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ARTICOLI 16 L INTEGRATORE N UTRIZIONALE ® www.ceceditore.com 2014 - 17(3) Parole chiave PCOS, Mio-inositolo, D-chiro-inositolo Focus sugli inositoli Francesco Di Pierro Velleja Research, Milano, Italia [email protected] Approcci nutraceutici nella sindrome dell’ovaio policistico: di un processo di insulino-sensibilizzazione clinicamente ca- pace di determinare un importante effetto anti-androgeno e quindi anti-PCOS. Premessa La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS; PolyCystic Ova- ry Syndrome) è una patologia ancora non chiaramente in- quadrabile in termini eziologici e nella quale molti aspetti biochimici e sintomatologici devono essere presi in consi- derazione per definire l’approccio terapeutico più corret- to possibile. Nella scelta di quest’ultimo inoltre si deve tener conto del reale target che il soggetto si prefigge come primario. La donna con diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico nel- la maggior parte dei casi desidera una gravidanza e quindi il medico agirà, potendolo, di conseguenza, ma altre volte vuole semplicemente rientrare in una categoria di peso più consona alla sua statura e/o contrastare una poco estetica localizzazione adiposa addominale di tipo androide, quin- di, spesso, probabile manifestazione di sindrome metabo- lica. In altre occasioni il problema è invece primariamente di tipo dermatologico a causa di un’evidente manifestazio- ne acneica o, peggio, in relazione ad una spiacevole com- parsa di un diradamento dei capelli di tipo maschile. Appa- re allora chiaro che solo l’integrazione del maggior numero possibile di approcci terapeutici, includendo tra questi an- che quello nutraceutico, ha la maggior possibilità di succes- so. Ed è in base a questo punto di vista che l’articolo viene presentato. Riassunto La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un diffuso disturbo femminile dell’età fertile caratterizzato da oligo o anovu- larietà, iperandrogenismo, insulino-re- sistenza e, in un buon numero di casi, da sovrappeso, obesità, sindrome me- tabolica, acne, alopecia e irsutismo. L’approccio terapeutico è rivolto ai vari aspetti della patologia e si avvale di tutti gli strumenti possibili: dieta, attività fisica, farmaci insulino-sensibilizzanti, farmaci antiandrogeni, pillola estro-progestinica, fitoterapici e nutraceutici. In questi due ultimi ambiti un ruolo potenzialmente im- portante nella terapia della PCOS è sta- to messo in luce dall’impiego della ber- berina e dagli inositoli. Tra questi ultimi, il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo han- no in particolar modo attirato di recen- te l’attenzione di farmacologi e clinici in quanto il primo (mio-inositolo) è, at- traverso l’azione di un’epimerasi, il pre- cursore del secondo (D-chiro-inositolo, DCI). Gli studi dimostrano come un ade- guato tenore plasmatico e cellulare di DCI, ottenuto tramite la somministrazio- ne orale del medesimo composto o del suo precursore, ad un dosaggio quasi 4 volte maggiore, può essere responsabile

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Parole chiave PCOS, Mio-inositolo, D-chiro-inositolo

Focus sugli inositoli

Francesco Di Pierro Velleja Research, Milano, [email protected]

Approcci nutraceutici nella sindrome

dell’ovaio policistico:

di un processo di insulino-sensibilizzazione clinicamente ca-pace di determinare un importante effetto anti-androgeno e quindi anti-PCOS.

PremessaLa sindrome dell’ovaio policistico (PCOS; PolyCystic Ova-ry Syndrome) è una patologia ancora non chiaramente in-quadrabile in termini eziologici e nella quale molti aspetti biochimici e sintomatologici devono essere presi in consi-derazione per definire l’approccio terapeutico più corret-to possibile. Nella scelta di quest’ultimo inoltre si deve tener conto del reale target che il soggetto si prefigge come primario. La donna con diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico nel-la maggior parte dei casi desidera una gravidanza e quindi il medico agirà, potendolo, di conseguenza, ma altre volte vuole semplicemente rientrare in una categoria di peso più consona alla sua statura e/o contrastare una poco estetica localizzazione adiposa addominale di tipo androide, quin-di, spesso, probabile manifestazione di sindrome metabo-lica. In altre occasioni il problema è invece primariamente di tipo dermatologico a causa di un’evidente manifestazio-ne acneica o, peggio, in relazione ad una spiacevole com-parsa di un diradamento dei capelli di tipo maschile. Appa-re allora chiaro che solo l’integrazione del maggior numero possibile di approcci terapeutici, includendo tra questi an-che quello nutraceutico, ha la maggior possibilità di succes-so. Ed è in base a questo punto di vista che l’articolo viene presentato.

RiassuntoLa sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un diffuso disturbo femminile dell’età fertile caratterizzato da oligo o anovu-larietà, iperandrogenismo, insulino-re-sistenza e, in un buon numero di casi, da sovrappeso, obesità, sindrome me-tabolica, acne, alopecia e irsutismo. L’approccio terapeutico è rivolto ai vari aspetti della patologia e si avvale di tutti gli strumenti possibili: dieta, attività fisica, farmaci insulino-sensibilizzanti, farmaci antiandrogeni, pillola estro-progestinica, fitoterapici e nutraceutici. In questi due ultimi ambiti un ruolo potenzialmente im-portante nella terapia della PCOS è sta-to messo in luce dall’impiego della ber-berina e dagli inositoli. Tra questi ultimi, il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo han-no in particolar modo attirato di recen-te l’attenzione di farmacologi e clinici in quanto il primo (mio-inositolo) è, at-traverso l’azione di un’epimerasi, il pre-cursore del secondo (D-chiro-inositolo, DCI). Gli studi dimostrano come un ade-guato tenore plasmatico e cellulare di DCI, ottenuto tramite la somministrazio-ne orale del medesimo composto o del suo precursore, ad un dosaggio quasi 4 volte maggiore, può essere responsabile

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Nutraceutical approaches for Polycystic ovary syndrome:Focus on inositols

Polycystic ovary syndrome (PCOS) is a common disorder of women of childbearing age characterized by oligo-or anovula-tion, hyperandrogenism, insulin-resistance, and a good number of cases, overweight, obesity, metabolic syndrome, acne, a-lopecia, and hirsutism. The therapeutic approach is aimed at various aspects of the disease and makes use of all possible means: diet, physical activity, insulin-sensitizing drugs, anti-androgens, estrogen-progestin pill, herbal medicines and nutraceuticals. In the latter two areas a potentially important role in the treatment of PCOS has been highlighted by the use of berberine and the inositols. Among the latter, the myo-inositol and D-chiro-inositol have particularly attracted recent attention of pharmacologists and clinicians as the first (myo-inositol) is, through the action of an epimerase, the precursor of the second (D-chiro-inositol, DCI). Studies show as an adequate content of plasma and cellular DCI, obtained through the oral administration of the same com-pound or its precursor to a dosage nearly 4 times greater, can be responsible for a process of insulin-sensitization clinically capable of determining an important anti-androgen and therefore anti-PCOS effect.

seguire. Tra questi farmaci troviamo quin-di molecole appartenenti a categorie anche molto diverse tra loro: metformina, clomifene citrato, letrozolo, gonadotropi-ne, pillola estro-progestinica con o senza ciproterone acetato e antiandrogeni co-me flutamide, finasteride e spironolattone (12). La fitoterapia e l’ambito nutraceuti-co forniscono preparazioni quali i deriva-ti estrattivi contenenti berberina (13), gli estratti oleosi di serenoa (14) e, in quan-to insulino-sensibilizzanti, gli inositoli (15). Questi ultimi, primariamente mio- e D-chi-ro-inositolo, sono stati recentemente og-getto di un dibattito alquanto curioso che merita di essere analizzato almeno da un punto di vista farmacologico.

Il mondo degli inositoli

In uno scenario farmacologico comples-so come quello che caratterizza le possi-bili scelte terapeutiche nell’ambito della PCOS, la nutraceutica è riuscita, con gli inositoli, ad inserirsi autorevolmente for-mulando prodotti di sicuro interesse me-dico, compatibili con il desiderio di gravi-danza in donne affette da PCOS. In par-ticolare, le evidenze scientifiche sono state prodotte, nel trattamento di don-

IntroduzioneLa sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), disordine detto anche di Stein-Leventhal, colpisce le donne in età fertile e rappresenta, in questo gruppo, la causa principale di infer-tilità e di diabete gestazionale. La sindrome, nonostante di-versi panel scientifici si siano dedicati ad una sua precisa caratterizzazione, è definita sempre e comunque dalla pre-senza di oligo-anovulazione, alterazioni endocrino-metabo-liche, sintomi di iperandrogenismo e riscontro ecografico di ovaio policistico (1,2). A queste alterazioni si associano, nella maggior parte dei casi, iperinsulinismo, insulino-resistenza e obesità viscerale i quali alimentano il circolo vizioso dell’ipe-randrogenismo e che, insieme alle frequentemente presen-ti dislipidemia e ipertensione arteriosa, vanno a configurare il classico quadro di sindrome metabolica (3,4) che talvolta si associa e caratterizza la diagnosi di PCOS. Le pazienti con PCOS, inoltre, evidenziano frequentemente deficit di acido folico, iperomocisteinemia e basse concentrazioni sieriche di 25-OH-colecalciferolo (vitamina D3), specie in presenza di obesità. Tali situazioni risultano, almeno parzialmente, fron-teggiabili con adeguate supplementazioni orali di folati e vi-tamina D3 (4-10).Comunemente, e soprattutto in concomitanza di situazio-ni come obesità e/o sindrome metabolica, la paziente vie-ne invitata a seguire un opportuna dieta ipocalorica da as-sociarsi ad un incremento dell’attività fisica (11). Anche in si-tuazioni di totale aderenza a tale consiglio terapeutico non è detto che la sindrome ‘receda’ e, al contrario, spesso la paziente dovrà sottoporsi comunque a terapia farmacolo-gica specifica. La terapia farmacologica di questo disordi-ne prevede quindi l’utilizzo di diversi farmaci condizionati, in larga misura, dall’obiettivo che si vuole primariamente per-

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adrenalina e favoriscono solo l’ingresso dello zucchero nel-la cellula. Gli IPG sono molecole a basso peso molecolare che vengono liberate direttamente dalla membrana pla-smatica dopo l’interazione di un ligando con il suo recet-tore. Quando ad esempio l’insulina, nei quotidiani proces-si di omeostasi glucidica gestiti di contraltare al glucagone, lega il recettore specifico posto sulla membrana cellulare, attraverso l’azione della fosfolipasi C (PLC) alcuni fosfolipi-di di membrana, come ad esempio il fosfo-inositol-difosfato (PIP2), vengono demoliti a diacil-glicerolo (DG) e inositolo-tri-fosfato (IP3, un IPG-A). Questi due metaboliti seguiranno poi due strade diverse. Il DG interagirà con un enzima noto co-me Protein Kinasi C (PKC) mentre l’IP3, entrando in contatto con i calciosomi (vacuoli intra-cellulari ricchi di ioni calcio; Ca++), ne provocherà la liberazione del contenuto. A questo punto il Ca++ si porrà a ponte tra i residui, fino a quel momen-to non polimerizzati, di tubulina-α e tubulina-β ben presenti in questa forma nel citoplasma cellulare, provocandone la veloce polimerizzazione. Il sistema dei microtubuli, ‘costrui-to’ quindi come polimero (α-Ca++-β)n-volte, provocherà il mo-vimento e l’esocitosi dei vacuoli preformati contenenti i re-cettori GLuT-4 capaci in seguito di endocitare il glucosio re-peribile nel plasma con un conseguente effetto anti-ipergli-cemico. Appare chiaro da questo semplice esempio il ruolo di amplificatore cellulare giocato dal l’IP3 che, in questa for-ma, trasduce un potente segnale insulinico (18-20). Ma perché una corretta o migliore trasduzione del segna-le insulinico dovrebbe produrre un vantaggio clinico nelle donne affette da PCOS? Quanto l’iperandrogenismo gio-chi un ruolo importante nella PCOS sembra cosa abbastan-za accertata. E’ anche vero però che l’iperandrogenismo produce insulino-resistenza e che quest’ultima, a sua vol-ta, alimenta l’iperandrogenismo in un circuito assolutamen-te vizioso (Fig 2).

ne affette da PCOS, con un particola-re inositolo noto come D-chiro-inositolo (DCI) (16).Il DCI (Fig 1) è un poliolo, carboidrato, appartenente alla famiglia degli inosito-li, presente in discreta quantità nei semi di carruba. Questa ne è divenuta quindi la sua fonte estrattiva primaria.

Il DCI è comunque anche una molecola endogena per il mondo animale e l’uo-mo e viene sintetizzata nell’organismo a partire dal glucosio attraverso una serie di reazioni enzimatiche che conta di 4 passaggi ben noti (17):1) fosforilazione a D-glucosio-6-fosfato,2) ciclizzazione a L-mio-inositolo-1-fosfato,3) defosforilazione a mio-inositolo,4) epimerizzazione a DCI.

Mio-inositolo e DCI costituiscono un ef-ficiente sistema molecolare intracellu-lare di amplificazione del segnale insuli-nico. Nell’insieme le molecole originate dai due inositoli con funzioni di secondi messaggeri per il segnale insulinico ven-gono definiti inositol-fosfoglicani. Gli ino-sitol-fosfoglicani (IPG) sono detti IPG-P quando contengono DCI, mediano l’a-zione dell’insulina post-prandiale e favo-riscono tanto l’ingresso di zucchero nella cellula quanto la sua successiva polime-rizzazione a glicogeno; sono invece detti IPG-A quando contengono mio-inosito-lo, mediano l’azione dell’insulina rilascia-ta per bilanciare l’azione di glucagone e

Figura 1 Struttura chimica del D-chiro-inositolo

Figura 2 Eziopatogenesi della PCOS

Insulino-resistenzaIperandrogenismo

IrsutismoAcne

Eccesso di aromatizzazione

Anovulazione Infertilità

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mentato catabolismo del DCI prima del-la filtrazione renale (25,26). Molte sono le ‘prove’ che rivelano l’esclusività del ruolo giocato dal DCI nel contesto del-la PCOS. Ad esempio, livelli di DCI si cor-relano in maniera inversamente propor-zionale agli indici di sensibilità insulinica e il miglioramento della resistenza all’insu-lina indotto dalla metformina si accom-pagna ad un incremento della biodispo-nibilità del DCI. Addirittura anche sempli-cemente nelle donne sottoposte a die-ta e ad attività fisica (il cui ruolo in alcuni casi migliora la condizione di PCOS sen-za l’aggiunta di terapia farmacologi-ca) si dimostra un incremento solo nel-la risposta mediata dagli IPG-P (dovuto ad una migliore disponibilità endogena di DCI) anche in assenza di somministra-zione di DCI. Inoltre, la clearance renale del DCI, ma non del mio-inositolo, è au-mentata nelle donne con PCOS a con-fermare che il deficit di inositoli che inte-ressa questa sindrome è specifico per il DCI e non per il suo precursore.Queste alterazioni sono state dimostrate per la prima volta nel 1999 (27). In que-sto studio durato 6-8 settimane, la som-ministrazione di 1200 mg di DCI in 22 don-ne obese con diagnosi di PCOS, riduce-va significativamente i livelli di pressione arteriosa, il valore dei trigliceridi e l’insuli-nemia con un dimezzamento delle con-centrazioni di testosterone libero. Inoltre, nel periodo di osservazione l’ovulazione si verificava in 19 donne su 22, verso un 6 su 22, nel gruppo che aveva assunto la preparazione placebo (27). Questi risultati venivano poi confermati an-che in donne con diagnosi di PCOS, ma con BMI < 25, ricorrendo ad un dosaggio di DCI corrispondente a 600 mg/die (28). Lavori scientifici condotti anche in Italia negli ultimi tre anni hanno confermato e ampliato i risultati dello studio. In par-ticolare, il DCI in confronto al mio-inosi-tolo ha determinato una maggiore ridu-zione dei livelli di androgeni con un ef-fetto benefico sulla dinamica secretoria

Interrompere questo circuito, agendo ad esempio sull’insu-lino-resistenza, conduce ad un calo dell’iperandrogenismo per diversi motivi. I principali sono legati al fatto che con-trastare l’insulino-resistenza, situazione nella quale il pancre-as immette in circolo più insulina del necessario, si traduce in una minor quantità di insulina circolante. L’insulina a li-vello ovarico determina la produzione di androgeni. Quin-di l’insulino-resistenza, situazione con più insulina in circolo, determina una produzione di androgeni ovarici maggiore del normale. Ridurre l’insulina circolante vuol dire quindi ri-durre la produzione di androgeni ovarici. A livello epatico invece l’insulina riduce la produzione delle proteine di tra-sporto degli ormoni sessuali (SHBG). Gli androgeni legati al-le SHBG, non essendo liberi, semplicemente non funzionano e quindi, nella PCOS, non fanno danni. Ridurre il rilascio pan-creatico di insulina si traduce quindi in un innalzamento del-la sintesi epatica di SHBG con riduzione dell’androgenicità complessiva. Il ruolo dell’insulina a livello ovarico e a livello epatico spiega quindi perché agendo sull’insulino-sensibili-tà si può contrastare l’androgenicità tipica della PCOS. Per inciso, questo è ciò che si evidenzia anche somministrando metformina o berberina, entrambi insulino-sensibilizzanti, tut-tavia questi non sono consigliabili se la paziente dichiara il desiderio di una gravidanza. Diversamente, gli inositoli sono composti endogeni, a tossicità nulla (almeno se impiegati ai dosaggi opportuni e clinicamente verificati), con nessuna contro-indicazione e utilizzabili sia nell’attesa di un concepi-mento che durante la gravidanza vera e propria (21). Da un punto di vista clinico la quasi totalità degli studi internaziona-li ha dimostrato come sia un deficit di produzione di DCI (a sua volta mattone fondamentale per costruire i messaggeri del tipo P) a svolgere un ruolo importante nella patogenesi dell’insulino-resistenza tipica della PCOS (ma anche del dia-bete di tipo 2) (22,23). Infatti in questi pazienti, sia durante un test da carico con glucosio che dopo iniezione di insuli-na, si rinvengono ridotti livelli plasmatici di DCI, così come ne appare ridotto il contenuto intracellulare (soprattutto, ma non solo, nel muscolo e nel tessuto adiposo) (24). A fronte di una riduzione davvero significativa dei livelli di DCI plasmati-ci e cellulari, né il suo precursore diretto, il mio-inositolo, né a loro volta i due precursori di quest’ultimo, descritti prima nel testo, risultano invece diminuiti. In questo senso l’alterazione del metabolismo degli inositoli, denominata dagli Autori an-glosassoni inositol imbalance, si configura sempre e soltan-to per un deficit terminale nella capacità di produzione del DCI e mai per un deficit di alcuno dei suoi precursori. La dimi-nuzione delle concentrazioni di DCI nelle donne con PCOS è infatti riconducibile o ad una ridotta conversione a partire dal mio-inositolo (per deficit dell’epimerasi), e/o ad un au-

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potrebbe essere anche superiore, a 3.3:1. Per avere cioè gli effetti clinicamente generati da 600 mg di DCI è necessario somministrare non meno di 2000 mg di mio-inositolo. E que-sto per donne con diagnosi di PCOS e BMI < a 25. Per don-ne con BMI > a 25 l’evidenza clinica suggerisce la sommini-strazione di 1200 mg/die di DCI. Per queste donne quindi un dosaggio di mio-inositolo capace di produrre gli stessi effetti del DCI corrisponderebbe a non meno di 4000 mg/die. Alcu-ni Autori hanno anche dimostrato che i dosaggi di mio-inosi-tolo appena citati potrebbero non essere sufficienti, sempre a causa del pesante deficit epimerasico nella commutazio-ne a DCI. In questo senso suggeriscono infatti un dosaggio non inferiore ai 3000 mg/die nonostante i valori di BMI risulti-no nella norma (31).Ovviamente queste valutazioni sul rateo di conversione tra una sostanza e l’altra trovano un senso scientifico solo a fron-te dell’impossibilità d’impiego dell’effettore vero e proprio. La carenza di inositoli, concausa delle manifestazioni di PCOS, è infatti comunque e soltanto attribuibile al DCI. Detto que-sto, le facili equivalenze mostrate prima possono suggerire, al-meno in parte, l’appropriatezza o meno dei prodotti formu-lati anche con i due inositoli in miscela. Ad esempio prodotti ‘corretti’ per donne con BMI < 25 potrebbero quindi contene-re 300 mg di DCI + 1000 mg di mio-inositolo per somministra-zione giornaliera. Dosaggio doppio nel caso di soggetti con BMI > 25. Invece prodotti contenenti ad esempio 500 mg di mio-inositolo + 100 mg di DCI per dosaggio giornaliero risul-terebbero assolutamente sotto-dosati. Va però segnalato che attualmente i costi per il DCI si sono leggermente cal-mierati (sono scesi a circa 300 euro/kg) ed è quindi dive-nuto più accettabile sopportarne i costi formulativi. Questo calmieramento dei costi rende non ancora illogica ma co-munque meno logica rispetto a un tempo la scelta di un uti-lizzo della forma pro-drug (mio-inositolo) avendo invece il drug (DCI) a disposizione. una scelta formulativa fatta in fa-vore del mio-inositolo potrebbe però considerarsi logica in un’ottica di riduzione dei costi finali (e di questo se ne po-trebbe avvantaggiare l’utilizzatore finale). Formulare infatti 4000 mg/dose di mio-inositolo costa certamente meno che formulare 1200 mg/dose di DCI (per completezza d’informa-zione: il costo del mio-inositolo è oggi intorno ai 25 euro/kg).Recentemente, durante un convegno organizzato a Roma (IV Congresso Nazionale SIFIOG, 30-31 maggio 2014), si è di-scusso anche della vicenda farmacologica relativa al rap-porto ‘mio-inositolo/DCI’ sostenendo forse alcune inesattez-ze. Si è discusso ad esempio di un possibile effetto tossico messo in luce dalla somministrazione di dosaggi elevati di DCI. A supporto di questa tesi si è parlato della tossicità deri-vante dalla somministrazione di 2400 mg di DCI. Premetten-

dell’LH, dell’FSH e dell’insulina maggior-mente evidente nelle pazienti con fami-liarità per diabete mellito di tipo 2 (cioè con maggiore insulino-resistenza). Inol-tre, il DCI ha dimostrato una significativa riduzione dell’ossidazione dei gruppi tio-lici, azione molto utile nella PCOS dove è stato documentato un aumento dello stress ossidativo sistemico e a livello del li-quido follicolare (29,30).Mentre negli uSA il DCI è largamente uti-lizzato da più di dieci anni, tanto da es-sere inserito in alcuni algoritmi terapeuti-ci della PCOS, in Italia è disponibile inve-ce solo da pochi anni. Il suo ingresso nel mercato nazionale è stato ostacolato si-curamente dall’elevato costo della ma-teria prima che ne ha reso sino ad oggi poco vantaggiosa la commercializzazio-ne. Da molti anni, quasi esclusivamente in Italia, sono invece disponibili moltissi-me preparazioni a base di mio-inosito-lo. La ragione di questo fatto risiede non certo in errori formulativi di natura galeni-ca, quanto invece in problematiche più probabilmente di natura commercia-le. Il DCI fino a circa 2-3 anni fa, periodo nel quale in Italia si è assistito all’esplosio-ne commerciale dei prodotti a base di mio-inositolo, costava, come principio attivo, circa 700 euro al kg. Di confron-to nel medesimo periodo il mio-inositolo, estratto allora come adesso dal mais, co-stava circa 10 volte meno (70 euro/kg). Essendo il mio-inositolo comunque il pro-drug del DCI si è fatto di necessità vir-tù e si è quindi optato per la sua candi-datura nella formulazione dei prodotti la cui finalità era il contrasto all’inositol im-balance descritto nelle donne con dia-gnosi di PCOS. Questa scelta formulati-va però non ha, almeno non sempre, te-nuto conto del rapporto di conversione tra mio-inositolo e DCI tipico delle don-ne con PCOS. Questo rapporto, a cau-sa del deficit di epimerasi (l’enzima che commuta il mio-inositolo in DCI) e a cau-sa dell’aumentato catabolismo/escre-zione del DCI stesso, è non inferiore, ma

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comunque ottenere buoni risultati clinici somministrando dosaggi elevati (tra i 2 e i 4 g/die a seconda del BMI del sogget-to affetto da PCOS) del meno costoso mio-inositolo; dosaggi così elevati sono effettivamente scelta obbligata a cau-sa anche della scarsa capacità perfor-mante dell’epimerasi presente nei tessuti di donne affette da PCOS. E’ stato però osservato che ‘paradossalmente’ le cel-lule della teca ovarica presentano insu-lino–sensibilità; questa insulino-sensibilità è fortemente connessa con un altrettan-to paradossale comportamento, in que-sto tessuto, dell’epimerasi che commu-ta con grande efficienza il mio-inositolo in DCI; la grande abbondanza di DCI ali-menta però non solo l’insulino-sensibilità di questo tessuto ma anche la produzio-ne di androgeni, influenzata a sua vol-ta dalla tanta insulina in circolo causa-ta dall’insulino-resistenza ‘globale’ della paziente; e più le cellule della teca so-no insulino-sensibili e più producono te-stosterone (37). Nel liquido follicolare di donne sane il rapporto mio-inositolo/DCI sembrerebbe essere di 40:1; nelle donne con PCOS, a causa della performance anomala dell’epimerasi questo rappor-to scende di 4 volte (10:1). Conclusione non propriamente corretta a questa lun-ga serie di dati è: somministriamo allora preparazioni che contengano il rappor-to, considerato fisiologico, di 40:1 (mio-inositolo verso DCI) cercando quindi di contrastare l’invece patologico 10:1. La conclusione è farmacologicamente inesatta perché non considera, come in-vece dovrebbe, il rapporto di 40:1 come una semplice fotografia di un momento dove motore del tutto è l’epimerasi. Nel-la donna con PCOS le cellule della teca ovarica presentano un’epimerasi over-performante. La somministrazione di ele-vate proporzioni di mio-inositolo non fa-rà altro che alimentare la sua già eleva-ta performance. L’epimerasi, ad alta o bassa performance che sia, commuta il mio-inositolo in DCI. Se si somministra-

do che gli unici dati pubblicati in merito (32) non discutono di tossicità alcuna sui pazienti ma si riferiscono al trattamen-to con 2400 mg/die di 6 donne affette da PCOS, arruolate in uno studio totalmente inconclusivo e interrotto, come di-chiarano gli Autori, per ‘mancata fornitura di principio atti-vo’, deve essere invece sottolineato che il dosaggio corret-to di principio attivo, come ampiamente dimostrato dai da-ti clinici pubblicati da Autori diversi, è 600 mg/die per donne con BMI < a 25 e 1200 mg/die per donne con valori superio-ri. Sostenere il rischio tossicologico citando somministrazioni di 2400 mg di DCI sarebbe come paventare rischio tossicolo-gico successivo a somministrazioni di 8000 mg di mio-inosito-lo/die. Il discorso sembrerebbe mancare di appropriatezza.Altro dato riferito nel convegno, e ripreso anche in un re-cente lavoro dai medesimi Autori (33), è la presenza nel li-quido follicolare del soggetto sano, di un rapporto appa-rentemente sbilanciato a favore del mio-inositolo rispetto al DCI. Secondo quanto presentato questo potrebbe rappre-sentare la necessità di una somministrazione di una miscela di mio-inostolo e DCI proprio secondo questo rapporto (che si è dimostrato essere 40:1). Anche in questo caso il ragiona-mento non appare del tutto corretto, anche se capire l’inte-ra problematica non è in realtà semplicissimo.L’insulino-resistenza in una paziente affetta da PCOS si ac-compagna ad un evidente iperandrogenismo certamen-te biochimico (presenza di androgeni nel sangue) e spes-so clinico (manifestazioni dermatologiche acneiche e/o di tipo maschile come alopecia e irsutismo). Tuttavia, le cellu-le della teca ovarica sono ‘paradossalmente’ insulino-sen-sibili, a differenza di tutti gli altri tessuti (34,35). E i paradossi non finiscono qui. L’insulino-sensibilità di questo tessuto ova-rico pare essere direttamente correlata con un’apparente iper-attività dell’epimerasi che commuta con grande effi-cienza il mio-inositolo in DCI. Il lavoro dell’epimerasi presen-te nelle cellule della teca ovarica di una paziente affetta da PCOS è così performante che, diversamente da quanto si manifesta nei tessuti ovarici di controllo prelevati da don-ne sane, il rapporto tra DCI e mio-inositolo è di 4 volte supe-riore (36). Proviamo a riassumere e a chiarire. La donna con PCOS è globalmente insulino-resistente; la sua insulino-resi-stenza è collegabile con la ridotta presenza di DCI nel pla-sma e nelle cellule; la ridotta presenza di DCI è per gran par-te dovuta ad un deficit di epimerasi, di quell’enzima cioè che commuta il mio-inositolo in DCI; la somministrazione eso-gena di DCI by-passa la problematica dovuta all’epimera-si e clinicamente determina incremento dell’insulino-sensibi-lità, contrasto all’iperandrogenismo ed effetti favorenti l’o-vulazione e la fertilità. Parallelamente, tenendo in forte con-siderazione la bassa perfomance dell’epimerasi, è possibile

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Approcci nutraceutici nella sindrome dell’ovaio policistico Francesco Di Pierro

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influenzare il medesimo rapporto diventato ormai patologi-co in donne con PCOS, oltre che sbagliato (come abbia-mo visto il problema è comunque sempre e solo l’epimerasi che commuta in DCI tutto il mio-inositolo che le si fornisce) è anche assolutamente inutile in quanto il ‘farmaco’ sommi-nistrato si distribuirà ovunque nell’organismo e solo una mi-nima parte (in stretta relazione con le reali dimensioni della teca ovarica) si concentrerà nell’ovaio. Nella quasi totalità dei tessuti (fatta eccezione per la teca ovarica) il mio-inosi-tolo, in qualunque rapporto venga somministrato, si ritroverà ad alimentare, nella donna con PCOS, un’epimerasi scarsa-mente efficiente. Se la somministrazione di mio-inositolo sa-rà congrua in termini di dosaggio, l’epimerasi produrrà suf-ficienti quantità di DCI in tutti i tessuti e questo determinerà incremento dell’insulino-sensibilità globale con decremen-to dell’iperandrogenismo. Sa la somministrazione sarà poco congrua in termini di dosaggio questi due effetti clinici non verranno invece a configurarsi.Mentre ora dovrebbe apparire chiara, farmacologicamen-te parlando, la questione mio-inositolo/DCI, è d’obbligo se-gnalare la scarsità di studi (dovremmo forse dire la totale as-senza) ‘testa a testa’ tra i due inositoli dosati in maniera cor-retta: 2000 mg di mio-inositolo verso 600 mg di DCI oppure 4000 mg di mio-inositolo verso 1200 mg di DCI. Ad oggi l’u-nico test clinico è stato eseguito sotto-dosando il DCI: 4000 mg di mio-inositolo verso 1000 mg (e non 1200) di DCI. No-nostante l’improprietà del paragone farmacologico, i 1000 mg di DCI hanno comunque dimostrato un miglior effetto ri-spetto ai 4000 di mio-inositolo almeno in termini di iperan-drogenismo (38).

ConclusioniLa somministrazione di D-chiro-inositolo a dosaggi opportu-ni (600 mg/die in donne con BMI < 25; 1200 mg/die in don-ne con BMI > 25) contrasta i problemi metabolici, quelli lega-ti alla scarsa fertilità e quelli legati all’iperandrogenismo nelle donne affette da PCOS. L’elevatissimo costo della molecola ha talvolta condotto i formulatori all’impiego del suo precur-sore, il mio-inositolo. Questo potrebbe considerarsi una buona soluzione terapeutica solo tenendo in considerazione il suo tasso di conversione a D-chiro-inositolo (reale effettore bio-logico). In base a questo tasso di conversione il mio-inositolo potrebbe essere impiegato validamente se somministrato a dosi non inferiori ai 2000 mg/die in donne con BMI < 25 e a do-si non inferiori ai 4000 mg/die in donne con BMI > 25.

no dosi di mio-inositolo ad un tessuto con scarsa performance si avrà scarsa pro-duzione di DCI; se si somministrano do-si di mio-inositolo ad un tessuto con alta performance si avrà elevata produzio-ne di DCI. E il problema ovarico è che vi è troppo DCI. Somministrare mio-inosito-lo non è quindi la scelta giusta. La scelta giusta, farmacologicamente parlando, sarebbe invece quella di somministra-re un antagonista dell’epimerasi per ab-bassarne la performance. Ad oggi però questo non è ancora possibile per l’as-senza di antagonisti capaci di contra-stare l’azione dell’epimerasi ovarica sen-za influenzare l’efficienza di tutte le altre epimerasi non-ovariche.L’azione sistemica insulino-sensibilizza-trice del DCI, come della metformina e/o della berberina, ha un forte impat-to sull’iperandrogenismo globale della paziente in quanto riduce la produzio-ne di androgeni ovarici e incrementa la sintesi epatica di SHBG. La PCOS è infat-ti una sindrome che colpisce la totalità della paziente e non soltanto il suo tessu-to ovarico. L’azione farmacologica di in-cremento della sensibilità insulinica eser-citata su tutti i tessuti, teca ovarica com-presa, determina un effetto clinico glo-bale di contrasto all’iperandrogenismo. E questo avviene in egual misura sommi-nistrando il mio-inositolo non in relazione alla necessità di scompensare il rappor-to tra gli inositoli a livello ovarico ma sem-plicemente perché il mio-inositolo è pre-cursore chimico del DCI. Vi è infatti un’al-tra considerazione farmacologica da fa-re. La somministrazione orale di farmaci che non presentino un particolare tropi-smo verso un tessuto depone a favore di una equi-distribuzione tissutale del com-posto. La somministrazione di un partico-lare rapporto mio-inositolo/DCI (come anche di solo mio-inositolo) in relazione ad un rapporto osservato nel liquido fol-licolare di donne sane nella speranza di

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