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1 LITURGIA IL TABERNACOLO Giugno 2011 - Anno 4 n. 2 www.liturgiaculmenetfons.it « CULMEN ET FONS » Associazione Culturale “Amici della Liturgia” in collaborazione con Editrice FEDE & CULTURA

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LITURGIA

IL TABERNACOLO

Giugno 2011 - Anno 4 n. 2www.liturgiaculmenetfons.it

«CULMEN ET FONS»

Associazione Culturale “Amici della Liturgia”in collaborazione con Editrice FEDE & CULTURA

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Il tabernacolodi don Enrico Finotti

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Il Concilio Vaticano II offre il criterio previo ad ogniintervento di riforma nella Liturgia quando afferma:Per conservare la sana tradizione e aprire nondimenola via ad un legittimo progresso, la revisione dellesingole parti della Liturgia deve essere semprepreceduta da un’accurata investigazione teologica,storica e pastorale (SC 23). Anche riguardo altabernacolo per la custodia della santissimaEucaristia è necessario percorrere questa tripliceindagine per impostare su solide basi il significatoe la funzione di questo importante luogo liturgico.

1. La storia del tabernacoloa. La conservazione, l’adorazione e la comunione allasantissima Eucarestia al di fuori della celebrazione delSacrificio sono sempre state presenti nella prassi liturgicadella Chiesa. Questa affermazione oggi potrebbe suscitareuna immediata perplessità e reazione. Bisogna alloraintendersi bene ed argomentare con precisione.Certamente la custodia pubblica e solenne, come i ritidel culto eucaristico (esposizione, benedizione, processioni,ecc.) sono maturati nei secoli ed hanno uno sviluppostorico ben definito. Tuttavia il fatto che l’Eucarestia siasempre stata conservata, intimamente adorata efrequentemente assunta anche fuori della celebrazioneè inconfutabile. Conservazione, adorazione ecomunione fuori della Messa, sono, quindi, elementioriginali, insiti nelle radici stesse della liturgia e rilevabilinell’esperienza cultuale della Chiesa fino dalle sue primemanifestazioni. La santissima Eucaristia, infatti, venivaconsegnata ai diaconi per gli assenti e i fedeli stessi, laicied eremiti, la portavano con sé nelle loro dimore percibarsene frequentemente. La custodia eucaristica nascecosì nelle case dei cristiani per conservare concircospezione il Sacramento. È evidente che quella curacon la quale conservavano e ricevevano il Pane santonon poteva essere altro che quell’adorazione intima eprofonda che già san Paolo esigeva - ciascuno esaminise stesso e poi mangi di questo pane e beva di questocalice; perché chi mangia e beve senza riconoscereil corpo del Signore, mangia e beve la propriacondanna (1 Cor 11, 28-29) - e che s. Agostino ribadiva- Nessuno mangia questa carne senza primaadorarla; peccheremmo se non la adorassimo(Enarrationes in Psalmos 98, 9, CCL XXXIX, 1385). Ed eccoche i tre aspetti riserva, adorazione e comunione sonoinscindibili in quanto l’uno è finalizzato agli altri: ilsacramento è conservato perché con spirito adorante sipossa assumere anche ogni giorno.In analogia con le case anche le chiese dovevano avereun luogo di conservazione dell’Eucaristia, sempre piùnecessario nella misura in cui veniva a scomparire l’usodomestico. Il luogo veniva chiamato Pastoforio (inOriente) o Sacrarium (in Occidente) (RIGHETTI, Storialiturgica, Ancora edizione anastatica, 1998, vol. I, p. 546),ed era attiguo al presbiterio. Conservare, adorare ecomunicare alla santissima Eucaristia fuori della Messa,quindi, non sono sintomi di una corruzione intervenutasuccessivamente, ma, nella loro sostanza, sono aspetti

Nella foto: edicola Eucaristica, Pieve di S. Maria Assunta, Fiera diPrimiero (TN). A pagina 3: Tabernacolo ottagonale, Chiesa di Varollo(fraz. di Livo - Val di Non -TN), sec. XVI.

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connessi alla forma primitiva della celebrazione dei santiMisteri.b. Nel secondo millennio il SS. Sacramento tende aduscire dal segreto ed entrare progressivamente nellechiese in modo pubblico e sempre più solenne. Ne sonotestimonianza la piccola capsa, detta Propitiatorium,posta sulla mensa dell’altare o la Colomba eucaristicapendente sopra l’altare. È interessante osservare che,appena il Sacramento esce dalla sacrestia, subitoindividua l’altare come sua dimora, lì dove è “nato”. Benpresto le esigenze della sicurezza e lo sviluppo crescentedel culto eucaristico portarono a forme monumentali,come le edicole eucaristiche, che dovettero di necessitàlasciare l’altare per creare un loro spazio architettonicoautonomo. Tuttavia il sacramento non rientrò più nelsegreto del sacrario, ma iniziò la sua ascesa trionfale,confortata dallo sviluppo del dogma e della spiritualitàeucaristica.c. In seguito al Concilio Tridentino il tabernacolo, giàmonumentale, non teme di salire sull’altare stesso, qualesuo luogo proprio: il tabernacolo, infatti, contieneontologicamente quel medesimo Mistero vivo e vero chesull’altare si celebra. Se questa fu la norma più diffusae raccomandata, tuttavia, la Chiesa, almeno nella liturgiapontificale, non volle lasciare l’antico costume, che

distingueva l’altare dalla riserva eucaristica. Al contemposi doveva accettare il progresso dogmatico e le formenuove del culto eucaristico, che imponevano ormai unacustodia pubblica, visibile e solenne della SS. Eucaristia.In tal modo, nelle cattedrali e nelle collegiate, si eressela cappella del SS. Sacramento che, pur distinta dallanavata ne era collegata e con la sua preziosità e sacralitàveniva ad essere il Sancta sanctorum della chiesastessa.

2. Il senso teologico del tabernacoloL’identità e il ruolo del tabernacolo eucaristico nonpossono attingere soltanto ad una indagine storica, ma ènecessaria soprattutto una riflessione teologica. Le basiteologiche, infatti, sono quelle che possono mutare,emendare o perfezionare, sia le scelte storiche delpassato, sia quelle della prassi liturgica attuale. Senzateologia eucaristica, infatti, si è facilmente esposti oall’archeologismo o al funzionalismo pastorale.L’altare e il tabernacolo – a livello di principio – sonoinseparabili. Questa affermazione, a prima vista, potrebbecreare difficoltà, ma, alla luce di una serenaargomentazione se ne comprenderà la verità.L’altare è il luogo santo sul quale si compie in modosacramentale il Mistero pasquale della nostraRedenzione. In modo simultaneo nel cuore della PreceEucaristica si attualizza la Presenza del Signore, il suoatto sacrificale e la sua forma di cibo e bevanda.Presenza Sacrificio e Convito sono tre aspetti indissolubilie sincronici del grande Mistero che con la Consacrazioneè donato alla Chiesa.

L’altare è anche il simbolo più qualificato, che esprimecon la sua stessa struttura le tre dimensioni del Misteroche su di esso si compie. Infatti: la sua dignità e centralitàè il segno di Cristo presente nella Chiesa quale Capodell’assemblea liturgica; come ara in pietra ed elevatarichiama il Sacrificio della Croce, attualizzato nellacelebrazione dei santi misteri; la sua mensa ricopertacon la tovaglia ricorda il sacro convivio in cui ci è dato ilPane santo della vita eterna e il calice dell’eternasalvezza. L’altare in tal modo porta impresse su di sésimbolicamente le coordinate fondamentalidell’Eucaristia.Separare dall’altare il Sacramento, a celebrazioneconclusa, crea per sé qualche disagio, sia all’altare comeal tabernacolo. Infatti, l’altare improvvisamente si spegnee la sua vita passa al tabernacolo. Se in antico l’altareera l’incontestato luogo sacro al quale tutti si volgevanodurante e dopo la celebrazione, essendo il Sacramentocustodito nella sagrestia, con il tabernacolo in chiesa,ma separato dall’altare, si crea una bipolarità, che dopola celebrazione va decisamente a favore del tabernacolo,

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perché i fedeli, istruiti dal dogma della fede, accorronolì dov’è la realtà, lasciando in disparte il simbolo, anchese non privo di una certa efficacia spirituale qualoral’altare fosse dedicato. La statua o il ritratto si oscuranoquando la persona viva è presente.Ecco perché il papa Paolo VI potrà affermare deltabernacolo e non dell’altare che è il cuore vivente diciascuna delle nostre chiese (Credo del popolo di Dio1968) e Benedetto XVI dirà che questa presenza fa’si che nella chiesa ci sia sempre l’eucaristia… unachiesa senza presenza eucaristica è in qualche modomorta, anche se invita alla preghiera… (RATZINGER,Introduzione allo spirito della liturgia, Ed. San Paolo, 2001, p. 86).Già il beato card. Ildefonso Schuster espresse così ilmedesimo concetto:”…la santissima Eucaristiaconservata perennemente nelle chiese dà caratteredi perennità al Sacrificio incruento dell’al-tare…”(Liber sacramentorum, Casale Monferrato, ed.Marietti, 1932, vol. I, p. 24). Infatti Cristo, anche dopol’offerta del sacrificio, allorché viene conservatal’Eucaristia nelle chiese o negli oratori, è veramentel’Emmanuele, cioè ‘Dio con noi’. Giorno e notteresta in mezzo a noi, e in noi abita, pieno di graziae di verità (RCCE2).

Ma anche il tabernacolo subisce danno dalla separa-zione dall’altare. Infatti esso richiama soprattutto lareale presenza, ma non altrettanto quella virtussacrificalis, che non abbandona mai l’Agnelloimmolato e glorioso; e neppure quella formaconvivialis, che rimane insita nel Sacramento, il quale,prima o poi, dovrà essere assunto nella comunione. Inaltri termini, l’altare è il miglior interprete deltabernacolo, perché garantisce l’espressione simbolicadi tutti gli aspetti del Mistero. L’autentica formazioneeucaristica del cristiano, infatti, implica una tripliceattenzione: la percezione adorante della Presenza delSignore, l’unione al suo Sacrificio e il nutrirsidegnamente del suo Corpo e del suo Sangue.L’insufficienza di uno o l’altro di questi aspetti o la loronon adeguata composizione ha portato talvolta a visionidottrinali, a prassi pastorali o a itinerari spirituali nonsempre conformi alla completezza del Misteronell’equilibrio delle sue parti: “Per ben orientare lapietà verso il santissimo Sacramento dell’Eucaristiae per alimentarla a dovere, è necessario tenerpresente il mistero eucaristico in tutta la suaampiezza, sia nella celebrazione della Messa chenel culto delle sacre specie, conservate dopo laMessa per estendere la grazia del sacrificio”(RCCE4).Per questo le norme liturgiche stabiliscono chel’esposizione del SS. Sacramento avvenga normalmentesull’altare, affinché il senso del Sacrificio e il rimandoalla Comunione sacramentale non siano estraneidall’Adorazione: ”Nelle esposizioni si deve porreattenzione che il culto del santissimo Sacramentoappaia con chiarezza nel suo rapporto con laMessa” (RCCE90) e “La pisside o l’ostensorio sicolloca sulla mensa dell’altare…”(RCCE110).Questa relazione tra l’altare e la SS. Eucaristia èaffermata anche dall’invocazione tradizionale:Benedetto Gesù nel santissimo Sacramentodell’altare (RCCE237)Si comprende allora come il rapporto altare-tabernacolonon sia questione secondaria, ma coinvolga la teologia,la catechesi, la liturgia, la spiritualità e la retta devozionedel popolo di Dio. Siccome la storia ci offre soluzionivariabili e la teologia ci richiama all’unità del Mistero, sidovrà essere aperti a normative diversificate, masempre attenti a non posporre la presenza personale -vera, reale e sostanziale - del Signore ai suoi simboli.“Nessun dubbio quindi che tutti i fedeli in linea conla pratica tradizionale e costante della Chiesacattolica, nella loro venerazione verso questosantissimo Sacramento, rendano ad esso quel cultodi latrìa che è dovuto al vero Dio. E se CristoSignore ha istituito questo sacramento come nostrocibo, non per questo ne è sminuito il dovere diadorarlo” (RCCE3)._______________________Altare maggiore e tabernacolo della Chiesa di S. SebastianoTonadico (Fiera di Primiero - TN) - secolo XVII-XVIII.

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LITURGIA“CULMEN ET FONS”

“La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione dellaChiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promanatutta la sua energia” (SC10).

Rivista trimestrale di cultura religiosa a cura dellaASSOCIAZIONE CULTURALE AMICI DELLA LITURGIAvia Stoppani n. 3 - Rovereto.Registraz. Tribunale di Trento n. 1372 del 13/10/2008Redazione: Liturgia ‘culmen et fons’ pressoEditrice FEDE & CULTURA - viale della Repubblica n. 15- 37126 VRDirettore Responsabile: Massimo Dalledonne.Stampa:Tipografia “Centro Stampa Gaiardo”Borgo Valsugana (TN)

ABBONAMENTO4 numeri annui:- abbonamento ordinario 10.00 euro- sostenitore 20 euro- benemerito oltre 20 eurosul conto corrente postale n. 9 2 0 5 3 0 3 2 intestatoad Associazione Culturale Amici della Liturgia viaStoppani, 3 - Rovereto - 38068 (Trento); causale:abbonamento.N. B. Il bollettino postale viene inviato anche a coloroche sono in regola con l’abbonamento.

IN QUESTO NUMERO- Il tabernacolo (don Enrico Finotti)

1. La storia del tabernacolo2. Il senso teologico del tabernacolo3. La normativa liturgica

- Il tabernacolo dove lo metto? (don Riccardo Pane)- La Divina Misericordia nellaLiturgia (don E. Finotti)- Risposte al lettore (Redazione)

La lampada perenneIl conopeoIl tabernacolo senza mensaIl vasetto delle abluzioniIl velo omeraleLa comunione in ginocchio

- Indicazioni bibliografiche (Fede & Cultura)

IMMAGINE IN PRIMA PAGINA: Altare maggiore conTabernacolo ottagonale - Chiesa di Varollo (Livo-TN)opera di G. Domenico Bezzi - 1653.

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3. La normativa liturgicaDopo il Concilio Vaticano II la disposizione liturgica deltabernacolo è condizionata da due scelte specifiche: lacelebrazione della Messa verso il popolo e la ragionedel segno. Sulla base di queste due condizioni sicomprendono le normative vigenti che definiscono il postoper la custodia della santissima Eucaristia.a. È evidente che il tabernacolo sulla mensa dell’altare,soprattutto se monumentale, non consente di celebrarerivolti al popolo. La diffusione universale di questo mododi celebrare ha portato prevalentemente alla separazionedei due luoghi liturgici. In alcuni casi il tabernacolo di piccoledimensioni continua ad essere mantenuto sull’altare,soprattutto in cappelle esigue.b. L’altro motivo è così espresso: In ragione del segno,è più conveniente che il tabernacolo in cui si conservala SS. ma Eucaristia non sia collocato sull’altare sucui si celebra la Messa (OGMR 315). La ragione delsegno viene ulteriormente spiegata nelle premesse al Ritodella Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico(RCCR6) dove, riferendosi alla Costituzione conciliareSacrosanctum Concilium n.7, si afferma: “Nellacelebrazione della Messa sono gradualmente messiin evidenza i modi principali della presenza di Cristonella Chiesa. È presente in primo luogo nell’assembleastessa dei fedeli riuniti in suo nome; è presente nellasua parola, allorché si legge in chiesa la Scrittura ese ne fa il commento; è presente nella persona delministro; è presente infine e soprattutto sotto le specieeucaristiche: una presenza, questa, assolutamenteunica, perché nel sacramento dell’Eucaristia vi è ilCristo tutto e intero, Dio e uomo, sostanzialmente eininterrottamente. Proprio per questo la presenza diCristo sotto le specie consacrate viene chiamata reale,non per esclusione, come se le altre non fossero tali,ma per antonomasia. Ne consegue che, per ragionedel segno, è più consono alla natura della sacracelebrazione che sull’altare sul quale viene celebratala Messa non ci sia fin dall’inizio, con le specieconsacrate conservate in un tabernacolo la presenzaeucaristica di Cristo: essa infatti è il frutto dellaconsacrazione, e come tale deve apparire”. Tale intentoè certo importante in quanto vuole mettere in luce le varieforme della presenza del Signore nelle azioni liturgiche edare a ciascuna la possibilità di essere percepita evalorizzata. Tuttavia, non deve essere assolutizzato. Infatti,la tradizione liturgica attesta anche un incontro col SS.Sacramento immediatamente prima della celebrazioneeucaristica stessa, soprattutto quella stazionale del Papao del Vescovo. L’Ordo Romanus I ci informa che nellaprocessione introitale il Papa sosta per venerare i Sanctache gli sono portati dagli accoliti, che a loro volta recano idoni presantificati presso l’altare, affinché il Ponteficenel rito dell’immixtio li infonda nel calice (RIGHETTI,Storia liturgica, Ancora edizione anastatica, 1998, vol.

REDAZIONEdon Enrico Finotti, diacono Sergio Oss, Marco Bonifazi,Ajit Arman, Paolo Pezzano, Saverio Tribuzio, FabioBertamini

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III, p. 164 ). Ancor oggi nell’ingresso corale del Vescovo,prima della Messa stazionale o nella visita pastorale, èprevista una breve adorazione davanti al SS. Sacramento(CE79 e 1180). Anche in alcune Liturgie Orientalil’Eucaristia è custodita sulla mensa dell’altare insiemecon l’Evangeliario e la Croce. Per questo, se da un latodeve essere osservata con precisione la normativa attualedella Chiesa, non si deve disdegnare di celebrare su unaltare sul quale vi è già il SS. Sacramento, né, adeterminate condizioni, escludere che il tabernacolo possaessere posto permanentemente sull’altare dellacelebrazione. Occorre inoltre osservare che soltanto nelcaso in cui il SS. Sacramento è effettivamente fuori dalpresbiterio nella sua cappella propria si realizzavisivamente la ragione del segno. Infatti, anche seassente dalla mensa dell’altare sul quale si celebra, nellagran parte dei casi il tabernacolo si trova comunquenell’orizzonte ottico dei fedeli che partecipano allacelebrazione eucaristica.c. L’ Institutio generalis del Messale Romano del 1970recita: Si raccomanda vivamente che il tabernacoloin cui si conserva la santissima Eucaristia siacollocato in una cappella adatta alla preghiera ealla adorazione privata dei fedeli. Se però, data lastruttura particolare della chiesa e in forza dilegittime consuetudini locali, tale sistemazione nonfosse possibile, il Santissimo venga collocato suqualche altare o anche fuori dell’altare in postod’onore e debitamente ornato (IGMR 276).La Chiesa, oggi, sceglie come posto ideale per iltabernacolo la cappella, distinta dalla chiesa, degna eadatta alla preghiera personale dei fedeli. Il costumetradizionale e costante, che costituisce la regola nellaliturgia pontificale - Si raccomanda che il tabernacolo,secondo un’antichissima tradizione conservata nellechiese cattedrali, sia collocata in una cappellaseparata dall’aula centrale…(CE49) - viene propostoa tutte le chiese. Nelle chiese di nuova costruzione saràfacile realizzare con le qualità necessarie la cappella delSS. Sacramento. Invece nella maggioranza delle chiesestoriche tale cappella non esiste e perciò si prevedevache il Sacramento fosse conservato su un altare lateraleo in un altro posto d’onore. Questa disposizione, tuttavia,ha provocato qualche difficoltà in quanto il SS.Sacramento è stato posto in linea con le devozioni e cosìfu privato della sua centralità e della sua unicità. In moltechiese il grande tabernacolo dell’altar maggiore rimaneancora vuoto e il SS. Sacramento giace in un tabernacololaterale e dimesso. Ciò ha contribuito al collasso dellapietà eucaristica nei fedeli e ha ridotto la portatadogmatica dell’Eucaristia e la sua assoluta preminenzanella chiesa. Fu certamente opportuno alloral’emendamento introdotto nell’ Ordinamento Generaledella terza edizione del Messale Romano (2000) cherecita: …Conviene quindi che il tabernacolo siacollocato, a giudizio del vescovo diocesano: a. o inpresbiterio, non però sull’altare della celebrazione,

nella forma e nel luogo più adatti, non escluso ilvecchio altare che non si usa più per la celebrazione;b. o anche in qualche cappella adatta all’adorazionee alla preghiera privata dei fedeli, che però sia unitastrutturalmente con la chiesa e ben visibile ai fedeli(OGMR315).Nel medesimo Ordinamento assegnare alla normativasul tabernacolo il penultimo posto (OGMR314-317),immediatamente prima delle norme relative alle immaginisacre (OGMR318), potrebbe insinuare una certamarginalità, prossima alle devozioni. Di esso si dovrebbetrattare subito dopo l’altare e prima degli altri luoghiliturgici, come già è contemplato nel vigente Cerimonialedei Vescovi (CE49).

Alla luce di queste indicazioni possiamo raccoglierealcuni elementi di sintesi.Nelle chiese nuove sarà possibile progettare la cappelladel SS. Sacramento fin dall’inizio curando i criteri liturgicistabiliti:- Essa dovrà essere distinta e non separata dall’auladella chiesa, essendo uno dei luoghi liturgici specifici epiù importanti della chiesa stessa. Non si dovrà, perciò,far valere al suo posto la cappella feriale o un oratorioesterno alla chiesa anche se comunicante con essa.- Dovrà essere unica ed eminente. Non sarà una dellaserie delle eventuali altre cappelle devozionali e dovràdistinguersi tra tutte per l’architettura ed emergere perl’arte.- Sarà ben visibile, facilmente accessibile e adattaall’adorazione e alla preghiera personale, in modoche i fedeli possano con facilità e con frutto venerare,anche con culto privato, il Signore presente nelSacramento (RCCE9).Nelle piccole chiese, dove non si potrà costruire unaapposita cappella, l’Eucaristia dovrebbe essereconservata nel presbiterio e in luogo centrale, per evitareche i simboli prevalgano sulla Realtà e i cuori dei fedelisiano intiepiditi nel sentire la Presenza adorabile delSignore.Nelle chiese storiche nelle quali già vi è la cappella delSS. Sacramento il problema non esiste. Nellamaggioranza di esse, però, tale cappella non c’è e ilSacramento è da sempre conservato nel tabernacolodell’altar maggiore. In questo caso esso rimane il luogopiù degno e opportuno per custodire l’Eucaristia. Ènecessario inoltre osservare che adattare alla custodiadel Sacramento una cappella, per quanto suntuosa, maeretta per il culto della SS. Vergine o di un Santo potrebbeinterferire nella percezione piena della Presenzaeucaristica, perché i fedeli vi accorrono per venerarel’immagine o il corpo santo. In ogni caso si dovrà evitareun altare laterale o un altro luogo qualunque privo di unproprio spazio e di una spiccata dignità. A tal proposito èindispensabile acquisire un concetto più equilibrato diadattamento, che abbia rispetto di soluzioni diverseintervenute nel corso dei secoli ed eviti di piegare ad

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ogni costo alla visione attuale la configurazionearchitettonica artistica e liturgica delle chiesestoriche. In tale prospettiva il tabernacolodovrebbe essere mantenuto lì dove fuoriginariamente progettato: l’edicola eucaristicain certe rare chiese antiche; il tabernacolomonumentale sull’altar maggiore delle chiesebarocche; la cappella del SS. Sacramento nellechiese che ne possono disporre; ecc. Solo cosìla tradizione della Chiesa si esibisce in tutta lasua varietà e ricchezza e il mistero eucaristicoè descritto nell’ampio ventaglio delle suerealizzazioni storiche, che rivelano soluzionivariabili, riverbero di visioni teologichesuccessive e complementari, ma sempre validee legittime.Queste indicazioni di principio contengonoesigenze di coerenza con la dottrina della fede,che devono essere conosciute e valutate primadi procedere alla realizzazione pratica del luogoper la custodia della santissima Eucaristia. Ènecessario che una corretta teologia eucaristicastia alla base della costruzione o dell’adattamen-to del tabernacolo per assicurare ai fedeli unacatechesi, una celebrazione e una spiritualitàcomplete sotto ogni aspetto del Mistero. Questamolteplice educazione deve sgorgare dallaposizione e dalla forma dello stesso tabernacolo,che deve poter significare e comunicare conl’immediatezza e l’eloquenza dell’arte quellarealtà invisibile e soprannaturale che custodisce.Si potrà dire che queste norme sono ancoralegate all’architettura classica, ma che nonpossono valere per quella moderna, cosìdiversificata e nuova nella composizione delle varie partidi una chiesa. Tuttavia, questi principi valgono comunque.Infatti, il tabernacolo in una chiesa cattolica dovrà esseresempre quel luogo santo ed eminente che custodiscetutto il bene spirituale della Chiesa, Cristo stesso,nostra Pasqua e Pane vivo che dà vita agli uomini(PO5; RCCE1).Papa Benedetto XVI nella sua Esortazione Apostolicapostsinodale Sacramentum caritatis espone conchiarezza l’interpretazione più attuale della normativarelativa al tabernacolo:“In relazione all’importanza della custodiaeucaristica e dell’adorazione e riverenza neiconfronti del sacramento del Sacrificio di Cristo, ilSinodo dei Vescovi si è interrogato riguardoall’adeguata collocazione del tabernacoloall’interno delle nostre chiese. La sua correttaposizione, infatti, aiuta a riconoscere la presenzareale di Cristo nel Santissimo Sacramento. Ènecessario pertanto che il luogo in cui vengonoconservate le specie eucaristiche sia facilmenteindividuabile, grazie anche alla lampada perenne,da chiunque entri in chiesa. A tal fine, occorre tenereconto della disposizione architettonica dell’edificio

sacro: nelle chiese in cui non esiste la cappella delSantissimo Sacramento e permane l’altar maggiorecon il tabernacolo, è opportuno continuare adavvalersi di tale struttura per la conservazione edadorazione dell’Eucaristia, evitando di collocarviinnanzi la sede del celebrante. Nelle nuove chiese èbene predisporre la cappella del Santissimo inprossimità del presbiterio; ove ciò non sia possibile,è preferibile situare il tabernacolo nel presbiterio, inluogo sufficientemente elevato, al centro della zonaabsidale, oppure in altro punto ove sia ugualmenteben visibile. Tali accorgimenti concorrono a conferiredignità al tabernacolo, che deve sempre essere curatoanche sotto il profilo artistico. Ovviamente ènecessario tener conto di quanto afferma in propositol’Ordinamento Generale del Messale Romano. Ilgiudizio ultimo su questa materia spetta comunqueal Vescovo diocesano” (in Supplemento a L’Osserva-tore Romano, n. 60, mercoledì 14 marzo 2007, n. 69).

Nella foto: Altare maggiore della Chiesa di Carisolo (TN)dedicato a S. Nicolò. Opera di G. B. Polana - secolo XVI.

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“Non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7). Fin dal suo ingresso nella dimensione spazio-temporale di questo mondo, il Figlio di Dio èstato segnato da questa sconcertanteesperienza: nella città dell’uomo non c’è postoper Dio. Ma quello che è ancor più sconcertanteè che nemmeno nel luogo che su questa terrarichiama la città di Dio, cioè la chiesa fatta dimattoni, sembra esserci posto per Lui.

Da un po’ di decenni, effettivamente, sono poche lechiese dell’orbe cattolico che non abbiano conosciutoun’inusitata e alquanto inquietante peregrinatiotabernaculi. Non di rado la povera custodia dellaSS. Eucaristia finisce per essere attratta in unmisterioso movimento centrifugo che tende arelegarla nell’angolo più remoto dell’edificio sacro,al punto che mi è capitato si sentire più di una voltail Card. Biffi, entrando in qualche chiesa,commentare sconsolato con le parole dellaMaddalena: “Hanno portato via il mio Signore, e nonso dove lo hanno messo”.

Cosa ha portato il tabernacolo - da diversi secolicentro architettonico e artistico delle nostre chieseinsieme all’altare con il quale formava un tutt’uno -ad essere relegato spesso in una cappella ferialenascosta, quasi fosse il mobile vecchio da allontanare

dal salotto buono della casa? Semplice: si tratta di unodei tanti fenomeni di ipercorrezione che colpiscono laliturgia. Il Concilio Vaticano II, sulla scia del grandemovimento liturgico, si trovò nella necessità dicorreggere una tendenza che aveva preso piede negliultimi secoli: l’Eucaristia come prodotto, come risultatodella celebrazione aveva preso il sopravvento sullacelebrazione stessa. Mi si perdoni il linguaggiocosificante e caricaturale: era il risultato a contare, enon tanto il processo che portava al risultato. Perquesto la campanella richiamava i fedeli, intenti alleproprie preghiere individuali e devozionali (quando nonaddirittura impegnati in chiacchiere sul sagrato dellachiesa), nel momento in cui si poteva prendere visionedell’Eucaristia consacrata per un atto di adorazione.In quest’ottica potremmo dire che la processione delCorpus Domini diventava più importante dellacelebrazione eucaristica che la precedeva.

Dal punto di vista architettonico ciò comportava lanecessità di riportare al centro dell’attenzione, comenell’antichità, l’altare, il luogo del sacrificio in fieri. Sibadi bene: si trattava di richiamare l’attenzione allacentralità e unicità dell’altare, non di sfrattare iltabernacolo, o di piazzargli davanti la sede delcelebrante, come accade di vedere! È pur vero chel’altare al popolo rende la posizione del tabernacoloalle spalle del celebrante non ideale, fatto sta che il

LITURGIA ‘CULMEN ET FONS’

Il tabernacolo dove lo metto?di don Riccardo Pane

cerimoniere della Cattedrale di Bologna

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sacro luogo di custodia della SS. Eucaristia hacominciato a vagare per ogni dove, come la tenda delconvegno nel deserto dell’esodo, e quando sicostruisce una chiesa nuova, non si sa mai dovemetterlo, quasi fosse di troppo...

Ma quello di non avere dove posare il caponon è l’unico problema che affligge il tabernacolo. Siosservi l’immagine allegata (foto in questa pagina).Si tratta della Chiesa dei Cappuccini di Innsbruck.Non notate niente? A causa forse di influssi protestanti,si può notare una perfetta simmetria architettonicafra il tabernacolo e il leggio nel quale viene intronizzatoil libro dei vangeli. Qual è il problema? Se ci pensiamobene, converremo che non vi è affatto simmetriateologica fra le due realtà. La nicchia nella quale èintronizzata la bibbia ha un valore simbolico, nel sensodebole che il termine simbolo ha assunto nel linguaggiocontemporaneo: è un richiamo puramente estrinsecoa qualcos’altro. Anche l’eucaristia è simbolo, ma nonnel senso moderno del termine, ma nel senso patristico,cioè una realtà materiale legata ontologicamente,sostanzialmente a una spirituale1. In altri termini: dauna parte abbiamo la custodia della SS. Eucaristia,simbolo per eccellenza nel senso tradizionale e fortedel termine (vale a dire sacramento). Dall’altraabbiamo un supporto cartaceo, che è simbolo nel sensodebole del termine (vale a dire richiamo estrinseco eallusivo) alla Parola (questa sì simbolo e sacramentodi Dio) che vi si legge. Accostando in manieraarchitettonicamente simmetrica i due elementi, ilpassaggio che può portare il fedele a intendere anchel’Eucaristia in senso simbolico debole è molto breve.Anche ammettendo il principio delle due mense, quella

della Parola e quella dell’Eucaristia (personalmentepreferisco parlare di due aspetti dell’unica mensa), laSacra Scrittura come supporto cartaceo non può esseremessa sullo stesso piano del Pane eucaristico. Se nonè una teologia scorretta ad avere determinato le sceltearchitettoniche, bisogna temere che le sceltearchitettoniche finiranno per influenzare negativamentela teologia...1. Cf. RICCARDO PANE, Simbolico o fasullo?Considerazioni sull’uso deteriore dei simboli nellaliturgia, in «Divus Thomas» CXIII/3 (2010) 140-152.

Errata corrigeNel precedente numero di Liturgia‘culmen et fons’ (marzo 2001) per unerrore grafico è stata involontariamenteomessa la riga conclusiva della riflessio-ne di don Riccardo Pane “La liturgiaazione di Cristo e del Popolo di Dio”(pag. 7). Riportiamo di seguito l’intero ul-timo capoverso, scusandoci con i Lettorie l’Autore.“Cosa vuol dire questa espressione? Potrem-mo dire che è l’espressione fondamentaledella liturgia. Vuol dire che quell’atto dipreghiera non lo possiamo fare a titolo perso-nale, ma perché siamo membra vive di Cristo:è lui che sta agendo, o meglio ha agito unavolta per tutte, e a noi è dato prendervi parte”.

Nella foto: Chiesa dei Cappuccini di Innsbruck

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La Divina Misericordia nella Liturgiadi don Enrico Finotti

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L’Anno Liturgico non è prodotto a tavolino e non fu creatoda un particolare autore in una certa epoca, comepotrebbe essere lo scritto di un’opera teologica o spirituale.Esso è frutto di uno sviluppo progressivo ed organicoche si estende in tutto l’arco bimillenario della storia dellaChiesa. Ha le sue radici negli stessi eventi originali efondanti della nostra Redenzione: l’Incarnazione, laPasqua, l’Ascensione, la Pentecoste, ecc. L’attualiz-zazione sacramentale dell’intero Mistero pasqualeconsiderato sotto diversi aspetti e celebrato nei medesimigiorni nei quali si compirono ha gradualmente formatol’itinerario della vita della Chiesa, che ha nella domenicail suo centro e il suo ritmo. Il percorso secolare dell’AnnoLiturgico è quindi analogo allo sviluppo di un albero cheraggiunge grandi dimensioni e produce abbondanza difrutti. Per questo più volte la Chiesa, come l’agricoltore,ha dovuto potare questo albero rigoglioso, non per ridurlo,ma perché porti frutti più abbondanti e di migliore qualitào anche per togliere escrescenze eccessive, inutili odannose. Questo è il senso delle riforme liturgiche piùvolte intervenute nella storia e anche di quella recentedecretata dal Concilio Vaticano II. Questa vastaoperazione di formazione e sviluppo dell’Anno Liturgiconon è una competenza esclusiva e neppure prevalentedegli esperti, teologi, storici e liturgisti, ma un’attività chechiama in causa tutto il popolo di Dio. Le feste e i tempisacri, infatti, sono generati gradualmente oltre che dallarassegna dei fatti evangelici della vita del Signore, ancheda un ventaglio immenso di alterne vicende della vitadella Chiesa: movimenti di spiritualità, attenzioni dottrinali,emergenze pastorali e sociali, fenomeni artistici e culturali,insidie di ogni genere, guerre, eresie, pestilenze, calamitànaturali, ecc. I Padri, i Mistici, i Dottori, i Martiri e tutti iSanti hanno dato il loro contributo e così gli umili, anonimiper il mondo, ma ben conosciuti da Dio, hanno impressola tenacia della loro fede, l’eroismo delle loro virtù e lafedeltà della loro testimonianza silenziosa e universale.È il contesto concreto e vivente del corpo ecclesiale chepulsa nel tessuto della storia, che ha suscitato laconfigurazione dell’Anno Liturgico, come oggi ci è statotramandato. Lo Spirito Santo, che sempre guida la Chiesanaturalmente ha presieduto per così dire a questa mirabilecostruzione consentendo quel meraviglioso intreccioumano-divino che forma la tessitura del grandemonumento. Esso splende di elementi divini e perenniuniti a elementi umani e transeunti, creazioni mirabili delgenio religioso di tutti i tempi accanto alle espressioni piùumili e immediate della fede dei semplici. Al Magistero

della Chiesa spetta vigilare su questo sviluppo, custodirlo,trasmetterlo in modo autentico, promuoverlo ecorreggerlo: è il buon deposito della fede apostolica e lavirtù soprannaturale della grazia, che fluisce nel vivo alveodell’Anno Liturgico. In tutto questo amalgama mirabilenon furono e non sono estranei anche gli interventi direttidi Colui che dall’Anno Liturgico è significato, donato eatteso: il Kyrios immolato e glorioso. Non possiamoescludere a priori che - salvo il dogma della definitivachiusura della rivelazione pubblica con la morte dell’ultimoapostolo - il Signore stesso e, su suo mandato, la VergineMaria o gli Angeli o i Santi, possano intervenire nelle

Nella foto: Altare del Gesù misericordioso,arcipretale di S. Maria del Carmine in Rovereto (TN).

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vicende della Chiesa e stabilire la nascita di determinatefeste che nel piano divino sono giudicate utili per la santitàe il progresso spirituale del popolo Dio, oppure per ladifesa da pericoli e da castighi che incombono sull’umanitàpeccatrice. Una simile preclusione offende Dio limitandola sua opera entro confini da noi stabiliti e secondoprogrammi da noi costruiti, ma non conformi alla suavolontà. Ecco l’origine di feste come il Corpus Domini,il Sacratissimo Cuore di Gesù, la Divina Misericordia.Esse sono accomunate da un intervento soprannaturaleche le genera e per volere divino percorrono la loro stradafino ad assurgere al massimo grado liturgico. Coloro chedovessero giudicare tali feste come segni di corruzioneliturgica non hanno compreso la libertà divina nelle vicendeumane e in particolare nel cammino storico della Chiesa.Sono un dono di Dio che in modo straordinario e potenteinterviene per la nostra salvezza in momentiparticolarmente dolorosi, pericolosi ed estremidell’umanità. Mediante tali feste si attualizza la promessadel Signore alla sua Chiesa ‘Le porte degli inferi nonprevarranno contro di essa’ (Mt 16,18). Quando ildogma della fede eucaristica si incrina pericolosamenteecco il Corpus Domini, quando l’amore del Signoresembra raggelarsi in un rigorismo indebito, ecco il SacroCuore; quando l’umanità travolta dalla colpa imbocca lastrada della disperazione e tutto sembra irrecuperabile,ecco la Divina Misericordia.Molti ancora ritengono che tali solennità siano semplicidevozioni e che tali debbano rimanere. Di conseguenzase ne proclama la facoltatività e di fatto si emargina illoro contenuto nel silenzio talvolta irridendo quelli che viricorrono e ne zelano la diffusione. Ma non è più così.Dal momento che l’autorità della Chiesa assume nellaliturgia una devozione maturata nei secoli e riconosciutavalida fin dalle sue sorgenti, istituendone la festa eapprovando i suoi formulari liturgici (Messa e Ufficio),tale devozione cessa di essere tale e diventa atto liturgico,non più facoltativo e privato, ma obbligatorio e ufficiale,ben inserito nell’itinerario liturgico della Chiesa universale.E’ questo il caso recente della Domenica II di Pasqua,chiamata, d’ora in poi, ‘della Divina Misericordia’. LaChiesa ora riconosce ufficialmente come l’antichissimaliturgia di questa domenica sia intimamente conforme almessaggio della ‘divina misericordia’ e trovi nel lezionarioe nell’eucologia tradizionali un supporto e un commentodi alto profilo teologico, che si rivelano sorprendentementee perfettamente sintonizzati. L’immagine del GesùMisericordioso rappresenta l’espressione più compiutaed efficace per introdurre nel mistero, con l’immediatezzadell’arte visiva, anche i fedeli più umili e semplici.Naturalmente le pratiche devozionali connesse rimangonotali, ma non possono essere sottovalutate perché la vitaspirituale non si esaurisce nella partecipazione allasacra Liturgia (SC12). Anche il dono dell’Indulgenzaplenaria nella II Domenica di Pasqua ha carattereufficiale e produce gli effetti di grazia propri di unintervento pubblico dell’autorità della Chiesa, che i fedeli

hanno diritto di conoscere e di poter liberamentericevere. Non è dunque lecito a nessun sacerdotecattolico ridurre a devozione facoltativa quella che ormaiè una solennità pubblica e ufficiale della Chiesa cattolica.La cosa è analoga e comprensibile alla luce del valoreufficiale e pubblico, ormai secolare, sia della solennitàdel Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, come quelladel Sacratissimo Cuore di Gesù.

Una proposta celebrativaEcco come nella Parrocchia di S. Maria del Carmine inRovereto (foto pag.10 e 12) si è cercato di celebrarecon i carismi della liturgia la Domenica II di Pasqua .Da quando il beato Giovanni Paolo II istituì per tutta laChiesa la Domenica della ‘Divina Misericordia’ (5maggio 2000) la nostra parrocchia ha sempre celebratocon gioia la II Domenica di Pasqua e, nel pomeriggionon è mai mancata la celebrazione solenne con annessal’Indulgenza plenaria (promulgata il 29 giugno 2002).Anche quest’anno si è svolto il canto dei Vespri conl’Adorazione e la Benedizione eucaristica. Numerosicantori hanno curato la dignità del rito e molti fedelisono accorsi dalla città e dai sobborghi per parteciparecon fede e convinzione all’appuntamento di grazia e dimisericordia .

Ma un fatto straordinario è avvenuto nella nostra chiesadi S. Maria nel giorno stesso della beatificazione delServo di Dio Giovanni Paolo II (1 maggio 2011):l’inaugurazione della grande pala del GesùMisericordioso, posta sull’altare della piccola cappellaa destra dell’altare maggiore. La riproduzione èconforme all’originale conservato a Vilnius (1934) eapprovato dal Signore stesso, dopo averne ordinatol’esecuzione a santa Faustina Kowalska (Plock 22febbraio 1931). Si sa che nostro Signore, secondo lenote apparizioni, ha voluto un’immagine da Lui descrittaanche nei particolari e ha comandato che venisse espostaproprio nella II Domenica di Pasqua. Davanti a questodipinto ha assicurato grazie del tutto speciali in ordinealla conversione dei peccatori e al dono di unamisericordia immensa e totale per tutti coloro che inquesto giorno si accosteranno con fede ai santisacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. Infatti,il Signore, si presenta nell’atto di apparire nel cenacolola sera di Pasqua. Dal suo Cuore trafitto escono i dueraggi bianco e rosso, ossia l’acqua del Battesimo e ilsangue dell’Eucarestia. La sua mano è fissata nell’attodi assolvere dai peccati, secondo il comando che, proprionell’apparizione della sera di Pasqua, Egli diede ai suoiApostoli. Fu questo, infatti, il momento dell’istituzionedel sacramento della Riconciliazione (Confessione oPenitenza): “Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro edisse: ‘Pace a voi!’. Detto questo, mostrò loro lemani e il costato. E i discepoli gioirono a vedere ilSignore. Gesù disse loro di nuovo: ‘Pace a voi!

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Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi’.Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse:‘Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccatisaranno rimessi e a chi non li rimetterete, resterannonon rimessi’” (Gv 20, 19-23).

L’immagine è stata benedetta dal parroco sabato 30aprile nel contesto della celebrazione della PrimaRiconciliazione dei nostri bambini. Proprio in questacappella, sotto lo sguardo rassicurante del Gesùmisericordioso, ogni bambino ha celebrato la sua primaConfessione e il sacerdote, elevando la sua mano comeil Signore, impartiva l’assoluzione sacramentale. Ibambini hanno potuto così osservare che il sacerdotenon è altro che il rappresentante vivo di Gesù, cheincontreranno sempre pieno di misericordia ogni voltache nella loro vita si accosteranno pentiti al sacramentodella Riconciliazione. Certamente Gesù misericordiosoha guardato negli occhi e nel cuore ognuno dei nostripiccoli, ha scrutato tutta la loro vita e sicuramente liaccompagna fino alla fine nell’abbraccio d’amore cheli aspetta nell’eternità. Preghiamo tuttavia perché essicorrispondano a tanta grazia e benevolenza, dal momentoche il Signore lascia tutti gli uomini liberi nella scelta delbene o del male, della vita o della morte eterna.Ed ecco che da questo momento Gesù misericordiosoci aspetta in questo luogo di grazia, che è offerto a tutticoloro che vengono in questa chiesa, soprattutto quelliche, transitando per il vicino Ospedale, vi sostano colcuore gonfio di sofferenza o di lutti . Lì, dove è piùgrande il dolore e la prova, qualche volta la disperazione,il Signore Gesù è presente per consolare, perdonare erinvigorire chi è abbattuto, stanco e ansimante nelcammino della vita. Egli dice: “Venite a me, voi tutti,che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da

me, che sono mite e umile di cuore, e trovereteristoro per le vostre anime. Il mio giogo infattiè dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 28-30).Davanti a questa immagine molti potranno venireda soli o in gruppo per recitare la Coroncina dellaDivina Misericordia o celebrare l’Ora dellamorte del Signore (ore 15. 00 del venerdì)secondo le pratiche che questa specificadevozione raccomanda ed offre. Che da questoaltare l’onda della Divina Misericordia invadabenefica il cuore di tanti e si affretti così il giornobeato, che proprio attraverso l’elargizione dellaMisericordia, il Signore vuole preparare, primadel suo ritorno definitivo per il giudizio.Per questo risuona solenne e dolce l’invito deldiacono, che annunzia l’Indulgenza plenaria nellasplendida Domenica della Divina misericordia:

Fratelli carissimi,la Chiesa, nostra Madre, mossa dall’amo-re misericordioso del suo Signore eRedentore, per portare a compimento ilfrutto del Mistero pasquale con una “totaleremissione delle colpe e delle pene”dovute ai nostri peccati, concede, oggi,domenica ottava di Pasqua, l’Indulgenzaplenaria nella forma stabilita dalla Chiesa.

“In questo giorno, infatti, sono aperti tuttigli sbocchi attraverso i quali le graziescorrono verso l’umanità. La divinaMisericordia apre a tutti le proprie viscere,riversa un oceano immenso di grazie sulleanime che vorranno avvicinarsi alle suesorgenti. Nessuno abbia paura, anche sei suoi peccati fossero come lo scarlatto”(dagli Scritti di S. Faustina Kowalska).

Preghiamo quindi Dio, per il RomanoPontefice il papa Benedetto XVI. Il Signorelo conservi e lo custodisca al servizio delpopolo santo di Dio e conceda a noi dicamminare in comunione con la suaChiesa, in santità di vita, per raggiungerenella gloria il Signore, risorto dai morti, e“contemplare per tutta l’eternitàl’immensità del suo amore e della suamisericordia”. A lui onore e gloria nei secoliin eterno.

La ‘sentinella’ ha dato l’Annunzio! A ciascuno di noirispondervi per la nostra eterna salvezza.

Nella foto: arcipretale di S. Maria del Carmine in Rovereto (TN).

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Risposte al lettorea cura della Redazione

Gli operatori liturgici che partecipano ai corsi diformazione chiedono molte informazioni anche sultabernacolo e sulle sue suppellettili. Cerchiamoqui di rispondere alle tante domande, che pro-poniamo in brevissima sintesi.

“… la lampada perenne: perché ecome …?“Davanti al tabernacolo nel quale si custodisce lasantissima Eucaristia, brilli perennemente unaspeciale lampada, mediante la quale venga indicatae sia onorata la presenza di Cristo” (Can. 940).La lampada perenne, ossia che arde sempre, giorno enotte, indica ai fedeli la presenza del Signore nel SS.Sacramento e insieme è segno permanente dell’ onoree dell’ adorazione che la Chiesa sempre rivolge al Dioche ha posto la sua tenda in mezzo a noi. In qualchemodo la lampada perenne continua la tradizionedell’antica Alleanza quando il candelabro dalle settebraccia, per ordine divino, doveva sempre ardere neltempio proprio davanti al luogo più sacro, il Santo deiSanti. Ancor oggi gli Ebrei nelle loro sinagoghe tengonoaccesa una lampada davanti al tabernacolo che conservai rotoli della Legge: “Nella parete orientale si contienel’Arca Santa coi rotoli manoscritti, della Torahdavanti a cui arde la lampada perpetua. Duecandelieri stanno alla parete orientale, verso laquale si recitano le preghiere” (FEDERICI, T.,Israele vivo, in Quaderni Missionari, Edizioni MissioniConsolata, Torino, 1962, p. 96).La lampada perenne viene spenta quando il tabernacoloè vuoto. Nel Sabato Santo quando il SS. Santissimo èconservato fuori della chiesa la sua lampada lo segue ecosì pure ogni volta che il Sacramento vienetemporaneamente trasportato in altro luogo. Per la veritàdel segno si deve accuratamente evitare una luceartificiale, ma deve essere sempre una fiamma viva,alimentata ad olio o cera: “Secondo una consuetudinetramandata, presso il tabernacolo rimanga sempreaccesa una lampada particolare, alimentata da olioo cera, con cui si indichi e si onori la presenza diCristo” (OGMR 316).Oltre che essere più degna e in grado di creare unambiente più caldo e autentico la lenta consumazionedell’olio o della cera è il simbolo della nostra unione alSacrificio del Signore e della vita interiore del nostrocuore che si consuma nell’amore adorante e nell’offertasacrificale: “…L’olio e la cera ardendo si struggonoe consumano in onore della Divinità, e così

rappresentano un vero sacrificio di luce:Eucharistia lucernaris… la lampada elettrica inveceè un espediente molto sbrigativo, che non richiedealcun pensiero di manutenzione; perciò, anche pertale ragione l’elettricità non simboleggia troppofedelmente la devotio, cioè il servizio assiduo eamoroso del levita nel mantenere vivo innanziall’altare di Yahvé il fuoco sacro della fede”(SCHUSTER, vol. I, p. 164-165).Essa deve essere in un rapporto visivo immediato coltabernacolo in modo che tutti comprendano che èrelativa alla presenza del Sacramento, quasi un indicepuntato su di esso e deve ben distinguersi dagli altrieventuali ceri devozionali. Può essere posta su uncandelabro prossimo al tabernacolo a guisa di sentinellaadorante, oppure vicino al tabernacolo sulla sua mensao anche scendere pendula dall’alto. In alcune chiese,soprattutto nella cappella del Santissimo, vi è l’uso discortare l’altare del SS. Sacramento con due grandi eartistici candelabri di marmo o di bronzo sui quali ardela fiamma perenne. Il sacrista deve curare che questalampada sia sempre pulita e decorosa, evitando chesia un lucignolo fumigante e insignificante e talvolta ilresiduo di un piccola combustione. Nell’itinerariodell’Iniziazione cristiana, soprattutto i bambini dellaprima Comunione, devono essere introdotti al sensodella Presenza eucaristica anche mediante il segnovisibile della lampada perenne, in modo che sappianosubito riconoscere in ogni chiesa il tabernacolo e sostarviin breve adorazione. Il clima secolarizzato largamentediffuso, che ha tolto il silenzio dalle nostre chiese, ledealquanto il senso della Presenza e il rispetto adorantedel SS. Sacramento, in modo che diventa difficile nonsolo poter pregare prima o dopo una celebrazione, maanche fare la genuflessione e accorgesi che c’è iltabernacolo. Si dovrà riconsiderare seriamente questairruzione del profano per non incrinare ulteriormentela crescita e la profondità spirituale del popolo cristiano.

“… il conopeo si deve ancorausare?”“La presenza della santissima Eucaristia neltabernacolo venga indicata dal conopeo o da altromezzo idoneo, stabilito dall’Autorità competen-te…”(RCCE11).A differenza della lampada perenne il conopeo non èassolutamente comandato e questo è certamente unodei motivi che ne hanno segnato la scomparsa. Ma visono anche altre motivazioni, come il valore di alcuni

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tabernacoli insigni per arte che esigono di essereammirati, oppure i nuovi stili di tanti tabernacoli moderni,pensati senza conopeo. Non è comunque saggioconsiderare ormai del tutto superato il conopeo. Oggi,infatti, si tende a non valorizzare adeguatamente l’usodei tessuti nell’arredo liturgico delle chiese, creandospesso ambienti piuttosto freddi, dovuti all’uso esclusivodalla pietra e dei metalli. Il tessuto, invece, riscaldal’ambiente e lo rende più abitabile e accogliente. Unacasa priva di tendaggi e tappeti è desolata e quasi spenta.Il conopeo, nobilmente fluente, conferisce calore altabernacolo e lo configura meglio come dimora del ‘Diocon noi’. La sua assenza rimanda a quell’impressioneaustera che emana dai nostri tabernacoli vuoti e disadorninel Sabato santo. Non si dovrà perciò escludere l’usodel conopeo in tutti i casi, ma riconsiderarlo fin dallaprogettazione di un nuovo tabernacolo, in modo che siaben inserito nella sua struttura, evitando una sovrap-posizione imprevista e inadeguata allo stile. Il conopeoconsente anche di mettere in evidenza le varie stagioniliturgiche, quando lo si dovesse opportunamente variaresecondo i colori liturgici delle feste e dei tempi sacri. Intal modo sarebbe un ulteriore ponte tra l’Eucarestiacelebrata e l’Eucarestia conservata, tra l’altare e lacustodia eucaristica. Comunque nelle chiese storiche ilconopeo dovrebbe essere normalmente usato anche perconservare manufatti veramente ragguardevoli e preziosinon raramente confezionati come parte di un apparatoliturgico completo.

“… dove deporre la pisside senzauna mensa?”Non è infrequente che sacristi e ministri straordinari dellacomunione lamentino la poca funzionalità di talunitabernacoli privi di un minimo di supporto per svolgeredecorosamente talune necessarie operazioni connesseal SS. Sacramento. La richiesta va ascoltata, perchéun’azione liturgica decorosa esige anche spazi sufficientie funzionali. Se il tabernacolo si trova su di un altarenella cappella del SS. Sacramento o sullo stesso altaremaggiore antico, la sua mensa potrà assolveredegnamente alle funzioni indispensabili per la cura dellasantissima Eucarestia. Ma altre volte il tabernacolo èdel tutto privo di una mensola e consente solo di estrarvio riportarvi la pisside, senza possibilità di appoggio.Occorre allora riflettere. Una mensa sufficiente, copertacon la tovaglia e con possibilità di stendervi il corporale,è necessaria davanti al tabernacolo. Su di essa si devonopoter compiere alcuni atti necessari:- deporre la pisside quando la si leva o la si riporta neltabernacolo, evitando di aprirlo e chiuderlo tenendo inmano il Sacramento e consentendo una degnagenuflessione;- travasare le particole, purificare le coppe e riordinarei vasi sacri;- fuori della Messa immettere nella teca le particole peri malati e purificare la medesima;

- amministrare la s. Comunione fuori della Messa a singolifedeli o a piccoli gruppi;- esporre il SS. Sacramento, anche con l’ostensorio,soprattutto quando l’adorazione è fatta nella cappella delSacramento con pochi fedeli.È evidente che se il tabernacolo è nel presbiterio molti diquesti servizi si compiranno agevolmente sull’altare.Tuttavia, una sufficiente mensa non dovrebbe maimancare davanti al tabernacolo, almeno per assicurare iservizi più immediati.

“... il vasetto delle abluzioni èsoppresso?”È del tutto conveniente che sulla mensa del tabernacolovi sia un piccolo recipiente con l’acqua per l’abluzione evicino ad esso il purificatoio. È, infatti, quanto maiopportuno, per la maggior dignità dell’atto, che il ministroche ha distribuito la s. Comunione si purifichi le dita,secondo la tradizione liturgica. Il sacerdote e il diaconolo possono fare nell’atto stesso di purificare i vasi sacridopo la comunione. Fuori della Messa, però, talepurificazione sarà possibile usando il vasetto dell’abluzionepresso il tabernacolo. Soprattutto i ministri straordinaridella Comunione, sia nella Messa come fuori di essa, sene serviranno per la purificazione delle dita.Il vasetto va regolarmente pulito e l’acqua, versata nelsacrario, deve essere cambiata frequen-temente,conforme a ciò che è stabilito: “Si conservi la tradizio-ne di costruire in sagrestia il sacrario per versarvil’acqua per l’abluzione dei vasi sacri e dellabiancheria” (OGMR334).

“… il velo omeraleè facoltativo?”

“Per impartire la benedi-zione al termine dell’adora-zione quando si è fattal’esposizione con l’osten-sorio, il sacerdote o ildiacono indossano anche ilpiviale e il velo omerale dicolore bianco; quando si èfatta l’esposizione con lapisside, indossano il veloomerale” (RCCE100).

Come si vede il velo omerale èancora contemplato. Tuttaviaquesto indumento liturgicosembra scomparso dall’usoliturgico. È allora necessariocapire il suo significato e la suaefficacia educativa. Unamentalità alquanto diffusatende alla riduzione dell’ab-

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bigliamento sacro in nome della semplicità e dellaautenticità e così si manifesta un’altra occasione diprotagonismo del sacerdote, che ritiene di esibire davantial popolo la sua umiltà e la sua maturità, si dice, cherifugge da inutili rubricismi. In tal modo, però, la liturgiasi impoverisce e tutto diventa ordinario e feriale, privo diogni elemento di solennità e di dignità. Lo stesso SS.Sacramento viene così trasportato, esposto, distribuito enormalmente trattato con i modi della più usualefunzionalità.

In questo ribasso stilistico non vi è più lo stimolo perpercepire il senso sacro della presenza del Signore e iltempo sufficiente per esprimere atti di adorazione. Anchela stessa comunione viene così amministrata senza previadevozione e si riduce alla distribuzione veloce di un panebenedetto. Ormai pochi oggi si inginocchiano o siinchinano al passaggio del Santissimo essendo abituati avedere transitare ministri con le coppe in ogni luogo esenza alcuna forma rituale. Ma su questa strada il dogmarimane solo un’affermazione intellettuale, senza unacoerente espressione liturgica e di conseguenza senzauna incisività spirituale. Il velo omerale in realtà si usaper suscitare il senso del mistero racchiuso nellasantissima Eucarestia e il suo uso è per se stesso unsegno di venerazione e di somma attenzione a ciò che siha nelle mani e che passa davanti allo sguardo supplicedei fedeli. Fin dall’antichità vediamo nei mosaici l’uso diveli per coprire le cose sacre, come l’evangeliario, lacroce e soprattutto le specie sacramentali. La velazioneha un immediato impatto psicologico nel richiamare

l’attenzione e nel guardare concircospezione a ciò che in talmodo viene conservato otrasportato. Ecco allora lanecessità di una decisa ripresadi ciò che già la Chiesa hastabilito, l’uso del velo omerale.Esso si deve usare:- nell’esposizione eucaristicaquando vi è un percorso signifi-cativo tra la cappella del SS.Sacramento e l’altare;- nelle processioni eucaristichel’ostensorio viene portato con lemani coperte dal velo omeralee sotto il baldacchino;- nella benedizione eucaristicasemplice la pisside viene intera-mente coperta con i lembi delvelo omerale, mentre in quellasolenne si usa sempre l’osten-sorio e lo si regge con le maniavvolte dal velo omerale;- nella reposizione la pisside ola teca con l’ostia magna vienenormalmente portata al taber-

nacolo sotto il velo omerale: nella Messa in cenaDomini del giovedì santo tale processione assume unaparticolare solennità.Sarebbe conveniente, che dopo la comunione, almenonella messa stazionale del vescovo o anche in quelladomenicale del parroco, il diacono raccogliesse sullamensa dell’altare in un’unica pisside le sacre specie e,coprendola col velo omerale, la riponesse nella cappelladel SS. Sacramento scortato da due ceri. In tal modol’assemblea coglierebbe la grandezza del SS.Sacramento e la necessità dei dovuti onori liturgici. Nelcaso, tuttavia, che il tabernacolo sia sul presbiterio equindi prossimo all’altare della celebrazione, lareposizione non potrà che essere semplice e immediata.Sebbene le norme liturgiche prevedano sempre per ilvelo omerale il colore bianco, tuttavia, in analogia con idiversi colori degli abiti liturgici e in considerazione delnotevole patrimonio dei paramenti sacri storici, potrebbeessere alquanto conveniente che anche il velo omeraleseguisse il canone dei colori liturgici, in modo chel’Eucaristia, conservata e adorata fuori della Messa, siavisibilmente correlata al Sacrificio divino e intonata allosvolgersi dell’Anno Liturgico.

È del tutto da evitare che il velo omerale, soprattutto seprezioso, sia impiegato per coprire l’ambone. In questomodo sono stati rovinati non pochi e preziosi veli,privandoli della loro funzione specifica di velare la SS.Eucaristia.

“… la comunione in ginocchio?”

È necessario che nella cappella del Santissimo vi siauna balaustra, stabile e adatta, per consentire ai singolifedeli di inginocchiarsi per adorare il SS. Sacramento eanche per ricevere la s. Comunione fuori della Messa.Bisogna ricordare che, anche se è permesso ricevereil Sacramento in piedi e sulla mano, la norma della Chiesauniversale continua ad ammettere il modo tradizionaledella Comunione, ricevuta in ginocchio e in bocca, comeè stabilito dall’Ordinamento Generale del MessaleRomano: “…i fedeli si comunicano in ginocchio o inpiedi, come stabilito dalla Conferenza Episcopale…(OGMR160) “…si riceve il sacramento in bocca o,nei luoghi in cui è stato permesso, sulla mano, comepreferisce…” (OGMR161). È perciò conveniente chei fedeli, che chiedono la s. Comunione fuori della Messa,la possano ricevere lodevolmente in questo modo.

Nella foto: tabernacolo S. Maria del Carmine - Rovereto.