Atti convegno 30 marzo 2011

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ATTI CONVEGNO U.CI.I.M. Modica, 30 marzo 2011 TEMA La famiglia, la Scuola, le Istituzioni, la Chiesa per una società umanizzata e umanizzante “Per insegnare basta un maestro; per educare occorre un villaggio” A cura di Maria Vttoria Mulliri

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            ATTI CONVEGNO

U.CI.I.M.

Modica, 30 marzo 2011

TEMA

La famiglia, la Scuola, le Istituzioni, la Chiesa per una società umanizzata e umanizzante

“Per insegnare basta un maestro; per educare occorre un villaggio”

 

 

 

 

 

 

A  cura  di  Maria  Vttoria  Mulliri  

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                 Unione  Cattolica  Insegnanti  Medi  

 

Unione  Cattolica  Insegnanti  Medi  

Sezione  di  Modica  

Presidente:  Prof.ssa  Maria  Vittoria  Mulliri  

 

   

Gesualdo  Nosengo  

(San  Damiano  d’Asti  1906-­  Roma  1968)  

Fondatore  UCIIM  (1944)  

                         CONVEGNO  “Famiglia,  Scuola,  Istituzioni  e  Chiesa  per  una  società  umanizzata  e  

umanizzante”  <<Per  insegnare  basta  un  maestro;  per  educare  occorre  un  villaggio”>>.  

 

 

MERCOLEDI’  30  MARZO  2011  ISTITUTO  D’ISTRUZIONE  SUPERIORE“G.  Verga”    

P.  le  Baden  Powell,  1-­  MODICA  

Ore  17.00-­19.00  

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ATTESTATO  DI  PARTECIPAZIONE    

 

Si  attesta  che  _______________________________________________________  nel  giorno  30  marzo  2011,    

ha  partecipato  al  

Convegno  

“  Famiglia,  Scuola,  Istituzioni  e  Chiesa  per  una  società  umanizzata  e  umanizzante”  -­“Per  insegnare  basta  un  maestro;  per  educare  occorre  un  villaggio”-­  

organizzato  dalla  Sede  U.C.I.I.M.  di  Modica,  presso  l’Istituto  d’Istruzione  Superiore  “  G.  Verga”  ,  P.le  Baden  Powell,  1  –  Modica    

 

 

Il  Presidente  Provinciale  U.C.I.I.M.  

D.  S.  Prof.  Ignazio  Inclimona  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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REGISTRO PRESENZE

1. ________________________________________

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200. _____________________________________

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Accoglienza al Vescovo Don Mario Martorina

Consulente Ecclesiastico U.C.I.I.M. Provincia di Ragusa

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La presenza del nostro vescovo, Mons. A. Staglianò, amato pastore ed apprezzato teologo, vuole essere oggi per tutti noi dell’ U.C.I.I.M , un segno tangibile della costante e particolare sollecitudine della Chiesa nei confronti del compito educativo. Sollecitudine costante, perché l’educazione è da sempre parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa; sollecitudine particolare, perché la Chiesa, sempre protesa all’inculturazione della fede, condivide con tutti gli altri soggetti, sia nel confronto che negli sforzi, l’attuale problematicità del fatto educativo, che è diventato una vera e propria ‘emergenza’ .

Ed è per questi motivi che l’Episcopato italiano ha scelto il tema educativo come programma pastorale degli orientamenti per il decennio 2010 – 2020 : “ Educare alla vita buona del Vangelo “.

Lo specifico, ed al contempo il fine, dell’educazione cristiana è la ‘ vita secondo lo Spirito ‘, avendo come Guida interiore lo Spirito Santo, come modello Gesù, il Maestro, e come ambito ogni comunità ecclesiale. Essa è dunque un compito unitario dell’esperienza cristiana comunitaria, che si gioca tutto nel coinvolgimento dei soggetti, snodandosi tra la catechesi, la preghiera, la vita di carità e l’etica, l’impegno sociale e politico per costruire insieme nella città dell’uomo la civiltà dell’amore, e soprattutto senza mai dimenticare di essere sempre discepoli anche quando si è chiamati a far da maestri.

Non si tratta tanto di seguire precetti aprioristici o teoretici, né di sforzo volontaristico, bensì l’educazione cristiana è l’invito all’ascolto, al confronto ed al coinvolgimento del ‘ vieni e vedi ‘ che segue alla domanda : “ Maestro, dove abiti ? “ (Gv. 1, 35-39;). Così lo stare insieme si traduce nell’educare a pensare, a scegliere, ad agire e soprattutto ad amare come ha fatto Gesù, secondo la sua misura e statura ( Gv. 13, 34-35; 15, 1-17; ), modellando su di Lui ed il suo Vangelo la vita quotidiana.

Concludendo, se l’educazione in sé come processo non può essere solo frutto dell’impegno individuale, ma chiama a corresponsabilità, e sempre, tutta la comunità sociale a partire dalla famiglia che ne è fondamento e prima forma, allo stesso modo il progresso educativo deve essere frutto del continuo interagire di soggetti ‘educanti’ e di soggetti ‘educandi’.

E con ciò da parte ecclesiale si intende ribadire che processo e progresso educativi coinvolgono sempre la consapevolezza soggettuale e progettuale di un percorso che si fa insieme, da persona a persona, perché chi offre e chi accoglie, coinvolgendosi, sono sempre e sempre devono restare un ‘ Io ‘ ed un ‘ Tu ‘, che interagiscono personalisticamente a partire dalla condivisione del vissuto, protesi a diventare il ‘ Noi ‘ sociale del percorso educativo completato. A tal riguardo l’educazione alla fede offre da secoli la sua specifica e consolidata esperienza. E vuole continuare a farlo insieme ed in confronto con gli altri soggetti ed ambiti educativi. Ecco il valore profondo e dialogico della presenza e del contributo del nostro vescovo.

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Finalità e caratteristiche dell’U.C.I.I.M.

Prof.ssa Amalia Giordano

Presidente Regionale U.C.I.I.M.

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L’U.C.I.I.M. è un’associazione professionale cattolica di dirigenti, docenti e formatori della

scuola e della formazione professionale. La sua storia affonda le radici nel difficile e doloroso

periodo in cui la seconda guerra mondiale era ormai alle sue battute finali, quando il 18 giugno del

1944 GESUALDO NOSENGO ne promosse la fondazione. Da allora, grazie alle numerose e

feconde personalità che l’hanno guidata e grazie al fecondo contributo dei numerosi soci,

l’U.C.I.I.M. ha costruito una storia gloriosa e ricca.

Di Gesualdo Nosengo potremmo dire moltissimo: sarebbe riduttivo vedere in lui soltanto il

grande e innovativo pedagogista, lo studioso appassionato, l’autore di numerose pubblicazioni in

cui è evidente il pensiero moderno e avveniristico. Infatti, Nosengo non è stato solo questo, lui è

l’incarnazione di un mandato, ma al di là del semplice pensiero pedagogico. È la dimostrazione

dell’uomo di fede, dell’uomo spirituale, dell’uomo con grandi capacità organizzative, del

grande pianificatore, della persona delle grandi “pensate”, come dicevano i suoi amici più

cari, “con una amicizia particolare con Dio”, del pensatore che dialoga con i suoi lettori,

Educatore, Maestro di grande fede e di profonda e coerente vita spirituale. Un Uomo di Dio,

che viveva per gli uomini, di profondo spirito religioso, lungimirante. Esempio di coerenza, di

onestà, di religiosità, di laicità impegnata nel sociale per tutti noi insegnanti uomini e donne,

esseri umani che vivono e aspirano alla salvezza.

E  storicamente  l’U.C.I.I.M.  “ha  fatto”  la  scuola  italiana,  prima  con  la  guida  di  Gesualdo  Nosengo,  

poi   con   quella   della   presidente   CESARINA   CHECCACCI.     Due   lungimiranti   pensatori,  

anticipatori,  precursori  dei  tempi.    

Sicuramente  la  nostra  Associazione  è  stata  un  fondamentale  punto  di  riferimento  nella  

politica  scolastica  degli  ultimi  60  anni.    

L’U.C.I.I.M.   ha   contribuito   in   modo   determinante   alle   più   grandi   riforme,   alle   più  

importanti  sperimentazioni  del  dopoguerra,  citiamo  soltanto  la  legge1859/62;  la  legge  

348/79;    i  programmi  del  ‘79,  la  legge  275/99.    

In  questi  ultimi  due  provvedimenti  grande  protagonista  è  stata  la  professoressa  Cesarina  

Checcacci  che  li  ha  arricchiti  con    pagine  di  alta  pedagogia,    lei  che  è  stata  consigliera  di  

diversi  ministri  qualunque  fosse  l’orientamento  partitico  del  momento.   Infatti,  un’altra  

caratteristica   peculiare   dell’U.C.I.I.M.   è   proprio   quella   di   essere   un’associazione   apartitica,  

super   partes,   il   suo   interesse   è   solo   per   la   scuola.   Un   vanto   della   nostra   Associazione,  

principalmente  sotto  la  guida  della  Checcacci,  sono  anche  le  sperimentazioni,  che  hanno  

offerto  un  fondamentale  apporto,  ne  citiamo  una  per  tutte,  la  sperimentazione  Brocca.  

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Un  altro  grande  esponente  dell’U.C.I.I.M.  è  LUCIANO  CORRADINI,  insigne  pedagogista,  che  ha  

guidato  l’Associazione  per  tre  mandati  ed  oggi,  in  qualità  di  Presidente  Emerito,  continua  

ad  offrire  il  suo  prezioso  contributo  alla  scuola  italiana.    

Positive  innovazioni    pedagogico  -­  didattiche  sono  scaturite  dai  Convegni,  dai  seminari,  

particolarmente   da   quelli   di   Arezzo,   vera   pietra   miliare   della   scuola   italiana,   che   hanno  

veramente  aperto  nuove  frontiere  educativo  -­‐  didattiche.  

La concezione pedagogica dell’U.C.I.I.M. si fonda sulla persona umana, sul suo valore, sulla

sua dignità, sulla sua inviolabilità, sulla promozione del suo essere e della sua dimensione sociale,

storica e spirituale. Una persona, secondo i principi del personalismo, che sia in grado di avere

cura di se stessa e della propria famiglia e di dare un contributo costruttivo alla società in cui

vive.

Il  nostro  fondatore  ha  voluto  che  l’U.C.I.I.M.  nascesse  come  Unione,   forte  della  sua  identità  e  

del  suo  essere  insieme,  uniti,  in  comunione  per  conseguire  peculiari  fini.  

La  dimensione  fondante  della  nostra  Unione  è  la  dimensione  religiosa,  la  fede,  il  senso  

della  trascendenza,  che  ci  differenzia,  nello  specifico,  rispetto  alle  altre  associazioni.  

Nosengo,   in   un’epoca   particolarmente   difficile,   ha   avuto   una   grande   intuizione,   una   grande  

idea:  un’  Unione   laicale  che  contribuisse  alla   costruzione  della  nuova  società.   Il   valore  

del   concetto   di   Unione   è   un   messaggio   e   una   raccomandazione   che   dobbiamo   sempre  

ricordare.  

Un’  Unione  che  si  propone  di  perseguire  due  vie  principali:  

1. la  formazione  spirituale,  morale,  pedagogica,  didattica,  disciplinare  dei  docenti.  

Affermava  Nosengo  “La  spiritualità  dell’insegnante  non  è  una  dimensione  che  si  collochi  

a   fianco  o   fuori  o  al  di   sopra  della  vita  e  della  professione,  ma  è   invece   la   stessa  vita  e  

professione  vissuta  in  pienezza  con  un’intenzionalità  d’amore,  come  risposta  alla  volontà  

di  Dio”;  

2. la  capacità  di  incidere  con  le  sue  idee  e  con  la  sua  opera  nella  realtà  scolastica  e  

sociale  grazie  al  decisivo   contributo  dei   soci.  Di   tutti   i   soci.   Storicamente   la   forza  

dell’U.C.I.I.M.   è   la   base,   che   costituisce   la   linfa   vitale   associativa,   la   vera   ricchezza  

dell’associazione.  All’U.C.I.I.M.  ci  s’  incontra  per  confrontarsi,  per  arricchirsi  grazie  

al   contributo   dell’altro,   per   teorizzare   le   esperienze   fatte   sul   campo,   per  

elaborare  teorie  e  proposte.    

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L’U.C.I.I.M.  nazionale  è  a  stretto  contatto  con  il  Ministero,  quelle  regionali  con  le  

realtà   locali;   si   fanno   proposte   che   vengono   dalla   consultazione   della   base,   dalla  

scuola  militante,  da  chi  entra  in  classe  ogni  giorno.  È  importante  per  noi  dell’U.C.I.I.M.  il  

senso   forte   dell’appartenenza   nello   spirito   di   servizio   e   della   gratuità.     I   dirigenti  

U.C.I.I.M.  sono  a  servizio  dell’Unione  e  dei  soci.    

L’U.C.I.I.M.   è   amicizia,   concordia,   armonia,   è   lavorare   insieme   per   la   stessa  

finalità.                                                                    

Le proposte dell’Associazione non devono semplicemente fornire risposte alle esigenze del

momento storico e sociale, ma devono avere una visione propositiva prospettica per essere volano

della società. L’U.C.I.I.M. avendo come costante guida questi principi continuerà a dare il suo

insostituibile contributo allo sviluppo della scuola e di conseguenza alla crescita umana, culturale,

valoriale della persona e della società, con una particolare attenzione alla dimensione spirituale che

è la base e il sostentamento di tutte le altre, la trascendenza.

 

 

 

 

 

 

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Introduzione tema del Convegno

Prof.ssa Maria Vittoria Mulliri Presidente U.C.I.I.M. sez. di Modica

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Innanzitutto, quale presidente della sezione U.C.I.I.M. di Modica, ideatrice e organizzatrice di questo convegno, rivolgo un cordiale saluto a tutti i presenti - dai discenti, che sono i destinatari della nostra azione educativa, alle autorità che hanno risposto al nostro invito. Un saluto e un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo progetto, in particolare: 1. all’attuale Presidente onoraria dell’associazione, la Preside Pina Lucifora, “anima” dell’U.C.I.I.M. di Modica, l’amica che in quest’occasione è stata la mia più preziosa collaboratrice; 2. a don Mario Martorina, che svolge egregiamente il suo ruolo di consulente, di guida spirituale del nostro gruppo; 3. al nostro Presidente Provinciale Prof. Ignazio Inclimona, oggi assente per impegni improrogabili; 3. al collega prof. Piergiorgio Barone che ha voluto in quest’occasione presentare il secondo numero della rivista da lui curata ( “Magister); 4. al dott. Franco Portelli, giornalista, socio della sede di Scicli, che funge da moderatore. 5. Saluto e ringrazio inoltre Il preside Prof. Alberto Moltisanti, che ci ospita nel proprio istituto; 6. l’onorevole Riccardo Minardo; 7. il nostro primo cittadino, il sindaco dott. Antonello Buscema, e tutti 8. gli illustri relatori:

- il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, - i Proff. Salvatore Nicastro e Simon Villani, esperti in campo pedagogico, - il Vicepresidente nazionale dell’U.C.I.I.M., Prof. Giacomo Timpanaro, molto apprezzato per la

sua professionalità. Un saluto particolare rivolgo, infine, alla Prof.ssa Amalia Giordano, attuale Presidente regionale dell’associazione, e mi complimento con lei perché, a mio avviso, ha fatto una bellissima presentazione dell’U.C.I.I.M. evidenziando quello che anch’io reputo uno degli aspetti più accattivanti di questa associazione: il sentimento di amicizia, la gioia della condivisione che si prova si prova quando si lavora insieme, soprattutto durante i convegni regionali e nazionali, condividendo esperienze didattiche e momenti di formazione e di preghiera. E devo dire che la stessa gioia l’ho rivissuta in questi ultimi mesi lavorando alla realizzazione di questo Convegno, per l’incoraggiamento e il sostegno che ho ricevuto dai soci vicini e lontani, giovani e anziani. Contrariamente a quanto generalmente si pensa, infatti, questi ultimi costituiscono per noi una preziosa risorsa perché continuano ad adoperarsi per la formazione delle nuove generazioni anche da pensionati. Penso in particolare alla Prof.ssa Graziella Modica Scala impegnata in più associazioni, al Prof. Emanuele Migliore, nostro attuale tesoriere, e alla Prof.ssa Clementina Rizzone, che, nonostante la sua veneranda età, (è nata nel 1922!) continua a leggere la rivista e a seguire le nostre attività. E veniamo al TEMA su cui il convegno verte: “La Famiglia, la Scuola, le Istituzioni, la Chiesa per una società umanizzata e umanizzante” (Slogan: “ “Per insegnare basta un maestro; per educare occorre un villaggio”), un argomento molto caro all’U.C.I.I.M. e al suo fondatore Gesualdo Nosengo, un uomo esemplare, che, come ha detto la Prof.ssa Amalia Giordano, ha dedicato la sua vita all’educazione dei giovani e alla formazione dei docenti fino all’anno della sua morte avvenuta nel 1968. E’ un tema che abbiamo voluto porre all’attenzione dell’intera comunità per offrire a tutti l’opportunità di ampliare le proprie conoscenze in campo pedagogico e trarre spunti di riflessione al fine di affrontare con successo la sfida educativa che ci lanciano i tempi critici in cui viviamo. L’educazione ha rivestito un ruolo fondamentale nello sviluppo personale e sociale dell’individuo fin dagli albori della civiltà umana. Educare è sempre stata un’arte difficile, ma oggi costituisce una vera e propria “emergenza” a causa dei cambiamenti intervenuti nella famiglia e nella società in generale, della crisi diffusa nei vari ambiti, dei problemi con cui facciamo i conti quotidianamente. L’arte dell’educare non si apprende solo seguendo “precetti aprioristici e teoretici”, come ha sottolineato don Mario, ma richiede nell’educatore le doti e virtù della pazienza, dell’equilibrio, della disponibilità, dell’elasticità e della fermezza e la capacità di orchestrarle in ogni momento con grande intelligenza. Educare, dal latino “ex - ducere”, significa letteralmente “condurre fuori”;

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quindi, l’educazione è, per definizione, l’azione maieutica che consiste nel far emergere le positività del discente, sostenendolo affinché riesca a volgere le contraddizioni che in lui emergono verso valori positivi. Ma per educare con efficacia e serenità occorre il concorso dell’intero ambiente familiare e sociale, la condivisione di valori stabili, tali da contrastare il dilagante relativismo etico, il nichilismo. Pertanto oggi più che mai vale la massima della cultura africana che abbiamo scelto come slogan, secondo cui “per insegnare basta un maestro, per educare occorre UN intero VILLAGGIO”.

Darei ora la parola ai nostri relatori, che sono certa sapranno orientarci, scuotendo le nostre coscienze e stimolando in noi valide riflessioni. Grazie e buon ascolto.

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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S.E. Mons. Antonio Staglianò Vescovo della Diocesi di Noto

 

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SINTESI-­‐  

Prendendo  spunto  dalla  “bella  espressione”    <<Per  insegnare  ci  vuole  un  maestro,  per  educare  occorre  un  villaggio>>,  S.E.  Mons.  A.  Staglianò  ha  affermato  l’importanza  del  villaggio  nella  formazione  dell’individuo,  sottolineando  la  necessità  di  “bonificarlo”  a  partire  dal  linguaggio,  che,  data  l’attuale    -­‐  […]confusione  linguistica[…]  c’impedisce  [-­‐-­‐-­‐]  di  comunicare  a  tutti  i  livelli.  Quindi,  entrando  nel  cuore  della  problematica  della  Chiesa  e  dell’emergenza  educativa  di  oggi,  ha  richiamato  l’uditorio  sulla  necessità  di  aiutare  i  giovani    “  […]  a  portare  a  espressione,  a  manifestazione,  ad  epifania  quello  che  c’è  dentro  […]  “  di  ognuno  di  loro,  attraverso  un’azione  educativa    volta  a  renderli  consapevoli  delle  proprie  potenzialità,  e  in  grado  di  operare  le  scelte  giuste.  Ha  altresì  ribadito  l’importanza    della  dimensione  religiosa  nell’educazione,  sottolineando  che  ,  “l’U.C.I.I.M.  può  fare  appello  alla  sua  dimensione  religiosa    all’interno  delle  scuole,  perché    […  ]  si  impegna  e  declinare  culturalmente  i  dati  della  fede”.  Servendosi  quindi  di  efficacissime  metafore  vive  ci  ha  suggerito  cosa  noi,  come  educatori,  dovremmo  fare,  e  precisamente:  

1.  il  “taglio  della  fede”  che    è  prezioso  nel  giovane    perché  possa  giungere  a  maturazione  producendo  frutti  buoni  così  come  nel  sicomoro,    liberandolo  dal  succo  velenoso  che  gli  impedisce  di  svilupparsi  (metafora  degli  intagliatori  di  sico-­‐  moro);  

2. non  rompere      parte  del  “bozzolo”  perché  il  giovane  venga  fuori  più  agevolmente,  se  si  vuole  evitare    che  esca    fuori  un  “lepidottero  che  non  volerà  mai”  (metafora  del  bozzolo    del  baco  da  seta);  

3. far  sì  che  il  giovane  “metta  radici  profonde”  per  potersi  poi  sviluppare  pienamente  (metafora  del  bambù);  

4. creare  un  contesto  ,  un    “  villaggio  “  che  non  agevoli  troppo  l’educando  impedendogli  di  fare  il  proprio  salto  (metafora  della  rana).      

Molto  efficace  il  monito  finale:    “Ti  propongo  di  non  sollazzarti  troppo  nell’acqua  calda  dell’inizio,  ma  quando  hai  visto  la  tentazione,  togliti  fuori  perché  sei  capace,  ne  hai  le  forze,  sei  un  essere  umano,  perché  l’essere  umano  non  è  divino,  ma  è    metafora  viva”.  

 

 

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La nuova frontiera: gli educatori di strada nella città visibile e in quella invisibile

Prof. Luciano Nicastro Filosofo e sociologo

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Per vivere oggi nei mondi vitali della società contemporanea bisogna avere un forte spirito di libertà per lottare contro il conformismo imperante, che è “il carceriere della libertà e l’ostacolo più grande per ogni progresso” (J.F. Kennedy) e nello stesso tempo come sosteneva J. Maritain “bisogna avere uno spirito duro e un cuore tenero”.

Jack Kerouac in “On the road” non parlava solo di nuovi orizzonti esistenziali, di una nuova avventura dello spirito della frontiera, ma soprattutto di una nuova frontiera dell’educazione come personalizzazione alla libertà da imparare come virtù e da considerare come consapevole integrazione liberatrice. La nuova educazione di oggi è un complesso processo di sinergia di corresponsabilità perché non cade come un semplice fall out di stimoli e di idee ma come criteri di una rete puntiforme di un mondo complesso e per certi aspetti incomprensibile.

La STRADA è diventata l’immagine di un nuovo mondo da visitare attraverso la ricerca e l’acquisizione di una padronanza. Si scopre così che il mondo contemporaneo, a ben vedere, risulta duale nelle espressioni organiche di due città che interagiscono: la città visibile e quella invisibile.

Nella prima le trasformazioni incidono non solo sui territori ma anche nei “modus vivendi”, nel modo di pensare e di agire attraverso la presenza di una scuola sui generis. La città visibile è diventata multiculturale. Non è più monoculturale. Richiede mentalità aperte e ancoraggi valoriali più forti. Nella città invisibile si svolge una second life invisibile ed efficace come in Matrix dove gli dei sono tanti, e i poteri e le suggestioni altrettanti. Anche questa città ha una sua scuola che tende alla socializzazione anticipatoria.

Le ricerche del passato, come ad esempio “Né leggere, né scrivere” di Gualtiero Harrison e Matilde Callari Galli sulla Palermo popolare degli anni ’50, indicavano non solo stratificazioni e modelli sociali educativi, ma l’esistenza anche di due scuole: quella della istituzione pubblica e quella della strada, due sistemi diversi per finalità, modalità di educare e per identità e ruolo degli educatori. Gli esiti delle due scuole erano sul piano educativo profondamente diversi. Come hanno fatto constatare i “santi sociali” da San Filippo Neri a don Bosco, da don Milani a don Puglisi, i giovani vengono respinti dalla istituzione scuola e formati dalla strada. Ad essi si rivolgeva la Chiesa per un processo di liberazione morale e di promozione sociale.

Nel pasticciaccio recente del Parini di Milano si è evidenziato come i genitori di oggi “distratti e insicuri con i figli” si sfogano e si scagliano contro i docenti e come non si accetta più che nella scuola pubblica, come ha notato Umberto Galimberti, vi siano visioni del mondo differenti rispetto a quelle impartite nelle mura di casa. Umberto Galimberti sostiene che “non ci sono altri luoghi di socializzazione, non ci sono più né gli oratori né le sezioni di partito, ci rimangono solo la strada e il bar”.

La cultura “religiosa” del mondo ipermoderno è caratterizzata da due assi assiomatici: il culto della prestazione e del successo sicuro e della ricchezza come chiave e nello stesso tempo la paura del fallimento e della povertà, dall’altro l’apologia cinica del consumo facile e dell’appagamento immediato senza differimenti. In questa società l’etica iperedonista rende relativisti (e perché no?) e sazi e ciechi nel desiderare dei sensi spegnendo il desiderio e la molla della progettualità. L’educazione diventa impossibile nel post moderno e nel tempo iper moderno perché non c’è più l’interdizione e il limite, non si usa il NO ma solo il si sempre. Non siamo riusciti a frenare la corsa rovinosa al godimento usa e getta fine a se stesso. Cosa resta del Padre? (Cortina 2011). Il potere simbolico e l’accompagnamento di sostegno si sta evaporando.

La vita non è vita nell’artificiale. La vita è vita nella strada. (On the road) I giovani sono cittadini del reale e dell’immaginario, del bisogno e del desiderio, della terra e del cielo, del virtuale “connettivo” e del virtuale spirituale. In loro spira non solo la menzogna ma anche il vento della verità, non solo il cinismo ma anche la generosità. L’ambivalenza è strutturale e l’abitazione nelle

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due città (visibile e invisibile) è una permanente dimora provvisoria. La quotidianità è un continuo work in progress.

Il panopticon è il bullismo che non è solo il simbolo dei ragazzi abbandonati ai propri impulsi ed emotivamente immaturi, spavaldi e fragili (G. Pietropolli Charmet), ma un fenomeno culturale, sociale e mediatico che cala sul male dell’educazione e sulla socializzazione dei giovani in tempi di cinismo. Mc Luhan parlava dei mass media come prolungamento dei nostri sensi e intensità maggiore delle nostre emozioni. Noi siamo, secondo questo autore, massaggiati più che informati. Si diventa bulli a imitazione del bullismo sociale. Il nuovo problema da risolvere è la grande crisi dei rapporti genitori-figli e viceversa. Non sono più i figli che domandano di essere riconosciuti dai loro genitori ma sono i genitori che domandano di essere riconosciuti dai loro figli. Tutto è ribaltato. Per risultare amabili è necessario dire sempre “Sì!”. Eliminando il disagio del conflitto di una volta si tende a delegare tutto e ad avallare tutto. Il sì perpetuo unito al punto di domanda “e perché no?” della cultura sociale dominante producono un effetto perverso.

Sulla strada le generazioni non sono atemporali e codificate, senza storia e senza utopia. Esse si trasmettono narrazioni di valori e stili di vita. Si assegnano compiti di senso, di libertà, di godimento e di partecipazione sia nella città visibile che in quella invisibile che si influenzano dialetticamente.

In questa situazione diventare educatori è un compito difficile. E’ necessaria una nuova generazione di educatori di strada per la città visibile e per la città invisibile. Essi sono i nuovi accompagnatori dell’etica della corresponsabilità e della promozione di sane esperienze di vita in qualificati luoghi associativi anche provvisori. Tutti i poveri della città cercano la propria anima e il fascino di un bene profondo.

Vale qui nell’ipermoderno la lezione della parabola del figliol prodigo che è un paradigma adeguato soprattutto per la relazione educativa nella ipermodernità. Il padre della parabola non dice al giovane figlio: Diventa come me, ma gli dà tutto quello che chiede e lo aspetta perché affida all’esperienza del fallimento la capacità di ritrovarsi dopo essersi perduto mentre al fratello maggiore che aveva scelto di non sbagliare, la sicurezza del nido lo invita a capire che si può sbagliare e ci si può redimere purché dopo aver sbagliato si ritrovi la strada del ritorno e un adulto pronto ad accoglierlo. Come dice la parabola, era perduto ed è stato ritrovato.

L’educatore di strada è il nuovo educatore, portatore di una nuova filosofia della strada, di una nuova religione nella strada come sulla via di Emmaus dove si dialoga e si scopre l’interiorità profonda del prossimo e con lui si cammina. On the road!

Modica, 30 Marzo 2011

Prof. LUCIANO NICASTRO

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Intenzionalità, corresponsabilità e testimonianza per l’educazione della persona Prof. Giacomo Timpanaro Vicepresidente nazionale U.C.I.I.M.

Non  possiamo  parlare  di  società  umanizzata  e  umanizzante  se  non  parliamo  di  istruzione  dell’uomo  .

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Chi   lotta   contro   una   società   umanizzata   e   umanizzante?   Sono  l’individualismo  (io  e  basta)    Quale   idea   di   società,   di   famiglia,   di   scuola   ?   Una:   Vogliamo   una   società  umanizzata  e  umanizzante  .  Dobbiamo   lavorare   affinché   le   nuove   generazioni   possano   operare   in   questa  prospettiva  .  Cosa  fanno  la  scuola  e  la  famiglia  per  educare?  La  scuola  deve  educare  .  Non  è  vero   che   tutti   desiderano,   anche   se   lo   professano,   una   scuola   che   educhi.  Nell’opera   educativa   la   scuola   deve   essere   preceduta   dalla   famiglia.   Il  primo  ente  educativo  è  la  famiglia.  L’azione   educativa   ha   due   pilastri:   sapere   (conoscenze,   competenze),  dimensione  etica,  religiosa  che  va  educata  perché  l’uomo  ha  la  tensione  verso  il  trascendente.   Vivere   secondo   le   scelte   ispirate   ai   valori   e   alla   religiosità    INSEGNARE  IL  SAPERE,  TESTIMONIARE  I  VALORI.  

L’educazione  fondata  su  adulti  significativi  che  diano  testimonianza  dell’essere  veramente  uomini  e  donne  umanizzati  e  umanizzanti.                                    Le  conoscenze  possiamo   insegnarle   tutti   noi,   con   competenze   disciplinari,   competenze  pedagogico-­‐   didattiche   ;   ma   non   tutti   possiedono   adeguate   capacità  comunicative-­‐relazionali.  L’uomo  non  è  solo  sapere,  intelletto,  ragione,  ma  è  anche  dovere,  diritti,  giustizia,  senso  dello  stato,  onestà,  rettitudine.  Tutto  questo   non   si   può   insegnare   perché   l’informazione   non   comporta   agire  corretto.   Quante   persone   sono   colte,   ma   operano   non   correttamente   e   senza  deontologia;  anzi,  operano  a  fini  immorali,  utilizzano  il  sapere  a  fini  amorali?    I   valori   si   devono   interiorizzare,   fare   propri:   il   valore   mio   e   della   famiglia   .  Anche   nei   vari   documenti   ministeriali   il   termine   “interiorizzare”   non   sempre  compare.   Si   educa   ai   valori   testimoniando   quotidianamente   i   valori   (   del  comportamento,   la   coerenza,   il   riconoscimento   dei   propri   limiti,   rispettando   e  tenendo   in   considerazione   l’altro)   .   Bisogna   creare   persone   sensibili   e   attente.  Non  è  secondaria  la  presenza  in  classe  di  alcuni  docenti  invece  che  di  altri:  alcuni  docenti   riescono   ad   educare   alla   libertà   nel   rispetto   degli   altri,   a   scegliere  secondo   i   valori   .   Non   è   secondario   che   un   certo   modo   di   insegnare   abbia  risultati  diversi  rispetto  ad  altri:  se  insegnare  il  sapere  è  difficile,  più  complesso  e   più   difficile   è   educare   ai   valori.   Ad   esempio,   l’integrazione   di   alunni   in  situazione  di  handicap  a  volte  riesce,  a  volte  no  .    La   lezione   frontale   e   la   rigidità   del   gruppo   classe   non   porta   alla   crescita  secondo  i  valori.  Bisogna  distinguere  chiaramente  i  valori  dai  disvalori  .    Non  deve  esserci  dicotomia  tra  dire  e  agire.    E’  fondamentale  il  rapporto  interpersonale  corretto  .  

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Il  ruolo  delle  motivazioni.  L’alunno  non  deve  far  leva  su  motivazioni  estrinseche  (faccio   questo  perché  ottengo  questo),  ma  deve   far   riferimento   a  motivazioni  intrinseche.    La   gratuità   del   sapere.   Oggi   si   assiste   invece   alla   strumentalizzazione   del  sapere.  Noi  dobbiamo  riscoprire  i  contenuti,  il  loro  valore.  La  valutazione.  Non  si  può   intendere   la  valutazione  come  momento  esterno  o  strumentale,   come   mera   valutazione   tecnicistica.   Il   problema   all’interno   della  valutazione   è   che   non   è   né   standardizzazione,   né   misurazione.   Il   momento  valutativo  non  è  esterno  ma  interno;  è  un  momento  di  processo  per  far  sì  che  l’alunno  possa  conoscere.    Coerenza   morale   e   intellettuale   deve   contraddistinguerci.   Un   cattolico  comportamentista  non  funziona  .    E’  fondamentale  la  fiducia,  il  rispetto  degli  allievi,  l’essere  sempre  presenti  a  se   stessi   e   vigili   dei   propri   comportamenti   .   Abbiamo   tante   persone   da  educare  contemporaneamente:  tenere  presente  un  singolo  alunno  e  la  classe  .    Dobbiamo  dividere  con  le  famiglie  la  corresponsabilità.  Fare  scuola  è  molto  complesso,   ma   altrettanto   appagante   e   gratificante.   Tale   è   l’incontro   con   i  ragazzi,   il   loro   sguardo   di   attenzione   e   di   ammirazione;   il   loro   conoscere   e  manifestare   che   tu   hai   dato   qualcosa;   il   loro   saluto   allegro   la   mattina;   la  speranza   di   avere   migliorato   la   loro   vita,   di   aiutarli   a   dare   senso   religioso   e  morale   alla   loro   esistenza.   A   livello   personale,   bisogna   essere   “adulti  significativi”  come  diceva  Nosengo  .  In  sintesi,  G.  Timpanaro  è  sceso  nella  complessità  della  nostra  vita  professionale.  Partendo   da   una   concezione   personalistica   dell’uomo,   ci   ha   ricordato   che   una  risposta  c’è  ,  l’omologazione  generale,  l’egoismo  sono  i  pericoli  .  E’  stata  fatta  una  distinzione   tra   saperi   e   valori   .   Sono   due   aspetti   diversi   di   quello   che   uno  dovrebbe   acquisire   .   E’   stato   sottolineato   l’aspetto   della   testimonianza.   Se   noi  siamo   testimoni,   dobbiamo   portare   un  messaggio   di   speranza.   Bisogna   essere  significativi   come   persone,   educatori   .   L’uomo   ha   una   tale   ricchezza   di  componenti   che   chiaramente   possono   insieme   comporre   una   personalità  perfetta  dell’alunno.  Noi   cristiani   abbiamo  una   forza   in  più   che  è   la  Grazia.  Un  altro  punto  sottolineato  è   la  valutazione  spesso  scambiata  con  misurazione.  La  valutazione   è   stima,   prendere   atto   di   quello   che   c’è.   Sotto   l’aspetto   religioso  come  per   istruire  basta  un  maestro,  per  educare  occorre  un   intero  villaggio,   la  scuola  da  sola  non  può,  ma  ha  bisogno  delle  istituzioni.  

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Ruolo delle istituzioni nell’emergenza educativa contemporanea Prof. Simon Villani Docente di Pedagogia speciale dell’Università di Catania

 

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Potremmo definire la società attuale come la <<società dell’emergenza>>, in quanto in essa ci percepiamo costantemente in situazioni di pericolo e/o di difficoltà, che ci chiedono di agire celermente e con determinazione. Tale percezione si è aggravata nel mondo occidentale dal 2001, anno in cui avvenne l’attentato alle Torri Gemelle, che ha segnato una vera e propria cesura con il mondo islamico. Eppure ci troviamo da allora – e negli ultimi tempi la cosa si è fatta maggiormente rilevante – ad affrontare gravi situazioni di emergenza, per le continue fughe dai Paesi d’origine di intere popolazioni, provenienti in particolare da Paesi africani e asiatici, che ci impongono l’esercizio dell’accoglienza e che hanno incentivato le nostre relazioni interculturali. Parimenti, siamo assaliti da una sovrastante presenza mediatica, che ci propone modelli comportamentali in stridente contrasto con i modelli comportamentali veicolati dalle agenzie educative. Così, mentre ci viene raccomandato l’esercizio della pazienza e del dialogo per dirimere le controversie, assistiamo a prepotenze, turpiloqui, violenze verbali e illimitate oscenità.  Le istituzioni educative, poi, sono preda continua di presenze capaci di alterarne lo spirito collaborativo e di violare il senso di appartenenza: ci sono bulli, iperattivi, extracomunitari, ragazzi a rischio di abbandono e di devianza, ragazzi che ripropongono in classe le difficoltà presenti nelle famiglie problematiche in cui vivono. Tutto questo ripropone e amplifica, anche qui, il clima di emergenza. Che fare allora?

Occorre, innanzitutto, che gli educatori apprendano a guardare all’emergenza in modo inverso: evitando di considerarla un fenomeno inevitabile e usuale, ma al tempo stesso cercando di fare appello a tutte quelle risorse psicologiche e personologiche che consentano, rifuggendo da ogni fatalismo, di considerare l’educazione come un continuo e costante <<work in progress>>, un attività nel suo farsi e come tale che necessita di un continuo confronto con i fenomeni nuovi e le situazioni emergenti.

In secondo luogo, occorre che le istituzioni educative sappiano individuare nell’emergenza un efficace mezzo per costruire e rinsaldare la propria identità.

Infine, occorre indirizzare l’attenzione e l’impegno comune verso la costruzione e la diffusione di una cultura, che sappia costantemente collocare l’uomo al centro della sua riflessione, ponendolo in condizione di rivendicare gli spazi necessari per guardare dentro di sé, per rivendicare la propria autenticità e per vivere con rinnovata intensità le relazioni con gli altri uomini; condizione questa indispensabile, perché possa gradualmente dissolversi il clima di emergenza che ottenebra le menti e rende assai confuso e problematico ogni itinerario di formazione umana.