Capitolo 8 Flussi potenziali - uniroma2.it

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Capitolo 8 * Flussi potenziali In questo capitolo verranno studiati dei particolari flussi nei quali gli effetti della viscosit` a possono essere trascurati. I flussi potenziali (o correnti euleriane) sono stati storicamente di grande utilit` a in quanto possono essere ricondotti allo studio di equazioni lineari con la conseguente facilit` a di trattazione matematica. Con questa teoria ` e stato possibile ottenere le prime informazioni sul campo di moto intorno a corpi pi` u o meno complessi anche se la teoria non era in grado di calcolare le forze esercitate dal flusso sul corpo. Di seguito verrano riportati prima alcuni fondamenti della teoria e quindi degli esempi di flussi bidimensionali e tridimensionali. 8.1 teoria del potenziale Ci sono molte situazioni in fluidodinamica in cui il rapporto tra le forze d’inerzia e quelle viscose per un dato flusso ` e estremamente elevato; tale rapporto si misura con il numero di Reynolds definito come Re = UL/ν essendo rispettivamente U ed L una velocit` a ed una lunghezza caratteristiche del fenomeno e ν la viscosit` a cinematica del fluido. Quando questo parametro ` e molto grande, l’effetto dei termini viscosi ` e confinato ad un sottile strato di fluido in prossimit` a del corpo dove i gradienti di velocit` a sono estremamente elevati mentre il resto del flusso ha una dinamica indipendente dalla viscosit` a. In tale situazione si possono verificare essenzialmente due eventualit` a: la prima ` e che il flusso rimanga attaccato al corpo e quindi la regione in cui i termini viscosi sono rilevanti risulta molto piccola rispetto al campo esterno, la seconda ` e che il flusso si distacchi dal corpo e quindi la regione di flusso influenzata dalla viscosit` a si estende anche lontano dal corpo. In quest’ultimo caso la distinzione tra regione interna ed esterna (cio` e tra zona potenziale e zona viscosa) diventa meno chiara ed inoltre le due estensioni sono confrontabili. Nel primo caso, al contrario, la zona potenziale ` e molto pi` u estesa di quella viscosa e lo studio della prima pu` o fornire informazioni utili sul flusso intorno al corpo. Se effettivamente l’effetto della viscosit` a` e trascurabile supponendo le eventuali forze di massa conservative ed il flusso barotropico (o incomprimibile) si pu` o applicare il teorema di Kelvin che ci dice che la circolazione Γ calcolata su qualunque linea materiale chiusa C non varia nel tempo. In particolare se inizialmente risulta ω = 0 allora tale dovr` a rimanere anche per tempi successivi in quanto se per assurdo venisse prodotta una vorticit` a diversa da zero, sarebbe possibile trovare un circuito materiale C 0 che la contiene ottenendo Γ 6= 0. Ma essendo inizialmente ω = 0 ovunque la circolatione calcolata sulla stessa linea materiale C 0 al tempo t = 0 avrebbe dato Γ = 0 e ci` o` e contro il teorema di Kelvin. Da 125

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Capitolo 8

∗ Flussi potenziali

In questo capitolo verranno studiati dei particolari flussi nei quali gli effetti della viscositapossono essere trascurati. I flussi potenziali (o correnti euleriane) sono stati storicamentedi grande utilita in quanto possono essere ricondotti allo studio di equazioni lineari conla conseguente facilita di trattazione matematica. Con questa teoria e stato possibileottenere le prime informazioni sul campo di moto intorno a corpi piu o meno complessianche se la teoria non era in grado di calcolare le forze esercitate dal flusso sul corpo.

Di seguito verrano riportati prima alcuni fondamenti della teoria e quindi degli esempidi flussi bidimensionali e tridimensionali.

8.1 teoria del potenziale

Ci sono molte situazioni in fluidodinamica in cui il rapporto tra le forze d’inerzia e quelleviscose per un dato flusso e estremamente elevato; tale rapporto si misura con il numerodi Reynolds definito come Re = UL/ν essendo rispettivamente U ed L una velocita eduna lunghezza caratteristiche del fenomeno e ν la viscosita cinematica del fluido. Quandoquesto parametro e molto grande, l’effetto dei termini viscosi e confinato ad un sottilestrato di fluido in prossimita del corpo dove i gradienti di velocita sono estremamenteelevati mentre il resto del flusso ha una dinamica indipendente dalla viscosita. In talesituazione si possono verificare essenzialmente due eventualita: la prima e che il flussorimanga attaccato al corpo e quindi la regione in cui i termini viscosi sono rilevanti risultamolto piccola rispetto al campo esterno, la seconda e che il flusso si distacchi dal corpo equindi la regione di flusso influenzata dalla viscosita si estende anche lontano dal corpo.In quest’ultimo caso la distinzione tra regione interna ed esterna (cioe tra zona potenzialee zona viscosa) diventa meno chiara ed inoltre le due estensioni sono confrontabili. Nelprimo caso, al contrario, la zona potenziale e molto piu estesa di quella viscosa e lo studiodella prima puo fornire informazioni utili sul flusso intorno al corpo.

Se effettivamente l’effetto della viscosita e trascurabile supponendo le eventuali forze dimassa conservative ed il flusso barotropico (o incomprimibile) si puo applicare il teoremadi Kelvin che ci dice che la circolazione Γ calcolata su qualunque linea materiale chiusa Cnon varia nel tempo. In particolare se inizialmente risulta ωωω = 0 allora tale dovra rimanereanche per tempi successivi in quanto se per assurdo venisse prodotta una vorticita diversada zero, sarebbe possibile trovare un circuito materiale C ′ che la contiene ottenendoΓ 6= 0. Ma essendo inizialmente ωωω = 0 ovunque la circolatione calcolata sulla stessa lineamateriale C ′ al tempo t = 0 avrebbe dato Γ = 0 e cio e contro il teorema di Kelvin. Da

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126 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

U U

Upotential

viscousregion

region

layerboundary

separatedregion

b)a)

wake

Figura 8.1: Flusso intorno ad un corpo: a flusso attaccato, b flusso separato. La zonaindicata in rosso e la zona ‘viscosa’.

cio si deduce che nelle ipotesi del teorema di Kelvin, un flusso inizialmente irrotazionalerimane tale indefinitamente.

Essendo ωωω = ∇× u ≡ 0, e allora possibile definire una funzione potenziale φ tale cheu = ∇φ in quanto risulta identicamente ωωω = ∇× u = ∇× (∇φ) ≡ 0. Se in aggiunta siconsidera per semplicita il flusso incomprimibile, allora l’equazione di conservazione dellamassa si scrive ∇ · u = 0, che, combinata con la definizione di potenziale fornisce:

∇2φ = 0. (8.1)

Questa equazione deve essere completata con le condizioni al contorno che sono

∂φ

∂n= v · n, sul corpo e φ = φ∞ all′∞, (8.2)

essendo la prima la condizione di impermeabilita con n la normale alla superficie del corpoe v la velocita del corpo e la seconda la condizione di congruneza del potenziale con lacorrente indisturbata.

Con queste condizioni e possibile risolvere l’equazione (8.1) che fornisce la funzionepotenziale φ in tutto lo spazio. Una volta noto φ si puo calcolare u e quindi dall’equazionedi Bernoulli, che per un flusso irrotazionale si scrive u2/2 + G + p/ρ = const., si puocalcolare la pressione 1.

Il vantaggio principale di questa formulazione e che la soluzione del flusso potenzialerichiede l’equazione differenziale (8.1) da cui si ricava il potenziale (e quindi la velocita) ela soluzione dell’equazione di Bernoulli per il calcolo della pressione. La prima equazionee lineare e, valendo il principio di sovrapposizione degli effetti, e possibile adottare tutte leprocedure di soluzione per serie note dall’analisi matematica e la costruzione di soluzioni

1Facciamo notare che come anticipato nel capitolo 5 per i flussi potenziali si puo rilassare nell’equazionedi Bernoulli l’ipotesi di flusso stazionario. Risultando infatti u = ∇φ risulta ∂u/∂t = ∇(∂φ/∂t) el’equazione (5.16), essendo ωωω ≡ 0 diventa:

u2

2+ G +

dp

ρ+

∂φ

∂t= const. (8.3)

8.2. SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI 127

complesse mediante addizione di piu soluzioni semplici. L’equazione per la pressione einvece non lineare, ma la non linearita e di tipo algebrico e quindi non presenta partico-lari difficolta. A titolo di confronto, volendo risolvere lo stesso problema con le equazionidi Navier–Stokes per flussi incomprimibili bisognerebbe risolvere un’equazione differen-ziale non lineare vettoriale (tre equazioni scalari) piu la conservazione della massa che edifferenziale lineare.

Chiaramente tanta semplicita nella trattazione ha il prezzo di non poter calcolare leforze esercitate dal flusso sul corpo (paradosso di d’Alembert); esempi di tale paradossoverranno dati attraverso lo studio di flussi particolari.

8.2 soluzioni tridimensionali

8.2.1 sorgente e pozzo

Consideriamo un punto nello spazio in cui sia localizzata una sogente di massa, la cuiportata in volume sia Q; in assenza di forze esterne o altre correnti questa massa dovradistribuirsi equamente in tutte le direzioni, generando una velocita radiale ur uniformein un sistema di coordinate sferiche con origine nella sorgente (figura 8.2). Per la con-servazione della massa dovra risultare Q =

S urdS che, essendo la velocita uniforme,diventa

Q = ur4πr2, =⇒ ur(r) =

Q

4πr2(8.4)

e per integrazione si ottiene la funzione potenziale

φ(r) = − Q

4πr+ c = −m

r+ c (8.5)

avendo posto m = Q/(4π) come intensita della sorgente. Lo stesso ragionamento puoessere ripetuto in modo identico per un pozzo giungendo a delle relazioni uguali alleprecedenti. Tutta la trattazione puo essere quindi unificata utilizzando la (8.5) sia per lasorgente che per il pozzo risultando nel primo caso m > 0 mentre nel secondo m < 0. Peraffermare che la (8.5) sia effettivamente una funzione potenziale bisogna dimostrare chesoddisfi l’equazione ∇2φ = 0; cio si ottiene facilmente notando che φ dipende solo dallacoordinata radiale e scrivendo quindi il laplaciano in coordinate sferiche risulta

∇2φ =1

r2

∂rr2∂φ

∂r= − 1

r2

∂rr2 ∂

∂r

(

m

r

)

≡ 0, (8.6)

che dimostra la tesi. Come facile esercizio si puo vedere che lo stesso risultato si ottieneutilizzando un sitema di assi Cartesiani.

8.2.2 doppietta

Si supponga ora di avere una sorgente ed un pozzo di uguale intensita m posti ad unadistanza ∆ lungo l’asse delle x e sia A un punto qualunque nello spazio. Per la proprietaadditiva il potenziale in A sara

φ = φS + φP = −m

rS

+m

rP

= mrS − rP

rSrP

= mr2S − r2

P

rSrP (rS + rP ), (8.7)

128 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

r

ur

Q

S

Figura 8.2: Schema di flusso generato da un sorgente in tre dimensioni.

avendo posto c = 0.

Se il sistema di riferimento e scelto in modo che l’origine coincida con la sorgenteallora risulta r2

S = x2 + y2 + z2 ed r2P = (x−∆)2 + y2 + z2 da cui r2

S − r2P = −∆2 + 2∆x.

Supponiamo ora di far tendere a zero la distanza ∆ facendo crescere progressivamente min modo che il prodotto m∆ = k rimanga costante, in tal caso si ottiene

lim∆−→0

φ = lim∆−→0

−k∆ + 2kx

rSrP (rS + rP )=kx

r3, (8.8)

in quanto per ∆ −→ 0 rS = rP = r.

Ci poniamo di nuovo la domanda se la soluzione trovata in (8.8) e soluzione dell’e-quazione del potenziale; la risposta e si in quanto ∂(−k/r)/∂x = kx/r3 e −k/r e soluzionedell’equazione. Si puo allora scrivere

∇2kx

r3= ∇2 ∂

∂x

−kr

=∂

∂x∇2−k

r≡ 0. (8.9)

Allo stesso risultato si poteva pervenire ricordando dall’analisi matematica che la derivatadi una funzione armonica e ancora una funzione armonica, se quindi il potenziale dellasorgente e soluzione dell’equazione di Laplace, lo deve essere anche quello della doppietta.

8.3 sovrapposizione di soluzioni tridimensionali

Come abbiamo detto in precedenza, uno dei vantaggi fondamentali della teoria poten-ziale e che l’equazione (8.1) e lineare quindi se φ1 e φ2 sono soluzioni della (8.1) dovranecessariamente risultarlo anche φ = φ1 + φ2. In questo modo si riescono a costruiredelle soluzioni intorno a corpi di forma relativamente complicata partendo dalle soluzionielementari precendentemente esposte. Nel seguito di questa sezione verranno mostratialcuni esempi classici, indicando la modalita per costruire soluzioni piu complesse.

8.3. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI 129

∆S P

A

rp

sr

x

y

z

Figura 8.3: Doppietta in tre dimensioni.

8.3.1 il semicorpo

Osserviamo preliminarmente che una corrente uniforme con velocita U diretta nella di-rezione positiva dell’asse delle x avra un potenziale φU = Ux e questa soluzione soddisfal’equazione (8.1).

In questo esempio viene considerata una corrente uniforme orientata nella direzionepositiva dell’asse delle x ed una sorgente posta nell’origine di un sistema di assi. Ilpotenziale per questa configurazione e

φ = Ux− m

r, (8.10)

da cui si ottiene per le velocita

ux =∂φ

∂x= U +

mx

r3, e uy =

∂φ

∂y=my

r3. (8.11)

Da queste espressioni si vede che il campo di velocita e simmetrico rispetto all’asse x percui basta studiare il flusso nel semipiano meridiano x–y con y ≥ 0. Se nella prima delle

(8.11) si annulla la ux si trova un punto di ristagno in x = −a = −√

m/U da cui si scrive

ux = U

(

1 +a2x

r3

)

e uy = Ua2y

r3. (8.12)

Da queste espressioni si deduce che all’approssimarsi della corrente al corpo questaviene frenata e le linee di corrente si allargano. Per calcolare quale sia la forma delcorpo, basta verificare la condizione di equilibrio tra le portate in volume della correntetraslazionale e della sorgente.

La portata totale della sorgente e QT = 4πm distribuita uniformemente su tuttol’angolo solido per cui una frazione di angolo solido Ω smaltira la portata Q/QT = Ω/4π.Dato allora un cono di semiapertura θ si ha

dΩ = 2π sin θdθ,=⇒ Ω =∫ θ

02π sin θdθ = 2π(1 − cos θ) (8.13)

130 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

U

a

2a

x

y

S z

Figura 8.4: Semicorpo potenziale tridimensionale.

da cui si ottiene Q = 2πm(1 − cos θ). Se invece consideriamo la portata dovuta al flussotraslazionale si otterra in generale Q = πy2U e le due portate saranno uguali quandoy2U = 2a2U(1 − cos θ)

y = a√

2(1 − cos θ) e x = −y cotg θ. (8.14)

Per θ = 0, si ottiene y = 0 mentre la x assume una forma indeterminata 0 · ∞; tuttaviasostituendo la prima delle (8.14) nella seconda ed utilizzando elementari trasformazionitrigonometriche si ottiene x = −

√2a cos θ/

√1 + cos θ che tende effettivamente a −a per

θ −→ 0. Notiamo inoltre che per θ −→ π, x −→ ∞ ed y −→ 2a da cui si vede che il corporimane aperto. Alla stessa conclusione si poteva giungere osservando che all’infinito tuttala portata della sorgente deve essere smaltita con una velocita ux = U quindi 4πm = πy2U=⇒ y = 2a.

Si ha in generale che se la somma delle intensita di sorgenti e pozzi non e nulla il corpodeve necessariamente rimanere aperto in quanto tutta la portata immessa dalle sorgentinon viene bilanciata da quella riassorbita dai pozzi.

8.3. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI 131

ESEMPIO

Il semicorpo tridimensionale in figura e investito da una corrente uniforme d’ac-qua U nella direzione x. Sapendo che la pressione nel punto A e PA calcolare ilvalore della pressione nel punto B.

U

x

yB

A aU = 10 m/s pA = 175870 Pa

B = (0, 3), A = (−2, 0) | a |= 1.5 mCoordinate Cartesiane

espresse in metri.

Soluzione

Il potenziale del semicorpo tridimensionale edato da φ = −Ur cos θ−m/r+ c (per il sis-tema di riferimento polare in figura). Risul-

ta inoltre a =√

(m/U) da cui si ricava m =

22.5 m3/s. Per le componenti di velocita sap-piamo che ur = ∂φ/∂r = −U cos θ+m/r2 eduθ∂φ/∂θ = U sin θ da cui essendo A = (r =2, θ = 0) e B = (r = 3, θ = π/2) si ottieneuA = (−4.375, 0), uB = (2.5, 10) e quindi| uA |2= 16.14 ed | uB |2= 106.25 (velocitain m/s). Applicando infine, l’equazione diBernoulli tra i punti A e B si puo scrivere:pB = pA + ρ[(u2

A − u2B)/2 + g(hA − hB)] =

102995 Pa.

U

x

yB

A a

8.3.2 la sfera

Vogliamo ora vedere quale flusso possiamo ottenere dalla sovrapposizione di una correnteuniforme e di una doppietta nell’origine degli assi il cui potenziale φD e dato dalla relazione(8.8).

Per il potenziale totale si puo quindi scrivere

φ = Ux+kx

r3(8.15)

da cui si osserva che, essendo r =√x2 + y2 + z2 questo potenziale e simmetrico sia

rispetto all’asse y che all’asse z (cio si osserva sostituendo y a −y e z a −z), ossia il flussoe assialsimmetrico rispetto ad x. Questa circostanza suggerisce di utilizzare un sistemadi coordinate sferiche come in figura 8.5 da cui si ha x = −r cos θ e quindi

φ = −(

rU +k

r2

)

cos θ. (8.16)

132 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

U

x

y

r

D

A

θ z

Figura 8.5: Sezione meridiana della sovrapposizione di una corrente uniforme ed unadoppietta nell’origine.

Per il calcolo delle velocita radiale ed azimutale possiamo scrivere

ur = ∇φ · r =∂φ

∂r=

(

−U +2k

r3

)

cos θ, uθ = ∇φ · θ =1

r

∂φ

∂θ=

(

U +k

r3

)

sin θ. (8.17)

Da queste espressioni si vede che la velocita radiale e sempre nulla sulla superficie descrittada

2k

r3= U, ossia r =

(

2k

U

)1

3

= R, (8.18)

che e una sfera con centro nella doppietta e raggio dato dalla (8.18).Sostituendo il valore di R trovato nella seconda delle (8.17) si ottiene il profilo di

velocita azimutale sulla superficie della sfera stessa

uθ =

(

−U +kU

2k

)

sin θ =3

2U sin θ, (8.19)

che quindi assume il valore massimo per θ = π/2 u(θ) = 3U/2 ed il minimo per θ = 0 eθ = π con u(θ) = 0.

Per la distribuzione di pressione si utilizza l’equazione di Bernoulli scritta tra un puntoall’∞ nella corrente indisturbata e l’altro sulla superficie della sfera

U2

2+p∞ρ

+ gh∞ =u(θ)2

2+p(θ)

ρ+ gh(θ), (8.20)

da cui, trascurando le variazioni di quota si ottiene per il coefficiente di pressione

Cp =p(θ) − p∞ρU2/2

= 1 − u(θ)2

U2= 1 − 9

4sin2 θ. (8.21)

Da questa relazione si vede che la pressione massima si ha per θ = 0 e θ = π con Cp = 1(punti di ristagno) mentre la minima e nel punto θ = π/2 dove vale Cp = −5/4. Nei puntiin cui sin θ = 2/3 (θ ' 42o e θ ' 138o) si ha Cp = 0 ed u(θ) = U .

Gli andamenti descritti sono riportati nelle figure 8.6 e 8.7 da cui risulta evidente lasimmetria del coefficiente di pressione tra la parte frontale e la parte posteriore della sfera.

8.3. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI 133

U

θr

C p

Figura 8.6: Distribuzione del coefficiente di pressione sulla superficie della sfera (flussopotenziale).

Questo significa che partendo dal punto di ristagno anteriore (θ = 0) dove la velocita e zeroe tutta l’energia cinetica e stata convertita in pressione, il flusso accelera costantementefino al punto θ = π/2 in cui si ha il massimo della velocita ed il minimo di pressione.Appena superato il punto θ = π/2 il flusso ricomincia a decelerare ed aumentare la suapressione e nel punto di ristagno posteriore su ha una situazione speculare rispetto alquello anteriore.

Mancando l’effetto dei termini viscosi, le uniche azioni che il fluido puo esercitare sulcorpo sono quelle normali di pressione che in questa configurazione hanno risultante nullaper tutte le componenti.

Questo e un caso particolare del paradosso di d’Alembert che si dimostra per corpi diforma qualunque in condizioni di flusso incomprimibile e stazionario.

Si vedra nei capitoli successivi che questo flusso e ideale e nella pratica non si realizza.Infatti le azioni viscose del flusso alla parete trasformano in modo irreversibile partedell’energia cinetica in calore e nella zona a valle del punto θ = π/2 il flusso non riesce a faraumentare la pressione fino al valore che aveva in θ = 0. Cio provoca uno sbilanciamentodella distribuzione di pressione e quindi una resistenza.

134 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

π/20 π θ

u( )θU

1

3/2 θ

π/20

C ( ) p

1

θ

−9/4

π

a) b)

Figura 8.7: Diagrammi della distribuzione di velocita e coefficiente di pressione sullasuperficie di una sfera. In figura e riportata solo la meta superiore, la meta inferiore siottiene per riflessione.

ESEMPIO

Una sfera di raggio R e investita da una corrente d’acqua a velocita costante Ue pressione della corrente indisturbata p∞. Sapendo che la sfera e composta dadue gusci poggiati come in figura ed utilizzando la teoria potenziale, calcolare laforza con cui la semisfera di sinistra spinge su quella di destra.

RU

R = 0.3 m U = 7 m/s p∞ = 101300 Pa

Soluzione

Dalla formula per il coefficiente di pressione peruna sfera cp = 1 − (9/4) sin2 θ si ricava la forzadi pressione nella direzione x

dFx = −pxndS =(

1

2ρU2cp + p∞

)

cos θ2πR2 sin θdθ,

da cui per la forza sulla semisfera si ha

Fx =∫ π/2

0sin(2θ)

(

p∞ +1

2ρU2 − 9

4sin2 θ

)

πR2dθ

Fx = πR2(

p∞ +1

2ρU2

)

− 9ρU2πR2

16= 27776 N.

Se si assume che la pressione all’interno dellasfera e p∞ allora risulta Fx = −πR2ρU2/16 =−865 N.

θ x

y

8.4. SOLUZIONI BIDIMENSIONALI 135

8.4 soluzioni bidimensionali

Seguendo dei ragionamenti del tutto analoghi a quelli precedentemente riportati per unospazio a tre dimensioni, si trovano le soluzioni potenziali in due dimensioni. Nel seguitone verrano riportate alcune a titolo di esempio con dei flussi di interesse pratico ottenutidalla loro sovrapposizione.

8.4.1 sorgente e pozzo

Si supponga di avere una sorgente di massa puntiforme da cui esce una portata volumetricaQ in uno spazio piano. La portata attraverso la circonferenza con centro nella sorgente eraggio r sara Q = 2πrur da cui ur = Q/(2πr). D’altra parte essendo ur = ∂φ/∂r si puoottenere per integrazione il potenziale

φ =Q

2πln r + c = m ln r + c, (8.22)

con la costante c che puo essere fissata arbitrariamente in quanto nella determinazionedelle velocita entrano solo i gradienti del potenziale.

S

r

x

y u r

Figura 8.8: Sorgente bidimensionale.

Naturalmente se la portata Q e negativa allora si avra un pozzo il cui potenziale saraφ = −m ln r + c.

8.4.2 doppietta

Data una sorgente ed un pozzo aventi la stessa intensita m e disposti come in figura 8.9si ha per il potenziale nel generico punto A

φ = m ln rS −m ln rP + c (8.23)

essendo rS =√x2 + y2 e rP =

(x− ∆)2 + y2. Ponendo senza perdita di generalitac = 0, con queste espressioni si puo scrivere

φ = m lnrS

rP

= m ln(

1 +rS − rP

rP

)

= m ln

(

1 +r2S − r2

P

rP (rS + rP )

)

. (8.24)

136 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

Assumendo che ∆ sia un parametro piccolo e ricordando che ln(1 + x) ' x + O(x2) la(8.24) si scrive

φ ' m∆(2x− ∆)

rP (rS + rP ); (8.25)

se ora si fa il limite per ∆ −→ 0 mantenendo costante il prodotto k = m∆ (intensita didoppietta) si ha che rP −→ rS −→ r e per il potenziale si ottiene

φ = lim∆−→0

m∆(2x− ∆)

rP (rS + rP )=kx

r2, (8.26)

che e il potenziale cercato.Con un calcolo diretto si puo agevolmente verificare che l’espressione (8.26) soddisfa

l’equazione del potenziale.

∆S P

A

rp

sr

x

y

Figura 8.9: Doppietta bidimensionale.

8.4.3 vortice libero

Immaginiamo di avere una vorticita ω distribuita uniformemente all’interno di una cir-conferenza di raggio R, questa avra una circolazione Γ = ωπR2. Se ora si fa tendere azero il raggio R della circonferenza, aumentando contemporaneamente l’intensita dellavorticita in modo che la circolazione Γ rimanga costante, si ottiene una singolarita nellavorticita di circolazione finita (figura 8.10a). Per calcolare il potenziale di questo flussobasta osservare che in base al teorema di Stokes la circolazione Γ puo essere calcolatamediante la circuitazione della velocita lungo un qualunque percorso chiuso contenentela singolarita. Se in particolare si sceglie una circonferenza con centro nella singolarita eraggio r si ha:

Γ = 2πruθ,=⇒ uθ =Γ

2πr(8.27)

da cui essendo

uθ =1

r

∂φ

∂θ,=⇒ φ =

Γ

2πθ + c. (8.28)

8.4. SOLUZIONI BIDIMENSIONALI 137

Questa soluzione essendo lineare in θ e sicuramente soluzione dell’equazione di Laplace ede quindi il potenziale cercato. Le linee equipotenziale sono delle rette uscenti dall’originee la velocita indotta e puramente tangenziale (velocita azimutale) (figura 8.10b).

ω

y

R

r uθ

r

x

y u θ

const.φ=

const.φ=

a) b)

Figura 8.10: a) Singolarita di vortice libero. b) Velocita tangenziale indotta e lineeequipotenziali.

ESEMPIO

Nei punti S, P, D vengono posti, rispettivamente, una sorgente di intensita mS,un pozzo di intensita mP ed una doppietta di intensita k (quest’ultima allineatacon l’asse x). Calcolare la differenza di pressione tra i punti A e B. Il corporisultante dalla sovrapposizione delle 3 soluzioni assegnate e aperto o chiuso?

mS = 0.3 m2/s mP = 0.3 m2/s k = 0.5 m3/s A = (0, 0)S = (−1,−1) B = (1, 2) D = (3, 0) B = (1, 1)

Coordinate in metri, flusso bidimensionale, flui-do:acqua (trascurare la gravita).

Soluzione

L’espressione del potenziale e Φ = m(ln rS − ln rP ) + k(x − xD)/r2D con ri =

(x− xi)2 + (y − yi)2, i = S,D, P . Per derivazione da queste espressioni siottiene:

ux =∂Φ

∂x= m

[

x+ 1

(x+ 1)2 + (y + 1)2− x− 1

(x− 1)2 + (y − 2)2

]

+ ky2 − (x− 3)2

[(x− 3)2 + y2]2,

uy =∂Φ

∂= m

[

y + 1

(x+ 1)2 + (y + 1)2− y − 2

(x− 1)2 + (y − 2)2

]

− k2y(x− 3)

[(x− 3)2 + y2]2.

Sostituendo ad x ed y i valori delle coordinate in A e B si ottiene u2A =

0.0967 m2/s2 ed u2B = 0.20725 m2/s2. Applicando quindi l’equazione di Bernoulli

si ha pA − pB = ρ(u2B − u2

A)/2 = 55.255 Pa.

138 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

8.5 sovrapposizione di soluzioni bidimensionali

8.5.1 il semicorpo

Seguendo l’esempio riportato in §8.3.1, ma utilizzando le soluzioni singolari bidimension-ali, sovrapponiamo una corrente uniforme nella direzione positiva dell’asse delle x conuna sorgente posta nell’origine degli assi (figura 8.11). Abbiamo immediatamente per ilpotenziale

φ = Ux+m ln r, o φ = −Ur cos θ +m ln r, (8.29)

in un sistema di riferimento polare. Noto il potenziale si possono calcolare immediata-mente le velocita

ur =∂φ

∂r= −U cos θ +

m

r, uθ =

1

r

∂φ

∂θ= U sin θ. (8.30)

Da queste espressioni si nota che sull’asse x (θ = 0 e θ = π) risulta uθ ≡ 0 e gli eventualipunti in cui risultasse ur = 0 ci darebbero dei punti di ristagno. Dalla prima delle (8.30)si vede che la condizione ur = 0 non e mai verificata per θ = π mentre per θ = 0 si haun punto di ristagno per r = m/U = a (x = −m/U). Per calcolare il contorno del corposi procede in modo del tutto analogo al caso tridimensionale, si bilancia cioe la portataproveniente dalla corrente uniforme e quella uscente dalla sorgente su una generica lineaortogonale all’asse x. Le due portate saranno in equilibrio quando

Uy = 2πmθ

2π(8.31)

da cui, utilizzando la definizione di a, si ottiene per x ed y

y = aθ e x = y cotg θ. (8.32)

U

r

a x

y

S

θ

Figura 8.11: Semicorpo potenziale bidimensionale.

Essendo la sorgente nell’origine l’unica sorgente di massa (che non e bilanciata da alcunpozzo) ci aspettiamo che il corpo trovato debba rimanere aperto. Si ha infatti che per

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI 139

Figura 8.12: Visualizzazione sperimentale tramite l’analogia di Hele–Shaw delle linee dicorrente nel flusso potenziale bidimensionale intorno ad un semicorpo.

x −→ ∞, y −→ πa ossia all’infinito tutta la portata della sorgente deve essere smaltitacon una velocita ux = U quindi 2πm = 2yU =⇒ y = πa.

Analogamente al caso tridimensionale per θ −→ 0 si ottiene una forma indeterminataper la x; tuttavia sostituendo l’espressione per la y nella x si ottiene x = −a cos θ · θ/ sin θche tende a −a per θ −→ 0 (osservando che limx−→0(sin x/x) = 1).

8.5.2 il cilindro

Analogamente al caso tridimensionale, vogliamo ora sovrapporre una corrente uniformedi intensita U nella direzione positiva dell’asse delle x con una doppietta disposta comein §8.4.2.

U

x

y

r

D

A

θ

Figura 8.13: Sovrapposizione di una corrente uniforme ed una doppietta nell’origine (casobidimensionale).

140 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

Per il potenziale si puo quindi scrivere

φ = Ux+kx

r2, oppure φ = −

(

Ur +k

r

)

cos θ, (8.33)

se si prende un sistema d’assi polari come in figura 8.13. Dall’espressione del potenzialesi possono calcolare le componenti radiale ed azimutale della velocita ottenendo

ur =∂φ

∂r= −

(

U − k

r2

)

cos θ, uθ =1

r

∂φ

∂θ=

(

U +k

r2

)

sin θ. (8.34)

Da queste espressioni si vede che la velocita radiale risulta identicamente nulla per il

valore costante del raggio R =√

k/U per qualunque θ. Cio significa che la circonferenza

di raggio R si comporta come una superficie solida (impermeabile) nei confronti del flussoche quindi rappresenta il flusso intorno ad un cilindro.

Sulla superficie del cilindro il valore della velocita azimutale e

uθ = 2U sin θ (8.35)

da cui si vede che ci sono due punti di ristagno a θ = 0 e θ = π. I punti in cui la velocitae massima sono a θ = π/2 e θ = 3π/2 dove uθ = 2U ed infine la velocita vale U nei puntiθ = π/6 e θ = 5π/6 (ed i punti simmetrici rispetto all’asse x).

Applicando l’equazione di Bernoulli tra un punto all’∞ nella corrente indisturbata el’altro sul corpo possiamo calcolare il coefficiente di pressione sulla superficie del cilindro:

U2

2+p∞ρ

+ gh∞ =u(θ)2

2+p(θ)

ρ+ gh(θ), (8.36)

da cui, trascurando le variazioni di quota si ottiene

Cp =p(θ) − p∞ρU2/2

= 1 − u(θ)2

U2= 1 − 4 sin2 θ. (8.37)

Anche in questo caso si ha una simmetria della distribuzione di pressione sul corposia rispetto all’asse x che y con la conseguenza che tutti i coefficienti di forza risultanonulli. Di nuovo ci troviamo di fronte ad un caso particolare del paradosso di d’Alembertche vale per corpi di forma qualunque nell’ipotesi di flusso potenziale.

Dal confronto con le espressioni analoghe per la sfera si osserva che in corrispon-denza del punto θ = π/2 si ha una velocita maggiore nel cilindro rispetto alla sfera e,conseguentemente, una maggiore diminuzione di pressione. Cio si spiega facilmente osser-vando che a parita di diametro un cilindro crea un ‘bloccaggio’ del flusso maggiore di unasfera quindi, per la conservazione della massa, la velocita deve aumentare. Per esempio,se in un condotto a sezione rettangolare l × D viene posta una sfera di diametro D, lasuperficie a disposizione per il passaggio del flusso sara SS = lD−πD2/4 mentre nel casodi un cilindro si ha SC = lD −D2 da cui risulta SS > SC per πD2/4 < D2 che e sempreverificata.

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI 141

U

C p

30o

Figura 8.14: Distribuzione del coefficiente di pressione sulla superficie del cilindro (flussopotenziale).

ESEMPIO

Lungo il perimetro di un cilindro sono praticati due fori a cui e collegato unmanometro ad U come in figura. Se la differenza di quota tra i due menischi eh ed il fluido manometrico e alcool (ρm = 780 Kg/m3) calcolare la velocita dellacorrente d’aria che investe il cilindro. (Trascurare gli effetti viscosi).

h

U

θ h = 2.06cm θ = 30o

Soluzione

Essendo gli effetti viscosi trascurabili il flusso intorno al cilindro sara potenzialee per il coefficiente di pressione sulla sua superficie si ha cp = 2(p− p∞)/(ρU 2).Per θ = 30o risulta cp = 0 mentre per θ = 180o cp = 1, di conseguenzap(30o) = p∞ e p(180o) = p∞ + ρU 2/2. Combinando questo risultato con lalegge di Stevino si ottiene ∆p = p(180o) − p(30o) = ρU 2/2 = ρmgh da cui diricava U = (2ρmgh/ρ)

1/2 = 16 m/s.

142 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

π/20 π θ

u( )θU 2

1

C ( ) p

π/20 θπ

−3

a) b)

Figura 8.15: Diagrammi della distribuzione di velocita e coefficiente di pressione sullasuperficie di un cilindro. In figura e riportata solo la meta superiore, la meta inferiore siottiene per riflessione.

8.5.3 il cilindro rotante

Come ultimo esempio di flusso bidimiensionale potenziale vogliamo studiare il cilindrorotante che si ottiene sovrapponendo una corrente uniforme con una doppietta ed unvortice libero, entrambi posti nell’origine degli assi. La peculiarita di questo flusso edovuta al fatto che pur essendo potenziale riesce a generare una forza sul corpo diversada zero; questa circostanza e dovuta ad una particolarita del flusso indotto dal vorticelibero che verra spiegata in dettaglio successivamente.

Aggiungendo il potenziale di vortice libero a quello del cilindro della sezione precedentesi ottiene, rispettivamente, per il potenziale e le velocita:

φ = −(

Ur +k

r

)

cos θ +Γ

2πθ, (8.38)

ur = −(

U − k

r2

)

cos θ, uθ =

(

U +k

r2

)

sin θ +Γ

2πr. (8.39)

Poiche la velocita radiale ur e rimasta invariata rispetto al caso senza rotazione, il flusso

sara ancora quello intorno ad un cilindro di raggio R =√

k/U . Al contrario, risultamutata la velocita azimutale che sulla superficie del cilindro vale

uθ = 2U sin θ +Γ

2πr. (8.40)

La prima conseguenza della rotazione e lo spostamento dei punti di ristagno avendo sullasuperficie del cilindro uθ = 0 per

sin θ = − Γ

4πRUossia θ = − sin−1

(

Γ

4πRU

)

, (8.41)

con la condizione che risulti Γ/(4πRU) ≤ 1. Quando questo fattore e proprio uguale ad1 i due punti di ristagno saranno coincidenti in un solo punto a θ = −π/2 e 3π/2 (perΓ > 0). Se infine risulta Γ/(4πRU) > 1 il punto di ristagno non sara piu sulla superficie

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI 143

Figura 8.16: Visualizzazione sperimentale tramite l’analogia di Hele–Shaw delle linee dicorrente nel flusso potenziale bidimensionale intorno ad un cilindro.

del cilindro ma nel flusso sulla linea θ = −π/2 (dove comunque ur = 0) e per un valoredel raggio r tale che

U

(

1 +R2

r2

)

2πr. (8.42)

Uno schema delle tre situazioni e riportato in figura 8.17.

Non e superfluo notare che la circolazione si puo determinare dalla velocita di rotazioneΩ del cilindro come Γ = 2πΩR2; tenendo fissa la velocita della corrente U e le dimensionidel cilindro R la posizione dei punti di ristagno puo essere determinata semplicementevariando la velocita di rotazione del cilindro.

Ω

θ

Ω

θ

Ω

a) b) c)

Figura 8.17: Schema delle linee di corrente per un cilindro rotante potenzialebidimensionale: a) Γ < 4πRU , b) Γ = 4πRU , c) Γ > 4πRU .

Dagli schemi di figura 8.17 e evidente che la rotazione del cilindro rompe la simme-tria rispetto al diametro orizzontale e questa dissimmetria dovra riflettersi anche nella

144 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

pressione. Dall’equazione di Bernoulli si ottiene infatti:

p(θ) = p∞ +1

2ρU2 − 2ρU 2 sin2 θ − ρΓ2

8π2R2− ρUΓ sin θ

πR, (8.43)

in cui l’ultimo termine, avendo una dipendenza lineare in sin θ, riflette proprio la mancanzadi simmetria.

Riferendoci alla figura 8.13, e ricordando che le forze di pressione hanno direzioneopposta alla normale uscente, possiamo scrivere per le componenti della forza

Fx =∫ 2π

0p cos θRdθ = 0, Fy =

∫ 2π

0p sin θRdθ = ρUΓ. (8.44)

Ai due risultati di sopra si perviene facilmente sostituendo la (8.43) nelle (8.44) ed osser-vando che l’unico termine ad integrale non nullo e l’ultimo della (8.43) moltiplicato persin θ. Lo svolgimento analitico degli integrali in (8.44) viene lasciato come facile esercizio.

Il risultato trovato sulla forza e un caso particolare del teorema di Kutta–Joukowskyche da come espressione della forza F = ρU×Γ in cui Γ e un vettore che ha la circolazionecome intensita e la stessa direzione e verso della vorticita associata. Il risultato piuimportante di questo teorema e che non e possibile generare una forza (di pressione) suun corpo se non si ha una circolazione netta. A questo punto appare chiaro l’effetto delvortice libero che generando una circolazione nel cilindro e in grado di produrre una forza,altrimenti impossibile nell’ambito della teoria potenziale.

La generazione della forza indotta dalla rotazione di un cilindro investito da unacorrente e anche nota come effetto Magnus che ha notevoli implicazioni nella balistica(moto di proiettili e missili in rapida rotazione, lanci e tiri ‘ad effetto’ nello sport, etc.).In passato si e anche provato a sfruttare questa forza per fini propulsivi come e mostratoin figura 8.18 con la ‘Flettner–rotorship’ un’imbarcazione ideata da Anton Flettner nel1922 in cui una spinta addizionale era fornita dai due cilindri rotanti che fungevano dafumaioli. Sebbene tale sistema non sia stato utilizzato successivamente si e comunquevisto che, in linea di principio, poteva essere vantaggioso.

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI 145

Figura 8.18: Immagine dell’imbarcazione ideata da Flettner con sistema di propulsionebasato sull’effetto Magnus.

ESEMPIO

Dato un cilindro a sezione circolare di diametro D investito da una corrented’acqua uniforme a velocita U , quale deve essere la velocita di rotazione Ω delcilindro in modo da avere i due punti di ristagno come in figura? Quanto vale laforza per unita di lunghezza in tali condizioni?

U

P

Dθ θ

1 P2

θ = 300 U = 8 m/sD = 1. m

ipotizzare il flusso potenziale

Soluzione

Per il flusso potenziale intorno ad un cilindro circolare si ha che la velocitatangenziale sulla superficie del corpo e uθ = 2U sin θ + Γ/(2πR), la posizioneangolare dei punti di ristagno e quindi data da uθ = 0, ossia sin θ = −Γ/(4πUR).Essendo per le condizioni della figura i punti di ristagno a θ = −π/3 e θ = 7π/6si ricava Γ = 25.132 m2/s. Dovendo quindi risultare Γ = 2πRΩ ·R si ricava Ω =16rad/s. Infine dal teorema di Kutta–Joukowsky si ha F = ρUΓ = 201056 N/mdiretta verso l’alto.

146 CAPITOLO 8. ∗ FLUSSI POTENZIALI

Capitolo 9

Strato Limite

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, sotto alcune ipotesi, il flusso intorno ad uncorpo puo essere analizzato con un modello di flusso non viscoso il che semplifica notevol-mente la trattazione conducendo alla formulazione potenziale. Sebbene questo approcciofornisca delle informazioni molto utili, esso presenta delle pesanti limitazioni come l’im-possibilita di calcolare le forze esercitate dal flusso sul corpo (paradosso di d’Alembert).Evidentemente, l’ipotesi di trascurare i termini viscosi dalle equazioni del moto non eapplicabile ovunque; in particolare, in un flusso reale il fluido a contatto con il corpodeve avere la stessa velocita del corpo (condizione di aderenza) che non coincidera con lavelocita potenziale. Questa differenza di velocita genera dei forti grandienti in prossimitadel corpo che renderanno non trascurabili gli sforzi viscosi. Il sottile strato di fluido adi-acente al corpo dove i termini viscosi non si possono trascurare (o piu precisamente dovei termini viscosi sono dello stesso ordine di grandezza di quelli inerziali nel bilancio dellaquantita di moto) viene detto strato limite (figura 9.1).

Uy

boundary layer

potential flow

LFigura 9.1: Flusso uniforme su una lastra piana: la zona indicata in rosso e la zona‘viscosa’ dove non puo essere applicata la teoria potenziale.

Per comprendere i punti essenziali della fisica di questo fenomeno, consideriamo il flussostazionario su una lastra piana ad incidenza nulla come in figura 9.1 ed ipotizziamo persemplicita tale flusso incomprimibile e bidimensionale. Dalle equazioni di conservazione

147

148 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

della massa e bilancio della quantita di moto si scrive

∂u

∂x+∂v

∂y= 0, (9.1)

u∂u

∂x+ v

∂u

∂y= −1

ρ

∂p

∂x+ ν

(

∂2u

∂x2+∂2u

∂y2

)

,

u∂v

∂x+ v

∂v

∂y= −1

ρ

∂p

∂y+ ν

(

∂2v

∂x2+∂2v

∂y2

)

,

avendo indicato, rispettivamente, con u e v le componenti di velocita ux e uy.Richiamando il concetto che nello strato limite i termini viscosi sono dello stesso ordine

di grandezza di quelli inerziali, possiamo quantificare il suo spessore δ. Riferiamoci allaseconda delle (9.1) che rappresenta il bilancio di quantita di moto nelle direzione dellacorrente x; detta L la lunghezza della lastra in x dovra risultare δ ¿ L da cui si intuisceche il secondo termine viscoso deve essere molto piu grande del primo. D’altra parte, deidue termini convettivi il primo ci da il trasporto di quantita di moto parallelamente allalastra che sara ostacolato appunto dai temini viscosi all’interno dello strato limite. Daqueste considerazioni ne segue che possiamo porre

u∂u

∂x≈ ν

∂2u

∂y2, =⇒ U2

L≈ ν

U

δ2(9.2)

da cui

δ ≈(

νL

U

)

1

2

=L√Re

, (9.3)

avendo assunto che la velocita parallela alla lastra sia dello stesso ordine di U e definendoil numero di Reynods Re = UL/ν (con ReÀ 1).

Noto lo spessore δ e possibile calcolare la relazione tra u e v. Dovendo infatti i duetermini dell’equazione di conservazione della massa essere dello stesso ordine di grandezzasi ha

∂u

∂x≈ ∂v

∂y, =⇒ U

L≈ v

δ≈ v

√Re

L, =⇒ v ≈ U√

Re= V, (9.4)

da cui si vede immediatamente che nello strato limite, oltre ad avere una dimensionemolto piu piccola dell’altra δ ¿ L si ha anche una velocita molto piu piccola dell’altrav ¿ u. Questa caratteristica fu intuita per la prima volta da Prandtl all’inizio del secoloche formulo la teoria dello strato limite basandosi sul fatto che il fenomeno avviene nelledue direzioni x ed y con scale differenti.

Volendo dare una stima sulle forze viscose si puo calcolare lo sforzo di parete

τw = µ

(

∂u

∂y

)

w

' µU

δ= µ

U

L

√Re =

µρU3

L(9.5)

da cui si vede che questo cresce come U 3/2 mentre diminuisce all’aumentare della lunghezzadella lastra L. Per il calcolo della resistenza totale si puo integrare lo sforzo di parete sututta la superficie della lastra per cui detta b la dimensione della lastra in figura 9.1 nelladirezione ortogonale al foglio si ha

D = b∫ L

0τdx = 2b

µρU 3L, (9.6)

9.1. EQUAZIONI DI PRANDTL 149

da cui emerge che la resistenza aumenta solo come√L. Cio e dovuto al fatto che lo

spessore dello strato limite cresce con la coordinata x e lo sforzo di parete diminuisce percui le regioni piu lontane dal bordo d’attacco contribuiscono meno alla resistenza rispettoa quelle piu vicine. Se vogliamo infine calcolare il coefficiente d’attrito possiamo scrivere

cf =D

12ρU2bL

= 4

ν

UL=

4√Re

. (9.7)

Bisogna notare che queste relazioni sono basate su considerazioni sull’ordine di grandez-za delle varie quantita quindi danno delle informazioni solo qualitative sul fenomeno. Peravere delle informazioni quantitative e necessario risolvere in qualche modo le equazioni(9.1) cercando di introdurre le semplificazioni delle ipotesi di strato limite.

9.1 equazioni di Prandtl

Abbiamo a questo punto a disposizione gli elementi per derivare le equazioni nelle ipotesi distrato limite. Le lunghezze nelle direzioni x ed y, verranno infatti scalate rispettivamentecon L e δ = L/

√Re mentre le velocita u e v con U ed U/

√Re. Introducendo allora delle

lunghezze e velocita adimensionali definite come

x∗ =x

L, y∗ =

y

δ=y

L

√Re, u∗ =

u

U, v∗ =

v

V=v

U

√Re (9.8)

si ottiene per sostituzione nelle (9.1)

U

L

∂u∗

∂x∗+

U√Re

√Re

L

∂v∗

∂y∗= 0, (9.9)

U2

Lu∗∂u∗

∂x∗+

U2

√Re

√Re

Lv∗∂u∗

∂y∗= −ρU

2

L

1

ρ

∂p∗

∂x∗+ ν

(

U

L2

∂2u∗

∂x∗2+URe

L2

∂2u∗

∂y∗2

)

,

U2

L√Re

u∗∂v∗

∂x∗+

U2

L√Re

v∗∂v∗

∂y∗= −ρU

2√Re

L

1

ρ

∂p∗

∂y∗+ ν

(

U√ReL2

∂2v∗

∂x∗2+U√Re

L2

∂2v∗

∂y∗2

)

.

Da queste relazioni, facendo il limite per Re −→ ∞ e ricordando che Re = UL/ν siricava

∂u∗

∂x∗+∂v∗

∂y∗= 0, (9.10)

u∗∂u∗

∂x∗+ v∗

∂u∗

∂y∗= −dp∗

dx∗+∂2u∗

∂y∗2,

∂p∗

∂y∗= O

(

1

Re

)

−→ 0,

dove l’ultima equazione deriva dall’osservazione che nella terza delle (9.9) il gradiente dipressione deve essere dello stesso ordine di grandezza degli altri termini (O(1/

√Re)) 1.

Dal confronto delle equazioni (9.10) con le (9.1) si vede che ci sono evidenti differenzecon notevoli semplificazioni delle seconde rispetto alle prime. Come prima osservazione

1Nello sviluppare tutti questi passaggi abbiamo anche supposto che la scala di adimensionalizzazionedelle pressioni sia P = ρU 2 ossia che il numero di Ruark ρU 2/P = Ru sia uguale ad 1. Cio si verificasempre a meno che nel problema non subentri una forzante di pressione imposta dall’esterno.

150 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

notiamo che la pressione ha variazione nulla nella direzione ortogonale alla corrente chequindi non varia attraverso lo strato limite: ∂p∗/∂y∗ = 0. Cio indica che la pressionenello strato limite e imposta dal campo esterno che puo essere facilmente determinatodalla teoria potenziale; inoltre il temine di pressione nella seconda delle (9.10) non solo euna derivata ordinaria perche dipendente solo da x ma non e nemmeno un’incognita delproblema visto che viene dal flusso esterno.

L’altra caratteristica importante e che la seconda delle (9.10) ha un solo termineviscoso avendo perso il termine di derivata seconda nella direzione x. Da un punto divista fisico questo significa che il flusso ad una certa coordinata x nella direzione dellacorrente dipende solo da cio che succede per x ≤ x al contrario delle (9.1) la cui soluzionein un punto dipende dal flusso in tutto il resto del campo. Matematicamente cio si esprimedicendo che le equazioni (9.10) sono paraboliche in x mentre le (9.1) sono ellittiche, avendoquesta distinzione anche profonde implicazioni nelle metodologie di soluzione che risultanomolto piu difficili per le seconde rispetto alle prime.

Un’altra caratteristica importante delle equazioni (9.10) e che la loro forma e indipen-dente dal numero di Reynolds. Cio implica che una volta trovata la soluzione questasara applicabile a tutte le situazioni geometricamente simili potendo poi trovare i valoridimensionali di velocita e lunghezze attraverso le definizioni (9.8).

9.2 separazione dello strato limite

Analizzando le equazioni di Prandtl per lo strato limite abbiamo visto che portano adelle notevoli semplificazioni pur fornendo tutta l’informazione necessaria all’analisi delflusso. Ci chiediamo ora fino a che punto possiamo usare le equazioni semplificate e qualefenomeno fisico ne precluda la validita. Ripercorrendo le ipotesi che ci hanno portato alleequazioni (9.10) notiamo che risulta essenziale la forte differenza di scala δ ¿ L; da unpunto di vista fisico, infatti cio ha implicato che tutte le variazioni in y fossero molto piuintense di quelle in x permettendo di trascurare alcuni termini. Si puo verificare tuttaviache, a causa dell’azione frenante dell’attrito, il flusso tenda a separare ed una particellafluida inizialmente in prossimita della parete venga trasportata lontano da essa; in questicasi l’approssimazione di strato limite cessa di essere valida.

Analizziamo piu in dettaglio lo schema di figura 9.2 osservando che a causa delladiffusione lo spessore dello strato limite δ cresce con la coordinata x nei primi 3 profili.Con la crescita di δ diminuisce progressivamente il gradiente di velocita alla parete finoad un punto in cui questo valore puo diventare nullo. Nella figura 9.2 cio accade in Sdove si osserva che, dovendo necessariamente il profilo di velocita recuperare il valore Uper y −→ ∞, il profilo in questo punto deve avere un cambio di concavita. Si osservi cheanche nel terzo profilo la concavita non e unica per cui il cambio di concavita non puoessere utilizzato come criterio per l’identificazione della separazione. Al contrario si puoaffermare che essendo un punto di separazione caratterizzato dalla condizione ∂u/∂y|w = 0il cambio di concavita nel profilo di velocita e condizione necessaria per la separazione.

Se utilizziamo il fatto che alla parete (y∗ = 0) la condizione di aderenza implicau∗ = v∗ = 0 la seconda delle (9.10) alla parete diventa

dp∗

dx∗=

(

∂2u∗

∂y∗2

)

w

, (9.11)

da cui si vede che la concavita del profilo di velocita alla parete dipende dal gradiente di

9.3. ∗ SOLUZIONE SIMILE 151

pressione imposto dal flusso esterno. In particolare se il gradiente di pressione e semprenegativo, ossia se il flusso e sempre accelerato, il profilo di velocita sara convesso e lasituazione illustrata in figura 9.2 non potra mai verificarsi.

x

y

U

S

Figura 9.2: Separazione dello strato limite su una lastra piana.

Al contrario se il flusso si muove da zone a pressione minore verso zone a pressionemaggiore il gradiente di pressione sara positivo e la concavita del profilo di velocita aparete sara positiva. In questo contesto, si puo verificare che in qualche punto il profiloraggiunga la condizione di gradiente nullo a parete e quindi il flusso separi.

Nelle figure 9.3 e 9.4 sono riportate due visualizzazioni di laboratorio di separazionidi strato limite. Nella prima la separazione avviene in un divergente a causa della dimin-uzione di velocita del flusso esterno e conseguente aumento di pressione. In figura 9.4viene mostrato, invece, che proprio a causa dell’effetto del gradiente di pressione sullostrato limite le situazioni di contrazione ed espansione non sono simmetriche verificandosiil distacco del flusso dalla parete solo nel secondo caso.

Evidentemente dall’insorgere della zona di separazione in poi non sara piu vero che levariazioni nella direzione y saranno piu grandi di quelle in x e quindi non si potranno piuusare le equazioni (9.10) ma piuttosto le (9.1).

Riguardo alla relazione (9.11) si deve notare che non e necessario conoscere effettiva-mente la pressione ma basta conoscere il campo esterno di velocita. Considerando infattila prima delle (9.1) e ricordando che il flusso esterno ha solo la componente di veloc-ita parallela al corpo e che i termini viscosi sono trascurabili si ottiene −(1/ρ)dp/dx =UdU/dx.

Osserviamo infine che la separazione dello strato limite e un fenomeno che si cerca dievitare nelle applicazioni pratiche in quanto provoca delle perdite di energia meccanica.Per esempio nell’aerodinamica esterna degli autoveicoli la presenza di bolle di separazioneaumenta il coefficiente di resistenza e quindi il consumo di carburante.

9.3 ∗ soluzione simile

Una delle possibilita per risolvere le equazioni (9.10) e di fare ricorso alle soluzioni simili.In particolare, poiche nella direzione x non c’e una scala di lunghezze assegnata si puo

152 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

Figura 9.3: Visualizzazione sperimentale della separazione dello strato limite all’inizio diun divergente.

ipotizzare che il profilo di velocita assuma un forma simile in x. Matematicamente cio siesprime dicendo che prese due coordinate x1 ed x2 ed il campo di velocita u(x, y) devevalere

u(

x1,y

h(x1)

)

g(x1)=u(

x2,y

h(x2)

)

g(x2), (9.12)

dove h e g sono due funzioni di forma. In altre parole la soluzione u(x, y) e simile see possibile far coincidere i profili di velocita per due sezioni qualunque introducendo unfattore di scala per la velocita e per la coordinata y. Dato il problema in esame, il fattoredi scala per la velocita e la velocita del flusso esterno U mentre la funzione con cui scalarela y sara lo spessore dello strato limite δ.

Se ora introduciamo la funzione di corrente possiamo porre per le velocita u = ∂ψ/∂ye v = −∂ψ/∂x per cui la seconda delle (9.10) (in forma dimensionale) diviene

∂ψ

∂y

∂2ψ

∂x∂y− ∂ψ

∂x

∂2ψ

∂y2= U

dU

dx+ ν

∂3ψ

∂y3(9.13)

in cui si possono fare le seguenti posizioni

h(x) = δ(x) =

νx

U, η(x, y) =

y

δ(x)= y

U

νx, ψ(x, η) =

√νxUf(η) (9.14)

e per le velocita

u =∂ψ

∂y=∂ψ

∂η

∂η

∂y=

√νxUf ′(η)

U

νx= Uf ′, (9.15)

−v =∂ψ

∂x=

νU

2√νxU

f(η) −√νxUf ′(η)

y

2

U

νx3=

1

2

νU

x[f(η) − ηf ′(η)].

9.3. ∗ SOLUZIONE SIMILE 153

Figura 9.4: Visualizzazione sperimentale del flusso attraverso un’improvvisa contrazionee successiva espansione.

Figura 9.5: Profili di velocita a varie sezioni ed evoluzione della regione di separazioneper il flusso all’interno di un condotto divergente.

Sostituendo queste velocita nella (9.13) ed assumendo un gradiente esterno di pressionenullo (UdU/dx) si ricava

Uf ′

(

−U2f ′′η

x

)

+1

2

νU

x[ηf ′ − f ]Uf ′′

U

νx= νUf ′′′

U

νx(9.16)

che opportunamente semplificata si riduce a

f ′′′ +1

2ff ′′ = 0. (9.17)

Questa equazione e nota come equazione di Blasius che puo essere risolta con leseguenti condizioni al contorno

u(y = 0) = 0 ⇒ f ′(0) = 0, v(y = 0) = 0 ⇒ f(0) = 0, (9.18)

u(y −→ ∞) = U ⇒ f ′(η −→ ∞) = 1;

154 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

η f f ′ f ′′

0 0 0 0.3321 0.166 0.3298 0.3233 1.397 0.8461 0.1615 3.28 0.991 0.015917 5.28 0.99992 0.000228 6.279 1.0000 0.00001

Tabella 9.1: Valori tabulati per la funzione f e le sue derivate

abbiamo cosı un’equazione differenziale ordinaria non lineare del 3o ordine con 3 con-dizioni al contorno che permettono di risolvere il problema (per esempio per integrazionenumerica).

In figura 9.6 viene riportata una visualizzazione in acqua del profilo di strato limite diBlasius da cui si puo dedurre l’andamento della funzione f ′(η) al variare di η.

U

U f’( )

ηη

Figura 9.6: Visualizzazione sperimentale di un profilo di Blasius in acqua.

I valori di f sono di solito tabulati ed alcuni dati sono riportati nella tabella 9.1, dacui si possono fare alcune considerazioni. Il valore di f ′(η) (e quindi di u/U) parte da0 per η = 0 e tende asintoticamente ad 1; convenzionalmente si puo definire lo spessoredello strato limite come come la distanza dalla parete a cui la velocita u raggiunge il 99%

della U . Dalla tabella si vede che cio accade per η ' 5 per cui si ha δ ' 5√

νx/U . Ilvalore u = 0.99U e tuttavia arbitrario e se si scegliesse u = 0.999U si otterrebbe η ' 6

9.3. ∗ SOLUZIONE SIMILE 155

per cui nasce l’esigenza di una definizione piu oggettiva di spessore che prescinda dalladeterminazione di valori di soglia arbitrari.

Osserviamo a tal fine che a causa della condizione di aderenza, considerata una distanzah dalla parete tale che u ' U si ha che la portata in volume Q risulta piu piccola di quellache si avrebbe se il flusso fosse potenziale(figura 9.7). Ci si puo allora chiedere quale siala distanza dalla parete δ∗ tale che considerando il flusso tra δ∗ ed h costante ed uniformesi ottiene esattamente il flusso Q. Questa distanza si trova semplicemente imponendo che

U(h− δ∗) =∫ h

0udy,=⇒ Uδ∗ =

∫ h

0(U − u)dy,=⇒ δ∗ =

0

(

1 − u

U

)

dy, (9.19)

essendo stato esteso l’integrale all’infinito in quanto u/U = 1 per y > h. Usando lasoluzione di Blasius si puo quindi scrivere

δ∗ =∫

0[1 − f ′(η)]dη

νx

U=

νx

U[η − f(η)]η−→∞ = 1.72

νx

U, (9.20)

ossia circa 1/3 di δ. Da un punto di vista fisico questa distanza ci dice di quanto dovremmospostare verso l’esterno il contorno del corpo in un’ipotetico flusso potenziale per com-pensare la perdita di flusso di massa dovuto alla condizione di aderenza; questa distanzae chiamata spessore di spostamento. Riferendoci alla figura 9.1 si tratta di trovare ladistanza δ∗ per cui le due aree indicate abbiano lo stesso valore.

U y

δ∗

Figura 9.7: Definizione di spessore di spostamento.

Sempre a causa della condizione di aderenza si ha una diminuzione di flusso di quantitadi moto per cui seguendo il ragionamento precedente si puo trovare uno spessore analogoθ (detto spessore di quantita di moto) tale che:

ρU2θ = ρ∫

0u(U − u)dy =⇒ θ =

0

u

U

(

1 − u

U

)

dy =∫

0f ′(η)[1 − f ′(η)]dη

νx

U(9.21)

che integrato numericamente da θ = 0.664√

νx/U .Al bordo dello strato limite la quantita ηf ′−f ∼ v e sempre positiva quindi la velocita

normale al bordo dello strato limite non e nulla. La linea y = δ(x) non e conseguentementeuna linea di corrente non essendo verificata la relazione v/u = dy/dx.

156 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

Per l’attrito di parete si ha

τw = µ

(

∂u

∂y

)

w

= µf ′′(0)

U3

νx= 0.332

ρµU3

x(9.22)

mentre per la resistenza

D = b∫ L

0τwdx = 0.332b

ρµU3

∫ L

0

d√x

= 0.664b√

ρµU3L. (9.23)

Per il coefficiente d’attrito si puo infine scrivere

cf =D

12ρU2bL

=1.328√Re

. (9.24)

Vogliamo ricordare che tutte queste considerazioni sono valide nel caso in cui il flussosia bidimensionale, stazionario ed in assenza di gradiente di pressione imposto dal flussoesterno. Queste condizioni sono eccessivamente restrittive per le applicazioni pratiche,tuttavia il fatto di disporre di una soluzione esatta ci permette di utilizzare lo stratolimite su una lastra piana come flusso test per validare eventuali metodi approssimati chepermettano di risolvere piu facilmente anche casi piu complessi.

Come ultima osservazione dobbiamo sottolineare che i risultati trovati valgono perflussi laminari, flussi cioe in cui il fluido scorre sopra la lastra come se fosse formatoda tante lamine parallele che scorrono una rispetto all’altra. Cio si verifica nella realtasolo per numeri di Reynolds minori di 2 · 105–5 · 105 ed il valore esatto dipende dalleperturbazioni nel flusso esterno e dalla rugosita della lastra. Per valori superiori delnumero di Reynolds si ha la transizione del flusso alla turbolenza condizione in cui il flussoe completamente tridimensionale e non stazionario. A questa condizione si accennera inun capitolo successivo.

ESEMPIO

Data la lastra in figura investita da un profilo di velocita UX(z), calcolare ladensita del fluido sapendo che la forza sulla lastra (considerata bagnata da unsolo lato) e F .

x

z

U (z)x

l

bUx(z) = 5z2 m/s l = 1 m b2 = 0.5 m

F = 6x N µ = 10−1 Ns/m2

Essendo il flusso laminare e non essendo prescritto alcun profilo di velocita ap-prossimato si possono usare le formule di Blasius che danno per lo sforzo di parete

τw = 0.332√

ρµU3/x, con x la coordinata nella direzione della corrente misurataa partire dal bordo d’attacco della lastra. Per la forza sulla lastra si avra quindi

F =∫ b

0

∫ l

0τwdxdz = 0.332

ρµ53

∫ b

0z3dz

∫ l

0

dx√x

= 0.332√

ρµ53b4

42√l.

Ricavando da questa relazione ρ si ottiene ρ = 26755 Kg/m3.

9.3. ∗ SOLUZIONE SIMILE 157

ESEMPIO

La resistenza di una lastra piana L1 ad incidenza nulla ed investita da una cor-rente a velocita U1 e pari a D1. Calcolare la resistenza di una seconda lastra L2

investita dallo stesso fluido della lastra precedente ma a velocita U2.

L

l

U

2

22

2bL

l

U

1

1 1b1 D1 = 290 N b1 = l1 = 1. m U1 = 20 cm/sb2 = 1.3 m l2 = 1.5 m U2 = 11 cm/s

Soluzione

Essendo il flusso laminare su lastre piane ad incidenza nulla (e non essendospecificato alcun tipo di profilo di velocita approssimato) si puo usare la soluzionedi Blasius che fornisce

τw = 0.332

ρµU3

x, D =

∫ b

0

∫ l

0τwdS = 0.664

ρµU3b√l.

Per la prima lastra si ha D1 = 0.664√ρµb1

l1U31 da cui si ricava

√ρµ. Per la

seconda lastra si potra quindi scrivere

D2 = 0.664√ρµb2

l2U32 = D1

(

U2

U1

)

3

2 b2b1

(

l2l1

)1

2

= 188.3 N.

158 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

ESEMPIO

La ‘ventola’ in figura ha due pale ad incidenza nulla e ruota in aria a velocitacostante Ω. Calcolare la potenza necessaria a mantenere la ventola in rotazionesupponendo il flusso laminare e localmente bidimensionale (ossia ogni striscia dipala parallela al lato h si comporta indipendentemente dalle altre).

h = 20 cm l = 0.5 m Ω = 150 giri/min

Soluzione

Prendendo un asse y allineato con il bordo d’attacco della pala ed un asse xortogonale, Essendo lo strato limite laminare e bidimensionale, risultera

dF = τdxdy = 0.332

ρµΩ3y3

xdxdy

con U(y) = Ωy la velocita che investe ogni striscia di pala ed x la distanza dalbordo d’attacco. Per il momento dispetto all’asse di rotazione risulta

dM = ydF, M =∫ l

0

∫ yh/l

00.332

ρµΩ3y5/2x−1/2dxdy =0.332

2

ρµΩ3h

ll4.

Considerando ora che ogni pala ha 2 superfici bagnate ed il rotare ha due palene risulta che la potenza sara data da

W = 4MΩ = 0.664√

ρµhΩ5/2l7/2 = 0.1232 W.

9.4 equazione integrale dello strato limite

Nella sezione precedente abbiamo visto un caso in cui l’equazione per lo strato limite puoessere risolta in modo esatto trovando la soluzione in ogni punto del campo. In generalequesta procedura non puo essere seguita in quanto la soluzione analitica presenta delledifficolta insormontabili. Una possibile alternativa consiste nel richiedere che l’equazionenon sia soddisfatta puntualmente ma che lo sia una sua media effettuata su tutto lo spes-sore dello strato limite. Partendo allora dalle equazioni per lo strato limite ed integrandoin direzione normale alla parete fino ad un’altezza h (essendo h grande abbastanza daessere per qualunque x al di fuori dello strato limite) si ottiene:

∫ h

0

(

u∂u

∂x+ v

∂u

∂y− U

dU

dx

)

dy =µ

ρ

∫ h

0

(

∂2u

∂y2

)

dy. (9.25)

Il secondo membro dopo l’integrazione puo essere immediatamente posto uguale a −τw/ρrisultando ∂u/∂y = 0 per y = h. Dall’equazione di continuita ricaviamo

∂u

∂x= −∂v

∂y=⇒ v = −

∫ y

0

∂u

∂xdy, (9.26)

9.4. EQUAZIONE INTEGRALE DELLO STRATO LIMITE 159

che possiamo sostituire nel primo membro della (9.25)

∫ h

0

(

u∂u

∂x− ∂u

∂y

∫ y

0

∂u

∂xdy − U

dU

dx

)

dy = −τwρ. (9.27)

Integrando il secondo termine per parti

∫ h

0

(

∂u

∂y

∫ y

0

∂u

∂xdy

)

dy = U∫ h

0

∂u

∂xdy −

∫ h

0u∂u

∂xdy =

∫ h

0

∂u

∂x(U − u)dy. (9.28)

Risostituendo l’espressione trovata nella (9.27), aggiungendo e sottraendo il termine ∂uU/∂xnell’integrale e combinando opportunamente i termini si ottiene

∫ h

0

∂x[u(U − u)]dy +

∫ h

0

dU

dx(U − u)dy =

τwρ. (9.29)

Osserviamo ora che poiche h non dipende da x le derivazioni in x possono essere portatefuori dal segno di integrale. Inoltre per y > h tutte le funzioni integrande vanno a zeroquindi gli integrali si possono estendere fino all’∞ da cui, ricordando le espressioni per lospessore di spostamento e di quantita di moto si ottiene

dθU2

dx+ δ∗U

dU

dx=τwρ. (9.30)

Questa e l’equazione integrale dello strato limite anche detta equazione di von Karmanche mette in relazioni le grandezze integrali dello strato limite con lo sforzo di parete.

L’essenza della soluzione di questa equazione consiste nell’assumere un profilo di ve-locita che soddisfi le condizioni al contorno e la continuita con la soluzione esterna eprocedere con il calcolo di δ∗, θ e τw i cui valori saranno funzione della coordinata x edei parametri liberi assunti nel profilo di velocita. Sostituendo il risultato in (9.30) siotterra un’equazione differenziale dalla cui soluzione si ottengono le formule per δ∗, θ eτw e quindi per le quantita derivate.

A titolo di esempio consideriamo il flusso intorno ad una lastra piana ad incidenza nullaper il quale abbiamo la soluzione esatta di Blasius come termine di paragone. Risultandoil gradiente di pressione esterno nullo (dU/dx = 0) l’equazione integrale si riduce a

U2 dθ

dx=τwρ. (9.31)

Assumendo come profilo di velocita u/U = y/δ = η si ha che questo soddisfa la condizionedi aderenza alla parete (u = 0 per y = 0) e la continuita con la soluzione esterna (u = Uper y = δ). Dalle definizioni di θ e τw abbiamo

θ =∫

0

u

U

(

1 − u

U

)

dy =∫ 1

0η(1 − η)δdη =

δ

6, τw = µ

(

∂u

∂y

)

y=0

= µU

δ, (9.32)

e sostituendo queste espressioni nella (9.31) si ottiene una semplice equazione differenzialein δ

U2

6

dx=µ

ρ

U

δ=⇒ δ =

√12

νx

U, (9.33)

160 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

che ci da l’espressione per lo spessore dello strato limite in funzione di x. Noto δ(x) epossibile procedere a ritroso e calcolare tutte le altre quantita

θ = 0.557

νx

U, δ∗ = 1.732

νx

U, τw0.288

ρµU3

x, (9.34)

mentre per il coefficiente d’attrito e la resistenza si ottiene

cf = 1.152

ν

UL, D = 0.576b

ρµU3L. (9.35)

Tutti questi valori vanno confrontati con la soluzione esatta di Blasius e dal confrontosi vede che nonostante il profilo u/U = η sia il piu semplice che si possa usare i valorinumerici non vengono troppo dissimili da quelli esatti. Valori ancora piu prossimi aquelli esatti si possono comunque ottenere utilizzando profili di velocita piu complicatiche replichino anche le caratterstiche di curvatura del profilo di Blasius (funzioni cubiche,seno oppure funzioni a tratti).

Vogliamo infine ricordare che se il contorno del corpo non e di forma semplice, se ilgradiente di pressione non e nullo o se il profilo non e simile la procedura di soluzione(concettualmente identica) si complica notevolmente e si deve ricorrere a diverse fun-zioni a seconda del gradiente di pressione. Alla fine si giunge comunque ad un’equazionedifferenziale per δ(x) dalla cui soluzione si ricavano δ∗, θ e τw.

9.4. EQUAZIONE INTEGRALE DELLO STRATO LIMITE 161

ESEMPIO

Data una lastra piana ad incidenza nulla investita da una corrente uniforme d’ariaa velocita U , considerando il flusso laminare ed assegnato l’andamento del profilidi velocita u(y), determinare l’andamento dello sforzo di parete in funzione di x

δu(y)

U

x

u(y)

U= −1

2

(

y

δ

)3

+3

2

(

y

δ

)

, δ ≥ y

u(y)

U= 1 δ < y

U = 1.5 m/s

Soluzione

Partendo dall’equazione integrale dello strato limite (nel caso di gradiente dipressione nullo) τw/ρ = U 2dθ/dx, per il profilo di velocita assegnato su ha τw =µdu/dy |y=0= 3µU/(2δ) e per θ

θ =∫

0

u

U

(

1 − u

U

)

dy =39δ

280.

Questi valori risostituiti nell’equazione di partenza forniscono

3µU

2δ=

39ρU 2

280

dx=⇒ 140ν

13Udx = δdδ =⇒ δ =

280ν

13U

√x = 0.0145

√xm,

da cui

τw =

117ρµU 3

1120

1

x= 0.00284

1

x

Kg

s2m.

162 CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

ESEMPIO

Su una lastra piana con un gradiente di pressione nullo scorre dell’acqua a velocitaU . Supponendo il profilo di velocita nello strato limite simile ed approssimabilecon due tratti rettilinei come in figura, calcolare lo spessore dello strato limitead una distanza l dal bordo d’attacco.

2/3 1

1/2

1

u/U

y/δ

l = 20 cm U = 2.7 m/s

Soluzione

Per il profilo di velocita si ha: u/U = 4y/(3δ) per 0 ≤ y ≤ δ/2 e u/U =(2y + δ)/(3δ) per δ/2 ≤ 1. Lo sforzo di parete e τw = µ4U/(3δ) mentre lospessore di quantita di moto sara θ = 0.1574δ. Dall’equazione integrale per lostrato limite si scrive

τwρ

= U 2 dθ

dy, δdδ =

3U0.1574dx, δ = 0.00177

√x,

da cui δ(0.2) = 1.12 mm.

Capitolo 10

∗ Turbolenza

10.1 fenomenologia della turbolenza

L’osservazione di flussi turbolenti e un’esperienza quotidiana che identifichiamo con ilmoto non stazionario, irregolare ed apparentemente caotico di un fluido. Le volute formatedal fumo di una sigaretta nel suo moto ascensionale, il miscelamento tra latte e caffeall’interno di una tazza o la scia irregolare di un fiume a valle del pilone di un ponte sonosolo alcuni esempi tra un’innumerevole quantita.

Sebbene il concetto di turbolenza sia abbastanza chiaro per ognuno di noi, non ealtrettanto chiaro l’effetto che ha la turbolenza sulle caratteristiche globali di un flusso.

Si consideri, per esempio l’accensione di una sigaretta all’interno di una stanza; eesperienza comune che dopo pochi secondi la presenza del fumo puo essere avvertita intutta la stanza, indicando che il fumo ha “diffuso” ovunque. Un’interpretazione ingenuapotrebbe indurre a pensare che la diffusione sia la causa di questo fenomeno ma unastima delle scale temporali esclude inequivocabilmente questo fattore. Detta infatti ν laviscosita cinematica dell’aria ed L la distanza percorsa dal fumo, il tempo impiegato dalfumo per percorrere tale lunghezza risulta Tν = L2/ν che, utilizzando i parametri dell’ariaed ipotizzando L = 4m fornisce Tν ' 1.07 · 106s (circa 12 giorni)! In realta il temporisulterebbe ancora maggiore in quanto per tale calcolo non bisognerebbe considerare νche da la diffusivita della quantita di moto ma la diffusivita κ del fumo in aria; potendoporre κ = νSc (essendo Sc il numero di Schmidt che vale circa Sc = 0.7 per l’aria) siotterrebbe Tν ' 17.7giorni.

Si potrebbe comunque osservare che poiche il fumo di sigaretta e piu caldo dell’ariacircostante, la convezione naturale ha un ruolo rilevante nella diffusione del fumo. Unastima dimensionale, tuttavia fornisce delle velocita dell’ordine dei cm/s che, combinatacon l’osservazione che il fumo caldo sale verso l’alto e non si propaga orizzontalmente,porta comunque a dei tempi di ore in netto contrasto, con l’esperienza quotidiana.

La ragione della discrepanza tra l’esperienza pratica e le due stime quantitative eche in entrambi i casi, si e trascurata la presenza della turbolenza. Le fluttuazioni divelocita indotte nel fluido dal moto turbolento, infatti, hanno la capacita di trasportareuna quantita (scalare o vettoriale) molto rapidamente anche in assenza di moto medio. Cioporta ad assimilare l’effetto della turbolenza con un notevole aumento della diffusivita delfluido che arriva ad essere anche due o tre ordini di grandezza maggiore rispetto al valoremolecolare. Un studio piu attento dei fenomeni turbolenti mostrera comunque che questo

163

164 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

e solo l’effetto piu visibile di una dinamica molto complessa che coinvolge principalmentei termini non lineari delle equazioni di Navier–Stokes.

Per fornire un altro esempio sugli effetti macroscopici della turbolenza consideriamo laportata di un fluido attraverso un tubo a sezione circolare di raggio R e lunghezza L peruna data differenza di pressione ∆p. In base alla soluzione laminare di Hagen–Poiseuillesi potrebbe scrivere Q = πR4∆p/(8µL) indicando che sarebbe sufficiente una differenzadi pressione di un Pascal per ogni metro di lunghezza per avere in un tubo di raggioR = 0.5 m una portata d’acqua di Q ' 20 m3/s. Questo risultato sovrastima in modomolto grossolano la portata reale che risulta 1 invece Q ' 0.25 m3/s. Il motivo di taledifferenza e che il numero di Reynolds del flusso e Re ' 3 · 105 ossia molto al di sopra dellimite Re = 2100 di validita della soluzione laminare; in tali condizioni, il flusso all’internodel condotto non puo considerarsi ne stazionario ne tantomeno piano (ossia contenentela sola componente di velocita nella direzione della corrente) e le intense fluttuazionidi velocita “diffondono” la quantita di moto in modo molto efficiente comportando unapparente aumento degli sforzi viscosi.

Questo esperimento e stato descritto per la prima volta in modo sistematico da O.Reynolds nel 1883 il quale, conducendo degli esperimenti sul flusso all’interno di tubi asezione circolare, osservo che combinando la velocita media del flusso U , il diametro deltubo d e la viscosita cinematica del fluido ν nel fattore Ud/ν (che in seguito prese ilnome di numero di Reynolds) si poteva descrivere la dinamica del flusso in 3 categoriedifferenti. Per Re ≤ 2100 il flusso si manteneva stazionario e si comportava come sedelle lamine rettilinee (da cui il temine flusso laminare) scorressero le une sulle altreinteragendo solo attraverso degli sforzi tangenziali. Questo comportamento fu notatoosservando l’evoluzione di una “streakline” di inchiostro rilasciata da una posizione fissaall’interno del condotto; la linea di colorante, infatti, si manteneva rettilinea diffondendomolto debolmente mentre si allontanava dalla sorgente.

2100 < Re < 4000

Re > 4000

Re < 2100

Figura 10.1: Disegno schematico dell’esperimento di Reynolds.

Per 2100 ≤ Re ≤ 4000 la linea di colorante perdeva la sua stazionarieta e si propa-gava lungo una traiettoria ondulata con caratteristiche dipendenti dal tempo. In questo

1Questo risultato e stato determinato utilizzando il valore del fattore d’attrito f determinato daldiagramma di Moody ipotizzando una rugosita relativa delle superfici del tubo pari a ε/D = 10−3.

10.1. FENOMENOLOGIA DELLA TURBOLENZA 165

regime transizionale, tuttavia la traccia di colorante preservava la sua coerenza spazialerimanendo confinata in una linea sottile.

Al contrario, per Re ≥ 4000, dopo un tratto iniziale con oscillazioni di ampiezzacrescente la traccia d’inchiostro veniva diffusa vigorosamente in tutta la sezione trasversaledel tubo fino a distribuirsi omogeneamente in tutto il flusso. Quest’ultimo regime e dettoturbolento ed e caratterizzato da un moto disordinato, completamente tridimensionale enon stazionario e da delle fluttuazioni di velocita con caratteristiche non deterministiche.

Un tipico esempio di segnale turbolento di velocita e mostrato in figura 10.2 da cui sivede che la velocita oscilla intorno ad una valore medio senza alcuna frequenza specifica.Un’altra caratteristica comune a tutti i flussi turbolenti e che se si ripete lo stesso esperi-mento e si misura la stessa quantita nello stesso punto per lo stesso intervallo temporale siottengono dei segnali notevolmente differenti se confrontati istantaneamente mentre essihanno le stesse caratteristiche statistiche (valore medio, deviazione standard, etc.).

0.880.9

0.920.940.960.98

11.021.041.061.08

0 5 10 15 20 250.880.9

0.920.940.960.98

11.021.041.061.08

0 5 10 15 20 25

T T

u/U u/U

Exp.1 Exp.2

Figura 10.2: Segnali turbolenti di velocita per due realizzazioni successive dello stessoesperimento.

Questa osservazione sembra a prima vista inconciliabile con la natura delle equazioniche governano il fenomeno, cioe le equazioni di Navier–Stokes; essendo infatti le equazionidi tipo deterministico ed avendo condizioni iniziali ed al contorno definite si ha che anchela soluzione deve essere deterministica nello spazio e nel tempo. Questo dilemma e statorisolto da Lorentz che nel 1963 mostro che alcuni sistemi non lineari possono avere unatale sensibilita alle condizioni iniziali che perturbazioni inapprezzabili nei parametri dipartenza determinano rapidamente soluzioni completamente differenti 2.

A tale scopo si consideri il sistema di equazioni

x = σ(y − x), (10.1)

y = ρx− y − xz,

z = −βz + xy,

in cui i parametri valgono σ = 10, β = 8/3 e ρ = 35 con le condizioni iniziali x(0) = 0.5,y(0) = 0.1 e z(0) = 0.3; la soluzione di questo sistema e riportata in figura 10.3 dove

2Questo esempio e stato preso dal testo ‘Turbulent Flows’ by S.B. Pope, Cambridge Univ. Press,2000).

166 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

il tempo e il parametro lungo la curva si puo osservare il noto attrattore di Lorentz. Infigura 10.4, viene riportata invece con una linea continua l’andamento temporale per unadella variabile y(t) del sistema (10.1).

Se, lasciando tutto invariato, si considerano le condizioni iniziali x(0) = 0.5, y(0) =0.100001 e z(0) = 0.3 si nota che dopo un intervallo di tempo iniziale (in questo casot ≥ 15 ma il valore dipende dalle condizioni iniziali e dai parametri σ, β e ρ) le duesoluzioni differiscono nei valori istantanei e possono essere confrontate solo nei valorimedi e nell’ampiezza delle fluttuazioni (figura 10.4, linea tratteggiata).

-25-20-15-10 -5 0 5 10 15 20 -30-20

-100

1020

3040

010203040506070

x

y

z

initial condition

Figura 10.3: Attrattore di Lorentz nello spazio tridimensionale x–y–z.

Facendo un parallelo con le equazioni di Navier–Stokes possiamo annoverare tra iparametri iniziali sicuramente il campo di velocita, la pressione e la geometria del con-dotto, ma anche la distribuzione iniziale di temperatura (che determina la viscosita delfluido) la presenza di eventuali impurita e le condizioni di finitura superficiale del tubo.Questi ultimi parametri non possono essere controllati in modo arbitrariamente preciso ecio determina (attraverso la non linearita delle equazioni) la dinamica non deterministicaprecedentemente descritta. In altre parole, per quanto si cerchi di mantenere controllatitutti i parametri di un esperimento e impossibile che due relizzazioni successive dello stes-so fenomeno abbiano le condizioni iniziali replicate con una precisione infinita e cio portainevitabilmente a soluzioni divergenti nel tempo.

I termini non lineari sono anche gli artefici della produzione di fluttuazioni ‘locali’di velocita che comportano la generazione di strutture fluidodinamiche di piccola scala.Riconsiderando infatti l’esempio del flusso nel condotto, ci si convince facilmente che ladifferenza di pressione imposta ∆p fornisce energia solamente al moto medio, mentre ladispersione dell’inchiostro in tutto il flusso richiede l’azione di strutture piccole rispetto aldiametro del tubo in grado di miscelare localmente il colorante con il fluido non marcato;come viene trasferita l’energia dal moto a grande scala fino alle strutture piu piccole?

Per rispondere a questa domanda consideriamo l’equazione di Burgers, un’equazionemonodimensionale, che ha tutte le caratteristiche principali delle equazioni di Navier–

10.1. FENOMENOLOGIA DELLA TURBOLENZA 167

-30

-20

-10

0

10

20

30

0 10 20 30 40 50 60t

y(t)

Figura 10.4: Evoluzione temporale della variabile y(t) soluzione dell’equazione di Lorentz:condizioni iniziali originali, condizioni iniziali perturbate.

Stokes tranne il termine di pressione:

∂u

∂t+ u

∂u

∂x= ν

∂2u

∂2x. (10.2)

-1

-0.5

0

0.5

1

0 1.57 3.14 4.71 6.28-1

-0.5

0

0.5

1

0 1.57 3.14 4.71 6.28-1

-0.5

0

0.5

1

0 1.57 3.14 4.71 6.28

sin(3x)sin(x) sin(5x)

x x x

L L L1 3 5

Figura 10.5: Esempio di variazione di lunghezza d’onda Lk con il numero d’onda k.

Immaginiamo ora che l’intervallo di definizione della soluzione sia x ∈ [0, 2π) e che lasoluzione sia periodica in x con media nulla; con queste ipotesi e possibile espandere lau(x, t) con una serie di seni

u(x, t) =∞∑

k=1

Ak(t) sin(kx), (10.3)

in cui la dinamica della soluzione e tenuta in conto dai coefficienti Ak(t) mentre la basedi seni soddisfa automaticamente le condizioni al contorno. A titolo di esempio vengonoriportate in figura 10.5 le funzioni seno per k = 1, 3, 5 da cui si puo notare che la lunghezzadella singola onda (detta appunto lunghezza d’onda) e pari ad Lk = 2π/k e che il gra-diente della curva diventa tanto piu ripido quanto piu aumenta k. Con questo semplice

168 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

esempio abbiamo quindi imparato che l’indice k ci da l’informazione sulla dimensionedella struttura e sui gradienti spaziali che, rispettivamente, diminuiscono ed aumentanoal crescere di k.

Avendo fatto questa precisazione, possiamo utilizzare la sommatoria (10.3) per es-primere i singoli termini della (10.2) ed ottenere

∂u

∂t=

∞∑

k=1

Ak(t) sin(kx), (10.4)

∂u

∂x=

∞∑

k=1

Ak(t)k cos(kx),

∂2u

∂2x= −

∞∑

k=1

Ak(t)k2 sin(kx),

u∂u

∂x=

∞∑

l=1

∞∑

m=1

Al(t)Am(t)m sin(lx) cos(mx) =

∞∑

l=1

∞∑

m=1

Al(t)Am(t)m

2sin[(l +m)x] + sin[(l −m)x].

Questi termini possono essere risostituiti nell’equazione (10.2) che diventa

∞∑

k=1

Ak(t) sin(kx)+∞∑

l=1

∞∑

m=1

Al(t)Am(t)m

2sin[(l+m)x]+sin[(l−m)x] = −ν

∞∑

k=1

Ak(t)k2 sin(kx).

(10.5)Osservando ora la proprieta di ortogonalita delle funzioni seno

∫ 2π

0sin(px) sin(qx)dx = πδpq,

abbiamo che moltiplicando l’equazione (10.5) per sin(kx) ed integrando tra 0 e 2π siottiene

Ak(t)π +∞∑

l=1

∞∑

m=1

πAl(t)Am(t)m

2= −πνk2Ak(t), k = 1, 2, ....,∞,

essendo la doppia sommatoria ristretta ai soli m ed l tali che l+m = k ed l−m = k ossia

Ak +∞∑

m=1

m(

AmAk−m

2+AmAk+m

2

)

= −νk2Ak, k = 1, 2, ....,∞. (10.6)

L’equazione appena trovata indica che le variazioni nel tempo della quantita di motonel modo k–esimo (Ak) hanno due cause, una lineare ed una non lineare. Per compren-dere meglio l’effetto dei due termini sorgente immaginiamo per un istante di cancellaredall’equazione di partenza (10.2) i termini non lineari, ottenendo che la (10.6) diventa

Ak = −νk2Ak,=⇒ Ak(t) = Ak(0)e−νk2t, k = 1, 2, ....,∞, (10.7)

da cui si nota che ogni componente Ak decresce inesorabilmente nel tempo tanto piu rapi-damente quanto piu e viscoso il fluido e quanto piu e piccola la struttura (ossia quanto piugrande e k). L’altro risultato notevole e che in assenza di termini non lineari l’evoluzione

10.1. FENOMENOLOGIA DELLA TURBOLENZA 169

di ogni modo Ak e indipendente dagli altri; cio implica che una condizione iniziale checontenesse solamente un numero finito di Ak(0) (per esempio k = 1, 3, 8) evolverebbe uni-camente con i modi 1, 3, 8 ognuno decrescendo nel tempo indipendentemente dagli altrisecondo la soluzione appena ricavata. In figura 10.6 e riportata la soluzione in termini diu(x, t) e di Ak(t) dell’equazione (10.7) in cui si vede che effettivamente solo i coefficientiAk presenti nella condizione iniziale determinano la dinamica del fenomeno e che questidecrescono nel tempo tanto piu rapidamente quanto piu e grande k.

-3

-2

-1

0

1

2

3

0 1.57 3.14 4.71 6.280

0.25

0.5

0.75

1

0 2 4 6 8 10 12 14

kx

u(x) Ak

Figura 10.6: Evoluzione temporale dell’equazione di Burgers (senza i termini non lineari)ν = 10. A sinistra e’ riportata l’evoluzione temporale di u(x, t), rispettivamente per

t = 0, t = 0.5 e t = 1. A destra ci sono i coefficienti Ak per gli stessitempi.

Al contrario, la presenza dei termini non lineari modifica completamente la dinamicadel fenomeno, trasferendo quantita di moto dalla componente k alle componenti k − me k + m. Per illustrare piu in dettaglio questo concetto, immaginiamo che il numero ditermini della sommatoria (10.3) sia limitato a 3 invece che infinito. L’equazione (10.6)scritta per componenti risulterebbe allora:

A1 + (A1A0 + A1A2)1

2+ (A2A−1 + A2A3)

2

2+ (A3A−2 + A3A4)

3

2= −νA1, (10.8)

A2 + (A1A1 + A1A3)1

2+ (A2A0 + A2A4)

2

2+ (A3A−1 + A3A5)

3

2= −νA2,

A3 + (A1A2 + A1A4)1

2+ (A2A1 + A2A5)

2

2+ (A3A0 + A3A6)

3

2= −νA3,

e osservando che risulta Ap ≡ 0 per p ≤ 0 e p > 3 si riducono a

A1 +A1A2

2+ A2A3 = −νA1, (10.9)

A2 +A1A1

2+A1A3

2,= −4νA2

A3 +3A1A2

2= −9νA3.

Se ora consideriamo una condizione iniziale contenente solo A1 (per esempio un senocome il primo pannello di figura 10.7) si vede che a causa del termine A1A1/2 risultera

170 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

nell’istante iniziale A2 6= 0 indicando che parte della quantita di moto viene trasferitanella componente A2. D’altra parte, quando risulta A2 6= 0, anche il temine 3A1A2/2verra attivato nell’equazione per A3 e quindi anche la terza struttura verra interessatadal moto del flusso. Se ricordiamo quindi che al crescere di k diminuisce la dimensionedella struttura, abbiamo che i termini non lineari hanno come effetto quello di trasferire il‘moto’ (e quindi l’energia) dalle strutture grandi a quelle piu piccole 3 con un meccanismodetto di ‘cascata’ dai moti a grande scala verso quelli piu piccoli e locali.

In particolare se nell’esempio precedente invece di limitare a 3 il numero di termini neavessimo infiniti, avremmo un trasferimento di energia verso strutture sempre piu piccole(k grandi) in un tempo tanto piu lungo quanto piu distante risulterebbe k dal modo k = 1contenente energia nella condizione iniziale. Questa osservazione ci pone quindi un nuovointerrogativo e cioe se il trasferimento dell’energia procede indefinitamente fino a k = ∞oppure se interviene qualche meccanismo in grado di bloccare questa cascata.

La risposta e fornita dalla soluzione analitica (10.7) da cui si vede come la viscositadiminuisca rapidamente il contenuto energetico del modo k–esimo all’aumentare di k. Sein particolare questa diminuzione e sufficientemente rapida, si puo inibire il trasferimentodi energia verso numeri d’onda k elevati semplicemente perche l’energia viene dissipataprima ancora che riesca ad essere trasferita. In pratica la viscosita opera un ‘taglio’ sulladimensione minima della struttura che e possibile generare (o sul k massimo) in un flussoe questo taglio dipende sia dal valore della viscosita ν sia da quanto velocemente l’energiaviene trasferita da un modo all’altro; si potrebbe verificare, infatti, che il flusso di energiaverso le piccole scale e cosı rapido che la viscosita e costretta a ‘spostare’ il k di taglioverso valori maggiori dove puo agire piu efficientemente.

Le considerazioni appena fatte sono mostrate mediante due esempi in cui si riportala soluzione dell’equazione di Burgers, entrambe con la medesima condizione iniziale, macon due diversi valori di viscosita. Confrontando le figure 10.7 e 10.8 si nota come nelcaso a viscosita minore la curva presenti un gradiente piu ripido in corrispondenza delpunto x = π. Ragionando in termini di Ak abbiamo quindi che la soluzione con viscositapiccola conterra Ak con k piu elevati rispetto alla soluzione piu viscosa. Cio e confermatodai pannelli di destra delle figure 10.7 e 10.8 che riportano l’evoluzione temporale delladistribuzione degli Ak, consistentemente con gli argomenti precedentemente discussi.

Riconsiderando con quest’ottica l’esperimento di Reynolds per il flusso all’interno ditubi, si comprende che se il numero di Reynolds e piccolo (Re < 2100) gli effetti viscosiprevalgono su quelli inerziali (non lineari) e, essendo inibito ogni trasferimento di energia,il moto medio a grande scala non degenera in strutture piu piccole. Al contrario, quandogli effetti inerziali prevalgono su quelli viscosi (Re > 4000) il trasferimento tra i modi saraattivato ed il moto inizialmente uniforme produrra strutture fluidodinamiche piu piccole.

Queste ultime osservazioni costituiscono la base di partenza della teoria della turbolen-za tridimensionale che illustreremo brevemente in una sezione successiva.

3Cio non e vero nella turbolenza bidimensionale dove l’effetto combinato dei termini non lineari ed itermini viscosi crea un trasferimento in direzione opposta rispetto al caso monodimensionale e tridimen-sionale. Questo spiega la formazione di strutture di grande scala nell’atmosfera e negli oceani (grandicircolazioni e correnti).

10.2. EQUAZIONI DI REYNOLDS 171

-1

-0.5

0

0.5

1

0 1.57 3.14 4.71 6.280

0.25

0.5

0.75

1

0 2 4 6 8 10 12 14

kx

u(x) Ak

Figura 10.7: Evoluzione temporale dell’equazione di Burgers ν = 10−1. A sinistra e’riportata l’evoluzione temporale di u(x, t), rispettivamente per t = 0, t = 0.5 e

t = 1. A destra ci sono i coefficienti Ak per gli stessi tempi.

-1

-0.5

0

0.5

1

0 1.57 3.14 4.71 6.280

0.25

0.5

0.75

1

0 2 4 6 8 10 12 14

kx

u(x) Ak

Figura 10.8: Evoluzione temporale dell’equazione di Burgers ν = 10−3. A sinistra e’riportata l’evoluzione temporale di u(x, t), rispettivamente per t = 0, t = 0.5 e

t = 1. A destra ci sono i coefficienti Ak per gli stessi tempi.

10.2 equazioni di Reynolds

Nella sezione precedente abbiamo visto che in un flusso turbolento, anche con condizioni alcontorno e forzanti stazionarie, il campo di velocita e non stazionario con oscillazioni nondeterministiche intorno ad un valore medio che eventualmente puo dipendere anch’essodal tempo.

E utile chiarire immediatamente che questa dinamica cosı complessa e interamentecontenuta nelle equazioni di Navier–Stokes che sono in grado di descrivere il moto e l’in-terazione di tutte le scale di moto, fino alle piu piccole e dissipative. Purtroppo dal puntodi vista pratico, l’estremo dettaglio con cui queste equazioni descrivono il flusso costitu-isce al tempo stesso la debolezza del modello in quanto le risorse di calcolo necessarie perla risoluzione di queste equazioni crescono vertiginosamente con il numero di Reynolds(∼ Re3). Se si considera che nei problemi pratici si ha Re = 106 − 109 si capisce im-mediatamente che una soluzione del problema con un metodo ‘diretto’ e tecnicamenteimpossibile.

D’altra parte per alcune applicazioni pratiche la sola conoscenza delle grandezze medie

172 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

puo essere sufficiente per la soluzione del problema, ci si chiede quindi se sia possibile,partendo dalle equazioni di Navier–Stokes, derivare delle equazioni piu semplici per le solegrandezze medie.

A tal fine, iniziamo con l’osservare che dato un qualunque segnale dipendente daltempo (nella fattispecie la velocita) e possibile decomporlo in un valore medio ed unafluttuazione. Nel caso in cui il valore medio sia costante nel tempo allora si puo porre:

u(x, t) = U(x) + u′(x, t), (10.10)

risultando

U(x) =< u(x, t) >= limT−→∞

1

T

T

0

u(x, t)dt e u′(x, t) = u(x, t) − U(x), (10.11)

in cui tutta la non stazionarieta del segnale e nella fluttuazione (figura 10.9). Dalledefinizioni risulta identicamente < u′(x, t) >≡ 0, proprieta che tornera utile nella decom-posizione delle equazioni del moto.

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 5 10 15 20

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 5 10 15 20

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 5 10 15 20

t t t

u + u’= U

Figura 10.9: Decomposizione di un segnale statisticamente stazionario in parte media eparte fluttuante.

Se la velocita media risulta invece anch’essa funzione del tempo allora l’operazione dimedia non va effettuata per un tempo infinito ma su un’intervallo finito che risulti moltogrande rispetto alle scale temporali delle fluttuazioni ma abbastanza breve se confrontatocon i tempi di variazione del campo medio 4 (figura 10.10).

La decomposizione appena illustrata puo naturalmente essere effettuata per la pres-sione p e per tutte le altre variabili dipendenti delle equazioni di Navier–Stokes e diconservazione della massa. Per semplicita tratteremo solo il caso ρ = const. (flussoincomprimibile omogeneo) per cui, l’equazione di continuita si puo decomporre in

∇ · u = ∇ · (U + u′) = 0, =⇒ ∇ · U = 0, e ∇ · u′ = 0, (10.12)

rispettivamente per la velocita media e quella fluttuante. La seconda delle (10.12) estata ottenuta dalla prima dopo aver affettuato un’operazione di media, aver notato che< u′ >≡ 0 e che l’operazione di media e di divergenza commutano (in quanto entrambioperatori lineari). La terza delle (10.12) e infine ottenuta semplicemente per sottrazionedella seconda dalla prima.

4Questa operazione e ben definita quando esiste una netta separazione tra i periodi delle piccolefluttuazioni e quelli del campo medio. In turbolenza questa eventualita si verifica assai raramente (ameno che non ci siano forzanti periodiche imposte esternamente) e la decomposizione in parte media eparte fluttuante puo presentare delle ambiguita.

10.2. EQUAZIONI DI REYNOLDS 173

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 5 10 15 20

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 5 10 15 20

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 5 10 15 20

t t t

u + u’= U

Figura 10.10: Decomposizione di un segnale statisticamente non stazionario in partemedia e parte fluttuante.

Per decomporre in modo analogo le equazioni di Navier–Stokes

∂u

∂t+ ∇ · (uu) = −1

ρ∇p + ν∇2u, (10.13)

osserviamo che per tutti i termini, tranne quello non lineare possiamo porre

∂u

∂t=∂U

∂t+∂u′

∂t, ∇p = ∇P + ∇p′, ∇2u = ∇2U + ∇2u′. (10.14)

Il termine non lineare si decompone invece secondo

∇· (uu) = ∇· [(U+u′)(U+u′) = ∇· (UU)+∇· (Uu′)+∇· (u′U)+∇· (u′u′). (10.15)

Se ora sostituiamo i termini cosı decomposti nell’equazione (10.13) e ne facciamo la media,osservando che risulta < Uu′ >=< u′U >≡ 0 mentre < u′u′ >6= 0 si ottiene

∂U

∂t+ ∇ · (UU) + ∇ · (< u′u′ >) = −1

ρ∇P + ν∇2U, (10.16)

e sottraendo questa equazione dalla (10.13) si ricava l’equazione per le fluttuazioni

∂u′

∂t+ ∇ · (u′u′) + ∇ · (Uu′) + ∇ · (u′U) −∇ · (< u′u′ >) = −1

ρ∇p′.+ ν∇2u′, (10.17)

L’equazione (10.16) e la seconda delle (10.12) costituiscono le equazioni della dinamicadel campo medio e se non fosse per il termine ∇·(< u′u′ >) queste sarebbero identiche alla(10.13) e la prima delle (10.12) che sono le equazioni di partenza. La differenza potrebbesembrare marginale ma mentre il sistema originale di equazioni e chiuso (4 equazioni nelle4 incognite u e p) le equazioni del campo medio rimangono 4 a fronte di un numero diincognite che sale a 13, u , p ed il tensore 5 del secondo ordine < u′u′ >. Questo problemae noto come ‘chiusura’ della turbolenza e si presenta sempre con un numero di incognitesuperiore al numero delle equazioni ogni volta che si tenta di derivare un’equazione per laturbolenza. Una conferma di questa affermazione si puo ottenere ricavando l’equazioneper < u′u′ > dalla (10.17) dopo averla moltiplicata per u′ ed averne effettuato la media.Infatti, poiche l’equazione (10.16) introduce un’incognita aggiuntiva, potremmo esseretentati di ricavarne un’equazione per chiudere il problema.

5Notando evidenti proprieta di simmetria del tensore < u′u′ > il numero delle incognite si riduce a

10, non risolvendo comunque il problema della chiusura.

174 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

Purtroppo se effettivamente derivassimo questa nuova equazione noteremmo che l’evoluzionedi < u′u′ > introduce la nuova incognita < u′u′u′ > e la procedura potrebbe essere ripetu-ta all’infinito senza mai riuscire a bilanciare il numero di incognite con le equazioni. Siotterrebbe cioe una gerarchia di equazioni in cui le incognite sono sempre superiori ripettoalle relazioni disponibili rendendo impossibile la soluzione esatta del problema.

La via comunemente utilizzata e quindi quella di troncare il numero di equazioni ad uncerto ordine e modellare le incognite di ordine superiore con delle relazioni approssimate.Chiaramente maggiore e l’ordine a cui si tronca la gerarchia, maggiore sara il numerodelle incognite da modellare e conseguentemente la complessita del modello utilizzato.Lasceremo ai testi specialistici del settore la disamina dei numerosi modelli ed equazionidi ordine elevato mentre in queste note ci limiteremo al semplice caso in cui i termini< u′u′ > vengono modellati con una semplice ipotesi di ‘gradiente diffusivo’.

Per comprendere il significato fisico di tale approssimazione, riconsideriamo l’equazione(10.16) e riscriviamola nella forma

∂U

∂t+∇ · (UU) = −1

ρ∇P +∇ · (2νE− < u′u′ >), con E =

1

2(∇U +∇UT) (10.18)

da cui si osserva che i termini < u′u′ > possono essere considerati come degli sforziaggiuntivi (detti sforzi di Reynolds) che sottraggono energia al campo medio per trasferirlaalle fluttuazioni. Identificando queste fluttuazioni come la componente turbolenta delmoto, detta K l’energia cinetica turbolenta (per unita di massa) definita come

K =1

2(< u′xu

x > + < u′yu′

y > + < u′zu′

z >) =1

2Tr(< u′u′ >), (10.19)

si puo, analogamente al caso laminare, porre per la parte deviatorica degli sforzi diReynolds,

− < u′u′ > +2

3KI = 2νTE, (10.20)

in cui νT e la viscosita turbolenta ed e la nuova incognita del problema.Con questa posizione l’equazione (10.16) assume la forma

∂U

∂t+ ∇ · (UU) = −1

ρ∇P∗ + ∇ · (2ν∗E), (10.21)

che e identica all’equazione originale avendo usato la pressione modificata P ∗ = P +2K/3ed avendo definito una viscosita ‘totale’ ν∗ = ν + νT . Sebbene le espressioni (10.20) e(10.21) possano sembrare particolarmente attraenti data la loro semplicita, e bene sot-tolineare che nascondono diverse insidie, sia matematiche che fluidodinamiche. Infatti,mentre ν e una proprieta molecolare del fluido e nelle ipotesi ρ = const. e costante in tuttoil campo, νT e una proprieta del flusso il cui valore cambia in ogni punto del campo e neltempo (νT = νT (x, t)) ed il suo comportamento varia da problema a problema. Inoltre,anche se a prima vista la relazione (10.20) sembra solo aver spostato l’incognita < u′u′ >nell’incognita νT , dobbiamo osservare che la prima e un tensore del secondo ordine mentrela seconda e uno scalare. L’equazione (10.20) implica quindi che il primo e secondo mem-bro abbiano le stesse direzioni principali ossia che gli autovettori dei due tensori sianoparalleli. Questa proprieta non e giustificabile teoricamente ed infatti una verifica direttadella (10.20) attraverso simulazioni numeriche ed esperimenti di laboratorio ha mostratoche cio non e verificato per la maggior parte dei flussi; questo ‘disallineamento’ porta in

10.3. VISCOSITA TURBOLENTA E LUNGHEZZA DI MESCOLAMENTO 175

qualche caso a piccole differenze tra le soluzioni calcolate e quelle misurate, mentre altrevolte induce errori grossolani. Ricordiamo infine che, anche accettando in modo acriticol’equazione (10.20), il problema non risulta ancora chiuso in quanto le equazioni sonosempre 4 mentre le incognite sono ancora 5 (U, p e ν∗ oppure νT ).

A questo proposito abbiamo detto che νT dipende dal flusso, ossia a seconda che si stiastudiando un flusso a valle di un’ostacolo, uno strato limite o un getto turbolento, esistonoleggi empirico–euristiche (spesso con correzioni sperimentali o ad hoc) che permettono dicalcolare la νT dalla geometria del problema o dalle caratteristiche del flusso medio equindi di chiudere il sistema di equazioni. Anche in questo caso, la descrizione di tutti imodelli per la νT viene lasciata ai testi di modellistica della turbolenza mentre in questenote ci limiteremo a commentare un particolare modello algebrico basato sul concettodi lunghezza di mescolamento. Ricordiamo tuttavia che alcuni modelli possono esseretanto complicati da richiedere per il calcolo della νT un set di equazioni differenziali piucomplesse di quello per il calcolo del campo medio.

10.3 viscosita turbolenta e lunghezza di mescolamen-

to

Uno dei primi tentativi effettuati per la determinazione della viscosita turbolenta e statofatto costruendo un’analogia tra la turbolenza e la diffusione a livello molecolare dellaquantita di moto. Ricordiamo infatti brevemente che la diffusione molecolare avviene acausa degli urti casuali tra molecole dovuti al moto di agitazione termica. Dalla teoriacinetica dei gas ne consegue che, detta V la meta della velocita media delle molecole e λil libero cammino medio si ottiene ν ≈ Vλ.

Se allora si identificano i vortici piu piccoli del flusso come le ‘molecole’ della turbolen-za si puo immaginare che questi, dopo aver percorso una distanza ` ad una velocita V ,interagiscano mescolandosi tra loro e quindi diffondendo la quantita di moto. Il proble-ma della determinazione di νT si tradurra quindi nella valutazione di ` (detta appuntolunghezza di mescolamento) e di V .

In figura 10.11 e riportato uno schema di flusso (tipo strato limite) sul quale si possonoeffettuare semplici ragionamenti intuitivi per determinare l’andamento di ` e V . Perquesto flusso, infatti, la velocita media U sara prevalentemente orizzontale ed il suo profilodipendera dalla coordinata normale alla parete y. Immaginiamo quindi di posizionarcialla distanza y∗ dalla parete ed osservare in quel punto sia fluttuazioni di velocita versoil basso che verso l’alto. Nel primo caso, una particella inizialmente nella posizione y∗ + lverra trasportata in y∗ generando una fluttuazione di velocita orizzontale

u′+ ≈ ∆U+ = U(y∗ + l) − U(y∗) ' ldU

dy,

avendo troncato lo sviluppo in serie di Taylor per la velocita al primo ordine. Analoga-mente, le fluttuazioni verso l’alto porteranno una particella fluida inizialmente nellaposizione y∗ − l in y∗ inducendo una fluttuazione di velocita

u′−≈ ∆U− = U(y∗) − U(y∗ − l) ' −ldU

dy.

176 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

l

l

x

y

u

vy u* *

Figura 10.11: Schema di flusso per la definizione di lunghezza di mescolamento e viscositaturbolenta.

Statisticamente avremo quindi che le fluttuazioni di velocita orizzontale in y∗ avranno unmodulo pari a

u′ =1

2(|u′+| + |u′

−|) = l

dU

dy

.

Osserviamo ora che per la conservazione della massa, una variazione positiva di u (parti-cella che si muove da y∗ + l ad y∗) induce una fluttuazione negativa di v mentre l’oppostoaccade per una particella che si muove da y∗ − l ad y∗. Cio implica che si puo porrev′ ≈ −c1u′ con c1 costante di ordine uno e che il prodotto u′v′ deve essere sicuramentenegativo. Con queste ipotesi si puo scrivere

< u′v′ >= −c2|u′||v′| = −c1c2l2∣

dU

dy

2

= −`2∣

dU

dy

2

(10.22)

in cui c2 e ancora una costante di ordine uno, ` e la lunghezza di mescolamento e`|dU/dy| = V e la velocita cercata. Cio si evince facilmente confrontando la relazioneappena trovata con la (10.20) ed osservando che per questo semplice flusso risulta 2E12 =dU/dy da cui si ricava νT = `V = `2|dU/dy|.

L’ultimo punto che rimane da chiarire e come determinare ` in funzione della geometriadel flusso. Prandtl nel 1925 osservo che risultando alla parete (y = 0) u ≡ 0 anche glisforzi turbolenti dovranno essere nulli in quel punto; con questo vincolo l’assunzione piusemplice per la ` e

` = Ay. (10.23)

Prandtl suppose anche che, tranne che per gli strati di fluido immediatamente adiacentialla parete, gli sforzi turbolenti fossero molto piu grandi degli sforzi puramente viscosi, chequindi erano trascurabili, e che i primi si mantenessero di intensita costante. Indicandocon τT/ρ = − < u′v′ > gli sforzi turbolenti l’assunzione (10.23) implica quindi

τTρ

= `2∣

dU

dy

2

, =⇒√

τTρ

= AydU

dy=⇒ U

ρ

τT=

1

Aln y + C, (10.24)

10.3. VISCOSITA TURBOLENTA E LUNGHEZZA DI MESCOLAMENTO 177

che fornisce l’andamento della velocita media U in funzione della distanza dalla parete.

D’altra parte, queste ipotesi non possono essere applicate alla parete dove, a causadella condizione di aderenza, il flusso deve essere laminare. In quella regione infatti sideve assumere che gli sforzi turbolenti siano trascurabili, mentre quelli viscosi sono ipiu rilevanti e sono approssimativamente costanti (che e equivalente ad ammettere cheil profilo di velocita alla parete sia linearizzabile). Indicando quindi lo sforzo viscoso diparete come

τwρ

= νdU

dy

y=0

, (10.25)

e possibile definire delle scale di velocita e lunghezza uτ =√

τw/ρ e δτ = ν/uτ dette,rispettivamente velocita e lunghezza d’attrito, con le quali e possibile adimensionalizzarele quantita della turbolenza di parete. In particolare, la relazione (10.25) con τw costantepuo essere facilmente integrata

ρ

τwU =

τwρ

y

ν+ c =⇒ U+ = y+, (10.26)

dovendo risultare c = 0 per le condizioni alla parete ed avendo indicato

U+ =U

= U

ρ

τwe y+ =

y

δτ=y

ν

ρ

τw(10.27)

dette quantita di parete.

Allo stesso modo, uτ e δτ possono essere utilizzate per rendere adimensionale la (10.24)che assume la forma

U+ =1

αln y+ + β (10.28)

in cui α = 0.4 e β = 5.5 sono delle costanti in cui sono compresi tutti i fattori dinormalizzazione e risultano universali per tutti i flussi turbolenti di parete che ricadononella tipologia della figura 10.11.

Un andamento tipico della velocita normalizzata U+ in funzione delle coordinate diparete y+ e riportato in figura 10.12 da cui si nota che il flusso ha due comportamentidistinti. Il primo per y+ ≤ 5 in cui la U+ segue la legge (10.26); questa regione e dettasottostrato laminare ed e caratterizzata da sforzi puramente viscosi di intensita circacostante. La seconda regione per y+ ≥ 30 segue la legge riportata in (10.28) ed e dovutaa sforzi turbolenti di intensita costante. La regione intermedia (5 ≤ y+ ≤ 30) e unaregione di sovrapposizione dei due regimi in cui sia sforzi viscosi che turbolenti hannorilevanza sul fenomeno.

Il profilo di velocita di figura 10.12 mostra chiaramente che l’assunzione (10.23) perla lunghezza di mescolamento descrive in modo adeguato la dinamica della turbolenzadi parete. Questo risultato, tuttavia, non deve trarre in inganno in quanto una talesemplificazione funziona solo nel caso in cui nel flusso non ci sono separazioni, in assenzadi gradienti di pressione esterni e per geometrie piane. Nelle applicazioni pratiche lageometria del flusso e solitamente piu complicata e devono essere utilizzati modelli piucomplessi e con fisica meno intuitiva.

178 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

0

5

10

15

20

25

0.1 1 10 100 1000y+

U+

Figura 10.12: Andamento della velocita media in funzione della distanza dalla coordinatay (quantita di parete). Le linee indicano gli andamenti teorici, mentre i simboli sono valorimisurati.

10.4 turbolenza omogenea ed isotropa

L’esempio della soluzione di Burgers ha mostrato come nelle equazioni di evoluzione diun fluido ci sono i termini viscosi e quelli non lineari che hanno meccanismi di azionecompletamente diversi ed in competizione tra loro. I primi, infatti, sono dissipativi edhanno un’azione locale, interessano cioe singolarmente i vari modi senza implicare alcunainterazione. L’efficacia con cui viene dissipata l’energia cresce con il quadrato del numerod’onda k e quindi con l’inverso del quadrato della dimensione della struttura. I secondi,al contrario, data la loro natura non lineare sono responsabili del trasferimento di energiatra i vari modi senza alterarne il valore globale.

Sebbene le equazioni di Navier–Stokes abbiano una struttura piu complessa dell’e-quazione di Burgers, l’azione dei temini non lineari e di quelli viscosi e analoga a quellaappena descritta e questa dinamica ha dato spunto a molti scienziati del ventesimo secoloper ipotizzare lo scenario evolutivo della turbolenza. In particlare Richardson nel 1922immagino che l’energia entri nel flusso alle scale piu grandi e, attraverso meccanismi diinstabilita, vengano prodotti vortici piu piccoli che a loro volta generano vortici ancorapiu piccoli e cosı via fino a quando le dimensioni non sono talmente piccole che la viscositadissipa le strutture impedendo ogni ulteriore trasferimento 6. Questa descrizione implicaun trasferimento a cascata (essenzialmente non viscosa) dell’energia dalle scale piu gran-di del moto verso quelle sempre piu piccole fino alle scale dissipative dove la viscositatrasforma tutta l’energia in calore.

Lo scenario appena presentato descrive in modo abbastanza fedele cio che accadein un flusso turbolento anche se, senza ulteriori ipotesi, non e possibile quantificare ilfenomeno descritto; per esempio, quanto piccole sono le dimensioni a cui prevalgono glieffetti viscosi, e cosa succede tra le scale in cui l’energia viene immessa nel flusso e quelle acui viene dissipata? Questi quesiti hanno trovato una risposta solo recentemente quando

6L’asserzione di Richardson era:“Big whorls have little whorls, which feed on their velocity and littlewhorls have lesser whorls and so on to viscosity”.

10.4. TURBOLENZA OMOGENEA ED ISOTROPA 179

Kolmogorov nel 1941 ha pubblicato i risultati di una sua teoria applicabile alla turbolenzaomogenea ed isotropa 7.

E bene precisare subito che la turbolenza omogenea ed isotropa e un’astrazione con-cettuale e che non e mai riprodotta in modo esatto da alcun sistema fisico reale. Tuttaviala sua utilita per lo studio della turbolenza e duplice in quanto da un lato semplificaenormemente la trattazione teorica e permette quindi una migliore comprensione dellafisica, dall’altro si osserva che tutti i sistemi reali soddisfano ‘localmente’ le condizioni diomogeneita ed isotropia.

Quest’ultima asserzione costituisce la prima ipotesi fondamentale di Kolmogorov ecioe “per numeri di Reynolds sufficientemente elevati le strutture fluidodinamiche piccolein un flusso turbolento sono statisticamente isotrope”. In questa affermazione ‘strutturefluidodinamiche piccole’ e inteso rispetto alle scale di moto in cui l’energia turbolentaviene immessa nel flusso e questa osservazione chiarisce anche perche vengano richiesti‘numeri di Reynolds sufficientemente elevati’. Cio infatti implica che gli effetti inerzialisiano di gran lunga piu importanti di quelli viscosi rendendo possibile un lungo processodi cascata dell’energia dalle strutture piu grandi alle piu piccole. Se si ipotizza che adogni passo della cascata le strutture perdano sempre piu memoria delle caratteristiche deivortici che hanno innescato la cascata, si conclude facilmente che le strutture piu fini diqualunque flusso turbolento hanno tutte le stesse caratteristiche. Si avra quindi che lepiccole scale generate dietro un cilindro o a valle di un getto hanno la stessa statisticanonostante le scale piu grandi abbiano una dinamica completamente differente.

La seconda ipotesi di Kolmogorov trae spunto dall’osservazione che la dinamica del-la turbolenza dipende da quanto rapidamente l’energia viene trasferita dalle grandi allepiccole scale e dal valore della viscosita che fissa il numero d’onda k a cui viene operatoil taglio nel trasferimento di energia. Se il fenomeno fluidodinamico e statisticamentestazionario, essendo la cascata dall’energia non viscosa, si deduce che, detta ε l’energiacinetica turbolenta (per unita di massa) prodotta nell’unita di tempo, questa sara anchel’energia dissipata nell’unita di tempo 8. Con questa osservazione si puo comprenderela seconda ipotesi di Kolmogorov che dice:“per numeri di Reynolds sufficientemente ele-vati, le caratteristiche delle piccole scale di tutti i flussi turbolenti sono universali e sonodeterminate dalla viscosita ν e dalla potenza dissipata ε.”

Questa osservazione potrebbe apparire di scarsa utilita per stime quantitative, tuttaviaconsiderazioni di tipo dimensionle ci portano a concludere che con ε e ν c’e un solo modoper costruire delle scale di lunghezza, velocita e tempo. In particolare, osservando che εe un’energia per unita di tempo e unita di massa si ottiene

η =

(

ν3

ε

)1/4

, uη = (νε)1/4, tη =(

ν

ε

)1/2

, (10.29)

7La turbolenza si definisce omogenea ed isotropa, rispettivamente, quando le sue caratteristiche statis-tiche non dipendono dalla posizione nello spazio e sono uguali in tutte le direzioni. Tecnicamente ladefinizione rigorosa richiede l’introduzione di variabili random; detta infatti u(x) una variabile randomfunzione della posizione x (per esempio la velocita) questa e definibile mediante tutti i suoi momentistatistici (media, deviazione standard, etc.) < u

m >=∫

f(x)umdu dove f(x) e la funzione densita diprobabilita. Un fenomeno si definisce omogeneo se la funzione f(x) e indipendente dalla posizione x. Ladefinizione di isotropia richiede invece che f(x) sia invariante sotto ogni rotazione e riflessione degli assiin x.

8Infatti, se cosı non fosse, l’energia si dovrebbe accumulare alle scale intermedie che, avendo uncontenuto di energia variabile nel tempo, non potrebbero essere statisticamente stazionarie.

180 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

rispettivamente per la lunghezza, velocita e tempo delle scale dissipative (le piu piccole).Ricordiamo ora, che per un processo stazionario ε coincide con la potenza immessa

nel flusso dalle scale di moto piu grandi; dette quindi U ed L, rispettivamente, la velocitae la lunghezza caratteristiche di queste scale, si ottiene da considerazioni dimensionaliε = U 3/L. E utile osservare che in questa stima dimensionale non e stata consideratala viscosita in quanto per le strutture piu grandi gli effetti viscosi sono trascurbili e lequestioni energetiche devono coinvolgere fattori puramente inerziali.

Dalla stima per ε e dalle relazioni (10.29), ricordando la definizione del numero diReynolds Re = UL/ν, si ottiene:

L

η= Re3/4,

U

= Re1/4,T

tη= Re1/2, (10.30)

dove T = L/U e la scala dei tempi dei moti a grande scala.Queste relazioni permettono di stimare i rapporti tra le caratteristiche delle scale piu

grandi e quelle piu piccole in un flusso turbolento in funzione del solo numero di Reynoldsed hanno ripercussioni di straordinaria importanza pratica per le misure sperimentali, perle simulazioni numeriche e per la possibilita di predizione di un flusso turbolento.

Dopo aver messo in relazione le strutture piu piccole con le piu grandi, rimane daanalizzare la dinamica delle strutture intermedie con dimensione r tale che LÀ r À η.

In base a quanto visto finora, e facile convincersi che la viscosita avra un’influenzatrascurabile in quanto agisce solo alle scale piu piccole. D’altra parte l’energia viene im-messa nel flusso dalle scale piu grandi da cui ne consegue che le scale intermedie vedrannosolo un flusso di energia in transito, proveniente dai grandi vortici e trasferito verso ivortici dissipativi. In base a quanto detto, la terza ipotesi di Kolmogorov afferma che pernumeri di Reynolds sufficientemente elevati le caratteristiche (la statistica) delle strutturedi dimensione r (con LÀ r À η) sono universali e dipendono unicamente da ε (e quindisono indipendenti da ν).

Cio comporta che se ur e la velocita delle scale di dimensione r si ottiene

u3r

r= ε =

U3

L,=⇒ ur =

U

L1/3r1/3, e tr =

r

ur

=L1/3

Ur2/3. (10.31)

Queste stime indicano che le strutture con scale r intermedie tra L ed η hanno una velocitacaratteristica che cresce solo come r1/3 mentre i tempi caratteristici crescono come r2/3.La conseguenza di cio e che i vortici piu grandi hanno le velocita piu intense ed unadinamica piu lenta mentre per i gradienti di velocita ∇u ∼ ur/r ≈ r−2/3 si ha che quellipiu intensi sono alle scale piu piccole 9.

Notiamo a margine che dall’ultima ipotesi si deriva la famosa legge di potenza (k−5/3)per lo spettro di energia. Se infatti si definisce lo spettro come E(k) tale che

K =∫

0E(k)dk, (10.32)

con K energia cinetica per unita di massa del flusso, dalla terza ipotesi di kolmogorov e daargomenti dimensionali si ottiene E(k) = Cε2/3k−5/3, in cui C e una costante universale10.

9Da questa stima sembrerebbe che i gradienti diventino infiniti per r −→ 0, mentre in realta bisognaricordare che le formule (10.31) valgono solo per L À r À η. Viceversa quando r −→ 0 risulta r dellostesso ordine di η ed il campo di velocita si ‘regolarizza’ essendo ur ∼ r con dei gradienti finiti.

10A questo risultato si giunge facilmente ricordando che dimensionalmente k e l’inverso di una lunghezza

10.4. TURBOLENZA OMOGENEA ED ISOTROPA 181

1e-111e-101e-091e-081e-071e-061e-051e-040.0010.010.1

0.01 0.1 1 10 100

E(k)

k

−5/3

rangeinerziale

Figura 10.13: Spettro della turbolenza omogenea ed isotropa. La linea e la legge dipotenza k−5/3 riportata per confronto.

da cui ne consegue che le dimensioni di E(k) sono una velocita al quadrato per una lunghezza (ossia quelledi un’energia cinetica per unita di massa moltiplicata per una lunghezza). D’altra parte nel range inerzialesi dispone solo di ε per poter soddisfare requisiti dimensionali per cui ponendo [E(k)] = C[εαkβ ] = [U2L]si ricava α = 2/3 e β = −5/3.

182 CAPITOLO 10. ∗ TURBOLENZA

Capitolo 11

Forze fluidodinamiche e similitudini

Da un punto di vista ingegneristico, le grandezze di maggior interesse in uno studiofluidodinamico sono le forze che il fluido esercita sul corpo, sia localmente che integratesu tutta la struttura. Per esempio un aereo in volo si sostiene grazie alle forze di pressioneche il fluido esercita sui pannelli di rivestimento dell’ala; la determinazione delle forzelocali sara importante per dimensionare lo spessore dei pannelli di rivestimento ed iltipo di rivettatura mentre l’entita della forza integrata sezione per sezione servira per ildimensionamento della trave alare (longherone) (figura 11.1).

forze di pressione

forze sullatrave alare

locali

Figura 11.1: Schema di forze locali ed integrate su un’ala tridimensionale.

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, la soluzione per via analitica di problemifluidodinamici e relegata a casi estremamente semplici e di scarsissima applicabilita praticaper cui di regola si ricorre all’analisi sperimentale. In questo caso, tuttavia, ci si scontraimmediatamente con problemi pratici che risulteranno immediatamente evidenti con unesempio pratico.

Immaginiamo di voler determinare la forza di resistenza R alla quale e sottoposto uncilindro infinitamente lungo investito da un flusso ortogonale all’asse.

Identifichiamo le grandezze significative per studiare il problema in:

U, D, a, ρ, µ

con U velocita del flusso indisturbato, D diametro del cilindro, ρ densita del fluido, µviscosita dinamica del fluido ed a velocita del suono.

183

184 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Individuate le grandezze che influiscono sulla resistenza R si tratta quindi di deter-minare una funzione f tale che

R = f(U, D, a, ρ, µ), (11.1)

funzione che non possiamo definire teoricamente, ma solo tramite una prova sperimentale.Volendo procedere in modo sistematico, per valutare l’influenza di ogni parametro

sulla resistenza R, bisogna fissarne quattro e variare il rimanente per un numero discretodi valori; per esempio, fissati D, a, ρ e µ, eseguiamo le prove facendo variare la velocitaU . I dati che si ottengono formeranno una curva che sara tanto piu continua quanto piui valori di velocita per cui si sono effettuate le prove sono numerosi (figura 11.2).

DU

R Ra,D,µ,ρ µ,ρa,U,

Figura 11.2: Variazione della resistenza con la velocita ed il diametro lasciando invariatigli altri parametri.

Per ogni serie di prove si otterrebbero quindi dei grafici come quelli di figura 11.2applicabili sono per il set di valori fissati. Appare allora chiaro che se volessimo esplorarela dipendenza di R da U in modo completo dovremmo ripetere delle prove come quelleriportate in figura 11.2 per tutti i possibili valori dei parametri.

Si arriva quindi facilmente alla conclusione che in un problema cosı semplice, accon-tentandoci di avere ogni curva interpolata su dieci punti, bisogna effettuare 105 provesperimentali per conoscere la dipendenza di R dai parametri selezionati 1.

A parte l’impossibilita pratica di effettuare un cosı elevato numero di prove, sorgeimmediatamente il problema della fruibilita dei dati ottenuti: se immaginiamo infattidi organizzare i risultati come in figura 11.2 otterremmo 104 grafici la cui consultabilitasarebbe sicuramente problematica. C’e inoltre il problema dei costi del modello in quantofar variare D implica effettuare prove con cilindri di dimensioni diverse. Se invece delcilindro si immagina di dover fare delle prove su un modello in scala di un aereo, diun’automobile o di una nave (i cui modelli possono costare alcune decine di milioni) sicapisce immediatamente che c’e un solo modello a disposizione e da quello bisogna estrarretutta l’informazione necessaria.

Evidentemente c’e un metodo sperimentale piu semplice che permette effettuare unridotto numero di prove ed organizzare l’informazione in modo razionale; questo metodosi basa sulla teoria della similitudine dinamica che poggia le sue fondamenta sul teoremadi Buckingham.

1In realta le prove sono molte di piu in quanto ogni caso andrebbe ripetuto piu volte per potercalcolare un valore medio della resistenza e poter stimare l’errore di misura. Lasceremo comunque questeconsiderazioni al di fuori della presente trattazione.

11.1. TEOREMA DI BUCKINGHAM ED ANALISI DIMENSIONALE 185

La similitudine dinamica permette anche di rispondere ad un’altra domanda che ci sideve porre quando si effettua un esperimento: se si effettuano le prove sperimentali su unmodello in scala, come si utilizzano le informazioni ottenute sul fenomeno di dimensionireali? Sebbene il quesito potrebbe sembrare banale, la risposta e stata trovata solo nelsecolo scorso attraverso innumerevoli tentativi in diverse direzioni.

11.1 teorema di Buckingham ed analisi dimensionale

Il teorema di Buckingham si basa sull’assunzione che le relazioni utilizzate siano dimen-sionalmente omogenee, ossia che tutti i termini di un’equazione abbiano le stesse dimen-sioni. Se questa ipotesi e verificata si puo affermare che se un fenomeno e governato da Nparametri attraverso una relazione del tipo f(P1, P2, ..., PN ) = 0, , e questi N parametripossono essere descritti da K dimensioni fondamentali (K numero minimo), e allora pos-sibile studiare il fenomeno tramite N −K gruppi adimensionali Πj con una relazione deltipo g(Π1,Π2, ...,ΠN−K) = 0.

Per passare dalla funzione f alla funzione g si deve individuare una base di K variabiliPi che vengono utilizzate per adimensionalizzare le rimanenti e le K variabili devono averele seguenti caratteristiche:

1. contengano tutte le K dimensioni fondamentali;

2. siano tra loro indipendenti, cioe non devono da sole costituire un gruppo adimen-sionale.

Riconsideriamo ora il precedente esempio del cilindro e vediamo come procedere prati-camente:

Per prima cosa scriviamo le dimensioni relative alle grandezze che descrivono il fenomeno,indicando con L la lunghezza, M la massa e T il tempo

[R] = [MLT−2]

[U ] = [LT−1]

[ρ] = [ML−3]

[µ] = [ML−1T−1]

[D] = [L]

[a] = [LT−1]

da cui osserviamo che risulta K = 3 (M , L, T ) e N = 6 ( D, R,U , a, ρ, µ ) con N−K = 3si ha pertanto:

186 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

R = f(U, D, a, ρ, µ) ⇐⇒ Π1 = g(Π2, Π3).

Per trovare i gruppi adimensionali Π1, Π2, Π3, utilizziamo il metodo delle variabili ripetuteche consiste nell’isolare i K parametri in modo da far comparire tutte le dimensionifondamentali. Per esempio la terna ( U , D, a ) non e accettabile poiche in queste variabilimanca la dimensione M , mentre la terna ( U , D, ρ) va bene perche contiene tutte ledimensioni fondamentali M , L, T .

Consideriamo come K variabili D, U , ρ, assicurandoci che i parametri scelti siano traloro indipendenti, cioe la seguente equazione deve ammettere come unica soluzione quellabanale,

[D]α[U ]β[ρ]γ = M0L0T 0,

che equivalentemente si puo scrivere:

LαLβT−βMγL−3γ = M0L0T 0,

ed esplicitando i termini si ha:

α + β − 3γ = 0−β = 0γ = 0.

Il sistema, avendo determinante non nullo, ha come unica soluzione α = β = γ = 0e quindi la base e indipendente; inoltre se la base non sodisfacesse la condizione 1, lamatrice del sistema conterrebbe una colonna nulla e quindi non avrebbe rango massimo;di conseguenza la condizione 1 e condizione necessaria per soddisfare la condizione 2.

Determiniamo i parametri adimensionali imponendo le seguenti condizioni:

Π1 = UαDβργµ, Π2 = UαDβργa, Π3 = UαDβργR (11.2)

con α, β, γ costanti incognite, tali da rendere adimensionali i gruppi Πj, con j=1, 2, 3,costruiti affiancando al gruppo UαDβργ le variabili che non formano la base prese unaalla volta. Imponendo l’adimensionalita dei gruppi formati si ottiene:

[

M0L0T 0]

=[

ML−1T−1LαT−αLβMγL−3γ]

=[

M (1+γ)L(−1+α+β−3γ)T (−1−α)]

,

[

M0L0T 0]

=[

LT−1LαT−αLβMγL−3γ]

=[

MγL(1+α+β−3γ)T (−1−α)]

,[

M0L0T 0]

=[

MLT−2LαT−αLβMγL−3γ]

=[

M (γ−1)L(1+α+β−3γ)T (−2−α)]

,

da cui, ponendo l’uguaglianza fra gli esponenti dei termini omologhi si ottengono i seguentigruppi adimensionali:

Π1 =µ

UDρ, Π2 =

a

U, Π3 =

R

ρU2D2. (11.3)

Con questi gruppi adimensionali si giunge quindi ad una relazione del tipo

R

ρU2D2= g

(

µ

UDρ,a

U

)

, (11.4)

11.1. TEOREMA DI BUCKINGHAM ED ANALISI DIMENSIONALE 187

che e il risultato del teorema di Buckingham.Bisogna notare che la determinazione della funzione g richiede ancora delle prove sper-

imentali ma con evidente vantaggio rispetto alla relazione originale (11.1). Imponendoinfatti le stesse richieste sulla sperimentazione, cioe avere informazioni su curve ricavateinterpolando dieci punti, occorrono 102 esperimenti usando la funzione “g” contro i 105

necessari per determinare la funzione “f”. Analizzando l’espressione (11.4) scopriamo chela forza del teorema di Buckingham consiste nel riunire le variabili in gruppi adimensionalied escludere tutte quelle prove che danno lo stesso numero adimensionale. Per esempionella relazione (11.1) avremmo variato separatamente µ, U D e ρ ognuno indipenden-temente dall’altro mentre al contrario l’espressione (11.4) ci dice che questi parametriagiscono in modo combinato quindi qualunque set di valori di µ, U D e ρ che fornisca lostesso valore per il gruppo µ/(UDρ) dara lo stesso risultato in g.

A patto di soddisfare le ipotesi di completezza dimensionale ed indipendenza, qualunqueset di K variabili e corretto per la determinazione dei gruppi adimensionali. Nel casoprecedente, ad esempio, le terne (a, D, ρ) o (µ, ρ, U) potevano essere ugualmente uti-lizzate giungendo chiaramente ad una relazione finale diversa dalla (11.4) e contenentedifferenti gruppi adimensionali. Sebbene in linea di principio non ci sia una funzione gmigliore delle altre, praticamente e invalso l’uso di alcuni gruppi adimensionali per i qualie disponibile una maggiore esperienza sperimentale ed una letteratura piu vasta.

L’operazione precedente alla determinazione della funzione g, quindi, e quella di ren-dere piu ‘comoda’ la sua espressione, per cui solitamente si cerca di ottenere gruppi adi-mensionali noti. Notiamo a tal fine che da un punto di vista dimensionale un parametro sipuo moltiplicare per un fattore numerico, oppure usarne l’inverso o sostituire un suo ter-mine con uno dimensionalmente equivalente senza alterarne il significato. Chiaramentela funzione g assumera una forma completamente differente ma cio non costituisce unproblema visto che e ancora da determinare sperimentalmente. Riferendoci sempre all’e-sempio considerato osserviamo che i seguenti gruppi adimensionali sono largamente usatiin fluidodinamica

Re =UDρ

µ, M =

U

a, cD =

R12ρU2S

, (11.5)

dove S e la superficie frontale del cilindro esposta alla corrente fluida, Re e il numero diReynolds, M e il numero di Mach e cD e il coefficiente di resistenza.

La relazione (11.4) e quindi equivalente alla seguente

cD = h(Re, M), (11.6)

per la quale sono disponibili molti risultati in letteratura.La trasformazione di parametri adimensionali in una forma nota nasconde talvolta

delle insidie alle quali bisogna fare attenzione analizzando fisicamente le operazioni com-piute. Per esempio la sostituzione del primo membro della (11.4) con il termine cD implicala moltiplicazione per un fattore 2 e la sostituzione di D2 con S. Se con S si intende lasuperficie frontale del cilindro per unita di lunghezza allora l’operazione e lecita ma se, alcontrario, S = Dl e la superficie frontale allora si e introdotto involontariamente un altroparametro che e la lunghezza assiale del cilindro l e questo non e ammesso a meno chenon si introduca a secondo membro il nuovo gruppo adimensionale l/D.

La sostituzione di S con Dl non e ammessa in quanto nella (11.1) non era stata in-izialmente contemplata la lunghezza del cilindro l tra le variabili del fenomeno. Questa

188 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

osservazione pone in risalto il fatto che la selezione iniziale delle variabili e la fase piu del-icata di tutto il processo di analisi. La mancata inclusione di un parametro fondamentaleporterebbe infatti ad una relazione finale priva degli effetti fisici piu rilevanti. Al con-trario, considerare dei parametri ininfluenti produrrebbe delle relazioni finali inutilmentecomplicate che renderebbero troppo costosa o impossibile la sperimentazione.

11.2 similitudine dinamica

La relazione (11.6) da la risposta ad una delle prime domande di questo capitolo cioe:come utilizzare i risultati ottenuti su un modello per il fenomeno in dimensioni reali?Osserviamo infatti che nella (11.6) compaiono solo gruppi adimensionali e non c’e rifer-imento esplicito alle dimensioni del modello, questo implica che la funzione h si applicaugualmente al fenomeno reale ed a quello in scala ed i dati ottenuti per un caso possonoessere applicati all’altro. La relazione (11.6) dice in particolare che se sono uguali i gruppiadimensionali per fenomeno reale e fenomeno in scala allora saranno uguali anche i co-efficienti di forza ossia i due fenomeni avvengono in condizioni di similitudine dinamica.Se osserviamo poi che anche le equazioni della fluidodinamica possono essere espresse informa adimensionale allora si vede che i campi di moto saranno cinematicamente similiossia i valori adimensionali di velocita pressione densita etc. saranno gli stessi in punticorrispondenti.

Per riassumere possiamo dire che se due fenomeni sono geometricamente simili edhanno i gruppi adimensionali uguali allora avranno gli stessi coefficienti di forza ed uncampo di moto cinematicamente simile permettendo di trasferire informazioni da un casoall’altro.

U UD

m

m

ρ ν

fenomeno reale

fenomeno in scala

D R mR

νmρm

Figura 11.3: Esempio di similitudine dinamica per un edificio investito dal vento.

Riferendoci sempre all’esempio del cilindro immaginiamo che il fenomeno reale si svol-ga in aria a Re = 105, per un cilindro di diametro D = 1m e lunghezza l = 2m men-tre per modello in scala 1 : 20 in acqua in condizioni di similitudine dinamica vienemisurata una resistenza Rm = 8N. Vogliamo calcolare quale sara la forza di resisten-za sul prototipo. Come primo passo calcoliamo il coefficiente di resistenza del modellocD = 2Rm/(ρmU

2mSm), per il quale ci serve la velocita. Questa possiamo ricavarla dal-

l’uguaglianza dei numeri di Reynolds Re = Rem = 105, da cui, nota la viscosita cinemat-

11.2. SIMILITUDINE DINAMICA 189

Figura 11.4: Prova in galleria del vento di un modello di edificio e della sua interazionecon il centro abitativo circostante in determinate condizioni di vento.

ica dell’acqua si ricava Um = 2m/s. Dal calcolo del coefficiente di resistenza si ottienefacilmente cD = 0.8 per cui per il cilindro di dimensioni reali si avra R = ρU 2ScD/2 = 1.N.

ESEMPIO

In un fenomeno di fluidodinamica geofisica in aria, si stima che l’energia dissipataE e funzione della velocita di rotazione Ω del sistema, della velocita del fluidoU , della sua densita ρ, dell’accelerazione di gravita g e delle dimensioni carat-teristiche del fenomeno l. In un laboratorio si riproduce il fenomeno in acquain scala fS e si misura un’energia dissipata Em. Calcolare l’energia dissipata nelfenomeno reale. Se la velocita in laboratorio e Um quanto vale la U del fenomenoreale?

fs = 1 : 105 Em = 2.04 J Um = 0.003 m/s

Soluzione

La relazione e del tipo E = f(Ω, U, l, g, ρ) che, risultando N = 6 e K = 3, puoessere scritta con 3 parametri adimensionali Π3 = F (Π1,Π2). Dal metodo dellevariabili ripetute si ricava Π1 = U/(Ωl), Π2 = g/(Ω2l) e Π3 = E/(Ω2l5ρ).Dall’uguaglianza dei parametri adimensionali tra esperimento e fenomeno realesi ottiene: E = Emρ/(ρmf

4s ) = 2.5297 · 1017 J e U = Um/

√fs = 0.9486 m/s,

essendo fs = lm/l.

190 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

ESEMPIO

Lo scambio termico C di un dispositivo viene misurato dal rapporto tra la potenzatermica smaltita e la differenza di temperatura ([C] = W/K). Da un’analisipreliminare risulta che C = f(U, ρ, k,∆T, L) in cui U e la velocita, ρ la densitae k la diffusivita termica del fluido. ∆T e la differenza di temperatura applicataed L una dimensione del dispositivo. Se l’unica grandezza che varia e U e per unmodello di dimensione Lm lo scambio termico vale Cm, quanto vale C per un undispositivo di dimensione L?

Lm = 0.4 m Cm = 80 W/K L = 2 m

Soluzione

In base al teorema di Buckingham essendoci N = 6 variabili e K = 4 dimensionifondamentali il fenomeno puo essere descritto medianteN−K = 2 parametri adi-mensionali. Utilizzando il metodo delle variabili ripetute si ha una delle possibilisoluzioni:

C∆T

U3ρL2= g

(

k

UL

)

.

In condizioni di similitudine dovranno risultare uguali i gruppi adimensionali edessendo U l’unica grandezza che varia (oltre naturalmente ad L e C) si ottiene

k

UL=

k

UmLm

=⇒ U = UmLm

L,

C∆T

U3ρL2=

Cm∆T

U3mρL

2m

=⇒ C = CmU3L2

U3mL

2m

da cui C = CmLm/L = 16 W/K.

ESEMPIO

Il calore C che smaltisce un particolare dispositivo in aria a 15 oC e espresso dallarelazione C = f(g,∆T, α,H, ν, ρ) con g accelerazione di gravita, ∆T differenzadi temperatura, α coefficiente di espansione termica, H dimensione principale, νviscosita cinematica e ρ densita del fluido. Se un modello in scala fS funzionantein acqua alla temperatura di 20 oC per un dato ∆Tm smaltisce il calore Cm,quale sara il ∆T di funzionamento ed il calore smaltito dal dispositivo reale incondizioni di similitudine dinamica?

fS = 1 : 7 ∆Tm = 1.8 oC Cm = 280 J

Soluzione

Dal teorema di Buckingham, risultando N = 7 e K = 4 si ha che la relazionesi puo esprimere tramite 3 parametri adimensionali. Prendendo come variabiliripetute ∆T , H, ν e ρ si ottiene

C

Hρν2= F

(

gH3

ν2, α∆T

)

,

da cui si ricava facilmente ∆T = ∆Tmαm/α = 0.108 K e C =Cm(H/Hm)(ρ/ρm)(ν/νm)2 = 435.93 J (con i valori per α = 3.48 · 10−3 K−1

per l’aria e αm = 2.10 · 10−4 K−1 per ’acqua).

11.3. SIMILITUDINE DISTORTA 191

11.3 similitudine distorta

Nell’esempio del paragrafo precedente e stato in realta commesso un ‘errore’ che costi-tuisce praticamente la regola in campo sperimentale. Ricordiamo, infatti, che la con-dizione di similitudine dinamica prevede che tutti i gruppi adimensionali che governanoil fenomeno debbano essere gli stessi per poter applicare i risultati della simulitudine di-namica. Considerando che la velocita del suono in acqua e di circa 1500m/s si ha chese calcoliamo il numero di Mach di esperimento e fenomeno reale si ha, rispettivamenteMm = Um/am = 0.0013, M = U/a = 0.0044; poiche risulta M 6= Mm verrebbe daconcludere che la similitudine dinamica non e rispettata!

Prima di tirare delle conclusioni, vediamo mediante un esempio con parametri legger-mente differenti se e possibile mantenere la similitudine dinamica in qualche altro modo.Si consideri il problema del cilindro in cui siano assegnati i seguenti dati:

D = 1.5 m, U = 50 m/s, Dm = 30 cm

Abbiamo per i parametri adimensionali:

Re =Ud

ν=Udρ

µ; Rem =

ρmUmDm

µ

M =U

a; Mm =

Um

am

Un primo modo per avere lo stesso numero di Reynolds e quello di aumentare di cinquevolte la velocita del flusso lasciando invariate le altre grandezze. In questo modo si ottienelo stesso numero di Reynolds, ma diverso numero di Mach

M = 0.147, Mm = 0.7.

Proviamo allora a cambiare il fluido, considerando l’acqua al posto dell’aria, e utilizzi-amo una velocita per il modello tale da conservare la similitudine dinamica del numerodi Reynolds:

Re = Rem ⇒ Ud

νaria

=UmDm

νacqua

Um =νacquad

νariaDm

U

Um = 51

1050 = 25 m/s

Anche se la similitudine del numero di Reynolds e rispettata, non lo e quella del numerodi Mach; infatti

M = 0.147

Mm =Um

am

=25

1500= 0.016

192 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Sembrerebbe che non ci sia via di uscita perche qualunque accorgimento si cerchi diadottare nasconde comunque degli inconvenienti dovuti al fatto che non si riescono afissare i parametri in conformita con le regole dell’analisi dimensionale 2.

In realta sebbene le due soluzioni proposte sembrano essere equivalenti in quantoportano entrambe ad un differenza nel numero di Mach da un punto di vista fluidodi-namico sono profondamente differenti e mentre la prima risulta inaccettabile, la secondacostituisce la procedura effettivamente adottata nei laboratori. E infatti noto nella flu-idodinamica che gli effetti della comprimibilita in un flusso divengono apprezzabili soloper numeri di Mach > 0.3 mentre al di sotto di questo valore di soglia il flusso si com-porta come incomprimibile. Questo implica che per M ≤ 0.3 il numero di Mach non eun parametro che governa il flusso e quindi puo essere trascurato. Alla luce di questorisultato appare allora chiaro che la prima soluzione che da Mm = 0.7 non fornira datiin similitudine dinamica in quanto il flusso sara influenzato da effetti di comprimibilitache sono assenti nel fenomeno reale. Al contrario la seconda soluzione con Mm = 0.016fornira dei risultati in perfetta similitudine dinamica nonostante la differenza tra i numeridi Mach. In questa categoria di flussi ricade anche l’esempio della sezione precedente icui risultati sono quindi corretti.

Questi esempi di similitudine vengono chiamati di similitudine distorta per distinguerlidalla similitudine esatta in cui tutti i parametri adimensionali sono uguali. In questocampo non ci sono delle regole fisse ma ci si affida piuttosto alla sensibilita ed esperienzadello sperimentatore che conosce quali paramentri puo trascurare e quali invece devepreservare fedelmente per ottenere risultati utilizzabili in pratica.

11.4 Studio di flussi particolari

In questa sezione mostreremo attraverso degli esempi tipici come si applica l’analisi di-mensionale a problemi applicativi. Rimane inteso che i seguenti esempi sono solo alcunitra i problemi piu comuni mentre, in generale, bisogna ricorrere alla teoria per trovare igruppi adimensionali di interesse.

11.4.1 Flusso intorno a corpi immersi

In questa categoria ricadono tutti i flussi in cui uno stesso fluido ‘bagna’ completamenteuno o piu corpi e non sono presenti fenomeni di superficie libera. Un vento in atmosferache investe un palazzo, un’automobile che corre in autostrada, un aereo in volo di crocierao un sottomarino in immersione profonda sono tutti flussi intorno a corpi immersi. Alcontrario, una nave in mare aperto o persino un sottomarino con il periscopio in emersione(ossia con lo scafo immerso di qualche metro) non possono essere analizzati nell’ambito di

2Una possibilita estrema e usare lo stesso fluido ma aumentarne la densita nell’esperimento ρM = 5ρ,mantenendo la velocita del modello pari a quella del prototipo e conservando l’uguaglianza del numero diMach. L’aumento della densita del fluido puo essere ottenuta, per esempio, aumentandone la pressionee contemporaneamente diminuendone la temperatura (per evitare l’aumento della velocita del suono)anche se questa soluzione risulta estremamente costosa e pericolosa per la presenza di gas in pressione. Inaggiunta questo stratagemma diventa tanto piu oneroso quanto piu diventa grande la scala del modelloe produce delle forze estremamente elevate sui modelli a causa della crescita con ρm della pressionedinamica.

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI 193

questa schematizzazione in quanto i fenomeni di deformazione della superficie libera nonvengono contemplati nella scelta dei parametri di interesse.

Indicando con q una generica grandezza da determinare la relazione che si utilizza perquesta tipologia di problemi e la seguente:

q = f(L, l, ε, ρ, µ, U, a)

in cui L e la dimensione caratteristica del corpo, l tiene in conto le altre dimensioni(eventualmente l puo essere del tipo li i = 1, ....,M per corpi di geometria complessa), εcaratterizza la rugosita superficiale, ρ e la densita del fluido, µ la sua viscosita dinamica,U la velocita della corrente indisturbata ed a la velocita del suono. Un’ispezione delledimensioni dei parametri elencati rivela immediatamente K = 3 per cui se q non introducedimensioni aggiuntive la relazione di sopra si puo mettere nella forma

Πq = g

(

l

L,ε

L,ρUD

µ,U

a

)

.

Il primo parametro da le dimensioni dell’oggetto in forma adimensionale, il secondo e larugosita relativa, il terzo il numero di Reynolds ed il quarto il numero di Mach. Dallarelazione di sopra si puo osservare che, dando per scontata la similitudine geometrica (ilche include anche la condizione sulla rugosita superficiale), il parametro Πq dipende solodal numero di Reynolds Re e dal numero di Mach Ma.

Prendiamo come esempio un aereo la cui velocita di crociera sia U = 400Km/h ed unsuo modello in scala 1 : 10 e proviamo a calcolare il rapporto tra le forze di resistenza D.Supponendo rispettati i rapporti l/L ed ε/L, imponiamo preliminarmente la similitudinesul numero di Reynolds assumendo di utilizzare lo stesso fluido per cui µ = µm. Osservi-amo immediatamente che se pensassimo di aumentare la velocita del modello di un fattore10 per compensare il fattore di scala geometrico otterremmo una velocita Um = 4000Km/h' 1100m/s che e chiaramente inaccettabile in quanto in regime ampiamente supersonicoe quindi non renderebbe possibile nemmeno la similitudine distorta.

Se decidiamo allora di lasciare invariata la velocita della prova U = UM l’unica pos-sibilita che ci rimane e aumentare la densita del fluido del modello di dieci volte rispettoa quella del prototipo, preservando cosı tanto la similitudine in Re quanto quella in Ma.Ricordando ora che il coefficiente di resistenza e uguale per il modello e per il prototipo,possiamo scrivere per le forze:

cD = cDm

D12ρU2L2

=Dm

12ρmU2

mL2m

Dm =ρm

ρ

L2m

L2D

Dm =1

10D

con D e Dm forza di resistenza rispettivamente sul prototipo e sul modello.

194 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Un modo sicuramente piu semplice per effettuare questa prova, consiste nel cambiaretipo di fluido ed utilizzarne uno con viscosita minore di quella dell’aria. In questo casosi deve quasi sicuramente rinunciare alla similitudine in Mach, tuttavia essendo il Machdel prototipo Ma ' 0.32 si e giusto al limite per poter trascurare gli effetti della com-primibilita ed un qualunque esperimento con un Mach minore del valore trovato darebberisultati simili.

Viene lasciato al lettore, come facile esercizio, lo studio della similitudine con un fluidodifferente.

ESEMPIO

In una galleria del vento viene posto un modello di sciatore durante un salto (scinordico) con una dimensione caratteristica di 40 cm ed investito da una velocitadi 67.5 Km/h in una corrente d’acqua. Sapendo che la resistenza e la portanzamisurate sul modello sono rispettivamente 4500 N e 5400 N, calcolare le forzecorrispondenti avvertite da uno sciatore con dimensione caratteristica di 2 m incondizioni di similitudine dinamica. Perche l’esperimento non e stato fatto inaria?

L

D

Soluzione

In condizioni di similitudine dinamica modello e sciatore devono avere lo stessonumero di Reynolds UmLm/νm = UL/ν, U = ν/νm · Lm/L · Um = 50. m/s. Icoefficienti di forza devono essere gli stessi risultando: cL = 2Lm/(ρmU

2mSm) e

quindi L = ρU 2ScL = 1190.4 N (avendo usato la relazione S/Sm = L2/L2m).

Procedendo analogamente per la resistenza si ha D = 992 N.Se l’esperimento fosse stato fatto in aria, per mantenere la similitudine sul numerodi Reynolds sarebbe stata necessaria una velocita Um = 281.2 m/s sconfinandocosı nel campo dei flussi comprimibili.

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI 195

ESEMPIO

Un grattacielo alto h con una pianta quadrata di superficie S deve essere costruitoin una zona dove mediamente si hanno venti di velocita massima U con un profilocome in figura. Facendo le prove su un modello in scala fS in condizioni disimilitudine dinamica si ottiene un coefficiente di resistenza pari a CD (basatosul valore di velocita media). Calcolare il valore della resistenza del grattacieloe le condizioni per un esperimento in acqua.

a

h

U

h = 150 m CD = 0.85 a = h/3S = 900 m2 U = 15 m/s fS = 1 : 75

Per il calcolo della re-sistenza utilizzare lasuperficie frontale delgrattacielo.

Soluzione

La velocita media e data da:

U =1

h

∫ h

0Udy =

1

h

(

∫ a

0

Uy

ady +

∫ h

aUdy

)

=1

h

(

Ua

2+ U(h− a)

)

= 12.5 m/s.

Per la resistenza D = ρU2SFCD = 3.705 ·105 N (essendo SF la superficie frontale

del grattacielo pari a SF = 30 · 150 = 4500 m2.Per l’esperimento, dovendo uguagliare i numeri di Reynolds si avra UL/ν =UmLm/νm, Um = U · L/Lm · νm/ν = 62.5 m/s.

196 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

ESEMPIO

Per determinare la portanza di un aereo al decollo in atmosfera standard vieneeffettuato un esperimento in galleria del vento su un modello in scala fS e permantenere la similitudine dinamica viene pressurizzata la galleria del vento. Cal-colare la pressione di esercizio dell’esperimento sapendo che il rapporto tra lavelocita del prototipo e quella del modello e U/Um. Sapendo inoltre che sulmodello viene misurata una portanza Lm calcolare la portanza sul prototipo.

Ipotizzare uguali le temperaturedell’aria nell’esperimento e nelfenomeno reale.

fs = 1 : 20 U/Um = 1/3Lm = 90500 N

Soluzione

Un aereo al decollo ha velocita ancora contenute, il parametro fondamentale disimilitudine sara quindi il numero di Reynolds. Re = Rem implica che ρm/ρ =µmUL/(µUmLm) = 1 · U/Um · 1/fS = 6.66 ossia, essendo i due fenomeni allastessa temperatura (p/ρ = const.) pm = 6.66p0 = 6.66 atm.Dall’uguaglianza tra i coefficienti di portanza L = Lm · ρ/ρm(U/Um)2 · S/Sm =603340 N.

ESEMPIO

Misurando il coefficiente di resistenza di un albero mediante un modello in galleriadel vento in scala fs si ottiene un valore CD. Sapendo che l’albero viene investitoda un vento di velocita U calcolare le condizioni sperimentali per realizzare lasimilitudine. Se la superficie frontale dell’albero puo essere stimata come S =0.55H2 calcolare le forze di resistenza sull’albero e sul modello.

U

Hfs = 1 : 8 H = 16 mU = 12 m/s CD = 1.22

Soluzione

Affinche valga la similitudine dinamica ci deve essere l’uguaglianza tra i numeridi Reynolds per l’albero e per il modello in galleria del vento Re = Rem, ossiaUL/ν = UmLm/νm. Trattandosi per entrambi i casi di aria a pressione ambientesi ha ν = νm e quindi Um = UL/Lm = U/fS = 96 m/s (notare che non eimportante definire la grandezza L in quanto alla fine entra in gioco solo il fattoredi scala fS). Quindi dalla definizione di resistenza: D = ρU 2(0.55H2)CD/2 =15138 N e Dm = ρmU

2m(0.55H2

m)CD/2 = 15138 N.

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI 197

ESEMPIO

Nel primo tentativo di volo con esito positivo (1903) i fratelli Wright usarono unaereo con superficie alare S, apertura alare L che, utilizzando una potenza P ,volo per alcune decine di secondi ad una velocita U . Calcolare il coefficiente diresistenza dell’aereo. Sapendo che la galleria del vento dei fratelli Wright nonpoteva contenere modelli piu grandi di Lm, dire se questi furono in grado dieffettuare esperimenti in similitudine dinamica.

S

L S = 57 m2 L = 13.44 mU = 60 Km/h P = 5100 WLm = 40 cm

Soluzione

Dalla relazione P = DU (con D la forza di resistenza) si puo scrivere P =ρU3SCD/2 da cui CD = 2P/(ρU 3S) = 0.0311. Per avere la similitudine dinamicamodello e prototipo devono avere lo stesso numero di Reynolds (per queste bassevelocita di volo), ne consegue che UmLm/νm = UL/ν ossia Um = UL/Lm =560 m/s. Questa velocita purtroppo a temperatura ambiente darebbe un valoredel numero di Mach pari a Ma = 1.64 il che invaliderebbe completamente irisultati dell’esperimento. (A parte il fatto che la galleria del vento dei fratelliWright non era in grado di raggiungere velocita cosı elevate, a quei tempi nonerano nemmeno noti gli effetti del numero di Reynolds sui coefficienti di portanzae resistenza. Infatti i fratelli Wright effettuarono le prove in galleria a numeridi Reynolds considerevolmente piu bassi di quelli di volo ottenendo dei risultatisolamente indicativi per le prestazioni del prototipo.

198 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

ESEMPIO

Un cartellone pubblicitario di superficie S viene investito da un vento costantedi velocita U e necessita di due pali di sostegno per contrastare l’azione dellacorrente. Se un cartellone geometricamente simile (anche nella lunghezza deipali) di superficie tripla venisse investito da una corrente a velocita doppia diquanti pali (identici ai precedenti tranne che per la lunghezza) si avrebbe bisognoper mantenere i pali in posizione?

US

Suggerimento: considerare in en-trambi i casi il flusso in regime diturbolenza sviluppata ed approssi-mare il numero dei pali all’intero piuvicino.

Soluzione

Sul cartellone agira una resistenza D =ρU2SCD/2 che generara un momento alla basedei pali 2Ml = M = Dl, con Ml il momento sop-portato da ogni singolo palo. Per il cartellonein scala si avra Mm = Dmlm = ρU 2

mSmCD/2lm,dove si e’ tenuto conto che il CD e lo stesso inentrambi i casi in quanto il flusso e in regime diturbolenza sviluppata. Ponendo Mm = nMl ericavando il CD dall’espressione di M si ottiene

n =(

Um

U

)

Sm

S

lml

2 = 4 · 3 ·√

3 ≈ 42,

avendo approssimato il risultato all’intero piuprossimo.

S D

11.4.2 Flussi con superficie libera

Quando un corpo si muove tra due fluidi immiscibili o, in modo equivalente uno dei duefluidi si muove in presenza o meno di un corpo, si ha inevitabilmente la deformazionedell’interfaccia tra i fluidi con la generazione di onde o comunque di fenomeni che coinvol-gono scambi tra energia cinetica e potenziale. Due esempi tipici di questi flussi sono unanave che produce delle onde durante la sua navigazione oppure dell’acqua che passa da unbacino idrico ad un fiume attraverso una diga. Su una scala piu piccola questi fenomenisi possono osservare anche in un bicchiere, mettendo sul fondo uno strato d’acqua ed insuperficie uno d’olio. Agitando il bicchiere si osserva la formazione di ‘onde interne’ lacui dinamica e appunto regolata da fenomeni di superficie libera.

Per questi flussi una qualunque quantita incognita q sara esprimibile tramite unarelazione del tipo:

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI 199

q = f(µ, ρ, U, g, σ, ε, L, l)

in cui g e l’accelerazione di gravita e σ la tensione superficiale. In base al teorema diBuckingham, questa espressione e equivalente alla seguente forma:

Πq = h

(

l

L,ε

L,U√gL,ULρ

µ,ρLU2

σ

)

(11.7)

in cui compaiono i nuovi parametri

We =ρLU2

σe Fr =

U√gL,

che sono rispettivamente il numero di Weber ed il numero di Froude. Il primo tiene inconto tutti i fenomeni relativi alla tensione superficiale e sara importante per descriverela dinamica su piccola scala. Il numero di Froude, al contrario, esprime il rapporto trale forze d’inerzia e quelle di gravita ed e un parametro rilevante per tutti i fenomeni checoinvolgono bilanci di energia potenziale.

I parametri l/L ed ε/L sono gli stessi discussi nella sezione precedente e coinvol-gono la similitudine geometrica. Questi di solito si suppongono simili anche se man-tenere la similitudine sulla rugosita relativa puo alle volte risultare di difficile realizzazionesperimentale.

Il numero di Reynolds esprime al solito il rapporto tra le forze d’inerzia e quelle viscosee la sua influenza sul fenomeno va valutata caso per caso. Nei flussi intorno a carene dinavi o dighe, il numero di Reynolds e solitamente dell’ordine delle centinaia di milioni omiliardi indicando che il flusso si trova in regime di turbolenza sviluppata. In questo casola dipendenza del flusso dal numero di Reynolds diventa trascurabile rispetto agli effettidegli altri parametri e puo essere semplificato dalla relazione (11.7). Questa operazione,tuttavia, nasconde un’insidia in quanto l’eliminazione di Re dalla (11.7) non implica chenel fenomeno non ci sono effetti viscosi ma solo che la loro entita non dipende dal valoredel numero di Reynolds; cio implica che quando si realizza l’esperimento in scala si deveessere sicuri che questo avvenga in regime di turbolenza sviluppata cosı come nel fenomenoreale.

Consideriamo come esempio il caso di una diga con dimensione caratteristica L = 20me portata pari a Q = 125 m3/s, il cui modello e in scala 1 : 15 da cui risulta che Lm =L/15 = 1.33 m.

La scala di velocita nella diga reale sara U = Q/cL2 con c costante che dipende dallageometria della diga e la portata del modello e quindi

Qm = cUmL2m.

Poiche in questo caso ne il numero di Weber ne quello di Reynolds contano, imponiamola similitudine sul numero di Froude:

Um√gmLm

=U√gL,

Um =

(

gm

g

)1/2 (Lm

L

)1/2 Q

cL2,

200 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

essendo g = gM . Dai calcoli fatti sulla scala delle velocita del prototipo e sulla portatasmaltita dal modello, risulta:

Um =1√15

Q

cL2,

Qm = c1√15

Q

cL2L2

m = 0.143 m3/s.

Vediamo cosa accade alla scala dei tempi:

TU

L=TmUm

Lm

,

Tm =ULm

UmLT =

QcL2

Qm

cL2m

Lm

LT,

Tm =Q

Qm

(

Lm

L

)3

T = 0.258T.

Il risultato ottenuto indica che l’analisi dimensionale permette di costruire modelli neiquali il fenomeno si sviluppa piu velocemente. Quindi se il fenomeno impiega 24 oreper svilupparsi nella diga, nel modello impiega solo 6 ore, per cui e possibile, per esem-pio, prevedere tempestivamente l’evoluzione di un incidente con una sperimentazione inlaboratorio.

ESEMPIO

Per un prototipo di nave lungo 200 m, del peso di 105 tonnellate e con velocitadi crociera di 18 nodi, viene realizzato un modello in scala fS = 1 : 30. Calcolarele condizioni sperimentali per una prova sul modello in similitudine dinamica.Quale dovra essere il peso del modello? Citare gli accorgimenti che dovrannoessere presi per gli eventuali parametri non in similitudine (similitudine distorta).

Soluzione

In questo problema, avendo la superficie libera un ruolo fondamentale bisognamantenere la similitudine in Froude U/

√gL = Um/

√gmLm, ed essendo le ac-

celerazioni di gravita identiche si ha Um = U√

Lm/L = U√fS = 3.286 nodi =

1.69 m/s.Se il rapporto di scala tra le dimensioni lineari e fS, il rapporto tra i volumi saraf 3

S e lo stesso dovra risultare per le forze peso. Quindi Pm = P/f 3S = 3703 Kg.

Per il numero di Reynolds, se si usa lo stesso fluido (ν = νm) si avra: Rem =

UmLm/νm = U√fS · LfS · 1/ν = Re · f 3/2

S . Essendo i numeri di Reynolds diversi(similitudine distorta) si dovra essere sicuri che entrambi i flussi siano nello stessoregime (turbolento).

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI 201

ESEMPIO

Per studiare le caratteristiche di una diga ne viene realizzato un modello in scalaFS. Se la portata che smaltisce il modello e Qm, quale sara la portata smaltitadalla diga reale? Commentare le ipotesi fatte ed il tipo di similitudine ottenuta(esatta o distorta).

ricorda: dimensionalmente una por-tata in volume e data da una velocitaper una superficie.

fs = 1 : 200 Qm = 90 l/m

Soluzione

Essendo un fenomeno con superficie libera bisogna preservare la similitudine in

Froude. U/√

(gL) = UM/√

(gLM) da cui U = UM

(L/LM) = UM

(1/fS).

La portata sara Q = US = UM

(1/fS) · SM/f2S = QM/F

5/2S = 5.09 · 107 l/min

(848.5m3/s).

11.4.3 Flusso nelle macchine rotanti

Rispetto agli esempi precedentemente elencati, nelle macchine rotanti entra come parametrofondamentale la velocita di rotazione. Una qualunque grandezza q si puo quindi esprimeredalla relazione

q = f(L, l, ε, Q, µ, ρ,Ω, a)

essendo Q la portata smaltita dalla macchina ed Ω la sua velocita di rotazione. Si noterache non e stata inserita una scala di velocita U in quanto questa e ricavabile sia dalrapporto tra portata Q ed una superficie caratteristica (S ∼ L2) sia dalla velocita dirotazione attraverso U = ΩL. Ricorrendo al teorema di Buckingham la relazione appenascritta si riduce a:

Πq = g

(

l

L,ε

L,Q

ΩL3,ΩL2ρ

µ,ΩL

a

)

.

I parametri l/L e ε/L sono fissati dalla similitudine geometrica mentre il numero diReynolds Re = ΩL2ρ/µ puo essere trascurato se il regime di flusso tra prototipo e modelloe lo stesso. Per il numero di MachM = ΩL/a valgono le considerazioni fatte nei precedentiesempi, quindi si puo trascurare se prototipo e modello lavorano entrambi nel regimeM ≤ 0.3 altrimenti sara un parametro di similitudine da rispettare. Il rapporto Q/(ΩL2)e il coefficiente di flusso cQ ed e un parametro fondamentale per la similitudine.

Nelle macchine rotanti il parametro Πq puo essere il rendimento “η”, il coefficiente diprevalenza “cH” oppure il coefficiente di potenza “cP ”, definiti come segue:

η =PU

PI

, cH =gh

Ω2L2, cP =

PI

ρΩ3L5,

con PI potenza immessa, PU potenza utile ed h la prevalenza cioe l’altezza della colonnafluida equivalente alla differenza di pressione che la macchina puo creare (nel caso si trattidi una pompa).

Supponiamo di volere determinare le caratteristiche di una pompa che abbia dimen-sione L = 8inch, ed Ω = 1200rpm operante nelle condizioni di massima efficienza, notele caratteristiche di una pompa geometricamente simile con dimensione caratteristica diLM = 12inch funzionante alla velocita di rotazione ΩM = 1000rpm.

202 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

10

20

5

15

10080604020 0

0

1.4

2.8

4.2

5.6

0

h (m)

η

P (kw)Ι

10080604020 0

0 0

η

.16

.21

.10

.05

.020

.015

.010

.05

0 0.025 0.050 0.075 0.10

C

C Q

P

0 0.063 0.126 0.189 0.252Q (m /s)3

efficienza

prevalenza

potenza

η

C P

Figura 11.5: Curve caratterstiche di un pompa (curve dimensionali ed adimensionali).

Dalle curve caratteristiche con le quantita dimensionali si ricavano delle curve analogheper i parametri adimensionali come e mostrato in figura 11.5. Dal grafico (η, cQ) si ricavaper le condizioni di massima efficienza cQ = 0.0625, e dalla sua definizione il valore dellaportata Q = cQL

3Ω = 0.176 m3/s.

Conoscendo il valore di “cQ”, determiniamo dal grafico (cP , cQ) il valore del coefficientedi potenza pari a 0.015 e, ricordando che il fluido e acqua, calcoliamo la “PI” dalla seguenterelazione:

PI = cPρΩ3L5 = 10312 W

Infine dal grafico (cH , cQ) calcoliamo il valore di cH e, di conseguenza, quello di h comesegue:

h =(

cHL2Ω2

)

/g = 18.34m

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI 203

ESEMPIO

Il salto di pressione attraverso una pompa di forma assegnata e ∆p =f(D,Ω, ρ, Q) essendo D una dimensione caratteristica, Ω la velocita di rotazione,ρ la densita del fluido e Q la sua portata. Un modello funzionante in acqua didiametro Dm, alla velocita angolare Ωm fornisce una curva come in figura. Sti-mare il ∆p per una pompa geometricamente simile di dimensione D operante inacqua alla velocita angolare Ω.

.015 .03 .045 .06

14

28

p (KPa)

Q (m /s)3

42

56

Ωm = 40π rad/s Dm = 25 cmΩ = 60π rad/s D = 32 cm

Soluzione

Dalle relazioni fornite si nota che ci sono N = 5 grandezze in gioco descrittedimensionalmente da K = 3 dimensioni fondamentali. In base al teorema diBuckingham si ha che lo stesso fenomeno puo essere descritto da N − K =2 parametri adimensionali. L’applicazione del metodo della variabili ripetute(scegliendo come terna fondamentale D, Ω e ρ) fornisce Π1 = ∆p/(ρD2Ω2) eΠ2 = Q/(ΩD3). Noti quindi D ed Ω di modello e prototipo e possibile riscalarela curva in figura ed ottenere il ∆p per la pompa simile.

204 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

ESEMPIO

Si supponga che la prevalenzaH di una pompa sia esprimibile tramite la relazioneH = f(W,Ω, ρ, l, ν) in cui W e la potenza assorbita, Ω la velocita di rotazione,ρ e ν la densita e la viscosita cinematica del fluido di lavoro ed l una dimensionecaratteristica. Sapendo che un modello di dimensione lm con fluido acqua assorbeuna potenza Wm ed ha una prevalenza Hm, calcolare W ed H per una pompageometricamente simile in scala f = 2.3 : 1 (ossia il prototipo e 2.3 volte piugrande del modello) che lavora in olio in similitudine dinamica.

lm = 16 cm Hm = 21 m Wm = 6.1 kWf = 2.3 : 1 νolio = 10−5 m2/s ρolio = 850 Kg/m3

Soluzione

Applicando il teorema di Buckingham risulta N = 6 e K = 3 per cui si puoesprimere la relazione con 3 parametri adimensionali.

H

l= g

(

W

ρΩ3l5,ν

l2Ω

)

.

Uguagliando i parametri adimensionali si ottiene quindi H = Hml/lm = Hmf =48.3 m.

Ω = Ωm

(

lml

)2 (ν

νm

)

, W = Wmρ

ρm

(

l

lm

)5 (Ω

Ωm

)3

= Wmρ

ρm

lml

(

ν

νm

)3

= 1.604 Mw.

11.5 Flusso in circuiti chiusi

Nella classe dei flussi in circuiti chiusi rientrano tutti quei flussi in cui un fluido scorreall’interno di un sistema tubi, contemplando anche eventuali variazioni di sezione, gomiti,valvole, rubinetti etc., come in figura 11.6. Bisogna notare che l’aggettivo chiuso delcircuito non si riferisce al fatto che il circuito si chiuda su se stesso ma all’assenza disuperfici libere che vanno trattate come mostrato precedentemente.

In questa categoria di flussi, detta q la generica quantita da determinare possiamoscrivere

q = h(l, D, ε, ρ, µ, U),

che, applicando il teorema di Buckingham, puo essere ridotta alla forma

Πq = g

(

l

D,ε

D,ρUD

µ

)

. (11.8)

In questa relazione, al solito, il rapporto l/D descrive la geometria del sistema, la rugositarelativa ε/D esprime la natura della superficie dell’oggetto, mentre il numero di ReynoldsρUD/µ esprime il regime di moto del flusso nel condotto.

Come esempio consideriamo una valvola con una dimensione caratteristica D = 60cme supponiamo che smaltisca una portata Q = 0.1 m3/s. Ci chiediamo quale deve essere laportata di un modello in scala con dimensione Dm = 7.5cm.

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH 205

d

l

d1

1 l2

d2

l3

l4 3

U

Figura 11.6: Esempio di flusso in circuiti chiusi.

Osserviamo che, essendo un problema in scala, sono rispettati i rapporti l/D e ε/D,per cui rimane da verificare la similitudine sul numero di Reynolds.

Dalla portata della valvola, possiamo calcolare una scala di velocita per il prototipoU = Q/D2

quindi, imponendo l’uguaglianza del numero di Reynolds:

UD

ν=UmDm

νm

,=⇒ Um =Dνm

DmνU,

ed assumendo di utilizzare lo stesso fluido nell’esperimento e nel fenomeno reale (ν = νm),

Um =0.60 · 0.1

0.075 · 0.36 · 1 = 2.22 m/s.

Con questa velocita e con il diametro del modello siamo quindi in grado di calcolarela portata richiesta

Qm = UmD2m = 0.0125 m3/s.

11.6 Legge di Darcy-Weisbach

Sebbene la trattazione di questi flusso rientri a tutti gli effetti nell’ambito dell’analisidimensionale, la rilevanza pratica di circuiti per il trasporto di fluidi ha dato origine adelle formule empiriche di grande utilita nelle applicazioni pratiche.

Consideriamo un tubo a sezione circolare di lunghezza l e diametro costante D at-traverso cui passa una portata Q di un fluido viscoso; assumendo il flusso incomprimibilepossiamo mettere un relazione la velocita media nel tubo con la portata attraverso

Q =(πUD2)

4.

Per questo flusso, essendo gli effetti viscosi non trascurabili, non sarebbe possibileapplicare l’equazione di Bernoulli, tuttavia, aggiungendo un termine correttivo h che

206 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

tenga conto degli effetti viscosi si puo porre:

p1

ρ+U2

1

2+ gz1 =

p2

ρ+U2

2

2+ gz2 + gh. (11.9)

Dalla conservazione della massa si deduce che, essendo il diametro costante, le velocitanelle due sezioni sono uguali e quidi l’equazione di Bernoulli diventa:

p1

ρ+ gz1 =

p2

ρ+ gz2 + gh, (11.10)

e, se si suppone inoltre nulla la variazione di quota delle sezioni del condotto, si ha

p1

ρ=p2

ρ+ gh,=⇒ h =

p1 − p2

ρg. (11.11)

L’interpretazione fisica di questa relazione e che l’effetto dei termini viscosi e equiv-alente ad una sezione di uscita posta ad una quota piu alta di h rispetto alla sezionedi entrata oppure, in base alla (11.10), a parita di ∆p la presenza dei termini viscosidiminuisce di h la quota massima raggiungibile

z2 =∆p

ρg+ z1 − h.

Esplicitando invece la relazione precedente rispetto a z1 si nota che partendo dallaquota z2, ed arrivando alla quota z1 < z2, (mantenendo una portata Q) si genera undifferenza di pressione minore rispetto al caso non viscoso

ρgz1 = ρgz2 − ∆p+ ρgh.

In definitiva sia per portare in quota il fluido che per farlo tornare indietro occorre sempreuna differenza di pressione piu grande del caso non viscoso e cio esprime la dissipativitadel termine h in contrasto con la reversibilita della trasformazione dell’energia potenzialein energia cinetica nel caso ideale.

Per mettere ora in relazione le perdite dovute agli effetti viscosi con le grandezzeadimensionali osserviamo che possiamo esprimere la differenza di pressione alle estremitadel tubo come

∆p12ρU2

= φ

(

l

D,ε

D,UDρ

µ

)

.

In base ad innumerevoli osservazioni sperimentali e stato visto che l’effetto del parametrol/D interviene linearmente nella funzione φ il che implica fisicamente che le perdite perattrito in un tubo di lunghezza 2l saranno doppie rispetto ad un tubo identico ma di metalunghezza Questo risultato implica

∆p12ρU2

=l

(

ε

D,UDρ

µ

)

per cui definendo il fattore d’attrito f

f =∆p

12ρU2

D

l= Φ

(

ε

D,UDρ

µ

)

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH 207

Figura 11.7: Diagramma di Moody.

si ottiene

∆p12ρU2

=l

Df.

Ricordando infine dalla (11.11) che h = ∆p/ρg si giunge alla legge di Darcy-Weisbach:

h =1

2

U2

g

l

Df, (11.12)

che consente di calcolare le perdite per effetti viscosi nota la geometria del condotto (l/D),la velocita media del flusso (U) ed il fattore d’attrito f .

Osservando criticamente la relazione (11.12) dovremmo concludere che non abbiamofatto alcun passo in avanti in quanto abbiamo espresso una quantita incognita h in funzionedel fattore d’attrito f che non e noto a priori. In realta il fattore d’attrito si determinafacilmente dal diagramma di Moody (figura 11.7) che consente, noto il valore di ε/Ded il numero di Reynolds del tubo, di determinare f . Questo diagramma e stato moltoutilizzato nel passato in quanto l’assenza di calcolatori elettronici rendeva problematico

208 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

l’utilizzo di formule implicite non lineari. Attualmente queste formule possono essereagevolemente impiegate anche con l’ausilio di una calcolatrice programmabile rendendopiu rapido il calcolo di f . Una di tali formule e quella di Colebrook

1√f

= −2 log10

(

ε/D

3.7+

2.51

Re√f

)

, (11.13)

che e stata ottenuta come fit empirico del grafico del diagramma di Moody.Vale la pena infine notare che se il flusso nel tubo e laminare, e quindi possiamo usare

la soluzione di Hagen–Poiseuille, il fattore d’attrito f puo eseere calcolato analiticamente.Risulta infatti

h =128Qµl

πD4ρg=⇒ 128Qµl

πD4ρg=

1

2

U2

g

l

Df =⇒ f =

64

Re, (11.14)

che nel diagramma logaritmico di figura 11.7 e appunto la retta a pendenza negativa cheda il valore di f per numeri di Reynolds minori di ∼ 2100.

11.6.1 tubi a sezione non circolare

In molte applicazioni pratiche i circuiti per il trasporto del fluido hanno sezione noncircolare (per esempio negli impianti di condizionamento dove i condotti hanno una sezionequadrata) ed in questi casi il diagramma di Moody non puo essere utilizzato nella formadescritta nella precedente sezione.

Evidentemente, si potrebbe ripetere una campagna di misure, cosiı come e stato fattoper i tubi a sezione circolare per ottenere un diagramma, analogo a quello di Moody,ma specifico per la particolare geometria di interesse. Data tuttavia la grande varietadi geometrie possibili questa procedura non viene seguita e si preferisce ricavare delleinformazioni, seppur approssimate, direttamente dal grafico di figura 11.7 anche se iltubo non e circolare. A tal fine si definisce il diametro idraulico Dh come il rapportotra l’area della sezione trasversale del tubo S divisa per un quarto del perimetro bagnatoP/4; in questo modo per un condotto a sezione quadrata il diametro idraulico e propriopari al lato, mentre per una sezione rettangolare Dh e il prodotto dei lati diviso per laloro media.

Dopo aver calcolato Dh per una data geometria, questo viene usato per valutare ilnumero di Reynolds Re = UDh/ν, la rugosita relativa ε/Dh da cui si ricava il fattored’attrito f dal grafico 11.7 e quindi la perdita di carico hf = f(l/Dh)U

2/(2g); la velocitamedia U viene calcolata dividendo la portata in volume Q di fluido che transita nelcondotto per la sua sezione S.

Questo tipo di approssimazione, permette di risolvere agevolmente problemi per i qualinon esiste un diagramma specifico per le perdite di carico oppure flussi in cui si hannotubi di geometria diversa in uno stesso circuito. Normalmente, per condizioni di flussoturbolento completamente sviluppato l’errore rimane contenuto intorno a valori del 15%:per quei problemi nei quali e richiesta un’accuratezza maggiore bisogna allora ricorrere adiagrammi specifici o prove sperimentali ad hoc.

11.6.2 perdite concentrate

L’assunzione che gli effetti viscosi siano proporzionali alla lunghezza l del condotto fun-ziona nel caso di condotti a sezione uniforme in cui il flusso sia in un regime di turbolenza

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH 209

0 .25 .5 .75 1

.5.75

.25

1.

0 .25 .5 .75 1

.2

.4

.6

A /A2 1

A1 2A

K

A /A1 2

1A A2 h= k V2g

21h= k V

2g

22

Figura 11.8: Esempio di grafico per la determinazione delle perdite concentrate pervariazioni di sezione repentine.

A B

Figura 11.9: A: coefficiente di perdita Kc in un gomito a 90o in funzione del raggio dicurvatura e della finitura superficiale; B: perdite associate ad una variazione di direzionedel flusso con angoli retti (a) flusso senza ‘guide’, (b) flusso con guide.

completamente sviluppata. Riferendoci alla figura 11.6 appare evidente come ci siano deicomponenti, come i gomiti, il rubinetto e la variazione di sezione, in cui tale condizione none assolutamente verificata. L’analisi sperimentale mostra comunque che in corrispondenzadi tali tratti del circuito si verificano delle perdite di energia la cui entita puo superarequella nei tratti rettilinei. Chiaramente, l’entita delle perdite viscose dipende dalla formadei componenti, dal modo in cui sono accoppiati con i tratti rettilinei di tubo oltre chedalla portata che li attraversa. Queste perdite vengono dette perdite concentrate (hc) evengono quantificate attraverso dei coefficienti empirici Kc

hc = KcU2

2g.

L’effetto di ognuno di questi componenti e quindi assimililabile ad una perdita concentrataequivalente ad una quota parte dell’energia cinetica del flusso.

I valori numerici di Kc possono essere trovati sia in forma di tabella in cui e specificatala forma del componente, il materiale con cui e costruito ed il modo in cui e collegato con

210 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

A B

Figura 11.10: A: coefficiente di perdita Kc per differenti modalita di uscita del flusso: (a)Kc = 1., (b) Kc = 1., (c) Kc = 1., (d) Kc = 1.. B: coefficiente di perdita Kc per differentimodalita di ingresso del flusso: (a) Kc = 0.8, (b) Kc = 0.5., (c) Kc = 0.2, (d) Kc = 0.04.

i tubi rettilinei oppure in forma di grafico come gli esempi forniti nelle figure 11.8, 11.9,11.10.

ESEMPIO

Data la presente configurazione determinare la portata in massa di olio cheattraversa il condotto.

p

p

l

ld

1

2

2

1

p1 − p2 = 106 Pa d = 0.3 inchl1 = 10 m l2 = 6 m

ρolio = 840 Kg/m3 µolio = 0.01 Ns/m2

tubi commerciali gomito avvitatoStimare le perdite concentrate (as-sumendo valori opportuni dei Kj),giustificando le assunzioni fatte.

Soluzione

Dall’equazione di Bernoulli generalizzata scriviamo p1 + ρU 21 /2 + ρgh1 = p2 +

ρU22 /2 + ρgh2 + f(l1 + l2)U

2ρ/(2d) +∑

j KjρU2/2, essendo U la velocita nel

condotto e risultando U1 = 0, U2 = U . Osservando che h1 − h2 = l2 si ricava perU :

U2 =2

ρ

(p1 − p2) + ρgl21 + f(l1 + l2)/d+

j Kj

,

dove∑

j Kj = K1 + K2 + K3 = 0.5 + 1.5 + 1. = 3. ottenute da tabelle per lastrozzatura in ingresso, per il gomito e per la sezione di uscita. Dalle tabelleper tubi commerciali ricaviamo ε/d = 0.0059 da cui iterando sul diagrammadi Moody tra f e Re = Ud/ν si ottiene U ' 4.78 m/s (ricordiamo che per laprocedura iterativa conviene partire da un valore di tentativo di f nella partepiatta del diagramma di Moody che per ε/d = 0.0059 fornisce f ' 0.032). Laportata in massa nel condotto sara quindi m = ρUπd2/4 = 0.183 Kg/s.

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH 211

ESEMPIO

Dato il circuito in figura, calcolare la pressione pI nel serbatoio per avere unaportata Q uscente dal rubinetto.

0 .25 .5 .75 1

.5.75

.25

1.

0 .25 .5 .75 1

.2

.4

.6

A /A2 1

A1 2A

l

d

l1 2

h d2

l

2

d2 2d

pI

d

3

43

K

h1

A /A1 2

1A A2 h= k V2g

21h= k V

2g

22

C D

h1 = 2 m h2 = 4 ml1 = l2 = l3 = 3 m d2 = 5 cm

d3 = 15 cm d4 = 2.5 cmQ = 500 l/minFluido:acqua

Tubi commerciali a sezione circolare.Rubinetto con k = 2 basato sulla velocitanel tubo (in d2).Trascurare le perdite distribuitenel serbatoio.Raccordo serbatotio–tubo k = 0.5 basatosulla velocita nel tubo.Per le variazioni di sezione in C e Dvedi tabelle. Gomito avvitato.

Soluzione

Prendendo i due peli liberi dei serbatoi come sezioni A e B e scrivendo l’e-quazione di Bernoulli generalizzata si ottiene: pA = pI , uA = 0, pB = p0 euB = 4Q/(πd2

4) = 16.976 m/s, hA − hB = h1 + h2 e quindi:

pI = p0 − ρg(h1 + h2) + ρu2

B

2+ ρg

i

filidi

u2i

2g+∑

j

kj

u2j

2g

.

Dalla costanza della portata si ha u2 = 4Q/(πd22) = 4.244m/s e u3 = 4Q/(πd2

3) =0.4715m/s. Dal diagramma di Moody con Re2 = u2d2/ν = 212206, ε/d1 =0.0009 e Re3 = u3d3/ν = 70570, ε/d2 = 0.0003 si ottiene rispettivamente f2 =0.021 ed f2 = 0.026 con cui si possono calcolare le perdite di carico distribuite.D’altra parte, noti i valori di kj si possono calcolare anche le perdite concentrateottenendo:

i

filidi

u2i

2g= f2

h2 + l1 + l3d2

u22

2g+ f3

l2d3

u23

2g= 3.861 m,

j

kj

u2j

2g= (0.5 + 1.5 + 2 + 0.8 + 0.5)

u22

2g4.82 m.

Note le perdite si calcola infine pI ottenendo pI = 271666 Pa.

212 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

ESEMPIO

Dato il circuito in figura, quale deve essere il livello dell’acqua H nel serbatoioper avere una portata Q?

DE

F

C

H

hh

l

l

dd

d

d

S

I

2

2

1

11

2

2

h1

p

h1 = 2 m h2 = 2.5 ml1 = 2.2 m l2 = 3 md1 = 1.5 cm d2 = 3 cmhS = 1 m Q = 100 l/min

ε = 0.1.5 mm pI = 150000 Pa

Tubi circolari in cementoTrascurare le perdite nei due serbatoi

D ed F gomiti avvitatiGomito in E con k = 1.8 basato sulla

velocita in d1. Raccordo in C con k = 0.5basato sulla velocita in d1

Attenzione: H viene molto grande(> 20m) ed il disegno non e in scala.

Soluzione

Prendendo i due peli liberi dei serbatoi come sezioni A e B e scrivendo l’equazionedi Bernoulli generalizzata si ottiene: pA = p0, uA = 0, pB = pI e uB = 0,hA − hB = H + h1 + h2 − hS e quindi:

H = hS − h1 − h2 +pI − p0

ρg+∑

i

filidi

u2i

2g+∑

j

kj

u2j

2g.

Dalla costanza della portata si ha u1 = 4Q/(πd21) = 9.431m/s e u2 = 4Q/(πd2

2) =2.358m/s. Dal diagramma di Moody con Re1 = u1d1/ν = 141471, ε/d1 =0.0066 e Re2 = u2d2/ν = 70735, ε/d2 = 0.0033 si ottiene rispettivamente f1 =0.034 ed f2 = 0.029 con cui si possono calcolare le perdite di carico distribuite.D’altra parte, noti i valori di kj si possono calcolare anche le perdite concentrateottenendo:

i

filidi

u2i

2g= f1

h1 + l1d1

u21/2g + f2

h2 + l2d2

u22

2g= 44.94 m,

j

kj

u2j

2g= (kC + kD + kE)

u21

2g+ kF

u22

2g= 17.67 m.

Note le perdite si calcola infine H ottenendo H = 64.08 m.

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH 213

ESEMPIO

Nel dispositivo in figura transita una portata Q, calcolare il valore della pressionepA necessaria a mantenere il sistema in condizioni stazionarie.

0 .25 .5 .75 1

.2

.4

.6

A /A2 1

A1 2A

K

h= k V2g

22

l2

d2d

d3

D

C

l1

l 3

d3

1

B

ApA

θ

l1 = 4 m l2 = 3 m l3 = 8 md1 = 10 cm d2 = 3 cm d3 = 1 cmε = 0.12 mm Q = 27 l/min θ = 30o

raccordo in D k = 1 basato sullavelocita del tubo con diametro d3,rubinetto k = 2.

Soluzione

Scrivendo l’equazione di Bernoulli generalizzata tra A e B si ha

U2A

2+pA

ρ+ ghA =

U2B

2+pB

ρ+ ghB +

i

filidi

U2i

2+∑

j

kj

U2j

2,

risultando: UA = 4Q/(πd21) = 0.0573 m/s, UB = 4Q/(πd2

3) = 5.7295 m/s,pB = p0 e hB − hA = −l3 sin θ = −4 m. Per i tre tratti si ha, rispettivamente,ε/d1 = 0.0012 e Re1 = 5116, ε/d2 = 0.004 e Re2 = 17051 e ε/d3 = 0.012 eRe3 = 47746 per cui dal diagramma di Moody si ottiene f1 = 0.038, f2 = 0.034e f3 = 0.04. Per le perdite concentrate e distribuite risulta quindi

j

kj

U2j

2= 0.5

U22

2(1 + 2)

U23

2= 49.342 m2/s2,

i

filidi

U2i

2= 525.92 m2/s2.

Dalla prima espressione si ricava quindi pA = 653734 Pa.

214 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

ESEMPIO

Il dispositivo in figura rappresenta un circuito di raffreddamento in cui entraacqua alla pressione pA a sinistra ed esce nell’ambiente dal rubinetto in B dopoaver attraversato il dispositivo da raffreddare schematizzato con una perdita dicarico concentrata con K = 20. Con i dati a disposizione, calcolare la portatad’acqua che smaltisce il circuito.

1

2

3

4A

l

l

l

l

R

k=20 B

d

l1 = 2 m l2 = 5 m l3 = 4 ml4 = 1 m R = 3 m d = 1.5 cm

ε = 0.02 mm pA = 4 atmtutti i diametri sono costanti, gomitiavvitati, rubinetto con k = 2.

Soluzione

Dall’equazione di Bernoulli generalizzata scritta tra A e B, risultando UA =UB = U , pB = p0 ed hA − hB = R− l2, si ottiene

U2 =2[(pA − p0)/ρ+ g(R− l2)]

f∑

i(li/d) +∑

j kj

ossia in termini numerici

U =

(

568.56

1218.88f + 26.5

)1/2

Dal valore di rugosita relativa ε/d = 0.0013 si ipotizza dal diagramma diMoody un valore per il fattore d’attrito f = 0.02 di primo tentativo e, iteran-do nell’espressione sopra si ottiene U = 3.125 m/s da qui si ricava la portataQ = Uπd2/4 = 5.522 · 10−4 m3/s = 0.552 l/s.Il valore f = 0.02 e stato ottenuto dalla parte piatta della curva del diagrammadi Moody. Dal valore f1 = 0.002 si e ottenuto rispettivamente U1 = 3.343 m/se Re1 = 44772. All’iterazione successiva con questi dati risultava f2 = 0.026,U2 = 3.125 m/s e Re2 = 41852. L’iterazione e stata a questo punto fermatanon potendo apprezzare, manualmente e su un grafico logaritmico, variazioni delnumero di Reynolds piu piccole di alcune centinaia.

11.7 forze aerodinamiche

Nella prima parte di questo capitolo abbiamo visto come la similitudine dinamica perme-tta di determinare delle grandezze di interesse per un problema mediante un esperimentoin scala ridotta. Questa tecnica, anche se estremamente potente da un punto di vistaquantitativo, non da alcuna informazione sui meccanismi fisici presenti nel flusso e quindinon permette di migliorare la comprensione fluidodinamica di un fenomeno. Cio e parti-colarmente importante quando si voglia progettare un dispositivo con certe caratteristichefluidodinamiche (per esempio un’automobile con basso coefficiente di resistenza) piuttostoche valutare il comportamento di un sistema gia esistente.

Tra le varie quantita fluidodinamiche le forze occupano un posto di particolare rilievo

11.7. FORZE AERODINAMICHE 215

in quanto da esse dipende sia il dimensionamento della struttura che il suo comportamentodinamico. Per esempio, nella progettazione di un ponte sopra un fiume si deve tener contosia della forza che la corrente del fiume esercita sui piloni, sia della forza che eventualiraffiche di vento esercitano sulla struttura sovrastante. In aggiunta, essendo queste forzenon stazionarie bisogna anche evitare che le frequenze proprie del ponte siano vicine allefrequenze delle forze in quanto l’instaurarsi di fenomeni di risonanza puo portare al collassodella struttura anche per forze di modesta entita.

In generale preso un corpo di forma qualunque ed isolato un suo elemento di superficiesi avra che la forza sara generata dall’azione della pressione che agisce normalmente allasuperficie e dagli sforzi viscosi che invece agiscono tangenzialmente (figura 11.11).

x

y

p

U

S

dS

τ

θ

- n

w

Figura 11.11: Schema di forze locali di pressione e viscose.

Dallo schema di figura appare chiaro che se dS e l’elemento infinitesimo di superficiedel corpo risultera dF = (−pn + τττw)dS da cui per integrazione si ottiene

F =∫

S(−pn + τττw)dS (11.15)

che e la forza cercata. A dispetto della sua semplicita l’espressione (11.15) non e pratica-mente mai calcolabile per via analitica in quanto la conoscenza della funzione integrandapresuppone la determinazione dei campi di pressione e velocita nell’intorno del corpo chea loro volta sono governati dalle equazioni di Navier–Stokes.

Data l’impossibilita di valutare esplicitamente la (11.15) consideriamo allora comesemplice esempio il flusso intorno ad un cilindro circolare e cerchiamo almeno di vederein che modo agiscono i due termini della funzione integranda ed in quali casi uno diventapreponderante rispetto all’altro.

Iniziamo con il ricordare che nel caso di flusso potenziale le linee di corrente sonocome in figura 11.12a e che a causa della loro simmetria tra la parte frontale e quellaposteriore del cilindro danno una risultante nulla delle forze di pressione. In aggiunta,nelle ipotesi di flusso potenziale le azioni tangenziali sono identicamente nulle da cui siconclude che il flusso esercita un sistema di forze a risultante nulla sul corpo (paradossodi d’Alembert). Nel caso reale le cose vanno in modo ben diverso come e schematizzato

216 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

a b

Figura 11.12: Linee di corrente per il flusso intorno ad un cilindro: (a) flusso potenziale,(b) flusso viscoso. (La zona marcata in rosso indica una bolla di ricircolazione con il flussoseparato).

nella figura 11.12b. Si osserva infatti che gia per numeri di Reynolds O(50) lo stratolimite separa immediatamente a valle della sezione massima generando una scia vorticosae non stazionaria.

E intuitivo che un primo effetto della viscosita e quello di generare degli sforzi viscosisulla superficie del cilindro che indurranno delle forze assenti nel caso potenziale. Ilconfronto tra le figure 11.12a e 11.12b mostra tuttavia che la viscosita produce un evidentefenomeno di separazione il cui effetto non si puo confinare ad un sottile strato di fluidoadiacente al corpo. La separazione dello strato limite si spiega facilmente ricordandoche la velocita tangenziale sul contorno del corpo calcolata secondo la teoria potenzialee uθ = 2U sin θ in cui U e la velocita della corrente all’∞ e θ la coordinata azimutalemisurata a partire dal punto di ristagno anteriore. Questa espressione ci dice che il flussoesterno accelera tra θ = 0 e θ = π/2 mentre deve decelerare tra θ = π/2 e θ = π.In base all’equazione di Bernoulli si ha quindi una pressione decrescente (gradiente dipressione favorevole) per 0 ≤ θ ≤ π/2 ed una pressione crescente (gradiente di pressionesfavorevole) per π/2 < θ ≤ π. Lo strato limite si trovera quindi nelle condizioni di separarenella seconda meta del cilindro e poiche parte dell’energia cinetica e stata dissipata pereffetti viscosi gia nella prima meta del cilindro la separazione si verifica inevitabilmente pernumeri di Reynolds maggiori di circa 50. La maggiore conseguenza di questa separazione eil mancato recupero della pressione a valle del cilindro che induce quindi una dissimmetriatra monte e valle come mostrato in figura 11.13. Evidentemente, questa dissimmetriaprodurra una forza di pressione la cui risultante e diretta come il flusso ed e quindi unaforza di resistenza; per il cilindro, e piu in generale per tutti i corpi tozzi, il terminedi pressione nella (11.15) risulta dominante rispetto a quello viscoso che per numeri diReynolds sufficientemente elevati diventa trascurabile.

Osservando la figura 11.13 potrebbe sembrare singolare il fatto che si ha un recuperodi pressione maggiore nel flusso a Re > 106 rispetto al quello a Re < 105. Questocomportamento e dovuto alla transizione dello strato limite da laminare a turbolento; inquest’ultimo caso, infatti, la diffusione di quantita di moto dal flusso esterno all’internodello strato limite risulta molto piu efficiente del caso laminare e, con una maggioreenergia cinetica, lo strato limite riesce a risalire piu a lungo la zona con gradiente avversodi pressione prima di separare 3 (figura 11.14).

3Questo fenomeno e ben noto ai costruttori di palle da golf i quali provocano artificialmente la tran-sizione alla turbolenza dello strato limite mediante delle irregolarita della superficie (dimples). In questo

11.7. FORZE AERODINAMICHE 217

C ( ) p

θ

−3

0π/2 π

flussopotenziale

Re < 105

Re > 106

Figura 11.13: Coefficiente di pressione per un cilindro bidimensionale: confronto tra flussopotenziale e flusso viscoso.

S S

a) b)

Figura 11.14: Schema di scia a valle di un cilindro bidimensionale: a) flusso laminare, b)flusso turbolento.

Una realizzazione di laboratorio della fenomenologia appena descritta e riportata infigura 11.15 dove si puo notare le minore estensione della zona di separazione nel flussoin regime turbolento rispetto al caso laminare.

L’evoluzione con il numero di Reynolds di tutti i fenomeni descritti viene riassunta nellafigura 11.16 in cui e riportato l’andamento del coefficiente di resistenza CD in funzione diRe. Ricordiamo che il coefficiente di resistenza e definito come

CD =2D

ρU2S(11.16)

modo si riesce a diminuire la resistenza della palla che puo quindi percorrere uno spazio maggiore, rispettoad una con superficie liscia, a parita di quantita di moto iniziale.

218 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

a) b)

c) d)Figura 11.15: Visualizzazione sperimentale del flusso intorno ad una sfera a) flusso lam-inare, b) flusso turbolento. I pannelli c) e d) riportano degli ingrandimenti delle zone,rispettivamente, di separazione e di transizione.

Figura 11.16: Coefficiente di resistenza per un cilindro bidimensionale.

dove D e il modulo della forza di resistenza ed S e la superficie frontale del cilindro.

Nel primo tratto, per Re < 1 si ha il coefficiente di resistenza che diminuisce comeRe−1 (CD ' 16π/Re) e quindi la resistenza D cresce linearmente con la velocita. Questocomportamento e tipico di tutti i flussi a numeri di Reynolds estremamente bassi e derivadal poter trascurare i termini inerziali nelle equazioni di Navier–Stokes; in questo regime(regime di Stokes) si ha quindi un semplice bilanciamento tra forze di pressione e forzeviscose e la resistenza e generata oltre che dalle azioni tangenziali anche dalla deformazionedel fluido intorno al corpo (che per bassi Re non e piu limitato ad uno strato sottileadiacente alla superficie stessa).

Da un punto di vista teorico questo comportamento puo essere facilmente compresoricorrendo all’analisi dimensionale. Per velocita del flusso estremamente ridotte, infatti,non solo gli effetti della comprimibilita ma anche quelli inerziali sono ininfluenti e per la

11.7. FORZE AERODINAMICHE 219

Figura 11.17: Coefficiente di resistenza per una sfera.

resistenza D del cilindro si puo porre D = f(U, d, µ). Il teorema di Buckingham ci diceche questa relazione deve essere governata da un solo parametro adimensionale, ossia

D

µdU= C,

o, in termini di coefficiente di resistenza CD,

CD =D

12ρU2S

=2CµdU

ρU2S=

2CRe

, (11.17)

essendo S = Ad2 (con A costante dipendente dal particolare corpo) e C = C/A: questarelazione rispetta l’andamento trovato nel primo tratto della curva in figura 11.16. Bisognanotare che il valore specifico di C dipende dal corpo considerato (per esempio per uncilindro si ha CD ' 16π/Re e quindi C ' 8π mentre per una sfera risulta CD = 24/Reossia C = 12) al contrario l’andamento CD ∼ 1/Re e caratteristico di tutti i flussi a numeridi Reynolds minori o uguali all’unita (flussi di Stokes).

Tornando alla figura 11.16, un secondo tratto interessante e quello in cui il numerodi Reynolds e compreso tra 2 · 104 e 3 · 105 dove il CD e costante e vale circa 1.2. Inquesto tratto i fenomeni di separazione sono ormai completi e la resistenza di pressioneda il contributo dominante alla resistenza totale; consistentemente il CD rimane costanteanche se con l’aumentare del numero di Reynolds aumentano gli sforzi viscosi alla parete.In base alla definizione (11.16) un coefficiente di resistenza costante implica una resistenzache cresce con U 2 e quindi molto piu rapidamente che nel caso precedente.

Per 5 · 105 ≤ Re ≤ 106 si verifica una brusca diminuzione del coefficiente di resistenzadovuto alla transizione da regime laminare a turbolento precedentemente discussa. Valela pena di notare che durante la transizione si ha una cosı brusca diminuzione del CD chepersino la resistenza D diminuisce lievemente. Per Re > 106 tuttavia, il coefficiente di

220 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Figura 11.18: Il coefficiente di resistenza per corpi di varia forma.

resistenza si attesta nuovamente ad un valore costante (CD ' 0.6) e la resistenza ricom-incia a crescere come U 2. Purtroppo, a parte pochissime eccezioni, tutte le applicazionipratiche si trovano in questa condizione che implica un elevato dispendio di energia per

11.7. FORZE AERODINAMICHE 221

Figura 11.19: Il coefficiente di resistenza per corpi di varia forma.

mantenere lo stato di moto.

Nel flusso intorno ad un cilindro si puo affermare che la forza di resistenza e generataessenzialmente dalla distribuzione di pressione sul corpo a sua volta determinata daifenomeni di separazione dello strato limite. Questa caratteristica e comune a tutti i flussi

222 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Figura 11.20: Il coefficiente di resistenza per corpi di varia forma.

11.7. FORZE AERODINAMICHE 223

d 10d

a) b)Figura 11.21: Il coefficiente di resistenza per un cilindro bidimensionale di diametro d eper un profilo alare di spessore 10d sono circa uguali.

intorno a corpi tozzi in cui si generano intensi gradienti sfavorevoli di pressione.Il comportamento del cilindro bidimensionale e caratteristico di tutti i corpi tozzi per

alcuni dei quali vengono riportati in tabella alcuni coefficienti di resistenza per il flusso inregime di turbolenza sviluppata (figure 11.18–11.20).

2 4 6 8 10 12 14 16 182 4 6 8 10 12 14 16 18

1.4

1.2

1.0

.8

.6

.4

.2

LC

α α

C D

00

.02

.04

.06

.08

.10

.12

.14 1.4

1.2

1.0

.8

.6

.4

.2

LC

.02 .04 .06 .08 .10 .12 .14

b) c)

C D

a)

Figura 11.22: Esempi di portanza a) e resistenza b) in funzione dell’angolo di incidenzaper un corpo affusolato, e polare del profilo c).

α=0 α>15o o

Figura 11.23: Visualizzazione sperimentale delle linee di corrente intorno ad un profiloalare bidimensionale (NACA 0012) a basso ed alto angolo di incidenza.

Se un corpo, al contrario, e affusolato i gradienti di pressione saranno piu deboli ed ifenomeni di separazione possono essere generalmente evitati. Un tipico esempio di corpoaffusolato e il profilo alare in cui la resistenza e quasi totalmente generata dagli sforziviscosi; le forze prodotte da questi ultimi, tuttavia sono di entita piu modesta rispettoalle forze di pressione e, per fare un esempio, il profilo in figura con dimensione trasversale10d ha lo stesso coefficiente di resistenza di un cilindro circolare di diametro d.

224 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

La distribuzione di pressioni su un corpo, comunque, non genera solo forze di resistenzama anche una forza ortogonale alla direzione della corrente detta portanza L. Questaforza viene prodotta quando la distribuzione di pressione sulla superficie del corpo nonha simmetria rispetto ad un piano orizzontale e puo essere quindi prodotta da corpiasimmetrici oppure da corpi simmetrici disposti asimmetricamente rispetto alla direzionedella corrente. Analogamente alla resistenza anche per la portanza si puo definire un suo

a) b)

LL

UU

Figura 11.24: Esempi di corpi in grado di generare portanza: a) corpo asimmetrico, b)corpo simmetrico disposto asimmetricamente nella corrente.

coefficiente

cL =2L

ρU2S,

per il quale possono essere applicati tutti i risultati della similitudine dinamica.

E intuitivo immaginare che detto α l’angolo di incidenza di un profilo rispetto allacorrente, al crescere di α crescera il coefficiente di portanza cL (in quanto aumenta ladissimmetria delle pressioni tra le superfici superiore ed inferiore) ma aumentera ancheil coefficiente di resistenza cD (perche aumenta la superficie frontale nella direzione or-togonale al flusso). Per i profili alari e usuale riportare in un unico grafico i coefficientidi resistenza e di portanza ponendo l’angolo di incidenza come parametro. L’andamentodi figura 11.22 e caratteristico dei profili alari e, piu in generale, dei corpi affusolati. Inparticolare si osserva che al crescere di α non si ha un aumento indefinito del cL ma dopouna valore limite dell’angolo di incidenza si ha un crollo improvviso del cL ed un bruscoaumento del cD. Cio si verifica quando si ha il distacco dello strato limite dal corpo che,in pratica, si comporta come un corpo tozzo (vedi figura 11.23). Questa condizione edetta di stallo ed e particolarmente indesiderata nei velivoli in quanto viene bruscamentea mancare la forza di sostentamento a fronte di un forte aumento di resistenza.

11.7. FORZE AERODINAMICHE 225

ESEMPIO

Una sfera d’acciaio di diametro d precipita in acqua alla velocita U . Con qualevelocita ‘precipiterebbe’ la stessa sfera immersa nel mercurio?

ρfe = 7800 Kg/m3 ρhg = 13600 Kg/m3

d = 15 cm U = 5.775 m/s

Soluzione

Dal bilancio tra spinta di Archimede e forza peso in acqua si ha

4

3πd3

8(ρFe − ρH2O)g =

1

2ρH2OU

2πd2

4CD,=⇒ CD = 0.4.

Da una relazione analoga per il mercurio

U = −√

4dg(ρFe − ρHg)

3ρHgCD

= −1.446 m/s,

(la sfera si muove verso l’alto). I numeri di Reynolds sono in entrambi i casi> 3 · 105 ed il CD e approssimativamente indipendente dal Reynolds.

ESEMPIO

Una vettura procede in autostrada alla velocita U1 impiegando una potenzaP1 con un consumo di carburante fc1. Assumendo trascurabili tutti i fattoritranne quelli aerodinamici e che il consumo di carburante varii linearmente conla potenza, quale sara il consumo di carburante alla velocita U2? Se il motorepuo erogare una potenza massima Pmax, quale e la velocita massima raggiungibiledall’automobile?

Pmax = 9.5P1 fc1 = 4.41 l/hU1 = 75 Km/h U2 = 130 Km/h

Soluzione

Se la vettura procede a velocita costante, la spinta del motore bilancera laresistenza aerodinamica (abbiamo supposto tutti gli altri fattori trascurabili)si avra quindi per la resistenza D e la potenza P , rispettivamente, D =12ρU2ScD, P = DU = 1

2ρU3ScD. Avendo assunto il consumo di carburante

linearmente dipendente dalla potenza si puo porre fc = A · P , essendo A unacostante. Utilizzando tutte le relazioni precedenti per le velocita U1 ed U2 edosservando che, in regime turbolento il coefficiente di resistenza diventa indipen-

dente dal Reynolds si ottiene: P1 = 12ρU3

1ScD, P2 = 12ρU3

2ScD = P1U3

2

U3

1

, e

fc1 = A · P1, fc2 = A · P2 = fc1P2

P1

= fc1U3

2

U3

1

= 22.96 l/h. Per la velocita

massima infine

Pmax =1

2ρU3

maxScD = P1U3

max

U31

=⇒ Umax = U1

(

Pmax

P1

)

1

3

= 159 Km/h.

orza aggiuntiva verso il basso sara Fy = −588.273 N.

226 CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

ESEMPIO

Un corpo ha un andamento del coefficiente di resistenza con il numero di Reynoldscome riportato in figura. Il corpo ha una dimensione caratteristica L e, quandoviene investito da una corrente a velocita U1, fornisce un valore di resistenza D1.Sapendo che il fluido ha viscosita ν, calcolare il valore della resistenza quando lavelocita del fluido e U2.

DC

5 6 7

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

Re

10 10 10 104

L = 0.25 m U1 = 3 m/sD1 = 1.35 N ν = 1.5 · 10−5 m2/sU2 = 90 m/s

Soluzione

Noti U1, L e ν si ricava Re1 = 50000 per cui dal grafico si ha cD1 = 1.2 edall’espressione D1 = ρU 2

1ScD1/2 si ricava ρS = 0.25 Kg/m. Dal valore di U2 sicalcola quindi Re2 = 1.5 · 106 e dal grafico cD2 = 0.35. Il valore di D2 risultaquindi D2 = ρU 2

2ScD2/2 = 354.375 N.

ESEMPIO

La formazione dei chicchi di grandine e dovuta a correnti ascensionali all’internodelle nubi che consentono il continuo accumulo di ghiaccio intorno ad un nucleofino a quando il peso proprio del singolo chicco diventa troppo grande e cade alsuolo. Per un vento ascensionale di 130 Km/h, quanto puo valere il diametro diun chicco di grandine? Fare tutte le assunzioni ritenute necessarie e giustificarle.

Soluzione

L’andamento del coefficiente di resistenza CD per una sfera in funzione del nu-mero di Reynolds presenta due “plateau”: il primo CD1 ' 0.4 per 103 ≤ Re ≤2 · 105 ed il secondo CD2 ' 0.2 per Re > 5 · 105.D’altra parte, dal bilancio tra resistenza, peso e spinta di Archimede, per unchicco di grandine supposto sferico risulta

1

2ρaU

2SCD =4

3πR3g(ρg − ρa)

con ρa la densita dell’aria, ρg = 920 Kg/m3 la densita del ghiaccio S = πR2 edR il raggio della sfera. Dall’espressione sopra si ricava

R =3ρaU

2CD

8g(ρg − ρa)

che, per CD1 = 0.2 fornisce R1 = 1.35 cm mentre per CD2 = 0.4 risulta R2 =2.7 cm. Per i numeri di Reynolds risulta invece Re1 = 64800 e Re2 = 129600 laseconda soluzione, quindi, R2 == 2.7 cm e quella giusta.

Capitolo 12

∗ Cenni sui flussi comprimibili

Nei capitoli precedenti abbiamo visto che in molte applicazioni pratiche la dinamica deiflussi si puo considerare incomprimibile anche se il fluido in questione e un gas. In parti-colare e stato accennato che se il numero di Mach e approssimativamente minore di 0.3i fenomeni associati alla comprimibilita si possono trascurare; questa assunzione tuttaviacessa di essere valida per i flussi ad ‘alta velocita’ o piu in generale quando si voglia tenereconto degli effetti di velocita di propagazione finita delle perturbazioni.

In questo capitolo verranno brevemente accennati alcuni di questi fenomeni lascian-done l’analisi piu approfondita ai testi specializzati di gasdinamica.

12.1 propagazione di piccole perturbazioni e velocita

del suono

Per comprendere in modo piu intuitivo il motivo per cui le perturbazioni si propaganonei fluidi con velocita finita conviene per un istante ricordare che una particella fluida ein realta composta da un elevatissimo numero di molecole 1 in continua collisione tra loroin quanto animate da un moto di agitazione termica. Cio implica che una perturbazioneapplicata in un punto di un fluido si propaga al suo interno a causa degli urti caotici tra lemolecole e giunge in un altro punto solo dopo un tempo finito che dipende dalla frequenzadelle collisioni tra molecole e quindi dalla temperatura del fluido stesso.

Se ora ritorniamo al nostro modello di fluido continuo, perdiamo l’identita delle singolemolecole ma manteniamo il concetto di velocita finita di propagazione dei disturbi, quindidelle perturbazioni di temperatura, densita etc. non saranno avvertite istantaneamenteovunque ma viaggeranno con una velocita propria a.

Per calcolare tale velocita supponiamo di avere un condotto di lunghezza L, sezione S, con L À

√S, nel quale e presente del fluido. Ad un’estremita del condotto e posto un

pistone che al tempo t1 = 0+ inizia a muoversi con una velocita infinitesima dU spostandoil fluido adiacente alla parete del pistone nella direzione del moto (che supponiamo versodestra).

Dopo un tempo t2 = t1 + dt il pistone si sara spostato trascinando nel suo moto

1Ricordiamo infatti che l’ipotesi di continuo si basa sul fatto che dei volumi di fluido di dimensioni‘infinitesime’ rispetto alle dimensioni caratteristiche del flusso [O(µm3)] contengono sempre un cosı ele-vato numero di molecole da poter definire velocita, densita, temperatura, etc. in modo statisticamentesignificativo.

227

228 CAPITOLO 12. ∗ CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

a)

t1= 0+

dU

b)

dU

t2> t1

3

dU

t > t 2

c)Figura 12.1: Moto del fluido all’interno di un tubo in conseguenza della partenza impulsivadi un pistone.

le particelle fluide immediatamente adiacenti e modificandone le loro variabili di stato.Per esempio, riferendoci alla figura 12.1 si vede che nell’intervallo [t1, t2] le particelleinizialmente contenute nel volumetto di controllo tratteggiato sono ancora rimaste alsuo interno (in quanto la perturbazione di velocita non si e ancora propagata oltre talevolumetto) mentre e diminuito lo spazio a loro disposizione. In tale volume si avra quindiun aumento di densita, pressione e temperatura oltre che di velocita.

Per un tempo t3 > t2 (figura 12.1c) il fronte della perturbazione si sara spostatoulteriormente verso destra accrescendo la regione di fluido interessata dall’azione di com-pressione del pistone. Isolando una regione di fluido a cavallo dell’onda di compressionesi ha la situazione riportata in figura 12.2a, situazione chiaramente non stazionaria datala velocita di propagazione a dell’onda.

Se tuttavia si riconsidera la stessa configurazione in un riferimento solidale all’onda(ossia si somma al flusso una velocita pari ad a e diretta verso sinistra) si ottiene una situ-azione stazionaria che puo essere facilmente analizzata utilizzando il volume di controlloindicato dalla linea tratteggiata in figura 12.2b.

Dall’equazione di conservazione della massa in forma integrale per flussi stazionari siottiene:

12.1. PROPAGAZIONE DI PICCOLE PERTURBAZIONI E VELOCITA DEL SUONO229

up

a

1

1

T1

ρ1

==

==

0p

ρT

up

ρ

2

2

2

T2

==

==

p

du

+dp

+dT+dρ

a)

up

1

1

T1

ρ1

==

==

p

ρT

up

ρ

2

2

2

T2

==

==

p

+dp

+dT+dρ

b)

-a-a+du

S

Figura 12.2: a) Stato del fluido a monte e valle dell’onda di compressione, b) la stessasituazione precedente in un riferimento solidale all’onda.

ρaS = (ρ+ dρ) (a− du)S, (12.1)

che esplicitata e trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo si scrive

adρ = ρdu.

Applicando quindi il bilancio della quantita di moto al volume di controllo risulta:

ρa2S − (ρ+ dρ)(a− du)2S + pS − (p+ dp)S = 0, (12.2)

che, dopo aver sostituito dalla (12.1) ρa = (ρ+ dρ)(a− du), diventa

ρadu = dp, (12.3)

e mettendo a sistema le equazioni (12.1) e (12.3) si ha:

adρ = ρduρadu = dp

du = adρρ

ρadu = dp⇒ a2 =

dp

dρ.

Osserviamo ora che, essendo la variazione di velocita del pistone infinitesima, si puoconsiderare con buona approssimazione la trasformazione e isentropica. Pertanto risultache la velocita del suono e calcolata dall’espressione:

a =

(

∂p

∂ρ

)

S

che e valida per qualsiasi fluido che subisce una trasformazione isentropica.Introducendo il modulo elastico del fluido, definito dalla seguente relazione:

∂p

∂ρ=E

ρ

si ha quindi:

a =

E

ρ.

I valori di E sono riportati nelle tabelle da cui si possono ricavare i valori di velocita dipropagazione delle piccole perturbazioni; nella seguente tabella vengono riportati alcuniesempi.

230 CAPITOLO 12. ∗ CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

Benzina E = 1.3 · 109N/m ρ = 680Kg/m3 a = 1382m/s

Mercurio E = 2.85 · 1010N/m ρ = 13600Kg/m3 a = 1447m/s

Acqua E = 2.15 · 109N/m ρ = 1000Kg/m3 a = 1581m/s

Nel caso particolare in cui il fluido in questione sia un gas perfetto, si puo ricavaredalle relazioni per una trasformazione isentropica e l’equazione di stato:

p

ργ= C,

p

ρ= RT,

la velocita del suono per gas perfetto:

pργ = Cpρ

= RT

∂p∂ρ

= Cγργ−1

= RT⇒ ∂p

∂ρ= Cργ γ

ρ= γRT ⇒ a =

γRT .

Da questa espressione si nota che la velocita del suono in un gas dipende dalla natura delgas attraverso γ ed R e dalla sua temperatura; questa espressione conferma la descrizioneintuitiva data all’inizio di questo capitolo secondo cui la propagazione di un disturbo inun gas e dovuto all’interazione successiva delle sue molecole attraverso le collisioni indottedal moto di agitazione termica.

Nella seguente tabella si riportano a titolo di esempio le velocita del suono per alcunigas e per differenti temperature.

Argon γ = 1.666 R = 207.85J/(KgK) T = 293K a = 246.78m/s

Elio γ = 1.666 R = 2078.5J/(KgK) T = 293K a = 1005.45m/s

Aria γ = 1.4 R = 277.13J/(KgK) T = 293K a = 337.16m/s

Aria γ = 1.4 R = 277.13J/(KgK) T = 800K a = 557.12m/s

Supponiamo ora che la velocita del pistone subisca piu incrementi infinitesimi dU insuccessione. In base a quanto appena visto, ogni incremento di velocita dara luogo adun’onda di compressione la cui velocita dipende dalle condizioni termodinamiche del fluidoin cui si propaga. Osservando che in ogni compressione il fluido subisce un incrementodi temperatura, si ha che, dopo la prima, ogni onda si propaga in un fluido preriscaldatodall’onda che la precede e quindi con una velocita maggiore dell’onda che insegue e minoredell’onda che precede (figura 12.3). Cio implica che, dopo un tempo finito la coda deltreno di onde raggiungera la testa dando luogo ad un’unica perturbazione che si muove conuna velocita intermedia tra quella delle singole perturbazioni. Chiaramente la coalescenzadi piu perturbazioni di ampiezza infinitesima dara luogo ad un disturbo finito detto urto;e interessante notare che questo si propaghera con una velocita maggiore di quella delsuono a quella temperatura un quanto la velocita dell’urto e maggiore di quella dellaprima onda di compressione.

Un altro fatto interessante e che la fenomenologia non e simmetrica per un motodel pistone verso sinistra. Se infatti il pistone si muovesse verso sinistra, inizierebbe lapropagazione a destra di un’onda di espansione con velocita a1 =

√γRT , essendo T la

temperatura del fluido indisturbato. Il passaggio di quest’onda lascerebbe a valle un fluidoespanso e quindi piu freddo a temperatura T2 = T −dT ; un’onda di espansione successiva

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE 231

t1

aaa1 2 3a)

b)

t2> t1

3a2a1a

t > t3 2

c)a

Figura 12.3: Coalescenza di onde di compressione generate ad istanti successivi.

si dovrebbe quindi propagare in un fluido piu freddo con una velocita a2 =√γRT2 < a1.

Cio implica che un treno di onde di espansione inizialmente equispaziate tenderebbe sem-pre di piu a distanziarsi in quanto la ‘testa’ si propaga a velocita maggiore rispetto alla‘coda’ precludendo cosı la formazione di ‘urti di espansione’. Questa eventualita e peral-tro preclusa dal secondo principio della termodinamica in quanto un urto di espansionecomporterebbe una variazione di entropia negativa; questi argomenti rientrano tuttavianell’ambito della gasdinamica e vengono lasciati ai testi specializzati.

12.2 Flusso quasi unidimensionale

Dato un flusso all’interno di un condotto si avra in generale che le sue variabili sarannofunzione delle coordinate spaziali e del tempo. In qualche caso, tuttavia, e possibile chela dipendenza da alcune direzioni spaziali e dal tempo si possa trascurare semplificandonotevolmente il problema. Per esempio, nella geometria a sezione variabile come quelladi figura 12.4 la componente u di velocita lungo l’asse del condotto avra un profilo comequello rappresentato con la linea tratteggiata; tale profilo soddisfa la condizione di aderen-za alla parete mentre, fuori dallo strato limite, ha la distribuzione piatta caratteristicadei flussi turbolenti. Se il regime di flusso permane turbolento lungo tutto il condotto il

232 CAPITOLO 12. ∗ CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

profilo di velocita si puo ragionevolmente assumere simile lungo tutta la lunghezza delcondotto, rendendo sufficiente la sola conoscenza della velocita media per caratterizzareil flusso. In molte applicazioni, inoltre (specialmente quelle aeronautiche), la lunghezzadi tali condotti e limitata, rendendo trascurabile tanto l’effetto dei termini viscosi quantogli scambi di calore e permettendo quindi l’uso del modello di fluido perfetto.

Notiamo a margine che in un modello di flusso senza termini viscosi la condizione diaderenza non puo essere soddisfatta alle pareti dove invece il vettore velocita e tangenteal contorno. In un condotto a sezione variabile cio comporta la generazione di una compo-nente di velcocita v ortogonale all’asse del condotto e se vogliamo che v risulti trascurabilerispetto ad u deve essere v = u tanα ≈ uα = udh/dx¿ u ossia dh/dx¿ 1. Questa con-dizione implica che il condotto abbia una sezione lentamente variabile ossia che le paretiformino un angolo piccolo con l’asse x.

x

y

u1 u2u

v

α

h(x)

Figura 12.4: Schema di condotto a sezione variabile con un flusso quasi monodimensionale.

Descriviamo quantitativamente il flusso quasi unidimensionale partendo dalle equazionidi conservazione della massa, della quantita di moto e dell’energia scritte in forma dif-ferenziale.

∂ρ

∂t+ ∇ · (ρu) = 0

ρ

(

∂u

∂t+ u∇ · u

)

= −∇p+µ

3∇ (∇ · u) + µ∇2u + ρf

ρ

(

∂E∂t

+ u∇E)

= −u∇p+ µΦ + ρq + ∇ · (k∇T ) + u · f .

Se supponiamo che il flusso sia non viscoso: µ = 0 ed anche termicamente non condu-cente ∇ · (k∇T ) = 0, che le forze di volume siano trascurabili f = 0, e che la produzioneinterna di calore risulti nulla q = 0 le equazioni di conservazione diventano:

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE 233

∂ρ

∂t+ ∇ · (ρu) = 0

ρ

(

∂u

∂t+ u∇ · u

)

= −∇p

ρ

(

∂E∂t

+ u∇E)

= −u∇p.

In forma integrale, su un volume di controllo V di superficie S, (figura 12.4) laconservazione della massa assume la forma

V

∂ρ

∂tdV +

Sρu · ndS = 0

ossia∂

∂t

VρdV = −

Sρu · ndS

∂t

∫ x2

x1

(∫

SρdS

)

dx = −∫

Sρu · ndS

∂t

∫ x2

x1

ρSdx = −∫

Sρu · ndS

essendo ρ = 1S

S ρdS la densita media sulla sezione.

x

y

2h(x)x x1 2

1 2u1 u2

p

dh = dxdx12

S S

dS

dx

V

Sl

Figura 12.5: Bilancio su un volume di controllo in un condotto a sezione variabile.

Sia la densita che la velocita sono grandezze non costanti in y che possono esserescomposte nella somma di due contributi dei quali uno rappresenta il valore medio el’altro ne rappresenta lo scostamento; in quest’ottica quindi il prodotto ρu diventa:

ρu = (ρ+ δρ) (u + δu) = ρu + δρδu + uδρ+ ρδu.

234 CAPITOLO 12. ∗ CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

Se ora si suppone che gli scostamenti rispetto alla media siano notevolmente piu piccolidella media stessa si puo porre:

ρu = ρ u

da cui ne consegue per la conservazione della massa

∂t

∫ x2

x1

ρSdx = −∫

Sρu · ndS

oppure, notando che u e la componente lungo l’asse del condotto del vettore u,

∂t

∫ x2

x1

ρSdx = − [(ρ · uS)2 − (ρ · uS)1]

∂t

∫ x2

x1

ρSdx = −∫ x2

x1

∂x(ρ · uS) dx

∫ x

x1

[

∂t(ρS) +

∂x(ρ · uS)

]

dx = 0 ⇒ ∂

∂t(ρS) +

∂x(ρ · uS) = 0.

Introducendo la derivata materiale D/Dt = ∂/∂t+u∂/∂x (indicata con D per distinguerlada quella con la velocita u) l’equazione di conservazione della massa si puo scrivere come:

DρDt + ρ

∂u

∂x+ρ · uS

dS

dx= 0.

Procediamo ora in modo analogo per il bilancio della quantita di moto in forma integrale:

V

∂t(ρu) dV +

Sρuu · ndS +

SpndS = −

∫ s2

s1

(bp sinα) ds

V

∂t(ρu) dV +

Sρuu · ndS +

SpndS = −

∫ x2

x1

(bp sinα)dx

cosα

in cui il termine a secondo membro e la reazione vincolare (di pressione) data dallasuperficie laterale del condotto, b e la sua profondita nella direzione ortogonale al foglio.Notando inoltre che α e piccolo si ha tgα = sinα = α = dh

dxe considerando che S = 2hb

risulta dhdx

= 12b

dSdx

da cui

V

∂t(ρu) dV +

Sρuu · ndS +

SpndS = −

∫ x2

x1

2bp

(

− 1

2b

dS

dx

)

dx

ossia∫ x2

x1

∂t(ρSu) dx+

∫ x2

x1

∂t

(

ρSu2)

dx+∫ x2

x1

∂t(pS) dx−

∫ x2

x1

(

p∂S

∂x

)

dx = 0

∂t(ρSu) +

∂t

(

ρSu2)

+∂

∂t(pS) − p

∂S

∂x∂

∂t(ρSu) +

∂x

[(

ρ · u2 + p)

S]

− pdS

dx= 0

che, tenendo conto del’equazione di conservazione della massa scritta come S ∂ρ∂t

+ ∂∂x

(ρ · uS) =0, diventa

ρ

(

∂u

∂t+ u

∂u

∂x

)

+∂p

∂x= 0

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE 235

In modo del tutto analogo si puo trattare l’equazione dell’energia che diventa

∂t

[

ρ

(

e+u2

2

)

S

]

+∂

∂x

[

ρSu

(

e+u2

2+p

ρ

)]

= 0 (12.4)

e, tenendo conto dell’equazione della conservazione della massa e quella della quantita dimoto,

ρDeDt + p

∂u

∂x+u · pS

dS

dx= 0

Infine, calcolando il termine 1S

dSdx

dall’equazione della conservazione della massa scritta informa di derivata materiale dall’equazione dell’energia si ottiene :

DeDt + p

DDt

(

1

ρ

)

= 0 ⇔ DsDt = 0

Quest’ultima equazione indica che il flusso e isentropico cioe che l’entropia di ogniparticella non cambia lungo la sua traiettoria.

Per allegerire la notazione, da ora in poi ometteremo il simbolo · per denotare lequantita mediate; se facciamo l’ulteriore ipotesi che il flusso sia stazionario le equazionidi conservazione si semplificano in

d

dx(ρSu) = 0 =⇒ ρSu = cost (12.5)

d

dx

[(

ρu2 + p)

S]

− pdS

dx= 0 (12.6)

Se moltiplichiamo l’equazione (12.5) per u e la sottraiamo alla (12.6)

ρSudu

dx+ S

dp

dx= 0 =⇒ u

du

dx+

1

ρ

dp

dρ= 0 (12.7)

quindi l’equazione della quantita di moto in forma differenziale si scrive:

udu+dp

ρ= 0 (12.8)

Una forma utile dell’equazione di conservazione dell’energia si ottiene dalla (12.4)nell’ipotesi di stazionarieta dopo avere sottratto la (12.5) moltiplicata per E e la (12.6)moltiplicata per u

d

dx

(

e+u2

2+p

ρ

)

= 0 (12.9)

che sancisce la natura omoenergetica del flusso, ossia con energia costante ovunque e nonsolo lungo una linea di corrente.

Le relazioni appena trovate possono essere sfruttate in modo semplice per trovarel’andamento di grandezze fluidodinamiche e termodinamiche all’interno del condotto alvariare della sua sezione.

Per flusso isentropico si ha pρ−γ = C e differenziando entrambi i membri si ha

dp

ργ+ p (−γ) ρ−γ−1dρ = 0

dp

p= γ

ρdp =

γp

ρdρ

236 CAPITOLO 12. ∗ CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

e, utilizzando l’equazione di stato dei gas perfetti p/ρ = RT e la definizione di velocitadel suono a2 = γRT ,

dp = γRTdρ dp = a2dρ (12.10)

L’equazione di conservazione della massa e ρuS = C e dalla differenziazione logarit-mica si ottiene

ρ+du

u+dS

S= 0. (12.11)

Mettendo a sistema la relazione (12.8) con la seconda delle (12.10) ricava una relazionedifferenziale tra la densita del fluido, la velocita del flusso ed il numero di Mach

dp = a2dρ

udu+ dpρ

= 0⇒ dρ

ρ= − u

a2du ⇒ dρ

ρ= −M 2du

u

Sostituendo l’ultima delle precedenti nella (12.11) si ottiene la relazione tra variazionedi velocita e variazione di sezione il cui comportamento dipende dal numero di Mach.dal sistema dell’equazione precedentemente trovata con l’equazione di conservazione dellamassa ricaviamo l’equazione differenziale tra la velocita del flusso e la sezione sulla qualeviene la velocita e calcolata ed il numero di Mach

dρρ

= −M 2 duu

dρρ

+ duu

+ dSS

= 0⇒(

1 −M2) du

u= −dS

S

du

u=

1

M2 − 1

dS

S(12.12)

il legame tra densita e sezione sulla quale e calcolata e il numero di Mach si trova dalseguente sistema

dρρ

= −M 2 duu

duu

= 1M2

−1dSS

⇒ dρ

ρ= − M2

M2 − 1

dS

S

Differenziando l’equazione dell’isentropica abbiamo visto che dpp

= γ dρρ

e dal seguentesistema troviamo la relazione tra pressione e sezione e numero di Mach.

dpp

= γ dρρ

dρρ

= − M2

M2−1

dSS

⇒ dp

p= −γ M2

M2 − 1

dS

S

differenziando l’equazione di stato dei gas perfetti risulta che dpp

+ dρρ− dT

T= 0

che accoppiata all’equazione differenziale dell’isentropica, dpp

= γ dρρ,fornisce la seguente

relazione:

dT

T= (γ − 1)

ρ

dT

T= − (γ − 1)M 2du

u

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE 237

dT

T= − (γ − 1)

M2

M2 − 1

dS

S

Ricapitolando le equazioni ricavate sono:

du

u= − 1

M2 − 1

dS

S

dT

T= − (γ − 1)M 2du

u= (γ − 1)

M2

M2 − 1

dS

S

ρ= −M 2du

u=

M2

M2 − 1

dS

S(12.13)

dp

p= −γM 2du

u= γ

M2

M2 − 1

dS

S

Analizziamo la variazione delle grandezze temodinamiche al variare della sezione diun condotto attraversato da due tipi di flusso uno subsonico e l’altro supersonico.

M < 1 ⇒

dS > 0 → du < 0, dT > 0, dρ > 0, dp > 0dS < 0 → du > 0, dT < 0, dρ < 0, dp < 0

M > 1 ⇒

dS > 0 → du > 0, dT < 0, dρ < 0, dp < 0dS < 0 → du < 0, dT > 0, dρ > 0, dp > 0

Il fenomeno piu interessante da notare e che in base all’equazione (12.12) la velocitadi un flusso reagisce in modo opposto alle variazioni di sezione e seconda che il numerodi Mach sia maggiore o minopre di 1. In particolare se il flusso e subsonico (M < 1) peruna dS negativa si avra una du positiva e viceversa, ossia il flusso accelera se la sezionedel condotto diminuisce mentre decelera se la sezione si allarga. Al contrario, se il flussoe supersonico (M > 1) variazioni di sezione e di velocita avranno segno concorde e quindiil flusso accelera se la sezione cresce in x e decelera se la sezione si riduce. Il motivodi tale comportamento e dovuto al fatto che velocita e densita si comportano in modoopposto rispetto alle variazioni di sezione (confronta le equazioni 12.12 e 12.13) e mentreper M < 1 le variazioni di velocita superano quelle di densita nei flussi supersonici accadeil fenomeno opposto.

Un’altra importante osservazione e che la transizione di un flusso da subsonico a super-sonico o viceversa, in un condotto a sezione variabile puo avvenire solo in corrispondenzadi una gola dove dS = 0. Se infatti cio non accadesse, in corrispondenza di M = 1 siavrebbero variazioni infinite di tutte le quantita indicando l’impossibilita di far avvenireil fenomeno.

238 CAPITOLO 12. ∗ CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

L’ultima questione che si vuole brevemente menzionare e la variazione di alcunegrandezze lungo l’asse di un condotto a sezione variabile nel caso in cui valgano le equazioni(12.5), (12.7) e (12.9).

Ricordando che l’entalpia per un gas perfetto e h = e+p/ρ = cpT con il calore specificoa pressione costante pari a cp = γR

γ−1riscriviamo l’equazione di conservazione dell’energia

tra due generiche sezioni del condotto ottenendo:(

cpT +u2

2

)

2

=

(

cpT +u2

2

)

1

, (12.14)

e, se in particolare si ha una sezione in cui la velocita e nulla si ottiene

cpT1 +u2

1

2= cpT0, (12.15)

dove T0 e detta temperatura totale e misura l’energia totale del sistema. Bisogna no-tare che la relazione sopra costituisce anche una definizione della temperatura totale chepuo essere calcolata indipendentemente dal fatto che nel condotto si verifichi o meno lacondizione u = 0 in qualche sezione.

Con qualche trasformazione la relazione 12.15 assume la forma

T0

T1

= 1 +u2

1

2cpT1

T0

T1

= 1 +γ − 1

2

u21

RγT1

T0

T1

= 1 +γ − 1

2

u21

a21

T0

T1

= 1 +γ − 1

2M2

1

se il flusso e isentropico valgono le relazioni:

p0

p1

=(

T0

T1

)

γ

γ−1

=(

1 +γ − 1

2M2

1

)

γ

γ−1

ρ0

ρ1

=(

T0

T1

)

1

γ−1

=(

1 +γ − 1

2M2

1

)

1

γ−1

con le quali e possibile definire la pressione e densita totali del flusso.In forma equivalente, utilizzando la definizione cp = γR/(γ − 1) ed introducendo la

velocita del suono si pu‘øporre l’equazione di conservazione dell’energia nella forma

γRT1

γ − 1+u2

1

2=γRT2

γ − 1+u2

2

2

a21

γ − 1+u2

1

2=

a22

γ − 1+u2

2

2

a21 +

(γ − 1)

2u2

1 = a22 +

(γ − 1)

2u2

2

e nuovamente e possibile definire la velocita del suono totale a0 ponendo in qualche sezioneu = 0.