AttivaMente Giugno 09

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Il tema ambientale rappresenta la sfida so- ciale e politica cruciale della nostra generazio- ne. Pur non esaurendo completamente il vasto panorama dei campi di intervento per chi ha a cuore le sorti della real- tà in cui vive, la grande questione ambientale rappresenta probabil- mente lo sfondo sotte- so ad ognuno di essi. In quest’ottica una poli- tica per la salvaguardia dell’ambiente, una poli- tica per lo sviluppo eco- nomico, una per la sa- lute, una per la cultura e la crescita si intrec- ciano in un'unica pro- spettiva tesa al miglio- ramento della qualità della vita della gente. (…) SEGUE A PAG. 3 INTERVISTA DOPPIA a PAGINA 4 e 5 Il vuoto si può definire come la speran- za delusa della possibilità di reperire un senso alla nostra vita. Il vuoto parte dall’indifferenza di fronte alla gerarchia dei valori, è un sentimento di noia co- stante ed è vivere senza poesia. Il vuoto che si percepisce dentro di noi ci rende impossibile comunicare con gli altri, infatti talvolta questo si manifesta con il silen- zio, non si riesce a trovare tutte le parole per spiegarlo, lo si nasconde dietro una maschera e si cerca di riempirlo inutil- mente di musica assordante. (…) SEGUE A PAG. 7 Martedì 12 maggio 2009 si è tenuta presso la libreria “Iman” la presentazione del libro “Il Gramsci di Turi” di Massimo Giusto e Ferdinando Dubla, a cura del Preside Vincenzo Monaco e della Professoressa Carla Gallo. (…) SEGUE A PAG. 8 Foglio non periodico a distribuzione gratuita e diffusione interna La crisi economica sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema economico nazionale. A pagarne maggiormente i costi sono i soggetti più deboli e meno tutelati dal sistema di welfare: i giovani disoccupati, i precari, le donne. Soprattutto nel Mezzogiorno. Ragionare intorno alle prospettive occupa- zionali di queste categorie vuol dire capire quali sono le con- dizioni di sviluppo del territorio, e che tipo di interventi vengo- no implementati dagli Enti preposti al governo dei processi economici. Ogni crisi va immaginata come un punto di satu- razione dell’economia, laddove le contraddizioni e le distor- sioni presenti emergono in maniera evidente. (…) SEGUE A PAG. 2 Cosa è in sostanza un referendum? È il più importante istituto di democrazia diretta del quale il popolo italiano dispo- ne, è quello che offre la possibilità di esprimere il proprio parere politico sen- za la mediazione del governo! Il che dovrebbe essere il minimo in uno stato in cui il primo articolo della costituzione, quindi della legge fonda- mentale, recita nel 2° comma: “la sovra- nità appartiene al popolo”. (…) SEGUE A PAG. 6 Le politiche sociali nella nostra Regio- ne sono regolate dalla legge n. 19 del 10 Luglio 2006 “Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità ed il benessere delle donne e degli uo- mini di Puglia”. Per discutere, quindi, di tutto quello che concerne il nostro sistema di welfa- re regionale e locale, non si può non partire dalle finalità che questa legge si propone, che sono, tra le altre, quella di garantire alle persone, alle famiglie ed ai nuclei di persone, la qualità della vita, le pari opportunità ed i diritti di cittadi- nanza, operando in maniera tale da eli- minare o ridurre gli ostacoli della piena inclusione sociale. (…) SEGUE A PAG. 6

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Il Secondo numero di AttivaMente , rivista dei Giovani Democratici di Massafra. Hanno collaborato alla creazione di “AttivaMente”: Francesca Scarano,Paolo Tristani ,Giuseppe Fontana, Andrea adamo, Paolo Tristani, Angelo Notaristefano, Francesca Greco, Domenico Lasigna, Valentina Fedele, Piermario Pagliari. Per il progetto grafico: Marco Tondo e Domenico Lasigna.

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Il tema ambientale rappresenta la sfida so-ciale e politica cruciale della nostra generazio-ne. Pur non esaurendo completamente il vasto panorama dei campi di intervento per chi ha a cuore le sorti della real-tà in cui vive, la grande questione ambientale rappresenta probabil-mente lo sfondo sotte-so ad ognuno di essi. In quest’ottica una poli-tica per la salvaguardia dell’ambiente, una poli-tica per lo sviluppo eco-nomico, una per la sa-lute, una per la cultura e la crescita si intrec-ciano in un'unica pro-spettiva tesa al miglio-ramento della qualità della vita della gente. (…)

SEGUE A PAG. 3 INTERVISTA DOPPIA

a PAGINA 4 e 5

Il vuoto si può definire come la speran-

za delusa della possibilità di reperire un senso alla nostra vita. Il vuoto parte dall’indifferenza di fronte alla gerarchia dei valori, è un sentimento di noia co-stante ed è vivere senza poesia. Il vuoto che si percepisce dentro di noi ci rende impossibile comunicare con gli altri, infatti talvolta questo si manifesta con il silen-zio, non si riesce a trovare tutte le parole per spiegarlo, lo si nasconde dietro una maschera e si cerca di riempirlo inutil-mente di musica assordante. (…)

SEGUE A PAG. 7

Martedì 12 maggio 2009 si è tenuta presso la libreria “Iman” la presentazione del libro “Il Gramsci di Turi” di Massimo Giusto e Ferdinando Dubla, a cura del Preside Vincenzo Monaco e della Professoressa Carla Gallo. (…)

SEGUE A PAG. 8

Foglio non periodico a distribuzione gratuita e diffusione interna

La crisi economica sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema economico nazionale. A pagarne maggiormente i costi sono i soggetti più deboli e meno tutelati dal sistema di welfare: i giovani disoccupati, i precari, le donne. Soprattutto nel Mezzogiorno. Ragionare intorno alle prospettive occupa-zionali di queste categorie vuol dire capire quali sono le con-

dizioni di sviluppo del territorio, e che tipo di interventi vengo-no implementati dagli Enti preposti al governo dei processi economici. Ogni crisi va immaginata come un punto di satu-razione dell’economia, laddove le contraddizioni e le distor-sioni presenti emergono in maniera evidente. (…)

SEGUE A PAG. 2

Cosa è in sostanza un referendum? È il più importante istituto di democrazia diretta del quale il popolo italiano dispo-ne, è quello che offre la possibilità di esprimere il proprio parere politico sen-za la mediazione del governo!

Il che dovrebbe essere il minimo in uno stato in cui il primo articolo della costituzione, quindi della legge fonda-mentale, recita nel 2° comma: “la sovra-nità appartiene al popolo”. (…)

SEGUE A PAG. 6

Le politiche sociali nella nostra Regio-

ne sono regolate dalla legge n. 19 del 10 Luglio 2006 “Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità ed il benessere delle donne e degli uo-mini di Puglia”.

Per discutere, quindi, di tutto quello che concerne il nostro sistema di welfa-re regionale e locale, non si può non partire dalle finalità che questa legge si propone, che sono, tra le altre, quella di garantire alle persone, alle famiglie ed ai nuclei di persone, la qualità della vita, le pari opportunità ed i diritti di cittadi-nanza, operando in maniera tale da eli-minare o ridurre gli ostacoli della piena inclusione sociale. (…)

SEGUE A PAG. 6

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[...] Il quadro della provincia di Taran-to fino al 2007 ci consegnava una pro-vincia relativamente in salute, secondo gli indici più comuni: secondo l’Istituto Tagliacarne, fra il 2001 ed il 2008 il PIL pro capite della provincia di Taranto è aumentato del 4,6%; incremento che non ha avuto eguali in ambito regiona-le (+3,0%), superiore in misura rilevan-te anche al dato dell’intero Mezzogior-no (+3,7%) e nazionale (+3,3%).

I dati sul valore aggiunto, che indica la quantità di nuova ricchezza prodotta dai vari settori, ci dimostrano come i settori trainanti dell’economia provin-ciale siano quelli delle costruzioni e dell’industria pesante. Un dato ovvio, supportato dai numeri, che chiarisce le ragioni per cui la crisi che si è abbattu-ta in maniera fortissima nella filiera dell’acciaio e dei suoi impieghi, nonché nelle costruzioni, abbia trascinato con sé l’intera economia locale.

A tutto questo si deve aggiungere la crisi ormai strutturale che vessa il set-tore agricolo (-13,9% la caduta del va-lore aggiunto a prezzi correnti tra il 2006 ed il 2007).

Capire l’incidenza dei settori tradizio-nali (fortemente in crisi) nell’economia locale è fondamentale per cogliere ap-pieno la necessità di innovare, di diver-sificare l’offerta e le prospettive che il territorio può offrire ai giovani ma non solo ad essi.

Basti pensare che il settore metal-meccanico rappresenta per la nostra provincia ben l’88,4% del totale sulle esportazioni (2008) le quali dal 2007 al 2008 sono calate del 3,7%, a differen-za di quanto avviene nell’intera regione Puglia (+2,1%).

Guardando invece all’import, che è cresciuto 26,8%, mentre in Puglia la crescita è stata del 10%, il settore me-talmeccanico pesa per il 40,2%; di questa percentuale una quota rilevan-tissima è costituita dalle materie prime dell’industria pesante.

I beni a basso contenuto tecnologico commercializzati nella provincia di Ta-ranto, dal 2007 al 2008, sono aumen-tati dal 75,7% al 83,7%; a tutto questo si aggiunge che le imprese tarantine detengono tra i più bassi numeri di bre-vetti depositati negli ultimi anni, i più bassi numeri di marchi, e tra le più mi-nori domande di invenzione.

Per completare il quadro la mortalità di imprese tra il 2007 ed il 2008 è cre-

sciuta del 6,5% (meno di altre province pugliesi),

ma le tipologie di imprese più colpite sono le PMI e le imprese individuali agricole e dell’industria in senso stretto.

La struttura produttiva della nostra provincia è vecchia, basata prevalen-temente su settori tradizio-nali molto più sensibili a patire le criticità della re-cessione. Secondo la Ca-mera di Commercio di Ta-ranto nel 2009 solo il 22,4% delle imprese pre-vede di incrementare le assunzioni.

Lo scenario appare desolante. Appare ancora più grave se conside-

riamo le difficoltà e la lentezza con cui si procede negli interventi che possono rilanciare le prospettive del territorio.

Da anni si sente parlare del porto di Taranto come chiave di volta per il de-collo dell’economia della nostra provin-cia. Tutto però appare ancora fermo, da risultare quasi una canonica banali-tà da rispolverare in ogni campagna elettorale

Due questioni fondamentali: la bonifi-ca dell’area industriale di Taranto e i dragaggi al Porto.

Oggi è impossibile insediare una qualunque impresa nell’area industriale di Taranto se non si procede alla pre-via bonifica del territorio inquinato, con un costo fisso insostenibile per qualun-que tipo di investimento. Questa zavor-ra sarebbe stata alleviata dall’utilizzo delle risorse previste per la bonifica dei siti di interesse nazionali (inquinati) che sarebbero dovute ammontare a 3.009 milioni di euro, fondo FAS.

Il governo però ha pensato bene di stralciare Taranto e Brindisi dagli inter-venti prioritari, prosciugando nel frat-tempo il fondo FAS (decennale), e uti-lizzando la spesa in conto capitale per il sud in interventi che ha ritenuto più utili allo sviluppo, tipo: taglio dell’ICI per i ricchi, fondo per gli ammortizzato-ri sociali, copertura delle spese di Tre-nitalia e Tirrenia, ricostruzione delle zone terremotate in Abruzzo, rottama-zione dei frigoriferi, spese per il G8 in Sardegna, pagamento delle multe per l’eccedenza delle quote latte degli alle-vatori del Nord, appianare i deficit dei comuni di Roma e Catania. Primo o-stacolo allo sviluppo.

Secondo: gli immani ritardi che anco-ra si registrano sul fronte dei dragaggi

per abbassare i fondali del porto di Taranto e consentire alle navi contai-ner di ultima generazione di poter at-traccare.

La situazione è in fase di stallo per via del blocco delle caratterizzazione dei fanghi da dragare dai fondali, e valutarne la destinazione e l’impatto ambientale.

In assenza di questi fondamentali interventi infrastrutturali è difficile im-maginare un vero decollo generale del tessuto economico del nostro territorio. Anche gli interventi del Piano Strategi-co di Area Vasta e la zona franca urba-na a Taranto rischiano di svuotarsi di contenuto, e perdere di incisività.

Le alternative? Puntare sulla valoriz-zazione del turismo di nicchia, sulla valorizzazione delle produzioni agroali-mentari, sui servizi e sulla terziarizza-zione mediante un impulso notevole dell’autoimprenditorialità, soprattutto per i giovani che volessero sfruttare le notevoli risorse che la Regione Puglia mette a disposizione per stimolare la creazione di “nuovi lavori”.

Potrebbe essere una possibilità, ma in assenza di prospettive stabili e dura-ture di sviluppo c’è il serio rischio che scommesse di questo tipo rischino di diventare sporadiche espressione di successo, avulse da un quadro gene-rale di prosperità.

Occorre riprendere le vecchie lezioni dello sviluppo concertato: il pubblico, nei suoi vari livelli di governo, e gli atto-ri privati.

Modulare la spesa, gli interventi, le forme di fiscalità di vantaggio, affinché ciascuno possa recitare il proprio ruolo virtuoso per programmare coerente-mente le prospettive generali del terri-torio.

Giuseppe Fontana

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[…] Una politica riformista e protesa verso la tutela del bene comune deve sentirsi pronta ad offrire un progetto di rinnova-mento della società piegata non da diritti e da interessi contrap-posti, ma migliorata da un’unica sintesi indirizzata verso un be-nessere diffuso, equo, giusto. Un diritto al bene comune ed al futuro che passa inevitabilmente attraverso la tutela e la salva-guardia dell’ambiente, dell’aria, delle acque.

Un territorio che è esso stesso una grande opportunità di svi-luppo economico, senza tuttavia sacrificare alle logiche del car-bone e dell’acciaio l’intangibilità del diritto alla vita.

Qualsiasi progetto di sviluppo umano che prevede la contrap-posizione di diritti inalienabili, ed è disposto a trascurare l’ambiente in nome di logiche economicistiche, non solo è anti-storico, ma rappresenta un inciampo verso il progresso della civiltà. Una civiltà dell’inclusione e delle opportunità.

Taranto vive la sua più grande ingiustizia nel dover suscitare nell’immaginario comune l’immediata associazione ideale con gli altiforni, le esalazioni, i morti sul lavoro, la diossina e l’intorpidimento acquifero. La nostra politica serve innanzitutto a far capire che Taranto, e la sua provincia, sono molto più di que-sto. Puntiamo ad un modello di sviluppo pulito e innovativo. La scottante tematica dell’ILVA non esaurisce il problema di un’area industriale che spesso ha tenuto in ostaggio le possibilità di cre-scita di una comunità molto vasta.

Senza indulgere nelle poco realistiche previsioni di una dismis-sione della attuale realtà industriale, riteniamo, noi riformisti, che sia indispensabile un radicale intervento di politica industriale per consentire alle imprese di perseguire le loro legittime ed impor-tanti logiche di profitto, ma al contempo di consentire al territorio di sperimentare degnamente nuovi canali di crescita legati al turismo, alla cultura, alla valorizzazione del patrimonio.

È indispensabile rimuovere quelle condizioni di sudditanza del-la città e della provincia che consentono la perpetuazione di quel “ricatto occupazionale” che, di fatto, mette al riparo le imprese dall’assunzione di responsabilità circa l’integrità del territorio.

La politica e le istituzioni, in questo senso, devono recitare un ruolo importante di persuasione nei confronti del mondo indu-striale, e sancire con esso un patto di salvaguardia e sviluppo.

Un territorio ricco e variegato deve necessariamente puntare su una molteplicità di risorse per crescere. La strategicità geo-grafica e le brevi distanze che collegano la città di Taranto ad altri territori della regione a forte richiamo turistico rappresentano la chiave per sostenere processi di crescita duraturi, solidi ed efficaci, in quanto non legherebbero le sorti di centinaia di mi-gliaia di famiglie alle fortune finanziarie di un unico settore indu-striale e dell’indotto presente.

Queste opportunità consentirebbero di liberare l’industria pe-sante dal monopolizzare le aspettative dei lavoratori, e a questi ultimi di poter guardare alla fabbrica solo come una possibilità tra tante, non come a quel “paradiso” che tuttora resta il principale imputato nell’anomala percentuale di incidenza di tumori nella nostra provincia. A questo proposito salutiamo con evidente sod-disfazione l’attenzione della Giunta Regionale che, mitigando gli effetti di una blanda normativa italiana, ha finalmente introdotto una legge che limita notevolmente le emissioni di diossina. Ora sono estremamente fondamentali azioni forti di bonifica e di tute-la ambientale, per rendere il nostro territorio appetibile, funziona-le ad accogliere investimenti in settori alternativi che sfruttino la portualità, le reti di comunicazione che vanno necessariamente rafforzate ed estese, un litorale invidiabile che resta largamente sotto-utilizzato e privo delle necessarie infrastrutture che possa-no far decollare un potenziale ancora inespresso.

La Puglia, la sua storia, e la sua posizione nel mediterraneo rappresentano una piattaforma naturale per gli scambi commer-ciali, culturali, e di esperienze che se supportata da interventi oculati e mirati può davvero elevare il nostro territorio ad essere uno dei centri strategici negli scenari politici ed economici euro-pei e non solo.

In questa duplice ottica di tutela paesaggistica e spendibilità economica, è opportuno valorizzare con interventi cospicui le

riserve naturali e le aree protette che, oltre a preservare l’integrità fisica del territorio, possono offrire un’ottima opportuni-tà economica legata al crescente fenomeno del turismo culturale di nicchia, alla promozione dei prodotti enogastronomici. Questo consente d’altro canto di procedere ad una cura più efficace del territorio, alla valorizzazione delle culture locali di appartenenza e delle tradizioni proprie di ciascun comune, nonché ad inserire in un logica imprenditoriale sana la galassia delle piccole azien-de agricole e zootecniche che in questi anni stanno conoscendo una crisi senza precedenti.

Promuovere forme consortili legate ad un marchio di indicazio-ne geografica riconosciuto permetterebbe a queste aziende di fungere da volano di sviluppo economico, nonché frenerebbe quel fenomeno di spopolamento delle campagne che genera incuria, ed espone il territorio alla piaga degli incendi e della spe-culazione urbanistica.

L’ambiente come una risorsa da preservare impone una rifles-sione seria circa la gestione e lo smaltimento dei rifiuti che anche in Puglia rischia di trasformarsi in un’emergenza. Diversi studi hanno dimostrato che la politica dei termovalorizzatori è contro-producente da un punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista delle emissioni. Tuttavia la costruzione di discari-che e inceneritori rappresenta la soluzione immediata ad un pro-blema che rischia di collassare sulla comunità, laddove nel tem-po non si è profuso il dovuto impegno nell’implementazione dell’unica forma di smaltimento dei rifiuti in grado di eliminare alla radice il problema: la raccolta differenziata.

In media i comuni dei vari ATO in cui è suddiviso il territorio regionale conoscono percentuali di raccolta differenziata oscil-lanti intorno al 10%; per i comuni nelle cui vicinanze sono pre-senti delle discariche, queste percentuali crollano vigorosamen-te. La gestione delle discariche, oltre ad essere una ferita nell’integrità fisica e nella salubrità dell’aria respirabile, è anche un affare dalle tinte poco chiare.

Per questa ragione è indispensabile un controllo stringente sul ciclo dei rifiuti che, nonostante gli investimenti ingenti sulla rac-colta differenziata, ancora non raggiunge quelle percentuali im-ponenti che sono previste dalla legge e che rappresentano un vanto per diverse regioni del centro-nord.

Compito di un’organizzazione giovanile è la sensibilizzazione e l’educazione per una nuova cultura ambientale; compito delle istituzione predisporre gli strumenti e le strutture che non neutra-lizzino gli sforzi compiuti in questa campagna di sensibilizzazio-ne.

La questione ambientale è indissolubilmente legata anche al tema della produzione energetica. L’energia è uno dei pilastri su cui si muovono i destini dell’economia del mondo e gli interessi geopolitici. La dipendenza dalle fonti fossili e dal metano impor-tati dall’estero resta uno dei gap che il nostro paese paga sul terreno dello sviluppo e del rilancio economico. Riteniamo, a tal proposito, del tutto improponibile la scelta strategica compiuta dal governo di puntare sull’energia nucleare sia per ragioni di sicurezza, sia per l’irrisolta questione delle scorie, sia per non convenienza economica di investimenti dai risultati non godibili in tempi relativamente brevi.

Riteniamo che la strada da percorrere sia un tragitto che guardi avanti, che punti all’introduzione di tecnologie che sfruttino le potenzialità inesauribili del fotovoltaico e dell’eolico. La nostra regione è tra quelle che maggiormente stanno investendo nell’energia pulita e nelle fonti rinnovabili. Riteniamo che si deb-ba procedere lungo questa rotta, rendendo questi investimenti economicamente accessibili al maggior numero di utenti.

Per questo l’ambiente non è solo un’emergenza, ma è l’opportunità per superare la crisi economica mondiale in atto. È la strada che hanno già intrapreso i più importanti paesi europei, è la via che indica per il futuro il nuovo presidente degli Stati Uni-ti, mentre l’Italia rischia di rimanere ai blocchi di partenza per quella che si annuncia come la più importante competizione economica dei prossimi anni.

Giovani Democratici - Taranto

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La crisi economica che il mondo intero sta attraversando coin-volge le imprese e i lavoratori in modo differente legandole sem-pre più a doppio filo. Per questo abbiamo messo a confronto, in un intervista doppia, i rappresentanti locali di due forze sociali: Antonio Lenoci, Presidente di Confiundustria, e Franco Indi-ce, Segretario della CGIL.

Che cos’è la Confindustria/CGIL e cosa fa? LENOCI: Confindustria è la Confederazione generale dell’Industria Italiana dove aderiscono piccole, medie e grandi imprese. Si può sinteticamente definire come il “sindacato degli imprenditori”, in quanto tutta la sua attività è rivolta alla tutela dell’impresa e dell’imprenditore. INDICE: La CGIL è la più grande organizzazione sindacale dei lavo-ratori italiani dipendenti, pubblici e privati; unisce tutte le organizza-zioni di categoria, racchiude e rappresenta anche il mondo del pre-cariato, dei disoccupati organizzati e degli immigrati comunitari ed extracomunitari. Contratta con i datori di lavoro su salari, sicurezza, politiche industriali di investimento e di sviluppo, difende i diritti e le conquiste già patrimonio del mondo del lavoro e si batte per il rag-giungimento di nuove conquiste e per l’estensione dei diritti fondamentali anche alle fasce non tutelate.

Stiamo affrontando una crisi finanziaria che sta colpendo anche il mondo reale. Quali sono le condi-zioni delle imprese e dei lavoratori? Qual è la situa-zione a Massafra? LENOCI: La crisi economico-finanziaria in atto non trova riscontro nel recente passato ed ha una portata di caratte-re mondiale pressoché generalizzata e davvero devastan-te. Il nostro Paese, la nostra Regione, la nostra Pro-vincia non sfuggono a questo stato di cose con l’aggravante, per la provincia jonica e quindi per Massa-fra, di essere un territorio in grande sofferenza già da molti anni. Numerose imprese hanno chiuso i battenti e quelle rimaste lottano per la sopravvivenza in attesa di un futuro meno drammatico. Mas-siccio è il ricorso alla Cassa Integrazione in tutte le sue forme. INDICE: La grave crisi finanziaria internazionale ha ormai da diver-so tempo colpito anche e soprattutto l’economia reale mettendo in difficoltà le grandi aziende (mancanza di commesse e ampio ricorso alla cassa integrazione), ma soprattutto le piccole aziende, che so-no le più deboli anche dal punto di vista finanziario, e che continua-no, numerose, a chiudere le loro attività e a licenziare i propri dipen-denti, spesso non coperti da alcun tipo di ammortizzatore sociale. Cresce quindi la disoccupazione, diminuiscono i consumi e una fascia sempre più numerosa di popolazione si avvicina sempre più alla soglia di rischio povertà. A Massafra la situazione non è diversa dal resto del paese; si ri-schia di veder scomparire numerose piccole attività commerciali e le piccolissime, ma preziose e altamente professionali, aziende mas-safresi che vivono dell’indotto della grande fabbrica e di commesse provenienti anche dall’esterno del nostro territorio. Le nostre azien-de più grandi e più competitive si indebitano anche per cercare di mantenere gli attuali livelli di occupazione, ma sicuramente nei prossimi mesi saranno anche esse costrette, quelle che ne hanno i requisiti, a ricorrere alla cassa integrazione e alla estromissione di personale e professionalità esterne, che utilizzavano nei periodi di piena produttività. I cantieri edili, poi, sono quasi fermi perché le case non si vendono per mancanza di liquidità ad acquistare. Il mondo dell’agricoltura, già duramente colpito dalle calamità naturali, viene investito ulterior-mente dalla crisi di consumo dei prodotti e da conseguenti difficoltà finanziarie generando, a cascata, nuova e diffusa disoccupazione.

Quali sono le proposte della Confindustria/CGIL per uscire dalla crisi e soprattutto cosa fa per aiutare i più giovani che la stanno subendo più pesantemente? LENOCI: Per uscire dalla crisi non bisogna aspettare passivamente che avvengano miracoli, ma adoperarsi attivamente utilizzando le

risorse che il nostro territorio mette a disposizione, non quelle che si sognano ma che ancora non sono disponibili. Agricoltura, turismo, pesca, siderurgia,

logistica, tessile, alimentare: questi comparti sono realtà del nostro territorio e su di loro occorre puntare e valorizzare al massimo tutto per una inversione di rotta. Per i giovani, Confindustria ha siglato protocolli d’intesa con Scuola e Università ed è costantemente im-pegnata, attraverso i suoi organismi a ciò deputati, nella formazione di figure professionali per il successivo inserimento nel mondo del lavoro . INDICE: La CGIL aveva già da tempo denunciato le pesanti conse-guenze occupazionali che la crisi avrebbe prodotto, non solo per chi un lavoro già c’è l’ha e comincia a perderlo, ma soprattutto per chi un lavoro non lo aveva mai avuto, cioè i giovani. Per questi, soprattutto la CGIL, proponeva e propone un assegno di mantenimento al percorso formativo (studio o formazione professio-nale), un incentivo alle aziende che assumono giovani o trasforma-no contratti precari in contratti a tempo indeterminato, un finanzia-mento ai giovani che insieme promuovono nuove imprese; soprat-tutto, però, fondi per la ricerca e per le innovazioni tecnologiche, in cui l’Italia è indietro a molti altri paesi dell’Unione Europea.

Quale è la sua opinione sul precariato? È davvero così indi-spensabile per le Aziende?

LENOCI: Il precariato, come dice la parola stessa, è qualcosa di temporaneo, di contingente e quindi non rappresenta una soluzione definitiva. C’è da dire, però, che allo stato costituisce un’ancora di salvezza ed una soluzione, sia pure momentanea, alla incalzante perdita di posti di lavoro. Nell’attuale fase di sopravvivenza ha la

sua utilità per le aziende . INDICE: La flessibilità del lavoro o dei lavori, che nasceva

da un’esigenza di nuove e più variegate competenze e professionalità da utilizzare con modi e tempi

concordati e contrattati fra le parti sociali (impresa-sindacato), ha finito con l’essere inteso sempre più co-

me precariato soprattutto da parte delle aziende. È questo un modo distorto e sbagliato di utilizzare il lavoro flessibile, perché il precaria-to finisce, a mio parere, per nuocere al lavoratore (mancanza di prospettive e progettualità individuali) e alla stessa azienda (non poter contare su esperienze, conoscenze e professionalità stabili) e dunque flessibilità si. Precariato no.

Un altro grosso problema è il ritorno ad una grande migrazio-ne verso il Nord. Cosa si può fare per rilanciare il Mezzogior-no? Quali sono le possibili soluzioni per aumentare i posti di lavoro? LENOCI: Non sempre trasferirsi al Nord risolve i problemi: alla mi-grazione spesso segue il ritorno al proprio territorio. Il rilancio del Mezzogiorno è problema vecchio e non ancora risolto per colpe che riguardano un pò tutti: i politici, le istituzioni, gli stessi imprenditori, le varie parti sociali. La politica del puro assistenzialismo oggi non è più praticabile e occorre un salto di mentalità che faccia capire che certe abitudini, certe istanze, certe tradizioni non sono più percorri-bili. Ciascuno deve essere attore della propria esistenza, deve ri-schiare in proprio e puntare sulle risorse esistenti nel territorio come detto in precedenza. L’aumento dei posti di lavoro è dunque legato ad un nuovo modo di fare politica e ad un altrettanto nuovo modo di fare l’imprenditore. Il rilancio siamo noi, dobbiamo credere in noi stessi e nelle nostre capacità. INDICE: È vero, da qualche tempo si è ripresentato un fenomeno che ha caratterizzato il nostro paese soprattutto dopo la fine della 2ª guerra mondiale e che si era arrestato negli anni 60/70: la migrazio-ne verso il Nord. Questa volta il fenomeno è ancora più preoccu-pante perché oggi interessa soprattutto i giovani e fra essi quello con un titolo di studio più elevato (diplomati e laureati). Le migliori intelligenze partono depauperando il sud di quelle conoscenze e capacità che invece devono essere il volano di uno sviluppo innova-tivo, più qualificato e avanzato del nostro Mezzogiorno. Tale feno-meno si arresta solo riaffermando il ruolo centrale e strategico della questione meridionale, che veda questa parte del Paese come una risorsa necessaria e indispensabile per lo sviluppo unitario del siste-ma Italia. Se i fondi del Sud si spendono nel Sud (per es. i fondi FAS) creando infrastrutture, progettando ricerche, sviluppando fonti energetiche alternative, investendo in innovazioni tecnologiche e in

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formazione professionale, allora questa parte del Paese può riparti-re, creando possibilità di nuova occupazione e svolgendo il suo ruolo positivo per l’interno territorio nazionale.

Qualche mese fa è stata approvata la legge antidiossina dalla Regione Puglia. Quali sono gli effetti sul mondo delle imprese e del lavoro? LENOCI: La salute del cittadino è un bene così prezioso che non può essere messo in discussione e merita la massima cautela. Il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente sono atti dovuti e come tali non possono subire limitazioni ed eccezioni. Altrettanto meritevoli di salvaguardia e tutela sono però sia le attività imprenditoriali che il mantenimento dei livelli occupazionali. In altre realtà industriali simili alla nostra, cito ad esempio l’Austria, dove l’acciaieria è adiacente alla città, i problemi legati alle immissioni nell’aria sono stati total-mente risolti, non vedo perché ciò non possa avvenire anche nella nostra città. INDICE: Nei mesi scorsi la Regione Puglia ha avuto il coraggio di emanare una legge innovativa e avanzata che mette fine ad un uso dissennato del territorio. Abbassare gli indici di emis-sione di diossina e imporla alla grande industria (vedi ILVA) attraverso una legge che si discosta dalla leg-ge nazionale è stato un giusto risultato reso possibile anche dal ruolo positivo svolto dal sindacato, da mol-te associazioni (soprattutto associazioni ambientali-ste), da parecchi amministratori sensibili al problema, da alcuni imprenditori illuminati e anche da qualche politico locale che è all’opposizione nel consiglio regionale. Ciò dimostra che se un problema è giusto e sentito e se intorno ad esso si fa squadra, i risultati si possono raggiungere. Gli effetti di questa legge saranno, a mio giudizio, sicuramente positivi per le aziende, per il mondo del lavoro e per l’intero territo-rio in termini di utilizzo di nuove e più avanzate tec-nologie, di ambiente di lavoro più salubre e sicuro, di vivibilità e miglioramento dell’ambiente e quindi di una più alta qualità della vita. Si può cominciare a parlare concreta-mente di uno sviluppo ecocompatibile; non è necessario, cioè, ab-battere le industrie per vivere meglio, anche perché non c’è lo pos-siamo permettere. Basta utilizzare nuove tecnologie, regole certe e controllo continuo sul rispetto delle regole.

In questi giorni sentiamo parlare di nuovi regolamenti sulla sicurezza sui posti di lavoro, tra cui una diminuzione delle mul-te alle aziende in caso di incidenti. Come valuta questa norma e cosa si dovrebbe fare per risolvere questo problema? LENOCI: A tutt’oggi l’imprenditore viene ritenuto l’unico responsabi-le allorquando si verificano incidenti di lavoro. Se molte volte ciò è vero, c’è anche da dire che in tante altre circostanze la colpa quan-tomeno non è solo la sua. Io credo che la nuova normativa in tema di sicurezza debba essere improntata ad un rigoroso e corretto con-temperamento degli obblighi sia dell’imprenditore che delle mae-stranze, con l’adozione di ogni valido strumento di controllo finaliz-zato a prevenire al massimo gli incidenti sul lavoro e con sanzioni improntate all’oggettività ed equità. INDICE: Un solo dato, terrificante, può descrivere bene lo stato della sicurezza sui posti di lavoro: 425 i morti sul lavoro dall’inizio del 2009; 425.729 infortuni avvenuti nei luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno a oggi in Italia. Non si sono altre parole per commentare i nuovi regolamenti sulla sicurezza portati avanti dal Governo. Essi mirano ad annullare le responsabilità di aziende e dirigenti, quasi si volesse far ricadere le colpe dei morti e infortuni sulla spalle dei lavoratori. In questi giorni la CGIL ha promosso una petizione contro la modifica del testo unico (D. Lgs 81/80) contro il suo svuotamento chiedendo a parlamentari, regioni, enti locali e a tutti i cittadini di difendere la salute e la vita di chi lavora.

Lo sviluppo, l’innovazione, la ricerca e la formazione dei gio-vani sono sicuramente essenziali per le piccole e medie impre-se. Cosa possono fare in tal senso la Scuola e l’Università ? LENOCI: Scuola e Università possono fare molto sia sotto il profilo formativo durante gli anni scolastici ed universitari, sia attraverso forme sempre più ampie di collaborazione e partnership con il mon-do delle imprese. Non è un caso che una delle azioni più importanti

avviata da anni da Confindustria riguardi proprio il rapporto Scuola/Impresa in un’ottica di continua e sempre più ricorrente interazione per preparare figure professionali preparate e diversificate. INDICE: Come già detto precedentemente sviluppo-innovazione-ricerca-formazione devono essere le risorse essenziali nel futuro immediato. La scuola e l’università sono le gambe necessarie di questo progetto, ma devono essere messe nelle condizioni, attra-verso finanziamenti e strutture adeguate, di poter penare con com-petenza e qualità in Europa e nel resto del mondo. Il Governo, mi sembra, non dà grande importanza a questo progetto, anzi taglia fondi alle scuole e alle università pubbliche disegnando un futuro sempre più povero di prospettive per i nostri giovani e per l’intero paese.

Sono oramai imminenti le elezioni Provinciali ed Europee. Qual è la proposta che la Confindustria/CGIL di Massafra avan-zerebbe sia alla Provincia che all’Europa per rivalutare il nostro territorio? LENOCI: Le caratteristiche del territorio jonico a mio avviso si in-

centrano, in sintesi, su tre grandi direttrici: 1)la pre-senza di un importante polo industriale che va soste-nuto, rafforzato ed ampliato (oltre alla siderurgia, vanno rilanciate la navalmeccanica, la cantieristica, la portualità); 2)l’indubbia vocazione agro-alimentare che, se adeguatamente promossa ed incentivata in Italia ed all’estero, può rappresentare una importante risorsa di sviluppo e di crescita; 3)l’altrettanto indub-bia vocazione turistica, considerate le bellezze e le testimonianze storiche, paesaggistiche e culturali di cui la Provincia di Taranto è ricca. Il Comparto del Turismo può diventare la chiave di volta per rilanciare in maniera soddisfacente l’intera economia provincia-le e creare nuova occupazione. I nostri rappresentan-ti politici, in qualunque contesto operino, hanno il dovere di porre in essere ogni azione di rilancio e di sviluppo nei settori sopra indicati .

INDICE: Europa, Mezzogiorno, Enti locali (nel caso nostro, la Pro-vincia) sono gli assi portanti per progettare il futuro anche del nostro territorio. Alla Provincia chiederei di continuare ad impegnarsi nel quotidiano per una buona amministrazione partecipata e condivisa, ma l’obiettivo strategico che bisogna colpire è quello del porto di Taranto e della sua portualità, che interessa il territorio di Massafra per centinaia di ettari. L’ambiente, il turismo e la formazione sono gli altri campi che devono essere all’attenzione della nostra provincia. All’Europa si chiede di finanziare progetti e infrastrutture importanti di cui il mezzogiorno, la nostra regione e la nostra provincia neces-sitano. Ambiente e agricoltura, due risorse per la nostra provincia, che l’Europa deve privilegiare come risorse fondamentali per tutto il paese e per noi pugliesi e tarantini.

Infine, quale messaggio lancia alle giovani generazioni di Massafra? LENOCI: Pur nella difficoltà del momento attuale il mio messaggio non può essere che ottimistico. I giovani sono il futuro delle nostre aziende, della nostra economia, del nostro territorio e perciò merita-no ed hanno diritto alla massima attenzione e considerazione da parte di tutti, in primis dal mondo imprenditoriale. Sono certo che così sarà perché sarebbe delittuoso non avvalersi di un patrimonio così importante come quello rappresentato dai giovani. Occorre stringere i denti e credere in un futuro migliore e più gratificante per se stessi e per la propria terra, con la consapevolezza di rappresen-tare un’arma vincente nel difficile ma possibile cammino della ripre-sa e dello sviluppo sociale ed occupazionale. INDICE: È sempre impegnativo lanciare messaggi, soprattutto ai giovani. Ci provo dicendo loro che la vita va sempre vissuta da protagonisti in tutti gli ambiti e in ogni momento. Rimotivarsi, partecipare, aggregarsi, progettare, proporre sono le vostre armi più potenti. Non le sprecate, non le lasciate passivamente deca-dere, non vi richiudete nell’individualismo (un male dei nostri tempi e del nostro paese), siate solidali, fate squadra. In definiti-va, siate cittadini e pretendete di costruire il vostro futuro. Auguri.

Paolo Tristani

Page 6: AttivaMente Giugno 09

[...] Detto ciò è inspiegabile, o meglio lo è a rigor di logica e non in base a macchinazioni politiche, il perché si tenti di ostacolare l’esercizio di un diritto costituzionale al cittadino. Alcuni partiti di minoranza infatti tentano di “boicottare” il prossimo referendum previsto in modo alquanto subdolo, ovvero giocando sul non raggiungimento del quorum costitu-tivo minimo per la validità della votazione. La disciplina del referendum (art 75 cost.), infatti, dispone che “la proposta (…) è approvata se ha partecipato alla votazione la maggio-ranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”. Il quorum infatti sarebbe si-curamente raggiunto qualora si fissasse la votazione per la data dell’ “election day” delle europee e delle amministrative previsto il 6-7 giugno 2009. Inoltre, così facendo, sarebbe possibile risparmiare 400 milioni di costi strutturali più le altre spese indirette collegate. Una bella cifra per un paese, come l’Italia, in crisi economica, con un debito pubblico non indiffe-rente e con una regione devastata dal sisma e bisognosa di fondi per ritrovare per lo meno una parvenza di vita decente, cosa che un container non offre! Tuttavia ecco che, creando l’ennesima incongruenza, alcune espressioni politiche deci-dono di fissarlo per il 21 giugno nella speranza che meno elettori siano disposti a rivotare, in quel giorno, apposita-mente per l’abrogazione della cosi detta “legge porcata”. Proprio partendo da quest’ultima veniamo ora ai motivi per i quali ciò è stato deciso. Sembra davvero ovvio che se una legge elettorale viene definita “porcata” (come fu fatto a suo

tempo da Calderoli) abbia al suo interno qualcosa di assurdo o comunque, per essere buoni, impreciso. La legge N. 270 del 21 dicembre 2005 infatti definisce un sistema elettorale proporzionale, a coalizione, con premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza possibilità di indicare preferenze. In sostanza la coalizione che ottiene la percentuale più alta di voti riceve un “premio”, ovvero la concessione del 55% dei seggi alla Camera (un po’ diversa la situazione al Senato che è su scala regionale).

L’instabilità del sistema è palese in apparenza agli occhi di tutti, ma c’è chi sostiene “la legge porcata” e sono i partiti di minoranza che oggi, allo stato dei fatti, anche attraverso coalizioni, ottenendo il 4% dei voti nazionali, hanno diritto a seggi alla Camera e con l’ 8% al Senato.

Con il referendum si propone l’abrogazione del collega-mento tra liste e la possibilità di attribuire il premio di mag-gioranza alle coalizioni di liste, oltre che l’abrogazione delle candidature multiple.

Non lasciamo che qualcuno al potere manipoli i nostri dirit-ti, giochi con quelli che sono i numeri per soffocare le effetti-ve esigenze del paese solo per “tirar acqua al proprio muli-no”. Il benessere di pochi, di oligarchie ben definite, non rap-presenta automaticamente il benessere di una nazione e allora che nessuno ci imbavagli! Diciamo la nostra al refe-rendum e lasciamoci alle spalle questa “legge porcata” !

Luciana Miccolis

[…] Basterebbero queste poche righe per meglio comprendere quanto sia complesso sia dal punto di vista sociale, oltre che economico, il raggio di azione delle politiche sociali, e per persuadersi del fatto che il sistema del welfare non può più essere letto, semplicisticamente, come lotta alla povertà, legata, in senso classico, alla condizione di indisponibilità di beni essenziali.

Per meglio concepire gli interventi nel sistema integrato dei servizi sociali, biso-gnerebbe pensare l’idea di povertà non solo come inadeguatezza dei mezzi eco-nomici di un individuo, ma anche come incapacità, ovvero impossibilità, a rag-giungere ciò che si vorrebbe avere per perdita di capacità, per mancanza di risorse e di opportunità.

Con questo approccio, ci si rende con-to di come fino ad ora la letteratura esi-stente non riteneva interessate da feno-meni di povertà ed esclusione sociale, fasce di popolazione quali: giovani pre-cari, impiegati pubblici, commercianti e piccoli artigiani in difficoltà.

Nella realtà la povertà va intesa come un fenomeno multidimensionale, i cui segni si manifestano in molte dimensioni della vita delle persone, quella lavorati-va, nelle relazioni sociali, nelle capacità personali di trasformare le opportunità in

risorse. In questo senso la povertà è connessa al contesto

sociale di riferimento ed ai più generali processi di fragilizzazione e frantumazio-ne della società.

Per meglio comprendere la realtà del nostro territorio, è utile evidenziare un dato su tutti; nel Comune di Massafra 1706 abitanti vivono con meno di 8658,58 € all’anno, mentre 2655 con meno di 10390,30 €, rispettivamente il 14,17% ed il 22,04% dell’intera popola-zione.

Come già si è evinto, tale situazione oltre che produrre una povertà economi-ca, nel senso di assenza di sostenta-mento per soddisfare i bisogni primari essenziali alla conduzione di una vita dignitosa, produce situazioni di margina-lità ed esclusione sociale.

Lungo questa direttrice, il sistema di intervento dei servizi sociali si pone due obbiettivi principali, quello di prevenire e limitare i danni provocati dalla povertà economica, ma anche quelli indotti dalla povertà relazionale e culturale.

La linea di interventi varata dalla Re-gione Puglia per l’infrastrutturazione so-ciale del territorio, prevede la costruzio-ne di una rete di Asili Nido in tutta la Re-gione, oltre che nella Città di Massafra.

Questo intervento favorirà la costruzio-ne di un nuovo Asilo Nido nella nostra Città, per garantire alle famiglie un posto sicuro dove poter custodire i propri bam-bini, oltre che professionalmente ade-guato.

Il tutto finalizzato anche a permettere alle stese mamme di poter trovare un’occupazione per meglio combattere quelle situazioni di povertà già discusse.

Un’altra iniziativa messa in campo è il piano di riordino degli Istituti di Assisten-za e Beneficenza (IPAB) di Massafra, che sono l’Orfanotrofio C.Mondelli, la Casa di Riposo De Carlo e la Scuola Materna San Benedetto, che ha prodotto la nascita di un’Azienda di Servizi per la Persona; tale azienda garantirà servizi socio-assistenziali e sanitari in favore di minori, anziani, diversamente abili o in condizioni di disagio psichico, fisico, psi-chiatrico ed economico.

Tutto questo non solo per garantire un intervento di tipo assistenzialistico, ma anche per meglio combattere le vulnera-bilità e la esclusione sociale di alcune parti della cittadinanza, prima fra tutte le donne.

In conclusione, ritengo che stante l’attuale congiuntura internazionale e la difficile situazione economica, appaiono poco incisivi interventi di tamponamento e sostegno delle situazioni più gravi e conclamate di povertà, ma occorrono azioni più strutturali.

In particolare, in tale situazione, si au-spica che una politica incisiva di contra-sto alla povertà e all’esclusione sociale agisca in maniera integrata non relegan-do il problema alle politiche del welfare.

Andrea Adamo

Page 7: AttivaMente Giugno 09

[...] Questo è quel sentimento per cui ogni segnalazione di aiuto da parte nostra risulta ritornarci come un’eco, perché nes-suno sembra aiutarci dopo aver ascoltato quel grido nel silen-zio. E’ così che il silenzio fa più rumore delle parole, è il rumore dei progetti che si dileguano tra i sogni, è rumore di passioni che si cancellano dopo una notte, è l’incertezza che si procrea all’infinito. Il vuoto è dato dal nostro eterno disordine psico-fisico. Il vuoto si celebra nelle notti in cui il codice della vita a causa di eccessi oltre la misura consentita si confonde con quello della morte. Per esempio l’ecstasy in discoteca che è diventata di moda, come anche le folli corse nella notte con auto e moto che sfrecciano a velocità altissime, non manifesta-no altro che quel vuoto che ci incatena pure alla solitudine.

Quello stesso vuoto, pieno di malinconia, che affolla la nostra testa e nessun diario può contenere. Il vuoto è uno scenario comune al mondo dei giovani, lo si ha quando il cuore è op-presso solo da noia e depressione, il cuore non prova più emo-zioni e tutto risulta essere solo in bianco e nero; l’arcobaleno di sogni e aspettative è velato da quella porta che chiude l’ingresso del proprio cuore a chiunque abbia il desiderio di ca-pirci e ascoltarci. A causa della troppa insoddisfazione si ha come conseguenza anche indifferenza nei confronti degli altri.

Spesso il vuoto si maschera bene, è difficile da distinguere, sembra che tutto vada bene e poi invece la falsità regna sovra-na, la razionalità soffoca il nostro vero IO. Ai giovani viene inse-gnato tutto tranne che ad esprimersi connettendo il cuore con la mente e con le proprie azioni. Un esempio pratico lo si ha quando certe esperienze della vita come l’amore, l’amicizia e qualunque cosa non viene imparata a scuola, ma che nelle quali siamo autodidatti, possono portarci sulla via del dolore.

Non tutto va come vorremmo e magari a scuola si vorrebbe proprio capire come “fregare” quel dolore, che ci fa chiudere a riccio verso nuove esperienze della vita con una corazza di aculei pronta a colpire chiunque possa riaprire le stesse ferite.

Chi è vuoto dentro è così ipocrita da affermare che tutto di-pende dalla propria natura, si rifugge da una vera comunicazio-ne. Vi è così la perdita dell’identità e non si chiede nient’altro a se stessi. Bene e male, ripetizione e novità, che sono facce della stessa medaglia, si confondono. Il vuoto porta ad una scarsa auto-considerazione. È come se i giovani fossero par-cheggiati in attesa che qualcuno li smuovi e nel frattempo che aspettano, il senso di sé cala vertiginosamente. Il senso di vuo-to, di non sentirsi all’altezza di niente, per tutti i versi dipende dalla società stessa, società che non sembra aver nessun ri-chiamo per i giovani, quella stessa in cui è legge l’odierno mo-dello consumistico per il quale i giovani hanno tutto prima anco-ra di chiedere qualcosa. Forse la vera e propria ipocrisia deriva dalla stessa società che “predica bene ma razzola male”, non c’è corrispondenza tra valori ideali e realtà.

Si dice che una mente sana deve risiedere in un corpo sano, si parla del raziocinio che si deve collegare al perfetto consumi-smo per il benessere del corpo. In questo però dove vanno a finire sogni ed emozioni? La verità è che la società ci vuole come automi, a questa non sembra servire la nostra unicità, i giovani chiedono di essere ascoltati e il fatto che non lo siano crea proprio “il vuoto” che, per i grandi ormai “automatizzati”, risulta essere colmato dalla più chiusa razionalità. Non si comu-nica più, gli individui sono oggi come isole, non si ama e non ci si ama abbastanza.

Il vuoto, più che intrappolare sogni inespressi, li distrugge. I giovani sanno che oltre al bianco e al nero c’è un intermez-

zo. Non si può vivere di solo pane e soli libri, il nostro corpo, il nostro cuore, ha bisogno di credere che c’è qualcosa di più profondo di qualunque cosa si possa toccare, contare e com-prare. Quello ha bisogno di mostrare le emozioni assopite den-tro di noi dalle regole d’etichetta che la società impone. Il nostro cuore ha bisogno di un sorriso sincero, ha bisogno di sapere

che qual-cuno crede in noi e che ci so-stiene ad a n d a r e avanti per concretiz-zare idee che posso-no sma-s c h e r a r e m a g a r i l ’ ipocr is ia della socie-tà. Il fatto è che manca l ’ a f f e t t o , m a n c a l ’ a m o r e anche in quello che facciamo. Il vuoto è la cosa peggiore che un uomo possa provare, sentire che c’è il vuoto dentro e sentir-si come contenitori vuoti, solo il nostro corpo è sorretto dall’inerzia di vivere, la stessa inerzia di una sfera che ruota fino a quando il caso la bloccherà. Il vuoto è non avere speran-za nella vita ed è il non avere coraggio (che è il potere di cam-biare le cose). Come nei giovani, anche nei grandi ci può esse-re ovviamente la sensazione del vuoto. Quanti uomini e quante donne seguono solo quello che la società impone? La noiosa routine quotidiana non è altro che il vuoto concretizzato. Infat-ti…quanti si fermano un momento e si chiedono: “Ma IO cosa voglio VERAMENTE?”… pochissimi di sicuro, basta notare che in sostanza il mondo è stato così , lo è oggi e forse non cam-bierà. Secondo l’idea del consumismo una persona è nel be-nessere se “ha quella cosa materiale in particolare”. Purtroppo l’uomo non ha ancora imparato che la felicità non dipende dalle cose che possediamo ma dalla capacità di amare ed essere amati, dalle persone, da chi ci circonda.

L’uomo NON è nato per essere un’isola, nessun bambino o ragazzo può diventare un uomo se non gli si da un aiuto. La società dovrebbe istituire le famiglie a guardare al di là della formalità, per ispezionare davvero e capire le idee dei propri figli. Un voto a scuola, un nome, l’apparenza, non ci dicono granché su come qualcuno la pensa sulle cose del mondo, non ci dicono com’è una personalità. Le famiglie non riescono a percepire nemmeno quel vuoto perché si fermano solo sull’apparente benessere. Non si viene veramente capiti e il vuoto resta. Vuoto è sinonimo di non idoneità, non c’è corri-spondenza tra l’Io più profondo e il mondo là fuori, siamo mol-to di più di quello che siamo, se il vuoto è nel nostro cuore si cerchi di capire che è importante trovare noi stessi, cercare di realizzare le speranze, dobbiamo colmare noi stessi quel vuoto, dare un senso alla vita, credere in qualcosa, esprimere emozio-ni, certezze e dubbi; ciò è tutto quello che possiamo fare per migliorare la nostra stessa società. La nostra vita è un libro e la società, in cui ognuno di noi vive, è tra le pagine del libro, pos-siamo scriverci qualunque cosa vogliamo, siamo noi gli autori. Sarebbe meglio togliersi le cuffie del nostro lettore mp3 e trova-re il coraggio di realizzare i nostri sogni. L’uomo ha un corpo e un’anima, ha una mente di stupefacenti doti creative, un cuore che batte al ritmo delle nostre emozioni, cinque sensi utili a riempire il vuoto che c’è….però c’è bisogno anche della volon-tà. Il vuoto è di fatto un concetto assurdo, non c’è niente di più complesso e pieno della creatura umana, e della sua mente .

Da “I vizi capitali e i nuovi vizi” di Galimberti Relazione su “Il vuoto”

Valentina Fedele

Page 8: AttivaMente Giugno 09

Hanno collaborato alla creazione di “AttivaMente”: Francesca Scarano, Daniela Tondo, Michele Mazzarano, Paolo Tristani, Angelo Notaristefano, Francesca Greco, Domenico Lasigna, Giovanni Ambruoso, Piermario Pagliari. Per il progetto grafico: Marco Tondo e Domenico

Lasigna.

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[...] Questo piccolo libri-cino è un percorso sul pensiero di G r a m s c i all’apice del suo sviluppo e precisa-mente negli anni in cui egli fu incar-cerato pres-so la casa di

cura di Turi (egli soffriva di tubercolosi e si aggravò in seguito alla pessima cura dell’ospedale per carcerati di Tu-ri); già, è proprio nella nostra terra che uno dei più grandi rielaboratori del pen-siero marxista, non solo del secolo ma di tutti i tempi, ha scritto le sue opere più importanti (“Quaderno dal carcere” e “Lettere dal carcere”). Massimo Giu-sto si occupa dell’importanza sociologi-ca di Gramsci, è infatti un sociologo, e Ferdinando Dubla di quella storica, filosofica e politica. Il libricino per altro contiene delle importanti testimonianze di alcuni suoi compagni di cella duran-te la prigionia, tra cui una, importantis-sima del futuro presidente della repub-blica Sandro Pertini, che pur essendo socialista mai convertito al comunismo, sfoggia il suo elogio di Gramsci, non solo come politico ed intellettuale, ma anche come persona.

Gramsci visse e operò negli anni del fascismo e fu uno dei promotori della

nascita del Partito Comunista nel 1921, in seguito alla scissione del Partito So-cialista. Mussolini capì l’importanza intellettuale di Gramsci e s’illuse di po-terlo sconfiggere mandandolo in carce-re, dove pensava non avrebbe più pen-sato, incurante del fatto che a nessun uomo può essere imposto di non pensare (Ferdinando Dubla ha voluto precisare più volte questo durante la presentazione).

In carcere egli poteva contare sulla compagnia “intellettuale” di altri com-pagni comunisti e durante l’ora della passeggiata all’aperto, concessa dalle autorità, essi potevano discutere e cer-care un’alternativa antifascista. Tuttavi-a, già dalla fondazione del Partito Co-munista, Gramsci iniziò a distaccarsi dal pensiero tradizionale comunista e in carcere iniziò ad avere rapporti con-flittuali con gli altri compagni, iniziando-si ad isolare. Una delle questioni più importanti del pensiero di Gramsci, che ha scatenato un interessante dibattito durante la serata, è senza dubbio il rapporto cultura-politica per la realiz-z az i on e d e l l a r i v o l u z i o n e e dell’abbattimento del fascismo. Egli infatti affermava che per questo scopo, è molto importante il ruolo degli intellet-tuali che devono essere la guida che conduca il popolo verso la liberazione (una strategia che fu messa in atto so-lo più tardi con Togliatti e Berlinguer).

Ebbene, come già accennato, è pro-prio questo fattore che ha reso molto interessante la serata, che si è prolun-

gata fino alle 20.45 (dalle 18.30). Infat-ti, ci si è domandati come mai attual-mente nella nostra società c’è scarsa partecipazione dei giovani alla vita poli-tica, e, se essa c’è, nella maggior parte dei casi non è caratterizzata da una vera passione, ma solo da un voler raggiungere degli scopi: il potere, la ricchezza, la popolarità.

Nei vari interventi si è fatto riferimen-to innanzitutto alla mancanza di valori sociali e politici inculcati ai giovani, do-vuto soprattutto alla TV spazzatura, che si propone soltanto di attuare un immane lavaggio del cervello delle gio-vani generazioni, al cattivo esempio che spesso i politici italiani danno ai giovani e, appunto, alla mancanza di valori dati alla cultura da parte della nostra Amministrazione, e inevitabil-mente si è fatto riferimento agli errori sempre più frequenti e più gravi del Ministero della Cultura che, ahimé, pensa piuttosto a tagliare i fondi all’università e a rendere la scuola co-me edificio in cui si dia importanza all’apparenza (esempio: i grembiulini) e non all’essenza. Ed è proprio a questo proposito (non solo a questo, ma a tanti altri) che il pensiero di Gramsci ritorna nella società del 2000 con un grido vivo di preoccupazione e allerta, dicendoci:

“Attenzione politici dell’era a-vanzata, per fare politica c’è bi-sogno di una incessante cultu-ra!!!!!”.

Francesca Greco

“ Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo

benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita.”

Enrico Berlinguer