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CAPITOLO 13 IMPIANTI A FISSIONE NUCLEARE 13.1 Introduzione Con impianto nucleare nel seguito si intenderà la centrale nucleare di potenza, che converte l’energia di legame in energia termica ed elettrica, anche se correttamente sono impianti nucleari anche i reattori di ricerca, gli impianti di estrazione, di raffinazione, di arricchimento dell’uranio, gli impianti di fabbricazione dell’elemento di combustibile, ecc. 13.2 La prima pila atomica Figura 1: rappresentazione dell’esperimento del 2 dicembre 1942 a Chicago - la prima pila atomica. “… vedemmo questa enorme pila di grafite e uranio: era alta circa 30 piedi (poco meno di 10 metri). Avevano già provato alcuni esperimenti preliminari: erano ormai pronti per quello finale. Ricordo distintamente le istruzioni di Enrico Fermi a Walter Zinn, volte a far estrarre le barre di controllo di un altro piede. Sulla base degli esperimenti precedenti, i più consapevoli sapevano che questo sarebbe stato il giorno della verità. Andando incontro alla prima reazione a catena della storia della umanità, questo era il giorno, l’ora e forse il minuto. Si potevano sentire i rivelatori di radioattività emettere un ticchettio come coppe di champagne ravvicinate in un grande vassoio. Tintinnavano sempre più intensamente fino a diventare una vera e propria suoneria. A quel punto sono stati disattivati i rivelatori e attivati i galvanometri: la macchia di luce di questi ultimi ha cominciato a salire, con rabbiose impennate, fino a raggiungere la metà della scala. A quel punto, Fermi ha detto con voce ferma di inserire la barra di controllo. Immediatamente dopo l’inserimento, lo spot di luce del galvanometro è

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CAPITOLO 13

IMPIANTI A FISSIONE NUCLEARE

13.1 Introduzione Con impianto nucleare nel seguito si intenderà la centrale nucleare di potenza, che converte l’energia di legame in energia termica ed elettrica, anche se correttamente sono impianti nucleari anche i reattori di ricerca, gli impianti di estrazione, di raffinazione, di arricchimento dell’uranio, gli impianti di fabbricazione dell’elemento di combustibile, ecc. 13.2 La prima pila atomica

Figura 1: rappresentazione dell’esperimento del 2 dicembre 1942 a Chicago - la prima pila atomica.

“… vedemmo questa enorme pila di grafite e uranio: era alta circa 30 piedi (poco meno di 10 metri). Avevano già provato alcuni esperimenti preliminari: erano ormai pronti per quello finale. Ricordo distintamente le istruzioni di Enrico Fermi a Walter Zinn, volte a far estrarre le barre di controllo di un altro piede. Sulla base degli esperimenti precedenti, i più consapevoli sapevano che questo sarebbe stato il giorno della verità. Andando incontro alla prima reazione a catena della storia della umanità, questo era il giorno, l’ora e forse il minuto. Si potevano sentire i rivelatori di radioattività emettere un ticchettio come coppe di champagne ravvicinate in un grande vassoio. Tintinnavano sempre più intensamente fino a diventare una vera e propria suoneria. A quel punto sono stati disattivati i rivelatori e attivati i galvanometri: la macchia di luce di questi ultimi ha cominciato a salire, con rabbiose impennate, fino a raggiungere la metà della scala. A quel punto, Fermi ha detto con voce ferma di inserire la barra di controllo. Immediatamente dopo l’inserimento, lo spot di luce del galvanometro è

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tornato a livello zero. La reazione a catena e il rilascio dell’energia nucleare erano stati innescati, controllati e spenti. Fischi, grida, applausi …”,

Arthur H. Compton descrive così intensamente il funzionamento della prima pila atomica, sotto lo Stadio dell’Università di Chicago, correva l’anno millenovecentoquarantadue del secondo giorno del mese di dicembre. L’uomo, per la prima volta, era riuscito a controllare una reazione a catena di fissione nucleare. Erano trascorsi dalla scoperta della fissione solo quattro anni, sette dalla scoperta dei neutroni lenti, dieci dalla scoperta del neutrone.

La pila atomica di E. Fermi - Università di Chicago, 2 dicembre

1942

Enrico Fermi a 17 anni

Enrico Fermi nasce il 29 settembre 1901 a Roma, in via Gaeta al numero 17, da famiglia piacentina, terzo figlio di Alberto Fermi e Ida de Gattis. Trascorre l’adolescenza a Roma, dove studia nelle scuole pubbliche, poi frequenta l’Università di Pisa come allievo interno della Scuola Normale e si laurea in fisica il 4 luglio 1922. Nel 1923 si reca a Gottinga da Max Born e nel 1924 a Leida da P. Ehrenfest. Tornato a Roma nel 1925 ottiene la libera docenza e nel 1926 vince il concorso di fisica teorica (il primo istituito in Italia) a Roma dove vi rimane fino al 1938. E’ qui che dirige un centro di ricerca di fisica teorica e sperimentale d’avanguardia, unico al mondo che nel corso degli anni creerà eccellenze di primaria importanza nel campo scientifico. Il gruppo dei “ragazzi di Corbino” o detti anche “ragazzi di via Panisperna” rappresenterà per quegli anni uno dei centri principali al mondo per lo sviluppo delle conoscenze della fisica moderna.

Le leggi razziali contro gli ebrei del 1938 colpiscono direttamente la moglie Laura Capon ed i figli: Enrico Fermi lascia l’Italia ove non tornerà più se non nel 1949 tenendo le famose “Conferenze Donegani”. Il 10 dicembre 1938, infatti, gli viene conferito il Premio Nobel a

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Stoccolma e da lì con la famiglia non fa più ritorno in Italia, ma si rifugia a New York ove ha inizio un secondo periodo della sua vita. Durante la seconda guerra mondiale tutta la sua opera si concentra allo sviluppo dell’energia nucleare su larga scala, a Chicago e a Los Alamos.

Fermi, il più grande esperto e conoscitore dei neutroni, lavora nel laboratorio di Los Alamos, diretto da J.R.Oppenheimer; il compito del laboratorio è di costruire una bomba con uranio-235 e plutonio-239: la prima boma atomica. Il 16 luglio 1945 all’alba, ad Alamogordo, nel Nuovo Messico presenzia all’esplosione della prima bomba atomica.

Nel 1946 si stabilisce a Chicago presso il nuovo istituto di Studi Nucleari di quell’università dove rimane fino alla sua prematura ed inaspettata morte il 29 novembre 1954, appena compiuti i cinquantatre anni.

Ma chi è stato Enrico Fermi?

Ho incontrato il Prof. Enrico Fermi per la prima volta durante i miei studi di ingegneria nucleare alla fine degli anni ottanta, già nel varcare la soglia del Dipartimento a lui dedicato CESNEF (Centro Studi Nucleari Enrico Fermi): un’esperienza entusiasmante: in sintesi, la complessità degli argomenti e la semplicità delle trattazioni. L’ho cercato successivamente quando, oramai docente, mi serviva una chiave interpretativa di un passaggio della fisica da poter rappresentare ai miei allievi, che solo lui è stato in grado di fornirmi con l’estrema chiarezza. Uno scienziato dalle doti eccezionali, in sintesi, un Unico!

Mi piace raccontare un passaggio della sua esperienza di vita in Italia, che ho tratto dal racconto di Emilio Segré e che consente di apprezzare le doti del Prof. Fermi.

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Enrico da ragazzo ha il piacere di frequentare l’ing. Adolfo Amidei, Ispettore Principale al Ministero delle Ferrovie e collega del papà Alberto Fermi, Ispettore Capo. Adolfo è un appassionato della matematica e della fisica. Il giovinetto Enrico ad ogni incontro coglie l’occasione per fare domande, approfondire tematiche di matematica e fisica sempre più complesse. Ricevuto il libro dal titolo “La geometria di posizione” del dottor Teodoro Reye, trattato sulla geometria proiettiva, dopo due mesi lo riconsegna all’amico Adolfo, che alla domanda se avesse trovato difficoltà risponde che non aveva incontrato seri intralci nella lettura e, anzi, che aveva dimostrato tutti i teoremi e risolti tutti i problemi che si trovavano al termine del libro (oltre duecento). Problemi che lo stesso ingegnere Adolfo aveva avuto difficoltà a risolvere. Enrico è veramente un ragazzo prodigioso.

Nel luglio 1918 Enrico conseguita la licenza liceale (anticipando un anno) deve iscriversi all’Università di Roma. L’amico ing. Amidei resosi conto dell’eccezionalità della mente del giovane, convince non senza difficoltà anche la famiglia Fermi, che aveva appena perso un figlio, a partecipare al concorso, lontano da casa, indetto dalla Scuola Normale Superiore che gli avrebbe consentito gratuitamente anche di frequentare l’Università a Pisa.

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Quindi nel 1918 all’età di 17 anni partecipa al concorso per l’ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa, con il lavoro dal titolo “Caratteri distintivi dei suoni e loro cause”. Certo gli esaminatori si aspettano un saggio di livello liceale, come del resto è naturale vista l’età dei candidati, invece dopo poche frasi ci si trova di fronte ad una trattazione matematica che utilizza l’equazione differenziale alle derivate parziali delle verghe vibranti e la sua soluzione in serie di Fourier. Il Prof. Pittarelli, commissario del bando e valente matematico, per sincerarsi che il candidato sappia davvero quel che ha scritto, interroga Enrico e non può

che concludere che in moltissimi anni di insegnamento non aveva mai incontrato uno come lui. Ovviamente Enrico Fermi vince il concorso.

Con lo scienziato Enrico Fermi si spegne l’ultimo fisico universale nella tradizione dei grandi del secolo XIX, quando era ancora possibile a una persona sola raggiungere i culmini più alti della teoria e dell’esperimento e dominare tutti i campi della fisica.

13.3 La struttura dell’atomo e del nucleo

L’atomo è composto da un nucleo relativamente pesante, di carica positiva, e da un certo numero di elettroni molto più leggeri di carica negativa che ruotano attorno al nucleo lungo orbitali quantizzati. Quando un atomo è caratterizzato da un numero di elettroni superiore a due, il terzo e i successivi si collocano su orbite più esterne; ogni orbita può contenere un fissato numero di elettroni. Il numero degli elettroni che ruotano nell’orbita più esterna determina certe proprietà chimiche dell’atomo in esame.

L’atomo (elettroni + nucleo) è per definizione un sistema neutro, altrimenti sarebbe uno “ione”: il numero di protoni in un atomo è uguale al numero di elettroni.

Il nucleo è costituito da varie particelle (nucleoni), di cui le più importanti sono i neutroni ed i protoni. Questi nucleoni hanno praticamente la stessa massa, ma si differenziano per la carica: i neutroni sono neutri e i protoni hanno la stessa carica ma di segno opposto degli elettroni, ovvero 1,6x10-19 coulomb.

Enrico Fermi - Los Alamos, 1946

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La seguente visione di Rutheford (“modello planetario”) ben rappresenta quanto sopraddetto.

Figura 2: modello atomico di Rutheford.

La maggior parte della massa dell’atomo è concentrata nel nucleo. L’unità di misura della grandezza massa utilizzata in ambito nucleare è l’”amu“ (atomic mass unit): 1 amu è pari a 1,660566x10-27 kg. Mentre per la carica elettrica l’unità di misura utilizzata è il coulomb. Per convenzione si è scelto il segno “–“ per l’elettrone e pertanto il protone ha il segno “+”.

In sintesi:

particella Simbolo Massa (a.m.u.)

Carica (coulomb)

elettrone e- 5,5X10-4 -1,6x10-19

protone p+ 1,00759 +1,6x10-19

neutrone n 1,00898 0

Si evince dalla tabella sopra riportata che la massa del protone o del neutrone è superiore più di 1.800 volte della massa dell’elettrone: in altre parole tutta la massa di un atomo è concentrata nel nucleo.

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Le dimensioni di un atomo sono molto ridotte, dell’ordine di 10-10 m. La distanza tra nucleo e gli elettroni degli orbitali più esterni è rilevante, dell’ordine di 100.000 volte le dimensioni del nucleo. In base a quanto appena detto, la materia ha una struttura molto aperta e la densità dei nuclei è elevatissima, pari a circa 105 t/mm3, ovvero 1017 kg/m3.

Due sono i parametri utilizzati per rappresentare un atomo:

- Z = numero atomico, ovvero il numero di protoni di un atomo. Nel caso di sistema elettricamente neutro il numero di protoni coincide con il numero di elettroni.

- A= numero di massa o numero di nucleoni, ovvero il numero di protoni più il numero di neutroni presenti nel nucleo.

e complessivamente, utilizzando N come numero di neutroni, si utilizza la seguente rappresentazione:

NAZ X

Il numero Z fornisce le caratteristiche chimiche di un atomo, mentre A identifica le sue peculiarità nucleari. Infatti in base al particolare Z l’elemento si inserisce in uno dei gruppi della tavola periodica degli elementi di Mendeleev, caratterizzandosi come metallo, non metallo o gas nobile.

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Figura 3: tavola periodica degli elementi.

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Consideriamo l’atomo di idrogeno:

HAZ

11

==

Ovvero un atomo costituito da un protone, un elettrone e nessun neutrone, ovvero graficamente rappresentabile :

Da un punto di vista chimico fa parte del primo gruppo (metalli alcalini) della tavola periodica degli elementi. Nel momento in cui nel nucleo vi è la presenza anche di un neutrone si ha:

*21 HA

Z==

Ovvero un atomo costituito da un protone, un elettrone e un neutrone, ovvero graficamente rappresentabile come:

Con due neutroni si ha: **3

1 HAZ

==

Ovvero un atomo costituito da un protone, un elettrone e due neutroni, ovvero graficamente rappresentabile :

e-

p+

n

e-

p+

n

e-

p+ n

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Fissato il numero atomico Z, ovvero definito l’elemento in analisi, nella fattispecie l’idrogeno, è possibile riscontrare diversi nuclei con differenti A, ovvero con un numero di neutroni diversi: pertanto nel nostro caso tre tipi diversi di idrogeno.

Si definiscono pertanto ISOTOPI o NUCLIDI quegli atomi caratterizzati dallo stesso numero atomico ma da diverso numero di massa. Nel caso dell’idrogeno vi è la presenza, fissato lo Z=1, di avere la presenza di tre distinti atomi, con rispettivamente A=1, A=2 e A=3, ovvero tre isotopi dell’elemento chimico idrogeno. Quindi come già sottolineato definire il numero atomico Z consente di identificarne le caratteristiche chimiche, che non cambieranno al variare dei relativi nuclidi o isotopi di quello Z. Invece, a parità di Z, diversi A mi individuano elementi dalla caratteristiche nucleari diversi. Considerando l’esempio dell’idrogeno, esso rimane in tutti i tre isotopi dal punto di vista chimico un metallo alcalino. Differenti sono le caratteristiche nucleari se A=1, piuttosto di 2 o di 3. I tre isotopi dell’idrogeno, diversi per caratteristiche nucleari, prendono il nome di:

HAZ

11

== : IDROGENO nucleo stabile, quantità:99,985%

*21 HA

Z== : DEUTERIO nucleo stabile, quantità:0,015%

**31 HA

Z== : TRITIO nucleo instabile, β-, T1/2= 12,323 anni

L’ uranio (Z=92) ha 16 isotopi: dall’U-226 fino all’U-242(escluso U-241).

Il torio (Z=90) ha 25 isotopi: dal Th-212 fino al Th236.

Il plutonio (z=94) ha 15 isotopi: dal Pu-232 fino al Pu-246.

Gli isotopi si suddividono in naturali e artificiali : i primi esistono in natura, i secondi sono prodotti artificialmente durante trasformazioni di altri nuclei negli impianti nucleari, gran parte nei reattori nucleari. Considerando l’uranio dei 16 isotopi noti, in natura (URANIO NATURALE ) si ha la presenza solo della miscela dei seguenti tre isotopi di differenti caratteristiche nucleari:

U23492 U235

92 U238

92

In ambito nucleare, grazie alla relazione di Einstein E=mc2,è tipico rappresentare la massa come energia o la velocità come energia.

L’unità di misura dell’energia tipicamente utilizzata è l’elettronvolt (eV); la trasformazione nell’unità di misura del sistema internazionale è:

1 eV = 1,602189 x 10-19 joule

0,006% 0,712% 99,282%

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Differenti numeri di nucleoni A , a parità di Z, qualificano comportamenti nucleari diversi e riepilogati nella carta dei nuclidi.

Figura 4: stralcio della Carta dei Nuclidi.

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13.4 L’energia di legame e la stabilità Un sistema è alla continua ricerca di una situazione di maggior stabilità: ovvero una situazione di maggiore stabilità gli conferisce uno stato di “benessere” superiore. Ma questo cosa vuol dire.

Nella meccanica classica il concetto si può spiegare semplicemente in questo modo. Consideriamo un sistema costituito da 1m3 di acqua (ad esempio un volume di acqua isolato da un torrente di montagna). Questo sistema si trova in un particolare stato, caratterizzato dalla sua stabilità. Se pensiamo ora di farlo scendere a valle, ovvero ad una quota altimetrica inferiore, il sistema si troverà in un altro stato con una situazione di stabilità maggiore. Ovvero più ci si abbassa di quota più il sistema è stabile. Questo esempio si può riportare anche tra le pareti domestiche, ovvero un oggetto sul tavolo da pranzo migliorerà la sua situazione di stabilità se ”spinto” e fatto cadere a terra ad una quota circa di un metro più bassa.

Ma un sistema che passa ad una situazione di maggior stabilità come esterna questo suo “nuovo stato”? Evidentemente in questa nuova situazione diminuisce la necessità della forza al proprio interno per tenerlo unito, ovvero diventa superflua una parte di energia, che conseguentemente il sistema rilascia all’esterno. E’ compito dell’uomo cercare di convertire questa energia di legame liberata in una forma utile di energia.

Ritornando , pertanto, all’esempio del metro cubo di acqua del torrente che passa da una quota più alta ad una più bassa, il sistema si porta ad una situazione di maggiore stabilità , ovvero libera energia (potenziale) che l’uomo, tecnologicamente, riesce a convertire in energia elettrica utile alla copertura dei propri fabbisogni, grazie agli impianti idroelettrici.

Quindi passando in ambito nucleare la massa di un nucleo è sempre inferiore, seppur di pochissimo, alla somma delle masse dei suoi componenti. Per mezzo della relazione di Einstein di equivalenza tra masse ed energia (E= mc2, con c velocità della luce) il difetto di massa è spiegato con l’esistenza di un’energia di legame, che cresce (e quindi cresce il difetto di massa) al crescere della stabilità dell’atomo.

Passando ad una situazione più stabile si ha aumento dell’energia di legame e rilascio di energia all’esterno pari alla crescita dell’energia di legame.

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L’energia di legame (BE) e il numero di massa (A)

Consideriamo separatamente un neutrone e un protone, che sono caratterizzati, come detto in precedenza dalle seguenti masse:

Mn: 1,00898 a.m.u = 1,675x10-27kg

Mp: 1,00759 a.m.u = 1,673x10-27kg

Ora consideriamo l’isotopo dell’idrogeno deuterio, il cui nucleo è costituito dall’insieme di un protone ed un neutrone; la massa del Deuterio è inferiore alla somma delle masse delle due

particelle considerate libere. Il difetto di massa ∆M è pari a:

∆M = 0,0039x10-27kg = 2,22 MeV

Per la teoria della relatività il difetto di massa corrisponde ad una diminuzione di energia. I nucleoni legati nel nucleo è come se si trovassero in “una buca energetica”. La barriera di energia che essi devono superare per liberarsi è l'energia che tiene insieme il nucleo.

L'energia di legame per nucleone non è sempre costante, ma varia in funzione del numero di massa. La figura seguente è alla base del concetto di fissione e di fusione nucleare. Capiamone il significato.

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Figura 5: energia di legame vs numeri di massa.

In ascissa è riportato il numero di massa o di nucleoni (A), mentre in ordinata è riportata l’energia media di legame del sistema specifica al numero di nucleoni (BE/A), ove con BE si intende Binding Energy, energia di legame.

Innanzitutto si evidenzia che i sistemi con valori energia di legame più elevata sono più stabili e questi sono gli elementi con numero di massa intermedio nella scala rappresentata delle ascisse. Si evidenzia inoltre la nota, già ai tempi di Mendeleev, maggior stabilità dell’elio (He).

L’uranio 235 (Z=92 e A=235) si colloca nel punto 1 sulla figura, contraddistinto da un’energia di legame (BE/A)1. Se pensassi in qualche modo di spezzare tale nucleo in due frammenti più o meno simili mi troverei ad avere due nuclei contraddistinti dai numeri di massa A1a e A1b circa attorno a 95 e 135, rispettivamente individuati sulla curva come 2 e 3. Si evidenzia subito che ogni frammento ha una energia di legame più alta del nucleo iniziale di U-235 e cioè una maggiore stabilità con conseguente rilascio all’esterno della maggiore energia di legame ottenuta, rispettivamente (deltaBE/A)2 e (deltaBE/A)3. In tal modo il processo di scissione, di divisione dell’U-235 in frammenti di fissione dà la disponibilità di una quantità di energia, che se opportunamente gestita consente di mettere a disposizione

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dell’uomo energia elettrica per i propri fabbisogni. Si è cioè compiuta una fissione nucleare dell’uranio 235.

Estendendo il discorso si capisce che concettualmente la fissione di nuclei pesanti (ovvero con A elevati, ovvero a destra nella Figura 6) porterebbe ad un sistema più stabile e pertanto alla messa a disposizione di energia.

Analogamente se ci si muove dalla parte sinistra della curva verso il centro e si pensa questa volta di unire due nuclei con l’obiettivo di crearne uno solo, allora il risultato si troverà con un valore di energia di legame più elevato, ovvero maggiore stabilità e quindi rilascio all’esterno di questa maggiore energia. Si è così realizzata la fusione.

Quindi concettualmente da destra verso il centro si parla di FISSIONE, mentre da sinistra verso il centro si parla di FUSIONE.

Figura 6: energia di legame vs numero di massa.

Ma quant’è l’energia messa a disposizione? Le quantità sono enormi e perché il processo possa concretizzarsi in un impianto di conversione di energia, differenti sono gli aspetti fisici e tecnologici che devono essere trattati.

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13.5 La Radioattività

Gli isotopi possono essere stabili o instabili .

Si individuano 108 elementi, caratterizzati da Z compreso tra zero (solo un neutrone) e Z=107, considerando gli isotopi si ha un valore superiore a 1000 nuclidi.

Nella figura sopra si mostrano nel piano (N,Z) gli isotopi stabili e quelli instabili (detti anche radioattivi).

Un isotopo instabile è alla continua ricerca di stabilità: per questo si deve trasformare o meglio deve decadere. Ha le seguenti possibilità:

1. decadimento α (α----decay); 2. decadimento β (β----decay); 3. decadimento γ (γ----decay); 4. fissione spontanea FS (SF);

Nel momento in cui si trasforma, ovvero decade, emette una particella: α, nel caso di decadimento α, β (elettrone negativo o positivo), nel caso di decadimento β, ,radiazioni γ nel caso di decadimento γ,, neutroni nel caso di fissione spontanea. Come è noto dall’esperienza con la luce, all’interpretazione corpuscolare (fotone) si accompagna sempre una visione ondulatoria, così nel nucleare l’emissione di particelle significa, in una visione ondulatoria, emissione di radiazioni. Quindi in ultima analisi un isotopo decadendo in cerca della stabilità emette radiazioni (a, b, g, n), cioè si dice che è radioattivo .

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Allora gli isotopi instabili, dato che per cercare la loro stabilità non hanno altra strada che decadere, si dicono radioattivi o meglio radioisotopi o radionuclidi . I nuclei risultanti da un decadimento hanno la probabilità di essere anch’essi ancora instabili e pertanto decadere in una delle forme, e così via: si è ottenuta una catena di decadimento. Alla fine della catena di decadimento si è ottenuto un isotopo stabile. Le trasformazioni o decadimenti devono sempre rispettare il principio di conservazione della massa e di conservazione della carica.

13.5.1 α decay (decadimento α) In questo processo di trasformazione o decadimento il nucleo emette una particella α, ovvero un atomo di elio ionizzato positivamente due volte e cioè costituto da 2 neutroni e 2 protoni

++= He42α

Schematicamente il decadimento α risulta:

α+→ −− YX A

ZAZ

42

Ovvero, il generico radioisotopo X, caratterizzato dal numero di massa A e dal numero atomico Z nel decadere α si trasforma in un altro isotopo dal numero di nucleoni e dal numero atomico diverso dal nuclide di partenza. In particolare il nuovo isotopo ha perso 2 neutroni e 2 protoni, che si ritrovano nella particella generata α. Come si può constatare analizzando il membro a destra della freccia e il membro a sinistra della freccia viene rispettato il principio di conservazione della massa. Nel seguito si riportano due esempi di decadimento α:

αα +→ ThU 23490

23892

αα +→ RnRa 22286

22688

con: U = uranio; Th = torio; Ra = radio; Rn = radon.

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13.5.2 β decay (decadimento β) In questo processo di trasformazione o decadimento il nucleo emette un elettrone negativo (elettrone o ββββ-) o un elettrone positivo (detto positrone o ββββ +), ovvero:

ββββ- = elettrone negativo;

ββββ+ = elettrone positivo = o detto anche positrone.

Le particelle β± sono elettroni emessi dal nucleo di un atomo quando nel nucleo si ha la conversione di un neutrone in un protone o di un protone in un neutrone. Cioè un nucleo può correggere l’eccesso di neutroni o di protoni convertendo un neutrone in un protone o viceversa, un protone in un neutrone. E’ evidente che deve essere sempre soddisfatto il principio di conservazione della carica e, pertanto, conseguentemente a tale conversione si avrà l’emissione di un elettrone + o – ( β+ o β-) per il principio di conservazione.

Illustrando queste possibili trasformazioni::

a) −+ +→ epn ove l’elettrone negativo e- è indicato con β – il neutrone (carica =

0) si trasforma in un protone che è carico + ; allora, per il principio di conservazione della carica dovrò avere una particella carica negativamente β –

(elettrone) nel membro di sinistra.

b) ++ +→ enp ove l’elettrone positivo e+ è un positrone ed indicato con β +, il

protone (carica +) si converte in neutrone che è carica neutra e, quindi, per mantenere la conservazione della carica dovrò avere una particella carica positivamente β+, detta positrone.

c) nep →+ −+ detta electron capture (ε), cattura elettronica, un elettrone aiuta

il protone a trasformarsi in neutrone.

Il neutrino e l’antineutrino

Come già rilevato deve essere anche rispettato il principio di conservazione della massa. Ricordando che:

Mn = 1,00898 a.m.u.

Mp+ = 1,00759 a.m.u.

Me- = 5,5X10-4 a.m.u.

Risulta evidente nelle tre possibilità (a), b), c)) che verrebbe violato il principio di conservazione. Quindi si ipotizzò l’esistenza di una particella neutra e di piccola massa ma che consentisse di rispettare il principio di conservazione, il neutrino . L’esistenza del

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neutrino pertanto venne postulata nel 1930 da Wolfgang Pauli per spiegare lo spettro continuo

del decadimento beta. Fu studiato e gli fu dato il nome successivamente di neutrino (νννν) (proprio ricordando la particella più massiva del neutrone) da Enrico Fermi nel 1934; scoperto solo 22 anni dopo, nel 1956, dai fisici Clyde Cowan e Fred Reines nel corso di un esperimento eseguito dal reattore a fissione di Savannah River, che mostrò reazioni indotte proprio da neutrini liberi. Si sviluppo a Savannah l’esperimento perché un reattore nucleare a

fissione rappresenta una fonte molto importante di antineutrini (ν ): durante la fissione nucleare si sviluppano molti neutroni, che decadono emettendo antineutrini. Ovvero:

ν++→ −+ epn

L'apparato sperimentale era costituito da un bidone di 200 litri d'acqua mescolato a cloruro di cadmio, in modo da poter sfruttare la reazione inversa del decadimento del neutrone:

++ +→+ enpν (a)

con creazione di un neutrone e di un positrone (e+ = β+).

Data la scarsa probabilità che avvenga il processo serviva una grande quantità di protoni (cioè di acqua) per avere un segnale utile.

Analizzando la reazione (a) il positrone (e+) si doveva annichilire con un elettrone presente nell'apparato sperimentale, dando luogo a due fotoni di energia pari alla massa della particella (0,511 MeV). Invece il neutrone prodotto, sempre nella reazione (a) doveva venire moderato (ovvero rallentato) dall'acqua e assorbito dal cadmio, il quale, dopo l'assorbimento, trovandosi in uno stato eccitato avrebbe emesso con un certo ritardo, quindi, un fotone di energia diversa dai due precedenti.

In sintesi i segnali ricercati, quindi, durante l’esperimento erano di rilevare due fotoni di energia uguale, seguiti da un fotone di energia molto maggiore a breve distanza di tempo.

Si riscontrarono i segnali ipotizzati e in particolare due rivelazioni all'ora con un fondo naturale calcolato per questo esperimento trascurabile. L’esperimento ebbe quindi successo.

Esistono diversi tipi di rivelatori di neutrini . Ogni tipo consiste di grosse quantità di materiale, necessarie a causa dell'elevata facilità di attraversamento dei neutrini, posto in cave sotterranee che hanno lo scopo di schermare la radiazione cosmica. Nel seguito sono riportati alcuni rilevatori con una breve descrizione del principio di funzionamento.

• I rivelatori al cloro consistono di serbatoi riempiti di tetracloruro di carbonio (CCl4). In questi rivelatori un neutrino converte un atomo di cloro in uno di argon (18Ar è un gas nobile ed è presente nell’atmosfera terrestre) secondo la reazione:

−+→+ eArCl 3718

3717ν (b)

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Il fluido viene periodicamente purgato con dell'elio che rimuove l'argon. La quantità di atomi di Ar prodotta viene misurata tramite l'attività radioattiva del gas estratto: infatti l’isotopo 37 dell'argon prodotto dalla reazione (b) decade in cloro con un tempo di dimezzamento T1/2 di 35 giorni). In tal modo confermo la reazione (b) e conseguentemente la presenza di neutrini che hanno reagito con il Cloro-37. Questo rilevatore consente di valutare il flusso medio di neutrini in un arco temporale ampio, dell’ordine del mese; non è però in grado di fornire informazioni né sulla direzione, né sull’energia dei neutrini incidenti.

• I rivelatori al gallio sono simili a quelli al cloro dal punto di vista del funzionamento, ma più sensibili ai neutrini a bassa energia. Si basano sulla seguente reazione, ove Ga è il Gallio e Ge è il Germanio:

−+→+ eGeGa 7132

7131ν (c)

Anche in questo caso non si ottengono informazioni sulla direzione del neutrino.

Questa è la tipologia di rivelatori utilizzati nell'esperimento realizzato in Italia nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), situati nel traforo del Gran Sasso d’Italia.

• I rivelatori ad acqua pura contengono una grande massa d'acqua, circondata da rivelatori di luce detti tubi fotomoltiplicatori. In questi rivelatori, il neutrino trasferisce parte della sua energia ad un elettrone, che in seguito all'urto genera una emissione elettromagnetica nello spettro del visibile, conosciuta come radiazione Čerenkov, che può essere rivelata dai tubi fotomoltiplicatori. Questo rivelatore ha il vantaggio che il neutrino viene registrato in tempo reale ed è possibile raccogliere informazioni sulla sua traiettoria.

Questo rivelatore è sensibile a tutti i tipi di neutrino. Però questa tipologia di rivelatori ha lo svantaggio che ha un’elevata soglia (circa 5 MeV) in energia, dovuta all'impossibilità di rivelare l'emissione da elettroni colpiti da neutrini d'energia troppo bassa.

• I rivelatori ad acqua pesante (D2O) usano tre tipi di reazione per rivelare i neutrini. La prima è la stessa dei rivelatori ad acqua pura. La seconda implica la collisione del neutrino con un atomo di deuterio (D), con il conseguente rilascio di un elettrone. Nella terza il neutrino spezza in due l'atomo di deuterio. I risultati di queste reazioni vengono rivelati dai "tubi fotomoltiplicatori".

Esistono due tipi di neutrini: il neutrino e l’antineutrino, indicati rispettivamente come:

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noantineutri

neutrino

:

:

νν

L'antineutrino è l'antiparticella del neutrino, non ha carica ed è solitamente prodotto nelle reazioni nucleari ove vi è la presenza di decadimenti beta. Un’antiparticella è una particella elementare che, rispetto alla particella di riferimento, è caratterizzata dalla stessa massa, ma da numeri quantici, come ad esempio carica elettrica, numero barionico o altri, opposti. Ad esempio, il positrone è l’antiparticella dell'elettrone, ha la sua stessa massa, ma carica elettrica opposta. Le antiparticelle sono prodotte nelle interazioni tra particelle con la trasformazione di energia in massa, come previsto dalla teoria della relatività di Einstein. Esempi tipici dove si ha produzione di antimateria sono le reazioni nucleari, le interazione dei raggi cosmici con i nuclei delle molecole presenti in atmosfera, o le interazioni prodotte dagli acceleratori di particelle. L'antimateria interagisce molto velocemente se viene a contatto con la materia che la circonda con un fenomeno chiamato annichilazione, nel quale la massa della particella e dell'antiparticella interagenti si trasformano di nuovo in energia. L’annichilazione determina un’esistenza brevissima all’antimateria creata in laboratorio e conseguentemente tempi molto brevi per le osservazioni della stessa.

L’antineutrino è emesso in un decadimento β–, mentre il neutrino è emesso in un decadimento

β + e nella cattura elettronica ε. Pertanto le scritture rispettose dei principi di conservazione e quindi completate dalla presenza dei neutrini diventano:

ν++→ −+ epn

ν++→ ++ enp

ν+→+ −+ nep Schematicamente il decadimento ββββ risulta:

νββ ++→ −+

YX AZ

AZ 1

νββ ++→ +−

+

YX AZ

AZ 1

νε +→ − YX AZ

AZ 1

Nel caso (I) ββββ- decay, il generico radioisotopo X, caratterizzato dal numero di massa A e dal numero atomico Z nel decadere β- si trasforma in un altro isotopo dallo stesso numero di nucleoni e dal numero atomico superiore di una unità rispetto al nuclide di partenza. In

ββββ- decay (I)

ββββ+ decay (II)

εεεε electron capture (III)

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particolare il nuovo isotopo ha trasformato 1 neutrone in un protone emettendo un elettrone ed un antineutrino. Nel caso (II) ββββ+ decay, il generico radioisotopo X, caratterizzato dal numero di massa A e dal numero atomico Z nel decadere β+ si trasforma in un altro isotopo dallo stesso numero di nucleoni e dal numero atomico inferiore di un’unità rispetto al nuclide di partenza. In particolare il nuovo isotopo ha trasformato 1 protone in un neutrone emettendo un positrone ed un neutrino. Nel caso (III) εεεε electron capture, il generico radioisotopo X, caratterizzato dal numero di massa A e dal numero atomico Z nel decadere ε si trasforma in un altro isotopo dallo stesso numero di nucleoni e dal numero atomico inferiore di un’unità rispetto al nuclide di partenza. In particolare il nuovo isotopo ha trasformato 1 protone in un neutrone emettendo un neutrino. Nel seguito si riportano esempi di decadimento β delle tre differenti tipologia:

νββ ++→ −−

XeI 13154

13153

νββ ++→ −−

NaNe 2311

2310

νββ ++→ −−

RuTc 9944

9943

νββ ++→ ++

MgAl 2512

2513

νββ ++→ ++

TeI 12452

12453

νε +→ CrMn 5424

5425

νε +→ KCa 4119

4120

con: I = iodio; Xe = xeno; Ne = neon; Na = sodio; Tc = tecnezio; Ru = rutenio; Al = alluminio; Mg = magnesio; I = iodio; Te = tellurio; Mn = manganese; Cr = cromo; Ca = calcio; K = potassio.

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13.5.3 γγγγ decay (decadimento γ)

In questo processo di trasformazione il nucleo emette una radiazione elettromagnetica (raggi γγγγ). I raggi γγγγ sono onde elettromagnetiche di alta frequenza ed energia:

• in frequenza > 1018 hertz (cicli/secondo); • espressa in lunghezza d’onda < 10-8 cm.

I raggi γ sono emessi da un nucleo che passa da uno stato eccitato ad uno stato di energia inferiore. Si evidenzia che questo tipo di decadimento non modifica né A, né Z del radioisotopo.

13.5.4 Spontaneous fission (fissione spontanea) L’esperienza ha mostrato l’emissione di neutroni a seguito di una fissione nucleare dell’uranio nel reattore scaturita da un bombardamento neutronico. In realtà esiste la possibilità che alcuni nuclei abbiano una fissione spontanea con emissione di neutroni: si parla allora di spontaneus fission o fissione spontanea, cioè non indotta a seguito di un bombardamento neutronico. Nel seguito si riportano due isotopi in cui vi è la probabilità di avere decadimenti per fissione spontanea:

FermioFm =256100

CalifornioCf =25498

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13.5.5 Le radiazioni emesse dai radioisotopi Come detto a seguito dei decadimenti si ha emissione di:

� Particelle pesanti: neutroni e particelle α � Particelle leggere: elettroni positivi e negativi (beta) � Onde elettromagnetiche γγγγ

Se gli isotopi radioattivi si trovano all’esterno del corpo irraggiato è di notevole importanza capire qual è il loro potere di penetrazione:

• particelle α (He ++): a) particelle altamente ionizzanti, ovvero incontrando gli atomi

del tessuto corporeo lo ionizzano; b) poiché sono altamente ionizzanti sono rapidamente fermate

ed elettricamente neutralizzate nella materia; c) il loro percorso in aria: < 8÷10 cm; d) l’intensità è dimezzata da uno spessore di 0,01 mm di

alluminio. • neutroni (n): a) come le particelle alfa sono particelle pesanti; b) le particelle pesanti hanno potere d penetrazione modesto,

pertanto i neutroni sono arrestati in pochi centimetri di aria.

• particelle β (β+ e β-) a) il potere penetrante è basso ma comunque molto maggiore di quello delle particelle α;

b) l’intensità è dimezzata da uno spessore di circa 1 mm di alluminio.

• raggi γγγγ a) la radiazione γ ha un elevato potere penetrante; b) può attraversare elevate spessori.

Pertanto dall’esterno del nostro corpo sono solo le radiazioni gamma molto penetranti.

Nel momento in cui i radionuclidi penetrano nel corpo e irraggiano dall’interno allora tutte le particelle o radiazioni diventano rilevanti.

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13.5.6 La legge di decadimento di un nucleo instabile

Esploriamo ora le leggi fisiche che descrivono il decadimento di nuclei radioattivi. In particolare bisogna comprendere con quale ritmo i radioisotopi decadono . Consideriamo N nuclei radioattivi al tempo t, ovvero:

)(tN

il numero di decadimenti nell’unità di tempo è proporzionale al numero di nuclei presenti al tempo t, attraverso una costante, detta λλλλ costante di decadimento radioattivo o di disintegrazione radioattiva, ovvero:

)()(

tNdt

tdN ×−= λ (1)

La (1) evidenzia il fatto che il ritmo con cui un nucleo instabile emette radiazioni è una proprietà intrinseca del nucleo stesso e non dipende né dalla temperatura, né dalla pressione, né da altri elementi, ma solo dal nucleo in analisi.

La (1) può anche essere scritta:

)(

)(

tNdt

tdN

−=λ (2)

e dalla lettura della (2) si può dire che λ rappresenti la probabilità per unità di tempo di un atomo di decadere.

Integrando la (1) tra un tempo t0 e t si ottiene la legge di decadimento radioattivo (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.):

tetNtN ×−×= λ)()( 0 (3)

Figura 7: Legge di decadimento esponenziale.

00,10,20,30,40,50,60,70,80,9

1

1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31

Serie1

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Per caratterizzare il tasso di decadimento di un nucleo si introduce il tempo di dimezzamento o detto half-life (t1/2), ovvero il tempo necessario a metà dei nuclei (N/2) di decadere:

λλ693,02ln

21 ==t (4)

ove λ è la costante di decadimento radioattivo. Nei radioisotopi t1/2 assume valori da µs a Gs.

E’ anche tipico l’impiego del tempo di vita media (mean lifetime) ττττ, o detta anche semplicemente vita, definita come la media

( )( ) dtdtdN

dtdtdNt

×

××=

∫∞

0

0τ (5)

Ovvero il numero di isotopi che sopravvivono al tempo “t” è “N(t)”, mentre il numero di isotopi che decadono nell’intervallo tra “t e t+dt” è dato da “(dN/dt) x dt” e il denominatore rappresenta il numero totale di decadimenti. Svolgendo l’integrale si ha:

( )( ) λ

τ 1

0

0 =×

××=

∫∞

dtdtdN

dtdtdNt

(6)

La (6) rappresenta che la vita è semplicemente l’inverso della costante di decadimento radioattivo.

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Si definisce attività di una sostanza il numero di decadimenti nell’unità di tempo:

tt eAetNtNtA ×−×− ×=××=×= λλλλ 00)()()( (7)

ove A0 = λ x N(t0) è l’attività al tempo t=t0.

La grandezza attività [A] espressa in grandezze fondamentali, sia nei sistemi scientifici che tecnici, risulta:

[A] = [numero disintegrazioni]/[tempo]

L’unità di misura nel SI è il becquerel (Bq):

1 becquerel = 1 Bq = � ���������� ��

��� ��

Considerando l’attività di un grammo di radio si ha la definizione di un’altra unità di misura dell’attività storica, ovvero il curie (Ci):

1 curie = 1 Ci = 3,7 x 1010 ���������� ��

��� ��

00,050,1

0,150,2

0,250,3

0,350,4

0,450,5

0,550,6

0,650,7

0,750,8

0,850,9

0,951

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31

nucl

ei N

(t)

tempo t

legge di decadimento radioattivo

N/2

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Consideriamo l’isotopo polonio-218 e riscontriamo dalla carta dei nuclidi le seguenti peculiarità:

%5

%95

05,32

1

13421884

≤≥

=

−βα

mt

Po

In sinesi, l’isotopo non è stabile e ha la probabilità di decadere α (superiore al 95%); il suo tempo di dimezzamento è di 3,05 minuti. Al tempo t = 0 la massa iniziale di polonio è di 6 g, si valuta nel seguito la massa di isotopo rimasta dopo 10 minuti.

Utilizzando la legge di decadimento radioattivo scritta direttamente in massa si ha:

tetMtM ×−×= λ)()( 0 ove nel nostro caso λ vale 0,003787, infatti:

003787,0183

693,0

6005,3

693,0693,0693,02ln

21

21 ==

×==⇒==

tt λ

λλ

M(t0=0) = 6g tfin = 600 s Quindi si ha:

grammieetMtM fintfin 6183,06)()( 2726,2

0 =×=×= −×−λ

Graficamente si ha:

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00,20,40,60,8

11,21,41,61,8

22,22,42,62,8

33,23,43,63,8

44,24,44,64,8

55,25,45,65,8

66,26,4

0 20

40

60

80

10

01

20

14

01

60

18

02

00

22

02

40

26

02

80

30

03

20

34

03

60

38

04

00

42

04

40

46

04

80

50

05

20

54

05

60

58

06

00

62

06

40

66

06

80

70

07

20

74

07

60

78

08

00

82

08

40

86

08

80

90

09

20

94

09

60

98

01

00

0

M(t) di Polonio-218M di Po-218(grammi)

tempo(secondi)

legge di decadimento esponenziale del Po-218

•MPo (tfin=600s)

MPo (tfin=600s) = 0,6183 grammi

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13.5.7 La dose

Di definisce dose assorbita l’energia liberata dalla radiazione nell’unità di massa di tessuto considerato. La grandezza dose assorbita [Dass] espressa in grandezze fondamentali sia nei sistemi scientifici, che in quelli tecnici, si esprime:

[ ] [ ][ ]

[ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ] 22

22−

×=××== tLM

tLM

M

EDass

Nel sistema internazionale (SI) l’unità di misura è il gray (Gy):

( ) Gygraykg

jouleDass ===

Storicamente diffusa il rad (rd ), ovvero la dose assorbita relativa a 100erg/g.

( ) rdradg

ergDass === 100

Tuttavia, a parità di dose assorbita, i differenti tipi di radiazioni provocano danni diversi. E’ importante introdurre un parametro che consenta di fornire immediatamente il legame dose-effetto. Si introduce allora l’equivalente di dose o semplicemente “dose” che è definita come il prodotto della dose assorbita per fattori (fattori di qualità) che tengano conto del tipo e dell’energia della radiazione, della distribuzione spazio-temporale dell’ irraggiamento. Equivalente di dose o dose = Dequiv = dose assorbita x C tipo rad. x Cenergia rad. x Cdistrib. spaz. x Cdistrib. temp. La grandezza equivalente di dose o dose [Dequiv] espressa in grandezze fondamentali sia nei sistemi scientifici, che in quelli tecnici, si esprime:

[ ] [ ][ ]

[ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ] 22

22−

×=××== tLM

tLM

M

EDequiv

Nel sistema internazionale (SI) l’unità di misura è il sievert (Sv):

( ) Svsievertkg

jouleDequiv ===

Storicamente diffusa l’unità di misura del rem (Röentgen equivalent man), ovvero l’equivalente di dose relativa a 100erg/g.

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( ) remg

ergDequiv == 100

In definita a parità di dose, parità di effetti.

La dose normale viene considerata pari a 1,50 mSv/anno, di cui 1 mSv/anno proveniente dal fondo naturale e 0,5 mSv/anno da esami medici di radiologia.

In assenza di incidenti il contributo attuale di innalzamento della dose di radiazione fornito dalle centrali nucleari di tutto il mondo è pari a 1x10-6Sv/anno. Se tutta la richiesta di energia dell’umanità fosse fornita da centrali nucleari, il loro contributo, in assenza di significativi incidenti, sarebbe di 0,1 mSv/anno.

Il fondo naturale

La radioattività naturale è dovuta a cause naturale ed è sia di origine extraterrestre (radiazione naturale cosmica) che terrestre (radiazione naturale terrestre).

A) La Radiazione naturale cosmica

La radiazione cosmica proviene dallo spazio, ossia fuori dall’atmosfera terrestre. Essa arriva principalmente dal Sole e, anche se in minima parte, anche dalle altre stelle. Una parte di esse viene assorbita dall’atmosfera terrestre. Pertanto in montagna la radiazione cosmica risulta maggiore rispetto che al livello del mare. L’aumento di dose è lineare con l’altitudine e cioè:

• al livello del mare: 0.25 mSv l’anno (0.03 µSv/h);

• ad un’altitudine di 1000 m: circa 0.5 mSv l’anno (0.06 µSv/h);

• ad un’altitudine di 2000 m: circa 1 mSv l’anno (0.11 µSv/h);

• durante un volo in aereo (diverse migliaia di m): circa 5 µSv/h

B1) Radiazione naturale terrestre

I principali radionuclidi primordiali sono il K-40, il Rb-87 e gli elementi delle sue serie radioattive dell'U-238 e del Th-232. L’U-235, pur di modesta abbondanza relativa al capostipite, è non trascurabile a livello dosimetrico.

La concentrazione dei radionuclidi naturali nel suolo e nelle rocce varia fortemente da luogo a luogo in dipendenza della conformazione geologica delle diverse aree. In generale le rocce ignee e i graniti contengono U-238 in concentrazioni più elevate delle rocce sedimentarie come il calcare e il gesso. Alcune rocce sedimentarie di origine marina possono però contenere U-238 in concentrazione assai elevata.

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A causa delle radiazioni emesse dall’uranio, dal torio e da altri materiali radioattivi naturalmente presenti nel sottosuolo terrestre (non sempre ad eccessiva profondità), il valore medio di dose si stima essere intorno ai 0.3 mSv l’anno (0.03 µSv/h). Questo è un valor medio, che subisce delle forti oscillazioni. E’molto più basso lungo le coste, dove può arrivare anche a dimezzarsi. Esistono dei luoghi in cui questo valore può risultare più elevato. Ne è un esempio lo stato del Colorado (USA) dove il livello di questo tipo di radioattività risulta essere più del doppio del valore medio stimato a causa della forte presenza di torio nel sottosuolo.

B2) Radioattività naturale in aria

Nell'aria, la radiazione naturale è dovuta principalmente alla presenza di radon e toron, cioè di gas (7,5 volte più pesanti dell'aria) appartenenti alle famiglie dell'uranio e del torio. Il decadimento dell'uranio-238 porta infatti alla formazione di Ra-226 che, emettendo una particella alfa, decade in Rn-222, cioè radon; nella famiglia del torio, il decadimento del Ra-224 porta alla formazione del Rn-220, un gas chiamato toron. Il contributo maggiore alla dose assorbita deriva dai figli del radon piuttosto che dal gesso e principalmente dalla sua inalazione in luoghi chiusi.

Il radon può essere emanato dalle rocce, dai suoli e da materiali da costruzione di origine naturale (come alcuni tufi, pozzolane, lave, graniti, scisti, etc.) o artificiale (ad es. fosfogessi) o, in percentuale molto minore, dalle acque; infatti è solubile in acqua fredda (e quindi viene trasportato nelle acque profonde ), ma poiché la sua solubilità decresce rapidamente con l'aumentare della temperatura, può essere rilasciato quando l'acqua si riscalda. Il radon emanato viene rapidamente disperso all'aperto, dove lo si trova in concentrazioni generalmente basse; quando invece è presente al chiuso (diffuso dal suolo o dai materiali da costruzione), a causa del diminuito ricambio di aria esso tende a concentrarsi. È proprio la ridotta ventilazione negli edifici , a seguito dei programmi di conservazione energetica iniziati negli anni '70, che ha risvegliato l'attenzione degli addetti ai lavori al problema del radon negli ambienti chiusi. Esso, infatti, è ritenuto cancerogeno per l'uomo, come riconosciuto ormai da diversi anni dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

B3) Radioattività naturale nelle acque

Le acque contengono una certa quantità di radioattività, dovuta sia alle piogge che trasportano le sostanze radioattive dell'aria, sia alle acque di drenaggio che convogliano nei bacini idrici sostanze radioattive presenti nelle rocce e nel suolo.

B4) Radiazione naturale nei cibi

Tutti i cibi, siano essi di origine animale o vegetale, contengono carbonio-14 radioattivo. Nei cibi è presente anche il potassio di cui una piccola parte è radioattiva. La dose media irraggiata dai cibi è di circa 0.2 mSv l’anno (0.02 µSv/h).

B5) Radiazione naturale del corpo umano

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Come è per tutti gli animali, anche il nostro corpo contiene potassio, carbonio-14 e altri radionuclidi. Questo ci rende radioattivi. Ciò significa che il livello di irraggiamento aumenta quando si sta a contatto con tanta gente. La dose media stimata per la radioattività umana è di circa 0.4 mSv l’anno (0.05 µSv/h).

B6) Radiazioni non naturali quotidiane

È stato misurato che la dose di radioattività emessa a causa dei diversi test nucleari che si svolgono in diverse parti del pianeta è mediamente di circa 0.01 mSv l’anno (0.001 µSv/h). La stessa dose di radiazioni, ossia 0.01 mSv l’anno viene assorbita guardando la TV. Gli oggetti di porcellana, i graniti, le piastrelle, gli oggetti di cristallo emettono una dose di radiazioni pari a0.001 mSv l’anno. Vivendo nelle vicinanze di una centrale nucleare o di un deposito di stoccaggio delle scorie viene stimato un aumento medio della radioattività di circa 0.00001 mSv l’anno, ossia una quantità insignificante se confrontata con altre fonti naturali di radiazioni, magari presenti in casa da anni. Invece nei dintorni di una centrale elettrica a carbone il livello di radioattività è superiore di ben tre volte rispetto a quello misurato in una zona a densità nucleare. Ciò è dovuto alla liberazione di uranio presente nel carbone fossile bruciato.

B7) Radiazioni da controlli o cure mediche

Nella stima della dose dovuta al fondo naturale si è preso in considerazione la radioattività assorbita per via di controlli medici (raggi X, ecc…) o delle varie cure (chemioterapie, radioterapie, ecc…). La scelta è legata alla difficoltà di individuare il numero di controlli o la quantità di cure da considerare come riferimento medio per l’umanità. Questo non significa che le dosi legate a queste voci siano trascurabili, tutt’altro, come si può rilevare sinteticamente dai dati riportati nella tabella seguente (Tabella 1).

Procedura Dose efficace (mSv)

a quante radiografie toraciche equivale

(numero) INDAGINI DI RADIOLOGIA CONVENZIONALE

Torace

0,02 1,0

Cranio 0,07 3,5 Bacino 0,7 35,0 Colonna dorsale 0,7 35,0 Addome 1,0 50,0 Colonna lombare 1,3 65,0 Clisma opaco 7,0 350,0

INDAGINI TAC

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Cranio 1,7 85 Colonna cervicale 1,7 85 Colonna dorsale 4,4 220 Colonna lombare 5,1 255

Torace 7,7 385 Addome 7,8 390 Pelvi 8,8 440

Tabella 1: dose efficace per varie tipologie di controlli medici.

Radiazione naturale totale

Quindi non considerando la radioattività relativa ai controlli e alle cure mediche, ipotizzando che un uomo non passi buona parte della sua vita su un aereo, la dose totale stimata di radiazioni che l’uomo riceve è circa 3 mSv/anno (0.34 µSv/h di esposizione continua). Questa è una stima media che quindi può variare da posto a posto, a seconda della conformazione del suolo, dell’altitudine e dalla presenza più o meno significativa di gas radon. Le radiazioni hanno due tipi di effetti: a) effetti immediati

b) effetti tardivi

a) effetti immediati

Gli effetti immediati importanti si possono avere solo in caso di rilevante incidente e quindi vanno considerati presenti nel caso specifico di evento molto grave.

Nella tabella seguente (Tabella 2) si riepilogano gli effetti immediati derivanti dall’assorbimento di dosi di radiazione differenti.

Dose (Sv)

Sintomi immediati Rischio di morte Morte dopo

0-1 nessuno nessuno

1-2 vomito e diminuzione dei globuli

bianchi nessuno

2-6 Come sopra più emorragie,

infezioni e depilazione fino al 80% dei casi Due mesi

6-10 Come sopra tra l’80 e il 100%

dei casi Due mesi

>10 Come sopra più sonnolenza,

tremori e febbre Praticamente certo

Meno di due settimane

Tabella 2: Effetti immediati dell’assorbimento di una dose di radiazioni.

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b) effetti tardivi

Gli effetti tardivi delle radiazioni si accumulano nell’organismo e quindi si sono prese misure per ridurre i limiti di esposizione. Nella tabella seguente sono elencati i rischi di effetti tardivi delle radiazioni sugli organi più sensibili, considerati irraggiati con 10 mSv.

Rischi di effetti tardivi delle radiazioni Organi critici irraggiati con 10mSv

Organo irraggiato con 10 mSv (*)

Effetto tardivo Numero di casi su 1 milione di persone

Midollo attivo Leucemia 20 su 1 milione Ossa Cancro 5 su 1 milione

Polmoni Cancro 20 su 1 milione Mammelle Cancro 25 su 1 milione

Tiroide Cancro 5 su 1 milione

Apparato genitale Malformazione e malattie

nei figli e nei nipoti 40 su 1 milione

Tabella 3: rischi di effetti tardivi delle radiazioni sugli organi più sensibili.

(*) sono considerate 1 milione di persone irraggiate al corpo intero.

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13.6 La fissione nucleare 13.6.1 Le reazioni nucleari Le particelle fondamentali possono interagire con i nuclei, urtandoli o penetrandoli: si parla di reazione nucleare.

Le particelle che sono in grado di instaurare reazioni nucleari sono:

• neutroni; • protoni; • deuteroni (nucleo di deuterio); • particelle α e β; • radiazioni γ.

Dalle reazioni nucleari si generano nuclei artificiali radioattivi.

La fissione e la fusione rappresentano due tipi di radiazioni nucleari. Ovvero reazioni

nucleari che, partendo da nuclei meno stabili (e cioè molto leggeri A↓↓ nel caso della

fusione o molto pesanti nel caso della fissione A↑↑) producono nuclei di massa

intermedia e quindi più stabili; la maggior stabilità acquisita a seguito delle reazioni nucleari comporta la liberazione di una grande quantità di energia pari alla differenza di energia di legame tra nuclei risultanti e nuclei originari.

In particolare la reazione nucleare si chiama fusione se due o più nuclei leggeri sono fusi e combinandosi in un nucleo più pesante e più stabile, cioè avente una massa leggermente minore della massa dei nuclei originari.

Si parla invece di fissione quando, durante la reazione nucleare, un nucleo pesante è spaccato (fissionato) in due o più nuclei leggeri e più stabili, cioè i nuclei dei prodotti di fissione (Pdf) hanno massa inferiore al nucleo di partenza.

In base a quanto già dettagliatamente descritto nei paragrafi precedenti su tema, per completezza si riportano nel seguito le curve di sintesi.

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Figura 8: energia di legame vs numero di massa.

Figura 9: energia di legame vs numero di massa (fusione e fissione).

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13.6.2 Le tipologie di neutroni e le sorgenti di neutroni I neutroni in base alla loro velocità o meglio energia possono essere distinti in tre categiìorie:

1) neutroni lenti o termici : sono quei neutroni caratterizati a un’energia di 0,025 eV. Trassformata in velocità corrisponde ad una velocità di 2.200 m/s;

2) neutroni epitermici: ovvero di energie dell’ordine di 1 eV; 3) neutroni veloci: sono neutroni caratterizzati da un’energia compresa tra 100keV

e 10 MeV.

A questo punto è interessante capire come si riesce a produrre un flusso neutronico.

Sorgente aaaa-Berillio

La reazione utilizzata per scoprire il neutrone può essere usata per produrre una sorgente di neutroni disponibile per esperimenti in laboratorio, e cioè:

nCBeHe +→+ 1294 (1)

Quando una tipica particella α (He-4) derivante da un decadimento radioattivo colpisce l’isotopo stabile Be-9, può essere rilasciato un neutrone.

Pertanto mettendo assieme un materiale instabile con lunga vita che decade α (come ad esempio l’isotopo Ra-226) e Be-9 si avrà una costante produzione di flusso neutronico.

A sua volta i figli derivanti dal decadimento alfa del Ra-226 decadranno ancora alfa mettendo a disposizione particelle α da 5 a 8 MeV che colpendo i nuclei di Be-9 produrranno neutroni con uno spetrto energetico fino a 15 MeV, ovvero fino a neutroni veloci. I neutroni prodotti dalle reazioni come la (1) non sono monoenergetici, ma coprono un vasto spettro di energia, come evidente nella figura seguente. La più probabile energia dei neutroni è circa 5 MeV e la velocità di produzione dei neutroni è di circa 107 neutroni/s per ogni curie di Ra-226.

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Figura 10: Spettro energetico dei neutroni prodotti dalla sorgente Ra-Be.

Sorgente γγγγ-Berillio

In un processo simile al precedente si possono usare radiazioni γ, anziché particelle a,

sempre contro nuclei Be-9, ovvero:

nBeBe +→+ 89γ

Il vantaggio di questa sorgente è riuscire ad avvicinarsi ad una produzione neurtonica

quasi monoenergetica, in modo particolare se le radiazioni γ sono monoenergetiche.

I nuclei di 24Na emettono γ di 2,76 MeV: le quantità prodotte sono di 2x106 neutroni/s

per 1 curie di 24Na. I neutroni prodotti hanno energia di circa 0,8 MeV.

Fissione spontanea

Una comune sorgente di neutroni è quella che utilizza la fissione spontanea dell’isotopo californio-252. L’isotopo però non decade solamente per fissione spontanea, ma anche alfa: in particolare si ha la seguente distribuzione di probabilità::

- 97% dei decadimenti per aaaadecay;

- 3% dei decadimenti per fissione spontanea.

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Sono prodotti mediamente 4 neutroni per ogni fissione dell’isotopo. La velocià di produzione è di 2,3x1012 neutroni/s per ogni grammo di Cf-252, ovvero 4,3x109 neutroni/s per ogni curie di Cf-252. L’energia media dei neutroni prodotti eè di 1-3 MeV.

Reazioni nucleari

Vi è la possibilità di produrre neutroni utilizzando diverse reazioni nucleari. In questo caso c’è la necessità dell’impiego di un acceleratore per produrre un fascio di particelle pre dare inizio alla reazione.

Reattori

Come si vedrà nel seguito le reazioni di fissioni presenti all’interno di un reattore nucleare determinano la produzione di neutroni veloci che, a meno della filiera dei reattori veloci, veranno rallentti con il moderatore.

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13.6.3 Il neutrone incidente un nucleo Un neutrone (o in generale una particella) quando incide un nucleo di un isotopo può:

• urtare (scattering);

• essere assorbito. Nel primo caso si parla di scattering elastico quando viene conservata la quantità di moto e di scattering anelastico se non viene mantenuta la conservazione. Nel caso di assorbimento il neutrone può essere catturato e pertanto sparire dalla scena. Oppure all’assorbimento consegue una fissione del nucleo. La fisica quantistica insegna che non esiste una sola possibilità, ma ogni nucleo in base alle sue caratteristiche ed in base alle caratteristiche della particella incidente (velocità, ecc.) potrà avere una probabilità di assorbire per cattura o per fissione o di far rimbalzare la particella. Con la dizione sigma σσσσ, o in inglese cross section, si suole individuare la probabilità che avvenga il particolare evento. In generale pertanto si avrà:

fissione

cattura

scattering

σσσ

13.6.4 La fissione nucleare La fissione può essere causata dall’urto tra un nucleo e un neutrone: tale urto scinde, spezza, ovvero fissiona il nucleo, in media, in due parti, due nuovi nuclei detti prodotti di fissione. Nella rappresentazione seguente si rappresenta una fissione dell’U-235.

Figura 11: fissione nucleare.

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La fissione può essere ottenuta anche con altre particelle che non siano neutroni, tuttavia il bombardamento con neutroni è il solo modo pratico per innescare una successione di reazioni di fissione autosostenentesi, poiché ogni fissione dà origine a due/tre neutroni freschi.

Molti isotopi pesanti sono fissionabili, l’unico isotopo naturale fissionabile è l’U-235. Mentre i più importanti isotopi fissionabili artificiali sono il Pu-239 e l’U-233. Quindi nel seguito analizzeremo i tre fissili:

14323592U isotopo naturale

14123392U isotopo artificiale

14523994 Pu isotopo artificiale

Nel caso dell’U-235, la fissione con neutroni termici (se ne spiegherà più avanti il significato):

EnYXinstabileUnU Az

Az +×++→→×+ ν2

2

1

1)(1 236

9223592 (2)

ove: • U235

92, è il nucleo fissile che subisce la reazione di fissione;

• 1 x n, rappresenta un neutrone “termico” che reagisce con il fissile; U236

92 , è il nucleo instabile che si forma nel momento in cui il nucleo viene assorbito dal fissile e che immediatamente si fissiona;

• YX Az

Az

2

2

1

1+ sono due nuclei, frammenti derivanti dalla spaccatura, fissione del nucleo

di uranio e sono detti prodotti di fissione (Pdf);

• ν x n, sono i neutroni prodotti dalla reazione di fissione e ν rappresenta lo scalare, che mediamente in tale reazione è pari a 2,43;

• E, è l’energia resa disponibile dalla reazione di fissione. Qui è rappresentata idealmente come un qualcosa prodotto distintamente dal resto, si vedrà più avanti che non sarà così.

Alcune possibili reazione di fissioni che si riscontrano in un reattore nucleare sono:

nKrBanU ×++→×+ 21 9736

13756

23592

nCsRbnU ×++→×+ 21 14155

9337

23592

Ora approfondiamo ogni singolo elemento della reazione nucleare di fissione del fissile u-235 con neutroni termici.

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Il neutrone termico Il neutrone termico, ovvero lento, da 0,025 eV, viene assorbito dal nucleo ed innesca la reazione di fissione dell’u-235. La figura seguente mostra chiaramente, nel caso dell’uranio-235, la maggior probabilità di fissionare (“fission cross section”)con neutroni termici, piuttosto che con neutroni veloci. Analizzando inoltre la curva relativa all’isotopo u-238 si evidenzia che con neutroni veloci nasce una probabilità di fissione anche per l’u-238.

Figura 12: probabilità di fissione degli isotopi u-235 e u-238 in funzione dell’energia dei neutroni

incidenti.

I prodotti di fissione Pdf I frammenti di fissione possono essere nuclei di qualsiasi tipo entro un ampio intervallo di numero di massa (A) compreso tra 70 e 170, con maggiore probabilità di essere attorno ai numeri di massa 95 e 135. La distribuzione in massa dei prodotti di fissione risultanti dalla fissione dell’U-235 con neutroni termici è riportata in Figura 13.

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Figura 13: distribuzione in massa dei prodotti di fissione risultanti dalla fissione dell’U-235 con neutroni termici.

La distribuzione in massa dei prodotti di fissione risultanti dalla fissione del Pu-239 e dell’U-233 con neutroni termici è riportata in Figura 14.

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Figura 14: distribuzione in massa dei prodotti di fissione risultanti dalla fissione dell’U-233 e del Pu-239 con neutroni.

Quindi si evidenzia che per il fissile Pu-239 numeri di massa dei due prodotti di fissione vedono la distribuzione attorno a 100 e 135; mentre per il fissile U-233 si ha 92 e 135.

Riconsiderando una delle possibili reazioni di fissione riportate in precedenza:

nCsRbnU ×++→×+ 21 14155

9337

23592

i due frammenti di fissione Rb9337 e Cs141

55 sono nuclei altamente radioattivi e danno

origine a catene di decadimento, di cui nel seguito si riportano un paio di esempi:

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NbZrYSrRb yhms 931093109379369337

6

→→→→

Pr141331414141181412514155 →→→→ dhms CeLaBaCs

con emissioni di molti β e radiazioni γ (che contribuiscono al complessivo di energia

rilasciata nella fissione).

I prodotti radioattivi rappresentano le scorie nucleari. Molti decadono e si trasformano velocemente, altri hanno tempi di dimezzamento molto lunghi, specialmente per quegli isotopi vicini all’isotopo stabile della catena.

L’energia liberata da una fissione Non tutti i neutroni assorbiti dal nucleo fissile provocano la fissione, ma possono essere catturati generando un nucleo artificiale di massa maggiore e instabile e pertanto emettendo, con un certo ritardo, raggi β e γ.

Ogni fissione libera un certo quantitativo di energia in tempi diversi, ovvero:

• energia rilasciata con la fissione: energia istantanea;

• energia rilasciata con un certo ritardo dalla fissione: energia ritardata.

La somma dell’energia istantanea con quella ritardata rappresenta l’energia totale liberata da ogni fissione.

Riepilogando per ogni fissione degli isotopi fissili in studio (U-235, Pu-239 e U-233) si libera la seguente energia istantanea e ritardata:

MeV/fissione U-235 Pu-239 U-233

A

Energia istantanea - energia cinetica dei prodotti di fissione (PdF) 169 175 177 - energia dei raggi γ 8 8 8 - energia cinetica dei neutroni prodotti 5 6 6

totale 182 189 191

B

Energia ritardata - β dai PdF 8 8 9 - γ dai PdF 7 6 7 - γ da cattura di neutroni 7 10 10

totale 22 24 26 Totale Energia rilasciata da una fissione

(MeV/fissione) 204 213 217

U-235 Pu-239 U-233

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A livello macroscopico l’energia cinetica dei Pdf, dei n, l’energia delle radiazioni si palesa in calore.

I neutroni prodotti I neutroni emessi dalla fissione sono veloci ed hanno mediamente un’energia di 2MeV, con valori che possono raggiungere anche i 15MeV.

Esistono due parametri fisici molto importanti: il numero medio di neutroni prodotti per

ogni fissione (definite come υυυυ) o il numero medio di neutroni prodotti per ogni neutrone

comunque assorbito dal nucleo (detto ηηηη). Essi dipendono da:

− tipo di nucleo fissile; − dall’energia dei neutroni incidenti (e quindi dalla velocità).

In particolare si ha:

υυυυ ηηηη n° di neutroni prodotti

da ogni fissione n° di neutroni prodotti per ogni neutrone assorbito

Uranio-233 2,51 2,28 Uranio-235 2,43 2,07 Uranio naturale 2,43 1,34 Plutonio 239 2,90 2,10 Plutonio 241 3,06 2,24

Si evidenzia che υυυυ è sempre più alto di ηηηη, ma quest’aspetto è ovvio in quanto il

parametro ηηηη tiene conto di tutti i neutroni assorbiti da nucleo, ovvero non solo quelli che

fissionano.

Va inoltre osservato che l’uranio naturale (che ha come fissile l’U235): ha υ uguale

all’U235, mentre η è basso perché la grande quantità di U238 presente in natura si

“mangia”, ovvero cattura neutroni senza fare fissione.

Pertanto i valori di ηηηη danno l’informazione di quanti neutroni vengono prodotti a

seguito della fissione del nucleo rispetto a quanti neutroni vengono assorbiti dal nucleo. Dalla scrittura della reazione nucleare di fissione (2) è necessario per l’autosostentamento della reazione che i neutroni prodotti (a destra della reazione), dopo essere stati opportunamente rallentati da 2MeV a 0,025 eV e dopo alcuni essere stati

catturati si mantengano ≥1.

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L’uranio naturale è il più di semplice impiego nel reattore perché si trova già in natura senza particolari trattamenti, però solo lo 0,7% è costituito da U-235 fissile con neutroni

termici e pertanto il valore di η è basso.

Diventa interessante riuscire ad aumentare la quantità di fissile u-235 rispetto all’u-238

per accrescere il valore di η: ecco che grazie agli imponenti impianti di arricchimento

isotopico si riesce a passare a valori arricchiti in u-235 dell’ordine di 2-4%.

13.6.5 I nuclei fertili: conversione fertile-fissile Nel trattare le fonti primarie di energia si è distinto il caso di nucleare a fissione e nucleare a fissione autofertilizzata. Nel primo caso si rientrava nelle fonti esauribili, mentre nel secondo caso si passava alle fonti praticamente inesauribili.

Ma cosa significa autofertilizzazione?

Trascurato l’isotopo U-234 presente in tracce, i due isotopi dell’uranio che si trovano in natura sono:

• U-238 al 99,3% fertile • U-235 allo 0,7% fissile

Analogamente nel caso del Torio in natura vi è la presenza:

• Th-232 fertile

L’isotopo U-238 e l’isotopo Th-232 sono detti isotopi fertili perché catturano neutroni e successivamente decadono lungo le catene di decadimento dette fertile-fissile, nelle quali il punto di arrivo è rappresentato da nuclei fissili artificiali. In altre parole si assiste alla conversione di un fertile in un fissile.

In particolare:

la catena di conversione del fertile U-238→→→→nel fissile Pu-329:

PuNpUnUgtmt 239

94

)3,221(239

93

)2321(239

9223892 1 → →+→×+ == −− ββγ

la catena di conversione del fertile Th-232→→→→nel fissile U-233:

UPaThnThgtmt 233

92

)4,2721(239

91

)2321(233

9023290 1 → →+→×+ == −− ββγ

Quei reattori nucleari che utilizzano la conversione dei fertile in fissili hanno pertanto a disposizione una quantità praticamente inesauribile di fonte primaria di energia.

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13.7 Principi di funzionamento del reattore nuclear e

13.7.1 Bilancio di neutroni Riepilogando, nel paragrafo precedente si è visto che a seguito della reazione nucleare di fissione dell’isotopo U-235 con neutroni termici si producono in media υ neutroni, pari a 2,43n. Approfondendo si è potuto riscontrare che il numero di neutroni prodotti per ogni neutrone assorbito dal nucleo risulta pari a η, η < υ. Affinché la reazione si autosostenga è fondamentale che il numero dei neutroni, opportunamente rallentato, una volta che raggiunge un nucleo fissile, sia > 1. Il controllo dei flussi neutronici (“la neutronica”), ovvero l’autosostentamento delle reazioni è fondamentale per il funzionamento di un reattore. Il bilancio di neutroni può essere così espresso:

FAAP Cf ++= ove: • P = n. di neutroni prodotti in media in ogni fissione; • Af è il numero di neutroni assorbiti e che faranno fissioni (NEUTRONI di FISSIONE); • AC è il numero di neutroni assorbiti ma che non fanno fissioni (NEUTRONI di CATTURA); • F è il numero di neutroni che sfuggono dal sistema (NEUTRONI di FUGA).

Affinché il processo si auto sostenga Af ≥≥≥≥ 1

In particolare si individuano le tre seguenti possibilità:

• con Af = 1 la reazione a catena è stazionaria;

• con Af < 1 la struttura è sottocritica e la reazione si spegne;

• con Af > 1 la struttura è sopracritica la reazione cresce progressivamente.

Il termine Af è detta quindi: REATTIVITÀ della struttura moltiplicante o del nocciolo del reattore o semplicemente del reattore ed indicata con k = Af.

In un funzionamento normale, per riuscire a gestire un reattore, si lavora con k > 1 e si controlla tale k con sistemi di avvelenamento (detti organi di controllo), che consentono, pur avendo k > 1, di funzionare sempre in regime stazionario (k = 1). Chiarita la necessità per funzionare di avere k = 1, non è per nulla trascurabile riuscire a rispettare questo vincolo. Infatti il reattore non è costituito solo da uranio: i neutroni durante la loro vita si trovano di fronte anche altro materiale, che avrà le sue peculiarità nucleari. In particolare, se la probabilità di assorbimento (σass) del materiale è elevata c’è la concreta eventualità che una gran quota di neutroni spariscano perché catturati e alla fine k possa ridursi a valori inferiori all’unità.

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La progettazione di un reattore nucleare, pertanto, non può prescindere da un’analisi e conseguentemente scelte di materiali che lo costituiscano tali che la neutronica venga rispettata. Consideriamo per esempio un reattore che funziona con uranio naturale, ovvero υ=2,43 e η=1,34: cioè a causa della forte presenza (99,3%) dell’u-238 nell’uranio naturale molti neutroni assorbiti dall’uranio naturale non fanno fissione, ma vengono catturati dall’u-238 e pertanto spariscono. Quindi un reattore che usa uranio naturale parte già con 1,34 neutroni senza ancora aver considerato la possibilità che altro materiale (come si vedrà più avanti ad esempio il moderatore) catturi e riduca i neutroni disponibili per il sostentamento di altre fissioni. E’ evidente, quindi, che la famiglia di reattori (detta filiera ) che impiega l’uranio naturale nella scelta dei materiali dovrà stare molto attenta e preferire quelli con σass molto bassa. Per migliorare la situazione esistono altre famiglie di reattori, ovvero altre filiere che utilizzano invece dell’uranio naturale, uranio arricchito in u-235 al 2-4%, comportando

questo valori di η più elevati .

13.7.2 La massa critica o la dimensione critica

I neutroni che sfuggono dal sistema (F) ove avviene la reazione a catena crescono:

• al diminuire delle dimensioni del sistema perché diminuisce il rapporto superficie/volume;

• al diminuire della massa contenuta nel sistema perché diminuisce la

produzione di neutroni.

Quindi per ogni struttura moltiplicante esistono delle dimensioni minime sotto le quali la reazione a catena non può auto sostenersi. Tali dimensioni minime sono dette: dimensioni critiche e la massa detta massa critica.

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13.7.3 Il controllo del reattore Nel controllare il reattore si perseguono due obiettivi :

a) controllare e regolare la potenza: ovvero crescere o diminuire da una

potenza ad un’altra; accendere il reattore e portarlo ad una certa potenza, spegnere il reattore;

b) compensare la riduzione della reattività dovuta all’invecchiamento del

combustibile e quindi il combustibile fresco inizialmente con una presenza elevata di fissile u-235 con il passare del tempo, a causa delle continue reazioni di fissione, si trasforma via via in combustibile esausto, ovvero in scorie. Tali operazioni rappresentano un controllo a lungo termine.

Evidentemente, per quanto detto anche in precedenza, per controllare il reattore bisogna essere in grado di variare la reattività k. Per variare la reattività k si utilizzano sostanze che hanno una probabilità di assorbimento per cattura neutronica molto elevata (σass ↑↑). Tali sostanze prendono il nome di veleni e le principali sono boro, afnio, cadmio, gadolinio. In analogia con la barra di combustibile, nella quale vengono inserite le pastiglie di biossido di uranio (UO2), i veleni vengono inseriti in barre dette barre di controllo. A seguito di una progettazione complessa si identifica la struttura del nocciolo ove sono inserite le barre di combustibile e di controllo e quindi si controlla il reattore. Se consideriamo qualitativamente la seguente sezione del nocciolo: e sempre qualitativamente e didatticamente l’alzata di qualche barra: La posizione delle barre di controllo è tale che i neutroni che fuoriescono dalle barre di combustibile, come conseguenza delle reazioni di fissione, vengano catturati dai veleni; in tal caso k↓. Se la barra di controllo “libera” una parte di una barra di combustibile

Barre di combustibile

Barre di controllo

Flusso neutronico

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allora lì si avrà un maggior flusso neutronico e conseguentemente reazioni a catena e k↑↑; aumenta il ritmo delle fissioni e conseguentemente aumenta la potenza. k↑1. Quando si è arrivati alla potenza desiderata si riporta k = 1 e si arresta il

movimento delle barre di controllo.

Il combustibile di una centrale nucleare si esaurisce mediamente dopo circa 4 anni, diventando le scorie nucleari del reattore. In quest’arco di tempo, sia tramite il movimento delle barre di controllo, che spostando nel nocciolo dall’interno verso l’esterno le barre di combustibile sempre più vecchie, si riesce ad effettuare il controllo a lungo termine.

NEUTRONI PRONTI E RITARDATI

Individuati gli strumenti per il controllo del reattore, ovvero per riuscire a variare la reattività k, nasce spontanea una domanda: qual è la velocità con cui vengono prodotti i neutroni? o meglio si è sicuri che i neutroni non vengano prodotti troppo velocemente rispetto alla velocità del nostro controllo?

I neutroni vengono prodotti con una velocità compresa tra 10-3÷÷÷÷10-6 secondi: a queste

velocità non si è in grado di agire per tempo con il controllo.

In realtà non tutti i neutroni prodotti sono prodotti istantaneamente, ma si può dire che esistano:

• neutroni pronti : ovvero quei neutroni prodotti istantaneamente all’atto della fissione;

• neutroni ritardati , pari allo 0,73% del totale neutroni prodotti, nel caso di fissioni termiche dell’U-235, che vengono prodotti con un ritardo rispetto alla fissione di 13 secondi.

Quindi se i neutroni prodotti dalla fissione fossero tutti pronti l’uomo non riuscirebbe a controllare la reattività k, ovvero il reattore. Grazie ai neutroni ritardati il controllo può avvenire.

Si tenga presente che il valore di 0,73% del totale di neutroni prodotti non è un numero trascurabile; infatti ogni mole contiene il numero di Avogadro (6,022x1023) di molecole e quindi i numeri in gioco sono elevati.

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13.7.4 Moderazione dei neutroni I neutroni prodotti dalla fissione nucleare sono neutroni veloci, ovvero mediamente di 2 MeV (con punte fino a 15 MeV).

Si definiscono:

Reattori veloci: quei reattori che utilizzano nveloci per la reazione di fissione; Reattori termici: quei reattori che utilizzano ntermici per la reazione di fissione.

Nei reattori veloci, usando neutroni veloci per fissionare, possono impiegare i neutroni già veloci prodotti dalla fissione senza bisogno di rallentarli.

Mentre il neutrone impiegato a fissionare nei reattori termici è termico, ovvero lento, pari a 0,025eV.

Pertanto si chiama moderatore il materiale utilizzato per rallentare opportunamente gli elettroni da veloci a termici.

Conseguentemente i reattori veloci sono sprovvisti di moderatore.

La corretta scelta del materiale da utilizzare come moderatore non può prescindere dall’analisi della neutronica e dal rispetto di k>1. Si devono pertanto tenere in considerazione i seguenti aspetti:

a. rallentare in neutrone con un piccolo numero di urti; b. avere σscattering elevata; c. avere σassorbimento bassa.

I moderatori più utilizzati sono:

• acqua naturale (H2O);

• acqua pesante (D2O); • grafite (C).

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13.8 Impianti nucleari di potenza

L’enorme quantità di energia liberata nel processo di fissione - nel caso di una fissione termica dell’uranio-235 tale valore è pari a 204 MeV e si ritrova

microscopicamente nell’energia cinetica dei PdF e dei neutroni liberati, nei γ istantanei

e nei γ e nei β ritardati – a livello macroscopico si evidenzia come calore.

L’energia messa a disposizione si trasferisce come calore ad un idoneo fluido termovettore, che direttamente o indirettamente (tramite un fluido detto fluido motore) converte la propria energia in energia elettrica e termica utile a l’uomo.

E’ il reattore nucleare.

Un reattore nucleare è costituito dai seguenti componenti fondamentali:

a. combustibile; b. moderatore (H2O, D2O, C); c. riflettore (sostanza che circonda il nocciolo e che riflette i neutroni in

fuga); d. fluido termovettore: liquido o gas (H2O, D2O, Na, CO2, He); e. fluido motore: generalmente H2O; f. organi di controllo (barre, …); g. organi strutturali ; h. schermi.

Il combustibile in un reattore può essere di due tipi:

- uranio naturale in cui il fissile U-235 è allo 0,7%; - uranio arricchito in U-235 tra il 2-4%

I minerali utilizzati industrialmente sono due: uraninite , o se in forma colloidale,

pechblenda; in tutti e due i casi si tratta di biossido di uranio U02. In natura hanno il seguente aspetto:

Figura 15: uraninite.

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Dalla roccia attraverso un processo di preparazione si ottiene una polvere gialla che viene inserita in pastiglie di biossido di uranio (UO2), che vengono collocate in una barra di combustibile, che a sua volta viene assiemata con altre barre di combustibile a formare l’elemento di combustibile.

Figura 16: pastiglia.

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Figura 17 barra di combustibile - PWR

.

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Figura 18 elemento di combustibile – PWR.

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Figura 19: Sezione semplificata nocciolo – PWR.

Figura 20: operazioni nel nocciolo - Gosgen – PWR.

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Figura 21: spaccato del vessel di un PWR.

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Il trasferimento di calore all’esterno del nocciolo e la sua trasformazione in energia elettrica avviene secondo i due seguenti schemi:

reattore a ciclo indiretto: il termovettore, fluido che raffredda il nocciolo, è tenuto a pressioni tali da rimanere nello stato liquido. In un generatore di vapore scambia il suo calore ad un fluido motore che opera in turbina.

reattore a ciclo diretto: il termovettore bolle nel reattore (che svolge in questo caso anche la funzione di generatore di vapore) e lavora direttamente in turbina; in questo caso quindi il fluido termovettore coincide con il fluido motore.

Schematicamente si possono rappresentare:

Figura 22: sistema circolatorio per reattori ad acqua bollente (BWR) e ad acqua in pressione (PWR).

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Una differenza sostanziale tra i due casi è che nel caso diretto la sezione del ciclo termico rientra tra le zone nucleari. Nel caso indiretto invece il ciclo è a tutti gli effetti un’area tradizionale. Un’altra differenza di rilievo è che nel caso il sistema indiretto deve mantenere il fluido termovettore ad una pressione opportunamente elevata, attraverso un sistema detto pressurizzatore.

Nel seguito uno spaccato dell’edificio della centrale di Fukushima.

Figura 23: Fukushima Daiichi - BWR.

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Nel seguito una vista delle torri di raffreddamento a convezione naturale. Tale sistema deve essere in grado di raffreddare il secondario proveniente dal condensatore. Il calore in gioco è così elevato che è necessario avere a disposizione bacini rilevanti (fiume, mare, ecc.). Nell’esperienza nucleare italiana ad esempio il reattore a ciclo diretto di Caorso utilizzava l’acqua del Pò.

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Figura 24: turbina a vapore di una centrale nucleare.

Tra le diverse modalità di classificazione può essere impiegata quella di suddividere le filiere dei reattori in base al tipo di moderatore:

Reattori moderati a grafite Magnox (Latina, Co2) AGR Advanced Gas Reactor HTGR Hight Temperature Gas Reactor Reattori ad acqua leggera PWR (Gosgen in Svizzera) (LWR) BWR (Caorso, Trino) (Light Water Reactor) Reattori ad acqua pesante Candu – PHWR (Pressurized Heavy Water Reactor)

Candu – BHWR (Boiling Heavy Water Reactor)

(CIRENE)

Reattori veloci (senza moderatore)