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    Diritto Processuale Civile dispensa testo Balena 2009

    Capitolo 1 Diritto Processuale Civile e Funzione Giurisdizionale

    P. 1 Dir. Processuale civile e giurisdizione

    Il diritto processuale civile la branca del diritto che disciplina linsieme dei procedimenti attraverso i quali si esercita la giurisdizione, una delle funzioni essenziali dello Stato insieme a quella legislativa e amministrativa. Il diritto Processuale civile serve a disciplinare, in sostanza, lintervento del giudice (ove sia necessario) per rendere concreto ed effettivo lassetto di interessi delineato dal legislatore sostanziale. Il diritto processuale civile, ovviamente, governa lesercizio della giurisdizione in materia civile. Se facile distinguere funzione giurisdizionale e funzione legislativa, meno facile distinguere funzione giurisdizionale e funzione amministrativa, dato che anche questultima costituisce attivit di applicazione della legge. Sul piano oggettivo, infatti, lo stesso CPC riconduce alla giurisdizione due fenomeni: la giurisdizione contenziosa e quella c.d. volontaria. Questultima, dal punto di vista funzionale, assai prossima proprio allattivit tipica dello Stato-Amministrazione. Vi sono altri organi, invece, che, pur essendo estranei allapparato giurisdizionale, si vedono attribuire funzioni tipiche, tradizionalmente, della giurisdizione (es. composizione di conflitti e controversie tra privati od irrogazione di sanzioni): questo il caso delle cc.dd. Autorit Amministrative indipendenti (o Authorities), come ad es. Lautorit garante della concorrenza e del mercato. Il fatto che lattivit giurisdizionale mal si presta ad una ricostruzione unitaria e, per certi versi, assai prossima a quella amministrativa.

    Sembra preferibile, quindi, privilegiare laspetto soggettivo, considerando tale lattivit che il legislatore ha mostrato di reputare giurisdizionale, ossia quella che promana dal giudice (inteso come ufficio giudiziario, non come persona fisica). Il criterio soggettivo trova fondamento nellart. 102 Cost. secondo cui la funzione giurisdizionale esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sullordinamento giudiziario. Si deve escludere, dunque, che possa reputarsi di per s giurisdizionale unattivit che promani da un organo non appartenente alla magistratura. Ci non significa, tuttavia, che ogni atto o provvedimento ascrivibile ad un ufficio giudiziario abbia sempre e comunque natura giurisdizionale, visto che alcuni possono svolgere anche funzioni amministrative (es. il Presidente del Tribunale che, oltre a compiti giurisdizionali, esercita anche attivit di amministrazione pura, soprattutto in materia di direzione ed organizzazione dellufficio). Queste attivit, infatti, si esplicano attraverso provvedimenti del tutto riferibili allo Stato-Amministrazione (es. quelli concernenti lassegnazione dei magistrati allinterno dellufficio) e soggetti ai rimedi tipici degli atti amministrativi. Per questo motivo il criterio soggettivo non pu integrarsi con quello oggettivo. Sebbene la giurisdizione c.d. volontaria faccia da territorio di confine, la linea di demarcazione data dallinteresse tutelato, che nelle ipotesi da ultimo considerate meramente interno allamministrazione della giustizia.

    P. 2 La giurisdizione contenziosa

    Generalizzando, si pu dire che lobiettivo essenziale della funzione giurisdizionale quello di assicurare lattuazione del dir. sostanziale. Questultimo, in astratto, attribuisce posizioni di vantaggio (o cc.dd. posizioni attive: diritti, poteri, facolt) o di svantaggio (passive: doveri, obblighi, soggezioni, oneri) in presenza di determinati presupposti di fatto. Se queste dinamiche generalmente funzionano con laccordo del debitore, non sempre cosi. A volte, infatti, pu verificarsi quella che, in dottrina, stata definita crisi di cooperazione (es. il debitore non paga

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    alla scadenza). Questultima pu essere risolta stesso dalla parti, senza ricorso alla giurisdizione che, pertanto, non si interessa dellaccaduto.

    La giurisdizione, invece, interviene quando, sorto un conflitto, il titolare del diritto ne lamenti la lesione e chieda allordinamento di assicurargli la soddisfazione del proprio interesse, cio il conseguimento della concreta posizione di vantaggio od utilit che il diritto sostanziale gli riconosce, facendo a meno della cooperazione del soggetto obbligato. Diventa necessario, dunque, il ricorso al processo, nel quale il giudice (organo pubblico del quale lordinamento riconosce autonomia, indipendenza ed imparzialit) chiamato, in primis, ad accertare lesistenza del diritto vantato e poi, eventualmente, ad assicurare che lo stesso possa essere attuato anche contro linteresse del soggetto che laveva leso. Questa giurisdizione detta contenziosa perch presuppone lesistenza di un conflitto intersoggettivo ed ha come obiettivo la risoluzione e la composizione in via autoritativa del conflitto stesso. Questa sembra la definizione migliore. Si pu tranquillamente ammettere, ad es., che il processo, nel quale si esercita lattivit giurisdizionale, serve normalmente a tutelare i diritti sostanziali (art. 2907 c.c.) e ad assicurarne lattuazione in via sostitutiva; se prendessimo alla lettera questa definizione, tuttavia, ne dovremmo dedurre che esso non consegue il proprio risultato ogniqualvolta il giudice, alla fine, accerti linesistenza del diritto vantato e reputi, quindi, infondata la pretesa rigettando la domanda. In passato si riteneva che il processo civile mirerebbe ad accertare la concreta volont della legge e ad attuarla, cio tradurla in atto. Cosi, per, si confonde lo scopo con il mezzo e si pone che il processo fallisca il proprio obiettivo allorch si esaurisce senza arrivare alla decisione perch le parti, magari, giunte ad un accordo, lo abbandonavano. Anche in questo caso, invece, lattivit consegue il risultato di condurre ad una (auto)risoluzione della lite e, pertanto, deve considerarsi utilmente esercitata, visto che lordinamento non ha interesse ad imporre alle parti una decisione di cui esse non avvertano pi il bisogno.

    P. 3 Segue: il diritto dazione (art. 24 Cost.) ed i suoi possibili condizionamenti

    La funzione della giurisdizione contenziosa , dunque, secondaria e strumentale rispetto al diritto sostanziale e, nonostante ci, egualmente essenziale ed irrinunciabile. La ragion dessere della giurisdizione si individua, dunque, nel divieto di autotutela (artt. 392 e 393 c.p.c.), affermatosi gi in epoche remote in tutti gli ordinamenti per sanzionare lesercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza su cose o persone. E certo che, se lordinamento non si desse disposizione di questi strumenti per conseguire le utilit ed i beni astrattamente garantiti dal diritto sostanziale, verrebbe meno della sua stessa giuridicit. Questa essenzialit della giurisdizione contenziosa ha trovato esplicito riferimento nellart. 24 1 comma Cost., secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, nonch per ci che concerne i rapporti tra il cittadino e la PA nellart. 113 Cost..

    In tal modo, la nostra costituzione ha inteso consacrare lesistenza di un autonomo diritto, il c.d. diritto dazione, che ha natura ancellare rispetto ai diritti attribuiti dal diritto sostanziale ma che, a differenza di questultimi, non potrebbe essere escluso dal legislatore ordinario. Il che significa che al riconoscimento di un certo diritto ad opera di una norma sostanziale, si accompagna automaticamente il riconoscimento del diritto di adire lautorit giudiziaria per ottenerne tutela (c.d. atipicit del diritto dazione). In passato, invece, non era sempre cosi (es. le varie immunit dalla giurisdizione diffuse nel Medioevo). Resta possibile, per, che il diritto di ricorrere al giudice venga subordinato a condizioni o modalit o limitazioni pi o meno incisive (c.d. giurisdizione condizionata). Ci compatibile con il dettato costituzionale? La risposta non n facile n univoca, visto che spesso discende da un bilanciamento degli interessi coinvolti, ossia da una

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    valutazione concernente la ragionevolezza della limitazione, anche in rapporto ad altri principi costituzionale, specie lart. 3 2comma. Esempi: 1) la prima pronuncia di incostituzionalit di una norma processuale riguarda lart. 98 c.p.c. (che consentiva al giudice di imporre allattore, pena lestinzione del processo, la prestazione di una cauzione destinata a garantire, in caso di soccombenza, il pagamento delle spese del giudizio) e risale al 1960. Dal combinato disposto degli artt. 3 e 24 Cost., per, la Corte dedusse che il diritto dazione, al pari del diritto di difesa, non poteva subire limitazioni a causa delle condizioni economiche delle parti che invece, proprio a causa dellart. 98 c.p.c., rischiavano di impedire allattore di accedere alla tutela giurisdizionale. 2) Analoghe considerazioni hanno sorretto la declaratoria di illegittimit dellart. 204 bis 3 co. D.lgs. n. 285/1992 che prevedeva, in caso di ricordo al giudice di pace contro una multa per violazione del c.d.s., lobbligo di versare contestualmente al deposito del ricorso, a pena dinammissibilit dello stesso, una somma pari alla met del massimo edittale della sanzione inflitta. 3) Nel 1992, sempre dal combinato disposto degli artt. 3 e 24 Cost., la Corte ha ritenuto parzialmente illegittimo lart. 705 1co. c.p.c. che subordinava la proponibilit del giudizio petitorio (quello nel quale si discute del diritto di propriet o del diverso diritto reale contestato al possessore) alla definizione della controversia possessoria ed allesecuzione della relativa decisione, ritenendo che tale limitazione, di per s giustificata dalle peculiari esigenze di preminente tutela del possesso, fosse per intollerabile ed irragionevole nel caso in cui potesse derivarne un pregiudizio irreparabile alla parte convenuta nel giudizio possessorio.

    Altre limitazioni del diritto dazione, invece, sono state valutate pienamente compatibili col dettato costituzionale. Ad es., in pi occasioni, la Corte ha reputato ragionevoli, per evitare fraudolente simulazioni elusive della riscossione delle imposte, le disposizioni che negavano a taluni soggetti (coniuge, parenti e affini pi prossimi del debitore) la possibilit di dimostrare il proprio diritto di propriet sui beni mobili pignorati al contribuente, e di quelle che tuttora subordinano tale dimostrazione ad una prova particolarmente rigorosa. Uno dei profili pi dibattuti, quanto alla giurisdizione c.d. condizionata, attiene, per, alla possibilit che lesercizio del diritto dazione sia differito nel tempo e subordinato al preventivo esperimento di un rimedio non giurisdizionale (es. ricorso amministrativo od un tentativo di conciliazione stragiudiziale). A questo riguardo, lorientamento della Corte appare consolidato: Il differimento legittimo se: 1) possa considerarsi obiettivamente giustificato dalla salvaguardia di interessi generali o finalit di giustizia (es. tentativo obbligatorio di conciliazione per evitare un sovraccarico degli uffici giudiziari); 2) sia congruo rispetto a tale scopo, per non paralizzare eccessivamente la tutela giurisdizionale; non sia congegnato in modo tale da poter pregiudicare definitivamente il diritto dazione (es. ricollegando al mancato esperimento del ricorso amministrativo o del tentativo di conciliazione linammissibilit della domanda).

    P. 4 Segue: La tutela giurisdizionale c.d. differenziata

    Dal combinato disposto degli artt. 3 e 24 Cost. si trae il canone della effettiva tutela giurisdizionale. La dottrina, a seguito di una riforma del processo del lavoro del 1973, si interrog sulla legittimit e sullopportunit della c.d. tutela giurisdizionale differenziata, ossia della previsione di forme e strumenti processuali pi o meno diversificati a seconda delle varie situazioni soggettive dedotte in giudizio. Proprio in virt dei principi succitati, si venuta affermando lidea che una siffatta diversificazione sia legittima e, addirittura, doverosa. Solo questultima, infatti, pu far si che la tutela sia concretamente utile per lattore consentendogli di conseguire realmente le utilit ed i vantaggi assicuratigli in astratto dal diritto sostanziale. Vi sono casi in cui, infatti, il processo ordinario (quello standard, per cosi dire) non in grado, pur funzionando in modo apprezzabile, di rispondere adeguatamente alle specifiche esigenze di tutela

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    poste da determinate situazioni soggettive che, ad es., richiedano un intervento del giudice in tempi assai ristretti. Esempi: Quando, con lo statuto dei lavoratori, il legislatore ha codificato il principio della libert sindacale e quello, connessogli, di sciopero, ben sapeva che il processo ordinario non potesse, vista la sua lungaggine, assicurarne la pratica attuazione (ma, al massimo, un risarcimento). Per questo motivo, con lart. 28 dello stesso Statuto stato previsto uno speciale ed autonomo procedimento per la repressione della condotta antisindacale o lesiva del diritto di sciopero, caratterizzato da una cognizione sommaria destinata a concludersi, almeno nella sua prima fase, in tempi brevissimi, con la pronuncia di un decreto di cessazione del comportamento illegittimo che, se non rispettato dal datore di lavoro, pu portare a sanzioni penali nei suoi confronti.

    La tutela differenziata, comunque, non una novit, visto che conosciuta da tutti gli ordinamenti giuridici moderni. Quello che cambia tra i vari ordinamenti, invece, la gerarchia degli interessi e dei valori che guidano il legislatore sostanziale e processuale. E abbastanza ovvio, quindi, che negli ultimi decenni siano prepotentemente emerse, nella legislazione processuale, le esigenze di tutela del lavoratore dipendente e di altri soggetti considerati pi deboli. Tale diversificazione degli strumenti processuali, dunque, legittima, anche se deve fare i conti, in concreti, con gli artt. 3 e 111 (parit delle armi tra le parti) Cost.

    P. 5 La giurisdizione c.d. volontaria

    Alla giurisdizione contenziosa si contrappone, di solito, la giurisdizione c.d. volontaria, che deve tale appellativo alla circostanza che, in passato, essa si esercitava solo inter volentes, cio in assenza di qualsivoglia contrasto tra le parti. Ci che contraddistingue oggi, invece, la giurisdizione volontaria il fatto che essa non miri a risolvere o comporre un conflitto tra diritti, bens a tutelare o gestire gli interessi di determinati soggetti privati (persone fisiche o entit diverse che siano).

    Il campo della giurisdizione volontaria , dunque, molto vasto. Esempi: Nomina del curatore scomparso (art. 721 c.p.c.); provvedimenti nellinteresse di minori, interdetti ed inabilitati (art. 732 c.p.c.); apposizione o rimozione dei sigilli (art. 752 ss. c.p.c.); rettificazione degli atti dello stato civile (art. 96 d.p.r. n. 396/2000), ecc. ecc.

    In questi casi il giudice chiamato a valutare le misure e le soluzioni pi idonee a tutelare gli interessi di un determinato soggetto ed il suo provvedimento pu, in vario modo, condizionare e/o integrare la capacit dagire di questultimo, con immediati riflessi anche per i terzi che con questo intrecciano rapporti giuridici. Si , dunque, in presenza di funzioni giurisdizionali non necessarie dal punto di vista costituzionale, giacch potrebbero essere ben attribuite dalla legge a soggetti privati (es. notaio) oppure ad una PA, trattandosi di attivit che sarebbero sostanzialmente amministrative. Ed solo per ragioni di opportunit che il legislatore le riserva al giudice ed ai procedimenti propri della giurisdizione. Talora la differenza tra le due giurisdizioni evidente, perch in quella volontaria non individuabile (o, quanto meno, non lo a priori) una parte contro interessata: ha, cio, struttura unilaterale (es. tutore che chiede lautorizzazione al compimento di un atto di straordinaria amministrazione riguardante il patrimonio del minore). In altri casi, per, anche la giurisdizione volontaria presenta una struttura bilaterale e, in questi casi, la linea di demarcazione meno netta. Ci accade quando il provvedimento richiesto al giudice potrebbe riflettersi negativamente su diritti soggettivi o status di terzi (es. revoca dellamministratore di un condominio o di una societ).

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    Un altro tratto di possibile confusione risiede nel fatto che la giurisdizione volontaria, di solito, legata ad una particolare forma di procedimento, quella in camera di consiglio. Il legislatore, per, non di rado, ha adottato, totalmente o parzialmente, questo rito anche per controversie di giurisdizione contenziosa (es. dichiarazione di ammissibilit dellazione contro lo Stato per il risarcimento dei danni cagionati nellesercizio delle funzioni giudiziarie; revisione dei provvedimenti riguardanti coniugi e prole in sede di separazione o divorzio).

    P. 6 LArbitrato

    La composizione in via autoritativa dei conflitti intersoggettivi distingue la giurisdizione, che monopolio dello Stato ed esercitata dalla magistratura (art. 102 Cost.), dalla c.d. giurisdizione arbitrale, il cui fondamento, invece, risiede nella volont delle parti: queste ultime, infatti, attribuiscono agli arbitri, attraverso un vero e proprio mandato, lincarico di decidere una controversia gi insorta oppure le controversie future nascenti da un determinato loro rapporto giuridico, prevalentemente di natura contrattuale.

    Si deve distinguere, comunque, 1) larbitrato c.d. rituale (regolato dal codice negli artt. 806 ss.) 2) dallarbitrato irrituale o libero (nato come creazione giurisprudenziale e solo di recente disciplinato dal legislatore).

    1) Lattivit demandata agli arbitri qualitativamente identica a quella affidata al giudice, con la differenza che lefficacia vincolante della loro decisione (o lodo) si ricollega per lappunto al mandato ricevuto dalle parti e risente, quindi, degli eventuali vizi di questultimo. La pronunzia arbitrale, inoltre, di per s priva dellimperativit caratteristica del provvedimento giurisdizionale ma pu acquistarla attraverso il c.d. procedimento di exequatur, ossia tramite un provvedimento del tribunale che, accertata la sua regolarit formale, la dichiara esecutiva.

    2) Le parti incaricano gli arbitri di definire la controversia mediante una determinazione contrattuale, destinata ad operare solo sul piano sostanziale, senza mai poter ambire allefficacia tipica della sentenza. In passato capitava che lo stesso legislatore imponesse il ricordo allarbitrato rituale per alcuni tipi di controversie (es. in materia di appalto di opere pubbliche), ma poi, a partire dal 90, la Corte Costituzionale ne ha sottolineato lillegittimit per contrasto con gli artt. 24 e 102 Cost. ribadendo il principio per cui la regola della statualit della giurisdizione pu essere derogata solo per volont delle parti.

    Capitolo 2 La Giurisdizione Contenziosa Sezione I: Le forme di tutela

    P. 7 Generalit: tutela cognitiva, esecutiva e cautelare Nella giurisdizione contenziosa, dal punto di vista funzionale, si distinguono tre forme di tutela: la tutela cognitiva, quella esecutiva e quella cautelare. La tutela cognitiva mira a conseguire certezza in ordine allesistenza (od inesistenza) di un diritto o di unaltra situazione giuridica attiva che lattore vanti nei confronti del convenuto, nonch a determinare, sulla base di tale accertamento, lobbligo che ne scaturisce in capo allo stesso convenuto, oppure le modificazioni giuridiche chiesta dallattore e destinate a prodursi anche nella sfera giuridica del convenuto. La tutela esecutiva diretta a conseguire lattuazione forzata e, dunque, leffettiva soddisfazione del diritto, gi accertato attraverso tutela cognitiva o risultante da un titolo esecutivo, nellipotesi in cui manchi la collaborazione del soggetto obbligato. La tutela cautelare, infine, strumentale alle prime due, nel senso che serve ad assicurarne lutile e proficuo esercizio e, nel contempo, tendenzialmente provvisoria dato che destinata

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    a durare per il tempo strettamente necessario a portare a compimento il processo di cognizione ed eventualmente ad avviare quello esecutivo.

    P. 8 La tutela cognitiva ed il suo rapporto con il giudicato La certezza di un diritto, che mira ad ottenere la tutela di cognizione, pu risultare essa stessa sufficiente a soddisfare linteresse dellattore oppure, pi spesso, pu aprire la strada allutilizzazione degli ulteriori strumenti processuali di tutela esecutiva che ne garantiscono la concreta realizzazione. Per comprendere come funzioni la tutela cognitiva, occorre introdurre il concetto di cosa giudicata (o giudicato sostanziale). In base allart. 2909 c.c. laccertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa. Per sentenza passata (formalmente) in giudicato sintende quella che ha raggiunto un certo grado di stabilit, in quanto non pi soggetta alle impugnazioni pi comuni (c.d. ordinarie), ma solo a quelle c.d. straordinarie, previste per ipotesi molto particolari e quindi abbastanza infrequenti. Proprio in virt di ci, la sentenza passata in giudicato fa stato, nel senso che, da quel momento in poi, alla sentenza che dovr aversi riguardo per la concreta regolamentazione del rapporto controverso, e tale regolamentazione non potr rimettersi in discussione in nessun altro giudizio, se non per fatti successivi alla formazione del giudicato. In proposito si suole dire che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile: si esclude, dunque, la possibilit di far valere, in un altro e successivo processo, non solo le ragioni o contestazioni dedotte nel primo giudizio e disattese dal giudice, ma anche quelle che, pur essendo gi attuali, non siano state fatte valere in quella sede. In un certo senso, dunque, la sentenza passata in giudicato fotografa il rapporto controverso con riferimento ad un determinato momento ed proprio da ci che deriva la certezza che costituisce lobiettivo della tutela cognitiva.

    P. 9 Cognizione ordinaria e sommaria La tutela cognitiva pu esercitarsi in varie forme e modi; la prima distinzione da introdurre riguarda lestensione e la profondit dellaccertamento cui essa conduce. Si parla di cognizione ordinaria, come sinonimo di cognizione piena ed esauriente, con riferimento a tutti i processi che fanno si che la decisione sia fornita del massimo grado di affidabilit ed attendibilit, affinch le si possa attribuire lautorit di cosa giudicata a norma dellart. 2909 c.c.. Tali garanzie attengono sia allattivit delle parti (assicurando la piena realizzazione del principio del contraddittorio) sia allattivit del giudice (assicurandogli lapprofondita conoscenza di tutti i fatti rilevanti per la decisione e comprendendo, altres, un congruo sistema di rimedi, le impugnazioni, contro eventuali suoi stessi errori). Il concetto di cognizione ordinaria deve, comunque, essere tenuto distinto da quello del processo ordinario. Questultimo, infatti, il modello di processo-tipo disciplinato dagli artt. 163 ss.. Esso, tuttavia, rappresenta solo uno dei molteplici processi a cognizione piena ed esauriente previsti dal nostro ordinamento. Ce ne sono altri che, anche se leggermente diversi, forniscono egualmente le garanzie di cui sopra (es. il processo del lavoro, artt. 409 ss.; processo in materia di assistenza e previdenza obbligatorie, artt. 442 ss.). La cognizione sommaria, invece, non fornisce eguali garanzie di attendibilit ed affidabilit del risultato finale. Cosi, tra laltro, la sommariet pu derivare: - Da modalit semplificate di attuazione del contraddittorio o, addirittura, dalla sua

    esclusione (es. procedimento per ingiunzione, in cui si pu arrivare ad un provvedimento di condanna senza che il debitore sia stato sentito)

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    - Dal tipo di prove che il giudice pu utilizzare per formare il proprio convincimento (es. art. 28 statuto dei lavoratori, che reputa sufficiente lassunzione di sommarie informazioni)

    - Dal fatto che il provvedimento di accoglimento della domanda si fondi esclusivamente su un comportamento processuale (omissivo) del convenuto, che di regola non sarebbe sufficiente per decidere (es. ordinanza di convalida dello sfratto che pu pronunciarsi anche quando il conduttore ometta di comparire in giudizio)

    - Dalla circostanza che laccertamento del giudice riguardi alcuni soltanto dei fatti rilevanti per la decisione (es. ordinanza nel procedimento per convalida di sfratto, ex art. 665 c.p.c., con la quale il giudice ordina il rilascio senza avere ancora esaminato tutte le difese del convenuto-conduttore).

    Non sempre, per, facile distinguere cognizione ordinaria e sommaria. Importante, in tal senso, la forma del provvedimento che il legislatore prescrive per la decisione: la circostanza che per la definizione del processo sia prevista la pronuncia di una sentenza lascia intendere chessa debba fondarsi su una cognizione piena ed esauriente. Il contrario, per, non altrettanto vero, poich pu capitare che la previsione di una diversa forma di provvedimento, soprattutto della ordinanza, si spiega si spiega non gi con la sommariet della cognizione, bens con lesigenza di semplificare la materiale redazione del provvedimento stesso da parte del giudice.

    La riforma del 2009, daltronde, ha previsto che lattore possa utilizzare, al posto del processo ordinario, il procedimento sommario di cognizione che si conclude con una ordinanza pienamente idonea ad acquisire lautorit della cosa giudicata, ex art. 2909 c.c.. Laggettivo sommario, stando allopinione prevalente in dottrina, sta ad indicare, in questo caso, non una cognizione qualitativamente meno approfondita ed affidabile di quella ordinaria, bens una certa semplificazione del procedimento, che il legislatore ha disciplinato in modo assai scarno, rimettendone la concreta regolamentazione, per ogni altro aspetto, allo stesso giudice. Questo, dunque, si ritiene sia comunque un processo (speciale) a cognizione piena ed esauriente, che dovrebbe rimpiazzare quello ordinario nelle controversie pi semplici.

    Le forme di tutela sommaria vera e propria, comunque, vanno attentamente valutate circa la loro compatibilit con gli artt. 3 e 24 Cost., soprattutto dal punto di vista della tollerabilit della compressione che ne deriva al diritto di difesa del convenuto; tale compressione non pu eccedere i limiti ragionevolmente imposti dalle finalit del provvedimento n pu mai escludere laccesso al processo a cognizione piena.

    P. 10 Segue: la funzione della tutela sommaria, cautelare o non cautelare, ed il suo rapporto con la tutela ordinaria

    Ci possono essere varie relazioni tra tutela sommaria e cognitiva. Occorre innanzitutto chiarire, per, la distinzione tra tutela sommaria cautelare e tutela sommaria non cautelare.

    Hanno funzioni diverse. La tutela sommaria cautelare costituisce un genus a s stante, rispetto alla tutela cognitiva e quella esecutiva, che per caratterizzato da unaccentuata strumentalit rispetto al processo a cognizione piena e/o al processo di esecuzione forzata. I provvedimenti cautelari, infatti, servono essenzialmente ad impedire che, nel tempo occorrente a portare a compimento il processo di cognizione (ed eventualmente quello

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    esecutivo), il diritto ivi azionato subisca un pregiudizio non pi rimediabile o che, comunque, intervengano modificazioni che rendano inutile, per lattore, laccoglimento della domanda (cosi, ad es., il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c., con qui si vuole evitare che il debitore, nelle more del processo, possa svuotare il proprio patrimonio). La tutela sommaria non cautelare, invece, risponde a generiche esigenze di economicit della tutela giurisdizionale: mira, cio, ad offrire una sorta di scorciatoia rispetto alla cognizione ordinaria, ogniqualvolta ricorrano particolari situazioni (es. quando il comportamento processuale del convenuto lascia supporre la fondatezza della domanda dellattore).

    Differenze di contenuto. Il provvedimento sommario non cautelare, poich deve poter surrogare quello a cognizione piena, non pu non avere un contenuto del tutto simile a questultimo: implica, cio, unanticipazione (almeno parziale) degli effetti che deriverebbero da una sentenza di accoglimento della domanda. Il provvedimento cautelare, invece, ha un contenuto pi vario, che non coincide necessariamente con quello del provvedimento a cognizione piena.

    Differenza nel regime di stabilit del provvedimento. Per comprenderla, tuttavia, dobbiamo approfondire le possibili relazioni tra tutela sommaria non cautelare e tutela ordinaria.

    A) Il pi delle volte i procedimenti sommari sono del tutto autonomi, quanto allinstaurazione, rispetto al processo a cognizione piena ed esauriente, sebbene possano poi recuperare, su iniziativa del convenuto, le garanzie proprie della cognizione ordinaria. Cosi, ad es., nel caso del procedimento per ingiunzione previsto che, entro 40 giorni dal momento in cui gli viene notificato il decreto ingiuntivo, il debitore possa (e debba) fare opposizione, instaurando, cosi, un processo a cognizione piena destinato a concludersi con una sentenza senzaltro idonea al giudicato. Nel caso del procedimento per convalida di sfratto basta, invece, che il convenuto si presenti alludienza e contesti il diritto al rilascio vantato dal locatore per far si che il processo, anzich concludersi con la pronuncia di un provvedimento sommario, prosegua secondo le modalit proprie della cognizione ordinaria. In tutti questi casi, comunque, pu anche capitare che il debitore resti inerte: ed allora il provvedimento sommario (gi pronunciato o che sar pronunciato) produce effetti in tutto e per tutto simili a quella di una sentenza passata in giudicato, offrendo allattore una tutela definitiva corrispondente a quella che avrebbe potuto ottenere attraverso il processo ordinario. Quelli di questa categoria, dunque, possono dirsi provvedimenti sommari decisori.

    B) Una variante dellipotesi che precede si ha quando, per linstaurazione del processo a cognizione piena, dopo la pronuncia del provvedimento sommario richiesto in via autonoma, non sono previsti termini perentori oppure comunque escluso che la mancata reazione del convenuto attribuisca al provvedimento sommario lautorit di accertamento e la stabilit proprie della sentenza passata in giudicato: in questi casi, infatti, pur rimanendo teoricamente aperta sine die la possibilit di accedere al processo a cognizione piena, gli effetti di questultimo non sono limitati nel tempo, sicch lattore ne riceve pur sempre una tutela potenzialmente definitiva (es. procedimento possessorio ex art. 703 c.p.c.).

    C) In altri casi, infine, il procedimento sommario non nasce autonomamente, ma sinnesta, a mo di subprocedimento incidentale, nellambito di un processo a cognizione piena gi instaurato, per anticipare, in tutto od in parte, gli effetti di una sentenza di accoglimento della domanda. Sicch il recupero delle garanzie ordinarie non dipende da uniniziativa

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    oppositoria del convenuto, ma insito nella prosecuzione stessa del processo, destinato a concludersi con una sentenza che sostituir il procedimento sommario. Si parla, quindi, di provvedimenti anticipatori (es. i provvedimenti di cui agli artt. 186-bis, 186-ter, 423 e 666 c.p.c., oppure quello in tema dimpugnazione del licenziamento illegittimo). Anche questi provvedimenti sommari, comunque, recano in s la potenzialit di una tutela definitiva, giacch sono comunque destinati a sopravvivere nel caso in cui il processo ordinario dovesse estinguersi prima di pervenire alla sentenza.

    La tutela sommaria non cautelare, insomma, nasce sempre come tutela provvisoria destinata ad essere rimpiazzata e superata dal successivo provvedimento a cognizione piena; ma, se le parti rinunciano ad instaurare o coltivare il processo a cognizione piena, pu ambire a diventare in vario senso definitivo. Quando A), addirittura nella stessa misura di una sentenza passata in giudicato.

    Quanto alla tutela cautelare, invece, necessario distinguere. Essa, infatti, vista la sua funzione strutturale, dovrebbe essere intrinsecamente provvisoria, visto che dovrebbe produrre effetti per un tempo limitato (quello necessario ad istaurare o portare a compimento il processo a cognizione piena e, eventualmente, quello esecutivo). In linea di principio, quindi, il provvedimento cautelare non dovrebbe mai sopravvivere al processo a cognizione piena n dovrebbe fornire una tutela definitiva, equivalente a quella ordinaria. Dopo la riforma del 2005, peraltro, questo principio trova applicazione solo rispetto ai provvedimenti cautelari c.d. conservativi e non anche per quelli c.d. anticipatori (che hanno un regime del tutto simile a quello dei provvedimenti anticipatori non cautelari su menzionati sub C)). Oggi, dunque, la distinzione tra le due forme di tutela sommaria riposa essenzialmente sullelemento funzionale, ossia sulla strumentalit che contraddistingue in ogni caso la tutela cautelare ed estranea, invece, alla tutela sommaria non cautelare.

    P. 11 La tutela esecutiva

    Serve a garantire al titolare del diritto la concreta realizzazione del suo interesse, ossia il conseguimento del bene giuridico riconosciutogli dal diritto sostanziale, in via coattiva. Si soliti affermare che la tutela esecutiva caratterizzata da una notevole astrattezza, dovuta alla circostanza che essa presuppone, quale condizione necessaria e sufficiente, il possesso di un titolo esecutivo da parte del creditore precedente.

    La nozione di titolo esecutivo comprende tutti e soltanto i documenti che il legislatore considera esplicitamente tali. La norma fondamentale, a questo riguardo, lart. 474 c.p.c., che enumera tre diverse categorie di titoli, giudiziali e stragiudiziali, ma non contiene unelencazione esaustiva giacch rinvia genericamente ai provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva. Sembra difficile ricostruire, quindi, una figura unitaria di titolo esecutivo, anche perch lattribuzione di tale titolo legata ad opzioni e valutazioni non sempre coerenti del legislatore.

    Cosi, ad es., nellambito dei titoli giudiziali (che si formano allinterno di un processo di cognizione) chiaro che le sentenze di condanna passata in giudicato sono quelle che forniscono il massimo grado di certezza circa lesistenza del diritto; sebbene tale certezza non sia assoluta, vuoi perch esistano comunque impugnazioni c.d. straordinarie, vuoi perch nulla esclude che il diritto si sia estinto o modificato dopo la pronuncia della sentenza. Ma la

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    qualit di titolo esecutivo pu competere anche a sentenze non ancora passate in giudicato od ad provvedimenti diversi dalla sentenza.

    Considerando i titoli stragiudiziali (es. titoli di credito, atti pubblici o scritture private autenticate), invece, si deve certamente escludere che essi si fondino su un vero e proprio accertamento del diritto. In alcuni casi, anzi, il favor per talune categorie di creditori fa si che venga attribuita la qualit di titolo esecutivo a documenti formati dallo stesso ente creditore (es. il ruolo, che alla base della c.d. esecuzione esattoriale). Se ne deduce che, in questo ambito, la discrezionalit del legislatore notevole.

    La tutela esecutiva si esercita con una pluralit di procedimenti, ordinari o speciali (es. esecuzione esattoriale; procedura prevista per la vendita coattiva di autoveicoli gravati da privilegio). Cosi, lespropriazione forzata serve a realizzare un diritto (es. crediti risarcitori) avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro; mentre lesecuzione in forma specifica consente lattuazione coattiva di un obbligo di rilasciare unimmobile, di consegnare un bene mobile oppure di fare o disfare qualcosa. In ogni sua forma, comunque, lesecuzione forzata vera e propria implica unattivit di tipo sostitutivo e surrogatore rispetto a quella del debitore; sicch il suo limite dato dagli obblighi che non ammettano una siffatta sostituzione da parte di un terzo, ossia dagli obblighi c.d. infungibili, per i quali essenziale ed irrinunciabile la cooperazione dellobbligato (es. scrittore che si impegnato a fornire alleditore un romanzo). In queste ipotesi, per assicurare la soddisfazione effettiva del creditore, il legislatore ha come unica possibilit quella di utilizzare mezzi di coazione indiretta (c.d. misure coercitive), miranti ad incentivare ladempimento spontaneo dellobbligo infungibile da parte del debitore.

    P. 11 La tutela cautelare

    Si distingue nettamente sia da quella cognitiva che da quella esecutiva, dato che serve ad approntare una tutela essenzialmente provvisoria, finalizzata ad evitare che il diritto subisca, nel tempo occorrente per portare a compimento un processo di cognizione e/o esecuzione, un danno od un pregiudizio in tutto od in parte irreversibile od irrimediabile, si da rendere inutile la tutela giurisdizionale. Se questultima di per s strumentale al diritto sostanziale, la tutela cautelare si potrebbe dire essere caratterizzata da una strumentalit di secondo grado, visto che serve ad assicurare lutile e proficuo esperimento del processo di cognizione nonch, eventualmente, della successiva esecuzione forzata, ed utilizzabile ancor prima che il processo di cognizione sia stato instaurato (misure cautelari ante causam).

    Fino alla sentenza n. 190 del 1985, la Corte Costituzionale aveva sempre negato che la tutela cautelare potesse essere inclusa sotto la garanzia assicurata al diritto dazione dallart. 24 Cost.. Nella sentenza n. 190, ed in numerose sentenze successive, la Consulta sanc lessenzialit della tutela cautelare.

    Anche nella tutela cautelare possibile distinguere, quanto meno cronologicamente, una fase deputata alla cognizione ed una preordinata allattuazione del provvedimento. Le due fasi, per, sono inscindibilmente collegate tra loro, poich la prima priva di una propria autonomia e serve solo a verificare la sussistenza delle condizioni cui subordinata la concessione della misura cautelare. Tali condizioni, poi, sono essenzialmente due:

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    1) Periculum in mora: essa sta ad indicare che la misura cautelare presuppone una situazione di pericolo per il diritto tutelato. Tale pericolo, in generale, pu derivare: A) dalla possibilit che, nel tempo occorrente, la situazione di fatto venga alterata o modificata in modo irreversibile, s da pregiudicare la successiva attuazione coattiva del diritto (es. bene oggetto dellazione di rivendica che va distrutto); B) dalla possibilit che la soddisfazione tardiva del diritto da tutelare risulti inutile o, comunque, scarsamente utile per il creditore, o comunque gli arrechi un danno non compiutamente rimediabile ex post (es. controversia su alimenti, evidentemente sul presupposto che il creditore verta in stato di bisogno). Al periculum A) rispondono le misure cautelari conservative, dirette per lappunto a cristallizzare la situazione per evitare che la realizzazione del diritto possa diventare di fatto impossibile (es. sequestro giudiziario del bene oggetto della rivendica pu assicurarne la custodia nelle more del processo). Con le ipotesi di periculum B), invece, si potr ricorrere ai pi incisivi provvedimenti cautelari di tipo anticipatorio che, per lappunto, sono in grado di produrre effetti in tutto od in parte analoghi a quello che deriverebbero da una sentenza di accoglimento della domanda, in tal modo anticipando, seppur provvisoriamente, il risultato che il titolare del diritto pu sperare di ottenere (es. il creditore degli alimenti potrebbe ottenere, attraverso la misura cautelare, il concreto ed immediato pagamento di una somma in tutto od in parte corrispondente a quella da lui sperata).

    2) Fumus boni iuris: Esso sta ad indicare la sommariet che contraddistingue la cognizione cautelare, intrinsecamente superficiale, contrapponendola per ci stesso alla cognizione ordinaria, piena ed esauriente. Stando ad alcune definizioni, il giudice cautelare non dovrebbe affatto accertare lesistenza del diritto tutelando, bens limitarsi ad un giudizio di probabilit o di verosimiglianza, o addirittura di non manifesta infondatezza della stessa. Parte della dottrina, per, ha contestato questa visione perch potrebbe portare ad un provvedimento che potrebbe determinare, a carico della parte che lo subisce, un pregiudizio non pi eliminabile ex post. Appare dunque preferibile lopinione (Consolo) secondo cui il convincimento che il giudice deve conseguire, prima di accogliere la domanda cautelare, non qualitativamente diverso da quello che gli sarebbe richiesto nel processo a cognizione piena. La sommariet, dunque, deriverebbe essenzialmente dai tempi assai brevi. La sommariet, comunque, pu riguardare il solo accertamento dei fatti, giacch, per quel che riguarda la fondatezza della domanda in iure, la posizione del giudice del procedimento cautelare non differisce da quella del giudice del processo a cognizione piena.

    Sezione II: Le azioni di cognizione e le sentenze cui conducono

    P. 13 Lazione e la sentenza di mero accertamento

    La classificazione delle azioni di cognizione si fonda essenzialmente sul tipo di pronuncia che lattore chiede al giudice; si avranno, dunque, azioni di mero accertamento, azioni di condanna ed azioni costitutive.

    Lazione di mero accertamento quella che mira esclusivamente a fare certezza circa lesistenza ed il modo di essere di un determinato rapporto giuridico (azione di accertamento positivo), oppure circa linesistenza di un diritto da altri vantato, che si assume non essere mai sorto oppure essersi comunque estinto (azione di accertamento negativo). Non c alcuna disposizione che preveda la possibilit di proporre unazione di accertamento, cio che sia limitata al solo obiettivo di conseguire una certezza in ordine al diritto controverso. Vi sono, invece, norme dalle quali

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    possibile desumere lammissibilit di unazione di questo tipo in ipotesi specifiche relative al mero accertamento, positivo o negativo, di diritti reali (es. actio confessoria e lactio negatoria) o di negozi giuridici (es. azioni di nullit e simulazione dei contratti).

    Se in dottrina, comunque, non si discute lutilizzo di questa azione per i diritti reali ed assoluti in genere, un po pi controversa lammissibilit verso i diritti relativi. Per questi ultimi, inoltre, particolarmente discussa lipotesi del mero accertamento negativo tenuto conto che, quando lattore chiede, ad es., di accertare linesistenza di un credito vantato dal convenuto nei suoi confronti, non affatto chiaro quale sia il diritto che egli fa valere in giudizio e per il quale invoca la tutela giurisdizionale. La giurisprudenza, invece, molto pi disinvolta circa lammissibilit dellazione di mero accertamento, positivo o negativo che sia. In favore ci, comunque, militano le seguenti considerazioni:

    A) In alcune situazioni lazione di mero accertamento lunica forma di tutela concretamente praticabile o comunque idonea a rimuovere una situazione dincertezza che sia fonte di danno o nocumento per lattore stesso;

    B) Non di rado il processo fonte di utilit autonome, non conseguibili al di fuori di esso; ci che avviene, in particolare, per le c.d. azioni costitutive necessarie (mirano a produrre una modificazione giuridica sottratta alla disponibilit delle parti e da esse non producibile per via negoziale);

    C) Ogni sentenza che rigetta la domanda una sentenza di accertamento negativo del diritto dedotto in giudizio dallattore, ed il convenuto ha il potere di perseguirla pur quando lattore abbia rinunciato, invece, alla decisione;

    D) E difficile negare che sia implicito nellordinamento positivo il diritto a non subire un danno ingiusto a causa di un fatto doloso o colposo altrui; in alcuni casi, tale diritto costituisce loggetto della tutela giurisdizionale invocata dallattore, che avrebbe, nella specie, una funzione essenzialmente preventiva rispetto al danno che allattore stesso potrebbe derivare dal protrarsi di una situazione di incertezza addebitabile al comportamento del debitore.

    Si ritiene, dunque, che la soluzione positiva circa lammissibilit dellazione di mero accertamento anche al di fuori delle fattispecie direttamente contemplate dalla legge, trovi un argomento decisivo nellart. 24 1 co. Cost. e nella rilevata atipicit del diritto dazione.

    Lazione di mero accertamento, per, in concreto incontra alcune limitazioni. Un primo limite attiene alloggetto. E pacifico, infatti, che lazione di accertamento, cosi come altra azione, debba vertere su un diritto od uno status e non sullesistenza o sullinterpretazione di una norma giuridica o di meri fatti (non concepibile, ad es., unazione diretta semplicemente a far accertare che lattore abbia consegnato al convenuto una certa somma di denaro, a meno che non sia dedotto in giudizio anche il diritto che da tale fatto trae origine o che trova, in esso, causa di estinzione). Si ritiene che a tale principio facciano eccezione, avendo per lappunto ad oggetto meri fatti giuridici, alcune azioni che riguardano la verificazione di una scrittura privata, al fine di accertare lautenticit della relativa sottoscrizione (art. 216 ss. c.p.c.), e la querela di falso nei confronti di un atto pubblico o di una scrittura privata (art. 211 ss. c.p.c.); le ragioni di queste deroghe si spiegano perch questi fatti hanno indirette quanto immediate ripercussioni sui rapporti giuridici che in esso trovano la propria base, sostanziale o probatoria.

    Maggiore importanza ha la condizione della sussistenza dellinteresse ad agire (art. 100 c.p.c.) che, in realt, presupposto necessario di qualunque azione, ma assume un ruolo concreto e determinante proprio rispetto alle azioni di mero accertamento positivo o negativo, per le quali pu costituire un filtro di considerevole efficacia.

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    Fermi restando questi limiti, comunque, non sembra che lazione in esame possa essere subordinata ad ulteriori condizioni o presupposti. Potr ammettersi, dunque, anche quando si tratti dellaccertamento di un diritto c.d. potestativo (avente cio per oggetto il prodursi di una modificazione nella sfera giuridica del soggetto passivo; es. diritto di recesso dal contratto o licenziamento del lavoratore in presenza di determinati presupposti).

    P. 14 Lazione e la sentenza di condanna. Gli effetti della condanna

    Lipotesi pi frequente che lattore non si limiti a domandare laccertamento del diritto dedotto in giudizio, ma chieda altres al giudice di verificarne lintervenuta lesione, a causa dellinadempimento del debitore, e, quindi, di condannare questultimo alla prestazione di dare o di fare necessaria per realizzare il proprio interesse. Tale pronuncia, poi, costituisce il presupposto per la successiva attuazione coattiva del diritto, vuoi attraverso lesecuzione forzata vera e propria, vuoi attraverso altri strumenti c.d. di esecuzioni diretta. Ed in ci risiede leffetto tipico e primario della sentenza di condanna.

    Vi sono, poi, anche effetti secondari della condanna, ex artt. 2818 e 2953 c.c.. La prima di tali disposizioni prevede che ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o alladempimento di altra obbligazione od al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente sia titolo per liscrizione dipoteca sui beni del debitore. Lart. 2953 c.c. stabilisce, invece, che, qualora il diritto dedotto in giudizio sia soggetto ad una prescrizione pi breve di quella ordinaria decennale (es. prescrizione biennale del diritto al risarcimento del danno provocato dalla circolazione di veicoli), la pronuncia di una sentenza di condanna passata in giudicato determina la conversione della prescrizione breve in prescrizione ordinaria, con la conseguenza che lazione esecutiva sar poi esperibile nel termine di 10 anni.

    P. 15 Condanna ed esecuzione forzata

    Approfondiamo il rapporto tra lazione di condanna e lesecuzione forzata. Nella maggior parte dei casi la domanda di condanna mira a procurare allattore un titolo che gli consenta, se il debitore non collabora, di avviare il processo esecutivo, nella forma corrispondente al contenuto della condanna (es. espropriazione). Ed proprio per questo che leffetto tipico della sentenza di condanna quello di costituire titolo esecutivo; ci ha indotto la dottrina a ravvisare una forte correlazione tra lazione di condanna e lesecuzione forzata. Si gi detto, peraltro, che il processo esecutivo incontra un limite invalicabile nelleventuale infungibilit, parziale o totale, dellobbligo (di fare) gravante sul debitore (es. cantante che si impegnato a tenere un concerto), visto che in queste situazioni il diritto pu trovare attuazione solo attraverso la cooperazione del debitore stesso, non essendo indifferente che la prestazione venga resa da un terzo.

    Va poi considerato anche il caso degli obblighi di natura negativa, ossia di non fare, assai spesso previsti dal diritto sostanziale (es. diritti assoluti che, per definizione, implicano, dal lato passivo ed erga omnes, la non ingerenza). Spesso, inoltre, lo stesso legislatore processuale ha previsto che il giudice pronunciasse condanne a contenuto inibitorio, eventualmente accompagnato dalla condanna alla rimessione in pristino (es. inibitoria per gli atti di concorrenza sleale). Anche in questi ultimi casi, lesecuzione forzata non in grado di assicurare lattuazione del diritto poich non in grado di impedire il compimento dellattivit che ne costituisce violazione, ma pu servire, ex post, ad attuare coattivamente le misure riparatorie che a tale violazione conseguano (es. risarcimento del danno o rimessione in pristino).

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    In tutti questi casi, dunque, leffettivit della tutela giurisdizionale passa necessariamente attraverso il ricorso agli strumenti di esecuzione indiretta.

    P. 16 Segue: lesecuzione indiretta attraverso le c.d. misure coercitive

    Una delle strade possibili per far si che il titolare del diritto veda effettivamente realizzato il proprio interesse rappresentata, accanto alleventuale previsione di forme speciali di esecuzione forzata, dal ricorso alle c.d. misure coercitive, cio a strumenti di indiretta coazione della volont del debitore, che appartengono non al diritto processuale, ma a quello sostanziale, essendo preordinate a disincentivare linadempimento da parte del debitore dellobbligo a lui imposto dalla sentenza di condanna. La tipologia di tali misure coercitive varia: sanzioni penali (es. in passato era reato linsolvenza del debitore) o civili. La riforma del 2009 ha introdotto nel nostro ordinamento una misura civile di carattere tendenzialmente generale, stabilendo nellart. 614-bis c.p.c. che il giudice, con il provvedimento di condanna, fissi su istanza di parte, salvo che ci sia manifestatamente iniquo, la somma di denaro dovuta dallobbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nellesecuzione del provvedimento. Quanto alle misure di natura penale, invece, si pu fare riferimento allart. 388 1 co. c.p. che sanziona, con reclusione o multa, chi, per sottrarsi alladempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, compie, sui propri o gli altri beni, atti simulati o fraudolenti, commette allo stesso scopo altri atti fraudolenti (anche se praticamente vi sono requisiti abbastanza stringenti che ne circoscrivono drasticamente il rilievo pratico).

    Numerose, invece, sono le misure coercitive previste a garanzia di determinate condanne. In ambito penale vanno ricordati:

    - Art. 388 2 co. c.p.: punisce chi elude lesecuzione di un provvedimento del giudice civile che concerna laffidamento di minori o altre persone incapaci, a prescindere dallesistenza di un dolo specifico nonch dal compimento di atti o fatti simulati o fraudolenti.

    - Alcune disposizioni che rinviano allart. 388 1 co. c.p. per ipotesi di elusione di specifici ordini del giudice. Cosi, lart. 44 d. lgs. N. 286/1998 relativamente allordine di cessazione di comportamento discriminatorio per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

    - Art. 650 c.p. che sanzione a titolo di contravvenzione linosservanza di un provvedimento legalmente dato dallautorit per ragione di giustizia o sicurezza pubblica o ordine pubblico o digiene: si ritiene, peraltro, che tale disposizione possa concretamente operare solo in presenza di un espresso richiamo normativo.

    - Art. 12-sexies della l. n. 898/1970 che rende applicabile lart. 570 c.p. al coniuge che si sottragga al pagamento dellassegno di divorzio.

    Quanto alle misure di natura civilistica, ricordiamo:

    - Lart. 18 ult. Co. statuto dei lavoratori, secondo cui, in ipotesi di licenziamento dei lavoratori dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali, il datore di lavoro che non ottemperi al provvedimento di condanna alla reintegrazione tenuto a pagare, per ogni giorno di ritardo, unulteriore somma a favore del Fondo adeguamento pensioni pari allimporto della retribuzione dovuta al lavoratore.

    - Art. 124 2 co. d. lgs. N. 30/2005 che consente al giudice, nel pronunciare linibitoria della fabbricazione, commercio od uso di beni in violazione di un diritto di propriet

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    industriale, di fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni ritardo nellesecuzione del provvedimento.

    - Art. 8 d. lgs. 231/2002 che prevede, in relazione alle azioni promosse dalle associazioni di categoria degli imprenditori a tutela degli interessi collettivi, che, in caso di inadempimento del provvedimento inibitorio, il giudice disponga il pagamento di una somma compresa tra 500 e 1.000 euro per ogni giorno di ritardo.

    In realt, nulla esclude che il legislatore impieghi le misure coercitive anche solo per rafforzare la tutela gi offerta dallesecuzione forzata. Il ricorso a tale tecnica risulta obbligato quando ci si trovi in presenza di obblighi di fare in tutto od in parte infungibili oppure di obblighi di non fare. V da chiedersi, dunque, se sia ammissibile unazione di condanna mirante ad un provvedimento non attuabile attraverso lesecuzione forzata, allorch non sia neppure concretamente utilizzabile (o non sia invocato dallattore) alcuno strumento idoneo ad assicurarne lesecuzione indiretta. In tali ipotesi, infatti, la sentenza di condanna nulla attribuirebbe in pi, allattore vittorioso, rispetto ad una sentenza di mero accertamento poich lunico rimedio sar comunque una nuova azione, stavolta tendente al risarcimento del danno. E lecito pensare, dunque, che il problema debba risolversi non escludendo lammissibilit della domanda di condanna, bens tenendo per lappunto presente che si tratta, nella sostanza, di unazione di mero accertamento che dovr dunque valutarsi come tale anche dal punto di vista dellinteresse ad agire richiesto dallart. 100 c.p.c..

    P. 17 Ipotesi particolari di condanna: la condanna generica

    Di regola, nel pronunciare la condanna, il provvedimento del giudice deve determinare compiutamente loggetto della prestazione cui il debitore tenuto. Lart. 278 1 co. c.p.c., tuttavia, prevede che, accertata gi la sussistenza di un diritto sul quale, per, si controverte ancora sulla quantit della prestazione dovuta, il giudice, su istanza di parte, possa limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione. La sentenza di condanna generica si limita, dunque, ad accertare lan del diritto alla prestazione (cio se sia dovuta o meno), senza determinare, invece, il quantum, che sar oggetto di una sentenza successiva. Una siffatta pronuncia assai pi prossima ad una sentenza di mero accertamento che non ad una di condanna, visto che manca leffetto di aprire la strada allesecuzione forzata. Ci nonostante, essa comunque utile allattore perch comunque una sentenza che pone un punto fermo sullastratta sussistenza del diritto (es. giudizi risarcitori, in cui entrambi i contendenti si palleggiano le responsabilit). Anche questo tipo di sentenza, ex art. 2818 c.c., , inoltre, titolo per liscrizione di ipoteca sui beni del debitore e, anzi, lo stesso creditore, visto che non indicato, a poterne determinare autonomamente lammontare nellapposita nota da presentare al conservatore dei registri immobiliari (art. 2838 c.c.). Pu capitare, infine, che tale sentenza sia vanificata dalla successiva sentenza sul quantum che accerti come uguale a zero la prestazione realmente dovuta.

    Si discute se alla sentenza in esame competa laltro effetto secondario tipico della condanna, ovvero la conversione della prescrizione breve in prescrizione ordinaria decennale. Lart. 2953 c.c. discorre di sentenza di condanna passata in giudicato e si ritiene, dunque, che tale effetto non possa negarsi alla condanna generica. Lopinione prevalente ritiene, infatti, che la condanna generica possa chiedersi anche, fin dal principio, in via autonoma, ossia come esclusivo oggetto del processo, che in tale ipotesi verrebbe per lappunto limitato dallattore allaccertamento della sussistenza del diritto, senza una sua quantificazione. Il convenuto,

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    comunque, pu chiedere, se del caso in via subordinata, lestensione del giudizio anche al quantum, per evitare un doppio processo.

    P. 18 Segue: la condanna provvisionale

    Lart. 278 2 co. c.p.c. prevede che il giudice, su istanza di parte ed alle medesime condizioni cui subordinata la pronuncia di condanna generica, possa anche condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantit per cui ritiene gi raggiunta la prova. La provvisionale, a differenza di quella generica, una condanna a tutti gli effetti che, per il quantum in essa accertato, non potrebbe essere rimessa in discussione, ad opera della sentenza definitiva del giudizio, e nel contempo costituisce senzaltro titolo per lesecuzione forzata. Vi sono ipotesi in cui prevista la pronuncia di condanne provvisionali con ordinanza e non con sentenza (es. art. 423 2 co. c.p.c. che lo dispone nel processo del lavoro, su istanza del lavoratore): in questi casi, si tratta di provvedimenti sommari che, pertanto, ben possono essere modificati dalla successiva sentenza a cognizione piena.

    P. 19 Segue: La condanna con riserva di eccezioni

    In alcune ipotesi, non molto frequenti, il legislatore prevede che, di fronte ad alcune eccezioni del convenuto di non pronta risoluzione, il giudice possa scindere loggetto della sua cognizione e decidere, accogliendo eventualmente la domanda e pronunciando condanna, senza tener conto di tali eccezioni, che verranno esaminate in una fase successiva del giudizio. Si , dunque, in presenza di una vera e propria condanna che, per, si basa su un accertamento incompleto ed dunque sommaria. Essa, quindi, deve considerarsi provvisoria e caducabile, in relazione allesito della successiva fase del processo deputata a valutare i fatti allegati dal debitore. Esempi: art. 57 del r.d. n. 1736/1933 sullassegno bancario (condanna pronunciata con sentenza), o lart. 665 c.p.c. relativo al procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione o morosit (quando il conduttore oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, pu pronunciare ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserve delle eccezioni del convenuto). E intuibile, dunque, che si tratti di un espediente finalizzato ad agevolare lattore, penalizzando il convenuto: palese, dunque, che listituto non possa trovare applicazione al di fuori delle ipotesi tipiche previste dal legislatore.

    P. 20 Segue: la condanna in futuro

    Di regola la sentenza di condanna presuppone una lesione attuale del diritto. In alcuni casi, per, lordinamento ammette azioni svincolate da questo presupposto e miranti ad ottenere una condanna destinata ad operare in futuro, se e quando linadempimento dovesse realmente verificarsi. La fattispecie che meglio pu ricondursi a questo caso quella dellart. 657 c.p.c., che consente al locatore di promuovere azione di rilascio, attraverso lo speciale provvedimento per convalida di licenza o sfratto, ancor prima che il contratto di locazione sia scaduto: per procurarsi, dunque, un provvedimento (unordinanza) ed un titolo esecutivo che potr utilizzare qualora il conduttore non rilasci spontaneamente limmobile. Altri esempi: pronuncia di provvedimenti di condanna alladempimento di obbligazioni aventi un carattere periodico (es. mantenimento del coniuge e della prole).

    Da questo tipo di condanna derivano allattore due vantaggi. In primis, lesistenza di un titolo esecutivo ha forte efficacia dissuasiva dellinadempimento del debitore; in secundis,

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    qualora linadempimento si verifichi, il creditore non ha bisogno di altro tempo per poter accedere al processo esecutivo. Ha lo svantaggio, per il convenuto, per, di subire un processo anche quando egli non ha ancora violato n contestato il diritto dellattore. Proprio per questo si preferisce lopinione secondo cui la condanna in futuro costituisce uno strumento eccezionale per le sole ipotesi prescritte dalla legge. Al di fuori di questo, un diritto del quale non sia ancora configurabile una violazione potr essere oggetto, ricorrendone le condizioni, solo di unazione di mero accertamento.

    La dottrina, comunque, riconduce alle condanne in futuro anche altre ipotesi, pi numerose, in cui la sentenza, pronunciando in relazione ad obblighi aventi carattere periodico o continuativo, accerta un inadempimento gi attuale e detta anche i comportamenti positivi o negativi cui il debitore sar tenuto in futuro. Esempi: Art. 664 c.p.c. che prevede, nel procedimento per convalida di sfratto per morosit, che il giudice pronunci decreto dingiunzione per lammontare dei canoni scaduti e da scadere fino allesecuzione dello sfratto; art. 148 2 co. c.c., concernente ladempimento dellobbligazione di mantenere, istruire ed educare i figli che, in caso di inadempimento, consente al presidente del tribunale di ordinare che una quota dei redditi dellobbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente allaltro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, listruzione e leducazione della prole.

    Si pu dedurre da queste disposizioni che, pure al di fuori delle ipotesi direttamente contemplate dalla legge, linadempimento (parziale) di un obbligo periodico o continuativo (che sia attuale al momento della domanda e non abbia esaurito i propri effetti nel passato) giustifica lestensione della condanna anche al periodo successivo alla pronuncia del provvedimento.

    Affine alla condanna in futuro, in qualche misura, la condanna condizionale, in cui il comando contenuto nella sentenza subordinato ad un evento futuro.

    P. 21 Lazione e la sentenza costitutiva

    Lart. 2908 c.c. prevede che il giudice, nei casi previsti dalla legge, possa costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetti tra le parti, i loro eredi o aventi causa. In generale, quindi, lazione costitutiva quella che pu condurre alla nascita di un diritto o status (azione costitutiva in senso stretto), oppure alla modificazione o estinzione di rapporti giuridici preesistenti. Caratteristica di tale azione la tipicit. Uno degli esempi pi noti di azione costituiva offerto dallart. 2932 c.c. che consente, in caso di inadempimento dellobbligo di concludere un contratto (con contratto preliminare, ad es.), la pronuncia di una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.

    La dottrina meno recente ravvisava alla base dellazione costitutiva un diritto potestativo. Si osservato, per, giustamente, che lesercizio di un diritto potestativo vero e proprio (es. diritto di recedere dal contratto) produce di per s, prima e fuori dal processo, leffetto costitutivo-modificativo-estintivo del rapporto, come conseguenza della mera manifestazione di volont proveniente dal titolare del diritto; sicch, al giudice verrebbe chiesto un provvedimento meramente dichiarativo. Rispetto alle azioni costitutive, pertanto, si preferisce parlare di un sottostante diritto ad una modificazione giuridica sostanziale, che viene comunque prodotta proprio dal provvedimento del giudice.

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    Precisamente, si definiscono azioni costitutive non necessarie quelle in cui leffetto costitutivo modificativo estintivo perseguito dallattore potrebbe ottenersi al di fuori del processo, attraverso la collaborazione del debitore (es. art. 2932 c.c. che, infatti, conduce ad una sentenza che essa stessa determina la modificazione giuridica idonea a realizzare linteresse dellattore vittorioso).

    Le azioni costitutive necessarie, invece, sono quelle miranti ad una modificazione (concernente un diritto indisponibile) che le parti non avrebbero alcuna possibilit di conseguire per altra strada, neppure se lo volessero entrambe. Esempi: impugnazioni del matrimonio (artt. 117 ss. c.c.); domanda di separazione personale o divorzio; azione di disconoscimento della paternit (art. 244 c.c.). In questi casi, comunque, davvero problematica individuare un diritto sottostante, preesistente al processo, che sia diverso dal puro e semplice diritto dazione; tant che tali azioni meriterebbero, probabilmente, una collocazione autonoma ed a s stante rispetto alla giurisdizione contenziosa ed a quella volontaria. Parte della dottrina, infatti, utilizza a questo riguardo il concetto di giurisdizione (o processi) a contenuto oggettivo, per sottolineare come tali processi vertano non (direttamente) su un diritto o uno status, bens semplicemente sul dovere per il giudice di provvedere.

    Vi sono, poi, ipotesi che si collocano a met strada giacch le parti, al di fuori del processo, potrebbero conseguire effetti non propriamente identici, ma sostanzialmente equivalenti a quelli ottenibili dal provvedimento del giudice, sicch appare giusto ricomprendere comunque tale fattispecie nellambito delle azioni costitutive non necessarie (es. le c.d. impugnative di contratti e negozi giuridici). Si segnala, comunque, che la linea di confine tra azione costitutiva ed azione di mero accertamento non netta (ad es. lazione di nullit del matrimonio, visto che sottratta ad ogni termine ed proponibile da chiunque vi abbia un interesse legittimo od attuale). Tali ipotesi, probabilmente, vanno ricondotte nellalveo del mero accertamento, visto che gli effetti della sentenza sono destinati a prodursi fin dal momento in cui si perfezionata la situazione giuridica in essa dichiarata.

    P. 22 Le sentenze c.d. determinative

    Parte della dottrina parla anche di sentenze determinative. Secondo alcuni (Raselli) costituirebbero una figura trasversale rispetto a quelle fino ad ora esaminate (es. sentenza meramente determinative, determinative di condanna, ecc), secondo altri (Montesano) rappresenterebbero una species allinterno del genus delle sentenze costitutive. La nozione di sentenza determinativa, comunque, allude alle non rare ipotesi in cui il giudice chiamato ad integrare o specificare il contenuto di un diritto o di un obbligo che, virtualmente, preesiste, sul piano sostanziale, al suo intervento, ma non compiutamente determinato. A tal fine, il giudice stesso non pu prescindere da valutazioni pi o meno discrezionali (discrezionalit definita comunque tecnica, visto che non pu certamente essere mero arbitrio). Esempi: caso in cui si deve apprezzare, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi, il superamento della normale tollerabilit delle immissioni (art. 844 c.c.); o lindennit dovuta per la costituzione di una servit coattiva (art. 1032 c.c.). Lautonomia e la concreta utilit di tale categoria, comunque, appaiono assai dubbie, visto che la necessaria integrazione della norma sostanziale ad opera del giudice deve considerarsi un fenomeno normale nella realt giuridica. Il problema, al massimo, pu essere quello di stabilire se il diritto o lobbligo, cosi come definito dalla pronuncia del giudice, debba considerarsi nato (solo) con tale pronuncia oppure nel momento stesso in cui, sul piano sostanziale, se nerano verificati tutti i

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    presupposti presi in considerazione nel provvedimento determinativo. Non sembrano esserci, comunque, soluzioni univoche e generalizzanti.

    Sezione III: Il diritto e lazione

    P. 23 La relativit del concetto di azione

    Quello di azione, un concetto relativo. Lo stesso legislatore lo usa in modo ambiguo e, non di rado, come sinonimo di diritto soggettivo. Oggi, a differenza del diritto romano, riconosciuta la reciproca autonomia del diritto soggettivo e dellazione, visto che questultima appartiene alla categoria dei diritti soggettivi pubblici (perch ha come destinatario lo Stato) e si sostanzia, almeno per quel che concerne lazione di cognizione (e per quella cautelare nella fase c.d. autorizzativa), nel diritto ad ottenere dallautorit giudiziaria un provvedimento su una determinata domanda. Siamo, per, ancora lontani dal darne una definizione. Per darla, dobbiamo stabilire quale sia il provvedimento giudiziario che soddisfa il diritto dazione.

    Cosi, secondo la concezione pi astratta, lazione tenderebbe ad ottenere un provvedimento purchessia, giacch si ricollegherebbe al dovere del giudice di rispondere comunque alla domanda, indipendentemente dal contenuto della decisione e finanche quando questultima fosse di inammissibilit o di rigetto per motivi processuali (es. sentenza con cui il giudice nega la propria giurisdizione sulla causa sottopostagli).

    Il concetto di azione in senso concreto, invece, lidentifica col diritto ad ottenere dal giudice un provvedimento di merito favorevole allattore, ossia una decisione di accoglimento della domanda. E chiaro, dunque, che tra gli elementi costitutivi del diritto dazione viene ricompresa anche lesistenza di una volont di legge favorevole allattore, cio la sussistenza di tutte le condizioni di fatto e diritto cui subordinata la fondatezza della domanda: e, dunque, nella maggior parte dei casi, lesistenza stessa del diritto dedotto in giudizio.

    La concezione oggi pi diffusa, per, una via di mezzo tra le due, giacch definisce lazione come il diritto ad ottenere un provvedimento di merito, ossia una pronuncia che decida sulla fondatezza della domanda, ancorch rigettandola. Cosi, infatti, lesistenza del diritto dazione viene svincolata dalla concreta esistenza del diritto dedotto in giudizio dallattore e dipende da due elementi che si soliti definire condizioni dellazione: la legittimazione e linteresse ad agire.

    P. 24 Le c.d. condizioni dellazione di cognizione e i presupposti processuali

    Chiariamo il concetto di provvedimento di merito. Prescindendo dalla concezione astratta dellazione, le opinioni succitate concordano nel ravvisare nella legittimazione ad agire (legitimatio ad causam) e nellinteresse ad agire gli elementi costitutivi del diritto dazione. Se ne potrebbe dedurre, quindi, che la decisione che neghi una delle due condizioni dellazione non sia un provvedimento di merito, ma rientri nelle pronunce meramente processuali. Non va trascurato, comunque, che un provvedimento di questo tipo si traduce pur sempre nella negazione di un diritto, sicch da ritenere che anchesso partecipi dellefficacia decisoria propria delle sentenze di merito, sebbene non possa fare stato sul rapporto giuridico dedotto in giudizio.

    Tale caratteristica rende, quindi, pi facile distinguere le condizioni dellazione dai c.d. presupposti processuali, che pure condizionano, in maniera abbastanza simile, la possibilit che il giudice pervenga ad una pronuncia sul merito della causa. La categoria dei presupposti

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    processuali abbraccia molti requisiti eterogenei che possono riguardare o linstaurazione del processo (es. giurisdizione e competenza del giudice o capacit processuale richiesta alle parti) o la possibilit che esso prosegua verso la propria meta naturale (es. art. 410 ss. c.p.c. sulle controversie di lavoro, subordinando la procedibilit della domanda allespletamento di un tentativo di conciliazione stragiudiziale).

    Talora si afferma che le condizioni dellazione, a differenza dei presupposti processuali, potrebbero utilmente sopravvenire nel corso del giudizio, dovendo sussistere solo al momento della decisione. Ci sicuramente esatto per le condizioni dellazione, ma non sempre vero per i presupposti processuali, visto che non necessariamente preesistono allinstaurazione del processo.

    P. 25 Legittimazione ad agire ed ipotesi di sostituzione processuale

    La legittimazione ad agire (legitimatio ad causam) deve essere tenuta distinta dalla legittimazione processuale. La legittimazione ad agire serve ad individuare la titolarit dellazione, cio a chi essa spetti. Argomentando a contrario dallart. 81 c.p.c. si deduce che il diritto dazione compete a chiunque faccia valere nel processo un diritto assumendo di esserne il titolare. Quindi, per stabilire se un soggetto legittimato ad agire si guarda esclusivamente alla domanda stessa ed alla circostanza che in essa si affermi di essere titolare del diritto dedotto in giudizio. Naturalmente, poi, nel corso del processo si potr anche accertare che il diritto dedotto appartiene ad altri.

    Lo stesso art. 81 lascia intendere che vi sono casi specificamente indicati dal legislatore in cui consentito far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui. E il caso delle ipotesi di legittimazione straordinaria o di sostituzione processuale, caratterizzate dal fatto che il sostituto processuale abilitato ad agire in nome proprio per ottenere una decisione su un rapporto giuridico di cui titolare il sostituito. Esempi: azione surrogatoria ex art. 2900 c.c. in cui il creditore pu esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore, allorch questi ometta di farlo. Si noti, comunque, che in questo ed altri casi lattore agisce, in realt, in tutela di un proprio diritto od interesse (o, se la legittimazione attribuita ad un organo pubblico, nelladempimento di un dovere imposto dalla legge). Tuttavia, tale diritto, di regola, resta estraneo alloggetto del giudizio, che verte, invece, esclusivamente sullaltrui rapporto giuridico dedotto in forza della legittimazione straordinaria; impugnazione del matrimonio, allorch la relativa legittimazione sia estesa ai parenti, al pm ed a tutti coloro che possano vantare un interesse legittimo ed attuale o di nullit del contratto; azione popolare riconosciuta al cittadino in materia elettorale in caso di inerzia dellente locale; nelle azioni c.d. dirette, contraddistinte dalla circostanza che a determinati creditori si consente di dedurre in giudizio un credito del proprio debitore, per poi trovare diretta soddisfazione del proprio credito (differentemente dallazione surrogatoria), nel confronti del debitor debitoris.

    E agevole dedurne, comunque, che il rilievo pratico di tale condizione dellazione sia piuttosto modesto, giacch non certo frequente che lattore, senza poter vantare alcun titolo di legittimazione straordinaria, pretende di esercitare un diritto dichiaratamente altrui. Altrettanto limitata la concreta utilit della nozione di legittimazione a contraddire, che attiene alla titolarit passiva dellazione; spettante a chi, nella prospettazione della domanda, venga indicato quale titolare della situazione soggettiva passiva dedotta in giudizio. Anche in questo caso, infatti, difficile pensare che lattore faccia convenire in giudizio un soggetto diverso da quello che lui stesso abbia individuato, nella domanda, quale destinatario passivo.

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    Il pi delle volte, dunque, si parla impropriamente di difetto di legittimazione con riferimento a situazioni nelle quali, in realt, in discussione lesistenza stessa del diritto in favore allattore o lesistenza dellobbligo in capo al convenuto, ossia una questione che attiene al merito della causa. Esempio: contratto per persona da determinare. La dichiarazione di nomina determina retroattivamente lacquisto dei diritti e lassunzione degli obblighi contrattuali da parte del nominato (art. 1404 c.c.). Si avrebbe, quindi, difetto di legittimazione ad agire se il nominante, in tale situazione, chiedesse in giudizio un provvedimento (ad es. di condanna) in favore del soggetto da lui gi nominato (facendo valere, in tal modo, un diritto dichiaratamente altrui), mentre sorgerebbe una questione di merito se egli, dopo la nomina, pretendesse di esercitare come propri i diritti nascenti dal contratto.

    P. 26 Linteresse ad agire

    Art. 100 c.p.c.: per proporre una domanda o per contraddirla necessario avervi interesse. Questa secondo condizione dellazione dovrebbe assicurare che alla tutela giurisdizionale si acceda solo quando essa possa risultare obiettivamente utile allattore. Controversa, per, leffettiva ed autonoma importanza di tale requisito. Oggi, infatti, molti ritengono che linteresse ad agire svolga un ruolo apprezzabile autonomamente solo nellambito dellazione di mero accertamento ed in quella cautelare (dove si identificherebbe col periculum in mora), e non anche nellazione costitutiva o di condanna (perch questa presuppone un inadempimento, quindi una lesione gi attuale del diritto). In linea di principio tale impostazione appare esatta, ma non sempre (soprattutto per quelle di condanna).

    Quanto alle azioni di mero accertamento, poi, la tesi pi diffusa che linteresse ad agire si ricolleghi alla lesione che derivi allattore dal permanere di una situazione obiettiva dincertezza, provocata dalla contestazione del diritto da parte del convenuto, circa lesistenza o inesistenza di un rapporto giuridico. Questa ricostruzione ha il vantaggio di porre anche alla base dellazione di mero accertamento una situazione lato sensu di antigiuridicit addebitabile al destinatario della domanda, ma evidentemente non elimina le difficolt legate alla concreta applicazione dei criteri test enunciati, che inevitabilmente attribuiscono al giudice un notevole margine di discrezionalit nellapprezzamento dellinteresse ad agire (es. possibilit di chiedere il mero accertamento di un diritto futuro). Talvolta, infine, lo stesso legislatore che d luogo ad una sorta di commistione tra legittimazione ed interesse ad agire, poich si serve di questultimo per attribuire la legittimazione straordinaria ad agire a soggetti diversi da quelli titolari del rapporto controverso.

    Capitolo 3 Il Processo Civile e la Costituzione

    P. 27 Le garanzie costituzionali del processo

    La maggior parte delle garanzie costituzionali riguarda direttamente la magistratura, e solo in via mediata il processo. Vengono essenzialmente in rilievo gli artt. 24, 25 e 111 Cost. (questultimo oggetto di un importante riforma con l. cost. n. 2/1999).

    P. 28 La precostituzione del giudice per legge

    Lart. 25 1 co. Cost. prevede che nessuno possa essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Questo principio esige, dunque: A) che i criteri atti ad individuare il giudice competente siano prestabiliti per legge; B) che, una volta incardinata la causa dinanzi al giudice cosi determinato, essa non possa essergli sottratta. Si ritiene, per, che questo principio operi solo nei rapporti tra diversi uffici giudiziari e non impedisca, invece,

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    allinterno di ciascun ufficio, di attribuire al capo dello stesso quei poteri indispensabili in relazione allorganizzazione ed alla funzionalit dellorgano giudiziario, che inevitabilmente incidono sulla concreta individuazione del/i magistrato/i chiamati ad occuparsi di una determinata controversia.

    P. 29 Il diritto dazione e di difesa

    La prima e forse pi importante garanzia quella dellart. 24 1 co. Cost. che assiste il diritto dazione. Al secondo comma, invece, si registra il diritto di difesa che inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Stando allopinione pi diffusa, tale disposizione avrebbe consacrato il principio del contraddittorio che gi aveva avuto parzialmente riconoscimento dallart. 101 c.p.c. (il giudice, salvo che la legge disponga diversamente, non pu statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale proposta non stata regolarmente citata e non comparsa) ed stato ulteriormente ribadito dallart. 111 Cost.. La portata degli artt. 24 e 111 Cost. assai ampia, dato che copre ogni fase del processo, assicurando che ciascuna parte abbia la concreta possibilit di replicare di fronte a nuove allegazioni o richieste dellavversario, nonch di fronte alle stesse iniziative del giudice da cui possa derivare un possibile pregiudizio a taluna delle parti o addirittura un ampliamento del dibattito processuale. La riforma del 2009, per questo, ha aggiunto un 2 co. allart. 101 prevedendo che il giudice, allorch ritenga di porre a fondamento della decisione una questione rilevata dufficio, debba assegnare alle parti un termine per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla questione medesima.

    La costituzionalizzazione del principio del contraddittorio ex art. 111 Cost. (ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti) suscita non lievi dubbi, inoltre, circa la legittimit dei non pochi procedimenti speciali nei quali il codice prevede o consente che il contraddittorio tra le parti si instauri dopo la pronuncia del provvedimento (es. procedimento per ingiunzione o cautelari), perlomeno quando questo provvedimento sia di per s immediatamente idoneo a dar luogo ad una qualunque forma di esecuzione forzata in danno della parte che lo subisce (es. procedimento monitorio). Se non si discute, infatti, circa la possibilit di restringere temporaneamente il principio del contraddittorio in funzione di altri principi di rango costituzionale, per altro verso pur vero che tali deroghe dovrebbero essere sempre ben circoscritte, a livello normativo, e nel contempo dovrebbero operare, ex lege, solo per il tempo strettamente indispensabile alla successiva instaurazione del contraddittorio (condizioni, queste, cui il legislatore italiano non sempre si attiene).

    Si ritiene che lart. 24 2 co. Cost. sancisca anche il diritto alla c.d. difesa tecnica, ossia di avvalersi di un avvocato per sostenere le proprie ragioni dinanzi ad organi giudiziari. Il comma seguente si preoccupa di aggiungere che sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

    P. 30 La c.d. parit delle armi

    Il riformato art. 111 2 co. Cost. enuncia anche il principio per cui il processo deve svolgersi in condizioni di parit fra le parti. E diffusa la convinzione, comunque, che il principio di parit non escluda in assoluto la legittimit di un trattamento processuale per taluni profili differenziato tra le parti, che risulti in qualche modo privilegiato per taluna di esse; alla duplice condizione, comunque, che la discriminazione sia ragionevole, cio giustificata da unoggettiva disparit delle parti medesime (dovuta, ad es., dallintrinseca debolezza della

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    posizione di una delle parti, come ad es. il lavoratore dipendente), e non si traduca, comunque, in una indebita compressione del diritto dazione o di difesa.

    P. 31 La ragionevole durata del processo

    Lart. 111 2 co. Cost., ancora, prevede che la legge assicuri la ragionevole durata del processo. Questo principio, per certi versi, potrebbe anche farsi discendere dallo stesso art. 24 Cost., giacch ovvio che, in molti casi, una decisione giunta con notevole ritardo possa risultare concretamente poco utile allattore e rischia di diventare, dunque, un sostanziale diniego di tutela (es. imprenditore che, non ricevendo pagamenti per i suoi crediti, diventa insolvente e fallisce). Questa disposizione, tuttavia, e resta di mero indirizzo, priva di ricadute immediate sul processo, dato che questultimo ha tempi fisiologici. Se il legislatore volesse dare effettiva attuazione al principio in questione dovrebbe operare per un verso sugli aspetti organizzativi e strutturali e, per altro verso, sul piano strettamente processuale. Le riforme in tal senso non hanno dato i frutti sperati, dato che i tempi dei processi civili italiani sono i pi lunghi dEuropa ed hanno portato spesso a condanne allItalia da parte della Corte Europea dei diritti delluomo. Il legislatore quindi intervenuto con la l. 24 Marzo 2001 n. 89 (c.d. Legge Pinto) per disciplinare il diritto ad una equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole previsto.

    P. 32 Il principio del giusto processo regolato dalla legge

    Lart. 111 Cost. oggi si apre con laffermazione secondo cui la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Non ha concreta portate ed autonomia, visto che poco c di chiare nel contenuto preciso del concetto di giusto processo. Per giusto processo, infatti, si pu intendere o una sorta di sintesi delle garanzie che il legislatore costituzionale ha poi consacrato nei commi successivi dello stesso art. 111 (il che, per, renderebbe ridondante la norma in esame), oppure, come sembra preferibile, ritenere che il processo giusto sia quello che riesce a dare concreta e fedele attuazione a quellassetto di interessi astrattamente delineato dal diritto sostanziale. In altre parole, questo principio potrebbe dirsi rispettato sol quando il processo: A) fosse congegnato in modo da rendere laccertamento che il giudice deve fare il pi possibile attendibile e conforme alla realt dei fatti (c.d. verit materiale); B) fosse munito degli strumenti occorrenti per far concretamente conseguire, alla parte che ha invocato la tutela ed ottenuto il riconoscimento del proprio diritto, tutte e proprio quelle concrete utilit che il legislatore sostanziale le aveva in astratto garantito.

    Quanto allesigenza che il processo sia regolato per legge, poi, chiaro chessa non pu essere intesa in termini assoluti, visto che inevitabile che alcuni aspetti, anche rilevanti (es. fissazione di taluni termini), siano rimessi allapprezzamento del magistrato. Lart. 111 1 co. Cost., tuttavia, pone dei limiti. In primis, non pu essere affidata al giudice la generica regolamentazione del processo. In secundis, ogni eventuale deroga, per un verso deve risultare giustificata dalleffettiva esigenza di tener conto delle possibili peculiarit del processo, e per altro verso devessere sufficientemente precisata e circoscritta quanto ai presupposti del potere attribuito al giudice, per evitare discrezionalit assoluta.

    P. 33 Obbligo della motivazione e garanzia del ricorso per cassazione: rinvio. Cenni sulla pronuncia secondo equit.

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    Gi nella sua formula originaria lart. 111 Cost. prevedeva che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Si ritiene che, con provvedimenti giurisdizionali, ci si riferisse solo a quelli aventi contenuto decisorio. Si discute, invece, circa la compatibilit col precetto costituzionale di diverse soluzioni che prevedano ipotesi di motivazione non obbligatoria, ma subordinata, ad es., allesplicita richiesta di taluna delle parti. Altra garanzia quella prevista dal 7 co. dellart. 111 Cost. che ammette il ricorso in Cassazione per violazione di legge contro le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali. Questa disposizione presuppone lobbligo, per il giudice, di decidere secondo la legge.

    Obbligo, questo, ribadito anche dallart. 113 c.p.c. per cui il giudice, nel pronunciare sulla causa, deve seguire le norme del diritto, salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equit. Decidere, dunque, allontanandosi dalla legge, ma seguendo principi e valori etici