BasilicadiS. Eustorgio · in questa lode cosmica che fende le barriere del tempo e dello spazio,...

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Basilica di S. Eustorgio Giornale della comunità parrocchiale - DICEMBRE 2011 INSIGNE BASILICA PREPOSITURALE – Piazza Sant’Eustorgio 1 – 20122 Milano Tel. 02.58101583 – Fax 02.89400589 e-mail: [email protected] – Internet: www.santeustorgio.it ORARIO SANTE MESSE Feriale: 7.45 - 17.00 – Sabato: 7.45 - 17.00 (vigiliare) – Festivo: 9.30 - 11.00 - 12.30 - 17.00

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  • Basilica di S.EustorgioGiornale della comunità parrocchiale - DICEMBRE 2011

    INSIGNE BASILICA PREPOSITURALE – Piazza Sant’Eustorgio 1 – 20122 MilanoTel. 02.58101583 – Fax 02.89400589

    e-mail: [email protected] – Internet: www.santeustorgio.it

    ORARIO SANTE MESSEFeriale: 7.45 - 17.00 – Sabato: 7.45 - 17.00 (vigiliare) – Festivo: 9.30 - 11.00 - 12.30 - 17.00

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    Basilica di S. EustorgioAnno XXIII - Dicembre 2011

    Direzione e redazione:Piazza Sant’Eustorgio, 120122 MilanoTel. 02/58101583 - Fax 02/89400589e-mail: [email protected] Internet: www.santeustorgio.it

    Direttore Responsabile:Andrea Molinari

    Redazione:Annamaria ImperlinoCecilia MerisioSegretaria di redazione:Giovanna ValentiImmagini:Mimmo CristofaloIllustrazioni:Angelo SivigliaPubblicità:Bruna PutinatoImpaginazione:Camillo Sassi, [email protected]

    Stampa:Nuova Polistylegraf s.r.l.Corso San Gottardo, 1220136 MilanoTel. 02/89402539

    I vostri sacerdoti:Don Pi.Gi.Don ZibiDon Cristiano(telefono 02/58101583)

    Registrazione Tribunale di Milanon. 437 del 15 giugno 1991

    25 settembre 2011, il Card. Angelo Scola, nuovo Arcivescovo di Milano, fa il suo ingresso a Sant’Eustorgio.

    LE LETTERE a cura di Andrea Molinari

    Iviaggi in pullman hanno un sapore particolare, un sapore di verità:ci si trova in uno spazio ristretto con altri e si prende atto delrapporto con i nostri (vicinissimi) prossimi.Ognuno ha le proprie esigenze, che a volte impongono una ‘sostatattica’; il responsabile del gruppo ha le sue idee su come intrattenerela gente durante una parte del viaggio e il tutto è condito dalleesperienze di ciascuno.I viaggi di ritorno, in qualche modo, innestano le esperienze delviaggio nella vita di ogni giorno. Io ho sentito che la qualità del nostroviaggio di ritorno era intrisa dell’accoglienza, della celebrazione,dell’incoraggiamento e dell’aiuto che la Chiesa e il Papa hanno donatoalle realtà della Nuova Evangelizzazione e quindi anche a noi delleCellule Parrocchiali di Evangelizzazione. Credo che noi‘santeustorgini’ l’abbiamo sentito in modo particolare in quantofondatori – almeno in Europa – di quanto si è poi diffuso in modoorganizzato nel mondo ed è stato offerto alla Chiesa.Un peso e una responsabilità tali da fiaccare chiunque; ma penso dipoter dire che l’esser stati servi inutili, operatori che si lasciavanoguidare dallo Spirito e dai sogni che Esso ha suscitato nei cuori (e inmodo particolare in quello di don PiGi) ci ha reso bisognosi dell’aiutodi Dio, sempre più abbracciati alla Madre Chiesa.L’aiuto e l’accoglienza ricevuti a Roma hanno aiutato a tornare piùsciolti, rassicurati dall’abbondanza di carismi visti in modo particolarenella serata di Adorazione organizzata al sabato. Tutte le Cellulehanno contribuito portando i pochi pani e pesci, e ciò è stato graditoal Signore, che l’ha moltiplicato e condito, servendoci un pastospeciale, servendo alla nostra tavola, facendoci essere nellaComunione dei Santi.In viaggio eravamo rilassati ma entusiasti, stanchi ma ritemprati: lasosta tattico-tecnica è diventata occasione di condivisione dellecibarie, anche con un altro pullman che era fermo accanto a noi,mentre il la recita del Rosario e poi l’ascolto del cd di Gloria Polo hannocreato un’atmosfera di condivisione e di esercizio di carismi:commenti e approfondimenti, canti, discussioni e condivisioni.Un’atmosfera di fiducia e speranza, di impegno e gratitudine i cuifrutti si vedranno in futuro, ma dei quali abbiamo goduto già in quelgioioso viaggio di ritorno.

    Boback Falamaki

    16 ottobre 2011: di ritorno da Roma

    È vero, Bob: quella due giorni romana del 15 e 16 ottobre, l’incontrodei ‘Nuovi Evangelizzatori’ con il Santo Padre, la Messa in San Pietro,la comunità tra tutti noi (eravamo in circa 300 solo da Sant’Eustorgio,più altri 1.500 delle Cellule provenienti dal resto d’Italia e d’Europa)ha rappresentato al tempo stesso un’occasione di crescita e di frutto.Frutto per aver vissuto in modo concreto e palpabile l’abbraccio dellaChiesa, frutto per aver visto il nostro cammino incrociato con quello ditanti altri fratelli e sorelle, frutto per le parole così autorevoli cheabbiamo ascoltato e che ci hanno incoraggiato.È stato un lungo e intenso viaggio di ritorno quello che hai compiutosu quel pullman: è un viaggio appena all’inizio nel sorprendentecammino che il Signore ci ha donato di intraprendere.

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    LUCE E PAROLAMi sforzavo di aguzzare lo sguardoper penetrare nell’immensità dellacupola che mi sovrasta-va. Mi avevano detto chenelle prime ore dopo iltramonto l’avrei potutavedere meglio la come-ta. Ma ogni sforzo era inuti-le: una sottile cappa di lucore,frutto delle mille e mille luci della no-stra ben strana civiltà, mi nasconde-vano lo spettacolo che desideravoammirare. Mi si diceva: “Sali, sa-li in alto su un aereo, nella nottefonda, e da lì, allorché si sarannospente tutte le luci della cabina,la potrai ammirare bene”.Era vero! Per contemplare la cometa do-vevo circondarmi di buio. Ma non un buioche intristisce e fa paura, ma qualcosa di simi-le alla condizione di buio in cui ho vissuto iprimi nove mesi della mia esistenza: buiorassicurante, carico di suoni familiari, che mifaceva sentire un tutt’uno con colei cheamorosamente mi teneva in grembo, buio caricodi luce perché mi consentiva di vedere con gliocchi di mia madre.Questi pressappoco i pensieri che mi si affaccia-vano alla mente mentre osservavo il febbrile la-vorio di coloro che stavano stendendo luminarieper le vie del quartiere, nel vano sforzo di impri-gionare la luce che prima brillava in alto, per co-stringerla prepotentemente nella geometria arti-ficiale delle nostre costruzioni e delle nostre case.Difficile affermare che queste luci parlino di Dioe, d’altra parte, molto facile intravedervi la lusin-ga di una proposta per gli acquisti.Eppure non è il caso di rimpiangere il passato.Forse si tratta di saper vedere. Anche oggi i se-gni non mancano, se li sai vedere. Ci vorrebberoocchi da bambino. Forse quel bambino che anco-ra si nasconde in noi e nei confronti del quale Ge-sù ci ha minacciato: “In verità vi dico: chi non ac-coglie il regno di Dio come un bambino, non vientrerà” (Lc 18,17).Stiamo arrivando al nocciolo della questione: nonsi tratta di puerile sentimentalismo o di ricordi ro-mantici, ma di accogliere il regno di Dio e di en-

    trarvi, ed ecco la condizione: farsibambino.Non c’è da vergognarsi, c’èpiuttosto da gioire come sigode di un dono insperato.“Ti rendo lode, Padre, Si-

    gnore del cielo e della terra,che hai nascosto queste cose aidotti e ai sapienti e le hai rivelate

    ai piccoli” (Lc.10,21).Se il Verbo di Dio si è fatto bambi-no, saranno sempre i piccoli adaprirsi per primi ai segreti di Dio.Bambini, dice Michel Quoist, daicapelli bianchi e dal volto raggrinzi-to, ma sempre e solamente bambini,perché Dio ama i bambini.Così è stato a Betlemme: la luce del-le cose di Dio si è riversata negli oc-chi dei puri e dei piccoli. In Maria,che dei bambini aveva la purezza ela totale disponibilità. Nei pastori,

    pronti a riconoscere i segni e a passaredallo stupore all’adorazione. Nei Magi, che

    dei bambini avevano la tenace ostinazione e lafranchezza. In Giuseppe, aperto all’imprevedibilee docile ai suggerimenti degli angeli. In noi, sesapremo aprirci all’incredibile dono dell’amore diDio per noi. Giustamente, allora, il canto del Na-tale è il “Gloria”. Nell’incontro tra la creatura e ilsuo Dio l’unico modo di rapportarsi consiste nel-l’entrare nella lode.Francesco d’Assisi si fa voce dell’umanità intera:“Laudato si’ mi’ Signore”…e l’universo intero sifa coro con lui e con ognuno di coloro che ne in-terpretano la voce. La mia, la tua voce si fondonoin questa lode cosmica che fende le barriere deltempo e dello spazio, per diventare voce di ogniepoca e di ogni uomo, nonostante le voci disconfitta e di disfatta economica e finanziaria cheoggi invadono i nostri schermi e i giornali. E tut-to perché Dio si è fatto bambino.Allora anche le invadenti luci della città acquista-no un nuovo senso: tutto ciò che è luminoso edincanta gli occhi si dà appuntamento a quellagrotta, ove la luce tremolante di una stella spe-gne ogni altro luminoso inganno. Buon Natale.

    Il vostro don PiGi

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    Sant’Eustorgio accoglie Angelo Scola,nuovo Arcivescovo di Milano

    “Sono molto lieto di incontrarmicon Voi in questo luogo sacroche, fin dai primi secoli, ha vistocatecumeni ricevere il santo Batte-simo. Qui si custodisce la memo-ria viva dei martiri milanesi. Daqui prende avvio il ministero degliarcivescovi. Con commozione ho venerato le re-liquie dei Santi Eustorgio, Magnoed Onorato, miei predecessori. Voi e io viviamo la grazia dell’ini-zio. Voi l’inizio del vostro cammi-no cristiano ed io del mio ministe-ro ambrosiano. Per questo sonoparticolarmente contento che ilmio primo passo sia un incontrofaccia a faccia con voi. Quest’assemblea di fedeli, anchegrazie alla vostra presenza, espri-me visivamente il volto della no-stra amata terra: Milano, la terradi mezzo, da sempre crocevia diincontro con l’altro. Spesso dolo-roso, talora violento ma, per fini-re, sempre accogliente. Voi catecumeni potete essere pa-ragonati al tesoro e alla perladel brano evangelico appenaproclamato. Che cosa vuol dirci

    Gesù mettendo in evidenza il va-lore inestimabile del Regno deicieli e l’urgenza di agire con de-cisione per ottenerlo? Che il Re-gno è un dono, una grazia: il te-soro e la perla sono, infatti, na-scosti. Trovarli non dipende danoi: come per l’uomo ed il mer-cante della parabola sono unasorpresa. A ben vedere siamonoi, siete stati Voi ‘ad essere tro-vati dall’amore di Gesù’ (Bene-detto XVI, Dialogo con i semina-risti di Roma, 17 febbraio2007). Guidati dallo Spirito delRisorto, Vi siete posti alla Sua se-quela. PreparandoVi al santoBattesimo riconoscete Gesù co-me il valore supremo a cui voletesubordinare tutti i rapporti, tutti ibeni e la stessa vostra vita: ‘laperla di gran valore è il Cristo diDio (…) una volta trovato Lui, siafferrano facilmente tutte le altrerealtà’ (Origene, Commento alVangelo di Matteo 10,8).Il Regno è in atto nella persona diGesù Cristo, vero Dio e vero uo-mo, morto e risorto per la nostrasalvezza. È con questo Cristo vivoche voi siete entrati in rapporto.Vivo perché presente nella comu-nità cristiana; vivo perché Vi è ve-nuto incontro attraverso uominisegnati dal rapporto con Lui.Nell’esperienza della vita comuni-taria delle parrocchie e delle ag-gregazioni dei fedeli, Egli Vi ac-compagna amorevolmente nelquotidiano. Come ogni vera relazione d’amo-re il rapporto con Cristo domandasacrificio. Ce lo testimonia il signi-

    ficativo gesto del dono della terrabenedetta, memoria dei martiri,che ricorda all’Arcivescovo la na-tura della sua missione. La testi-monianza è il nostro martirio quo-tidiano. A questo Voi siete chia-mati da subito, non occorre atten-dere. Il catecumeno è già un testi-mone. Il vostro Arcivescovo alloraVi indica la strada: vivete in primapersona questo ininterrotto dialo-go tra Gesù e la vostra libertà, co-municatene i frutti a tutti i membridella comunità cristiana, così cheessa possa lasciar trasparire sulsuo volto Cristo, luce delle genti.È molto significativo che la nostraassemblea veda la presenza nutri-ta della comunità di Sant’Eustor-gio, che ringrazio nella personadel parroco Mons. PiGi Perini edei suoi collaboratori. Tocca, in-fatti, ai battezzati il compito di ac-cogliere e accompagnare i cate-cumeni all’incontro personale conCristo nella comunità cristiana. Èun compito affascinante che rin-nova il cuore di ogni cristiano. Inquesto momento la comunità par-rocchiale di Sant’Eustorgio èespressione di tutta la nostra Chie-sa che ringrazio nelle persone diS. E. Mons. Erminio De Scalzi, Vi-cario Episcopale della città, diMons. Carlo Faccendini, VicarioEpiscopale per l’Educazione Sco-lastica, di Mons. Paolo Sartor, re-sponsabile del Servizio Catecu-menato, e degli accompagnatoridei catecumeni.Tutta la Chiesa ambrosiana è gra-ta a Dio perché il “sì” di più di200 catecumeni provenienti daMilano e da tutti i continenti lariempie di speranza. Gli uomini e le donne di ogni etàe condizione, quanti sono natinelle nostre terre e quanti vengo-no ad abitarvi, possano con sor-presa, come l’uomo delle para-bole, incontrare attraverso diVoi, Colui che ha detto ‘se vuoiessere compiuto, cioè felice, vie-ni, seguimi e sarai libero davve-ro’ (Mt 19,21 e Gv 8,36).

    Il 25 settembre 2011, il Card. Angelo Scolaha fatto ingresso nella diocesi di Milano:come vuole un’antica tradizione, è stataSant’Eustorgio la sua prima tappa. Nella nostra basilica è stato accolto da tuttala comunità parrocchiale e da duecentocatecumeni della diocesi. Riportiamo qui le sue parole, le prime rivolte dal nuovoArcivescovo alla sua diocesi.

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    Nuovi Evangelizzatori a Roma

    “Il passaggio dalla ‘missio-ne al popolo’ a il ‘popoloin missione’ deve farcomprendere il cambiamento diprospettiva che muove la NuovaEvangelizzazione”. Così l’arcive-scovo Rino Fisichella, presidentedel Pontificio Consiglio per la Pro-mozione della Nuova Evangeliz-zazione, ha aperto il primo incon-tro internazionale dedicato allerealtà impegnate nella NuovaEvangelizzazione. Ed è stata unavera e propria ondata quella cheha risposto all’invito del PontificioConsiglio, se si pensa che eranopresenti oltre trenta rappresentan-ti delle Conferenze Episcopali,115 realtà ecclesiali impegnatenell’evangelizzazione, 10.000giovani pronti a svolgere la mis-sione.Mons. Fisichella ha definito laNuova Evangelizzazione “un fiu-me che irriga il mondo di oggi, làdove le persone vivono e opera-no”. L’invito a tutti i credenti è statoquello di dare ragione della pro-pria fede: la Nuova Evangelizza-zione riparte dalla conversionedel cuore e dalla credibilità dellatestimonianza che si offre. “La fe-de – ha sostenuto l’arcivescovo –impegna nell’oggi che viviamo.Rimanere rinchiusi nelle nostrechiese potrebbe darci qualcheconsolazione, ma renderebbe va-na la Pentecoste”.Da qui l’esortazione a “spalanca-re le porte e ritornare ad annun-ciare la risurrezione di Cristo. Sequalcuno oggi vuole riconoscere icristiani deve poterlo fare per il lo-ro impegno nella fede, non per leloro intenzioni”.Ed ecco l’invito conclusivo: “Ètempo di spalancare le porte e ri-

    tornare ad annunciare la Resurre-zione di Cristo di cui siamo testi-moni”.Per fare questo è importante indi-viduare i luoghi, gli ambiti, dovela Nuova Evangelizzazione si di-spiega. Mons. Fisichella ne haelencati sette: la cultura, l’immi-grazione, la comunicazione, lafamiglia, la liturgia, la politica e lapastorale ordinaria nelle parroc-chie.Per quanto riguarda quest’ultimoambito, è stato chiamato a dare lasua relazione il nostro don PiGi,che ha parlato da parroco e daparrocchiano. Nel suo applaudi-tissimo intervento, ha ricordatol’esperienza delle cellule di evan-gelizzazione, citando le paroledel cardinale inglese John HenryNewman che aveva definito laparrocchia ‘un gigante addor-mentato’.“È necessario – ha concluso donPiGi – che quel gigante addor-mentato che è la parrocchia si ri-svegli! Una parrocchia dinamica,carica dell’amore di Dio, che affa-scina i suoi fedeli e li spinge al-l’evangelizzazione è possibile!”

    L’incontro è poi proseguito in aulaPaolo VI, dove le molte migliaia dinuovi evangelizzatori convenutihanno potuto ascoltare le paroledi Benedetto XVI dedicate a loro eal loro impegno.In serata, i membri delle cellulehanno organizzato una serata diAdorazione Eucaristica.L’incontro si è concluso l’indoma-ni, 16 ottobre, con la Messa inSan Pietro presieduta dal SantoPadre e riservata alla partecipa-zione dei convenuti.

    Su www.cellule-evangelizzazione.orgsono riportati i link per seguire gli interventiintegrali del Santo Padre e di don PiGi.

    Il 15 e 16 ottobre, si è svolto a Romal’incontro promosso dal Pontificio Consiglioper la Promozione della NuovaEvangelizzazione. Un riconoscimento all’impegno delle celluleparrocchiali di evangelizzazione

    Un appuntamento da nonperdere: il 23° SeminarioDal 9 al 13 maggio 2012, la nostra basilica sarà sededella 23a edizione del Seminario internazionale sulSistema di Cellule parrocchialidi Evangelizzazione.

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    “Sono tornato a casa mia”

    Giuliano, come nasce il tuorapporto con Sant’Eustorgio?Nel 1988 ho fatto parte di una delleprimissime cellule che, allora, costi-tuivano una novità assoluta. Conmia moglie abbiamo poi frequentatoil corso leader, abbiamo preparatouna cellula nostra, quindi io sono di-ventato leader di divisione.

    Quindi questo legame è av-venuto all’insegna di un ‘sì’immediato e carico di affida-mento.No, è stato proprio il contrario: laprima volta che sentii parlare di cel-lule fu a un consiglio pastorale – alquale peraltro non avevo alcuna in-tenzione di andare – durante il qua-le espressi parere negativo su quel-l’esperienza. Fui invitato al primo in-contro di cellula, dissi di ‘no’ ma ciandai lo stesso, poi mi ripromisi dinon tornarci più e invece non man-cai più a una cellula... Lo stesso ac-cadde anche con la liturgia. Andai aMessa a Sant’Eustorgio, rimasi col-pito ma mi dissi che non faceva perme: il risultato è che diventai addirit-tura ministro all’altare...

    Fu così anche per il diaconato?No, le cose andarono diversamente.Nel 1990 don PiGi mi propose ildiaconato: le sue parole mi colpiro-no profondamente, perché sapevoche si trattava di una cosa seria.Non gli risposi subito, ma attesi chel’argomento venisse ripreso. Di fatto,solo cinque anni dopo, nel 1995,ebbi occasione di riparlarne con donPiGi e allora il mio ‘sì’ fu esplicito einiziai il percorso preparatorio.

    Quindi la tua vocazione aldiaconato non fu fulminea.In realtà tutto risale a quando, da ra-gazzo (avevo 12-14 anni), il sacer-dote dell’oratorio che frequentavo

    mi chiese se volessi diventare prete.Io ci pensai molto e una sera, in pre-ghiera, presi la decisione che mi sa-rei consacrato al Signore. Ed ebbianche la certezza che questa fosse lavolontà di Dio.Poi la vita prese il sopravvento, persimia madre giovanissimo, fui presodai mille impegni della crescita, misposai. Ma quell’antica promessanon venne mai meno: compresi solomolto più tardi che quella propostadi ordinazione diaconale era il ‘sì’che il Signore mi permetteva di pro-nunciare per suggellare quell’anticopatto.

    Quindi in un certo senso unavocazione in due tempi.Quando decisi che mi sarei consa-crato al Signore, avevo la certezzache Lui mi volesse, che mi avesse ac-cettato. Anche se questo non si rea-lizzò subito, io continui ad aspettare,sapevo che era volontà del Signore.

    Per questo quando si trattò di rispon-dere alla proposta di don PiGi, il ‘sì’non fu mai in discussione: si trattòsolo di attendere, con pazienza epreghiera.

    Come definiresti la figura deldiacono? È il servitore per ec-cellenza?Vedi, secondo la Chiesa il ministerodell’ordine ha tre figure: vescovo,sacerdote e, appunto, diacono. Cia-scuno dei tre ha il proprio ministero:pastore per il vescovo, la celebrazio-ne eucaristica per il sacerdote e, peril diacono, il ministero della predica-zione. Ma è vero che la visione co-mune che si ha del diacono è quelladel servitore.

    E la tua ordinazione?Sono stato ordinato diacono dalCardinale Carlo Maria Martini inSant’Ambrogio, il 7 ottobre 2001. Lìsi trovava, come vicario episcopaleper la città di Milano, mons. ErminioDe Scalzi il quale chiese che io fossiassegnato a Sant’Ambrogio. Non tinascondo che la prospettiva di la-sciare Sant’Eustorgio mi spaventava,era come recidere il cordone ombe-licale. Però non potevo non obbedi-re, e così feci.

    E come furono gli anni a San-t’Ambrogio?Arrivai come un pesce fuor d’acqua,tutto era diverso! Ma ricevetti un’ac-coglienza autentica, sincera, caricadi fiducia. E lì imparai moltissimo:prima, per me la chiesa iniziava aSant’Eustorgio e finiva a Sant’Eustor-gio, non avevo altre prospettive.Sant’Ambrogio invece mi diede pro-prio questo, uno sguardo ampio sul-la Chiesa. Fu un’esperienza bellissi-ma, anche per la grande fiducia dicui mi sentivo circondato.

    Di cosa ti occupavi a San-t’Ambrogio?Di moltissime cose. Intanto spesso miveniva affidata la predicazione, avolte anche quando era mons. DeScalzi stesso a presiedere (per esem-pio durante i giorni della 40 ore).

    Giuliano Beretta, diacono permanente, da quest’anno destinato ufficialmente allanostra parrocchia. In queste pagine Giulianoci racconta la sua vita diaconale, la suavocazione, il suo legame con Sant’Eustorgio

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    Poi mi occupavo della Caritas, che inSant’Ambrogio è un’organizzazionemolto complessa, e della catechesidegli adulti. La mia attività si esten-deva anche ai battesimi e ai matri-moni, soprattutto quando riguarda-vano persone che vivevano situazio-ni particolari. Devo dire che da quelservizio sono nate amicizie meravi-gliose, relazioni umane che duranoancora oggi. E poi altre esperienzedavvero significative, come l’ascoltoin Duomo del persone che desidera-vano un colloquio.

    A Sant’Ambrogio sei rimastodiversi anni. Poi hai vissutoun’esperienza diversa.Sì, dopo sette, otto anni mi sono tra-sferito ‘in prestito’ nella diocesi diPiacenza, vicino a un santuario. Lì ilclero era molto anziano e mi capita-va spesso di girare diverse parroc-chie, perlopiù per la predicazione.Scoprii quindi tante realtà parroc-chiali e scoprii come, pur nelle speci-ficità di ciascuna parrocchia, ci sonotanti tratti comuni, tanti ‘personaggi’e servitori riconoscibili in ogni realtà.

    E poi cosa accadde?Dopo circa tre anni nel piacentinotornai a Milano: a Sant’Ambrogionel frattempo era stato destinato unnuovo diacono e si era quindi apertala possibilità che io venissi assegnatoa Sant’Eustorgio. E fu esattamentequello che accadde: dal primo mar-zo del 2011, infatti, fui destinato aSant’Eustorgio. Ed eccomi qui.

    Dieci anni abbondanti lonta-no da Sant’Eustorgio. Cosahai trovato di nuovo?Innanzitutto molte facce nuove, moltivolti sconosciuti. Altre persone. Non

    che il carisma della co-munità sia cambiato,anzi. Devo dire che,più che Sant’Eustor-gio, sono cambiato io:la mia visione si è al-largata molto. Come tiaccennavo prima, hoimparato molto su co-sa sia la Chiesa, cheera un concetto la cuiimportanza e centrali-tà prima non apprez-zavo appieno.

    E oggi quali sono i tuoi incari-chi a Sant’Eustorgio?Partecipo, come membro del cleroparrocchiale, alla cellula esecutiva eal consiglio pastorale. Poi mi occupodella squadra di calcio e del coro,che seguo spiritualmente. Sono pre-sente ad alcune celebrazioni (la San-ta Messa feriale delle 17, quella fe-stiva delle 12:30, spesso le Messeprefestive delle 17) e seguo il corsoAlpha. Molto spesso vengo chiama-to a predicare ai ritiri d’area dellecellule.

    Da fedele della domenica alaico impegnato, fino all’or-dinazione diaconale. Dentrola tua vita di fede, di crescita,che significato ha assunto laparola ‘conversione’?Ci sono state tante conversioni nelmio cammino e me ne aspetto moltealtre. Tutta la mia vita è stata unaconversione, attraverso propriol’esperienza di Chiesa: conversioneall’obbedienza, per esempio, con-versione al serviziodella gente, conver-sione a esercitare ilmio ministero, con-versione all’accetta-zione di quello cheti va o non ti va deiparroci... Non pos-so dire che la miaconversione sia sta-ta un tal giorno auna tal ora: certo,c’è stato il momentoin cui è esplosoqualcosa, ma perme la conversione èuno stato, è qualco-sa che continua an-cora.

    Hai detto ‘conversione aesercitare il tuo ministero’.Cosa intendi?Vedi, l’esercizio di un ministero èuna cosa grande, è la risposta a unavocazione, è servizio. Ma a eserci-tarlo sei sempre tu, con le tue mise-rie, i tuoi limiti, i tuoi difetti. Peròquando sei nel ministero senti laGrazia agire: sei un altro, diventi unaltro. Nell’istante in cui ritorni te stes-so, invece, la tua umanità riprendesubito il sopravvento, con miserie,difetti, problematiche, dubbi...

    Da laico a ordinato. Comecambia la tua testimonianza?La testimonianza è legata al modo diessere, di comportarti. Noi tutti sia-mo una voce che testimonia Dio. Masiamo riconoscibili? Si vede che unoè cristiano? Un cristiano si distinguedagli altri? In questo senso la testi-monianza è un impegno che riguar-da tutti: laici e consacrati senza nes-suna distinzione.Però adesso voglio dire io una cosa,posso?

    CertoEcco, voglio dire che sono contentodi essere tornato a casa. Ripeto, èstata un’esperienza arricchentequella che ho vissuto in questi annima, ora, con tutto il cuore, voglio di-re che sono contento di essere torna-to qui, con don PiGi, la mia comuni-tà e i tanti fratelli che ho trovato conqualche capello bianco in più, masempre con un grande cuore... e co-me mi hanno riaccolto!

    A cura di Andrea Molinari

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  • Scrivendo queste poche righe mirendo conto che in qualche mo-do tocco tanti cuori: chi di noinon ha mai sentito parlare della Gior-nata Mondiale della Gioventù? Sonocerto che tanti di noi nel passato sonostati in qualche parte del mondo riuni-ti con altri giovani per meditare la pa-rola di Dio presentata dal successoredi Pietro.Il promotore di questa iniziativa pro-fetica è stato Giovanni Paolo II, cheaveva voluto organizzare un incontrocon i giovani, in piena estate, per di-re loro come e quanto sono importan-ti per ogni società di ogni continentee, soprattutto, quanto sono amati dal-l’unico Dio Trinitario.Dunque chi di noi non ricorda Syd-ney, Toronto, Parigi? Oppure quelloche per me è stato un incontro magni-fico a Czestochowa nel 1991: lì sonostato toccato da un’immensa gioia(avevo 17 anni e riprendevo un di-scorso misterioso e vocazionale) chemi ha portato alla vera e propria scel-ta vocazionale. Oggi sono uno divoi, camminando insieme verso lasantità... ma basta con i ricordi!

    A MADRID15 agosto 2011, io e dodici ragaz-zi, tutti adolescenti (Franci, perdona-mi se ti ho definito così, tu sei studen-tessa!): partiamo da Sant’Eustorgiocon la nostra diocesi ambrosiana persentire e vivere insieme la parola diDio con papa Benedetto XVI che que-sta volta ci invitava a meditare le pa-

    role di Colossesi 2,7: “Radicati e fon-dati in Cristo, saldi nella fede”.Commentando quella Parola, il SantoPadre ci diceva che in ogni epoca,anche ai nostri giorni, numerosi gio-vani (eravamo due milioni!) sentono ilprofondo desiderio che le relazionitra le persone siano vissute nella veri-tà e nella solidarietà. Poi continuavacosì: “Per mettere in luce l’importan-za della fede nella vita dei credenti,

    UN’ESPERIENZA DI COMUNIONEMi sembrava di essere finito in un arcobaleno di colori e nazioni. Tutto era diverso, persino nel-l’aria c’era un qualcosa di particolare. Ovunque masse di giovani belli e gioiosi che cantavano, sal-tavano e facevano quello che a loro viene meglio: divertirsi. Era stupenda quell’atmosfera di fra-tellanza, mi sembrava di conoscere tutti e bastavano due parole, scambiate con chiunque, a farmisentire fratello fino in fondo di persone che un momento prima non erano altro che estranei.Respiravo amore, felicità, disponibilità; era come aver ritrovato una parte di me in quella folla unpo’ matta di ragazzi così diversi ma in fondo accomunati dalla stessa coscienza e dallo stesso de-siderio di dimostrare che, anche in momenti così difficili per il mondo, loro esplodevano di vita eper questo enorme dono ringraziavano con lodi infinite il Signore. Per una settimana non ha im-portato dove dormissi, cosa mangiassi, il caldo o la fatica; per una settimana ho vissuto di emozio-ni forti e concrete.Una fiamma in me è esplosa, una volontà di far sapere al mondo intero che noi ci siamo, che cirialzeremo e coloreremo di colori sgargianti e indelebili tutto il grigio che ci circonda. All’aeropor-to Cuatro Vientos ho provato un sentimento davvero intenso: quando, durante la veglia notturna,la pioggia ha iniziato a cadere fortissima, nessuno ha smesso di pregare, tutti continuavano a lo-dare il Signore senza curarsi del tempo e del freddo che era arrivato dopo un’afosa giornata sot-to il sole cocente e faceva desiderare il caldo di qualche ora prima.Mi sono sentito trasportato, il mio cuore batteva in sincronia con quello di altri due milioni di per-sone, a formarne un unico, enorme battito collettivo. Eravamo parte integrante di un organismoin cui ognuno aveva il suo ruolo fondamentale e speciale. Credo che questo sia la Chiesa, una co-munione di vite e di affetti, seppur diversi, tutti mossi dallo stesso desiderio di Amore.

    Davide D’Antonio

    vorrei soffermarmi su ciascuno dei tretermini che san Paolo utilizza in que-sta sua espressione. ‘Radicati’ evocal’albero e le radici che lo alimentano;‘fondati’ si riferisce alla costruzionedi una casa; ‘saldi’ rimanda alla cre-scita della forza fisica e morale”.E di queste relazioni e di come i gio-vani oggi amano Cristo, Suo rappre-sentante sulla terra, ci racconta Davi-de D’Antonio, uno di noi, nella suabreve testimonianza.Così, con grande gioia ma radicati,fondati e saldi nella fede, il 22 ago-sto – non dico quanto eravamo stan-chi – siamo tornati a Milano amandodi più noi stessi, i nostri cari, gli altri (iragazzi non potevano mettere più no-mi e indirizzi nel quaderno del pelle-grino per la mancanza di spazio...),la nostra comunità e testimoniandoagli altri ragazzi che vorremmo par-tecipare a un’altra giornata così, maila stessa, a Rio de Janeiro nel 2013.Vieni anche tu?

    Il vostro don Zibi

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    La nostra GMG

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    Era il 13 novembre scorsoquando se n’è andato Anto-nio Marinoni. All’improvviso,inaspettatamente per tutti, ma perme più che mai.Ci eravamo lasciati da poche ore,dopo aver trascorso la serata insie-me alla Scala ed aver allegramentecenato in serenità e allegria comedue vecchi amici. Come sempre ac-cadeva quando il convivio ci per-metteva di coltivare la nostra amici-zia non antica, ma non per questomeno profonda.La notizia, appresa casualmente almattino, mi colpì come un pugnonello stomaco e mentre la voce cheme la riferiva srotolava il suo tonofunesto io vi opponevo quel rifiutoche sempre assale chi resta impietri-to e attonito di fronte alla perdita,repentina e umanamente inspiega-bile, di una persona particolarmen-te cara.Un uomo speciale Antonio Marino-ni, non solo perché riconosciuto im-prenditore di valore, ricco di talen-to, versatile e molto impegnato sumolteplici fronti, ma per me intima-mente essenziale come uomo e co-me amico. Lo stimavo moltissimo co-me esempio di uomo del fare, maanche per la sua grande generositàche si esprimeva fra l’altro nel soste-nermi con forza nel mio progetto dineoscultore.Dopo aver visto e apprezzato lemie opere, mi aveva spinto e soste-nuto, in occasione del Salone delMobile, perché organizzassi nelmio laboratorio una mostra perso-nale con le mie sculture.Il notevole successo dell’iniziativami aveva e lo aveva entusiasmato elo portava a ripetermi continuamen-te quanto fossi bravo, tanto da in-durmi alla fine a crederlo io stesso!Aveva tanto preso a cuore la mianuova scelta artistica da introdurmi,presentandomi come artista di in-dubbio talento, in una molteplicità

    di ambienti e manifestazioni cultu-rali.Mi volle con sé alla presentazionedi Expo 2015 dove era stato invita-to in veste di console onorario delGuatemala. Volendomi presentarealla signora Letizia Moratti, al tem-po sindaco di Milano, ricordo chemi disse, parlando in stretto milane-se: “Cume te se ciamet de cugnom?Te podi minga presentaa comeFranchino”.Eh sì, caro Antonio: oltre Caterina eme, a Sant’Eustorgio sono davveroin tanti a sentire la tua mancanza.

    Franco Guarneri

    Un amico in più in cielo

    IN RICORDO DI MIRANDA: ‘POI ELLA SI ALZÒ E LO SERVIVA’

    Mi piace ricordare Miranda abbinandola a questo brano del Vangelo secondo Matteo:“Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò lamano e la febbre la lasciò, poi ella si alzò e lo serviva” Mt 8,14-15.Una frase sintetica, come sintetica ed essenziale è stata la vita di Miranda. Pochi cerimoniali e tan-to amore: per i figli, tutti unici, per la comunità parrocchiale, servita e amata fino alla fine. Amo-re che traspariva dalla cura per i paramenti e gli arredi sacri, la disponibilità ai lavori più modestie meno gratificanti, per i malati e le persone sole che incoraggiava con il suo esempio.Quante volte, anche se stanca, il Signore, le ha toccato la mano, l’ha risollevata e, subito, dimen-ticandosi di se stessa si metteva a servire.Quante volte ha salito e sceso quei quattro piani di scale portandosi a casa il lavoro, rendendosipresente a ogni necessità.Quante volte il Signore le ha toccato la mano e lei si è alzata per affrontare un nuovo giorno, conle sue gioie e i suoi dolori.Credo che la gioia più grande per Miranda fosse l’essere Ministro Straordinario dell’Eucaristia. DonPiGi non poteva proporre persona più adatta, perché conosceva e viveva la realtà di quel misteroche si fa pane e nutrimento. Grazie, Miranda per il tuo essere stata mamma esemplare, parroc-chiana fedele, donna di grande fede. Ti vogliamo bene.

    Adriana Castelli

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    Lo scorso mese di settembre hoavuto l’opportunità di condividereper due settimane la vita dellamissione di Ol Moran, in Kenya, delleAncelle della Visitazione.La testimonianza che voglio portare avoi a seguito di questa esperienza èquesta: “Gesù è vivo e abita in mezzo anoi!”L’ho visto operare attraverso le maniamorevoli delle suore che aiutano lepersone in base alle loro reali necessità.L’ho visto negli occhi di Suor Noemi:un amore così spassionato per gli altrinon è umano e solo Dio può rendere lepersone così profonde e così capaci direalizzare progetti grandissimi come la“casa del bambino” costruita ad Ol-Moran…

    LA GIOIA NEL CUORESono sbarcata a Nairobiil 14 settembre 2011 edopo aver recuperato ibagagli, dalle porte chesi aprono e si chiudonoscorgo un gruppo disuore tutte bianche epenso: devono essereloro, le Ancelle della Vi-sitazione! Mi accolgonocon un calore che quasimi commuove… anzi,non quasi, mi commuo-

    vo proprio! Non ci metto tanto tempo acapire che è la gioia il centro fonda-mentale di tutta la loro giornata. Notoche tutti i lavori svolti all’interno dellacasa-convento di Nairobi, dove vivononovizie e suore, vengono compiuti conla gioia nel cuore! La gioia è l’elemento essenziale dellavita a Nairobi ed è accompagnato dal-l’amore!Ho vissuto un amore vero e incondizio-nato, soprattutto ho potuto fare espe-rienza di amore verso il prossimo. Hovisto l’amore che Suor Clarissa, SuorMery e Suor Lita mettono nelle attivitàche svolgono a Kibera, la baraccopoli diNairobi: la popolazione attuale (mai for-malmente censita) viene valutata fra700.000 e 1.000.000 di persone.

    Le suore aiutano gli abitanti entrando instretto contatto con le problematiche diognuno: conoscono la lingua, lo swahi-li, e conoscendo anche la cultura locale,riescono a dare un valido aiuto a chi sirivolge a loro.

    LE CLINICHE MOBILI E L’HARAMBÉUn’altra grande opera svolta dalle An-celle della Visitazione a Kibera, ma an-che nei villaggi di Ol-Moran è organiz-zare per le popolazioni degli incontricon i medici volontari dell’associazione“Rafiki-Pediatri per l'Africa” con sedenel Veneto.Suor Alice, Suor Henriette e Suor Lore-na organizzano le cosiddette “clinichemobili” nei vari villaggi così da raggiun-gere il maggior numero di persone. Te-nuto conto che non hanno mezzi di tra-sporto e che i villaggi sono molto lonta-ni tra di loro, il lavoro che svolgono èveramente prezioso!I medici volontari dell’associazione so-no per la maggior parte pediatri e gra-zie ai loro controlli si è scoperto unagrave malformazione al cuore di unabambina di un anno: Jane.Per fortuna la malformazione è statascoperta in tempo così potrà essereoperata. Per raccogliere parte dei soldiper l’operazione si organizza nella par-rocchia il cosiddetto Harambè: tutti

    OL MORAN: viaggionella gioia

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    concorrono ad aiutare la bambina, cosìche la piccola sia considerata un donodi Dio per tutti!Durante l’Harambè ci si sorprende nelvedere che chi non ha niente porta unbicchiere di latte, che poi viene messoall’asta e comprato da chi ha il denaro,poi c’è chi porta dei jeans, che vengonomessi all’asta e c’è chi li ha comprati e asua volta li ha donati… facendo così delbene due volte!La cosa che mi resterà maggiormentenel cuore in questa esperienza è la ca-pacità di amare e di donare! È noto chesono persone povere e non hannoniente: vi voglio raccontare questaesperienza: un ragazzino di scuola, do-po aver giocato con loro prima del-l’apertura della clinica mobile, mi ha re-galato il suo fazzoletto. Beh, io ho pian-to: in tasca non aveva nient’altro chequel fazzoletto, e me lo ha donato!Mi sono chiesta: “Quante volte avreipotuto dare e invece non ho dato? Perpigrizia, per vergogna per mille moti-vi…” Invece le suore danno con gioia!

    I PROGETTI DELLE ANCELLEAttraverso la realizzazione di alcuniprogetti le suore aiutano la “loro gen-te”, come li definisce Suor Noemi.Per esempio attraverso il “progetto ca-pre” aiutano i bambini che hanno diffi-coltà finanziarie consegnando ai genito-ri un maschio e una femmina di capra. Ilcaprettino primogenito potrà esserevenduto solo quando il bambino neavrà bisogno, per esempio per compra-re la divisa e i libri per andare a scuola.Un altro progetto promosso dalle suoreè il “food for work”. Le suore hannocomprato dei terreni per essere coltiva-ti. Le persone che hanno bisogno di de-naro possono rivolgersi alle suore perlavorare nel campo.Quest’anno ad Ol-Moran è piovuto tan-to e il raccolto è stato abbondante manegli anni scorsi, quando c’era siccità,Suor Noemi mi ha raccontato il suo di-spiacere nel vedere le persone che la-voravano la polvere, ma d’altrondel’obiettivo è dare da lavorare alla pove-ra gente, non avere il raccolto! L’altro importante progetto a Ol-Moranè la “casa del bambino” che è statainaugurata proprio nel mese di settem-bre.La casa accoglie tutti quei casi di bam-bini che hanno bisogno di cure. Per lamaggior parte sono bambini malnutriti.Spesso il problema della malnutrizione

    è dovuto a una mamma sbadata o conproblemi.Suor Noemi crede fermamente che unbambino non debba essere tolto dallasua famiglia così chiede alla madre unsolo piccolo sacrificio: accompagnare ilbambino alla casa dove viene lavato,curato, cambiato e nutrito.A Nairobi non si trovano omogeneizza-ti di carne e vorrei portare i ringrazia-menti delle missionarie a tutta la par-rocchia di Sant’Eustorgio e al gruppomissionario che provvede a inviare ibeni di prima necessità alle missioni.Alla fine di queste di settimane, ringra-zio Dio che mi ha permesso, nonostan-te tutte le difficoltà che ho incontratoprima di partire, di vivere questa espe-rienza.Sia lodato Gesù Cristo.

    Marika Malpeli

    Alcuni link utiliPer saperne di piùsulle Ancelle della Visitazione:www.ancelledellavisitazione.com

    e sull’associazionedei medici volontari Rafiki:www.rafikiforafrica.org

    Per la missione di Ol Moran:www.olmoran.itolmorancp.altervista.org

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  • Con don PiGi

    in Terra Santadal 26 agosto al 2 settembre 2012

    Un’occasione meravigliosa per fare insieme una forte esperienza di conversione personale

    e di vita comunitaria nei luoghi dove è vissuto Gesù

    La quota di partecipazione e l’itinerario dettagliato saranno esposti in Basilica. È necessario passaporto individuale con validità di almeno sei mesi.

    Organizzazione:

    Flacrys Viaggi – ViaTorricelli, 8 – Milano

    Tel. 02.89401644 – [email protected] – www.flacrysviaggi.it

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