CADZINE n° 2, febbraio 2015, ANNO II

86
Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 FEBBRAIO 2015 Anno II Numero 2 edizione gratuita /17 Novità da ANT Il giovanissimo atelier europeo, che ha una sua pagina in ARS, presenta 3 nuove auto da sogno. Nyung dedica la sua auto ad ARS. /24 Profili filea Connua la monografia tecnica sulle fileature. In questa puntata i profili dei gambi filea. Conico o cilindrico? Ogni vite ha il suo profilo GIUSTO! /31 Avengers: Age of Ultron Prosegue la saga dei supereroi della Marvel questa volta impegna nello sconfiggere Ultron... Strani oggetti volanti solcano i Strani oggetti volanti solcano i Strani oggetti volanti solcano i nost ri cieli, indugiando per lun- nost ri cieli, indugiando per lun- nost ri cieli, indugiando per lun- ghissimi minut i sulle nostre case ghissimi minut i sulle nostre case ghissimi minut i sulle nostre case e monument i! e monument i! e monument i! Scattano tantissime foto colora- Scattano tantissime foto colora- Scattano tantissime foto colora- t e che f iniscono nelle mani dei so- t e che f iniscono nelle mani dei so- t e che f iniscono nelle mani dei so- lit i cospiratori che affermano lit i cospiratori che affermano lit i cospiratori che affermano che si tratta solo di rilievi... che si tratta solo di rilievi... che si tratta solo di rilievi... L’invasione dei L’invasione dei L’invasione dei laser scanner! laser scanner! laser scanner! Tre nuove concept car da ANT Tre nuove concept car da ANT CINEMA INEMA, Avengers: Age of Ultron , Avengers: Age of Ultron DESIGNER ESIGNERS STORY STORY, Carlo Cocchia, il , Carlo Cocchia, il papà dello Stadio S. Paolo di Napoli papà dello Stadio S. Paolo di Napoli Intervista ad A. Vallortigara Intervista ad A. Vallortigara HARDWARE ARDWARE & S & SICUREZZA ICUREZZA, il Backup , il Backup I NGEGNERIA NGEGNERIA BIOMEDICA IOMEDICA OPEN PEN ACCESS CCESS , , Rilevatori ottici di cancro Rilevatori ottici di cancro MUSICA USICA, Danzón & Son Danzón & Son I nostri I nostri TUTORIALS UTORIALS su su BIM, Sket- BIM, Sket- chUp chUp , , Geomodellazione Geomodellazione , , Rendering Rendering , , QGIS QGIS Tantissimo altro ancora! Tantissimo altro ancora!

Transcript of CADZINE n° 2, febbraio 2015, ANNO II

1

Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

FEBBRAIO 2015 Anno II Numero 2 edizione gratuita

/17 Novità da ANT

Il giovanissimo atelier europeo,

che ha una sua pagina in ARS,

presenta 3 nuove auto da sogno.

Nyung dedica la sua auto ad ARS.

/24 Profili filettati

Continua la monografia tecnica sulle

filettature. In questa puntata i profili

dei gambi filettati. Conico o cilindrico?

Ogni vite ha il suo profilo GIUSTO!

/31 Avengers: Age of Ultron

Prosegue la saga dei supereroi della

Marvel questa volta impegnati

nello sconfiggere Ultron...

S t r ani ogget t i v o lant i so lcano i S t r ani ogget t i v o lant i so lcano i S t r ani ogget t i v o lant i so lcano i

nos t r i cieli, indugiando per lun-nos t r i cieli, indugiando per lun-nos t r i cieli, indugiando per lun-

ghiss imi minut i sulle nos t r e case ghiss imi minut i sulle nos t r e case ghiss imi minut i sulle nos t r e case

e monument i! e monument i! e monument i!

S cat t ano t ant iss ime f o t o co lor a-S cat t ano t ant iss ime f o t o co lor a-S cat t ano t ant iss ime f o t o co lor a-

t e che f iniscono nelle mani dei s o-t e che f iniscono nelle mani dei s o-t e che f iniscono nelle mani dei s o-

lit i cospir at or i che af f er mano lit i cospir at or i che af f er mano lit i cospir at or i che af f er mano

che s i t r at t a so lo di r iliev i... che s i t r at t a so lo di r iliev i... che s i t r at t a so lo di r iliev i...

L’invasione d

eiL’invas

ione dei

L’invasione d

ei

laser scanne

r!laser

scanner!

laser scanne

r!

Tre nuove concept car da ANTTre nuove concept car da ANT

CCINEMAINEMA, Avengers: Age of Ultron, Avengers: Age of Ultron

DDESIGNERESIGNER ’’SS STORYSTORY, Carlo Cocchia, il , Carlo Cocchia, il

papà dello Stadio S. Paolo di Napolipapà dello Stadio S. Paolo di Napoli

Intervista ad A. VallortigaraIntervista ad A. Vallortigara

HHARDWAREARDWARE & S& SICUREZZAICUREZZA, il Backup, il Backup

IINGEGNERIANGEGNERIA BBIOMEDICAIOMEDICA OOPENPEN AACCESSCCESS, ,

Rilevatori ottici di cancroRilevatori ottici di cancro

MMUSICAUSICA,, Danzón & Son Danzón & Son

I nostri I nostri TTUTORIALSUTORIALS su su BIM , S k et -B IM , S k et -

chUpchUp , , Geomodellaz ioneGeomodellaz ione, , Render ingRender ing , ,

QGISQGIS

Tantissimo altro ancora! Tantissimo altro ancora!

2

La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

BIM

CAD

CAD MEP

FEM

Linguaggi CAD

Modellatori 3D

Modellatori organici

Post produzione

Prog. edile

Altro software

Progettazione

Portfolios

A.N.T. Automotive

Stampa 3D

Concorsi

Curiosità

3

GRAN PROFESSIONE QUELLA DELL'IN-

GEGNERE! CON L'AIUTO DELLA SCIEN-

ZA HA IL FASCINO DI TRASFORMARE

UN PENSIERO IN LINEE DI UN PROGET-

TO PER REALIZZARLO POI IN PIETRA O

METALLO O ENERGIA. QUINDI CREARE

LAVORO E CASE PER GLI UOMINI ELE-

VANDO IL TENORE DI VITA E AGGIUN-

GENDONE CONFORTO.

HERBERT HOOVER

da aforismi.meglio.it

LA METTO IN CORNICE

4

HOME PAGE

Diario di bordo Un’edizione particolarmente ricca di contenuti che vede “Le saldature per i PCB” per la rubrica dedicata ad ARDUI-

NO. La rubrica AUTOMOTIVE presenta tre nuove realizza-zioni del gruppo ANT. Il pro-filo dei gambi filettatati sarà il tema della puntata di BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-ZIONE. Nunzia Nullo presenta “The Avengers: Age of Ul-tron” nella rubrica Cinema. Carlo Cocchia è la DESIGNER’S STORY di questo mese. D. Pin-na ci parla di Backup e vul-

nerabilità dei Router nella rubrica HARDWARE & SICUREZ-ZA. Yuri Tedesco, laureando in ingegneria biomedica, propone un articolo sui “Rivelatori ottici di cancro” nella rubrica INGEGNERIA BIO-

MEDICA OPEN ACCESS. Alberto Vallortigara è l’ospite della rubrica INTERVISTA. N. Amalfi-tano ci parla di Danzòn e Son nella rubrica MUSICA. Nella rubrica NEW HARDWARE FOR CAD si parla de I LASER scanner. Il CORSO DI ORIENTA-

MENTO ALLA BIM tratta la ste-

sura delle mappe d’impiego. SEGUIMI è il comando analiz-zato nel CORSO DI BASE PER SKETCHUP. F. Pieri ci parla dei formati dell’informazione geografica nella II puntata del suo Corso su LE BASI DI QGIS. A. Buccella presenta un TUTORIAL sulla renderizza-zione interna di SketchUp. S.Piccioni propone un tuto-rial sulle procedure ottimali per stampare in 3D con Sket-chUp.

geomatica

[ge·o·mà·ti·ca] sostantivo femminile Disciplina che integra le nuove tecnologie informatiche con i diversi settori tecnico-scientifici relativi al rilevamento e al trattamento dei dati ambientali e territoriali

(cartografia, geodesia, rilievo catastale, fotogrammetria, idrografia, telerilevamento, sistemi informativi territoriali).

rubriche PAG. 07 NEWS

PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio “Com’era duro il mestiere del disegnatore”

PAG. 11 ARDUINO di Salvio Giglio “Le sal-dature per i PCB”, V ED ULTIMA PUNTATA

PAG. 17 - 22 AUTOMOTIVE di Salvio Giglio “Tre nuove concept car da ANT”; di Joce-lyn Groizard “Avantis eXa Mk3 2015 Face-lift”; di Lorenzo Caddeo “Fomalhaut Leone Major EX”; di Gontrand Nyung “NB City Space”

PAG. 24 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-

ZIONE di Salvio Giglio “Profilo dei gambi filettati” V ED ULTIMA PUNTATA

PAG. 31 CINEMA di Nunzia Nullo “Avengers: Age of Ultron”

PAG. 34 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Carlo Cocchia”

PAG. 39 - 44 HARDWARE & SICUREZZA di Daniele Pinna “Backup! Backup!! Bac-kup!!!”; “Vulnerabilità Router e Alterazio-ne dei DNS”

PAG. 47 INGEGNERIA BIOMEDICA OA di Yuri tedesco “Rilevatori ottici di cancro”

PAG. 51 INTERVISTA di Salvio Giglio “Alberto Vallortigara”

PAG. 57 MUSICA di Nicola Amalfitano “Musica Tradizionale Cubana: Danzón e Son”

PAG. 61 NEW HARDWARE FOR CAD di Salvio Giglio “I L.A.S.E.R. scanner”, I PUNTATA

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

5

HOME PAGE

Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre-

senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento?

Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori?

Vuoi pubblicare un tuo articolo? Scrivi una mail a:

[email protected]

Vuoi saperne di più su questo progetto?

CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla

nostra Community… Visita il nostro sito

cadzine.jimdo.com e, se ti garba, collabora con noi

mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

Innovare la didattica per sviluppare il Paese

Creare una scuola più cool , coinvolgente e formativa dovrebbe essere uno dei must più sentiti dalle varie governances che si sono succedute, nel corso di questi ultimi dieci lustri,

alla guida del Paese. Invece, per tutta risposta, si sente sempre di più parlare di abbandono scolastico e universitario o di una formazione ricevuta talmente antiquata e modesta da

rendere quasi vano lo sforzo di studiare. Alla fine la parola “Cultura” è diventato un mero contenitore di significati che poco o nulla c’azzeccano con la formazione e l’istruzione…

Oggi tutto è cultura: il calcio, i raves, certe tendenze ideologiche a dir poco grottesche, per non parlare poi delle varie “notti bianche”, festini & festoni che hanno trasformato il termine

stesso in una locandina circense e nell’ennesima occasione per i “soliti noti” di fare tanti, tantissimi soldi alla faccia di un corpo docente e un’istituzione sempre meno considerate e

sostenute.

geomatica

[ge·o·mà·ti·ca] sostantivo femminile Disciplina che integra le nuove tecnologie informatiche con i diversi settori tecnico-scientifici relativi al rilevamento e al trattamento dei dati ambientali e territoriali

(cartografia, geodesia, rilievo catastale, fotogrammetria, idrografia, telerilevamento, sistemi informativi territoriali).

corsi & tutorials PAG. 69 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Creazione di una mappa dettagliata degli impieghi BIM”, VII PUNTATA

PAG. 72 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il comando SEGUIMI”, IX PUNTATA

PAG. 75 LE BASI DI QGIS di Fabrizio Pieri “I

formati dell’informazione geografica”, II PUNTATA

PAG. 78 TUTORIAL: RENDERIZZARE CON SKET-CHUP di Antonello Buccella “Impariamo a renderizzare con SketchUp”

PAG. 83 TUTORIAL: STAMPA 3D FACILE di Simone Piccioni “Preparare un modello per la stampa 3D”

eventuali & varie PAG. 84 UMORISMO

PAG. 85 GIOCHI

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

6

7

NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

Finisce l’era degli ascensori a fune. A 160 anni dalla loro invenzione, ThyssenKrupp installerà motori lineari (già in uso sul famoso treno a levitazione magnetica Transrapid) sulle proprie cabine, trasformando il trasporto convenzionale in un siste-ma metropolitano verticale. La tec-nologia del nuovo ascensore MULTI incrementa capacità ed efficienza del trasporto passeggeri, riducendo l’impatto ambientale ed energetico degli edifici. Molteplici cabine nello stesso vano si muovono orizzontal-mente e verticalmente senza funi e con un sistema di frenata graduale. Può essere installato in vani più compatti, incrementando così di oltre il 25% le aree sfruttabili dell’e-dificio e riducendo enormemente i costi di produzione. Una nuova soluzione di trasporto efficiente, quindi, destinata sicuramente agli edifici piu alti del mondo, i gratta-cieli, ma che può avere impieghi, nelle brevi distanze, anche in città ed aeroporti. N. N Da professionearchitetto.com

Alcuni scienziati hanno sviluppato un ultra-veloce polpo robot, di appena 30 cm, con la stampa 3D che, dicono, potrebbe rivoluzionare veicoli subacquei artificiali. Ispira-to dalla capacità di cefalopodi, che sono in grado di fughe ad alta velo-cità riempiendo i loro corpi con acqua e poi rapidamente espellen-doli, alcuni scienziati del MIT e del Singapore-MIT Alliance per la Ricerca e la Tecnologia hanno costruito un robot, deformabile come un polpo, con uno scheletro in stampa 3D con parti in movi-mento e senza accumulo di energia diverso da un scafo esterno elasti-co sottile. Questo robot è in grado di accelerare fino a dieci lunghezze

in meno di un secondo: nessuno veicolo artificiale subacqueo è in grado di raggiungere velocità di anche una sola lunghezza del cor-po per secondo o accelerazioni di 0,1 g. L’obiettivo è quello di svilup-pare veicoli subacquei artificiali che possono eguagliare la velocità, la manovrabilità, l’efficienza e le dimensioni delle loro ispirazioni biologiche e che possano sostituire quelli attuali le cui dimensioni rendono spesso l’esplorazione subacquea difficile e potenzial-mente pericolosa. N. N Da stampalo3D.com

Dalla prossima versione di LeenO sarà possibile decidere se inviare la voce selezionata da un prezzario direttamente all’Elenco Prezzi del Documento di Contabilità Corrente, evitando l’assemblaggio. Questo consentirà un notevole risparmio di tempo nel caso in cui, così come il più delle volte, si voglia utilizzare “tal quale” la voce di prezzario. Nessun timore per i prezzari in formato LeenO già pubblicati o in vostro possesso: per avvalersi di questa opzione, sarà sufficiente inserire la stringa “sì” nella cella J1 del listino da cui prendere le voci. Intanto è stato risolto l’ormai fami-gerato bug che sostituiva ai risultati delle formule dei computi appena creati l’errore #N/D. Nulla di così grave. Era sufficiente chiudere e riaprire il file. Pratica, comunque, antipatica e per alcuni disorientan-te. Questo vuole essere solo un assaggino di ciò che sarà LeenO al suo imminente prossimo rilascio. G.V.

A L L A S E T T I M A E D I Z I O N E D E L C E N S I M E N T O N A Z I O N A L E “ I L U O G H I D E L C U O R E D E L F A I ” P O R T A B A R E T E È I L L U O G O P I Ù V O T A T O I N A B R U Z Z O . Con 11.518 voti Porta Barete conqui-sta il primo posto in Abruzzo e il ventisettesimo in campo nazionale nel settimo censimento "I Luoghi del Cuore" promosso dal Fai (Fondo Ambiente Italiano), che ogni anno premia siti artistici e paesaggistici italiani che hanno ricevuto il mag-gior numero di preferenze, con interventi concreti di recupero e salvaguardia. Un risultato straordi-nario senza precedenti. 11.518 se-gnalazioni, vale a dire circa un quarto della popolazione del capo-luogo. Un sentimento d'amore nei confronti della città dimostrato attraverso un gesto concreto. Signi-ficativa è anche la crescita della partecipazione organizzata grazie ad associazioni, gruppi e comitati spontanei. «Un plebiscito, un risul-tato senza precedenti!», lo definisce Cesare Ianni del gruppo di azione civica Jemo 'Nnanzi. Il gruppo, che oggi è composto da circa 50 perso-ne, si impegna in iniziative volte a creare un collante che rinsaldi l'identità persa. E i dati ufficiali del Fai rappresentano un importante traguardo anche per loro. L'emble-matica vicenda del recupero di Porta Barete, che tanto ha fatto e fa discutere, ha sicuramente risveglia-to un forte senso di appartenenza. E' una vittoria dall'enorme valore sociale che scavalca l'importanza storica e culturale. Francesca Marchi da: IlCapoluogo.it mercoledì 18 febbraio 2015

Robot polpo stampato in 3D Ascensori senza funi

Porta Barete, come è andata a finire?

Anticipazioni su LeenO

Bernard Tschumi riceve il Piranesi Prix de Ro-me alla carriera 2015

L'Accademia Adrianea di Architet-tura e Archeologia e l'Ordine degli Architetti della Provincia di Roma annunciano che la quinta edizione del riconoscimento all'alta cultura classica in architettura, è stato assegnato all'architetto svizze-ro Bernard Tschumi. L’architetto svizzero è stato premiato con il Grand Prix National d'Architecture nel 1996 e ha ricevuto premi dalla American Institute of Architects e dal National Endowment for the Arts. È membro del Collegio dei Fellows dell'American Institute of Architects ed è anche membro del Royal Institute of British Architects in Inghilterra, del Collège Interna-tional de Philosophie e dell'Acadé-mie d'Architecture in Francia. In entrambe queste istituzioni gli è stato riconosciuto l'alto onore ed il

grado di Ufficiale rispettivamente della Légion d'Honneur e dell'Ordre des Arts et des Lettres. Nel 2011 è stato premiato come finalista al Premio Mies Van Der Rohe e ha ricevuto il Premio d'Onore dall'AIA. La premiazione si svolgerà a Roma, venerdì 20 marzo 2015 alle ore 16,30 presso la Casa dell'Architettura Acquario Romano, con una cerimo-nia aperta al pubblico e riconosciu-ta con crediti formativi. Per l’occa-sione, Bernard Tschumi terrà una lectio magistralis sulla realizzazio-ne del Museo dell'Acropoli di Ate-ne (2009) e sul rapporto tra teoria e progetto nella sua prestigiosa car-riera professionale e accademica. S. G. Da: www.professionearchitetto.it

8

9

EDITORIALE

L ’immagine di apertura parla chiaro: un tempo i disegnatori tecnici si fa-cevano un mazzo così!

Poteva capitarti di stare ore ed ore in piedi, o accovacciati in posizio-ni precarie su scomodi sgabelli a trespolo, davanti al tecnigrafo, questo quando tutto andava bene! Per i lavori più gravosi ci si sten-deva letteralmente sulla tavola insieme ad altri colleghi. Uno zio di mia madre, un Ing. Arch., aveva, nel suo immenso studio (aperto nel 1905), sette disegnatori che sviluppavano le varie viste degli edifici relativi alle commesse o parti di gigantesche tavole da 3mq che servivano per la cartografia di intere porzioni di Napoli; tutto me-ticolosamente disegnato con le squadrette Vittorio Martini e diste-si sulla tavola! Quanto avrebbe pa-gato quella generazione per avere un programma non dico di CAD ma di semplice grafica vettoriale! Quando questo mio prozio morì, nel 1978, ricordo ancora certe fat-ture di costosissime forniture di litri di inchiostro di china e chilo-metri di carta da lucido in formati smisurati per i nostri giorni, senza

contare rapidograph, puntali, ra-schietti, mine di ogni grandezza e durezza, chili di gomme, lamette, ecc. ecc. Per i rilievi rulline metri-che e il palloncino ad elio per mi-surare l’altezza, altro che laser scanner… e lo studio era attivissi-mo! Oggi che abbiamo dei piccoli mostri di tecnologia in casa nostra con tre schermi, tavolette e penne grafiche ci avviliamo quando ci capita un lavoro un attimino più complesso! Un’altra cosa che fa-rebbe sicuramente sorridere quella generazione di progettisti sarebbe-ro le smanie per i rendering: all’e-poca si faceva una bella prospetti-va con 2 punti di fuga dell’edificio e si… acquerellava, punto! Nello studio c’erano decine di bozzetti e quadretti di villini, palazzotti, ne-gozi, monumenti funerari, ecc. in bella esposizione nella stanza de-gli schizzi, si chiamava così, dove era presente un bel tecnigrafo in legno per il disegno di base che, pensate, si faceva su di una tela biaccata lucida in grado di soste-nere le tempere o gli acquerelli… e poi tre cavalletti per le tele: sem-brava lo studio di un pittore. Anco-ra ricordo quel particolare odore che era un misto del fumo del mi-lione e mezzo di sigarette, fumate nervosamente ogni giorno dai di-segnatori mentre lavoravano che si fondeva insieme a quello delle

chine, delle tempere e a un vago profumo di acqua di colonia usata dal mio prozio! Si faceva il plastico del progetto che, sempre e ovvia-mente, doveva essere apribile, in modo che la committenza capisse bene le intenzioni progettuali e tutto fosse chiaro anche agli ope-rai che dovevano realizzare il ma-nufatto. Il lavoro in cantiere dei geometri dello studio era durissi-mo: non esisteva nessun software per fare calcoli e stime costi per i preventivi, solo misure e una vec-chia calcolatrice meccanica azio-nata a manovella! Eppure da studi come quello di mio zio sono uscite centinaia di progetti che, nono-stante terremoti e due guerre, sono ancora “vivi” e svolgono perfetta-mente il loro “lavoro”. Un lavoro enorme per avere la soddisfazione finale che si concretizzava con l’edificazione e la stima del com-mittente. Parlare di queste cose oggi è solo vintage a buon prezzo, penserete voi, anche se il mio sco-po resta quello di suggerirvi di amare svisceratamente il vostro mestiere e di accettare anche gli incarichi più gravosi come una sfida e non come un onere, a pre-scindere se il lavoro che state svi-luppando sia vostro o del vostro datore di lavoro…

di Salvio Gigl io

Com’era duro il mestiere del disegnatore

10

11

ARDUINO

I l collegamento dei compo-nenti elettronici sul circuito stampato è l’argomento di questa nuova puntata faremo

partire dalla più classica delle so-luzioni: la saldatura a stagno. Tec-nicamente parlando, il termine SALDATURA non sarebbe quello più adeguato, dal momento che si trat-ta, in ogni caso, di una fusione a bassa temperatura di una lega me-tallica a base di stagno, nel punto di contatto tra pista di rame e componente che raffreddandosi permette la connessione elettrica e meccanica. Questo tipo di colle-gamento è chiamato più propria-mente brasatura dolce, visto che avviene a temperature relativa-mente basse anche se raramente questo termine viene usato in campo elettronico.

Il saldatore L’apparecchio proposto alle opera-zioni di saldatura è il saldatore che il mercato rende disponibile in due diverse versioni contraddi-stinte dal tipo di punta saldante. I saldatori a punta larga sono utiliz-zati nei lavori da bandaio o comun-que per saldature su superfici ampie come grondaie, tubazioni di cappe fumarie e lavo-razioni della banda ramata, men-tre quelli a punta sottile sono im-piegati in prevalenza per piccoli punti di saldatura nei lavori di elettricità ed elettronica dove il saldatore elettrico ha rappresenta-to una vera svolta per quest’ultimo campo. Le prime versioni di que-sto attrezzo somigliavano molto a dei cacciaviti: in un tubetto metal-lico veniva inserita un filamento spiralato di una lega di tungsteno

avvolto su di un supporto cerami-co. Il tubetto aveva un’estremità filettata in modo da consentirne l’innesto su di un manico di legno entro cui era stato praticato un foro per permettere l’uscita del conduttore elettrico necessario

all’alimentazione. Non esistendo alcuna possibilità di regolazione della temperatura si andava ad occhio: si inseriva la spina elettri-ca nella presa di alimentazione, per qualche minuto fino a quando si aveva la sensazione che l’attrez-zo avesse raggiunto la temperatu-ra giusta e poi la si staccava per evitare di bruciare il delicato fila-mento di tungsteno. Quando ciò accadeva era l’utente stesso a ri-parare l’attrezzo con del filamento

V ed ultima puntata

di Salvio Gigl io

Le saldature per i PCB

La saldatura rappresenta la fase più importante per la rea-

lizzazione dei PCB. Saldature eseguite bene offrono garan-

zia di durata e buon funzionamento del circuito anche se

esso è sottoposto a impieghi molto gravosi ed opera in

ambienti talvolta estremi per sollecitazioni meccaniche e

termiche.

La goccia di lega saldante e il reoforo del componente fissato al PCB

12

ARDUINO

Un vecchio saldatore elettrico. Si noti il cavo elettrico rivestito di guainetta in tessuto per evitare bruciature accidentali dei conduttori elettrici e conseguenti folgorazioni o cortocircuiti.

Saldatore elettrico smontato, si noti l’astina in ceramica isolante sulla cui estremità è installato l’elemento riscaldante

Saldatore elettrico e punte intercambiabili

13

ARDUINO

nuovo che veniva venduto assie-me al saldatore. Un potenziometro termostatico equipaggia i saldatori attuali; fatto questo che consente di raggiungere rapidamente tem-perature sino a 450 °C. I saldatori elettrici istantanei, quelli con la tipica forma a revolver, hanno rap-presentato un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione di questo apparecchio: la punta saldante viene riscaldata sino a 500°C da un circuito induttivo comandato da un pulsante azionato dall’utente. In elettronica sussiste il problema della elevata sensibilità alle alte temperature dei componenti più delicati, fatto questo che ha porta-to i costruttori di saldatori e dei sistemi saldanti, a sviluppare una tecnologia che garantisca un con-trollo accurato della temperatura massima raggiunta dalle punte. Detto questo tracciamo il profilo ideale che il nostro saldatore deve avere per offrirci delle realizzazio-ni soddisfacenti. Il primo aspetto, molto importante, è che esso abbia una punta piuttosto sottile e dota-ta di elevata massa termica, per-ché ciò ci permettere saldature di precisione mantenendo costante la temperatura della punta. La punta poi deve essere "corazzata": la massa interna deve essere in rame e rivestita da un sottile stra-to di lega di acciaio, nickel e cro-mo, che offre un’elevata resistenza meccanica e chimica alla punta

stessa. In caso contrario, la lega fusa che è piuttosto aggressiva, finirebbe con il corrodere e defor-mare rapidamente la punta fatta di solo rame. I consumi elettrici sono abbastanza modesti: si parte dai 25W ai 30W con alimentazioni a 220V. Se siete tipi che si distrag-gono facilmente e rischiano di poggiare la punta rovente sul cavo di alimentazione rischiando una bella folgorazione, allora un salda-tore a bassa tensione fa proprio al caso vostro: un bel saldatore 24V, 24W che può essere alimentato sino a 30V quando è necessario lavorare su superfici estese con una temperatura maggiore. Le leghe saldanti Siamo abituati a chiamarlo stagno per saldature anche se in effetti è una vera e propria lega saldante a base di vari elementi quali stagno, piombo, argento, rame e nichel. La lega saldante è venduta trafilata e avvolta su rocchetti. In commercio essi sono disponibili con fili di va-ri diametri: 0,7 mm, 1 mm, 1,5 mm. La recente Direttiva Europea 2011/65/CE (RoHS 2) stabilisce una serie di norme riguardanti la re-strizione sull’uso di sostanze peri-colose nelle apparecchiature elet-triche ed elettroniche (AEE) per prevenire danni alla salute umana e dell’ambiente, compresi il recu-pero e lo smaltimento ecologica-mente corretti dei rifiuti di AEE. Il

risvolto negativo della vicenda sta nel fatto che l’abolizione dalle le-ghe saldanti del piombo, altamen-te tossico, ha comportato un au-mento della temperatura di fusio-ne di circa 40°C in più, rendendo inefficaci saldatori progettati per temperature sostanzialmente più basse; per non parlare dell’aumen-to del costo che è lievitato consi-derevolmente. Circa lo stagno fuso ricordate che esso è: attratto dal rame e raramente scorre fuori da una piazzola di sal-datura, a meno che non sia in ec-cedenza o il rame risulti poco "bagnabile" perché ossidato in su-perficie; attratto da un'altra goccia di sta-gno e potrebbe poi essere un bel problema separarle. Il consiglio più efficace e quello di usare la giusta quantità di stagno e preparare bene le superfici da sal-dare. I decappanti Tutte le superfici metalliche non protette ed esposte all'aria tendo-no alla passivazione cioè a combi-narsi con i gas presenti nell’aria e a rivestirsi di una patina di ossido. I flussanti sono dei composti chi-mici che potete reperire nei negozi specializzati sotto forma di crema molto densa, chiamata anche pa-sta saldante, o come un liquido, denso e semitrasparente, i cui scopi sono tutti volti a facilitare la

Da sinistra: un rocchetto di lega saldante, un contenitore di pasta saldante e un applicatore a pistola di fluidificante per salda-ture con la relativa cartuccia

14

ARDUINO

Da sinistra, tubetto di fluidificante e dimensione dei componenti miniaturizzati SMD

saldatura in quanto servono a: depassivizzare o decappare la su-perficie per prepararla alla suc-cessiva saldatura; proteggere temporaneamente le superfici fino alla saldatura; facilitare la bagnatura delle super-fici da parte della lega saldante. I decappanti presentano il perico-loso inconveniente di emettere, durante la brasatura, del vapore molto denso e nocivo per la salute che rende necessaria una buona areazione dei locali o l’aspirazione dei fumi. Oltre a ciò i depassiviz-zanti possono sporcare e corrode-re, soprattutto se di scarsa qualità, circuito stampato e punta del sal-datore consumando il rivestimen-to in acciaio di quest’ultima. La tecnologia SMT La Surface Mount Technology (SMT), il cui equivalente italiano è tecnologia a montaggio superficia-le, è stata elaborata negli anni ses-

santa e ha trovato pieno sviluppo e diffusione alla fine degli anni ot-tanta, grazie anche al lavoro pio-nieristico svolto dall'IBM. Questa tecnica di assemblaggio elettroni-co prevede l'applicazione di com-ponenti elettronici specifici defi-niti Surface Mounting Device, o SMD , dotati di piccoli terminali per saldarli direttamente sulla su-perficie del PCB senza la necessità di praticare alcun foro per il loro fissaggio. Sul PCB è depositata preventivamente una pasta sal-dante nei punti in cui saranno ap-poggiati i terminali dei componen-ti SMT; a questo punto il montag-gio avviene tramite stazioni auto-matizzate Pick and Place, per poi passare ad un forno ventilato a gradienti termici il cui funziona-mento segue delle fasi prestabilite secondo delle relazioni parametri-che temperatura-tempo. I vantag-gi offerti da questa tecnologia so-no numerosi:

notevole riduzione delle dimensio-ni dei componenti e, quindi, minori dimensioni e peso degli apparati; automazione totale e relativa acce-lerazione delle procedure di mon-taggio; nessuno scarto dovuto alla neces-sità di taglio dei reofori eccedenti; i componenti possono essere montati su entrambe le facce del circuito stampato. E’ possibile realizzare anche PCB con tecnologia ibrida, cioè che adottano sia la SMT che la tradi-zionale PTH con una suddivisione del processo di lavorazione suddi-viso in due fasi distinte. I compo-nenti possono essere anche sem-plicemente incollati alla scheda, impiegando un processo di poli-merizzazione di collanti appositi, e successivamente saldati attraver-so una macchina denominata sal-datrice ad onda.

15

ARDUINO

Saldatura di un microcomponente SMD con un saldatore a punta stilo

Maschere di saldatura La maschera di saldatura o anche maschera di tenuta per saldatura è un sottile strato di polimero, simile alla vernice, che viene abitualmen-te applicato alle piste di rame di un circuito stampato sia per pro-teggerle dall’ossidazione (passivazione) che per evitare la formazione di ponti tra punti di saldatura estremamente ravvici-nati. Per definizione, un ponte di saldatura è una connessione elet-trica, involontaria, tra due condut-tori limitrofi che si determina me-diante una piccola goccia di lega saldante. L’adozione di una ma-schera di saldatura serve a preve-nire proprio questo fenomeno ab-bastanza disastroso che può avere conseguenze molto serie per il no-stro PCB: danneggiamento dei componenti coinvolti, cortocircui-ti, surriscaldamenti, guasti. Questa tecnica non è sempre adottata per PCB assemblati con saldature tra-

dizionali fatte a mano ma è essen-ziale per le schede prodotte in se-rie e saldate automaticamente con il cosiddetto bagno di saldatura. Dopo aver applicato il film polime-rico sulla basetta, si devono prati-care delle aperture nella maschera, ove saranno saldati i componenti del PCB, saranno realizzate me-diante fotolitografia. Le maschere di saldatura sono reperibili in commercio in diversi colori e for-mati a seconda delle esigenze dell'applicazione. I principali tipi sono: LESM Liquid Epoxy type Solder

Mask, maschera di saldatura liquida di tipo epossidico, è la più economica e viene serigra-fata attraverso il modello sul PCB.

LPSM Liquid Photoimageable Solder Mask, maschera di sal-datura a liquido fotoimpressio-nabile che può essere serigrafa-to o spruzzato sul PCB; tale ma-

schera può essere esposta al pattern e sviluppata per ottene-re le aperture delle piazzole di rame necessarie per le parti da saldare nel circuito.

DFSM Dry Film type Solder Mask, maschera di saldatura con film a secco fotoimpressio-nabile che è un laminato che si applica sul PCB e che viene successivamente impressiona-to e sviluppato.

Tutti e tre i processi passano attra-verso un trattamento termico spe-cifico in base al modello. In progettazione elettronica, la ma-schera di saldatura è trattata come un layer del circuito stampato ed è rappresentato, in un file Gerber, come un qualsiasi altro livello co-me, ad esempio, le piste di rame e la serigrafica. Continua

16

17

AUTOMOTIVE

I ragazzi dell’Atelier di auto-motive ANT, Gontrand Nyung, Jocelyn Groizard e Lorenzo Caddeo, sono un po' le ma-

scotte della nostra Community. Il giovanissimo team dei designers europei ha le idee ben chiare per quali dovranno essere i canoni della produzione automobilistica futura in termini di motorizzazio-ni, volumi ed estetica. Non si vedo-no spessissimo su G+ perché, at-tualmente, la loro principale attivi-tà sono gli studi finalizzati proprio alla realizzazione dei loro sogni. Quando si mettono all’opera, tra un esame e l’altro, riescono a produr-re dei modelli di vetture estrema-mente dettagliate con SketchUp e poi sperimentano materiali e ren-dering per offrire delle anteprime molto realistiche dei loro progetti.

Ognuno di loro ha una personale formatività e un cospicuo reperto-rio di modelli. Nel corso di questi ultimi due anni noi “anziani” della Comm. abbiamo seguito la crescita di queste giovani promesse del design attraverso i loro lavori e non sono mancati spunti per crea-re dei topics utili a tutti sulla mo-dellazione 3D. Pochi mesi fa han-no preso la decisione di fondare un brand europeo autonomo e molto flessibile, in termini di de-sign e produzione, capace di fron-teggiare la concorrenza americana ed asiatica su G+. Il carattere di questi ragazzi è molto forte e voli-tivo e la progettazione rispecchia pienamente questi, più che positi-vi, tratti delle loro personalità. For-se proprio in virtù di questa forte voglia di realizzare il loro sogno nel cassetto attraverso studio, sa-crificio e tenacia li ha spinti a pen-sare ad un simbolo per il loro ate-lier molto particolare: una formica, ant in inglese, un’icona per anto-

nomasia dell’operosità e dell’inge-gno nel mondo animale.

In gennaio avevo promesso a Gon-trand che CADZINE avrebbe dato enfasi al suo omaggio per celebra-re i due anni di vita della Comm. Poi, nel frattempo, anche Lorenzo e Jocelyn avevano elaborato altri lavori molto significativi e da qui la decisione di fare un unico arti-colo per tutti e tre modelli. Mi pia-ce molto dare spazio e pagine ai ragazzi di G+, anche perché a loro pensavo quando l’ho fondata nel 2012. Credo che mai come in que-sto momento abbiamo bisogno di facce pulite, speranze e segnali positivi e rassicuranti dal futuro, cose che solo dei ragazza in gam-ba come i miei “nipotini” geek san-no offrire con tanta generosità! Bene, detto questo godetevi adesso i modelli dei nostri talentuosi ami-ci ! :)

di Salvio Gigl io

Un bel rendering di insieme dei tre modelli fatto da Jocelyn Groizard per CADZINE

Tre nuove concept car da ANT

18

19

AUTOMOTIVE

S alve a tutti, vi presento dettagliatamente il mio ultimo lavoro su una macchina 3D: la Avantis

eXa Mk3 2015 Facelift. Idea iniziale L’Avantis eXa è una berlina di grandi dimensioni della terza ge-nerazione già presentata nel mese di settembre del 2013. Si tratta di un modello molto importante per il mio brand anche se la seconda generazione aveva anticipato già lo stile "artiglio” del gruppo ottico di coda. Tuttavia, il design della Mk3 stava iniziando a diventare obsoleto se confrontato alla produ-zione Avantis attuale. Ho deciso, così, di eseguire un “lifting” per renderla più moderna, cercando di migliorarla anche in base alle co-noscenze che ho accumulato dal periodo della sua creazione. Modelli e fasce di concorrenza L’Avantis eXa è in grado di rivaleg-giare con auto della fascia dedica-ta alle family car come la Renault Laguna o Opel Insignia così come le automobili Gran Turismo, come la Audi A6 o la Peugeot 508; questo

grazie alle sue dimensioni e pre-stazioni, degne di modelli più co-stosi e di lusso. La gamma eXa è composta da tre modelli: la berlina eXa, l’eXa Sports Tourer, station wagon con un grande abitacolo, e la eXa Crosstourer, una versione con tutte le caratteristiche delle Sports Tourer ma con trazione in-tegrale. Esterno Il design esterno della vettura era il punto principale da migliorare e su cui lavorare. Sono partito dal gruppo ottico di coda che adesso ha un design più tradizionale ma, allo stesso tempo più moderno, con il paraurti posteriore che sem-bra ora più sottile di quanto non fosse prima. La nuova forma della porta ha permesso di migliorare l'accessibilità ai sedili posteriori, dando a tutta la vettura una linea piacevole ed equilibrata. Nella par-te anteriore, i fari esprimono ora più personalità mentre la griglia è stata ridisegnata, fondendo parti di nero e cromo. Tutto ciò si espri-me con uno stile dinamico ma non aggressivo. Interni I sedili della eXa sono studiati per offrire un comfort ideale durante ogni tipo di viaggio, fornendo al conducente e ai passeggeri un

supporto ergonomico ottimale del corpo. Il cruscotto è stato comple-tamente rinnovato, secondo il mo-dello A-Space. Ha un ampio scher-mo touch screen che raccoglie tut-ti i comandi per regolare i parame-tri di comfort (aria condizionata, radio, GPS) con un’interfaccia mol-to intuitiva. Il cruscotto cattura lo sguardo grazie al suo design pulito ed ergonomico. Performance L’Avantis eXa consente di sceglie-re tra una vasta gamma di moto-rizzazioni a benzina e diesel, con potenze che vanno dai 110hp a 350hp. I motori 1.6L a 4 cilindri offrono grandi prestazioni, nono-stante la cilindrata, tanto nella versione diesel che in quella a benzina. Tutto ciò consente di ri-durre il consumo di carburante e le conseguenti emissioni di gas serra. L’eXa è disponibile con due diversi tipi di cambio, uno manua-le a 6 marce e un altro automatico a 5 rapporti. Si può godere del pia-cere della trasmissione a trazione integrale, che era opzionale sulla Sports Tourer Sedan, diventata poi dotazione di serie sulla Crosstou-rer. Tale trasmissione è collegata a un sistema di controllo di presa che distribuisce la potenza sulle ruote a seconda delle condizioni di aderenza. La sicurezza non è stata

di Joce lyn Groizard

Avantis eXa Mk3 2015 Facelift

20

S alve a tutti! Dopo un lun-go periodo di assenza, ritorno qui proponendovi un modello del tutto nuo-

vo che descriverò, come mio solito fare, qui sotto! Progetto iniziale La Leone Major è un progetto pen-sato fin da subito in grande. I pri-mi sketch veri e propri nascono verso la fine di Dicembre 2014, quando mi interesso alle cosiddet-te flagship car, ossia autovetture con prestazioni interessanti, este-tica accattivante, caratterizzate da una personalità fuori dal comune e destinate a una tiratura limitata proprio per l'accurata scelta dei componenti. La Leone Major si propone come bandiera quindi,

della Fomalhaut, scavalcando la sorella minore Amalia e diventan-do sorella della Royale, presentata verso la fine dell'Estate 2014 an-ch'essa come flagship car. Categoria Dotata di un corpo vettura massic-cio e pesante, la Leone Major EX è una full-size capace di competere sia con le mid-size più abbienti (BMW Serie 5, Audi A4 e così via), sia di puntare con le full-size con prestazioni e dimensioni più ge-nerose, come la Audi A8 e BMW Serie 7. L'entry level è proprio EX, qui presentato, che garantisce un motore dalle prestazioni accatti-vanti e consumi piuttosto conte-nuti, senza pagare in termini di sportività e di reattività. Esterni Gli esterni hanno ricevuto la cura maggiore: il corpo vettura deriva da una Toyota Crown del 2006 cir-

ca, ma è stato sottoposto a pesanti modifiche perché risultasse attua-le: il frontale è così massiccio, im-ponente, i fari sono disegnati tra il passaruota e la mascherina la-sciando tuttavia abbastanza spa-zio da dare l'illusione di un'auto larga, da rally quasi. La linea è piuttosto filante, con ricami che marcano le linee principali dell'autovettura e mantenendo lo stile aggressivo, imponente, mas-siccio della Leone Major. Dotata di logo personalizzato e privata del fregio "Fomalhaut", appare prati-camente come auto a sé stante. Il coefficiente di penetrazione aero-dinamica è migliorato ulterior-mente grazie all'adozione stock di spoiler anteriori e diffusore poste-riore, per garantire un flusso d'aria ottimale. Interni Gli interni della Leone Major sono presi dai modelli più recenti Ente-

AUTOMOTIVE

trascurata: infatti l’eXa ha i siste-mi ESP e ABS, 8 airbag e un nuo-vissimo sistema che controlla l'ambiente circostante alla vettura per evitare collisioni. Prezzo e gamma L’eXa è al top della gamma di auto Avantis, insieme alle più sportive

eXa Sport Coupé, XC Coupé e Ca-brio CXR. In contrasto con alcune altre grandi berline, l’eXa ha limi-tato prezzi a partire da 25.000 € nella sua versione base a oltre 40.000 € per le versioni di alta gamma con motore V6. Non dob-biamo dimenticare, infatti, che l’Avantis ha come mission la pro-

duzione di auto popolari; ciò spie-ga contemporaneamente sia i prezzi ridotti che i diversi modelli della eXa. Se l’eXa è diventata in questi ultimi anni un importante modello del brand, come la Estima o la Climber, è grazie a tutte le per-sone che sostengono Avantis. Gra-zie a tutti!

di Lorenzo Caddeo

Fomalhaut Leone Major EX

21

AUTOMOTIVE

les, ma solo ed esclusivamente nella versione EX, considerata en-try level e quindi con prezzo più basso, i sedili sono mantenuti uguali, così come la plancia non ha subito alcun ritocco. Il cruscotto è minimalista, con un semplice qua-dro comandi intuitivo e che lascia dunque spazio all'immaginazione. La plancia non è particolarmente ricca di dettagli, ma si limita all'es-senziale, strizzando l'occhio verso lo sportivo e il futuristico con l'uso di arcate per delimitare lo spazio d'azione dell'autista e del passeg-gero. Motore Il motore adottato nell'allestimento EX è un 3.8L V6 che adotta lo Spee-dValve di cui parlerò in seguito. In realtà il V6 sopracitato deriva da un motore Enteles utilizzato prece-dentemente in alcune berline e sottoposto ad alcune migliorie per quanto riguarda la scelta dei mate-riali per i componenti della testata, del blocco cilindri e del numero di valvole (portate a quattro per cilin-dro, per un totale di ventiquattro valvole). SpeedValve portentoso! Chiaramente, una flagship car co-me la Leone Major non può esone-rarsi dal progresso. Così è stato adottato un sistema tutto nuovo, lo SpeedValve, che si occupa della sincronizzazione delle valvole e della fasatura di quest'ultime. L'o-biettivo dello SpeedValve non è più solo controllare le fasi del motore e regolarle, come i precedenti dispo-sitivi tecnologici, ma portarle al meglio puntando su una prestazio-ne sportiva minimizzando i consu-mi. Per questo motivo, lo Speed-Valve presta massima attenzione alla miscela benzina-aria immes-sa, al tempo di combustione e al ratio di compressione, osservando ciclicamente ogni quanto si ripete il ciclo del motore. Disattivato a bassi regimi per evitare consumi eccessivi, si attiva dai 3500RPM in

poi per incrementare l'accelerazio-ne e la ripresa: la sua attivazione è segnalata da una spia sul cruscot-to. Trazione posteriore sotto controllo È risaputo che la trazione posterio-re su auto con massa elevata porta quest'ultime a uscire fuori strada e a pagare in termini di stabilità. L'a-dozione dunque di stabilizzatori e di barre anti-rollio per evitare ec-cessivi movimenti della carrozze-ria è stata fatta dopo aver osserva-to il comportamento delle sospen-sioni multi-link e dell'efficacia del differenziale autobloccante elet-tronico. Tutte queste sono scelte volte a migliorare l'esperienza di guida, rendendola più sicura ma evitando o riducendo le spese in termini di prestazioni e di emozio-ni di guida. Il TCS (Traction Control System) aiuta poi ad evitare che l'output di potenza dato alle ruote motrici sia eccessivo mentre si esce dalla curva. Potenza e sicurezza Con 322 CV a 7300 giri, una coppia pari a 350Nm a 5500 rpm e una ve-locità massima di 255km/h, la Leo-ne Major confida più sull'emozione della guida su curva, dove lascia che sia il motore a urlare la sua potenza. Dotata di tutti i sistemi di sicurezza più avanzati, dall'anti-quato ABS rinnovato tuttavia per riconoscere i diversi tipi di strada e ridurre o incrementare l'intensità di frenata in base a questo, al con-trollo di trazione e allo SpeedValve, la Leone Major sceglie di imbocca-re la dura via delle flagship car os-sia proporre qualcosa di nuovo al pubblico. Può funzionare? Un segmento ancora del tutto nuo-vo Le flagship car esistono da tanto tempo: sono auto icona, simbolo mobile di un marchio automobili-stico, bandiere portanti il potere di un marchio. Nel 1994 la Toyota Soarer fu la flagship car per eccel-

lenza della Toyota, dimostrando al mondo intero il suo potenziale. Nel 1989, lo fu la Lexus LS, lasciando stupefatto il mondo automobilisti-co per i risultati assurdi che riusci-rono ad ottenere i tecnici giappo-nesi con quell'autovettura. A di-stanza di alcuni anni, i tecnici del-la Cadillac concluderanno che "la LS era troppo avanti per riuscire davvero a batterla con un modello della Cadillac ora come ora". Eppu-re le flagship car sono avvolte da un'aura di intoccabilità, di sacrali-tà: si conoscono ma non si tocca-no, si legge di loro ma è raro veder-le. Prezzo elevato Il primo componente che ostacola le flagship car, generalmente, è il prezzo elevato, dovuto all'uso di tecnologie appena sviluppate e di un'estetica che anticipa in un cer-to senso ciò che verrà poi. Con la Leone Major, tuttavia, il prezzo sa-rebbe giustificato dal fatto che si compete con due categorie, ossia mid-size e full-size, grazie ai 4,7m e al 3.8L V6 che permette all'auto-vettura di fronteggiare sul mercato autovetture di segmento legger-mente inferiore, proponendo però allestimenti più appetitosi. Nessuna Giardinetta Sì, trattandosi di una flagship car la versione Station Wagon o Giar-dinetta non verrà considerata. An-che questo fattore, che superficial-mente può sembrare non influisca sulle vendite, in realtà è piuttosto importante: in Nord America sono diversi i clienti che chiedono la versione Estate (giardinetta o sta-tion wagon, che dir si voglia!!) di una berlina tre volumi. Quando non è disponibile, il calo di vendite si fa sentire.. come ovviare al pro-blema? La proposta della Leone Major è semplice: un prezzo più abbordabile per attirare la clientela delle mid-size, convincendo e pre-mendo sul fattore dimensioni che gioca a favore, ma con delle entra-te capaci comunque di coprire le

22

AUTOMOTIVE

V i presento il mio nuovo progetto realizzato esclusivamente per ce-lebrare il secondo com-

pleanno della Comm. ARS: la NB City Space. Questa vettura deriva dalla concept car che ho presenta-to nel gennaio 2014: la NEG N3 City Space 4. Questo veicolo, come tutti quelli della serie NB, è concepito per of-frire all’automobilista un piacevole mix di comfort e tecnologia con

l’intento di aumentare il piacere della guida in città. Ho dedicato particolare attenzione un po’ a tut-to il progetto, facendo in modo che le sue linee risultassero fluide e si sposassero con l’ambiente urbano circostante. Ho anche ridisegnato il gruppo ottico posteriore munen-dolo di lampade a LED, più duratu-re ed affidabili, mentre la carroz-zeria è stata protetta da paraurti in materiale plastico antiurto. Come avrete notato, la vettura ha un assetto molto sportivo rispetto alla maggior parte delle auto di questa categoria; per questo moti-vo ho pensato di munirla di so-spensioni idrauliche regolabili dal

conducente a seconda dello stile di guida e del fondo stradale: eco-nomica, normale e sportiva. Per quanto riguarda la trasmissio-ne, la NB ha 4 ruote motrici da 16 o 17" mentre il propulsore è un 4 ci-lindri disponibile in due versioni: da 90 e da 200CV; il cambio può essere manuale a 5 rapporti o au-tomatico. I consumi oscillano, a seconda dell’allestimento, dai 4,7 ai 6,5 litri per ogni 100km. L'interno è dotato di 4 posti rifiniti, come gran parte dell’abitacolo, in pelle; completano la dotazione lo sterzo da 7” il GPS, l’impianto au-dio il tutto di serie.

di Gontrand Nyung

NB City Space

spese, un livello di personalizza-zione abbastanza elevato in modo da incrementare il prezzo gradual-mente, senza tuttavia giocare sulla sicurezza (il che, a livello di fiducia del cliente, diventa un fattore piut-tosto pericoloso ad acquisto fatto)

come nel caso dei fendinebbia o di airbag da disporre nel veicolo, uti-lizzando come strategia la traspa-renza più assoluta e un rapporto il più possibile vicino con un cliente. L'obiettivo della Leone Major è dunque molto semplice: abbattere

quel luogo comune per il quale le auto di lusso sono irraggiungibili.

23

24

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

E rieccoci qua! In questa puntata continua la no-stra chiacchierata sulla viteria e le sue caratteri-

stiche come elemento basilare in particolari realizzazioni progettua-li. Nell’articolo precedente, ci sia-mo occupati della forma del profi-lo della testa e dell’incavo relativo per il serraggio delle viti. Oggi par-leremo del profilo del gambo filet-tato della vite poiché esso designa la destinazione d’uso finale della stessa. Possiamo subito delineare due grandi famiglie di viti con due distinti tipi di profilo del gambo filettato: cilindrico e conico. Profilo del gambo cilindrico Il campo d’impiego di questo tipo di viteria è fondamentalmente la meccanica, in ogni sua applicazio-ne, e la carpenteria metallica poi-ché l’affidabilità raggiunta da que-sti collegamenti è ormai elevatis-

sima, garantendo ottimi accoppia-menti di precisione, grande resi-stenza alle sollecitazioni meccani-che e termiche, con un rapporto tra costo e durata estremamente contenuto. A questa famiglia ap-partengono i collegamenti smon-tabili eseguiti anche con dadi e bulloni. Nella sua esecuzione più semplice la vite è avvitata nell’og-getto da fissare tramite un filetto praticato in esso, eseguito prece-dentemente utiliz-zando un utensile filettatore, chia-mato maschiatore, che si applica al trapano. Le viti trilobate, o "automaschianti", riescono a sosti-tuire le normali viti metriche in tutti quei casi in cui non si dispo-ne di un maschiatore; ciò è dovuto alla particolare conformazione del gambo, che gli consente di realiz-zare una filettatura metrica al mo-mento del primo avvitamento, fun-gendo da vero e proprio maschio. Una volta smontate possono esse-re sostituite da normali viti metri-

che. A questa tipologia appartengono le filettature a profilo: A) Triangolare, ulteriormente sud-divisibili in: Metriche, sono definite così

perché tutti gli elementi della filettatura sono misurati in mil-limetri, cioè un’unità del Siste-ma Metrico Decimale. Tra i tan-ti vantaggi offerti dalle filetta-ture metriche emerge l’aspetto

che le creste del filetto sono spianate, fatto questo che com-porta che i due filetti della giunzione sono in contatto solo con i fianchi della filettatura, mentre alle creste è lasciato un certo gioco che evita ad esse di incastrarsi. Questo tipo di filet-tatura non è adatta per la tenu-ta stagna proprio per il gioco presente sulle creste.

V ed ultima puntata

di Salvio Gigl io

Profilo dei gambi filettati

Il profilo del gambo filettato delle viti fa intuire

subito la loro destinazione d’uso finale: assem-

blaggi meccanici o semplici fissaggi a parete.

Dimmi che profilo hai e ti dirò che vite sei!

Fig. 1, bullone con dado, un classico degli allestimenti meccanici in ogni ambito operativo. In questo caso il gambo è cilindrico

25

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Non metriche: tutti gli elementi della filettature o parte di esse sono espressi in unità di misu-ra diverse dal millimetro. Ap-partengono a queste categoria le Whitworth e le Gas.

B) Non triangolare, ulteriormente scalabili in: Trapezoidale, caratterizzate dal

profilo a trapezio isoscele sim-metrico. Ha sostituito le vec-chie filettature a profilo quadra-to o rettangolare. Una forma costruttiva di grande robustez-

za che offre maggior facilità di imbocco e consente la ripresa dei giochi nelle madreviti for-mate da due semi-chiocciole.

A dente di sega, è una filettatu-ra asimmetrica, usata principal-mente come vite di manovra, quando sono in gioco grandi sforzi con direzione e senso costanti. Vengono unificati due tipi, a dente di sega normale e a dente di sega fine. In queste esecuzioni si presenta un note-vole gioco assiale tra vite e ma-

drevite. Il fianco portante della vite ha un'inclinazione di soli 3°.

Profilo del gambo conico Questo tipo di profilo, con le dovu-te modifiche da modello a modello, è impiegato con materiali che pos-siedono una certa elasticità in quanto la sua forma conica eserci-ta, sulle pareti del foro relativo alla vite, una pressione che varia in funzione della sezione considerata e può essere assimilato, per certi

Tab. 1, caratteristiche normative attacco Edison

26

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Portalampada

Lampadina

Fig. 2, filettatura BA Fig. 3, filettatura Edison per lampade

Fig. 4, filettatura Gas: a sinistra il profilo della filettatura cilindrica e a destra quello delle esecuzioni per tubi rastremati

Fig. 5, filettatura a dente di sega Fig. 6, filettatura trapezoidale

27

tratti, al cuneo. Quando avvitiamo una vite con questo tipo di profilo del gambo filettato nel legno, ad esempio, è un po’ come se infig-gessimo in esso un chiodo non a colpi di martello ma ruotando e spingendo. Non a caso questo tipo di filettatura è destinato all’assem-blaggio di carpenterie in legno (tabella UNI 699) e profilati metal-lici leggeri col cartongesso, costru-zione di mobilio, fissaggi con tas-selli, ecc. In molte applicazioni la controparte, cioè il materiale su cui si dovrà avvitare la vite, ini-zialmente non è filettata; assume-rà la filettatura proprio attraverso l’avvitamento della vite. E’ il caso dei fissaggi con viti autofilettanti come le viti per il legno, la plasti-ca, ecc. Nella serramentistica dell'alluminio, ad esempio, si usa praticare dei fori di invito senza filettatura, lasciando che questa sia realizzata da viti munite di un’apposita scanalatura longitudi-nale che ha lo scopo di scaricare il truciolo, prodotto dall'incisione del

materiale, al momento del fissag-gio. A questa famiglia appartengo-no anche le viti autoperforanti che hanno un’estremità simile a una punta da trapano e sono indicate per il fissaggio di lamiere e mate-riali plastici, senza bisogno di pra-ticare preventivamente un foro di invito. Il tipo di filettatura per que-sto profilo è di tipo triangolare. I sistemi di filettatura più diffusi Concludiamo questa nostra carrel-lata con i sistemi di filettatura più diffusi in commercio e che potreb-bero esservi richiesti in ambito progettuale con questi standard abbastanza diffusi anche qui in Italia BA Norma base : B.S.93-1951. L’acronimo ridotto BA ha origine dal nome della British Association for Advancement of Science ed è diventato lo standard anglosasso-ne. In un primo momento le viti erano designate con le sigle alfa-numeriche #BA (ad esempio 2BA,

4BA ecc., i numeri dispari non erano quasi mai impiegati). Attualmente il sistema è an-cora usato in pochissimi am-biti applicativi come gli stru-menti di misura, gli apparec-chi fotografici, ecc.; oggi la serie è designata anche con valori metrici, ad esempio con 0BA si indica una filettatura col passo di 1mm. Questa filet-tatura ha il profilo triangolare con la cresta e il fondo ampia-mente raccordati; le pareti interne del filetto hanno un’inclinazione tra di loro di 47°30'. Edison, norma di base: DIN 40401 La connessione filettata per lampadine Edison è un siste-ma sviluppato e brevettato da Thomas Edison nel 1909 con il brand Mazda. La particolare forma ondulata del profilo ga-

rantisce un ottimo serraggio del bulbo all’interno del portalampada con un’aderenza delle superfici di vite e madrevite superiore se con-frontata ad altri sistemi filettati. Ciò previene il surriscaldamento del bulbo per scintillio da arco elettrico. Per la designazione nor-mativa UNEL si fa riferimento al diametro del bulbo espresso in millimetri e si ricorre alla siglatu-ra alfanumerica E#, ad esempio con E27 si indica un bulbo da 27 mm. Gas cilindrica e conica, filettature per accoppiamento di tubazioni a tenuta sul filetto UNI ISO 7/1-03 Si tratta di una filettatura il cui profilo di base è analogo a quello delle filettature Whitworth, a pas-so fine, usata per la giunzione del-le tubazioni idrauliche e per aria e gas compressi. Dal diametro nomi-nale di 1" in poi, il numero di filetti è costante. Esistono due tipi diver-si di filettature con le relative desi-gnazioni:

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Fig. 7, filettatura metrica ISO

28

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Tab. 2, parametri normativi delle filettature PG

Fig. 8, filettatura Whitworth

29

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Gas cilindrica: per designare questa tipologia di filettature si ricorre al British Standard Pipe Parallel o BSPP che è stato adottato a livello internazionale per l'interconnessione a tenuta stagna delle estremità di con-dutture in pressione. Lo stan-dard prevede l'accoppiamento di un’estremità maschio ester-na con una filettatura interna femmina. In alternativa si può designare la filettatura con la lettera G a cui segue il valore in pollici.

Gas conica: per designare le filettature d’estremità per tuba-zioni rastremate, dal profilo co-nico per intenderci, si utilizza il British Standard Pipe Taper o BSPT, il cui diametro varia lun-go la lunghezza del filetto. An-che in questo caso lo standard prevede l'accoppiamento di un’estremità maschio esterna con una filettatura interna fem-mina. In alternativa si può desi-gnare la filettatura con la lette-ra R a cui segue il valore in pol-lici.

Metrica ISO Norma base: ISO 965 Part 1,2,3 - 1998 Standard riconosciuto dall'Orga-nizzazione Internazionale per la Normazione ISO a partire dal 1947. Nel 1968 queste filettature furono assimilate nella normativa nazio-nale UNI per la meccanica. La ca-ratteristica geometrica essenziale delle filettature metriche consiste in un profilo triangolare avente un angolo al vertice di 60° in cui fian-co e passo della filettatura sono uguali e in cui i profili ideali di vite e madrevite coincidono così come il loro profilo base. Il profilo reale differisce dal profilo ideale per la presenza degli smussi; essi hanno altezza pari ad h/4 per il

fondo della vite e la cresta della madrevite, mentre sono pari ad h/8 per il fondo della madrevite e la cresta della vite. Il profilo nomi-nale rimane invece invariato ri-spetto al profilo base per la madre-vite, mentre la gola della vite è soggetta ad un ulteriore raccordo di raggio pari ad h/6. Il profilo d'e-secuzione differisce poi per tutte quelle piccole variazioni dovute di volta in volta al processo di lavora-zione della filettatura. Le viti con filettatura metrica ISO vengono identificate dalla lettera M seguita dal diametro nominale in mm e, in caso di filettatura a passo fine, dal passo di filettatura. Ecco due esempi di designazione: Filettatura standard a passo

grosso diametro nominale 8 mm: M8.

Filettatura a passo fine diame-tro nominale 10 mm passo 0,75 mm: M10×0,75

Per convenzione le filettature han-no sempre l’elica destrorsa; per impieghi particolari in meccanica la filettatura può essere eseguita con elica sinistrorsa, in questo caso la filettatura dell’esempio precedente sarà designata così:

M10×0,75 sin. Filettature metriche per accoppia-menti a tenuta stagna:

furono unificate nel 1977 con la tabella UNI 7707; sono state studiate in modo che non vi sia giuoco tra la cresta e il fondo filet-to in modo da evitare la via a spi-rale di fuga del fluido.

PG, norma di base: DIN 40430 La filettatura PG (dal tedesco Pan-zergewinde) è stata concepita espressamente per filettare estre-mità di tubazioni e scatolame di derivazione in PVC per conduttori elettrici. La sua peculiarità consi-

ste nell’avere un angolo di profilo di 80°; la conseguenza è una mini-ma profondità di filettatura, ideale per filettare tubi di esiguo spesso-re.

Whitworth norma base: B.S. 84-2007

Come scrivevo qualche puntata fa, è il primo standard industriale della storia. Non è molto diversa dalla filettatura metrica ISO dal momento che ha un profilo ideale triangolare con angolo al vertice, in questo caso, di 55° invece che di 60°. Il profilo nominale è lo stesso per vite e madrevite ed è smussato sia in cresta che in fon-do con un raccordo di raggio pari ad h/6. Questo aspetto comporta un contatto meccanico delle parti che coinvolge sia i fianchi che le creste dei filetti che, se da un lato assicura una certa tenuta per li-quidi in pressione, dall’altro può provocare interferenze e bloccag-gi. La designazione è espressa in pollici, in particolare i dati tabel-lati inerenti il passo sono espressi in filetti per pollice. Ecco un esempio di designazione di una Filettatura Whitworth con diame-tro nominale da un pollice e mez-zo:

1” ½W. Ricordate che queste filettature nelle esecuzioni normali presen-tano un filetto estremamente grosso rispetto al diametro della filettatura; ciò è dovuto all’elevato elevato angolo di elica che favori-sce lo svitamento accidentale del-la vite in caso di forti vibrazioni. Questo aspetto ha spinto, anche in paesi anglosassoni, a preferire le filettature metriche.

30

31

CINEMA E ANIMAZIONE

AVENGERS: Age of Ultron

L o S.H.I.E.L.D. è ormai di-strutto e tocca ai Vendica-tori proteggere la Terra. Tony Stark trova un modo

per non vestire più i panni di Iron Man ma allo stesso tempo conti-nuare ad aiutare gli altri eroi: creare Ultron, un'intelligenza artificiale e auto-cosciente per controllare la Iron Legion, la squadra di droni co-struita da Stark per combattere al suo posto. Ultron, però, che non ha sentimenti umani capisce che l'u-nico modo di salvare la Terra è sterminare proprio il suo nemico principale, l'uomo. Avengers: Age of Ultron è un film del 2015, scritto e diretto da Joss Whedon, basato sull’omonimo fumetto Marvel dei Vendicatori. Prodotto dai Marvel Studios e distribuito dalla Walt Di-sney Pictures, è l'undicesimo film del Marvel Cinematic Universe ed è il sequel di The Avengers del 2012. Annunciato nel maggio 2012, subito dopo l'uscita di The Avengers, ad agosto dello stesso anno Joss Whe-don, già regista del primo film, ha firmato per tornare in cabina di regia e poco dopo è stata fissata la data di uscita. Le riprese di seconda unità sono cominciate nel febbraio del 2014 in Sudafrica, mentre le ri-prese principali si sono tenute da marzo ad agosto. Il film è stato principalmente girato agli Shep-perton Studios nel Surrey, in Inghil-terra, con alcune sequenze girate anche in Valle d'Aosta, Corea del Sud, Bangladesh e in varie località

del Regno Unito. La data di uscita del film è fissata per il 1º maggio 2015 negli Stati Uniti e per il 22 aprile 2015 in Italia, in 2D, 3D e in IMAX 3D. Nel cast figurano attori di cui già conosciamo performance di super eroi come: Robert Downey Jr nei panni di Tony Stark – Iron Man, brillante ingegnere, playboy e filan-tropo creatore dell'armatura high-tech da lui stesso indossata nonché co-leader e principale finanziatore dei Vendicatori; Chris Hemsworth interpreta Thor, dio del tuono e principe di Asgard che non man-cherà di mostrare anche un lato più “terreno” ed “umano”; Mark Ruffa-lo vestirà i panni di Bruce Banner, il brillante scienziato che dopo es-sersi sottoposto a delle radiazioni gamma si trasforma in un enorme essere verde ogni volta che si ar-rabbia ovvero Hulk; nel film si ve-drà crescere il confronto tra queste due parti della stessa persona che, nonostante ciò, si temono recipro-camente. Chris Evans è ancora una volta Steve Rogers – Capitan Ame-rica, co-leader dei Vendicatori, un veterano della seconda guerra mondiale potenziato grazie a un siero sperimentale. La bella Scar-lett Johansson vestirà i panni di Natasha Romanoff – Vedova Nera, una spia altamente addestrata, ex-agente dello S.H.I.E.L.D.; Jeremy Renner sarà Clint Barton – Occhio di Falco, un abile arciere, anch’egli ex-agente dello S.H.I.E.L.D., il cui personaggio avrà un rilievo mag-giore rispetto al primo film. Aaron Taylor-Johnson ed Elizabeth Olsen, gemelli nel film, sono rispettiva-mente Pietro Maximoff - Quicksil-ver che corre a velocità elevatissi-

me e Wanda Maximoff - Scarlett, dotata di poteri magici, telepatici e ipnotici: abbandonati dai genitori, i due gemelli sono cresciuti pren-dendosi sempre cura l'uno dell'al-tro. James Spader sarà Ultron, un'intelligenza artificiale basata sulla personalità di Tony Stark: ani-mato da un delirio di onnipotenza, ha una visione piuttosto distorta del mondo e intende riportare la pace sulla Terra distruggendo il genere umano e, in particolare, i Vendicatori. Questo attore, scrittu-rato per la sua "voce ipnotica", ha interpretato il ruolo attraverso la motion-capture e si è sottoposto a numerose scansioni del corpo e del volto. Tra gli altri interpreti, forse meno “eroici” ma non meno impor-tanti, troviamo: Paul Bettany, l’an-droide Visione, già voce dell’intelli-genza artificiale J.A.R.V.I.S. nel pre-cedente film e nella saga di Iron Man; Don Cheadle è il Col. James "Rhodey" Rhodes, ufficiale della U.S. Air Force e stretto amico di Tony Stark; Cobie Smulders è Maria Hill, ex-agente di alto livello dello S.H.I.E.L.D. che ora lavora per Stark; Stellan Skarsgård interpreta Erik Selvig, un brillante astrofisico ami-co di Thor. Infine, Samuel L. Jack-son sarà Nick Fury, ex-direttore dello S.H.I.E.L.D., che reclutò per primo i Vendicatori. Jackson ha descritto il suo ruolo solo come un cameo; lo stesso Stan Lee avrà un cameo come in molti altri film Mar-vel. I film della Marvel, spesso suc-cesso di critica e pubblico, hanno raggiunto la notorietà anche grazie allo strepitoso numero di effetti visivi, i cosiddetti Visual F/X o VFX che consistono in tutti quei proces-

di Nunzia Nul lo

Quando Tony Stark cerca di avviare un programma di pace, le cose degenerano e i più grandi eroi della Terra, tra cui Iron Man, Captain America, Thor, l'Incredibile Hulk, Vedova Nera e Occhio di Falco, saranno messi alla prova, mentre il destino del piane-ta è a rischio. Il villain Ultron emerge, e spetterà agli Avengers impedirgli di attuare i suoi terribili piani, e presto scomode allean-ze e situazioni inaspettate apriranno la strada a un'avventura originale, su scala globale. La squadra deve riunirsi per sconfigge-re James Spader nei panni di Ultron, un terrificante megacattivo deciso ad annientare il genere umano. Sulla strada, gli eroi affronteranno due misteriosi nuovi arrivati, Wanda Maximoff, interpretata da Elizabeth Olsen, e Pietro Maximoff, interpretato da Aaron Taylor-Johnson, incontrando anche un vecchio amico in vesti nuove, quando Paul Bettany diventerà Visione.

32

CINEMA E ANIMAZIONE

I due leader dei Vendicatori: Tony Stark (Robert Downey Jr) e Capitan America (Chris Evans)

33

si in cui un'immagine viene creata e/o modificata al di fuori di una ri-presa live action e successivamen-te integrata con essa così da creare ambienti molto realistici. Questi effetti, sviluppati in CGI (Computer-generated imagery) che permette ad un'immagine bidimensionale digitalizzata di essere gestita per ogni tipo di vista tridimensionale, non sono più ormai appannaggio di soli film dai budget elevati. Infatti, esistono ormai software di anima-zione e composing (la combinazio-ne di vari elementi provenienti da fonti diverse che danno l'illusione di essere parte della stessa scena, come ad esempio nel blu e green screen) a prezzi ragionevoli ed ac-

cessibili anche a cineasti amatoria-li. Tornando ai Vendicatori, si è passati dai 2550 VFX di Capitan America e i 2750 VFX dei Guardiani della Galassia ai ben 3000 VFX di Avengers: Age of Ultron: una quan-tità considerevole, la più grande che la Marvel abbia mai fatto. Quin-di effetti ancora più strabilianti af-fidati ancora alla Industrial Light & Magic (ILM) ed altre società di tutto il mondo che daranno ancora più realismo ai colpi ancora di Tony Stark, ai fulmini di Thor o al lancio dello scudo di Capitan America. Il personaggio, forse, che ne trarrà più beneficio sarà Hulk: ad ogni film, infatti, l'aspetto del "gigante verde" migliora sensibilmente e qui, anche

grazie al sistema di motion capture Muse sviluppato dall'ILM, ancora di più. Esso infatti fornisce una so-vrapposizione ancora più reale dei movimenti degli attori alle immagi-ni digitali dello schermo, cogliendo realisticamente le performance dell'attore stesso e combinando diverse riprese. Un passo avanti importantissimo che non relega più l'attore ad essere un semplice "fantoccio" in movimento ma di-venta una sorta di vera e propria "collaborazione" tra computer ed uomo. Alla luce di tutto ciò, lo spet-tacolo sembra interessante...a voi l'ardua sentenza. :-)

CINEMA E ANIMAZIONE

In alto, a sinistra, in primo piano Robert Downey Jr, Thor (Chris Hemsworth) che copre con la sua stazza Chris Evans. In basso una scena d’insieme con i personaggi

34

N apoli è da secoli un la-boratorio culturale del Mediterraneo da cui sono uscite tantissime

coscienze e personalità che hanno finito per arricchire l’intero Paese con il loro talento e genialità. Il secolo scorso poi è stato partico-larmente prolifico sotto questo punto di vista e molti sono stati gli sforzi, su più fronti culturali, per ricollocare questo territorio tra le portanti economiche e culturali del nostro Paese. In questo articolo vi parlerò di una di quelle anime belle della mia città, il pittore ed architetto Carlo Cocchia che si può giustamente considerare il papà di un luogo amatissimo dai miei con-cittadini: lo Stadio san Paolo. Da bambino, nella splendida Mostra d’Oltremare, ammiravo e vivevo giocosamente le sue architetture senza sapere assolutamente nulla su di lui; oggi sono qui a rendergli un piccolo omaggio pieno di rico-noscenza per aver immaginato, progettato e realizzato opere così belle che hanno sicuramente ar-ricchito la mia Città. Prima di di-ventare un architetto, Cocchia fu parte di quel movimento innovato-re e di rottura col passato qual era il Futurismo. Il discorso dell’Avan-guardia Futurista a Napoli comin-ciò quasi subito, come se i giovani intellettuali di quel periodo ormai già presagissero la necessità di una svolta radicale rispetto al pas-sato. Cocchia era un intellettuale di spessore e la sua sperimenta-zione avanguardistica aveva ben altre finalità che la mera voglia di provare le novità di quel particola-re codice espressivo che era la pit-

tura futurista. In ogni caso, in quella intensa esperienza artistica, Cocchia aveva esaurito e scaricato tutte le sue giovanili pulsioni ever-sive. Sintesi biografica Carlo Cocchia nasce a Napoli il 23 novembre del 1903. Dopo gli studi liceali, si iscrive alla Facoltà di Architettura di Napoli anche se il suo coinvolgimento nel movimen-to Futurista come pittore prevale sugli studi per molti anni. Insieme a Guglielmo Peirce, Anto-nio De Ambrosio ed altri, Cocchia fondò il Movi-mento Circumvisionista, di cui pubblicò il Mani-festo a Capri nel 1928, aderendo così totalmen-te alla seconda ondata del Futurismo. Nel 1929 Cocchia fonda la rivista Bottega di Decorazione, un vero laboratorio di sperimentazione, sugli oggetti di arredo le nuo-ve tendenze estetiche, che inquadrava con non poca attenzione anche il Dadaismo e le sue appli-cazioni nell’interior de-sign. Si laurea nel 1935, quando ormai era già un pittore molto affermato, e appena un anno dopo diventa professore di Sceno-grafia e Decorazione nella stessa Facoltà. E’ descritto come un do-cente rassicurante che aveva fatto già suo l’antesignano concetto di team e su di esso organizzava ed improntava didattica e professio-ne. Dal 1937 al 1940, è parte dello staff di progettazione della I Mo-stra Triennale delle Terre d'Oltre-mare coordinato dall'abile regia di Marcello Canino, inaugurata con grande enfasi il 9 maggio 1940 e,

insieme a Giulio De Luca, progette-rà gran parte dei padiglioni e degli edifici pubblici come l'Acquario Tropicale, il Ristorante con piscina e la maestosa Fontana dell’Esedra ideata con Luigi Piccinato; ancora sue le Serre Botaniche di elegante fattura strutturale, poi distrutte da colpevole ignoranza nel dopo ter-remoto del 1980 per far spazio ai containers per i terremotati. Stu-penda appare, ancora oggi dalle

sole foto dell’epoca, la Scuola di Equitazione realizzata sempre in quel periodo ad Agnano; purtroppo anche questa è andata devastata. Nel 1942 diventa libero docente ma, con l’evolversi del conflitto mondiale, è arruolato nell’esercito e viene fatto prigioniero dal 1943 al '45. Tornato in patria, nel dopo-guerra, realizza Villa Santa Maria a Vettica ad Amalfi che, con i suoi volumi, rappresenta una bella pa-gina di razionalismo italiano. E’ nominato professore incaricato di Elementi di Composizione Archi-

DESIGNER’s STORY

Carlo Cocchia

di Salvio Giglio

35

DESIGNER’s STORY

Manifesto del Circumvisionismo Futurista, Capri, 1928 C. Cocchia, Paesaggio futurista, tecnica mista su carta, 1925

C. Cocchia, Acquario tropicale, Mostra d’Oltremare, ingresso, 1940

L. Piccinato e C. Cocchia, Fontana dell’Esedra, Mostra d’Oltremare, 1940

C. Cocchia, Ristorante con piscina, Mostra d’Oltremare, 1940 C. Cocchia, Acquario tropicale, Mostra d’Oltremare, interno, 1940

36

DESIGNER’s STORY

tettonica sempre presso la Facoltà di Architettura di Napoli dal 1950 al '62, ruolo che condividerà con l’incarico di professore ordinario di Composizione Architettonica al Politecnico di Milano dal 1959 al '62. Dal 1962 al '67 assume la catte-dra di Elementi di Architettura e dal 1967 al ’77 è docente ordinario di Composizione Architettonica sempre alla Federico II di Napoli. Nel 1979 per la lunga carriera di-dattica, svolta con entusiasmo e professionalità e legata coerente-mente al mondo del lavoro, gli vie-ne conferito il titolo onorifico di Professore Emerito dell'Università di Napoli. Cocchia è anche tra co-loro che vogliono approfittare del-la ricostruzione del dopoguerra per ammodernare e sanare Napoli. Per questo motivo, dal 1949, è rela-tore ufficiale presso il Congresso Nazionale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica favorendo qualsiasi iniziativa utile per lo sviluppo dell'edilizia sovvenzionata. La sua personale ricerca progettuale per l’edilizia popolare mira anzitutto a creare una connotazione locale e poi ad enfatizzare il significato sociale del manufatto architetto-nico e ne sono un esempio i tanti rioni da lui progettati a Napoli per l’IACP: Barra (1949-‘52), via Maritti-ma (1951-‘53), viale Augusto (1952),

la Loggetta (1956-'57) a Fuorigrotta con Renato D'Ambrosio, Alfredo Sbriziolo, Gerardo Mazziotti e Elio Lo Cicero; il Rione Mazzini con Luigi Cosenza e Francesco Della Sala; il Rione Stella con Giulio De Luca e Della Sala; il quartiere INA-casa a Secondigliano (1957), realiz-zato con Steno Paciello, Davide Pacanowski e Michele Capobian-co, che articola l'insediamento intorno ad un modello tradizionale di strada, rappresenta la sua mas-sima applicazione. Cocchia pro-getta anche per grandi opere pub-bliche; il suo nome compare , in-fatti, tra quelli dei progettisti delle equipes vincitrici dei concorsi per: lo Stadio del Sole (poi Stadio san Paolo), realizzazione a cui parteci-pò come capogruppo insieme a Gerardo Mazziotti nel 1948. Il San Paolo, ideato per lo sport di massa, è stato riconosciuto dalla critica internazionale come esempio di raffinatissima razionalità: prima del 1990 sembrava quasi una gran-de scultura di cemento, con i suoi poderosi 56 costoloni inclinati che reggono l'anello delle gradinate, tanto da farlo apparire come una luminosa fascia orizzontale librata sull'ombra delle scale sottostanti; l'Edificio Viaggiatori delle FS a Napoli nel 1954, insieme ai proget-ti di Pier Luigi Nervi che si era oc-

cupato delle strutture e di Massi-mo Battaglini che si occupò degli spazi interni; la nuova sede della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Napoli del 1963 insieme a Massimo Nunziata. Suo è il progetto del Centro Elaborazio-ne Dati del Banco di Napoli (1960- ’61) a Viale Marconi. Per l’anniversario del settantesi-mo anno della fondazione della Società pel Risanamento, di cui sarà membro del CdA dal 1963 al ‘85, nel 1961 scrive e pubblica L'e-dilizia a Napoli dal 1918 al 1958, un importante contributo bibliografi-co sulle vicende urbanistiche na-poletane di quel periodo. Non sono poche le sue opere realizzate fuori Napoli e tra le tante si possono citare la Centrale elettrica del Vol-turno (1943) ad Isernia, le case popolari a Nardò (1951), il Com-plesso termale a Castellammare di Stabia (1956) insieme a Marcello Canino e con le collaborazioni di Franco Iossa, Alfredo Sbriziolo e Gerardo Mazziotti; le filiali della Banca d'Italia a Roma, Grosseto e Sassari, il Centro Elaborazione Da-ti della Banca d'Italia a Roma e il Palazzo dell'Arte a Cremona. Il maestro si spegnerà a novant’anni nella sua Napoli il 7 marzo 1993.

C. Cocchia, Serre Botaniche Mostra d’Oltremare, plastico, 1938

C. Cocchia, Serre Botaniche Mostra d’Oltremare, interno, 1940

37

DESIGNER’s STORY

C. Cocchia Serre Botaniche, Mostra d’Oltremare, interno, 1940

C. Cocchia, Scuola d’Equitazione, prospetto, Agnano (NA), 1940

C. Cocchia e G. Mazziotti, Stadio del Sole, poi Stadio San Paolo, Napoli, 1948

C. Cocchia, Villa Santa Maria a Vettica, Amalfi (NA) C. Cocchia, Nuovo Policlinico Universitario di Napoli, 1963/’73

38

39

HARDWARE & SICUREZZA

V erso la fine di gennaio, ha fatto notizia la diffu-sione di un Malware, più precisamente un

Trojan, chiamato Cryptolocker o CTB-Locker, che una volta infetta-to il sistema cripta i documenti

presenti nel PC e nei dischi colle-gati tramite USB o tramite la rete, chiedendo poi un “riscatto” da pa-gare in Bitcoin (una moneta vir-tuale non tracciabile) per avere la chiave di decodifica. I Malware sono solo una delle minacce ai Nostri dati. Ci sono infatti anche i guasti ai dischi rigidi, cancellazio-ni accidentali, furti di computer etc. Ma la minaccia più grave sia-

mo noi e la nostra pigrizia nel fare il Backup o nel volerlo fare una volta al mese invece che una volta alla settimana. Con i clienti sto diventando... “assillante” con que-sta storia dei Backup. Qualche cliente mi ha dato del “terrorista” perché li spavento preannuncian-do rotture di dischi, virus micidia-li, furti di attrezzatura, cataclismi informatici (… “le cavallette” [cit.]), spaventando i poveri clienti che

non fanno i Bac-kup oppure li fan-no in modo non adeguato (es. in un disco interno al PC o fanno pas-

sare mesi o anni tra una copia e l'altra). Fra i sistemi non adeguati, a causa di alcuni tipi di Malware noti come Ransomware, a cui ap-partiene anche Cryptolocker, c'è anche quello di usare un disco USB sempre collegato e acceso. Anche un Server o NAS (una sorta di disco esterno ma collegato in rete) con cartella condivisa, può non essere una buona idea, a me-

no che non si prendano alcune precauzioni, impostando dei per-messi differenti per le cartelle di destinazione del Backup, rispetto all'utente normalmente utilizzato. Qualche giorno fa un cliente si è beccato Cryptolocker e ha dovuto dire “ciao ciao” ai suoi preziosi da-ti che, tra l'altro, gli avevo miraco-losamente salvato appena due set-timane prima, dopo una cancella-zione accidentale. Ovviamente gli avevo detto di fare immediata-mente il Backup, ma lui non l'ha fatto... in quelle due settimane non ha trovato mezzora per fare le co-pie su un disco esterno che già possedeva. Ora si deve ricostruire tutti i sui dati. Ma non è un caso isolato. Nei primi di giorni di Feb-braio un Cliente, commercialista e consulente del Lavoro, mi ha por-tato il suo Computer principale. Erano 16 mesi (SEDICI MESI) che non faceva il Backup. Il suo Com-puter non si avviava più a causa di un problema alla partizione. Fortu-natamente sono riuscito a recupe-rare tutti dati, ma è stato davvero

di Danie le P inna

Backup! Backup!! BACKUP!!!

Il PC è una macchina vulnerabile e la minaccia

più grave siamo noi e la nostra pigrizia nel non

voler fare il Backup

Fig. 1, tradizionali supporti per il Backup sono CD e DVD

40

HARDWARE & SICUREZZA

fortunato. Tra l'altro il PC era dota-to di un sistema RAID-1, ovvero un doppio disco fisso configurato in modalità Mirror, cioè scrittura contemporanea dei dati su en-trambi i dischi; in caso di rottura di uno di essi (guasto hardware) poteva continuare a lavorare in attesa della sostituzione. Questo è semplicemente un altro esempio che dimostra che il RAID è si utile ma non sostituisce il Backup. Qualcuno in effetti scambia erro-neamente il RAID come un siste-ma automatico di Backup, e sba-glia, perché se cancelli un file, car-tella o, come nel caso del cliente, si rovina l'MBR (Master Boot Record che contiene tra le altre cose an-che la Tabella delle Partizioni), la cancellazione avviene contempo-raneamente su entrambi i Dischi!!! Infatti il RAID-1 (cosi come gli altri livelli di RAID diversi dal RAID-0) sono semplicemente un sistema di ridondanza che permette di conti-nuare a lavorare anche se uno dei dischi si rompe, in attesa della so-stituzione. Nel computer del Com-mercialista, dopo ore di lavoro, so-no riuscito a ripristinare le parti-zioni e recuperare Tutte le Cartelle e i File, ma è stato davvero un caso fortunato. A volte penso di avere dei clienti adepti di una setta reli-giosa, che fra i suoi comandamenti imponga: “non fare il Backup”. Vi

ho Terrorizzato? Si? Bene! Ora fate ora il Backup, sempre che non sia vietato dal vostro credo religioso. ;-) Vediamo adesso come si possono fare i Backup. Prima di tutto va spiegato esattamente cosa signifi-ca Backup (si lo so magari andava spiegato all'inizio dell'articolo): “copia di sicurezza” o “copia di ri-serva”. Significa quindi che questa copia deve funzionare quando gli “originali” non sono più accessibili o integri, per qualunque motivo. Una delle cose che purtroppo rara-mente si fa è la verifica che i dati copiati, una volta ripristinati, sia-no realmente leggibili. Questo va fatto per evitare di scoprire dopo un ripristino necessario e non di test, che il supporto di memorizza-zione usato per il Backup aveva dei problemi e i dati sono corrotti. Esistono vari metodi per fare que-sto test... ma ovviamente il ripri-stino si fa su cartelle o supporti differenti da quelle originali. Gli strumenti per i Backup Gli strumenti per effettuare il Bac-kup sono essenzialmente due: il supporto di memorizzazione e il software di Backup. In effetti si potrebbe usare un HDD Interno o una partizione dello stesso HDD del Computer. E' una soluzione che non mette al riparo da even-tuali danni al Disco, Furti, Virus,

per cui va scartata a priori salvo che venga usata come “parcheggio temporaneo” per poi effettuare la copia definitiva su un altro sup-porto. L'Utilizzo di CD-R, CD-RW, DVD±R, DVD±RW, DVD-RAM, Fig. 1, sebbene ancora usati, sono adatti a quantità di dati non elevate e non continuative, ad esempio per ar-chiviare un Lavoro completato che non deve essere più modificato. In particolare le versioni Riscrivibili (ReWritable), convenienti per Bac-kup frequenti, sono molto più lente in scrittura rispetto alla versioni Scrivibili (Recordable). L'utilizzo del Backup su Nastro (o DAT, simi-le alle mini-vhs), Fig. 2, ha dei van-taggi di affidabilità a lungo termi-ne, ma è complicato poter recupe-rare il singolo file, dato che occor-re scorrere tutto il nastro fino al punto in cui si trova quel file. E' costoso sia per l’apparecchio di Backup sia per i nastri che, per motivi di affidabilità, non vanno usato più di un certo numero di volte e dopo un certo tot di utilizzi occorre usare la cassetta di puli-zia, la qualche a sua volta ha un massimo numero di utilizzi. E' un sistema che oggi è usato prevalen-temente da grosse aziende. Nor-malmente si usano almeno 2 na-stri differenti da alternare, in mo-do che, in caso di problemi con uno dei nastri, ci sia la copia pre-

Fig. 2, unità di Backup su nastro DAT per PC

41

HARDWARE & SICUREZZA

cedente. Il Backup su un HDD Esterno USB o interno ma estraibi-le, Fig. 3, è sicuramente fra i siste-mi più utilizzati, non solo nelle aziende, ma anche da piccoli pro-fessionisti o dai privati. L'utilizzo è molto semplice e sufficientemente veloce. Molti lasciano il disco di Backup sempre attaccato e acceso, insieme al PC acceso in modo da poter programmare il Backup nelle ore in cui non si sta al Computer. E' una buona soluzione, che però può essere rischiosa nel caso ci si prenda il Virus Cryptolocker o qualcosa di simile, dato che va a criptare i dati anche dei Dischi che in quel momento trova collegati. Una soluzione potrebbe essere quella di accendere/collegare il disco solo quando serve, avviare il Backup manualmente e impostare il software di Backup per spegnere il PC al termine. Il Backup su Cloud, Fig. 4, sta diventando molto popolare, specie per chi lo usa per archiviare i dati del proprio smartphone o tablet. Il vantaggio è che non dovete acquistare e man-tenere funzionanti dei dispositivi, lo svantaggio è che i dati non stan-no a casa vostra, e se volete molto spazio (es. più di 15/16 GB disponi-bili con DropBox o Google Drive) dovrete acquistarlo e rinnovarlo mensilmente o annualmente. Il funzionamento è molto semplice.

Dopo l'iscrizione gratuita (con cui si hanno fino ad un massimo di 16 GB con DropBox o 15 GB con Goo-gle Drive) si scarica una piccola applicazione che parte ad ogni avvio del Computer. Viene creata una cartella (DropBox o Google Drive) nel computer e tutti i file e sottocartelle, copiati, spostati, creati li dentro verranno sincro-nizzati sul Cloud. Se abbiamo un altro PC (es. Casa / Ufficio) usando lo stesso account avremo quei do-cumenti sincronizzati con entram-bi i PC. Non solo, possiamo decide-re di condividere una o più cartelle con amici: tutti i file presenti in quelle singole cartelle condivise, saranno visibili e accessibili an-che agli amici invitati. Non solo, con alcuni servizi Cloud (es. Drop-Box) in caso di cancellazione di un file o la necessità di ripristino di una vecchia versione di un file, basta andare sull'Applicazione Web per scegliere la data del file da ripristinare (su Google Drive non ho potuto verificare questa funzionalità). Ultimamente si stanno diffondendo dei sistemi di Backup chiamati NAS (Network Attached Storage, Fig. 5), una sorta di Disco esterno USB, solo che si collega tramite un cavo di rete al Router (è fortemente consigliata una rete Gigabit) e quindi tramite la LAN a tutti i Computer,

Smartphone e Tablet presenti in quella rete. Esistono di diverse versioni che si differenziano per potenza, processore, ram e funzio-nalità, ma una prima classificazio-ne si fa in base alle “baye” presen-ti, cioè alla quantità di HDD che è possibile montare: I più economici permettono di montarne solo uno, ma quelli da 2 HDD (con cui si può fare un RAID-1) costano solo poco di più. Esistono poi delle versioni per grandi aziende da 4, 8 e più Dischi. Un utilizzo normale, per una piccola azienda o un profes-sionista o anche per uso domesti-co è un sistema a 1 o 2 baye, men-tre aziende medio grandi potreb-bero optare per una soluzione a 4 baye, con 3 Dischi in RAID-5 più un quarto come riserva. I vari mo-delli si distinguono in base al pro-cessore, la maggior parte usano una CPU ARM (simile a quella usa-ta nei telefonini e tablet) mentre altri usano dei processori Intel Atom o Celeron, che sono in gene-rale delle CPU scarsissime per un utilizzo su un normale PC, ma i NAS eseguono generalmente delle operazioni molto semplici. Il siste-ma operativo presente nella (quasi) totalità dei NAS in com-mercio è una versione particolare di Linux, ma non dovete spaven-tarvi se non sapete usare questo sistema operativo, perché per la

Fig. 3, unità di BackUp su HDD; da sinistra, le prime due esterne la terza interna

42

configurazione dovrete usare una semplice interfaccia Web, per certi versi analoga a quella di molti rou-ter. Solo per configurazioni avan-zate è necessario (o più divertente, sono punti di vista :-) ) usare una interfaccia a linea di comando (CLI), tramite SSH, in cui ritrovia-mo tutta la potenza del sistema operativo Linux presente in questi prodotti. Con i NAS possiamo fare moltissime cose. Iniziamo con la più basilare, cioè creare e condivi-dere sulla rete una o più cartelle, che dal nostro PC (Windows, Mac o Linux non importa) possiamo sfo-gliare come una normale cartella condivisa. Ovviamente possiamo impostare i permessi per i vari utenti. Se sul PC ho un Utente di nome “daniele” e password “Xyz.123”, e sul NAS creo un utente con le stesse credenziali, non do-vrò ridigitare la password per en-trare nelle cartelle condivise. Pos-so usare una delle cartelle condivi-se per i Backup. Se ci sono più utenti, ciascuno può avere una sua cartella a cui solo lui può accedere (ma ovviamente l'utente “admin” potrà accedere a tutte le cartelle). Se ho dei file multimediali (Foto, Musica, Film) e un dispositivo compatibile DNLA (es. Una Smart TV) posso vedere quei contenuti accedendo tramite la LAN. Se ho dei file molto grandi da scaricare

da Internet (io lo uso spesso per scaricare le ISO dei DVD di Linux) e non voglio tenere il Computer acceso per ore a scaricare, posso passare i link per il Download o i file .torrent al NAS e lui provvede-rà allo scaricamento, anche a PC spento. Su molti NAS (sicuramente sui QNAP e Synolo-gy, due dei marchi principali del settore), esiste la possibilità di creare un Cloud interno, simile a Dropbox o Google Drive, quindi con una cartella sul Nostro PC che vie-ne sicronizzata con il NAS. Il van-taggio è che i dati stanno a casa nostra e non in "casa di altri", oltre che lo spazio è certamente supe-riore. Lo svantaggio è che, se ad esempio abbiamo il NAS in ufficio e siamo a casa, il tempo di Down-load di quei file è limitato dalla velocità di Upload della linea dell'Ufficio. Ovviamente esistono delle APP per Smartphone e Tablet per poter gestire il NAS anche da remoto, scaricare dei file etc. Il Software Ora che abbiamo lo strumento Hardware per dare le copie, ci ser-ve un “Software” che permetta di semplificare il Backup. In effetti è possibile fare le stesse operazioni a manina, ma dovremmo appunto selezionare le cartelle da copiare manualmente e incollarle nella

destinazione, usando magari un qualche metodo per distinguerle dalla copia precedente, se per caso ci interessa conservarla oltre che eliminare la copia più vecchia e gestire eventuali problemi di copia che, su Windows, a volte interrom-pono l'intera procedura, senza riu-scire a stabilire, con esattezza, quale file non si riesce a copiare. Fortunatamente esistono molti software, alcuni gratuiti altri a pa-gamento, che permettono di ese-guire questa procedura nel modo più semplice. Per semplicità e bre-vità citerò solo un software (quello che ho adottato da qualche anno), Cobian Backup, Fig. 6, un software gratuito (ma closed source), dispo-nibile nel sito: www.cobiansoft.com Altri software lavorano in modo analogo. In CB abbiamo la possibi-lità di impostare uno o più Task, cioè delle istruzioni in cui diciamo al programma quali cartelle copia-re, dove copiarle, quando farlo, con quale metodo, se comprimere etc. Riguardo il “quando” è possibile impostare il Backup manuale (cioè deve essere l'utente ad avviarlo), oppure programmarlo a piacimen-to (Giornaliero, Settimanale, Men-sile, etc.). E' possibile scegliere se sovrascrivere la precedente copia, oppure conservarla per un certo numero di Backup (dinamiche),

Fig. 4, il cloud è diventato un’altra risorsa utile al

Backup

Fig. 5, NAS Network Attached Storage per l’archiviazione dei Bac-

kup via router

HARDWARE & SICUREZZA

43

usando come destinazione una combinazione di nome-cartella piu data e ora (es. “Documents 2015-02-17 11;14;40”). Quando si sceglie di tenere un certo numero di copie, ad esempio 5, quando ver-rà fatta la sesta copia, la prima vie-ne cancellata in automatico da CB, una ottima soluzione per non riempire inutilmente il disco di Backup, o doversi ricordare perio-dicamente di eliminare le vecchie copie manualmente. E' possibile scegliere se fare sempre e solo un Backup Completo, oppure un pri-mo Backup Completo e i successi-vi (ad esempio per un mese) par-ziali, con il metodo Incrementale (vengono copiati solo i file modifi-cati dall'ultimo Backup), oppure Differenziale (vengono copiati solo i file modificati dall'ultimo Backup Completo). Se scegliamo questa soluzione occorre creare due Task, il primo con il Backup Completo (es. Mensile) il secondo con il Bac-kup Incrementale o Differenziali da eseguire, settimanalmente o giornalmente. Fra le tantissime opzioni esiste anche la possibilità di comprimere il Backup usando il formato .ZIP o .7ZIP e/o eseguire una crittografazione AES a 128

bits, 192 bits e 256 bits. Ovviamen-te sia la compressione che la crit-tografazione richiedono potenza di calcolo e maggiore tempo di esecuzione. Abbiamo inoltre la possibilità di includere solo alcuni tipi di file dei percorsi selezionati o escludere alcuni tipi di file. Ad esempio io consiglio di escludere sempre il file “desktop.ini” che, in alcune cartelle di sistema (Desktop, Documenti etc) dice a Windows che quella cartella ha un determinato nome. Questo com-porta dei problemi quando scelgo che il nome della cartella copiata deve essere “Documents 2015-02-17 11;14;40”, perché con quel “desktop.ini” verrebbe visualizzata come “Documenti”. Se nelle dina-miche ho impostato CB per tenere 5 copie, mi ritrovo con 5 cartelle che si chiamano “Documenti” e per distinguerle occorrerebbe en-trare nella singola cartella e visua-lizzare il percorso. Abbiamo anche la possibilità di eseguire dei co-mandi precedenti e successivi al Backup, ad esempio è possibile richiamare un file Batch che disa-bilita il servizio SQL Server e poi un altro che lo riattiva al termine della copia. Infine, a termine Bac-

kup, è possibile impostare CB per inviare una mail con il log al no-stro indirizzo… scegliendo se in-viarla sempre o solo in caso di er-rore. Conclusione Occorre sempre verificare che nel-le cartelle che stiamo indicando al software di Backup ci siano sem-pre tutte le cartelle che ci interes-sano. Ad esempio spesso l'utente indica tutte le cartelle di lavoro, ma dimentica di includere la car-tella dove viene salvata la posta elettronica. Inoltre è opportuno NON includere le cartelle che non è necessario salvare, ad esempio le cartelle Windows e Programmi (al limite per quelle si usano software per clonare e ripristinare le parti-zioni). Bisogna sempre pensare ad ogni eventualità, anche se remota. Che succede se si subisce un furto, o si incendia l'ufficio? Si rischia di perdere sia i dati principali, sia le copie; se quei dati sono molto im-portanti, può essere utile, ogni tan-to, fare un’ulteriore copia, da collo-care in un altro edificio (es. a ca-sa).

Fig. 6, il software Cobian Backup

HARDWARE & SICUREZZA

44

HARDWARE & SICUREZZA

D a circa un anno ho ri-scontrato delle vulnera-bilità in alcuni router di diverse marche, che in

sostanza sono realizzati con la stessa scheda madre e stesso firmware, ma chassis differenti. La prima vulnerabilità è banalissima e andrebbe licenziato in tronco per stupidità il team di sviluppo. In questi Router è infatti possibile ac-cedere alla configurazione non solo dalla LAN interna (cioè collegando-si con un cavetto Ethernet o con una connessione Wireless), ma an-che dalla WAN, ovvero da una qual-siasi connessione internet, sempli-cemente usando l'indirizzo IP asse-gnato alla linea ADSL in quel mo-mento dal gestore. Ovviamente occorre conoscere le credenziali di accesso alla configu-razione del router, ma normalmen-te sono “admin” e “admin”, ma la maggior parte degli utenti non cambia la password predefinita. Cambiare la password però potreb-be non essere sufficiente, perché alcuni di questi router hanno anche una vulnerabilità che gli permette di aggirare la password di protezio-

ne, forse una backdoor per i gestori che dovrebbero gestirli in remoto. Sta di fatto che in alcuni modelli è possibile aggirarla. Quindi è oppor-tuno attivare la funzionalità ACL (Access Control List) presente in uno dei menu del router, impostan-do come valido solo l'accesso LAN e non quello WAN (verificate nel ma-nuale del router come fare). Se il nostro router viene attaccato subisce le seguenti variazioni:

viene modifica la password di amministrazione del rou-ter;

vengono modificati i DNS, per cui non vengono più usa-ti quelli forniti dal provider, ma quelli "alterati" di chi sta eseguendo l'attacco.

I DNS (Domain Name System) sono dei server fondamentali per la navi-gazione. Vengono interrogati dal Browser, quando vogliamo andare ad un particolare indirizzo internet, restituendo (in modo trasparente all'utente) l'indirizzo IP del server che lo ospita; ad esempio se digitia-mo sulla barra degli indirizzi: www.google.it il DNS risponderà: 74.125.232.159 che è l'indirizzo IP assegnato ad uno dei server di Goo-gle. Provate a inserire quell'IP diret-tamente nella barra degli indirizzi e vedrete comparire “magicamente” la pagina di Google. Provate a ricor-

dare a memoria questo l'indirizzo IP o quello del Vostro sito preferito, quello di Facebook etc. E' chiara quindi l'importanza di questi DNS. Se però ci troviamo i DNS alterati, digitando l'indirizzo di Google, pur vedendo nella barra degli indirizzi www.google.it potremmo trovarci dirottati su un server differente che, ad esempio ci fa scaricare un falso aggiornamento di flash o ci invita ad autenticarci su Google, rubandoci quindi le nostre creden-ziali. Se invece di Google, andiamo su PayPal, o sulla pagina web della nostra Banca, ecco che la cosa di-venta ancora più pericolosa. Per verificare se il router è vulnera-bile provate ad accedere al vostro indirizzo IP (assegnato dal Provi-der) da un'altra linea Internet (ad esempio da uno Smartphone). Se vede la schermata di richiesta pas-sword, il vostro router è vulnerabile, e occorre sia cambiare la password (se non l’avete già fatto), sia impo-stare le ACL. Se non riuscite ad accedere alla configurazione perché la password non corrisponde con quella predefi-nita e non l’avete cambiata voi, re-settate il router riportandolo alle impostazioni di fabbrica, eliminan-do quindi anche l'eventuale altera-zione dei DNS.

di Daniele Pinna

Vulnerabilità Router e Alterazione dei DNS

45

46

47

INGEGNERIA BIOMEDICA Open Access

La natura si domina ubbidendole. - Francis Bacon

P er gli uomini la Natura è sempre servita da model-lo e da fonte di ispirazio-ne per migliorare la qua-

lità della vita. La Natura, per mez-zo dell’evoluzione, dona infatti agli

esseri viventi soluzioni “sperimentate” che combinano una grande efficacia ad un mini-mo dispendio di risorse. Il cervello umano ad esempio, con i suoi po-chi watt di fabbisogno energetico, compete in molti ambiti con i più potenti e moderni super computer, questi ultimi alimentati da una potenza milioni di volte superiore.

“Biomimetica“ è il termine1 che designa l’imitazione dei modelli, dei sistemi e delle forme della Na-tura ai fini della risoluzione di complessi problemi umani. Le ap-plicazioni della biomimetica spa-ziano dalla robotica ai nanomate-riali, dall’intelligenza artificiale al design e all’architettura. Recentemente, un team di ricerca internazionale diretto da Justin Marshall, neurobiologo al Queensland Brain Institute dell’Università del Queensland,

Australia, è stato capace di svilup-pare un sensore che mima la capa-cità degli occhi di

alcuni crostacei di filtrare la luce polarizzata. “La Natura presenta princìpi di progetto eleganti ed efficienti. Noi stiamo combinando i milioni di anni di evoluzione del mantis shrimp2 (l’ingegneria della Natu-ra) con i nostri relativamente po-chi anni di lavoro con la tecnolo-gia” afferma il prof. Marshall.

L’articolo in cui viene descritto questo innovativo sensore biomi-metico è stato pubblicato lo scorso agosto su “Proceedings of the IEEE” con il titolo: Bioinspired Po-larization Imaging Sensors: From Circuits and Optics to Signal Pro-cessing Algorithms and Biomedical Applications. Biomimetica in azione L’occhio composito del mantis shrimp contiene gruppi di partico-lari fotocellule chiama-te omnatidia. Ogni omnatidia com-bina i veri e propri fotorecettori con dei microvilli che filtrano la polarizzazione della luce. Per ana-logia, in questo nuovo sensore bio-mimetico gli elementi fotosensibi-li (basati sul paradigma di imaging “current mode CMOS”) sono mo-noliticamente integrati con nano-fili di alluminio che nell’insieme agiscono come filtro polarizzatore lineare. Il sistema di imaging ri-sultante è compatto, e fornisce informazioni con alta fedeltà sia spaziale che temporale.

di Yuri Tedesco

Rilevatori ottici di cancro

Una soluzione biomimetica: gli occhi di un cro-

staceo fonte d’ispirazione per rilevatori ottici di

cancro

Un primo piano del mantis shrimp, un tipo di crostaceo usato come fonte di ispirazione per l’innovativo sensore di polarizza-zione biomimetico. Questo crostaceo usa dei complessi occhi per individuare le sue prede nell’ambiente marino: oltre alla visione a colori, può sfruttare la capacità di percepire la polarizzazione della luce. Photo: Alastair Pollock/Getty Images ©

48

INGEGNERIA BIOMEDICA Open Access

APPLICAZIONI BIOMEDICHE DEL SENSO-

RE OTTICO “BIOINSPIRED” Rilevamento di cellule tumorali I tessuti cancerosi, essendo strut-turalmente differenti dai tessuti sani3, riflettono la luce con un dif-ferente grado di polarizzazione. Attualmente il sensore messo a punto dal team del prof. Marshall è l’unico adattabile alla terminazio-ne degli endoscopi flessibili che i medici usano per “serpeggiare” attraverso il corpo dei pazienti e guardarvi dentro. È quindi possibi-le rilevare la polarizzazione in vi-vo durante endoscopia per mezzo di misurazione real-time, ossia catturando le informazioni con valori di framerate tipici di un vi-deo. Studi sui roditori hanno già mostrato come il nuovo sensore aiuti a rilevare neoplasie appiatti-te, che sarebbero altrimenti diffi-cilmente individuabili mediante un esame endoscopico tradiziona-le. È da sottolineare infatti come le lesioni tumorali depresse nel 50%-80% dei casi passano inosservate usando una semplice endoscopia a colori. Un esame diagnostico ac-curato deve avvalersi quindi di ulteriori accertamenti che richie-

dono una biopsia e un analisi isto-logica esterna. L’uso della rileva-zione mediante le caratteristiche della polarizzazione permette in-vece di evitare di ricorrere al pre-lievo bioptico. Il prof. Marshall so-stiene che, in teoria, la ricerca po-trebbe portare al riprogetto delle fotocamere degli smartphone, per-mettendo alle persone un automo-nitoraggio per il cancro allegge-rendo il peso sui sistemi sanitari. Registrazione neurale in vivo Le applicazioni biomediche del sensore non si fermano allo scree-ning tumorale. Un imaging dell’at-tività neurale che sfrutti la polariz-zazione della luce riflessa dal tes-suto nervoso è possibile grazie al fatto che durante un potenziale d’azione i neuroni mostrano un cambiamento nell’indice di rifra-zione, che si traduce in un cambia-mento nella polarizzazione. Nell’e-sperimento descritto dall’articolo, è stato possibile registrare in vi-vo l’attività neurale del lobo olfat-tivo esposto di una locusta, sotto-posta a determinati stimoli olfatti-vi. Questa nuova tipologia di sen-sori di polarizzazio-ne bioinspired sta apren-

do opportunità inedite nell’avan-zamento delle neuroscienze. An-cora una volta, l’integrazione mo-nolitica del filtro con gli array di elementi CMOS e la conseguente compattezza del sensore rendono quest’ultimo l’unica soluzione per un dispositivo impiantabile in mo-delli animali, permettendo lo stu-dio dell’attività neurale in animali svegli e liberi di muoversi. Analisi meccanica di tessuti molli Nell’articolo è stata proposta an-che la possibilità di realizzare un sistema di imaging real-time per l’analisi delle caratteristiche di stress-strain di tessuti biologici molli, come i tendini, sotto condi-zioni di carico dinamico. Il sistema di rilevamento della polarizzazio-ne entra in gioco anche in que-st’ambito perchè permette di rica-vare il grado di allineamento delle fibre di collagene. Questi dati pos-sono essere poi correlati con le proprietà meccaniche misurate sotto differenti condizioni di cari-co per ottenere una caratterizza-zione della relazione struttura-funzione del tessuto.

Biomimetica in azione: (Sinistra) L’occhio composito del mantis shrimp, dove microvilli filtranti la polarizzazione si combinano ai fotorecettori. (Destra) Un sensore “bioinpsired” di immagini CMOS con nanofili di alluminio posti direttamene sulla sommi-tà dei fotodiodi per fungere da filtro polarizzatore lineare. © 2014 IEEE

49

INGEGNERIA BIOMEDICA Open Access

Aspetti riguardanti il signal pro-cessing Per l’implementazione del sensore mostrata, nonché per gli sviluppi futuri, particolare attenzione dev’essere posta negli algoritmi di signal processing, in particolare nelle seguenti aree di ricerca: 1. calibrazione del sistema per correggere errori dovuti a difetti della nanofabbricazione dei nano-fili di alluminio

2. interpolazione spaziale per aumentare la precisione processing per l’interpretazione visiva delle informazioni relative

alla polarizzazione

Conclusioni Concludiamo considerando come l’approccio biomimetico sia una grande risorsa per l’ingegneria e, come in questo caso, per sviluppa-re soluzioni tecniche per usi bio-medici. Nello sviluppo della tecno-logia, collaborano con il prof. Mar-shall ricercatori della Washington University, Washington University School of Medicine, University of Maryland Baltimore County e della University of Bristol. Di questa grande collaborazione il

prof M. si dice entusiasta: “Il nostro team combinato è un buon esempio di come una colla-borazione interdisciplinare nella scienza – tra neuroscienze dei si-stemi visivi, fisica ed optoelettro-nica – possa fornire nuovi approc-ci veramente produttivi. La mia competenza è quella di trovare e descrivere elementi di design dei sistemi visivi presenti in natura e poi riconoscere dove gli ingegneri potrebbero usare queste innova-zioni naturali.”

Note: 1 Fu Otto H. Schmitt a coniare il termine “Biomimetica” nel 1969. Cfr. Schmitt O.H., ‘‘Some interesting and useful biomi-metic transforms’’, Proceedings of Third International Biophysics Congress, Boston, Massachusetts, August 29–September 3, 1969, p. 297. Citato in “BIOMIMETICS: Biologically Inspired Technologies”, pag.2. 2 ci si riferisce ai crostacei dell’ordine stomatopoda (mantis shrimp, in inglese). 3 tipicamente i tessuti tumorali esibiscono una maggiore densità di fonti di scattering che causano un maggiore livello di depolarizzazione della luce riflessa. Riferimenti: 1. http://spectrum.ieee.org/tech-talk/biomedical/imaging/mantis-shrimp-eyes-inspire-cameras-to-see-cancer

2. Bio-Inspired Polarization Imaging Sensors: From Circuits and Optics to Signal Processing Algorithms and Biomedical Applications Approfondimenti sulla biomimetica: BIOMIMETICS: Biologically Inspired Technologies (2006): un’esaustiva rassegna delle metodologie e dei principali ambiti applicativi della Biomimetica [vedi anteprima su Google books] pagina web divisione Biomimetica ESA (European Space Agency): ESA/Advanced Concept Team/Biomimetics; un’interessante lista di progetti di ricerca della divisione Biomimetica dell’ESA (studi per l’e-mulazione della strategia di atterraggio degli scarafaggi, del sistema visivo del ragno saltatore, delle piante rampicanti, e molto altro) esempio di applicazione robotica di tipo biomimetico: robot corridore ispirato al velociraptor Researchers Build Fast Running Robot Inspired by Velociraptor – IEEE Spectrum: un robot bipede costruito in Korea con un sistema di bilanciamento dinamico ispirato alla coda dei velociraptor

Yuri Tedesco Studente del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica all'Universi-tà di Napoli "Federico II". Amante della tecnologia, nutre una certa curiosità anche per la storia e per la filosofia della scienza. Tra i suoi interessi principa-li vi sono la lettura, i video delle TED conference e lo sport (nuoto e running). Nell'ambito della Bioingegneria è particolarmente interessato alle neurotec-nologie.

50

51

INTERVISTA

Alberto Vallortigara

Un grandissimo amico della Community presente sin dai primi post pubblicati. Ad Alberto associo immediatamente la

parola onestà perché già dal solo contatto virtuale questa sua grande dote caratteriale emerge pienamente. Nonostante

abbia un’esperienza pluridecennale come geometra e ottime conoscenze informatiche, specialmente sul CAD e con il

LISP, vola basso e non a caso è un grande amico di Giuseppe Vizziello. Con lui condivide l’amore per l’Open Source.

Come tecnico comunale ha le idee ben chiare su come dovrebbe evolversi la PA in ambito informatico. Papà esempla-

re e grande sportivo ama i balli del sol caliente come la salsa… ma facciamogli quattro domande per conoscerlo meglio!

P resentati agli amici di CADZINE; Faccio una presentazio-ne breve, in modo da non

tediare i lettori. Sono Alberto Val-lortigara, sposato con Daniela e ho due figli … gemelli. Segno zodiaca-le “timido” con ascendente “goliardico” = un gran casino. Vivo nell'operosa provincia di Vicenza, dove tutti corrono senza poi sape-re perché. Mi sono diplomato geo-metra quando ancora si disegnava a mano e le calcolatrici scientifi-che costavano un botto. Era l'or-mai lontano 1989. Non cercate di fare i calcoli per capire la mia età perché sarebbero sbagliati. Dicia-mo che la mia carriera scolastica è stata piuttosto lunga e travagliata. Ho fatto il servizio militare prima

di diplomarmi. Terminato il cano-nico biennio di tirocinio presso un paio di studi tecnici ho subito con-seguito l'abilitazione alla profes-sione di geometra. Successiva-mente ho lavorato prima un una ditta che allestiva automarket (i camioncini del mercato per inten-derci) e poi in una ditta di lavora-zione dei marmi, per approdare poi alla libera professione. Nel 2000 faccio il mio primo concorso pubblico ed entro subito nella pub-blica amministrazione, come pro-gettista di lavori pubblici. Da allo-ra ho cambiato un paio di ammini-strazioni e a gennaio di quest'anno sono stato nominato responsabile del servizio lavori pubblici del co-mune dove adesso lavoro. Fin da ragazzo ho sempre praticato atti-vità sportive: pallavolo, pallamano, tennis, sci di fondo, aikido. Sono sempre stato molto curioso di ca-pire come funzionano le cose. Da piccolo smontavo praticamente

tutto, per poi rimontare e trovarmi regolarmente con qualche pezzo in più. Questa curiosità l'ho poi portata anche nel campo dell'in-formatica. Ho sempre voluto esse-re indipendente (non per niente mi piacciono i gatti) e non ho mai ben accettato di seguire il “sentire comune”, facendo spesso di testa mia e sperimentando strade e so-luzioni diverse, pagandone a volte le conseguenze. Ma quando tutto girava per il verso giusto era una grande soddisfazione. Proprio gra-zie alla mia avversione alla nor-malità e a provare qualcosa di al-ternativo ho scoperto l'open sour-ce, specialmente come forma di libertà. Quando ti sei avvicinato al disegno tecnico e hai scoperto che ti piace-va a tal punto da farne una scelta di studio? A dire il vero fin da piccolo non mi è mai piaciuto tanto disegnare. La

di Salvio Gigl io

52

INTERVISTA

mia maestra delle scuole elemen-tari si lamentava spesso che non coloravo i disegni. Forse ero già portato per il disegno tecnico. Comunque il disegno tecnico non l'ho scelto io, ma me lo sono trova-to davanti. In realtà avevo scelto di fare le scuole professionali per diventare falegname. Invece i cor-si erano biennali, quindi, siccome i miei genitori non vedevano di buon occhio che restassi a casa per un anno, mi hanno (quasi) ob-bligato ad iscrivermi all'istituto per geometri e ho fatto di necessi-tà virtù. Come e quando hai scoperto il CAD? Eri già un appassionato di informatica? Come dicevo, sono sempre stato molto curioso di capire come fun-zionano le cose. Al tempo delle superiori ho avuto tra le mani il primo computer: lo ZX Spectrum dei miei cugini e, manuale alla mano, ho provato ad iniziare a pro-vare a scrivere i primi programmi, mi sembra in basic. All'epoca i programmi CAD erano ancora po-co conosciuti e molto costosi. A scuola nemmeno se ne parlava. Il massimo della tecnologia erano due tecnigrafi in sala disegno che ci contendevamo per non disegna-re con il parallelografo e le squa-drette. Il primo CAD che ho utiliz-zato è stato Autocad 2.6 presso il primo studio dove ho svolto la pri-ma parte del mio tirocinio. Le pri-me personalizzazioni con autolisp le ho fatte con Autocad 10. Il pro-blema più grosso è che ho sempre avuto una certa avversione allo studio, almeno quello “classico” fatto di tanta teoria sui libri; ho sempre preferito imparare con la pratica, l'esperienza diretta. Ho iniziato così con autolisp, studian-do i codici che trovavo già fatti e provando a cambiare qualcosa per vedere cosa succedeva. Se un pro-grammatore vedesse i miei listati avrebbe gli incubi per una setti-

mana. Cosa ti piace del CAD rispetto al disegno tradizionale e cosa rim-piangi, eventualmente, di quella tecnica? Il disegno tecnico tradizionale, quello “a mano”, con riga e squadra è fondamentale. Gli studenti do-vrebbero imparare a disegnare in questo modo prima di passare al CAD. Con il disegno a mano devi porre molta attenzione a quello che fai, perché in caso di errore sono guai, si deve cancellare e ri-fare. Inoltre bisogna avere buone conoscenze della composizione geometrica: se serve disegnare un pentagono lo devi saper fare con squadra e compasso, non c'è il co-mando “poligono”. Dal punto di vista professionale, ovviamente, il CAD è più produttivo, a patto di saperlo usare con perizia, altri-menti è un disastro e si perde tan-tissimo tempo. Nella mia carriera ho avuto tra le mani molti progetti e ho visto disegni organizzati in maniera che voi bravi tecnici non potete immaginare: layers con no-mi tipo “linee sottili”, “linee me-die”, e via così. Semplicemente demenziale. In ogni caso il dise-gno CAD, rispetto a quello a mano, è sicuramente meno “caldo”. An-che se al giorno d'oggi la tecnolo-gia ci permette di fare grandi cose, vedi i capolavori di Gian Martin Corso. Spiegaci adesso perchè si dovreb-be scegliere software libero ed Open Source. Evitiamo subito la polemica se sia migliore il software open o quello proprietario: è una questione di lana caprina e parecchio comples-sa. Ognuno è libero di fare le scelte che ritiene migliori per se e per il proprio lavoro. L'importante è che almeno si faccia il confronto. Ci sono programmi open veramente molto validi, ma sono sempre visti come una alternativa a quelli pro-

prietari. Questo approccio è sba-gliato perché parte dal presuppo-sto che il software proprietario sia migliore e quello open un ripiego. Non è assolutamente così, entram-bi hanno pari dignità, con i loro pregi ed i loro difetti. Tralasciando l'aspetto prestazionale, che come dicevo tutti dovrebbero valutare autonomamente, gli aspetti essen-ziali che dovrebbero essere presi in considerazione, secondo me, sono che il software proprietario usa un formato chiuso, per ovvi motivi commerciali che tendono a legare a se il cliente. Utilizzare i dati di un software proprietario con un altro software non sempre è possibile e se possibile spesso non completamente compatibile, con il rischio di perdita di dati. I programmi open source usano in-vece formati aperti, liberamente utilizzabili con qualsiasi altro soft-ware (tenetene conto se dovete lavorare per una pubblica ammini-strazione). Ci sono poi gli aggior-namenti, sempre a pagamento da un lato (quello proprietario) anche se cambiano solo una virgola (a volte ho l'impressione che sforni-no aggiornamenti inutili solo per fare cassa); dal lato open source sono invece sempre gratuiti. Ci sarebbe poi da parlare della filoso-fia che sta alla base dell'open source, ma dal punto di vista pro-fessionale credo abbia un impatto molto modesto. Come vedi il mercato del CAD 2 e 3D tra dieci anni? Ci sarà un FOSS in grado di tenere testa completa-mente ad AutoDesk e Co? Tra dieci anno non esisterà più il 2D, i CAD 3D saranno molto sem-plici da usare e molto flessibili, integrati dinamicamente nei due sensi con applicazioni esterne, come potrebbe essere il computo metrico o il calcolo strutturale. In campo edile sicuramente i BIM la faranno da padrone. Dal lato FOSS ci sono già adesso realtà buone,

53

INTERVISTA

ma ancora da sviluppare ulterior-mente. Forse fra dieci anni saran-no completamente maturi e daran-no filo da torcere ai più blasonati CAD. Con l'avvento della tecnolo-gia touch vedrei bene dei tavoli da disegno su cui tracciare i propri progetti con le punte delle dita, una sorta di ritorno al disegno ma-nuale. Lavori come tecnico nella PA e abbiamo spesso letto i tuoi post di lotta per l'adozione del software Open Source in ambito ammini-strativo... Secondo te l'Italia riusci-rà a intraprendere questa strada almeno per certe tipologie di dati? Questo dipende molto dagli ammi-nistratori. Da questo punto di vista il comune funziona come una ditta privata. I dipendenti usano il soft-ware che il datore di lavoro mette a disposizione, non possono fare di testa loro altrimenti è il caos totale. Le normative che portano la P.A. verso il formato aperto esisto-no da tempo, ma bisogna avere la volontà di applicarle. Preciso che la P.A. è obbligata ad utilizzare software open source o in riuso. Non è sbagliato obbligare le ammi-nistrazioni ad utilizzare formati aperti perché i vantaggi sono mol-ti. Pensate per esempio alla tra-sparenza: il documento è a dispo-sizione di tutti e deve poter essere utilizzato da tutti. Se uso un for-mato proprietario obbligo l'utente ad acquistare il software per ge-stirlo. Nel caso in cui l'utente non volesse o non avesse la possibilità di acquistarlo resterebbe escluso, arrecandogli un grave danno. Non secondario è anche il fattore eco-nomico. Le licenze sono un costo molto alto. Azzerare questo costo vuol dire liberare risorse economi-che che possono essere investite altrove, vuoi per eseguire lavori, vuoi per dare servizi. Un ostacolo può essere rappresentato dai soft-ware gestionali. Sono programmi molto complessi che devono gesti-

re tutte le attività della P.A. garan-tendo un alto livello di sicurezza e allo stesso tempo sufficientemen-te flessibili per garantire la traspa-renza e l'accesso ai dati pubblici. Devono essere in grado di gestire il bilancio, ordinanze, determina-zioni, deliberazioni, ecc. Software di questo tipo open sour-ce non sono moltissimi. In ogni caso migrare tutta la banca dati di una P.A. è estremamente costoso e non so se possa essere un rispar-mio per l'amministrazione. L'im-portante è che questi gestionali possano colloquiare con applica-zioni open source (generalmente per scrivere testi). Nel comune dove io lavoro abbiamo un gestio-nale che non è open, ma siamo riusciti a farci fare una modifica in modo che possa utilizzare Open Office per l'elaborazione dei testi. Purtroppo c'è una incompatibilità con Libre Office dovuta alla codifi-ca dei documenti di Open Office (non mi dilungo nei particolari). Altro problema per la mancata ap-plicazione del CAD (Codice dell'Amministrazione Digitale, non i programmi per disegnare) è la mancanza di controlli. Così, vuoi per pigrizia o per disinteres-se, non cambia nulla. Per qualche lavoro tuo personale usi un CAD FOSS? Quale ti sembra il più completo tra quelli che cono-sci o hai usato? Al momento non uso CAD FOSS perché non ho ancora trovato quello che mi soddisfa. Comunque ho abbandonato Autocad perché costa troppo e ci sono altri CAD altrettanto valido a prezzi notevol-mente inferiori, tipo ZWCad che sto utilizzando (ma l'assistenza non segue i clienti se non viene pagata, nemmeno per darti un consiglio). L'ho scelto principal-mente perché posso utilizzare le mie personalizzazioni autolisp. Credo che anche Draftsight Pro permetta di utilizzare le applica-

zioni autolisp, ma costa di più. Una tua opinione sul progetto Lee-nO di Bart Aimar e Giuseppe Viz-ziello Non ho mai avuto contatti con Bart Aimar, mentre con Giuseppe Vizziello ci siamo sentiti qualche volta al telefono per scambiarci qualche opinione in merito alla contabilizzazione dei lavori pub-blici. Giuseppe sta portando avanti un progetto molto ambizioso che sta dando buoni risultati. Lo stimo moltissimo per questo e avrà sem-pre il mio appoggio. Credo che si debba lavorare ancora un po' per sistemare la parte riguardante la contabilità, ma sono molto fiducio-so e dalle ultime notizie il lavoro procede bene. LeenO lo uso molto spesso per redigere i computi me-trici, mentre lo devo ancora stu-diare per quanto riguarda la conta-bilità. Spero di poterlo adottare definitivamente molto presto. Riforme, austerity, sacrifici? Quando sentiremo delle parole d'ordine diverse dalla nostra go-vernance? Sarò lapidario: MAI! Sono molto pessimista su questo fronte per-ché i nostri politici non dimostra-no nessun interesse nei confronti degli italiani. Sono dell'opinione che in Italia per fare soldi facil-mente ci sono solo due modi: de-linquere o mettersi in politica. Come hai scoperto G+? G+ l'ho scoperto perché avevo da molto tempo una casella di posta elettronica Gmail, quindi sono sta-to iscritto “d'ufficio”. Sempre per la mia mania di essere controten-denza non ho mai amato facebook trovandolo come una sorta di poli-gono di tiro dove le persone spara-no cazzate. G+ mi è sembrato di-verso perché ho l'impressione che tenda di più ai contenuti. Poi sono arrivate le community ed è stato un bel passo avanti. Però se devo

54

INTERVISTA

COMPUTO METRICO? ECCO IL FORUM GIUSTO PER TE!

essere sincero mi sto stancando anche di G+ perché gli utenti stan-no assomigliando sempre di più a quelli di facebook. Parlaci delle tue due grandi pas-sioni: salsa ed Aikido Andiamo per ordine. All'inizio venne il ballo liscio, che a detta della mia futura moglie (all'epoca) dovevamo imparare per aprire le danze il giorno del matrimonio. Quindi mi sono sorbito 'sto corso interminabile. Si andava a qualche sagra a ballare in estate, ma non mi piaceva poi tantissimo. Siamo poi passati al latino americano (che non è la salsa), ma cambiava di poco, per me sempre liscio era. Alla fine siamo approdati alla sal-sa cubana. E' stato amore a primo passo e siamo andati avanti con 7 anni di corsi, anche con insegnan-ti cubani. Trovo che la musica cu-bana sia appassionante e coinvol-gente, da quella popolare come il son a quella più moderna come la timba. Il reggaetton diciamo che lo sopporto. Segna la storia di un po-polo formato da molte etnie: gli occidentali, in principio spagnoli, che sono arrivati lì per sfruttare le terre; gli africani che sono stati importati come schiavi per avere manodopera gratuita per le pian-tagioni di zucchero e tabacco; mol-

ti non sanno però che ci fu anche l'immigrazione di cinesi (sì, anche lì) che si sono trasferiti volontaria-mente. Tutte queste culture hanno “contaminato” non solo la musica, ma in generale la vita dei cubani. La musica risente molto delle in-fluenze spagnole ed africane; le prime con strumenti melodici, le seconde con il ritmo. Anche i cine-si hanno contribuito, infatti c'è uno strumento chiamato “trompeta china”. Anche la società è stata molto influenzata, special-mente dal punto di vista della reli-gione, che univa quella cristiana imposta dagli spagnoli a quella africana Yoruba importata dagli africani. Ne è uscito un misto cu-rioso, chiamato Santeria, dove gli dei Yoruba erano impersonati dai santi cristiani. Quello di più curio-so è, per esempio, che se per noi la Madonna è una sola, anche se chiamata in maniera diversa se-condo le tradizioni o i luoghi di apparizione, per la Santeria sono impersonate da più divinità, quin-di hanno piu “Madonne”. Altra for-te passione che mi porto fin da bambino è quella per le arti mar-ziali. Da piccolo mi piaceva pensa-re di poter praticare Judo; infatti da adulto mi sono messo a cercare una palestra dove insegnassero Judo. Mi sono imbattuto invece

nell'Aikido. Bellissima e difficile arte marziale che ha solamente tecniche di difesa e nessuna di offesa. Non è comunque da sotto-valutare per la potenza delle tecni-che. Per un po' di tempo salsa e Aikido hanno convissuto, poi ho deciso di dedicarmi solo alla salsa assieme a mia moglie. Da poco ho ripreso con l'Aikido, ma, a causa di problemi fisici, probabilmente do-vrò lasciare definitivamente, con mio grandissimo dispiacere. Una tua opinione sincera, senza sviolinate, sulla nostra Communi-ty CAD Come dicevo l’impressione è che G+ prediliga di più i contenuti. Cercando qualcosa nell'ambito dei lavori pubblici e della progettazio-ne mi sono imbattuto in te e nella tua community. Era il posto che cercavo, quello dove scambiare opinioni con dei tecnici e dove cercare e dare consigli ed assi-stenza. Ultimamente però mi sem-bra che questa propensione sia venuta un po' meno e che lo spa-zio sia stato occupato dalle vetrine per mostrare i propri lavori. Caso particolare è Gian Martin Corso che non posta progetti, ma capola-vori. Bisognerebbe recuperare quella propensione ad essere una punto di incontro fra tecnici.

Visita la Visita la CommunityCommunity su Google Plussu Google Plus

55

56

57

MUSICA

I l canto, il ballo, l'esecuzione strumentale costituiscono componenti di grande impor-tanza nella vita quotidiana a

Cuba, la cui musica tradizionale rappresenta un patrimonio artisti-co conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo. Delle tradizioni au-toctone di epoca pre-coloniale quasi niente rimane nella musica cubana che, invece, assimila gli apporti spagnoli, francesi e della comunità nera; pertanto possiamo individuare tre correnti fonda-mentali che hanno origine dall'im-migrazione e dalla tratta degli schiavi africani: il Son, di matrice spagnola e africana, oggi definito "il padre della salsa", il Danzón, derivante dalla Contraddanza francese (poi Quadriglia), e un ter-zo filone che attinge integralmen-te alla cultura africana mantenen-

done pressoché intatte le forme musicali. Danzón La Danza Quadriglia giunge a Cuba negli ultimi anni del 1700 con il flusso migratorio dei latifondisti francesi, fuggiti da Haiti con la propria servitù composta da afri-cani e creoli; la musica europea subisce l'influenza dei ritmi e del-le danze africane presenti sull'iso-la, rallentando i movimenti e per-mettendo pause tra le varie sezio-ni di una canzone, a tutto vantag-gio dei ballerini considerato il cli-ma tropicale. Il termine Danzón appare per la prima volta nel 1850 sul El Triunfo, quotidiano de L'A-vana, dove viene descritto come una danza con figurazioni esegui-te da ballerini muniti di nastri e fiori. Secondo la forma stabilita nel 1879 da Miguel Faílde Pérez, dopo un'Introduzione e una Pas-seggiata (Paseo), ciascuna di 4 bat-tute e la loro immediata ripetizio-ne, deve seguire una melodia di 16

battute. Nuovamente si ripetono introduzione e paseo e i ballerini, adesso, non devono ballare: si fer-mano, parlano, flirtano, salutano gli amici, poi riprendono a danzare tutti nello stesso momento, alla quarta battuta del paseo. Il primo Danzón era suonato da un'Orche-stra Tipica basata su strumenti a fiato: parecchi ottoni, uno o due clarinetti, uno o due violini, timpa-ni; da questo organico, inadatto a fare musica in locali chiusi, si pas-sa ad un'orchestra, la Charanga, dal suono più leggero ed elegante, inizialmente formata da due violi-ni, un violoncello, un flauto, timba-les, güiro e contrabbasso. Nel 1898 si aggiunge il pianoforte (di solito verticale), strumento di grande flessibilità ritmica e melodica. La nuova danza, che presto si diffon-de in tutte le classi sociali, viene immediatamente additata come oscena a causa dei movimenti si-nuosi dei ballerini; si arriva persi-no a chiedere alle autorità di ban-dirla per tornare alla (I)quadriglia e

di N ico la Amalf i tano

Musica Tradizionale Cubana: Danzón e Son

Antica stampa dell'Avana coloniale

58

MUSICA

al rigaudon. Proclami e critiche a nulla valgono; il Danzón con la sua eleganza e con le sue melodie con-quista tutta l'isola, diventando per i primi due decenni del Novecento la musica predominante a Cuba. Son Lo svago dei contadini della zona di Santiago di Cuba, intorno alla metà del XIX secolo, era costituito da feste all'aperto chiamate chan-guì, durante le quali ballavano e cantavano imitando quanto avve-niva nelle case dell'aristocrazia, compreso il Danzón. Così, dalla commistione tra i ritmi e le mo-venze della rumba africana, eredi-tà degli schiavi africani deportati sull'isola, e la danza di derivazione europea nasce il Son, primo ballo caraibico a coppia non basato su coreografie di gruppo, che si dif-fonde rapidamente presso il popo-lo per merito dei trova, gruppetti di

poche persone che in tutta l'isola cantano le storie degli schiavi. II Son, strutturato in ritornello – canzone – ritornello, presenta due momenti, lirico il primo, ritmico il secondo. La prima parte è destina-ta all'esecuzione del tema, cantato una sola volta; la seconda parte è costituita dai montuno , duetti in forma antifonale tra solista e coro, ricchi di improvvisazioni e sotto-posti ad una lenta e costante acce-lerazione ritmica di tipica prove-nienza africana. Nel 1916 nasce il Cuarteto Oriental, primo gruppo musicale ufficiale di Son; i compo-nenti sono: Gerardo Martínez (claves), Ricardo Martínez (tres), Guillermo Castilla (botija), Nery Cabrera (maracas). Per qualche tempo il Son appare come musica destinata al popolo e a pochi esti-matori; poi, tra il 1925 e il 1928, si trasforma e si arricchisce con l'ag-giunta di vari strumenti: pianofor-

te, timbales, congas, strumenti a fiato, archi. Il conjunto è ormai una vera e propria orchestra, e il Son, non più musica di nicchia, rag-giunge il massimo della sua popo-larità negli anni '30 con le registra-zioni discografiche e le trasmis-sioni radiofoniche. A partire dal 1940 si avvia verso un lento decli-no; il pubblico è ora attratto dai nuovi generi che, tuttavia, da esso derivano: Mambo, Cha Cha Cha, Salsa. Peraltro, in questi ultimi anni, sulle ali del successo di Bue-na Vista Social Club, album del 1996 e film del 1999, il Son sembra essere tornato a nuova vita grazie anche all'azione divulgatrice di nuove generazioni di ballerini e musicisti.

Danzón tradizionale cubano http://www.youtube.com/watch?v=kLvUx_oGwPM Dimostrazione di Son cubano CARLOS RAFAEL GONZALEZ, MARIE LINE FESTIVAL CARIBEDANZA, 2009 http://www.youtube.com/watch?v=gsKQalDu4VU

Riferimenti

Danzòn, Orquesta Enrique Peña, Peña seduto a sinistra, Barreto (violino) e Urfé (clarinetto)

59

60

61

NEW HARDWARE FOR CAD

A partire da questa pun-tata ci occuperemo di un sistema di rileva-mento sempre più dif-

fuso data la sua efficacia, velocità e precisione: il laser scanner. Chi segue la Community e CADZINE ricorderà sicuramente il post e l’intervista ad Antonio Martini, il simpatico geometra padovano, che proprio pochi mesi fece eseguire il rilievo di una palazzina sui Colli Euganei tramite un laser scanner installato su dei droni, ottenendo un risultato veramente notevole in termini di qualità. Cerchiamo an-zitutto di capire il principio di fun-zionamento di questo apparato. ;-) Teodolite e stazione totale moto-rizzata Faccio prima un passo indietro e scrivo, ad appannaggio di chi non

ha fatto studi da geometra o ha conoscenze tecniche specifiche sull’edilizia, circa le stazioni totali. Chi non ha mai fatto caso special-mente nei lavori stradali a quel tizio che se ne sta dietro quello che sembra un vecchio apparec-chio fotografico poggiato su di un tripode? Bene quell’aggeggio fino a pochi anni fa sarebbe stato un semplice teodolite, cioè uno stru-mento ottico/meccanico a cannoc-chiale per la misurazione degli angoli azimutali (quelli del piano orizzontale) e zenitali (quelli del piano verticale), usato per rilievi geodetici e topografici. Oggi, grazie alla nuove tecnologie, il vecchio teodolite è stato implementato con un distanziometro elettronico, dei motori passo passo e un PLC per la memorizzazione e il calcolo dei dati, diventando così una STM o stazione totale motorizzata che oggi è lo strumento più comune-mente utilizzato per il rilievo indi-retto. Le stazioni totali motorizza-

te permettono di misurare angoli e distanze di una serie di punti de-terminandone la collocazione spa-ziale rispetto a un sistema di coor-dinate predefinito. Principio di funzionamento di un laser scanner Il laser scanner terrestre può esse-re paragonato ad una stazione to-tale motorizzata ad elevata auto-mazione, capace di acquisire mi-lioni di punti in pochi minuti. Il principio fondante di questa tec-nologia è il calcolo del tempo di volo (time-of-flight) di un impulso laser. Un generatore produce un impulso elettrico di trasmissione che viene fatto passare attraverso un diodo laser trasmittente che provvede a creare un raggio di luce infrarossa; il segnale degli eco ri-flessi dall’oggetto colpito dal rag-gio, che variano d’intensità in base alla sua riflettanza, viene captato da un fotodiodo ricevitore che ge-nera un segnale elettrico di rice-zione. Il tempo di volo, quindi, è

I puntata

di Salvio Gigl io

I L.A.S.E.R. scanner Hanno rivoluzionato letteralmente il mondo del rilievo architettonico e archeologico, mandando in pensione rulline metriche, aste, metri e palloncini… Ultimamente se ne vanno in giro appesi a dei droni radiocomandati e fanno

anche rilievi volanti!

L’impiego delle STM arriva anche nell’archeologia permettendo rilievi estremamente precisi delle zone di scavo

62

l’intervallo di tempo che intercorre tra l’impulso trasmesso e l’impulso ricevuto, calcolato tramite un oro-logio con una frequenza stabilizza-ta al quarzo che consente di indi-viduare la distanza d’ogni singolo punto rilevato. Al calcolo del tem-po di volo è associata anche una misurazione angolare di precisio-ne, eseguita sulla stima della rota-zione di due specchi motorizzati attorno agli assi x e z (l’asse y è associato alla distanza e la z è la verticale). L’operatore può impo-stare la risoluzione angolare per la scansione interagendo con la rota-zione dello specchio, creando così la spaziatura tra i differenti punti rilevati sul target e generando con-seguentemente la nuvola di punti che, nel suo complesso, rappresen-ta l’oggetto indagato. A questo punto, per comprendere meglio il funzionamento di queste sofistica-te apparecchiature diamo un’oc-chiata più approfondita anzitutto ai laser e al loro funzionamento.

I laser: nota storica e principio fisi-co Il laser è un dispositivo in grado di convertire una forma di energia primaria (elettrica, ottica, chimica, termica o nucleare) in un fascio monocromatico e coerente di ra-diazioni elettromagnetiche ad ele-vata intensità. Fu Albert Einstein nel 1917 a intuire questa possibilità di amplificare, polarizzare e con-vertire in un fascio luminoso l’e-nergia fuoriuscita da una sorgente energetica in grado di cedere facil-mente particelle sub atomiche (elettroni, protoni, interi nuclei, ecc.). L.A.S.E.R. è nato come acro-nimo di: Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation che tradotto letteralmente signifi-ca amplificazione della luce da emissione stimolata di radiazione. Si giunse ad una sua prima appli-cazione pratica solo dopo alcuni decenni di ricerche e sperimenta-zioni. Il lavoro di due fisici statuni-tensi, Arthur Schawlow e Charles Hard Townes, si concretizzò nel 1958 nel brevetto del primo dispo-

sitivo laser. Ci furono non poche contestazioni e polemiche su que-sto brevetto, dopo la sua pubblica-zione sulla stampa dell’epoca, ad opera di Gordon Gould che vantava la paternità dell’apparato. Passaro-no altri due anni prima di poter realmente osservare un fascio di luce laser: fu il fisico Theodore Maiman, un fisico ricercatore dei laboratori Huyghens in California, nel 1960, a generarne uno in un cristallo di rubino. La scoperta e il brevetto stimolarono il lavoro di molti fisici di quel periodo; infatti, il fisico statunitense di origine ira-niana Ali Javan costruì, all’inizio del 1961, un laser basato su di una miscela di gas composta da elio e neon. Analizzando fisicamente un fascio laser scopriremo che esso è una radiazione elettromagnetica o, per meglio dire, una particolare onda luminosa caratterizzata dai se-guenti parametri: monocromaticità, è costituita da un’unica frequenza di luce; coerenza spaziale o unidirezionali-

NEW HARDWARE FOR CAD

Schema di principio di un laser scanner

63

NEW HARDWARE FOR CAD

Charles H. Townes, James P. Gordon nel 1954 A. Schawlow e C. H. Townes

A. Javan, T. Maiman ed i loro laser Un emettitore laser e Gordon Gould

Rilievo fotogrammetrico con laser scanner (Foto Martini) Rilievo fotogrammetrico con laser scanner (Foto Martini)

Drone equipaggiato con laser scanner (Foto Martini) Modellazione 3D con i dati del rilievo (Foto Martini)

64

NEW HARDWARE FOR CAD

Sezione di un teodolite

65

tà, l'onda luminosa laser segue un’unica precisa traiettoria, evi-tando di propagarsi in tutte le di-rezioni, ed è capace di coprire grandi distanze. coerenza temporale, la peculiarità di questi fasci è quella di essere costituita da onde della stessa fre-quenza e della stessa fase, che si sommano l'una all'altra, originan-do un vero e proprio treno di luce che può essere spinto ad elevata intensità e potenza. Solitamente le lunghezze d'onda del laser sono comprese entro

questi tre range e sono espresse in nanometri (nm), un sotto multiplo del metro corrispondente a 10-9 metri cioè un miliardesimo di me-tro: tra i 200 e 400 nm; tra i 400 e i 700 nm e tra i 700 e i 3000 nm. Bene per questa puntata ci fermia-mo qua, nella prossima analizze-remo altri aspetti dei laser scan-ner e le loro applicazioni pratiche. Continua

NEW HARDWARE FOR CAD

Schema del principio di funzionamento di un teodolite e, in basso a destra, una moderna STM

66

67

68

Ti interessa uno di questi tutorial?Ti interessa uno di questi tutorial?

Stai seguendo CADZINE e ti sei appassionato ad uno o

più corsi che stiamo pubblicando o ti è piaciuto in par-

ticolare un articolo? Se non vuoi fare il download di tut-

ta la rivista, ti ricordiamo che puoi anche solo stampare,

o salvare su file, le sole pagine del corso che ti interes-

sa direttamente da , attraverso il link del-

la versione completa, o di quella LIGHT. Basta che ti

porti sulla pagina iniziale e dal monitor di stampa di

Drive selezioni l’intervallo di pagine che vuoi salvare/

stampare (da pagina X a pagina Y).

Dal nostro sito, inoltre, puoi sempre recuperare i nume-

ri che non hai ancora scaricato! Buona lettura

69

CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

B en ritrovati al nostro or-mai consueto appunta-mento con l’orientamen-to procedurale prope-

deutico alla progettazione struttu-rata BIM. In questo articolo, ci oc-cuperemo di definire gli impieghi che interesseranno la progettazio-ne come, ad esempio, la designa-zione gerarchica dei responsabili di cantiere addetti al controllo del-le varie fasi di sviluppo del fabbri-cato. Mappa dettagliata di processo Dopo aver creato una prima map-pa panoramica, si passa alla stesu-ra di una seconda, più dettagliata, dei processi BIM, per ogni suo im-piego identificato, con la finalità di definire chiaramente la sequenza dei vari processi da eseguire all'in-terno di tale progettazione. E’ im-portante rendersi conto che ogni progetto è unico così come lo sono le imprese costruttrici, quindi ci possono essere molti metodi pos-sibili che una squadra di progetti-sti potrebbe usare per ottenere un particolare processo. Pertanto, il team progettuale utilizzerà queste mappe del modello di processo per personalizzarle e realizzare gli obiettivi organizzativi dello stesso.

Ad esempio, la mappa del modello di processo può avere bisogno di essere adattata per integrare uno specifico flusso di lavoro di un'ap-plicazione informatica o una se-quenza di lavoro del team di pro-getto. Nella mappa di processo dettaglia-ta si inseriscono tre categorie di informazioni:

Riferimenti. Risorse infor-mative strutturate (impresa ed esterno) necessarie per eseguire un impiego BIM.

Processo. Una sequenza lo-gica di attività che costitui-scono una particolare impie-go BIM.

Scambio di informazioni. I risultati BIM provenienti da un processo che possono essere utilizzati come una risorsa per i processi futuri.

Gli elementi di queste informazio-ni sono poste nella parte sinistra della mappa, nelle linee orizzonta-li, denominate “corsie” nella nota-zione di mappatura BPMN. Per creare una mappa di processo dettagliata, il team deve: 1) scomporre gerarchicamente gli impieghi BIM in una serie di pro-cessi. Devono essere identificati i processi fondamentali BIM. Questi sono rappresentati da un’icona a “scatola rettangolare” per conven-zione BPMN. Essi sono posti in ordine sequenziale all'interno del-la riga dei processi.

2) Definire le dipendenza tra i pro-cessi In questa fase si stabiliscono le dipendenze tra i processi. Ciò av-viene decidendo le connessioni tra processi. Il team di progetto ha bisogno di identificare il predeces-sore e il successore di ogni proces-so. In alcuni casi si possono avere più successori e/o predecessori. Questi processi sono collegati con le linee di flusso "sequenziali" in BPMN. 3) Sviluppare la mappa dettagliata di processo con le seguenti infor-mazioni: a. Informazioni di riferimento: identificare le risorse informative necessarie per realizzare l’impiego BIM e inserirlo nella corsia relati-va. Esempi di informazioni di rife-rimento possono essere: database di costo, dati dei prodotti, dati me-teo, ecc. b. Scambi di informazioni: in que-sta corsia vanno riportati tutti gli scambi (interni ed esterni). Ulte-riori informazioni su questi scam-bi sono riportate al capitolo quarto della guida di cui sto facendo la traduzione. c. Settori responsabili: identificare le sezioni responsabili per ogni processo. La Fig. 1 mostra come rappresentare questa informazio-ne nella mappa processo. 4) Aggiunta di Obiettivi e verifica, mediante Gateways, dei momenti

VII puntata

di Salvio Gigl io

Creazione di una mappa dettagliata degli impieghi BIM

Fig. 1, esempio di Verifica obiettivo con Gateway

70

CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

Fig. 2, impieghi BIM in una mappa dettagliata di processo per la Modellazione 4D

71

CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

più importanti nel processo deci-sionale Anzitutto è necessario stabilire la giusta accezione del termine “gateway” in questo contesto. Si tratta di un collegamento tra due software che agisce come una sorta di portale e che consente loro di condividere informazioni, comunicando mediante opportuni protocolli, su uno o più computer. In questo caso, un gateway può essere utilizzato per controllare gli esiti finali o i risultati di un processo e si può anche modifica-re il percorso di un processo in base ad una decisione. I gateway offrono l'opportunità per il team di progetto di rappresentare tutte le decisioni, iterazioni o i controlli di qualità richiesti prima del com-pletamento di un compito BIM. La Fig. 1 mostra come questo possa

essere realizzato all'interno di una Mappa di Processo BIM detta-gliata (Mappa Livello - Due). 5) Il documento, revisione e perfe-zionamento di questo processo per un ulteriore uso La mappa dettagliata di processo può essere ulteriormente utilizza-ta per altri lavori del team di pro-getto. Ovviamente deve essere salvata e rivista in diversi mo-menti del processo di attuazione BIM. Nel corso dell’edificazione, le mappe dettagliate di processo dovrebbero essere aggiornate pe-riodicamente per riflettere i reali flussi di lavoro implementati sul progetto. Inoltre, dopo il comple-tamento del progetto, può essere utile rivedere le mappe di proces-so per confrontare il processo ef-fettivamente usato con quello pia-nificato. E 'probabile che le map-

pe dettagliate di processo possa-no essere utilizzate su progetti futuri. La Fig. 2 è l’esempio di una mappa dettagliata di processo BIM. Simboli utilizzati per rappresen-tazione di mappe di processo La notazione scelta per la rappre-sentazione di mappe di processo per l’esecuzione BIM, in questo manuale, è quella sviluppata dal Gruppo di gestione oggetti del Bu-siness Process Modeling Notation (BPMN). L'aspetto visivo della mappa processo è uno degli ele-menti principali del BPMN in ter-mini di simboli e marcatori utiliz-zati. Per sviluppare una mappa del processo per la pianificazione della BIM, possono essere utiliz-zati i simboli di Tab. 1 Continua

Tab. 1, simbologia per le mappe di processo

72

CORSO di BASE per SketchUp

I n questa puntata ci occupere-mo di un comando molto utile per la realizzazione di super-fici e solidi non regolari che

hanno come origine delle primiti-ve non rettilinee: le estrusioni sweep. La parole SWEEP è inglese e tradotta come sostantivo rende abbastanza bene l’idea di questo tipo di estrusione: MOVIMENTO; si, perché la traiettoria di questa

estrusione è let-teralmente movi-mentata, dal mo-mento che si svi-luppa su percorsi mistilinei e mul-tiplanari. Anche l’icona del co-mando ci ricorda questa peculiari-

tà, Fig. 1. Non a caso infatti le swe-ep appartengono alle cosiddette Costruzioni Avanzate di solidi e superfici. Mentre nell'estrusione semplice Spingi/Tira il program-ma esegue solo estrusioni lineari e complanari o che, in ogni caso, si sviluppano lungo una retta, la

sweep ha come percorso una cur-va o delle linee spezzate. Per Sket-chUp il comando associato a que-sta estrusione avanzata è SEGUIMI. Le potenzialità di questo comando nella modellazione sono enormi, pensate ad esempio alla carenatu-ra di uno scafo e alla relativa strut-tura portante o alla carrozzeria di un’auto, senza contare tantissimi dettagli architettonici ed ingegne-ristici che necessitano di questo tipo di generazione solida. Modalità di impiego del comando SEGUIMI Utilizzare il comando SEGUIMI è estremamente semplice e lo si può im-piegare in due modalità diverse: manuale ed au-tomatico. La prima procedura ri-sulta piu conveniente quando l’e-strusione interessa un oggetto di piccole dimensioni e per un breve percorso. Potrebbe essere il caso della modanatura di un cornicione di un edificio che segue il profilo dello stesso come potete vedere in Fig. 2; dopo aver disegnato il profi-lo della modanatura su di un estre-mo del particolare da perimetrare, si seleziona il comando SEGUIMI e si posiziona il puntatore del mou-

se sull’area da estrudere si clicca una sola volta su di essa col tasto sinistro del mouse e si comincia a seguire col puntatore il percorso da realizzare. Noterete che appena vi spostate sui bordi del percorso appare un versore rosso, Fig. 3, su di esso. Il motore di inferenza, mentre voi vi spostate, genera un punto rosso corrispondente alla posizione del puntatore lungo il path. Aspetto molto utile e simpa-tico di questo comando, nel caso si stiano perimetrando angoli retti, è il taglio dell’estruso a 45° così co-

me si fa con le cornici dei quadri, Fig. 4. Statte attenti ai falsi path dovuti alle inquadrature che date al modello: il motore di inferenza può leggere altri bordi del modello e far generare a SEGUIMI estrusi indesiderati o, nei casi più gravi, bloccare completamente il pro-gramma per svariati minuti se non addirittura determinarne il crash. La generazione automatica dell’e-struso con SEGUIMI è altrettanto

IX puntata

di Salvio Gigl io

Il comando SEGUIMI

Un comando molto utile che s’impara ad im-

piegare subito e che ci permette di estrudere

delle aree lungo percorsi predeterminati.

Fig. 1, icona del comando Seguimi

Fig. 2, disegniamo la modanatura del cornicione, in giallo, direttamente sul cornicione.

Fig. 3, portiamoci con Seguimi sulla modanatura e clicchiamoci su e poi spostiamoci lungo il profilo del cornicione. Dopo il click appare, in rosso, il percorso che state compiendo e un puntino che indica dove siete.

73

CORSO di BASE per SketchUp

facile e torna utile in percorsi par-ticolarmente lunghi e tortuosi. An-che in questo caso basta disegnare la sezione dell’oggetto che si vuole creare e collocarla nella posizione più adeguata sulla traiettoria che si desidera farle seguire. Si sele-ziona la traiettoria o path facendo attenzione a non creare percorsi interrotti, quindi non riconosciuti da SEGUIMI, e poi col comando in-serito si clicca una sola volta sull’area da estrudere e in pochi secondi, dipende però dalla com-plessità dell’estruso e dalla poten-za della vostra GPU, vedrete magi-camente svilupparsi il vostro soli-do. Molto simpatica è l’applicazio-ne di SEGUIMI con i solidi di rota-zione (potrebbe essere un modo

divertente per spiegare la geome-tria a un ragazzino delle medie) Facciamo subito due esempi: un bicchierino ed una lampadina Figg. 5, 6, 7. In entrambi i casi ve-drete che utilizzerò solo una sezio-ne per la generazione del solido. Problematiche associate al coman-do SEGUIMI Il comando SEGUIMI però porta con se alcune gravi lacune! La prima fra queste è che il solido, estruso lungo particolari percorsi sweep, non riconosce la normale della generatrice e tende a girargli in-torno. Ne ho fatto personalmente le spese, proprio su questa rivista, per la prima puntata delle mono-grafie tecniche sugli elementi fi-

lettati, per la modellazione di una filettatura metrica di una vite. Al-tro aspetto negativo di SEGUIMI si rileva quando si lavora con le uni-tà di misura settate in mm: può accadere che in caso si estrudano aree circolari per ottenere estrusi tubolari su path con curve a gomi-to e con modesto raggio di curva-tura, la superficie dell’estruso ri-sulti priva di decine di poligoni, o di intere parti, in prossimità della stessa. I modellisti più esperti rie-scono ad ovviare a questo proble-ma realizzando l’estruso con unità espresse in metri e poi scalando il modello sino alla grandezza desi-derata. Continua

Fig. 4, in caso di angoli retti l’estruso si adatta automaticamen-te al profilo

Fig. 5, disegnare un bicchiere con seguimi è semplicissimo: basta la sezione e la primitiva generatrice

Fig. 7, il risultato finale: carini, no? :-) Fig. 6, stesso discorso per la modellazione della lampadina: bastano le due sezioni e una primitiva.

74

75

Le BASI di QGIS

I formati dell’informazione geografica

N el precedente artico-lo abbiamo visto come le piattaforme GIS na-scono dall’integrazione

di diversi tipi di software per cui gestiscono informazione geografi-ca di diversi formati. Queste infor-mazioni geografiche sono gestite dal GIS in modo sistematico e pos-sono essere di due tipi: informazioni spaziali; informazioni non spaziali. Le informazioni spaziali a loro volta possono essere suddivise in base a due modelli:

modello vettoriale (punti, linee, poligoni);

modello raster (griglia di celle). Qualsiasi utente di computer gra-fica conosce già la distinzione tra formato vettoriale e formato immagine (raster) e tra software che gestiscono il vettoriale (Adobe Illustrator, Inkscape, tutti i CAD) e software che gestiscono immagini raster (Adobe Photoshop, Gimp, ecc.). I file che contengono infor-mazioni spaziali hanno assunto diversi formati e l’evoluzione del GIS, come per tutti i software, è stata condizionata da alcu-ni formati proprietari adottati dai produttori di software che hanno avuto maggiore successo. I formati vettoriali proposti

da ESRI (shapefile, coverage, per-sonal geodatabase) sono quelli che più di tutti hanno caratteriz-za to i l sof twa r e GIS. Lo shapefile in particolare è anco-ra fondamentale, anche per la no-tevole quantità di dati geografici che hanno assunto questo forma-to. Soffermiamoci su esso. Che cos’è uno shapefile? Un formato di archiviazione di dati vettoriali capace di registra-re localizzazione , forma ed attributi di entità spaziali. Uno shapefile è composto da più fi-le relazionati e contiene una sola classe di oggetti, cioè punti, linee o poligoni. Tutti i file che compon-gono lo shapefile devono avere lo stesso nome e ciò che li diffe-

II puntata

di Fabrizio Pieri

Uno shapefile dei comuni del Lazio

76

Le BASI di QGIS

Il browser di QGIS mentre esplora una cartella con i clc dell’Umbria

Il browser di QGIS mentre esplora una cartella contenete dei file di un dataset TIF

77

Le BASI di QGIS

renzia è l’estensione (i caratteri dopo il punto). I file devono esse-re almeno tre: nomefile.shp: è il file che con-

tiene le informazioni geometri-che;

nomefile.dbf: è il file che con-tiene l’informazione tabella-re (dati attributo);

nomefile.shx: è il file indice, che permette di raccordare geometria e informazione ta-bellare.

Il set può inoltre contenere altri file: nomefile.prj: registra il Sistema

di Riferimento geografico; nomefile.sbn (o anche fbn, fbx):

registrano indici spaziali; nomefile.ain (o aih): registrano

indici di attributo; n o m e f i l e . x m l : r e g i s t r a

i metadati. Quando si lavora con gli shapefile se si vuole spostare/copiare un dataset da una cartella a un’altra occorre ricordarsi di selezionare tutti i file, così come per rinomi-narli o qualsiasi altra operazione. Con la versione 2.0 (e successive) di QGIS è stato introdotto QGIS Browser (simile ad ArcExplorer di ArcGis) per facilitare la gestione dei file. Sugli altri formati vetto-riali ESRI torneremo in seguito ed una elencazione dettagliata di al-t r i f o r m a t i v e t t o r i a l i (TAB MapInfo, formati CAD, ecc.)

non è il caso di farla, almeno per ora. Più recentemente attraverso l’uso del linguaggio XML, già usato per l’informazione sui metada-ti (dati sui dati), sono nati altri for-mati come GML e KML (formato Google) che hanno inserito nuove possibilità di implementazione. Una cosa importante da dire è che QGIS supporta tutti i formati del-la libreria GDAL/OGR che coprono un ampio spettro di formati raster e vettoriali. Tra i formati immagi-ne (raster) i più usati so-no TIF e JPG, che possono essere da soli o come parte di un dataset. Un dataset TIF ad esempio può essere composto dai seguenti file: nomefile.tif, file immagine; nomefile.tfw, file

di georeferenziazione; nomefile.aux (o .rrd), informa-

zioni che velocizzano la rap-presentazione (pyramids);

nomefile.xml, metadati Ci sono poi altri formati raster co-me Geotiff, JPG2000 e ECW che incorporano all’interno di un unico file anche le informazio-ni necessarie per la georeferenzia-zione. Altri formati raster degni di nota sono i GRID che nel caso de-gli ASCII GRID incorporano in un unico file .grd informazioni grafi-che e di georeferenziazione. Gli ESRI GRID invece sono

dei dataset piuttosto complessi e organizzati in due directory: una directory con lo stesso no-

me della GRID contenente un numero variabile di file con estensione .adf (Arc Data File);

la directory INFO, che è condi-visa con le altre GRID o covera-ge che sono collocate allo stes-so livello della struttura delle directory.

Le informazioni non spazia-li invece sono quelle che registra-no semplici attributi, senza geo-metria né in termini di forma né di localizzazione. Sono file ricondu-cibili ai formati tipici di database, fogli di calcolo e testi. Ad esempio i dati rilevati e pubbli-cati dall’ISTAT, che possono esse-re messi in relazione agli ambiti geografici a cui si riferiscono solo attraverso un’unione ad altri file contenenti informazioni spaziali. Una questione di grande impor-tanza e attualità su cui c’è un fer-vente dibattito è quella del-la disponibilità delle informazioni geografiche all’interno della piu ampia problematica degli open data unitamente ai problemi di standardizzazione e di interopera-bilità su cui ci sono direttive di organismi internazionali ancora non pienamente applicate. Sono temi interessanti ma di una certa complessità su cui torneremo in seguito. Continua

Il browser di QGIS in una cartella con dati relativi ad una griglia

78

TUTORIAL: renderizzare con SketchUp

P er chi ci ha seguito nei precedenti Tutorials, nei primi numeri di CADZI-NE, avrà visto che ci sia-

mo occupati principalmente della ricostruzione volumetrica (e delle textures) di un modello geolocaliz-zato. Cerchiamo adesso di trovare un modo pratico e veloce per "costruire" l’immagine in evidenza di questo tutorial premettendo che essa è stata "posterizzata" e ritoc-cata successivamente in Photo-shop. Dopo aver restituito una qualsiasi struttura, architettura o paesaggio naturalistico, il proble-ma che subito ci si presenta è pro-prio come poter "rendere" al me-glio il nostro elaborato. In fondo, nel mondo "bidimensionale", quel

che essenzialmente conta è ovvia-mente la "semplice" immagine da mostrare al nostro "committente", accattivante... e ovviamente otte-nuta nel minor tempo possibile... (completandola poi con program-mi di fotoritocco). Solo in caso di un' ipotetica presentazione per mezzo di una sequenza video, do-vremmo essere molto più precisi nella ricostruzione e nel dettaglio sul modello virtuale, per il sempli-ce fatto di non poter ricorrere al fotoritocco nell'elaborazione del video stesso. Partiamo subito da un modello ricostruito da una semplice foto utilizzata come tex-ture principale, Fig. 10. La rico-struzione dei volumi, ancor prima di "vestire la foto", dovrebbe co-munque presentarsi decisa e sug-gestiva, come in Fig. 2, gradevole e ben proporzionata, insomma, an-che senza textures deve convin-cerci e soddisfarci in pieno. Un

risultato che già promette in "bianco e nero", non potrà che mi-gliorare con le opportune e cali-brate textures, Fig. 3. Rimane solo da aggiungere i giusti dettagli che contribuiranno non poco ad alzare la qualità della nostra ricostruzio-ne, Fig. 4, soprattutto in fase di renderizzazione. Aggiungere an-che soltanto una figura, per esem-pio, riuscirà sicuramente a dare il vero senso delle proporzioni a tut-to il modello. Nella Fig. 5, provia-mo subito ad ottenere un'inqua-dratura prospettica d'effetto... in questo caso cerchiamo di ripren-dere il Faro un pochino dal basso, per aumentare il senso di impo-nenza della costruzione. Abbas-siamoci ancora con l'inquadratura, Fig. 6, ed aggiungiamo dei dettagli (le onde, i gabbiani in primo piano e la bandiera, tutti posizionati nel modello 3D) ricordandoci (cosa importantissima) di salvare o ag-

di Antonello Buccella

Impariamo a renderizzare con SketchUp

Fig. 1, ecco il risultato finale che vogliamo raggiungere con questo tutorial

79

TUTORIAL: renderizzare con SketchUp

Fig. 2 Fig. 3

Fig. 5 Fig. 4

Fig. 7 Fig. 6

Fig. 8 Fig. 9

80

TUTORIAL: renderizzare con SketchUp

giornare sempre la SCENA. La scelta della vista prospettica è a mio parere molto importante… il taglio dell’immagine, l’angolo visi-vo, l’originalità, contribuiranno decisamente ad avere un Render di impatto. Ecco perchè la giusta inquadratura deve sempre essere cercata con estrema cura e “pignoleria”. Nella Fig. 7, dove abbiamo ancora i bordi attivati che poi spegneremo prima della ren-

derizzazione, proviamo ora a dare uno sfondo molto scuro, pratica-mente notturno, che aiuti a contra-stare i colori e aumenti la sugge-stione dell'inquadratura. Per fare questo, basterà attivare la "Nebbia" cosi come nel riquadro. Siamo pronti, Fig. 8, per la nostra prima elaborazione, aggiungiamo dei ful-mini in PNG posizionandoli in ma-niera scenografica rispetto all'in-quadratura, salviamo la scena,

spegniamo i bordi, assicuriamoci di aver settato le giuste ombre e da: File - Esporta - immagine 2D, finalmente esportiamo il nostro RENDER, settandone prima le di-mensioni in Opzioni (ed ovvia-mente la destinazione del file nel-la giusta cartella). Basterà attende-re pochi minuti e la vista prospet-tica ottenuta, Fig. 9, sarà subito visibile... a questo punto, buon fo-toritocco!

Fig. 10, la foto del faro da cui abbiamo tratto la texture per rivestire il nostro modello

81

82

83

Preparare un modello per la stampa 3D

TUTORIAL: stampa 3D facile

S pesso si parla di stam-panti 3D, dei costi sempre più contenuti e delle fan-tasticherie che vengono

realizzate con questa nuova tecno-logia. Oggi, chiunque può esprime-re la propria creatività senza esse-re un mago nella modellazione 3d. Questo è possibile anche grazie a programmi di modellazione molto semplici da utilizzare, primo fra tutti il mitico Sketchup. Per prepa-rare il nostro modello alla stampa 3d dobbiamo solo seguire alcune semplici, ma fondamentali, regole. I. Dobbiamo assicurarci che il

nostro modello non sia "aperto", Fig. 1, e che gli spigoli coincida-no perfettamente tra loro. Per

creare un volume, il nostro mo-dello deve essere chiuso “ermeticamente”.

II. Le Normali della faccia, che stabiliscono il dentro e il fuori del nostro modello, devono ave-re la stessa direzione, Fig. 2. Queste possono essere acciden-talmente invertite nelle varie fasi di lavorazione. Qualora do-vesse accadere, basta cliccare con il tasto destro del mouse sulle facce da invertire e poi nel menù a tendina su "Inverti fac-ce".

III. Eliminare segmenti o facce in-terne ed assicurarsi che ogni segmento non venga condiviso da più di due facce, sezione di un solido in Fig. 3.

Un modo molto efficace per verifi-care che tutte le regole siano state seguite correttamente è quello di creare un gruppo del nostro mo-dello e con il tasto destro del mou-

se cliccare nel menù su "Informazione entità" Fig. 4. Se il modello è chiuso “ermeticamente” e non sono presenti all'interno segmenti o facce, nella finestra delle "Informazione entità" com-parirà oltre al Layer ed il Nome anche il Volume, Fig. 5. E’ consi-gliabile, ove possibile, creare og-getti cavi in quanto la maggior parte dei centri stampa 3d calcola-no il prezzo in base ai centimetri cubi di materiale usato Fig. 6 (più cara) e Fig. 7 (più economica). A questo punto non ci resta che esportare il nostro modello in un formato adatto alla stampa 3d, in genere STL. Per questo esistono molti plugin gratuiti scaricabili in rete, semplici da utilizzare che permettono di esportare i files in vari formati compreso STL, tra questi “STL for Sketchup”.

di S imone P iccion i

Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3, vista in sezione Fig. 4

Fig. 5 Fig. 6, vista in sezione Fig. 7, vista in sezione

84

UMORISMO

85

GIOCHI

86