CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE...

64
Consiglio delle Autonomie locali del Lazio IN COLLABORAZIONE CON Anci Lazio I L S ISTEMA DELLE AUTONOMIE TERRITORIALI DOPO LA LEGGE SUL FEDERALISMO FISCALE ATTI DEL CONVEGNO DEL 1 MARZO 2010 - ROMA

Transcript of CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE...

Page 1: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

Consiglio delle Autonomie locali del Lazio

IN COLLABORAZIONE CON

Anci Lazio

IL SISTEMA DELLE AUTONOMIE TERRITORIALI

DOPO LA LEGGE SUL FEDERALISMO FISCALE

ATTI DEL CONVEGNODEL 1 MARZO 2010 - ROMA

Page 2: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

2

La presente pubblicazione è statacurata dalla struttura di supportoal Consigli delle autonomie localiDirigente Luigi Lupo

Maggio 2010

Page 3: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

3

INDICE

INTRODUZIONE

Antonio D’Atena, PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA, “TOR VERGATA” PAG. 7

INTERVENTI ISTITUZIONALI

Nicola Riccardelli, VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI DEL LAZIO pag. 11

Fabio Fiorillo, PRESIDENTE ANCI LAZIO pag. 13

RELAZIONI

Gian Candido De Martin, PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA, LUISS “GUIDO CARLI”“Il problema delle funzioni amministrative della Regione e degli Enti locali, alla luce della legge n. 42 del 2009” pag. 15

Enrico Buglione, DIRIGENTE DI RICERCA DELL’ ISSIRFA-CNR “MASSIMO SEVERO GIANNINI”“La nuova autonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti locali” pag. 22

Guido Meloni, PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL MOLISE

“Roma Capitale e il sistema delle Autonomie territoriali del Lazio” pag. 30

INTERVENTI

Antonio Ferrara, PRIMO RICERCATORE DELL’ ISSIRFA-CNR “MASSIMO SEVERO GIANNINI” pag. 35

Page 4: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

4

Edoardo Giardino, PROFESSORE DELLA LIBERA UNIVERSITÀ MARIA SANTISSIMA ASSUNTA

LUMSA - DI ROMA pag. 39

Paolo Liberati, PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “ROMA TRE” pag. 43

Vincenzo Santantonio,DIRIGENTE DI RICERCA DELL’ ISSIRFA-CNR “MASSIMO SEVERO GIANNINI” pag. 48

Pietro Selicato, PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” pag. 52

Alessandro Sterpa, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” pag. 55

CONCLUSIONI

Beniamino Caravita di Toritto, PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” pag. 59

Page 5: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

5

PRESENTAZIONE

Questa pubblicazione racchiude gli atti del Convegno, organizzato dal Consiglio delleautonomie locali del Lazio con la collaborazione dell’ANCI Lazio, che si è tenuto a Roma il 1°marzo 2010, cui hanno partecipato illustri docenti e studiosi.

L’oggetto della discussione rappresenta senz’altro uno dei temi istituzionali più stimolanti,sul quale si sono riversate aspettative ma anche preoccupazioni, e su cui si è più soffermatol’interesse non solo degli addetti ai lavori.

La legge 42 del 2009, che dichiaratamente si propone quale strumento normativo di at-tuazione dell’art. 119 della Costituzione, è stata approvata a seguito di un iter parlamentare in-dubbiamente celere – appena sei mesi dal momento dell’assegnazione del disegno di leggegovernativo alle commissioni riunite del Senato, a quello della sua definitiva approvazione daparte dello stesso Senato della Repubblica. Ciò nonostante, nel corso dell’esame parlamentare viè stato un ampio coinvolgimento, attraverso apposite audizioni, dei rappresentanti dellaConferenza nonché di quelli delle Assemblee legislative delle Regioni e Province autonome, delleAssociazioni degli Enti locali, delle organizzazioni di categoria sindacali ed imprenditoriali.

Sono così state gettate le basi, a distanza di circa otto anni dal varo della riforma delTitolo V della Costituzione ed a seguito anche di sollecitazioni espresse dalla giurisprudenza dellaCorte costituzionale, per realizzare un percorso che, attraverso la definizione degli ambiti diautonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti territoriali a carattere locale, consenta al nuovosistema delle Autonomie prefigurato dal Legislatore costituzionale del 2001 di esprimere leproprie potenzialità.

Non sono mancate, sia nella fase della discussione del testo normativo sia in quellasuccessiva all’approvazione del provvedimento, le voci di coloro che hanno espresso, per diversiaspetti, valutazioni, se non critiche, quanto meno prudenti nel giudizio complessivo sull’operazioneeffettuata. Alcune di tali valutazioni hanno riguardato la scelta di avvalersi della legge-delegaanziché di quella ordinaria; altre, la genericità e la molteplicità dei princìpi ivi espressi; altreancora hanno posto in rilievo il fatto che a tutt’oggi non sia ancora stato varato il nuovo Codicedelle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una definizione puntualedelle funzioni fondamentali e delle altre funzioni amministrative di cui all’art. 118 dellaCostituzione, per procedere all’attuazione del cosiddetto “federalismo fiscale”.

Negli atti del Convegno riportati nella presente pubblicazione sono esaminati diversiaspetti che la legge 42 del 2009 affronta, compreso quello riguardante la disciplina transitoriadettata per le Città metropolitane e per Roma Capitale.

Si rivolge un sentito ringraziamento a tutti gli attori del Convegno, ed in particolare alProf. Antonio D’Atena che ha presieduto ed introdotto i lavori ed al Prof. Beniamino Caravitadi Toritto che ne ha tracciate le conclusioni.

Page 6: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

6

Page 7: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

I nnanzitutto saluto il pubblico che èqui presente. L’incontro odierno,organizzato dal Consiglio delle Au-

tonomie locali del Lazio - CAL Lazio - edall’ANCI Lazio, si inserisce in un rapportodi collaborazione tra lo stesso CAL Lazioe due Istituti di ricerca. Il primo di essi èl’Istituto di Studio sui Sistemi RegionaliFederali e sulle Autonomie «Massimo Se-vero Giannini» del CNR, che ho in questomomento l’onore di rappresentare; il se-condo è l’Osservatorio sui processi di go-verno e sul federalismo, diretto dal professorBeniamino Caravita di Toritto, che chiuderài nostri lavori. Il tema che affronteremo nel corso delconvegno è di importanza cruciale e diparticolare attualità: il sistema delle auto-nomie locali dopo la legge sul federalismofiscale, la n. 42 del 2009. Come avrete constatato dal programma,sia le relazioni, sia la tavola rotonda pre-vedono che vengano affrontati gli aspettipiù rilevanti di questa tematica. Mi limiterò ad alcune osservazioni moltogenerali a carattere introduttivo, comevuole la funzione che mi è stata assegnata. Prenderei le mosse da un primo dato difatto. Nell’opinione comune, oppure – seci si vuole esprimere così – nella vulgata

corrente, il federalismo fiscale non è unaspetto del federalismo, ma è il federalismostesso. In pratica, vi è una tendenzialeidentificazione del federalismo con il fe-deralismo fiscale. Ho avuto occasione, recentemente, discorrere i titoli giornalistici dedicati alvaro della legge sul federalismo fiscale, lan. 42 del 2009. Leggendoli, la mia impres-sione trova piena conferma, poiché essirecano: «Primo sì al federalismo»; «Fede-ralismo: ultimo round», con riferimento alcrescendo del processo di approvazionedella legge; «Federalismo: pronti allo sprintfinale»; «Federalismo al traguardo»; «IlFederalismo è legge». L’idea sottesa a questititoli è che il federalismo nascesse allora,non con la riforma del Titolo V della Co-stituzione. Da un punto di vista tecnico, è evidenteche l’idea è molto discutibile. Personal-mente, non credo che, con riferimento al-l’assetto istituzionale delineato dalla riformacostituzionale del 2001, si possa affermareche l’Italia sia diventata uno Stato federale.Tuttavia, quand’anche questo fosse avve-nuto, il federalismo sarebbe nato allora,per effetto dell’entrata vigore della leggecostituzionale, non di una legge attuativa. L’errore si spiega, anche se a mio modo di

7

Antonio D’AtenaPROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA”

Page 8: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

vedere non si giustifica, per il nesso stret-tissimo che intercorre tra il federalismo epiù in generale, in maniera più comprensiva,tra i sistemi con forme di autonomia politicaa base territoriale e il finanziamento dellefunzioni. L’osservazione che si può fare è di una ov-vietà addirittura lapalissiana: la quantità ela manovrabilità delle risorse da parte del-l’ente condizionano tutte le competenzedi cui l’ente è titolare. Riporto in meritoun solo esempio. Una Regione oggi potrebbevoler assicurare l’assistenza domiciliare aglianziani. In base alle proprie competenzelegislative, sarebbe possibile adottare talescelta che, tuttavia, è condizionata dallerisorse. Se le risorse non ci sono, questascelta è preclusa. Ciò significa che la stessaautonomia politica della Regione, chetrova la sua massima espressione nellecompetenze legislative, è condizionatadalla voce finanza, dalla disponibilità dellerisorse e, aggiungerei, dalla manovrabilitàdelle stesse. Se ad esempio le risorse sono assegnatecon rigidi vincoli di destinazione, anchequesti ultimi influiscono sullo spessore del-l’autonomia politica. Vorrei sottolineare un ulteriore e centraleaspetto della questione, quello del prelievofiscale che, tra l’altro, si lega anche alconcetto di democrazia. Per rendersene conto è sufficiente ricordarela formula all’insegna della quale è nata laguerra di indipendenza americana, dallaquale poi si è avviato il processo – attraversol’emancipazione delle 13 ex colonie, finoad arrivare alla costituzione degli StatiUniti d’America – da cui è nato il primoStato federale del mondo. Il motto era il seguente: «No taxationwithout representation». I coloni americaninegavano la legittimità di un’imposta de-terminata dal Parlamento di Westminster,nel quale non erano rappresentati. L’idea

centrale, che poi diventa un concetto fon-dante del costituzionalismo moderno, èche tutti gli interventi sulle risorse econo-miche dei cittadini, e più in generale gliinterventi sulla libertà dei cittadini, debbanoessere decisi dai rappresentanti.Quindi, l’imposizione – quando si trattadi imposizione fiscale – assume i caratteridi una autoimposizione. Questa, tra l’altro,com’è noto, è la ratio della riserva di leggein materia di prestazioni imposte, personalie patrimoniali, di cui all’articolo 23 dellaCostituzione, che è un’espressione costi-tuzionale del principio no taxation withoutrepresentation. La formula tuttavia dicemolto di più; un di più che si coglie conchiarezza se la formula viene rovesciata,se anziché dire no taxation without repre-sentation, si dice no representation withouttaxation. A che cosa si allude in questo modo? Alnesso che lega le istanze democratico-rap-presentative al prelievo fiscale. Il prelievofiscale che un ente esercita nei confrontidella collettività sottostante stimola unavigilanza democratica, da parte della col-lettività stessa, che in difetto di questoprelievo non vi sarebbe. Una representation without taxation è espres-sione quindi di una democrazia che, perquanto riguarda il circuito della responsa-bilità, o come si usa dire oggi dell’accoun-tability, risulta mutilata. Questa seconda prospettiva è molto im-portante ed è stata al centro della riflessionee della elaborazione italiana sui temi dellafinanza degli Enti territoriali, finanza re-gionale e finanza locale. Posso ricordare degli studi che ormai risal-gono a tanti anni fa, pubblicati tra la finedegli anni ‘70 e la prima metà degli anni‘80, tutti costruiti su questo rapporto tra larappresentanza politica e il potere imposi-tivo. Faccio qualche nome: Franco Gallo,Augusto Barbera, Franco Bassanini. D’altra

8

AN

TO

NIO

D’A

TE

NA

Page 9: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

parte, non possiamo dimenticare un im-portante documento politico di queglianni: il rapporto Aniasi del 1985. La pro-spettiva assunta da questi studi era forte-mente critica nei confronti dell’esistente. Fino agli anni ‘90 – riferisco dati nonmiei, ma di Buglione, quindi garantiti daquesto punto di vista – i tributi che alloraerano propri delle Regioni, ossia il cuigettito era attribuito alle Regioni, coprivanoil 6,2% delle entrate correnti. Le entratelibere, cioè senza vincolo di destinazione,arrivavano al 30%. Praticamente, le Regioni erano prive diautonomia finanziaria. Le decisioni chepotevano adottare in quest’ambito eranomolto modeste. La situazione, com’è noto, si è evoluta.Alla fine degli anni ‘90 una legislazioneha elevato le entrate libere delle Regioniportandole al 60%, ma non è questo chevoglio ricordare. Voglio invece considerare un aspetto.Quando fa la sua apparizione la riformadel Titolo V della Costituzione, il nuovoarticolo 119 si pone in continuità con lariflessione sul rapporto tra imposizione,federalismo fiscale e democrazia. Vi fornisco qualche dato sulla trasfigurazionedei tributi propri. In passato, non esisteva una nozione co-stituzionale relativa ai tributi propri. LaCostituzione, infatti nominava la categoria,senza tuttavia stabilire in che cosa questadovesse consistere. Ad ogni modo, secondola nozione corrente, erano tributi il cuigettito era devoluto alle Regioni, quindianche tributi istituiti con legge statale. Dopo la riforma, i tributi propri diventanoun’altra cosa. Debbono essere stabiliti edapplicati dagli enti territoriali. La Cortecostituzionale ci chiarisce che sono tributistatuiti dall’ente territoriale, dalla Regione,dal Comune, dalla Provincia. L’intento di responsabilizzare gli Enti ter-

ritoriali, proprio attraverso la manovra fi-nanziaria nei confronti delle rispettive po-polazioni, innesca tra l’altro delle dinamichevirtuose. È noto, infatti, che in mancanzadella responsabilità nei confronti degliamministrati, per difetto di ambito deci-sionale proprio da parte dell’ente, la spesapubblica è destinata a crescere. È perquesto motivo che parlo di processi virtuosi. Traspare, dunque, con tutta chiarezza l’in-tento di responsabilizzazione da una pluralitàdi disposizioni. Penso, ad esempio, alla di-sposizione secondo cui – al comma quartodell’articolo 119 – l’integrale finanziamentodeve gravare sui tributi e sulle entrate pro-prie, cioè sulle voci di entrata di cui l’entedispone, oltre che sulla compartecipazioneal gettito di tributi prelevati sul territorio. Nella stessa linea di responsabilizzazione,si pone il comma 6 che reca: «I prestitieventualmente contratti dall’ente non deb-bono essere garantiti dallo Stato». Questosignifica che gli organi sono responsabilizzatinei confronti delle popolazioni, le qualisono chiamate a sostenere i costi della de-cisione dell’indebitamento. Analoghe considerazioni possono valereper i vincoli disposti per il cosiddettofondo perequativo, al quale possono at-tingere soltanto i territori con minore ca-pacità fiscale per abitante. In sostanza, silega la questione ad un dato oggettivo. Sivuole evitare che un ente territoriale siapiuttosto blando con la propria leva fiscale,anche per guadagnare benemerenze neiconfronti della popolazione, facendo gravareperò il costo delle proprie funzioni sullapopolazione di altri territori. È inutile dire che non è questa la sede perprocedere a una completa esegesi dell’ar-ticolo 119 della Costituzione. Siamo nel-l’ambito di un’introduzione che deve esserebreve. Tuttavia, ci sono due particolaritàdella nuova disciplina costituzionale checonviene richiamare, anche perché sono

9

AN

TO

NIO

D’A

TE

NA

Page 10: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

centrali nella prospettiva del nostro con-vegno sulla legge di attuazione dell’articolo119. La prima particolarità che voglio evi-denziare è l’estensione agli enti locali delladisciplina della finanza dettata per le Re-gioni; la seconda è il ruolo centrale dellalegislazione attuativa. L’equiparazione deglienti locali alle Regioni è una novità. Lavecchia disciplina costituzionale volevaessere una garanzia, peraltro non fortissima,dell’autonomia finanziaria delle Regioni enon prevedeva analoga garanzia nei con-fronti degli enti locali.Oggi l’equiparazione è pressoché piena.Tutte le disposizioni si riferiscono ai seguentisoggetti: Comuni, Province, Città metro-politane e Regioni. Tutto ciò si inquadra,tra l’altro, in una scelta molto generale,strategica, che è resa trasparente dall’articolo114, primo comma, il quale non reca più,come recitava la norma di cui ha preso ilposto: «la Repubblica si riparte in Regioni,Province e Comuni», ma «la Repubblicaè costituita» e di qui parte tutta la filieradegli Enti territoriali, comprendendo inessi anche lo Stato. Su queste basi si è parlato ad esempio – miriferisco a Marco Olivetti – di uno Statopolicentrico delle autonomie, non di unoStato regionale tout court, ma di uno Statoin cui viene dato anche un particolare ri-lievo alle autonomie locali. L’equiparazionetuttavia non è, né può essere, totale peruna ragione molto semplice: in materia diprestazioni imposte vige una riserva dilegge, di cui all’articolo 23 e gli enti localinon dispongono dello strumento legislativo.In questo caso, quindi, è necessaria l’in-termediazione di un legislatore. È necessariala legge, per poter attivare un potere im-positivo dell’ente locale. Concludo sul secondo punto, relativo alruolo centrale della disciplina attuativa,svolgendo un’osservazione molto semplice.La potestà normativa, legislativa, regionale

in materia tributaria è una competenza ditipo concorrente.Nella vecchia disciplina non era chiaro diche cosa si trattasse; oggi lo chiarisce laCostituzione. Si tratta, dunque, della com-petenza in virtù della quale allo Statospetta l’apposizione dei principi fonda-mentali e alle Regioni la fissazione dellenorme di dettaglio. Tuttavia, è una com-petenza concorrente sui generis, con unaparticolarità. La legge-cornice non può es-sere sostituita dai principi impliciti. Quindi,è necessario che ci sia. Ho sempre coltivato questa convinzione esono rimasto confortato dal fatto che inbuona sostanza, sia pure non al 100%,trova la condivisione della Corte costitu-zionale. È questa la ragione per cui la leggealla quale è dedicato il nostro convegno,la n. 42, costituisce un adempimento im-prescindibile che – se posso esprimermicosì –, anche se in certi casi, essendo unalegge di delega, ha un’efficacia differita,ha sbloccato la norma costituzionale, li-berandone delle potenzialità. Tuttavia, sesi passa alla legge, si passa a parlare deitemi del convegno e non è questo il miocompito. A questo punto, dunque, chi introduce sitace. Prego i nostri rappresentanti istituzionali,il Vicepresidente del CAL Lazio, NicolaRiccardelli, e il Presidente dell’ANCILazio, Fabio Fiorillo, di prendere la parola.

10

AN

TO

NIO

D’A

TE

NA

Page 11: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

B uongiorno a tutti. Innanzitutto,porto i saluti e gli auguri di buonlavoro da parte del Presidente Zin-

garetti, che si scusa di non essere oggi pre-sente, a causa di un non previsto ed im-prorogabile impegno, e da parte dell’interoUfficio di Presidenza del Consiglio delleautonomie locali del Lazio. Come Vicepresidente del Consiglio delleautonomie locali, ringrazio tutti i presentiper la partecipazione a questo convegno.Ringrazio il Presidente e i componentidegli organi direttivi dell’ANCI Lazio chehanno prestato una preziosa collaborazioneper l’organizzazione dell’incontro di oggi.Ringrazio, in particolare, il professor D’Ate-na che presiede il convegno, i relatori etutti coloro che, a vario titolo, interverrannonel dibattito, oltre ovviamente al professorCaravita di Toritto che esporrà le conclu-sioni. Ringrazio le Autorità intervenute, iSindaci e gli Amministratori locali presenti;ringrazio i dirigenti e i funzionari di diverseamministrazioni anch’essi presenti e par-ticolarmente quelli provenienti da altreRegioni. Ringrazio, infine, tutti coloro chehanno lavorato per l’organizzazione del-l’odierno convegno. A tutti voi rivolgoun caldo benvenuto. Il convegno di oggi è il primo, mi auguro,

di una lunga serie di occasioni di confrontoe di dibattito tra studiosi, esperti ed am-ministratori che il CAL ha in animo diorganizzare. Il tema prescelto è quantomai attuale. È fortemente sentito non solodagli amministratori regionali e dagli entilocali – la qual cosa può apparire evidente– ma, credo, anche da parte di sempre piùlarghi settori dell’opinione pubblica. Le questioni in gioco sono di straordinariarilevanza ed attengono a principi cardinedell’ordinamento della Repubblica, qualeil federalismo, ovvero – se la terminologiapuò risultare più gradita – un’estesa formadi forte e diffuso decentramento dell’attivitàamministrativa. Del resto, nella sostanza si tratta di questo:della ripartizione delle risorse finanziarietra lo Stato, le Regioni e gli enti locali;delle modalità attraverso le quali le Regionie gli enti locali potranno disporre di un’ef-fettiva capacità di decidere autonomamentel’imposizione di tributi e del modo attraversocui potranno essere attivati i finanziamentiprovenienti dal fondo perequativo per iterritori con minore capacità fiscale, soltantoper elencare alcuni degli aspetti toccatidalla riforma in itinere. Costituiscono ele-menti di vitale importanza, ai fini dell’at-tuazione del principio di sussidiarietà e

11

Nicola RiccardelliVICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI DEL LAZIO (CAL)

Page 12: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

del livello qualitativo dei servizi da erogarealle comunità locali. In questa prospettiva, non occorre dimen-ticare naturalmente – e questo vale per iresidenti nel Lazio – il ruolo che Romacapitale sarà chiamata a rivestire, in ragionedei vasti ambiti di autonomia che l’articolo24 della legge n. 42 del 2009 prefigura neisuoi confronti e degli effetti che tale ope-razione comporterà, sia in relazione aipoteri della Regione Lazio, sia nei confrontidei Comuni limitrofi. La legge n. 42, come sappiamo, conferiscenumerose deleghe al Governo che dovrannoconsentire l’attuazione dell’articolo 119della Costituzione. Indubbiamente, l’Ese-cutivo nazionale disporrà di una cospicuadote di discrezionalità nel dare seguito aiprincipi e ai criteri generali dettati dallalegge in questione. Va dato atto al legislatore statale di averprevisto una serie di procedure, nonchél’istituzione ad hoc di alcuni organismi che,se da un lato necessariamente comporte-ranno l’espletamento di una non certobreve sequenza di passaggi procedimentali,sotto altro aspetto dovrebbero consentireuna concreta capacità da parte del Parla-mento di vigilare e di incidere sulla for-mazione dei decreti delegati, nonché lapossibilità da parte dei rappresentanti delleautonomie territoriali di far sentire lapropria voce attraverso la partecipazioneai suddetti organismi.Mi riferisco al Comitato dei rappresentantidelle autonomie territoriali, formato dasei rappresentanti delle Regioni, due delleProvince e quattro dei Comuni, che potràesprimere pareri alla Commissione parla-mentare per l’attuazione del federalismofiscale ed alla Commissione tecnica pari-tetica, di cui fanno parte quindici rappre-sentanti, per le informazioni necessarieper la predisposizione dei decreti delegati. Una volta che la riforma andrà a regime,

la sede istituzionale espressamente previstadalla legge n. 42, ove le autonomie terri-toriali potranno e dovranno esporre e farvalere le proprie esigenze, sarà quella dellaConferenza permanente per il coordina-mento della finanza pubblica, che avrà,tra gli altri, il primario compito di definiregli obiettivi di finanza pubblica per com-parto, anche in relazione ai livelli di pres-sione fiscale e di indebitamento.Come tutti Voi, immagino, non posso cheapprezzare alcuni enunciati della legge chefanno riferimento a valori e ad aspettativecondivise: il rispetto dei principi di soli-darietà e di coesione sociale, quali valoriche devono improntare la complessa ope-razione di riforma, e l’obiettivo di non au-mentare la pressione fiscale complessiva acarico del contribuente, quale aspettativa. La bontà o meno della riforma di cui cioccupiamo potrà essere in larga parte mi-surata in base al raggiungimento di taliobiettivi. Il Consiglio delle autonomielocali, quale organo di rappresentanza deglienti locali, seguirà con estrema attenzionele varie fasi di attuazione della legge e nonmancherà certamente di esprimere lapropria posizione, in particolar modo ovedovessero evidenziarsi soluzioni e scelteche possano risultare penalizzanti per lecomunità locali. Nell’augurare a tutti voi una piacevole eproficua partecipazione ai lavori, rinnovoi miei saluti e quelli dell’Ufficio di Presidenzadel Consiglio delle autonomie locali, dan-dovi appuntamento, se la cosa sarà a voigradita, ad una prossima iniziativa delCAL.

ANTONIO D’ATENA. Ringrazio il Vi-cepresidente del Consiglio delle autonomielocali del Lazio e do la parola al Presidentedell’ANCI Lazio.

12

NIC

OL

A R

ICC

AR

DE

LL

I

Page 13: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

B uongiorno a tutti. Grazie per la di-sponibilità, grazie agli amici delCAL con i quali abbiamo voluto

organizzare questa manifestazione. Lancio subito una proposta. Questa mattinavedo la sala piena, soprattutto di giovanimolto attenti. Ciò sta a significare che lamanifestazione è sentita fortemente. Mi ri-torna con forza questo segnale nel vederedei giovani attenti che vogliono seguire latrattazione dell’argomento in esame. Ho de-ciso, dunque, di lanciare la proposta forseprovocatoria, ma credo significativa, di de-centrare queste iniziative sul territorio del-l’intero Lazio. Del resto, il CAL rappresenta il Consigliodelle autonomie locali, quindi l’universalitàdegli interessi da parte degli enti locali neiconfronti del Consiglio regionale. Come ANCI, rappresentiamo 378 comunie abbiamo il compito di rappresentare l’uni-versalità dei comuni del Lazio. Pertanto,penso che una proposta del genere potrebbeessere di grande interesse, perché senzadubbio tali notizie e tali argomenti sarannograditi nel territorio. Porgo il saluto dell’Associazione dei Comunidel Lazio e lo faccio con grande piacere,perché mai come in questo momento eranecessario fare il punto della situazione.

Probabilmente, sul tema del federalismofiscale siamo ancora in una fase di lavoro. Èancora una pagina bianca sulla quale deveessere scritto molto, perché la legge n. 42altro non è che la continuazione di quelleche erano state le cessioni da parte delloStato centrale di una serie di competenze,prima con la legge Bassanini e poi con la ri-forma del Titolo V della Costituzione. UnTitolo V che, come ricordava bene il Pro-fessore, ha equiparato sostanzialmente Co-muni, Province, Città metropolitane, Regionie Stato, ponendoli tutti sullo stesso piano. A questo punto, si pone un problema. Oltrea un decentramento di questo tipo, è neces-sario anche un decentramento di tipo fiscale,che noi Comuni reclamiamo con forzaperché rappresentiamo il governo di prossi-mità. Non c’è argomento che riguardi il cit-tadino che non venga in qualche modo fil-trato, rapportato o consegnato al sindaco,all’amministratore della città. Alcune volte i Comuni somigliano a uncollo di bottiglia di tutti i problemi. Ilcittadino non si preoccupa assolutamentedi quelle che sono le competenze dell’entelocale, soprattutto il comune, ma è interessatoa veder rappresentati e difesi i propri interessidi fronte a una situazione di emergenza. Allora, che cosa accade? Se è vero come è

13

Fabio FiorilloPRESIDENTE DELL’ANCI LAZIO

Page 14: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

vero che i Comuni hanno questo compito,è altresì vero che hanno la necessità di re-clamare delle competenze maggiori. Questeultime, tuttavia, non possono essere assolu-tamente delle deleghe trasferite successiva-mente ai comuni. Il trasferimento di com-petenze deve necessariamente trasformarsiin trasferimento di risorse umane ed econo-miche che debbono essere coniugate conun’autonomia impositiva che i comuni finoranon hanno avuto. Credo che il vero problema sia il seguente.Parliamo di capacità impositiva perché iComuni hanno delle originalità, delle spe-cificità dal punto di vista socioeconomico,dalle quali non si può prescindere. Ad esem-pio, come possiamo difendere i Comunimontani o i piccoli Comuni, quando poidobbiamo compartecipare per il 30% alcosto dei trasporti?Riporto degli esempi banali, per far com-prendere quali sono le necessità che un sin-daco si trova a dover affrontare. In una cittàdi servizio, in una città universitaria come èpossibile non porsi il problema di dare lamassima possibilità ai cittadini e agli studentidi usufruire del servizio internet anche gra-tuitamente, come sta facendo la Provinciadi Roma? Credo che l’esistenza di queste specificità,originalità e necessità di imposizione tributariadebba essere concepita all’interno dellalegge, soprattutto attraverso i decreti ai qualila legge rimanda successivamente e sui qualinoi vorremmo fare il nostro confronto. In conclusione – il mio vuole essere unsaluto, non voglio sottrarre a Voi e a mestesso gli interventi degli illustri relatori checi hanno preceduto e che anche successiva-mente faranno sentire la loro voce –, credoche questo convegno sia opportuno ancheper un ulteriore motivo. Ci troviamo, infatti,alla vigilia di una competizione elettoraleimportantissima, al rinnovo del governo re-gionale. In considerazione di ciò, ci siamo

permessi, come associazione dei Comuni, dielaborare un documento che sottoporremoai candidati alla Presidenza della Regione,perché vogliamo conoscere il loro parere inmerito ai rapporti con gli enti locali, per ve-dere se è possibile sottoscrivere una sorta dipatto di unità d’azione, degli interessi deiComuni, delle Province e soprattutto dellecomunità locali che reclamano con forzaquesto tipo di rapporto. Infine, faccio un’importante raccomandazioneal prossimo Consiglio regionale – mi rivolgoagli amici del CAL, con i quali collaboriamo,e peraltro noi siamo componenti di questoorganismo –, affinché non si sostituisca adun centralismo dello Stato un centralismoregionale. Il problema si pone in questi ter-mini, ossia nella preoccupazione di trovarsidi fronte a un centralismo regionale. La Regione non deve più gestire, deve legi-ferare. Noi non rieleggiamo il Consiglio re-gionale del Lazio, ma il Parlamento regionaledel Lazio. Pertanto, non andremo ad eleggereil Presidente della Giunta regionale, ma ilGovernatore del Lazio. La Regione dovrà emanare leggi ordinatoriee la gestione dovrà essere trasferita necessa-riamente ai Comuni e alle Province. Questaè la grande scommessa del terzo millennio edel prossimo mandato regionale. Su questo,come ANCI Lazio e come intero CAL miauguro, dovremo necessariamente vigilare.

ANTONIO D’ATENA.Ringrazio il Presi-dente Fiorillo. Adesso passiamo alle relazioni,la prima delle quali è intitolata: «Il problemadelle funzioni amministrative delle Regioni edegli Enti locali, alla luce della legge n. 42 del2009». Il relatore è il professor Gian Candido DeMartin che può considerarsi, a buon diritto, unMaestro in questa materia. Non indulgo inenfasi verbali. Misuro le parole, così come hofatto in questo caso.

14

FAB

IO F

IOR

ILL

O

Page 15: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

Nei venti minuti previsti per questointervento in realtà non si possonoche sviluppare alcuni brevi spunti

di riflessione su un tema che, di per sé, ri-chiederebbe certamente più spazio. Vorrei fare innanzitutto due sintetiche pre-messe, per chiarire il motivo per il qualeho suggerito al professor D’Atena di inserirenel titolo della mia relazione la parola«problema», per cui si legge «Il problemadelle funzioni amministrative delle Regioni edegli Enti locali, alla luce della legge n. 42». In effetti, si tratta di una questione deltutto aperta, del tutto problematica dadue angoli visuali: da una parte, in rapportoal processo di attuazione o inattuazionedella riforma del Titolo V; dall’altra, conriferimento soprattutto al metodo che sidovrebbe seguire per realizzare questo obiet-tivo impegnativo di sistema. Quanto al primo profilo, va sottolineatala difficoltà di dar vita alla Repubblica po-licentrica delle autonomie o a quella chesi può chiamare la via italiana al federalismo,se non ci si riferisce al modello dello Statocomposto. Quel che è certo è che siamo difronte a quasi un decennio di inattuazionedelle previsioni costituzionali, con molteinerzie, con tentativi che non sono arrivatiin porto, con molte contraddizioni nella

legislazione statale, che è infarcita di con-troriforme neocentralistiche e di veri epropri scippi o invasioni di campo rispettoa ciò che il dettato costituzionale preve-derebbe in capo alle autonomie regionalie locali. Anche il 2009 è disseminato diinterventi legislativi che, a vario titolo,incidono in modo scoordinato o opinabilesu materie poi oggetto dello schema di di-segno di legge governativo AC 3118 – lacosiddetta Carta delle autonomie– chedovrebbe essere il principale punto di rife-rimento, per certi versi, del processo di at-tuazione della riforma costituzionale, so-prattutto per quanto riguarda le autonomielocali. Lasciamo sullo sfondo, poi, l’altra questione– che non è certo trascurabile, ma che quinon possiamo trattare – dello svuotamentodell’amministrazione ordinaria che si staprogressivamente realizzando in questianni, in virtù delle tante emergenze (vereo presunte) che finiscono per giustificareinterventi di amministrazioni straordinarieo creazioni di commissari e quindi sottra-zione di compiti e di funzioni alle sedi chedovrebbero essere proprie, anzitutto aglienti locali. Lascio ugualmente sullo sfondo le dinamichelegate agli effetti della giurisprudenza co-

15

Gian Candido De MartinPROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA, LUISS “GUIDO CARLI”

Il problema delle funzioni amministrative delle Regioni edegli Enti locali, alla luce della legge n. 42 del 2009

Page 16: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

stituzionale, ossia all’ampia attività di sup-plenza che, di fronte all’inerzia del legisla-tore, è stata svolta in questi anni, talvoltain modo opinabile, dalla Corte costituzio-nale con sentenze che sembrano talora ri-mettere in discussione alcuni punti di ri-ferimento che si penserebbero solidi neldisegno costituzionale. Il riferimento è so-prattutto alla ben nota sentenza n. 303del 2003, con gli effetti di sussidiarietà ro-vesciata ivi prefigurati. Mi pare che si possa dire, in sostanza, cheil primo aspetto problematico da considerareè legato al fatto che l’autonomia regionalee locale appare sempre più dipendente dalcentro, ciò che è ancor più paradossaledopo una riforma che avrebbe dovuto po-tenziare le autonomie territoriali, a partireda quelle locali in base. Il secondo aspetto problematico riguardail metodo per il riassetto delle funzioniamministrative del sistema. Di fronte aiprincipi costituzionali, la questione che sipone è da dove partire per attuare corret-tamente e coerentemente il disegno costi-tuzionale. Da questo punto di vista, possiamo dire,in estrema sintesi, che mentre nella XIV eXV legislatura si è operato secondo unmetodo che, almeno in linea di principio,può essere considerato sostanzialmentecorretto – partendo dalla determinazionedelle funzioni cosiddette fondamentali,previste dalla lettera p), del secondo comma,dell’articolo 117, per poi prefigurare lealtre funzioni amministrative degli entilocali in base all’art. 118, e quindi risalirevia via nel sistema a eventuali funzioni re-gionali o statali, affrontando poi il nododel loro finanziamento ex art. 119 –, conla XVI legislatura si è rovesciato il percorso. La legge n. 42 del 2009 sul cd. federalismofiscale, infatti, non parte dall’attuazionedell’articolo 117 e dell’articolo 118, maha l’obiettivo di attuare l’articolo 119.

Anche se in itinere il testo originario delloschema governativo è stato corretto inse-rendo qualche previsione riguardante l’as-setto delle funzioni, in realtà questa leggedelega non è che abbia molto chiarito ilpercorso. In ogni caso, tuttavia, ha fattoemergere la questione di un nesso corretto– ai sensi del quarto comma dell’art. 119 -tra la determinazione delle funzioni e lascelta sull’autonomia finanziaria propriadi ciascun livello istituzionale del sistema. Di qui, quindi, il problema delle funzioniamministrative dopo la legge n. 42 sul co-siddetto federalismo fiscale. A maggior ra-gione, questo problema emerge tenendoconto che si è avuta – dopo l’approvazionedi questa legge che ha goduto di un consensoabbastanza largo in Parlamento, sia pure adiverso titolo – la già ricordata iniziativagovernativa della Carta delle autonomie,frutto di un laborioso iter preparatorio atre tappe, in cui si è in larga misura ripri-stinata l’impostazione che nelle precedentilegislature aveva caratterizzato la legge n.131 del 2003 e poi il disegno di legge n.1464 del 2007, ambedue fondati sulla ne-cessaria priorità della determinazione dallefunzioni fondamentali e delle altre funzioniamministrative, di comuni e province. Ma, proprio a fronte di questa correzionedi rotta, appare ancora più incomprensibileche la proposta governativa 3118 sullaCarta delle autonomie sia del tutto disgiuntadalla l. 42, che non viene neppure men-zionata.Vi è quindi un totale scollamento tra unalegge (la n. 42), che prefigura una serie dideleghe per attuare l’articolo 119 – prefi-gurando incidentalmente alcuni obiettiviche riguardano le funzioni fondamentali,e le altre funzioni amministrative locali,nonché l’attuazione delle Città metropo-litane e di Roma capitale – e questaproposta governativa più recente, finalizzatainnanzitutto all’individuazione delle funzioni

16

GIA

N C

AN

DID

O D

E M

AR

TIN

Page 17: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

fondamentali di Comuni e Province, non-ché a tutta una serie di altri obiettivi chestanno dentro l’orizzonte di un’attuazioneorganica del Titolo V. A parte ogni valu-tazione critica sul contenuto di questa pro-posta n. 3118, certamente per molti versiopinabile, sul piano del metodo siamo co-munque di fronte a una sfasatura incom-prensibile.Detto questo, che cosa aggiungere per cer-care di cogliere i principali nodi pendenti? Il disegno costituzionale sull’amministra-zione, come è noto, richiederebbe un ra-dicale ripensamento dell’attuale allocazionedelle funzioni amministrative. Si dovrebberoapplicare i tre principi dell’articolo 118(sussidiarietà, differenziazione e adegua-tezza), superando sia il parallelismo delvecchio articolo 118 della Costituzione,sia la stessa riforma Bassanini, e si dovrebbemirare essenzialmente a realizzare il bari-centro dell’amministrazione pubblica sulversante degli enti locali, anzitutto deiComuni e poi delle Province, distinguendole funzioni di base o i servizi alla personadi spettanza dell’ente di prossimità, e lefunzioni di area vasta o servizi al territorio,che dovrebbero essere allocati essenzial-mente nell’ente provinciale. A fronte di questo assetto, si dovrebberealizzare un netto ridimensionamento delruolo amministrativo delle Regioni. LeRegioni, che si sono amministrativizzatefin dalla loro costituzione, in base sia aitrasferimenti di funzioni statali disposticon gli 11 decreti del 1972 sia a quelliprevisti dal decreto 616 del 1977, nonseguiti poi da deleghe organiche o riallo-cazioni a Comuni e Province, dovrebberoviceversa ora decentrarsi sul piano dellefunzioni operative e riqualificarsi sul pianodella funzione legislativa e programmatoria,di coordinamento e di sostegno agli entilocali. Da questo angolo visuale, quindi, l’obiettivo

dell’attuazione della riforma dovrebbe essereanzitutto quello di definire le funzioni fon-damentali, secondo la lettera p) dell’articolo117, e poi le altre funzioni amministrativelocali. Le funzioni fondamentali, qualificatecome quelle essenziali e imprescindibiliper il funzionamento dell’ente e il soddi-sfacimento dei bisogni primari, nonchéper la tenuta e la coesione del sistema, do-vrebbero tradursi in invarianti individuatea partire dalle funzioni storicamente svoltedai Comuni e dalle Province. Così preve-devano, d’altra parte,l’articolo 2 della leggen. 131/03 e il disegno di legge n. 1464della XV legislatura. Per le altre funzioni amministrative localiva invece tenuto presente quanto indicatoall’articolo 118, che distingue tra funzioniproprie e conferite, alle quali si possonopoi aggiungere le funzioni libere, ossiaquelle auto-assunte dagli enti autonomi egestite con proprie risorse. L’ individuazione di tutta questa serie difunzioni amministrative degli enti localidovrebbe essere il presupposto per poterpoi determinare le risorse finanziarie ne-cessarie per il loro integrale esercizio, comestabilisce il quarto comma dell’articolo119. Non si può, dunque, attuare l’articolo119 se non è preventivamente chiaro ilquadro delle funzioni spettanti a ciascunlivello, siano esse fondamentali che proprieo conferite. Al di là di questa esigenza, vi è poi un ul-teriore elemento che dovrebbe caratterizzarel’attuazione del disegno costituzionale delTitolo V, ossia l’effetto di semplificazioneistituzionale che dovrebbe derivare da unacorretta attuazione del decentramento dellefunzioni amministrative a Comuni, Province(o Città metropolitane), riconducendoagli enti autonomi territoriali le funzionio i servizi ora frequentemente gestiti dalpanorama composito di soggetti strumentali,dipendenti, monosettoriali creati dalle Re-

17

GIA

N C

AN

DID

O D

E M

AR

TIN

Page 18: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

gioni o dagli enti locali, che svuotano so-stanzialmente il principio della responsa-bilità istituzionale degli enti rappresentatividi comunità territoriale, concorrendo spessoa realizzare confusioni istituzionali e aumentidei costi. L’obiettivo dovrebbe essere quellodi un riordino radicale di questa pletora diorganismi in larga misura da sopprimere ocomunque da ridimensionare. In sostanza,una volta attuato correttamente il TitoloV, dal punto di vista della determinazionedelle funzioni comunali, provinciali o me-tropolitane, l’effetto conseguente dovrebbeessere la messa in discussione di moltissimidegli enti strumentali attualmente esistenti,che spesso determinano scoordinamenti oinvasioni di campo rispetto alle autonomielocali, tra l’altro rendendo evanescenti laresponsabilità verso i cittadini.E’, d’altra parte, del tutto evidente comequesta operazione di semplificazione do-vrebbe essere di per sé razionalmenteoperata prima di attuare l’articolo 119. Citroviamo, dunque, di fronte a una prioritàche a maggior ragione dovrebbe indurre apercorrere un itinerario corretto per dareconcretezza alla riforma costituzionale fon-data sul sistema delle autonomie, a differenzadi quanto avvenuto con la legge n. 42/09,frutto di un’operazione per così dire di“bandiera”, quella del cosiddetto federalismofiscale, che appare pieno di ambiguità,come ha già osservato il professor D’Atenain maniera molto puntuale. Il tentativo che si è messo in moto è statoquello di cercare di attuare l’articolo 119,a prescindere dal riassetto delle funzioni edalla semplificazione istituzionale, con ine-vitabili complicazioni e confusioni rispettoall’obiettivo di una organica revisione dellaattribuzione delle funzioni e dell’ordina-mento degli enti territoriali dotati di au-tonomia in base alle previsioni del TitoloV. Di conseguenza, il quarto comma del-l’articolo 119, in base alla legge n. 42,

finisce per applicarsi allo status quo del-l’assetto delle funzioni amministrative enon a quello che dovrebbe essere il quadrodi riferimento a regime, frutto di decen-tramento e chiarificazione delle sovrappo-sizioni e degli organismi strumentali dasopprimere o semplificare. Da ciò derivanonaturalmente minori prospettive di risparmio di razionalizzazione nell’uso delle risorsefinanziarie.Si può poi aggiungere che si corre anche ilrischio di un sistema basato su successivitrasferimenti finanziari a cascata, dalloStato alle Regioni e poi dalle Regioni aglienti locali, col risultato così di ricreare uninevitabile centralismo regionale, un rap-porto paragerarchico tra Regioni ed entilocali. Il vizietto del regionocentrismo ver-rebbe consolidato, come esplicitamente sipuò ricavare da una analisi di alcune normedella legge n. 42, senza che si possa delineareuna prospettiva di effettiva autonomia fi-nanziaria di ciascun livello istituzionaledel sistema, in rapporto alle funzioni spet-tanti. In sostanza, dunque, verrebbe vani-ficato il principio chiave che l’articolo119 dovrebbe assicurare. Lascio sullo sfondo la questione che lalegge n. 42 lascia largamente aperta, ossiala distinzione tra le funzioni amministrativedelle Regioni e quelle degli enti locali. Sitratta di un tema molto delicato, ovvia-mente, che rimane sostanzialmente irrisolto. D’altra parte, la legge n. 42 è del tuttoevasiva nei riferimenti alle funzioni di Co-muni e Province. L’articolo 11 si limita adistinguere in astratto le spese fondamentalida quelle per altre funzioni e da quelle fi-nanziate con i contributi speciali, con fi-nanziamenti dell’Unione europea e cofi-nanziamenti nazionali, introducendo delledifferenziazioni che, tra l’altro, non sonoin sintonia con l’articolo 118 della Costi-tuzione. Il fabbisogno standard, in parallelo con il

18

GIA

N C

AN

DID

O D

E M

AR

TIN

Page 19: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

superamento della spesa storica, che cer-tamente è l’effetto potenzialmente positivodella legge n. 42, in realtà verrebbe utilizzatosolo per una parte delle funzioni fonda-mentali e per i livelli essenziali delle pre-stazioni, restando comunque per ora alivello di enunciati e di principi delladelega, senza chiarire maggiormente ilpunto di approdo. Prima di concludere, vorrei solo aggiungereancora qualche battuta per sottolineare ilimiti della legge n. 42 su questo punto es-senziale del finanziamento delle funzionifondamentali. Si applica, tra l’altro, unastratto riparto tra il fabbisogno delle fun-zioni fondamentali e delle funzioni nonfondamentali di Comuni e Province. Unanorma della legge n. 42 definisce nell’80%le spese relative alle funzioni fondamentalie nel 20% quelle relative alle altre funzioni,sulla base di un astratto criterio che nonha alcun fondamento concreto con il con-tenuto delle funzioni fondamentali o nonfondamentali che non vengono qui definite. Quanto alle Città metropolitane, questeverrebbero – almeno sulla carta – finalmenteistituite, con un procedimento volto a de-lineare il percorso, anzitutto per la defini-zione degli ambiti. In realtà, nell’articolo23 si determinano anche le funzioni delleCittà metropolitane, almeno astrattamente,e si stabilisce che queste sono per un versocoincidenti con quelle qualificate comefondamentali per la Provincia (peraltronon definite in base alla legge n. 42). Aqueste se ne aggiungerebbero alcune altre,che però – ed è davvero inspiegabile –non sono le stesse funzioni aggiuntive chela proposta governativa n. 3118 sulla Cartadelle autonomie prevede per le Città me-tropolitane, oltre a quelle di carattere pro-vinciale. Evidentemente, una mano non sa quelloche fa l’altra. Per Roma capitale, poi, si opera – nella

legge 42 - un’immediata prefigurazione difunzioni amministrative fino all’attuazionedella disciplina delle Città metropolitane.Verosimilmente, tuttavia, il modello chesi è scelto finirà per rendere pressoché im-possibile una ridiscussione dell’assetto diRoma capitale, salvo far coincidere la Cittàmetropolitana di Roma esclusivamentecon il Comune capoluogo, il Comune ca-pitale, ma non certamente con l’ area me-tropolitana. In ogni caso, l’aspetto che a maggiorragione mi sembra problematico è proprioquello che deriva da una analisi delle di-scrasie tra la legge n. 42 e la proposta sullaCarta delle autonomie. Senza entrare neldettaglio di tante questioni problematichepresenti nella proposta governativa 3118,quello che mi sembra che si possa rapida-mente richiamare è che in tale schema, adifferenza della legge n. 42, la determina-zione delle funzioni fondamentali avver-rebbe direttamente per legge (di là c’è unadelega, qui c’è una diretta determinazione),ma senza alcun raccordo con la legge n.42; tanto meno per la copertura finanziaria.Resta, quindi, impregiudicato il nodo fon-damentale che dovrebbe dare significatoall’intero percorso attuativo della riformacostituzionale. Nel disegno di legge governativo, d’altraparte, per le funzioni non fondamentali, siprevede un percorso di delega da svolgereentro nove mesi, lasciando quindi sullosfondo un altro elemento che certamentenon è trascurabile per la definizione delquadro delle funzioni amministrative deglienti locali e delle stesse Regioni. Inoltre, si trasferirebbero le risorse finanziarieagli enti locali per le funzioni fondamentalicon procedure diverse da quelle previstedalla legge n. 42. Se andiamo a leggerel’articolo 10 dello proposta Carta delleautonomie, ci rendiamo conto della totaledistanza rispetto al modello che la legge

19

GIA

N C

AN

DID

O D

E M

AR

TIN

Page 20: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

n. 42 ha formalmente stabilito. Nello schema Carta delle autonomie siprevedono, altresì, forme obbligatorie diassociazioni dei piccoli Comuni, fino a3.000 abitanti, per l’esercizio di gran partedelle funzioni fondamentali, che nellalegge n. 42 invece non si prevedono. Èuna variabile certo non trascurabile neldisegno istituzionale che dovrebbe portareall’attuazione della riforma del Titolo V.Sempre nello schema Carta delle autono-mie, si prenderebbero in considerazioneipotesi di semplificazione istituzionale e disoppressione di enti cosiddetti inutili o lecui funzioni dovrebbero essere trasferiteagli enti territoriali; mentre nella legge n.42 questo scenario è completamente ine-sistente. Fermo restando, peraltro, che laterza versione della proposta sulla Cartadelle autonomie ha ridimensionato consi-stentemente la prospettiva della semplifi-cazione istituzionale, ora circoscritta adipotesi più ridotte rispetto al testo di par-tenza, nonché oltretutto forse opinabili,perché si invade anche l’autonomia propriadei Comuni. Penso alle circoscrizioni didecentramento e ai difensori civici cheverrebbero praticamente soppressi per legge. In definitiva, il disegno di legge Cartadelle autonomie finisce per sovrapporsi al-l’esercizio delle deleghe della legge n. 42senza la possibilità di ricostruire un percorsocoordinato. La battuta conclusiva è per sottolineareche ci troviamo di fronte ad autonomieregionali e locali allo sbando, senza unpunto di riferimento che oggi consenta dipercorrere itinerari, anche provvisori, cheabbiano una loro coerenza di sistema. Inattesa dell’approvazione di un approccioorganico e coordinato di attuazione delTitolo V sul versante dell’amministrazione– ovviamente se non ci si sia pentiti dellariforma costituzionale – le Regioni sitrovano certamente in una condizione che

non induce a fare la propria parte, che purpotrebbero per certi versi avviare, perchénulla impedisce loro di esercitare il poterelegislativo nello scenario dell’articolo 117.In questa situazione di incertezza è, tuttavia,comprensibile qualche difficoltà a prefi-gurare forme di attuazione autonoma del-l’art. 118, disgiunte da un processo di chia-rificazione generale delle funzioni locali. D’altra parte, gli enti locali – mi pare siasempre più evidente, nonostante l’auspiciodel Presidente dell’ANCI del Lazio – sonosempre più dipendenti e poco autonomi.La responsabilità degli enti locali, anchesul piano finanziario, mi sembra più pro-clamata che realizzata.

ANTONIO D’ATENA. Ringrazio il pro-fessor De Martin per questa organica e lucidariflessione, la quale pone sul tappeto una que-stione centrale che si lega ad una specificitàtutta italiana. Considerate che normalmente – questo èquanto accade nei Paesi del federalismo mit-teleuropeo – il federalismo è un federalismo diesecuzione. Ciò significa che a livello substatale,ossia a livello di enti che corrispondono allenostre Regioni, le funzioni prevalenti sonoquelle amministrative. Il nostro disegno costituzionale è invece di fe-deralismo di legislazione, come hanno ricordatosia il professor De Martin che il PresidenteFiorillo. Questa è una caratteristica specificache si lega ad una peculiarità storica del nostroordinamento data dal radicamento di secolidelle autonomie locali all’interno dello stesso. Rispetto a questa peculiarità, in effetti, ildifetto metodologico sottolineato dal professorDe Martin certo non può non destare qualchepreoccupazione. Difatti, è chiaro che occuparsidella finanza di un ente, senza che prima ci sisia preoccupati di definirne le funzioni fonda-mentali, è un elemento caratteristico e italiano. Pensate che in Germania la legislazione sui

20

GIA

N C

AN

DID

O D

E M

AR

TIN

Page 21: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

Comuni è dei Lander. Abbiamo tante leggicomunali quante sono le Regioni. In Italia,invece, le funzioni fondamentali vanno definitedallo Stato. In fondo si realizza una qualcheanalogia, sia pure a quadro modificato pro-fondamente, con la distinzione tra le funzioniproprie – che erano quelle uguali per tutti,definite a livello statale – e le funzioni delegatedalle singole Regioni sulla base di loro specificheesigenze. Il tutto, poi, si inserisce in un quadro rivolu-zionato anche culturalmente dal principio disussidiarietà. In realtà, ormai, tutto si costruiscein termini di moto ascendente. Si giustifical’evocazione del livello superiore solo perchéquello inferiore non ce la fa. Ho usato non a

caso l’aggettivo «culturale», perché questisono aspetti che anche culturalmente si stentaa metabolizzare. Ci vuole del tempo, nonbasta una riforma costituzionale. La relazione successiva è intitolata: «La nuovaautonomia finanziaria delle Regioni e degliEnti locali». Il relatore è il Dottor Buglione,dirigente di ricerca dell’ISSiRFA-CNR, chenon solo è uno dei massimi esperti in materiadi finanza regionale, ma è anche l’unico – al-meno per quanto mi riguarda – che riesce afarmi capire queste dinamiche, che sfuggonoalla mia formazione di tipo umanistico, e diquesto gli sono grato.Do la parola al dottor Enrico Buglione.

21

GIA

N C

AN

DID

O D

E M

AR

TIN

Page 22: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

n merito alla legge n. 42 del 2009 inmateria di federalismo fiscale l’at-tenzione dei media si è soprattutto

concentrata su alcune parti del provvedi-mento capaci di suscitare l’interesse del-l’opinione pubblica, nonostante l’oggettivadifficoltà del tema. Il sistema di perequazionerientra sicuramente tra questi, soprattuttoper il conclamato abbandono del criteriodella “spesa storica” a favore dei costi stan-dard. Su questo versante, sono state ancheeffettuate numerose stime dei risparmi – e,quindi, dei guadagni di efficienza – ottenibilicon il nuovo approccio, in particolare nel-l’ambito della sanità pubblica, risparmi, tral’altro, in gran parte a carico del Lazio edelle regioni del sud.L’autonomia finanziaria, anzi, il “ricono-scimento”, per la prima volta, di una pienaautonomia finanziaria alle regioni e aglienti locali, è stato un altro dei temi piùspesso richiamati all’attenzione del grandepubblico. Sotto questo profilo, il contenutoinnovativo della legge deriverebbe dallacreazione di un collegamento forte tra speseed entrate tributarie “geografiche” (cioèprodotte nel territorio di ciascun ente),dall’ampliamento dell’autonomia impositivae dal definitivo abbandono dei trasferimentivincolati come forma di finanziamento or-

dinario delle funzioni decentrate.La situazione è tuttavia più complessa. Li-mitandosi a considerare la questione del-l’autonomia finanziaria – del resto stretta-mente connessa a quella della perequazionee certamente non meno importante, siaper rendere significativo il decentramentoistituzionale e amministrativo, sia per l’in-centivazione dell’accountability – ci si accorge,infatti: da un lato, che la genericità deicontenuti della delega può consentirneun’attuazione molto al di sotto delle aspet-tative per quanto riguarda i cambiamentirispetto alla situazione attuale; dall’altro,che, in vista della tutela di interessi nazionali(come il coordinamento e il risanamentodella finanza pubblica, ma anche la garanziadi livelli essenziali di prestazioni) la stessal. 42, prevede, come del resto era inevitabile,svariati limiti all’autonomia finanziariadegli enti territoriali.Quanto appena affermato risulta più chia-ramente se, come si cercherà di fare nellarelazione, l’autonomia finanziaria vieneconsiderata non solo con riferimento allesue due principali articolazioni previste al-l’art. 119 Cost. (autonomia di entrata e dispesa), ma anche agli specifici contenutiche, su entrambi i versanti, risultano at-tualmente oggetto di vincoli da parte del

22

Enrico BuglioneDIRIGENTE DI RICERCA DELL’ ISSIRFA-CNR “MASSIMO SEVERO GIANNINI”

La nuova autonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti locali

I

Page 23: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

governo centrale.Per valutare i possibili effetti sull’autonomiadi entrata degli enti territoriali, connessiall’attuazione della l. 42, è opportuno con-siderare separatamente due aspetti:• il ruolo che, nel futuro assetto, avranno

le entrate tributarie prodotte nel territoriodi ciascun ente, nel finanziamento dellefunzioni decentrate;

• i margini di manovra che saranno rico-nosciuti agli enti territoriali per l’attua-zione di politiche fiscali, volte ad adeguareil volume delle entrate al fabbisogno ef-fettivo di spesa.

Circa il primo punto, le prospettive sonoper molti aspetti positive. Attualmente inItalia, come del resto nella maggior partedei paesi OCSE, la differenza tra livello didecentramento della spesa pubblica (paria circa il 50%) e quello del decentramentodel gettito tributario (pari a circa il 20%) èdi 30 punti percentuali. Con l’attuazionedella legge, tale gap – normalmente definito“vertical fiscal imbalance” – dovrebbe esseresensibilmente ridotto, essendo l’attribuzionealle regioni di una compartecipazione geo-grafica al gettito Iva e l’attribuzione alleregioni e agli enti locali di una comparte-cipazione all’Irpef, uno dei pochi puntifermi della delega. Spesso viene osservato che il semplice am-pliamento delle compartecipazioni al gettitodi tributi -introdotti e completamentegestiti dallo Stato in sostituzione di preesi-stenti trasferimenti - rappresenterebbe diper sé un incentivo, nei confronti degliamministratori locali, a gestire meglio lerisorse, sia per il radicamento delle spesesul territorio, sia perché gli enti potrebberocomunque manovrare il gettito collaborandocon lo Stato nella lotta all’evasione. Se,però, si tiene conto dell’esperienza delleregioni a statuto speciale – dove le com-partecipazioni coprono più dell’80% dellespese correnti – deve concludersi che tale

strategia di promozione dell’accountabiltyha, in definitiva, una portata modesta.Molto più importate è che agli enti terri-toriali siano riconosciuti margini significatividi autonomia tributaria, per consentire lorol’attuazione in prima persona di politichefiscali.Premesso che già ora l’autonomia tributariadegli enti territoriali non è del tutto tra-scurabile – visto che i tributi propri assicu-rano, in media, il 44% delle entrate correntidelle regioni a statuto ordinario e il 57%nel caso degli enti locali (ovviamente primadella cancellazione dell’Ici sulla prima casa)– la l. 42 contiene sicuramente varie di-sposizioni che, in teoria, potrebbero po-tenziarla. Rientra in questo ambito, in primo luogo,il potere di istituire nuovi tributi, ricono-sciuto, per la prima volta, sia alle regioniche agli enti locali, anche se, questi ultimi,potranno solo introdurre e regolare fatti-specie impositive già previste da leggi delloStato e delle regioni. Ma sono importantianche altre disposizioni, dai contenuti menoeclatanti e, per questo, spesso non eviden-ziate in modo adeguato. Ad esempio:• il fatto che per i tributi propri derivati

dalla legislazione statale – come sono,nell’attuale ordinamento, l’Irap, l’addi-zionale regionale e comunale all’Irpef,la tassa automobilistica, l’Ici – venganoprecisati gli spazi di manovra da ricono-scere ad ogni livello di governo. In par-ticolare, le regioni potranno interveniresu aliquote e detrazioni nel caso delleaddizionali a tributi erariali e, per tuttigli altri tributi propri, anche su esenzionie deduzioni, ma sempre secondo i criterifissati dalla legislazione statale e nel ri-spetto della normativa comunitaria (art.7, 1, c). Per gli enti locali, invece, glispazi di autonomia decisionale potrannoriguardare solo la manovra delle aliquote,sempre entro gli spazi individuati dalla

23

EN

RIC

O B

UG

LIO

NE

Page 24: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

legislazione statale (art. 12, 1, a);• il fatto che il sistema di perequazione sia

strutturato in modo da risultare neutrorispetto alle variazioni di gettito deitributi propri derivati connesse a politichefiscali degli enti territoriali, così da nondisincentivare l’adozione di aliquote di-verse da quelle standard previste dalloStato;

• il fatto che, per i tributi propri derivati,lo Stato possa modificarne la disciplinasolo previa contestuale adozione di misuredi compensazione del gettito (modificadelle aliquote standard o attribuzione dialtri tributi) e previa quantificazionedegli effetti finanziari delle predettemisure in sede di Conferenza per il coor-dinamento della finanza pubblica (art.2, 2, t).Accanto a questi aspetti positivi, nella l.42 vi sono, tuttavia, anche una serieelementi che contribuiscono a renderemolto incerto un effettivo potenziamentodel ruolo dei tributi propri nei bilancidegli enti territoriali. Di particolare in-teresse sono i seguenti:

• l’assenza assoluta di previsioni su qualedovrà essere, nell’ambito delle entratetributarie, il peso rispettivo dei tributipropri e delle compartecipazioni. Essendoqueste ultime molto meno problematichesia per lo Stato (in termini di efficienzadel sistema fiscale e di controllo dellapressione tributaria nazionale), sia pergli enti territoriali (assicurando un gettitoprevedibile nel tempo senza i costi politiciconnessi al prelievo diretto di risorsedalle tasche dei cittadini), è probabileche, alla fine, proprio le compartecipazionifiniscano per risultare la principale entratatributaria;

• la difficoltà oggettiva, da parte degli entiterritoriali, di introdurre nuove fattispecieimpositive. A prescindere dalla proble-maticità di inventare ulteriori forme di

prelievo rispetto alle numerosissime giàesistenti, resta il fatto che la stessa l. 42prevede – e, giustamente, almeno dalpunto di vista del contribuente - vincolimolto stringenti per l’esercizio di talepotere visto che i nuovi tributi “propri”,non dovranno incidere su “presuppostigià assoggettati a imposizione erariale”(art. 7,1,b,3), e saranno comunque soggettiai principi in materia di coordinamentotributario, alla definizione dei quali sidovrà provvedere con alcuni dei decretilegislativi di cui all’art. 2 della legge ri-chiamata. Una conferma di quanto ap-pena detto, si può avere considerandol’esperienza in materia della regione Sar-degna. I nuovi tributi propri della regione,istituiti nel 2006 e nel 2007 con le sueleggi finanziarie, nel giro di poco temposono stati tutti soppressi, perché risultatiincompatibili con i principi nazionali ocomunitari in materia fiscale;

• l’assoluta mancanza di indicazioni suquali dovranno essere i futuri tributipropri derivati degli enti territoriali. Perle regioni si menzionano, con riferimentoalle modalità di finanziamento delle spe-cifiche tipologie di spesa di questo livellodi governo (funzioni Lep, trasporto localee altre funzioni), solo due tra quelle oraesistenti, l’addizionale Irpef e l’Irap e,della seconda, cioè di gran lunga la piùimportante in termini di gettito, è altresìprevista la soppressione, ma non i tributiche dovranno sostituirla. Nel caso deglienti locali, viene effettuato, per i comuni,un generico riferimento alla imposizioneimmobiliare (escludendo, tuttavia, l’Icisulla prima casa) e, per le province , atributi il cui presupposto impositivo siaconnesso al trasporto su gomma. Eppuredegli scenari di riallocazione delle impostetra centro e periferia potevano certamenteessere prospettati, tanto più che in ma-teria, l’Alta Commissione per il federa-

24

EN

RIC

O B

UG

LIO

NE

Page 25: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

lismo fiscale, a suo tempo, aveva giàavanzato proposte concrete;

• infine, non va dimenticata la propensionedell’attuale governo, responsabile del-l’attuazione della l. 42, ad adottare prov-vedimenti fortemente lesivi dell’auto-nomia impositiva dei governi locali, invista del raggiungimento di obiettivi na-zionali ritenuti prioritari (sostegno delreddito delle famiglie, rilancio della com-petitività delle imprese, riduzione dellapressione tributaria).

Se, con l’attuazione della l. 42, non venisseadeguatamente tutelata la flessibilità deibilanci dal lato delle entrate, si tratterebbedi un dato preoccupante. Una dinamicadelle spese effettive superiore a quella pre-vista, infatti, non può essere sempre e solocoperta con provvedimenti di contenimento.Una conferma al riguardo deriva dai pianidi rientro in corso di attuazione nelleregioni con rilevanti deficit sanitari, neiquali gli interventi sulle spese sono sempreaccompagnati da un innalzamento dellealiquote dei tributi regionali. Nel Lazio, adesempio, l’incremento delle aliquote dell’Irape dell’addizionale Irpef ha fatto salire lapressione tributaria imputabile alle imposteregionali quasi di un punto (dal 3,22% del2003 al 4,19% del 2008).Va anche detto, però, che l’attuazione dipolitiche tributarie è solo uno dei modi at-traverso i quali può esprimersi l’autonomiadi entrata. Altrettanto importante puòessere la possibilità di porre in esserepolitiche tariffarie, in particolare nei comuni,nonché politiche di indebitamento e poli-tiche di sfruttamento economico del patri-monio immobiliare disponibile.Per le tariffe, la l. n. 42 si limita a menzio-narle in modo esplicito a proposito deglienti locali, ma non delle regioni, nonostanteil fatto che i ticket (cioè le tariffe perl’accesso ai servizi sanitari) abbiano giàuna certa importanza, se non altro per cal-

mierare la domanda di assistenza farma-ceutica e specialistica.Anche sulla disciplina del ricorso all’inde-bitamento la l. n. 42 non contiene normespecifiche, per cui dovrebbero continuarea valere i limiti previsti dalla normativavigente e, in particolare, da quelle delpatto di stabilità. Con riferimento a que-st’ultimo, tuttavia, la cosiddetta regiona-lizzazione delle norme del patto relativeagli enti locali – prevista dalla l. 42(art.17,1,c) - potrebbe produrre positivi ef-fetti dato che, nelle regioni in cui si riusci-ranno a raggiungere i necessari accordi congli enti locali, il limite “nazionale” all’ac-censione di debiti per la realizzazione diinvestimenti potrebbe essere reso flessibile,in modo da favorire gli enti dove le esigenzeal riguardo sono più urgenti. Tale indirizzo,del resto, risulta confermato dalla l. 196/2009in base alla quale (art. 8, 4) la Decisione difinanza pubblica e la legge di stabilità indi-viduano la quota di indebitamento “per ilcomplesso delle province e dei comuni, ar-ticolata per regioni”.Per quanto riguarda le possibilità di sfrut-tamento economico del patrimonio im-mobiliare, l’attuazione della l. 42 potrebbepure assicurare un miglioramento rispettoalla situazione attuale, a causa del previstotrasferimento di beni dello Stato alle regionie agli enti locali, in base all’art. 19. Essendostato già approvato dal Governo (il17/12/2009) una schema di decreto legi-slativo in materia, il cosiddetto federalismodemaniale potrebbe risultare il primo adessere concretamente avviato. Non è quipossibile entrare nei dettagli del testo, maalmeno due osservazioni vanno fatte. Laprima è che si rinvia ad una serie di ulterioriprovvedimenti applicativi, per cui i tempidi attuazione potrebbero non essere cosìbrevi. La seconda concerne gli effetti fi-nanziari connessi al trasferimento dei beni.In base all’art. 1, ma il concetto viene ri-

25

EN

RIC

O B

UG

LIO

NE

Page 26: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

badito più volte anche in altri articoli,questo trasferimento avverrà a “titolo nononeroso”. Tuttavia, una forma di compen-sazione nei confronti dello Stato a caricodegli enti che decideranno di accettare iltrasferimento dei beni è, in realtà, prevista.Essi, infatti, dovranno subire una decurta-zione delle entrate loro spettanti “in funzionedella riduzione delle entrate erariali” con-seguente al trasferimento dei beni (art. 7,2). I criteri e i tempi per tale decurtazionesaranno determinati con successivi Dpcm,ma è evidente che si tratta di un puntofondamentale per valutare gli esiti finalidell’operazione. Ad esempio, se le entrateda decurtare corrispondessero solo alle ren-dite attualmente percepite dallo Stato, pre-sumibilmente molto basse e per alcuni beninulle, potrebbe verificarsi una situazionedel genere: da un lato, gli enti territoriali,sfruttando in modo efficiente i beni ottenuti,nel tempo otterrebbero notevoli entrateaggiuntive, ma distribuite in modo diversosul territorio; dall’altro, nel bilancio statale,le entrate acquisite con il trasferimento,risulterebbero insufficienti a compensarela perdita di valore patrimoniale da essosubita. La gestione delle risorse iscritte nei bilancidegli enti territoriali incontra sempre deivincoli posti da livelli superiori di governo.Il modo più frequente - e più trasparente -attraverso il quale vengono imposti talivincoli è il finanziamento delle funzionidecentrate anche attraverso trasferimentidi scopo, destinati a garantire il raggiungi-mento di obiettivi di interesse generale o,comunque, non esclusivamente locale. Ilricorso a tale strategia, che si riscontra intutti i modelli di federalismo fiscale – com-presi, ad esempio. quello canadese e statu-nitense - in Italia risulta, tuttavia, fortementelimitato. La l. 42, coerentemente con iprincipi di cui all’art. 119 Cost. e confer-mando un indirizzo di policy già avviato in

anni precedenti, prevede che il finanzia-mento ordinario delle funzioni delle regionie degli enti locali – quelle già trasferite equelle ancora da trasferire - sia assicuratoda entrate tributarie, integrate, ove neces-sario, da assegnazioni del fondo perequativo,cioè da fonti di finanziamento per le qualinon potranno essere previsti vincoli di de-stinazione (art. 7, 1, e, e art. 9, 1, h).Inoltre, pur ammettendo l’uso di trasferi-menti speciali a favore degli enti territorialinelle ipotesi previste al comma 5 dell’art.119 Cost., la l. 42 stabilisce che su obiettivie criteri di utilizzazione di tali fondi il go-verno debba raggiungere apposite intesein Conferenza unificata. Infine, i finanzia-menti speciali dovranno essere raggruppati,per livello di governo, in appositi capitolidel bilancio dello Stato, in modo da garantirela trasparenza sul ricorso a questa forma difinanziamento “eccezionale”. Ma limitare l’uso dei trasferimenti di scopo– che già ora rappresentano una quota mo-desta delle entrate degli enti territoriali(in media meno del 20%, compresi quellidella Ue) - fornisce una valida difesa del-l’autonomia di spesa da ingerenze del go-verno centrale?Per rispondere in modo oggettivo a questadomanda bisogna considerare l’intero im-pianto della legge. Così facendo ci si ac-corge:• che il modello di finanziamento degli

enti territoriali previsto, si basa sull’at-tribuzione di specifiche entrate al finan-ziamento di specifiche tipologie di spesa.Ad esempio, nel caso delle regioni, certeentrate tributarie e una quota specificadel fondo perequativo saranno destinatealle funzioni per le quali sono previsti li-velli essenziali di prestazione e altreentrate e un’altra quota del fondo pere-quativo al finanziamento delle rimanentimaterie. Da tale approccio può ragione-volmente derivare lo spezzettamento del

26

EN

RIC

O B

UG

LIO

NE

Page 27: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

bilancio in più sezioni e, quindi, di fatto,una predeterminazione dell’ammontaredelle risorse che potranno essere destinatealle varie tipologie di spesa;

• che la previsione – del resto inevitabile- di livelli essenziali di prestazioni perdeterminate funzioni, implica, per glienti territoriali, il vincolo ad impegnare,per ciascuna di tali funzioni, un ammon-tare di risorse almeno pari a quello deicosti standard associati ai Lep. In futuroil problema potrebbe riguardare anchegli enti locali, ma, da subito, assumeproporzioni estremamente rilevanti neiconfronti delle regioni. In base alla l.42, infatti, le funzioni di questo livellodi governo soggette a Lep sono la sanità,l’assistenza, l’istruzione e, per certi aspetti,il trasporto pubblico locale, cioè materieche assorbono, mediamente, l’80% deltotale delle spese correnti. E va ricordatoche si tratta di un vincolo estremamenterigido, soprattutto per le regioni che,come il Lazio, finora hanno avuto, perla sanità, spese superiori al costo stimato.Infatti, da un lato è impossibile sospenderel’erogazione dei Lep e, dall’altro, è oraanche impossibile – in base a recenti in-tese Stato- regioni - assicurarli effettuandospese in deficit oltre un certo livello pre-stabilito (attualmente il 5%), pena ilcommissariamento della regione ai sensidell’art. 120 Cost., c. 2 (come è avvenuto)e una serie di altre sanzioni molto gravi,fino allo scioglimento del Consiglio re-gionale e alla rimozione del Presidentedella Giunta, ai sensi dell’art. 126 Cost.come interpretato dalla l. 42 (art. 17, 1,e).

• che la l. 42 – molto opportunamente –rinforza l’operatività del Patto di stabilitàinterno, attraverso un decisivo miglio-ramento della trasparenza dei conti, ilrafforzamento dei controlli e un ampioimpianto di premi (discrezionali) per gli

enti virtuosi, ma soprattutto di sanzioni(automatiche) a carico di quelli inadem-pienti. Secondo la legge, le regole delPatto dovrebbero riguardare solo i saldidi bilancio, ma l’esperienza (anche quellapost l. 42, come dimostra la finanziariaper il 2010) insegna che il vizio di mor-tificare l’autonomia di spesa degli entiterritoriali – per esigenze di coordina-mento della finanza pubblica – interve-nendo non solo su specifiche categoriedi spesa ma anche su specifiche poste dibilancio, è ancora lontano dall’essereperso;

• infine che, nel caso di comuni e province,ulteriori vincoli derivano dalla prassi,ancora seguita dalla maggior parte delleregioni (Lazio compreso) di dare attua-zione al principio della sussidiarietà ver-ticale finanziando le funzioni trasferitecon trasferimenti di scopo.

In base alle considerazioni fin qui svolte,sensibili miglioramenti dell’autonomia fi-nanziaria rispetto alla situazione attualesembrano per lo meno improbabili. Per quanto riguarda l’autonomia di entrata,la ristrettezza oggettiva dei margini per ilconcreto esercizio di un potere impositivoautonomo da parte degli enti territoriali,la vaghezza delle delega circa i tributi propriderivati dalla legislazione statale che do-vranno essere affettivamente attributi a re-gioni ed enti locali e, al contrario, l’enfasiposta sul futuro ruolo delle compartecipazionia tributi erariali nel loro finanziamento,l’esigenza (politica ma anche reale) diridurre la pressione tributaria nazionale edi semplificare il sistema impositivo, sonotutti elementi che portano a far riteneregià un successo il mantenimento, da partedegli enti territoriali, del ruolo attuale di“comparse” sulla scena della politica fiscalenazionale. Ciò nonostante, il previsto am-pliamento delle compartecipazioni geogra-fiche in sostituzione di preesistenti trasfe-

27

EN

RIC

O B

UG

LIO

NE

Page 28: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

rimenti comporterà comunque dei vantaggi,se non altro perché farà aumentare il pesodelle entrate “certe” e programmabili neltempo. Inoltre, come si è sottolineato, pro-spettive interessanti potrebbero aprirsi sulfronte delle entrate derivanti dallo sfrutta-mento economico del patrimonio immo-biliare, quando si sarà data attuazione alcosiddetto federalismo demaniale. Per l’autonomia di spesa, le prospettive dimiglioramento sono ancora meno rosee.Nonostante la prevista riduzione del ricorsoa trasferimenti vincolati, resta il fatto: • che, soprattutto nel caso delle regioni,

circa l’80% del totale delle spese correntidovrà essere necessariamente destinatoa garantire i livelli essenziali di prestazioniprevisti per ciascuna delle materie cherientrano in tale tipologia, cioè la sanità,l’assistenza, l’istruzione e il trasporto pub-blico locale. In parte, del resto, una que-stione analoga vale anche per gli entilocali in relazione alle loro funzioni fon-damentali e soprattutto se anche peressi, come previsto nella legge, verrannoindividuati servizi con Lep;

• che ulteriori ostacoli ad una autonomagestione del bilancio continueranno aderivare dal patto di stabilità interno,uno strumento per altro indispensabileper garantire il concorso delle autonomieal risanamento della finanza pubblica.In conclusione, l’autonomia finanziaria,intesa come ampia discrezionalità discelta nell’attuazione di politiche fiscalie di spesa, nella l. 42 incontra sicuramentelimiti molto forti. Tuttavia, essa puòconsentire di attuare un’altra forma diautonomia, quella che si sostanzia nelfar ricadere le conseguenze buone ecattive della gestione sugli amministratie, quindi, sugli amministratori. Forse,questo, è un concetto di autonomiameno appariscente, ma non meno im-portante e, in definitiva, è l’unico soste-

nibile per il paese, se si tengono presentiuna serie di elementi come: il perdurantesvantaggio economico del meridione; lasituazione precaria della finanza pubblica;e, last but not least, lo sbilanciamentodel decentramento realizzato in Italia,soprattutto nel caso delle regioni, versoservizi per i quali è largamente condivisal’esigenza di prestazioni essenziali uniformisul territorio (e non è un caso che l’ipotesidel commissariamento quando l’eroga-zione di tali prestazioni sia in pericolo,sia stata inserita nell’art. 120 Cost. conla riforma del 2001). Per questo tipo di autonomia – che, indefinitiva, coincide con l’accountability– è tuttavia indispensabile:

• una assoluta trasparenza, comparabilitàe accessibilità dei dati sulla gestione deibilanci degli enti territoriali e sul livellodi performance di ciascuno (cosa che, at-tualmente, manca del tutto);

• un elevato grado di programmabilitàdelle risorse dalle quali dipende il finan-ziamento ordinario delle funzioni (chepuò sicuramente essere migliorato);

• la possibilità di far fronte ad eventualiscostamenti marginali tra spese previstee spese effettive, manovrando la levatributaria (cosa ora in parte già possibile)e permettendo agli enti di beneficiareimmediatamente del maggior gettito con-nesso a tali manovre (cosa, ora, del tuttoinesistente);

• un sistema di perequazione che non fi-nanzi i costi imputabili a inefficienze digestione (cosa, anche questa, in granparte assente, soprattutto nei confrontidegli enti locali);

• un’ampia condivisione tra Stato ed au-tonomie territoriali, degli obiettivi dicontenimento della finanza pubblica,della dinamica della spesa in determinatisettori (a partire, ovviamente dalla sanità)e delle sanzioni da applicare a carico

28

EN

RIC

O B

UG

LIO

NE

Page 29: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

degli enti che non rispettino gli obiettiviconcordati (cosa, anni addietro, quasiimpensabile ma sulla quale si stanno fa-cendo già notevoli progressi come adesempio dimostra, da ultimo, l’intesaStato regioni del dicembre 2009 sul con-tenimento della spesa sanitaria);

• l’introduzione di margini di flessibilitànelle regole di finanza pubblica a caricodegli enti locali, attraverso il potenzia-mento delle interrelazioni finanziarie traquesti e la regione di appartenenza (cosache, finora, si è effettivamente realizzata,e con successo, solo nelle regioni a statutospeciale del nord e nelle province auto-nome).La legge delega 42 su tutti questi aspettiè piena di buoni propositi. Ma, come èstato spesso sottolineato, i principi inessa contenuti lasciano molto spazio allafantasia del governo nel disegnarne laconcreta attuazione. Perché dal provve-dimento possa scaturire la nuova auto-nomia finanziaria alla quale sopra si èfatto riferimento, tutti gli attori coinvolti– a partire dalle regioni e dagli entilocali – dovranno, quindi, seguire atten-tamente la definizione dei decreti delegati,anche per evitare eventuali derive versouna formulazione finalizzata principal-mente ad assicurare vantaggi solo ad unaparte del paese e dei suoi cittadini. Eproprio questo convegno potrebbe esseregià un segno tangibile della volontà dipartecipazione attiva da parte delle au-tonomie alla costruzione di un nuovomodello di federalismo fiscale, capace diconciliare equità ed efficienza.

ANTONIO D’ATENA. Grazie al dottorBuglione che ci ha introdotto nell’analisi daun punto di vista economico-finanziario dellalegge, della quale ha sottolineato aspetti positivie incertezze. In relazione alle incertezze, nonpossiamo nasconderci che il processo di attua-

zione della legge, attraverso i decreti legislativi,aprirà degli scenari diversi sui quali non puònon pesare l’altra componente che è stataposta in evidenza dal professor De Martin inprecedenza. Vorrei richiamare soltanto due punti dellaparte finale della relazione. Mi riferisco, anzi-tutto, al chiarimento sul carattere non esclusivoquanto a penalizzazione dei vincoli di destina-zione. Tolti i vincoli di destinazione, vi sonovincoli indiretti – si pensi a quelli derivanti dailivelli essenziali delle prestazioni, dal patto distabilità interno – quindi in realtà i marginiper l’autonomia di spesa si restringono corri-spondentemente. Trovo anche molto interessante quanto è statosottolineato a proposito dell’aspetto che il dottorBuglione considera positivo della legge, cioè ilfatto di mettere in moto un processo di re-sponsabilità politica. Sugli amministrati ricadonole conseguenze della gestione e questo fascattare la responsabilità nei confronti degliamministratori. Questo può essere l’inizio diun processo virtuoso, dal quale avrebbe daguadagnare l’intero sistema delle autonomie.Proseguiamo ora con la prossima relazione, laquale introduce un tema che è stato richiamatodal primo degli interventi, quello del Vice Pre-sidente Riccardelli, «Roma capitale e il sistemadelle Autonomie territoriali del Lazio». Do la parola al professor Guido Meloni, chenon solo è un valoroso studioso dei temi didiritto regionale e di diritto degli enti locali, main questa sede può esibire una doppia veste,perché da un lato è un accademico e ordinarionell’Università del Molise, d’altro lato, noidell’ISSiRFA – o come si diceva una volta,dell’Istituto di Studio sulle Regioni – lo sentiamocome uno dei nostri, dal momento che hainiziato la sua carriera presso l’Istituto, alquale ha contribuito e continua a contribuireanche in occasione della elaborazione dei nostrirapporti annuali. Ringraziandolo ancora per aver accettatol’invito, do la parola al professor Meloni.

29

EN

RIC

O B

UG

LIO

NE

Page 30: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

ingrazio il professor D’Atena.Per me è un piacere avere l’oc-casione di contribuire nel mio

piccolo alle attività dell’Istituto, al qualesono particolarmente legato per la lungaesperienza che ho avuto – vi ho trascorsopiù di dieci anni – sia per le attività svoltee soprattutto per il rapporto con i colleghie con i direttori che ci sono stati.Il tema di questo intervento riguarda unaquestione indubbiamente cruciale per laRegione Lazio, dove è presente la Cittàcapoluogo, che svolge anche la funzionedi Capitale dello Stato. Sappiamo che in ambito comparato le so-luzioni differiscono notevolmente, in ordinealla soluzione istituzionale che viene trovataalla compresenza del ruolo della Città ca-pitale con la Città che è anche capoluogodella Regione o dello Stato, a secondadelle varie articolazioni. Nella nostra espe-rienza e nella nostra realtà, questo tema èstato proposto e affrontato ripetutamentenel corso degli anni, senza che però siagiunto finora ad una soluzione, né definitiva,né probabilmente pienamente soddisfa-cente. Il dato di grande novità che riscontriamo,proprio in ragione della legge n. 42 del2009 sul cosiddetto federalismo fiscale, è

che con questo intervento legislativo, cometutti sappiamo, vengono introdotte dellenorme che riguardano l’introduzione diun regime specifico per le città metropoli-tane e per Roma capitale. Si tratta dinorme che hanno un carattere transitorioe che, come vedremo, pongono tuttaviauna serie di questioni in relazione soprattuttoalla transitorietà e alla possibile definizionedi un regime definitivo e stabile.Il dato dal quale partire è che, con lariforma costituzionale del 2001, il nuovotesto dell’articolo 114 introduce una spe-cifica previsione costituzionale per le Cittàmetropolitane e, nel terzo comma, prevedeanche una disciplina specifica per Romacapitale, affidata alla legge dello Stato. Laquestione delle Città metropolitane si legamolto alla soluzione della disciplina perRoma capitale. Sappiamo anche come, nel corso deglianni, nonostante una previsione legislativapiuttosto risalente, quella della legge n.142 del 1990 che aveva previsto per laprima volta le Città metropolitane, non sisia mai riusciti a raggiungere una soluzionetale da poter dare avvio a questo tipo diesperienza. Tantomeno per Roma capitaleè stata trovata una disciplina peculiare,nonostante vi fossero stati dei tentativi

30

Guido MeloniPROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL MOLISE

Roma Capitale e il sistema delle Autonomie territoriali del Lazio

R

Page 31: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

legislativi, salvo l’introduzione di alcuniregimi del tutto specifici, a seconda delleesigenze, che però hanno riguardato anchealtre grandi città del nostro Paese soprattuttosul piano dei finanziamenti e della realiz-zazione di grandi opere per eventi particolari. Vediamo ora qual è il dato di cui dobbiamotener conto nella legge n. 42 e le potenzialitàe anche le problematicità che si possonoprefigurare in relazione all’assetto dei poteriterritoriali della Regione. Come sappiamo e come avevo accennato,la disciplina contenuta negli articoli 23 e24 della legge n. 42 è dichiaratamentetransitoria. Il legislatore la definisce talesia per le Città metropolitane all’articolo23, che per Roma capitale all’articolo 24.Tra queste due norme vi sono degli elementifortemente distintivi, ma anche degli ele-menti di connessione del tutto significativi. L’articolo 24 indica innanzitutto che il re-gime transitorio per Roma capitale varràfino alla disciplina delle città metropolitaneche il legislatore dovrà prevedere in formadefinitiva. In particolare, il comma 9 dellostesso articolo ci dice che, a seguito del-l’attuazione della disciplina delle Cittàmetropolitane e a decorrere dall’istituzionedella Città metropolitana di Roma, le di-sposizioni di questo articolo su Roma ca-pitale si intendono riferite alla Città me-tropolitana di Roma capitale. Quindi, inqualche modo, si fa una previsione transi-toria oggi per Roma capitale che poi si do-vrebbe trasfondere rispetto alla nuova Cittàmetropolitana, una volta che venga istituita. Quali sono i dati caratterizzanti del regimetransitorio? Innanzitutto, il regime di Romacapitale riguarda inevitabilmente il soloComune di Roma, al quale dovrebbero es-sere riconosciute una serie di funzioni.Parliamo di funzioni del tutto peculiari –come sancisce in apertura il secondo comma– che dovrebbero essere legate al ruolo diCapitale svolto da Roma per la presenza

degli organi costituzionali, nonché per lerappresentanze diplomatiche degli Statiesteri, ivi compresi quelli presso lo Statodella Città del Vaticano e le istituzioni in-ternazionali. Quindi, l’obiettivo dichiarato è quello diprevedere un regime specifico e delle fun-zioni che siano connesse al ruolo peculiaredi Capitale della Città di Roma.Se andiamo a osservare le funzioni, o per-lomeno i grandi ambiti funzionali che ven-gono individuati sempre dall’articolo 24,ci rendiamo conto che questi ambiti fun-zionali riguardano potenzialmente il ruolodi Capitale di Roma, ma probabilmentevanno anche oltre. Ad esempio, riguardanoil concorso alla valorizzazione dei benistorici, artistici, ambientali e fluviali; losviluppo economico e sociale di Roma ca-pitale, con particolare riferimento al settoreproduttivo e turistico; lo sviluppo urbanoe la pianificazione territoriale; l’ediliziapubblica e privata; l’organizzazione e ilfunzionamento dei servizi urbani, con par-ticolare riferimento al trasporto e alla mo-bilità; la protezione civile e ulteriori funzioniconferite dallo Stato e dalla Regione.Credo che queste debbano oggettivamenteessere considerate come delle funzioni stra-tegiche per Roma, ma non debbano ne-cessariamente ed esclusivamente essere ri-condotte al ruolo di Capitale. Non a caso, almeno parzialmente, questiambiti funzionali coincidono, o comunquesono parzialmente riferibili, ma sono benpiù ampi nel numero e nell’ampiezza, allefunzioni che sono previste invece comeaggiuntive rispetto a quelle della Provinciaper le Città metropolitane, anche se tran-sitorie. Infatti, alle Città metropolitaneandrebbero aggiunte pianificazione terri-toriale generale e reti infrastrutturali, strut-turazione di sistemi coordinati e di gestionedei servizi pubblici, promozione e coordi-namento dello sviluppo economico e sociale.

31

GU

IDO

ME

LO

INI

Page 32: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

Effettivamente Roma, in quanto Capitale,assumerebbe delle funzioni connesse a alruolo di Capitale della Repubblica, maanche delle funzioni più generali in qualchemodo, addirittura più forti di quelle previsteper le Città metropolitane. Per questeultime c’è la promozione, ad esempio, e ilcoordinamento dello sviluppo sociale; men-tre per Roma capitale c’è lo sviluppo eco-nomico e sociale, con un’incidenza parti-colarmente significativa. Che tipo di ripercussioni ha questo impiantoanche per altre connessioni che sono ab-bastanza evidenti? Il quadro che emergepone un problema, a mio parere, sulla pos-sibile considerazione del regime transitorioper Roma capitale, tanto più che la leggeprevede che per l’attuazione di queste di-sposizioni, seppur transitorie, si provvedecon decreto legislativo entro un terminedi ventiquattro mesi, vale a dire i decretilegislativi dell’articolo 2 della legge n. 42.Invece, per disciplinare le Città metropo-litane transitorie, i decreti legislativi do-vranno essere adottati entro trentasei mesi;il che significa che Roma capitale dovrebbearrivare prima delle città metropolitanetransitorie. La conseguenza che ne derive-rebbe sarebbe che Roma capitale, unavolta strutturata e tra l’altro così potenziatacome ambiti funzionali, probabilmentepone una qualche difficoltà di passaggioeventuale ad una Città metropolitana chenon sia solo riconducibile all’area del Co-mune di Roma. Questo è un dato checredo debba essere posto soprattutto nel-l’ambito delle questioni da dibattere congli altri enti territoriali.Peraltro, questo elemento sembra forse ac-centuato dalla legge, per la previsione delcomma 10 dell’articolo 24 che stabilisceche si può passare comunque alla Cittàmetropolitana, anche nella forma transitoriaper Roma, ma questo passaggio e questaprevisione sono consentiti solo sulla base

di un accordo tra il Comune di Roma e laProvincia, escludendo le possibilità, cheinvece sono riconnesse per le altre areemetropolitane, che prevedono che la cittàpossa essere attivata sull’iniziativa del Co-mune capoluogo con un certo numero diComuni o della Provincia con un certonumero di Comuni. Per Roma, invece, lapossibilità di dar vita alla Città metropoli-tana, anche in regime transitorio, è sololegata all’accordo tra il Comune di Romae la Provincia. Credo che effettivamente questo datodebba far riflettere, vedendone le poten-zialità e anche qualche problema, in ordine,come accennavo, sia al possibile supera-mento della fase transitoria, che è un po’problematica, nella prospettiva di allargarlaalla Città metropolitana per l’area di Roma,sia in relazione a tutti gli altri soggetti ter-ritoriali della Regione, oltre che della Pro-vincia romana. Un dato rilevante che credo vada posto inevidenza è che il rafforzamento così incisivodel Comune di Roma capitale, con funzioniche però non sono inevitabilmente ricon-ducibili solo alle funzioni di capitale, poneun problema di equilibrio con gli altri Co-muni della Provincia. Su questo non c’èdubbio. Tra l’altro, lo pone anche nella prospettivadella Città metropolitana eventualmente,dal momento che la legge n. 42, all’articolo24, precisa che comunque Roma capitaledovrà prevedere in questo Statuto transitorioanche delle forme adeguate di articolazionedei municipi. In ogni caso, tuttavia, rimanequesta realtà comunale così forte, anzi evi-dentemente potenziata, che rispetto aglialtri Comuni della Provincia sicuramenteaccentua gli elementi di squilibrio, purpresenti ed evidenti a tutti nell’esperienzaattuale. Questa situazione, ovviamente, va vistaanche in relazione ad un’altra previsione

32

GU

IDO

ME

LO

INI

Page 33: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

della norma dell’articolo 23 che non siapplica eventualmente nella Città metro-politana di Roma, se viene istituita. Mi ri-ferisco al comma 6, lettera d), dell’articolo23 che prevede il finanziamento delle fun-zioni aggiuntive delle Comunità e dellecittà metropolitane per le funzioni esercitatein forma associata. Questo è un dato abbastanza rilevante,perché da tutto l’impianto dell’articolo 23per le Città metropolitane emerge un mo-dello di Città metropolitana transitoria ditipo più funzionale che strutturale, comesi dice normalmente in gergo. Essenzial-mente, infatti, esso punta a raggiungeredegli obiettivi di governo attraverso unesercizio associato delle funzioni, piuttostoche nella realizzazione di un nuovo enteparticolarmente strutturato, che inveceprobabilmente dovrebbe seguire alla di-sciplina organica delle Città metropolitane. Nel caso di Roma, anche la costituzionedella Città metropolitana non prevederebbel’applicazione di questa disposizione sul fi-nanziamento, tanto più che ovviamentevalgono delle norme specifiche, di cui al-l’articolo 24, per il finanziamento dellefunzioni previste solo per Roma capitale. Altro aspetto – e concludo – riguarda ilrapporto tra Roma capitale e gli altri Entiterritoriali della Regione, innanzitutto laProvincia di Roma. È chiaro che, se Romacapitale si afferma in una veste così rafforzatae non supera la dimensione meramentecomunale per arrivare alla città metropo-litana, il confronto sostanzialmente rimarràtra il Comune di Roma e una Provinciaordinaria. Quest’ultima, dunque, dovrà re-lazionarsi con un Comune che è capoluogo,è capitale e ha una dotazione funzionale efinanziaria di tutto rilievo. Questo è indubbiamente un problema chepotrebbe essere risolto solo con il passaggioalla Città metropolitana come Ente di go-verno di area vasta, coincidente tenden-

zialmente con la Provincia, o comunquecon larga porzione del territorio provin-ciale.Un altro elemento, che pure è già emersoin alcune riflessioni e dibattiti nell’ambitodella Regione Lazio, è costituito dall’ac-centramento sul Comune romano di unaserie di funzioni e poteri, oltre che dirisorse, e dallo squilibrio che questa realtàpotrebbe provocare rispetto alle altre areeterritoriali e provinciali della Regione. Non a caso, nel dibattito politico e istitu-zionale, si è assistito a delle prese diposizione di alcune realtà provinciali, nonromane, che addirittura prefigurano, forseprovocatoriamente, il passaggio ad altreRegioni, o comunque lo spostamento delbaricentro della loro posizione su altrerealtà territoriali. Tale fattore indubbiamentesi pone soprattutto per le province delnord, Rieti e Viterbo, e quelle del sud,Frosinone e Latina. Ebbene, in questa situazione vi è un datooggettivo che pone la realtà romana alcentro della Regione, ma non può rimanereprivo di conseguenze il tentativo di rie-quilibrare il ruolo delle altre Provincelaziali. A tal fine, si potrebbero indicare due pos-sibili soluzioni. In primo luogo, la Regionepotrebbe accentuare un passaggio di ulteriorifunzioni alle Province in questione, rie-quilibrando sotto il potere funzionale anchequeste realtà provinciali. In secondo luogo,le stesse Province insieme alla Regionepotrebbero prevedere forme di collabora-zione, o associazionismo, almeno nell’eser-cizio di alcune funzioni, come pure è pre-figurato in qualche modo nelle proposteper la Carta delle autonomie, rafforzandoil coinvolgimento di più realtà provincialisu territori che non sono ricompresi inquello romano. Da ultimo, si pone il problema rispetto alruolo regionale. Come sappiamo, la Regione

33

GU

IDO

ME

LO

INI

Page 34: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

vive con attenzione questo passaggio,perché chiaramente la realizzazione di unarealtà romana o anche metropolitana cosìforte metterebbe in discussione altrettantofortemente il ruolo stesso della Regione,che non per questo, tuttavia, verrebbemeno.Probabilmente, in questa situazione si trattadi giocare fino in fondo la scommessa diriconsiderare il ruolo della Regione. Questapuò essere l’occasione, se vogliamo, deltutto peculiare per il Lazio, di riconsiderareappieno il ruolo regionale, rinunciandoprobabilmente a un ruolo di gestione attivamolto forte, tenuto anche conto della pre-senza romana e della necessità di riequilibriodelle altre realtà provinciali e riscoprendoe valorizzando pienamente il proprio ruolo,innanzitutto legislativo, ma anche di pro-grammazione, di indirizzo e stimolo versole realtà territoriali. Credo che queste siano alcune delle que-stioni rispetto alle quali rimane fermo ilgrosso problema della transitorietà o menodel regime previsto dalla legge n. 42. Os-servando la questione anche in relazionea ciò che sta avvenendo circa i disegni dilegge sulla Carta delle autonomie, l’im-pressione è che questo regime, dichiarato

transitorio, sia non voglio dire permanente,ma comunque tendenzialmente stabile,con una serie di problemi che credo sianoin parte rilevabili dallo stesso impiantodella legge n. 42.

ANTONIO D’ATENA. Ringrazio il pro-fessor Meloni per averci illustrato la disciplinapiuttosto tortuosa dettata da questo atto legi-slativo a proposito della Città di Roma capitale. Il nodo istituzionale del problema della disciplinadella Capitale è complesso. Sulla soluzionecostituzionale adottata sono state espresse,fin dall’inizio, molte riserve. Adesso i nodi,sia quelli di ordine strutturale, che quellirelativi al sistema di relazioni, vengono alpettine, perché in effetti sia con la Provincia,sia soprattutto con la Regione si pongono pro-blemi di particolare delicatezza, con il rischioche, come accade frequentemente in Italia,non vi sia nulla di più definitivo del transitorio.In questo quadro, dunque, i problemi nonmancheranno. Do ora inizio alla tavola rotonda, nella qualei temi delle relazioni verranno ripresi e discussidai nostri partecipanti. Do la parola al primo ricercatore dell’ISSiR-FA-CNR, dottor Ferrara.

34

GU

IDO

ME

LO

INI

Page 35: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

l casuale ordine alfabetico mi consentedi parlare in questa tavola rotondaper primo, ma anche subito dopo

Guido Meloni che ha già toccato nella suarelazione - tra l’altro - quella che potremmochiamare la “questione romana”. Vorreitornare anch’io su questo argomento. So che più avanti nella tavola rotonda iltema verrà ripreso da Alessandro Sterpa esicuramente vi si soffermerà anche Benia-mino Caravita di Toritto, in conclusione.Io vorrei spendere alcune parole, in parti-colare, sulla questione della Città metropolitanadi Roma capitale. Mi sono assunto questo compito – vorreichiarire – non tanto perché ritenga l’argo-mento più importante di altri, ma per com-pletezza di trattazione. Devo anzi subito di-chiarare un certo scetticismo sull’effettivaattuazione delle nuove previsioni concernentile Città metropolitane, in genere, e quelladi Roma, in particolare. Un ventennioesatto di in attuazione, a partire dalla legge142 del 1990, non può essersi accumulato,infatti, per via del caso e del destino avver-so.È certamente vero che l’ormai quasi de-cennale legge di revisione costituzionaledel Titolo V della nostra Carta fondamentaleha rimosso il primo ostacolo per la loro isti-

tuzione: il diverso status delle Città metro-politane rispetto agli altri enti locali. Ilnuovo articolo 114, infatti, ha dato un fon-damento costituzionale alle Città metro-politane al pari che ai Comuni e alle Pro-vince. La medesima disposizione costitu-zionale ha fatto però anche altro: ha modi-ficato la nostra forma di stato, riconoscendola pari ordinazione e la pari dignità istitu-zionale degli enti locali nei confronti delleRegioni e dello Stato. Di modo che adessotutti questi soggetti istituzionali solo nelloro insieme trinitario costituiscono la “Re-pubblica una e indivisibile”. Non possiamopiù assolutamente pensare, quindi, agli entilocali come enti derivati dallo Stato macome soggetti componenti un nuovo sistemache non è ancora propriamente federale eche pur consente senz’altro un progressivoprocesso di federalizzazione della Repubblica. A voler prender sul serio questa (nuova)disposizione costituzionale - nel suo com-binato disposto con quel principio costitu-zionale fondamentale e progressivo dellaCostituzione del 1948, secondo il quale laRepubblica riconosce e promuove le autonomielocali (art. 5) - l’attuale più forte riconosci-mento dovrebbe offrire a tali autonomie,dunque, una garanzia particolarmente intensanei confronti di revisioni regressive. Ciò

35

I

Antonio Ferrara

PRIMO RICERCATORE DELL’ ISSIRFA-CNR “MASSIMO SEVERO GIANNINI”

Page 36: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

che renderebbe quantomeno arduo – senon del tutto astratto e improponibile, siadetto per inciso – l’intendimento di quantivorrebbero non semplicemente razionalizzaree differenziare i livelli di governo territoriale,ma del tutto eliminare le autonomie terri-toriali provinciali. In un nuovo contestocostituzionale, peraltro, in cui lo Stato –che non è più senz’altro sinonimo di Re-pubblica – sembrerebbe dover rispettare ilriconoscimento delle autonomie territorialipersino nell’esercizio dei più forti poteriunitari consentiti dalla sovranità popolarein sede di revisione costituzionale.Se allora il pur virtuale riconoscimento co-stituzionale delle Città metropolitane con-sente di rimuovere un ostacolo formale perla loro effettiva istituzione – giacché altri-menti esse non potrebbero seriamente aspi-rare a sostituirsi ad altri enti locali costitu-zionalmente riconosciuti o, comunque, aridimensionarne i poteri – è anche veroche il rafforzamento della vocazione auto-nomista dei Comuni e soprattutto, in questocaso, delle Province rende più solidi i ri-spettivi livelli territoriali di governo, inquanto rappresentativi delle rispettive co-munità territoriali e delle loro specificheidentità, anche culturali. Il nuovo Titolo V,dunque, rende senz’altro più difficile calaredall’alto una soluzione per il governo dellearee metropolitane che comporti l’istituzionedi nuovi enti territoriali (le Città metropo-litane e i Comuni metropolitani) dall’incertaidentità, anche se da ritenersi utili sul pianofunzionale. La legge 42, dal canto suo, cerca di rimuovereadesso altri ostacoli. Essa reca una disciplinatransitoria che sospende e congela fino al21 maggio 2012 le norme che disciplinavanoin precedenza la materia (artt. 22-26 delTUEL del 2000). Non mi soffermerò qui -non avendone il tempo - sui dettagli diquesta complessa disciplina. E’ da notare,tuttavia, che questa nuova modificazione

del procedimento istitutivo – regione-cen-trico secondo la legge 142 e bottom-up se-condo il TUEL – è volta al raggiungimentodi un sufficiente grado di consenso di tutti isoggetti interessati, ma senza concedere anessuno un sostanziale potere di veto. Le principali modifiche procedimentali in-trodotte sono cinque.Le prime due riguardano la proposta di isti-tuzione che dà inizio al procedimento. LaRegione non ha più un ruolo centrale nelprocedimento istitutivo (così come origi-nariamente previsto dalla legge 142, secondola quale questa aveva il compito di procederealla delimitazione territoriale dell’area me-tropolitana sentiti i Comuni e le Provinceinteressati) e il solo Comune capoluogo ola sola Provincia non possono impedire laformulazione della proposta istitutiva (cosìcome accadeva con le previsioni del TUEL,secondo le quali occorreva la conformeproposta degli enti locali interessati per ladelimitazione dell’area). La proposta spettaadesso al Comune capoluogo congiunta-mente alla Provincia, o anche disgiunta-mente da l’uno o l’altro di questi due soggettiqualora la proposta sia appoggiata da unaminoranza qualificata dei Comuni dellaprovincia (20%) che rappresentino unamaggioranza qualificata della popolazioneresidente nella provincia medesima (60%).Altri due correttivi procedimentali riguar-dano la successiva fase, quella referendaria-autoidentificativa delle comunità territoriali. In origine, la legge 142 non prevedeva unpassaggio referendario, mentre il testo unicodegli enti locali prevedeva tanti referendumquanti erano i Comuni. Per semplificare eridimensionare il potere di contrasto deiComuni minori dell’area (e più precisamentedelle loro rispettive popolazioni), si prevedeadesso un referendum unico provincialecon un solo computo unitario della mag-gioranza. Inoltre, viene escluso che gli op-positori occulti e trasversali della proposta

36

AN

TO

NIO

FE

RR

AR

A

Page 37: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

possano beneficiare dell’astensionismo na-turale in occasione del voto referendario(quell’astensionismo non generato cioè dalcalcolo opportunistico di chi s’oppone al-l’esito favorevole della consultazione po-polare). Infatti, solo nel caso in cui laRegione dia parere negativo è previsto unquorum di partecipazione, che, comunque,è del solo 30% degli aventi diritto. Non sitratta, quindi, di una soglia particolarmentedifficile da superare e non offre un sicurovantaggio per la tattica astensionista deicontrari.Il quinto e ultimo correttivo procedimentaleriguarda, invece, la delimitazione dell’areaterritoriale nella proposta istitutiva delleCittà metropolitane. E’ esclusa, infatti, lacreazione di un’area metropolitana che vadaal di là del territorio di una sola Provincia eanche la possibilità del mantenimento invita di Province residuali rispetto al territoriodella Città metropolitana (così come origi-nariamente consentito dalla legge 142 epoi dal TUEL). I Comuni non inclusi nellaprima delimitazione territoriale potrannosuccessivamente optare tra l’inclusione ol’aggregazione ad altra Provincia contermine. Questa scelta per certi versi appare irrazionale,perché città come ad es. Napoli o Milanosono sicuramente metropoli che vanno aldi là del territorio della loro Provincia, maè stata fatta probabilmente per impedireche – qualora l’area metropolitana nondebba necessariamente coincidere, in tuttoo in parte, col territorio provinciale –possano scattare quei meccanismi di maggiorecomplessità procedimentale necessari perprocedere alla nuova delimitazione dellecircoscrizioni territoriali (ai sensi dell’art.133, se non anche 132 Cost.) ma, soprattutto,per evitare il rischio di più facili resistenzeall’innovazione da parte del più ampio nu-mero di soggetti istituzionali coinvolti (tuttiportatori di propri interessi particolari).Quelle che abbiamo fin qui richiamato

sono le regole che valgono in generale perle Città metropolitane nelle Regioni astatuto ordinario, mentre per le Regioni astatuto speciale, tutte dotate del potere or-dinamentale sugli enti locali, valgono regoleparticolari e differenziate su cui non possiamoqui soffermarci. La legge 42 pone peròalcune disposizioni speciali anche per laCittà metropolitana di Roma capitale. Leggendonel combinato disposto le disposizioni ge-nerali (art. 23) e quelle speciali (art. 24), siricava che l’area metropolitana potrebbepersino coincidere con il solo territorio delComune di Roma. La proposta di istituzione,infatti, spetta necessariamente al Comunecongiuntamente alla Provincia, mentre sonoescluse – in questo caso – le ipotesi di pro-posta disgiunta dell’uno o dell’altro soggetto.Sappiamo, inoltre, che la perimetrazionedella Città metropolitana comprende ne-cessariamente il Comune capoluogo e al-meno tutti i Comuni proponenti. Nel casodi Roma, però, l’unico Comune proponenteè la città capoluogo della Provincia, dellaRegione, nonché capitale della Repubblica. Almeno in base a una prima impressione,sembrerebbe, dunque, persino più facileistituire la Città metropolitana della Capitale,se questa insistesse sul solo territorio delComune o su un’area allargata a un limitatonumero di Comuni della prima cintura chesi manifestassero disponibili. L’eccezionaledimensione territoriale e demografica diRoma è tale, d’altronde, da rendere quan-tomeno plausibile una simile soluzione. Sitenga conto, infatti, che l’estensione terri-toriale della sola Città eterna non è di moltoinferiore a quella dell’intera Provincia diMilano, coi suoi 134 Comuni. Questa prima impressione tuttavia, appenasi proceda nella lettura del testo della legge,è subito contraddetta dal fatto che l’attualedisciplina transitoria tiene ferma, anche inquesto caso, la previsione secondo la qualela Provincia di riferimento cessa di esistere

37

AN

TO

NIO

FE

RR

AR

A

Page 38: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

a decorrere dalla data di insediamento degliorgani della Città metropolitana. Non sicapisce bene, allora, quale sia la ratio diquesta disposizione derogatoria. Tuttavia,al di là delle intenzioni, ciò che conta allafine è che l’effetto prodotto da queste di-sposizioni speciali per Roma capitale risultaesattamente opposto all’impressione iniziale:non consentire l’esercizio disgiunto dellaproposta istitutiva renderà particolarmentearduo procedere all’effettiva creazione dellaCittà metropolitana. Si deve tener conto, peraltro, che le nuovefunzioni amministrative che la legge 42 at-tribuisce a Roma capitale comprendonogià, in tutto o in parte, le funzioni fonda-mentali tipiche che la stessa legge riconoscealle Città metropolitane, ovvero quelle fun-zioni che non coincidono con quelle fon-damentali delle Province. Si tratta deigrandi settori dello sviluppo economico esociale, della pianificazione territoriale e deiservizi pubblici. È vero che ci sono delle dif-formità nella formulazione delle rispettivecompetenze fra Città metropolitane e Romacapitale, ma non credo che sia utile - almenoqui, nel limitato tempo a mia disposizione -fare un preciso confronto letterale tra le di-verse previsioni normative; peraltro, nonancora attuate. È presumibile, infatti, cheal momento dell’attuazione (con i decretilegislativi rispettivamente previsti dagli artt.23.6 e 24.5) la specificazione di queste fun-zioni - in osservanza dei princìpi di sussi-diarietà, adeguatezza e differenziazione, maanche, nel caso di Roma, del principio difunzionalità rispetto alle speciali attribuzionidi capitale della Repubblica - possa senz’altroconsentire che la Città capitale si veda at-tribuite, nei settori predetti, funzioni almenoanaloghe a quelle riconosciute o astratta-mente riconoscibili alla generalità delleCittà metropolitane. Tra le quali, si ram-menti, si annoverano anche le piccole areemetropolitane di Venezia e Reggio Calabria.

In conclusione. Non so se gli accorgimentiintrodotti dal nuovo art. 114 Cost. e dalleprevisioni transitorie della legge 42 sarannoin grado di consentire, adesso, l’effettivaistituzione delle Città metropolitane. PerRoma, in particolare, reputo però senz’altropoco probabile questa evenienza.Ciò che più conta, tuttavia, è che - essendola contestuale attuazione dell’art. 119 sulfederalismo fiscale e dell’art. 114, ultimocomma, la base dell’accordo politico cheha dato il via alla legge - Roma capitale (alcontrario delle Città metropolitane) vedràsenz’altro la luce a meno che non salti l’at-tuazione della legge 42 nel suo insieme. Equando Roma capitale sarà nata verrà asvolgere – io ritengo – di fatto, pur senzaaverne l’etichetta, anche le funzioni tipichedella Città metropolitana; mentre la Pro-vincia continuerà ad operare - quantomenoper tali funzioni - con l’esclusione del terri-torio di Roma. Si tenga conto, a questo ri-guardo, che la Provincia, pur escludendo laCapitale della Repubblica, rimane comunqueil territorio più vasto e popolato dell’interaRegione.Non sarà dunque, con ogni probabilità, unmeccanismo di natura strutturale (la grandeCittà metropolitana) a risolvere i problemidi scala più ampia rispetto al territorio delComune di Roma, ma si dovrà percorrerela strada delle soluzioni di natura funzionale:gli accordi istituzionali tra Stato, Regione,Provincia e Città capitale. Sarà questo ilmeccanismo, delineato nel comma 6 del-l’articolo 24 della legge 42 come soluzionein via transitoria, che ragionevolmente po-trebbe diventare la migliore soluzione anchea regime.

ANTONIO D’ATENA. Grazie. Do quindila parola al professor Edoardo Giardino dellaLibera Università Maria Santissima Assunta(LUMSA) di Roma.

38

AN

TO

NIO

FE

RR

AR

A

Page 39: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

i preme, da subito, ringraziaregli organizzatori per avermiinvitato a questo interessante

Convegno, il quale costituisce un’utileoccasione per vagliare il portato applica-tivo della legge n. 42 del 2009 e tentare,parimenti, di affrontarne le non pocheaporie interpretative. Mi soffermerò, quindi, nel limite deltempo a me consentito, su alcuni ambitidi analisi che traggono feconda solleci-tazione dalle osservazioni formulate dagliautorevoli Relatori che mi hanno prece-duto.Invero, la complessità dell’argomento in-duce a rievocare la reale finalità del fe-deralismo fiscale, da rinvenirsi essenzial-mente nel tentativo tanto di razionalizzarela spesa pubblica quanto di implementarela qualità dei servizi erogati alla colletti-vità. Pertanto, proprio tali vincoli teleo-logici avrebbero dovuto indurre il legi-slatore a ricercare lo strumento più efficaceonde incidere significativamente sugliinutili ed ingiustificabili sprechi di denaropubblico. A tal fine, sarebbe stata op-portuna una maggiore attenzione versoquei moduli organizzatori e gestionaliidonei a contemperare economicità, ef-ficienza ed efficacia di azione e di risultati,

in tal guisa garantendo un esercizio qua-litativo delle funzioni senza un inutileaggravio per la finanza pubblica. Mi riferisco, più segnatamente, all’agireassociativo che, negli ordinamenti piùmoderni assume un’indubbia centralitànell’esercizio della funzione amministra-tiva, con esiti evidentemente positivi,sol se si consideri la favorevole influenzache la sua adozione ha sortito nelle piùmoderne democrazie.Nel nostro ordinamento, l’agire istitu-zionale associativo dovrebbe costituireun indefettibile tassello a fronte non solodei vincoli costituzionali di buon anda-mento, sussidiarietà, differenziazione e,soprattutto adeguatezza, quanto del trattodimensionale che segna, in particolare, iComuni italiani. Giova, infatti, ricordareche la percentuale nazionale su baseISTAT dei Comuni italiani fino a 3.000abitanti è pari al 57,2%.Se, poi, vagliamo il dato su base regionale,esso assume rilievi ancor più significativi:in Valle d’Aosta il 91% dei Comuni sicolloca nel suddetto ordine di grandezza;in Piemonte l’80%; in Trentino AltoAdige il 72 %; in Sardegna il 69%; inCalabria il 59,4%. Appare così di tutta evidenza la centralità

39

Edoardo Giardino

PROFESSORE DELLA LIBERA UNIVERSITÀ MARIA SANTISSIMA ASSUNTA

LUMSA - DI ROMA

M

Page 40: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

che il Comune di ridotte dimensioni as-sume nel quadro istituzionale italiano,di cui si rivela non già eccezione bensìregola, quindi parametro rispetto al qualeponderare i mutamenti istituzionali, cosìda consentire loro di poter continuare asvolgere le storiche funzioni. Diversamente, non contestualizzando sif-fatta realtà nel quadro dei processi edelle dinamiche derivanti dalla globaliz-zazione, ritenendo, quindi, che i bisognisociali e le esigenze di bilancio siano ri-masti a tutt’oggi inalterati, significherebbeabdicare ai vincoli finalistici che orientanol’agire pubblico, condannando, così, lagran parte dei Comuni italiani ad unagravissima inoperatività. Al riguardo, la legge n. 42 del 2009 rivelauna indubbia timidezza previsionale, li-mitandosi la stessa a dedicare al temadell’associazionismo locale la laconicaprevisione di cui all’art. 12, comma 1,lett. f), là dove - sancendo “la previsionedi forme premiali per favorire unioni efusioni tra comuni, anche attraverso l’in-cremento dell’autonomia impositiva omaggiori aliquote di compartecipazioneai tributi erariali” - ribadisce in sostanzaquanto di già disposto, ad esempio, dall’art.3, comma 2, d.lgs. n. 112 del 1998 ( “Lageneralità dei compiti e delle funzioniamministrative è attribuita ai comuni,alle province e alle comunità montane,in base ai principi di cui all’articolo 4,comma 3, della legge 15 marzo 1997, n.59, secondo le loro dimensioni territoriali,associative ed organizzative, con esclusionedelle sole funzioni che richiedono l’uni-tario esercizio a livello regionale. Le re-gioni, nell’emanazione della legge di cuial comma 1 del presente articolo, attuanoil trasferimento delle funzioni nei confrontidella generalità dei comuni. Al fine difavorire l’esercizio associato delle funzionidei comuni di minore dimensione demo-

grafica, le regioni individuano livelli ot-timali di esercizio delle stesse, concor-dandoli nelle sedi concertative di cui alcomma 5 del presente articolo. Nell’am-bito della previsione regionale, i comuniesercitano le funzioni in forma associata,individuando autonomamente i soggetti,le forme e le metodologie, entro il terminetemporale indicato dalla legislazione re-gionale. Decorso inutilmente il terminedi cui sopra, la regione esercita il poteresostitutivo nelle forme stabilite dallalegge stessa. La legge regionale prevedealtresì appositi strumenti di incentivazioneper favorire l’esercizio associato delle fun-zioni”).In verità, è giunto il momento di mutarerotta, sancendo processi obbligatori diassociazionismo interistituzionale, sullafalsa riga di quanto di già previsto dal di-segno di legge governativo recante “Di-sposizioni in materia di organi e funzionidegli enti locali, semplificazioni e razio-nalizzazione dell’ordinamento e Cartadelle Autonomie locali” (C. 3118) checontempla ipotesi di associazionismo ob-bligatorio per i Comuni sotto i 3.000abitanti, in linea del resto con quantoinequivocabilmente sancito dagli artt. 5,114 comma 1 e 118 commi 1 e ultimodella Costituzione.Anche al riguardo, nulla è più persuasivodel dato oggettivo.Infatti, mentre in Italia – dal 1971 al1998 - il numero dei Comuni è aumentatoda 8.056 a 8.102, nel resto d’Europa si èseguito un percorso radicalmente inverso:in Germania, per l’azione dei Lander, siè passati da 24.282 a 8.505 e quelli conmeno di 5.000 abitanti sono diminuitida 22.722 a 6.478; nel Regno Unito, si èassistito negli ultimi vent’anni ad unadiminuzione dei distretti da 1.400 a 369;in Svezia da 1037 a 272; in Danimarcada 1.278 a 275.

40

ED

OA

RD

O G

IAR

DIN

O

Page 41: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

L’eloquenza dei dati richiamati riflette ilimiti ed i ritardi che hanno connotatol’azione legislativa italiana, soprattuttoalla luce delle non poche problematicheche l’attuazione dell’art. 119 Cost. im-plicherà, posto l’evidente divario che an-cora segna il rapporto Nord-Sud del Pae-se.Peraltro, la necessità di una evoluzionein senso associativo dell’agire ammini-strativo locale trae ulteriore confortoproprio dalla natura e consistenza deiprevalenti interessi tutelati, non già com-primibili nei ristretti spazi comunali bensìcoincidenti con ambiti e dimensioni so-vracomunali, donde la necessità di per-seguirli attraverso un’azione istituzionaleche superi la pluralità dei soggetti inte-ressati in ragione di una unicità decisio-nale.Quanto detto trova vieppiù conferma seconsideriamo l’attiguità che lega, senzaalcuna soluzione di continuità, sequeleininterrotte di comuni, i quali, in talguisa, si rivelano l’uno quartiere dell’altro.Sovente, infatti, sorgono difficoltà addi-rittura nell’individuare l’esatta ubicazionee, quindi, l’appartenenza di alcune abi-tazioni costruite sul confine che separaun Comune dall’altro.La gestione unitaria, così, assicurerebbe,accanto ad un consistente quanto utilerisparmio economico, una cura altresìcoordinata ed ordinata dell’interesse pub-blico. Del resto, a fronte dei canoni di sussidia-rietà, differenziazione ed adeguatezza, èproprio la natura sovracomunale degliinteressi perseguiti ad esigere l’agire as-sociativo, la cui obbligatorietà troverebbefondamento nell’art. 117. della Cost.Infatti, se l’agire associativo costituisceuna condizione essenziale per la soprav-vivenza del Comune, l’associazionismorivela natura di funzione fondamentale,

sebbene una interpretazione letterale del-l’art. 117, comma 2 lett. p) limiti l’inter-vento statuale alle sole forme associativeconsensuali, poiché la norma, afferendoespressamente alle sole “funzioni fonda-mentali di Comuni, Province e Cittàmetropolitane”, non include nell’alveodella legislazione esclusiva statale le formeassociative c.d. soggettivizzate (ad es.l’unione di comuni) che così si ascrivonoalla legislazione residuale delle Regioni. In tale ultimo caso, però, l’esercizio delleprerogative legislative andrebbe espletatonel rispetto dell’art. 117, comma 6, Cost.,che riserva ai Comuni, alle Province edalle Città metropolitane la “potestà re-golamentare in ordine alla disciplina del-l’organizzazione e dello svolgimento dellefunzioni loro attribuite”.Non meno problematica si rivela l’analisidi Roma Capitale e della Città metropo-litana di Roma Capitale.Al riguardo, non è dato più tacere un’evi-dente contraddizione inveratasi nel corsodegli ultimi lustri a seguito della emana-zione prima del d.lgs. n. 267 del 2000,poi della legge cost. n. 3 del 2001 ed an-cora della legge n. 42 del 2009. Non si comprende, infatti, a tutt’oggicome possa un ente costitutivo della Re-pubblica quindi necessario (id est la Cittàmetropolitana ex art. 114, comma 1,Cost.) essere a tutt’oggi virtuale, postoche tanto l’art. 23, comma 1, d.lgs. n.267 quanto l’art. 23, comma 2, legge n.42 perseverano nel prevedere che le cittàmetropolitane possano essere costituiteo istituite.Ed linea con la facoltatività istitutivadelle stesse, la legge n. 42 differisce l’ap-prodo alla città metropolitana di Romacapitale, ritardando così la soluzione dirilevanti problemi che incidono negati-vamente sulla qualità di vita dei cittadi-ni.

41

ED

OA

RD

O G

IAR

DIN

O

Page 42: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

Gli aeroporti ed il porto di cui si avvalgonola popolazione romana nonché i turistiche desiderano visitare Roma sono ubicatiin Comuni differenti (ossia rispettiva-mente Ciampino, Fiumicino e Civita-vecchia), di tal che l’impossibilità per lastessa Capitale di esercitare una gestioneunitaria e diretta di siffatti interessi, per-seguibile invece proprio attraverso l’isti-tuzione della Città metropolitana.La previsione, viceversa, di percorsi tran-sitori genera l’eventualità che la transi-torietà possa ben presto tradursi in defi-nitività, poiché non v’è maggior incertezzache rimettere il destino del cambiamento

alle sorti di una legge incertus an incertusquando. Assisteremo così, ex art. 24 della leggen. 42, non solo ad una Roma Capitaleche coinciderà con il Comune di Romaquanto ad un rinvio legislativo sine diedell’approdo alla Città metropolitana diRoma capitale, in tal guisa preservandoun inalterato status quo foriero, tuttavia,di inalterate inefficienze.

ANTONIO D’ATENA.Grazie. Do orala parola al professor Paolo Liberati del-l’Università degli Studi Roma Tre.

42

ED

OA

RD

O G

IAR

DIN

O

Page 43: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

i unisco con molto piacere airingraziamenti agli organizzatoridi questo convegno. Nel limi-

tato tempo a disposizione, cercherò di di-scutere alcune questioni che mi appaionoproblematiche per la realizzazione dellalegge n. 42 del 2009, facendo prevalente-mente riferimento alla relazione di EnricoBuglione e quindi guardando alla questionedel federalismo principalmente dal latodel finanziamento e della perequazione.Cosa emerge dalla legge n. 42 del 2009 ecosa emerge di nuovo rispetto al passato?Una delle maggiori perplessità riguardal’estrema frammentazione delle modalitàdi finanziamento di Regioni, Province eComuni in dipendenza di specifiche tipo-logie di spesa. Ad esempio, nel caso delleRegioni, si prevedono modalità di finan-ziamento differenziate a seconda che sidebba far fronte alla fornitura dei livelliessenziali, a spese autonome o ad ulteriorifunzioni da trasferire. Tra Province e Co-muni esiste poi una differenziazione nellemodalità di finanziamento delle funzioni«fondamentali» (di cui questa mattina siè parlato molto) e di quelle non fonda-mentali, nonché per il finanziamento diulteriori funzioni di particolare rilevanzalocale.

Nello schema di federalismo che si va de-lineando, quindi, le risorse che verrannoerogate ai vari livelli di governo dovrannoessere convogliate verso l’una o l’altra mo-dalità di spesa in misura abbastanza seg-mentata. Ma la ragione principale di questaframmentazione si deve alla sopravvivenza,in capo alle Regioni, della necessità dierogare i livelli essenziali di servizio incampo sanitario (e in futuro anche di altrefunzioni importanti come l’istruzione el’assistenza). La contraddizione è che inquesto caso le risorse non sono formalmentevincolate (i vincoli di destinazione sonostati aboliti), anche se in sostanza lo sono.È questa una caratteristica singolare delnostro sistema di federalismo. Se si guardaalla Relazione Generale sulla SituazioneEconomica del Paese (nella parte Sanità),si constata che tra i ricavi del servizio sa-nitario nazionale sono inclusi parte deigettiti dell’Irap e dell’addizionale Irpef,anche se su questi tributi non grava nessunvincolo formale di destinazione. Mi chiedoallora quale sia lo scopo di rimuovere unvincolo di destinazione, dal momento cheil calcolo del deficit sanitario richieda cheessi siano effettivamente conteggiati nelsaldo entrate e spese. Ciò è tanto più im-portante quanto più si consideri che nel

43

Paolo Liberati

PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “ROMA TRE”

M

Page 44: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

caso dei livelli essenziali le Regioni nonpossono derogare verso il basso (minoriservizi), ma solo verso l’alto, eventualmentefornendo servizi addizionali di cui assumersila responsabilità del costo della fornituracon risorse proprie.Questo meccanismo ripropone un problemastorico del processo di decentramento ita-liano, che è quello di spingere verso un ri-levante decentramento delle spese senzaavere le necessarie fonti autonome tribu-tarie. Questo punto è già stato sollevatoda Buglione. Io aggiungerei solo che lapresenza di un forte decentramento dellaspesa (come forse si potrebbe delineare inItalia) dovrà necessariamente essere ca-ratterizzato dall’impiego di compartecipa-zioni al gettito per il corrispondente fi-nanziamento. Non credo che si possa de-lineare uno schema fondamentalmente di-verso, in cui lo squilibrio verticale sia to-talmente chiuso da fonti tributarie auto-nome. E non si può prevedere l’erogazionedi trasferimenti, dato che questi sono statiaboliti dalla riforma del titolo V della Co-stituzione, salvo poi (come dirò in seguito)utilizzare nella legge 42 alcune “acrobazie”terminologiche per introdurre comunqueforme di trasferimento denominate inmodo da rispettare il dettato costituziona-le.Se ci si deve allora in una certa misura“rassegnare” al fatto che gli enti locali do-vranno essere dotati di compartecipazioni,ci si deve anche chiedere quale sia ilmetodo migliore e più efficace di impiegarle.Un dato di fatto è che la legge 42 apre laporta ad un impiego molto ampio dellecompartecipazioni in futuro (questione giàsollevata nelle relazioni di questa mattina);in particolare, si fa qui riferimento all’ar-ticolo 10, comma 1, lettera c) (relativo alfinanziamento delle ulteriori funzioni chedovranno essere trasferite alle Regioni), eall’articolo 27 (il cui titolo è «Regioni a

statuto speciale») comma 4, nel quale siafferma che le compartecipazioni potrannoessere utilizzate per finanziare ulteriori fun-zioni trasferite anche alle Regioni a statutoordinario.Personalmente, ritengo che le comparte-cipazioni siano un metodo efficace di fi-nanziamento se legate alla fornitura dilivelli essenziali o comunque alla fornituradi beni e servizi sui quali il governo centralemanifesti un interesse e un’influenza nellaloro determinazione (un esempio nellalegge delega è il trasporto pubblico localeche dovrà essere fornito ad un livello “ade-guato”). Ritengo che siano invece moltopoco responsabilizzanti se erogate a frontedi spese sulle quali gli enti locali abbianofacoltà di determinare autonomamente illivello di fornitura, perché ciò vorrebbedire finanziare spese di interesse localecon risorse provenienti dal centro. Se il fi-nanziamento deve essere rivolto a rafforzareil legame tra responsabilità di spesa e dientrata, da un lato non si dovrebbero im-piegare compartecipazioni per finanziarespese autonome, e dall’altro non si do-vrebbero impiegare tributi propri per fi-nanziare spese che coinvolgono livelli es-senziali. In passato, questa commistione èstata molto pronunciata e la legge 42 del2009 non è sulla strada di operare unascelta netta al riguardo; al contrario, cisono tutti i presupposti per il mantenimentodi questa stessa commistione.La ragione è semplice. La compartecipazionesi presta a generare un «vincolo di bilanciosoffice», cioè la possibilità che le Regionie gli enti locali, utilizzando fondi centraliper finanziare spese di interesse esclusiva-mente locale, diano luogo a politiche dispesa non particolarmente accorte. Ciòanche se le compartecipazioni dovesseroavere natura strettamente geografica (quindiderivanti dal territorio), sia perché trattasicomunque di tributi nazionali, sia perché

44

PA

OL

O L

IBE

RA

TI

Page 45: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

in questo meccanismo i politici locali nonsono generalmente accountable, dato chenon hanno una responsabilità diretta diprelievo.La commistione tra fonti di finanziamento,tipologie di spesa e la difficoltà di una so-luzione soddisfacente è particolarmentepronunciata proprio nel caso regionalecon riferimento ai livelli essenziali insanità. Lì la capriola terminologica è statala seguente. Le Regioni forniscono i livelliessenziali sanitari. Come in passato, neldettato della legge n. 42, si sostiene che lasanità dovrà essere finanziata utilizzandouna parte dei tributi propri (IRAP e addi-zionale IRE) senza vincolo di destinazione.Ad integrazione di questa copertura dibase, le risorse mancanti dovrebbero pro-venire da un trasferimento perequativo.Ma a questo punto, si prevede che il tra-sferimento perequativo sia alimentato dauna compartecipazione all’imposta sulvalore aggiunto, lungo le linee che so-stanzialmente erano già state predispostenel decreto legislativo n. 56 del 2000,senza grandi differenze. E che hanno giàdimostrato scarso successo (ricordo chel’unico decreto di attuazione del Presidentedel Consiglio dei Ministri fu, nel 2004,basato interamente su spesa storica). Per certi versi, dunque, si sta riproponendolo stesso schema, con una compartecipa-zione IVA impropria (utilizzata a coperturadel fabbisogno sanitario non coperto datributi propri) perché non distribuita se-condo i criteri che Buglione ricordava sta-mattina, cioè con uno stretto collegamentocol territorio di formazione del gettito(quindi con un criterio geografico); madistribuita per chiudere lo squilibrio verticaletra le necessità espresse dai fabbisogni sa-nitari (che a loro volta dipendono dalladefinizione dei livelli essenziali) e il gettitodei tributi impiegati a copertura parzialedi quella spesa. Trattasi quindi di un tra-

sferimento a tutti gli effetti. Prima del2000, quel trasferimento si chiamava Fondosanitario nazionale; dal 2000, lo si è deno-minato compartecipazione IVA, ora lo sidefinisce trasferimento perequativo. Mala logica del meccanismo di finanziamentodella sanità è sempre la stessa, e da questopunto di vista, non ci sono grandi cam-biamenti. La legge n. 42 del 2009 può in-novare sotto molti punti di vista, sicura-mente non sotto questo profilo. È unastrada già tentata, sperimentata e messain discussione, quindi al riguardo esprimoprofonda preoccupazione se a questa gi-randola di definizioni non si assocerà qual-cosa di nuovo dal lato di una più coerentestruttura di finanziamento dei livelli es-senziali e dal lato dei controlli ex post deimeccanismi di spesa.Questa riflessione mi guida verso un secondopunto, relativo al meccanismo perequativocomplessivo. Ho però bisogno di una pre-messa. Dalla discussione sulla perequazioneescludo la perequazione relativa al finan-ziamento dei livelli essenziali, che nonconsidero perequazione dal punto di vistaterminologico e neanche scientifico. Inprimo luogo, far apparire che alcune regionifinanzino la sanità perché ricevono risorseda altre regioni (tipicamente da Nord aSud) è strumentale a far apparire una re-distribuzione territoriale dove non c’è,dato che l’impatto redistributivo della for-nitura di questi servizi è pensato a livellocentrale in forma di redistribuzione inter-personale (tra individui ricchi e individuipoveri) e non di redistribuzione territoriale.È sufficiente osservare quanto stabilitodalla L. 42/2009 al riguardo per rendersiconto dell’inappropriatezza dell’uso del ter-mine perequazione. Uso un esempio estremoper illustrare il punto. Anche se le Regionifossero tutte uguali, ma avessero tributipropri insufficienti per finanziare la spesasanitaria, esse avrebbero bisogno di risorse

45

PA

OL

O L

IBE

RA

TI

Page 46: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

integrative per erogare i livelli essenziali.Ma probabilmente saremmo tutti d’accordosul fatto che quelle risorse non sarebberoperequative, dato che le regioni sono tutteuguali, ma semplicemente integrative diuno squilibrio verticale (come era il casodel vecchio Fondo Sanitario Nazionale). Dopo la premessa, alcune parole sul restodel meccanismo perequativo. Il disegnodella perequazione è assai complicato enon semplifica molto rispetto al passato.Si possono contare sette fondi perequatividiversi (di cui uno è quello dei livelli es-senziali che da un punto di vista termino-logico non condivido): a livello regionale,per i livelli essenziali, per le spese autonomeregionali, per il trasporto pubblico locale(differenziata per parte corrente e partecapitale), due fondi di perequazione, unoper le Province e uno per i Comuni, sepa-ratamente per le funzioni fondamentali eper quelle autonome, e un fondo di pere-quazione infrastrutturale (art. 22) appa-rentemente senza alcun coordinamentocon gli altri. Sul modo in cui questi fondidovranno funzionare, in molti casi la leggedelega è molto vaga.A complicare ulteriormente lo schema,va considerato che questi fondi fanno capoa soggetti diversi, perché alcuni di essi sa-ranno di esclusiva responsabilità centrale,mentre altri saranno (o potranno essere) aresponsabilità anche regionale. Trarre con-clusioni sotto il profilo dell’impatto com-plessivo in termini di equità diviene alloramolto problematico. Poiché un obiettivomolto importante della legge è quello direndere gli amministratori più accountable,l’opacità di questo sistema mi preoccupamolto, considerando l’effettiva capacitàdei cittadini-elettori di farsi largo nella ri-cognizione delle diverse fonti di finanzia-mento a disposizione degli enti locali.C’è poi un terzo punto, l’abbandono dellaspesa storica e quindi il richiamo all’effi-

cienza del sistema. Siamo tutti d’accordosul fatto che non si debbano sprecare soldi.Il problema è come portare ad attuazionequesto obiettivo. Al riguardo, la spesastorica dovrebbe essere rimpiazzata da unmeccanismo di costi standard. Il costostandard dovrebbe essere una misura dispesa depurata dall’inefficienza, quindi alnetto degli sprechi. Ci sono tecniche eco-nometriche più o meno sofisticate con lequali tentare la definizione del costo stan-dard, che vestono di apparente oggettivitàil riparto dei fondi tra gli enti locali (ma siveda l’esperienza inglese della fine deglianni Settanta al riguardo). Ritengo peròche il problema sia non tanto quello didefinire un nuovo concetto di costo exante (anche se il tentativo è certamenteapprezzabile), quanto quello di migliorarela capacità di controllo della spesa ex post.Del resto, si possono usare la spesa storicae il costo standard, ma se ex post non sihanno le capacità di misurare e controllarel’operato degli amministratori, la spesa sto-rica e il costo standard rischiano di generarelo stesso risultato (appunto, quello diportare la spesa fuori controllo), soprattuttorispetto a servizi socialmente importanticome quello sanitario. In casi come questi,in ragione di esternalità negative moltoelevate conseguenti alla mancata fornituradel servizio, l’introduzione di un costostandard potrà certamente rendere politi-camente più costoso il bail-out (ossia l’ope-razione di salvataggio in presenza di deficit),ma difficilmente potrà evitarlo. Da questopunto di vista, quindi, le sanzioni hannoun’efficacia abbastanza limitata e moltocondizionata alle opportunità di un bar-gaining politico. Come ho detto, il problemaprincipale non è quello di rivestire di og-gettività la misura del costo ex ante, macome strutturare un meccanismo di con-trollo della spesa ex post. Le responsabilitàdegli amministratori, infatti, possono essere

46

PA

OL

O L

IBE

RA

TI

Page 47: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

accertate solo dopo che il fatto si è com-piuto. È in quella zona grigia che bisogne-rebbe potenziare gli interventi, piuttostoche sulle tecniche econometriche ex ante.Al riguardo, misure sanzionatorie comel’incremento obbligatorio già previsto perle aliquote dell’Irap e dell’addizionale Irpefper le Regioni che presentino deficitsanitari, sono meccanismi che hanno effi-cacia diversa a seconda delle Regioni incui si applicano e finiscono per scaricaresui cittadini il costo di una disfunzione dacui essi dovrebbero essere difesi, generandodubbi effetti di redistribuzione interpersonalein questioni meramente territoriali. Adesempio, l’incremento automatico dellealiquote in Lombardia procurerebbe uncerto gettito, ma in Calabria (dove ilgettito pro capite dell’Irap è circa un quartodi quello lombardo), l’incremento obbli-gatorio delle aliquote non avrebbe unagrande importanza nella copertura del de-ficit. Inoltre, rispetto all’incremento del-l’Irpef ad esempio, né un povero calabresené un povero lombardo contribuirebberoalcunché, confondendosi in questo casogli obiettivi di equità interpersonale conquelli territoriali, con effetti discutibilisulla ratio della sanzione. Se la ratio fossequella di far pesare ai cittadini della regioneil deficit sanitario, tutti dovrebbero con-correre; se la ratio è invece quella che nelcomminare questa sanzione bisogna tenerconto dell’impatto redistributivo, allora leimposte sono lo strumento sbagliato.

Le novità non sono quindi sostanziali dalpunto di vista degli strumenti utilizzati ri-spetto al passato. Se non si fossero persidieci anni di tempo, dal 2000 ad oggiavremmo già potuto compiere qualcunodei passi che adesso ci si propone di com-piere con la legge n. 42 del 2009, o quan-tomeno aver sperimentato alcune soluzioni.Il problema rimane sempre lo stesso, cioècome si possa controllare che i percorsi difinanziamento, i comportamenti e le risorsesiano caratterizzati da modalità virtuose.A mio modo di vedere, la questione prin-cipale è il controllo, e non gli strumenti.Tutti gli strumenti possono essere ugual-mente buoni e cattivi, e l’esito dipende dacome li si usa. Il Canada da molti anni fi-nanzia le Province con trasferimenti specificiin campo sanitario, vincolati nella desti-nazione; la Germania fa da sempre largouso di trasferimenti (e compartecipazioni).Una modalità, quella dei trasferimenti,che in Italia è stata totalmente cancellataperché imputata di irresponsabilità. Glistrumenti possono certamente aiutare, manon potranno sostituire, nel medio periodo,un forte investimento nel rafforzamentodella capacità dell’amministrazione di ve-rificare ex post l’esito delle risorse erogate.

ANTONIO D’ATENA. Grazie. Do laparola al dottor Vincenzo Santantonio, dirigentedi ricerca all’ISSiRFA-CNR.

47

PA

OL

O L

IBE

RA

TI

Page 48: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

razie per l’invito a questa impor-tante iniziativa. Desidererei sof-fermarmi su un punto dei tanti

relativi alla legge n.42, che non è statotrattato, ovvero il punto delle forme di rac-cordo tra i livelli di governo nella filieraStato, Regioni, enti locali, perché è unaparte importante della machinery che vienecoinvolta nella realizzazione del cosiddettofederalismo fiscale. È un problema delicato, perché è all’evidenzanon soltanto in Italia, ma anche in altriPaesi. Ci si domanda ovunque se l’autonomiariesca ad attenuare o invece a esacerbare lasituazione all’interno di un contesto Paese.Si rileva in altri Paesi, ad esempio in Ger-mania, un forte scollamento rispetto aipartiti politici e quindi comunque una rin-novata attenzione per tutte quelle formeche cercano di salvare le componenti, ancheperiferiche, da scelte decisionali che coin-volgono l’insieme della Repubblica neinuovi termini costituzionali. Tre aspetti nella legislazione sembrano ri-levanti a questo riguardo. Da un lato, lalegge vincola a scelte molto rilevanti. Nonmi soffermo sulla fitta rete di impegni cheprende sin dai primi articoli, ma è importanterichiamare princìpi di assoluto rilievo, qualiquello della responsabilità, che racchiude

forse la filosofia di tanti ulteriori passaggiche trovano disciplina.Come conseguenza, una operazione di cosìampio respiro richiede la costruzione distrumenti e procedure altrettanto complessi.Vi è quindi il coinvolgimento di tutti ilivelli di governo, assoluta novità, perchésiamo stati abituati a uno sviluppo delle re-lazioni Stato-Regioni basate su moduliuguali. Importanti principi e criteri direttivisono richiamati formalmente dalla legge. Pensiamo al principio della lealtà istituzio-nale, formula un po’ insolita da ricondurreverosimilmente al principio di leale colla-borazione di matrice della giurisprudenzacostituzionale. Vi è ancora il principio dellapiena collaborazione con le Regioni e glienti locali, che il Governo deve assicurarenella partecipazione ai decreti legislativi.Questo è un dato caratteristico. La struttura della legge quindi presentaquesto disegno complesso, coinvolge tutti ilivelli di Governo, anche le Regioni speciali.Questa è una novità, perché loro si sonosempre avvalsi di quelle clausole di riservadella loro specialità, per cui poi tutto venivadeciso al di fuori, separatamente. Anchequi ci sono tavoli separati tra singolo Statoe singola Regione speciale, ma c’è un coin-volgimento espresso e accettato dalle Regioni

48

Vincenzo Santantonio

DIRIGENTE DI RICERCA DELL’ ISSIRFA-CNR “MASSIMO SEVERO GIANNINI”

G

Page 49: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

speciali nel pacchetto complessivo di ride-finizione e di risistemazione dell’assetto fi-nanziario. Questo disegno è poggiato su un ben col-laudato sistema sul circuito degli esecutivi.Il Parlamento si riserva un’area sua, e questoè regolato da una Commissione parlamentare,ma altrettanto non può dirsi per le assembleeelettive regionali e locali. Questo disegno, che fonda le proprie basisu questo circuito collaudato, viene pre-sentato e deve realizzarsi a Costituzione in-variata. La legge conta quindi su organismipreesistenti (la Conferenza Stato-Regioni,la Conferenza unificata particolarmente va-lorizzata) e crea anche almeno tre organisminuovi, ma senza una sede unitaria e provvistadi adeguato rango costituzionale.È chiaro che su questo non c’è stato accordo.Forse, le forme istituzionali future se ne oc-cuperanno, ma è chiaro che un’operazionedella portata del federalismo fiscale in direttaattuazione dell’art. 119 troverebbe la suasede naturale in un organismo di raccordoprevisto dalla Costituzione e forse ne giu-stificherebbe di per sé sola l’esistenza. In-somma, già solo per fare il federalismofiscale si giustificherebbe una macchina diquel tipo. Oltre a realizzarsi in assenza di questo im-portante tassello nelle relazioni centro- pe-riferia, si realizza anche in costanza di uncarattere fondamentale delle relazioni cen-tro-periferia, ossia il fatto che tutte sisvolgono con il Governo che mantiene sal-damente le redini del percorso. Questo di-pende dalla natura stessa della legge, per ladisciplina che contiene tutta la proceduraimpostata in questo senso, ma anche perchési tratta in fin dei conti di una legge delegadella più recente generazione, ovvero quellache si caratterizza per muoversi sul delicatocrinale di compatibilità con i requisiti chel’articolo 76 della Costituzione pone a ga-ranzia del corretto affidamento ed esercizio

della delega. Qualcuno quindi ha parlatoanche di delega in bianco, aspetto che deveessere segnalato. Nella relazione della scorsa settimana, ilPresidente della Corte costituzionale ha la-mentato i caratteri di questo tipo delega,anche perché i decreti delegati sono prov-visori, giacché sono previsti contestualmentedecreti correttivi, con conseguente aggraviodegli effetti moltiplicativi del contenziosoche si sono difatti già riverberati in altreoccasioni e si sono tradotti in statistiche –questione aperta davanti alla Corte costi-tuzionale – che hanno mostrato una ripresanel contenzioso Stato-Regioni, mentre sipensava che la giurisprudenza della Cortel’avesse sistemati. Il fatto che ciò avvenga a Costituzione in-variata potrebbe introdurre anche un ele-mento di flessibilità – alcuni lo valorizzano– perché lascerebbe libero campo a variesoluzioni anche sperimentali, introdottecon legge ordinaria, mentre forse delle isti-tuzioni costituzionali, a seguito di una pos-sibile revisione, aumenterebbero le garanzieper gli Enti locali, però forse anche larigidità e certe scelte obbligate, conseguenti.Forse anche i procedimenti cooperativi,per come la legge li prevede, non avrebberoanalogo rilievo o almeno avrebbero un pesodiverso. Comunque, non è la prima voltache processi di riforma estesi si realizzanoprima sul terreno della legislazione ordinaria,per poi trovare copertura in Costituzione.Tutta la vicenda del federalismo ammini-strativo lo conferma. Questa caratteristica della legge n.42, ilfatto di instaurare un processo sulla forzadella sola legge ordinaria, non impedisceche questa attuazione tenda a un’imposta-zione materialmente federale, in quanto,benché priva degli adeguati meccanismicooperativi a livello costituzionale, si ca-ratterizza proprio per procedimenti di at-tuazione che coinvolgono tutti i livelli di

49

VIN

CE

NZ

O S

AN

TA

NT

ON

IO

Page 50: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

governo interessati, attraverso forme di rac-cordo, di cooperazione, di collaborazione.Questo tipo di percorso, al pari dei contenuti– anzi, in attesa dei contenuti, perché è ne-cessario riconoscere che i contenuti non cisono – conferisce un particolare valore al-l’operazione. Secondo la modellistica classica federale, iltasso di coinvolgimento delle unità territorialinei processi di evoluzione della forma diStato, a cominciare dalla revisione dellaCostituzione, è un indicatore diretto delmaggiore o minore tasso di federalizzazionedi un sistema. Certo non può dirsi sin d’oramolto sul tipo di esito, che è ambivalente,più o meno federale, posto poi che esistauno standard di federalismo fiscale, perchésappiamo che tanti sono i tipi di federalismo,tanti sono i modelli delle relazioni finanziarietra centro e periferia. Se non si può dire molto su questo tipo diesito, già il procedimento in sé appare diispirazione di matrice federale. Se nonancora il risultato, è quindi il processo aessere di tipo federale. Questo mi sembraun carattere interessante, che non può sfug-gire a osservatori di diritto pubblico. Leforme di raccordo, le commissioni che ven-gono create sono un’estensione delle formedi raccordo, degli organismi che già esistono,a parte la Commissione parlamentare perl’attuazione del federalismo fiscale previstadall’articolo 3, con cui il Parlamento siriserva, se non un potere di guida, almenoun potere di controllo lungo tutto il processo. Al di là di questo, tutti questi organismi sipresentano con la caratteristica di un’ac-centuata componente regionale e locale.Alcuni organismi sono creati ad hoc, comenel caso della Conferenza permanente peril coordinamento della finanza pubblica, laCommissione tecnica paritetica per l’at-tuazione del federalismo fiscale, il Comitatodei rappresentanti delle autonomie territo-riali, che è agganciato alla Commissione

parlamentare per l’attuazione del federalismofiscale, alcuni dicono in sostituzione dellamancata attuazione di quanto stabilito dalfamoso articolo 11, però anche lì discutendose stia dentro o fuori rispetto al Parlamento.Questi sono gli organismi nuovi, che si ag-giungono a quelli preesistenti, perché c’è laConferenza Stato-Regioni e la Conferenzaunificata. La legge n.42 produce un effetto – e questoè il terzo carattere – di rimodellamento delsistema delle conferenze, perché se ne ag-giungono di nuove e si spostano i pesi. Siproduce comunque una frammentazione diquello che prima si voleva accentrato, alpunto che secondo alcuni questo è il primosegnale di una crisi del sistema delle confe-renze. In particolare, all’interno del sistema delleconferenze, è da notare la collocazione dellaCommissione tecnica paritetica presso ilMinistero dell’economia. Questo è in con-trotendenza rispetto a quello che si erasempre avuto sin dai primi decreti Spadolini,ovvero al desiderio di accentrare presso laPresidenza del Consiglio dei Ministri tuttele vicende delle relazioni tra Stato e Regionio comunque tra centro e periferia. In secondo luogo, si deve sottolineare il ri-posizionamento della Conferenza unificatarispetto alla Conferenza Stato-Regioni, per-ché finora è stata quest’ultima a svolgereun ruolo largamente prevalente nel sistema,giacché era il termometro delle relazioniStato-Regioni, quindi era una sede pressochéesclusiva, una sede di raccordo unica. Lastessa Conferenza ha spesso difeso questasua unicità, evitando che si potessero crearealtre sedi, le più varie, anche magari pressosedi di governo, come nel caso della vicendadel CIACE. Ora, invece, la Conferenza Stato-Regionirimane un organo specializzato nei rapportitra Stato e Regione, cioè nei rapporti dualidi esclusivo interesse regionale, e infatti è

50

VIN

CE

NZ

O S

AN

TA

NT

ON

IO

Page 51: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

sede di una previa intesa, affinché lo Statopossa attivare meccanismi correttivi com-pensativi, nei casi in cui il percorso di ab-bandono del criterio della spesa storicarisulti insostenibile per alcune Regioni (ar-ticolo 20) oppure dove si verifichi l’ade-guatezza alla congruità delle risorse finanziariedelle funzioni già trasferite (articolo 20,comma 4, lettera h). Per le Regioni specialiè la sede in cui è installato quel tavolo direlazioni bilaterali tra Governo e singolaRegione, per assicurare il rispetto fonda-mentale. La Conferenza Stato-Regioni tuttavia siferma a questo, cioè si specializza nei rapportidi tipo duale, mentre ormai, al di là deirapporti tra Stato e Regione, la legge n. 42mira a includere nel processo di attuazionetutti i livelli costitutivi della Repubblicasecondo l’art. 114. Tali livelli sono infattisistematicamente inseriti, attraverso unarete di organi, nei procedimenti. Di quideriva il rafforzamento e l’ampliamento deicompiti della Conferenza unificata, cioèdella Conferenza Stato-Regioni e della Con-ferenza Stato-città operanti insieme, in baseal decreto legislativo n. 281 del 1997. La Conferenza unificata assume un ruolocentrale nelle relazioni governative, unafunzione inedita. In fin dei conti, confron-tando gli ordini del giorno della Conferenzaunificata con quelli della Conferenza Sta-to-Regioni si evidenzia una differenza, chein questo caso, invece, dovrebbe essere ri-pensata e modificata. Alla Conferenza unificata vengono rappor-tate anche la Conferenza permanente peril coordinamento della finanza pubblica,prevista dall’articolo 5, e la Commissionetecnica paritetica per l’attuazione federalismo,prevista dall’articolo 4, che è segreteria tec-nica della prima. Si crea quindi un pacchettonuovo di sedi di raccordo tra centro e peri-feria, cioè un sottosistema nel sistema delleConferenze.

La Conferenza unificata è un collegio ab-bastanza eterogeneo, perché nella compo-sizione sono presenti tutti e difficilmente siraggiunge l’unanimità, che però è richiestaper una serie di decisioni. C’è quindi questatendenza, ma nello stesso tempo ci sonopassaggi importanti anche nel modo di pro-cedere di questi organismi che devono essereaffinati e definiti, perché altrimenti ilrisultato è dubbio.La prevalenza della sede Stato, Regioni edenti locali può creare un modello tripolarerispetto a quello Stato-Regioni, che per unverso potrebbe ridurre la storica separatezzatra i livelli di governo sub statale, con i varitentativi di by pass che abbiamo conosciutonella storia pluridecennale, ma dall’altropotrebbe consentire più spazio di manovraallo Stato, che in questo triangolo potrebbetrovare modo di rafforzarsi. In conclusione, questi mi sembrano i trendpiù evidenti, e il carattere fondamentale èla volontà di creare questa machinery ispirataa moduli di tipo federale. A un osservatorequesto risulta più significativo sul pianodella dinamica costituzionale. Naturalmente,c’è un problema di contenuti. Dovrannoessere inverati tutti i compiti che la leggestessa si dà, e i compiti della politicadovranno essere rivalutati. Dobbiamo im-maginare che tutti i problemi che il mercatonon può risolvere (perequazioni, solidarietà,ma anche legalità e fedeltà fiscale) trovinouna traduzione. Quindi, anche le Regioni,le Province e i Comuni devono avere unsenso dello Stato, o meglio, tutti, compresolo Stato, devono avere un senso della Re-pubblica, nel senso nuovo del 114 dellaCostituzione.

ANTONIO D’ATENA.Grazie. Do la pa-rola al professor Pietro Selicato dell’Università“La Sapienza”.

51

VIN

CE

NZ

O S

AN

TA

NT

ON

IO

Page 52: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

razie, professor D’Atena. Rivolgoun sincero ringraziamento an-che agli organizzatori che han-

no voluto invitarmi a questo convegno,al quale ho partecipato con grande inte-resse più come uditore che come relatore,o tantomeno contraddittore. Nel trascor-rere delle ore, infatti, mi sono reso contoche la mia presenza qui forse è alquantosuperflua, nel senso che da quanto èemerso negli interventi che precedono ilmio mi sembra di capire che lo spazioper un tributo locale, così come la teoriadel diritto tributario è abituata a definirequesto concetto, sia alquanto limitato,se non addirittura inesistente. Mi sono quindi domandato come potesseessere la presenza di una lettura tributariadi questa legge delega n.42 del 2009,nell’ottica di questa limitatezza – se nonaddirittura assenza – di una presenza diun vero federalismo fiscale. Forse, qui sipuò parlare di federalismo finanziario,ma non nel senso proprio di un federalismofiscale, così come siamo abituati a definirei tributi nella nostra concezione. Come evidenziato molto chiaramentedal dottor Buglione, esiste un’ampiezzanotevole della delega. Questo potrebbeaiutare il legislatore delegato a intervenire

sulle forme tributarie, che pure vengonolasciate possibili nel disegno del legislatoredelegante e prima ancora del costituente.Chi ha riformato il Titolo V della Costi-tuzione probabilmente immaginava unfuturo delle autonomie locali più forte-mente collegato a elementi di fiscalità.Ricordo studi di autorevoli colleghi dellamia materia che si sono avventurati nel-l’analisi dei possibili equilibri fra prelievolocale e prelievo erariale, quando ancoranon c’era una chiara definizione deglispazi affidati alla legislazione tributariain ambito regionale e locale. Già nella prima metà degli anni ‘90,dopo la legge n. 421 del 1992, eranoemersi con molta chiarezza segnali in or-dine alla impossibilità di sovrapposizionedi fattispecie tributarie locali a fattispecietributarie erariali. Pensare a un’impostasul reddito comunale, provinciale o re-gionale fa rabbrividire chi crede in unavisione unitaria dello Stato, sia pure di-stribuita in una serie di autonomie. Quiil concetto di autonomia deve giocareun ruolo fondamentale. Autonomia è un qualcosa che viene ete-ro-concesso, non è la sovranità. Ci tro-viamo quindi di fronte a un sistema chenecessariamente deve essere imbrigliato

52

Pietro Selicato

PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”

G

Page 53: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

entro certe regole da chi ha il compitodi coordinare i princìpi comuni di quelloche ancora è uno Stato. Credo che da questo punto di vista i ri-ferimenti fatti dal dottor Buglione, cui ilmio intervento si riferirà principalmente,con riferimento ai paletti che la legisla-zione fiscale in ambito locale deve tenerpresenti siano rigorosi, ma potrebberoprestarsi ad una serie di ampliamentidelle figure tributarie che, se non benorganizzate, potrebbero anche avere effettiperversi, proprio per la frammentazionedell’autonomia fiscale locale. Il primo aspetto è quello dei vincoli co-munitari. È stato ricordato il caso dellaSardegna. Citerei anche un caso moltopiù modesto, che è stato oggetto di censurada parte della Corte di giustizia della co-munità europea, il caso del comune diCarrara, che aveva introdotto un prelievo– passatemi il termine atecnico – sullaesportazione dei marmi al di fuori deiconfini del comune. È ovvio che l’estra-zione di marmi all’interno del comunedi Carrara è per il 99,9 per cento destinatoal di fuori dei suoi confini. Su ricorso diuna delle imprese acquirenti, la Corte digiustizia ha censurato questo tipo di tri-buto, considerandolo in diretto contrastocon il sistema europeo dei dazi. La Corte infatti ha affermato che, nelmomento in cui si vieta agli Stati di in-trodurre dazi intracomunitari, analogodivieto deve essere rivolto anche alle or-ganizzazioni territoriali più ristrette. Que-sto tipo di prelievo si pone dunque in di-retto conflitto con la normativa comu-nitaria. Si tratta quindi di ostacoli di notevolerilievo, che si pongono alla possibilità diistituire figure tributarie proprie deglienti locali e delle Regioni. A questa dif-ficoltà vorrei associare un’apertura portatanegli ultimi anni dalla stessa Corte co-

stituzionale, riferendosi alla legittimitàcostituzionale dell’IRAP. Il tributo del-l’IRAP, la cui natura giuridica è ancoradiscussa, al di là degli aspetti economicidi bilancio, è stato ritenuto legittimo, inquanto applicabile su un particolare pre-supposto definito sulla base di teorie ela-borate, sulle quali c’è stata una sorta dipiccola querelle in ordine alla paternitàdel tributo tra il professor Gallo e il pro-fessor Visco. Alla fine, il tributo ha tenutodi fronte alle censure della Corte sullabase del principio secondo cui fosse ap-plicabile su un valore economico di ca-rattere non monetario, come l’organizza-zione. Se leggiamo le parole della Corte nellasentenza n.156 del 2001, rintracciamoquesto valore nel dominio sui fattori pro-duttivi esercitato dall’impresa o dall’altroente organizzatore. Si tratta dunque diun valore che non ha nulla a che vederecol patrimonio, con il reddito, con ilconsumo, con i trasferimenti di ricchezza,di un valore impalpabile, che ha datospazio alla teoria del diritto tributarioper elaborare figure di tributi anche neicampi della comunicazione. Pensate allacosiddetta bit tax, di cui ogni tanto siparla, o della Tobin tax, con riferimentoalle transazioni finanziarie via internet,o all’ambiente, in quanto l’ambientecome bene scarso è per di chi lo possiede,lo controlla o ne usufruisce una ricchezzasicuramente non ascrivibile ai valori mo-netari tradizionali, ma economicamentevalutabile per la differenza rilevata ineconomia fra i beni e le cose. La preoccupazione è che nell’eserciziodel potere normativo in materia fiscalenon si concepiscano figure forse troppoavanzate nella distribuzione dei criteridi riparto dei carichi pubblici, che, purfondandosi su valori economici che ormail’evoluzione della nostra civiltà ci pone

53

PIE

TR

O S

EL

ICA

TO

Page 54: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

di fronte, probabilmente si scontrerebberocon esigenze pratiche, anche sotto il pro-filo della quantificazione. Tornando al rapporto fra presupposto ebase imponibile, l’IRAP è stata giustificataperché l’aliquota del prelievo era cosìbassa da non intaccare gli altri presuppostidi ricchezza coinvolti nell’organizzazione,quali i redditi dei diversi fattori produttivi. La Corte, richiamandosi al principio dellaragionevolezza più volte menzionato nellesue sentenze, ha messo un freno a questalibertà di azione nel campo della nuovaricchezza, attraverso questo parametroquali-quantitativo. È necessario evitaredi arrivare a quelli che il professor DeMartin definiva «mostri fiscali», perchéaltrimenti si arriverebbe a un risultatosicuramente non coerente con i valoricostituzionali. Si tratta dunque di palettifra limiti comunitari e nuovi sbocchidella capacità contributiva, così comeemersi a seguito di questo recente orien-tamento della giurisprudenza costituzio-nale.Vorrei porre l’accento su un altro aspetto,che probabilmente farà la differenza anchesul piano del coordinamento fra fiscalitàstatale e fiscalità regionale e locale,ovvero quello dell’accertamento, terrenosul quale l’amministrazione finanziariadello Stato si va misurando da tempo,all’interno del quale si è individuata unaforte area di sottrazione di risorse e sulquale la partecipazione degli enti localiè sempre stata molto distante. Questo è accaduto per una serie di ragioni,se non altro per la frattura creatasi conla riforma negli anni ‘70, per cui da unsistema tributario basato su una forte au-tonomia fiscale soprattutto dei Comunisi è passati a un sistema tributario note-volmente centralizzato. I Comuni hannoaddirittura smantellato i loro uffici tributi,perché forme importanti di imposizione,

come l’imposta sulle società e le impostecomunali sui consumi assorbite dall’IVA,sono state abrogate anche per ragioni dicoordinamento comunitario. Oggi, all’interno degli articoli 25 e 26della legge delega si ritrova un’aperturaconsistente a forme di collaborazionedell’amministrazione finanziaria con Re-gioni, Province e Comuni e viceversa.Si tende a creare una volta per tutte unsistema coordinato e cointeressato allosviluppo di un’azione ferma nei confrontidell’evasione fiscale. Se questo fosse vero,probabilmente si arriverebbe a un risultatoche dal federalismo fiscale potrebbe ri-flettersi sull’efficienza del sistema tributariocomplessivo, perché fino ad oggi il livellodell’evasione in Italia è rimasto moltoelevato.Certo, mi lasciano perplesso quelle formepremiali previste nell’articolo 26, in cuisi attribuiscono vantaggi economici aglienti territoriali più virtuosi in questa po-litica di contrasto all’evasione fiscale,perché, pur non essendo la mia materia,ritengo che l’articolo 97 della Costitu-zione, che si occupa di buon andamentoe imparzialità dell’azione amministrativa,imponga alcuni doverosi comportamenti.Incentivarli attraverso forme premialisembrerebbe andare oltre il precetto del-l’articolo 97 e tornare alle forme di in-centivazione proprie dei vecchi equitesdell’antica Roma, che riscuotevano i tri-buti nelle Province attraverso il prezzodi una parte dell’ammontare riscosso. Viringrazio per l’attenzione.

ANTONIO D’ATENA. Ringrazio il pro-fessor Selicato. Per concludere la tavolarotonda, cedo la parola al dottor AlessandroSterpa, dell’Università “La Sapienza” diRoma.

54

PIE

TR

O S

EL

ICA

TO

Page 55: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

ingrazio il professor D’Atenaper la parola e tutti gli organiz-zatori di questo convegno, in

particolare il dottor Luigi Lupo, che si èspeso in prima persona per organizzarequesto appuntamento. Considerata l’organizzazione del convegnoe i molteplici temi affrontati, ho scelto disoffermarmi su due aspetti principali, en-trambi relativi alle norme della legge n.42 del 2009 sul federalismo fiscale cheinteressano Roma Capitale (artt. 23 e24).Il primo riguarda la tempistica nella qualesiamo immersi in relazione all’adozionedei decreti legislativi, anche alla luce delfatto che la norma dell’art. 24, comma 5,è stata innovata dal legislatore statale eil testo oggi vigente prevede l’eserciziofrazionato della delega legislativa ancheper attuare il regime di Roma capitaleComune (“l’art. 1, comma 21 della leggen. 25 del 2010 recante “Conversione inlegge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recanteproroga di termini previsti da disposizionilegislative» recita: “Al comma 5 dell’ar-ticolo 24 della legge 5 maggio 2009, n.42, le parole: «Con specifico decreto le-gislativo, adottato», sono sostituite dalle

seguenti: «Con uno o piu’ decreti legisla-tivi, adottati») Il secondo riguarda il tema degli equilibriistituzionali e territoriali, che questa sceltadi conferire maggiori competenze e risorseal Comune di Roma nella veste di capitalepuò avere rispetto al resto del sistemadegli enti locali territoriali della Regionee le regole che disciplinano il passaggiodal Comune alla Città metropolitana diRoma Capitale previsti dalla stessa legge.Si tratta di due temi che – tra gli altri -sono trattati nel volume, edito da Carocci,frutto del lavoro di squadra fra federalismi.ite l’UPI Lazio, dove troveranno specificatrattazione (B. Caravita, a cura, di, RomaCapitale, Roma, Carocci, 2010). Il primo tema è quello dei tempi. Dal-l’adozione della legge nel maggio 2009ad oggi sono passati quasi dieci mesi e nemancano solamente quattordici allo sca-dere dei termini per l’esercizio della delega(scadenza, maggio 2011). Se a questodato aggiungiamo il fatto che la proceduraper esercitare questa delega è particolar-mente complessa, perché è la stessa previstadall’articolo 2 della legge n. 42 del 2009per i decreti legislativi del Governo sulpatrimonio e sul federalismo fiscale (pro-cedura che vede una serie di pareri, il

55

Alessandro Sterpa

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”

R

Page 56: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

coinvolgimento del Sistema delle Confe-renze, il parere delle Commissioni parla-mentari competenti, il parere della Com-missione parlamentare sul federalismo fi-scale di cui all’articolo 3 della stessalegge), nonché l’esigenza prevista dallalegge di sentire Provincia e Regione, citroviamo in una situazione per cui i tempiper l’esercizio di questa importante delegasi stanno accorciando in maniera moltosensibile. Questo non è un dato irrilevante, anzicredo proietti il tema dell’attuazione diRoma Capitale fin dalla sua iniziale ver-sione di Comune Capitale su una dimen-sione necessariamente interistituzionale.A questo obiettivo devono infatti lavorarein maniera sincronica Provincia, Regionee Comune di Roma, anche perché adesso si lega il tema dell’equilibrio fraquesto nuovo Comune molto ricco di ri-sorse e competenze e il resto del territoriolaziale. Cooperazione interistituzionale che nondeve caratterizzare unicamente questa pri-ma fase (il Comune Capitale) ma cheemerge anche in un altro punto criticodella legge, ossia quello che reca le normeche regolano il passaggio dal ComuneCapitale alla Città metropolitana Capitale.È opportuno ricordare che questo passaggionon solo non ha una tempistica certa(non ci sono scadenze di fatto), ma èanche caratterizzato da una serie di con-dizioni molto difficili da attuare. Il destinodella dimensione istituzionale più ampiadel Comune di Roma non è un destinonecessario, anzi tutt’altro, e forse proprioquesto ci può costringere a pensare chel’obiettivo della Città metropolitana ca-pitale per governare l’area vasta della ca-pitalità non sia l’unica strada da percorrere,pur rimanendo un importante obiettivodi razionalizzazione amministrativa. Atteso infatti che la capitalità difficilmente

si risolve solo nel territorio del Comunedi Roma, è anche vero che in attesa dellaCittà metropolitana capitale, la dimensionedi area vasta possa essere governata construmenti diversi rispetto alla città me-tropolitana capitale, quale un sistema diraccordi fra il Comune di Roma, più riccodi competenze e di funzioni, e gli altriComuni. Su questo credo che svolga un ruolo im-portantissimo la cooperazione istituzionale,non solo tra il sistema degli enti locali,ma anche coinvolgendo la Regione. Trale materie sulle quali interviene la leggesu Roma capitale a vantaggio del Comune,infatti, alcune sono di competenza regio-nale (concorrente ex art. 117, commaterzo, Cost. ovvero residuale ex art. 117,comma quarto, Cost.). Questa scelta dellegislatore statale (in deroga al ripartocostituzionale delle competenze legisaltive)è legittimo, perché la previsione su Romacapitale all’art. 114 della Costituzione nedisegna in maniera speciale il regime,quindi potenzialmente anche in deroga aquanto stabilito nell’articolo 117 Cost. efa sì che la Regione abbia un ruolo moltoimportante. Arricchire di competenzeamministrative ora regionali alcuni o tuttii Comuni vicino a Roma (nonché le Pro-vince) permetterebbe al Comune di Romadi avere interlocutori più solidi dal puntodi vista istituzionale, più ricchi di com-petenze e risorse, dunque in grado di dia-logare con la Capitale. Si faceva prima riferimento al fatto chele infrastrutture di logistica fondamentali(aeroporti e porti) ricadano in altri Comuni(Civitavecchia piuttosto che Ciampinoo Fiumicino). È immaginabile che la cittàdi Roma più ricca di competenze abbia lapossibilità di costruire con questi Comuniuna serie di relazioni. Ovviamente, queiComuni dovrebbero essere a loro voltaoggetto di un conferimento di funzioni

56

AL

ESS

AN

DR

O S

TE

RP

A

Page 57: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

da parte della Regione (magari anchedallo Stato). Purtroppo – questa è la sedeanche per essere particolarmente chiari –la Regione Lazio ha ancora più di altreun modo di amministrare più da grandeente amministrativo che da legislatore. Ilfrequente riscontro si trova nella letturadel bilancio della Regione nel quale sitrovano voci di spesa relative a singoliedifici pubblici. Il bilancio regionale rap-presenta quindi la testimonianza di questomodo di amministrare molto da grandeComune e poco da Regione. Avendo l’orizzonte della Città metropo-litana come soluzione istituzionale, il fattoche sia difficile arrivare a quel risultatonon significa che si debba recedere dallavolontà di governare l’area vasta con stru-menti diversi, non istituzionali e più fun-zionali, anche utilizzando gli strumentidi raccordo già previsti dal TUEL (D.Lgs. n. 267 del 2000) che pongono in re-lazione gli enti locali fra loro con strumentimolto vari. Per far ciò, in ogni modo, ènecessario un coraggioso processo di di-smissione di competenze amministrativeora della Regione al sistema degli enti lo-cali.Vorrei soffermarmi sul progetto di Cittàmetropolitana, contenente il suo Statutoe la sua organizzazione in Comuni. Questodeve essere presentato congiuntamenteda Comune di Roma e Provincia, trascu-rando di fatto (sulla carta) la volontà ditutti i Comuni della Provincia potenzial-mente interessati a essere parte ovvero anon essere parte della Città metropolitana.Rilevo quindi il problema del coinvolgi-mento degli dei Comuni e della Provincia.Si tratta di un problema politico, istitu-zionale, ma forse anche giuridico, se pen-siamo a quanta attenzione la Costituzionepresti al coinvolgimento delle popolazioniinteressate ogni qual volta si tratta dellospostamento, della migrazione dei Comuni

da una Provincia o da una Regione (artt.132 e 133 Cost.). Deve essere quindi recuperato il ruolodegli territoriali interessati e ciò può av-venire in sede di predisposizione dellaproposta di Città metropolitana da partedi Comune e Provincia di Roma; questoanche in quanto il referendum su baseprovinciale, che la legge prevede comeunico strumento di consultazione popolare,non può svolgere questo ruolo, perchénon distingue la volontà delle singolepopolazioni comunali. In questo senso,forse manca un percorso che ragionandoper fasce, prima più vicine al Comunepoi sempre più larghe, coinvolga diretta-mente i Comuni interessati. D’altronde mi sembra che questo ragio-namento sulla difficoltà di intercettare lavolontà dei Comuni limitrofi a Romafaccia pendant con la possibilità di utilizzarestrumenti di raccordo per costruire unpercorso verso un allargamento della ca-pitalità al di fuori dai confini del Comunedi Roma. Va detto, infine, che l’adesione dalla Cittàmetropolitana Capitale non deve apparirecome un declassamento dei Comuni (edei Municipi) romani; nel nuovo enteCapitale, infatti, ogni livello di governoavrà l’occasione per crescere e non saràsemplicemente assorbito visto che la Cittàmetropolitana sarà organizzata in Comuni,nessuno dei quali perderà competenze erisorse, ma al contrario ognuno avrà lapossibilità di accrescere il proprio ruoloavendo a disposizione nuovi strumenti digoverno, nuove risorse e nuove compe-tenze, ossia il patrimonio di governancedella Città metropolitana di Roma Capi-tale. I Comuni metropolitani – e con essi iMunicipi (sia nell’ipotesi che rimanganoenti di decentramento del Comune diRoma, sia in quella che si trasformino in

57

AL

ESS

AN

DR

O S

TE

RP

A

Page 58: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

Comuni) dotati di autonomia di bilancio– saranno in grado di poter programmaree realizzare politiche nuove e articolate.Esiste certo il tema della cancellazioneformale non solo della Provincia di Roma,ma anche del Comune di Roma, con latrasformazione – potenziale – dei Municipiin veri e propri Comuni all’interno dellaCittà metropolitana. Come esiste la que-stione di un loro eventuale aggiornamentoterritoriale. Sono questioni che – proprioperché si tratta di un progetto collettivo– devono essere affrontate per trovare so-luzioni istituzionali e condivise.C’è spazio, grazie alla peculiarità romana,alla sperimentazione di soluzioni innova-tive. Accanto all’assemblea dei consiglieridella Città metropolitana, infatti, ben

potrà essere costituito un organo di rac-cordo dei sindaci dei Comuni (inclusi iMunicipi), per avere una sede di concer-tazione interistituzionale.

ANTONIO D’ATENA. Grazie. Do orala parola al collega che è chiamato a trarre leconclusioni di tutte le riflessioni di questamattina, il professor Beniamino Caravita diToritto, Direttore dell’Osservatorio sui processidi governo e del federalismo, che rappresental’altro centro con cui il Consiglio delle auto-nomie locali del Lazio ha stabilito un rapportodal quale è nata questa iniziativa. La carne al fuoco è molta, ma qui si parrà lasua nobilitate, professore, nel fare un’efficacesintesi.

58

AL

ESS

AN

DR

O S

TE

RP

A

Page 59: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

ingrazio il professor D’Atena,il Consiglio delle Autonomielocali e tutti gli intervenuti.

Ritengo di avere molte cose da dire, maanche che chi ha molte cose da dire debbaessere in grado di dirle in pochi minuti.Di solito, vale la regola inversamente pro-porzionale. Vorrei fissare sei punti fondamentali e il-lustrarveli molto rapidamente, eventual-mente rinviando ad approfondimenti cheho già sviluppato in altre sedi. Vorrei proporre anche in questa sede unachiave di lettura generale, su cui sto ri-flettendo da qualche tempo. Più sperimentoquesta chiave di lettura in sedi diverse epiù mi accorgo che presenta diversi profilidi interesse. Abbiamo ragionato finora sul modello fe-deralismo, provando ad applicare la chiaveteorica e pratica del modello federalismoalla vicenda europea e italiana. Non voglionaturalmente rinunziare alle cose su cuiho ragionato in questi anni, ma la miasensazione è che applicare il modello teo-rico del federalismo alla vicenda europeae italiana sia insoddisfacente. La chiave di lettura su cui sto ragionandoè rappresentata dal modello della sussi-diarietà che ci spiega tre fenomeni che

contemporaneamente si stanno svilup-pando non solo in Italia, ma in tutta Eu-ropa, all’interno di Stati tipicamente fe-derali come la Germania e il Belgio, al-l’interno di Stati regionali più o menoavanzati come l’Italia e la Spagna e all’in-terno di Stati che si vanno regionalizzanocome la Francia, la Polonia e la GranBretagna. La chia ve della sussidiarietà cispiega il fenomeno della devoluzione dellefunzioni verso l’alto (Unione europea),della devoluzione delle funzioni verso ilbasso (Regioni ed Enti locali), ma anchedel mantenimento al centro del sistemadegli Stati nazionali. Gli Stati nazionaliin questo modello giocano infatti comepivot della distribuzione delle funzioni edelle risorse, ossia perdono la sovranitàtradizionalmente intesa e recuperano cen-tralità nell’essere distributori verso l’altoe verso il basso. Se applico questo modelloanche al tema del federalismo fiscale, mitorna. Questo è un ragionamento che viproporrei in termini estremamente sintetici,riservandomi di svilupparlo in manierapiù diffusa. Introduco la seconda chiave di lettura. Ilprofessor Sterpa ricordava come la delegascada nel 2011, perché non c’è vacatiolegis. È probabile una breve proroga, perché

59

Beniamino Caravita di Toritto

PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”

R

Page 60: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

vi è tutto l’interesse politico a chiudere lapartita dell’attuazione del federalismofiscale entro questa legislatura, per cuiuna qualche proroga è possibile, ma moltobreve. Mentre molti di noi riescono a leggere, ascrivere una cosa, a mandare un sms, asentire un intervento, in questo Paesepensare di riuscire a giocare su più tavolidiversi è molto improbabile. La mia ipotesidi lavoro è che il sistema politico italianogiocherà nel prossimo anno e mezzo lapartita dell’attuazione della legge n. 42,non la partita delle leggi di disciplina deisettori di competenza statale e regionale,la partita delle leggi di principio, e saràmolto difficile che giochi la partita dellaCarta delle autonomie e quella della ri-scrittura della legge sulle conferenze. Pensoche giocherà una partita – di più non po-trebbe – ossia la partita dell’attuazionedella legge n. 42. Dobbiamo provare a capire fondamental-mente due cose: in primo luogo come siriscriva la governance. La governance dellaConferenza Stato-Regioni è assolutamenteinsoddisfacente, perché nasce prima dellariforma del 2001, per cui è obsoleta econtorta e non vi si ravvisano le regoledella gestione dei processi politici su questitemi, mentre qualche regola dobbiamodarcela. Continuiamo a ribadire che c’èun problema di riforma del sistema delleconferenze, ma dobbiamo renderci contoche probabilmente la partita principalesarà non tanto la riforma del sistema delleconferenze, quanto il raccordo fra l’attualesistema delle conferenze e la governancesul federalismo fiscale (articoli nn. 2, 3 e4 della legge). Se la mia lettura ha un senso, mi chiedose sia possibile continuare a discutere seapplicare prima l’articolo 117, comma 2,lettera p), o l’articolo 118 o il 119. Proba-bilmente, la chiave di lettura è l’attuazione

dell’articolo 119 e della legge n. 42. È vero che probabilmente le funzioni fon-damentali e la determinazione dei luoghidove ci sono prestazioni essenziali an-drebbero definite prima, ma dobbiamoprovare a interpretare – secondo me ci siriesce – gli articoli 11 e 12, ove sarà la de-finizione o, se per caso arrivasse prima laCarta delle autonomie, gli articoli 11 e12 diventeranno gli strumenti di ricogni-zione di ciò che il decisore della Cartadelle autonomie ha definito prima. Se laCarta delle autonomie non dovesse arrivare,non dovremmo fasciarci la testa. Non è necessario chiedersi se abbia laprecedenza l’articolo 117, comma 2, letterap), o i decreti di definizione (legati alleforme di finanziamento) delle funzionifondamentali: viene prima ciò che vieneprima. L’articolo 11 stabilisce che i decretilegislativi siano adottati secondo principie criteri direttivi quali la classificazionedelle spese relative a spese riconducibilialle funzioni fondamentali. Se viene primal’articolo 117, comma 2, lettera p) dellaCarta delle autonomie, è bene, altrimentiil processo di definizione delle funzionifondamentali si ravvisa nel decreto legi-slativo di cui all’articolo 2, laddove classificale spese in spese riconducibili alle funzionifondamentali. Ci sarà lì la ricognizione. Dobbiamo uscire dalla chiave di letturadi che cosa viene prima e cosa dopo eporci l’obiettivo di risolvere i problemi digovernance e i problemi di definizione. Il professor Liberati ha individuato unaserie di incongruenze all’interno del testo,in particolare degli articoli 11 e 12, in-congruenze che devono essere soppesatecon grande attenzione. Non so se i fondiche il professor Liberati elencava comeperequativi siano classificabili tecnicamentecome fondi perequativi o come meccanismiche tengono conto di una perequazione,come personalmente tenderei a fare, ma

60

BE

NIA

MIN

O C

AR

AV

ITT

A D

I T

OR

ITT

O

Page 61: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

esistono sei, sette, otto grandi cesti all’in-terno dei quali si fa perequazione. Uno faperequazione generale, ma in tutti gli altriesiste una perequazione.Il problema è che non riusciamo a trasferirela raccolta delle risorse a livello locale.Se infatti si riuscisse a trasferire la raccoltadelle risorse a livello locale e a utilizzareun sistema di tipo svizzero, per cui iComuni o le Regioni raccolgono e man-tengono tanto e danno una parte giù euna parte su, ovvero raccolgono i Comuniche danno ai due livelli superiori, il pro-blema sarebbe risolto. Questo non è pen-sabile oggi in Italia. Dalla Regione Lombardia era stato propostoun meccanismo diverso, per cui il 60 percento delle risorse sarebbero rimaste al li-vello regionale, che si sarebbe occupatodi distribuirle ai Comuni e alle Province,e una cifra, che poteva anche essere mobile,sarebbe andata allo Stato per le funzioniunitarie e le funzioni di perequazione. Questo modello era stato proposto dallaRegione Lombardia, ma non è passato.Dobbiamo lavorare su questo modello, lacui ratio è rendere riconoscibili le risorseche provengono dai territori. Il meccanismodi funzionamento consiste nelle compar-tecipazioni ai grandi tributi erariali e neitributi locali più il ricorso a meccanismidi perequazione e mira a rendere ricono-scibile ciò che è risorsa proveniente dalterritorio e quello che invece costituiscerisorsa proveniente da meccanismi di pe-requazione. Si tratta di un modello che presupponemeccanismi sanzionatori, quali l’aumentodella pressione fiscale o sanzioni di tipopolitico-amministrativo per gli ammini-stratori che non reggono a questo modello. Riconoscibilità delle risorse che provengonodai territori, quindi in realtà pochissimaelasticità, laddove il sistema non è elasticoper quanto riguarda il finanziamento delle

risorse. Quando l’80 per cento del bilancioregionale è legato alla sanità, che è unaprestazione essenziale, e i livelli essenzialisono fissati al centro, il bilancio regionaleè un bilancio assolutamente anelastico e ilivelli di individuazione delle risorse chedallo Stato vanno alle Regioni sono ane-lastici, perché per finanziare l’80 per cento– quest’anno il trasferimento ammonta acirca 110 miliardi di euro – c’è una com-plessiva anelasticità. L’obiettivo è renderericonoscibili le quote di risorse che pro-vengono dai territori sul versante delleentrate e responsabilizzare sul versantedelle spese.Paradossalmente, il nostro modello di fe-deralismo fiscale inserito nella legge n.42 si tiene non tanto sull’autonomia sulversante delle entrate, quanto sull’auto-nomia sul versante della razionalizzazionedelle spese, su cui dobbiamo effettuare ilcontrollo, costruire meccanismi di controllodell’uso efficiente delle risorse, più cheallo stato attuale lamentarci della rigiditàdei meccanismi di distribuzione dellerisorse. Nella situazione politica e costi-tuzionale data, mi sembra difficile ottenerequalcosa di più.Vengo all’ultimo tema, di cui si è moltoparlato in questa sede: la Regione Lazio equindi la presenza di Roma capitale. Faròouting su Roma sulla mia interpretazionedel raccordo tra l’articolo 23 e l’articolo24, anche perché fra qualche giorno usciràun libro curato da me su Roma capitaleinsieme all’UPI Lazio (edizioni Carocci),in cui espongo una serie di riflessioni. La mia sensazione è che il tema Città me-tropolitane sia una risposta sbagliata a unproblema reale. Il problema reale è il go-verno delle aree metropolitane, la rispostaCittà metropolitana è sbagliata. Dal 1990sono trascorsi 20 anni, cioè quasi gli stessianni che abbiamo impiegato per istituirele Regioni, perché 20 anni dopo vennero

61

BE

NIA

MIN

O C

AR

AV

ITT

A D

I T

OR

ITT

O

Page 62: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

approvate la legge elettorale e la leggesulla finanza regionale. Il tema vero è il governo delle aree me-tropolitane. Questo è un tema reale, cheè italiano, tedesco, francese, spagnolo, in-glese, americano, canadese, australiano.In studi recenti molto interessanti autoricanadesi e australiani ragionano sul governodelle aree metropolitane. La nostra è statauna risposta sbagliata. All’origine, nel1990, non era sbagliata perché si legavanole Città metropolitane alle aree metropo-litane, ma poi il discorso sulle aree metro-politane si è perso per strada ed è rimastosolamente il discorso sull’istituzione. La risposta è sbagliata perché, osservandola realtà territoriale del nostro Paese, ci sirende conto che l’istituzione della Cittàmetropolitana è un qualcosa che alla finenon faremo mai. Le due vere, possibiliCittà metropolitane sono Roma e Milano.Roma ha un problema in più, che è il rac-cordo con Roma capitale, Milano ha ilproblema che la creazione della Città me-tropolitana, al di là del fatto che costituisceun contrappeso eccessivo al potere dellaRegione, scompone quattro, cinque, seiProvince. Come si fa a costruire la Cittàmetropolitana scomponendo, e senza saperecome, sei Province? Il resto delle città non ha un problema diarea metropolitana. Su Genova e su Napolila Città metropolitana coincide tenden-zialmente con la Provincia. Venezia Cittàmetropolitana è un non senso. Il problemadi Venezia non è la città metropolitanama riguarda il raccordo fra Venezia lagunaree Mestre. Ogni volta che sento quantisono gli abitanti di Venezia Comune, michiedo dove siano, perché Venezia Comuneha 270.000 abitanti, di cui però 66.000lagunari, 210.000 a Mestre. Il problema èil raccordo tra Venezia e Mestre. Bari,Bologna, Firenze non hanno un problemadi Città metropolitana, è un problema di

dimensioni di città di trecento, quattro-centomila abitanti, che è inutile caricaredel significato di Città metropolitana. La Città metropolitana è un tema sbagliato,che deve essere eliminato dal dibattitopolitico quanto prima. Abbiamo nella Co-stituzione tanti articoli che non attuiamo,per cui possiamo non attuare anche l’arti-colo 114. Sciogliere questo tema non si-gnifica non accettare l’esistenza di un pro-blema di governo delle aree metropolitane,ma porsi un problema diverso: il problemadi governo delle aree metropolitane deveessere risolto non con l’istituzione dellaCittà metropolitana, ma con strumenti diraccordo e di governo dell’area, che si ba-sano su strumenti di raccordo, accordi,contratti, contatti. All’interno di questa logica, l’articolo 24cerca di uscire dai modelli classici delle pro-cedure decisionali italiane, cercando unaway out al problema: quella di dire Romacapitale è un ente territoriale i cui attualiconfini sono quelli del Comune di Roma.In questo modo, si potrebbe far partire subitoRoma capitale e rinviare a un momentosuccessivo l’istituzione della Città metropo-litana. Quando parte il tema Roma metro-politana, sul tappeto c’è la CommissioneAmato in versione Attali, che per ragioniche non ho mai capito si scinde in Com-missione Amato su Roma capitale e Com-missione Marzano perché Amato si ritira.Alla Commissione Amato la Provincia diRoma si presenta al tavolo dichiarando cheRoma Città metropolitana è la Provincia diRoma. La Costituzione stabilisce che Romasia la Capitale della Repubblica, per cuinon si può dire che Roma capitale della Re-pubblica sia la Provincia di Roma, che ècomposta da altri enti.A un certo punto, per cercare di mediare,esce questa proposta, per cui Roma capitaleè un ente territoriale i cui attuali confinisono questi, poi si vedrà, e Roma Città

62

BE

NIA

MIN

O C

AR

AV

ITT

A D

I T

OR

ITT

O

Page 63: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

metropolitana si farà quando si fanno lealtre Città metropolitane, intanto partaRoma capitale. Questo è quello che c’èdietro l’articolo 24 e che sta succedendo.La realtà geografica di Roma è tale percui costituire una Roma città metropolitanainizia a porre una tale serie di problemi difattibilità, che è meglio non affrontarli. Nel realizzare Roma città metropolitanaci si deve inevitabilmente mettere dentroCivitavecchia, Fiumicino, Ciampino eGuidonia, ove c’è l’aeroporto militare.Quando però si è andati a proporre al sin-daco di Fiumicino o al sindaco di Civita-vecchia di far parte di Roma città metro-politana, questi hanno risposto che avrebbedovuto trattarsi di una imposizione. Diventaperò costituzionalmente dubbia la possi-bilità di imporre ai Comuni di entrare co-attivamente dentro Roma capitale.A quel punto, se non si riesce a fareentrare i Comuni degli snodi trasportisticidentro Roma capitale, non ha senso Romacapitale. A Roma capitale c’è un problemadi pendolarismo, giacché 700.000 personevengono quotidianamente a lavorare aRoma da fuori Comune. Presumibilmente,150 mila di queste provengono da fuoriprovincia, perché vengono da Latina, daL’Aquila, se non addirittura da Napoli.L’argomento del pendolarismo non indi-vidua quindi i confini della possibile Cittàmetropolitana. Lo strumento di governo del tema areametropolitana di Roma non è quello delfare un’istituzione nuova che sconvolgaconfini, abitudini, rapporti, che eleviRoma Municipio II allo stesso livello diCivitavecchia, perché Civitavecchia hauna tradizione di amministrazione comu-nale risalente, la seconda circoscrizionedi Roma no, per cui si creerebbe situazionedi totale «sgoverno». Lo strumento è invece rappresentato dallacostruzione di meccanismi di accordo a

vantaggio di Roma capitale, ma anche diCivitavecchia, Ciampino e Fiumicino,che trattano alla pari con Roma capitale,che deve destinare risorse anche fuorisede. Paradossalmente, ci guadagna anchela Provincia di Roma, perché diventa laculla degli accordi fra Roma capitale e iComuni intorno a Roma. Per realizzarel’accordo sui trasporti per Roma capitale,che tocca Civitavecchia, Ciampino, Fiu-micino e Guidonia, c’è bisogno di unasede in cui stipulare questi accordi, e lasede naturale è la Provincia, perché èanche il luogo in cui si equilibrano irapporti con i Comuni intermedi. Il professor Sterpa ricorda giustamenteche le istituzioni romane devono puntarea questo obiettivo, perché Roma capitaleha la possibilità di avere molti strumenti,molte risorse, che però vengono sottrattenon tanto alla Regione, quanto al livellocentrale. È una battaglia delle autonomiedel Lazio nei confronti delle amministra-zioni centrali. Uno dei temi principali èquello dei beni culturali ambientali. L’in-terlocutore sui beni culturali e ambientaliè rappresentato non dalla Regione, madalla Sovrintendenza ai beni culturali. Sec’è una coesione di posizione da partedegli enti autonomi del Lazio su questitemi, si riesce a trattare insieme nei con-fronti dei Ministeri, altrimenti vince ilMinistero.

ANTONIO D’ATENA. Ringrazio il pro-fessor Caravita di Toritto, che è stato all’altezzadelle aspettative, affidando un panorama diproblemi alla nostra riflessione. Sul temadelle Città metropolitane avverto il medesimodisagio. Ringrazio le Istituzioni che hannoorganizzato questo incontro, che mi sembramolto felicemente riuscito: CAL Lazio eANCI Lazio. Spero che questo sia il primodi una serie di incontri. Grazie a tutti.

63

BE

NIA

MIN

O C

AR

AV

ITT

A D

I T

OR

ITT

O

Page 64: CAL - Consiglio Autonomie Locali - I SISTEMA DELLE ...cal.regione.lazio.it/binary/prtl_cons_autonomielocali/...delle autonomie, e che quindi manchino i presupposti, in assenza di una

STAMPA:

Tipografica Artigiana S.r.l. - 00179 Roma - Via Acqua Donzella, 19Tel. +36 06 7843977 - +39 06 78851073 - Fax +39 06 78396336

www.tipografica-artigiana.com • [email protected]

LA PRESENTE PUBBLICAZIONE È STAMPATA SU CARTA ECOLOGICA