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BICE LAZZARI Antologica 1925 - 1980 ARTE CENTRO Via dell’Annunciata, 31 - 20121 Milano - telefono +39 02 29000071 - fax +39 02 6592631 www.lattuadastudio.it - E-MAIL: [email protected]

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B I C E L A Z Z A R I

Antologica 1925 - 1980ARTE CENTRO

Via dell’Annunciata, 31 - 20121 Milano - telefono +39 02 29000071 - fax +39 02 6592631www.lattuadastudio.it - E-MAIL: [email protected]

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B I C E L A Z Z A R IAntologica 1925 - 1980

Marzo 2005

mostra a cura di Fiorella la Lumiae Flavio Lattuada

Bice Lazzari in un ritratto di Maria Mulas

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Figura isolata e solitaria, Bice Lazzari , che nasce a Venezia nel 1900, inizia dallo studio del segno per

approdare, negli anni del secondo dopoguerra, alla pittura Informale e materica. Le sue opere danno vita

ad un astrattismo venato di poesia, ma mai lontano dal proprio interrogarsi strutturale, ad una impennata

informale che ebbe anche un suo momento materico fino ad una astrazione più complessa e rarefatta.

Trasferitasi a Roma nel 1935, l’artista realizza pannelli decorativi in collaborazione con architetti e appro-

da, infine, negli anni Cinquanta, ad un tipo di produzione collocabile nell’ambito materico e informale.

Bice Lazzari crea un modo di utilizzare le materie del tutto personale, perennemente in bilico tra il lirismo

del segno e le istanze più concrete della materia. É una delle figure più anomale della sua generazione,

oltre alle opere realizzate prima della seconda guerra mondiale, attraverso i grandi cicli di decorazione,

gli oggetti, i tessuti, mosaici o pannelli eseguiti per importanti studi d’architettura, il suo linguaggio passa

lentamente da una costruzione razionale ad una decostruzione determinata dello spazio del dipinto, fino ad

una dissoluzione delle forme e ad un uso delle materie, come sabbie, gessi e colle. “(…) Nei quadri amo

la luce, lo spazio, il rigore, la struttura, la sintesi…e un po’ di poesia. Non mi appartiene il neofigurativo,

sempre secondario, aneddotico”, così scriveva Bice Lazzari della sua opera.

Conobbe Cagli, Capogrossi, Licini, Melotti, ed entrò a contatto non solo con con le correnti artistiche più

importanti dell'epoca, ma anche con quelle dell’architettura, come l'ambiente di Gio’ Ponti. Bice Lazzari

sviluppò ricerche artistiche in grado di conciliare un gran numero di tematiche in parte antitetiche tra loro:

ordine-disordine, forma-informe, organico-inorganico, disegno-materia, comico-tragico, elaborando una

variegata cromia che si distende in superficie, e al tempo stesso accenna a diversi livelli di profondità. La

sua posizione nel quadro dell'arte contemporanea si mostrò unica, sia per la levatura poetica e stilistica

dei suoi lavori, sia per la sua indipendenza dalle condizioni di gusto che regolavano le correnti artistiche

del suo tempo. Il suo desiderio di modernità, che non vive con ansia giovanilistica bensì come qualcosa di

connaturato alla propria personalità, tuttavia, non la vede attratta neppure dal dilagante Futurismo, la

interessa piuttosto l’Astrazione, di cui, sia pure in tono più dimesso nella sua città, ancora epicentro di cul-

tura Mitteleuropea, giungono diversi segnali. Ne è riprova il fatto che pur proseguendo ancora a lungo le

prove in un modo o nell’altro “figurative” (vicine di volta in volta a Mafai, De Pisis, Campigli o Sironi) i

suoi primi tentativi astratti (1925-26) risultano straordinariamente precoci e slegati dal lavoro dei gruppi

che, solo più tardi, si muoveranno compatti in tale direzione. Il fenomeno appare ancora più singolare e ce

la presenta, pur nel suo relativo isolamento, come una delle personalità più originali del momento. Bice

Lazzari, comunque, non ebbe mai un 'adesione totale neanche all'arte astratta, sebbene la sua arte si avva-

lesse marcatamente dei principi compositivi di tale corrente artistica, restò, invece, sempre affascinata da

un certo tipo di figurazione che, accanto all'assoluta libertà compositiva determinò una ricerca dualistica

BICE LAZZARI: La signora dell’astrattismo

Casa e Canali di Burano - 1927 - Olio su Tavola - cm.33x41

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opere, come "Armonia del Giallo" testimoniano come la pittrice seguisse, negli anni Venti, i suggerimen-

ti della geometria e dei segni, sia liberi che scritturali, in una soluzione formale che privilegiava la non-

figurazione.

E così anno dopo anno esplorerà il passaggio e la trasformazione dallo “standard artistico straordina-

rio” alla “normale eccezione”, l’orizzonte “eretico” di Bice Lazzari viene espresso dalla ricerca di nuovi

valori, esprime in realtà il ridimensionamento del concetto di standard come base della normalità, per

rilanciare nuovi punti di vista, nella direzione di una sperimentazione permanente che evita provocazione

e trasgressione, per trasformare la normalità in un percorso di eccezioni. In particolare, nel mondo del-

l’astrazione il filtro della sensibilità personale diventa una potente chiave interpretativa del reale: una

sorta di rivoluzione sommersa, non cercata e non voluta, che apre la strada a nuove forme sperimentali

della pittura, così come di relazione e di convivenza, che definiscono un orizzonte eretico.

In particolari occasioni mi torna il ricordo di un noto scultore svizzero, sostenitore della teoria del perico-

lo “eredi di artisti”; i quali, per estraneità, il più delle volte, dalla vita quotidiana di un creatore con tutte

le implicazioni di amori, tensioni, scelte, affinità elettive e di gestione del proprio lavoro, sono completa-

mente impreparati al ruolo - rivendicando, nello stesso tempo, di essere i nuovi protagonisti della scena.

Per cui sosteneva che gli artisti non dovessero avere eredi per convenzione. Remo Rossi è morto prima che

anche il mercato dell’arte assumesse nuove metodologie più legate alle mode ed ai clamori maxmediatici.

Tutto deve essere evento. Lo stupire del nuovo contrapposto allo stupire dell’essere. Il manifestarsi nel-

l’abbaglio di una vetrina e non più nelle incerte armonie del mistero. A volte con dietro il nulla. Da queste

riflessioni nasce l’idea di riproporre il lavoro di BICE LAZZARI, artista riconosciuta come la donna più

importante dell’astrattismo italiano, malgrado il silenzio distratto che l’ha circondata in questi ultimi anni.

Tale silenzio, sicuramente, è dovuto - in parte - alla non accettazione di quanto disposto dall’artista, con

mandato esclusivo di lavoro a questa galleria; interferendo, così, alla divulgazione del prezioso lavoro di

Bice Lazzari, che solo chi se ne è occupato con continuità, competenza e amore può fare. Questa mostra

intendiamo proporla ai giovani collezionisti e a quelli che non hanno avuto l’occasione di conoscerla vera-

mente. Una lunga storia di amore e complicità intellettuali, quasi un’avventura di vita condivisa, mi lega

a questa protagonista dell’arte italiana del secolo scorso. Sono particolarmente felice di condividere l’or-

goglio e la gioia di questa mostra con mio figlio Flavio, proiezione nel futuro di una concezione di merca-

to d’arte fatto di amori, di scelte e proposte non rinnegabili.

Fiorella La Lumia

che le servì per sviluppare una poetica tutta personale che consisteva nell'amalgamare i risultati di una

ricerca puramente lirica ma legata alle teorie della percezione, ai risultati di una libertà compositiva che

dieve vita ad una realtà misteriosa, carica di angoscie e contraddizioni. L'opera di Bice Lazzari, quindi,

diventa una testimonianza reale sulla condizione umana, ma si tratta di rendere visibile un'immagine crea-

ta tramite fasci e combinazioni di linee orizzontali e verticali, circonferenze, tracce, materie, spazi, segni

ed altri motivi derivati da un procedimento di pura creazione e che per l'artista costituivano un reale col-

legamento tra spiritualità del pensiero e creazione visiva.

Del resto la stessa Bice Lazzari, non intende mai l'astrattismo come qualcosa di totalmente separato dalla

realtà. Poichè noi ci formiamo continuamente, giorno dopo giorno, vivendo immersi nel mondo che ci cir-

conda, tutto ciò che sentiamo non può essere che la nostra reazione emotiva di fronte alla realtà: “io sono

astratta con qualche ricordo” dice Bice Lazzari. Anche quando nelle sue opere sembrerà prevalere la liberà

invenzione, questa sarà determinata da spunti esterni, qua e là riconoscibili, pur trasformati dalla memo-

ria. La sua cultura visiva è vasta: conosce l'arte italiana, quella tedesca e francese. Tutto questo le permette

di creare una base culturale sulla quale può costruire il suo mondo figurativo, mantenendosi tuttavia al di

fuori di qualsiasi corrente organizzata. Studia all’Accademia di Belle Arti di Venezia che interrompe per un

breve periodo quando la famiglia si trasferisce a Firenze, ma che riesce comunque a terminare al suo ritor-

no nella città lagunare nel 1918. Conseguito il diploma comincia la trafila dei suoi espedienti per rimane-

re libera di dipingere a suo modo ciò che vuole. Bice Lazzari infatti non è interessata all’accademismo che

le è stato inculcato e al tipo di committenza che ne potrebbe scaturire. Intuisce sin dai suoi esordi le enor-

mi possibilità del colore, che scopre come vero e proprio linguaggio. La sua pittura è legata al reale ma

ad un reale che si trasforma; le cose, il mondo delle cose, per associazione, determinano una forma nuova.

Bice Lazzari sembra ricevere dall'esterno il visibile e trasmette dalle sue opere l'invisibile. Del resto nelle

pitture di Bice Lazzari, come quelle di altri astrattisti, è spesso riconoscibile uno spunto tratto dalla realtà

esteriore, vista al microscopio invece che a occhio nudo secondo la nostra abitudine giornaliera. Si tratta

forse di collegamenti inconsci, tali però da confermare l'asserzione che l'uomo non può immaginare nien-

te che non esista già in natura. La pittura di Bice Lazzari, comunque, è raffinata, intellettuale, rarefatta;

spesso allusiva e simbolica, evocativa, suggestiva. Dai suoi studi deriva l'importanza della linea: il segno

che si articola e si coordina ad altri segni crea il motivo poetico che si unisce indissolubilmente al colore

e così, Bice Lazzari “la grande signora dell’astrattismo” nel 1959, aveva dovuto chiudere il periodo della

pittura ad olio per un grave avvelenamento.

Dopo l’accademia frequenta un corso di grafica, e lavora contemporaneamente in uno studio di architet-

tura e, per permettersi il lusso di dipingere dovette spesso disporsi "a fare l’artigiana", come lei stessa

afferma, riflettendo a posteriori sulla sua carriera artistica. Infatti, sebbene essa avesse esposto a Ca’

Pesaro dei pastelli astratti già nel 1925, la sua ricerca innovativa passò sotto silenzio, tuttavia alcune sue

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Il Segno Nero - 1929 - Tempera su Carta - cm.16x21 Armonia del Giallo - 1929 - Tempera su Carta - cm.7x9,5Senza Titolo - 1929 - Acquarello su Carta - cm.21x14,7

Astrazione di una Linea n.2 - 1925

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Le Diagonali Gialle - 1930 - Tempera su Carta - cm.15,5x12,5

I Due Rettangoli - 1930 - Tempera su Carta - cm.15x19

Senza Titolo - 1929 - Tecnica Mista su Carta - cm.25x22

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Bozzetto - 1933 - Tempera su Carta - cm.26,1x20,7

Bozzetto per Affresco - anni 30 - Acquarello - cm.33,5x8

Itinerario sul Verde - 1930 - Tempera - cm.19,3x10

L/5 - 1930 - Tempera su Carta - cm.18,2x11,8

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Dice la Lazzari "Gli occhi non hanno più memorie, l'innocenza tenta un suo linguaggio". Evidentemente "inno-

cenza" per lei significa integrale dedizione al testo ove si confessa, quindi confessione aperta e naturale, deca-

denza di miti ed inibizioni comunicative, naturalità piena infine...

Sono scritture di complessa costituzione in racconto, in prolungate continuità d'annotazione. L'impaginazione

serrata e compatta, che lascia adito all'evidenza del segno, dell'episodio cromatico ovunque si costituiscano

indipendentemente da un unico e centrale nucleo espressivo, promuove nel dipinto una iterazione ritmica, una

costanza di esiti di notazione che mi sembra direttamente allusiva alla possibilità anche oggi di una condizione

d'ascolto, di pacata e composta lettura dell'interno dettato. Ancora la Lazzari stessa ci avverte di questo ele-

mento di contemplazione, di stupefatta ascoltazione, che è forse una estrema "poesia": "nel silenzio stupefa-

zioni nuove si fanno visibili". Quindi mai un gesto, uno scarto, un'istantanea mozione: evidentemente le preme

acquisire un valore duraturo, un valore riscattato nel tempo, che almeno racchiuda e circoscriva una durata suf-

ficiente a postulare ancora una umana certezza di discorso e di ascolto.

É culturalmente importante che la Lazzari, con così notevole efficacia, abbia riproposto, qui in Italia, la possibi-

lità di una pittura psicologica e di interno racconto, oltre l'immagine, oltre il diaframma idealistico...

Dal catalogo Edizioni Editalia – 1958

Enr ico Cr ispol t i

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Senza Titolo - 1938 - Inchiostro su Carta - cm.16x16

Contrappunti - 1939 - Pastello su Carta - cm.23,7x25

Senza Titolo - 1939 - Acquarello su Carta - cm.16x16

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Bozzetto per il Concorso ENAPI-Tessuti - 1939 - Tempera su Cartoncino - cm.78,5x57,5

Tecnica Primordiale - 1939 - Tempera su Carta - cm.29,5x21,5 Senza Titolo - 1939 - Acquarello e Tempera su Cartone - cm.36,5x29

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1940 - Tempera su Compensato - cm.35,5x25

Le Linee Curve - 1949 - Tempera su Carta - cm.49,3x97,2Senza Titolo - 1939 - Tempera su Carta - cm.26x17,5

L12 Linee Oblique Azzurre - 1939 - Tecnica Mista su Carta - cm.25x17

Copertina Giornale - 1945 - Tecnica Mista su Carta- cm.15x15

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...Anche la storia della Lazzari è la storia di una solitudine. Ma è una solitudine che non si ribella e non grida per-

ché non crede nemmeno all'ultima illusione del non consenso e della rivolta: al mondo "ingigantito dalla scien-

za" la Lazzari dunque non si ribella, semplicemente oppone una irriducibile volontà di colloquio. Al di qua del

muro che ci separa dagli altri, tutto quello che ci accade dentro acquista allora un significato particolare, poiché

è solo in esso che possiamo ritrovare la via segreta che ci condurrà fino agli altri: Bice Lazzari lo ha compreso

perfettamente e perciò spende giorno per giorno la sua vita in uno scandaglio attento della propria vicenda inte-

riore e nella ricerca dei pochi segni, i "puri segni", necessari a narrarla...

...Per questa sua evoluzione da una pittura di immagini, sia pure filtrate da una sottile sensibilità, ad una pura

pittura interiore, l'arte della Lazzari è venuta assumendo in questi ultimi anni una posizione singolare nel pano-

rama artistico italiano: voglio dire che l'esperienza più recente della pittrice è una delle poche se non l'unica, di

cui si possa dire quello che è stato scritto a proposito di Fautrier, ossia che è venuta recuperando nel seno della

spazialità pittorica la dimensione temporale della poesia, intesa non come bruciante illuminazione lirica, ma

come pacato racconto e sommessa confessione...

Dalla presentazione in catalogo della mostra allaGalleria “I l Canale” Venezia Marzo 1962

Fi l iber to Menna

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Senza Titolo - 1951 - Tempera su Carta - cm.50x34

Senza Titolo - 1951 - Tempera su Carta - cm.50x35

Quadrati Effimeri - 1952 - Olio su Cartone Telato - cm.32,5x23

I Percorsi n.2 -1953 - Matita e Pastelli su Carta - cm.70x92

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Stratificazione II - 1955 - Olio su Tela - cm.60x45

Limiti - 1954 - Olio su Tela - cm.35x50

Trame Verticali - 1956 - Tecnica Mista su Carta - cm.23,5x17,5Presenza - 1954 - Olio su Tela - cm.66x80

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Senza Titolo - 1956 - Acrilico su Tela - cm.28x38

Attraverso lo Spazio - 1957 - Olio su Tela - cm.72x90,5 N.6287 - 1957 - Matita e pastelli su Carta - cm.21,6x19,6

Tracce Nere - 1953/6 - Olio su Tela - cm.65x88

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Richiami Rossi - 1959 - Olio e Sabbia su Cartone - cm.46,8x46,8Racconto n°15 - 1957 - Olio su Tela - cm.65x45

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Nel lavoro analitico di Bice Lazzari il segno è tale in quanto segna, cioé in quanto si concreta nella combinazio-

ne di due o più materie secondo certi principi d'ordine, e si tratti pure soltanto della grafite della matita e della

superficie bianca della tela o della carta. Del resto, portando avanti la ricerca, anche la materia si costituisce

come segno: e questo è il lato del problema su cui Bice Lazzari ha lavorato con successo nel periodo in cui si

assumeva la materia come il principio e la fine della pittura.

Il segno non esiste in sé: come unità di struttura, si dà solo in un contesto, serie o sistema. Bice Lazzari ha for-

mulato il problema in termini esatti: ciò che bisogna trovare è la relazione di segno e misura...

É anche facile osservare che alla riduzione della nozione di spazio-tempo alla nozione di campo corrisponde il

passaggio dalla progettazione alla programmazione dell'operazione pittorica: una distinzione fondamentale, che

nessun altro ricercatore estetico, oggi, mi sembra aver chiara come Bice Lazzari.

L'interesse percettivo non viene immediatamente sollecitato e appagato: viene tenuto in sospeso, rimandato da

segno a segno, come in una lettura. Ma intanto l'occhio fa propria la frequenza che gli viene imposta, oltrepas-

sa la soglia del proprio dinamismo o cinetismo abituali. Diventa sensibile, più l'evidenza grafica e coloristica che

dei segni, al ritmo delle frequenze che li generano...

Dalla presentazione della mostra antologicadi Palazzo Sturm - Bassano del Grappa Maggio 1970

Giul io Car lo Argan

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Senza Titolo - 1960 - Tempera su Carta - cm.50x64

Materia e Segno - 1960 - Colla e Sabbia su Tela - cm.70x40

Quadro Verde - 1959 - Olio su Tela - cm.64,4x99,5

1958/60 - Olio e Sabbia su Tela - cm. 180x90

Informale Azzurro - 1958 - Olio su Tela - cm.146x130

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Senza Titolo - 1962 - Tecnica Mista su Carta - cm.35x43

Punto Nero - 1962 - Tempera e Colla su Sabbia su Tela - cm.35x25Qualcosa è Rimasto - 1961 - Olio Sabbia su Tela - cm.73x90

Senza Titolo - 1961 - Tecnica Mista su Carta - cm.54x75

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Bianco e Nero - 1962 - Tempera e Colla su Masonite - cm.35x24

Senza Titolo - 1963 - Olio Sabbia su Tela - cm.90x100Giochi di Lama n°2- 1962 - Xx - cm.81x130

Grigio + Nero - 1963 - Olio Sabbia su Tela - cm.89x100

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...Un campo di relazioni sottitli e problematiche per tre maestri, Bice Lazzari, Fausto Melotti, Ezsezebeth Schaàr,

ciascuno con radici lontane nella cultura europea tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ‘30, ma attivo e

presente oggi in una nuova stagione densissima di risultati... e in un certo senso controcorrente è anche la let-

tura introduttiva di Marisa Vescovo, nella nitida plaquette pubblicata da Scheiwiller in occasione della mostra

della Lazzari (galleria “Arte Centro” Milano). Con lo stesso stupore con cui anche in presenza delle opere li abbia-

mo sentiti riaffiorare irresistibilmente alla memoria, troviamo in questi scritti termini, concetti, categorie che ave-

vamo creduto irrecuperabili, in un contesto che non pretende di essere cauto nè mediato: il tema dello “spazio

lirico” e di una “dimensione atemporale” rimanda naturalmente alla poesia e “all’assoluto”

assonanze: la genesi del fare artistico si identifica con una condizione di “innocenza” per la Lazzari...

Da “Anamorfosi del tempo”. NAC n.6/7 giugno/luglio 1974

Mar isa Dala i Emi l ian i

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Il Cerchio Rosso - 1963 - Tempera su Carta - cm.48x66,5

Senza Titolo - 1963 - Xx - cm.11,2x17

L’Ostacolo - 1963 - Tempera, Colla e Sabbia su Tela - cm.146x195

Senza Titolo - 1964 - Tempera su Carta - cm.11x14

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Sequenza n.2 - 1964 - Colla e Sabbia su Tela - cm.40x50

I Tre Tempi - 1964 - Tempera Colla Sabbia su Tela - cm.45x55

Linee - 1964 - Tecnica Mista su Carta Intelata - cm.48x67 Senza Titolo - 1964 - Tecnica Mista su Tela - cm.89x100

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Misura 5 - 1965 - Tempera, Colla e Sabbia - cm.156x79

Misure - 1965 - Acrilico su Tela - cm.79x156 Senza Titolo - 1965 - Xx - cm.13,5x19,5

Senza Titolo - 1963 - Tecnica Mista su Cartoncino - cm.30,5x24,5

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...Lazzari come Klee ha studiato musica - sa cosa significa ripetizione proporzionata, ritmo, armonia dentro lo

specchio del suono -, come Klee giovane potrebbe affermare "il mio amore é distaccato e religioso. Il senso fau-

stiano della vita mi è estraneo". Il punto di vicinanza più certo, e non trascurabile, è l'atteggiamento dell'artista

di fronte al campo del quadro: il riportarvi una conoscenza del mondo per principi e misure dentro un gioco ele-

mentare di progressioni lineari, la corrispondente produzione di segni identificabili e nuovi come dato di apper-

cezione immediata, come elementi di una nuova, consapevole creazione. Gli svolgimenti che negli anni la pittu-

ra di Bice Lazzari ha avuto possono essere ricondotti a due movimenti generali: uno è l'intervento sulla superfi-

cie del quadro, mai considerata supporto inerte, riquadro o sfondo, tabula nell'accezione elementare del termi-

ne, anzi sollecitata verso una evidenza dinamica; l'altro è il potenziamento e la semplificazione del segno: i "puri

segni" di Bice Lazzari si sviluppano e moltiplicano, assottigliando ogni pesantezza e corposità, tendono ad assu-

mere con definizione ed efficacia la loro diretta funzione comunicante.

...Chi guarda questi quadri potrà provare a cercarne le scansioni, le pause, le improvvise e conseguenti accel-

lerazioni. E mentre si accorgerà di come ricompaiono, rafforzandosi, elementi che sembrano dispersi dentro un

ordine chiaro, scoprirà insieme all'evidenza del quadro, la dichiarata genesi e crescita di questo, scandita dalla

ripetizione e nell'emergenza dei segnali; scoprirà come nessuno degli elementi che compongono l'immagine

complessiva dichiari una periferia, contribuendo invece alla pulsazione...

Dalla presentazione in catalogo della mostraantologica al Museo di Milano 7 febbraio 1979

Vi t tor io Fagone

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Misure e Segni, Superficie Gialla - 1965 - Tecnica Mista su Carta - cm.85,5x89,8Senza Titolo - 1965 - Tecnica Mista su Carta - cm.46x63

Cerchi gialli - 1965 - Tecnica Mista su Carta - cm.46x63

Senza Titolo - 1965 - Tempera su Compensato - cm.26x39,5

Senza Titolo - 1965 - Tempera su Carta - cm.18,5x23

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La Linea Rossa - 1966 - Tempera e Matite - cm.75x75

N°950 - 1966 - Tecnica mista - cm.46,5x65 Dedicato a Fiorella - 1966 - Disegno su Carta - cm.25x23

Linee - 1966 - Tecnica Mista su Carta - cm.38x57

Misure e Segni - 1966 - Tecnica Mista su Tela - cm.81x142 Misure K1 - 1966 - Tecnica Mista su Tela - cm.25x25

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Mi sono chiesto tante volte il motivo per cui il lavoro pittorico di Bice Lazzari, così misurato e rigoroso, stimo-

lando le facoltà visive, susciti sempre emozioni profonde. Ho cercato una spiegazione in due fatti: innanzi tutto

l’artista, per sua esplicita dichiarazione, è un’istintiva, vive d’impulsi: poi è di origine veneziana ed ha vissuto a

lungo nell’ambiente lagunare: questi fatti, probabilmente, hanno avuto un certo peso su colei che oggi è consi-

derata una delle voci più tempestive e lucide dell’astrattismo italiano.

Ma la “sensibilità” del suo astrattismo, che è soltanto un aspetto di una complessa operazione artistica in cui si

è impegnata ogni sua risorsa creativa, è stata troppo a lungo indicata come una caratteristica peculiare, sottil-

mente poetica, delicatamente femminile.

Si spiega così, in parte, l’incomprensione o l’indifferenza della cririca fino a quando - se si esclude l’eco di qual-

che mostra isolata - le recenti antologiche di Milano e Modena hanno costretto a prender coscienza del “caso

Lazzari”.

...Lo spazio pensato e rappresentato da Bice Lazzari è popolato di segni precisi, equilibrati: ”Può darsi che io lo

senta così armonioso perché ho bisogno di armonia. Io ho bisogno di armonia, quando mi manca sono amma-

lata”. La ricerca che ha contraddistinto il suo operare artistico si è basata sul principio strutturale dell’azione figu-

rativa: il segno. “Segno che è tale in quanto segna - ha scritto Argan - cioè in quanto si concreta nella combi-

nazione di due o più materie secondo certi principi di ordine, e si tratti pure soltanto della grafite della matita e

della superficie bianca della tela o della carta”. Solo che la qualità di questo segno, l’intima vitalità che lo fa lie-

vitare nel tessuto che lo accoglie lo rendono unico, inconfondibile.

Quando in Italia si cominciò a parlare seriamente di astrattismo, sulla base delle prime opere astratte prodotte

ed esibite da Licini, Soldati, Fontana, Melotti. Reggiani, Veronesi, Radice - vale a dire i protagonisti dell’avan-

guardia milanese degli anni trenta - la Lazzari aveva già fatto per conto suo, pur chiusa nell’ambito lagunare,

precise scelte: sorprende le avesse fatte tanto per tempo se, intorno al 1930, poteva presentare una serie rigo-

rosa di disegni colorati, eseguiti durante il decennio precedente. Aveva attinto da fuori, dagli ambienti dell’avan-

guardia europea, gli stimoli e le idee per alimentare il suo lavoro: vedi le esperienze del cubismo più rigoroso di

Braque, le ricerche varie e diverse del Bauhaus, le proposte rivoluzionarie dei costruttivisti russi.

...L’autoritarismo allora imperante in ogni campo della vita italiana e funesto per l’arte, le diede modo di conser-

vare l’autonomia da movimenti e gruppi che, all’insegna del nuovo, tendevano a confondere l’ideologia artistica

con l’ideologia politica, associando l’idea dello spiritualismo con il populismo in funzione estetica.

Visse isolata anche rispetto al gruppo degli astrattisti lombardi, i quali orientati da Edoardo Persico, critico di rara

cultura e sensibilità, furono preservati da pericolose tentazioni.

...Quando infine negli anni ’50 si diffuse in Italia il verso informale, la Lazzari aveva già mostrato con buon anti-

cipo di sapere trattare con gusto la materia colorata e luminosa.

Bice Lazzari. Tempestività e coerenza di unmessaggio figurativo.Da “Bice Lazzari-Mostra Antologica” della Galleria Civicad’Arte Moderna-Valdagno 1982

Giul iano Menato

E a Roma, dove si era trasferita fin dal 1935, erano allora nell’aria, pronte a comparire, le “ombre sottomarine”

di Afro, le “muffe” e le “plastiche” di Burri.

....Una cosa è certa: il segno rimase ancora l’elemento fondamentale di quelle stesure dipinte con materia tra-

sparente e magra, che fungevano solo da supporto per una vicenda lineare più studiata e mossa, campo di ten-

sione per segni concreti e determinati, non casuali o arbitrariamente liberi.

Poi, fino al 1964, si assiste ad un progressivo processo di liberazione del segno dalla materia colorata, al disan-

corarsi della scomposizione pittorica, al prosciugarsi di certi umori lirici per una distillazione degli elementi linea-

ri, sempre più frequenti e ripetuti nel fondo monocromo che li evidenzia con assolutezza.

...Verso gli anni ’70 e durante tutto il decennio successivo fino ai nostri giorni il lavoro della Lazzari si configura

come “scrittura” dove soltanto al segno spetta il compito di scandire e circoscrivere lo spazio. La scrittura si

svolge preferibilmente su tele e fogli bianchi, il segno è dato semplicemente dalla matita che fissa i ritmi di un

racconto tutto interiore. Il controllo emotivo e l’equilibrio raggiunto trovano nella mano che esegue il mezzo che

compie immediatamente l’atto creativo: l’operazione artistica obbedisce solo ad esigenze visive, ad un pro-

gramma che si sviluppa dall’operazione manuale in atto.

“Il valore del segno è sempre costituito da una somma, un aggregato di segni, e non è mai la conseguenza di

una sottrazione o distruzione parziale del testo visivo.”...

...Si può allora concludere che la Lazzari è un’artista che ha avuto idee chiare fin dall’inizio del suo difficile cam-

mino e che queste idee ha saputo concretare nell’opera senza lasciarsi fuorviare da falsi miraggi, sempre fede-

le ad una rigorosa linea astratta.

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Misure e Segni - 1967 - Matita su Carta - cm.130x81 Il Cerchio Bianco - 1968 - Tempera e Matita - cm.130x81

Ritmo - 1967 - Acrilico su Tela - cm.75x75 Segni e Misure - 1968 - Tecnica Mista su Tela - cm.75x75

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Il rigore della struttura di Bice Lazzari non è “razionale” come quello di Mondrian, ma è un rigore “emotivo”; in

fondo assai più vicino al rigore del segno sonoro di Anton von Webern, che è anch’esso “emotivo”; e baste-

rebbe pensare alla Sinfonia op. 21 (1928) o alle Variazioni per pianoforte op. 27 (1936). Soprattutto nel deciso

orientamento verso il segno come pura espressione dell’interiorità che caratterizza le opere di Bice Lazzari degli

ultimi vent’anni, tutte pensate, dette in una direzione estremamente coerente, senza sottintesi, dubbi, anche se

talvolta esprimenti l’incolmabile solitudine dell’Io. Il suo rapporto col segno “intersoggettivo”, nel senso che il

concetto di internazionalità husserliano ci indica.

Già Nietzsche aveva profetizzato “Si è artisti a patto di sentire come contenuto, come la cosa stessa ciò che i

non artisti chiamano forma...” (in un Aforisma del 1887/88). E Bice confessa di aver scelto il segno, come scrit-

tura della propria interiorità (preferisco parafrasare e non chiamarla “poetica”), “perchè con più chiarezza posso

fare un discorso che risulti leggibile con facilità... Come una partecipazione mentale, voluta con ordine e possi-

bilmente con rigore non oggettivo, che potrei definire nel suo risultato scopo di emozione” (1968). Proprio per-

chè “emotivo”.

Il suo segno è carico di suono; e segno e suono si identificano in una vibrazione che fa risuonare la percezione

visiva. Come in Webern, in molti quadri di Bice Lazzari si può cogliere un Kern, un centro generatore, analogo

alla serie dodecafonica che condiziona tutta la costruzione musicale sulla base di una scelta rigorosa degli inter-

valli: rapporti intervallari, altezze tra segno e segno, sia in senso orizzontale, sia in senso verticale, come nel lin-

guaggio musicale, emergono dalla lettura-ascolto dei quadri di Bice Lazzari.

...Il segno, la linea, il tratto, il colore si pongono nello spazio in dimensioni che non richiamano solo l’orizzonta-

lità della sequenza musicale, ma anche una verticalità polifonica, proprio come quella che ogni immagine musi-

cale, anche se sottaciuta, lascia risuonare.

...è tuttavia certo che il segno pittorico, posto sulla tela come diretta “scrittura dell’interiorità è divenuto l’analo-

go del segno musicale, perchè anch’esso si muove e si fa ascoltare in una unità spazio-temporale”.

A patto però che il segno non provenga dall’esterno, come eco di altri segni ormai codificati e allineati che s’im-

posessano del soggetto e lo legano oggettivamente, secondo la “logica” del profitto, alla cavezza dell’industria

artistica e culturale. Nella “morte dell’arte” il segno di Bice vibra ancora come tenue fiamma di una “cosciente

misura morale” che assume l’utopia della comunicazione quale unica reale forza rimasta al soggetto; come nella

poesia di Else Lasker-Schuler.

Ascoltando i quadri di Bice Lazzari.

Da “Bice Lazzari-Mostra Antologica” del la Gal ler ia Civica

d’Arte Moderna-Valdagno 1982

Luig i Rognoni

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Senza Titolo - 1968 - Tempera su Compensato - cm.29x39

Misure e Segni - 1968 - Tempera e Matite - cm.65x195

Quadrilatero e Frequenze - 1969 - Matita Nera e Colorata su Carta - cm.26,7x26,9 Senza Titolo - 1969 - Acquarello su Carta - cm.18x18

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Misure 21 - 1969 - Acrilico su Tela - cm.89x100

Segnalazione L - 1971 - Acrilico su Tela - cm.40x35

Senza Titolo - 1971 - Tecnica Mista su Carta - cm.45x65

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Credo che un gesto così importante e siginificativo, come quello di offrire di un’artista un catalogo esaustivo e

motivato, nel caso di Bice Lazzari non stupisca nessuno. L’importanza di questa pittrice è un fatto ancor più che

pacifico accertato e sicuro, anzi a sfogliare la bibliografia che da pochi lustri infine accompagna adeguatamen-

te la Lazzari si ha l’impressione che la critica si sia mossa con un’attenzione che va oltre i consueti riti di rico-

noscimento o di omologazione. Ed è un fatto quest’ultimo non frequente negli annali critici di casa nostra come

non lo è l’altro lato ben rilevabile a leggerla, una volta sfogliata, quella bibliografia e cioè che la robustezza e lo

spessore e ricchezza della pittura non figurativa della Lazzari vien riconosciuta e letta proprio quando ricerche e

studi sull’astrazione e sulla non figurazione segnano vistosamente il passo e sembrano affrontar la questione

storica e critica quasi fosse già tutta esplicita. Come a dire che la robustezza e la sottigliezza di linguaggio della

Lazzari han fatto aggio sulla rediscussione del quadro in cui inserirla, e che, per sua e nostra fortuna, non si è

dovuto usar poetiche per venire a capo della poesia. Dunque, una vistosa eccezione propiziata anche da talu-

ne esposizioni attraverso le quali la provocazione a capire non è mancata.

...Come notava Emilio Garroni osservando che, alla fine, i conti non tornavano per una Bice Lazzari “cui nessu-

no, credo, oserebbe mettere in dubbio l’alto livello qualitativo”, ma della quale la facile deduzione in una formu-

la che l’imprigiona non è dato di consumo troppo utilizzabile. Collocandoci sulla porta di un catalogo come que-

sto, che ha volontà di organismo sistematico e continuo, bisognerà annotare prima di tutto questa perplessità

che a me pare più che fondata, e non solo per un ovvio mal costume nazionale. Che è poi quello, come dice-

vo, di preferire le poetiche, o, più sbrigativamente, i discorsi a rapida presa immediata che azzerino la verità del-

l’opera in una sua presunta omogeneità e unità: cioè preferiscono la poetica al linguaggio effettivo...

Penso, cioè, che valga la pena provarsi a qualcosa di un, ovvio, a questo punto, tesser l’elogio di questa straor-

dinaria pittrice. Perchè ho la netta impressione che faccia parte della stessa ricchezza di lavoro della Lazzari il

rimettere in discussione convinzioni e pensieri, modi di lettura e immagini critiche...

...Comincerei col rimuovere un primo ostacolo: dicevo che la Lazzari gode da non molto di fortuna critica. Ciò

ha posto taluni problemi e ai critici in fase di descrizione e a chi si è posto a ripensarla, per esempio, tra le due

guerre, in mezzo ad altri avvenimenti e ad altri moduli pittorici. Si pensi, così al fatto che il molto materiale anni

’30 che quest’artista produce non viene esposto negli anni coevi alla sua produzione, come opera pittorica, seb-

bene come prodotto d’arte applicata di modo che si ha, a studiarlo oggi, un doppio gioco di approssimazioni.

...Anzi è difficile in Italia tacere una volontà operativa che ha il suo mondo formale nella realtà rigorosa della pit-

tura e della sua esibizione, della conoscenza tra artista e pubblico e così via. Non mi riferisco solo alle poetiche

da prendere per quel che sono e che qui poco ci interessano, quanto ai linguaggi effettivi, nei modi più diversi

con cui si presentano. So di ragionare schematicamente, e che la realtà del tempo è assai frastagliata, ma non

credo di tradire la sostanza della questione, che proverei a citare in estrema sintesi nei termini seguenti. Dunque:

l’astrattismo italiano, o non figurartivo che sia, ha esasperato all’estremo per via formale l’affermazione della pro-

pria purezza, cioè non mimesi, non letteratura, e così via: col risultato, più volte assai alto, di agitare un conte-

nutismo di architetture, strutture plastiche e relativi valori, blocchi chiusi di colori e severità struttive. Con l’ag-

Dalla “Monografia” Electa Bice Lazzari

1925-1981 (1984)

Paolo Fossat i

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sua formulazione più esasperata, a porsi come “forma estrema di espressione estetica”.

...”Quando dipingo un quadro penso sempre segretamente alla parete su cui in quel momento potrei dipinge-

re, allo spazio, all’architettura a cui quel quadro dovrebbe esser destinato. Il che vuol dire forse che io non credo

alla pittura purista, alla pittura che vive da sé, autonoma nel suo astratto isolamento. Questa è o dovrebbe esse-

re, a mio avviso, l’unica possibile umanità della pittura contemporanea. Ma quando il quadro è portato a com-

pimento (quando credo che non ci sia altro da aggiungere) allora mi prende il sospetto che esso voglia proprio

vivere per sè stesso. E allora qui è la divinità o l’angoscia della pittura contemporanea? Nè si saprebbe cosa

aggiungere alla descrizione del percorso pensiero/esperienza/produzione/oggetto, cioè alla descrizione dell’e-

sperienza complessa del proprio lavoro, compiuto dalla Lazzari.

...I segni han funzione di rime, cioè, con rapporto diretto con ciò che dalla rima si innerva e precede o segue

per equivalenza e simultaneità di luoghi spiazzati in spazi anche lontani, con una fertilità di risuono e di dissemi-

nazione davvero inedite, da noi. E ciò che più giunge in atteso è l’estensione e le densità, appunto il corpo di

una simile pittura, quanto di poroso e soffice, ma definito comporta.

...(E, intanto, leggo in un appunto della Lazzari con data del 1929, “la musica ha suoni che coprono mondi senza

segni riconoscibili...anche la pittura ha arresti misteriosi e infiniti mondi da portare alla conoscenza. Teso è lo spi-

rito nella prepotente urgenza di dar vita a oscure forze che agiscono per una inesauribile ricerca.

...La Lazzari, intendo dire, lavora su un mezzo, lo spazio pittorico, percettivamente, fisicamente pregnante, che

non si riduce a una superficie bidimensionale su cui scrivere segni e organizzarli per relazioni, ma che si pone in

spessore soffice e denso, obbligando, ripeto, il segno a procedere dentro, all’interno, all’intorno, in ogni dire-

zione. Per giungere alla globalità, al suono ambientato, cioè a comprendere il senso che le varie situazioni, i

tempi del lavoro, assumono in un ben preciso corpo, in una storia ben riconosciuta e data, e esplorata. Come

si vede insisto su una partitura che è impossibile leggere senza il corpo che la musica, facendola secondo il trac-

ciato indicato, fatalmente istituisce, (proprio quel corpo che, nelle vicende astratte, è sempre laterale, e qui, natu-

ralmente, è centrale.)...

giunta che un tale formulario appare in tutto coerente con le condizioni culturali, tecniche e di linguaggio nel filo-

ne di una Einfuhlung che fa da spina dorsale alla “tradizione nel luogo” quale procede dal futurismo e relativo

modernismo, e ancor prima dal simbolismo in avanti, sino alla metà anni Trenta.

...Val a dire la Lazzari non dipinge facendo riferimento alla figurazione astratta in visione pubblica e relative que-

stioni espressive, rappresentative e stilistiche, ma agendo in termini di pratica effettuale, trattando la tela come

spazio aperto in cui agisce con una esperienza che si fa motivo di ricerca nella fisica e materiale verità diretta

della fattualità, delle procedure artigianali.

...In una conversazione con Montana (L’esserci e l’arte. Incontro con Lazzari. Roma 1970) la Lazzari accenna

ad una condizione del suo operare artistico che mi pare di un certo interesse. Ciò che induce alle scelte, alle ori-

gini di una ricerca e disponibilità pittorica, osserva, “è l’innocenza”, e in questa luce “la mia speculazione è sem-

pre un modo di pensare e riflettere sul mio lavoro, il lato pratico della vita mi sfugge”. La distinzione che viene

introdotta qui è tra innocenza ( “l’esser disarmato dinnanzi all’operazione estetica” annota Montana) e pulsione,

istinto, psicologia più o meno profonda. Vien fatto di tradurre questa innocenza, e quindi differenza, con le paro-

le stesse di Montana, dove, nel libro citato, osserva come vi sia nella Lazzari “quella peculiare angoscia del fare

che è in definitiva l’espressione di una fiducia, non già nei confronti della possibilità operativa in sè, ma verso la

volizione esterna e la certezza programmatica”. E ancora, lo stesso critico annota un ulteriore dato importante,

una sorta di stupore d’infanzia delle forme, attraverso la cui “istituzione” la Lazzari evita la memorizzazione magi-

ca di tipo psicologico o introspettivo.

...Qui non è artigiano il risultato perchè conduce a cuscini, tappeti, centri, ma perchè il lavorare nella dimensio-

ne, nella cultura, nei materiali, nelle tecniche (e con tutto ciò) ci restituisce un mondo, libero e intenso pittorica-

mente, con altre logiche e forme e percezioni da quello che fa nascere pittura dalla pittura. Credo sia proprio

questo da intendere là dove si parla di una sfiducia nella volizione esterna e nella certezza programmatica.

...Vediamo di arrivare al punto di osservazione che ci siamo proposti. Se è vero che, fin da buona data, la Lazzari

si sottrae alla “convenzione di figura” è anche vero che nella ricerca delle arti applicate trova una dimensione

ancora più ricca e complessa della semplice negazione delle “convenzioni”. Un modo di intendere la questio-

ne, senza andar oltre la necessità di accennarne appena, può essere quello indicato da Linda Nochlin, la quale

(nel libro catalogo redatto con A. Sutherland Harris, Le grandi pittrici 1550-1950, Milano 1979) osserva come

l’artigianato, o più direttamente l’arte applicata, rappresenti un salutare sacrificio per una pittura che tende, nella

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Senza Titolo - 1971 - Tecnica Mista - cm.31x37,4Senza Titolo - 1971 - Acquarello e China su Compensato - cm.20,5x27,6

Senza Titolo - 1971 - Acquarello e China su Compensato - cm.20,5x27,6 Senza Titolo - 1971 - Tecnica Mista su Carta - cm.50x70 Misure e Segni + Giallo - 1972 - Acrilico su Tela - cm.105x120

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L'emarginazione della donna nella storia dell'arte è ovviamente vistosa, macroscopica. L'altra metà del cielo ha

avuto in passato rare occasioni di realizzarsi in campo artistico, con risultati a volte drammatici (penso non tanto

ad Artemisia ma a Camille Claudel). Numerose sono oggi, tuttavia, le donne che svolgono una impegnata ricer-

ca nello specifico ambito delle arti visive. Le prevenzioni, però, non sono scomparse, soprattutto da parte di un

settore della critica ancora maschilista, priva quindi di obiettività di giudizio nei confronti dell'arte realizzata dalle

donne.

Bice Lazzari aveva sulla questione un atteggiamento distaccato ma equilibrato. Anche se, per dolorosa espe-

rienza personale, riconosceva da una parte l'emarginazione e le concrete difficoltà dell'artista in quanto donna,

dall'altra rifiutava, però, una connotazione artistica semplicisticamente basata sul sesso di appartenenza. A que-

sto riguardo era per un'arte "indifferente", sessualmente "anonima".

L'arte - diceva - non è nè uomo nè donna, è solo un'espressione (la piu'alta, forse) dell'intelligenza e della sen-

sibilità della specie umana.

La sua pittura e' infatti mentale e astratta, carica di sensibilità essenziale più che di senso e di sensualità. In

polemica con le contrapposizioni settarie di un certo femminismo, rifiutava di partecipare a mostre di sole

donne, considerando tali iniziative (pur lodevoli sotto l'aspetto dell'aggregazione militante) una forma di autoe-

marginazione sul piano culturale. Fece eccezione alla mostra "L'altra metà dell'avanguardia" (Palazzo Reale,

Milano 1980).

In questo caso si trattava pero' di una "riparazione" appunto culturale, di cui va dato atto a Lea Vergine che curò

la rassegna, riguardo al contributo internazionale dato dalle donne all'avanguardia artistica di questo secolo.

Bice Lazzari mori' nel 1981 e i suoi oltre ottant'anni di esistenza furono dedicati in gran parte al lavoro artistico.

Sarebbe del resto arduo separare il lavoro dalla sua vita e dal suo essere persona, non dico personaggio. La

vita di relazione, gli affetti e il suo inimitabile rapporto umano col marito, gli stessi interessi culturali, sono inti-

mamente intrecciati con la sua totale dedizione al lavoro creativo e all'arte. Dinanzi ad eventi e cose che aveva-

no per lei interesse, o l'inquietavano, il suo atteggiamento era recettivo e umile, ma sempre indipendente e cri-

tico. Era sensibile al nuovo e ai mutamenti, in ogni campo, non solo in quello dell'arte. Sapeva sottrarsi a fatti e

discorsi inutili, ripetitivi. Guardava e ascoltava senza prevenzioni. Per se' non chiedeva l'approvazione ma il giu-

dizio sereno, intellettualmente onesto...

Dal catalogo del la mostra "Essenza del l 'astrat t ismo"Comune di Macerata Chiesa di S.Paolo Giugno 1988

Guido Montana

La sua estraneità alla ridondanza verbale e alla retorica si rifletteva anche nel suo lavoro, direi nell'idea stessa di

pittura che l'ispirava. Il suo era un atteggiamento di essenziale, mentale "innocenza", che si traduceva in puri

segni, in immagini semplici e rigorose...

Il suo concetto di avanguardia artistica era aperto non schematico. Non diceva mai: è troppo facile; ma diffi-

dava degli atteggiamenti vuoti e arroganti, delle astuzie del comportamento intellettuale. Alla ricerca dava

infatti un significato etico lineare, su cui non riusciva a transigere. Per lei avanguardia era soprattutto questo:

avere l'apertura mentale necessaria per essere in modo autentico e puro nelle nuove forme dell'arte...

Una seria analisi critica di questa importante pittrice (ma meglio sarebbe dire "operatrice del segno") impone

a mio avviso una prima considerazione: il suo processo di ricerca non segue la linea "aristocratica" della

forma, che è data come è noto dalla identificazione massima e formalistica dello stile. É piuttosto una pittura

di tipo "orizzontale", in cui la superficie diviene il campo aperto di una imprevedibile e "insolita" sistemazione

visiva dei segni. Una poetica del segno, dunque, che però non dichiara in modo perentorio la propria appar-

tenenza formale...

A Bice Lazzari si dovranno certo richiamare coloro che, in una condizione di quotidiana banalizzazione dell'im-

magine, riconsiderano già oggi l'importanza dell'Astrattismo e di una informazione visiva priva di accumuli ridon-

danti, retorici della rappresentazione. In realtà la storia della pittura astratta è anche la storia dei valori del segno,

sulla quale molto resta ancora da scrivere, per ricostruire le verità non dette nello specifico campo della cultura

dell'immagine.

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Multigrafia a Nero - 1972 - Acrilico su Tela - cm.145x195

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Sequenza del Segno - 1973 - Acrilico su Tela - cm.72x81Sequenza del Segno - 1973 - Acrilico su Tela - cm.72x81

1974 - Disegno su Cartone - cm.50x70 Appunto - 1974 - Tecnica Mista su Carta - cm.13x16 Sequenze - 1974 - Acrilico su Tela - cm.35x40

Senza Titolo - 1974 - Matita e Pastello su Carta - cm.42x52 Obliquo Rosso e Nero - 1974 - Acrilico su Tela - cm.100x89

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Quadrato Bianco 1 - 1974 - Acrilico su Tela - cm.75x75

Conseguenza - 1975 - Acrilico su Tela - cm.35x40

Linee e Forma n°5 - 1975 - Acrilico su Tela - cm.65x58

Senza Titolo - 1974 - Tecnica Mista su Carta - cm.50x70

Linee e Forma n°7 - 1975 - Acrilico su Tela - cm.58x65

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Senza Titolo - 1975 - Tecnica Mista su Carta - cm.18,5x21,5

Senza Titolo - 1975 - Tecnica Mista su Carta - cm.70x100

Quadrato Bianco n°4 - 1975 - Acrilico su Tela - cm.75x75

Q 509 A - 1976 - Acrilico su Tela - cm.38x28

Acrilico n°1 - 1976 - Acrilico su Tela - cm.89x100

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Con significativa continuità il lavoro di Bice Lazzari è stato seguito dal 1968 da Fiorella La Lumia dell’Arte

Centro, proponendo in questi anni nella sede milanese un arco di esposizioni dedicate sia alla documentazio-

ne di opere recenti, sia nella più ampia prospettiva della ricognizione antologica o del recupero di particolari

momenti operativi, come quello dedicato agli “anni ’30 ”curata da Paolo Fossati nel 1982. Richiamare breve-

mente questo interesse passato serve a rendere ragione della presente iniziativa, concepita come significativo

omaggio all’opera della pittrice e come occasione per un pubblico di verificare all’oggi l’attualità del suo per-

corso, una volta caduta la tensione emotiva della commemorazione ufficiale. E non a caso la presente iniziati-

va s’inaugura all’indomani della chiusura della mostra antologica tenutasi a Roma in Palazzo Venezia, patroci-

nata dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e dalla sopraintendenza per i beni artistici e storici di Roma

curata da Paola Watts e Claudio Strinati, momento senza dubbio importante ed esauriente, momento signifi-

cativo di una presenza, pure temporanea dell’opera di Lazzari in spazi pubblici italiani che, pur avendo cono-

sciuto negli anni precedenti momenti ed episodi degni di nota può lamentare vistose assenze prima di tutto

Venezia la sua città natale. In ogni caso confrontando l’ampiezza e la precocità - del lavoro e le date dei rico-

noscimenti pubblici, un ritardo che può risultare imbarazzante e incomprensibile solo per quanti ritengono che

la fortuna di un artista vada di simmetrico accordo con la sua qualità, magari comprovata a parole ma non con

i fatti. Certamente oggi quando la distanza dei primi esordi di Lazzari sembra aver raggiunto l’atmosfera della

“storia” e non del passato recente; quando ancora quegli esordi ostinatamente privati rispetto ad una attività

pubblica dedicata alle arti applicate, all’oggettistica e alla decorazione ambientale, hanno finalmente acquista-

to una loro legittima autonomia in una serrata ridiscussione dei generi che ha impegnato una critica più avver-

tita che si è dedicata al lavoro di Lazzari, quando infine la temperie culturale sembra offrire un panorama eclet-

tico, senza una linea dominante, in cui cioè un recupero del passato, recente o remoto, sembra facilitare lo

stallo, quasi una dialettale pausa di riflessione; appunto oggi un recupero dell’intero arco di lavoro di Bice

Lazzari può conoscere atmosfere e consensi più tranquillizzanti di ieri... La linea nello spazio pittorico, il segno

e le sue risonanze, definite tali dalla stessa artista, costituiscono il tema che Bice Lazzari andrà sviluppando

fino alla fine dei suoi giorni. Con un tempo di meditazione severo ma non dogmatico, la pittrice esprimerà una

sorprendente varietà di organizzazioni ove le geometrie si fondono con la complessità dei suoi concetti e con

le sue meravigliose semplificazioni.

A conti fatti, e alla luce degli studi più recenti è chiaro che la pittura di Bice Lazzari sarebbe piaciuta a Harold

Rosenberg, il quale giustamente aveva osservato che molti dipinti del nostro tempo sono, ancor prima che un

gesto creativo, un esplicito atto di critica.

Dal catalogo per la mostra al Padiglione d’Arte

Contemporanea Palazzo Massari Ferrara 1988

Paola Watts

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A dispetto dell'arrembaggio indiscriminato di mediazioni teoriche sovente incomprensibili di cui è segnata la vicen-

da artistica di Bice Lazzari, spiccano per chiarezza e semplicità non solo la sua pittura, ma anche taluni scritti della

stessa pittrice che la Galleria Arte Centro di Milano ha raccolto nell'archivio di Bice in modo organico.

La Lazzari si distinse per il suo talento eclettico e uno spiccato gusto per la sperimentazione, in un certo qual

modo si potrebbe dire che la sua creatività si sviluppò contemporaneamente in tre direzioni diverse: la pittura

figurativa, che lei stessa non amava e indirizzata esclusivamente al suo mondo privato; l'arte applicata e, infine,

le opere non rivolte alla committenza, la sua vera ricerca, che per rigore e coerenza si colloca a pieno titolo nella

pittura europea contemporanea.

Nei ritratti, Bice Lazzari non crea, bensì annota, e questi dipinti, paragonati ai suoi quadri astratti, assumono un

ruolo secondario, di esercitazione a latere, sorta di cronaca familiare, inediti in gran parte fino all'antologica di

Palazzo Venezia in Roma, a cura di Paola Watts e Claudio Strinati. E sono i volti delle amiche, della balia, della

sorella, di una felice immediatezza di approccio, si presenta a tutt'oggi complesso, capace come è di provoca-

re reazioni e stimoli fortemente differenziati con il variare delle aspettative rispetto all'opera. Voglio dire che l'im-

mediatezza del sistema pittorico di Lazzari, giocato sull'essenziale, quasi primordiale, rapporto tra un campo e

una traccia che lo determina - ma il rapporto si badi può essere rovesciato leggendo le diverse "stagioni" della

pittrice - proprio nella sua essenzialità e nella sua evoluzione costituisce uno "strumento" per affermare, per rac-

contare, per illustrare anche, e non l'automatica invenzione di una sigla, di uno stile proprio che, indipendente-

mente dalle dimensioni del lavoro o dalla sua collocazione, viene automaticamente ripetuto. La semplicità e la

chiarezza di Lazzari sono frutto di una riconsiderazione del fare pittura, o meglio del fare "immagine", appunto

dell'immaginazione, la cui complessita' risulta evidente proprio dal privilegio di poterne scorrere davanti agli

occhi le diverse fasi, le stagioni, anche conflittuali tra loro.

Sulla felice "spontaneità" dell'artista che, qualunque opera si accinga a fare, compone versi esiste un luogo

comune che, mi sembra a partire da Ovidio, percorre una storia preconfezionata della creatività: in effetti - e le

"svolte" di Lazzari ne sono conferma - l'essenzialità dell'immagine, come volontaria esclusione del compiaci-

mento retorico, dell'abilità tecnica fine a se stessa, è una conquista ogni volta ricercata con un calcolo che è

operazione di autocensura a fronte e in dispetto di altri concorrenziali immaginari...

Ma l'esperienza di una pittura "divisa", appunto in contrasto se non in concorrenza con gli "idoli" collettivi, è ele-

mento esistenziale, e conseguentemente critico, dell'arte attuale, e non solo di essa se la presunta "alterita'" del-

l'oggi viene temperata in una più continua riflessione sulla storia...

Dal catalogo per la mostra al Padiglione d’Arte Contemporanea

Palazzo Massari 28 Febbraio 1988

Alberto Veca

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Acrilico n°14 - 1976 - Acrilico su Tela - cm.93x164

Acrilico n°27 - 1977 - Acrilico su Tela - cm.28x38

Senza Titolo - 1977 - Matita e Tempera su Tela - cm.20x30

Senza Titolo - 1977 - Olio su Tela - cm.72x51

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Senza Titolo - 1977 - Tecnica Mista su Cartoncino - cm.26,5x37

Appunto - 1978 - Tecnica Mista su Carta - cm.16x21Disegno su Cartone - 1978 - Tecnica Mista su Cartone - cm.70x100

Acrilico 525 - 1979 - Acrilico su Tela - cm.65x57

Senza Titolo - 1978 - Tecnica Mista su Carta - cm.70x100 Senza Titolo - 1978 - Tecnica Mista su Carta - cm.70x100

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Nel 1957 Bice Lazzari dipinge informale. Le fa seguito, idealmente, informale azzurro. Sono due delle rare, raris-

sime volte in cui l’artista accoglie nel piccolo mondo dei propri titoli, delle proprie delicate e precise didascalie,

un’individuazione per così dire esterna di tendenza…

…Cos’è dunque l’informale per Bice Lazzari, dato che nella sequenza delle sue opere non trova posto una cesu-

ra netta, ma piuttosto, a partire dal ’57, si fanno più evidenti alcune dimensioni espressive, si fanno più urgenti

alcuni problemi pittorici?

…Per la Lazzari l’informale è la ricerca di un alveo e di un territorio per i propri segni, che si intessono nella tota-

lità della superficie. Alla contrapposizione di forme, rettangolo accanto a rettangolo, geometria accanto a geo-

metria, dei lavori precedenti (che erano percorsi da una lontana evocazione cubista, ripensata attraverso l’a-

strazione analitica dell’Ecole de Paris degli anni ’50) si affianca la volontà di affrontare la tela come un universo

solamente a partire dal quale prendono corpo i singoli segni. Non si può parlare, abbiamo detto, di stacchi evi-

denti e di congedi, quanto di un sottile gioco di rimandi, di echi. Eppure tutta questa “stagione” del lavoro di

Bice Lazzari è attraversata da una riflessione sulla totalità…

…Il quadro è un insieme, un paesaggio mentale, dove affiorano i singoli ritmi, le singole voci. Ciò che importa

più che l’invenzione formale, è questo sentimento di tessitura unitaria che va colta con lo sguardo e che insie-

me, ugualmente, chiede di essere accarezzata e assaporata…

…Dunque il primo dato su cui riflettere avvicinando questo momento espressivo dell’artista, è la coesistenza di

ricerche diverse, stilisticamente contrapposte. É evidente che la Lazzari non sente queste divergenze come por-

tatrici di una necessaria opzione, di un perentorio aut-aut. Le osserva coesistere, le osserva dialogare. E, lungo

l’arco di un decennio, indagine della superficie e indagine della forma, invenzione del segno e registrazione della

materia non si opporranno tra loro. La prevalenza di una dimensione non significa la cancellazione delle altre…

Dalla Mostra alla Casa del MantegnaComune di Mantova 1989

Elena Pont igg ia

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Bice Lazzari nasce a Venezia il 15 novembre e vi compie gli studi, prima al Conservatorio Benedetto Marcello,

poi all’Accadenia di Belle Arti.

Nel primo periodo della sua ricerca, i suoi interessi sono divisi fra la pittura, legata ad un contesto veneziano

e assai lontana dal gusto e dai termini teorici del Novecento (allora dominante), e una presenza nel campo della

cosidetta arte applicata, che le offre la possibilità di ritagliarsi uno spazio più ampio di strumenti e materiali.

Su questo tema nel 1925 e 1926 presente nella collettiva a Ca’ Pesaro a Venezia dove presenta “Astrazione

di una linea”.

Dal 1926 agli anni ’40 prende parte a varie mostre dell’Enapi ed esegue affreschi e pannelli per varie situazioni.

Dagli anni Venti fino al 1963 partecipa a vari premi fra cui il Michetti, il Premio Golfo di La Spezia, il Premio

Scipione di Macerata e molti altri, arrivando spesso a prendere il primo premio.

1927

Partecipa alla Triennale di Milano (ha partecipato a tutte le Triennali di Milano fino al 1961)

1928

Collettiva “Botteghe d’arte” Venezia

Partecipa alla Mostra Nazionale d’Arte Sacra di Padova

1929

Mostra personale alla Galleria San Moisè, Venezia

1939

Mostra del Minerale, New York

1941

Triennale D’Oltremare di Napoli

1943

Galleria San Marco, collettiva, Roma

Mostra di Barcellona, esposizione italiana

1949

Pavimentazione in mosaico del Cinema Fiammetta di Roma

1950

Partecipa alla XXV esima edizione della Biennale di Venezia sezione arti decorative, ottiene primo premio per il

mosaico

Biografia essenziale di Bice Lazzari

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Partecipa alla VI Quadriennale di Roma

1954

Mostra personale alla Galleria Schneider di Roma

1955

Mostra personale alla Galleria Numero di Firenze

1958

Mostra dell’Art Club di Venezia

Mostra personale alla Galleria Il Cavallino di Venezia

Partecipa alla mostra “Segni e materia” alla Galleria La Medusa di Roma

Mostra alla galleria La Salita, Roma

1959

Partecipa seconda Biennale Premio Morgan’s Paint, Rimini

1960

Seconda mostra salone Internazionale “I 4 soli Torino”

1961

Mostra personale alla Galleria Pater, Milano

1962

Partecipa una mostra per la Galleria Il Fondaco a Messina.

Galleria Il Canale, Venezia

1963

Mostra alla Galleria Gritti di Venezia.

1964

Mostra personale Galleria Il Cancello di Bologna

1966

“Strutture Significanti”, Genova-Torino

Mostra “Totalità, unicità, significato”, Sassari

1967

Mostra alla Galleria Numero, Firenze

“Oggetto e Visione” Galleria La Caraboga, San Pier d’Arena, Genova

Mostra alla Galleria Il Paladino, Palermo

Partecipa alla mostra itinerante “Cento proposte”, Firenze

1968

Primo Premio ex-aequo per la grafica.

Mostra personale nel chiostro comunale del Comune di Nonantola (Arte Centro).

Partecipa ad una collettiva a Tunisi.

1968

IV Biennale romana, I° Premio per la grafica

Galleria Cadario, Milano

Centro di Cultura Democratica, Cagliari

1970

Antologica nel Museo Civico di Bassano del Grappa (Palazzo Sturm).

Mostra alla Fondazione Querini Stampalia.

Mostra personale alla Galleria Arte Centro Milano

Personale Galleria Unimedia di Genova

1972

Presente alla Art. 3 di Basilea con Arte Centro. Sempre in quegli anni alla Galleria Arte Centro e alla Galleria

Unimedia di Genova (Arte Centro).

Milano, Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi (Arte Centro).

Mostra personale alla Galleria Arte Centro.

1973

Partecipa alla X Quadriennale di Roma Problemi dell’avanguardia italiana a Stoccolma.

Mostra alla SM 13, Roma.

Galleria La Carabaga di Genova,

Mostra Incontro d’Arte di Bossico, (Bossico-Bergamo), Arte Centro.

1974

Mostra personale alla Galleria Arte Centro e alla Galleria Unimedia di Genova (Arte Centro).

1975

Antologica al Comune di Alessandria curata da Marisa Vescovo (Arte Centro).

1976

Mostra personale presso Palazzo dei Diamanti di Ferrara (Arte Centro).

Mostra personale alla Galleria Contini, Roma.

Mostra personale alla Galleria Arte Centro.

1977

Presente alla Fiera di Bologna, (Stand di “Arte Centro”).

1978

“Melotti-Licini-Lazzari” a cura di Marisa Vescovo Galleria Arte Centro-Milano.

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Mostra “Il filo d’Arianna”, Galleria Arte Centro, Milano.

Mostra personale Galleria Rondanini-Roma e Mostra (disegni) alla Galleria Spazio Alternativo, Roma.

1979

Antologica al Comune di Milano, Museo della Città, Via Sant’Andrea (Arte Centro).

Partecipa alla “Section d’Or o della Restaurazione”, (Pinacoteca Comunale-Ravenna).

“Verifica tra due decenni, 1960/1970”, (Chiesa di S. Paolo, Comune di Macerata).

Mostra personale alla Galleria Arte Centro a Milano “Segno come essenza” e Galleria Weber di Torino.

1980

Presente a Palazzo Reale a Milano nella Mostra Internazionale “L’altra metà dell’Avanguardia (1910-1940)”, a

cura Di Lea Vergine (Arte Centro).

Mostra Antologica presso la Galleria Civica di Modena, “Continuità dell’Avanguardia in Italia”, a cura di Federico

Teodoro (Arte Centro).

1981

Gallerie Contemporaine “Geneve/Roma/Stoccolma”

Mostra personale alla Galleria Arte Centro Milano.

Personale alla Sala Comunale di Valenza Po (Arte Centro).

Bice Lazzari muore il 13 Novembre 1981.

1982

“Anni ’30”, Galleria Arte Centro, Milano.

Galleria Martano Torino (Arte Centro).

Mostra personale al Museo Civico di Valdagno (Arte Centro).

Mostra a Palazzo Reale Milano (Arte Centro).

1983

Permanente di Milano (Arte Centro).

1984

Uscita catalogo Electa a cura di Fiorella La Lumia e Alberto Veca, monografia presentata con la Mostra alla Sala

Napoleonica di Brera (Arte Centro).

Arte Centro “Interpreti a confronto”, Milano.

1985

Partecipazione Sima Terzo Salone internazionale dei mercanti d’arte Venezia

Terza Biennale Nazionale d’arte contemporanea generazione primo decennio, Rieti Palazzo Vescovile.

Galleria Balestrini Albisola mare (Arte Centro)

Centro Arti Visive Amnesia Alessandria collettiva (Arte Centro).

1987

Mostra pubblica al Comune di Rieti.

Istituto Alvar Alto, Mostra “Profili di donne nelle arti, nell’architettura e nelle arti applicate” a cura di Diana Conti.

Opere dal 1921 al 1981 Ministero Beni Culturali e Ambientali Soprintendenza Beni artistici e storici di Roma

Palazzo Venezia Roma.

Arte Centro Milano, Frankfurter-Westen Gallery

Galleria Studio B2 Genova (Arte Centro)

Galleria il Triangolo Nero Alessandria (Arte Centro)

1988

Galleria Verifica “Otto piu’ uno”, Venezia.

1989

“Bice Lazzari, Due Stagioni” ,Casa del Mantegna, Mantova (Arte Centro)

1991

“Lionello Venturi e l’Avanguardia Italiana” Comune di Pavullo nel Frignano, Palazzo Ducale.

1993

Galleria Edieuropa, personale Roma .

Mostra personale nel chiostro comunale del Comune di Nonantola (Arte Centro).

1994

“Un’altra realtà”, Sala di Cultura-collettiva, Palazzo Comunale Nonantola.

1997

“Licini, Melotti, Lazzari”, a cura di Paola Serra Zanetti, Galleria Arte Centro

1999

“Al di’ là del fiume tra gli alberi”, personale, Concesio-San Vigilio -Brescia, (Arte Centro).

2002

Mostra collettiva sulle donazioni effettuate al Guggenheim di Venezia

2005

Mostra “Antologica” 1925-80 - Arte Centro Milano. Testi di C. G. Argan - E. Crispolti - M. Dalai Emiliani - V. Fagone

P. Fossati - G. Menato - F. Menna - G. Montana - E. Pontiggia - L. Rognoni - A. Veca - P. Watts.

Introduzione alla mostra di F. La Lumia.

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Progetto grafico e videoimpaginazione Top Graphic Milano

Finito di stampare nel Mrzo 2005