Cap 103 - Malattie Infiammatorie Extrarticolari

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Tenosinoviti M. CORRADI Le tenosinoviti o tenovaginaliti vanno definite come un’infiammazione del rivestimento sinoviale della guaina tendinea 1 . Questo processo infiammatorio è scatenato da un sovraccarico funzionale o da traumi ripetuti a carico dei tendini flessori ed estensori. Superata la capacità di adatta- mento a queste situazioni di stress, col tempo si instaura una reazione di riparazione ed un ispessimento della guai- na tendinea che può essere fino a tre volte il diametro nor- male. L’infiammazione produce il rilasciamento di fattori vasoattivi e chemiotattici che a loro volta determinano va- sodilatazione. Quest’ultima porta alla proliferazione di fi- broblasti che producono collageno. Il collageno giunto a maturazione aumenta di dimensioni e si dispone longitudi- nale lungo la guaina tendinea che risponde con un aumen- to di spessore di circa 3 volte il diametro normale 2 e con una metaplasia fibrocartilaginea da attrito 3 . Il quadro clinico comune nella fase acuta è caratterizza- to da dolore locale, edema ed occasionalmente da crepitio. Le tenosinoviti si distinguono in proliferative e reatti- ve (o stenosanti). Le caratteristiche delle tenosinoviti proliferative sono la possibilità di diffusione e di invasione al di fuori della guaina tendinea con rotture tendinee ed erosioni ossee. Tipica è l’artrite reumatoide che ha una localizzazione alla mano e al polso e che coinvolge dal 64 al 95% dei pazienti 4 (Fig. 103-1). Altre patologie ad eziologia infiammatoria sono l’amiloidosi, la gotta (o tenosinovite cristallina) e la te- nosinovite settica. L’amiloidosi si può considerare una malattia da depo- sito di una proteina serica a basso peso molecolare (la β 2 - microglobulina) nelle ossa e nei tessuti molli (tendini). Questa patologia è comune nei pazienti emodializ- zati cronici con minimo di 5 anni di trattamento dialiti- co 5 . L’emodialisi con filtri a membrana non biocompati- bile (Cuprophane) ha un effetto immunostimolante sul sangue filtrato producendo l’attivazione del comple- mento C5a che a sua volta con un meccanismo a cascata libera Interleuchina-1 (Tab. 103-1). Quest’ultima ha due effetti: un effetto acuto che si manifesta con febbricola durante la dialisi e catabolismo muscolare e un effetto 1109 Malattie infiammatorie extrarticolari M. CORRADI, L. ROCCHI, D.S. POGGI, E. MARGARITONDO CAPITOLO 103 TAB. 103-1. PATOGENESI DELL’AMILOIDOSI DA DIALISI. Emodialisi con filtri Cuprophane Attivazione del complemento C 5a Liberazione di interleuchina-1 (IL-1) Aumentata produzione di PgE2 e Pgl2 Effetti acuti Effetti cronici Febbricola in dialisi β2M amiloidosi Aumento del catabolismo muscolare Fig. 103-1. Tenosinovite proliferativa degli estensori del polso e dei flessori delle dita in artrite reumatoide.

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Artrosi

Transcript of Cap 103 - Malattie Infiammatorie Extrarticolari

  • TenosinovitiM. CORRADI

    Le tenosinoviti o tenovaginaliti vanno definite comeuninfiammazione del rivestimento sinoviale della guainatendinea1. Questo processo infiammatorio scatenato daun sovraccarico funzionale o da traumi ripetuti a carico deitendini flessori ed estensori. Superata la capacit di adatta-mento a queste situazioni di stress, col tempo si instaurauna reazione di riparazione ed un ispessimento della guai-na tendinea che pu essere fino a tre volte il diametro nor-male. Linfiammazione produce il rilasciamento di fattorivasoattivi e chemiotattici che a loro volta determinano va-sodilatazione. Questultima porta alla proliferazione di fi-broblasti che producono collageno. Il collageno giunto amaturazione aumenta di dimensioni e si dispone longitudi-nale lungo la guaina tendinea che risponde con un aumen-to di spessore di circa 3 volte il diametro normale2 e conuna metaplasia fibrocartilaginea da attrito3.

    Il quadro clinico comune nella fase acuta caratterizza-to da dolore locale, edema ed occasionalmente da crepitio.

    Le tenosinoviti si distinguono in proliferative e reatti-ve (o stenosanti).

    Le caratteristiche delle tenosinoviti proliferative sono lapossibilit di diffusione e di invasione al di fuori della guainatendinea con rotture tendinee ed erosioni ossee. Tipica lartrite reumatoide che ha una localizzazione alla mano e alpolso e che coinvolge dal 64 al 95% dei pazienti4 (Fig. 103-1).

    Altre patologie ad eziologia infiammatoria sonolamiloidosi, la gotta (o tenosinovite cristallina) e la te-nosinovite settica.

    Lamiloidosi si pu considerare una malattia da depo-sito di una proteina serica a basso peso molecolare (la 2-microglobulina) nelle ossa e nei tessuti molli (tendini).

    Questa patologia comune nei pazienti emodializ-zati cronici con minimo di 5 anni di trattamento dialiti-co5. Lemodialisi con filtri a membrana non biocompati-bile (Cuprophane) ha un effetto immunostimolante sulsangue filtrato producendo lattivazione del comple-mento C5a che a sua volta con un meccanismo a cascatalibera Interleuchina-1 (Tab. 103-1). Questultima ha dueeffetti: un effetto acuto che si manifesta con febbricoladurante la dialisi e catabolismo muscolare e un effetto

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    Malattie infiammatorie extrarticolariM. CORRADI, L. ROCCHI, D.S. POGGI, E. MARGARITONDO

    C A P I T O L O 1 0 3

    TAB. 103-1. PATOGENESI DELLAMILOIDOSI DA DIALISI.

    Emodialisi con filtri Cuprophane

    Attivazione del complemento C 5a

    Liberazione di interleuchina-1 (IL-1)

    Aumentata produzione di PgE2 e Pgl2

    Effetti acuti Effetti croniciFebbricola in dialisi 2M amiloidosi

    Aumento del catabolismomuscolare

    Fig. 103-1. Tenosinovite proliferativa degli estensori del polso e deiflessori delle dita in artrite reumatoide.

  • cronico con laumento in circolo di 2-microglobulina.La tenosinovite che si forma pu creare nel polso unasindrome del tunnel carpale (Fig. 103-2) e nelle ditascatto, contrattura o rottura tendinea.

    Nella gotta, la precipitazione di cristalli di urato mo-nosodico scarsamente solubili in spazi chiusi come le arti-colazioni e le guaine tendinee provoca una reazione in-fiammatoria acuta e fulminante a causa del rilascio di en-zimi lisosomiali, caratterizzata da edema intenso, eritemae dolore. Questa situazione locale pu addirittura masche-rare una tenosinovite acuta suppurativa tanto che la dia-gnosi viene spesso ritardata. Quando la tenosinovite a ca-rico dei tendini flessori nel canale carpale, realizza unasindrome del tunnel carpale di particolare gravit per il do-lore e per la compromissione del nervo mediano5-7. La pre-senza di tofi nella mano avviene tardivamente ed rara neipazienti in trattamento medico specifico7 (Fig. 103-3).

    Le tenosinoviti reattive si caratterizzano per la localiz-zazione in canali osteofibrosi stretti dove il movimento co-

    stante dei tendini pu causare edema ed ispessimento del-la guaina tendinea.

    Le tenosinoviti pi frequenti sono il morbo di De Quer-vain e il dito a scatto: altre forme meno frequenti sono lasindrome da intersezione8,9, le tenosinoviti dellestensorelungo del pollice (ELP)10,11, dellestensore ulnare del carpo(EUC)12 e del flessore radiale del carpo (FRC)13,14.

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    1110 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-2. A, Tenosinovite deiflessori al polso da deposito disostanza amiloide. B, Istologia del-la sostanza amiloide: caratteristica la positivit alla birifrangenza.BA

    Fig. 103-3. Voluminoso tofo gottoso del dorso della mano.

  • Rientra nel gruppo delle tenosinoviti reattive e si pu defi-nire come una tenosinovite stenosante dei tendini flessoria livello della metacarpofalangea (MCF).

    Viene distinta una forma idiopatica o primaria tipica delsesso femminile in et post-menopausa da una forma secon-daria prevalente nelle patologie che colpiscono il tessutoconnettivo (diabete, artrite reumatoide, gotta, amiloidosi)1,2.

    Descritta per primo da Notta nel 1850, fu Schonbornnel 1889 che mise a punto il trattamento chirurgico me-diante lapertura della guaina tendinea. In seguito, Faheydefin per primo il tipo e la sede dellincisione alla piegapalmare distale3.

    Il dito a scatto si pu presentare da un punto di vista cli-nico in modo differente secondo lo stadio evolutivo. Laclassificazione in diversi stadi risulta utile sia da un puntoclinico ma soprattutto terapeutico per la scelta del tratta-mento (Tab. 103-2). Allesordio (stadio I) presente dolo-re, edema e una certa diffficolt nellesecuzione dei movi-menti attivi di flesso-estensione, senza un vero e proprioscatto. In seguito, nelle fasi subacute, compare il blocco inflessione, visibile soprattutto alla mattina, correggibile atti-vamente (stadio II) o passivamente (stadio III) dal pazientestesso. solo nelle fasi croniche della patologia che il bloc-co non pi riducibile e si struttura in flessione (stadio IV).

    Sebbene la patogenesi in passato sia stata oggetto diqualche controversia4, recentemente, secondo lipotesi piaccreditata, sembra che la causa sia da ricondurre a forze

    di compressione e frizione della guaina dei flessori cheagiscono sulla puleggia A1. Si crea, cos, un ispessimentodi tipo fibrocartilagineo della superficie interna della pu-leggia A1 a contatto con il tendine flessore da sovraccari-co5. Laumento di numero dei condrociti (Fig. 103-4 A e B)e della matrice di glicosoaminoglicani (GAG) porta ad unametaplasia di tipo fibrocartilagineo della superficie di fri-zione della puleggia A1 ed alla formazione di collageno ti-po III, tipico di strutture come i menischi o i dischi inter-vertebrali (Fig. 103-4 C).

    TRATTAMENTO

    Conservativo

    Lindicazione principale il grado I-II. Il trattamento consi-ste nellastensione da attivit manuali ripetitive in cui ri-chiesta una presa di forza e nel trattamento con infiltrazione

    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1111

    Dito a scattoM. CORRADI

    Fig. 103-4. A, Aspetto istologico di puleggia normale. B,Aspetto istologico di puleggia in corso di tenosinovite. C,Nel particolare sono evidenti i condrociti da metaplasia fi-brocartilaginea.

    A

    C

    B

    TAB. 103-2. CLASSIFICAZIONE SECONDO GREEN.

    GradoI Dolore, edema, movimenti irregolariII Blocco in flessione correggibile attivamenteIII Blocco in flessione correggibile passivamenteIV Blocco in flessione non correggibile

  • di corticosteroidi e/o tutore di blocco della MCF per 2-3 set-timane (Fig. 103-5 A e B). Generalmente, se due iniezioninon sono sufficienti a risolvere i sintomi associati al dito ascatto, viene raccomandato lintervento chirurgico.

    Dalla letteratura, lincidenza di buoni risultati varia dal47% al 97% e in generale la quantit e il tipo di corticosteroi-de non sembrano influenzare gli esiti6-11. Da notare che Taras11ha ottenuto risultati migliori (70%) con iniezioni nel sottocu-taneo rispetto a iniezioni nella guaina tendinea (47%).

    Chirurgico

    Nel grado III-IV, lindicazione il trattamento chirurgico,che pu essere eseguito per via percutanea o a cielo aper-to. Generalmente, lintervento a cielo aperto indicatonelle forme molto avanzate (grado IV) o in presenza di unatenosinovite importante.

    Puleggiotomia percutanea A1Non una tecnica nuova12-15 e, sebbene sia una metodicache appare semplice, presente una certa riluttanza da par-te del chirurgo alla puleggiotomia percutanea per il timoredi ledere i peduncoli v-n o il tendine16. La tecnica consistenel sezionare le fibre trasverse della puleggia anulare A1con la punta dellago da 18-20 G per via transcutanea (Fig.103-6 A). I punti di repere sono importanti perlidentificazione della puleggia A1. La puleggia misura da1,2 a 1,5 cm e, per il 3, 4 e 5 dito, il bordo prossimalecorrisponde alla piega palmare distale, mentre il bordo di-stale alla met tra piega palmare distale e piega prossima-le delle dita. Per il 2 dito, il bordo prossimale corrispondealla piega palmare prossimale (Fig. 103-6 B).

    Nel pollice, il primo repere costituito dalla piegaprossimale della MCF e il punto di entrata corrisponde alpunto dove la linea tracciata dal centro interseca la piegaprossimale (Fig. 103-6 C e D). Va ricordato che la direzio-ne dei tendini flessori nel palmo per il 2 e il 5 dito obli-qua con direzione verso il centro del palmo (Fig. 103-6 E).

    Tecnica. Si inserisce lago perpendicolare al tendine e conla parte tagliente della punta parallela allasse tendineo,viene retratto tanto da far scomparire i movimenti sinergi-ci dellago con il dito (Fig. 103-6 F). La punta dellago vamossa in senso prossimo-distale e il taglio della puleggiaprodurr un rumore di raspa (Fig. 103-6 G). Infine,lintervento termina con la scomparsa dello scatto.

    Il vantaggio di questa tecnica latraumaticit e laltapercentuale di buoni risultati, mentre le possibili compli-canze sono rappresentate da una puleggiotomia incomple-ta o dalla lesione dei flessori. Evenienza, questultima,piuttosto rara se si rimane con lago superficialmente17.Controindicazioni. Tenosinovite senza scatto. Paziente cheha avuto un precedente intervento a livello della puleggiaA1. Paziente in trattamento con anticoagulanti orali.

    Una variante la puleggiotomia percutanea con lama asemiluna attraverso unincisione cutanea di soli 2-3 mm1. una tecnica moderatamente pi traumatica rispetto alla pre-cedente; presenta il rischio di lesione della puleggia A2 se siforza nella direzione prossimo-distale18.

    Puleggiotomia A1 a cielo apertoLindicazione principale la tenosinovte con scatto irridu-cibile sia attivamente che passivamente. In anestesia diplesso o locale, si applica il tourniquet a livello dellavam-braccio. Lincisione alla piega palmare distale per il 3, 4e 5 dito e prossimale per il 2 a livello della MCF. La dire-zione dellincisione cutanea pi comunemente usata tra-sversale, ma pu essere anche a chevron2 o longitudina-le19. Di preferenza, si impiega lincisione trasversale, ma sesi vuole un campo operatorio pi esteso per poter procede-re ad unampia tenosinoviectomia, consigliabile utilizzarelincisione a chevron; con lincisione longitudinale puresiduare una cicatrice retraente (Fig. 103-7 A). La sezionedella puleggia A1 pu essere fatta con il bisturi o con la for-bice (Fig. 103-7 B e C). I tendini flessori vengono lussati e,se necessario, si procede a tenolisi o tenosinoviectomia incaso di aderenze o di tenosinovite florida (Fig. 103-7 D).

    1112 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-5. A, Tecnica di infiltrazione con corticosteroidi nella guaina tendinea a livello della puleggia A1. B, Tutore statico impiegato neltrattamento conservativo del dito a scatto.

    A B

  • Puleggiotomia endoscopicaEsiste anche la possibilit della puleggiotomia per viaartroscopica: la tecnica, messa a punto da Brown, consi-ste in una doppia via con uno strumentario simile a quel-lo per il tunnel carpale. Non sembra per apportare unreale vantaggio dal momento che lincisione doppia edi costi sono elevati.

    Complicazioni. Tra le complicanze, la pi frequente, vi ilcosiddetto bowstring o effetto a corda darco causato

    dalla contemporanea apertura delle pulegge A1 e A2. Inquesta situazione, ai tendini flessori viene a mancare unadelle pulegge pi importanti, lA2, con conseguente ridu-zione della flessione (Fig. 103-8 A e B). Inoltre, la sezionedella puleggia A2 nel 2 dito pu portare ad una deviazio-ne ulnare20. In questo caso, necessario ricostruire la pu-leggia A2 con il palmare gracile o con un lembo di retina-colo (Fig. 103-8 C-E).

    Nelle forme croniche, la contrattura in flessione (da10 a 40) della interfalangea prossimale (IFP) pu per-

    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1113

    Fig. 103-6. A, Tecnica della puleggiotomia percutanea con ago. B,Rappresentazione schematica dei punti di repere anatomici dellapuleggia A1 delle dita lunghe. C e D, Rappresentazione schematicae reperto anatomico del repere della puleggia A1 del pollice. E, Ladirezione dei tendini del 2 e 5 dito obliqua rispetto alle dita cen-trali. F, Nella puleggiotomia percutanea, lago va inserito perpendi-colarmente allasse del tendine. G, Il taglio della puleggia avvienemediante movimenti in senso prossimo-distale.

    A B C

    D

    E

    F

    G

  • sistere a lungo, anche dopo lintervento di puleggioto-mia dellA1. I pi interessati sono i pazienti diabetici perla tendenza spontanea alla fibrosi. La contrattura dellaIFP causata da aderenze intratendinee, generalmentedel flessore superficiale, ma occasionalmente anche dalnodulo del flessore profondo al passaggio del chiasma diCamper. Il trattamento incruento pu richiedere fino a 4-6 mesi di splint dinamico in estensione; nel caso di in-successo con la terapia conservativa, si ricorre al tratta-

    mento cruento mediante plastica di riduzione del flesso-re profondo a livello del nodulo.

    Tecniche alternative consistono nella rimozione delleaderenze intratendinee o nella resezione parziale o totaledel flessore superficiale a livello del chiasma di Camper,mantenendo intatta la puleggia A221.

    Infine, unaltra complicanza la sezione del nervo digitaleradiale del pollice, che pu avvenire durante lincisione cutanease si penetra troppo in profondit con la lama del bisturi22.

    1114 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-7. A, I vari tipi di incisione cutanea. B e C, Sezione della puleggia con forbice o bisturi. D, Puleggiotomia e tenosinoviectomia.

    A

    C D

    B

    Fig. 103-8. A, Effetto a corda darco in esiti di puleggiotomia A1 con deficit residuo della flessione. B, Il campo operatorio mostra lassenzadella puleggia A1 e della puleggia obliqua. C, Ricostruzione della puleggia A1 con tendine palmare gracile. D e E, Controllo postoperatorio:scomparsa delleffetto a corda darco e ripristino della flessione.

    A D EB C

  • 103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1115

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    INTRODUZIONE

    Di sovente riscontro presso gli ambulatori ortopedici sonoalcuni pazienti, spesso giovani donne, che riferiscono undolore ingravescente sul versante radiale del polso; non dirado si tratta di una tenosinovite localizzata a livello dellastiloide del radio, ribelle alla terapia medica. Questa pato-logia, descritta nel 1895 da Fritz De Quervain1, chirurgosvizzero assistente di Kocher, porta oggi il suo nome. Nel-la pubblicazione originale, recentemente tradotta e ripub-blicata negli Stati Uniti2, lautore riportava numerose os-servazioni personali nonch alcuni casi riportati da Sandoze da Kocher, al quale attribuiva la prima descrizione clini-ca. Il trattamento chirurgico della patologia, da lui pratica-to, permetteva di eseguire alcuni prelievi di sinoviale chefacevano escludere la patogenesi tubercolare o sifiliticadella malattia.

    La malattia di De Quervain costituita da un pro-cesso infiammatorio a carico della guaina sinoviale deitendini abductor pollicis longus (APL) ed extensor pollicisbrevis (EPB) allinterno del I compartimento del retinaco-lo degli estensori al polso. I due tendini, originati da mu-scoli distinti al terzo medio dellavambraccio, si dirigono

    lateralmente per entrare in una doccia scheletrica sul ver-sante dorso-radiale dellepifisi del radio, delimitata da duecreste ossee e con una certa frequenza da una sottile crestaintermedia. Questa doccia si prolunga sullapofisi stiloi-dea costituendo il pavimento del I compartimento dei ten-dini estensori il cui tetto formato da un ispessimento dellegamento dorsale del carpo chiamato retinacolo degliestensori. Queste strutture formano un canale osteo-fibro-so inestensibile nel quale i due tendini scorrono avvolti dauna guaina sinoviale comune. Al di sopra del comparti-mento, nel tessuto sottocutaneo, giacciono due rami sensi-tivi del nervo radiale, diretti alla regione dorsale del polli-ce ed alla prima commissura (Fig. 103-9).

    Il I compartimento pu presentare numerose variazionianatomiche3,4, tra le quali sono frequenti: (1) la divisione indue compartimenti mediante una cresta intermedia (Fig.103-10); (2) la presenza di guaine sinoviali separate per idue tendini APL ed EPB; (3) la suddivisione dellAPL indue o pi fascicoli che possono avere distalmente inserzio-ni diverse; (4) la disposizione secondo un piano verticaledei due tendini con lAPL che ricopre lEPB; (5) lagenesiadellEPB; (6) la giunzione miotendinea particolarmente di-stale che si impegna nel canale.

    Tenosinovite di De QuervainL. ROCCHI

  • PATOGENESI ED ASPETTI CLINICI

    La tenosinovite di De Quervain insorge prevalentemente indonne in et medio-giovanile, con un rapporto femmi-ne/maschi di circa 5/1 secondo la letteratura5. Sulla patoge-nesi di questa malattia sono state formulate molteplici ipo-tesi che prendono in considerazione fattori anatomo-fun-zionali, malformativi, traumatici e microtraumatici legatialle attivit lavorative, fattori ormonali, diabete ed endocri-nopatie6. Pi in generale si pu affermare che la patologia determinata da un fattore predisponente, costituito dallin-congruenza fra le dimensioni del canale ed il calibro tendi-neo con conseguente frizione continua dei tendini contro lepareti del compartimento, ed un fattore scatenante (mecca-nico, ormonale o altro), che agisce direttamente sulla guai-na sinoviale determinandone linfiammazione con aumen-to di volume. Come per le tenosinoviti stenosanti dei fles-sori delle dita, si instaura un circolo vizioso per cui il mo-

    vimento aggrava la flogosi delle strutture coinvolte, per-mettendo difficilmente una guarigione spontanea.

    Dal punto di vista anatomopatologico presente ini-zialmente uno stato flogistico acuto aspecifico della guai-na sinoviale tendinea a cui segue un ispessimento con ade-renze tendinee e parietali della guaina stessa con evoluzio-ne cronica.

    Clinicamente il dolore acuto e si localizza a livellodella stiloide radiale, irradiandosi talvolta al polso o prossi-malmente al lato dorso-radiale dellavambraccio. In alcunicasi, il dolore scompare dopo un periodo di riposo e terapiaper poi ripresentarsi dopo una modesta attivit manuale. Al-lispezione si rivela spesso una tumefazione cutanea allun-gata, localizzata in corrispondenza del I compartimento, te-so-elastica alla palpazione, che pu assumere talvoltalaspetto di una cisti (Fig. 103-11). Un test semeiologico ca-ratteristico costituito dal segno di Finkelstein7: dopo averfatto chiudere il pugno al paziente con il pollice nel palmo,la deviazione ulnare della mano eseguita bruscamente dal-lesaminatore provoca dolore acutissimo (Fig. 103-12).

    Gli esami diagnostici strumentali sono poco indicativied essenzialmente lesame clinico che permette di for-mulare la diagnosi.

    1116 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-9. Anatomia locale. La freccia lunga indica lAPL e lEPBalla fuoriuscita dal I compartimento degli estensori. LAPL apparecomposto da due fascicoli. Le freccie brevi indicano larea delcanale. I rami sensitivi del nervo radiale decorrono superficialmente(stelle bianche). (Preparazione anatomica di A. Pagliei).

    Fig. 103-10. Anatomia locale. Visualizzazione del pavimento delcanale dellAPL-EPB. Si osserva la doccia di scorrimento divisa indue compartimenti (stelle nere), separati da una cresta intermedia.(Preparazione anatomica di A. Pagliei).

    Fig. 103-11. Si osserva una tumefazione cutanea di forma allungatasul versante stiloideo del polso.

    Fig. 103-12. S. di Finkelstein: la flessione ulnare passiva della manocon pollice addotto nel palmo provoca acuto dolore.

  • TRATTAMENTO

    Il primo provvedimento da adottare allinsorgenza dellamalattia dovrebbe essere limmobilizzazione temporaneadel polso in associazione a terapia antinfiammatoria edeventuale ciclo di laser-terapia, nel tentativo di una risolu-zione incruenta dellinfiammazione, sebbene le possibilitdi guarigione siano piuttosto basse8. Meno utilizzata linfiltrazione locale con cortisonici a causa dellesiguitdel tessuto sottocutaneo locale e della possibilit di lesionidistrofiche che ne consegue9.

    Il trattamento chirurgico si pone a risoluzione defi-nitiva della malattia; pu esser eseguito in anestesia diplesso brachiale o in anestesia locale. Classicamentelincisione cutanea si effettua a livello dellapofisi stiloi-dea del radio in corrispondenza del I compartimento,longitudinalmente, con lunghezza di circa due centime-tri (Fig. 103-13 A e B). Dopo aver individuato ed isolatodorsalmente e volarmente i due o pi rami sensitivi delnervo radiale e le vene che decorrono nel tessuto sotto-cutaneo, si procede allincisione longitudinale della por-zione ligamentosa del I compartimento al fine di aumen-tarne il diametro interno. Particolare attenzione deve es-ser posta nellincidere il retinacolo sul versante pi dor-sale, laddove esso si reinserisce sul periostio, al confinecon il II compartimento (Fig. 103-14 A-C). Tale accor-tezza permette di aprire il canale tendineo senza elimi-nare la funzione di mensola del retinacolo, che fisiolo-gicamente impedisce ai tendini APL ed EPB di lussarsivolarmente alla flessione del polso (Fig. 103-15).

    Attraverso questa incisione retinacolare, che non deveeccedere in media la lunghezza di un centimetro, si visua-lizzano i tendini e si esegue una sinovialectomia localequando necessario. Non di rado presente il doppio cana-le diviso da una cresta fibrosa intermedia che deve esserincisa per completare la tenolisi. Una sutura cutanea intra-dermica o a punti staccati completa lintervento, mentre ilretinacolo viene lasciato aperto. Il polso viene quindi fa-

    sciato ed eventualmente tutorizzato in estensione per una odue settimane al fine di favorire la cicatrizzazione10,11.

    Fra le poche varianti di tecnica descritte in letteratu-ra, interessante citare quella eseguita da LeViet12 cheprende spunto da alcune modifiche gi apportate allin-tervento classico da Foucher13. La tecnica messa a puntodallautore prevede unincisione cutanea trasversale an-zich longitudinale, seguita da una resezione completadella porzione dorsale del retinacolo del I compartimen-to e delleventuale cresta intermedia con tenolisi. Si pro-cede quindi ad una sutura intradermica continua condot-ta dalloperatore in direzione volo-dorsale, che include,tramite un punto di sutura intermedio, la porzione volaredel retinacolo che viene cos fissata al piano dermico ve-nendo a formare una retinacolo-dermo-desi che impedi-sce il rischio di insufficienza funzionale del retinacolo eleventuale lussazione volare dellAPL-EPB. Lincisionetrasversale, pur rendendo pi delicata lidentificazione elisolamento dei rami nervosi, si rende necessaria perlesecuzione della particolare sutura dermo-retinacolareed inoltre, secondo lautore, sede di cicatrice estetica-mente migliore e sempre indolore non entrando in tensio-ne alla flessione ulnare della mano in virt del suo decor-so. La sutura viene rimossa dopo tre settimane, o in alter-nativa viene utilizzato del materiale riassorbibile.

    In generale, le possibili complicanze degli interventidi tenolisi condotti per il trattamento della tenosinovite diDe Quervain sono: (1) la lesione dei rami nervosi sottocu-tanei, particolarmente insidiosa nel caso si esegualintervento in anestesia locale, con esiti di tipo disestesicosul territorio dinnervazione e lo sviluppo di neuromi do-lorosi sottocutanei; (2) la possibile lussazione volare del-lEPL-APB alla flessione del polso nel caso lincisione delretinacolo sia stata eseguita troppo volarmente oppure siatroppo estesa determinandone linsufficienza funzionale;(3) la non identificazione del doppio canale e quindilincompleta tenolisi con mancata regressione della sinto-matologia algica. Una complicanza minore, legata alla se-

    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1117

    Fig. 103-13. A e B, Incisione cutanea longitudinale in corrispondenza del I compartimento degli estensori ed isolamento dei rami nervosi sot-tocutanei (stelle bianche).

    A B

  • de periarticolare dellincisione nonch alla giovane et e alsesso che spesso caratterizza le pazienti, la possibile for-mazione di cicatrici cheloidee e/o iperalgiche14.

    Qualunque sia la tecnica adottata dal chirurgo, restafondamentale nel trattamento di questa particolare tenosi-novite la perfetta conoscenza della regione stiloidea delpolso e delle sue numerose varianti anatomiche.

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    1118 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-14. A-C, Identificazione ed incisione del retinacolo sul ver-sante dorsale, con visualizzazione dei tendini APL ed EPB.

    A

    C

    B

    Fig. 103-15. Verifica intraoperatoria della funzione di mensoladel retinacolo: alla flessione del polso i tendini APL ed EPB non silussano volarmente.

  • Il termine epicondilite riunisce in s una multiforme va-riet di sintomi localizzata in corrispondenza dellepicon-dilo laterale del gomito e con essa si vuole indicare unamalattia per certi aspetti non perfettamente conosciuta nel-la sua patogenesi, presentandosi sempre con lo stesso qua-dro sintomatico ma alla cui origine non da ascriversi unacausa costante e comune. La prima notizia bibliografica datata 1873 e si deve a Runge1 la prima descrizione clini-ca della epicondilite. In seguito sono state moltissime lepubblicazioni inerenti largomento dalle quali si evincecome multiforme sia la sua patogenesi e nel contempolapproccio clinico al trattamento della stessa. Se il termi-ne epicondilite eponimico del quadro sintomatico, altritermini sono stati coniati per indicare la stessa malattia.Gomito del tennista un termine che stato coniato perdescrivere lo stesso quadro patologico in una certa classedi pazienti e quindi a stigmatizzare una certa patologia at-tinente la pratica sportiva. Nel contempo, epicondilite la-terale differenzia la localizzazione della entesopatia incorrispondenza dellepicondilo laterale del gomito, diffe-renziandola dalla epicondilite mediale o epitrocleite a lo-calizzazione meno frequente ma spiccatamente mediale.

    INCIDENZA

    Lepicondilite colpisce in maggioranza individui di et me-dia, interessando maggiormente la quarta e la quinta deca-de della vita. Il soggetto maschile maggiormente rappre-sentato rispetto a quello femminile nel rapporto di tre a unoe ci spiegabile con il fatto che al primo sono ascrivibilile pratiche occupazionali pi pesanti. Inoltre, tale gruppo diindividui rappresenta il 95% della patologia rispetto ai sog-getti affetti dalla malattia e praticanti attivit sportiva. Pispesso monolaterale, non disdegna la bilateralit specie inquei soggetti dediti ad attivit lavorativa pesante e ripetiti-va che impegna entrambi gli arti superiori.

    PATOGENESI

    La patogenesi dellepicondilite presenta tre aspetti: osteo-tendineo, articolare e nervoso. Tre diverse motivazioni pa-togenetiche, che si presentano con tre aspetti anatomopa-tologici diversi, determinando i caratteri sintomatici co-muni della malattia.

    Laspetto miotendineo individua come causa domi-nante della malattia la degenerazione della lamina tendi-nea degli estensori. Alcune considerazioni anatomiche so-no necessarie: gli epicondiloidei laterali si inseriscono a li-vello dellepicondilo mediante un tendine comune che condifficolt lascia distinguere ogni componente singolo2. Le

    inserzioni si ripartiscono al davanti e dietro una piccolacresta laterale che rappresenta la continuit anatomica del-la cresta laterale della paletta omerale (Fig. 103-16). Lesuperfici di inserzione maggiore sono a carico dellanco-neo e del lEUC (posteriori), mentre le meno estese e pianteriori sono quelle del ERBC e dellECD (anteriori). Lesingole unit tendinee sono individuabili subito in prossi-mit della giunzione miotendinea, mentre pi prossimal-mente sono difficilmente distinguibili. Comunque im-portante osservare come il tendine pi spesso sia quellodellERBC, mentre il pi largo quello dellECD. pro-prio il tendine dellERBC ad essere pi sollecitato con ilmovimento attivo di estensione del polso e ad essere mag-giormente stirato passivamente nel movimento di flessio-ne del polso. Infatti, gli studi effettuati da Brand nel 19813hanno portato allosservazione di come linserzione tendi-nea dellERBC sia meno eccentrica rispetto al centro di ro-tazione articolare del gomito, al contrario di altri muscoliad inserzione pi prossimale (ERLC). Per questo motivo,la variazione di lunghezza dellERBC durante lescursionearticolare del gomito piccola, mentre in esso la tensionesi mantiene pressoch costante durante tutta lescursionearticolare stessa (Fig. 103-17). Secondo le pi accreditateteorie4, soprattutto in questo tendine che si localizza ilprocesso di degenerazione tendinea che inizia come areadi degenerazione susseguente ad una zona di minore va-scolarizzazione sotto azione dello stress continuativo e ri-petitivo.Tale area di degenerazione si forma per la com-parsa iniziale di microlesioni a carico delle fibre tendineeche innescano un processo riparativo atipico caratterizzatoda proliferazione vascolare e fibrosa, cui si associano fe-nomeni di atrofia cellulare con scarsa presenza di macro-fagi, linfociti e neutrofili e diminuzione locale della sinte-si proteica. Larea degenerativa viene invasa da tessuto digranulazione atipico che presenta fenomeni di prolifera-zione capillare ed invasione di fibroblasti. Nel suo conte-sto sono presenti microrotture e formazione di cavit pseu-docistiche. Liperplasia angiofibroblastica come viene de-finita da Nirschl5 porta alla formazione di unarea degene-rativa ben circoscritta con i caratteri nelle ultime fasi delgranuloma reattivo e maturo nel contesto del quale non infrequente la precipitazione di sali di calcio.

    Laspetto osteoarticolare riconosce come causa domi-nante della malattia una patologia ossea o articolare dellaomero-radiale. Se losteocondrite dissecante del capitellonon infrequente in soggetti adulti dediti ad attivit spor-tiva competitiva (ginnasti), forse la patologia della frangiasinoviale interposta tra il capitulum humeri e la fovea ra-diale abbastanza frequente. La stessa responsabile, se-condo diversi autori, di una sindrome dolorosa della faccia

    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1119

    EpicondiliteDS. POGGI

  • laterale del gomito6,7. Anche se la stessa incostante(86%), viene comunque descritta in numerosi trattati dianatomia. Poirier8 descrive tale struttura come un meniscodefinendola cercine falciforme data appunto dallo svi-luppo falciforme e dai margini frastagliati ed increspati.Studi pi recenti9,10 hanno dimostrato numerose variazionidi localizzazione, di estensione e di forma di tale struttura.Essa si presenta come una duplicazione fibrosa, di forma

    cuneiforme subito al di sopra del margine prossimale delligamento anulare del radio, l dove questo sconfina nellacapsula articolare (Fig. 103-18). La posizione pu esserevariabile, occupando completamente lo spazio articolare(totalmente circolare) o essere localizzata in settori che ri-spettivamente sono: dorso-laterale, dorsale, ventrale e la-terale (Fig. 103-19). Dal punto di vista strutturale, si rico-noscono due forme: una forma rigida, costituita da un assefibroso spesso rivestito da tessuto sinoviale che nel suocontesto non presenta tessuto cartilagineo o fibrocondroi-de di tipo meniscale mentre, in corrispondenza della suabase, presenta numerose arteriole capillari e numerose fi-bre nervose, ed una forma semplice, costituita da una sem-plice duplicazione sinoviale con sottile asse fibroso nelsuo contesto. Questa seconda forma, definita patologica,

    1120 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-16. Punto di inserzione e aree di sviluppo inserzionale degliepicondiloidei. (Modificato da: Spalteholz e SpannerManuale Atlan-te di AnatomiaSEL, Milano).

    EUC

    BR

    ERLC

    ERBCECD

    EPM

    A

    S

    Fig. 103-17. Linserzione tendinea dellERBC meno eccentricarispetto al centro di rotazione articolare del gomito, al contrario dialtri muscoli ad inserzione pi prossimale (ERLC). (Modificato daLanz e Wachsmuth - Anatomia Pratica - Piccin Editore).

    ERBC ERLCCentro di rotazione

    Fig. 103-18. Frangia sinoviale: duplicazione fibrosa, di formacuneiforme subito al di sopra del margine prossimale del ligamentoanulare del radio, l dove questo sconfina nella capsula articolare.(Modificato da: Spalteholz e SpannerManuale Atlante di Anato-miaSEL, Milano).

    Ulna

    Lig.anulare

    Frangiasinoviale

    Capsula

    Fig. 103-19. Diverso sviluppo della frangia sinoviale Da completa a:*dorso-laterale, **dorsale ,****ventrale e*** laterale. (Modificato daSpalteholz e Spanner Manuale Atlante di Anatomia SEL, Milano).

    Ulna

    Ligamento anulare

    Capsula

    Frangiasinoviale(completa)****

    *****

    *

  • presenta una maggiore concentrazione di vasi neoformatie di terminazioni nervose. Vengono inoltre riportate in let-teratura forme di degenerazione sinoviale villonodulareche assumono caratteri francamente patologici11. Daltrocanto, gli studi riportati non assegnano alla frangia sino-viale il ruolo di vero spaziatore interarticolare cos comeun vero menisco, ma piuttosto il ricordo ancestrale di unsetto interarticolare iniziale presente allo stato embriona-le7,12 e in seguito parzialmente obliterato. Pertanto, la pato-logia della frangia sinoviale va presa in considerazione edeve essere sempre tenuta presente nelle sindromi doloro-se laterali del gomito quando questa particolarmente evi-dente ed ipertrofica, poich nel suo interno alta la con-centrazione di fibre nervose. Questo un dato altamentesignificativo nel giustificare una patologia da attrito chedetermina come riflesso una patologia epicondilare.

    Laspetto nervoso riconosce come causa dominantedella malattia la compressione del ramo profondo del ner-vo radiale al gomito. Se Frhose ha tipizzato nel 1908 i ca-noni clinici ed anatomopatologici della compressione delramo profondo del nervo radiale al gomito, successiva-mente altri autori13-15 hanno voluto riconoscere una certaattinenza tra epicondilite laterale e sindrome compressivaradiale. Ci effettivamente vero? Dal punto di vista stret-tamente anatomico, la regione epicondiloidea innervatadal punto di vista sensitivo dal cutaneo posteriore e cuta-

    neo laterale dellavambraccio, rami sensitivi del radiale.La componente motoria, si distribuisce agli epicondiloideimediante il ramo profondo. Questo veicola delle fibre sen-sitive, tanto che alcune di esse decorrono lungo la loggiaposteriore dellavambraccio e innervano dal punto di vistasensitivo la regione dorsale della radiocarpica. Sono noti ibenefici della sezione dellinterosseo posteriore al polso inalcune malattie degenerative estremamente dolorose e de-struenti. Ma a livello del gomito il ramo profondo del ner-vo radiale non emette rami perforanti che affiorino verso laregione epicondilare (Figg. 103-20 e 103-21). Il solo datocerto dal punto di vista anatomico che delle espansionifibrose possono essere sottese tra estensori del polso eflessori delle dita; queste potrebbero essere responsabilidella compressione nervosa durante lattivit motoria in-tensa e ripetitiva. Inoltre, il ramo profondo del nervo ra-diale entra in stretto rapporto con il margine muscolaredellERBC in un piano pi superficiale, mentre nel pianopi profondo entra in diretto contatto con il margine tendi-neo del muscolo supinatore. Lo stesso viene compresso trai due piani muscolari del supinatore durante il movimentodi pronazione (Fig. 103-22). Queste sole cause anatomo-funzionali renderebbero giustificata una sindrome doloro-sa in regione dorso-laterale dellavambraccio16.

    DIAGNOSI

    Dal punto di vista diagnostico il sintomo cardinale rap-presentato dal dolore. Esso localizzato in corrispondenzadellepicondilo. Secondo la scala di Nirschl, esistono settefasi diversificate per comparsa, intensit e durata del dolo-re che corrispondono ad altrettanti stadi anatomo-patologi-ci, che vanno dal grado pi lieve in cui il dolore si manife-sta come senso di tensione dopo lattivit fisica, sia essasportiva o lavorativa, e che si risolve spontaneamente nel-larco di 24 ore, al grado pi elevato in cui il dolore in-tenso e costante anche nelle ore notturne. Al primo stadiocorrisponde la tendinite iniziale, mentre allultimo fa ri-

    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1121

    Fig. 103-20. Il ramo profondo del nervo radiale non emette ramiperforanti che affiorino verso la regione epicondilare. (Da Bassett- AStereoscopic Atlas of Human AnatomY Sawyers Inc).

    Fig. 103-21. Dettaglio a minore ingrandimento.

    Fig. 103-22. (Da: Les picondylalgies du coude Sauramps Mdical).

    Supinazione Pronazione

    M. sup.N. rad.

  • scontro la degenerazione totale della lamina tendinea. Ne-gli stadi pi avanzati il dolore si accompagna a limitazionefunzionale articolare del gomito, che si presenta limitatonellestensione ai massimi gradi. Il test di Cozen (il dolorein sede epicondiloidea viene riacutizzato con lestensionedel polso contro resistenza a gomito flesso) ed il test diMills (riacutizzazione della sintomatologia dolorosa evo-cata dalla pronazione passiva forzata a gomito esteso epolso flesso) sono francamente positivi. Un dato di rilievo

    importante caratterizzato dalla bilateralit, dalla presen-za di rigidit articolare e asimmetria della forza muscolarepi frequente nei soggetti affetti da malattia professionalerispetto ai soggetti affetti da etiologia sportiva. Dal puntodi vista diagnostico differenziale, la palpazione impor-tante poich induce riacutizzazione del dolore nel punto incui viene esercitata, indirizzando verso una forma pura diepicondilalgia su base miotendinea. Quando, al contrario,il dolore viene evocato in corrispondenza del capitello ra-

    1122 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-23. A, Il reperto iniziale della tendinosi evidenzia unaipoecogenicit diffusa ed una tumefazione della regione perin-serzionale epicondiloidea con pi o meno evidenti disomogeneitstrutturali con aspetto ipoecogeno-disomogeneo e ipervascolariz-zazione. B, Reperto ecografico di granuloma stabilizzato: unapiccola alterazione nodulare, solida, ovalare, ben circoscrittaipoecogena del diametro di 2-10 mm, avascolarizzata circondataspesso da tessuto ipervascolarizzato. C, Nelle forme croniche ocalcifiche si apprezzano aree iperecogene lamellari o spot eco-geni brillanti talvolta associati ad irregolarit della superficie os-sea e a raro versamento articolare. Coesiste ispessimento dellin-serzione tendinea con aspetto ipoecogeno-disomogeneo, calcifi-cazioni e irregolarit della superficie ossea.

    A

    B

    C

  • diale o dellinterlinea articolare, intuitivo il sospetto chela sindrome dolorosa possa avere una genesi di tipoosteoarticolare. Al contrario, se il dolore si localizza tre oquattro centimetri distalmente allepicondilo, in corrispon-denza dei ventri muscolari degli estensori, accompagnatoda segni di deficit parziale contro resistenza degli estenso-ri del medio a gomito esteso ed avambraccio pronato (testdi Maudsley), in presenza o meno di turbe sensitive, deveevocare la possibile iniziale esistenza di una compressioneneurogena a carico del radiale. Nella corretta formulazio-ne della diagnosi comunque di grande aiuto lapprocciodiagnostico strumentale. Al di l dellesame radiograficostandard del gomito che pu mostrare segni indiretti dellapatologia, caratterizzati da calcificazioni minute e piccoleirregolarit corticali in corrispondenza dellepicondilo, noiriteniamo che lindagine strumentale pi significativa nel-la patologia epicondiloidea sia rappresentata dallindagineecografia. Se condotta da mani esperte che hanno dimesti-chezza con la patologia, lesame ecografico pu manife-stare la comparsa delle alterazioni strutturali fin dalle pri-me battute. Dal punto di vista ecografico si possono indi-viduare tre fasi. Il reperto iniziale della tendinosi evidenziauna ipoecogenicit diffusa ed una tumefazione della regio-ne perinserzionale epicondiloidea con pi o meno eviden-ti disomogeneit strutturali con aspetto ipoecogeno-diso-mogeneo e ipervascolarizzazione (Fig. 103-23 A). Il reper-to ecografico del granuloma stabilizzato quello di unapiccola alterazione nodulare, solida, ovalare, ben circo-scritta, ipoecogena, del diametro di 2-10 mm, avascolariz-zata circondata spesso da tessuto ipervascolarizzato (Fig.103-23 B) ed in questa fase che lintervento trova giusti-ficata indicazione. Nelle forme croniche o calcifiche si ap-prezzano aree iperecogene lamellari o spot ecogeni bril-lanti, talvolta associati ad irregolarit della superficie os-sea e a raro versamento articolare. Coesiste ispessimentodellinserzione tendinea con aspetto ipoecogeno-disomo-geneo, calcificazioni e irregolarit della superficie ossea(Fig. 103-23 C).

    Lindagine RM ha indubbia importanza nei casi nonperfettamente chiari. Essa rivela la presenza o meno diuna patologia articolare di tipo condritico o dovuta allapresenza di una frangia sinoviale. Essa mostra comun-que un segnale iperintenso nelle scansioni assiali pesatein T2 con saturazione del segnale per il grasso in corri-spondenza dellepicondilo nei casi di epicondilite pura.Utile poi lesecuzione di un esame EMG in caso di so-spetto circa la coesistenza o meno di una compressionedel nervo radiale, anche se spesso la sua negativit nonha valore assolutamente predittivo.

    TRATTAMENTO

    Da quanto su esposto, risulta chiaro che il dolore caratteri-stico in sede epicondiloidea pu avere genesi diversa epertanto la terapia deve essere commisurata alla patologiacausale. Pertanto, prima di affrontare qualsiasi tipo di trat-tamento, bisogna porsi linterrogativo: lepicondilalgia

    dovuta a una malattia tendinea? O piuttosto ad una malat-tia articolare? O infine ad una malattia nervosa? La rispo-sta ad ogni interrogativo specifico conduce alla corretta in-dividuazione della causa ed allapprontamento del correttoapproccio terapeutico. Nello specifico, se ricorre la moti-vazione articolare o neurogena chiaro che la condottachirurgica sar orientata verso la lisi mirata della patologiaosteoarticolare per via artrotomica o artroscopica nel pri-mo caso, e verso la decompressione del ramo profondo delnervo radiale nel secondo caso. Se ricorre invece la moti-vazione tendinea pura, deve essere approntato un protocol-lo terapeutico mirato a seconda dello stato pi o meno gra-ve della patologia tendinea. Esiste in letteratura unampiavariet di protocolli terapeutici senza una particolare evi-denza scientifica a favore di una condotta terapeutica piut-tosto che di unaltra. Pertanto, spesso, lo specialista si affi-da alle caratteristiche cliniche della malattia, alle esigenzefunzionali del paziente ed al bagaglio scientifico culturalepersonale. Nella fase acuta iniziale, il riposo e la riduzionedellattivit costituiscono il cardine del trattamento. Vieneriportata in letteratura unalta percentuale di guarigionecon il solo trattamento conservativo se la malattia vienetrattata in fase iniziale con il riposo supportato eventual-mente dallapplicazione di un tutore reggibraccio, contem-poraneamente alluso di antinfiammatori. Fra questi gliinibitori selettivi delle COX-2 consentono di ridurre il do-lore in assenza di effetti collaterali indesiderati. Nei casipi refrattari, sempre in fase acuta ed in seconda battuta,deve essere presa in considerazione la terapia infiltrativamediante cortisonici associata ad anestetici locali. Sarebbebuona norma effettuare la terapia infiltrativa coprendo tut-te le zone circostanti lepicondilo, in modo che il farmacopossa diffondere in senso centripeto verso la zona affettadal processo infiammatorio. Linfiltrazione localizzata incorrispondenza dellepicondilo pu produrre spesso un ef-fetto a cascata aggravando il quadro clinico. Ci si spiegaattraverso un effetto meccanico e attraverso un effetto chi-mico diretto poich i cortisonici sono lesivi per il tessutotendineo17; pertanto, al fine di ridurre spiacevoli inconve-nienti legati a tale pratica, alcuni autori caldeggiano la dif-fusione indiretta del cortisone mediante la iontoforesi18.Nella fase subacuta, allorch la sintomatologia dolorosamostra segni di remissione, di estrema importanza la te-rapia riabilitativa. Se condotta da personale qualificatopu portare a remissione del quadro patologico. Nella faseiniziale, essa si basa su esercizi di stretching da comincia-re non prima di due settimane dallinizio della terapia an-tinfiammatoria e da sostituire progressivamente con eser-cizi contro resistenza, a seconda del decorso del quadroclinico. In questa fase sono utili la laser-terapia, la ultra-suonoterapia, lagopuntura. Menzione a parte merita la te-rapia con onde durto. Anche se unapplicazione abba-stanza giovane, esiste una letteratura che riporta risultatiincoraggianti in merito, specie per quanto concernelablazione di calcificazioni in sede epicondiloidea19,20.Nei casi in cui il trattamento conservativo non riesca a ri-solvere il quadro patologico, consigliabile passare al trat-

    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1123

  • tamento chirurgico. Numerose metodiche sono state pro-poste per affrontare il problema. Facendo una revisionecritica delle stesse, ci siamo convinti attraverso la nostraesperienza che la tecnica chirurgica migliore debba essereselettiva per la causa determinante il quadro sintomaticodella sindrome dolorosa laterale di gomito. Pertanto, ilcorretto approccio terapeutico impone di: ricercare la causa della patologia; approntare un corretto accertamento diagnostico stru-

    mentale; condurre un approccio chirurgico mirato; effettuare una conferma anatomopatologica.

    Orbene, scorrendo la letteratura, nei casi in cui laspettomiotendineo costituisce il movente fondamentale del quadropatologico, la metodica di Kaplan21 a nostro avviso inattua-bile. La tecnica di Hohmann22 sembra avere solo basi empi-

    riche, mentre quella di Bosworth23 di entit sproporzionatarispetto alla patologia da trattare. Pertanto, in presenza di pa-tologia tendinea, preferiamo asportare larea degenerata a li-vello dellERBC mediante tecnica microchirurgica24 secon-do gli schemi proposti da Froimson25 sulla base dellespe-rienza di Nirschl, utilizzando sempre mezzi ottici, dal mo-mento che spesso impossibile riconoscere ad occhio nudo icaratteri del granuloma reattivo. Questo si rivela per la pre-senza di una zona circoscritta in cui le fibre tendinee perdo-no la normale lucentezza e si presentano di aspetto vitreo ededematoso (Fig. 103-24, A e B). In una zona circoscritta presente tessuto di granulazione abbondante, facilmenteenucleabile dal tessuto circostante sano (Fig. 103-25). Fre-quente la presenza di materiale di cristallizzazione da pre-gressa terapia infiltrativa. In alcuni casi, secondo le direttiveproposte da Froimson, enucleiamo una piccola bratta ossea alivello dellepicondilo al fine di richiudere la breccia senzatensione (Fig. 103-26). Segue immobilizzazione in slingmorbido con gomito flesso a 90 per due settimane. Lo stu-dio anatomopatologico della lesione in una fase successivaconferma la presenza della lesione elementare giustificandolapproccio chirurgico mirato. Nellambito del tessuto tendi-neo sono presenti elementi mixoidi dovuti ad imbibizioneiniziale, tali da condurre alla trasformazione mucosa del tes-suto tendineo normale (Fig. 103-27). Costante la presenza dielementi flogistici di tipo linfomonocitario ed elementi ner-vosi in discreto numero in prossimit del granuloma (Fig.103-28). Esiste in ogni caso un netto vallo di separazione tratessuto tendineo normale e linfiltrato linfomonocitario conpresenza di agglomerati di istiociti e microdepositi calcarei(Fig. 103-29). Non abbiamo esperienza diretta del release la-terale di gomito per via artroscopica, ma la letteratura26 inmerito riporta buoni risultati.

    COMPLICANZE

    Lapproccio chirurgico mirato costituisce a nostro avvisola chiave del trattamento, sia esso conservativo o invasivo.

    1124 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    Fig. 103-24. A, Accesso secondo Froimson alla regione epicondilare. In dettaglio la lamina tendinea degli epicondiloidei. B, Ingrandimentooperatorio: zona circoscritta in cui le fibre tendinee perdono la normale lucentezza e si presentano di aspetto vitreo e edematoso.

    A B

    Fig. 103-25. Ingrandimento operatorio: tessuto di granulazione ab-bondante facilmente enucleabile dal tessuto circostante sano.

  • Su questo dato di fondo si inserisce la scelta del paziente datrattare chirurgicamente. Le epicondiliti di origine profes-sionale, legate ad attivit lavorative manuali e ripetitive so-no pi spesso candidate ad un trattamento chirurgico, alcontrario di quelle legate allattivit sportiva. Spessolinsuccesso legato proprio a tale scelta e nel contempoalla condotta chirurgica pi appropriata. Nello specifico,alcune tecniche chirurgiche sono a nostro avviso non ido-nee, per cui la lesione del legamento anulare con instabilitdel capitello costituisce una complicanza legata ad una me-todica chirurgica obsoleta e non adeguata, cos come la te-notomia degli estensori effettuata in modo sconsideratopu portare ad un deficit di forza significativo tale da com-portare nello sportivo professionista competitivo un dannoconsiderevole. Non infrequenti sono poi le lesioni del ramoprofondo del nervo radiale in corso di esplorazione siste-

    matica del tronco nervoso nella chirurgia della epicondilite.La incompleta o eccessiva asportazione di tessuto tendineodella lamina degli estensori costituisce fonte di insuccessoe di recidiva del quadro patologico. Pertanto si raccomandaluso costante di mezzi ottici al fine di individuare con pre-cisione larea tendinea degenerata da asportare.

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    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1125

    Fig. 103-26. Enucleazione di una piccola bratta ossea a livello del-lepicondilo al fine di richiudere la breccia senza tensione.

    Fig. 103-27. Presenza di elementi mixoidi dovuti ad imbibizione in-iziale, tali da condurre alla trasformazione mucosa del tessuto tendi-neo normale.

    Fig. 103-28. Presenza di elementi flogistici di tipo linfomonocitarioed elementi nervosi in discreto numero in prossimit del granuloma.

    Fig. 103-29. Netto vallo di separazione tra il tessuto tendineo nor-male e linfiltrato linfomonocitario con presenza di agglomerati diistiociti e microdepositi calcarei.

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    1126 SEZIONE VII - Patologie acquisite

    INTRODUZIONE

    Lepicondilite mediale od epitrocleite comunementechiamata gomito del golfista, mentre lepicondilite late-rale od epicondilite chiamata gomito del tennista. So-no classificate tra le entesopatie come entesiti. Lentesi lazona dinserzione ossea dei tendini, dei legamenti e dellagiunzione capsulare. Lentesi pu essere distinta in fibrosao fibrocartilaginea a seconda che lunione con il segmentoscheletrico sia costituita da solo tessuto connettivo fibrosodenso oppure se sia presente unulteriore zona di transizio-ne con la superficie ossea. Le entesi devono essere consi-derate strutture attive, con una notevole capacit di rispo-sta e di adattamento alle sollecitazioni meccaniche. Perquesto, in particolare le entesi fibrocartilaginee, sono pre-senti nei punti delle articolazioni sottoposti a maggior mo-bilit e sono in grado di adattare la loro struttura in rispo-sta allo stress meccanico dei movimenti.

    ANATOMIA, BIOMECCANICA ED EZIOPATOGENESI

    Lepitrocleite rappresenta una patologia inserzionale alivello dellepitroclea (epicondilo mediale) dellomero

    nellambito dellarticolazione del gomito (Fig. 103-30).I muscoli interessati sono i flessori del polso e cio: ilpronatore rotondo, il flessore radiale del carpo, il pal-mare lungo, il flessore superficiale delle dita e il flesso-re ulnare del carpo. La patologia statisticamente pifrequente dopo la terza decade det e negli sportivi oc-casionali o poco allenati piuttosto che nei professioni-sti. Questo pu essere facilmente spiegato tenendo pre-sente che il meccanismo dinnesco dato da movimen-t i r ipetut i o forzat i di f lessione del polso conlavambraccio in pronazione, come per esempio accadein alcuni colpi del golf o del tennis. Ma questa entesitenon una patologia esclusivamente sportiva; essa pucomparire anche al di fuori di questo ambito, per esem-pio nei musicisti o in chiunque sottoponga i gruppi mu-scolari prima citati a stress da utilizzo continuo ed ec-cessivo. Il carico sulle inserzioni muscolari e tendinee,se non assistito da un corretto allenamento e dallelasti-cit dei tessuti, che diminuisce con let, pu quindi da-re luogo a fenomeni infiammatori e degenerativi. Oltreche dal sovraccarico funzionale, lepitrocleite pu esse-re innescata anche da traumi diretti e da patologie reu-matiche o metaboliche.

    EpitrocleitiE. MARGARITONDO

  • SINTOMATOLOGIA E DIAGNOSI

    Possiamo distinguere due fasi: una acuta ed una cronica.Nella fase acuta sono presenti il dolore vivo, spontaneo edai movimenti sia attivi che passivi, con tumefazione pi omeno evidente dei tessuti molli e spesso contrattura mu-scolare antalgica con impotenza funzionale elevata. Nellafase cronica il dolore minore, mancano la tumefazionetessutale e la contrattura antalgica ma permanelimpotenza funzionale sia pure di grado minore.

    Nella fase acuta non sono presenti degenerazioni tes-sutali, mentre nella fase cronica esistono fenomeni dege-nerativi come fibrotizzazioni, lesioni tendinee, formazionedi tessuto cicatriziale a livello delle zone di inserzione.

    La diagnosi corretta, essenziale ai fini della terapia, po-sta in base ad unaccurata anamnesi ed allesame clinico. Uti-le, nella diagnosi dellepicondilite, il test di Mills, che consi-ste nellevocare dolore allepicondilo muovendolarticolazione del gomito dalla flessione allestensione com-pleta con polso flesso ed avambraccio pronato. Possono inol-tre essere daiuto, in particolare nelle forme cronicizzate,lesame radiografico standard, unindagine ecografia e la RMper poter mettere in evidenza lo stato e le eventuali lesioni deitessuti molli, della superficie scheletrica e del periostio.

    TRATTAMENTO

    Fase acuta

    Nelle prime fasi acute della patologia importante la so-spensione dellattivit che ha presumibilmente portato allasituazione di infiammazione, per esempio lattivit sporti-va (golf, ecc.) o lavorativa, per un periodo non inferiore al-le 3-4 settimane. utile la crioterapia con borsa di ghiac-cio che va applicata pi volte al giorno per 10-15 minuti eluso di tutori a fascia che hanno lo scopo di ridurre il ca-rico sui gruppi muscolari interessati.

    Molto spesso per lepitrocleite viene diagnosticatasolo dopo molto tempo dallinsorgenza dei sintomi e quin-di in fase cronica.

    Fase cronica

    In questo caso possono essere utilizzati vari tipi di terapiefisiche antalgiche, alle quali la risposta individuale. Sisono rivelati utili la laserterapia, le onde durto, gli ultra-suoni, lipertermia, la crioultrasuonoterapia, la mesotera-pia, lossigeno-ozonoterapia. In caso di persistenza dellasintomatologia, si possono praticare non pi di una o dueinfiltrazioni locali con corticosteroidi. Le pomate per ap-plicazione locale e lassunzione di antinfiammatori per viagenerale producono scarsi risultati.

    utile in questa fase la terapia fisica con esercizi di stret-ching e di defaticamento dei gruppi muscolari interessati.

    Data la difficolt nella terapia, la prevenzione nellepi-trocleite riveste unimportanza fondamentale. Sia nellatti-vit sportiva (amatoriale e professionistica) che in quellalavorativa vanno corretti i movimenti e i difetti posturalidei gesti, ma fondamentale anche il corretto riscalda-mento preventivo ed il potenziamento muscolare primadellattivit. Un altro fattore da considerare luso di at-trezzi sportivi o lavorativi idonei, sia come peso che comeconformazione ergonomica.

    Trattamento chirurgico

    Se le terapie mediche non riescono a produrre risultati sod-disfacenti pu essere preso in considerazione il trattamen-to chirurgico. Questo simile a quello utilizzato per le epi-condiliti. Lanestesia plessica preferibile; si praticaunincisione di circa 3-5 cm a livello dellepitroclea, espo-

    103 Malattie infiammatorie extrarticolari 1127

    Fig. 103-30. Entesi dei muscoli flessori sullepitroclea. Profonda-mente a questi decorre il nervo ulnare.

    Fig. 103-31. A, Incisione della cute e dellentesi dei flessori. Re-sezione dei tessuti rigenerati. B, Rimozione del tassello osseo. C,Sutura per piani.

    A

    B C

  • nendo linserzione dei gruppi muscolari flessori interessa-ti, si incide la fascia antibrachiale e si giunge a livello del-le fibre che possono apparire alterate; luso di un mezzo diingrandimento sicuramente auspicabile in questa faseperch consente una corretta identificazione delle strutturenormali e di quelle patologiche. Si procede alla resezionedelle fibre interessate dai processi degenerativi alla loroorigine; a volte pu essere utile la rimozione di un piccolotassello osseo di basso spessore (0,3-0,5 mm) per facilita-re al chiusura dei piani (Fig. 103-31 A-C). Va posta parti-colare attenzione a non ledere il nervo ulnare (di cui non necessario procedere n alla neurolisi n alla trasposizionea meno che non sia stata precedentemente diagnosticatauna sua specifica patologia da compressione) nel suo de-corso nella doccia epitrocleo-olecranica. Si procede allachiusura per piani, avendo particolare cura nel coprirecompletamente la breccia ossea eventualmente praticata.Nel postoperatorio viene applicato un tutore per mantene-re il gomito immobilizzato a 90 e viene mantenuto per12-15 giorni. Dopo la rimozione del tutore, si inizia la fi-sioterapia per il recupero della mobilit articolare e del-lattivit muscolare, per almeno un mese. Oltre questo ter-mine, il paziente continuer con esercizi volti al recuperocompleto della forza ed alla prevenzione delle recidive.

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