“Canto V, ove si tratta de la terza qualitade, cioè di ...

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“Canto V, ove si tratta de la terza qualitade, cioè di coloro che per cagione di vendicarsi d’alcuna ingiuria insino a la morte mettono in non calere di riconoscere sé esser peccatori e soddisfare a Dio; de li quali nomina in persona messer Iacopo di Fano e Bonconte di Montefeltro.”

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“Canto V, ove si tratta de la terza qualitade, cioè di coloro che per cagione di vendicarsi d’alcuna ingiuria insino a la morte mettono in non calere di riconoscere sé esser peccatori e soddisfare a

Dio; de li quali nomina in persona messer Iacopo di Fano e Bonconte di Montefeltro.”

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Dante e Virgilio, giungono alla seconda balza dell’Antipurgatorio, dove attendono il perdono le anime dei morti di morte violenta che si sono pentiti in extremis. Le anime, guardano con stupore ed interesse il corpo del poeta. Virgilio raccomanda a Dante di non perdere tempo. Egli non vuole evitare che Dante incontri le anime, anzi le rassicura e le invita ad avvicinarsi con rispetto, perché il poeta potrebbe esaudire il loro desiderio: portare notizia di loro nel mondo degli uomini. Nel canto inoltre compaiono vari personaggi tra cui: Jacopo del Cassero di nobile casata, guelfo, valoroso combattente e saggio uomo politico, ucciso da Azzo III d’Este, signore di Ferrara e Bonconte da Montefeltro, ghibellino e ben noto uomo d’arme, ucciso nella battaglia di Campaldino; entrambi chiedono a Dante di invitare i loro parenti a pregare per la loro anima. La narrazione si interrompe bruscamente per intervento dell’ombra di Pia de’ Tolomei, nobile uccisa dal marito la quale non esterna nessuna richiesta e si limita a farsi riconoscere, con dei versi che rassomigliano a un’epigrafe funebre.

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Elemento fondamentale del purgatorio è la coralità, oltre che la mansuetudine, al contrario di quello dell' inferno che era l'individualità; in quanto nelle anime del purgatorio c'è con il mondo un legame forte e complesso, esse vedono tutte insieme il senso delle cose, comprendono i loro limiti umani. Queste anime non subiscono una punizione ma dovranno rimuovere i loro peccati attraverso le pene e le preghiere che caratterizzano quindi il messaggio di collettività che Dante stesso vuole esprimere.

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Allora prende la parola Jacopo del Cassero (1260-1298), che chiede a Dante, in caso gli capiti di passare da Fano, di chiedere ai suoi parenti di pregare per lui, per aiutarlo ad accorciare la sua attesa. Jacopo del Cassero, di nobile casata, guelfo, valoroso combattente e saggio uomo politico, entrò in contrasto con Azzo VIII d’Este, signore di Ferrara, il quale lo fece uccidere mentre era in viaggio verso Milano attraverso le terre padovane, dove Jacopo credeva di essere al sicuro.

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Egli è un buon esempio del doppio binario su cui si sviluppa l’atteggiamento delle anime purganti: da una parte, esse sono ancora legate al passato, ai loro affetti terreni, alle offese che hanno ricevuto. Anche per questo chiedono di essere ricordate da Dante quando sarà tornato nel mondo; e proprio per questo nelle loro parole risuona talvolta il senso del dolore provato e un senso di tristezza o di malinconia. D’altra parte, le anime purganti appartengono ormai ad una sfera completamente diversa, che rende le sensazioni, le logiche e i desideri mortali del tutto superati: lo stesso Jacopo non esprime odio per i suoi nemici, ma quasi commiserazione, e racconta la sua storia comunicando un senso di inesorabilità.

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Bonconte da Montefeltro, figlio di Guido di Montefeltro, che il poeta aveva incontrato nell’Inferno, chiede a Dante di sollecitare le preghiere della moglie e dei parenti, i quali sembrano averlo dimenticato. Ghibellino e ben noto uomo d’arme, egli aveva partecipato alla battaglia di Campaldino, rimanendo ucciso ma il suo corpo non era mai stato ritrovato. Bonconte racconta a Dante la storia della propria morte, che nessuno conosce ancora. Ricorda di essersi pentito in extremis, venendo così salvato da un angelo di Dio dal diavolo. Per vendicarsi, il diavolo aveva deciso di fare scempio del suo corpo provocando un forte temporale che lo aveva trascinato alla foce dell’Archiano: la corrente del fiume, aveva trascinato via il suo corpo, mentre i detriti del fiume lo avevano trascinato verso il fondo, seppellendolo.

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Spontaneo e quasi automatico il parallelo con le vicende del padre: anche per Guido da Montefeltro si accende una disputa subito dopo la morte, in quel caso tra San Francesco e un nero cherubino. A differenza di Bonconte , Guido è dannato all'inferno per aver dato un consiglio fraudolento a papa Bonifacio VIII, che surrettiziamente lo aveva assolto prima del peccato. Assoluzione, com'e ovvio, non valida.

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Una terza anima chiede a Dante di pregare per lei una volta ritornato in terra: appartiene a Pia de’ Tolomei, ed enuncia gentilmente e brevemente al pellegrino il luogo in cui nacque, Siena, e in cui fu uccisa, la Maremma. La donna era forse una nobile di Siena appartenente alla casata dei Tolomei e morta nel 1297 per mano del consorte, signore del castel di Pietra in Maremma. Sono state avanzate alcune ipotesi sul motivo dell'assassinio: alcuni storici antichi ritengono che Nello dei Pannocchieschi, il marito, l'abbia uccisa per risposarsi con Margherita Aldobrandeschi, secondo altri in seguito all'infedeltà della moglie.

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L'unica analogia tra i personaggi è la morte violenta subita e il pentimento avvenuto in punto di morte. La Pia de’ Tolomei al contrario degli altri personaggi assume un tono non recriminatorio verso il suo uccisore. L'atteggiamento della donna nel raccontare la propria storia a Dante è distaccato e freddo, come a sottolineare il suo completo distacco dalla vita e dal mondo terreno; è l'unica, tuttavia, dalla quale traspare un velo di cortesia, chiedendogli di farle il favore di ricordarla in terra solo dopo essersi riposato dal lungo viaggio.

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Infine Dante dà al corpo una grandissima importanza: differente da quella dell’Inferno, per lo svolgimento più ampio, più vario e approfondito, essendo differente la situazione morale e teologica. Le anime sono addolorate e hanno nostalgia del corpo violentemente strappato, ma vivono la speranza che grazie alla fede, il loro corpo risorgerà un giorno con quelle stesse caratteristiche di sacralità conferite da Dio alla nascita.

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Un lavoro di : Andrea Messina, Martin Cuticchio, Pietro Di Luca, Giuseppe Iudicello, Aurora Raimondi, Simone Ricciardo e Paolo Leone