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    UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MODENA E

    REGGIO EMILIA

    Facoltà di scienze della comunicazione

    corso di laurea magistrale in

     strategia e comunicazione d’impresa 

    Attenzione e giorno della settimana: evidenza dei

    rendimenti anomali delle società di calcio quotate,

    nei turni domenicali ed infrasettimanali di

    campionato

     Laureando: Lopez Suarez Andrea Relatore: Prof. R. Ferretti

    Controrelatore: Prof. M. Tedeschi

    Anno accademico 2011/2012

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    Indice: 

    Introduzione

    Capitolo 1

    1.  Quesito di ricerca

    2.  Teorie finanziarie a confronto

    2.1 Le anomalie di calendari

    2.1.1  Effetto cambio del mese

    2.1.2  Monday Effect  (o effetto lunedì)

    2.2  La finanza comportamentale

    2.2.1 Attention Grabbing

    Capitolo 2

    1. 

    Borsa e performance sportiva

    1.1  Calcio e business

    1.2  Rendimento in borsa e performance sportiva

    2. 

    I club esaminati

    2.1 S.S. Lazio

    2.2 Juventus F.C.

    2.3 A.S. Roma

    2.4 Borussia Dortmund

    2.5 Tottenham Hotspurs

    3.  Pro e contro dell’investire nel calcio 

    3.1 Rischi

    3.2 Vantaggi

    4. 

    Cos’è un event study 

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    Capitolo 3

    1. 

    Metodologia di studio

    2. 

    Gli esiti dello studio

    2.1  Analisi sui 100 match

    2.2  Analisi sui risultati inattesi

    2.3  I risultati per campionato

    3. 

    Conclusioni 

    Bibliografia

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    Introduzione

    Lo studio svolto in questa tesi riguarda l’analisi del rendimento azionario di 5società calcistiche quotate, l’A.S. Roma, l’S.S. Lazio, la F.C. Juventus, il Tottenham

    Hotspurs e il Borussia Dortmund.

    L’analisi intende verificare la reazione della quotazione in due particolari situazioni,

    ovvero il lunedì successivo al turno “classico” di campionato, ed il mercoledì/giovedì

    successivo ad un turno infrasettimanale.

    La particolarità di questo lavoro sta proprio nel fatto che per la prima volta si cercano

    differenze di rendimenti, a parità di risultato, riconducibili esclusivamente alla maggioreo minore attenzione che un turno infrasettimanale potrebbe richiamare rispetto al

    classico turno domenicale di campionato.

    In letteratura ad oggi abbiamo due filoni della letteratura finanziaria che hanno

    analizzato come il giorno della settimana può influenzare il rendimento di un titolo o

    come semplicemente è l’attenzione che in alcuni giorni l’investitore rivolge a

    determinati eventi che genera rendimenti più o meno anomali.

     Nel primo capitolo forniremo una breve review di questi due principali filoni di studi

    finanziari sui quali si baserà il lavoro in questione, ovvero la finanza comportamentale,

    nello specifico l’attention grabbing , e le anomalie di calendario, concentrandomi però

    solo su due di esse, quelle maggiormente inerenti al lavoro, ossia l’effetto   “fine del

    mese” o turn of the month ed il Monday o weekend effect .

    Il fatto che nel calcio si verifichino “eventi” confrontabili sia nel fine settimana che nei

    giorni lavorativi offre un’occasione unica per studiare l’effetto “giorno della settimana”

    e le dinamiche legate all’attention grabbing , in modo differente da quanto esistente in

    letteratura. Nell’ambito della finanza comportamentale si è rilevato come le notizie

    diffuse la domenica determinano il lunedì successivo delle reazioni borsistiche più

    sfumate di quelle prodotte da notizie diffuse il sabato e lo stesso si verifica per le notizie

    diffuse il venerdì, rispetto a quelle diffuse negli altri giorni lavorativi lasciando

     presupporre che, in certe giornate, gli investitori sono meno attenti che in altre; questo

     perché è più difficile catturare la loro attenzione nei giorni in cui non lavorano, in

    quanto risulterebbero maggiormente distratti e concentrati su altre dinamiche.

    Tutto ciò potrebbe non avvenire in ambito calcistico dove, proprio il lunedì, che

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    coincide sia con la riapertura dei mercati che con il giorno successivo alla partita di

    campionato, si potrebbero verificare importanti variazioni sui titoli delle società in

    questione; non sono però da escludere risultati che dimostrano come in questo

     particolare settore non ci siano differenze significative tra i due turni presi in esame,

    mostrandoci come ormai l’attenzione che richiama questo sport risulti elevata durante

    tutta la settimana.

    Il capitolo due sarà strutturato in tre parti: nella prima si offrirà una rassegna

     bibliografica che ci permetterà di capire come, l’andamento del titolo di una società

    calcistica, sia strettamente connesso al risultato da essa raggiunto in un determinato

    match dimostrando come il risultato conseguito da un club influenzi direttamente il

    titolo in borsa generando dei ritorni positivi in caso di vittoria e negativi in caso disconfitta; per quanto riguarda il risultato di pareggio il rendimento risulta

    tendenzialmente negativo, ma si possono anche verificare rari casi di rendimenti

    moderatamente positivi.

    Era il 25 aprile 2010, la Roma giocava in casa contro la Sampdoria la partita che poteva

    riportarla in testa alla classifica scavalcando l’Inter. E’ il 40esimo del secondo tempo e

    il punteggio è fermo sull’1-1 quando Mannini scende sulla fascia sinistra, mette un

     pallone in mezzo ed è goal. Pazzini mette in rete siglando il 2-1 per la Sampdoria cheinterrompe la corsa scudetto della Roma. Grossa delusione per i tifosi giallorossi, che

    speravano di proseguire la corsa al titolo, ma anche per gli azionisti dell’As Roma che il

    lunedì successivo perderanno il 9% sul loro capitale. Questo crollo delle azioni della

    squadra non deve stupire: i titoli delle società di calcio sono per loro natura molto

    volatili e i risultati degli incontri incidono sugli andamenti dei titoli delle squadre

    quotate in Borsa.

    Successivamente si passerà ad illustrare le società considerate in questo lavoro ovvero leitaliane S.S. Lazio, A.S. Roma, F.C. Juventus, la tedesca Dorussia Dortmund e l’ inglese

    Tottenham Hotspur, facendo una breve rassegna della loro storia, per capire meglio il

    soggetto in questione, e trattando anche il momento della quotazione in borsa dei club

    stessi analizzando brevemente le aspettative che le società nutrivano e ciò che in realtà

    si è verificato al momento della prima emissione sul mercato.

    Il capitolo si concluderà con una illustrazione approfondita dello strumento che verrà

    utilizzato per condurre lo studio che nel terzo capitolo ci permetterà di confrontare il

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    rendimento seguente ad un risultato conseguito la domenica ed il medesimo conseguito

    nel turno infrasettimanale, ovvero l’event study. 

    Il ricorso ad analisi di natura event study è finalizzato alla valutazione dell’impatto

    esercitato da uno specifico evento sul valore di un’azienda utilizzando dati finanziari,

    ossia verificando la presenza di variazioni del corso delle azioni a seguito dell’evento

    inatteso.

    Questa metodologia di studio ci permette di andare a definire i rendimenti anomali,

    ovvero quella parte di rendimenti direttamente connessi all’evento in questione.

    L’analisi che abbiamo effettuato non si è fermata però alla sola valutazione dei

    rendimenti, ma siamo andati a calcolare anche i volumi anomali, ovvero una volta

    definito il numero di azioni scambiate nei giorni analizzati, si è calcolato quanta parte diquesto volume è direttamente riconducibili all’evento in questione. 

    Questi abnormal return ed abnormal volume ci danno la possibilità di capire l’effetto

    dell’evento preso in considerazione, che in questo lavoro riguarda le partite domenicali

    ed infrasettimanali di campionato, sia sui rendimenti che sui volumi portandoci a

    rispondere al quesito che ci siamo posti ad inizio tesi, ovvero se ci sono differenze, a

     parità di risultato, tra partite giocate nel fine settimana rispetto a quelle giocate durante

    la settimana.Da questa risposta si riesce a capire come, chi investe in questo particolare segmento di

    mercato, possa comportarsi in maniera diversa o uguale a tutti quegli investitori che,

    come dimostrato nei capitoli precedenti, nel fine settimana (la domenica in particolare)

    tendono a “staccarsi” da tutte le dinamiche finanziarie che li riguardano facendo si che il

    lunedì i titoli in questione non subiscano particolari variazioni.

    Qualora dovessimo verificare che non ci sono particolari reazioni tra i match analizzati,

     potremmo dire con certezza che il segmento calcistico richiama talmente tantaattenzione da parte degli investitori, che indipendentemente dal giorno in cui si gioca,

    l’attenzione posta da essi risulta sempre molto alta; qualora invece dovessimo trovare

    delle differenze significative tra le due giornate di campionato, allora potremmo dire

    che queste differenze sono dovute alla maggiore o minore attenzione che gli investitori

     possono avere in determinati giorni della settimana.

    Oltre ad analizzare la diversa attenzione che gli investitori possono porre verso i due

    turni di campionato, il fatto di aver preso tre campionati differenti tra loro anche per usi

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    e costumi dei paesi nei quali si svolgono, ci offre la possibilità di interpretare i risultati

    anche da questo particolare punto di vista; basti pensare anche solo alla religione che

     potrebbe anch’essa avere un peso rilevante sui risultati che possono emergere da questo

    studio, i quali potrebbero diversificarsi tra loro anche a causa delle differenze tra

    un’Italia cattolica, un’Inghilterra protestante e da una Germania che vede il popolo

    diviso in parti uguali tra due religioni.

    Come si può notare da tutto ciò, i risultati che emergeranno da questo studio potrebbero

    fornire anche informazioni relative ai comportamenti economici e alle influenze sugli

    stessi, di tutti gli usi e costumi che differiscono tra le tre nazioni.

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    Capitolo 1 

    1 Quesito di ricerca

    Lo studio che abbiamo condotto in questa tesi riguarda il rendimento azionario

    di 5 società calcistiche quotate, l’A.S. Roma, l’S.S. Lazio, la F.C. Juventus, il

    Tottenham Hotspurs e il Borussia Dortmund.

    L’analisi ha  il compito di verificare la reazione della quotazione in due particolari

    situazioni, ovvero il lunedì successivamente al turno “classico” di campionato, ed il

    mercoledì/giovedì successivamente ad un turno infrasettimanale.

    La particolarità di questo lavoro sta proprio nel fatto che per la prima volta si cercano

    differenze di rendimenti, a parità di risultato, riconducibili esclusivamente al giorno in

    cui l’evento si verifica. 

    In letteratura ad oggi abbiamo due grandi branche della finanza che hanno analizzato

    come il giorno della settimana può influenzare il rendimento di un titolo o come

    semplicemente è l’attenzione che in alcuni giorni l’investitore rivolge a determinati

    eventi che genera rendimenti più o meno anomali.

    Questo primo capitolo ha il compito di fornire una piccola review  su questi due principali filoni di studi finanziari sui quali si baserà il lavoro in questione, ovvero la

    finanza comportamentale, nello specifico l’attention grabbing , e le anomalie di

    calendario, concentrandomi però solo su due di esse, quelle maggiormente inerenti al

    lavoro, ossia l’effetto “fine del mese” o turn of the month ed il  Monday  o weekend

    effect ; questi ultimi quasi sempre vengono utilizzati come sinonimi anche se spesso

    esprimono concetti lievemente differenti. In questo lavoro però potranno essere usati

    come tali in quanto avranno lo stesso significato, ovvero rappresenteranno l’anomaliasecondo la quale il lunedì i rendimenti dei titoli sono tendenzialmente negativi o

    comunque sottostimanti.

    Il fatto che nel calcio si verifichino “eventi” confrontabili sia nel fine settimana che nei

    giorni lavorativi offre un’occasione unica per studiare l’effetto “giorno della settimana” 

    e le dinamiche legare all’attention grabbing , in modo differente da quanto esistente in

    letteratura. Nell’ambito della finanza comportamentale si è rilevato come le notizie

    diffuse la domenica determinano il lunedì successivo delle reazioni borsistiche più

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    sfumate di quelle prodotte da notizie diffuse il sabato e lo stesso si verifica per le notizie

    diffuse il venerdì, rispetto a quelle diffuse negli altri giorni lavorativi lasciando

     presupporre che, in certe giornate, gli investitori sono meno attenti che in altre; questo

     perché è più difficile catturare la loro attenzione nei giorni in cui non lavorano, in

    quanto risulterebbero maggiormente distratti e concentrati su altre dinamiche.

     Nel caso del calcio, ci aspettiamo una situazione sostanzialmente contraria perché,

    rispetto agli altri giorni della settimana, è proprio la domenica il giorno in cui dovrebbe

    essere massima l’attenzione degli investitori, visto che questo giorno è da sempre

     preposto per disputare match di campionato.

    Prendendo in analisi il fenomeno dell’attention grabbing , vediamo come la dinamica

    del richiamare l’attenzione che certe notizie hanno, nel calcio si muove in direzioneopposta, questo cosa vuol dire, se normalmente l’attenzione che si ripone alle notizie

    date nel fine settimana è bassa al punto tale da generare variazioni praticamente nulle il

    lunedì, nel calcio è proprio nel fine settimana che si ha il picco d’attenzione, proprio

     perché sono da sempre i giorni preposti al campionato richiamando sempre un

    vastissimo pubblico.

    D’altra parte, anche il turno infrasettimanale potrebbe avere risultati importanti;

    seguendo la logica dell’attention grabbing , durante la settimana l’attenzionedell’investitore dovrebbe essere molto alta, proprio per via del fatto che in quei giorni

    esso lavora e cura il suo portafoglio analizzando le notizie che vengono fuori, compresi

    i risultati delle squadre che esso ha in portafoglio. Potrebbe essere però proprio la troppa

    attenzione verso altre dinamiche o avvenimenti finanziari, a far passare in secondo

     piano i risultati dei match in questione, a tal punto da non generare particolari ritorni

    verso il titolo, positivi o negativi che siano. Infatti se confrontiamo i due momenti in cui

    l’investitore dovrebbe essere attento, la domenica sicuramente dovrebbe esseremaggiormente distratto rispetto al mercoledì proprio perché non lavora e si dedica ad

    altre attività; ma nel calcio è la domenica il giorno “lavorativo” richiamando così

    l’attenzione, cosa che invece non riesce ancora a fare il turno infrasettimanale. Questo

     probabilmente perché il match che si disputa il mercoledì non è ancora sullo stesso

     piano della partita domenicale per alcuni motivi: in primis durante la settimana le

     persone lavorano e tempo da dedicare al calcio ne hanno poco; giocare durante la

    settimana, in oltre, è qualcosa che i nostalgici del calcio “vecchio stile” non vedono  

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    ancora di buon occhio; in più la scarsa attenzione potrebbe essere data dal fatto che, i

     possessori di azioni di società calcistiche sono principalmente rappresentati da piccoli

    investitori o da “investor fans” (Zuber et al., 2005), ossia investitori che acquistano

    determinate azioni con lo scopo principale di appagare il loro essere tifosi seguendo la

     propria squadra anche in ambito finanziario, non dando però particolare importanza al

    rendimento di questi titoli, in quanto il mero possesso appaga già l’investitore, e gli

    impegni settimanali non fanno altro che distogliere ancor di più l’attenzione da questi

    tioli; in poche parole secondo questa ultima teoria chi possiede queste azioni è

    soddisfatto indipendentemente dal rendimento, è il mero possesso che appaga questi

    soggetti e non i possibili flussi di cassa; da questo punto di vista l’azione diventa un

    vessillo del club da possedere per dimostrare ancora di più l’affetto verso la propriasquadra.

    Per quanto concerne invece le anomalie di calendario che si prenderanno in

    considerazione in questa tesi, esse verrebbero messe in discussione, perché, dal punto di

    vista del  Monday effect , i rendimenti del lunedì, che secondo questa anomalia

    dovrebbero risultare negativi o sottostimanti a prescindere (le dinamiche di questo

    effetto sono illustrate nel paragrafo 2.1.2), nello sport, e nel calcio in particolare, non

    sono sempre tali, in quanto il lunedì per gli investitori di questo settore ha un significatomolto importante proprio perché è il giorno successivo alla partita di campionato e

    quindi, i comportamenti che essi assumono, sono strettamente connessi al risultato

    raggiunto la domenica.

    Analizzando il  Monday effect   in relazione al turno infrasettimanale, vediamo come

    questa anomalia che nel calcio viene meno il lunedì per le dinamiche brevemente

    esposte, e che saranno approfondite in seguito, grazie alle partite che si svolgono

    durante la settimana, si potrebbe generare ugualmente in questi giorni e quindi, nonverificandosi il lunedì ma il giovedì, porterebbe alla nascita di un “Thursday effect” 

    applicabile solo al mondo calcistico.

    Dall’analisi che condurremo in questa tesi, qualsiasi risultato verrà fuori, sarebbe

    comunque un nuovo tassello da inserire all’interno della finanza associata allo sport,

     proprio perché non sono presenti studi in merito.

    Scopo principale di questo capitolo sarà quello di effettuare una breve ma completa

    review  sui lavori più significativi in materia, che ci permetta di comprendere meglio

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    queste due branche della finanza in modo tale da definire chiaramente il quadro teorico

    nel quale ci muoveremo, per poi passare ad esporre nel capitolo successivo tutti gli studi

    che associano questi fenomeni al calcio, o comunque allo sport in generale dimostrando

    come in questo segmento di mercato questi fenomeni possono avere delle dinamiche

    diverse rispetto a quanto dimostrato fino ad oggi.

    2 Teorie finanziarie a confronto

    I mercati finanziari, ormai da molti anni, sono al centro dell’attenzione

    mediatica. Non passa giorno che non vi siano aggiornamenti sulla situazione

    internazionale delle borse. Tutta questa pubblicità, positiva (qualche anno fa) o negativa

    (durante gli ultimi anni), ha mano a mano coinvolto sempre più persone in questo

    settore. Le crisi che hanno colpito diversi milioni di investitori negli anni passati hanno

    intaccato fortemente la  Efficient Market Hypothesis  (anche conosciuta con l’acronimo

    EMH), teoria accreditata per la maggiore a Eugene Fama e a Paul Samuelson, che

     partendo da alcune loro ricerche, hanno estrapolato delle ipotesi che regolano i mercati

    finanziari cosiddetti efficienti.

    L’ Efficient Market Hypothesis, afferma che un mercato è efficiente quando in ogniistante i prezzi riflettono completamente tutte le informazioni disponibili e sostiene che

    i mercati finanziari del mondo reale godano di questa proprietà.

     Nel 1970 appare sul “ Journal of   Finance” il celebre articolo di E.F. Fama, “ Efficient

    Capital Markets: a  review of theory and empirical work ”, in cui troviamo la prima

    dettagliata formalizzazione della teoria del mercato efficiente. Secondo Fama, un

    mercato dei capitali si dice efficiente se è efficiente nel trattare le informazioni: "I prezzi

    dei titoli osservati in ogni momento sono basati su una corretta valutazione di tutte le

    informazioni disponibili in quel momento. In un mercato efficiente i prezzi devono

    riflettere pienamente le informazioni disponibili". 

    La teoria dei mercati efficienti parte dal presupposto che l'investitore è razionale, ha un

    informazione completa e massimizza la propria utilità attesa.

    Quando l’investitore viene a conoscenza di qualche informazione sul valore

    fondamentale del titolo, risponde prontamente aumentando il prezzo d’offerta quando la

    notizia è “buona”, e diminuendolo quando la notizia è “cattiva”. Se ad esempio, un

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    investitore riceve una comunicazione di incremento dei profitti di un’impresa,

    aspettandosi un conseguente aumento nei dividendi futuri, aumenterà il prezzo a cui è

    disposto ad offrire il suo titolo, se nella posizione di venditore; se nella posizione di

    acquirente, sarà disposto a pagare un prezzo più elevato per acquistare il titolo.

    In questo modo i prezzi incorporano istantaneamente tutte le notizie disponibili,

    aggiustandosi al nuovo valore attuale netto dei cash flow futuri attesi.

    Tuttavia, ciò non corrisponde al vero in quanto, non appena un soggetto utilizza le

    nuove informazioni per operare in borsa, queste verrebbero incorporate immediatamente

    nei prezzi che risulterebbero pertanto efficienti rispetto alle informazioni.

    L’ipotesi che i mercati finanziari siano efficienti implica che non sia possibile

    individuare strategie o regole di investimento (trading schemes) che permettano ad uninvestitore di battere il mercato, vale a dire di realizzare rendimenti superiori a quelli

    impliciti nella security market line per il grado di rischio scelto dall’investitor e.

    La security market line1 rappresenta la relazione di equilibrio di mercato tra rendimento

    e rischio; la sua funzione è rilevante soprattutto dal punto di vista pratico. Può essere

    utilizzata infatti per determinare il tasso di rendimento giusto per aziende e progetti dato

    un valore di "Beta", ovvero il rischio sistematico che non è diversificabile perché legato

    alle fluttuazioni di mercato, e inoltre serve ad individuare le attività finanziarie il cuivalore non è allineato con le attese di rendimento corrette per il loro rischio sistematico

    ("Beta").

    Se un titolo si colloca, in relazione al suo “Beta”, al di sopra della SML, questo è

    sottovalutato ovvero rende di più di quanto richiesto e di conseguenza tutti cercheranno

    di comprarlo facendo diminuire il suo rendimento e riportandolo sulla SML.

    Se un titolo si colloca al di sotto della SML questo è sopravalutato, ossia rende meno di

    quanto richiesto, cosicché tutti lo venderanno facendo tornare il suo rendimento inequilibrio con le richieste.

    Detto questo capiamo come l’EMH ha come base sulla quale poggiare, il presupposto

    secondo cui i valori attuali dei titoli quotati in borsa riflettano l'informazione disponibile

    in un dato momento nel mercato mobiliare e che di converso, potenziali variazioni nel

    corso dei prezzi avverranno esclusivamente a fronte di nuove informazioni diffuse in

    merito ad eventi che potranno influenzare il valore futuro del titolo in borsa. Questa

    1 Bodie, Kane, Marcus (2011)

    http://it.wikipedia.org/wiki/Mercato_finanziariohttp://it.wikipedia.org/wiki/Rendimento_%28economia%29http://it.wikipedia.org/wiki/Rischio_%28economia%29http://it.wikipedia.org/wiki/Attivit%C3%A0_finanziariehttp://it.wikipedia.org/wiki/Attivit%C3%A0_finanziariehttp://it.wikipedia.org/wiki/Rischio_%28economia%29http://it.wikipedia.org/wiki/Rendimento_%28economia%29http://it.wikipedia.org/wiki/Mercato_finanziario

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    teoria ha rappresentato per anni il pilastro sul quale si è costruita la finanza, anche se

    verso la fine degli anni ’70 iniziano ed essere pubblicati i primi lavori empirici che

    mettono in dubbio la validità della suddetta legge ed iniziano a s ostenere l’inefficienza

    dei mercati e quindi l’abbandono del “non random walk ”. 

    Come si vedrà, molte delle controversie in merito all’inefficienza dei mercati , sono

    collegate ad una serie di anomalie riscontrate con una certa ridondanza nei decenni

     passati e di cui la letteratura finanziaria fornisce numerose documentazioni.

    Da qui in poi ci concentreremo su due anomalie di calendario, quelle strettamene

    connessi all’analisi che condurrò in questa tesi, e sul fenomeno dell’attention grabbing .

    2.1 Le anomalie di calendari

     Numerose verifiche empiriche sono state condotte fino agli ‘70 per dimostrare

    l’efficienza informativa dei mercati azionari, successivamente però, negli anni ‘80, si è

    sviluppata invece un’ampia letteratura volta a dimostrarne l’inefficienza attraverso

    l’individuazione di variazioni sistematiche dei corsi azionari connesse con il calendario

    civile che prendono il nome di anomalie di calendario.

    Ve ne sono di vario tipo all’interno del panorama internazionale; sin dal 1930 in finanza

    sono noti i famosi, tra l’altri, “turn of the month effect ”  e il “week end effect ” o“ Monday effect ”2. Cosa sono? Periodi nei quali si registrano rendimenti azionari

    anomali non legati ad effettive dinamiche societarie, ma semplicemente generati da

    scelte degli investitori che in questi periodi tendono ad avere comportamenti sul

    mercato finanziario particolarmente insoliti. 

    Vedremo ore in modo approfondito due fra i fenomeni in questione, i quali risulteranno

    utili nei capitoli successivi, quando si analizzeranno i rendimenti delle società

    calcistiche durante i due match settimanali, per comprendere ancora meglio gli eventualiabonormal return.

    2.1.1 Effetto cambio del mese

    Tra le anomalie di calendario la più marcata è l’“effetto cambio del mese”,

    riscontrata da molti studi in diversi mercati. Ariel nel 1987 ha riscontrato un forte

    aumento della variabilità dei prezzi nell’ultimo giorno del mese. Nel 1988 Lakonishok e

    2 Per approfondimenti su tutte le anomalie di mercato si rimanda a Mattarocci (2003) e Mattarocci (2005). 

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    Smidt rilevano per la prima volta un forte aumento della redditività dei titoli azionari

    nell’ultimo giorno lavorativo del mese, e nei primi tre del mese successivo.

     Nel loro studio gli autori hanno dimostrato che durante il periodo in cui si verifica

    questa anomalia, nota come “turn of the month effect ” (TOM), si concentrano tutti i

    guadagni del Dow Jones nel periodo dal 1897 al 1986.

    Sempre in quell’anno e sulla base degli stessi dati Jacobs e Levy (1988) avvalendosi del

    grafico sottostante, relativo ai rendimenti medi dell’indice Dow Jones, per i giorni di

    negoziazione di fine mese relativi al periodo 1897-1986, hanno avvalorato la tesi

    riguardante l’effetto “turn of the month”, dimostrando come si verificano ritorni

     particolarmente elevati nell’ultimo giorno del mese. 

    Il grafico sottostante è molto chiaro in merito all’anomalia di mercato in questione, siriesce chiaramente a vedere come ci siano ritorni “anomali” nel giorno -1, che

    corrisponde con l’ultimo giorno del mese, rispetto ai successivi; confrontato con gli altri

    notiamo subito che solo nel terzo giorno del mese successivo si riescono a conseguire

    dei ritorni superiori; se poi lo andiamo a rapportare alla colonna dell’average day, ossia

    della media giornaliera, notiamo ancora di più la particolarità di questa anomalia di

    mercato.

    In particolare, la performance media nei quattro giorni del TOM è dello 0,473%, mentresu tutto il mese è dello 0,349%. Ciò vuol dire che la performance media del DJ negli

    altri giorni nel mese è negativa.

    Figura 1.1

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    15

    Per il mercato azionario italiano l’effetto cambio del mese, è stato analizzato da Barone

    nel periodo di tempo 1981-86. Barone (1990) rileva che il mercato italiano esibisce un

    andamento ben differenziato nella prima e nella seconda parte del mese solare, infatti i

     prezzi delle azioni diminuiscono nella prima parte del mese solare per poi aumentare

    nella seconda parte, in concomitanza con il chiudersi e l’aprirsi di due cicli borsistici.

    Particolarmente evidente è l’aumento delle quotazioni a fine mese: le variazioni

    giornaliere osservate il 30 e il 31 sono pari in media, rispettivamente, allo 0.49% e allo

    0.37% e risultano significativamente diverse da zero ad un livello di confidenza

    inferiore allo 1%.

    Da questo studio capiamo molto bene come anche nel nostro mercato questa anomalia

    sia presente, e viene evidenziata con dati molto chiari che dimostrano come al terminedel mese ci sia un anormale aumento delle quotazioni.

     Non solo in Europa però si verifica questo particolare avvenimento borsistico; evidenza

    nel mercato giapponese ci è stata fornita da Ziemba3; in questo caso il turn of the month 

    è dato dagli ultimi cinque giorni ed i primi due del mese. Ciò dimostra come anche se

    con tempistiche lievemente più lunghe, anche nel mercato del sol levante questa

    atipicità di mercato sia presente.

     Nella ricerca condotta da Asteriou e Kavetsos (2006) è stato dimostrato come questairregolarità anche su mercati minori, sotto il profilo dei volumi di scambi come quelli di

    Ungheria, Slovacchia, Polonia e Romania è presente in maniera importante.

    Da notare come molti studi hanno definito come in questa anomalia abbiano un peso

     particolarmente rilevante gli investitori istituzionali.

    Wiley e  Zumpano (2008) sono stati i primi ad analizzare nello specifico se

    effettivamente questa categoria di investitori abbia effettivamente un peso rilevante

    all’interno di questo fenomeno. I risultati raggiunti sono coerenti con le deduzioni fattein altri lavori, avvalorando la tesi che gli investitori istituzionali rivestano un ruolo di

     prim’ordine all’interno del “turn of the month effect ” e la spiegazione che viene data in

    merito è che l'ultimo giorno del mese è un giorno di paga tipico per molti dipendenti, i

    quali potrebbero girare direttamente una parte più o meno importante del proprio

    stipendio agli investitori istituzionali che di conseguenza diventerebbero

     particolarmente attivi sul mercato.

    3

     Calendar Anomalies and Arbitrage di: William T. Ziemba ; Data di pubblicazione: 23 Luglio 2012

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    16

    Oltre il fatto che il pagamento dei salari a fine mese può influenzare la domanda di

    titoli, l’uso da parte degli investitori istituzionali di concentrare gli acquisti a fine mese,  

     potrebbe essere connesso alle rilevazioni della stampa specializzata, che avvengono in

    quei giorni, e sulle quali questi investitori fanno particolarmente affidamento.

    Teoria condivisa da Nikkinen, Sahlström, Äijö (2007) che sostengono che tutti gli

    importanti annunci, di profilo macroeconomico, si concentrano sempre verso la fine del

    mese generando dei rendimenti anomali.

    Bisogna però dire che, anche se questa anomalia esiste da più di un secolo, da una

    decina di anni a questa parte il fenomeno in questione sembra attenuarsi.

    2.1.2 Monday Ef fect  (o effetto lunedì)

    Il lavoro che si compirà in questa ricerca si concentrerà in maniera molto

    importante  proprio sull’effetto lunedì e nello specifico su questa anomalia associata

    all’effetto dei risultati delle squadre di calcio sul rispettivo titolo di borsa.

    Ma cos’è il “ Monday effect ”? Una sensazione diffusa tra i  practitioners (ossia coloro

    che praticano davvero la finanza e non si limitano a parlarne e a vendere trading

     systems), è che dopo uno o più giorni di chiusura per festività, i mercati reagiscano in

    modo sorprendete inatteso. Detto in parole povere quindi, questa anomalia consiste inrendimenti bassi il lunedì rispetto agli altri giorni della settimana. 

    Josef Lakonishok and Maurice Levi condotto nel giugno del 1982 sono stati i primi a

    cercare di analizzare in maniera approfondita e a dare spiegazioni in merito a questo

    fenomeno; basandosi sulla ricerca condotta da K. French che generò risultati all’epoca

    clamorosi, in quanto dimostrò come il rendimento dei titoli era strettamente connesso al

    giorno della settimana; i due studiosi hanno approfondito moltissimo questa analisi

    arrivando alla conclusione che il rendimento dei titoli il lunedì tende ad essere inferiorerispetto agli altri giorni della settimana.

    Questo studio risulta particolarmente importante in quanto non solo risulterà la base

    sulla quale si costruiranno i successivi studi, ma è andato anche a correggere diversi

     problematiche di analisi giungendo alla conclusione che se si vogliono avere risultati

     privi di errori bisogna prendere come dati da analizzare solo quelli post 1974.

    Studiando le variazioni giornaliere dei prezzi è possibile ricavare il comportamento dei

    mercati nei giorni non lavorativi, ed estrapolare dunque il cosiddetto “effetto weekend ”.

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    In particolare è possibile esaminare se, quando il mercato è chiuso, si modifica la

    velocità dei processi che generano l’andamento dei prezzi. 

    Granger e Morgenster (1970) trovano che la velocità di tali processi rallenta quando il

    mercato è chiuso, come conseguenze di una diminuzione della varianza per unità di

    tempo. French (1980) analizzando i rendimenti delle azioni nel periodo 1953-1977,

    evidenzia come i rendimenti tendono ad essere negativi di lunedì, mentre sono

    tendenzialmente positivi negli altri giorni della settimana; però bisogna specificare che

    tale comportamento è dovuto in modo particolare all’effetto weekend, e non

    generalmente alla chiusura del mercato, tant’è che Barone (1990) ricorda che nei

    mercati cash4  la variazione di prezzo del lunedì rappresenta il rendimento di un

    investimento durato 3 giorni (ovvero anche i due precedenti), e quindi se si fariferimento al calendario civile, tale rendimento dovrebbe essere il triplo del rendimento

    realizzato in media negli altri giorni, cosa che non accade nei mercati a termine.

    Da qui possiamo capire come la correlazione che si va a creare tra finanza

    comportamentale e dinamiche di mercato sia sempre più forte, tutto ciò avvalorato da

    molteplici studi tra cui quello condotto da Rystorm e Benson (1989).

    Ormai questi due elementi sono da vedere quasi in maniera congiunta e non più divisa

    in due rami contrapposti, che precedentemente vedevano da un lato i “sostenitori” delrandom wolk  e quindi dell’impossibilità nel battere il mercato, e dall’atro gli studiosi

    che sostenevano l’esistenza di una serie di strategie sistematiche, che le persone

    utilizzano per la gestione delle informazioni a fini decisionali in ambito finanziario;

    tutto ciò è ben evidenziato dallo studio condotto da Rystorm e Benson (1989).

    A questi studi va sicuramente aggiunto Kartono e Benton (1989), i quali hanno

    analizzato per un periodo temporale che va dal 1963 al 1986, quindi per ben 24 anni, il

    rendimento medio dell’incide S&P 500 (quest'indice è stato realizzato da Standard &Poor's nel 1957 e segue l’andamento di un paniere azionario formato dalle 500 aziende

    statunitensi a maggiore capitalizzazione). La particolarità di questo studio sta nel fatto

    che l’analisi è stata condotta in maniera differente dalle altre che ci hanno dimostrato il

    “monday effect ” proponendoci come il lunedì il rendimento azionario risulti

     particolarmente basso; la differenza sostanziale risiede in due punti: in primis in questo

    4

      È il mercato nel quale lo scambio dei prodotti trattati (merci, titoli, valute) avviene con liquidazione(consegna dei titoli e pagamento del controvalore) immediata (cioè con un differimento di pochi giorni)

    http://it.wikipedia.org/wiki/Indicehttp://it.wikipedia.org/wiki/Standard_%26_Poor%27shttp://it.wikipedia.org/wiki/Standard_%26_Poor%27shttp://it.wikipedia.org/wiki/1957http://it.wikipedia.org/wiki/1957http://it.wikipedia.org/wiki/Standard_%26_Poor%27shttp://it.wikipedia.org/wiki/Standard_%26_Poor%27shttp://it.wikipedia.org/wiki/Indice

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    studio si sono analizzati i vari rendimenti dei titoli in fasi sia di espansione che di

    contrazione del mercato, ed in più si è fatta una doppia analisi, sia sulle grandi imprese

    che sulle piccole.

    Per condurre lo studio sono stati utilizzati due indici costruiti dal Center For Research

    in Security Prices5  dell’università di Chicago, uno value-wighted ed un altro equally-

    weighted .

    Da questo studio si è giunti alla conclusione che, come mostra la tabella sottostante, non

    ci sono particolari modifiche nelle fasi di espansione e contrazione per quanto riguarda

    il monday effect  in quanto esso si verifica sempre, per tutta la durata dello studio.

    Figura1.2

    Come abbiamo visto, è ben noto che i rendimenti azionari, in media, sono negativi il

    lunedì. Tuttavia, è meno noto che questa constatazione è sostanzialmente la

    conseguenza di rendimenti in sedute precedenti.

    5 Il CRSP, The Center for Research in Security Prices, è un fornitore di dati storici sul mercato azionario. IlCentro fa parte della Booth School of Business dell'Università di Chicago. Il CRSP conserva alcuni dei piùgrandi e più completi database contenenti dati storici sulla ricerca nel mercato azionario. Ricercatori

    accademici e professionisti di investimento si basano sul CRSP per informazioni accurate, portandolo cosìa diventare una base importante per le loro ricerca ed analisi. 

    http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=crsp%20chicago&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CCAQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.crsp.com%2F&ei=0nx2UPTlPIvHtAad84GABQ&usg=AFQjCNFRK7-fzmjhUtxLkhMefejPMA3Xnwhttp://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=crsp%20chicago&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CCAQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.crsp.com%2F&ei=0nx2UPTlPIvHtAad84GABQ&usg=AFQjCNFRK7-fzmjhUtxLkhMefejPMA3Xnw

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    Quando il rendimento del venerdì è negativo, anche il lunedì è negativo in circa l'80%

    dei casi con una media di rendimento negativo del -0.61 per cento; invece, quando il

    venerdì si ha un rendimento positivo, il lunedì seguente è positivo dello 0.11 per cento.

    Questo rapporto è più forte di qualsiasi altra correlazione tra giorni di mercato e

    rendimento, ed è più acuta nelle aziende di piccole e medie dimensioni. Questo viene

    sostenuto da Abraham e Ikenberry (1994) che aggiungono alla letteratura in materia

     proprio questo legame tra il venerdì ed il lunedì, sottolineando come le piccole e medie

    imprese siano maggiormente assoggettate all’evento in esame.

    Le ragioni di questo fenomeno, il “monday effect ”, se esistesse davvero, non sarebbero

    difficili da immaginare: durante una festività si ha tempo di pensare alla direzione a

    lungo termine del mercato; quindi, molti investitori possono raggiungere le medesimeconvinzioni su tale direzione e, di conseguenza, possono decidere tutti insieme di

    comprare o vendere al lunedì, provocando variazioni di prezzo rilevanti. Lakonishok e

    Maberly (1990) sostengono che i rendimenti negativi osservati nel lunedì possono, in

     parte, essere una conseguenza di due elementi: in primo luogo, si valuta il “costo” della

    raccolta di informazioni; durante la settimana raccogliere informazioni è maggiormente

    dispendioso in quanto lo si farebbe durante le ore di negoziazione ovvero nel momento

    in cui si sta lavorando e si è particolarmente impegnati; nel weekend si ha più tempolibero e si possono analizzare maggiormente i mercati prendendo decisioni in maniera

     più tranquilla ed accurata in modo tale, il lunedì, da essere particolarmente attivi nel

    momento in cui la borsa si riapre.

    In secondo luogo gli intermediari finanziari tendono a dare ordini di acquisto piuttosto

    che di vendita, tant’è che diversi ricercatori hanno riportato come le raccomandazioni di

    acquisto superano gli ordini di vendita con un ampio margine. Groth et al. (1979)

    riportano che di 6.000 raccomandazioni degli analisti, il 77% ha suggerito gli acquistimentre solo il 13% ha raccomandato di vendere. Diefenbach (1972) sostiene che il

    rapporto tra ordini di acquisto e raccomandazioni di vendita potrebbe essere ancora più

    sbilanciata; tesi avvalorata da Dimson e Marsh (1986) che nei loro studi riportano

    risultati simili.

    Tutto ciò però accade durante le ore di negoziazione, quando i broker sono a lavoro; nel

    week end, ossia nel momento in cui gli intermediari sono a riposo questo trend  viene

    alterato dal fatto che gli investitori, non avendo il supporto dei broker tendono a vendere

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    il lunedì sia per reperire liquidità per la settimana e sia per risistemare il proprio

     portafoglio generando così il weekend effect .

    Un'altra ragione potrebbe essere che importanti decisioni o analisi di organismi

    internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale, le riunioni di Banche Centrali,

    ecc., vengono spesse rese pubbliche a Borse chiuse, e quindi durante il weekend.

    Dallo studio di French, già analizzato ad inizio paragrafo, riusciamo ad estrapolare un

    altro tassello da aggiungere alla molteplicità di studi sul “monday effect ”; il lavoro in

    questione analizza il rendimento azionario di titoli su un arco temporale che va dal

    1953 al 1977 dimostrando come esso sia particolarmente negativo il lunedì, questo

    molto probabilmente perché le notizie rilasciate nel fine settimana tendono ad essere

    sfavorevoli; si fa ciò perché si presuppone che l’effetto negativo di una notiziasfavorevole possa attenuarsi fino al lunedì giorno in cui si riaprono le borse, proprio

     perché nel weekend le persone possono perder e “contatto” con la notizia comportando

    delle perdite minori nel lunedì.

    Sono state sviluppate numerose possibili spiegazioni a questo “effetto lunedì” senza

     però riuscire ad arrivare ad una spiegazione definitiva.

    A complicare tutto ciò c’è anche il comportamento degli investitori istituzionali.

    L'esame delle differenze tra i rendimenti giornalieri dei titoli detenuti principalmente dainvestitori individuali rispetto titoli detenuti da investitori istituzionali indica che il

    comportamento dell’investitore  istituzionale è la fonte primaria delle differenze sui

    ritorni, in senso finanziario, che si hanno durante la settimana. Variazioni di rendimenti

    e di volumi sono più marcate in titoli in cui l’istituzionale svolgere un ruolo maggiore.

    Dallo studio di Sias e Starks (1995), al quale successivamente si aggiunse quello

    condotto da Brockman e Michayluk (1998), vediamo il perché si attribuisce agli

    investitori istituzionali gran parte di questa anomalia;  in primo luogo, gli investitoriistituzionali sono meno propensi ad effettuare scambi il lunedì, riducendo così

     profondità del mercato. Un mercato è “profondo” quando un elevato numero di

    transazioni possono avvenire senza influenzare il prezzo o quando un grande

    ammontare di ordini giacciono negli order-book dei market-maker in un determinato

    momento (alto numero di acquirenti e venditori). Titoli con una modesta profondità di

    mercato, sono caratterizzati da una elevata  price pressure  e, quindi, i rendimenti

     possono cambiare di segno in un lasso di tempo contenuto.

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    In oltre, le decisioni di vendita, sono generalmente prese durante il fine settimana,

    quando gli individui hanno il tempo di riflettere e non sono influenzati da

    raccomandazioni di acquisto dei broker che in quei giorni non lavorano.

    Il ruolo degli investitori istituzionali nel “monday effect ” è stato anche trattato dallo

    studio condotto da Chan, Leung e Wang (2004) i quali hanno dimostrato come questa

    anomalia sì esiste, ma nel mercato tra il 1990 ed il 1998 questo effetto sia

     particolarmente diminuito sia perché in quel periodo ci si trovava in una fase rialzista,

    ma anche perché da quel momento sono entrati fortemente nei mercati gli investitori

    istituzionali che hanno dato il loro contributo come espresso precedentemente dallo

    studio di Sias e Starks.

    Dall’analisi condotta da Brooks e Kim (1997) mediante l’utilizzo del CRSP, esaminato il ben noto effetto week-end con dati giornalieri di 276 aziende nel corso del 1989, si

    sono riscontrati due risultati significativi. In primo luogo, le transazioni di piccole

    dimensioni sono più prominenti con un aumento di vendite; il secondo risultato ci

    mostra che ci sono meno transazioni di grande dimensione. Se le operazioni di piccole

    dimensioni sono correlate con gli investitori individuali e quelle di grandi dimensioni

    sono correlate agli investitori istituzionali, allora l'effetto week-end è generato dai

    singoli investitori, che contribuiscono direttamente ai rendimenti negativi del lunedì acausa della loro attività di negoziazione, mentre gli investitori istituzionali

    contribuiscono indirettamente a causa della loro assenza, che riduce la liquidità del

    mercato.

    La letteratura recente sembra tuttavia segnalare che l’effetto weekend non sia più

    rilevabile negli ultimi anni: Kamara (1997) mostra che lo S&P 500 non ha evidenziato

    un significativo effetto lunedì dopo l’aprile del 1982, Steeley (2001) ci mostra che

    l’effetto weekend nel Regno Unito è sparito negli anni ’90 mentre Garg, Bodla eChhabra (2010) dopo aver analizzato i mercati Usa ed India, convergono anche loro

    nella stessa conclusione. 

    Kohers et al. (2004) con la tabella seguente mostrano come l’effetto week end si sia

    evoluto nel tempo; analizzando due periodi di riferimento ci dimostrano come ad oggi

    questa anomalia di mercato si stia sensibilmente attenuando.

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    Figura 1.3

    La spiegazione che questi studiosi danno a questo fenomeno la dobbiamo ricercarenell’incremento dell’efficienza del mercato che va sempre più ad eliminare tutti quei

    concetti di finanza emozionale che sono i principali responsabili delle anomalie di

    mercato presentate fin ora tra cui il “ Monday effect ”. 

    Il concetto che si ripropone è quello del “random wolk”  secondo il quale i prezzi si

    muovono secondo un percorso casuale generando così un mercato che è un "fair game" 6  

    e l'unico motivo per cui qualcuno vince sul mercato è lo stesso per cui qualcuno vince

    alla lotteria, per mera casualità.

    2.2 La finanza comportamentale

    Il crescente interesse mostrato dagli investitori con cui giornalmente ci si

    confronta e i risultati accademici presentati in numerose pubblicazioni, ci spingono ad

    affrontare un tema affascinante come quello della finanza comportamentale. A

    differenza della teoria finanziaria tradizionale secondo cui i mercati finanziari si basano

    6 Una prospettiva di investimento che ha un premio di rischio zero.  

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    sul concetto di efficienza e di assoluta razionalità, questa disciplina affronta la sfida di

    interpretare l’andamento erratico dei mercati e il comportamento soggettivo degli

    investitori.

    La teoria finanziaria tradizionale è stata per lungo tempo il paradigma principale di

    analisi dei fenomeni finanziari, fondato sull’assunzione che gli individui si comportino

    in maniera razionale. Questa ipotesi, sebbene per molti aspetti non realistica, ha

     permesso alla teoria finanziaria di affrontare in modo rigoroso e coerente un ampio

    ventaglio di problemi. Negli ultimi trent’anni però ha iniziato a farsi strada un approccio

    alternativo, ovvero la finanza comportamentale (in inglese «behavioral finance») che,

    applicando i risultati della psicologia cognitiva alle tematiche finanziarie, ha privilegiato

    il realismo delle ipotesi al rigore del metodo o dei risultati.Questa nuova branca della finanza, che unisce in sé aspetti della psicologia cognitiva a

    teorie finanziarie in senso stretto, è una disciplina nata alla fine degli anni '70 quando i

    contributi degli psicologi cognitivi nel campo della presa di decisione, hanno messo in

    evidenza alcune fondamentali fallacie7 nei modelli economici classici e, in particolare,

    nell'impostazione che sostiene che il decisore sia razionale, egoista e pienamente

    informato. Centrali per lo sviluppo della finanza comportamentale sono stati

    inizialmente gli studi di Daniel Kahneman e Amos Tversky (1974 e 1979) e di SarahLichtenstein e Paul Slovic (1971 e 1973). Quest’ultimo, psicologo, nei suoi lavori

    fondamentali (1969 e 1972), indaga ed enfatizza la percezione errata del rischio da parte

    degli individui evidenziando la grande importanza del fattore psicologico nella

    comprensione dell’ambiente finanziario. 

    I lavori di Kahneman e Tversky hanno dimostrato che le valutazioni e le decisioni degli

    individui non si conformano alle regole della logica e della statistica, ma si basano su un

    ragionamento intuitivo che è fondato sull'esperienza individuale e sulle reazioni emotivealle informazioni presenti nell'ambiente; da annoverare come nel 2002 il premio Nobel

     per l’economia è stato vinto proprio da Daniel Kahneman, “per avere integrato risultati

    della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio

    umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d' incertezza”. Le ricerche sperimentali

    hanno dimostrato che gli individui, nelle loro scelte finanziarie, non sono guidati da

    7

      Le fallacie sono errori nascosti nel ragionamento che comportano la violazione delle regole di unconfronto argomentativo corretto.

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     principi economici razionali, ma dal contesto, dalla storia personale, da come viene

     proposta l’operazione e dall’incompletezza inf ormativa. La spiegazione che il premio

     Nobel propone alla mancata razionalità del comportamento degli investitori è che, le

    scelte degli esseri umani, sono governate maggiormente da valutazioni affettive

     piuttosto che da calcoli sull’utilità attesa. 

    Insiemi di persone fin troppo confidenti nelle loro capacità e nelle loro previsioni sono

    il pericolo in cui incorrono i mercati finanziari moderni e sono i fenomeni da studiare

     più approfonditamente.

    I lavori sopraccitati sono fondamentali per capire in che modo il cervello elabora le

    informazioni e prende decisioni, e sono alla base dei successivi sviluppi che hanno

     portato gli psicologi cognitivi e gli economisti più illuminati, a comprendere il ruolosvolto dall'intuizione nella “ presa di decisione”.

    Sul fronte dell'analisi finanziaria, invece, lavori fondamentali sono quelli di Shiller

    (2003) e Hirshleifer nei quali viene messa in crisi la teoria dei mercati efficienti

    mostrando come la presenza di errori decisionali da parte degli investitori, non venga

    annullata dal comportamento aggregato del mercato. Entrambi gli autori spiegano nei

    loro lavori come la teoria dei mercati efficienti non sia in grado di dare una risposta

    accettabile al tema delle bolle speculative e delle sopra- e sottovalutazioni del valoredelle aziende quotate rispetto ai fondamentali8.

    Gli studiosi hanno fornito varie definizioni di finanza comportamentale. Secondo

    Shefrin (2000), la finanza comportamentale è semplicemente l’a pplicazione della

     psicologia al comportamento finanziario; Shleifer (2000) sostiene che la finanza

    comportamentale è lo studio della fallibilità umana nei mercati competitivi; secondo

    Lintner (1998) invece, la finanza comportamentale è lo studio di come l’uomo interpreta 

    e utilizza le informazioni nel prendere decisioni di investimento.Sebbene le definizioni in materia siano numerose e differenti, si nota un sommario

    accordo di base che ci spinge a dire che la finanza comportamentale può essere definita

    come la scienza che studia il funzionamento dei mercati e il comportamento degli

    operatori, utilizzando conoscenze e strumenti propri delle scienze umane, per avere una

    visione il più realistica possibile del complesso mondo finanziario.

    8 Si veda anche Shiller, 2000, «Irrational Exuberance», Princeton University Press

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    al turno domenicale di campionato piuttosto che durante la settimana dopo un turno

    infrasettimanale, capendo così se tutti gli studi condotti in letteratura fino ad oggi, che ci

    hanno dimostrato come il lunedì, a differenza degli altri giorni il rendimento di un

    azione non subisce grandi variazioni (in questo caso propendiamo più per il  Monday

    effect ), nella finanza associata allo sport possa avere un andamento inverso; facendo

    così riusciamo anche ad analizzare come lo stesso evento possa generare diversi gradi di

    attenzione che poi si riflettono sul titolo portando a dei rendimenti più o meno anomali

    (in questo caso parliamo di attention grabbing ).

    Il fenomeno che tratto in questo paragrafo è stato studiato per primo da Barber e Odean

    (2008), analizzando il comportamento di circa 10.000 investitori individuali e 43

    investitori istituzionali lungo un periodo di circa 5 anni, dimostrano che gli investitoriindividuali (cioè quelli meno informati) tendono a essere acquirenti di titoli nei “giorni

    di alta attenzione”, ossi in giorni in cui l’impresa in questione veniva citata dai giornali,

    oppure vi era stato un volume di scambio superiore al normale, ma anche situazioni in

    cui vi era stato un elevato rendimento giornaliero il giorno precedente; mentre gli

    investitori istituzionali (cioè quelli più informati) tendono a essere venditori netti negli

    stessi giorni. Quest’ultimo risultato era già  stato dimostrato da Davis (2005) il quale,

    focalizzando l’attenzione sul comportamento di investitori istituzionali operanti sulLondon Stock Exchange (LSE), mostra come i media hanno un effetto molto limitato

    sul comportamento di questi agenti, mentre tendono ad avere un ruolo maggiore su

    investitori di minor dimensione che operano ai margini del LSE. In questo senso il ruolo

    dei media è visto come quello di un fattore di rinforzo di dinamiche generatesi altrove.

    Ad avvalorare questa tesi c’è lo studio condotto da Della Vigna e Pollet (2008), i quali

    hanno dimostrato come gli annunci dati di venerdì generino una reazione degli

    investitori molto più lenta rispetto a quella che si ha durante la settimana; il motivo èspiegato dal fatto che gli investitori iniziano a diminuire la propria attenzione sin dal

    venerdì fino alla domenica; questo porta ad oggi le aziende a concentrare i comunicati

    che hanno per oggetto notizie non propriamente positive proprio nel venerdì, il perché

    lo si intuisce facilmente in quanto da lì al lunedì seguente l’attenzione tenderà a scemare

     proprio per via della scarsa attenzione che gli investitori rivolgono alle notizie date in

    quei giorni.

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    Sul mercato italiano evidenza di questo fenomeno ci viene fornita dal lavoro svolto da

    Ferretti e Vignudini (2010); sulla base del lavoro del Prof. Ferretti del 2009 nel quale si

    è accertato come le azioni oggetto della rubrica «L’azione della settimana», pubblicata

    da  Il Sole 24 Ore nell’inserto «Plus» in edicola ogni sabato, manifestino, il lunedì

    seguente, incrementi statisticamente significativi sia nella quotazione sia negli scambi;

    detto questo lo studio in questione vuole indagare se analoghi effetti interessino anche

    le azioni oggetto della rubrica «Lettera all’investitore », pubblicata sempre da Il Sole 24

    Ore nell’edizione domenicale, all’interno della sezione «Finanza e Mercati». La rubrica

    domenicale, a differenza di quella del sabato, non sembra portare particolari

    conseguenze sulle quotazioni delle azioni menzionate e lo stesso si verifica sugli

    scambi, i quali non subiscono variazioni significative.Viste le molte similitudini fra la rubrica del sabato e quella della domenica per tipologia

    di contenuti, formato, autore e collocazione, viene naturale interrogarsi su cosa produca

    effetti tanto diversi. Una prima causa potrebbe derivare dalla diversa tipologia di società

    trattate. L’articolo domenicale  analizza quasi esclusivamente aziende quotate sul

    segmento Blue Chips del Mercato Telematico Azionario, quindi imprese di grande

    dimensione e perciò connotate da una consistente copertura mediatica e da un flusso

    informativo piuttosto ampio e continuo. Per questa categoria di imprese è pertantoimprobabile che una rubrica di approfondimento possa costituire una fonte di nuove

    informazioni, anche per gli investitori retail .

    Una seconda causa potrebbe risiedere nella diversa capacità delle due rubriche di

    attrarre l’attenzione degli  investitori retail , in quanto gli investitori che durante il

    weekend pianificano il trading del lunedì molto probabilmente preferiscono farlo il

    sabato anziché la domenica, oppure preferiscono informarsi leggendo l’inserto «Plus»,

    che ha proprio gli investitori retail  come target di riferimento, anziché le poche pagineche troviamo nella sezione «Finanza e Mercati» domenicale.

    Dal punto di vista dei comportamenti che determinati investitori possono avere in

    merito alla teoria dell’attention grabbing , Barber e Odean in un loro lavoro del 2008

    affermano che il richiamare l’attenzione degli investitori  retail , ad esempio attraverso

    un’appariscente copertura mediatica, incida sulle scelte di acquisto, ma non su quelle di

    vendita. Questo perché l’investitore non professionale si trova in  difficoltà nello

    scegliere quali titoli comprare in quanto ha davanti a sé un universo sconfinato di

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    alternative e di informazioni da elaborare e quindi, una strategia per semplificare il

    compito decisionale, è quella di affidarsi all’euristica della  disponibilità (Tversky e

    Kahneman, 1974) orientandosi verso ciò che cattura l’attenzione. Capiamo quindi come

    il piccolo investitore abbia bisogno di una guida che ne definisca l’attività di

    investimento e che spesso questa guida venga rappresentata dai media in generale, ma

    nello specifico è la carta stampata ad avere un ruolo fondamentale.

    Da qui riusciamo a comprendere come l’attention grabbing   è particolarmente

    importante nelle analisi che condurrò sia perché influenza principalmente gli investitori

    retail  che nel calcio, come evidenziato da Zuber e Yiu (2005) sono in gran numero, ma

    anche perché c’è un forte legame tra questo fenomeno ed il calcio che genera  molto

     probabilmente degli esiti inversi rispetto ai risultati generati dagli studi analizzati precedentemente; infatti la domenica nel settore calcistico l’attenzione dovrebbe

    raggiungere il culmine proprio a causa che questo giorno della settimana è storicamente

    il momento in cui milioni di individui si ritrovano davanti alla tv per seguire le partite.

    Durante la settimana al contrario l’attenzione verso questo sport dovrebbe diminuire

    anche se si è in presenza del turno infrasettimanale proprio perché ci dovrebbero essere

    altri elementi che catturano l’attenzione dell’investitore come ad esempio gli altri titoli

    in portafoglio piuttosto che altre dinamiche legate alla vita lavorativa o familiare.Concludendo posso dire che ad oggi il fenomeno dell’attention grabbing   è in forte

    crescita proprio per via dell’incremento di media specializzati in ormai qualsiasi settore,

    finanza in primis, portando così l’investitore reatail , il quale come già detto ha bisogno

    di una guida o comunque di un supporto alle sua scelte di investimento, ad essere

    fortemente influenzato dai mezzi di informazione.

     Nel capitolo successivo si passerà a fare una review di tutti quegli studi che analizzano

    come il risultato di un club possa influenzare il titolo in borsa, per poi definire un profilo delle singole squadre che saranno analizzate in modo tale da comprendere

    meglio il campione che studierò.

    Mi piacerebbe concludere il capitolo con questa massima di Paul Anthony Samuelson 

    economista statunitense, vincitore della John Bates Clark Medal nel 1947 e del premio

     Nobel per l'economia nel 1970: “ è bene non farsi tentare dal bere anche se un alcolista

     su venti si salva perché nel frattempo cinque  su venti si perdono”, il tentativo di

    http://it.wikipedia.org/wiki/Economistahttp://it.wikipedia.org/wiki/Stati_Uniti_d%27Americahttp://it.wikipedia.org/w/index.php?title=John_Bates_Clark_Medal&action=edit&redlink=1http://it.wikipedia.org/wiki/1947http://it.wikipedia.org/wiki/Premio_Nobel_per_l%27economiahttp://it.wikipedia.org/wiki/Premio_Nobel_per_l%27economiahttp://it.wikipedia.org/wiki/1970http://it.wikipedia.org/wiki/1970http://it.wikipedia.org/wiki/Premio_Nobel_per_l%27economiahttp://it.wikipedia.org/wiki/Premio_Nobel_per_l%27economiahttp://it.wikipedia.org/wiki/1947http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=John_Bates_Clark_Medal&action=edit&redlink=1http://it.wikipedia.org/wiki/Stati_Uniti_d%27Americahttp://it.wikipedia.org/wiki/Economista

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    sfruttare l’inefficienza di mercato crea pochi felici (fortunati oltre che abili) e molti

    infelici (la pluralità degli operatori).

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    Capitolo 2

    Il capitolo seguente sarà strutturato in tre parti: nella prima si andrà a fare unarassegna bibliografica che ci permetterà di capire come, l’andamento del titolo di una

    società calcistica, sia strettamente connesso al risultato da essa raggiunto in un

    determinato match dimostrando come, il risultato conseguito da un club, influenza

    direttamente il titolo in borsa generando dei ritorni positivi in caso di vittoria e negativi

    in caso di sconfitta; per quanto riguarda il risultato di pareggio il rendimento risulta

    tendenzialmente negativo, ma si possono anche verificare casi di rendimenti

    moderatamente positivi.

    Successivamente si passerà ad illustrare le società che in questo lavoro si analizzeranno,

    facendo una breve rassegna della loro storia, per capire meglio il soggetto in questione,

    e trattando anche il momento della quotazione in borsa dei club stessi analizzando

     brevemente le aspettative che le società nutrivano in quel momento e ciò che in realtà si

    è verificato al momento della prima emissione sul mercato.

    Il capitolo si concluderà con una spiegazione approfondita sullo strumento che verrà

    utilizzato per condurre lo studio che nel terzo capitolo ci permetterà di confrontare il

    rendimento seguente ad un risultato conseguito la domenica ed il medesimo conseguito

    nel turno infrasettimanale, ovver o l’event study. 

    1  Borsa e performance sportiva

    1.1 Calcio e business

    Secondo quanto afferma una recente indagine della Federazione Internazionale delle

    Associazioni del Calcio (FIFA), il calcio è lo sport più diffuso e praticato al mondo: nel

    mondo esistono oltre un milione e mezzo di squadre di calcio, più di trecentomila club e

    in generale, tra professionisti, giovani, dilettanti e calciatori occasionali, circa

    duecentoquaranta milioni di persone giocano a calcio. Negli ultimi anni oltre alla

    grandissima importanza del calcio come fenomeno sportivo, si è assistito ad una

    crescente importanza dello stesso come fenomeno economico.

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    Lo sviluppo del cosiddetto «mondo del calcio», dove l’essere competitivi è strettamente

    legato alla capacità di effettuare investimenti importanti, ha comportato per le società

    calcistiche una domanda di finanziamento sempre maggiore e conseguentemente

    l’ingresso nei listini di borsa è stato visto, da alcune società calcistiche italiane ed

    europee, come una fonte di finanziamento vantaggiosa.

    All’inizio tale fenomeno ha destato un qualche stupore negli operatori economici e il

    quesito che si è posto è se, oltre ai risultati economici, l’andamento del titolo delle

    squadre di calcio riflettesse anche i risultati agonistici.

    Come detto, nel calcio moderno la quotazione in borsa rappresenta certamente una

    interessante fonte di finanziamento, ma dovrebbe anche comportare per le società

    calcistiche un maggior rigore economico – finanziario ed una più attenta diversificazionedelle proprie attività.

    Per quanto riguarda il legame tra quotazione in borsa e rigore economico-finanziario ,

    sappiamo che il titolo di una società può entrare nel listino di borsa se sono rispettati

    alcuni requisiti formali quali la certificazione del bilancio degli ultimi tre anni e la

    capacità di generare ricavi, ed alcuni requisiti «sostanziali» quali la capacità di

    distribuire dividendi allo scopo di remunerare gli investitori.

    In Italia la legge 586 del 1996, che dà alle società calcistiche la possibilità di distribuireutili, e la riforma Draghi del 1998, che elimina la regola dei tre bilanci consecutivi in

    utile per accedere al listino, hanno permesso alle società calcistiche di entrare in borsa.

    Un’attenta diversificazione delle attività e delle fonti di ricavo si gnifica, invece, una

    maggiore stabilità dei ricavi, che vengono a dipendere in modo meno stretto dai risultati

    sportivi e all’umore dei tifosi, e, quindi, anche una maggiore stabilità dei titoli delle

    squadre. Il fatto che una società calcistica diversifichi le proprie attività per garantirsi

    dei ricavi stabili dipende dal poter avere il controllo in toto degli impianti sportivi ed in particolare dello stadio, dall’offrire prodotti e servizi complementari allo spettacolo

    sportivo, dall’ avere una efficiente gestione (selezione e formazione) di nuovi talenti, e

    dallo sfruttare il «marchio» in modo da poter beneficiare in termini commerciali della

     popolarità della squadra.

    Il modello gestionale del Manchester United, basato appunto su un’attenta

    diversificazione delle attività, è risultato vincente. La società calcistica ha, infatti, più

    che decuplicato il suo valore di mercato tra il 1991 ed il 2006, anno in cui è uscita dal

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    listino, e gli investitori hanno dimostrato, in tale occasione, di aver acquistato fiducia

    nei titoli della società calcistica e di considerare il mercato dei club calcistici come un

    mercato potenzialmente redditizio. L’esperienza italiana e quella di altri club europei

    non è risultata altrettanto positiva.

    In generale si ritiene che i titoli delle società di calcio presentino rischi elevati ed una

    volatilità sicuramente maggiore alla media spesso proprio per lo stretto legame tra i

    ricavi delle squadre ed i risultati agonistici. Victor Uckmar, presidente nel 1997 della

    Covisoc, era convinto che i titoli delle società di calcio avrebbero avuto in borsa un

    corso eccessivamente variabile a causa del legame tra il loro valore ed i risultati

    sportivi, tanto da affermare, alla soglia dell’entrata delle squadre italiane in borsa, che

    sarebbero stati «titoli sconsigliati agli orfani e alle vedove». Si leggeva ancora l’11ottobre 1997 in un editoriale del Financial Times: «Il calcio è un affare ad alto rischio:

    un goal può segnare la differenza tra promozione e retrocessione, modificando

    radicalmente le prospettive di una squadra».

    I rischi indicati tendono a tenere lontani dai titoli delle squadre di calcio soprattutto gli

    investitori istituzionali. Gli investor fans  si avvicinano, invece, a tali titoli per motivi

     personali od emotivi, per il fatto che l’informazione sul calcio e sulle squadre attraverso

    i media li raggiunge facilmente e per il fatto che, dato l’ipotizzabile legame tra risultatodel titolo e risultato agonistico, l’andamento del titolo viene percepito come prevedibile. 

    Analizzare se nella realtà c’è una relazione positiva e stretta tra andamento dei titoli

    delle squadre calcistiche e i risultati agonistici diventa, quindi, rilevante per capire se le

    squadre possono compensare i non “felici” risultati economico-finanziari con dei buoni

    risultati in campo.

    1.2 Rendimento in borsa e performance sportivaEra il 25 aprile 2010, la Roma giocava in casa contro la Sampdoria la partita che

     poteva riportarla in testa alla classifica scavalcando l’Inter. E’ il 40esimo del secondo

    tempo e il punteggio è fermo sull’1-1 quando Mannini scende sulla fascia sinistra, mette

    un pallone in mezzo ed è goal. Pazzini mette in rete siglando il 2-1 per la Sampdoria che

    interrompe la corsa scudetto della Roma. Grossa delusione per i tifosi giallorossi, che

    speravano di proseguire la corsa al titolo, ma anche per gli azionisti dell’As Roma che il

    lunedì successivo perderanno il 9% sul loro capitale. Questo crollo delle azioni della

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    squadra non deve stupire: i titoli delle società di calcio sono per loro natura molto

    volatili e i risultati degli incontri incidono sugli andamenti dei titoli delle squadre

    quotate in Borsa.

    Le società italiane sono approdate sui listini di Borsa italiana, tra la fine degli anni ’90 e

     primi anni 2000, in ritardo rispetto alle altre società europee. La prima squadra di calcio

    a quotarsi nel Vecchio continente è stata il Tottenham, nel 1983, seguita poi dai danesi

    del Brondby nel 1987. Negli anni successivi è stata la volta degli scozzesi del Celtic di

    Glasgow, dei portoghesi del Porto, e poi delle inglesi Manchester United, Birmingham e

    Sheffield e poi da altre9. Tanto che il New York Stoxx ha deciso nel 2002 di creare il

     primo indice calcistico europeo, il Dow Jones Stoxx Index Football, che rappresenta

    l’andamento delle 27 squadre quotate  sui listini europei. L’esperienza delle societàitaliane, però, è stata anche in questo caso atipica. Ammesse alle contrattazioni grazie

    alla riforma Draghi del 1998, che permetteva la quotazione in Borsa in deroga al

    vincolo degli ultimi tre esercizi in attivo, Lazio, Roma e Juventus si sono rivolte ai

    risparmiatori italiani più per ripianare i loro debiti che per finanziare il loro progetto di

    sviluppo. L’As Roma infatti, allora di proprietà della famiglia Sensi, presentava

    nell’anno precedente a quello della quotazione (1999), un indebitamento pari a 200

    miliardi di lire e una leva finanziaria (totale attivo/patrimonio netto) pari a 14,7.Discorso analogo anche per Lazio e Juventus, per le quali gran parte del capitale

    accumulato durante la fase del collocamento è finito nelle casse delle loro società

    controllanti (Cirio per la Lazio e la finanziaria Ifi per la Juventus).

    Per le società si è trattato di un vero e proprio affare. Ma per gli investitori, in larga

     parte tifosi, l’amore per i colori della pro pria bandiera non è stato ripagato dai guadagni

    di Borsa. Il titolo dell’As Roma ha perso in 10 anni di contrattazioni il 90% del suo

    valore e ora vale 0,5 euro. Quotazione analoga per il titolo dalla Juve, che ora vale 0,56euro ma che ha perso circa l’80% della sua capitalizzazione di Borsa, tanto da ricorrere

    recentemente ad un aumento di capitale di 100 milioni di euro. La Lazio, dopo, soli

    quattro anni dall’esordio a Piazza Affari, ha perso il 75% del suo valore10. Il negativo

    andamento delle società di calcio è dovuto non solo a prezzi di lancio gonfiati da una

    9 Per approfondimenti si rimanda a “le società di calcio del 2000”, G. Falsanisi E.F. Giangreco, 2001.  

    10

     Studio Morningstar (2011).

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    domanda molto elevata, ma anche da un modello di business troppo concentrato

    sull’attività sportiva. Secondo i dati pubblicati sul ReportCalcio 2011 della Federazione

    italiana gioco calcio, le squadre italiane derivano più del 65% del loro fatturato dai

    diritti televisivi, mentre solo il 15% è rappresentato dagli introiti delle gare. All’estero le

    società di calcio hanno un modello di business molto diversificato che in alcuni casi va

    oltre lo sfruttamento commerciale degli stadi. Il Celtic, ad esempio, porta avanti

     business paralleli come l’offerta di piani pensionistici, mutui e assicurazioni, oltre che a

     piani telefonici, mentre la società turca del Besiktas offre servizi turistici e di

    intermediazione finanziaria nel ramo assicurativo. L’esempio migliore è rappresentato,

    comunque, dagli inglesi del Manchester United, che nei circa 15 anni in cui il titolo è

    stato quotato in Borsa (dal 1991 al 2006) hanno decuplicato la loro capitalizzazione dimercato11.

    Il secondo effetto di questa forte concentrazione del fatturato delle società di calcio è

    l’elevata volatilità dei loro titoli. Se si guarda la composizione del capitale sociale delle

    tre società italiane si nota che gli investitori istituzionali stanno alla larga da queste

    azioni giudicandole troppo dipendenti dai risultati calcistici. I dati che seguono

    confermano l’esistenza di una relazione tra il risultato calcistico e le performance sui

    listini di Borsa. Prendendo come campione i risultati di Roma, Lazio e Juventus neicampionati di Serie A del 2009-10 e 2010-11 si è dimostrato (Morningstar 2011)

    attraverso la stima di un modello statistico probit12 in che modo l’esito delle partite, le

     posizioni in classifica perse o guadagnate, oltre che all’andamento della Borsa Italiana,

    rappresentata dell’indice Ftse All Share, impattano sulla probabilità che il rendimento

    del titolo nel lunedì borsistico sia positivo. Le variabili del modello sono le seguenti:

    •  rendimento del titolo maggiore di 0 nel lunedì successivo alla giornata di

    campionato (variabile dipendente): è uguale a 1 nel caso l’evento si verifichi e a0 in caso contrario.

    •  le variabili relative ai risultati calcistici di vittoria, pareggio e sconfitta sono

    rappresentate da tre variabili dummy (ovvero le variabili binarie uguali a 1 nel

    caso in cui l’evento si verifichi o a 0 in caso contrario). 

    11 Studio Morningstar (2011).

    12 Modello che stima in che modo le variabili indipendenti incidono sulla probabilità che l'evento descritto

    da quella dipendente, rappresentata da una serie binaria 1-0, si verifichi. 

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    •  la variabile relativa alle posizioni in classifica è uguale al numero di posizioni

    guadagnate o perse dopo la giornata di campionato.

    •  l’andamento del mercato è rappresentato dal rendimento giornaliero dell’indice

    Ftse All Share nel lunedì successivo alla giornata di campionato.

    Il calcolo dimostra come esistano delle differenze tra le tre società: per la Juventus la

    vittoria quasi sempre si traduce in un rialzo sui listini (nel 64% dei casi), mentre la

     probabilità si riduce al 58% per la Lazio e al 43% per la Roma. Nel caso del titolo

    Juventus F.C., il modello stima l’esistenza di un nesso di causalità solo nel caso di

    vittoria (significativa al 5%), mentre le altre variabili non impattano sulla probabilità di

    rendimento positivo. Il titolo S.S. Lazio è influenzato non solo dal successo calcistico.

    E’ anche significativamente correlato all’andamento del mercato italiano rappresentato

    dal Ftse All Share, mentre il titolo dell’As Roma è l’unico per il quale l’esito

    significativo è la sconfitta e per il quale le posizioni in classifica hanno inciso sulla

     probabilità di un rendimento positivo.

     Nel 43% dei casi in cui la Roma ha vinto, il titolo ha guadagnato in Borsa, ma un

    rendimento positivo si è osservato anche nel 35% dei casi in cui la squadra ha

     pareggiato. Relativamente alla variabile che cattura il posizionamento in classifica della

    squadra, la sua importanza solo nel caso della Roma si spiega con il fatto che, adifferenza di Lazio e Juventus, nel campionato 2009-2010 ha lottato per la vetta della

    classifica. Bisogna sottolineare, tuttavia, che ci sono molte altre variabili che possono

    influenzare il corso di un titolo azionario di una società di calcio come, ad esempio,

    l’andamento dei consumi di un paese, il tasso d’inflazione, la regolamentazione sulla

    distribuzione dei diritti televisivi, o la concorrenza sul mercato delle emittenti televisive.

    Ma questi risultati sono solo gli ultimi in ordine temporale che ci evidenziano come i

    risultati di una partita di calcio influenzino il titolo della squadra in questione.I primi studi si ebbero nel momento in cui iniziò ad aumentare la consapevolezza che lo

    sport potesse avere un impatto non solo “sociale” ma anche economico molto

    significativo. Meek (1997) ha stimato le dimensioni del settore sportivo americano a US

    $ 152 miliardi nel 1995, poco più del 2% del PIL totale e il posizionamento del settore

    come il 11° più grande. Da sempre però molta attenzione è stata rivolta o sull'impatto

    economico dello sport dal punto di vista della costruzione di un nuovo stadio (Noll e

    Zimbalist, 1997; Siegfried e Zimbalist, 2000), oppure sull'impatto economico che può

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    generare l’ospitare grandi eventi sportivi come è stato fatto, per esempio, da Porter

    (1999) il quale si è concentrato sull'impatto del Super Bowl.

    Detto questo nessuno però si era mai concentrato su qualcosa di più specifico, come ad

    esempio il risultato raggiunto dal club ed il relativo andamento in borsa.

    Tralasciando il caso specifico delle tre società italiane, brevemente visto in apertura,

    Luc Renneboog e Peter Vanbrabant (2000) ci hanno dimostrato empiricamente come

    una vittoria, un pareggio o una sconfitta possano influenzare in maniera significativa un

    titolo.

    Il grafico seguente ci mostra come lo studio in questione, realizzato analizzando il

    London Stock Exchange (LSE) e l’Alternative Investiment Market (AIM), esaminando

    le tre situazioni ovvero vittoria, pareggio e sconfitta, dimostra come indipendentementedal mercato il risultato raggiunto genera dei rendimenti strettamente connessi ad esso.

    Figura 2.1

    Gli studi che analizzano il rendimento associato al risultato non sono solo da vedere in

    ottica calcistica, Boyle e Walter (2003) pubblicarono uno dei primi sudi relativi alla

    finanza associata allo sport analizzando come i risultati del rugby neozelandese

    influenzasse significativamente il mercato azionario di riferimento.

    Successivamente a questo studio anche Ashton et al. nel 2003 portarono la loro

    attenzione su questo legame tra risultato sportivo ed andamento di borsa concentrandosi

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    sul calcio inglese, analizzando i dati giornalieri di valutazione che sono stati raccolti sul

    Financial Times Stock Exchange (FTSE) 100 Index per il periodo dal 6 gennaio 1984

    (quando la compilazione dell'indice è iniziata) al 3 luglio 2002. Questo indice

    giornaliero rappresenta una media ponderata dei prezzi delle azioni delle 100 maggiori

    imprese, per capitalizzazione di mercato, che sono negoziate sul London Stock

    Exchange.

    L’analisi si è concentrata sulla nazionale inglese studiando come l’indice FTSE 100

     potesse reagire ad i risultati conseguiti.

    Lo studio di Ashton indipendentemente dai risultati che ha generato rappresenta il

     principale studio di questo genere e per questo risulterà sempre presente in tutta la

    letteratura relativa alle analisi sui risultati dei club sportivi e il relativo andamento in borsa che dal 2003 in poi si avranno.

    Fino a quella data in pochi, come abbiamo visto, si erano occupato di effettuare una

    analisi del genere, senza però approfondire adeguatamente, mentre tutti gli altri studi

    relativi a questo settore si concentravano maggiormente su aspetti che riguardavano per

    lo più l’impatto economico che poteva avere la costruzione di un nuovo stadio piuttosto

    che l’ospitare un evento come ad esempio il Super Bowl, o comunque eventi simili, ma

    mai sull’impatto che il risultato raggiunto potesse avere. Da questa analisi si è giunti alla conclusione che, un buon risultato da parte della

    nazionale inglese, generi dei risultati positivi anche nell’indice analizzato; questo studio

    ha dimostrato come anche uno sport come il calcio, che viene visto spesso come un

    gioco, abbia un potere rilevante all’interno dell’economia di un paese dimostrando

    come, la vittoria della nazionale generi ritorni positivi dal punto di vista borsistico.

    Questo risultato amplia l’effetto generato dal risultato calcistico, cosa che lo studio

    analizzato precedentemente di Renneboog e Vanbrabant non faceva in quanto silimitava ad analizzare possibili variazioni solo sui titoli dei club, ed in più lo faceva in

    maniera cumulata e non singolarmente, rendendo lo studio di Ashton l’apripist