il corano e la bibbia alla luce della storia e della scienza
Bibbia e Att. 05 i quattro movimenti della...
Transcript of Bibbia e Att. 05 i quattro movimenti della...
Vivere la Salvezza – Past. Francesco Zenzale
1
I quattro movimenti della fede
"I cancelli della saggezza e della conoscenza sono sempre aperti" (Giacomo 1: 5).
L'orologio della vita si carica una volta, e nessun uomo ha il potere di dire in che momento le mani si fermeranno, se ad un'ora mattutina o ad un'ora della sera. Questo è il solo tempo che possiedi. Allora vivi, ama, sorridi con entusiasmo. Non pensare a quello che è stato e non riporre la tua fiducia nel domani. Perché allora le mani potrebbero essere già ferme. Guardiamo alle cose che possiamo fare per avere più "momenti d'oro" fra di noi e con chi ci circonda ora. Non possiamo tirare indietro le lancette dell'orologio, ma possiamo trarre il massimo dal tempo che ci rimane! Pertanto, chiediamoci: come godersi la vita con entusiasmo traendo il massimo nello spazio di tempo che il Signore ci ha donato? Come svincolarsi da tutte le idee assurse su Dio e sulla vita, in particolar modo quella religiosa, che inibiscono la gioia di vivere e della salvezza? Se vogliamo costruire un’esistenza superiore, di significato, e vivere al meglio il tempo che ci rimane, io credo che la soluzione la possiamo trovare nella parola di Dio. Gesù disse alla donna samaritana «chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete» (Giovanni 4:14). Questa donna peccatrice, disorientata, disgustata dal suo peccato, disillusa dalla vita e desiderosa di una vita piena e felice, rappresenta il genere umano; i suoi desideri sono i nostri desideri; il grido del suo cuore è il nostro grido; il suo disinganno è il nostro e il suo peccato è il nostro peccato! Ma il suo Salvatore può essere anche il nostro Salvatore, il suo perdono, può essere il nostro perdono e la sua gioia, la nostra gioia. La samaritana non poteva fermare l’orologio della sua vita, né tanto meno, cambiare il suo ingeneroso passato, ma poteva fare l’unica cosa che gli era concessa da Cristo per gli anni che aveva ancora da vivere: orientare la sua vita tenendo conto dei quattro movimenti della fede cristiana, che sono: La grazia, l’adorazione, la comunità e il servizio. Ed è ciò che fece! I quattro movimenti della fede LA GRAZIA -‐ Lamentazioni 3:22 -‐ Il nostro Dio è il Dio della grazia e la grazia è parte del suo carattere divino. La grazia significa che Dio volge «il suo volto splendente di felicità» verso di noi e ci benedice con dei doni non meritati. Noi possiamo pregare per il suo intervento, ma la grazia non si può ottenere con la forza: è un beneficio dato liberamente da un superiore a un inferiore, dal potente al debole, da colui che è Santo al peccatore e trae la sua origine nell’amore e nella compassione. La Grazia enfatizza ciò che Dio ha fatto per noi. Questo include la vita di Cristo e la sua morte per noi, così come il suo amore e le sue cure, il perdono e l’accettazione che riceviamo in Cristo. La grazia può essere riassunta con: «Dio mi ama» (Is 54:10; Ger 31:3). Nel testo di Efesini capitolo 2 versi da 4 a 10, non solo la parola «grazia» ricorre molte volte, ma Paolo ci dice anche che la nostra condizione umana è disperata. Senza la grazia di Dio siamo morti, spiritualmente morti. Siamo schiavizzati e sedotti inevitabilmente nella spirale del peccato. Abbiamo bisogno di essere liberati, di tornare a essere l’unica proprietà del nostro vero Signore, che è nostro Creatore e Redentore. Una nuova vita, ed è ciò di cui non possiamo fare a meno. Ma al di fuori della grazia di Dio non c’è modo di ottenerla. In questo passo l’apostolo insegna tre cose: -‐ Primo, la salvezza è interamente per grazia. Lo stesso pensiero è enfatizzato tre volte: «è per grazia che siete stati salvati» (Ef 2:5,8). La seconda volta Paolo rafforza lo stesso concetto aggiungendo «e ciò non
Vivere la Salvezza – Past. Francesco Zenzale
2
viene da voi, è il dono di Dio». E prosegue per esser sicuro che abbiamo afferrato l’idea: «Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti» (v. 9). La salvezza è sempre il libero dono di Dio; se potesse essere acquistata e se potessimo aggiungervi qualcosa, la grazia non sarebbe più tale. -‐ Secondo, Paolo presenta la salvezza come un fatto compiuto. Per la grazia di Dio siamo già salvati (vv. 5,8). Abbiamo già la redenzione e il perdono dei peccati (Ef 1:7). In Cristo siamo già stati risuscitati e posti a sedere nei luoghi celesti (Ef 2:6; cfr. Col 3:1-‐2). -‐ Terzo, c’è anche una dimensione futura. Ciò che Dio ha fatto per i credenti, che è una realtà attuale, sarà pienamente conosciuto solo nelle età avvenire. Per quanto già salvati, la salvezza finale ci è ancora davanti, quando non solo saremo liberati dal potere del peccato, ma anche dalla sua presenza. Guardiamo proprio a questa conclusione finale (1 Co 13.12; 2 Co 3:18). Proseguendo con il testo di Efesini scopriamo che la grazia di Dio non si limita alla nostra salvezza. Nel capitolo 3 Paolo parla della grazia di Dio che gli ha affidato un compito e un ministero particolari (vv. 2,7). Egli aggiunge: «A me, dico, che sono il minimo di tutti i santi, è stata data questa grazia di annunziare agli stranieri le insondabili ricchezze di Cristo» (v. 8). La grazia di Dio lo aveva reso quale egli era: una nuova persona in Cristo (1 Cor 15:10). Ma non cadiamo in errore! Non solo Paolo è stato chiamato a un ministero specifico, ma ciascuno di noi. «A ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo» aggiunge l’apostolo in Efesi 4:7, elencando tutta una serie di doni spirituali. Per la grazia di Dio ogni singolo credente ha ricevuto almeno un dono spirituale, senza merito e senza alcuna possibilità di vanto. Questi doni sono stati dati per l’edificazione del corpo di Cristo, la chiesa, per aiutarla a crescere spiritualmente e numericamente, e per favorire la sua unità (vv. 12-‐16). Abbiamo bisogno della grazia? Sì, senza alcun dubbio. Ne abbiamo bisogno per la nostra salvezza. Ne abbiamo bisogno per la nostra vita quotidiana. La grazia è il favore di Dio che ci garantisce il necessario per la vita cristiana e per il servizio. E noi lo trasmettiamo ad altri. «La grazia sia con tutti quelli che amano il nostro Signore Gesù Cristo con amore inalterabile» (Ef 6:24). L’ADORAZIONE – Giovanni 4: 21-‐24 -‐ Questo aspetto si focalizza sulla nostra risposta alla grazia di Dio. L’adorazione è presentata come un impegno totale verso Dio e include l’ubbidienza, l’osservanza dei comandamenti di Dio, la fedeltà, così come anche il culto e la lode personale e collettiva. «Io amo Dio» è la base per l’adorazione (Sl 18: 1; 116: 1). La vera adorazione va oltre le forme, i canti o la liturgia. È in un certo senso un’opera, un’espressione della gratitudine umana per quello che Dio è e per le grandi cose che ha fatto per noi mediante Cristo. Giovanni disse: «Questo è l’amore di Dio, che osserviamo i suoi comandamenti» (1 Gv 5:3); anche noi riveliamo il nostro amore per Dio adorandolo, un’espressione d’amore diversa rispetto all’osservanza dei comandamenti, ma comunque una nostra espressione. Gesù si riferiva certamente a questo quando disse che avrebbe adorato il Signore in «spirito e verità». L’adorazione, come ogni altra cosa ripetitiva, rischia di diventare un gesto monotono e meccanico. Quando smettiamo di adorare Dio in «spirito e verità», cioè con amore sincero e di gratitudine per ciò che rappresenta e che ha fatto, la nostra adorazione rischia di seguire percorsi devianti. I servizi del tempio all’epoca di Gesù erano diventati freddi, formali, fastosi e commerciali. Oggi può accadere la stessa cosa, con il rischio di trasformarli in un’occasione per ricrearsi o una specie di intrattenimento sociale e il Signore potrebbe rivolgersi anche a noi dicendo: «Poiché questo popolo si
Vivere la Salvezza – Past. Francesco Zenzale
3
avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini» (Is 29:13). I primi cristiani vissero intensi momenti di adorazione comune contrassegnati dalla gioia, nei (meglio: durante i) quali si parlava con fierezza della Parola di Dio. Essi traevano incoraggiamento e forza ascoltando le reciproche esperienze di fede, testimonianza e amore per Dio. Ed è quello che anche noi dovremmo provare: attingere fede, speranza e incoraggiamento dagli altri e viceversa. L’adorazione comunitaria deve avvicinarci a Dio e tra di noi; deve farci sentire il desiderio di proclamare la buona novella di Cristo che ci ha salvati con la sua crocifissione. Se non è questo ciò che viviamo, significa che non abbiamo adorato; abbiamo semplicemente finto di svolgere un servizio religioso. Ed infine l’adorazione comunitaria deve essere preceduta da quella personale, che per certi versi è più importante. Il Signore Gesù, per insegnamento e per esperienza, ci invita ad adorare Dio in “spirito e verità” tutti i giorni della nostra vita, riservando, nel corso della giornata, dei momenti particolari per la lode, la gratitudine e i nostri bisogni (Mt 6:6; 14:33; Dn 6). È dunque saggio adorare il nostro Dio iniziando e concludendo le nostre giornate con la preghiera di ringraziamento e di lode e lavorando come se fossimo in sua presenza. I suoi angeli sono sempre al nostro fianco per annotare le nostre parole e il modo in cui lavoriamo. Non crediamo mai che Cristo sia lontano: Egli è sempre vicino e desidera che camminiamo con lui stabilmente (Mt 28:20; Eb 13:5). LA COMUNITÀ – Efesi 2: 19-‐22 -‐ "Per quanto debole e manchevole possa apparire, la chiesa è l'unico oggetto su cui Dio posi il suo sguardo supremo in modo del tutto particolare. Essa è il teatro della sua grazia, in cui Egli si diletta di rivelare il suo potere che trasforma i cuori".1 Pertanto, i membri della famiglia di Dio si amano e si prendono cura l’uno dell’altro. La comunità parte dalla propria famiglia fino a includere la più grande famiglia che è la chiesa. La dinamica della comunità sottolinea il principio: «Amiamoci gli uni gli altri» (Gv 13:34; 1 Pt 1:22). “Amiamoci gli uni gli altri” è un imperativo, una "condicio sine qua non" senza la quale resta difficile definirsi comunità per il regno di Dio o “fratelli e sorelle”. L’apostolo Paolo evidenzia che: tutta la legge è adempiuta in quest'unica parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso» (Galati 5: 14) e Giovanni afferma che “se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto, pertanto, questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello”. (1Giovanni 4: 20-‐21). Secondo la Parola di Dio, “i doveri del cristiano verso i suoi fratelli spirituali si riassumono nell’amore fraterno, che si presenta sotto varie forme: a. La sottomissione reciproca (Efesini 5:21; Pietro 5:5). b. La «tolleranza reciproca» (Filippesi 3:15,16; Romani 14:1), tolleranza che ha però dei limiti (Efesini 6:24;1 Corinzi 16:22). c. La «confessione reciproca» e il «perdono delle offese» (Giacomo 5:16; Efesini 4:32). d. Il «servizio» (1 Corinzi 12:7; 1 Pietro 4:10) che comprende la «sollecitudine» (Ebrei 10:24), la «preghiera» (Efesini 6:18), l’«influsso del buon esempio» (Filippesi 3:17; 2 Tessalonicesi 3:9), l’«esortazione» (Ebrei 3:13; 10:25), l’«edificazione» (1 Tessalonicesi 5:11), la «consolazione» (4:18) e la «riprensione fraterna» (Galati 6:1). e. La «generosità» (Galati 6:10). Questa dev’essere praticata verso tutti, ma specialmente:
1 Actes of the Apostles, p. 12. Tr. fatta dall'inglese. Tr. italiana in Gli uomini che vinsero un impero, [Falciani -‐ Impruneta: Edizioni AdV, 1989], p. 8).
Vivere la Salvezza – Past. Francesco Zenzale
4
-‐ verso i predicatori del Vangelo (Galati 6:6). -‐ verso i poveri (2 Corinzi 9:5-‐14). -‐ verso i fratelli di passaggio (Ebrei 13:1,2)”.2
In una celebre immagine paolina la chiesa è definita come “il corpo di Cristo”; questa espressione offre un’idea chiara dello spirito di unità, di simpatia, di tolleranza e d’amore che deve regnare fra coloro che, sapendosi salvati dalla grazia divina, si uniscono per compiere la sua missione. L’esperienza cristiana senza la comunità è imperfetta perché manca di una dimensione essenziale, quella orizzontale. Ma spesso, la vita ecclesiale (e familiare) è appesantita dalle molteplici debolezze umane: la litigiosità, il sospetto, le ristrettezze mentali, le tradizioni, la stravaganza, il formalismo, i pensieri e una lingua indisciplinata, ecc.. Con ragione l’apostolo Paolo scriveva: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l'ascolta… Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria! Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo… Siate dunque imitatori di Dio…” (Efesini 4:29,31-‐32; 5:1). Pertanto, «se uno pensa d’essere religioso e non tiene a freno la sua lingua ma, seduce il cuor suo, la religione di quel tale è vana»(Giacomo 1:16). Non vorrei essere negativo o erigermi a giudice, ma questo verso ci dice molto chiaramente che una gran parte del nostro servizio rischia d’essere insignificante anche se ci diamo da fare per servire il Signore. Infatti, la Parola di Dio ci dice: «Se non tieni la lingua sotto controllo, il tuo servizio non ha alcun valore». Scriveva M. L. King: “L’uomo ha imparato a volare oltre le nuvole dagli uccelli, ha imparato a nuotare e scoprire le bellezze del mare dai pesci, ma non ha imparato a vivere insieme come fratelli e sorelle”. Il credente è chiamato a percorrere il suo cammino con gli altri suoi fratelli per crescere insieme seguendo le orme di Gesù Cristo e quindi abbiamo bisogno di imparare ad amare l’altro, offrendogli il diritto di esistere, di pensare, di agire diversamente da me e interagire come fratello e sorella con la mia diversità e nel reciproco rispetto. Pertanto è importante coltivare l’abitudine di parlare bene degli altri. Soffermandosi sulle buone qualità di coloro che ci sono vicini e cercare di minimizzare, per quanto è possibile i loro errori e i loro difetti”3 L’amore è l’unica esperienza in cui abbassiamo le armi, smettiamo di avere paura e ostilità e possiamo abbandonarci fiduciosi all’altro come il bambino nelle braccia della madre. All’interno del recinto meraviglioso dell’amore di Dio assaporiamo il piacere dell’innocenza del paradiso terrestre e quello del regno di Dio, dove è bandito ogni male. Ed è solo l’amore che cementa la vita comunitaria che ne fa la solida nave con cui affrontare il mare in tempesta. Se siamo così fortunati da costituire una comunità unita, il nostro viaggio non è più solitario. Siamo un equipaggio che muove verso una meta comune: il regno di Dio. Il SERVIZIO -‐ Atti 1:8; Apocalisse 2: 19; 14:6 -‐ è l’amore ricevuto da Dio e restituito a lui e alla comunità e portato al mondo intero, a tutti coloro, cioè, che non hanno la stessa nostra fede. Esso include evangelizzazione e testimonianza e altre attività con le quali possiamo aiutare gli altri, anche coloro che non credono perché «Noi amiamo anche te». 2 G. Marrazzo, Ascolta la Parola, cap. “La chiesa” ed, AdV, Impruneta (Fi). 3 E.G. White, Sulle Orme del Gran Medico, p. 212
Vivere la Salvezza – Past. Francesco Zenzale
5
Hansey, scrive: “Ogni cristiano, uomo e donna, è un predicatore, sia egli giovane o vecchio, padrone o servo, padrona o serva, erudito o illetterato. Parlando propriamente, tutti i cristiani fanno parte dell’ordine ecclesiastico e non c’è fra loro alcuna differenza, tranne quella risultante dai loro diversi rami di attività”.4 Questo è vero solo ad una condizione: che ogni cristiano porti nel cuore e nella vita i segni evidenti della conversione: l’amore di Dio e la passione per le anime. Io credo che “la chiesa deve operare in favore della salvezza dell’uomo. Essa è stata organizzata per servire; la sua missione consiste nel portare il Vangelo al mondo; il suo scopo è quello di riflettere nel mondo la pienezza e la perfezione della natura divina. I suoi membri, che Dio ha chiamato dalla tenebre alla sua meravigliosa luce, devono rivelarne la gloria “... “La volontà di Dio è che il suo popolo rechi benedizione al mondo. Dio trasformò Giuseppe in una fonte di vita per gli antichi egiziani e per la sua famiglia, i quali dovettero la loro sopravvivenza all’integrità di quell’uomo. Attraverso Daniele, Dio salvò la vita di tutti i saggi di Babilonia. Ecco il senso di queste benedizioni spirituali che il mondo ha ricevuto da uomini che, come Giuseppe e Daniele, hanno vissuto in comunione con Dio. Chiunque abbia accettato Gesù nel proprio cuore, manifesta l’amore di Dio per il mondo e collabora con lui per il bene dell’umanità. Chi riceve dal Salvatore la grazia da offrire agli altri, emanerà da tutta la sua persona un flusso di spiritualità”.5 Illustrazione C’era una vedova che soffriva di tutte le malattie che esistono in questo mondo. E così visitava regolarmente il medico. Verso Natale, l’inverno era rigido, e la donna si sentiva morire. Ancora una volta quell’anno ritornò dal medico. Incominciò a dirgli: “Dottore, questa sarà l’ultima volta che verrò”. “Perché?” domandò il medico. “Perché non vivrò a lungo”. Il medico le prescrisse la solita ricetta e dopo scrisse qualcosa su un foglio di carta, e consegnò i pezzi di carta alla donna che lesse entrambi, ma vide che in uno c’era scritto semplicemente un indirizzo. Il medico confermò, dicendo: “Sì, é un indirizzo. Le chiedo di visitare queste persone. Sono una famiglia che vive molto peggio di lei. Sono certo che la sua visita farà loro del bene”. La donna se ne andò un po’ seccata; quando arrivò a casa, lesse di nuovo l’indirizzo e disse tra sé e sé: “Siccome non ho nulla da fare, né da perdere, vado”. Tra l’altro, era anche abituata a fare tutto ciò che il medico le raccomandava. Si avviò! Arrivata in quella casa trovò una coppia con due bambini. La salute di questi era molto fragile. Vivevano anche male. La casa non era nient’altro che una piccola cucina. Dopo aver visto questo, uscì ed andò ad un supermercato a comprare tutto ciò che le sembrava necessario per quella coppia e i loro bambini. Inoltre decise di trascorrere la notte di Natale con loro. Preparò un eccellente pranzo, mangiarono insieme e chiacchierarono. Allora sentì che la vita aveva ancora un senso per lei. Al termine del mese di Gennaio ritornò dal medico. Questi quasi non la riconosceva. E chiese: “Che é successo Signora? Ha un bellissimo aspetto. Vedo che il Natale le ha fatto del bene”! “Sì, ha ragione, Dottore. Devo dirvi che é stato il Natale migliore della mia vita. Ho anche un gran desiderio di vivere”.
4 J. A. Hensey, The Layman and the Itinerancy, p. 19. 5 E. G. White, Gli uomini che vinsero un impero, p.7, 9
Vivere la Salvezza – Past. Francesco Zenzale
6
“Qualunque sia la vocazione terrena di un uomo, la sua prima preoccupazione dovrebbe essere quella di conquistare delle anime. Il ministero non consiste esclusivamente nella predicazione. Chi assiste i malati, aiuta i bisognosi, consola gli scoraggiati e i deboli nella fede esercita pure un ministero” (Giacomo 1:27) .6 In breve, «…Più felice cosa è il dare che il ricevere». Io credo che questo sia vero, che la vita ha senso solo quando ci doniamo, quando amiamo e ci lasciamo amare. Dio ci ha creati per questo proposito. Se vogliamo godere della pace interiore, della piena felicità, dobbiamo organizzare la nostra vita orientando la nostra persona secondo ciò che dice la Bibbia. Questo ci aiuterà non solo spiritualmente, ma anche fisicamente ed emotivamente. Non amare significa morire, ovvero si vive come se fossimo già morti. Le persone che professionalmente hanno successo, ma che non hanno scoperto la vera dimensione dell’amore, vivono, sì, ma come se fossero morte. “L'uomo buono fa del bene a se stesso, ma il crudele tortura la sua propria carne” (Proverbi 11:17). Concludendo questo breve excursus su i quattro movimenti della fede, ritorniamo all’episodio della donna samaritana. “Ecco una persona che cerca disperatamente di nascondersi. Ne ha di ragioni: vive una vita disordinata! Per paura di incrociare gli sguardi carichi di severità, si reca al pozzo nell’ora più calda, quando tutti si concedono un riposino dopo aver mangiato! Gesù desidera trasmetterle la vita, quella autentica… quella che libera dalla paura, dalle fughe, dalla colpa7 e dalle rotture. Ha proprio tanto da offrirle e da dirle! Eppure si mostra a lei non come un donatore, ma come un mendicante: «Dammi da bere» (Gv 4:7). Niente è più gratificante che trovarsi nella posizione di qualcuno che può dare qualcosa all’altro. A maggior ragione davanti a una richiesta esplicita. Poiché colui che dona viene riconosciuto dall’altro ed è come se dicesse: «Tu accetti di ricevere qualcosa da me, dunque io esisto»! La samaritana, senza dubbio, disprezzata e umiliata, si trova immediatamente nella situazione di colei che può donare qualcosa a Gesù! Prima di colmare la sua vita con la grazia, Gesù desidera che questa donna possa esistere” (Past. Thierry Lenoir). È per grazia che siamo stati salvati, ovvero che abbiamo modo di esistere, di vivere, di pensare e di interagire. La samaritana, nella solitudine e immersa nel suo dolore, incontra la Grazia; per fede beve “l’acqua della vita” e per fede comprende il vero senso dell’adorazione, accettando la persona di Gesù e i suoi insegnamenti, liberandosi da tutto ciò che inibiva la gioia della salvezza e adorando Dio in “spirito e verità”. Pervasa dalla ricchezza della grazia, riscopre il senso della comunità e per fede corre verso coloro che fino a quel giorno l’avevano emarginata; quest’ultimi si rendono conto che non era più la stessa persona che conoscevano e si lasciano coinvolgere dalla Grazia reintegrandola. Scrive l’apostolo Paolo: «è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù d’opere affinché nessuno se ne vanti» (Ef 2:8-‐9). Mediante la fede non «otteniamo» la salvezza, ma piuttosto, la manifestiamo mentre accettiamo la salvezza senza meritarla. Dio viene incontro a noi senza esigere prima da noi «un buon comportamento». Prima ci accoglie, poi ci insegna a vivere. Questa verità basilare si definisce in teologia «giustificazione per fede». Dio ama, salva, redime, recupera, restaura. Egli rende possibile la salvezza, la pace, l’equilibrio interiore, in ciascuno dei suoi figli, grazie alla potenza dello Spirito Santo. «Giustificati per fede abbiamo pace con Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (Romani 5: 1).
6 E. G. White, La Speranza dell’Uomo, p. 543 7 Il corsivo è mio