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33 L’INDAGINE SULLE STRADE ROMANE DEL FRIULI: DAL CINQUECENTO AI NOSTRI GIORNI Maurizio Buora La tematica della viabilità, in special modo di epoca romana, è all’attenzione degli studiosi di antichità in Friuli da poco meno di cinquecento anni, con una forte attenzione a partire dalla fine del Settecento e con un’estrema intensificazione specialmente nel Novecento e nei nostri giorni, quando il tema delle infrastrutture è divenuto molto attuale e si collega a imponenti trasformazioni del paesaggio, in corso. Ciò ha fatto sì che a grandi linee il tracciato delle principali strade sia noto, anche se nei dettagli è possibile qualche disparità di opinioni, a motivo del grande interramento che le strade stesse possono aver subito nel tempo o, all’opposto, della asportazione dei loro tratti sopraelevati (per quelle così dette levade o levate) o ancora per l’estendersi sempre più ampio delle aree urbanizzate che non di rado hanno occupato siti archeologici. Nel corso degli ultimi decenni si sono avuti dei sensibili mutamenti di interesse, che hanno prodotto un’analisi maggiormente rivolta ai percorsi minori – sicuramente sempre esistiti – e direi anche ai tratti meno frequentati o di carattere locale. Per quanto riguarda l’alta pianura e la zona propriamente montana va da sé che gli itinerari erano completamente condizionati dall’orografia: nessuno dubiterà del passaggio del Tagliamento presso Ragogna o Pinzano, a motivo della ristrettezza del corso. Nondimeno anche in questo caso possono venire utili acquisizioni di dettaglio, che permettono di avere più chiaro il quadro generale. Ciò può dipendere da eventi casuali (piene, siccità), ma anche da indagini mirate, come si cercherà di indicare nel corso di questa breve trattazione. Nell’area che collega la pianura con l’ambito alpino vengono numerose novità dalla valle del Natisone e dalle convalli, argomento di un progetto Interreg al cui interno è stato svolto un interessante convegno, i cui atti sono stati di recente pubblicati 1 . Presso Ponte S. Quirino le magre del Natisone 1 Si rimanda per questo a STEFANO MAGNANI, Le vie di comunicazione in epoca romana / Ceste Komi-

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l’INdAgINE sullE stRAdE ROmANE dEl FRIulI:dAl cINquEcENtO AI NOstRI gIORNI

Maurizio Buora

La tematica della viabilità, in special modo di epoca romana, è all’attenzione degli studiosi di antichità in Friuli da poco meno di cinquecento anni, con una forte attenzione a partire dalla fine del Settecento e con un’estrema intensificazione specialmente nel Novecento e nei nostri giorni, quando il tema delle infrastrutture è divenuto molto attuale e si collega a imponenti trasformazioni del paesaggio, in corso. ciò ha fatto sì che a grandi linee il tracciato delle principali strade sia noto, anche se nei dettagli è possibile qualche disparità di opinioni, a motivo del grande interramento che le strade stesse possono aver subito nel tempo o, all’opposto, della asportazione dei loro tratti sopraelevati (per quelle così dette levade o levate) o ancora per l’estendersi sempre più ampio delle aree urbanizzate che non di rado hanno occupato siti archeologici.

nel corso degli ultimi decenni si sono avuti dei sensibili mutamenti di interesse, che hanno prodotto un’analisi maggiormente rivolta ai percorsi minori – sicuramente sempre esistiti – e direi anche ai tratti meno frequentati o di carattere locale.

Per quanto riguarda l’alta pianura e la zona propriamente montana va da sé che gli itinerari erano completamente condizionati dall’orografia: nessuno dubiterà del passaggio del Tagliamento presso Ragogna o Pinzano, a motivo della ristrettezza del corso. nondimeno anche in questo caso possono venire utili acquisizioni di dettaglio, che permettono di avere più chiaro il quadro generale. ciò può dipendere da eventi casuali (piene, siccità), ma anche da indagini mirate, come si cercherà di indicare nel corso di questa breve trattazione.

nell’area che collega la pianura con l’ambito alpino vengono numerose novità dalla valle del natisone e dalle convalli, argomento di un progetto Interreg al cui interno è stato svolto un interessante convegno, i cui atti sono stati di recente pubblicati1. Presso Ponte S. Quirino le magre del natisone

1 Si rimanda per questo a steFano magnani, Le vie di comunicazione in epoca romana / Ceste Komi-

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hanno permesso di individuare il probabile ponte romano, pertinente a un tracciato posto a un livello molto inferiore rispetto alla viabilità attuale2. A questo proposito vorrei ricordare che nel corso dell’alluvione del Fella nell’omonima valle (nel 2003) sono venuti alla luce resti tardomedievali a una notevole profondità. ciò fa ritenere che l’accumulo delle ghiaie portate dal fiume Fella sia in alcuni punti molto consistente: secondo alcuni abitanti del luogo esso in alcuni punti arriverebbe a circa sei metri. Ciò significa che l’antico tracciato delle strade romane di fondovalle specialmente in valli molto strette percorse da corsi d’acqua, che spesso hanno trascinato con sé copiosi detriti, può rimanere a noi del tutto sconosciuto. ciò accade, peraltro, anche entro l’attuale corso arginato del Tagliamento, che nasconde con assoluta certezza specialmente nella sua parte più meridionale anche resti viari e ponti di epoca romana3.

Rispetto al bel quadro della situazione sulla viabilità nell’alto Friuli offerto da Luciano Bosio nel 1987 nel volume dedicato agli scavi di Invillino4, direi che oggi ci sono sostanziali novità nei metodi di indagine che riguardano quasi esclusivamente la pianura, ma che certo hanno implicazioni anche per la parte alta della regione.

nikacije v Rimsken obdobju, in Giorgio Banchig, Stefano Magnani e Andrea Pessina (a cura di), Terre d’incontro. Contatti e scambi lungo le Valli del Natisone e dell’Isonzo dall’antichità al medioevo, Kraji srečanj. Stiki in izmenjave vzdolž Nadiških in Soške doline od antike do srednjega veka, Atti della giornata internazionale di studi. S. Pietro al Natisone, 26 novembre 2005, Zapiski z mednarodnega študijskega dne v Špetru, 26. novembra 2005, Cividale del Friuli, Most società cooperativa a r.l. Asso-ciazione don E. Blanchini, 2007, pp. 129-151.2 steFano magnani, Pierluigi BanChig, Paola Ventura, Il ponte romano alla Mainizza e la via Aqui-leia-Emona, «Aquileia nostra», 76 (2005), cc. 81-136. Si tratterebbe in questo caso della conferma di un dato presente nella tradizione orale e riportato da sandro stuCChi, Forum Iulii, Roma, Istituto di studi romani, 1951, part. pp. 95-96, il quale ricorda come nella località nel 1916 sia stato distrutto un ponte che la tradizione riteneva romano. Le medesime notizie sono riprese da silVio PanCiera, Vita eco-nomica di Aquileia romana, Aquileia, Associazione nazionale per Aquileia, 1957, pp. 56-57; antonio rossetti, Julia Augusta. Da Aquileia a Virunum lungo la ritrovata via romana per il Noricum, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2006, pp. 15-31.3 Ne ho già parlato più volte citando a questo proposito la precisa testimonianza orale fattami dall’in-gegnere che diresse lavori nel greto del fiume alcune decine di anni fa.4 luCiano Bosio, Il castello longobardo di Invillino (castrum Ibligo), i castra di Paolo Diacono e le vie romane della Venetia orientale, in volKer BierBrauer, Invillino-Ibligo in Friaul, I, Die römische Siedlung und das spätantik-frühmittelalterliche Castrum, München, 1987, pp. 433-452 («Münchner Beiträge zur Vor- und-Frühgeschichte», 33).

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La prima è una maggiore frequentazione della documentazione offerta dalla fotografia aerea, dai satelliti etc. Questa analisi non fu praticata sistematicamente dal Bosio e dai suoi allievi, che si limitavano, per lo più, alle tavolette al 25.000.

Un altro aspetto, apparentemente lontano, ma in realtà concorrente, è dato dalla rilettura delle fonti moderne, dal Settecento in poi, che molto spesso trasmettono la conoscenza diretta di tratti di strada, – riconducibili all’epoca romana, – visti, percorsi e talora persino misurati da chi ne dà notizia. I due aspetti meritano di essere considerati come complementari: l’analisi di quanto si vedeva (integrata dalla tradizione orale) nel Sette-Ottocento e oggi non si vede più e l’analisi di quanto allora non si vedeva ancora e oggi la fotografia aerea rende visibile giovano molto – specialmente se messe in rapporto tra loro – allo studio dell’antico reticolo stradale. L’integrazione dunque delle due fonti permette nuove acquisizioni e un considerevole arricchimento del quadro d’insieme.

come terzo punto va ricordato che, per una benevola sorte o perché un effettivo interesse non ha fatto passare sotto silenzio la circostanza, più tratti di strada sono stati intercettati negli ultimi anni nel corso di scavi occasionali o svolti con intenti archeologici, il che ha portato con chiarezza a considerare quali sono le tracce reali che questi tratti hanno lasciato nel terreno. Si tratta, tuttavia, di indagini che non sempre sono coordinate in un piano generale e i cui effetti non sono sempre immediati e risolutivi.

Mi limiterò ad analizzare alcuni casi, prendendo le mosse alla lontana.

1. dal cinquecento al tardo settecentoL’attenzione per i dati del terreno compare, sporadicamente, nel

cinquecento nell’opera del cesarini5 che registra la presenza di una strada da lui identificata con la Postumia.

5 «Siamo totalmente all’oscuro della sua vita, e neppure ce ne resta l’epoca della nascita e della morte», così antonio altan, Memorie storiche della terra di Sanvito al Tagliamento, Venezia, Picotti, 1832, p. 73. Su di lui steFania Villani, Cesarino (Cesarini) Girolamo, in Cesare Scalon (a cura di), Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, 2, L’età veneta, A-C, Udine, Forum, 2009, pp. 690-691.

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egli cita l’antica via Postumia, ovvero Militare, che dal volgo è detta strad’alta alla parte verso noi tramontana [scrive da San Vito al Tagliamento] appresso la nominata Villa di Urcinisio, per la qual via gl’antichi Romani conducevano gli eserciti, ed era altresì via corrente d’Aquileia a Roma6.

Allora per ogni erudito ogni via portava a Roma. Il testo del cesarini fu soppesato nel Settecento da Federico Altan e da Gian domenico Bertoli, i

6 Dell’origine del castello di S. Vito, dialogo di M. Girolamo Cesarino, con la descrizione di tutte le cose segnalate che vi sono; arricchito di varie Annotazioni e di una Epistolare Dissertazione, dal sig. abate Federigo Altan de’ conti di Salvarolo, (s. l.) 1745, p. 27.

Fig. 1 - Parte di una mappa del 1696 con l’indicazione della «Stradda detta la levadda, sive Strad’alta» (da D’Agnolo, Ceolin e Dusso Le ricerche della Postumia, risvolto di copertina).

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quali peraltro non ne compresero il valore7. come non lo comprese Luciano Bosio che vide il decumano massimo della centuriazione concordiese passare tra i due Orcenico, di Sopra e di Sotto, ma non comprese che esso era un tratto della via Postumia, qui assunto come decumano della centuriazione, circa un secolo dopo la sua realizzazione8.

7 Tutta la questione è ben analizzata in armando d’agnolo, Pietro Ceolin, elio dusso, Le ricerche della Postumia (1893-1896) di Camillo Panciera di Zoppola, San Vito al Tagliamento, Grafiche Se-dran, 2004.8 Si rinvia per questo ai classici studi di luCiano Bosio, La via Postumia da Oderzo ad Aquileia in re-lazione alla rete viaria della Venetia, «Atti dell’Istituto Veneto SS.LL. AA.», 123 (1964-1965), pp. 279-336 e luCiano Bosio, La centuriazione di Iulia Concordia, «Atti dell’Istituto Veneto di SS. LL. AA.», 124, (1965-1966), pp. 185-260.

Fig. 2 - Il medesimo tratto di strada, da Google earth (rielaborazione effettuata da M. Buora, 2011).

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eppure l’equivalenza Postuma = Strad’alta, viva nella tradizione orale, era stata fissata in un atto notarile del 1696 e soprattutto in una mappa allegata ad esso (fig. 1). È sorprendente la traccia di questa strada che si riscontra in Google earth, nella foto ripresa il 14 settembre 2002 (fig. 2)9.

Queste precise notizie sembrano del tutto dimenticate all’inizio del Seicento da ercole Partenopeo il quale attribuisce a Giulio cesare la strada montana – ritenuta militare – che scendeva da Aguntum e passava per il passo di Monte croce carnico10. In alcuni appunti giovanili del bolognese Marsili, forse databili alla fine del XVII secolo, compaiono tre mappe di Aquileia che rivelano una certa attenzione anche al corso delle strade. egli annota, ad esempio, che il tratto terminale della via Postumia era largo m 10,20, ma dà informazioni di grande interesse anche sulle altre strade che si dipartivano da Aquileia11.

È con l’avanzato Settecento che la tematica delle strade romane del Friuli conosce una ampiezza e una intensità, anche polemica, che ben ricorda quanto si è visto ai nostri tempi12. nel 1745 Federico Altan13 annota il dialogo cinquecentesco del cesarini, che poi dà alle stampe nel 1771: non ne condivide l’ipotesi ricostruttiva del tracciato della Postumia e perciò apre una polemica che verrà ripresa negli anni successivi. nel 1775 Paolo

9 Me ne sono occupato in Nuove fibule dal museo di San Vito al Tagliamento, in S.Vit al Tilimint, N.U. per il congresso della Società Filologica Friulana, Udine, 2010, pp. 473-486.10 erCole PartenoPeo, Descrittione della nobilissima Patria del Friuli, Udine, Natolini, 1604 (rist. anast. Bologna, Forni, 1978), pp. 6 e 91; su questo tracciato si veda Bosio, Il castello longobardo di Invillino cit., p. 442. Ercole Partenopeo (ca. 1530-1615) fu parroco di Reana del Roiale, su di lui si veda liliana Cargnelutti, Partenopeo Ercole, in Scalon (a cura di), Nuovo Liruti cit., L’età veneta, N-Z, pp. 1940-1946.11 Cfr. Pierluigi BanChig, Mappa di Douino [sic]. Aquileia e la costa del Timavo in documenti inediti di Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730), «Aquileia nostra», 77 (2006), cc- 221-250, part. c. 236. Nel corso del 2007, grazie alla cortesia di Cristiano Tiussi, ho potuto vedere le tracce, medievali, del traccia-to della via Postumia a sud di Cervignano del Friuli, di cui è stata parimenti rilevata una larghezza di 12 m. La mancanza di fossati ai lati fa pensare che anch’essa, almeno in questo tratto, fosse sopraelevata (levada).12 Mi riferisco espressamente alle polemiche sul tracciato della Postumia, che ha visto contrapposta la scuola padovana (che annovera i principali sostenitori del tracciato basso, in parte coincidente con la via Annia, da Oderzo ad Aquileia) e la scuola diciamo aquileiese, che l’ha fatta sempre coincidere con il tracciato alto, diretto verso Codroipo, Sevegliano e poi ad Aquileia.13 Federico Altan (1714-1767), sacerdote di S. Vito al Tagliamento fu storico, verseggiatore e poligrafo. Su di lui da ultimo Pier giorgio sCliPPa, Altan Federico, in Scalon (a cura di), Nuovo Liruti cit., 2, L’età veneta, A-C, pp. 193-196.

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Fistulario14 crede di riconoscere in alcuni tratti sopraelevati superstiti la via Postumia, precisamente, per quanto riguarda la nostra regione, nel tratto di 16 miglia da Rivolto a Palma, detto Stradalta, e in quello, lungo 6 miglia che da Scodovacca, costeggiando il Muro Gemino, si volgeva ad Aquileia. È singolare che quest’ultimo tratto, oggetto di indagini dal 200615, sia da lui posto in relazione con la Postumia che dunque avrebbe dovuto continuare oltre Sevegliano, come recentemente si è ipotizzato16.

nella sua Dissertazione istorica della fondazione di Udine e di altri luoghi della provincia17, dedicata al «nob. Signor co. Prospero Antonini» il 5 dicembre 1780 e da allora rimasta inedita, Antonio comoretto di Buia, prete della congregazione dell’Oratorio, ripropone con chiarezza il problema delle strade romane del territorio.

egli inizia citando la notizia di Strabone (V, 1, 11) secondo cui prima della fondazione di Aquileia vi sarebbe stato un collegamento viario tra Bologna e Aquileia. A questo proposito ricorda la correzione dei codici a opera del Maffei, il quale emenda Piacenza al posto di Aquileia, e la discussione nell’opera del Fistulario, uscita cinque anni prima.18 A detta del comoretto

14 Erudito e storico udinese (1703-1799), autore dell’opera Della geografia antica del Friuli dalle età più rimote ai tempi di Costantino il grande, Udine, Gallici, 1775. Su di lui si veda simone VolPato, Fistulario Paolo, in Scalon (a cura di), Nuovo Liruti cit., L’età veneta, D-M, pp. 1098-1103. Sulla figura e l’opera del Fistulario si rimanda da ultimo a steFano magnani, Dalla geografia del Friuli nel dibattito settecentesco, in Maurizio Buora e Arnaldo Marcone (a cura di), La ricerca antiquaria nell’Italia nordorientale dalla Repubblica veneta all’Unità, «Antichità altoadriatiche», 64 (2007), pp. 65-94, part. p. 70.15 Ringrazio per l’informazione il dott. Cristiano Tiussi, responsabile degli scavi, il quale ha messo in luce presso Scodovacca un tratto che costeggia a occidente l’acquedotto dei Muri Gemini.16 Il rettifilo tra Terzo d’Aquileia e Scodovacca è ritenuto oggi, sulla scorta di alFredo Furlan, Vie romane della Bassa Friulana orientale. Una strada ed un acquedotto, «Alsa», 1 (1988), pp. 15-32, parte della via Aquileia-Forum Iulii. Lungo questa strada dal 2006 sono in corso scavi archeologici, che ne hanno messo in luce un tratto, cfr. Cristiano tiussi, Ruda (UD): Località Fredda di Perteole. Inda-gini archeologiche 2006, «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia», 1 (2006), pp. 138-139; Cristiano tiussi, Ruda (UD): Località Fredda di Perteole. Campagna di scavo 2007, «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia», 2 (2007), pp. 118-120; Cristiano tiussi, Ruda (UD): Località Fredda di Perteole. Campagna di scavo 2008, «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia», 3 (2010), pp. 140-145; diego CenCigh, giusePPe FranCesChin, maurizio Buora, Idrografia e viabilità nel territorio centro orientale di Aquileia romana, «Quaderni friulani di archeologia», 14 (2004), pp. 81-104.17 Udine, Biblioteca Civica V. Joppi, Ms. Joppi n. 3.18 La correzione era stata fatta da Scipione Maffei, Verona illustrata, parte prima / contiene/ l’istoria

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questa sarebbe dunque la prima via, di cui egli ricorda «i patenti vestigi». nel corso della trattazione egli riferisce che

questa è quella strada che sortendo da Aquileia guidava a traverso le paludi fino al pago, o Villaggio, ora nomato chiarizzà,19 e presso quello che dicesi di S. Giorgio, da cui poi per un tratto di circa tre miglia, a linea retta si giugne al grosso Villaggio di Muzzana. Questo nobilissimo pezzo di strada tuttavia sussiste e può ognuno ravvisarlo, come l’ho veduto io, alquanto elevato sopra gli altri campi, e perciò chiamato fino a dì nostri da quei Paesani Strad’alta. Ove le acque, che in que’ siti paludosi e bassi abbondano, poteano ritardare ai passeggeri il corso, furono eretti Ponti di pietra, i cui vestigi tuttora si vedono, ed io medesimo ho veduto, e passato quel Ponte, che presso Muzzana sopra l’acqua ivi in buona copia unita fu eretto..S’inganna però chi crede essere un pezzo dell’Antica Via Romana, di cui parliamo, quella strada, che da codroipo per il corso di più di dieci miglia conduce a linea retta verso la Fortezza di Palma, detta ancor essa Stradalta20.

Quest’ultima è infatti, per noi, la Postumia, mentre l’altra per chiarisacco è l’Annia. degno di nota come l’appellativo Stradalta o Strad’alta, ossia ‘levata’ si applicasse a più strade romane sopraelevate. È opportuno notare che questo nome, utilizzato sia dal Fistulario che dal comoretto, non si applica a una strada costruita nel periodo napoleonico, come spesso si crede e si scrive, ma era in uso già una ventina d’anni prima della comparsa di napoleone per un tratto di quella che oggi comunemente identifichiamo con l’antica via Postumia.

Fin dal tardo Settecento, nel clima intriso di erudizione solo in alcuni punti scalfita e rinnovata dal soffio illuministico, la discussione locale in larga misura verte dunque specialmente su due delle principali strade romane del Friuli, ovvero la Postumia e la Annia. Per quanto riguarda la Postumia merita di essere segnalato un altro testo inedito, un breve frammento di Angelo Maria Cortenovis, il grande erudito attivo in Friuli fino all’inizio dell’Ottocento. Egli ne tratta, in un latino elegante e scorrevole, in un testo che qui si riproduce21.

della città / e insieme/ dell’intera Venezia/ Dall’origine fino alla venuta in Italia di Carlo Magno, Ve-rona, Jacopo Vallarsi e Pierantonio Bernio, 1732, p. 70.19 Attuale Chiarisacco, da cui proviene un miliare ora al museo di Udine (Johannes BaPtista Brusin, Inscriptiones Aquileiae, Udine, Deputazione di storia patria per il Friuli, 1991, 2898). 20 Oggi invece vi è un generale consenso nel ritenere che questa sia una strada di origine romana, come si dirà più sotto.21 Ringrazio il dott. Bruno Lucci, per la cui cortesia è qui possibile riprodurre l’apografo in suo possesso.

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De via PosthumiaHuius viae quater ni fallor mentio habetur in perantiqua inscriptione aevi inita, quae Genuae exstat (Gruterus p. 204)22. eam via ex dertonensi agro Genuam usque pertigisse auctor est Augustinus Justinianus 23 apud Moutinesium (v. Posthumia via). Affirmant nonnulla, vel nunc Lastumian eam denominari corrupto veteri Posthumiae nomine. ejusdem viae, quem Tacitus et Tabula aenea appellant, vestigia quaedam supersunt in limite agri Tarvisini in Venetis ad Plavis vada, ubi et Pagus est Postiuma aduc appellatur. Ad plura passuum millia agger huius viae super subiectus utrinque campos elevatos in divertioni extenditur, et Posthumiae viae, nome servat. errat Hieronimus caesarinus in lucubratiuncula de origine oppidi S. Viti (nuova raccolta d’opuscoli T. XXI) 24 qui hoc nomine indicari putat alteram militare Romanam viam quae nunc Strad-alta dicitur, quaeque est Flaminiae appendix ab Arimino Aquileiam ad Aemilio Lepido deducta ut observat Fridericus Althanius lucubratiunculae illius editor in Prefatione. Posthumiam

22 La citazione si riferisce a Janus gruterus, Inscriptiones antiquae totius orbis Romani in corpus absolutissimum redactae, Heidelberg, Ex Officina Commeliniana, I-II, 1602-1603; ed. altera 1616; Amstelaedami, F. Halma, 1707.23 Nato a Genova nel 1470, Pantaleone Giustiniani, entrò nei Domenicani a 14 anni, prendendo il nome di Agostino, contro la volontà dei suoi genitori che avevano altri progetti per lui unico figlio. I geni-tori volevano che il loro figlio perpetuasse la gloriosa tradizione ereditata dai Giustiniani nella storia della Città Stato (suo padre fu ambasciatore a Milano nel 1475 e suo nonno Andriolo governatore di Chios). Appassionato di lingue antiche ed orientali, ferrato di geografia ed abile scrittore, percorse tutta l’Europa insegnando presso i conventi domenicani. La fama delle sue conoscenze arrivò fino a Roma. Così, un suo parente, l’influente Cardinale Bandinelli, lo nominò Vescovo di Nebbio nel 1514. Accorto teologo, poliglotta Agostino Giustiniani preferì accettare la cattedra di arabo ed ebraico offerta dal Re Francesco I a Parigi dove restò cinque anni. Delegò i suoi poteri come si usava in Europa all’epoca ad uomini d’affari. In quel periodo visitò l’Inghilterra e imparò l’aramaico. Qui scrisse nel 1516 lo Psal-terium (una raccolta di salmi) dedicato al papa Leone X in latino, greco, ebraico, aramaico ed arabo. Possiamo dire la prima ‘bibbia’ (seppur parziale) poliglotta della storia. Originalmente fu intesa come componente di un’edizione multilingue di intera bibbia, ma il progetto fu limitato dal limitato successo commerciale dell’opera più indirizzata agli studiosi che ad un vasto pubblico. Il libro infatti fu molto richiesto fra gli orientalisti e i biblici anche nei secoli successivi. Nel 1521, Agostino Giustiniani si ritirò nella sua diocesi in Corsica. Grande umanista, si affezionò ai suoi abitanti poveri ma laboriosi. Ascoltò le loro lamentele, i loro bisogni, le loro richieste. Destinò una parte dell’entrate della sua dio-cesi ai bisognosi. Ingrandì la cattedrale di Nebbio a Saint-Florent dimenticata fino ad allora dai suoi predecessori. Fece edificare un palazzo episcopale e una casa per i preti circondata da un giardino. Tra il 1526 ed il 1530, scrisse una minuziosa descrizione dell’isola nel ‘Dialogo nominato Corsica’. Agostino Giustiniani muore nel 1536 per un naufragio tra l’isola di Capraia e la Corsica all’età di 66 anni. Su di lui si veda ad es. François seCret, I cabbalisti cristiani del Rinascimento, Milano, Arché, 1985, p. 109, altre notizie in Peter Bietenholz e Thomas Brian Deutscher (a cura di), Contemporaries of Erasmus. A Biographical Register of the Renaissance and Reformation, University of Toronto Press, Toronto-Buffalo-London, 1985, pp. 102-103. 24 Nella breve quanto sommaria biografia di Girolamo Cesarini in altan, Memorie storiche cit., p. 73, questi lo giudica severamente dichiarando che «sovente mostrasi piuttosto romanziero, che istorico».

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hanc nostram excipiebat ex noricis Alpibus deveniens, quam describit Venantius Fortunatus in prologo vitae S. Martini latino carmine conscriptae, dum librum suum ex Galliis in Italiam Ravennam ire iubet ab Agunto ad Alpes noricas, quae olim carnicae, postea Juliae dictae sunt, per Forum Julium carnicum, et nunc rupes Osopi, et Reuniam [ora Ragogna] ad Tilavempti primum deinde ad Plavi flumina deducent, et in Posthumiam immittent. Haec itaque tria loca, per quae monumenti constat cum transisse, manifeste attendunt radices Alpium circumflexu... ambiisse ad Noricis, et Carnicis Montibus per Transpadanos campos et ultra Padania ad Appenninum et Maritimas Alpes; idque a Romanis consulto factam, ut expediti exercitus, et commeatus ubicumque opus fuisset amoverent, quotiens barbari priorum, et posteriorum Gallorum exempla secuti per Alpium claustra in Italiam Irrompere tentarent.

come si vede le idee del cortenovis in questo campo sono molto confuse. Pur conoscendo il percorso della Postumia proveniente da Genova non esita a chiamare con questo nome la strada che scende da Aguntum per Zuglio Carnico, da lui pervicacemente definito Forum Iulii25. Anche in questo campo, come in altri settori dell’archeologia, fatica a uscire dalla semplice citazione ed eventuale discussione delle fonti antiche e dal loro confronto con i dati sul terreno. Quando si parla di strade romane è sempre la Postumia che ricorre, anche se viene fatta transitare per vie inusuali.

Per quanto concerne la presunta Annia possiamo ricordare una interessante notizia ci è fornita nel 1816 da monsignor Braida, nella sua edizione delle opere di cromazio26. Ricorda dunque il Braida il

lapis Aquileiensis, sane pulcherrimus, qui nuper, anno scilicet 1806, prope Aquileiam in loco silvoso, cui apud incolas nomen Roncato atque etiam Tombola repertus fuit,

ovvero l’iscrizione che menzionava il restauro della via stessa, «aquis palustribus eververatam»27.

L’autore continua poi, dicendo che

Ac quamdam certe via, hodie incolae Aquileienses ostendunt ad meridiem illius … urbis positam, concordiam versus, et palustribus aquis contectam; quibus quandoque

25 Come è noto lo stesso e il suo discepolo Girolamo Asquini sostennero che Forum Iulii doveva essere identificato con Zuglio.26 Pietro Braida, Sanctus Chromatius Episcopus Aquileiensis. Praefatio editoris, Udine, 1816 riedito in Jacques-Paul Migne (a cura di), Patrologia latina, XX, Parisiis, 1845, cc. 248-310.27 Si tratta di Corpus Inscriptionum latinarum, V, 7992 = Inscriptiones Aquileiae cit., 2984.

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decrescentibus, saxa ac rudera in imo earum apparent viae cujusdam veteris vestigia, necnon annulus praegrandis lapidi ejusdem viae crepidinem positus, alligandis prope eam naviculis inserviebat28.

Questa testimonianza, per noi molto importante, con tutta evidenza non si riferisce alla via Annia (diretta da Aquileia verso nord-ovest) quanto alla strada da Aquileia a Grado, precisamente nel tratto oggi coperto dalla laguna. La Mappa corografica del Litorale, edita intorno al 1830 mostra ancora la prosecuzione entro la laguna stessa di un tratto di strada che si vede bene dalla fotografia aerea (fig. 3). In questo caso la notizia è importante e ben si collega ad altri dati di cui disponiamo. non sorprende, invece, la scarsa accuratezza della testimonianza che attribuisce un nome noto a una strada ignota.

2. Il periodo napoleonicoLe strade sono la grande

infrastruttura sviluppata nel periodo napoleonico in un breve volgere di anni. È chiaro l’intento militare – le strade erano essenziali per i rapidi movimenti di truppa – ma altrettanto chiara è la volontà di imitare i Romani.

28 La notizia viene poi ripresa da antonio zamBaldi, Monumenti storici di Concordia già colonia romana nella regione veneta, San Vito, dalla premiata libreria e tipografia Pascatti, 1840, p. 187.

Fig. 3 - Tratto di strada romana che a nord di Bel-vedere piega a sudovest verso la laguna di Grado. La continuazione di questo, registrata nelle carte ottocentesche, è con tutta probabilità quella citata da mons. Braida nel 1816 (da Google earth, imma-gine dell’8 aprile 2010, rielaborazione effettuata da M. Buora, 2011).

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L’idea di un grande e moderno piano infrastrutturale era nata già nel 1804, ma l’azione di propaganda promossa da napoleone con la creazione del Regno d’Italia e la sua incoronazione accelerò questo processo di riordino spaziale e militare dei territori occupati dagli Austriaci. La rete di ponti e strade con funzione militare e commerciale progettata da un nobile veneziano e da un nobile friulano, daniele Renier e Giulio di Strassoldo, aveva un significato politico ben preciso e divenne il segno fisico di una nuova dominazione, austriaca prima, francese poi, e nuovamente austriaca nella sua ultima fase.

non a caso, questo piano per la viabilità commerciale e militare in più punti recuperava i miti di una potenza militare e di una forza infrastrutturale che si rifaceva in modo esplicito all’impero romano. I rettifili stradali delle antiche vie romane erano, per Giulio di Strassoldo, l’esempio concreto di una capacità tecnica da imitare29.

In vista dunque del più rapido collegamento Milano-Venezia uno snodo cruciale era costituito dal ponte sul Tagliamento presso casarsa cui dovevano collegarsi i nuovi percorsi. nello studio del territorio gli ingegneri dell’epoca studiarono anche i probabili percorsi di epoca romana30 per fini utilitaristici, al fine di utilizzarli come sedime per i nuovi tracciati napoleonici. Questo pare sia successo per la strada romana che puntava verso codroipo (che ritengo parte dell’antica Postumia). «L’antica Strada Romana al di là del Tagliamento, è interamente ridotta alla larghezza, e dimensione voluta, e che non resta che a coprirla di Ghiaia», osserva l’ingegner Paolo Mastraca il 1 ottobre 180531. nel 1809, dunque, veniva aperta la strada postale da Milano a Vienna, in qualche modo paragonabile alle grandi arterie romane32. Ciò significa che i tracciati minori rimangono nelle condizioni precedenti e anche le loro vicende non sembrano interessare a molti.

29 moreno BaCCiChet, Gli ingegneri in Friuli, il Ponte della Delizia e la Strada Regia nel programma della viabilità austro-napoleonica (1804-1818), «Atti dell’Accademia di S. Marco», 2-3 (2000-2001), pp. 61-127, part. p. 61.30 Così Giulio di Strassoldo il 22 settembre 1805 descrive un tracciato dal Ponte del Tagliamento verso ovest ove «sembra vi sieno le vestigia di un’antica strada», cfr. Protocolli di commissione, 22 settembre 1805, in Archivio di Stato di Udine, Archivio della Torre, b. 23, fasc. A, citato da BaCCiChet, Gli inge-gneri in Friuli cit., pp.61-127, p. 61, nota 1.31 Cfr. Protocolli di commissione, 22 settembre 1805, in Archivio di Stato di Udine, Archivio della Torre, b. 23, fasc. A, citato da BaCCiChet, Gli ingegneri in Friuli cit. p. 88, nota 90.32 iVan treVisan, I passaggi del Tagliamento. Il Sanvitese, in Enrico Fantin, Paolo Strazzolini e Roberto Tirelli (a cura di), I passaggi del Tagliamento, Latisana, 2004, pp. 55-94, part. p. 89, nota 8.

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3. Sopravvivenza e distruzione. La situazione alla fine dell’Ottocentocamillo Panciera di Zoppola (1851-1923), importante uomo politico

friulano del suo tempo, bene esprime la buona cultura della classe dirigente ottocentesca di solida formazione accademica. Appartenente alla famiglia di uno degli ultimi patriarchi di Aquileia, aveva maturato in casa il gusto per la storia del Friuli. L’indagine intorno alle strade romane era tornata di grande attualità negli ultimi decenni dell’Ottocento, favorita dal contemporaneo riassetto del sistema viario, anche in conseguenza dell’unione di larga parte del Friuli all’Italia nel 1866 e soprattutto in dipendenza della progettazione e poi della costruzione dei grandi assi ferroviari. nell’art. 13 della Pace di Vienna stipulata il 3 ottobre 1866 i Governi d’Italia e d’Austria si impegnano a facilitare le comunicazioni per via ferrata e a favorire la creazione di nuove linee onde congiungere tra loro le reti italiane e austriache33. non è un caso che dario Bertolini associ nel 1879 le strade romane e le moderne strade ferrate34. nella destra Tagliamento la ricerca era già stata sviluppata localmente ed estesa nel 1869 da Giambattista Zuccheri alla così detta via Giulia da concordia in Germania, che costeggiava la sponda occidentale del fiume e saliva poi verso la zona di Castelraimondo: nella sua opera anch’egli descrive un piccolo tratto della Postumia35. Altre indagini si effettuarono nella Bassa friulana per impulso dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, che aveva inviato gruppi di persone a ripercorrere, descrivendolo, il presunto tracciato dell’Annia. nei territori austroungarici lo stesso metodo venne poi ripreso dal Gregorutti e successivamente dal Puschi, che ci hanno lasciato indagini ancora in parte valide36.

33 Il testo, in francese, pubblicato per Regio Decreto n. 3253 nella Gazzetta Ufficiale del Regno il 15 ottobre 1866, si trova anche nella Collezione celerifera delle leggi per l’anno 1866, Enrico Dalmazzo editore, Firenze 1866, alle pp. 1729-1735.34 dario Bertolini, Le vie consolari e le strade ferrate della provincia di Venezia, Venezia, Tip. Lucia-no Segré, 1879.35 giamBattista zuCCheri, La via Giulia da Concordia in Germania, Treviso, Tipografia di Luigi Priuli, 1869; Bosio, Il castello longobardo di Invillino cit., pp. 437-438. 36 Carlo Gregorutti (1821-1898) si occupò più volte delle strade da e per Aquileia: Carlo gregorutti, Strassenzüge bei Aquileja, «Mitteilungen der Central Commission», neue Folge, 11 (1885), pp. 110-117; Carlo gregorutti, La via Annia, «Archeografo Triestino», nuova serie, 12, (1886), pp. 159-207; Carlo gregorutti, L’antico Timavo e le vie Gemina e Postumia, «Archeografo Triestino», nuova serie, 16 (1890), pp. 293-315, 377-419; «Archeografo Triestino», 17 (1891), pp. 166-206, 363-392; «Ar-cheografo Triestino», 18 (1892), pp. 37-79. Alberto Puschi (1853 – 1922) si dedicò per molti anni alla

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camillo Panciera di Zoppola, dunque, associandosi via via vari compagni di escursioni (tra questi carlo Marzona che era stato uno degli ultimi allievi di Jacopo Pirona – fondatore del museo di Udine – al liceo di Udine) e informatori del posto arriva a proporre una valida ricostruzione di un tratto della via Postumia nell’agro di Iulia concordia con dati archeologici di prima mano, ovviamente non più controllabili per le distruzioni causate dai lavori agricoli e dalla moderna urbanizzazione. La larghezza della strada era della misura standard di 12 metri, pari dunque a quaranta piedi romani e uguale a quella della via Annia che ho potuto controllare a Latisana37. Per quanto non ovunque fosse conservata di questa larghezza è rimarchevole il fatto che in quasi tutto il suo percorso abbia lasciato vistosa traccia nella memoria orale e talvolta anche nella documentazione cartografica antica. Come in moltissimi altri luoghi del Friuli, lungo l’antico tracciato è vivo il ricordo del tesoro nel pozzo o dell’aratro o delle campane d’oro etc. che sempre sono in relazione con rinvenimenti archeologici o con il ricordo di Attila che si può dire è dalle nostre parti universalmente presente ove permanga almeno l’idea di una strada antica, romana o medievale che fosse.

Le sue ricerche sono state recentemente pubblicate nel volume Le ricerche della Postumia (1893-1896) di Camillo Panciera di Zoppola realizzato da Armando d’Agnolo, Pietro ceolin ed elio dusso38. L’opera è particolarmente interessante innanzi tutto per il recupero di importanti dati che finora non erano stati messi in circolazione – il testo del Panciera era stato preparato per la pubblicazione nelle «Memorie storiche Forogiuliesi» che non ebbe luogo nel 1922, credo perché allora si diede spazio all’ultimo testo del grandissimo archeologo Ghirardo Ghirardini, presentato per la stampa da Pericle ducati39. In secondo luogo questo volume dimostra che ci sono ancora all’inizio del

ricerca sulle strade romane nel territorio tergestino, di cui lasciò fotografie, schizzi e appunti; di lui va ricordato almeno alBerto PusChi, La strada romana da Aquileia ad emona ed una recente pubblica-zione che la riguarda, «Archeografo Triestino», serie III (1905), pp. 109-125.37 maurizio Buora, alessandro Fontana, Latisana, Latisanotta, Case Fantin, «Aquileia nostra», 72 (2001), cc. 390-399.38 Le ricerche della Postumia (1893-1896) di Camillo Panciera di Zoppola cit.39 Rimando per ulteriori dettagli su questa vicenda a maurizio Buora, L’idea degli Illiri nella storio-grafia italiana e dell’Italia nordorientale dalla fine dell’ottocento al novecento, in Maurizio Buora (a cura di), Gli Illiri e l’Italia, Treviso, Fondazione Cassamarca, 2005, pp. 105-126.

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XXI secolo validi appassionati – diciamo ‘laici’ – capaci di progettare ricerche originali, di convincere i finanziatori della bontà dei loro lavori e di produrre opere di grande importanza. L’indagine archeologica, specialmente sul campo, proprio per la sua valenza territoriale e perché implica una conoscenza approfondita dell’ambiente riesce ad annullare la situazione periferica di molti contesti. ciò peraltro non avvenne che sporadicamente per l’area montana e quando capitò fu solo in dipendenza dall’operato di persone particolarmente attente anche a questi elementi geografici, come il Marinelli40 e il Gortani.

4. Un nuovo interesse. Tra fine sec. XX e inizio sec. XXInon è certo un caso che oggi, in un momento in cui il tema dei trasporti e

della mobilità è particolarmente sentito e impegna anche una parte consistente delle risorse pubbliche, sia per così dire tornato di moda il tema della viabilità antica. esso si affaccia ora a noi spinto dalle nuove tecnologie, tra cui spicca la possibilità di avere a disposizione riprese aeree, un tempo interdette per ragioni di carattere militare.

credo che capiti a tutti di confessare che una ricerca perseguita per anni viene vistosamente negata da risultati insoddisfacenti, salvo un colpo di fortuna che riesce a risolvere la situazione. È il caso delle strade al di qua e al di là del Tagliamento che per molti anni ho cercato di individuare archeologicamente. Il tratto di una via, evidenziato dalla fotografia aerea negli anni Ottanta, mi ha permesso di ritenere che esso fosse la strada da Iulia Concordia verso codroipo. Il tratto si trova tra i due corsi del Tagliamento, minus e maius, di cui parla Plinio e corre non lontano da una villa romana. Ho segnalato a suo tempo l’individuazione41. Mancava tuttavia la prosecuzione nella attuale sponda orientale del Tagliamento, dove per più anni abbiamo fatto indagini e di superficie e di scavo. Il colpo di fortuna è venuto da riprese aeree analizzate da Alessandro Fontana che ha potuto documentare il vero corso della via, non troppo lontano da dove l’avevamo ipotizzato, ma abbastanza distante

40 Giovanni Marinelli (Udine 1846-1900) fu un grande geografo, ma curò anche la pubblicazione di una Guida del Canal del Ferro o della Val Fella, stampata a Udine nel 1894 e di una Guida della Car-nia, edita a Firenze nel 1898, che furono poi rifuse in un unico volume nel 1925 apparso a Tolmezzo a cura di Michele Gortani.41 maurizio Buora, Individuato un tratto della via da Concordia al Norico?, «Aquileia nostra», 58 (1988), cc. 277-284.

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perché non riuscissimo a trovarlo42. Oggi il tratto già compreso tra i due rami del Tagliamento può servire a ciascuno per esercitarsi utilmente da casa nell’individuazione di strade antiche. Infatti un segmento è visibile per un tratto di oltre tre chilometri nelle ultime riprese effettuate il giorno 8 aprile 2010 e riprodotte in Google earth (fig. 4). Da ciò si ricava con estrema chiarezza che il tracciato principale da concordia, che lo Zuccheri credette di individuare dopo la metà dell’Ottocento e cui in qualche modo rimase fedele Luciano Bosio, è

completamente diverso poiché taglia sostanzialmente dritto da Vado a Morsano e di qui a camino quindi a codroipo ove, a circa 22 chilometri ovvero 15 miglia da Vado (e poco più da Iulia concordia) doveva probabilmente essere collocata una mansio fin dalla piena età augustea, se come ho avuto modo di indicare, la strada che qui passava fu inaugurata solennemente alla fine del mese di giugno del 2 a.c.43. Ovviamente ciò non

42 alessandro Fontana, Aspetti geomorfologici del territorio di Camino al Tagliamento, in maurizio Buora, Presenze romane nel territorio del medio Friuli, 12, Camino al Tagliamento, Tavagnacco, Arti Grafiche Friulane, 2006, pp. 13-21.43 Rimando per questo al mio Quando fu inaugurata la strada da Iulia Concordia verso il Norico?, in Maurizio Buora (a cura di), Quadrivium sulla strada di Augusto, dalla preistoria all’età moderna, catalogo della mostra, Trieste, Editreg, pp. 144-145.

Fig. 4 - Tratto di strada che da Vado volgeva verso Morsano al Tagliamento. Si tratta con tutta probabilità della via inaugurata da Augusto alla fine del mese di giugno del 2 a.C. (da Google earth, immagine dell’8 aprile 2010, rielabora-zione effettuata da M. Buora, 2011).

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esclude che potessero esistere contemporaneamente altri tratti di strada con andamento diverso, tratti che nei secoli a venire avrebbero acquistato o perso di importanza a seconda delle mutazioni del paesaggio antropico e degli orizzonti commerciali.

Altri contributi di grande peso – che dovranno essere metabolizzati nelle prossime ricerche – si sono aggiunti alla tematica delle strade. Antonio Rossetti ha pubblicato nel 2006 un volume dedicato esclusivamente alla ricostruzione del tracciato della via Iulia Augusta (la cui denominazione è affatto moderna).

con quest’opera entriamo nel vivo dell’utilizzo della fotografia aerea, metodo che parzialmente era stato usato per le strade anche dal Tagliaferri, nei suoi volumi apparsi nel 198644. Un tratto stradale analizzato sia da Tagliaferri che dal Rossetti è quello corrispondente al decumano massimo della centuriazione aquileiese (prima metà del II sec. a.c.), in parte ben visibile nelle fotografie aeree (fig. 5). Per ovvie ragioni, legate alla morfologia del territorio, l’analisi della fotografia aerea

44 amelio tagliaFerri, Coloni e legionari romani nel Friuli celtico. Una ricerca archeologica per la storia, Pordenone, Geap, 1986.

Fig. 5 - Tratto del cardine massimo della centu-riazione aquileiese, a nord della stazione di Stras-soldo, sulla linea ferroviaria Cervignano-Udine (rielaborazione effettuata da M. Buora, 2011).

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è resa possibile nella parte pianeggiante del Friuli, ancorché l’abbondante vegetazione renda la lettura dei dati più difficile rispetto a quanto avviene in altre zone, ad es. in Germania ove proprio grazie alle fotografie aeree numerose ricerche sono state effettuate con successo. All’opera del Rossetti, dilettante come i grandi eruditi del Settecento, si deve anche una proposta di carattere filologico più che topografico. Essa riguarda la nota viam Belloio, menzionata nell’Itinerarium Antonini per la strada che partiva da Aquileia e attraverso Virunum raggiungeva Lauriacum. La sua proposta porta a identificare nel toponimo via Belloio la località di chiusaforte e nel toponimo Larice il centro di Tarvisio. L’ipotesi è plausibile, anche se richiede l’aggiunta di XXX miglia (ovvero la distanza tra Aquileia e Tricesimo) per accordare il testo antico con questa proposta. Siamo, tuttavia, in questo caso nell’ambito delle interpretazioni di testi più che nell’analisi del territorio.

Non bisogna, peraltro, credere che le immagini offerte dalla fotografia aerea o da altri sistemi di rilevazione siano del tutto chiarificatrici. Talvolta i segni che si vedono sono affatto moderni e possono avere molte altre spiegazioni, diverse da quelle che sono pertinenti a tracce archeologiche. A questo proposito il bel segno su una foto aerea della parte orientale di Aquileia, evidenziato alla fig. 6, può essere esemplarmente significativo. Quando si parla del territorio, bisogna sempre arrivare ad Aquileia per affrontare i vari problemi nella loro complessità. È verso questa città che tendevano le strade più importanti e intorno ad essa che si sviluppa ancora il più vivo dibattito archeologico. esso non riguarda tanto l’abitato compreso entro le mura urbiche – ovvero la parte che dal Bertoli, alla metà del Settecento, fino alla pianta della Bertacchi (edita nel 2003) è stata identificata tout court con la città antica – quanto il suo esteso suburbio, ampio almeno tre volte l’area murata. È in questa zona, per ovvie ragioni di viabilità e di comodità, che si concentrava la gran parte del traffico, favorita anche dalla presenza di aree produttive e di probabili zone di mercato. Tra i vari metodi possibili di analisi delle riprese aeree e di alta quota, lo studio delle ortofoto eseguite sul territorio regionale nel 2003 e nel 2010 – che in futuro potrà essere integrato per aree più limitate da quelle eseguite successivamente con maggior definizione – specialmente mediante l’image processing elaborato dal prof. Vito Roberto, dell’Università di Udine, è uno tra quelli che al momento appaiono più produttivi45. Questo metodo, insieme

45 Tra i vari saggi dedicati all’argomento si rimanda, per maggiore completezza, a maurizio Buora,

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con altri forniti dalle nuove tecnologie e dal remote sensing, sempre più praticati, consentiranno non solo di inviduare con sempre maggior precisione eventuali tratti di strade, ma soprattutto di evidenziare i loro rapporti con le altre eventuali strutture adiacenti e dunque la loro funzione infrastrutturale.

Vito roBerto, New Work into the Map of Aquileia: An Analysis of Aerial Photographs, «Journal of Roman Archaeology», 23 (2010), pp. 320-334.

Fig. 6 - Foto aerea con l’indicazione di un tratto obliquo che potrebbe sembrare una strada romana, ma non è una traccia archeologica (rielaborazione effettuata da M. Buora, 2011).

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