenti.
L’ufficio in seguito alla presa in carico avrà il compito di:
effettuare una analisi della domanda in modo da orientare il bisogno,
predisporre un progetto di intervento che comprenda, modi, tempi di intervento, risorse in
campo,
comunicazione e condivisione del progetto con il rappresentante del comune di riferimento
(Sindaco o Assessore o Responsabile del Servizio Sociale), al fine di predisporre le necessarie
autorizzazione da parte degli stessi laddove siamo previsti interventi economici,
attivazione di collaborazioni laddove siano necessarie con servizi di base, specialistici,
consultorio, terzo settore,
monitoraggio e vigilanza costante della rete attivata.
58
relazione periodica del coordinatore alle Amministrazioni Comunali in riferimento
all’andamento del progetto .
L’ufficio di Tutela Minori, svolgerà le seguenti prestazioni:
accoglimento della domanda
valutazione e presa in carico dei casi
stesura di progetti
avvio monitoraggio dei progetti
colloqui di sostegno, di indagine
visite domiciliari
stesura di relazioni
equipe psico sociale, o se necessario multidisciplinare in rete con tutti gli operatori che stanno
seguendo il caso.
Per quanto riguarda l’equipè psico-sociale si rimanda al protocollo operativo dell’Asl per l’erogazione
delle prestazioni sanitarie sulla tutela degli psicologi.
L’intervento psicologico si concretizza come intervento a valenza sanitaria di competenza dell’Asl ed è
a carico del SSR, il compito di tale prestazione è quella di garantire, nell’interesse del minore e della sua
famiglia, l’integrazione degli interventi fra le funzioni di Tutela Minori e le funzioni del Consultorio
Famigliare.
L’importante compito di tutela, cura, protezioni delle situazioni di fragilità o disagio, non possono essere
scolte solamente dagli operatori della tutela minori, pertanto sono previste importanti collaborazioni
con:
Consultorio familiare dell’ASL e Consultori Privati Accrditati;
Strutture Specialistiche quali Neuro Psichiatria Infantile, Centro Psico Sociale, Servizio per le
Tossicodipendenze ecc…
Assistenti Sociali dei Comuni che svolgono attività di Segretariato Sociale,
Scuole di ogni ordine e grado e Agenzie Educative
Cooperative o Associazioni del privato sociale per i servizi gestiti da loro quali per esempio
Affido, Assistenza Educativa Minori, Assistenza Domiciliare, Servizio di Mediazione
Culturale ecc..
7.1.2 IL CONSULTORIO FAMILIARE DI AMBITO
Partendo dalle indicazioni evidenziate nel precedente paragrafo, in merito alla necessità che la Tutela
Minori, non possa più solo limitare il suo intervento alle situazioni segnalate dalle Autorità Giudiziarie
competenti, ma offra un servizio di cura, promozione, prevenzioni ai nuclei famigliari fragili, l’attività
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delle stesso ufficio, deve trovare strette sinergie che altre figure professionali e strutturare interventi
multidisciplinari.
Il consultorio famigliare, la struttura del consultorio famigliare per sua natura, rappresenta una grossa
possibilità di raccordo e sinergia nell’ambito degli interventi alla famiglia. Di fatto è un servizio che
viene fornito alla famiglia nella sua interezza per aiutarla ad affrontare le difficoltà e i nuovi bisogni che
emergono a seguito dei cambiamenti indotti dai vari cicli di vita: il momento dell’unione tra i due adulti,
il concepimento e la gravidanza, la nascita di un figlio, gli intrecci relazionali e generazionali associati
alla crescita dei componenti, la menopausa e l’invecchiamento dei componenti del nucleo familiare.
Soprattutto in questi ultimi anni, nelle famiglie appare sempre più evidente la difficoltà di conciliare i
tempi del lavoro con quelli della cura, equilibrare la minore disponibilità di risorse economiche, di
tempo, di spazio e di modelli di riferimento con un mondo del lavoro che non sempre tiene conto della
vita quotidiana e dei reali bisogni degli individui.
Il consultorio familiare, occupandosi di consulenza, prevenzione, diagnosi e terapia costituisce una
importante risorsa per la famiglia. All’interno di questa struttura operano ginecologi, ostetriche,
psicologi, assistenti sociali, educatori e infermieri, ai quali è possibile rivolgersi per avere informazioni,
assistenza e aiuto relativamente a situazioni o eventi che coinvolgono i singoli componenti familiari, ma
anche per problemi che riguardano le relazioni personali all’interno della coppia e tra genitori e figli.
Sono inoltre offerti i mezzi necessari e le informazioni più idonee a promuovere o a prevenire la
gravidanza, tutelando quindi la salute della madre e del bambino fin dal suo concepimento, affiancando
poi genitori e bambini durante la crescita per aiutarli a superare le difficoltà eventualmente intercorse.
SVILUPPARE IL SERVIZIO IN VALLE BREMBANA
L’evoluzione della situazione concreta del Consultorio familiare in Val Brembana, e il nuovo riassetto
dell’Ufficio di Piano e dei servizi in valle, potrebbe rappresentare uno importante punto sinergico, in
termini di risposte concrete ai bisogni delle famiglie e del territorio della valle, muovendosi all’interno
di una costante progettualità e operatività condivisa tra i vari attori presenti sul territorio:
- l’Azienda Sanitaria Locale (ente competente in materia di accreditamento e sostegno
economico)
- l’Ufficio di Piano (in nome e per conto delle Amministrazioni)
- il Consorzio SolCo Priula ente gestore del Consultorio di Zogno
- la Fondazione Don Palla ente gestore del Consultorio di Piazza Brembana
Tale azione di sinergia ha come finalità la costruzione di un PROGETTO UNICO E condiviso di
Consultorio Familiare di Ambito. Tale obiettivo richiede la costituzione di una “cabina di regia
progettuale e gestionale condivisa e corresponsabile e corresponsabilizzante”.
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Il percorso, già avviato con la sottoscrizione del “Protocollo d’intesa tra Ambito territoriale Valle
Brembana per il completamento della rete consultori”, deve essere implementato e rafforzato con una
condivisione reale ad oggi carente.
Nel concreto si prevede la messa a disposizione di una serie di prestazioni consultoriali, promosse in
modo condiviso a seguito di una attenta lettura fatta dai diversi enti (co-promotori del Progetto) della
domanda consultoriale che emerge dal territorio vallare (con particolare attenzione alle specificità delle
singole aree) e realizzati dai 2 Consultori Accreditati.
Le aree d’Intervento (a titolo esemplificativo) sono le seguenti:
1. Attività ordinarie da erogarsi presso la sede del consultorio familiare;
2. Supporto ed integrazioni all’attività del servizio di tutela minori;
3. Sostegno alla genitorialità diffusa (potrebbe essere interessante promuovere azioni
di sostegno alla genitorialità – genitori, docenti e alunni -, per ogni istituto scolastico presente in
valle, da costruirsi a partire dai diversi livelli di scolarizzazione e dalla necessità di dare
continuità ai percorsi nel tempo).
4. Educazione alla affettività e alla sessualità: prevedere attivazione di percorsi nelle scuole oltre
che negli spazi aggregativi per minori e adolescenti;
5. Percorsi nascita e home visiting (da promuovere in continuità e con particolare attenzione alla
dimensione di senso del divenire madri e padri);
6. Formazione al matrimonio civile e religioso;
7. Formazione degli insegnanti, dei catechisti e degli animatori degli spazi aggregativi (la
promozione di una formazione unitaria facilita anche la costruzione di alleanze per un’operatività
integrata…);
8. Sostegno alle attività del segretariato sociale e della tutela minori di ambito;
9. Attività consultoriali per le persone disabili (da valutare la possibilità di
accompagnare i disabili, i genitori e gli operatori dei servizi che se ne prendono cura
per un’azione promuovente le autonomie possibili ed inclusiva);
10. Sviluppo di iniziative per sostenere la cura delle persone anziane che vivono sole o
in condizione di fragilità sociale;
11. Promozione di azioni di sostegno per le persone che vivono la condizione di terminalità e per
color che sono chiamati a prendersene cura;
12. Promozione e sostegno di progettualità sulla prevenzione rispetto alle problematiche
legate alle dipendenze.
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7.1.3 IL SERVIZIO DI ASSISTENZA DOMICILIARE MINORI (ADM)
Il Servizio di Assistenza Domiciliare, è un servizio attivato su progettualità della Tutela Minori, in tutte
le situazioni in cui si valuta, la necessità di offrire un sostegno educativo ai bambini e adolescenti o alle
loro famiglie che vivono un momento di fragilità o difficoltà.
Il Servizio si inserisce tra le azioni che hanno lo scopo di garantire l’educazione del minore, la sua
tutela, la protezione, facilitando il rapporto tra genitori-figli o promuovendo, tutte quelle azioni
necessarie a modificare il disagio sociale che il bambino o l’adolescente sta vivendo.
Il Servizio di Assistenza Domiciliare da gennaio 2012, viene svolto dalla Cooperativa Città del Sole. Le
modalità di attivazione del servizio avverranno in stratta collaborazione con il Servizio di Tutela minori,
che manterrà la titolarità del progetto e le verifiche in itinere dello stesso.
Il progetto verrà portato a conoscenza dell’amministrazione comunale di riferimento, e con essa
condiviso, la quale predisporrà dove necessario autorizzazione all’intervento laddove vi siano oneri a
suo carico.
Il servizio di Assistenza Domiciliare svolgerà anche le prestazioni delle visite protette, secondo modalità
concordate con la Tutela Minori, laddove siano richieste dalla Autorità Giudiziaria.
FASI DI ATTUAZIONE DEL SERVIZIO
FASE 1: valutazione idoneità ADM/ VP OPERATORE TEMPI AZIONI Coord Entro 2 gg dalla ricezione
della segnalazione Contatta Responsabile Servizio per fissare incontro di valutazione
Coord, Resp ADM, Eq inviante
Entro 15 gg dalla ricezione della segnalazione
Incontro di valutazione idoneità servizio
FASE 2: abbinamento EP e avvio intervento OPERATORE TEMPI AZIONI Coord e Resp Personale
Entro 10 gg dall’incontro di valutazione idoneità servizio
Selezione e nomina EP
Coord, EP Prima dell’incontro con Eq inviante
Formazione sul caso e sul servizio
Coord, EP, Eq inviante
Entro 5 gg dalla nomina di EP
Incontro di presentazione di EP: • Contrattazione tempi e modalità di intervento e
coordinamento/verifica • Presentazione ad Eq degli strumenti del servizio • Consegna modulo accordo educativo • Condivisione indicatori di qualità
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FASE 3: avvio ADM/VP OPERATORE TEMPI AZIONI EP, AS Entro 15 gg dalla
presentazione di EP ad Eq Presentazione EP a famiglia. Stipula accordo educativo
EP Max 2 anni Incontri ADM EP Alla scadenza dei 3 mesi
dall’avvio Stesura relazione di osservazione e consegna a coord
Ep, coord, Eq Alla scadenza dei 3 mesi dall’avvio
Incontro di verifica e condivisione possibili obiettivi progettuali
EP Entro 5 gg dall’incontro di verifica
Consegna progetto a coord.
EP, Eq Entro 5 gg dalla consegna del progetto a coord
Consegna del progetto ad Eq e condivisione di tale (AS deve apporre firma per visto sul progetto)
EP Ad ogni accesso in famiglia
Stesura diario
EP Ogni 4 mesi dalla redazione della osservazione
Stesura relazione di aggiornamento e consegna a coord
EP, Eq Una volta al mese Incontro di verifica EP, Coord, Eq Ogni tre mesi Incontro di verifica EP, Coord Al bisogno Colloquio individuale Coord e staff ADM
Una volta al mese Discussione casi, aggiornamento staff, supervisione…
FASE 4: chiusura ADM/VP OPERATORE TEMPI AZIONI EP, Coord, Eq Entro 2 settimane dalla
presunta chiusura Incontro di verifica finale Condivisione modalità di chiusura
EP Entro 15 gg dalla chiusura Consegna relazione finale a coord EP = educatore professionale COORD = coordinatore ADM per la cooperativa Eq inviante = assistente sociale (AS) e psicologo (Y); AS e neuropsichiatria (NPI) Resp ADM = responsabile del servizio per la Comunità Montana Valle Brembana Resp Pers = responsabile del personale della cooperativa (Sara Leo)
7.1.4 IL SERVIZIO AFFIDI
L’affido consiste nell’inserimento di un minore in una famiglia diversa dalla propria e si configura come
un intervento socio educativo temporaneo, che tiene conto di eventuali prescrizioni dell’Autorità
Giudiziaria.
Come dispone la legge 184/83 così come modificata dalla successiva l.149/01 «Il minore
temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con
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figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione,
l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
Nell’affidamento, il bambino è accolto in una famiglia affidataria, ma mantiene generalmente dei
contatti periodici con la famiglia di origine, in vista di un suo rientro. L’allontanamento dalla stessa e
l’avvicinamento presso una nuova famiglia sono finalizzati ad attuare il diritto del bambino a vivere in
un contesto sereno, a crescere e a svilupparsi in condizioni migliori, qualora la famiglia naturale non sia
temporaneamente in grado di assicurarle.
L’affido può essere residenziale oppure diurno: nel primo caso, il minore viene accolto presso la
famiglia affidataria 24 ore su 24, la quale lo ospita anche durante le notti; invece, nel secondo caso, il
bambino rimane presso la famiglia accogliente solo durante il giorno, per poi tornare dalla famiglia di
origine durante la notte.
L’affido familiare può assumere diverse funzioni, a seconda delle situazioni: preventiva, in situazioni
non necessariamente di patologia familiare o sociale conclamate; di sostegno quando, per motivi
relazionali, organizzativi, sociali o sanitari, la famiglia non può esercitare le funzioni genitoriali di
educazione, cura, protezione; di riparazione, in caso vi sia una situazione di crisi.
La richiesta per un intervento di questo tipo spetta al servizio Tutela Minori di Ambito, che, dopo aver
valutato la situazione attraverso un’analisi psicosociale, si rivolge al Servizio Affidi che, in equipe,
ipotizza un abbinamento bambino-famiglia. Il servizio di Tutela e il Servizio Affidi, poi, condividono un
progetto sul minore: a seconda delle caratteristiche della situazione, della problematicità della famiglia
d’origine, del disagio portato dal minore e delle dinamiche relazionali proprie del nucleo, propongono
degli obiettivi e, di conseguenza, le modalità più adeguate per conseguirli, gli strumenti di verifica, i
tempi, i rischi e i vincoli. Tali azioni verranno successivamente promosse dal Servizio Affidi, che
utilizzerà le risorse del servizio stesso e/o con l’aggiunta di risorse specifiche del servizio sociale
comunale, che va a sostegno del singolo progetto. La condivisione e l’esplicitazione degli obiettivi e del
progetto diviene fondamentale per poter procedere in un lavoro che sia complementare, sulla famiglia
affidataria, sul minore e sulla famiglia di origine.
La famiglia affidataria dovrà essere seguita ed accompagnata dal servizio affidi, affinchè possa sentirsi
sostenuta e guidata nel percorso intrapreso: ciò si realizza attraverso incontri mensili di formazione, in
cui il nucleo potrà condividere con un gruppo di famiglie le sue difficoltà e le sue conquiste (gruppo di
auto-mutuo aiuto) e in cui potrà apprendere nuovi strumenti per far fronte alle situazioni, e attraverso un
accompagnamento specifico alla coppia genitoriale ed un supporto educativo promosso dagli operatori
del servizio.
Affinchè tale sostegno sia il più possibile efficace, è importante che l’equipe degli operatori sia
multidisciplinare, così che ogni funzione sia adeguatamente espletata; essa infatti è costituita da diverse
componenti: una componente di coordinamento, che favorisce la circolazione delle informazioni
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nell’equipe, che garantisce un confronto periodico con il servizio di Tutela Minori, che svolge anche una
parte educativa di consulenza alle famiglie e di gestione dei gruppi di formazione e che promuove
interventi di sensibilizzazione al tema dell’affido sul territorio; una componente educativa, che permette
di seguire le famiglie sugli aspetti più pedagogici e che, attraverso la consulenza alla famiglia e la
conoscenza del minore, favorisce una maggiore aderenza al progetto condiviso; una componente sociale,
che gestisce le relazioni con la Tutela Minori rispetto alle richieste di affidamento, che si occupa
dell’avvio dell’affido, informando le famiglie rispetto ai loro diritti e ai loro doveri; una componente
psicologica, che garantisce un sostegno alle famiglie affidatarie nel momento in cui queste ne esprimano
il bisogno o qualora gli operatori del servizio lo ritengano necessario.
L’equipe si ritrova periodicamente per confrontarsi rispetto alle nuove richieste, agli abbinamenti, alla
formazione e alle singole situazioni.
L’obiettivo principale di tali figure è quello di garantire al minore e alla famiglia che l’accoglie un
accompagnamento adeguato, fermo restando che il principale protagonista dell’affido è il nucleo (coppia
o singolo) che accoglie: è la famiglia che si prende cura del minore, che rappresenta il suo riferimento
durante il periodo di accoglienza ( e spesso anche oltre al termine), che si occupa dei suoi bisogni fisici,
psicologici e relazionali, che nella quotidianità cerca di offrirgli un contesto che lo aiuti a crescere e
svilupparsi nel modo migliore.
Il Servizio sociale comunale responsabile per un progetto di affido familiare eroga alla famiglia
affidataria il contributo mensile da corrispondere agli affidatari a totale favore del bambino affidato,
«affinché tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza,
indipendentemente dalle condizioni economiche» (Art.80 IV Comma L. 184/83).
7.1.5 I SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA
Negli ultimi decenni è cambiato radicalmente il modo con cui le famiglie della Valle Brembana
crescono i loro figli; si è passati da famiglie allargate che si prendevano cura dei piccoli nati, ad una
famiglia mononucleare con difficoltà sempre maggiori a costruire le condizioni per la crescita dei propri
figli: la prevalenza di famiglie in cui entrambi i genitori sono lavoratori, la distanza dalla famiglia di
origine o la difficoltà ad avere supporti, la richiesta di servizi e spazi di confronto educativi sono
elementi dai quali dal 2000 circa si è attivata un’azione di sviluppo di servizi al supporto di questi nuovi
bisogni, quali asili nido e micro-nido, spazi gioco, attività formative e di consulenza rivolti
principalmente ai genitori ed ai bambini tra 0 e 3 anni.
L’esperienza maturata in questi anni attraverso esperienze che si sono gradualmente radicate nei paesi in
cui sono nate, ha portato ad una nuova consapevolezza: il futuro di questi servizi risiede nella capacità di
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tenerli in rete, con un’offerta territoriale omogenea, ma soprattutto nel farli diventare un patrimonio per
l’intera Valle.
Nel tempo si è sperimentata la creazione di un sistema tra servizi ed una partnership che la sostiene con
la collaborazione dell’Ambito, degli enti titolari e gestori dei servizi.
L’obiettivo è di sostenere questo tipo di servizio sia come risposta alle necessità delle famiglie, ma
soprattutto per il valore preventivo e pedagogico che questi interventi portano con sé. L’offerta alla
prima infanzia diventa strumento per la diffusione di una cultura condivisa sui diritti di bambini e
famiglie, e sull’idea che crescere un bambino richiede un impegno educativo da parte degli adulti di una
comunità e la consapevolezza che ciò è possibile solo pensando all’educazione come esperienza di
scoperta e crescita con l’altro.
A tal fine, in collaborazione con la Provincia di Bergamo, l’Ambito ha attivato un gruppo di
coordinamento dei Servizi per la Prima Infanzia e un percorso formativo, con l’obiettivo di monitorare
l’andamento di questa tipologia di servizi, in un periodo economico e sociale particolare, nel quale
nonostante le difficoltà evidenti i servizi raggiungono alti livelli di richieste (in alcuni casi di liste
d’attesa).
Dal punto di vista del sostegno economico ai servizi cercando di non gravare sulle rette delle famiglie, la
normativa ragionale ha previsto un Piano Triennale Nidi (Vedi Allegato) ,avviato negli anni precedenti
che prevede il convenzionamento e il finanziamento di posti degli asili nido e micro-nido privati ai quali
sono state integrate risorse a valere sui fondi della ex circ.4 per le strutture a titolarità pubblica.
OBIETTIVI AZIONI Mantenimento di una rete di offerta omogenea sul territorio attraverso la condivisione di obiettivi.
- monitoraggio dei servizi presenti quali asili nido, micro-nidi e spazi gioco;
- mantenimento del raccordo tra servizi attraverso il coordinamento periodico dei referenti dei servizi vallari (sia Responsabili che Coordinatori);
- offerta formativa omogenea condivisa; - sviluppo di progettualità e reperimento di fondi ad
hoc.
7.1.6 I SERVIZI EXTRA SCUOLA
I progetti e i servizi dell’extrascuola sono un insieme di iniziative diversamente denominate (spazi
compiti, non solo compiti, laboratori…), promosse da vari soggetti (enti locali, parrocchie, cooperative,
ecc.), rivolte a ragazzi della scuola primaria e secondaria che propongono, in orario pomeridiano, attività
di supporto scolastico spesso associate ad attività di tipo ludico, ricreativo e animativo, espressivo e
culturale con la possibilità di sperimentare relazioni con coetanei e con adulti, valorizzando molte delle
risorse educative “naturali” di un territorio: genitori, insegnanti, volontari, giovani, educatori, ecc.
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Questi progetti si collocano in una posizione potenzialmente strategica per le politiche sociali rivolte ai
minori e costituiscono uno straordinario bacino di opportunità di sviluppo di politiche orientate alla
costruzione di comunità competenti.
Negli ultimi anni anche in Valle Brembana, si è assistito ad una crescita di questi servizi, segno di
un’attenzione crescente nei confronti di questa tipologia di offerta da parte delle istituzioni e dei territori
conseguente alla consapevolezza di un bisogno crescente di spazi educativi per i minori nel tempo
extrascolastico.
Le esperienze di supporto allo studio ben presto si misurano con questioni che non sono limitate al solo
bisogno dei bambini e delle bambine di essere seguiti nell’apprendimento scolastico: emergono
situazioni concrete di difficoltà di diversa natura e altrettanto rilevanti. Le carenze nello studio possono
derivare dal fatto che i bambini spesso non hanno adeguate occasioni di crescita e di supporti educativi.
Accanto al momento dei compiti quindi si prevedono momenti ricreativi e socializzanti. In questo modo
i ragazzi imparano, con fatica ma anche con soddisfazione, a scoprire cosa sanno fare, cosa vorrebbero
imparare, si abituano a stare con gli altri, a litigare in modo sano e che non faccia male (al corpo e
all’animo, a sé e agli altri), a mettersi d’accordo, a diventare gruppo che accoglie, a sentirsi parte di una
comunità. Oltre a offrire un supporto nei compiti, questi progetti investono energie per: promuovere la
motivazione allo studio e sostenere l’autostima, incrementare le competenze relazionali e le abilità di
lavoro cooperativo, sviluppare la consapevolezza rispetto alle proprie capacità.
Ma le capacità personali, per essere adeguatamente sviluppate, spesso richiedono di essere notate,
riconosciute, curate e valorizzate nella relazione con l’altro.
La presenza degli spazi all’interno delle comunità richiama la necessaria presenza di “legàmi”, che nel
territorio si esplicano a tre livelli tra le persone, i gruppi e le istituzioni. L’efficacia di questi interventi si
evidenzia dove questi si basano su una condivisione della progettazione e della attuazione da parte di
famiglie, scuole e territorio e all’interno delle politiche locali dei Comuni e dell’Ambito.
OBIETTIVI AZIONI Mantenimento di una rete di offerta sul territorio attraverso la condivisione di obiettivi e la messa in rete di collaborazioni tra diverse istituzioni.
- mantenimento del raccordo tra servizi attraverso il coordinamento periodico dei referenti dei servizi vallari e la verifica delle attività svolte
- sviluppo di progettualità e reperimento di fondi ad hoc.
In merito ai progetti della legge 23, si confermano inoltre i momenti di interazione e monitoraggio dei
Progetti relativi al tempo extrascolastico, gestiti sul territorio della valle e vincitori del bando ex legge
23. Tali momenti di confronto sono organizzati dal Cordinatore SocioSanitario con il Responsabile
Ufficio di Piano, risultano utili al fine di monitorare i progetti in atto, e costruire reti di conoscenza e di
collaborazione, per sostenere e promuovere una cultura educativa informale.
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7.1.7 I SERVIZI DI MEDIAZIONE CULTURALE
Continua il progetto “Intercultura” partito nel 2004 e tuttora in fase di realizzazione, relativamente alla
questione dell’immigrazione e dell’integrazione.
Finalità del progetto, oltre alla mediazione culturale e all’accoglienza dell’alunno all’interno della
scuola, è quella di promuovere una sensibilità interculturale in ambito scolastica e sociale, che permetta
di assumere un approccio costruttivo e realmente conoscitivo dell’alterità culturale, e che sappia
superare la dimensione stereotipata caratterizzante la percezione attuale del fenomeno immigratorio, e
della società multiculturale.
I destinatari del progetto qui descritto sono:
1. minori e famiglie straniere residenti in Valle Brembana;
2. personale educativo ed insegnanti che lavorano negli istituti comprensivi e superiori
dell’ambito;
3. assistenti sociali dei comuni dell’Ambito;
Il progetto è rivolto a tutti gli Istituti comprensivi e superiori della Valle Brembanana
Il progetto “Intercultura” prevede i seguenti interventi:
a) Mediazione culturale nelle scuole e nei servizi sociali della Valle Brembana, laddove per mediazione
culturale s’intende l’intervento nel rapporto professionale tra un operatore scolastico, e l’alunno di
origine straniera e la sua famiglie, di un terzo soggetto (mediatore), che sia in grado di fornire al
professionista, contributi di tipo lingiuistico, culturale e di storia della migrazione, utili a facilitare la
comunicazione, a prevenire e risolvere eventuali incomprensioni e conflitti.
b) Pronta accoglienza, che si esplica in :
� accordi con gli insegnanti e conoscenza dell’alunno;
� rilevazione degli apprendimenti pregressi attraverso test d’ingresso predisposti dalle scuole;
� presentazione in classe;
� verifica con gli insegnanti;
� affiancamento agli insegnanti nella compilazione della relazione realtiva alla pronta
accoglienza.
c) Supporto e colloqui ordinari con le famiglie (in stretta collaborazione con la responsabile dello
sportello alunni stranieri di Ponte S.Pietro, e con i referenti/funzioni strumentali delle scuole
interessate);
d) Attività di formazione per gli insegnanti, prevedendo, in continuità con quanto realizzato nell’anno
scolastico precedente;
e) Avvio di laboratori interculturali nella scuola quale strumento attivo e di integrazione delle attività
curricolari scolastiche;
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f) Formazione ed accompagnamento degli operatori impegnati nel segretariato sociale, in continuità
con quanto realizzato nella precedente annualità, per predisporre le basi della costituzione di uno
sportello di segretariato unico e/o di una rete di punti di ascolto per gli stranieri residenti nel
territorio della Comunità Montana Val Brembana;
Le attività sono svolte tramite l'intervento di una équipe composta da mediatori/mediatrici di lingua
madre, formatori esperti, un coordinatore e un responsabile per l'attività di mediazione culturale.
7.2 AREA DISABILI
La necessità di un approccio integrato, che ponga al centro la persona in tutta la complessità dei suoi
bisogni e dei suoi percorsi di cura e di assistenza è quanto mai evidente nel caso delle persone che, per
le ragioni più diverse, soffrono di una qualche limitazione alla capacità di condurre una vita autonoma o
di inserirsi autonomamente nel mondo del lavoro.
La popolazione disabile in carico ai servizi si va profondamente modificando, principalmente a causa:
- del progressivo invecchiamento della popolazione in carico, che ha una speranza di vita molto più alta
rispetto al passato, e dei nuclei familiari di riferimento.
- aumento delle disabilità acquisite per trauma o per patologia, spesso in età adulta, con bisogni
assistenziali, riabilitativi ed educativi diversi rispetto all’utenza storica;
- della presenza di soggetti pluripatologici per i quali l'organizzazione dei percorsi per patologia a volte
non riesce a rispondere alla complessità del bisogno, e in particolare della presenza di soggetti in cui
alla disabilità si accompagnano disturbi comportamentali.
In generale, si assiste da un lato a un invecchiamento dell'utenza storica, dall'altro a una diversificazione
e moltiplicazione delle cause di insorgenza e delle stesse motivazioni che spingono a rivolgersi ai
servizi. Il concetto stesso di ”disabilità” si è ampliato: oggi si rivolgono ai servizi anche persone che per
esiti da malattia si trovano in una situazione invalidante, ma che fino a pochi anni fa non avremmo
considerato utenti dei servizi per l’handicap (es. esiti da ictus, diabete …).
Di fronte a questa profonda evoluzione dell'utenza, il rischio è di una presa in carico frammentaria e
orientata dall'organizzazione dei servizi, e di una eccessiva incertezza e disomogeneità nei criteri di
presa in carico da parte dei diversi servizi competenti.
Integrazione e ricomposizione dei servizi ed equità di accesso per tutti i cittadini
Di fronte all'evoluzione dell'utenza, una forte criticità è rappresentata da una presa in carico determinata
spesso dall'organizzazione attuale dei servizi e non dai bisogni dei cittadini, quindi insufficiente,
frammentaria, inadeguata alla complessità dei bisogni, specialmente per le nuove forme di disabilità
acquisite, per i soggetti pluripatologici, e per le persone con diagnosi psichiatrica.
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Di fronte a queste criticità, si inserisce il recente Piano di Azione della Regione Lombardia per le
Politiche per le Persone Disabili e il conseguente Piano di azione Provinciale approvato alla Direzione
Generale dell’Asl nel Dicembre 2011 che richiama alla ”costruzione di un sistema di servizi ed
interventi capace di fornire risposte ai bisogni della persona in termini unitari, globali, integrati e
flessibili", che di fronte a bisogni complessi risponda con apporti multidimensionali e multidisciplinari
attraverso l'integrazione istituzionale, organizzativa e professionale nei servizi e tra servizi sociali e
sanitari. Tale richiamo deve valere a tutela di tutti i cittadini, qualunque sia la patologia per la quale
vengono presi in carico.
In questo quadro vanno perseguite a livello territoriale le seguenti indicazioni:
- impegno a definire criteri il più possibile omogenei all’interno del territorio vallare per la valutazione
dei bisogni e per la definizione di percorsi personalizzati in relazione ai bisogni, in un quadro che
definisca ed espliciti anche le modalità e i livelli di integrazione fra i servizi distrettuali e dipartimentali
e con i servizi sociali.
- attenzione a garantire anche a soggetti con disabilità acquisite la conoscenza e l'accessibilità di tutte le
opportunità e di tutti i servizi oggi già disponibili attraverso una maggiore qualificazione e
specializzazione su questo tema dei servizi territoriali di informazione.
Rispetto all’evoluzione dei sistemi di informazione e accesso per la cittadinanza disabile, occorre
inoltre riflettere sulla funzione degli attuali sportelli sociali, e sviluppare modalità di aggiornamento
continuo di Assistenti sociali rispetto ai continui sviluppi normativi introdotti dalle leggi finanziarie e
da altre fonti, ad esempio in materia di barriere architettoniche, ausili, adattamento domestico,
agevolazioni fiscali …).
Integrazione degli interventi educativi e sanitari rivolti a bambini disabili
Obiettivo prioritario rispetto ai minori disabili è la piena attuazione della L. 104/92 in particolare
l’integrazione scolastica e formativa dei bambini e alunni disabili con la funzione di regolamentare,
integrare e coordinare strumenti, progetti e politiche di intervento fra soggetti che intervengono nella
programmazione degli interventi educativi e sanitari rivolti ai bambini e alunni disabili iscritti alle
scuole statali e paritarie ponendo l’attenzione al pieno sviluppo delle loro capacità, al valore della loro
presenza come risorsa didattico/formativa anche per il gruppo classe, alla continuità educativa e al
progetto di vita complessivo. Il processo di integrazione vede la collaborazione attiva di tutte le figure
professionali che ne garantiscono la qualità. Parte integrante ed esplicitamente riconosciuta di questo
processo è la famiglia, che in questo nuovo testo vede in maniera più chiara valorizzato il proprio ruolo
di partner attivo e propositivo nella costruzione del percorso didattico.
All’interno di questo ambito di intervento risulta evidente la necessità di proseguire il percorso
intrapreso attraverso la gestione associata del Servizio di Assistenza Educativa Scolastica con alcuni
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Comuni con l’obiettivo di rendere il più possibile omogeneo il servizio offerto e ottimizzare le risorse
necessarie.
Ulteriore passo sarà nel triennio sviluppare le azioni intraprese di collaborazione con il servizio di
neuropsichiatria per quanto riguarda le valutazioni e le richieste effettuate, con le scuole per ottimizzare
gli interventi e i raccordi con gli insegnanti di sostegno presenti, con i comuni per verificare i
finanziamenti erogati sui piani diritto allo studio e i progetti finanziati dall’Ambito stesso.
Al fine di accompagnare al meglio il progetto di vita dei minori disabili e delle loro famiglie, l’Ambito
Valle Brembana ha stipulato con l’ASL, Azienda Ospedaliera e l’Ambito Valle Imagna un protocollo
che formalizza alcune procedure relative alle dimissioni dal servizio di Neuropsichiatria al
raggiungimento della maggiore età.
Evoluzione della rete dei servizi sociosanitari
Di fronte all'evoluzione dell'utenza descritta sopra, la rete dei servizi mostra forti difficoltà a rinnovarsi.
In particolare, si segnala ancora una rete disegnata sui bisogni dell'utenza storica, sbilanciata verso
interventi educativi e riabilitativi pensati per una popolazione in età evolutiva, e a volte poco adeguata
ai bisogni di riabilitazione o di conservazione dell’autonomia propri di utenti divenuti adulti o avviati
verso la terza età, e ancor meno adeguata ai bisogni di persone divenute disabili in età adulta per cause
traumatiche o patologiche.
Questa mancata evoluzione della rete, oltre a creare gravi disagi agli utenti, pone un problema di
sostenibilità dei servizi, soprattutto in relazione alla progressiva crescita della popolazione in carico, e
tale problema di sostenibilità rischia di ripercuotersi su una scarsa equità nell'allocazione delle risorse e
dei servizi, soprattutto nei confronti delle tipologie di utenza non tradizionalmente in carico all'handicap
adulto.
Si sottolineano alcune linee di lavoro necessarie sottolineando in particolare:
1. l'impegno a un pieno sviluppo dello strumento del Progetto Assistenziale Individuale come Progetto
di Vita, strumento fondamentale di questo approccio, e a valorizzare attraverso di esso forme di cura e
di assistenza che guardino ai bisogni della persona quale che sia la specifica diagnosi e il contesto
familiare e sociale di riferimento;
2. la ridefinizione delle diverse tipologie di servizio che compongono la rete che renda la rete nel suo
complesso più flessibile e capace di rispondere all'evoluzione dei bisogni, a partire da una mappatura
dei contenuti dell’offerta delle prestazioni e della qualità dell’assistenza garantita nell’ambito delle
singole strutture;
3. l'autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità, con lo sviluppo di percorsi del “Dopo
di noi” e dell'Autonomia di vita;
4. la continuità della presa in carico attraverso le diverse fasi della vita, e in particolare nei passaggi
dall'età evolutiva all'età adulta e da questa all'anzianità;
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5. il sostenere le scelte di permanenza al proprio domicilio, in particolare attraverso:
- l'attenzione a percorsi di sollievo e di risposta all'emergenza, sia di tipo diurno che residenziale
- il rafforzamento dell'assistenza domiciliare
- lo sviluppo di servizi diurni flessibili sia rispetto alla tipologia di disabilità che rispetto al territorio;
- il rafforzamento di percorsi di integrazione dei soggetti disabili negli spazi aggregativi quali
extrascuola e cre.
Gli obiettivi del Piano di Zona 2012-2014 saranno quindi:
1. Promuovere la sostenibilità e lo sviluppo dell’offerta sulla disabilità
Attualmente sul territorio sono presenti un CDD e due CSE i cui costi sono in parte sostenuti dalle
quote comunali e da quelle messe a disposizione dall’Ambito.
Nell’ottica di promuovere, oltre al consolidamento di servizi diurni, anche interventi che rispondano
alle diverse esigenze del territorio, appare necessario avviare un percorso di valutazione e
ottimizzazione delle risorse in collaborazione con le diverse realtà del territorio quali famiglie, terzo
settore, scuole e parrocchie.
Pur avendo investito risorse consistenti già nel precedente Piano di Zona, questa è un’area in cui si
conferma la necessità di un investimento forte, non solo in termini di ampliamento dell’unità d’offerta,
ma preliminarmente proprio nella definizione di un disegno complessivo del sistema di interventi messi
in campo in risposta a bisogni e necessità delle persone disabili.
L’esigenza è dunque quella di approfondire la composizione e la direzione del sistema d’offerta
esistente, in relazione alle trasformazioni del bisogno, per poter meglio indirizzare le risorse.
2. Diffondere una corretta e completa informazione sulla rete dell’offerta esistente
Accanto all’obiettivo di definizione del sistema dei servizi e interventi per la disabilità e della sua
sostenibilità economica, si pone quindi la necessità che il nuovo Piano di Zona evidenzi una maggiore
conoscenza del sistema dei servizi e degli interventi esistenti.
In tal senso continueranno da parte del servizio Distretto Asl, attraverso gli operatori socio-educativi,
l’attività di consulenza e di orientamento relative alla pratica di invalidità civile della L.68/99 e della
legge 104/92. Inoltre è prevista una prima informativa relativa sia al bando “erogazione di contributi per
l’acquisto di strumenti tecnologicamente avanzati”
3. Sviluppare forme di supporto e sostegno alle famiglie
Nell’affrontare la disabilità, le famiglie spesso si sentono sole. Talvolta risulta carente sia il supporto
rivolto ai familiari e alla persona disabile, in particolare durante momenti delicati come quelli di
passaggio all’età adulta oppure del “dopo di noi” , ma anche forme di supporto leggero, informale, che
consentano alla famiglia di contrastare una tendenza di progressivo isolamento.
Risulta quindi necessario valorizzare le esperienze positive esistenti e promuoverne la diffusione.
Gli indirizzi sui quali progettare interventi e azioni specifiche andranno nella direzione di:
72
a. Costruire progettualità individualizzate lungo tutto l’arco di vita della persona
Uno degli aspetti più critici che riguarda la rete dei servizi rivolti a persone con disabilità è l’assenza di
un’ottica di progettazione che consideri l’intero arco di vita. Gli interventi attivati sono molto spesso
frammentati, sia perché coinvolgono competenze diverse (si veda quanto definito sul tema integrazione
sociosanitaria) sia perché manca un riferimento comune che funga da regia e governo tra servizi e
interventi attivati.
b. Investire sull’autonomia delle persone con disabilità
Si avverte la necessità di approfondire maggiormente interventi e supporti orientati al mantenimento e
allo sviluppo delle autonomie delle persone con disabilità. Lo sviluppo di specifiche progettualità, in
coerenza con l’assetto di governance di questo piano, potrebbe essere portato avanti come oggetto di
lavoro del gruppo di lavoro-tavolo d’area della disabilità nel corso della triennalità.
Gli obiettivi da raggiungere nel triennio saranno quelli di :
- Promuovere la sostenibilità e lo sviluppo dell’offerta sulla disabilità;
- Diffondere una corretta e completa informazione sulla rete dell’offerta esistente;
- Sviluppare forme di supporto e sostegno alle famiglie attraverso la progettualità
individualizzate lungo tutto l’arco di vita della persona;
Le azioni che caratterizzeranno la realizzazione degli obiettivi saranno:
- consolidamento della rete territoriale dei servizi per la disabilità;
- valutazione e verifica dell’utilizzo delle risorse impiegate in quest’area;
- sviluppo di percorsi di ridefinizione dei livelli di compartecipazione (es. tariffe e rette CDD per
prestazioni e servizi; compartecipazione alla spesa da parte delle famiglie);
- valutazione periodica delle caratteristiche della domanda e di una nuova definizione di
risposte/unità d’offerta nel territorio;
- coinvolgimento del terzo settore per studio di fattibilità di progetti specifici per il sostegno alle
famiglie;
- modifica regolamento erogazione voucher per progetti di socializzazione e assistenza educativa
domiciliare;
- predisposizione di materiale informativo (raccolta carta dei servizi esistenti, creazione brochure
informativa,…).
- sviluppo di progettualità sul “Dopo di noi”;
- ampliamento e diffusione di reti di supporto al singolo e alla famiglia, sia per momenti specifici
della vita familiare e del disabile sia come momento di confronto permanente (es. gruppi AMA);
- attuazione del protocollo tra l’Ambito, l’ASL e l’Azienda Ospedaliera per le dimissioni
dall’UONPIA al fine di costruire un progetto di vita tra le realtà che coinvolgono il soggetto al
raggiungimento della maggiore età;
73
7.2.1 IL SIL – PERCORSI DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO
Il profondo mutamento che ha investito il mercato del lavoro, caratterizzato da un dilatamento nei tempi
di accesso ad opportunità di lavoro stabile e da un crescente ricorso delle aziende a contratti a termine,
determina nuova complessità nella gestione degli inserimenti lavorativi delle persone disabili o in
situazioni di fragilità sia al momento dell’assunzione sia soprattutto nella continuità e nella tenuta dei
rapporti di lavoro. In questo contesto occorre intervenire sia sulla qualificazione della fase di
inserimento, potenziando i servizi e gli strumenti di accompagnamento e costruendo attività di supporto
che non si esauriscano nella fase precoce del passaggio dalla scuola al lavoro, sia soprattutto nel corso
della vita lavorativa dei soggetti disabili o in situazioni di svantaggio lavorativo/occupazionale, come
forma di accompagnamento e verifica dell'intervento. Per quanto riguarda gli inserimenti lavorativi, in
particolare in un territorio complesso come quello vallare, si segnala la necessità di ripensare e
sviluppare percorsi di collaborazione con le cooperative di tipo B, al fine di garantire possibilità di
inserimenti più tutelanti e all’interno il più possibile del proprio territorio di appartenenza e rafforzare i
legami tra il no profit e le pubbliche amministrazioni.
L’obiettivo primario sarà quello di ricomporre un lavoro di rete al fine di ottimizzare le risorse e
l’efficacia degli interventi mettendo a sistema le competenze di ciascuno.
L’Ambito dovrà, attraverso il nuovo Piano di Zona, incrociare le diverse azioni intraprese, quali quelle
previste dai progetti del Piano Sviluppo Locale (PISL) e dal finanziamento del Ministero dell’Interno-
UNRRA che prevedono un forte ingaggio della cooperazione nello sviluppo di attività lavorative e
socio- occupazionali. In quest’ottica risulta necessario sviluppare protocolli tra i diversi Enti Locali, la
Provincia e gli enti di formazione, oltre che con il Terzo Settore.
Nel triennio si lavorerà in particolare per:
rafforzamento le politiche attive del lavoro, in particolare per fasce deboli quali disabili e
soggetti in situazione di svantaggio
ridefinizione del modello organizzativo del SIL
predisposizione di protocolli operativi con Provincia, enti di formazione, ABF, cooperazione
sociale al fine di ottimizzare le informazioni relative ai soggetti e alle disponibilità di aziende,
predisporre percorsi di formazione, riqualifica e accompagnamento dei soggetti;
ridefinire forme di inserimento socio-occupazionale con i comuni di residenza.
74
7.2.2 PROTEZIONE GIURIDICA E AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO Le Amministrazioni Comunali e l’Ambito Valle Brembana in collaborazione con i soggetti del
pubblico e del privato sociale del territorio collaborano attivamente allo sviluppo dell'amministrazione
di sostegno, con la finalità di «tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le
persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana»,
soggetti fragili che fanno riferimento alle aree della disabilità, degli anziani, del disagio psichico e delle
dipendenze, come indicato nell'art. 1 della legge n. 6/2004.
La legge prevede che, con il raggiungimento della maggiore età, ciascuna persona diventi capace di
agire, di esercitare autonomamente i propri diritti e tutelare i propri interessi; può accadere però che un
individuo, a causa di patologie presenti fin dalla nascita o di disagi subentrati nel corso della vita, non
sia in grado di badare a se stesso sotto il profilo personale e/o patrimoniale; a tutela e protezione di
queste persone, la legge italiana prevede la possibilità di ricorrere a strumenti, quali l’interdizione,
l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno. Tra questi, l'istituto dell'amministrazione di sostegno
rappresenta un beneficio a favore delle persone con fragilità, poiché consente di definire i compiti che
l'amministratore di sostegno compirà in "rappresentanza", "sostituzione" e/o "assistenza" della persona
con fragilità sulla base delle sue esigenze di protezione, in relazione delle sue capacità e potenzialità e
"tenendo conto delle richieste, dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario".
L’Ambito Valle Brembana ha avviato una riflessione sistemica sulla tematica della protezione giuridica
ed in particolare sullo strumento dell’amministrazione di sostegno nel settembre 2010. In occasione
della Settimana della Terza età l'assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Zogno, in rappresentanza
dell'Ambito, ha richiesto allo staff del Progetto Provinciale “Liberi Legami” la realizzazione di un
intervento informativo, rivolto alla popolazione, alle associazioni di volontariato e ai tecnici
dell'Ambito, sul tema dell'amministrazione di sostegno. Con questa iniziativa ha preso il via la
collaborazione tra le associazioni della rete “Liberi Legami” e l’Ambito Valle Brembana, finalizzata a
promuovere la protezione giuridica nel territorio della valle.
Come primo passo per affrontare la questione della protezione giuridica nel territorio, sono stati
realizzati momenti di studio e analisi dei bisogni raccolti dai servizi sociali territoriali e dalle persone
che nel territorio accompagnano le famiglie nella richiesta di nomina di amministratore di sostegno.
A settembre 2010 le amministrazioni di sostegno attive nel territorio e conosciute dai servizi sociali
erano 17, di queste, 3 persone erano in carico ai servizi sociali e 1 ospite in una struttura residenziale
del territorio. A distanza di un anno, gli assistenti sociali sono a conoscenza di 21 persone con
amministrazione di sostegno.
All’interno di queste situazioni, le persone a carico dei servizi sociali sono 13; per n._3_ persone è stato
nominato il sindaco (o l’assessore ai servizi sociali) quale amministratore di sostegno, per altre n._5_
75
persone in carico ai servizi sociali comunali è stato possibile individuare un AdS volontario e n._3__
persone sono residenti in strutture socio-sanitarie del territorio.
Gli elementi emersi dall’analisi dei bisogni e considerati particolarmente rilevanti all’interno del
territorio si fondano su alcune considerazioni:
• E’ elevato e sempre in aumento il numero delle persone sole residenti nel territorio, in particolare
persone anziane, che necessitano di tutela, anche di tipo giuridico;
• E’ in aumento il numero di persone fragili con disabilità psichica che si rivolgono ai servizi
sociali per assistenza, per le quali sarebbe necessario l’affiancamento di un amministratore di
sostegno esterno alla famiglia;
• E’ poco diffusa tra i cittadini la conoscenza del valore e della funzione della protezione giuridica
e alta è la confusione tra interdizione e amministrazione di sostegno;
• Gli amministratori di sostegno nominati a sostegno di persone residenti nel territorio si rivolgono
con sempre maggiore frequenza alle assistenti sociali per informazioni e chiarimenti relativi alla
gestione delle incombenze quotidiane;
• Nel caso in cui l’amministratore di sostegno è esterno alla famiglia, frequentemente esso si trova
in difficoltà nella gestione delle relazioni; in alcuni casi è anche causa di conflitti.
Alla luce di questi elementi, l’Ambito, in collaborazione con le associazioni della Rete “Liberi
Legami”, si è proposto e intende perseguire la finalità di consolidare l’istituto di protezione giuridica
attraverso iniziative di:
• Promozione della conoscenza dell’istituto dell’amministrazione di sostegno come strumento di
garanzia di diritti e di doveri, così che le persone fragili e le proprie famiglie siano messe in
condizione di accedere al sistema di protezione giuridica e abbiano le informazioni necessarie a
fare scelte consapevoli;
• Sensibilizzazione della comunità in generale così che ciascuno possa riconoscere di essere
soggetto attivo della rete di protezione e supporto delle persone fragili secondo le possibilità
individuali e in particolare individuando alcune persone che mettano a disposizione il proprio
tempo per diventare amministratori di sostegno volontari.
• Creazione di relazioni stabili tra i molteplici soggetti del territorio che si occupano di fragilità e il
loro coinvolgimento nella costruzione della rete territoriale di protezione giuridica;
• Individuazione di strumenti e di modalità di supporto alle famiglie e agli amministratori di
sostegno.
A questo fine, è stato promosso un ciclo di incontri informativi finalizzati a promuovere l'utilità della
protezione giuridica per persone fragili, le novità introdotte con lo strumento dell'amministrazione di
76
sostegno e le modalità per avviare la richiesta di nomina: 15 settembre 2010 a Zogno in occasione della
"Settimana della Terza Età di Zogno"; 28 ottobre 2010 a San Pellegrino in occasione dell'iniziativa "Si
può fare. Dibatti, incontri e altro sul tema della salute mentale"; 5 novembre 2011 presso la Casa di
riposo San Lorenzo di Zogno in occasione per percorso formativo “Il Melograno: Conversazioni sul
lavoro di cura”; 16 novembre 2011, presso la sede delle Comunità Montana Valle Brembana di Piazza
Brembana; 28 novembre 2011 presso la Sala Civica del Comune di Serina; 12 gennaio 2012 alle ore
20,30 presso la Sala Consiliare del Comune di Brembilla.
Inoltre, il 10 maggio 2011 si è ufficialmente costituito nel territorio un Gruppo di coordinamento
specifico sull'AdS che si ripropone di approfondire le specificità e i bisogni di protezione giuridica del
territorio della Valle Brembana, individuare strumenti e azioni per promuovere la conoscenza dell'AdS
e sensibilizzare la cittadinanza residente, proporre momenti formativi per operatori sociali, volontari e
amministratori di sostegno e creare un luogo di confronto e approfondimento per i servizi che si
occupano di questa tematica. Il Gruppo è composto dai referenti di Liberi Legami, Aiutiamoli
(Associazione per la salute mentale), rappresentanze sindacali, associazione Anteas Valle Brembana,
associazione Auser Territoriale, RSA di Zogno e di Brembilla, RSA di San Pellegrino, RSA di Piazza
Brembana, Centro Psico Sociale di Zogno, Ufficio Protezione Giuridica ASL di Bergamo, Ser.T di
Bergamo, Asl di Bergamo e di Distretto di Zogno e dalle assistenti sociali dei Comuni del territorio e
della Comunità Montana.
Il Gruppo di coordinamento di Ambito ha lavorato, oltre che sull’organizzazione del ciclo di incontri
informativi, anche sull'approfondimento della procedura per il ricorso che porta alla nomina
dell'amministratore di sostegno e sulla produzione di un volantino informativo destinato alla
cittadinanza, contenente le principali informazioni sulla tematica e i riferimenti dei servizi ai quali
familiari, persone con fragilità e amministratori di sostegno si possono rivolgere per informazioni,
sostegno nella scelta, accompagnamento nella presentazione della richiesta e supporto.
Le iniziative proposte hanno rappresentato un'occasione per confrontarsi sull'importanza del ruolo di
amministratore di sostegno, in particolare a supporto di quelle persone sole, che non hanno una rete
familiare su cui fare affidamento; l'amministratore di sostegno si pone al fianco della persona con
fragilità tenendo presente i suoi bisogni, le sue aspettative e le sue debolezze, valorizzando allo stesso
tempo le autonomie e le risorse presenti per facilitare la costruzione del progetto di vita.
E’ stata condivisa la convinzione che l'istituto dell'amministrazione di sostegno sia fondamentale per il
supporto alle persone con fragilità; sulla base di queste premesse e dei bisogni rilevati si orientano le
prospettive di lavoro per prossimo triennio:
• Mantenimento del “Tavolo di lavoro Amministrazione di Sostegno in Valle Brembana”
formalizzando la partecipazione di tutti i componenti pubblici e privati che lo compongono,
attraverso idonei strumenti (accordi, convenzioni, ecc) al fine di garantirne stabilità;
77
• Creare una rete di protezione giuridica nell'Ambito, con specifici punti di accesso differenziati:
informativi, di accompagnamento nell'istruttoria, di referenza per l'Ambito per tutto ciò che
attiene l'amministrazione di sostegno nonché rispetto ai rapporti con gli Enti sovraterritoriali (per
es. UpG dell'ASL)
• Avvio nel mese di febbraio 2012 di un corso di formazione per AdS e persone interessate ad
approfondirne il ruolo
• Creazione di un gruppo di AdS in Valle Brembana, con obiettivi sia di auto-mutuo-aiuto per gli
stessi AdS (in merito al ruolo e alle funzioni dell'AdS) nonché come interlocutore dei servizi
della rete, in particolare per affrontare la necessità di protezione giuridica di persone fragili prive
di altri referenti idonei nella rete parentale/amicale; si potrebbe individuare tra i soggetti pubblici
che compongono il tavolo di lavoro, un referente che si ponga a conduzione del gruppo di AdS
quale punto della rete di protezione giuridica del territorio nonché supporto alla continuità del
gruppo di AdS stesso.
Attraverso il continuo monitoraggio relativo ai dati di protezione giuridica relativi al territorio della
Valle Brembana, dati che emergono sia dal Tavolo di Lavoro che dal Gruppo di AdS, si realizzeranno
iniziative specifiche di promozione e di formazione, individuandone di volta in volta finalità e obiettivi.
7.3 AREA SALUTE MENTALE
NON C’E’ SALUTE SE NON C’E’ SALUTE MENTALE
"…La salute mentale è una componente basilare della coesione sociale, della produttività, della pace e della stabilità nell'ambiente di vita,
poiché contribuisce allo sviluppo del capitale sociale e dell'economia della società. … L'elaborazione e la realizzazione di piani efficaci per promuovere la salute mentale
non potrà che migliorare il benessere mentale di tutti." (Conferenza di Helsinki con la partecipazione dei ministri europei, anno 2005)
Nel corso del triennio 2009-2011 l’Ambito Valle Brembana ha affrontato nello specifico il tema della
salute mentale istituendo formalmente il Tavolo Salute Mentale composto dalle rappresentanze degli
enti che sul territorio si occupano nello specifico del tema.
Nonostante la salute mentale sia un ambito fortemente caratterizzato dall’intervento sanitario (sia in
termini di presa in carico che di risorse finalizzate), è risultato indiscusso il riconoscimento
dell’importanza di promuovere la salute mentale e l’inclusione sociale delle persone con problemi di
disagio psichico, attuando interventi coordinati, in grado di coinvolgere tutte le risorse socialmente
rilevanti di un territorio (istituzionali e non).
Dopo la positiva esperienza di collaborazione sperimentata, l’obiettivo per la prossima triennalità è
quello di continuare l’approfondimento, la riflessione e l’operatività nelle aree già considerate nel
precedente triennio e in particolare potenziare gli obiettivi di integrazione socio-sanitaria, quella tra
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pubblico e no-profit, sensibilizzazione del territorio al tema della salute mentale, costruzione di contesti
in cui si realizzi una reale integrazione della persona portatrice di patologia psichiatrica.
Il triennio precedente si è concluso con l’attivazione del progetto “Tutti pazzi per la biblioteca” che dal
mese di maggio ha visto lo sviluppo di diverse iniziative sul territorio a partire dalla collaborazione tra
gli organismi del tavolo (in particolare l’Associazione Aiutiamoli, capofila del progetto e le cooperative
Bonne Semance, In Cammino, Koinè. Aeper, oltre che il CPS di Zogno- l’Azienda Ospedaliera di
Treviglio) e il Comune di San Giovanni Bianco attraverso il finanziamento della Fondazione Comunità
Bergamasca.
OBIETTIVI AZIONI Tutela dei cittadini con disagio psichico Definizione condivisa con il CPS e attuazione di
modalità informative e di monitoraggio dei piani di assistenza individualizzata relativa a cittadini con disagio psichico. Si prevede di avviare una modalità di incontro annuale tra l’equipe del segretariato sociale (cabina di regia), referenti politici del Comune di residenza e operatori del cps per l’analisi dell’andamento degli interventi personalizzati a favore di cittadini seguiti dal CPS.
Sviluppo di una rete di collaborazioni tra le diverse istituzioni che si occupano di salute mentale
- Prosecuzione del progetto “Tutti pazzi per la biblioteca” e sviluppo di modalità lavorative e di intervento con forte livello di integrazione socio-sanitaria;
Residenzialità leggera - l’inserimento di soggetti psichiatrici del territorio in appartamenti a bassa protezione, diventa fase fondamentale del percorso riabilitativo e dell’integrazione sul territorio di riferimento;
Area lavorativa e socio-occupazionale - è necessario sviluppare ulteriormente collaborazioni finalizzate all’inserimento lavorativo e alla strutturazioni di progetti socio-occupazionali al fine di garantire un contesto tutelante in un ambito spesso tra i più complessi e fragili, ma che risulta fondamentali nei progetti di vita dei pazienti.
Supporto alle reti familiari - attivazione e sviluppo di forme di associazionismo in particolare la costituzione di gruppi di Auto-mutuo aiuto
Informazione e formazione Programmare, in collaborazione con l’A.O e il privato sociale interventi informativi e formativi rivolti alla popolazione per il superamento dello stigma legato alla patologia psichiatrica e per la promozione di progetti di reinserimento sociale di soggetti in carico ai servizi sociali e territoriali specialistici (sia pubblici che privati)
79
7.4 AREA ADULTI IN DIFFICOLTÀ - EMARGINAZIONE
La scelta di prevedere un unico paragrafo per interventi apparentemente contrapposti, nasce
dall’esigenza di affrontare la tematica da entrambi i punti di vista quindi dalla parte dei fattori
problematici, ma anche con un approccio risolutivo. Per la tipologia di problematicità che riguardano
quest’area più di altre, risulta determinante l’aspetto dell’efficacia della valutazione della richiesta in
particolare su tre aree d’indagine:
- situazione personale e psicologica;
- situazione familiare e sociale;
- situazione economica.
Inoltre è fondamentale la coesistenza della logica amministrativo-procedurale con quella clinico-
professionale. Persiste la difficoltà di valutare e diagnosticare le problematiche attraverso
l’approfondimento della domanda che i cittadini portano ai servizi. E’ ampiamente riconosciuto che un
progetto di presa in carico possa contenere elementi di efficacia se le azioni in esso contenute mirano al
reinserimento sociale a partire dagli elementi che hanno portato l’utenza a richiedere il sostegno. E’
ancora frequente il caso in cui l’accesso alle funzioni di segretariato (dei servizi istituzionali e non) e la
conseguente elaborazione della domanda si traduca nella richiesta di affrontare condizioni di disagio
economico, lavorativo e abitativo. Sebbene tali condizioni richiedano un intervento di emergenza, è
fondamentale riconoscere che il processo di reinserimento e riabilitazione sociale complessiva debba
prendere in considerazione elementi personali e sociali dell’utenza che, spesso, sono la reale causa che
impedisce la costruzione di autonomia e di indipendenza.
L’ostacolo principale all’individuazione delle caratteristiche che determinano la condizione di disagio
materiale, e anche delle eventuali risorse e competenze di cui gli utenti sono portatori, e il livello di
strumenti e competenze valutative che i servizi possiedono, con la conseguente difficoltà a definire gli
obiettivi per un efficace percorso di reinserimento e di riabilitazione. Accade spesso che si assista a una
riduzione del bisogno alla domanda di casa, lavoro e sostegno economico.
Come anche in altre aree di intervento a favore degli adulti in difficoltà, risulta particolarmente arduo
attivare strategie e interventi stabili a favore di soggetti con un evidente svantaggio sociale e bassa
contrattualità che non abbiano però una condizione patologica o post-traumatica che faccia rientrare gli
utenti in particolari classi di bisogno di tipo sociosanitario (salute mentale, dipendenze...).
I soggetti che appartengono alla più ampia categoria dello svantaggio, prima ancora che persone dalla
bassa contrattualità lavorativa, sperimentano bassa contrattualità sociale, che di fatto contiene la
precedente. La carenza di competenze e bagagli personali e sociali sono spesso alla base del fallimento
dei progetti e precludono di fatto all'integrazione lavorativa e sociale, con conseguente ritorno dell'utente
al servizio sociale.
80
Anche la richiesta di interventi di sostegno all'abitare è spesso contenuto nella domanda stessa, di tipo
emergenziale, con cui i cittadini si presentano ai Servizi e in particolare:
- richiesta di sostegno a domicilio che possono includere azioni di aiuto alla persona o al
miglioramento/mantenimento di condizioni abitative salubri sia dal punto di vista sociosanitario,
sia dal punto di vista strutturale;
- richiesta di sostegno economico per il pagamento delle utenze e dell'affitto in condizioni di
disagio economico;
- richiesta di alloggio in condizioni di sfratto esecutivo e/o di frammentazione dei nuclei familiari.
Dato atto la necessità di:
- mantenere e migliorare gli interventi socio-assistenziali nel primo caso (di tipo sociosanitario, nei casi
di deficit funzionali e di disabilità dell'utenza), anche attraverso interventi educativi che sviluppino
competenze autonome per la gestione del sé;
- orientare, nel secondo caso e quando possibile, l'utilizzo di forme di sostegno economico affiancate a
progetti di presa in carico degli utenti/del nucleo richiedenti che prevedano lo sviluppo di risorse
autonome per il sostentamento;
- si segnala la necessità di avviare progetti di sostegno a nuclei/utenti in situazioni di sfratto con
interventi che contemplino l'accesso ad alloggi temporanei. I principali ostacoli alla realizzazione di
interventi di residenzialità temporanea sono però 2: risulta difficoltoso riuscire a rispettare i termini
previsti da un intervento di carattere alloggiativo temporaneo ed inoltre è problematico dare sbocco
verso soluzioni abitative stabili al termine del periodo di residenzialità temporaneo.
La condizione di impoverimento generale della popolazione in seguito alla crisi economica risulta
sempre più evidente. La domanda di intervento ai servizi è progressivamente trasversale alle fasce di età
e alle caratteristiche socioeconomiche della popolazione. I servizi testimoniano un aumento della
domanda di sostegno economico da parte di persone:
- senza riferimenti o con compromissioni della rete relazionale naturale;
- appartenenti alla fascia di età compresa tra i 50 e i 60 anni;
- che sperimentano l’espulsione dal mondo del lavoro;
- nuclei composti da persone anziane che non trovano nella rete familiare le risorse necessarie.
Questo fenomeno, seppur in maniera indiretta, rinforza la previsione che non solo i dati di tipo
macroeconomico, ma anche gli accessi attuali al Segretariato Sociale suggeriscono: il numero di
cittadini che, nei prossimi mesi, si rivolgerà alle istituzioni per fronteggiare condizioni economiche non
più sufficienti a garantire la sussistenza e il soddisfacimento dei bisogni fondamentali è destinato ad
aumentare. A differenza del recente passato, stanno accedendo ai servizi, e aumenteranno, cittadini che
hanno un impiego lavorativo, una rete familiare e relazionale di riferimento.
81
La rete dei servizi a favore della popolazione adulta in difficoltà va potenziata e diventa necessario
costruire relazioni significative tra i differenti servizi e le differenti realtà che operano sul territorio, con
un raccordo nella attuazione dei progetti di presa in carico, a partire dal momento della valutazione e
determinazione degli obiettivi dell’intervento.
OBIETTIVI AZIONI Ridurre o eliminare le condizioni di bisogno e disagio individuale e familiare derivanti dall’inadeguatezza del reddito, da difficoltà familiari e da condizioni di non autonomia
- coinvolgimento dei Centri di Primo Ascolto Caritas e dell’Associazione Banco Alimentare attraverso protocolli operativi di segnalazione e presa in carico e messa in rete.
- Coinvolgimento di enti locali, istituzioni, imprenditoria privata e cooperative sociali per promuovere in reinserimento lavorativi di soggetti in situazioni di svantaggio;
- Implementazione di politiche di housing sociale e sostegno a progetti di residenzialità temporanea.
Azioni mirate a favorire l’integrazione di immigrati ed in particolare extracomunitari
- Prosecuzione di interventi di mediazione culturale promossi sia all’interno delle scuole che su segnalazioni specifiche attraverso la collaborazione con enti di Terzo Settore quali cooperative sociali e associazioni;
- Aggiornamento normativo e procedurale, in particolare su progetti finalizzati;
- Promozione di iniziative socializzanti e di integrazione culturale sul territorio, in collaborazione con gli Enti Locali, le Parrocchie, la scuola, le associazioni.
7.5 AREA DIPENDENZE
Il fenomeno delle dipendenze richiede oggi, più che in passato, interventi mirati ed integrati sia sul
fronte della prevenzione primaria che su quello dell’inclusione sociale. La fenomenologia della
tossicodipendenza è andata infatti modificandosi nel tempo . Oggi si registra infatti il diffondersi di
nuove forme di disagio (sindromi di tipo borderline, poliassunzioni, forme quali bulimia e anoressia)
che sembrano essere peculiari alle società attuali e appaiono sempre meno spiegabili nei termini di un
disagio sociale. Tali forme di disagio sembrano ricollegabili, invece, sempre più ad una sofferenza
dell’individuo giovane. In questo senso si può parlare di “patologie della modernità” assumendo che
esista una relazione, seppure non lineare o rigidamente casualistica, tra la specificità delle società attuali
e le manifestazioni e le forme del disagio. “Si può ipotizzare, quindi, che le manifestazioni del disagio,
intese sia in termini qualitativi che quantitativi, siano collegate ad una forma della società odierna. Il
disagio può allora essere rapportato alla forma che sembra caratterizzare il rapporto individuo/società
82
nelle nostre società, cosiddette complesse” (Guidicini- Pieretti, I Nuovi Modi del Disagio Giovanile,
Franco Angeli, 1995).
In quest’ottica diventa evidente l’importanza di possibili percorsi educativi e culturali. Se il consumo di
droga è solo l’ultimo e più evidente sintomo di un disagio, maturato e cresciuto nel percorso educativo
delle persona, diviene centrale elaborare strategie ed interventi focalizzati su questo aspetto del
problema. Gli interventi si collocano all’interno di un contesto con una coscienza sociale del problema e
della valutazione delle azioni-risposte necessarie.
VEDI ALLEGATO 2: I CONSUMI DI SOSTANZE PSICOATTIVE IN PROVINCIA DI BERGAMO: Uno sguardo al fenomeno e all’attività di prevenzione. Alcune informazioni inerenti l’Ambito Territoriale della Valle Brembana OBIETTIVI AZIONI Incrementare la prevenzione delle dipendenze in particolare tra la popolazione preadolescenziale, adolescenziale e giovanile e la conoscenza del fenomeno
- Prosecuzione degli interventi rivolti agli alunni nelle scuola attraverso progettualità coerenti alle indicazioni fornite in materia dalle linee guida regionali;
- Prevedere iniziative e interventi nei luoghi di aggregazione giovanile al fine di sensibilizzare i destinatari e la comunità nel suo complesso intorno all’insorgenza delle nuove dipendenze al fine di ridurre i fattori di rischio che facilitano l’ingresso nei percorsi delle dipendenze.
Formalizzare e consolidare il lavoro di rete nell’ambito degli interventi di prevenzione delle dipendenze da alcol, sostanze stupefacenti e gioco d’azzardo
- Attività di regia e coordinamento delle progettualità a livello di Ambito;
- Consolidamento della collaborazione degli operatori ASL- Dipartimento Medicina di Comunità, Prevenzione e Dipendenza nelle attività promosse sul territorio;
- Ipotesi di applicazioni di linee condivise in particolare con le Parrocchie, Associazioni, Gestori di Feste estive, esercizi commerciali.
- Sviluppo di collaborazioni con i Gruppo ACAT del territorio;
- sperimentare collaborazioni e iniziative relative alla tematica del gioco d’azzardo;
- valutazione di interventi informativi/consulenziali relativi alle problematiche dei disturbi alimentari.
Sistematizzare la conoscenza dei bisogni del territorio rispetto al fenomeno e le risposte necessarie
A fronte dell’evidente problematicità i cui dati risultano sottostimati dalla difficoltà ad accedere ai servizi, in particolare a quelli specialistici, si valuteranno protocolli e collaborazioni al fine di rafforzarne la presenza sul territorio.
83
7.6 AREA ANZIANI
Il dato demografico relativo al nostro territorio ha evidenziato ulteriormente quello che emerge dalla
tendenza nazionale e provinciale cioè un processo di crescita costante del numero di anziani.
Questo impone, al fine della costruzione di un sistema di servizi adeguato, una lettura delle
caratteristiche di questa fascia d’età e dei bisogni di cui la stessa è portatrice.
E’ necessario infatti distinguere tra le persone anziane ancora "attive" o perché impegnate a tempo
pieno nel lavoro di nonni, o perché impegnati come volontari in Associazioni che operano sia in campo
culturale che sociale, e quelle che necessitano sempre più di assistenza, al fine di garantire un livello
adeguato di qualità della vita in particolare al loro domicilio.
L’obiettivo è quindi quello di strutturare un ventaglio di servizi, interventi e risposte sempre più ampio
e adeguato alle diverse condizioni di questa fascia di età.
Per quanto riguarda la valorizzazione della fascia più attiva si va dall’organizzazione di soggiorni
climatici, a iniziative rivolte a stili di vita sani quali corsi di ginnastica dolce o sviluppo di gruppi di
cammino, al loro coinvolgimento in attività sul territorio quali l’assistenza sugli scuolabus,
l’attraversamento scolastico, servizi di trasporto sociale e attività ricreativo-culturali in collaborazione
con le Associazioni.
Una volta che l’autonomia risulta compromessa, invece, si rende necessaria l’attivazione di interventi
che aiutino l’anziano ad essere assistito nel proprio contesto. E’ qui che si collocano i servizi
giudicati di primaria importanza quali l’assistenza domiciliare, il telesoccorso e i pasti o il sollievo in
strutture residenziali.
Gli interventi attuati hanno lo scopo di favorire il riconoscimento e il rispetto dei diritti degli individui,
attraverso livelli uniformi di tutela della salute, promuovendo e valorizzando il ruolo dell’anziano. La
finalità deve essere quindi l’organizzazione di un qualificato sistema di servizi in grado di rispondere ai
bisogni complessi delle persone anziane, cercando di prevenire il rischio di emarginazione. Tale
obiettivo può essere raggiunto valorizzando il ruolo dell’anziano stesso e della famiglia, come luogo
privilegiato di accoglienza, cura e recupero. Il sostegno alla persona anziana deve, pertanto, evitare
l’allontanamento dal suo ambiente di vita e intervenire al fine di creare situazioni di maggiore
benessere.
Gli obiettivi del Piano di Zona 2012-2014 saranno quindi:
1. Sostegno alla domiciliarità e al mantenimento delle autonomie
Il supporto alla domiciliarità è una esigenza che coinvolge non unicamente gli anziani con
compromissioni del livello di autosufficienza, ma sempre più riguarda anche anziani che, seppure
autosufficienti, riscontrano difficoltà nella gestione di alcuni aspetti della quotidianità, nella mobilità e
nella gestione.
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In generale si riscontra inoltre un incremento consistente del ricorso alla assistenza domiciliare sia
pubblica (SAD e ADI) che privata (badanti); in questi casi talvolta non corrisponde una adeguata
formazione, sia professionale che di conoscenza del contesto culturale in cui queste persone, per lo più
straniere, operano.
Questi aspetti inducono a sostenere, con misure dedicate, il bisogno di famiglie con a carico persone non
autosufficienti, promuovendo sia interventi di sostegno diretto (voucher) ma anche indiretto, ovvero
attraverso la qualificazione dell’offerta.
Tra gli interventi che dovranno essere mantenuti e sviluppati evidenziamo il servizio di telesoccorso
gestito in forma associata e il servizio di trasporto sociale spesso erogato dai comuni in collaborazione
con le Associazioni del territorio.
2. Omogeneizzare il sistema dell’offerta di Ambito
Il territorio vallare è formalmente coperto dai servizi di Assistenza Domiciliare, ma permane una
criticità relativa alla disomogeneità dei servizi, sia nella modalità di erogazione che soprattutto nella
compartecipazione degli utenti.
In parte l’applicazione del sistema voucher ha superato le differenze sperimentando applicazioni
omogenee su tutto il territorio.
Si propone di avviare una fase di studio per la definizione della fattibilità e sostenibilità di un progetto di
gestione associata della domiciliatà della Val Brembana. Tale progetto non significa ente gestore unico,
ma definizione di modalità di accesso e gestionali unitarie per tutto il territorio. Per la gestione è da
valutare la possibilità della costruzione di un percorso di progettazione partecipata di un progetto
domiciliarità vallare che veda nella sua realizzazione coinvolte, con modlaità e tempi da definire, tutte le
realtà significative del territorio.
3. Promuovere interventi in sostegno delle persone affette da demenza, con particolare riferimento alla
patologia dell’Alzheimer
Uno dei temi che sta acquisendo un carattere di notevole problematicità e quello di interventi in risposta
a persone anziane affette da demenza, in particolare da patologie come l’Alzheimer. Tema che, seppur
ancora troppo spesso nascosto tra le mura domestiche e in carico totalmente alla rete familiare, sta
progressivamente emergendo mostrando tutta la difficoltà di gestione della complessità della
problematica da parte della rete dei servizi esistente.
Si prevede la costituzione di un tavolo specifico con realtà territoriali che si occupano delle demenze per
la definizione di un progetto integrato per le demenze in val Brembana che ragioni sulle tematiche del
supporto ai familiari, a i caregivers informali, alla rete di offerta diruna e residenziale.
4. Sviluppare una maggiore integrazione a livello sociosanitario
Richiamando nuovamente aspetti gia messi in luce a livello di sistema, l’area dei servizi rivolti agli
anziani e quella che sente particolarmente un’esigenza di integrazione funzionale tra settore sociale e
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sanitario. La responsabilità di ricomposizione dei diversi interventi in un unico disegno di presa in carico
e supporto della persona, molto spesso viene lasciata alla persona stessa o alla sua famiglia, trascurando
la funzione di regia che dovrebbe essere propria del servizio pubblico.
Per le persone anziane questa frammentarietà è particolarmente sentita nell’ambito della domiciliarità:
a. nella integrazione tra prestazioni socio-assistenziali offerte dal SAD e quelle sociosanitarie e sanitarie
offerte dall’ADI;
b. nella gestione della continuità assistenziale (dimissioni protette, ricoveri di sollievo o di emergenza)
OBIETTIVI AZIONI Sostegno alla domiciliarità e al mantenimento delle autonomie
- Valutazione e promozione dell’adeguatezza della rete della domiciliarità integrata di concerto con l’asl e gli enti gestori;
- supporto e qualificazione dell’assistenza privata (sviluppo dell’albo badanti esistente);
- ipotesi di creazione di centri diurni; - utilizzo di voucher a sostegno di attività saltuarie o di emergenza,
da sviluppare in collaborazione con le cooperative sociali del territorio;
Omogeneizzare il sistema dell’offerta di Ambito
- sperimentazione di regolamenti SAD e quote di compartecipazione dell’utenza omogenei;
- sviluppo collaborazione con le Associazioni al fine di rendere omogenea l’offerta del servizio di trasporto sociale sul territorio;
- definizione progetto domiciliatà della Val Brembana per una gestione associata e partecipativa degli interventi domiciliari
Promuovere interventi in sostegno delle persone affette da demenza, con particolare riferimento alla patologia dell’Alzheimer
- sviluppo di azioni a sostegno delle famiglie attraverso interventi che rispondano alle reali esigenze di supporto e sollievo per le famiglie;
- valutazione della possibilità di creare un gruppo di Auto-Mutuo Aiuto
- definizione progetto integrato per le demenze in collaborazione con le realtà del privato sociale
Sviluppare una maggiore integrazione a livello sociosanitario
- sviluppo di un sistema informativo adeguato e aggiornato; - implementazione del CeAD e sviluppo di raccordo e progettazione
tra distretto e ambito; - mantenimento e sviluppo delle convenzioni per i posti di sollievo
con le RSA vallari e raccordo con il distretto e l’Azienda Ospedaliera nel caso di dimissioni protette.
- valutazione congiunta degli interventi sanitari e sociali assistenziali a favore dei cittadini fragili.
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CONCLUSIONI
Dal lavoro di costruzione e sviluppo del nuovo Piano di Zona, promosso e condiviso dai diversi enti,
scaturisce la necessità di sviluppare nuovi principi e metodi capaci di permettere al sistema di
raggiungere gli obiettivi prefissati in un contesto sempre più complesso e articolato, dove la riduzione
delle risorse a disposizione è aggravata dall’aumento delle richieste e dei bisogni del territorio .
Necessario e imprescindibile diventa quindi l’impegno che i diversi soggetti coinvolti devono sostenere
con la messa in rete delle risorse non solo economiche a disposizione di ciascuno. E’ richiesto un ruolo
di “protagonismo” alle Amministrazioni Comunali che devono utilizzare l’Ambito come strumento
operativo e non come soggetto terzo, come mezzo per la collaborazione effettiva e gestione associata fra
le 38 Amministrazioni. Nella realizzazione delle azioni è fondamentale valorizzare e strutturare il ruolo
del Segretariato Sociale quale risorsa del territorio e punto di snodo. Rispetto alle condizioni di sviluppo
e sostegno dei servizi, in un triennio impegnativo, per gli interventi già in essere e criticità rilevate,
diventa importante investire su progettazione, coordinamento e verifica, sviluppando una fattiva
integrazione fra la parte politica e la parte tecnica. E’ necessario che le scelte politiche vengano
individuate dopo un confronto con chi opera e lavora sul territorio. Particolare valore e impegno dovrà
essere dedicato al confronto con gli altri enti (Asl, Azienda Ospedaliera, Provincia, Regione Lombardia
ect) e col Privato Sociale per implementare la messa in rete e il ruolo di strumento operativo che
l’Ambito deve saper rivestire. Altrettanta attenzione sarà richiesta dal percorso di costruzione e
accompagnamento per un sistema “Consultorio d’Ambito” quale momento di dialogo fra il soggetto
pubblico e i gestori privati che in questi mesi hanno avviato servizi indispensabili ad oggi mancanti sul
territorio. Occasione imperdibile per ottimizzare e valorizzare il capitale umano del territorio è
l’incontro e il sostegno del volontariato che oltre a rispondere alle esigenze dei cittadini diventa anche
strumento sociale di protagonismo per i soggetti che spesso incontrano la fragilità sociale. Fra i
numerosi bisogni evidenziati, le problematiche del territorio e l’incertezza delle risorse sarà importante
proseguire il percorso iniziato anche in riferimento al tema della prevenzione, migliorando e strutturando
le azioni efficaci, per porre l’attenzione su temi e dipendenze purtroppo oggi emergenti. In questo
scenario anche il volontariato potrà diventare partner attivo di una progettualità costruttiva. Nel futuro di
incertezza per le risorse economiche è necessario utilizzare questo documento come strumento flessibile
ma “capace” di legare i soggetti del territorio in una progettualità condivisa. Comuni e Amministratori
utilizzino il nuovo Piano di Zona per poter raggiungere obiettivi importanti dando risposte efficaci ai
bisogni del cittadino..
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Normativa di riferimento Piani di Zona 2012-2014
Nazionale:
� L. 11-8-1991, n. 266 “Legge-quadro sul volontariato”;
� L. 8-11-1991, n. 381 “Disciplina delle cooperative sociali”;
� L. 05-02-1992, n. 104 “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”;
� L. 21-05-1998, n. 162 “Modifiche alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave”;
� D.Lgs. 25-07-1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”
� L. 18-02-1999, n. 45 “Disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze”;
� L. 12-03-1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”;
� L.R. 06-12-1999, n. 23 “Politiche regionali per la famiglia”;
� D.Lgs. 18-08-2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”;
� L. 08-11-2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”;
� L. 07-12-2000, n. 383 “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”;
� D.P.C.M. 14-02-2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”;
� D.P.C.M. 30-03-2001 “Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della L. 8 novembre 2000, n. 328”;
� L. 28-3-2001, n. 149 “Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile”;
� D.M. 21-05-2001, n. 308 “Regolamento concernente «Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della L. 8 novembre 2000, n. 328»”;
� L.Cost. 18-10-2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”;
� D.P.C.M. 29-11-2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”;
Regionale:
� Reg. 24-04-1998, n. 1 “Regolamento regionale concernente le attribuzioni e il funzionamento della conferenza dei sindaci e del consiglio di rappresentanza dei Sindaci ….”;
� Reg. 12-06-1999, n. 1 “Regolamento di funzionamento del dipartimento per le attività socio-sanitarie integrate delle Aziende Sanitarie Locali …”;
� L.R. 05-01-2000, n. 1 “Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (…)”;
� L.R. 23-11-2001, n. 22 “Azioni di sostegno e valorizzazione della funzione sociale ed educativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori”;
� D.G.R. 30-09-2003, n. 7/14369 “Linee di indirizzo per la definizione delle nuove unità di offerta dell'area socio sanitaria per persone disabili gravi: Centri diurni semiresidenziali (CDD); Comunità socio sanitarie residenziali (CSS)”;
� L.R. 14-12-2004, n. 34 “Politiche regionali per i minori”;
� D.G.R. 11-02-2005, n. 7/20588 “Definizione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi di autorizzazione al funzionamento dei servizi sociali per la prima infanzia”;
� D.G.R. 16-02-2005, n. 7/20762 “Definizione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione al funzionamento dei servizi sociali di accoglienza residenziale per minori”;
� D.G.R. 16-02-2005, n. 7/20763 “Definizione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione al funzionamento dei servizi sociali per le persone disabili”;
88
� D.G.R. 16-02-2005, n. 7/20943 “Definizione dei criteri per l'accreditamento dei servizi sociali per la prima infanzia, dei servizi sociali di accoglienza residenziale per minori e dei servizi sociali per persone disabili”;
� L.R. 14-02-2008, n. 1 “Testo unico delle leggi regionali in materia di volontariato, cooperazione sociale, associazionismo e società di mutuo soccorso”;
� L.R. 12-03-2008, n. 3 “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario”;
� L.R.Stat. 30-08-2008, n. 1 “Statuto d'autonomia della Lombardia”;
� D.G.R. 13-06-2008, n. 8/7433 “Definizione dei requisiti minimi per il funzionamento delle unità di offerta sociale «servizio di formazione all'autonomia per le persone disabili»”;
� D.G.R. 13-06-2008, n. 8/7437 “Determinazione in ordine all'individuazione delle unità di offerta sociali ai sensi dell'articolo 4, comma 2 della l.r 3/2008”;
� D.G.R. 13-06-2008, n. 8/7438 “Determinazione in ordine all'individuazione delle unità di offerta sociosanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 2 della l.r 3/2008”;
� D.G.R. 30-07-2008, n. 8/7797 “Rete dei servizi alla persona in ambito sociale socio-sanitario - Istituzione del Tavolo di consultazione dei soggetti del Terzo settore (art. 11, c. 1, lett. m), l.r. n. 3/2008);
� D.G.R. 30-07-2008, n. 8/7798 “Rete dei servizi alla persona in ambito sociale e socio-sanitario - Istituzione degli organismi di consultazione degli Enti Locali, dei soggetti di diritto pubblico e privato, delle organizzazioni sindacali (Art. 11, comma 1, lett. m), l.r. n. 3/2008)”;
� D.G.R. 22-10-2008, n. VIII/8243 “Realizzazione di interventi a favore delle famiglie e dei servizi socio-educativi per la prima infanzia. Attuazione della d.g.r. n. 6001/2007 e della intesa del 14-02-2008”;
� D.G.R. 26-11- 2008, n. 8/8496 “Disposizioni in materia di esercizio, accreditamento, contratto, e linee di indirizzo per la vigilanza ed il controllo delle unità di offerta sociosanitarie”;
� L.R. 30-12-2009 n. 33/2009 “Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità”;
� D.G.R. 11-12- 2009, n. 8/10759 “Determinazioni in ordine alla realizzazione del Centro per l’Assistenza Domiciliare nelle Aziende Sanitarie Locali”
� D.C.R. 28 settembre 2010, n. 56 “Programma Regionale di Sviluppo della IX Legislatura”
� D.C.R. 17 novembre 2010, n. 88 “Piano Socio Sanitario Regionale 2010-2014”
� D.G.R. 17-03-2010 n.11496 “Definizione dei requisiti minimi di esercizio dell’unità di offerta sociale –Centro Ricreativo Diurno per Minori”
� D.G.R. 5-8-2010 n. 381 “Determinazioni in ordine al recepimento e all’attuazione Intesa Stato Regioni in tema di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro”;
� D.G.R. 15-12-2010 n. 983 “Determinazioni in ordine al Piano d’Azione Regionale per le politiche in favore delle persone con disabilità e alla relativa relazione tecnica”
� D.G.R. 25-02-2011 n. 1353 “Linee guida per la semplificazione amministrativa e la valorizzazione degli enti del Terzo Settore nell’ambito dei servizi alla persona e alla comunità”;
� D.G.R. 18-05-2011, n. 9/1746 “Determinazioni in merito alla qualificazione della rete dell’Assistenza domiciliare in attuazione del PSSR 2010-22014”
� D.G.R. 04-08-2011, n. 9/2185 “Determinazioni in ordine al processo di individuazione e accompagnamento dell’alunno con disabilità ai fini dell’integrazione scolastica”;
� D.G.R. 16-11-2011, n. 9/2505 “Approvazione documento Un welfare della sostenibilità e della conoscenza – linee di indirizzo per la programmazione sociale a livello locale 2012-2014”;
� D.G.R. 16-11-2011, n. 9/2508 “Approvazione documento “Linee di indirizzo per una governance delle politiche giovanili in Lombardia 2012-2015”;
� D.G.R. 6-12-2011, n. 9/2933 “Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio-sanitario regionale per l’esercizio 2012”;
� D.G.R. 20-04-2011 n. 9/1576 “Determinazioni in ordine all’attuazione del Piano regionale per favorire la conciliazione dei tempi di voita e lavoro”;
� D.G.R. 24-05-2011 n. 1772 “Linee guida per l’affidamento familiare”;
� Circ. 17-12-2003, n. 42 “Competenze in merito agli oneri per minori inseriti in strutture residenziali ed in
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affido familiare”;
� Circ. 02-02-2004, n. 6 “Indicazioni per l’attivazione e l’erogazione dei buoni sociali e dei voucher sociali”;
� Circ. 24-08-2005, n. 35 “Primi indirizzi in materia di autorizzazione, accreditamento e contratto in ambito socio-assistenziale”;
� Circ. 18-12-2006, n. 31 “Indirizzi per la sperimentazione di titoli sociali finalizzati al sostegno della famiglia ed in via principale delle famiglie numerose”;
� Circ. 6-11-2007, n. 35 “Oneri per minori inseriti in strutture residenziali o in affido familiare”
� Circ. 07-04-2008, n. 5 “Prime indicazioni sui provvedimenti da adottare in ottemperanza alla L.R. 12 marzo 2008, n. 3”;
� Circ. 20-06-2008, n. 8 “Seconda circolare applicativa della L.R. n. 3/2008 "Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario";
� Circ. 27-06-2008, n. 9 “Costituzione dell'Ufficio di protezione giuridica delle persone prive di autonomia o incapaci di provvedere ai propri interessi”;
� Circ. 16-01-2009, n. 1 “Accreditamento delle Unità d’Offerta Sociali”;
� Circ. 11-05-2009, n. 10 “Ufficio di Protezione Giuridica”;
� Circ. 20-06-2011, n. 5591 “Determinazione in ordine agli schemi di convenzione tra pubblica amministrazione e soggetti del Terzo settore”;
� Decreto del Direttore Generale Famiglia e Solidarietà sociale 15-02-2010 n. 1254 “Prime indicazioni operative in ordine a esercizio e acreditamento delle unità d’offerta sociali”;
� Decreto del Direttore Generale Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà sociale 20-12-2010, n.13304 “Composizione conferenza delle associazioni rappresentative degli enti gestori delle unità d’offerta sociali e socio-sanitarie”;
� Decreto del Direttore Generale Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà sociale 28-12-2011 n. 12884 “Indicazioni in ordine alla procedura di co-progettazione fra comune e soggetti del terzo settore per attivita’ e interventi innovativi e sperimentali nel settore dei servizi sociali”;
� Decreto del Direttore Generale Industria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione 13-07-2011 n.6459 “Indirizzi inmateria di affidamento dei servizi e convenzioni tra Enti Pubblici e Coperatove Sociali in attuazione della D.G.R. n.1353/2011”
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DDEELLIIBBEERRAA ddii GGIIUUNNTTAA
RREEGGIIOONNAALLEE OOGGGGEETTTTOO CCOONNTTEENNUUTTOO
Delibera 7433 del 13 giugno 2008
Definizione dei requisiti minimi per il funzionamento delle unità di offerta sociale “Servizio di Formazione all’Autonomia per le persone disabili”.
Requisiti per il funzionamento del “Servizio di Formazione all’Autonomia per le persone disabili”.
- Definizione del servizio (SFA); - finalità e obiettivi; - destinatari; - requisiti Organizzativi (Carta dei Servizi, Progetto
Individualizzato), Strutturali, e di Funzionamento (ricettività, apertura, personale, organizzazione in moduli).
Delibera 7437 del 13 giugno 2008
Determinazione in ordine all’individuazione delle unità di offerta sociali ai sensi dell’articolo 4, comma 2,della L.R. 3/2008.
Elenco delle diverse tipologie di unità d’offerta Sociali presenti sul territorio della Regione Lombardia individuate con precedenti provvedimenti amministrativi (Minori, Disabili,Anziani) e normativa di riferimento.
Delibera 7438 del 13 giugno 2008
Determinazione in ordine all’individuazione delle unità di offerta sociosanitarie ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della L.R. 3/2008.
Elenco delle diverse tipologie di unità di offerta Sociosanitarie presenti sul territorio della Regione Lombardia individuate con precedenti provvedimenti amministrativi (Disabili,Anziani, Titoli sociosanitari) e normativa di riferimento.
Delibera 8496 del 26 novembre 2008
Disposizioni in materia di esercizio, accreditamento, contratto, e linee di indirizzo per la vigilanza ed il controllo delle unita' di offerta sociosanitarie.
La delibera 8496 del 26 novembre 2008, in applicazione della L.R 3/2008 stabilisce le modalità di esercizio e di accreditamento delle unità d’offerta sociosanitarie e detta linee di indirizzo alle ASL in ordine all’attività di vigilanza. In particolare per quanto concerne lo schema tipo di contratto di accreditamento, si applica con decorrenza immediata per le unità di offerta sociosanitarie soggette a nuovo accreditamento e, per le unità di offerta già accreditate e contrattate, con decorrenza dalla data di scadenza dei contratti in vigore. Dal 1° gennaio 2009 si applicheranno le nuove procedure riguardanti l’accreditamento, al fine di consentirne l’effettiva conoscenza da parte di tutti i soggetti interessati.)