Canzoniere imperfetto

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i poeti IVAN FEDELI canzoniere imperfetto

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L'imperdibile poesia di Ivan Fedeli

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I S B N 8 8 - 8 6 8 2 0 - 5 2 - 6

Ivan Fedeli è nato a Monza,nel 1964. Insegna materieletterarie e si occupa dididattica della poesia. Haricevuto diversi riconoscimentiletterari; oltre al premioLiberalia Città dei Sassi“sezione poesia”, è statopremiato in importanticoncorsi, fra i quali: PremioMario Luzi, Premio Lerici -Pea sezione giovani, PremioMontale, Premio Senigallia.Ha pubblicato diversi percorsipoetici: Abiti comuni (Il PonteVecchio), Una religione diparole (La Fenice), Dialoghia distanza in Sette poeti delPremio Montale (Crocetti),Vie di fuga (Biblioteca diCiminiera), Un mondo mancato(Edizioni Il Foglio). Inoltre,suoi testi in forma di poesiasono stati pubblicati da alcuneriviste, fra le quali Smerillianae Poeti e poesia. Il poetacollabora con la rivistaLe voci della luna”, della qualeè redattore, con La Mosca e conMilanocosa. IV

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€ 8,00

i poeti

... E ognuno col suotarlo, muso a muso,in cerca di un rimedio,di uno scontoal tacco consumato,al cielo grigio,al numero del tramche dà rifugio...

IVAN FEDELI

canzoniereimperfetto

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ivan fedeli

canzoniereimperfetto

i poeti

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ISBN-10: 88-8682-052-6ISBN-13: 978-88-8682-052-3

Copertina: Enzo Epifania / AltrimediaIllustrazione: Rocco Persia

© Altrimedia EdizioniVia S. Pietro Barisano, 7 - 75100 MateraTel. e Fax 0835 090010

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a Simonetta

(Speravo, un giorno, di vedere quello che vedono sempre tutti.)

U. Fiori

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… Ma tienimi con te, tra cose care,un passo dopo l’altro, quasi a gara,nel cuore di un momento che non trovala voce che è del vento se è bufera.

Insieme per scommessa, per paurache chiuda un altro giorno poi la serae lasci in qualche posto per difettola vita conservata in un cassetto,

davvero come avesse forma nuovao solo una parola senza effettoil verso che ricerca un mondo intatto,

l’amore che mi dici già imperfetto.

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(I gIornI dI MIlano)

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Succede a volte. Aprire lo spioncinodi nascosto, restringersi per pocovolto e pelle tra polveri ripostesotto il cuore. E tutto così vicino,

tutto nel rumore. Neanche il tempodi uno sguardo, capire cosa è fuori,chi sta dentro. Nemmeno dirsi contro,o starsi accanto. Sempre più in silenzio.

Lasciati già in disparte, controvento.Rimane giusto un cenno. E siamo muti.

Dimmi, in quale inverno siamo caduti?

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I numeri nascosti delle case.li immagini da sempre lì, un po’ tristi.aspettano una svista, un’altra manoche accosta piano al campanello e suona.

Fedeli a loro stessi, a qualche muro,lasciati quasi in vita, come in prova.E niente che li dica, che li smuova.

resistono a fatica, più ripostinel cuore ben coperto dalla giacca,nell’occhio che se vede è a intermittenza.

E ascoltano le voci, le presenze,i passi di chi viene camminando,sorpresi nelle cose, sullo sfondo.

Così restano, in sospeso. Custodidi un età senza un elogio, di giorniin forse e mezzi grigi, di orologi.

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È che ti immagino felice. Intornoai tuoi quaranta, forse meno, il voltoe dentro il mondo, il giorno in una mano.

S’invecchia a poco a poco e c’è conto,attenti a non sporcare, fermi in fondola pagina di un libro, contro un punto.Ma tutto come niente, senza voce.

E gli anni vanno e vengono di colpo,negli album delle foto da tenere,sfiniti accanto al pranzo di un natale,tra tombole scadute, piatti, avanzi.

Così si resta in bilico, più mutidegli abiti lasciati nell’armadio.Si vive. Più per debito col tempo.

Per modico rimedio. Quasi in sconto.

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E complici di cosa ci si chiede?del letto da rifare, delle sediespaiate come sguardi verso un dopo,o solo di ritardi, corse a vuoto?

Milano a volte è un giorno mezzo muto.ricorda un abito tenuto al chiusotra tanti appollaiati nell’armadio.

E ognuno col suo tarlo, muso a muso,in cerca di un rimedio, di uno scontoal tacco consumato, al cielo grigio,al numero del tram che dà rifugio.

Così ci si dimentica, si scordache tutto poi s’impolvera, svanisce.

Si resta come pagine sfogliatedi un libro che finisce un po’ alla volta,

lasciato riposare nella folladi quelli che si chiudono, alla svelta.

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Se la chiami anestesia dal mondola scelta di restare un po’ da parteo stringere la vista sulla sciadi strade mezze vuote, viali morti,

posso dirti che no, che ci si spendea stare quasi a fondo nel silenzio,tra tetti e cornicioni, tende, letti.

assenza dalla vita aggiungi forse,un modo per respingere la sorte,la carta che si prende poi alla ciecadal mazzo delle cose, senza meta.

Eppure c’è qualcosa di diversoa stare come a galla nella retedi tram già presi in corsa, di pareti.

la chiamano poesia da nulla.

Un battito di ali da farfallala credi questa morsa assai distante,

che accumula stagioni che non vedi,che assimila la voce tra le tante.

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Forse avrei dovuto dirti che no,non c’è tramonto, a quanto dopo segue,a chi si incontra, e tutto si riduce,si fa breve, se mancano le luci,

gli orizzonti. Magari a volte capitadi stare in un incrocio, in qualche punto,e vivere una certa coordinata,o stare pronti al correre discreto

delle voci, dei momenti. Cosìci si dilegua, un po’ perdenti, il pettinesui giorni a toglier nodi, il ventosui capelli a dire vedi. distanti

i cenni a mezzo sguardo della gente e gli anni che si contano frattanto.Un tempo che si scioglie lentamente,tra nomi senza nome, volti d’altri.

Il mondo poi si spoglia, si distende,rimane accovacciato dentro un niente.

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l’odore della sera quando è serae chiudono le porte delle case.

ognuno nel suo tetto, tra le cose,lo sguardo nella tele delle venti,il letto che si aspetta una preghiera.

normalità di sempre, senza veli,un mondo in miniatura, già fedelenel tavolo che sa di un’altra cena,nel tovagliolo messo lì con cura.

di fuori la città non fa una piega,le strade si riposano dai passi,Milano si fa bella per la notte,trasporta le sue rughe più lontano.

E tutto dopo dorme sulle scale,nei volti quasi tristi, nelle maniche stringono le borse degli acquisti,

che dicono pensando è già domani.

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Provato mai a dividerli, i ricordi?

Soltanto per un attimo, per spreco:qualcuno quasi accanto, dentro un cuore,un altro un po’ di sbieco, controvento.

Chissà quale silenzio nell’incontrodi nomi che si sommano nei nomi,di volti fatti cari, luoghi rari,presenze di chi viene, poi va via.

dicono che anche la malinconiasia un gesto consumato in un minuto, un semplice spessore dello sguardoa dare almeno un colpo forte, muto,

e tutto si consumi in un salutodi mani che si stringono, di porterinchiuse poi alle spalle, più lontano.

E noi presi così, già alla sprovvista,sul collo, nel respiro, come niente,che il mondo si fa piccolo, scompare,si scolla dalla vista, si dà assente.

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Questi giorni da zucchero filato.li senti dentro l’abito sul grigioche addentano un po’ lenti un orologio,la voce come a credere a chi viene,

la faccia di chi chiede poi va via.

Poi manca un epicentro e distanzaè vivere a ridosso degli specchi,guardare le vetrine, farsi passi.

E forse non si sa se dunque è neveil bianco che riemerge in fondo agli occhi,lo sguardo fatto basso, quasi stanco.

l’inverno sulla pelle, messo contro,confuso alle girandole del centro,tra luci che si accendono qui intorno.

E siamo solo scarpe, solo suole,parole che si lasciano parlare,dimenticate dopo, se c’è sole.

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le fragili occasioni della vita:non essere ormai padre, non più figlio,la buona posizione mai cercata,il tetto di famiglia che si svuota.

Eppure siamo stati ancora svegli,in cerca di una voce, di un appigliomagari accanto a un letto dell’Ikea,nel cuore della sera, in un’idea.

Quegli anni che non tornano a dispettodei miei quasi quaranta e i tuoi di meno,lasciati nelle frasi, in calendarinei trafiletti in coda dei giornali.

Milano non aspetta poi il serenoha come il fiato di città in uscita.ognuno nella fretta verso un dove,e dopo non si sa se dare retta

al vento che si gonfia e già si spezzao ai volti che promettono un altrove,finiti in qualche mentre, tra parole,dentro tutta questa pioggia che piove.

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Sì, li hai visti anche tu. andare di corsa.

Poi muoversi per poco, fianco a fianco,attenti a non sporcare, a non lasciaretraccia, le facce un po’ confuse, il voltodi chi si aspetta un nome, un indirizzo.

li hai visti. Spingere la vita pezzoa pezzo, in coda per la strada attendereun segnale, l’ indizio per restare.

Ed erano lì. a due passi dal mondo,lo sguardo a precipizio e sotto il cuore.ognuno già al riparo. lui e il suo male.

accanto un giorno avaro, senza sole,la nebbia che non sale, il suo colore.

E dopo, terribilmente, natale.

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auguri per qualcosa che non so.Magari per un giorno poi di festa,per l’angelo di coccio alla finestrae che indica di fuori chissà dove.

le piccole abitudini dei giorni:le minime preghiere quotidiane,le strane ricorrenze a fine mese,un altro capodanno senza attese.

E sfuggono al controllo delle date,nessuno che mai dica cosa occorrea fare una memoria del passato.

Pertanto qualche sorta di saluto, l’abbraccio fatto forte all’improvviso,a quanto dopo avviene e sembra muto,

al tempo che non tiene mai abbastanza,se vita è ciò che vive qui, a distanza.

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( Parlare di parole e non moriredal piano sotto casa, nel cortilenascosto dai lampioni un po’ sfiniti,nei vasi sui balconi sempre muti.

Sommersi dalle cose, senza scelta,nelle vetrine rotte, in una scusa,

poi in cerca di un saluto, muso a muso,protetti dagli specchi, a letti vuoti.

E forse un po’ più in là, dopo via Larga,nel buco stretto al cuore, in qualche svoltadi tram lasciati andare nella corsa,o sulle scale mobili, alla svelta,

tra fogli di giornale, accenti sfusi,sentiti scivolare piano piano,

delusi dal contorno a mezzo sole,

i giorni di Milano, quasi chiusi.)