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1. Calcolo Differenziale negli Spazi Normati 1.1 Derivate e differenziale Siano X, Y due spazi normati su un campo K. Sia Ω un aperto non vuoto di X e sia f Y, x 0 Ω. Fissato v X, poich` e il punto x 0 ` e interno all’ insieme Ω, esiste δ> 0: x 0 + tv Ω t ]0[ e quindi risulta definito, per t 6=0, il rapporto incrementale f (x 0 + tv) - f (x 0 ) t (1.1) nella direzione v, relativo al punto x 0 . Se il rapporto (1.1) risulta convergente, al tendere di t a0, la funzione f si dice parzialmente derivabile nella direzione v nel punto x 0 . Il limite di tale rapporto si chiama derivata direzionale secondo la direzione v, della funzione f nel punto x 0 Ω e si pone ∂f ∂v (x 0 ) f v (x 0 ) = lim t0 f (x 0 + tv) - f (x 0 ) t . (1.2) Esempio 1.1 Sia f R n R. Nel caso in cui la funzione ` e derivabile lungo la direzione del vettore v = e i i =1,...,n la funzione f si dice parzialmente derivabile rispetto ad x i e la derivata ∂f ∂e i si chiama derivata parziale della funzione f rispetto alla variabile x i nel punto x 0 e si denota con ∂f ∂e i (x 0 ) ∂f ∂x i (x 0 ) f x i (x 0 ). (1.3) Se f ` e parzialmente derivabile rispetto a tutte le variabili x 1 ,...,x n da cui dipende, si pone f (x 0 )=(f x 1 (x 0 ),...,f x n (x 0 )) (1.4) ed il vettore cos` ı definito si chiama vettore gradiente di f nel punto x 0 . Contrariamente al caso delle funzioni di una sola variabile, una funzione pu` o essere derivabile in ogni direzione senza essere continua come mostra il seguente Esempio 1.2 Sia f : R 2 R definita ponendo f (x, y)= ( 1 x · y = 0; 0 x · y 6=0. La funzione ` e discontinua in (0, 0) perch` e lim x0 f (x, x) = 0 mentre f (0, 0) = 1. La funzione ` e parzialmente derivabile in (0, 0). Infatti, f x (0, 0) = lim t0 f (t, 0) - f (0, 0) t = lim t0 1 - 1 t =0 e, similmente, f y (0, 0) = lim t0 f (0,t) - f (0, 0) t = lim t0 1 - 1 t =0

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1. Calcolo Differenziale negli Spazi Normati

1.1 Derivate e differenziale

Siano X,Y due spazi normati su un campo K. Sia Ω un aperto non vuoto di X e sia f : Ω→Y, x0 ∈ Ω. Fissato v ∈ X, poiche il punto x0 e interno all’ insieme Ω, esiste δ > 0 : x0 + tv ∈Ω ∀t ∈]0, δ[ e quindi risulta definito, per t 6= 0, il rapporto incrementale

f(x0 + tv)− f(x0)t

(1.1)

nella direzione v, relativo al punto x0. Se il rapporto (1.1) risulta convergente, al tendere di t a 0, lafunzione f si dice parzialmente derivabile nella direzione v nel punto x0. Il limite di tale rapportosi chiama derivata direzionale secondo la direzione v, della funzione f nel punto x0 ∈ Ω e si pone

∂f

∂v(x0) ≡ fv(x0) = lim

t→0

f(x0 + tv)− f(x0)t

. (1.2)

Esempio 1.1 Sia f : Ω ⊂ Rn → R. Nel caso in cui la funzione e derivabile lungo la direzione delvettore v = ei i = 1, . . . , n la funzione f si dice parzialmente derivabile rispetto ad xi e la derivata∂f∂ei

si chiama derivata parziale della funzione f rispetto alla variabile xi nel punto x0 e si denotacon

∂f

∂ei(x0) ≡ ∂f

∂xi(x0) ≡ fxi(x0). (1.3)

Se f e parzialmente derivabile rispetto a tutte le variabili x1, . . . , xn da cui dipende, si pone

∇f(x0) = (fx1(x0), . . . , fxn(x0)) (1.4)

ed il vettore cosı definito si chiama vettore gradiente di f nel punto x0.Contrariamente al caso delle funzioni di una sola variabile, una funzione puo essere derivabile in

ogni direzione senza essere continua come mostra il seguente

Esempio 1.2 Sia f : R2 → R definita ponendo

f(x, y) =

1 x · y = 0;0 x · y 6= 0.

La funzione e discontinua in (0, 0) perche limx→0 f(x, x) = 0 mentre f(0, 0) = 1. La funzione eparzialmente derivabile in (0, 0). Infatti,

fx(0, 0) = limt→0

f(t, 0)− f(0, 0)t

= limt→0

1− 1t

= 0

e, similmente,

fy(0, 0) = limt→0

f(0, t)− f(0, 0)t

= limt→0

1− 1t

= 0

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e quindi esiste il gradiente in (0, 0) e si ha: ∇f(0, 0) = (0, 0).

Definizione 1.1 Sia Ω ⊂ X un aperto non vuoto e sia f : Ω → Y, x0 ∈ Ω. Diciamo che f edifferenziabile in x0 se esiste una applicazione lineare e continua f ′(x0) ∈ L(X,Y ) tale che

limh→0

f(x0 + h)− f(x0)− f ′(x0)(h)‖h‖

= 0 (1.5)

ed in tal caso f ′(x0) si dice differenziale di f in x0.

Teorema 1.1 Sia Ω ⊂ X un aperto non vuoto e sia f : Ω→ Y, x0 ∈ Ω differenziabile in x0. Alloraf e derivabile lungo qualsiasi direzione e si ha:

∂f

∂v(x0) = f ′(x0)(v).

Dim. Usando la definizione (1.5) ed il fatto che il differenziale e un’ applicazione lineare, si ha:

limt→0

f(x0 + tv)− f(x0)t

= limt→0

f(x0 + tv)− f(x0)− f ′(x0)(tv) + f ′(x0)(tv)t

=

= limt→0

f(x0 + tv)− f(x0)− f ′(x0)(tv)t

+ f ′(x0)(v) = f ′(x0)(v).

In generale, il viceversa e falso come mostra il seguente

Esempio 1.3 Sia f : R2 → R definita ponendo

f(x, y) =

x2y

x2 + y2, (x, y) 6= (0, 0);

0 (x, y) = (0, 0).

La funzione e derivabile in ogni direzione. Infatti sia v = (v1, v2) ∈ R2. Si ha:

limt→0

f(tv)− f(0)t

=v2

1v2

v21 + v2

2

mentre f non risulta differenziabile in (0, 0) perche l’espressione trovata non e lineare in v.

Esempio 1.4 (differenziale di funzioni scalari)Sia f : Ω ⊂ Rn → R. Se f e differenziabile in x0 ∈ Ω, per il teorema precedente

∂f

∂v(x0) = f ′(x0)(v).

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D’altra parte sappiamo dalla geometria che se l’ applicazione f ′(x0) e lineare, esiste un vettorea ∈ Rn tale che f ′(x0)(h) = a · h ∀h ∈ Rn e quindi

a · v = f ′(x0)(v) =∂f

∂v(x0)

e, scegliendo v = e1, v = e2, . . . , v = en si trova

a · ei = f ′(x0)(ei) =∂f

∂xi(x0) i = 1, . . . , n

da cui ai = ∂f∂xi

(x0) i = 1, . . . , n ovvero a = ∇f(x0) e quindi si rappresenta il differenzialeattraverso il vettore gradiente, cioe

df(x0)(h) = ∇f(x0) · h ∀h ∈ Rn. (1.6)

Teorema 1.2 Sia Ω ⊂ X un aperto non vuoto e sia f : Ω→ Y, x0 ∈ Ω differenziabile in x0. Alloraf risulta continua in x0.

Dim. Sia δ > 0 : x0 + h ∈ Ω,∀h : ‖h‖ < δ. Allora

f(x)− f(x0) =f(x)− f(x0)− f ′(x0)(x− x0)

‖x− x0‖‖x− x0‖+ f ′(x0)(x− x0)

e quindi, ricordando che il differenziale e continuo,

limx→x0

f(x)− f(x0) = limx→x0

f ′(x0)(x− x0) = 0

e quindilimx→x0

f(x)− f(x0) = 0.

Il viceversa, in generale, e falso come mostra il seguente

Esempio 1.5 La funzione f : R2 → R definita ponendo f(x, y) =√|xy| e continua ma non e

differenziabile nell’ origine.Infatti dalla definizione segue

∂f

∂x(0, 0) =

∂f

∂y(0, 0) = 0.

D’altra parte, come e stato gia osservato, il limite

limx→0y→0

f(x, y)√x2 + y2

= limx→0y→0

√|xy|

x2 + y2

non esiste.

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Una condizione sufficiente per la differenziabilita e la seguente:Teorema 1.3 (del differenziale totale) Se f ′ e continuo in x0 allora f e differenziabile in x0.

Dim. Omessa.Esempio 1.6 La funzione f(x, y) = arctang y

x e di classe C1 nell’insieme Ω = R2 \ x = 0.

Infatti la funzione e definita per x 6= 0 e risulta derivabile dove e definita. Si ha:

fx(x, y) =1

1 +(yx

)2 · −yx2= − y

x2 + y2;

fy(x, y) =1

1 +(yx

)2 · 1x

=x

x2 + y2,

e siccome le derivate sono continue in ogni punto di Ω, la funzione risulta di classe C1(Ω) e quindiivi differenziabile.

Esempio 1.7 Calcoliamo le derivate parziali della funzione f(x, y) = log(x2 + y2).La funzione e definita nell’insieme Ω = (x, y) ∈ R2 : (x, y) 6= (0, 0) e risulta ivi parzialmente

derivabile. Si ha:

fx(x, y) =2x

x2 + y2, fy(x, y) =

2yx2 + y2

, ∀(x, y) 6= (0, 0)

e siccome le derivate sono continue in ogni punto di Ω, la funzione risulta di classe C1(Ω), quindidifferenziabile.

Esempio 1.8 Differenziale di una funzione vettorialeSia Ω un aperto di Rn, f : Ω → R

m, x0 ∈ Ω. In questo caso f ′(x0) ∈ L(Rn,Rm) ∼ Rm,n e quindiil differenziale si puo rappresentare attraverso una matrice Jf (x0) di tipo m × n. Per individuarela matrice Jf (x0) notiamo che f ′(x0)(ei) = Jf (x0) · ei che e la i -esima colonna di Jf (x0). Quindi,

df(x0)(h) =

∂f1∂x1

(x0) ∂f1∂x2

(x0) . . . ∂f1∂xn

(x0)∂f2∂x1

(x0) ∂f2∂x2

(x0) . . . ∂f2∂xn

(x0)...

∂fm∂x1

(x0) ∂fm∂x2

(x0) . . . ∂fm∂xn(x0)

·h1

h2...hn

= Jf (x0) · h

e la matrice Jf (x0) si dice matrice Jacobiana della funzione f nel punto x0 ovvero la matriceJacobiana e la matrice le cui righe sono i gradienti delle componenti della funzione data.

Esempio 1.9

1. f : (a, b)→ R, x0 ∈ (a, b). In questo caso n = m = 1 e quindi Jf (x0) = f ′(x0).

2. f : Ω ⊂ Rn → R, x0 ∈ Ω. In questo caso m = 1 e quindi Jf (x0) =(∂f∂x1

(x0), . . . , ∂f∂xn (x0))

=∇f(x0).

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3. f : (a, b)→ Rm, x0 ∈ (a, b). In questo caso n = 1 e quindi Jf (x0) = T ( f ′1(x0) . . . f ′m(x0) ) .

Se f : Ω ⊂ Rn → Rm, x0 ∈ Ω, e differenziabile in x0 ∈ Ω allora

limh→0

‖f(x0 + h)− f(x0)− Jf (x0) · h‖m‖h‖n

= 0

ovvero

limh→0

f(x0 + h)− f(x0)− Jf (x0) · h‖h‖n

= 0

e questo significa,f(x0 + h) = f(x0) + Jf (x0) · h+ o(‖h‖n), h→ 0.

Ponendo h = x− x0 si trova

f(x) = f(x0) + Jf (x0) · (x− x0) + o(‖x− x0‖n), x→ x0.

Teorema 1.4 Sia g : Ω ⊂ Rn → R

m, f : A ⊂ Rm → R

p e sia g(Ω) ⊂ A ⊂ Rm. Sia infine

x0 ∈ Ω, y0 = f(x0). Allora, se g e differenziabile in x0 ed f e differenziabile in g(x0), la funzioneH : Ω→ R

p definita dalla legge H(x) = f(g(x)), e differenziabile in x0 e si ha JH(x0) = Jf (g(x0)) ·Jg(x0).

Dim. Omessa.

1.2 Differenziali di ordine superiore

Sia f : Ω ⊂ X → Y ,Ω aperto non vuoto, x0 ∈ Ω. Supponiamo f differenziabile in Ω. PoicheL(X,Y ) e normato ci si puo chiedere se la funzione f ′ : Ω ⊂ X → L(X,Y ) che associa a x ∈ Ω ildifferenziale nel punto f ′(x) sia, a sua volta, differenziabile nel punto x0. In tal caso diremo che lafunzione f e due volte differenziabile nel punto x0. Naturalmente si ha: f ′′(x0) ∈ L(X,L(X,Y )).Si ha:

f ′′(x0)(v) ∈ L(X,Y ) ∀v ∈ X

ef ′′(x0)(v)(u) ∈ Y ∀u ∈ X.

Studiamo l’azione del differenziale secondo. Si ha:

f ′′(x0)(v)(u) = limt→0

f ′(x0 + tv)− f ′(x0)t

u = limt→0

f ′(x0 + tv)u− f ′(x0)ut

= limt→0

∂uf(x0 + tv)− ∂uf(x0)t

= ∂v∂uf(x0) =∂2f

∂v∂u(x0)

Ricordiamo il seguente risultato di carattere geometrico.

Teorema 2.1 Siano X1, X2, Y tre spazi normati su un campo K. Allora lo spazio L(X2, L(X1, Y ))

e isometricamente isomorfo allo spazio2

L(X1 ×X2, Y ) delle forme bilineari e continue da X1 ×X2

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in Y.

In virtu di questo risultato possiamo quindi pensare al differenziale secondo come ad una formabilineare continua che associa alla coppia di vettori (u, v) il valore del differenziale f ′′(x0)(v)(u) =∂2f∂v∂u (x0).

Esempio 2.1 Sia f : Ω ⊂ Rn → R, x0 ∈ Ω. In tal caso la forma bilineare e definita in Rn × Rna valori in R e quindi, come e noto dall’algebra lineare, si puo associare a tale forma bilineare lamatrice quadrata di ordine n nella quale l’elemento di posto i, j e il valore della forma sulla coppiadi vettori (ei, ej). In definitiva abbiamo:

f ′′(x0)(ei)(ej) =∂2f

∂ei∂ej(x0) = fxixj (x0).

La matrice individuata si chiama matrice Hessiana della funzione f nel punto x0 e si indica con ilsimbolo Hf(x0).

In generale non c’e alcuna ragione per pensare che la forma bilineare sia simmetrica comemostra il seguente esempio.

Esempio 2.2 Consideriamo la funzione

f(x, y) =

0 (x, y) = (0, 0);

xyx2 − y2

x2 + y2(x, y) 6= (0, 0).

Calcolando le derivate fxy, fyx si vede che fxy(0, 0) 6= fyx(0, 0).

Tuttavia sussiste il seguente

Teorema 2.2 (Schwarz sull’inversione dell’ordine di derivazione) Sia f : Ω ⊂ X → Y,Ω aperto nonvuoto e sia x0 ∈ Ω. Supponiamo che esistono

∂uf(x0), ∂vf(x0), ∂u∂vf(x0), ∂v∂uf(x0)

e che siano continue in x0. Allora

∂u∂vf(x0) = ∂v∂uf(x0).

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Osservazione 2.1 Nel caso in cui f : Ω ⊂ Rn → R e la funzione soddisfa al teorema di Schwarz,la matrice Hessiana risulta simmetrica e quindi induce una forma quadratica, definita ponendo

q(x) = T (x− x0)Hf(x0)(x− x0) ∀x ∈ Rn.

In modo analogo si possono definire i differenziali di ordine superiore al secondo.

1.3 La Formula di Taylor

Teorema 3.1 (Formula di Taylor al primo ordine con resto nella forma di Lagrange) Sia f : Ω ⊂X → R, x0 ∈ Ω. Supponiamo la funzione f differenziabile in Ω. Allora, per ogni x ∈ Ω tale che ilsegmento di estremi x0 e x sia contenuto in Ω esiste ξ ∈ seg]x0, x[ tale che

f(x) = f(x0) + f ′(ξ)(x− x0)

Dim Il segmento di estremi x0, x si puo rappresentare come x(t) = tx + (1 − t)x0, t ∈ [0, 1].Consideriamo la funzione F : [0, 1]→ R definita ponendo F (t) = f(x(t)). Si ha:

F (0) = f(x(0)) = f(x0) F ′(t) = f ′(x(t))(x− x0)

Applicando la formula di Mac Laurin alla funzione F (t), si trova

F (1) = F (0) + F ′(t∗)

ovverof(x) = f(x0) + f ′(x0 + t∗(x− x0))(x− x0) = f(x0) + f ′(ξ)(x− x0).

Teorema 3.2 (Formula di Taylor al primo ordine con resto nella forma di Peano.) Se f ∈ C1(Ω)allora si ha

f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) + o(‖x− x0‖)

Teorema 3.3 (Formula di Taylor al secondo ordine con resto nella forma di Lagrange) Sia f : Ω ⊂X → R, x0 ∈ Ω. Supponiamo la funzione f differenziabile due volte in Ω. Allora, per ogni x ∈ Ωtale che il segmento di estremi x0 e x sia contenuto in Ω esiste ξ ∈ seg]x0, x[ tale che

f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) +12f ′′(ξ)(x− x0)(x− x0)

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Dim Procediamo come nel caso precedente. Si ha:

F (0) = f(x(0)) = f(x0), F ′(t) = f ′(x(t))(x− x0), F ′′(t) = f ′′(x(t))(x− x0)(x− x0).

Applicando la formula di Mac Laurin al secondo ordine alla funzione F (t), si trova

F (1) = F (0) + F ′(0) +12F ′′(t∗)

da cui la tesi.

Teorema 3.4 Se f ∈ C2(Ω) allora si ha

f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) +12f ′′(x0)(x− x0)(x− x0) + o(‖x− x0‖2)

per ogni x ∈ Ω tale che il segmento di estremi x, x0 sia contenuto in Ω.

Teorema 3.5 (Funzioni con gradiente nullo) Sia Ω un aperto connesso di X e sia f : Ω → R taleche f ′(x) = 0 ∀x ∈ Ω. Allora f e costante in Ω.

Dim Sia x0 ∈ Ω, e siano

Ω1 = x ∈ Ω : f(x) = f(x0) Ω2 = x ∈ Ω : f(x) 6= f(x0)

Ovviamente Ω1 ∪ Ω2 = Ω, Ω1 ∩ Ω2 = ∅ ed inoltre Ω1 6= ∅ perche contiene almeno x0. Se proviamoche Ω1,Ω2 sono entrambi aperti, usando la connessione avremo che Ω2 = ∅ e quindi avremo la tesi.

Ω1 e aperto.

Infatti sia x ∈ Ω1 ⊂ Ω. Allora ∃δ > 0 : B(x, δ) ⊂ Ω ed inoltre ∀x ∈ B(x, δ) ∃ξ ∈ seg(x, x) :f(x) = f(x) + f ′(ξ)(x− x) = f(x) = f(x0) perche x ∈ Ω1 e quindi B(x, δ) ⊂ Ω1.

Ω2 e aperto.

Sia x ∈ Ω2. Allora f(x)−f(x0) 6= 0 e, per il teorema di permanenza del segno, f(x)−f(x0) 6= 0in un intorno di x.

1.4 Funzioni omogenee

Definizione 4.1 Sia C ⊂ X. Diciamo che C e un cono in X se

∀x ∈ C ⇒ λx ∈ C ∀λ > 0.

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Se f : C ⊂ X → Y con C cono di X, diciamo che f e positivamente omegenea di grado α ∈ R se

f(λx) = λαf(x) ∀x ∈ C,∀λ > 0

Esempio 4.1

1) La funzione f(x, y) = arctang |xy|x2+y2 , ∀(x, y) 6= (0, 0) e omogenea di grado zero;

2) La funzione f(x1, . . . , xn) =∑|α|=k ai1...inx

α11 . . . xαnn e un polinomio di grado k ed e omogenea

di grado k.

Teorema 4.1 Sia f : Ω ⊆ X → Y positivamente omogenea di grado α ∈ R nel cono aperto Ω esupponiamo che esista la derivata fu in Ω. Allora fu e positivamente omogenea di grado α − 1 inΩ.

Dim. Sia x ∈ Ω. Si ha:

fu(λx) = limh→0

f(λx+ hu)− f(λx)h

= limh→0

f(λ(x+ hλu))− f(λx)h

=

= limh→0

λα−1 f(x+ hλu)− f(x)hλ

= λα−1fu(x).

Teorema 4.2 (Identita di Eulero) Sia Ω un cono aperto di X e sia f : Ω → R differenziabile inΩ. Condizione necessaria e sufficiente affinche f sia positivamente omogenea di grado α ∈ R e chevalga l’eguaglianza

∇f(x) · x = αf(x) ∀x ∈ Ω.

Dim. Infatti, se f e α−omogenea, f(λx) = λαf(x) da cui, derivando rispetto a λ, si ottiene:

∇f(λx) · x = αλα−1f(x), ∀λ > 0

e, per λ = 1, si ha∇f(x) · x = αf(x).

Viceversa, posto Φ(λ) = λ−αf(λx) si vede che Φ′(λ) = 0, ∀λ > 0 e quindi la funzione Φ(λ) risultacostante, da cui Φ(λ) = Φ(1) = f(x) ∀λ > 0 che e la tesi.

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Osservazione 4.1 In Rn tutte le norme sono equivalenti

Infatti, se N1,N2 sono due norme in Rn il loro rapporto e una funzione omogenea di gradozero. La funzione F (x) ≡ N1(x)

N2(x) e limitata nell’insieme

x ∈ Rn : N2(x) = 1

e quindi - per omogeneita - in Rn \ 0. La funzione F (x) risulta inoltre continua e quindi, postoc1 = minF (x), c2 = maxF (x) segue

c1N2(x) ≤ N1(x) ≤ c2N2(x) ∀x ∈ Rn.

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