Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

18
Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti Traduzioni in Lingua Italiana ed Inglese

Transcript of Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

Page 1: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti Traduzioni in Lingua Italiana ed Inglese

Page 2: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

2

0 Indice

0 INDICE ...................................................................................................................... 2

1 BIBBIE CATTOLICHE E BIBBIE PROTESTANTI ....................................................... 3

2 ALCUNE TRADUZIONI IN LINGUA ITALIANA ......................................................... 4

3 ALCUNE TRADUZIONI IN LINGUA INGLESE ......................................................... 11

4 ALCUNI APPROFONDIMENTI ................................................................................ 18

Page 3: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

3

1 Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

Quasi tutte le Bibbie tradotte dai testi originali utilizzano oggi lo stesso testo ebraico (Biblia Hebraica

Stuttgartensia) ed il medesimo testo greco (The Greek New Testament UBS). Le differenze sono pertanto

minime e, quasi sempre, derivano dal fatto che (per l’Antico Testamento) i protestanti preferiscono fare

riferimento quasi esclusivo al testo masoretico, mentre i cattolici ricorrono senza troppi pregiudizi anche

ad altre fonti testuali (Bibbia dei Settanta, Vulgata, Manoscritti del Mar Morto, Pentateuco Samaritano,

Vetus Sira, Teodozione, ...). La Settanta è comunque ancora molto stimata dalle chiese ortodosse, che

spesso la utilizzano per uso liturgico e per traduzioni ufficiali, sottolineandone l’antichità e l’uso

preferenziale fattone dalla chiesa primitiva. Per il Nuovo Testamento le differenze sono invece

praticamente inesistenti, essendo stato raggiunto un consenso unanime sul testo critico comune da

utilizzare (grazie ai contributi di Wescott ed Hort, Nestle ed Aland, Martini e Metzger), testo che oggi ha

praticamente soppiantato la “Vulgata Clementina” ed il “Textus Receptus” di Erasmo da Rotterdam.

Nelle Bibbie protestanti i libri deuterocanonici sono regolarmente omessi o inseriti in appendice.

Fino all’inizio degli anni ‘60 le Bibbie cattoliche furono ricavate dalla Volgata latina. Per almeno tre secoli il timore del protestantesimo portò le autorità religiose a bollare con parole veementi tutte le società bibliche, a vietare il possesso di bibbie protestanti e a mettere all’indice anche le bibbie cattoliche ristampate, senza note e libri deuterocanonici, da editori non cattolici. Dopo il Concilio Vaticano II la situazione cambiò radicalmente: la Volgata non fu più il testo ufficiale e liturgico della chiesa cattolica e largo spazio venne dato ad accurate traduzioni dai testi originali in lingua volgare. Sotto l’influsso della ricerca archeologica e della critica testuale molte Bibbie furono arricchite da note storiche e linguistiche di indubbio valore culturale e di notevole spessore esegetico: in alcuni casi non mancarono però venature scettiche e scarsamente pastorali con effetti poco edificanti sugli spiriti più deboli e meno eruditi. Nella storia delle versioni cattoliche si ebbero pertanto due periodi: nel primo periodo, che si estese dal

1600 al 1960, le Bibbie cattoliche furono tratte solo ed esclusivamente dalla Vulgata (superata dalla critica

testuale) ed offrirono note pastorali positive ed edificanti, mentre nel secondo periodo, che va dal 1960

in poi, le Bibbie cattoliche si basarono sullo stesso testo ebraico e sullo stesso testo critico greco utilizzati

dai protestanti, furono libere da pregiudizi dogmatici, inclusero note e commenti arricchiti da profonde

competenze linguistiche, testuali, storiche ed archeologiche ma, per le ampie venature scettiche,

rischiarono di confondere la fede di non pochi lettori di media cultura, spesso incapaci di valutare in

modo obiettivo i fondamenti epistemologici di alcuni rami della moderna scienza biblica1.

1 La critica testuale o “bassa critica” nasce dal legittimo desiderio di risalire al testo originale attraverso l’analisi delle copie imperfette che sono giunte fino a noi. Ogni versione in lingua moderna, o anche antica, presuppone quindi un testo “restaurato”, ovvero “ricostruito” dalla critica del testo. L’alta critica è invece lo studio dei documenti per accertarne l’epoca, il carattere, la paternità, le fonti, la natura ed il valore storico. In linea di principio, sia la bassa sia la alta critica risultano utilissime alla conoscenza storica e allo studio delle Sacre Scritture. Se però alcuni presupposti sono sbagliati (scetticismo, ateismo, materialismo, fondamentalismo, integralismo, tradizionalismo), i risultati saranno sicuramente viziati e poco affidabili. Secondo la cosiddetta alta critica distruttiva, larga parte dei fatti narrati nei libri della Genesi e dell’Esodo mancherebbe di fondamento storico, la creazione ed il diluvio altro non sarebbero che miti e leggende, Mosè non avrebbe scritto il Pentateuco, Isaia avrebbe realizzato solo una piccola parte dei sessantasei capitoli attribuitigli, il libro di Daniele risalirebbe al II secolo avanti Cristo, la nascita verginale e la resurrezione di Gesù andrebbero lette come fantasie dei primi discepoli, la seconda lettera di Pietro non gli apparterrebbe e Paolo potrebbe non essere l’autore delle lettere pastorali. Poco equilibrate furono le reazioni del fondamentalismo evangelico e del tradizionalismo cattolico durante tutto il XX secolo, anche se non poche perplessità continuano a suscitare alcune frange del protestantesimo liberale e del cattolicesimo progressista che adottano, insegnano e tentano di imporre alcune ipotesi di studio come verità ormai definitive, scientifiche e inconfutabili. Il problema è grave in tutta la cristianità perché convivono, più o meno pacificamente, posizioni estreme e difficilmente conciliabili: si incontrano, infatti, tanto teologi, porporati e dottorati disposti a gettare alle ortiche tutta la Bibbia quanto studiosi e ricercatori pronti ad accettare solo un’interpretazione iperletterale di tutta la Scrittura.

Page 4: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

4

Bibbie cristiane: testi di riferimento

Cattolici fino XIX

secolo

Cattolici dopo

XIX secolo Ortodossi

Protestanti fino XIX

secolo

Protestanti dopo

XIX secolo

Nuovo

Testamento

Vulgata Testo critico di Nestle - Aland

Textus Receptus (o Testo

Bizantino)

Textus Receptus

Testo critico di Nestle - Aland

Antico

Testamento

Vulgata

Testo Masoretico (Settanta e Vulgata nei casi dubbi)

Settanta Testo

Masoretico Testo

Masoretico

2 Alcune traduzioni in lingua italiana

La prima Bibbia in lingua italiana fu realizzata a Venezia nel 1471 ad opera del monaco camaldolese Nicolò

Malermi: si trattò di una traduzione dalla Vulgata latina, diffusa dal tipografo Vandelino, più volte

ristampata negli anni successivi ed accolta con grande entusiasmo dal mondo cattolico romano. La prima

traduzione in lingua italiana dai testi originali fu effettuata da Antonio Brucioli nel 1535 ed ebbe buona

diffusione tra i cattolici romani, anche se nel 1540 le fu aggiunto un commento protestante che contribuì a

screditarla presso le autorità ecclesiastiche. Nel 1599 il papa Paolo IV legò l’uso ed il possesso di una Bibbia

in lingua volgare al permesso del Santo Uffizio ed all’autorizzazione del Vescovo locale.

In ambito protestante fu pubblicata a Ginevra tra il 1607 al 1641 la versione del lucchese Giovanni

Diodati, più volte ristampata fino ai giorni nostri. I caratteri eccellenti che distinguevano la versione del

Diodati erano molti, in primo luogo la fedeltà, qualità essenziale per interpretare il testo sacro; in secondo

luogo la chiarezza, dovuta all’integrità dei termini usati dal traduttore ed alle parafrasi che, sebbene molto

criticate, non sono meno utili per il significato del senso biblico; in terzo luogo il valore teologico delle

note e dei commenti che accompagnano la versione, che testimoniano una profonda conoscenza delle

lingue antiche ed una completa comprensione delle Scritture; ed infine grande eleganza di stile. Stimolo

immediato dell’opera del Diodati fu la situazione a Venezia durante la prima parte del XVII secolo,

quando v’erano state grandi speranze fra i protestanti d’Europa che la repubblica si potesse convertire

alla fede riformata. C’era grande necessità di libri protestanti fra l’aristocrazia veneta e Diodati stesso

scrisse al leader ugonotto du Plessis Mornay nel 1609 che: “Un numero infinito di libri vi sono entrati a

fiotti tutti i giorni, e sono avidamente raccolti tanto che se li strappano l’un l’altro con le mani e con le

unghie”. “Diodati tradusse la Bibbia in italiano per venire incontro a questo bisogno e, per ragioni

simili tradusse le opere di Fra Paolo Sarpi e di Sir Edwin Sandys in francese. La bibbia del Diodati

venne distribuita dall’ambasciatore inglese a Venezia, Sir Henry Wotton, e volle pure che fosse prodotto

un Nuovo Testamento in formato più ridotto per renderne più facile la diffusione. Wotton venne

criticato dai livelli più alti per avere distribuito la Bibbia del Diodati, ed egli stesso scrisse al conte di

Salisbury durante il 1609: “Il Papa ha rinnovato personalmente il suo rimprovero, al nuovo vescovo

residente di Venezia, circa la Bibbia che io ho introdotto nei suoi Stati”. L’opera era molto valida per la

traduzione dell’Antico Testamento: il Diodati era infatti tornato al testo ebraico, superando talora per

precisione ed esattezza la Vulgata. La traduzione del Nuovo Testamento era basata sul testo greco

ricostruito da Erasmo da Rotterdam (il cosiddetto Textus Receptus), in molti punti decisamente meno

Page 5: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

5

attendibile del testo latino della Vulgata Clementina. I cattolici romani criticarono l’esclusione dei libri

deuterocanonici, la mancanza di note esplicative e la soppressione delle introduzioni ai vari libri. Tra i

punti più controversi (per i cattolici romani) della Diodati è forse il caso di ricordare le traduzioni di Luca

1,28 e di Atti 14,23. Il “piena di grazia” dell’annunciazione fu reso dapprima con “graziosa” (1607) e poi

con “favorita” (1641). La polemica fu alimentata dal tentativo di alcune frange cattoliche romane di

utilizzare il versetto per presentare Maria come “intrinsecamente piena di grazia” piuttosto che “colmata

dalla grazia da Dio”. Forti ed immotivate critiche suscitò la sostituzione del termine “presbitero” con

“anziano”, mentre scandalosa sembrò l’elezione diretta degli anziani da parte delle chiese di Listra, Iconio

ed Antiochia. Tra i versetti più famosi presenti nella Diodati (e nel textus Receptus) ma mancanti nelle

Bibbie moderne (e nei testi critici di Wescott e Hort e di Nestle-Aland) è il caso di ricordare il comma

giovanneo (1 Giovanni 5,7-8), la professione di fede dell’eunuco etiope (Atti 8,37), la divinità di Cristo

nella carne (1 Timoteo 3,16), la dossologia alla fine del Padre Nostro (Matteo 6,13), la non paternità di

Giuseppe (Luca 2,33), la finale lunga di Marco (Marco 16,9-20) e la remissione dei peccati attraverso il

sangue di Cristo (Colossesi 1,14).

Tutto il protestantesimo continuava ad accusare la Chiesa cattolica di un attaccamento superstizioso e

bigotto alla Vulgata e di un immotivato rifiuto di tradurre le Scritture dai testi originali. Dalla seconda metà

del 1500 le chiese riformate, in chiara polemica con la chiesa cattolica, fecero infatti costante riferimento al

cosiddetto Textus Receptus, ricostruito da Erasmo da Rotterdam e da Robert Estienne. Le famose versioni

italiana del Diodati, tedesca di Lutero ed inglese di King James sono state ottenute proprio partendo da tale

testo. Il Textus Receptus era però tutt’altro che perfetto e, secondo la critica testuale moderna, risultava

pesantemente condizionato da aggiunte, arricchimenti ed abbellimenti del testo originale. Di qui nascevano

i timori e le chiusure della chiesa cattolica: il testo greco che rappresentava, almeno in parte, la tradizione

testuale della chiesa bizantina era stato ricostruito da Erasmo da Rotterdam utilizzando alcuni manoscritti

poco affidabili (due provenienti da una biblioteca monastica di Basilea ed uno risalente al XII secolo) e, in

non pochi punti (soprattutto per il libro dell’Apocalisse), lo stesso Erasmo si era addirittura affidato alla

Vulgata, ritraducendo in greco il testo latino2.

Nel 1781 Antonio Martini, arcivescovo di Firenze, offrì ai cattolici una versione in lingua italiana

traducendo la Vulgata latina ed arricchendo il testo della Bibbia con note teologiche, storiche e

pastorali. Erano inoltre presenti ampi riferimenti alle principali opere dei Padri della Chiesa,

importanti riscontri sul testo originale ebraico e greco e possibili correzioni al testo latino della Vulgata

Sisto-Clementina. Anche se utilizzò un italiano piuttosto poetico, la Bibbia del Martini fu dichiarata

“testo di lingua” dall’Accademia della Crusca nel 1885. Un’approfondita analisi dei codici ebraici fu

possibile grazie all’aiuto dal rabbino Terni, mentre il teologo Marchini collaborò al raffronto sui

manoscritti greci allora disponibili. L’edizione più famosa della Bibbia Martini fu quella realizzata dalla

Stamperia Reale di Torino in 23 volumi tra il 1769 ed il 1781, grazie al finanziamento della casa Savoia.

L’opera intera fu poi riproposta tra il 1782 ed il 1792 dalla Stamperia Arcivescovile di Firenze.

Nel 1820 Pio VII vietò la lettura della Bibbia del Martini. Laici, liberali e protestanti da quasi due secoli

continuano sdegnati a denunciare il fatto, marchiandolo come momento infame di grave intolleranza

religiosa. Da un’analisi accurata dei fatti emerge che l’iniziativa nacque dalla diffusione, da parte di

alcuni predicatori protestanti, di un Nuovo Testamento del Martini, realizzato senza note e introduzioni

da alcuni editori forse solo interessati ad abbatterne il prezzo di vendita (è il caso di ricordare

soprattutto la versione prodotta a Londra dalla stamperia “Bensley e Figli” nel 1818). Alcuni missionari

colportori si presentavano francamente proponendo la lettura della Bibbia del Diodati, mentre altri più

2 Si noti che le differenze tra il testo bizantino ed il testo neutrale sono comunque minime: su circa 300.000 varianti esistono infatti solo 6.500 differenze e la percentuale di punti concordi è pari al 98% (cioè a 293.500 punti). Tra le differenze più famose è forse il caso di ricordare il comma giovanneo (1 Giovanni 5,7-8), la professione di fede dell’eunuco etiope (Atti 8,37), la divinità di Cristo nella carne (1 Timoteo 3,16), la dossologia alla fine del Padre Nostro (Matteo 6,13), la non paternità di Giuseppe (Luca 2,33), la finale lunga di Marco (Marco 16,9-20) e la remissione dei peccati attraverso il sangue di Cristo (Colossesi 1,14).

Page 6: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

6

ingegnosi aggiravano il rifiuto dei cattolici romani di leggere la Diodati, offrendo una Bibbia cattolica

famosa e regolarmente autorizzata.

Dopo pochi anni, la lettura della Bibbia del Martini venne nuovamente autorizzata (e fu ripubblicata

con imprimatur a Venezia nel 1822 e nel 1830, a Prato nel 1832, a Firenze nel 1836 e a Milano nel 1840),

grazie all’azione di alcune case editrici che, comprimendo i margini di profitto, la ripresentarono sul

mercato con le note, le introduzioni e le appendici originali. Nel 1870 le note, le introduzioni e le

appendici della Bibbia del Martini furono tagliate, ridotte, rivedute e compattate dall’opera di G.

Ippolito e L. Nazari. I cattolici romani del nuovo regno d’Italia ebbero così a disposizione la Parola di

Dio in sette volumi e ad un costo relativamente contenuto ma molte informazioni storiche, teologiche

e testuali andarono perdute. Andarono perdute soprattutto le varie lezioni (con il paragone tra la

Vulgata ed i testi originali greco ed ebraico) riportate in fondo ai vari libri della Sacra Scrittura,

rendendo impossibile ogni confronto testuale critico. In compenso, dal 1870, molte Bibbie cattoliche

romane (e qualche versione protestante) vennero illustrate dalle incisioni di Gustave Doré e fu possibile

stampare la Bibbia del Martini in soli 4 volumi.

Una revisione dal punto di vista linguistico fu curata dal biblista e teologo domenicano Marco Maria

Sales nel 1911. Negli anni ‘30 apparvero poi alcune traduzioni tratte dalla Vulgata piuttosto popolari,

come l’opera di Tintori, la versione di Ricciotti in 5 volumi e una versione compatta della Bibbia di

Sales, veramente pregevole per il peso e le dimensioni ridotte e per l’utilizzo di brevi note ricche di

informazioni. Dall’inizio degli anni ‘40 fino alla fine degli anni ‘60 fu molto apprezzata una traduzione

dalla Vulgata curata dalla casa editrice Salani e commentata da Ricciotti, con grande attenzione ai testi

originali greco ed ebraico e alla critica testuale. La Bibbia del Martini ebbe comunque grande diffusione

ancora per tutto il XX secolo e venne ristampata, oltre che dai cattolici romani, da non poche case

editrici protestanti. L’ultima riedizione in tre volumi risale al 1967-72, dove furono molto alleggerite le

introduzioni e le note ai vari versetti. Fino alla versione CEI del 1971, tutti i brani liturgici furono tratti

dalla Bibbia del Martini.

Solo dopo la scoperta e la pubblicazione del Codice Sinaitico da parte di Tishendorf (1862) molti

studiosi cattolici romani e protestanti hanno tentato di ricostruire il testo greco originale,

abbandonando pregiudizi, sospetti e superstizioni. Il Codice Sinaitico (oggi conservato al British Museum

di Londra) ed il Codice Vaticano (ospitato dalla grande biblioteca vaticana a Roma) risultano infatti molto

antichi (IV secolo), abbastanza affidabili e sostanzialmente concordi. Con i due codici sopraddetti

concordano anche papiri molto antichi come P45 o Chester Beatty I (inizi del III secolo), P46 o Chester

Beatty II (II secolo) e P75 o Bodmer XIV-XV (II secolo). Per il Nuovo Testamento la ricostruzione critica del

testo greco originale è stata quindi portata avanti da Westcott e Hort verso la fine del XIX secolo, mentre

nel XX secolo si sono distinte le varie versioni curate da Nestle e Aland e recentemente rivedute da Martini

e Metzger.

La prima versione riveduta sui testi originali fu quella del valdese Giovanni Luzzi (1924) che

coordinò un profondo lavoro di correzione, emendamento ed aggiornamento linguistico, partendo del

testo della Diodati ed utilizzando, oltre ai testi originali, i contributi di Wescott e Hort, della English

Revised Version e dell’American Standard Version. La versione del Luzzi fu dapprima diffusa in più

volumi dalla società editrice Fides et Amor, incluse i libri deuterocanonici ed inserì in tutto l’Antico

Testamento il Santo Nome di Yahweh. In seguito, venne pubblicata da società protestanti in un volume

unico, senza i libri deuterocanonici e sostituendo il nome di Dio con “l’Eterno”.

La Chiesa Cattolica Romano sembrò incoraggiare il lavoro di revisione e ricerca, soprattutto con Pio

X che, nel 1907, commissionò ai monaci benedettini l’incarico di fare ricerche e preparativi per

un’edizione riveduta della Volgata e con Pio XII che, nel 1943, con l’enciclica Divino Affilante

Spiritu caldeggiò lo studio delle lingue antiche e la preparazione di nuove traduzioni dai testi originali.

Furono così pubblicate moltissime traduzioni sui testi originali come le Bibbie di Vaccari (1958),

di Nardoni (1960), di Garofalo (1960), di Galbiati (1963) e di Mariani (1964). Si trattò di versioni

Page 7: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

7

molto letterali, anche se la forma italiana risentì talora di qualche forma arcaica o di qualche espressione

obsoleta.

Esistono poi varie edizioni diffuse delle Paoline, realizzate dal 1958 al 1968, con il contributo di

Garofalo, Nardoni, Pasquero, Castoldi e Robaldo. Le ultime di queste, pubblicate a partire dal 1968 e

revisionate da Pasquero nel testo, nell’introduzione e nelle note, ebbero il pregio di correggere alcuni

errori presenti nelle traduzioni precedenti, di migliorare la fedeltà ai testi originali, di aggiornare la

forma italiana e di eliminare alcune discutibili aggiunte. A tal proposito, è forse il caso di ricordare

l’accoglimento di alcune critiche sensate formulate dal protestantesimo italiano per almeno due secoli.

Nella Bibbia del Martini - in Marco 1,15 - era infatti scritto “È compiuto il tempo, si avvicina il regno

di Dio: fate penitenza e credete al vangelo”. Di fatto, il verbo greco “metanoeo” non significa affatto

fare penitenza in senso cattolico (confessarsi, fare processioni e novene, digiunare, intraprendere

pellegrinaggi, frustarsi, portare il cilicio, salire in ginocchia le scalinate delle cattedrali) ma piuttosto

cambiare mentalità, pentirsi, ravvedersi, cambiare rotta. Il concetto di ravvedimento (metanoia),

peraltro tradotto correttamente dalla Vulgata di Gerolamo (il latino poenitere vuol dire rammaricarsi,

dispiacersi, pentirsi), dalla fine degli anni ‘60 è così entrato in ogni Bibbia cattolica, dove finalmente si

legge: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al Vangelo”. L’aver reso in

modo ambiguo questa parola ha purtroppo prodotto almeno due secoli di eccessi nella storia della

chiesa, portando continua acqua al mulino della riforma protestante. Le Bibbie Paoline prodotte a

cavallo tra gli anni ‘60 e gli anni ‘70 rimasero a lungo le Bibbie più lette nelle famiglie e nelle scuole

(anche per la possibilità di acquistarle a sole 1.000 lire) e continuarono ad essere tenute in

considerazione pure dopo la pubblicazione dell’edizione ufficiale CEI (1971). Qualche perplessità venne

solo da alcune scelte traduttive. In Proverbi 8,22 la traduzione “In Dio ero quale principio degli atti

suoi, esistente prima ancor delle opere sue” diventò “Dio mi creò fin dall’inizio di suoi atti, prima

ancora delle opere sue” sulla falsariga della Revised Standard Version (1952). In Matteo 5,32, il

versetto: “Chi manda via la sua moglie, eccetto il caso di fornicazione, l’espone all’adulterio; e chi

sposa la ripudiata, commette pure adulterio si trasformò in “Chiunque ripudia la sua donna, eccetto

in caso di concubinato, l’espone all’adulterio; e chi sposa la ripudiata, commette pure adulterio”.

Motivi di polemica vennero anche dalla scelta di alcune Bibbie delle Paoline di tradurre, in alcuni punti,

il termine “fratelli” con “cugini” o con “parenti”. Coloro che affermano che Maria avrebbe avuto altri figli,

oltre a Gesù, citano infatti alcuni passi del Vangelo (ad esempio Matteo 13,55 e Marco 6,3) dove si fa

riferimento a quattro fratelli del Signore, chiamati Giacomo, Giuseppe (o Ioses), Giuda e Simeone (o

Simone). I cattolici hanno sempre rigettato la possibilità che Cristo possa aver avuto dei fratelli carnali,

sostenendo come il termine “fratelli”, in aramaico, assumerebbe significato molto ampio, comprendendo

anche il significato di “cugini”. La critica protestante e razionalista ha però obiettato che nella lingua

greca il termine “fratello” è “adelphos”, mentre il termine “cugino” è “anepsios”, come bene sapevano

alcuni autori del Nuovo Testamento (in Colossesi 4,10 Marco è detto chiaramente cugino di Barnaba).

Nel 1974 la Conferenza Episcopale Italiana diffuse la traduzione ufficiale tuttora in uso nella

Chiesa Cattolica: questa versione è utilizzata sia per uso liturgico sia per quasi tutte le altre versioni

cattoliche (Bibbia di Gerusalemme, Bibbia TOB, Bibbia della Civiltà Cattolica). La traduzione CEI

(1971) era stata progettata per sostituire a livello liturgico la vecchia Bibbia del Martini e per offrire ai

cattolici un testo ufficiale unico ed affidabile. Per la realizzazione pratica dell’opera si proponeva non

una nuova traduzione dai testi originali ma un confronto con le principali versioni italiane allora

esistenti: Bibbie Paoline; Bibbia UTET; Bibbia Garofalo Bibbia Nardoni. In un secondo tempo fu deciso

di operare una revisione della sola versione UTET del 1963, abbastanza omogenea e uniforme in quanto

opera di tre soli traduttori (Galbiati, Penna e Rossano). Il lavoro scelse un approccio eclettico,

consultando la Vulgata, la LXX, il testo masoretico, il testo critico di Nestle –Aland ed i manoscritti più

autorevoli, puntando alla massima esattezza filologica e ad una accurata precisione teologica. Notevoli

attenzioni furono comunque riservate alla modernità e alla bellezza della lingua italiana; all’eufonia

delle frasi (per favorirne la proclamazione) e al ritmo (per riuscire a musicare, cantare, recitare i testi).

Page 8: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

8

In fase di revisione e in vista della pubblicazione dei breviari e dei lezionari liturgici, piccoli difetti di

stile furono corretti nella cosiddetta “editio minor” pubblicata nel 1974.

Tra il 1967 ed il 1980 le Edizioni Paoline hanno pubblicato, prima in 48 volumi ed in seguito in un unico

volume, una Nuovissima Versione della Bibbia dai testi originali, realizzata da una trentina di famosi

biblisti e caratterizzata da estrema semplicità e da intenti squisitamente pastorali. Il testo ricalca i testi

originali, riproponendo espressioni e modi di dire greci, ebraici ed aramaici in modo fedele, senza tentare

di forzare o di interpretare il senso. La diffusione di tale versione permette a credenti e non credenti di

disporre di un testo alternativo diverso da quello canonico della CEI, sicuramente molto utile per la

meditazione, lo studio e la ricerca. Essa è attualmente pubblicata sotto vari nomi a seconda del formato:

Bibbia Tabor (formato tascabile con note e introduzioni essenziali),

Bibbia Emmaus (formato standard con ampie note e introduzioni),

Bibbia Ebron (edizione in grande formato della Bibbia Emmaus).

Purtroppo le recenti versioni della Bibbia delle Paoline hanno tagliato drasticamente le note testuali,

storiche e pastorali, magari preferendo corredare le Sacre Scritture di ottime appendici e di utili

riferimenti tematici. Al lettore medio finiscono però per mancare alcune indicazioni fondamentali, che

nelle traduzioni realizzate tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70 avevano contribuito alla lettura, alla diffusione

ed alla comprensione della Parola di Dio presso le scuole, nelle famiglie e all’interno delle parrocchie.

Qualche perplessità suscitò anche un numero limitato di scelte traduttive alquanto estrose. Un errore

presente in moltissime Bibbie moderne riguarda la traduzione dell’ebraico “bar” nel Salmo 2,12. Il

termine si può infatti rendere con “figlio” solo nell’aramaico recente, mentre nell’ebraico del tempo di

Davide significava semplicemente “puro”. La traduzione corretta sembra pertanto quella fornita da

Gerolamo nella Vulgata, cioè “adorate con purezza” e non quella diffusa dalla Settanta “apprendete la

disciplina” né tanto meno quella messianica oggi presente in moltissime versioni protestanti, cioè

“rendete onore al figlio”. La Nuovissima Versione delle Paoline, forse tentando di evitare una posizione

netta e precisa, scelse di seguire una ipotesi congetturale, peraltro già condivisa dalla Bible de

Jérusalem e dalla Revised Standard Version, optando per la discutibile traduzione “baciate i suoi piedi”.

In 1 Corinzi 10,13, nel classico versetto “Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti

Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche

la via d’uscita e la forza per sopportarla” sparì la via d’uscita (in greco ekbasis) e rimase solo la forza

di sopportare, lasciando trasparire una visione di fede piuttosto passiva, rinunciataria e masochista. In

2 Corinzi 6,6 lo Spirito Santo diventò inspiegabilmente “spirito di santità”, facendo una scelta

grammaticale possibile ma alquanto minimalista.

Un discreto successo ottenne anche l’Edizione Interlineare del NT delle Paoline del 1998, curata

dal sacerdote modenese Alberto Bigarelli. Contiene il testo greco della ventisettesima edizione

del Novum Testamentum Graece di Nestle e Aland, quello latino della Vulgata Clementina e quello

italiano della Nuovissima versione Paoline. Sono riportate note elementari di critica testuale con le

varianti principali contenute nei codici e nei manoscritti più autorevoli. L’opera è ottima per chi non

ha mai studiato il greco antico e anche per chi della lingua greca ha una conoscenza scolastica e non

specialistica (magari avendo intrapreso studi classici). L’unico limite sta nel fatto che la versione

interlineare propone (come quasi tutte le interlineari) una sola traduzione, non illustrando le varie

possibilità che un termine greco può assumere in contesti diversi.

Nel 1979 la Chiesa cattolica ha quindi presentato, in lingua latina, la Nova Vulgata, revisione della

millenaria Vulgata Clementina. Lo stile di San Girolamo è stato preservato e la revisione è stata

condotta in modo prudente sul testo masoretico, sulla Settanta e sui codici e papiri più attendibili.

Molte espressioni letterali sono state però smorzate e, in alcuni casi, sono state scelte traduzioni a

senso, sacrificando il testo latino primitivo. Dal 2001 è diventata la versione ufficiale per la liturgia

latina della Chiesa Cattolica. In un documento ufficiale della Santa Sede è stata anche ribadita la

Page 9: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

9

centralità del testo latino della Nova Vulgata, al quale le traduzioni bibliche nelle varie lingue nazionali

dovranno fare costante riferimento.

Degna di nota è quindi la recente Nuova Versione CEI (2008). Frutto di un lungo e profondo lavoro,

presenta non pochi punti di pregio, correggendo errori e imprecisioni ormai consolidati da decenni. La

revisione è stata condotta sui testi originali, secondo le migliori edizioni critiche oggi disponibili e

secondo i principi classici della critica testuale e dell’esegesi. Un occhio di riguardo è stato comunque

riservato alla Nova Vulgata, soprattutto nel caso di discordanze tra i vari codici ebraici, aramaici e greci.

Pregevole è stato pure il tentativo di rendere il testo in buona lingua italiana, con modalità espressive

facilmente comprensibili, tenendo conto del contesto culturale odierno, evitando forme lessicali e

sintattiche logore e arcaiche e curando il ritmo della frase, per rendere il testo rispondente alle esigenze

della liturgia e del canto. Nella preghiera del Padre Nostro, è stata scelta la formula “e non ci

abbandonare alla tentazione” al posto dell’ambigua espressione “e non ci indurre in tentazione”,

evitando così di lasciar intendere che la tentazione possa essere opera di Dio (Giacomo 1,13). Qualche

perplessità rimane comunque per alcuni versetti resi in modo non sempre ortodosso. Attingendo a

codici differenti, Giovanni 1,18 è diventato “il Figlio Unigenito che è Dio”3, mentre in Giovanni 14,16-

26 e in 1 Giovanni 2,1 le tradizionali traduzioni “Consolatore” e “Avvocato” lasciano il posto al generico

termine greco “Paraclito”. Qualche interrogativo suscita anche Romani 16,10, dove Cristo muore “per

il peccato”, invece che “al peccato”, mentre in Atti 20,28 il “sangue proprio [di Dio]” diventa “il sangue

del proprio Figlio”. Di poco cambia poi la traduzione di Proverbi 8,22 dove la Sapienza di Dio invece

di essere “prodotta” o “generata” da Dio come “Verbo eterno” viene “creata” dal Padre “come inizio

delle sue attività” invece che “all’inizio della sua attività”. Interrogativi ulteriori vengono dalla scelta

di rendere quasi ovunque l’ebraico “hesed” con “amore” invece che con “misericordia”, “grazia”,

“benignità”, “compassione”, “bontà” o “pietà”, con risultati discutibili per alcuni versetti famosi (Salmo

33,18; Salmo 51,3; Salmo 89,1; Osea 6,6; Michea 6,8) ormai accreditati dalla Vulgata di Gerolamo con

“misericordia” e dalle Douay Reims (1610), King James (1611) e English Hebrew Bible (1917) con

“mercy”. Del resto nella Settanta e nel Nuovo testamento l’ebraico “hesed” è tradotto con “eleos”, cioè

“misericordia” nel senso di grazia, compassione, gentilezza e bontà verso il peccatore, il povero, il

debole, il misero e l’afflitto. A ben guardare, pertanto, il termine “amore” sembra davvero troppo

generico per essere spalmato senza problemi su larga parte delle Scritture in sostituzione della

“misericordia”. La misericordia è infatti una dimensione istintiva, viscerale ed interiore dell’amore,

mentre la giustizia ne è la manifestazione esteriore e sociale. Nella misericordia è insito un sentimento

di compassione, di tenerezza profonda e di grazia che l’amore non sempre abbraccia e sottintende, a

meno di utilizzare (e recuperare) la parola “carità” nel senso più genuino e profondo.

In Matteo 1,25 sia la CEI (1973) che la Nuova CEI (2008) dicono che Maria “senza che egli (Giuseppe)

la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù”, mentre quasi tutte le versioni dai testi originali

(Vulgata compresa) hanno “e (Giuseppe) non la conobbe finch’ella non (heos hou) ebbe partorito un

figlio; e gli pose nome Gesù”. Tale scelta finalmente prende in considerazione secoli di critiche

protestanti sulla perpetua verginità di Maria. Il termine greco “heos” (fino a) si trova anche in Salmo

110,1 della Settanta dove è scritto: “L’Eterno ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra finché (heos)

io abbia fatto de’ tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi” e in 2 Samuele 6,23 della Settanta dove è detto

“E Mical, figlia di Saul, non ebbe figliuoli fino (heos) al giorno della sua morte”. Ora non pare logico

pensare che il Re Messia perderà la destra di Dio quando tutti i nemici saranno sconfitti né tantomeno

3 L’apparato critico oggi disponibile permette di scegliere tra due alternative. A favore della lezione O Monoghenes Uìos (l’Unigenito Figlio) sono: il Codice Alessandrino, la Vulgata ed il Textus Receptus, mentre la seconda lezione O Monoghenes Theos (l’Unigenito Dio) è attestata da P45, P66, dal Codice Vaticano e dal Codice Sinaitico La nuova traduzione CEI (2008) segue qui la New American Bible statunitense, che giustifica la mescolanza tra le due lezioni, notando come a favore della seconda lezione sarebbe l’evidenza dei manoscritti più autorevoli ma osservando anche come il Logos, pur essendo “Unigenito Figlio” e “Dio”, non va confuso con “Dio Padre”. Da un punto di vista teologico il ragionamento non fa una piega, ma dal punto di vista testuale il compromesso risulta alquanto discutibile, dato che è stata prodotta una vera e propria conflazione (o fusione) di due diverse lezioni testuali.

Page 10: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

10

che la figlia di Saul riuscì ad avere figli da Davide dopo la morte. La costruzione greca “heos hou” (che

Gerolamo rese correttamente con “donec”) si trova inoltre ben diciassette volte nel Nuovo Testamento

e solo in Matteo 1,25 la CEI ha scelto di abbandonare la traduzione classica “finché” o “finché non”,

optando per una parafrasi ambigua, peraltro neppure necessaria alla difesa della fede cattolica.

Negli ultimi anni i protestanti italiani hanno poi prodotto in lingua moderna la Nuova Diodati (1991),

facilmente leggibile ma ancora basata sul Textus Receptus di Erasmo da Rotterdam. Si tratta di una

Bibbia che presenta maggiori analogie con la New King James inglese che con la vecchia Diodati, non

essendosi limitata all’aggiornamento linguistico e all’abbandono dei vecchi arcaismi (come ”eziandio”,

“avvegnacché”, “conciòsiacosache”, “perciocché”, “dessi”, “eglino”, ...) ma avendo tentato di ritradurre

e di riproporre “ex novo” il vecchio testo bizantino koiné.

Una recente revisione della Luzzi è la Nuova Riveduta (1994 e 2006) veramente pregevole per

semplicità, chiarezza ed efficacia. Il testo originale per l’Antico Testamento rimase quello Masoretico

seguito dalla Riveduta di Luzzi, mentre per il Nuovo Testamento venne adottato il “testo standard” di

Nestle-Aland, sicuramente più aggiornato del “testo critico” di Wescott e Hort, prodotto a cavallo fra il

XIX ed XX secolo, prima della scoperta di nuovi manoscritti e di papiri. Qualche perplessità viene solo

da un numero limitato di versetti. In 1 Samuele 16,14 leggiamo che: “Lo Spirito del SIGNORE si era

ritirato da Saul; e uno spirito cattivo, permesso dal SIGNORE, lo turbava”, mentre nel testo ebraico

la parola ‘permesso’ manca e la traduzione corretta sarebbe: “Saul…era turbato da un cattivo spirito

suscitato dall’Eterno”. In 1 Corinzi 7,15 troviamo poi: “Però, se il non credente si separa, si separi pure;

in tali casi, il fratello o la sorella non sono obbligati a continuare a stare insieme ...”, quando il testo

greco dice solo che “non sono obbligati” e le parole “a stare insieme” sono state inserite abusivamente

in base ad una interpretazione forse plausibile ma sicuramente opinabile.

La Bibbia Concordata (1968) fu curata da cattolici, protestanti, ebrei ed ortodossi, traducendo i testi

originali in modo abbastanza letterale ed incontrando una discreta attenzione presso i credenti delle

varie fedi. Fu pubblicata dalla Società Biblica Universale, che ne curò le note e l’introduzione.

La Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (1985) utilizzò un linguaggio semplice

e scorrevole, ricorrendo spesso ad equivalenze dinamiche, a parafrasi e a tentativi di ricostruire il senso

originale delle Sacre Scritture. Ebbe l’approvazione della CEI e delle chiese evangeliche italiane. Non

fu però abilitata all’uso liturgico se non in casi particolari (come le messe per i fanciulli) ed è tuttora

usata nelle catechesi per i giovani per l’immediatezza e la facilità di comprensione. Qualche perplessità

venne dalla traduzione molto libera di alcuni versetti.

La Bibbia TOB (Traduction Oecuménique de la Bible) è una versione della Bibbia pubblicata in

francese nel 1975-76 dalla casa editrice Du Cerf (la stessa che realizzò la famosa Bible de Jerusalem),

grazie all’opera congiunta di studiosi cattolici, protestanti e ortodossi. Le introduzioni ai singoli libri e

le note a piè di pagina sono ricche ed accurate come nella Bibbia di Gerusalemme. La TOB francese è

molto più letterale rispetto della “Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente”, mentre la

versione italiana della TOB (pubblicata originariamente in tre volumi tra 1976-79 e poi in un singolo

volume nel 1992) combina il testo ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana (1974 e 2008) alle note

ed introduzioni presenti nella TOB francese.

Molto letterale, non sempre facile da leggere e, in alcuni punti, segnata da pregiudizi teologici è

la Traduzione del Nuovo Mondo (1987): la Bibbia dei testimoni di Geova, pur presentando nella

versione inglese (NWT=New World Translation) non pochi pregevoli sforzi di catturare il senso

originale del testo greco ed ebraico, ha risentito sia del poco agevole lavoro di ritraduzione in lingua

italiana, sia di discutibili emendamenti congetturali (come l’inserimento del tetragramma nel Nuovo

Page 11: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

11

Testamento) sia del sistematico tentativo di indebolire alcuni versetti che avrebbero potuto essere

utilizzati per mettere in dubbio il credo religioso della congregazione4.

DIODATI 1607

LUZZI/RIVEDUTA 1924

BIBBIA CEI 1973

TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO 1987

NUOVA DIODATI 1991

NUOVA RIVEDUTA 1994

3 Alcune traduzioni in lingua inglese

Dopo alcuni tentativi protestanti (Wyclif Bible, Tyndale Bible, Coverdale Bible, Mattew’s Bible,

Geneva Bible, Bishop’s Bible), la Bibbia venne integralmente tradotta in lingua inglese dai cattolici che,

nel 1610, produssero la celebre versione di Douay-Rheims e dagli anglicani che, nel 1611,

realizzarono la famosa Authorized Version, meglio nota come King James Bible. Evidentemente

la Douay-Reims era tratta dalla Vulgata latina di Gerolamo, mentre la King James utilizzava il Textus

Receptus di Erasmo da Rotterdam.

La King James, benché lodata ed incensata nei secoli per il grande valore letterario fu segnata da

alcuni errori. In Ebrei 6,6 fu introdotto un “if” mancante nel testo greco originale, così che per i cristiani

la possibilità di cadere nell’apostasia divenne un’eventualità teorica, invece che una possibilità

concreta. In Ebrei 10,38 la KJV rese “Now the just man shall live by faith; but if any man draw back,

my soul shall have no pleasure in him”, aggiungendo di sana piante le parole “any man” e introducendo

un secondo soggetto nella frase (qualsiasi uomo) quando la frase ha nel testo originale un solo soggetto

“the just man” (e tutto questo perché nel pensiero calvinista non è prevista, per l’uomo giusto, la

possibilità di cadere). Comune ad altre Bibbie fu poi la traduzione di Luca 18,12 dove il fariseo sostiene

di essere giusto e di pagare la decima con “all that I possess”, invece che con “all that I earn”, facendo

così erroneamente pensare ad un sistema fiscale ebraico basato su una vera e propria tassazione

patrimoniale. È infine il caso di notare come la Bibbia di King James (1610) abbia tradotto - in Esodo

22,18 - il termine ebraico kashaph cioè strega o fattucchiera con l’inglese “witch”, parola usata anche

per caratterizzare una donna avvenente e molto graziosa. Il versetto, nell’Authorized Version diventò

“Thou shalt not suffer a witch to live” (Tu non lascerai vivere una strega) con grave danno per molte

povere donne, spesso colpevoli solo di essere naturalmente piacevoli e talvolta un po’ civettuole. In I

Cronache 5,26 the King James presentò “Pul and Tilgath-pilneser” come due re assiri separati, mentre

la storia e le ricerche archeologiche insegnano che si trattò di un solo re. In II Re 23,29 la King James

lesse “In his days Pharaoh Nechoh king of Egypt went up against the king of Assyria.”, mentre la

storia insegna che il faraone Necao salì dall’Egitto non contro ma in soccorso del re di Assiria

minacciato dai medi e dai babilonesi. In 1 Re 14,10 l’amore sviscerato per la letteralità espose poi al

ridicolo la Vulgata di Gerolamo, la Authorized Version di re Giacomo e la cattolicissima Douay Reims.

Non tenendo conto di un idiotismo ebraico che definisce l’uomo maschio come “colui che orina contro

i muri (qiyr shathan)”, la Vulgata tradusse “mingientem ad parietem” e fu così servilmente seguita sia

4 Qualche pregiudizio teologico o ideologico è invero presente in quasi tutte le Bibbie. Sotto l’influsso del pensiero socialista moltissime versioni fanno pagare al fariseo la decima sul patrimonio e non sul reddito (Luca 18,12), tradendo così il senso della norma ebraica (Deuteronomio 14,22) ed introducendo un principio di tassazione giacobina mai insegnato dalle Sacre Scritture. Il dogma protestante della salvezza per sola fede incide poi sulla traduzione di Romani 10,10 (dove la NIV usa il presente del verbo essere, dando per sicura la salvezza) e di Romani 11,20 (dove la RSV e la NRSV aggiungono un “only” mancante nei testi originali). Pregiudizi ariani sono quindi evidenti in Giovanni 1,1 (dove la NWT aggiunge un articolo indeterminato non presente nel testo greco) e in Colossesi 1,16 -17 (dove la NWT inserisce più volte il termine “altre” non contenuto nei testi originali). Influssi liberali e razionalisti incidono infine sulla traduzione di Romani 9,5 e di Tito 2,13 (che la NAB e la NWT traducono separando nettamente Cristo da Dio). Con la KJV e la NKJV, anche la versione CEI, forse spaventata dalla irreparabile gravità del peccato di apostasia, introduce - in Ebrei 6,6 - un “se” mancante nel testo originale.

Page 12: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

12

dalla Douay Reims (1610) e dall’Authorized Version (1611) che, in modo molto autorevole ma piuttosto

comico, caratterizzarono il maschio come “him that pisseth against the wall”.

Di qualche interesse fu un’autorevole revisione della King James effettuata da Webster (1833). Alcune

parole arcaiche (ad esempio il termine “Holy Ghost”) furono sostituite, vennero intraprese alcune

semplici modifiche grammaticali e fu fatto largo uso di eufemismi e di parafrasi per evitare frasi ed

espressioni poco delicate, troppo crude, talora offensive o, in rari casi, addirittura scurrili. Verso la fine

del XIX secolo, la Young’s Literal Translation (1887) fu una versione estremamente letterale, si

mostrò molto attenta ai tempi dei verbi greci ed ebraici, corresse numerosi errori della King James ma

continuò a fare riferimento al Textus Receptus, mentre la Darby’s English Version (1890), oltre ad

essere molto precisa, tenne finalmente (e moderatamente) conto dei progressi della critica testuale.

Invero il Darby realizzò (nel 1867) una versione del Nuovo Testamento corredata da moltissime

interessanti note testuali e filologiche. Tali note, oltre ad essere capitalizzate nella English Revised

Version (1881) e nell’American Standard Version (1901), permisero di ottenere tre versioni bibliche

estremamente accurate e letterali: una in lingua inglese, una in francese ed una in tedesco.

La perdita di autorità del Textus Receptus e la progressiva affermazione del testo critico di Wescott ed

Hort spinse inglesi ed americani ad operare una profonda revisione del testo dell’Authorized Version

di King James (1611). Nacquero così moltissime versioni rivedute sui testi originali come

la English Revised Version (1881) e l’American Standard Version (1901). Entrambe le

versioni erano caratterizzate da estrema precisione, letteralità ed aderenza al testo critico di Wescott e

Hort. La English Revised Version fu però accolta con scarso entusiasmo dalla comunità anglicana e

dalle varie chiese britanniche, mentre l’American Standard Version incontrò subito il favore del

protestantesimo nord americano.

Realizzata nel lontano 1901 e caratterizzata da un linguaggio un po’ arcaico, l’American Standard

Version ebbe il coraggio di ristabilire in tutto l’Antico Testamento il nome di Dio (Yahweh) e di

rimpiazzare il tradizionale Holy Ghost (usato dalla King James e dalla Douay Reims) con il più

moderno e riverente Holy Spirit. Si trattò di una bibbia stimata, studiata, ristampata e consultata da

quasi tutte le chiese evangeliche statunitensi (soprattutto battiste e metodiste) che da decenni

continuano, peraltro, a definirla “Rock of Biblical Honesty”. Fu utilizzata dal 1944 al 1970 perfino dai

testimoni di Geova che ne apprezzarono soprattutto la fedeltà ai testi originali e l’estrema letteralità.

L’American Standard Version impiegò infatti la cosiddetta “harmony of expression”, tentando di

tradurre ogni parola greca ed ebraica sempre con lo stesso termine inglese. Tale tecnica, sicuramente

interessante per chi vuole condurre studi biblici, ricerche comparate ed analisi testuali, produsse però

una traduzione piuttosto rigida e spesso priva di sufficienti sfumature linguistiche e lessicali. Inoltre

l’American Standard Version tentò di rendere i testi originali usando la cosiddetta “equivalenza

formale” o “word to word equivalence”. Seguendo questa metodologia i traduttori produssero una

versione estremamente letterale e conservarono - per quanto possibile - perfino l’ordine originale delle

parole, la struttura primitiva delle frasi e le caratteristiche morfologiche e lessicali del testo originale.

Si ottenne così una versione priva di parafrasi, di equivalenze dinamiche e di interpretazioni soggettive.

Alcune espressioni furono però talora incomprensibili (se non addirittura prive di senso) soprattutto

per il lettore medio, spesso privo di un’approfondita conoscenza degli idiomi, delle iperboli e dei modi

di dire impiegati dalle lingue più antiche. Di fatto, bibbie come l’American Standard Version (e la più

recente New American Standard Bible) acquisterebbero enorme valore religioso e culturale se fossero

sistematicamente integrate e corredate da accurate note testuali ed esplicative: il lettore moderno

riuscirebbe a comprendere (e soprattutto a gustare) semitismi, idiotismi, simboli e metafore,

immedesimandosi sempre più nella cultura, nel pensiero e nel modo di esprimersi degli autori ispirati5.

5 “Quale poi sia il senso letterale di uno scritto, spesso non è così ovvio nelle parole degli antichi Orientali com’è per esempio negli scrittori dei nostri tempi. Ciò che quegli antichi hanno voluto significare con le loro parole non va determinato soltanto con le leggi della grammatica o della filologia, o arguito dal contesto; l’interprete deve quasi tornare con la mente a quei

Page 13: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

13

Negli USA, la famosa Revised Standard Version (1952) non fu una nuova traduzione in lingua

moderna né una parafrasi dei testi originali. Si trattò invece di una revisione dell’American Standard

Version facilmente leggibile ed abbastanza letterale. Il protestantesimo liberale accolse con entusiasmo

la RSV, mentre i fondamentalisti americani criticarono duramente la RSV sia per il suo approccio

eclettico (i traduttori della RSV fecero uso sia del Textus Receptus sia del testo critico di Wescott ed

Hort sia del Testo Masoretico, sia della Settanta sia dei Manoscritti del Mar Morto) sia per il tentativo

di svincolare la traduzione del testo ebraico dai condizionamenti del pensiero cristiano. Emblematico

fu il caso di Isaia 7,14 dove la RSV rese l’ebraico “almah” con il termine generico “giovane”,

abbandonando la traduzione “vergine”, ormai consolidata dal greco “parthenos” della Settanta e dal

latino “virgo” della Vulgata. La Revised Standard Version fu poi oggetto di pesanti critiche avendo reso

il testo ebraico del Salmo 45,6 con “Your divine throne endures for ever and ever. Your royal scepter

is a scepter of equity” ed il testo greco di Ebrei 1,8 con “Thy throne, O God, is for ever and ever, the

righteous scepter is the scepter of thy kingdom.” Nella prima versione (1952) alcuni brani come

l’adultera (Giovanni 7,53-8,11) e la finale del vangelo di Marco (Marco 16,9-20) furono poi sradicati dal

testo e relegati nelle note in quanto documentati solo da un numero limitato di antichi manoscritti,

generando non poche perplessità presso i fedeli più tradizionalisti. Motivi di perplessità vennero pure

dall’inserimento della parola “only” in Romani 11,20 così che la frase “you stand fast through faith”

divenne “you stand fast only through faith” risentendo del pregiudizio protestante della salvezza per

sola fede. Anche la traduzione del termine graco “palingenesi” (cioè nuova creazione) con “new world”

in Matteo 19,28 fece scalpore rivelando probabili inclinazioni millenariste nei traduttori. Non poche

perplessità vennero poi dalla traduzione di Genesi 9:20 secondo la quale Noè “was the first tiller of the

soil” invece di “became a tiller of the soil” in aperta contraddizione con Genesi 4,2 dove è chiaramente

detto che “Cain was a tiller of the ground”. Criticabile fu anche la traduzione di Proverbi 8,22 dove,

seguendo il testo greco della Settanta, della Sapienza fu detto che “God created me” invece di “God

possessed me” o “God begot me” proposto dal testo ebraico. In Giovanni 3,16 “the only begotten son”

diventò poi “the only son” facendo sospettare possibili derive antitrinitarie. Il Salmo 139,14 venne poi

reso con la forma ambigua “I praise thee, for thou art fearful and wonderful. Wonderful are thy works!

Thou knowest me right well...” invece che con la forma tradizionale “I praise you, for I am wondrously

made. Wonderful are your works! You know me right well...”, facendo sospettare possibili simpatie

filo abortiste nei traduttori, visto che il versetto parla chiaramente della vita prenatale dell’uomo. Un

pastore protestante sudista, profondamente scandalizzato da alcune innovazioni apportate della RSV,

arrivò a bruciarne pubblicamente una copia, inviandone poi le ceneri ad alcuni componenti del

comitato dei traduttori, fortemente sospettati, soprattutto durante i drammatici anni del

“maccartismo”, di immoralità, di gravi pregiudizi anticristiani e, in alcuni casi, di criptocomunismo.

Oggi la RSV è quasi ovunque apprezzata in quanto piuttosto letterale e fedele, anche se rimane

innegabile una certa influenza esercitata sui traduttori da un ricorso eccessivo alla critica testuale e da

alcuni discutibili pregiudizi di teologia liberale. Gli evangelici più conservatori la hanno sostituita con

remoti secoli dell’Oriente e con l’appoggio della storia, dell’archeologia, dell’etnologia e di altre scienze, nettamente discernere quali generi letterari abbiano voluto adoperare gli scrittori di quella remota età. Infatti gli antichi Orientali per esprimere i loro concetti non sempre usarono quelle forme o generi del dire, che usiamo noi oggi; ma piuttosto quelle ch’erano in uso tra le persone dei loro tempi e dei loro paesi. Quali esse siano, l’esegeta non lo può stabilire a priori, ma solo dietro un’accurata ricognizione delle antiche letterature d’Oriente. Su questo punto negli ultimi decenni l’indagine, condotta con maggior cura e diligenza, ha messo in più chiara luce quali fossero in quelle antiche età le forme del dire adoperate sia nelle composizioni poetiche, sia nel dettare le leggi o le norme di vita, sia infine nel raccontare i fatti della storia. L’indagine stessa ha pure luminosamente assodato che il popolo d’Israele fra tutte le antiche nazioni d’Oriente tenne un posto eminente, straordinario, nello scrivere la storia, sia per l’antichità, sia per la fedele narrazione degli avvenimenti, pregi che per verità si possono dedurre dal carisma della divina ispirazione e dal particolare scopo religioso della storia biblica. Tuttavia a nessuno che abbia un giusto concetto dell’ispirazione biblica farà meraviglia che anche negli Scrittori Sacri, come in tutti gli antichi, si trovino certe maniere di esporre e di narrare, certi idiotismi, propri specialmente delle lingue semitiche, certi modi iperbolici od approssimativi, talora anzi paradossali, che servono a meglio stampar nella mente ciò che si vuol dire. Delle maniere di parlare, di cui presso gli antichi, specialmente Orientali, servivasi l’umano linguaggio per esprimere il pensiero della mente, nessuna va esclusa dai Libri Sacri, a condizione però che il genere di parlare adottato non ripugni affatto alla santità di Dio né alla verità delle cose.” (PIO XII, Divino Affilante Spiritu, 1943)

Page 14: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

14

la New American Standard Bible (1971, 1977, 1995), mentre un’evoluzione della RSV accolta con molto

favore dal protestantesimo liberale è la New Revised Standard Version (1990).

La Revised Standard Version ricevette (1966) l’imprimatur dei vescovi cattolici, purché stampata con

note e libri deuterocanonici. La Revised Standard Version Catholic Edition apportò peraltro solo

minime variazioni al testo ufficiale in uso presso le chiese protestanti.

Nel 2006 la Revised Standard Version Catholic Edition è stata riveduta, rimuovendo pronomi

arcaici (Thy, Thee, Thou, Thine) e forme verbali obsolete (con finale est, edst, eth, th). Oltre al “full of

grace” ripristinato in Luca 1,28 al posto di “favored”, il versetto Luca 22,44 “And being in an agony he

prayed more earnestly; and his sweat became like great drops of blood falling upon the ground” è

stato ristabilito e in Giovanni 3,16 “only-begotten Son” ha sostituito la forma minimalista “only son”.

In Isaia 7,14 è stata scelta la traduzione “vergine” al posto di “giovane donna”, la forma “steadfast love”

è stata ovunque sostituita con “mercy” o “merciful love”, nel Salmo 2,12 la forma “kiss his feet” è stata

spostata nelle note, nel Salmo 8,5 la parola “Elohim” è stata resa con “angeli” e non con “Dio” o “dei”,

il Salmo 110, 3 è stato tradotto secondo la LXX e non secondo il testo masoretico, il Salmo 139,14 è stato

reso con “I praise you, for I am wondrously made. Wonderful are your works! You know me right

well...” invece che con la forma ambigua” “I praise thee, for thou art fearful and wonderful. Wonderful

are thy works! Thou knowest me right well...”. Il cosiddetto gender-neutral language è stato

costantemente evitato e questa versione della Bibbia è stata dichiarata conforme ai principi enunciati

nel documento cattolico “Liturgiam Autenticam”, istruzione che la Congregazione per il Culto Divino e

la Disciplina dei Sacramenti ha promulgato, il 28 marzo 2001, per la retta applicazione della

Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Liturgia.

In Gran Bretagna degne di nota furono poi alcune bibbie protestanti tradotte dai testi originali. Tra

queste è forse il caso di ricordare la New English Bible (1960), brillante ed efficace ma piuttosto

libera e spregiudicata. Di fatto, i traduttori della New English Bible usarono grande libertà nel tradurre

le Sacre Scritture in un inglese vivace e colloquiale, introducendo frequenti emendamenti congetturali,

interpretazioni e trasposizioni. Molto criticata fu, ad esempio, la traduzione di Isaia 9,6 dove “Dio

potente” diventò “simile a Dio in battaglia”. La New English Bible rese anche il Salmo 45,6 con “Your

throne is like God’s throne, eternal” salvo poi tradurre Ebrei 1,8 con il tradizionale “Thy throne, O God,

is for ever and ever”. Perplessità vennero anche da Genesi 1:1-2, dove la New English Bible rese “a

mighty wind” al posto del tradizionale “the Spirit of God, mentre in Matteo 5,3, la familiare beatitudine

“Blessed are the poor in spirit” fu tradotta con “how blessed are those who know their need of God. ”.

In 2 Timoteo 3,16, la New English Bible sostituì “All scripture is given by the inspiration of God” con

“all inspired scripture is given... ”, lasciando aperta la possibilità di intendere che la Bibbia contenga

parti ispirate e parti non ispirate. Sebbene sponsorizzata da un gran numero di Chiese britanniche

(oltre che dalle prestigiose Università di Cambridge e Oxford), la NEB non incontrò il favore del popolo

e venne rigettata soprattutto a livello liturgico. Nel 1989 venne presentata la Revised English Bible,

vera e propria revisione della NEB, facilmente leggibile e decisamente più fedele ai testi originali. Le

continue parafrasi e le frequenti equivalenze dinamiche incontrarono però ancora dure critiche da

parte dei credenti più tradizionalisti. Vennero così realizzate due traduzioni estremamente letterali:

la New King James Version e la English Standard Version.

La New King James Version (1982), fu tradotta in ottimo inglese ma risultò ancora pesantemente

condizionata dal testo bizantino di Erasmo da Rotterdam. Non si trattò comunque solo di una revisione

linguistica condotta sull’Authorized Version(1611) ma di un vero e proprio tentativo di ricostruire il testo

originale. Z.C. Hodges e A.L. Farstad, prima di dare alle stampe la New King James si occuparono infatti

di rivedere il Textus Receptus, considerato solo una delle tante varianti del testo greco del Nuovo

Testamento. Nel 1982, con la NKJV, essi pubblicarono The Greek New Testament According to the

Majority Text, monumentale opera di ricostruzione del testo bizantino o koiné. Tale testo differisce

dal Textus receptus in 1838 punti e dal The Greek New Testament UBS (testo critico di Wescott ed Hort,

Page 15: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

15

Nestle ed Aland, Martini e Metzger) in ben 6577 punti6. La NKJV è una versione letterale, scrupolosa,

precisa e fedele ai testi originali, tende ad evitare interpretazioni, parafrasi ed equivalenze dinamiche ed

utilizza la tecnica della cosiddetta “completa equivalenza” al testo originale. Mantiene molti termini

teologici e dottrinali tratti dalla Vulgata, dalla Authorized Version e dalla Douay Reims

(come justification, santification, propitiation), è molto apprezzata a livello liturgico e devozionale e

conserva un apprezzabile stile poetico. Alcune espressioni arcaiche ed obsolete sono state abbandonate,

molti errori della King James sono stati corretti, la terminologia e la grammatica inglese sono state

aggiornate, le ormai incomprensibili finali verbali –eth, –ath, -est, -ast sono state eliminate e le forme

arcaiche “Thy”, “Thee” e “Thou” (in precedenza usate solo per la Divinità) sono state rese con “Your” e

“You”. Il pronome relativo neutro “which” largamente applicato allo Spirito Santo da larga parte delle

Bibbie inglesi venne poi (vedansi, ad esempio, Romani 5,5; Romani 8,11; Efesini 1,14) sostituito dal

corrispondente pronome maschile “who”. La NKJV è anche ricca di note testuali che presentano, in modo

volutamente imparziale, le varie letture dei diversi manoscritti, evitando così di sradicare in modo

drastico parole, passi e versetti solo perché non accreditati dal testo critico delle “United Bible Societies”.

La English Standard Version (2001) utilizzò infine il testo critico di Nestle-Aland e fu una versione

oltremodo letterale, accurata, scrupolosa, precisa e fedele ai testi originali. Interpretazioni, parafrasi ed

equivalenze dinamiche vennero volutamente evitate, nella convinzione che anche le caratteristiche

morfologiche e lessicali della lingue più antiche fossero utili per discernere il senso più profondo delle

Sacre Scritture. In Isaia 7,14 il termine “vergine” venne ristabilito al posto di “giovane donna”, mentre

in Giovanni 3,16 “only-begotten Son” fu ripristinato al posto di “only son” della Revised Standard

Version (1952). Un possibile errore nella ESV riguardò solo la traduzione dell’ebraico בר nel Salmo 2,12.

Il termine בר (bar) si può infatti rendere con “figlio” solo nell’aramaico più recente, mentre nell’ebraico

del tempo di Davide significava semplicemente “puro”. La traduzione corretta sembra pertanto quella

fornita da Gerolamo nella Vulgata “adorate pure” cioè “adorate con purezza” e non quella proposta

dalla Settanta “Apprendete la disciplina” né tanto meno quella messianica oggi diffusa in quasi tutte le

versioni protestanti “Rendete onore al Figlio”. Si trattò comunque sicuramente della più autorevole

revisione condotta sulla English Revised Version (1881)

Di qualche interesse fu la cosiddetta “Confraternity Bible, una parziale revisione della Douay Reims

che risale al 1941 e fu adottata dai cattolici statunitensi fino al 1970 (anno della presentazione della New

American Bible). Nella Confraternity Bible tutto il Nuovo Testamento, i Libri Sapienziali ed i primi otto

libri della Bibbia furono rivisti e presentati in un inglese moderno e scorrevole. I restanti libri furono

invece riprodotti dalla Douay Reims.

Solo nel 1970 i cattolici statunitensi realizzarono una nuova Bibbia tradotta integralmente dai testi

originali e destinata a sostituire la ormai datata Douay Reims (1610): la New American Bible. Si trattò

di una versione facilmente leggibile, chiara ed abbastanza letterale, anche se in un limitato numero di

punti risultò un po’ segnata da parafrasi e da equivalenze dinamiche. Le note e le introduzioni ai vari libri

furono però pesantemente influenzate dalla critica razionalista e dal pensiero liberale. L’attendibilità

storica di molti episodi narrati dalle Sacre Scritture fu messa in dubbio (o considerata mitologica),

l’autorità e la paternità di molti libri (Pentateuco, Daniele, Lettere di Paolo) fu pesantemente criticata ed

il valore profetico di molti brani dell’Antico Testamento fu ridimensionato, negato o sminuito. I cattolici

tradizionalisti rigettarono così la NAB per tornare alla Douay Reims, mentre molti cattolici ortodossi

preferirono mantenere l’uso della vecchia RSV catholic edition. Come quasi tutte le versioni in lingua

inglese, la New American Bible tradusse il “kekaritomene” di Luca 1,28 con “favoured one” invece che

con “full of grace” o “favoured by the grace” o anche “endowed with grace”, sotto l’evidente influsso del

pensiero protestante. Decisamente ispirata dalla tradizione cattolica fu invece la realizzazione di alcuni

6 Per un’analisi critica del testo bizantino maggioritario è possibile consultare gli eccellenti lavori lavori di Wilbur Pickering, The Identity of the New Testament Text, Nashville: Thomas Nelson, 1977; 2nd edition, 1980 e D. B Wallace, The Majority!Text Theory:History, Methods And Critique, in Journal Of The Evangelical Theological Society, June 1994, pp. 185-215

Page 16: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

16

libri dell’Antico Testamento. Per i Salmi, ad esempio, la NAB non fece ricorso al classico Testo Masoretico

usato dalle Bibbie ebraiche e protestanti ma impiegò un testo emendato dalla chiesa cattolica,

decisamente più vicino alla Bibbia dei Settanta ed alla Vulgata che al Salterio iuxta hebraicum translatus.

Nel complesso si trattò comunque di un’ottima Bibbia, apprezzata (fuorché nelle note e nelle introduzioni

ai vari libri) anche da molte chiese protestanti. Al momento è il testo ufficiale dei cattolici statunitensi,

solennemente approvato anche per usi liturgici. Dalla Bible de Jérusalem francese (1961) vennero poi

ricavate sia la Jerusalem Bible (1966) sia la New Jerusalem Bible (1985), molto stimate dal

protestantesimo moderato e preziose soprattutto per le note storiche, critiche ed esegetiche. Il loro

utilizzo è fortemente diffuso nei paesi di lingua inglese diversi dagli Stati Uniti.

Nel 1971 fu completata la Living Bible, vera e propria parafrasi delle sacre Scritture, apprezzata da moltissimi evangelici per l’onestà, la fedeltà ai principi del protestantesimo conservatore e lo sforzo di rendere chiare molte espressioni ebraiche e greche difficilmente traducibili in lingua inglese. Fu però criticata dagli stimatori delle versioni più letterali e venne spesso considerata una versione molto popolare, utile solo per una prima evangelizzazione delle masse. Sulla scia della Living Bible venne prodotta, nel 1976, la Today’s English Version (meglio nota come Good News). Si trattò di una traduzione piuttosto libera, caratterizzata dal lodevole tentativo di cogliere lo spirito (piuttosto che la lettera) dei vari libri della Parola di Dio. Caratterizzata da un inglese moderno e facilmente comprensibile, utilizzò moltissime parafrasi ed equivalenze dinamiche, semplificando (e talvolta banalizzando) espressioni difficili e concetti complicati. Fu criticata per lo scarso rigore, per la soppressione della parola “sangue” dai passi più cruenti dal Nuovo Testamento (ad esempio Efesini 1,7; Ebrei 10,19 1 Pietro 1,19; Apocalisse 1,5) e per il cosiddetto gender inclusive language. Incontrò comunque un enorme successo presso evangelici e cattolici (una versione completa di libri deuterocanonici ha ricevuto l’imprimatur ufficiale dei vescovi inglesi, statunitensi e canadesi) ed è tuttora distribuita da alberghi, hotel, motel e catene di negozi (come Avon e Wall-Mart). La New International Version (1978) fu una versione facilmente leggibile ma piuttosto libera e caratterizzata da frequenti equivalenze dinamiche: Si trattò comunque di una vera e propria nuova traduzione dall’ebraico, dal greco e dall’aramaico, equidistante sia dalle continue parafrasi della Living Bible (1971) sia dal letteralismo estremo della American Standard Bible (1901). Ebbe grande successo perché fu concepita con finalità ecumeniche e, allo stesso tempo, risultò scarsamente influenzata da tendenze liberali e razionaliste. Combinò poi l’uso di un inglese moderno e comprensibile con il profondo rispetto di alcuni punti fermi del protestantesimo fondamentalista (inenarranza delle Sacre Scritture, nascita verginale, redenzione sacrificale, divinità di Cristo, resurrezione fisica di Gesù e suo ritorno glorioso)7.

7 La lettura fondamentalista parte dal principio che la Bibbia, essendo Parola di Dio ispirata ed esente da errore, dev’essere letta e interpretata letteralmente in tutti i suoi dettagli. Ma per “interpretazione letterale” essa intende un’interpretazione primaria, letteralista, che esclude cioè ogni sforzo di comprensione della Bibbia che tenga conto della sua crescita nel corso della storia e de suo sviluppo. Si oppone perciò all’utilizzazione del metodo storico-critico per l’interpretazione della Scrittura, così come ad ogni altro metodo scientifico. La lettura fondamentalista ha avuto la sua origine, all’epoca della Riforma, da una preoccupazione di fedeltà al senso letterale della Scrittura. Dopo il secolo dei lumi, essa si è presentata, nel protestantesimo, come una salvaguardia contro l’esegesi liberale. Il termine “fondamentalista” si ricollega direttamente al Congresso Biblico Americano tenutosi a Niagara, nello stato di New York nel 1895. Gli esegeti protestanti conservatori definirono allora «cinque punti del fondamentalismo»: l’inerranza verbale della Scrittura, la divinità di Cristo, la sua nascita verginale, la dottrina dell’espiazione vicaria e la risurrezione corporale in occasione della seconda venuta di Cristo. Quando la lettura fondamentalista si propagò in altre parti del mondo, diede vita ad altri tipi di lettura ugualmente “letteralisti”, in Europa, Asia, Africa e America Latina. Questo genere di lettura trova sempre più numerosi aderenti nel corso dell’ultima parte del XX secolo, in alcuni gruppi religiosi e sette e anche tra i cattolici. Benché il fondamentalismo abbia ragione di insistere sull’ispirazione divina della Bibbia, sull’inerranza della Parola di Dio e sulle altre verità bibliche incluse nei cinque punti fondamentali, il suo modo di presentare queste verità si radica in una ideologia che non è biblica, checché ne dicano i suoi rappresentanti. Infatti essa esige una adesione ferma e sicura ad atteggiamenti dottrinali rigidi e impone, come fonte unica d’insegnamento riguardo alla vita cristiana e alla salvezza, una lettura della Bibbia che rifiuti ogni tipo di atteggiamento o ricerca critici. Il problema di base di questa lettura fondamentalista è che rifiutando di tener conto del carattere storico della rivelazione biblica, si rende incapace di accettare pienamente la verità della stessa Incarnazione. Il fondamentalismo evita la stretta relazione del divino e dell’umano nei rapporti con Dio. Rifiuta di ammettere che la Parola di Dio ispirata è stata espressa in linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l’ispirazione divina, da autori umani le cui capacità e risorse erano limitate. Per questa ragione, tende a trattare il testo biblico come se fosse stato dettato parola per

Page 17: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

17

La New American Standard Bible (1971, 1977, 1995) fu ed è una versione oltremodo letterale, scrupolosa, precisa e fedele ai testi originali. Si trattò di una revisione condotta sull’American Standard Version (1901) da autorevoli studiosi protestanti, decisamente conservatori in materia di fede e piuttosto critici verso alcuni elementi di teologia liberale. Nacque soprattutto come reazione alla “Revised Standard Version” del 1952 e fu fortemente voluta dalle Chiese di Cristo, dai battisti, dai metodisti e da tutti i gruppi evangelici americani disponibili a valorizzare i progressi dell’archeologia biblica ma decisamente contrari alla critica testuale, al relativismo morale ed ai tentativi di tradurre liberamente il testo sacro. La NASB tese così ad evitare interpretazioni, parafrasi ed equivalenze dinamiche, utilizzando le tecniche della cosiddetta “harmony of expression” e della “word to word equivalence”. Con l’American Standard Version e la King James, cui moltissimi fondamentalisti americani sono ancora fortemente legati, è sicuramente una delle bibbie più amate dai protestanti statunitensi. La cosiddetta “updated version” del 1995 si presenta un po’ meno letterale delle versioni precedenti: alcune espressioni arcaiche ed obsolete sono state definitivamente abbandonate, la terminologia e la grammatica inglese sono state aggiornate ed anche le forme “Thy”, “Thee” e “Thou” (in precedenza usate solo per la Divinità) sono state rese con “Your” e “You”. Il pronome relativo neutro “which” largamente applicato allo Spirito Santo da larga parte delle Bibbie inglesi venne poi (vedansi, ad esempio, Romani 5,5; Romani 8,11; Efesini 1,14) sostituito dal corrispondente pronome maschile “who”. L’unica critica che potrebbe essere mossa alla NASB è di aver tradotto Efesini 2,8 con: “for by grace you have been saved” invece che con: “for by grace you are saved”, considerando la salvezza come qualcosa di lontano e forse definitivo, mentre il testo greco e latino hanno un participio perifrastico, che lascia spazio al carattere continuativo dell’azione divina. La New Revised Standard Version (1990) è stata curata personalmente da Bruce Metzger (autore, con il cardinale cattolico Carlo Martini, di un’autorevole revisione del testo critico di Nestle-Aland del Nuovo Testamento). Si tratta di una versione facilmente leggibile, abbastanza letterale, sicuramente attendibile ma segnata, in alcuni punti, da discutibili forzature linguistiche come il gender-neutral

parola dallo Spirito e non arriva a riconoscere che la Parola di Dio è stata formulata in un linguaggio e una fraseologia condizionati da una data epoca. Non accorda nessuna attenzione alle forme letterarie e ai modi umani di pensare presenti nei testi biblici, molti dei quali sono frutto di una elaborazione che si è estesa su lunghi periodi di tempo e porta il segno di situazioni storiche molto diverse. Il fondamentalismo insiste anche in modo indebito sull’inerranza dei dettagli nei testi biblici, specialmente in materia di fatti storici o di pretese verità scientifiche. Spesso storicizza ciò che non aveva alcuna pretesa di storicità, poiché considera come storico tutto ciò che è riferito o raccontato con verbi al passato, senza la necessaria attenzione alla possibilità di un significato simbolico o figurativo. Il fondamentalismo tende spesso a ignorare o a negare i problemi che il testo biblico comporta nella sua formulazione ebraica aramaica o greca. È spesso strettamente legato a una determinata traduzione, antica o moderna. Omette ugualmente di considerare le “riletture” di alcuni passi all’interno stesso della Bibbia. Per ciò che concerne i vangeli, il fondamentalismo non tiene conto della crescita della tradizione evangelica, ma confonde ingenuamente lo stadio finale di questa tradizione (ciò che gli evangelisti hanno scritto) con lo stadio iniziale (le azioni e le parole del Gesù della storia). Viene trascurato nello stesso tempo un dato importante: il modo in cui le stesse prime comunità cristiane compresero l’impatto prodotto da Gesù di Nazaret e dal suo messaggio. Invece abbiamo lì una testimonianza dell’origine apostolica della fede cristiana e la sua diretta espressione. Il fondamentalismo snatura così l’appello lanciato dal vangelo stesso. Il fondamentalismo porta inoltre a una grande ristrettezza di vedute: ritiene infatti come conforme alla realtà, perché la si trova espressa nella Bibbia, una cosmologia antica superata, il che impedisce il dialogo con una concezione più aperta dei rapporti tra cultura e fede. Si basa su una lettura non critica di alcuni testi della Bibbia per confermare idee politiche e atteggiamenti sociali segnati da pregiudizi, per esempio razzisti, del tutto contrari al vangelo cristiano. Infine, nel suo attaccamento al principio del “sola Scrittura”, il fondamentalismo separa l’interpretazione della Bibbia dalla Tradizione guidata dallo Spirito, che si sviluppa in modo autentico in unione con la Scrittura in seno alla comunità di fede. Gli manca la consapevolezza che il Nuovo Testamento si è formato all’interno della Chiesa cristiana e che è Sacra Scrittura di questa Chiesa, la cui esistenza ha preceduto la composizione dei suoi testi. Per questa ragione, il fondamentalismo è spesso antiecclesiale, ritenendo come trascurabili i credo, i dogmi e le pratiche liturgiche che sono diventate parte della tradizione ecclesiastica, così come la funzione di insegnamento della Chiesa stessa. Si presenta come una forma di interpretazione privata, la quale non riconosce che la Chiesa è fondata sulla Bibbia e attinge la sua vita e la sua ispirazione nelle Scritture. L’approccio fondamentalista è pericoloso, perché attira le persone che cercano risposte bibliche ai loro problemi di vita. Tale approccio può includerle offrendo interpretazioni pie ma illusorie, invece di dire loro che la Bibbia non contiene necessariamente una risposta immediata a ciascuno di questi problemi. Il fondamentalismo invita, senza dirlo, a una forma di suicidio del pensiero. Mette nella vita una falsa certezza, poiché confonde inconsciamente i limiti umani del messaggio biblico con la sostanza divina dello stesso messaggio. (PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1993)

Page 18: Bibbie Cattoliche e Bibbie Protestanti

18

language8. Il “gender neutral” tende a tradurre i termini greci “andropoi” e “adelfoi” con “uomini e donne”, “gente”, “popolo”, “fratelli e sorelle” al fine di arginare discutibili critiche di matrice femminista al tono un po’ maschilista e patriarcale di alcune pagine del testo biblico. Nella NRSV, per non ricorrere al pronome possessivo maschile “suo” (his) è stato poi spesso usato il plurale “loro” (their), mentre i pronomi personali “egli” e “lui” (he – him) sono stati sostituiti dalla forma plurale “essi” e “loro” (they, those e them). La parola “uomo” è stata quasi sempre glissata ricorrendo a termini vaghi come “tu o voi” (you), “genere umano” (human kind), “essere umano” (human being), “qualcuno” (someone). A tal proposito sono emblematici i casi di Genesi 1,1, Genesi 1,27, Salmo 1,1; Salmo 19,11-12, Salmo 34,20, Salmo 41,5, Ezechiele 2,1, Daniele 7,13, Giovanni 14,23, Giovanni 15,5, Atti 10,26, Atti 12,22, Galati 6,7, Tito 1,6. Della New Revised Standard Version esistono una versione protestante (senza note e libri deuterocanonici), una ortodossa (con libri apocrifi e libri deuterocanonici) ed una cattolica (con imprimatur, note e libri deuterocanonici). L’uso liturgico di quest’ultima non è però consentito.

KING JAMES VERSION 1611

YOUNG’S LITERAL TRANSLATION 1887

DARBY’S VERSION 1890

DOUAY-RHEIMS BIBLE revisione 1899 (cattolica)

AMERICAN STANDARD VERSION 1901

REVISED STANDARD VERSION 1952

NEW AMERICAN STANDARD BIBLE 1971/95

NEW AMERICAN BIBLE 1970 (cattolica)

THE LIVING BIBLE 1971

NEW INTERNATIONAL VERSION 1973

NEW KING JAMES VERSION 1982

NEW WORLD TRANSLATION 1984

NEW REVISED STANDARD VERSION 1989

ENGLISH STANDARD VERSION 2001

4 Alcuni approfondimenti

http://www.zianet.com/maxey/versions.htm

http://www.bible.org/docs/soapbox/versions.htm

http://www.bible-researcher.com/versions.html

8 Il gender-neutral language è talvolta giustificato dal contesto ma risulta in molti casi dubbio e ambiguo; è pertanto evidente che ogni traduzione che ne fa uso rischia di introdurre discutibili emendamenti congetturali sul cui valore testuale il lettore di media cultura spesso non in è in grado di esprimere una valutazione critica.