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Emanuela Barbi Vario ART

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Emanuela Vario ART Che rapporto hai con altre forme d’arte? Amo tutte le forme e le espressioni dell’arte e ho una certa attrazione e sensibilità verso la scultura. Questo interesse ha fatto si che la mia arte visiva non si fermasse mai ad una rappresentazione bidimensionale, ma tenesse sempre conto di un tutto intorno. Tentativo impossibile ,2006 Stazione Centrale Pescara Il tempo è arte, frame dal video , 2010 post produzione Strike FP

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Il tempo è arte, frame dal video , 2010 post produzione Strike FP

GIRO TONDO, 2009 stampa fotografica su cartone tondo collezione privata

Tenero Grano Duro, frame dal video , 2001 postproduzione Strike FP , 2010 ph: Claudia Ferri

Misticanza e acciaio, 2007, dimensioni variabili

Dove danzano le zanzare, 2007 Biennale dell’adriatico, San Benedetto del Tronto (AP)Tentativo di radicamento emanuela barbi 2004 Collezione privata

Tentativo impossibile ,2006 Stazione Centrale Pescara

Emanuela Barbi Emanuela Barbi

Emanuela Barbi È nata nel 1966 a Pescara dove vive e lavora. Was born in 1966 in Pescara where she lives and works.

Pescara è una città che vive essenzialmente nella modernità e nella contemporaneità, con tutte le contraddizioni che ciò comporta, ma non ha mai subito le trasformazioni vertiginose del contemporaneo senza manifestare in qualche modo, una capacità di riflessione sui suoi stessi cambiamenti. Essi possono essere seguiti anche o forse soprattutto, attraverso la grande e interessante attività artistica e creativa che la città adriatica ha espresso negli ultimi trent’anni. Emanuela Barbi è culturalmente figlia, ma allo stesso tempo, costruttrice e protagonista di questa straordinaria vitalità: attraverso gli studi d’arte e una formazione culturale e umana nella scuola pescarese, ha incontrato linguaggi della fotografia d’arte contemporanea italiana e internazionale meditandoli con attenzione, realizzando progressiva-mente un proprio linguaggio visivo antiretorico, essenziale, che si accompagna ad una concezione viva dell’esperienza dell’arte. Molti dei suoi lavori nascono da azioni, performance, da un contatto fisico e diretto con la Natura, il luogo o l’ambiente, attraverso una partecipa-zione totale e profonda della Persona, all’esperienza dell’arte e dalla vita. Ne viene che attraverso i suoi occhi, ovvero, la sua fotografia e la sua ricerca video, riusciamo anche a cogliere un passaggio profondo della nostra storia recente: quello di una generazione che, dopo essersi scontrata, confusa e compenetrata con i riflussi culturali e con il realismo pragmatico della società italiana di fine millennio, si sta rivelando capace, di riscoprire dei temi etici e culturali profondi, sui quali rifondare i valori di senso dell’Arte e della stessa relazione sociale attraverso una rimeditazione del rapporto antropologico con la Natura.

Emanuela, un tuo lavoro nasce da una intuizione o da un ragionamento?Il lavoro nasce sempre dal richiamo, dall’apparizione, dal segno: inizialmente è senz’altro un intuizione. Il ragionamento si esplica in un secondo momento, quando tutti i frammenti di piccole cose realizzate li devi far vivere insieme ed esplicare un discorso, una mostra, una esibizione. Tutto mi appare allora come un mosaico, e devi guardare bene ciò che hai composto, mettere i tasselli nel posto giusto per realizzare l’unicum. Devo dire che mi aiutano molto il mio bagaglio di studi delle discipline orientali soprattutto, e gli interessi intorno al mistero della fede. Essi mi hanno consentito di approfondire la mia ricerca artistica che si è congiunta tutt’uno con la ricerca spirituale, questo mi permette di agire nel ragionamento, mentre nelle incertezze mi affido ad uno spirito guida.

Ho sempre notato nei tuoi lavori un rapporto profondo con la Natura, puoi spiegarci cos’è per te?Si: è un rapporto profondo, quanto le radici di un albero e ancor di più. La adoro. La conseguenza di questo sentire è un certo misticismo, una sorta di religiosità che a volte di per sé, diventa regola d’arte. Prima che un rapporto la Natura è un richiamo primordiale, ancestrale a cui non posso far meno di abbandonarmi, per vivere in uno stato extrasensoriale di voci, suoni, sensi, vibrazioni, segni, apparizioni. A volte, forse, al confine con quella che gli altri chiamano la follia. Per me, quella è invece la normalità dell’ipersensibile umano, che credo sia un angelo caduto, costretto a vivere una esperienza sulla terra. Cerco di rappresentare visivamente tutto questo, nell’intento di condividerlo, per non restare sola, anche se non sempre ci riesco. Tutto questo credo sia anche una sorta di esorcismo al dolore provocato dalla soli-tudine, intesa nel suo senso umano. Non so perché, vivo sulla terra, ma sono certa che in un’altra vita, aleggiavo nello spazio sovrastante.

Ti sembra corretto dire che nella maggior parte dei tuoi lavori in video e in foto, c’è sempre un coinvolgimento totale della tua persona, corpo e mente ?Il coinvolgimento è sempre totale, sia nel corpo e che nello spirito. Sono pervasa o invasa da qualcosa che vive in una sfera che io chiamo spazio sacro. E’ difficile farvi entrare qualcun altro, spesso, quando ci provo, mi faccio del male.

Cos’è che ti incuriosisce di più delle cose o della vita?Sono incuriosita ed attratta dall’occulto, dal mistero, dall’invisibile energia, dal filo conduttore che lega le persone, gli incontri, gli accadi-menti: credo in tutto, tranne che al caso. Questo mi porta a cercare le essenze, i semi, i noccioli, la profondità di ogni cosa.

Che rapporto hai con altre forme d’arte?Amo tutte le forme e le espressioni dell’arte e ho una certa attrazione e sensibilità verso la scultura. Questo interesse ha fatto si che la mia arte visiva non si fermasse mai ad una rappresentazione bidimensionale, ma tenesse sempre conto di un tutto intorno.

In che modo secondo te, l’arte può tornare ad avere una funzione nella società?Che tu lo voglia o meno, l’arte non ha mai smesso di avere una funzione nella società, semplicemente nel tempo. vive una diversa vita e svolge una funzione differente. Nel mio lavoro amo rappresentare un quotidiano possibile, vissuto applicando le regole di una certa filosofia di vita. Provare a vivere “a regola d’arte”, ti dà la possibilità di trasformare qualsiasi semplice gesto in arte; si nutre un pensiero positivo, che arricchisce l’animo umano, allevia il dolore, stimola l’osservazione e la creatività e trasforma il banale in oro. Le piccole cose possono essere grandi cose, soffermarsi sul microcosmo aiuta a imparare a capire il macrocosmo e a guardare lontano. Così vicino…così lontano !

Antongiulio Zimarino

Pescara is a modern, contemporary city, with all the contradictions this involves, but it has never suffered the dizzy transformations of contemporariness without revealing in some way a capacity for reflection on its own changes. These can be seen above all in the amazing artistic and creative activity which the Adriatic town has expressed over the last thirty years. Emanuela Barbi is daughter, constructor and protagonist of this extraordinary vitality: with her art studies and cultural formation in Pesca-ra’s educational institutions, she has had the chance to encounter contemporary Italian art photography and study it closely, gradually de-veloping her own style. Many of her works take origin from actions, performances and physical contact with Nature, places and settings, through a total participation in art, and also from life in general, so much so that through her eyes - her photography and video research that is - we may glimpse a view of our recent history, that of a generation which, after clashing with the cultural reflux of the final years of the millennium, is now turning out to be capable of rediscovering deep ethical and cultural themes on which to lay the foundations for the values inherent in Art and in social relations, all through a new look at man’s relationship with Nature.

Emanuela, does your work come from the head or the heart?Art always stems from a call, an apparition or a sign of some kind. Initially, it comes from the heart. The head steps in later when all the fragments of little things you’ve created get together and start making sense, growing into a whole, then a collection, then an entire exhibition. Everything looks like a mosaic to me then; you have to look carefully at what you’ve put together, fill in the gaps to create a whole. I must say that my oriental studies have helped me greatly and also my interest in the mystery of the faith. They have enabled me to look more deeply into my art which has mingled with my spiritual research; this helps me to apply reasoning to my art while a guiding spirit helps me in my uncertainty.

I’ve always noticed a profound relationship with Nature in your works. Can you explain to us what it means for you?Yes, it is a profound relationship, as deep as the roots of a tree and maybe even deeper. I adore Nature. For me it’s something mystical, something religious, which is a rule of art in itself. Even before the relationship with Nature, there is a primordial, ancestral appeal, which I have to follow - I live in an extra-sensorial state with voices, sounds, sensations, vibrations, signs and apparitions. Sometimes this confines with what others call madness. For me, it’s the normality of human hypersensitivity, which I think is a fallen angel, forced to live an experience on the earth. I try to portray all of this, to share it, so as not to be alone, although I don’t always manage it. I think it’s also a sort of exorcism for the sorrow caused by loneliness, in a wider, human sense. I don’t know why - I live on the earth, yet I’m sure that in another life I hovered above it.

Would it be correct to say that in most of your video and photographic works, there is always total involvement of your body and mind?My involvement is always total, both in body and mind. I’m pervaded and invaded by something that lives in a sphere I call my holy space. It’s hard to let anyone else in, and when I do, I cause myself pain.

What fascinates you most about things and life in general?I’m fascinated and attracted by the occult, by mystery and invisible energy, by the thread that links everyone together, encounters, events: I believe in everything except chance. This leads me to search for the essence, the core of everything.

What’s your relationship with other art forms?I love all forms and expressions of art and I’m very sensitive to sculpture. This has caused my art to go beyond the two dimensions taking everything into account

In what way do you think can art go back to having a function in society?Whether you like it or not, art has never stopped having a function in society. Quite simply, in different times, it has lived a different life and played a different role. In my work I like to represent a possible “everyday-ness”, which I live applying my rules and philosophy of life. Trying to live “by the rule-book” - that of art I mean - enables you to transform every little thing into art; it gives you a positive outlook, enriches the soul, soothes pain, stimulates the powers of observation and creativity and transforms the banal into the sublime. Little things can be great things, by studying them we can learn to understand the whole and see beyond. So near……so far!

Antongiulio Zimarino(traduzione Barbara Elizabeth Lewis) Vita Morte e Miracoli, 2009 stampa fotografica su cartone tondo proprietà dell’artista

Macchia d’Olio, 2009 frame dal video, courtesy Gregorio Sgarra, Museo Nuova Era Bari

Eman

uela

Barb

i

Vario ART

Restauri

Infrastrutture culturali

Manifestazioni musicali

Premio internazionale Nord-Sud

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Emanuela BarbiPescara è una città che vive essenzialmente nella modernità e nella contemporaneità, con tutte le contraddizioni che ciò comporta, ma non ha mai subito le trasformazioni vertiginose del contemporaneo senza manifestare in qualche modo, una capacità di riflessione sui suoi stessi cambiamenti. Essi possono essere seguiti anche o forse soprattutto, attraverso la grande e interessante attività artistica e creativa che la città adriatica ha espresso negli ultimi trent’anni. Emanuela Barbi è culturalmente figlia, ma allo stesso tempo, costruttrice e protagonista di questa straordinaria vitalità: attraverso gli studi d’arte e una formazione culturale e umana nella scuola pescarese, ha incontrato linguaggi della fotografia d’arte contemporanea italiana e internazionale meditandoli con attenzione, realizzando progressiva-mente un proprio linguaggio visivo antiretorico, essenziale, che si accompagna ad una concezione viva dell’esperienza dell’arte. Molti dei suoi lavori nascono da azioni, performance, da un contatto fisico e diretto con la Natura, il luogo o l’ambiente, attraverso una partecipa-zione totale e profonda della Persona, all’esperienza dell’arte e dalla vita. Ne viene che attraverso i suoi occhi, ovvero, la sua fotografia e la sua ricerca video, riusciamo anche a cogliere un passaggio profondo della nostra storia recente: quello di una generazione che, dopo essersi scontrata, confusa e compenetrata con i riflussi culturali e con il realismo pragmatico della società italiana di fine millennio, si sta rivelando capace, di riscoprire dei temi etici e culturali profondi, sui quali rifondare i valori di senso dell’Arte e della stessa relazione sociale attraverso una rimeditazione del rapporto antropologico con la Natura.

Emanuela, un tuo lavoro nasce da una intuizione o da un ragionamento?Il lavoro nasce sempre dal richiamo, dall’apparizione, dal segno: inizialmente è senz’altro un intuizione. Il ragionamento si esplica in un secondo momento, quando tutti i frammenti di piccole cose realizzate li devi far vivere insieme ed esplicare un discorso, una mostra, una esibizione. Tutto mi appare allora come un mosaico, e devi guardare bene ciò che hai composto, mettere i tasselli nel posto giusto per realizzare l’unicum. Devo dire che mi aiutano molto il mio bagaglio di studi delle discipline orientali soprattutto, e gli interessi intorno al mistero della fede. Essi mi hanno consentito di approfondire la mia ricerca artistica che si è congiunta tutt’uno con la ricerca spirituale, questo mi permette di agire nel ragionamento, mentre nelle incertezze mi affido ad uno spirito guida.

Ho sempre notato nei tuoi lavori un rapporto profondo con la Natura, puoi spiegarci cos’è per te?Si: è un rapporto profondo, quanto le radici di un albero e ancor di più. La adoro. La conseguenza di questo sentire è un certo misticismo, una sorta di religiosità che a volte di per sé, diventa regola d’arte. Prima che un rapporto la Natura è un richiamo primordiale, ancestrale a cui non posso far meno di abbandonarmi, per vivere in uno stato extrasensoriale di voci, suoni, sensi, vibrazioni, segni, apparizioni. A volte, forse, al confine con quella che gli altri chiamano la follia. Per me, quella è invece la normalità dell’ipersensibile umano, che credo sia un angelo caduto, costretto a vivere una esperienza sulla terra. Cerco di rappresentare visivamente tutto questo, nell’intento di condividerlo, per non restare sola, anche se non sempre ci riesco. Tutto questo credo sia anche una sorta di esorcismo al dolore provocato dalla soli-tudine, intesa nel suo senso umano. Non so perché, vivo sulla terra, ma sono certa che in un’altra vita, aleggiavo nello spazio sovrastante.

Ti sembra corretto dire che nella maggior parte dei tuoi lavori in video e in foto, c’è sempre un coinvolgimento totale della tua persona, corpo e mente ?Il coinvolgimento è sempre totale, sia nel corpo e che nello spirito. Sono pervasa o invasa da qualcosa che vive in una sfera che io chiamo spazio sacro. E’ difficile farvi entrare qualcun altro, spesso, quando ci provo, mi faccio del male.

Cos’è che ti incuriosisce di più delle cose o della vita?Sono incuriosita ed attratta dall’occulto, dal mistero, dall’invisibile energia, dal filo conduttore che lega le persone, gli incontri, gli accadi-menti: credo in tutto, tranne che al caso. Questo mi porta a cercare le essenze, i semi, i noccioli, la profondità di ogni cosa.

Che rapporto hai con altre forme d’arte?Amo tutte le forme e le espressioni dell’arte e ho una certa attrazione e sensibilità verso la scultura. Questo interesse ha fatto si che la mia arte visiva non si fermasse mai ad una rappresentazione bidimensionale, ma tenesse sempre conto di un tutto intorno.

In che modo secondo te, l’arte può tornare ad avere una funzione nella società?Che tu lo voglia o meno, l’arte non ha mai smesso di avere una funzione nella società, semplicemente nel tempo. vive una diversa vita e svolge una funzione differente. Nel mio lavoro amo rappresentare un quotidiano possibile, vissuto applicando le regole di una certa filosofia di vita. Provare a vivere “a regola d’arte”, ti dà la possibilità di trasformare qualsiasi semplice gesto in arte; si nutre un pensiero positivo, che arricchisce l’animo umano, allevia il dolore, stimola l’osservazione e la creatività e trasforma il banale in oro. Le piccole cose possono essere grandi cose, soffermarsi sul microcosmo aiuta a imparare a capire il macrocosmo e a guardare lontano. Così vicino…così lontano !

Antongiulio Zimarino

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Il tempo è arte, frame dal video , 2010 post produzione Strike FP

Tentativo impossibile ,2006 Stazione Centrale Pescara

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Emanuela BarbiPescara is a modern, contemporary city, with all the contradictions this involves, but it has never suffered the dizzy transformations of contemporariness without revealing in some way a capacity for reflection on its own changes. These can be seen above all in the amazing artistic and creative activity which the Adriatic town has expressed over the last thirty years. Emanuela Barbi is daughter, constructor and protagonist of this extraordinary vitality: with her art studies and cultural formation in Pesca-ra’s educational institutions, she has had the chance to encounter contemporary Italian art photography and study it closely, gradually de-veloping her own style. Many of her works take origin from actions, performances and physical contact with Nature, places and settings, through a total participation in art, and also from life in general, so much so that through her eyes - her photography and video research that is - we may glimpse a view of our recent history, that of a generation which, after clashing with the cultural reflux of the final years of the millennium, is now turning out to be capable of rediscovering deep ethical and cultural themes on which to lay the foundations for the values inherent in Art and in social relations, all through a new look at man’s relationship with Nature.

Emanuela, does your work come from the head or the heart?Art always stems from a call, an apparition or a sign of some kind. Initially, it comes from the heart. The head steps in later when all the fragments of little things you’ve created get together and start making sense, growing into a whole, then a collection, then an entire exhibition. Everything looks like a mosaic to me then; you have to look carefully at what you’ve put together, fill in the gaps to create a whole. I must say that my oriental studies have helped me greatly and also my interest in the mystery of the faith. They have enabled me to look more deeply into my art which has mingled with my spiritual research; this helps me to apply reasoning to my art while a guiding spirit helps me in my uncertainty.

I’ve always noticed a profound relationship with Nature in your works. Can you explain to us what it means for you?Yes, it is a profound relationship, as deep as the roots of a tree and maybe even deeper. I adore Nature. For me it’s something mystical, something religious, which is a rule of art in itself. Even before the relationship with Nature, there is a primordial, ancestral appeal, which I have to follow - I live in an extra-sensorial state with voices, sounds, sensations, vibrations, signs and apparitions. Sometimes this confines with what others call madness. For me, it’s the normality of human hypersensitivity, which I think is a fallen angel, forced to live an experience on the earth. I try to portray all of this, to share it, so as not to be alone, although I don’t always manage it. I think it’s also a sort of exorcism for the sorrow caused by loneliness, in a wider, human sense. I don’t know why - I live on the earth, yet I’m sure that in another life I hovered above it.

Would it be correct to say that in most of your video and photographic works, there is always total involvement of your body and mind?My involvement is always total, both in body and mind. I’m pervaded and invaded by something that lives in a sphere I call my holy space. It’s hard to let anyone else in, and when I do, I cause myself pain.

What fascinates you most about things and life in general?I’m fascinated and attracted by the occult, by mystery and invisible energy, by the thread that links everyone together, encounters, events: I believe in everything except chance. This leads me to search for the essence, the core of everything.

What’s your relationship with other art forms?I love all forms and expressions of art and I’m very sensitive to sculpture. This has caused my art to go beyond the two dimensions taking everything into account

In what way do you think can art go back to having a function in society?Whether you like it or not, art has never stopped having a function in society. Quite simply, in different times, it has lived a different life and played a different role. In my work I like to represent a possible “everyday-ness”, which I live applying my rules and philosophy of life. Trying to live “by the rule-book” - that of art I mean - enables you to transform every little thing into art; it gives you a positive outlook, enriches the soul, soothes pain, stimulates the powers of observation and creativity and transforms the banal into the sublime. Little things can be great things, by studying them we can learn to understand the whole and see beyond. So near……so far!

Antongiulio Zimarino(traduzione Barbara Elizabeth Lewis)

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Vita Morte e Miracoli, 2009 stampa fotografica su cartone tondo proprietà dell’artista

Macchia d’Olio, 2009 frame dal video, courtesy Gregorio Sgarra, Museo Nuova Era Bari

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GIRO TONDO, 2009 stampa fotografica su cartone tondo collezione privata

Tenero Grano Duro, frame dal video , 2001 postproduzione Strike FP

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Misticanza e acciaio, 2007, dimensioni variabili

Dove danzano le zanzare, 2007 Biennale dell’adriatico, San Benedetto del Tronto (AP)Tentativo di radicamento emanuela barbi 2004 Collezione privata

Emanuela Barbi È nata nel 1966 a Pescara dove vive e lavora. Was born in 1966 in Pescara where she lives and works.

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Vario ARTEmanuela Barbi Verace Cangiante 2007 stampa lambda, cassetta di faggio cm50x70cm

VARIO ART 48X67 Emanuela Barbi(2).indd 2 24/01/11 11:21

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Vario ARTEmanuela Barbi Verace Cangiante 2007 stampa lambda, cassetta di faggio cm50x70cm

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Disegno, 2010

Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore Heart’s reasons

Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esem-pio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.).Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cam-biare una situazione data (anche in funzione direttamente politica).Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile.Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto par-lare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la rea-lizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore.Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.)Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una instal-lazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mo-stra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia.Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proie-zione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi.Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-

correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’al-legoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, partico-larmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza.Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione.Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rap-presentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fi-sionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.)A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.”

Maurizio Coccia

Bagno per nuovi neogiacobini, 1985

Oasis for birds, 2005

When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia.We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dicho-tomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of chan-ging a given situation (also in a directly political function).But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable.Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic prin-ciples, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author.There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.)Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, becau-se it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry.According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The en-vironmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors.. Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a

rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par ex-cellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion.However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “rea-listic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.)On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.”

Maurizio Coccia

Titolo titolo, 1993Amore mio, 2004

Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)

Vive e lavora a Cappelle sul Tavo

Lives and works in Cappelle sul Tavo

Cuscino per il mio amore, 2006

Dono, 1993

Pozzo dell’anima, 2008

Dono, 1995

Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007

Memoria dell’aria (particolare), 1995

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