Arch 61

20
verona 61 architetti CONTIENE I.P. - ARCHITETTI VERONA - Bimestrale sulla professione di Architetto dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona Sped. in A.P. - 70% - DCI VR - In caso di mancato recapito restituire all’Ufficio di Verona CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa - Tassa pagata P.D.I. Sped. cumulativa

Transcript of Arch 61

Page 1: Arch 61

verona61

arch

itetti

CONTIENE I.P. - ARCHITETTI VERONA - Bimestrale sulla professione di Architetto dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di VeronaSped. in A.P. - 70% - DCI VR - In caso di mancato recapito restituire all’Ufficio di Verona CMP detentore del conto per la restituzione al mittente

che si impegna a pagare la relativa tariffa - Tassa pagata P.D.I. Sped. cumulativa

Page 2: Arch 61

Giorgio Massignan 11 Editoriale

Alberto Zanardi 12 Next... or not... next?

Nicola Brunelli 18 C+S Associati: opere e progettiNicola Cacciatori

Maria Alessandra 20 Concorsi / appunti.docSegantini

Giuseppe Gregorelli 22 “Elettrosmog”: leggi,normative, rilevamentie misure di tutela

Laura Scarsini 24 Vetro strutturale

Federico Castagna 28 Steven Holl Architetto.Note di visita alla mostra

Giovanni-Elia Perbellini 32 L’eredità dei futuristi

a cura di Elena Granuzzo 35 Mostra: Transavanguardia

a cura di Laura Scarsini 36 1° “piano”Architetture contemporanee del territorio veronese

Federico Castagna 44 Biblioteca

Morena Alberghini 46 Calendario

S o m m a r i o

Gli articoli e le note firmate esprimono l’opinione degli Autori, e non impegnano l’Editore e la Redazione del Periodico. La rivista è aperta aquanti, Architetti e non, intendano offrire la loro collaborazione. La riproduzione di testi e di immagini è consentita citando la fonte.

Questo numero è stato curato da:Susanna Grego

Fonti delle immagini: Guida a Palazzo Barbaran Da Porto, ed. Rotari Club (prima di copertina); Catalogo della Biennale 2002.

Gli elaborati dei concorsi“Artigianato - Design” e “Cinemaidea in un loft” sono stati oggetto diuna pubblicazione che verràdistribuita in occasione dellamanifestazione “Vivi la casa” esuccessivamente sarà a disposizionepresso la nostra sede.

Ricordiamo ai colleghi che possonoinviarci i loro elaborati per lapubblicazione all’interno dellarubrica “Primo Piano” (vediArchitetti Verona n° 59).

Chi volesse scrivere alla Redazionepuò utilizzare i seguenti indirizzi:e-mail: [email protected] Architetti VeronaVia Oberdan, 3 - 37121 Verona

L’AGAV ha bandito un concorso ditesi di architettura con tema “Lacittà di Verona”. Tra tutte le tesiprogettuali che arriveranno, unagiuria qualificata sceglierà 20 tesi chesaranno esposte in una mostra cheverrà allestita all’interno della SalaBoggian nel museo di Castelvecchioad Aprile 2003 (scadenza: 15Febbraio 2003). Per maggioriinformazioni: www.agav-vr.com

Stampa: Grafiche Fabula - Verona

Concessionaria esclusiva per la pubblicità:

Redazione: Via Oberdan, 3-37121 VERONATel. 0458.034.959 (2 linee r.a.) - Fax 0455.923.19Direttore Responsabile: Giorgio Massignan

Via Dietro Pallone, 12 - 37121 VeronaTel. / Fax: 0458.034.290

e-mail: [email protected]

ARCHITETTI VERONARivista bimestrale sulla professione di architettofondata nel 1959Terza Edizione - Anno XAut. del Tribunale di VR n.1056 del 15/06/1992

EditoreORDINE DEGLI ARCHITETTI,PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORIDELLA PROVINCIA DI VERONA

CONSIGLIO DELL’ORDINE(Comitato di Redazione di Architetti Verona)

Presidente: Giorgio MassignanVice-presidente: Arnaldo ToffaliSegretario: Marco ArfelliniTesoriere: Giancarlo FranchiniConsiglieri: Paola Bonuzzi

Iris FrancoLorella PoloPaola RavanelloEnrico Savoia

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI

Presidente: Susanna GregoRevisori: Marco Angelo Brugnoli

Andrea CugolaRaffaele MalvasoAndrea Mantovani

Direttore: Giorgio Massignan

Coordinatori: Susanna GregoPaola Ravanello

Comitato scientifico: Anna Maria Braioni •Maurizio Carbognin • Roberto Carbognin •Eugenio Turri • Daniela Zumiani

Redazione: Morena Alberghini • MarcoArdielli • Lino Vittorio Bozzetto • Filippo Bricolo• Marco Brugnoli • Nicola Brunelli • NicolaCacciatori • Sara Caloi • Gianmaria Colognese •Mariano Dal Forno • Andrea Donelli • StefaniaEmiliani • Federico Castagna • Abas Alì Gharib •Nicola Grandis • Elena Granuzzo • DesanaLyskova • Alexandros Mefalopulos • MarcoMolon • Giovanni Elia Perbellini • Paolo Pieri •Laura Scarsini • Arnaldo Toffali • Alberto Zanardi• Enrico Zorzi

Copertina: Zeno Guarienti - Susanna GregoImpaginazione: Zeno Guarienti

Studio 12

Page 3: Arch 61

edit

oria

le

61

edit

oria

le

L’architettura e l’urbanistica possono essere considerate delle discipline che sono servite e servono alcosiddetto “potere” per controllare e gestire le popolazioni?

Per dare delle risposte significative a queste questioni non sono certamente sufficienti le poche righedel redazionale, ma possono servire per suscitare alcuni interrogativi ed iniziare un dibattito.

Nel XVIII secolo, la disputa ideologica sull’opportunità di suddividere gli individui con una disci-plina rigorosa dello spazio e quindi costringere la popolazione ad essere classificata e distribuita sul ter-ritorio, ha prodotto dei veri e propri progetti di meccanismi di oggettivazione come strumento di as-soggettamento e di crescita del potere. Si sono cioè ridotte le singolarità individuali per favorire la for-mazione di classi. La microfisica del potere, che si potrebbe chiamare cellulare, inizia proprio dall’isola-mento e dalla reperibilità degli individui caratterizzati nell’ordinamento di una data molteplicità. I me-todi rigorosi di suddivisione degli spazi e dei tempi delle comunità monastiche del 1700 potrebberoessere definiti i pronipoti dei sistemi moderni di iterazione e di modulistica.

Nel XVIII secolo, si è sviluppata la problematica di un’architettura che non è più fatta semplicemen-te per essere vista, ma per realizzare una delimitazione ed una sorveglianza sociale. L’apparato discipli-nare perfetto avrebbe permesso di controllare tutto in permanenza. E’ quello che aveva immaginatoLedoux con i suoi edifici disposti in cerchio ed aperti verso l’interno. Fra le ragioni del prestigio accor-dato alle architetture circolari, è doveroso includere l’espressione di una certa utopia politica. Nellacreazione di strutture di sorveglianza, il dispositivo panoptico di Bentham prevede delle unità spazialiche permettono di vedere senza interruzione. Il principio è quello che il sorvegliato deve essere semprevisibile così come lo devono essere i simboli del potere che sorveglia, (es. la torre centrale).

Il Panopticon può essere definito un luogo privilegiato in cui è resa possibile la sperimentazione su-gli uomini e funziona come una sorta di laboratorio del potere. È un sistema di inserimento di indivi-dui rapportati con altri individui negli spazi disciplinati ed organizzati gerarchicamente. Lo schema pa-noptico potrà essere utilizzato ogni volta che si avrà a che fare con una molteplicità di individui a cui sidovrà imporre un compito o una condotta.

È polivalente nelle sue applicazioni, serve ad emendare i più giovani, a curare gli ammalati, a sorve-gliare gli operai, a custodire gli ammalati mentali. Il panoptismo, la disciplina meccanismo, è un di-spositivo che deve migliorare l’esercizio del potere, rendendolo più rapido, più efficace, un sistema dicoercizioni sottili per una società da venire.

Come l’antichità era stata una società di spettacolo: rendere possibile ad una moltitudine l’ispezionedi un piccolo numero di oggetti architettonici che predominano nelle ritualità della vita pubblica; l’etàmoderna si pone l’obiettivo opposto: procurare con una specifica progettazione urbanistica la possibi-lità ad un piccolo numero di individui di avere la vista di una grande moltitudine. Alcune delle ideolo-gie del XIX e XX secolo, davano un’ influenza sempre crescente allo Stato ed al suo intervento semprepiù profondo in tutte le relazioni della vita sociale e che determinano la forma della città e la distribu-zione degli edifici finalizzati al controllo ed alla disciplina della popolazione classificata e destinata.

Siamo molto meno greci di quanto crediamo, non siamo sulle gradinate né sulla scena, ma in unamacchina panoptica, investiti dai suoi effetti di potere che noi stessi ritrasmettiamo perché ne siamoun ingranaggio. I lumi che hanno scoperto la libertà, hanno anche inventato la disciplina. Così la pri-gione cellulare con il suo lavoro obbligatorio, le sue istanze di sorveglianza assomiglia agli ospedali cheassomigliano alle caserme, alle scuole, alle fabbriche, ai borghi operai.

L’urbanistica moderna si attua in gran parte secondo gli interessi del nuovo potere, quello economi-co, che non è possibile equiparare agli interessi generali della collettività. Le città odierne vengono at-trezzate tendenzialmente solo per le categorie produttrici, mentre sono repressi i bisogni di quelle nonproduttive economicamente, soprattutto dei bambini e degli anziani. L’omogeneizzazione dei singoliquartieri adempie alle stesse funzioni del ghetto. Il compito degli architetti e degli urbanisti rischia diessere ridotto alla formazione di involucri da adibire a funzioni sociali qualsiasi. L’urbanistica corre ilpericolo di scindersi in due branchie strettamente collegate e interdipendenti tra di loro, ma poste supiani diversi: l’attrezzatura tecnica dell’edilizia funzionale da un lato ed il montaggio sociale dall’altro.In questo caso la città, tutta rivolta alla funzione, tralasciando di sviluppare una rete di contatto e dicomunicazione interumana, diventa una macchina fredda ed impersonale.

Quale soluzione? Forse lo sforzo di considerare la popolazione non solamente come il contenutodella macchina città, ma come un protagonista pensante e attivo sulle scelte e sulle decisioni che ri-guardano il proprio territorio. Con queste brevi note non s’intende sostenere che la moderna pianifica-zione urbanistica ed i modelli architettonici pensati nel XX secolo siano direttamente derivati dal Pa-nopticon e dalla concezione oggettiva della disciplina e della classificazione e distribuzione della popo-lazione sul territorio, ma che nel cercare di capire i natali filosofici delle teorie che hanno influenzato odeterminato una parte della nostra recente architettura e urbanistica, del meccanismo di sorveglianzadi Bentham con il relativo ordinamento degli spazi, sarebbe doveroso tenerne conto.

giorgio massignan

Page 4: Arch 61

architetti verona - n° 6112 architetti verona - n° 61 13

Non allarmatevi, non è mia intenzioneannoiarvi con un corso accelerato di ingle-se; o peggio con un “classico” di sheakspea-riana memoria per la cui storpiatura chiedofin d’ora perdono.

La mia “licenza poetica” voleva semmaiintrodurre una riflessione sul futuro dell’ar-chitettura nei prossimi anni: tema condut-tore della 8^ edizione della Biennale di Ar-chitettura “Next” curata da Dejan Sudjic inquel di Venezia.

Quella del 2002 era stata annunciata co-me la biennale del futuro più prossimo, delcosa e del come costruire: enfatizzando laqualità delle forme e dei materiali; favoren-do lo sviluppo di nuove qualità tattili e visi-ve frutto di una simbiosi tra i nuovi mate-riali e le nuove tecniche costruttive. UnaBiennale che puntava l’interesse più alleopere che agli autori: 150 progetti di recen-te o prossima realizzazione, suddivisi in10+1 sezioni tipologico-tematiche1, descrit-ti con modelli/plastici, disegni/render edimmagini, corredati talvolta da dettagli inscala reale realizzati con i materiali previstiin fase esecutiva. A differenza della prece-dente edizione, curata da MassimilianoFuksas2, in cui le rappresentazioni fantasti-che e virtuali delle tecnologie interattive, av-vicinavano l’Architettura alle Arti Visive;quella appena conclusasi doveva apparirenelle intenzioni degli organizzatori concre-ta, coinvolgente, semplice e accessibile atutti: non soltanto agli “specialisti dell’ar-chitettura”. Tuttavia, dal momento che perdare motivazioni concrete ad un’architettu-ra il progettista non può permettersi di tra-scurare l’etica, ritengo che la Biennale diSudjic imperniata su progetti concreti e su-scettibili di critica sia la naturale conseguen-za di quella di Fuksas che auspicava l’affer-mazione dell’etica sull’estetica.

In un percorso quasi salottiero (specie al-l’Arsenale), scandito da plastici bellissimi,l’attenzione è stata posta sulla concretezza esul recupero del fare architettura: è statabandita, salvo rare eccezioni, l’architetturaaccademica contaminata da schemi, regolee codici; a vantaggio di una architettura chepur senza essere arte né immagine è co-munque ricca di contenuti3.

Toyo Ito e Alvaro Siza Vieira sono statieretti a simbolo di questa architettura e diquesta Biennale4: il primo rappresenta atutt’oggi la massima espressione di ricercaarchitettonica (sue sono opere innovativequali la “White U” del 1976, la “Torre deiVenti” del 1986 nonché la recente “Media-teca di Sendai”)5; mentre il secondo è ilfrutto di una combinazione vincente dimetodo, attitudini e cultura che ha dato vi-ta ad una architettura semplice e rigorosa-mente geometrica, il cui minimalismo eco-nomico dei mezzi espressivi dialoga critica-mente con la tradizione architettonica con-temporanea.

Due espressioni di individuali filosofieprogettuali, due facce della stessa medagliache però, in qualche modo, sottolineano illimite di questa Biennale: non c’è stata unapresa di posizione netta e critica, si passavadal minimalismo ipertecnologico e pseudorazionalista di Renzo Piano6 alle soluzioniarchitettonico-concettuali di Peter Eisen-man7, frutto di osservazioni filosofiche sullecellule, gli atomi, le forme complesse gene-rate dai calcolatori, sulla geometria non eu-clidea e quant’altro.

Ed è così che lungo il percorso dell’Arse-nale prima e dei Giardini poi, da cosi tantaconcretezza è scaturita in me una disorien-tante sensazione di incertezza: troppe pro-poste e troppi linguaggi incomunicanti, cia-scuno dei quali rivendicava per sé il valoredella qualità, prodotto di un pensiero eclet-tico che ricorre, a seconda dei casi, all’ap-profondimento di aspetti tematici conte-stuali(un nuovo rapporto tra paesaggio, na-tura ed ecologia), funzionali (il cambiamen-to da una società industriale a una della co-municazione), o tecnologici (le tecnologiedigitali al servizio di progetto, costruzione egestione di un progetto).

“[..]L’avvio del nuovo secolo non ha pro-dotto nuove certezze; semmai ha reso piùevidente la mancanza di punti di riferimen-to ereditata dalla fine del secolo delle ideo-logie. L’esposizione della Biennale, facendo-si interprete della realtà della produzioneedilizia, denuncia un sentimento di attesa edi ricerca di segnali di direzione nelle coseconcrete che vediamo attorno a noi. Pro-

prio perché domina l’incertezza, l’attenzio-ne viene posta sulla concretezza [..]”8.

C’erano quasi tutti9, dai veterani alle gio-vani promesse ormai affermate: da RichardMeier a Richard Rogers, da Arata Isozaki aUshida Findlay, folte rappresentanze di in-glesi, statunitensi, spagnoli, tedeschi, fran-cesi, austriaci, australiani e di… italiani.Sembrava di sfogliare, prendendo a prestitoun’affermazione del prof. Fulvio Irace su“ABITARE” n.° 421/2002, un “catalogodel già visto” che, accentuando lo scopo do-cumentaristico, agevola l’attenzione e ilcoinvolgimento di un vasto pubblico, nonnecessariamente fatto di architetti e cultoridella materia10, e innesca la “miccia” del di-battito11. Se queste, come risulta dalle di-chiarazioni del curatore, erano le intenzioni,bisogna riconoscergli di esservi riuscito: laBiennale ha raggiunto le 101.693 presenzein sole 8 settimane12; e quanto al dibattito /scontro questo non è mancato soprattuttoda parte degli addetti ai lavori!!

Per i più è stata una Biennale acritica in-centrata su delle “non scelte”, che ha “spo-gliato” l’architettura della sua competenzacritica, riducendola ad una sterile classifica-zione sequenziale di tipologie13 prive diun’anima.

Poche le novità esposte, soprattutto per i“professionisti” che hanno tuttavia potutoammirare/visionare splendidi plastici, adat-ti si a “mostrare cultura”, ma da soli insuffi-cienti a “farne”. Ho inoltre avuto la sensa-zione che la Mostra andasse in direzioniopposte a quelle auspicate da Boris Podrec-ca14 in un’intervista apparsa sul n.° 166 di“l’ARCHITETTO”15; passeggiando lungol’allestimento si percepiva la “presenza” divari linguaggi che per semplicità potrem-mo schematicamente ricondurre a due:quello formale/geometrico e quello infor-male/decostruttivista.

Il primo linguaggio, basato sulla geome-tria dell’ordine, sul simbolismo di una for-ma marcatamente predefinita e riconoscibi-le dove i rapporti hanno un senso compiu-to, che attinge linfa vitale dai Maestri delpassato (Mies van der Rohe, Le Courbusier,Louis Kahn), era ampiamente riconoscibilein architetture quali: la “palazzina residen-ziale a Roma” di Arata Isozaki, costituita

da una base in bugnato su cui “galleggia” uncubo neoplastico in travertino appoggiatosu 4 cilindri in vetro; la “Sede Centraledella Banca lombarda a Brescia” di Vitto-rio Gregotti16, in cui la monumentalità del-l’edificio è il risultato della combinazionetra forme semplici (il cubo di 50 metri dilato della struttura generale e il tronco di pi-ramide delle sale riunioni in esso contenu-to) che danno luogo a una corte pubblicacoperta e a spazi vuoti che attraverso il ve-trocemento snelliscono la struttura generaleaccentuando la trasparenza; la “Fondazioneper l’arte contemporanea Francois Pi-nault a Parigi” di Tadao Ando, una “navespaziale sull’acqua” costituita da una base sucui “galleggiano” le gallerie in materiali leg-geri sostenute da un sistema a griglia chedefinisce un’intermedia piazza aperta; il“Museo d’arte moderna di Fort Worth”dello stesso architetto, in cui il purismo for-male di rettangolari volumi in calcestruzzodisposti parallelamente si combina con latrasparenza dei rivestimenti in vetro (undoppio strato che dà luogo a un diaframmain grado di far interagire l’interno con l’e-sterno); il “Negozio Christian Dior diTokyo” di Kazuyo Sejima+Ryue Nishi-zawa/SANAA, un parallelepipedo a basetrapezoidale con piani di altezza variabileche danno luogo ad una “stratificazione ver-ticale” avvolta da superfici vetrate costituiteda pannelli illuminati trasparenti simboleg-gianti la canage del marchio; la “Sede Cen-trale della Hearst Corporation a NewYork” di Foster & Partners, una Torre tra-sparente di 42 piani che va a sormontarsi,con una struttura completamente indipen-dente in acciaio inossidabile, ad un edificiodi 6 piani preesistente; l’ “Hotel a Barcello-na” di Dominique Perrault, un’edificio co-stituito da un cubo che dialoga con la “cittàorizzontale” affiancato a un parallelepipedoche (accentuando lo slittamento di mezzaporzione longitudinale verso il cielo) si oc-cupa di dialogare con la “città verticale”, iltutto rivestito con pannelli macroforati inalluminio anodizzato in grado di garantiregiochi di luce d’effetto; ecc.. .

Al secondo linguaggio, basato su formefluide e aperte, su una complessa frammen-tarietà e su una progressiva mutazione degli

albertozanardi

next... or not... next?this is the question!

Sede Centrale di una banca diSingapore

Drugstore Publicis di Parigi

Museo del mondo ellenico di Atene

Sede Centrale del New York Times

Praterstern di Vienna

Ampliamento del Museo di Denver

Palazzina Residenziale a Roma

Biblioteca di Torino

Page 5: Arch 61

architetti verona - n° 61 15architetti verona - n° 6114

archetipi classici, hanno attinto altre archi-tetture, tra queste mi vengono in mente: il“Museo d’arte moderna a Graz” delGruppo Spacelab, due gallerie corrispon-denti a due piattaforme sospese e avvoltetutt’intorno da un rivestimento curvo in fo-gli opachi o trasparenti rettangolari di acrili-co blu, sostenuti da una struttura reticolarein acciaio che permette (tramite trasparenzee/o bocchettoni posti sulla sommità) alla lu-ce naturale di filtrare all’interno; l’ “Am-pliamento del Museo di Denver” di Da-niel Libeskind, la cui forma vagamente si-mile a quella di una gemma irregolare favo-risce il dialogo con il paesaggio circostante;il “Museo del mondo ellenico di Atene”degli Anamorphosis Architects, dove evolu-zione della civiltà greca e concezione archi-tettonica, materiale storico e forma del mu-seo, fondendosi danno luogo ad un unicumspaziale; il “MIT Computer Science nelMassachusetts” di Frank O. Gehry, simbo-lo di una complessità magmatica che utiliz-za acciaio inossidabile e alluminio vernicia-to (lucidità-riflettenza), mattoni (opacità) evetro (trasparenza) per i suoi rivestimenti; la“Biblioteca di Torino” di Mario Bellini As-sociati, caratterizzata da superfici vetratecontinue e sinuose che con un andamentoondulato delimitano ora i contorni grado-nati longitudinali, ora il “vortice ascenden-te” della torre angolare; il “BMW Welt aMonaco” di Coop Himmelb(l)au, dove latrasparenza della facciata evidenzia il con-nubio tra il rigore strutturale e la fluiditàscultorea del progetto; il “Centro Congres-si Italia dell’EUR a Roma” di Massimilia-no Fuksas17, una provocazione in cui le li-nee semplici pseudo razionaliste di un invo-lucro traslucido alto 36 metri si fondonocon quelle fluide e complesse di una nuvoladi acciaio e teflon che accoglierà un audito-rium e sale riunioni e sarà sospesa all’inter-

no dell’involucro grazie ad una maglia dinervature in acciaio; ecc… .

In entrambi i casi, da quello che si è vistoa Venezia, il futuro sembra riservarci unamaggior attenzione per il rivestimento;un’evoluzione qualitativa della “pelle” deinostri edifici: nuove tecniche costruttive enuovi materiali, associati a un minor rigoregeometrico, daranno vita a nuove caratteri-stiche tattili e visive.

È quello che si è, per esempio, verificatoper il “Grattacielo-Alberghi e centro dire-zionale di Porta Susa a Torino” di BorisPodrecca (un piedistallo direzionale su cuipoggia una Torre/Alberghi di 160 metri, lacui struttura in c.a. a pianali sporgenti è ri-vestita da una doppia membrana termicacostituita da una lamina plastica trasparenteo traslucida in abbinamento con una rete arombi in profilato metallico bronzato); peril “Museo d’arte africana di New York” diBernard Tschumi Architects (uno spaziochiuso fluido in legno scuro all’interno diun involucro in vetro allineato alle preesi-stenze); per la “Torre Agbar a Barcellona”di Jean Nouvel (un’estrusione vitrea e fluidache, giocando su un abile miscuglio di colo-ri, luminosità e sfumature, evoca la traspa-renza dell’acqua di un geyser); per la “Torredella stazione di Kowloon a Hong Kong”di Kohn Pedersen Fox Associates (un rive-stimento in vetro e metallo che, coronandole quattro facciate con sporgenze ornamen-tali e ripiegamenti degni di un fiore chespunta dal suolo, accentua sensazioni di leg-gerezza, dissolvenza e lucentezza); perl’”Appartamento su più piani a Vienna”di Delugan-Meissl Architects (un edificio“bivalente” di 99 metri con i prospetti suded ovest, aperti e estroversi, circondati dauna fascia balconata larga 1,8 metri limitataesteriormente da un rivestimento in vetrosostenuto da un’irregolare griglia basata sul-la combinazione di un sistema modulare adelementi curvi ed interiormente da una fac-ciata in vetro che mescola le trasparenze vi-tree alle opacità degli accessi, mentre i pro-spetti nord ed est offrono un “volto” chiusoe introverso); per la “New York House” diRichard Meier & Partners (un rivestimentoin vetro protetto da persiane stratificate invetro semitrasparente sul lato meridionale eun graticcio in tubi in acciaio inossidabilesulle facciate occidentale e orientale, rico-prono un volume semplificato a triplice al-tezza in cui la luce naturale da vita a rifles-sioni e rifrazioni degne di una galleria d’ar-te); per l’ “Idea store di Londra” di Adjaye& Associates (dove una parete divisoria co-stituita da un sistema sequenziale alternatodi pannelli in vetro colorato e in alluminiorivestito in vetro, delimita le facciate di unedificio trasparente che dialoga con lo spa-

zio circostante); per la “Sede Centrale diuna banca di Singapore” dei SOM (unafacciata a doppio rivestimento in vetro tra-sparente riveste una struttura reticolare inacciaio creando, lungo il perimetro dell’e-dificio, una zona “cuscinetto” con aria cir-colante larga 1 metro che, simulando una“vetrocamera”, garantisce efficienza energe-tica e isolamento dall’umidità marina cir-costante); per il “Drugstore Publicis diParigi” di Michele Saee Architect (la fac-ciata dell’edificio originario da rinnovare èavvolta da una serie di schermi curvi in ve-tro che contrastano con le colonne e la gri-glia a specchi preesistenti); per la “Citta-della della Giustizia di Barcellona” diDavid Chipperfield Architects (otto edificia forma parallelepipeda collegati da unatrio attrezzato, le cui facciate a doppiostrato sono rivestite da fasce orizzontali divetro policromo a spessore variabile in fun-zione della destinazione degli spazi interni);per l’ “Edificio federale di San Francisco”dei Morphosis (un grattacielo completa-mente inguainato da uno schermo solareperforato di forma ondulata posato a suavolta su una superficie in vetro, dove iprincipi dell’edilizia sostenibile si coniuga-no con quelli economici e produttivi); eper molti altri esempi tra l’innumerevolevarietà di proposte presenti all’esposizione.

In antitesi con il titolo scelto per la Mo-stra, la partecipazione italiana sembravaguardare più al presente che al futuro piùprossimo: pochi nomi noti di indiscutibilevalore che da svariati decenni dominano (aragione) il panorama architettonico dellanostra penisola (Piano, Fuksas, Gregotti,Bellini, Gae Aulenti18 e Piva19) alternati apochissimi outsiders (of course..nel sensopositivo del termine) della nuova generazio-ne (Benedetta Tagliabue20 dell’EMBT Ar-quitectes Associats, Carlo Cappai e Alessan-dra Segantini21, Garofalo Miura22).

In realtà i “giovani architetti” italiani c’e-rano, ma relegati in un angusto spazio/in-stallazione denominato “Lonely Living /L’architettura dello spazio primario”: un al-lestimento collettivo dedicato al tema della“dimensione sociale del costruire”, attraver-so 20 architetture di altrettanti architetti(?)23 realizzate in scala reale e con il medesi-mo materiale (pannelli in truciolare) su unapiattaforma in pietra e acciaio posta in un’a-rea recintata nel bel mezzo dei Giardini.

Sinceramente credo che iniziative comequeste, che spacciano per culturali opera-zioni con subdole finalità di sponsorizzazio-ne personale e “promozione gratuita” e im-motivata dell’architettura italiana, siano dadeprecare. Utilizzando le parole di PippoCiorra apparse su “COSTRUIRE”n.°23524: “[..] L’episodio di Lonely Living”

ha molte aggravanti, dal tema “sociale” rab-berciato e poco credibile all’autoconfina-mento in un “ghetto” recintato ai Giardini,all’ennesima ricaduta in un approccio steri-le e improduttivo al concetto di installazio-ne “a Tema” [..]”.

Di ben altro spessore l’iniziativa degliolandesi (premio speciale per il miglior pa-diglione) che, fedeli a quello che doveva es-sere lo spirito della 8^ Biennale, hanno da-to spazio a 5 architetti under 40 vincitoridel 1° premio biennale NAI (NetherlandsArchitecture Institute): in una teca - vago-ne trasparente a sezione ellittica di Her-mann Hertzberger erano esposti modelli,disegni e oggetti di giovani e innovativi ar-chitetti olandesi25.

Ma si può guardare al futuro rinnegandoil passato, o peggio ancora oscurando il pre-sente? Credo di no, e credo che in parti lopensi anche il curatore dell’ultima Mostra:“[..] Nel 1980 la prima Biennale d’architet-tura, intitolata “La presenza del passato”26,aveva costituito un punto di partenza, in-fluendo sulla cultura architettonica deglianni seguenti attraverso la ridefinizione intermini critici del rapporto tra architettura estoria. Oggi non è facile trovare un indiriz-zo teorico unico così forte. Il fatto di rivol-gersi al futuro più prossimo, next appunto,non significa rompere con il passato: lanuova Biennale deve essere costruita in con-tinuità con quelle precedenti per dare all’e-vento un futuro continuo [..]”27.

Esempio di un passato recente mal inter-pretato sull’onda emotiva di quanto acca-duto l’11 Settembre 2001 è certamente lamostra/sezione dedicata alla “Città delleTorri” in quel delle Corderie; in cui ci si sa-rebbe aspettati maggiore tensione morale eminor indifferenza alle reali implicazionisociali di un linguaggio architettonico chelo stesso Sudjic definisce “in crisi”, e che quisembra venire banalmente impiegato per fi-ni edo - consumistici quali la realizzazionedi un “servizio da tè e caffè”.

Decisamente più indovinato è lo spazio“The World Trade Center: Past, Present,Future” del Padiglione statunitense, che af-fronta in modo ambivalente e costruttivol’evento: sottolineandone sia l’aspetto emo-tivo (con un commosso e drammatico reso-conto per immagini del fotografo JoelMeyerowitz); sia quello tecnico (con i pro-getti presentati nel Marzo 2002 alla MaxProtatch Gallery di New York).

Per finire un esempio di un passato maidimenticato, ancor oggi rimpianto e in gra-do forse di indicare la “direttrice” del futu-ro: la selezione di disegni originali per i Pa-diglioni della Biennale di Venezia progettatie realizzati dal compianto Carlo Scarpa28,ed esposti al Padiglione Venezia.

Centro Congressi Italia dell’EURa Roma

New York House

Sala Concerti di Matsumoto inGiappone

Idea store di Londra

Casa dello studente, Venezia

Parlamento scozzese di Edimburgo

Sede centrale della HearstCorporation, New York

MIT Computer Science nelMassachusetts

Museo d’arte africana di New York

Page 6: Arch 61

architetti verona - n° 61 17architetti verona - n° 6116

1• La mostra è stata sviluppata principal-mente nelle due sedi storiche dell’Arsenale edei Giardini. In particolare negli spazi sug-gestivi e trasudanti storia dell’Arsenale sonostate allestite 10+1 sezioni per altrettanti te-mi architettonici: Abitazione, Musei, Inter-scambio, Formazione, Torri + Città delleTorri, Lavoro, Negozi, Spettacolo, Chiesa eStato, Piani regolatori urbanistici. Ai Giar-dini di Castello, all’interno del PadiglioneItalia completavano la mostra alcune operespecifiche e Piani urbanistici in larga scalain fase di realizzazione in Italia; nonché ope-re di Paesi privi di padiglione (Argentina,Cile, Irlanda, Messico, Portogallo, Repub-blica di Lettonia, Ucraina); mentre all’inter-no degli altri padiglioni hanno trovato postointeressanti partecipazioni nazionali. 2• Massimiliano Fuksas è stato direttoredella 7^ edizione della Biennale di architet-tura di Venezia: “Città: less Aesthetics, moreEthics”, 18 Giugno - 29 Ottobre 2000.3• Dello stesso avviso non sembrerebbe es-sere Gae Aulenti che sulle pagine dell’inser-to dedicato alla Biennale dal Corriere dellaSera, pur apprezzando la concretezza dell’e-sposizione, riduce l’architettura contempo-ranea ad architettura che vuole stupire e se-durre senza avere contenuti:”[..] apprezzo lasottolineatura dell’architettura come fattoconcreto, collettivo e non comunicazionale.[..] Deyan Sudjic ha usato il termine “con-cretezza” e ha esplicitamente dichiarato che“l’architettura non è una religione privata eva fatta rientrare in un circuito più vasto,come accade per l’arte o il cinema”. Ecco,quest’idea di lavorare sul concreto e non sul-la comunicazione virtuale mi trova d’accor-do.[..] L’architettura sta. [..] Non è nellemode o nella sperimentazione tecnologicafine a se stessa che l’architettura del futurotroverà la propria salvezza [..]. La domandache ci poniamo in questi anni rispetto all’ar-chitettura è: possono essere le nuove archi-tetture solo strumenti di seduzione?”.4• A Toyo Ito è andato il Leone d’oro allacarriera; mentre ad Alvaro Siza Vieira è statoassegnato il Leone d’oro per il miglior pro-getto con la “IBERÈ Camargo Foundationdi Porto Alegre (Portogallo)”.5• Le architetture con cui Toyo Ito ha parte-cipato alla recente Biennale sono: la “Gro-ningen House in Olanda” (edificio collocatoin un contesto caratterizzato da tradizionaliarchitetture in mattoni, la cui facciata è rea-lizzata con materiali leggeri e trasparentiquali l’alluminio e il vetro); una ipotetica“Torre di 100 piani” per la sezione “Cittàdelle Torri”; il “Mahler 4 Blocco 5 ad Am-sterdam” (una Torre per uffici di 35 pianicaratterizzata da 8 spazi vuoti che attraversa-no senza interruzioni i vari piani apportan-dovi luce ed aria, la cui superficie esterna ècaratterizzata dall’alternanza dei pannelli inalluminio alle fasce orizzontali in vetro); la“Sala Concerti di Matsumoto in Giappone”(un’opera costituita da una sala principale

per spettacoli lirici attorniata da una salapiccola e da alcune sale prove di varie di-mensioni, caratterizzata da un’immaginespaziale indefinità conseguenza di un abiledosaggio di scene sequenziali, luce e mate-riali come il cemento armato forato e rinfor-zato con fibra di vetro); il “Parco per il relaxdi Torrevieja a Valencia” in Spagna (tre bloc-chi a forma di conchiglia, con struttura spi-raliforme costituita da barre d’acciaio e arca-recci in legno, vengono adagiati su una col-lina sagomata alla maniera delle dune disabbia tipiche della zona).6• Renzo Piano era presente alla Biennale2002 con: “Sede Centrale del New York Ti-mes” a New York.7• P. Eisenman Architects era presente allaBiennale 2002 con: “Città della Cultura aSantiago de Compostela” in Galizia.8• Tratto da: “Next: il futuro dell’architettu-ra mondiale, una frammentata concretezza”di Giorgio Sparisi in AIDANEWS - RivistaCulturale di Diritto dell’Arte, 2002.9• Tra gli assenti si sentiva a mio avviso lamancanza di un “maestro” come l’olandeseRem Koolhaas, la cui influenza sull’approc-cio progettuale era comunque ben visibile inmolte opere presenti alla Biennale: una fratutte l’ “Eyebeam School a New York” diDiller & Scofidio. 10• “[..]Alcuni giornalisti mi hanno chiestose la Biennale sia per il grande pubblico: horisposto loro che alla partita di calcio vadose sono tifoso di una squadra. Qui viene chiè interessato all’architettura. Ho riscontratotuttavia una maggiore attenzione generaleper l’architettura…”; tratto da: “La semanti-cità dell’architettura” - conversazione conFrancois Burkhardt, direttore della rivista“CROSSING”, in “l’ARCHITETTO”-Mensile del Consiglio Nazionale degli Ar-chitetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conser-vatori n.° 166 del 05/’02, p.21. 11• “[..] ritengo che sia sempre possibileparlare e comunicare a livelli diversi, ed èimportante saperlo fare. [..] Credo che sianecessario conciliare le due diverse esigenzedi accessibilità a un vasto pubblico e di au-torevolezza nei confronti di una platea “spe-cializzata” che vede nell’appuntamento diVenezia un momento importante di con-fronto e di dibattito, oltre che di anticipa-zione. [..] La mia intenzione è quella di pro-porre una Biennale molto “semplice”, stret-tamente basata sull’architettura nel sensopiù tradizionale, legata alla “professione” ealla “produzione”, ma che solleciti il dibatti-to anche su un fronte sociale, filosofico…”;tratto da: “Next: Cento progetti per i prossi-mi dieci anni” di Alessandro Martini, in “ILGIORNALE DELL’ARTE” n.°207 del Feb-braio 2002, p.10. 12• Si tratta del record assoluto mai rag-giunto nella storia ventennale della manife-stazione veneziana, con un incremento del44% rispetto ai 70.690 visitatori dell’ultimaMostra del 2000 che rimase aperta per ben

16 settimane (dati ottenuti dal sito ufficialedella manifestazione).13• “[..] Non mi trovo molto d’accordo suldividere la mostra per tipologie.”, afferma-zione di Vittorio Gregotti apparsa su “ILGAZZETTINO”.“[..] Non a caso la formula adottata daSudjic è quella della selezione antologica cheriassume l’architettura in un compatto cata-logo di dieci tipologie rispolverando un me-todo di classificazione che sembrava ormaimesso completamente fuori uso dal pensierocritico della complessità e della inesorabileerosione dei concetti tradizionali di tipo, diluogo e di scopo.”, affermazione del prof.Fulvio Irace apparsa su “IL SOLE 24 ORE”.14• Boris Podrecca ha partecipato alla Bien-nale 2002 con 3 progetti: il “Grattacielo-Al-berghi e Centro direzionale di Porta Susa aTorino”; il “Praterstern di Vienna”; il “FerryTerminal and Congress Centre di Trieste”.15• “[..] Penso inoltre che tutta l’Europasenta il bisogno dicotomico di identificarsiin un linguaggio comune, [..] Questo in ar-chitettura significa la fine del razzismo deglistili: io sono decostruttivista, tu sei minima-lista, tu sei postmodernista. Di questo nonparliamone più sono le riviste a parlarne,perché devono vendere, ma questo non faparte del discorso europeo”, affermazionetratta da “Archicultura” intervista a BorisPodrecca, in “l’ARCHITETTO” - Mensiledel Consiglio Nazionale degli Architetti,pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, n.°166 del 05/’02, p.23.16• Vittorio Gregotti ha inoltre partecipatoalla Mostra con: “Sede Centrale della Pirelli,Bicocca, Milano”.17• Massimiliano Fuksas ha inoltre parteci-pato alla Mostra con: “Emporio Armani,Hong Kong”.18• Gae Aulenti ha partecipato alla Mostracon: “Dante Subway Station, Naples”.19• Paolo Piva ha partecipato alla Mostracon: “Villa, Cap Bernat” e il “Parco scienti-fico tecnologico, Mestre, Venezia”.20• Benedetta Tagliabue/EMBT ArquitectesAssociats ha partecipato alla Mostra con:“Parlamento scozzese di Edimburgo” e l’“Istituto Universitario di Architettura, Ve-nezia”.21• Carlo Cappai e Alessandra Segantini /C+S Associati hanno partecipato alla Mo-stra con: “Casa dello studente, Venezia”.22• Garofalo Miura ha partecipato alla mo-stra con: “Chiesa di Santa Maria delle Gra-zie, Roma”.23• Sul catalogo ufficiale stampato dallaMarsilio sono elencati 19 Espositori: 5+1architetti associati, Archea, C+S associati -Cappai & Segantini, Alberto Cecchetto,Alfonso Cendron, Cristofani e Lelli, NicolaDi Battista, Elio di Franco, Mauro Galanti-no, Vincenzo Melluso, Netti Associati, Pie-tro Carlo Pellegrini, Renato Rizzi, Italo Ro-ta, Beniamino Servino, Seste Studio Asso-ciato, Studio Bruno - Fioretti - Mmarquez,Werner Tscholl, Cino Zucchi.Il 20° espositore nelle intenzioni dei selezio-natori (Dejan Sudjic, Sebastiano Brandolini

e Giovanni Leoni) doveva essere StefanoBoeri che con una lettera resa pubblica onli-ne (datata 10 Luglio 2002) ha, declinandol’invito, rinunciato a partecipare all’evento:“[..] si parla di un allestimento collettivo de-dicato al tema della “dimensione sociale delcostruire” e delle forme temporanee dell’abi-tare nella città contemporanea. Tema crucia-le, che però non vedo come possa essere de-clinato nei vincoli decisi per l’installazione(modulo base mq. 5x5, altezza massima me-tri 4, una griglia di 20 moduli, unico mate-riale disponibile i pannelli in truciolare di le-gno ricomposto…). Gli spazi e gli oggettitemporanei nelle città odierne sono infatti ta-li soprattutto perché sono mobili, si sposta-no, si insinuano nelle pieghe dello spazio [..]perché prodotti e gestiti da una moltitudinedi soggetti diversi…disinteressati a condivi-dere alcunché, tantomeno un unico materialecostruttivo [..]. È semmai il bricolage, la libe-ra composizione di materiali elementari o se-milavorati a plasmare l’individualismo noma-de e sfrenato che nutre i chioschi commercia-li [..] ricostruire “in vitro” una porzione dispazio nella quale addensare spazi di solitudi-ne coatta…rischia davvero di essere una cari-catura degli orrori nascosti dietro ai cancelli ealle telecamere dei “villaggi residenziali” o deicentri di “accoglienza” per immigrati extraco-munitari. [..] se ci manca un progetto cultu-rale chiaro e di alto profilo, se ci manca lacondivisione esplicita di un approccio versol’architettura; se - soprattutto - ci manca iltempo per elaborare una proposta convincen-te, perché presentarsi insieme alla prossimaincombente Biennale? Credo, in tutta since-rità che essere architetti/italiani/di mezza età,non sia sufficiente a costituire una coalizionesignificativa nella comunità internazionale. Esentirsi “giovani”, quando non è più un datoanagrafico, rischia di essere solo una pateticaammissione di debolezza”.24• Tratto da: “It. parade offresi - Selezionato-ri in campo” di Pippo Ciorra in “COSTRUI-RE” n.° 235 del Dicembre 2002, p. 63.25• Si tratta di: Korteknie & Stuhlmacherarchitects, MVRDV, NL Architects, Renévan Zuuk, VMX Architects.26• La 1^ edizione fu fortemente caratteriz-zata dalla mostra “La Strada Novissima” cu-rata da Paolo Portoghesi, in cui la presenzadell’opera era testimoniata da installazionied effimere scenografie che rappresentavanol’idea stessa di architettura.27• Tratto da: “Next Architettura - Intervi-sta al curatore Dejan Sudjic” di FedericoBucci e Luisa Ferro, in “COSTRUIRE” n.°225 di Febbraio 2002, p. 67.28• La mostra “I disegni di Carlo Scarpa.Architetture e progetti per la Biennale diVenezia (1948-1968)” è stata curata dal“Comitato paritetico di studio per la cono-scenza e la promozione del patrimonio cul-turale legato a Carlo Scarpa e alla sua pre-senza nel Veneto”, ed ospitata negli spazi delPadiglione Venezia ai Giardini: 36 disegniautografi in gran parte inediti di 11 progettidi architettura, affiancati da fotografie e au-diovisivi.

Note:

Sede Centrale della Bancalombarda a Brescia

Parco scientifico tecnologico,Mestre, Venezia

Torre Agbar a Barcellona

Torre della stazione di Kowloona Hong Kong

Grattacielo-Alberghi di Porta Susaa Torino

Sede centrale del New York Times

Sede centrale di una bancadi Singapore

Page 7: Arch 61

architetti verona - n° 61 19architetti verona - n° 6118

Sabato 9 novembre 2002, nella salaconferenze dell’Ordine degli Ingegneri invia Leoncino, invitati dall’Agav e con ilpatrocinio del Collegio degli Ingegneri edegli Architetti di Verona, sono interve-nuti gli architetti Carlo Cappai e MariaAlessandra Segantini, due progettistiemergenti sicuramente protagonisti deldibattito architettonico che si delineerànei prossimi anni.

Carlo Cappai, figlio d’arte e MariaAlessandra Segantini, architetto capace edesuberante, fondatori dello studio C+SASSOCIATI, durante la conferenza han-no illustrato alcune delle loro più recentirealizzazioni, tra le quali il complesso sco-lastico da poco ultimato a Caprino Vero-nese.

Nonostante la giovane età, essi si dimo-strano architetti di carattere; possiedonoindubbie doti progettuali e li contraddi-stingue una dinamicità che li ha portatinegli ultimi anni a vincere vari concorsidi architettura, a collezionare vari premi emenzioni, a pubblicare sulle maggiori ri-viste specializzate e ad esporre alcuni la-vori nell’ultima edizione della Biennale diarchitettura di Venezia.

I progetti mostrati durante la conferen-za, come più volte ha ribadito ancheAlessandra Segantini, evidenziano una ar-chitettura introversa, cioè rivolta versol’interno: tanto semplice, lineare e rispet-tosa del contesto esternamente, quantocomplessa, ricca e fantasiosa all’internodell’edificio. Per i due architetti, che vivo-no e lavorano a Venezia, ogni progettorappresenta comunque l’occasione per“ripensare una porzione di città” - il pro-getto è concepito come un intervento che

ha quindi una valenza urbana - pur man-tenendo un doveroso rispetto per il con-testo con cui si trovano ad interagire.

Le loro architetture semplici e lineari si“permettono esternamente solo minimevibrazioni” dovute all’uso dei materiali eal sapiente utilizzo della luce che creasuggestivi chiaroscuri, movimenti imper-cettibili in prospetti che potrebbero pas-sare inosservati, se non fosse per l’elegan-za e la rigorosità che li contraddistingue.

Nei progetti, ma soprattutto negli edi-fici realizzati da C+S ASSOCIATI si evi-denzia l’inclinazione dello studio allacontinua ricerca dei materiali, nonchèdella soluzione tecnicamente più appro-priata al caso specifico, senza cadere nellatrappola della ripetizione: una ricerca tec-nica e tecnologica che accompagna, asse-conda e integra quella compositiva. Il lin-guaggio architettonico di Carlo Cappaied Alessandra Segantini può essere identi-ficato, perciò, nei seguenti punti: rispettoper il contesto urbano ed architettonico e“umiltà del progetto”, che non deve esse-re invasivo imponendo nuove forme altessuto urbano esistente, bensì concepitocon “saggezza” per instaurare un dialogosinergico con il contesto, un rapporto dicontinuità, un unicum quindi e non unadissonanza; inoltre ricerca delle forme edei materiali presenti storicamente nellacittà, testimoni dell’architettura del luo-go; il tema della superficie è ricorrente, lafacciata tramite variazioni impercettibilivibra, da rappresentazione piatta divieneforma tridimensionale; La trasformabilitàdegli edifici, il loro cambiamento diaspetto tra il giorno e la notte, ottenutocon un appropriato uso della luce, sia essa

naturale o artificiale, che li rende vivi emutevoli come la società in cui sonoproiettati, che è in continua evoluzione;complessità degli spazi interni, articolati,moderni, efficienti, funzionali: comples-sità che si ottiene anche con l’uso dellaluce, che crea e modella lo spazio (utilizzodi ampie vetrate, lucernari, ecc.).

Le opere presentate durante l’incontrosono: il complesso scolastico di CaprinoVeronese, le residenze per studenti a Mu-rano, i 12 alloggi popolari a Marcon, ilprogetto per la realizzazione di alcuni edi-fici residenziali nell’area ex-Novoli a Fi-renze, lo studio di un padiglione per larecente Biennale di Venezia ed, infine, ilrestauro di una fortificazione a pianta cir-colare situata nell’isola di Sant’Erasmo,nella laguna veneziana.

C+S ASSOCIATI si occupa, come piùvolte hanno ribadito Carlo Cappai edAlessandra Segantini, di tutte le fasi checostituiscono il progetto, dalla fase preli-minare a quella esecutiva, dalla direzionelavori o artistica - a seconda degli incari-chi -, alla stesura dei computi metrici, fi-no alla verifica della sicurezza nel cantie-re, al fine di esercitare un controllo piùefficace sul processo di realizzazione diqualsiasi edificio, progettato dallo studio.

I relatori, come abbiamo già anticipatoinizialmente, durante il dibattito finalesono riusciti ad instaurare con gli interve-nuti un rapporto informale e di compli-cità, garantendo un libero scambio diopinioni ed affrontando con semplicità eschiettezza, stimolati anche dalle moltedomande, le problematiche strettamentecollegate alla professione dell’architetto,servendosi della propria esperienza pro-fessionale di giovani architetti e portan-dola come esempio, per meglio risponde-re ai quesiti proposti. Durante il dibattitosi è parlato a ruota libera di molteplici ar-gomenti, tutti attinenti alle problemati-che professionali ed al rapporto tra l’ar-chitetto e la società in cui vive e lavora: siè discusso, quindi, della legge Merloni,dell’evoluzione della professione dell’ar-chitetto - dalla ormai lontana figura “del-l’architetto artigiano” all’associazionismo,alla creazione cioè di grandi gruppi di la-

voro, all’interno dei quali ogni professio-nista può apportare il proprio contributoe solo così probabilmente assicurarsi lapossibilità di essere competitivo; si è par-lato di concorsi di architettura, di idee,realizzati e non, si è discusso di ammini-strazioni pubbliche, di privati, della dif-fusione della cultura architettonica, dellapreparazione universitaria, della genera-zione di architetti e di docenti che ci hapreceduto e altro ancora …

Per meglio illustrare quanto discussonel dibattito, ritenendo ciò che è statodetto molto importante per la formazio-ne di un buon professionista, abbiamochiesto ad Alessandra Segantini di riassu-mere la sua opinione in una serie di rifles-sioni, alle quali vi rimandiamo per ap-profondire quanto qui è stato solamenteaccennato.

Bibliografia

C. Cappai, M.A. Segantini, Residenze pubbli-che in Veneto, in «Spazio e Società» n. 81,gennaio-marzo 1998, pp. 90-93.M. Mulazzani e M. Reboli, a cura di, Residen-ze pubbliche a Marcon, Venezia, in «Alma-nacco di Casabella. Giovani architetti italiani97-98», Milano 1998, pp. 55-57.AA.VV., La ville sur la ville, Europan 4, cata-logo della mostra, Graz 1996.M. De Michelis, a cura di, Venezia La Nuovaarchitettura, Ginevra-Milano, 1999, pp. 72-74.AA.VV., La nueva Venecia, in «Pasajes» n. 7,maggio1999, pp. 14-15.M. Mulazzani a cura di, Ampliamento di uncomplesso scolastico a Caprino Veronese, in«Almanacco di Casabella Giovani architettiitaliani 1999-2000», Milano 1998, pp. 52-56.M. Mulazzani, a cura di, Riqualificazionedella scuola media di Caprino Veronese, in«Almanacco di Casabella Giovani architettiitaliani 1999-2000», Milano 1998, pp. 46-49.C.Cappai, M.A. Segantini, La costruzionedella difesa militare della Laguna di Veneziadalla caduta della Repubblica al Regno d’I-talia, in «Dopo la Serenissima. Società, Ammi-nistrazione, Cultura nell’Ottocento Veneto»,Venezia 2001, pp. 513-576.C. Cappai, M.A. Segantini, Next Nest, in:AA.VV., Lonely Living, Milano 2002, pp. 61,82-85, 228AA.VV., Next. 8. Mostra Internazionale diArchitettura, Venezia 2002, pp.164, 165, 188

nicola nicolabrunelli cacciatori

c+s associati: opere e progetti Curriculum Vitae

Carlo Cappai, nato a Venezia (Ita-lia) nel 1966 e Maria AlessandraSegantini, nata a Treviso (Italia) nel1967, vivono e lavorano a Venezia.Svolgono attività di ricerca all’Isti-tuto Universitario di Architetturadi Venezia e per altre istituzioni.Nel 1994 aprono lo studio C+SASSOCIATI.Partecipano a numerosi concorsi diprogettazione ottenendo premi e se-gnalazioni e vincendo i concorsi:• “Opera Prima” per l’ATER di Ve-nezia a Marcon (Venezia), 1994 - 1°Premio, realizzato - Menzione spe-ciale al Premio Cosenza 1998;• Complesso scolastico di CaprinoVeronese - Verona, 1997 - 1° Pre-mio, in corso di realizzazione - Pre-mio Oderzo 2001;• Concorso internazionale in duefasi per la ristrutturazione del com-plesso delle Ex-Conterie a Murano(Ve) da destinare a residenza stu-dentesca - 1° Premio, in corso direalizzazione;• Riuso della Torre del Molino Jollya Castello di Godego (Treviso),1993 - 1° Premio.Per l’ATER di Venezia hanno realiz-zato il progetto per 12 alloggi aMarcon (Venezia) vincitore del con-corso “Opera Prima”, che ha ricevu-to una Menzione alla V edizione delPremio Nazionale di ArchitetturaLuigi Cosenza 1998. Hanno appe-na terminato la riqualificazione edampliamento delle scuole elementa-re e media di Caprino Veronese conil quale hanno vinto il PremioOderzo di architettura 2001 e l’am-pliamento dell’asilo nido Meneghet-ti per il Comune di Mirano (Vene-zia), 1999.Sono in fase di realizzazione:• residenze universitarie per 250 stu-denti a Murano;• restauro e riuso della Torre Massi-miliano nell’isola di Sant’Erasmo; • residenze universitarie per 250 stu-denti nell’area Fiat-Novoli a Firenze;• nuovo Tribunale di Venezia pressola Ex-Manifattura Tabacchi a Piazza-le Roma (Venezia);• caserma e alloggi dei carabinierisu viale Spellanzon a Conegliano(Treviso);• centro culturale del Comune diSelvazzano Dentro (Padova); • centro sportivo e di attrezzature ri-cettivo-alberghiere per il parco delleDolomiti in località Boscherai a Pe-davena (Belluno);• parcheggio interrato e la piazzanell’area Ex-Caserma San Marco aConegliano (Treviso);Hanno esposto alla 8. Biennale diArchitettura di Venezia.I lavori dello studio sono pubblicatiin riviste nazionali ed internazionali.

scuola elementare di CaprinoVeronese (1997)

Asilo nido di Mirano (1999)

Padiglione per l’8a Biennaledi Architettura di Venezia (2002)

Nella pagina successiva: scuolamedia di Caprino Veronese (1997)e complesso ex-conterie aMurano (VE)

Page 8: Arch 61

architetti verona - n° 61 21architetti verona - n° 6120

L’occasione per poter discutere sull’ar-chitettura italiana, sulle sue difficoltà,sulle possibilità di cercarne una nuovaidentità è compito importante che i no-stri amici dell’associazione veronese offro-no in più battute agli architetti italianidelle giovani generazioni.

Importante perché attraverso la discus-sione pubblica sui progetti è possibilemettersi a confronto, lavorare insieme perfar crescere nuovamente nel dibattitoquei temi che sono sottesi al lavoro quoti-diano dentro gli studi di architettura,quei valori, quella qualità che negli ultimianni sono sembrati scomparire dall’archi-tettura costruita, forse solo fossilizzati al-l’interno di teorie mummificate nel di-battito accademico e non sperimentate,se non in pochi e fortunati casi, nei can-tieri, non confrontate con il mercato, conil mondo della produzione.

Per mancanza di occasioni? A causa diun atteggiamento intellettualmente snobe qualche volta anche comodo che ha fat-to preferire l’accademia alla realtà?

Se parliamo di occasioni, il pensiero,abituato ad un mercato privato per lo piùindifferente alla qualità del progetto, allasperimentazione di nuove e contempora-nee ricerche sulle possibilità dello spazio,si sposta sul pubblico e sulle occasioni of-

ferte dai concorsi di progettazione.Di questo mi hanno chiesto di parlare

negli appunti che seguono.La nostra esperienza professionale si av-

via in un periodo di passaggio. Nel 1992,quando abbiamo iniziato, il mondo del-l’edilizia pubblica era organizzato sullacooptazione diretta del professionista,con meccanismi non sempre così traspa-renti. Le vicende che richiamo sono a tut-ti note e la ricerca di nuovi strumenti cheoffrissero garanzie di obiettività nell’indi-viduazione degli incarichi ha guardato asistemi che nel resto d’Europa erano or-mai consolidati. Basti ricordare una pub-blicazione del 1996, dal titolo provocato-rio: Francia 2013 - Italia 10. Non si ucci-de anche così l’architettura?. Natural-mente si parla del numero dei concorsi inquestione. Andate a guardare il concorsoper il polo scolastico nell’area di Piedica-stello a Trento. Il numero e la qualità deipartecipanti ne fa, a mio avviso un casoemblematico di questa necessità di con-fronto, di occasioni, che era sotteso nellanostra professione e stava per esplodere.E poi è esplosa.

Noi siamo cresciuti così. Abbiamo par-tecipato alle poche occasioni che questo‘nuovo mondo’ o meglio quello che noi,con gli occhi di chi si è appena messo ingioco, vedevamo come un mondo nuovo,ci offriva. E, in qualche caso abbiamovinto, a Castello di Godego, a Marcon, aCaprino, a Murano. Vincere per costrui-re, avere la possibilità di sbagliare e impa-rare, da piccoli. Non è così scontato.Questa appariva e appare la vera sfida.Per questa ragione non siamo così con-vinti quando le Amministrazioni Pubbli-che organizzano, solo per raccogliere pro-poste, i concorsi di idee. È spesso unaquestione di responsabilità. Il concorsopuò essere strumentalizzato, può diventa-re oggi uno strumento per non decidere.I suoi risultati non saranno mai verificatidal processo del progetto e della costru-zione, dal confronto con gli enti di con-trollo, dalla ricaduta sugli utenti futuri. Ècome inventare un bellissimo titolo ad unlibro che non abbiamo la volontà o il co-

raggio di scrivere. I tempi. Anche questaquestione è fondamentale. L’apparato bu-rocratico-procedurale in Italia chiede die-ci anni ai più bravi per costruire l’audito-rium di Roma. E intanto i progetti resta-no nei cassetti e sulle scrivanie degli ufficicomunali. Vorrei tuttavia che questi ap-punti non diventassero una frase dellagiaculatoria lamentosa sulla professioneche gli architetti italiani si scambianoquando parlano della loro professione.No. Può e deve essere uno stimolo per la-vorare insieme ad un programma. Unprogramma che deve essere condivisonon solo dagli addetti ai lavori, che devediventare una promessa realizzata per gliabitanti di un piccolo centro. L’architet-tura, attraverso le scelte responsabili deisuoi amministratori, può e deve diventareuno strumento civico. Guardiamo il casodi Caprino Veronese. Il sindaco, unadonna, ci ha chiesto di lavorare per la rea-lizzazione del polo scolastico, subito. Ab-biamo lavorato con lei, nell’obiettivo difar rivivere una parte di città, un obietti-vo anche etico che si era promessa di rag-giungere nel tempo di due mandati am-ministrativi. I tempi, per noi, sono statispesso molto stretti.

Ma ritorniamo alla situazione italiana.I dieci anni trascorsi sono diventati la sce-na di profonde trasformazioni. Oggi iconcorsi, quelli di progettazione, sonomolto numerosi, frequentati e vinti anchedagli stranieri. Personalmente non vedia-mo questo fatto negativamente anzi, cre-do che possa diventare uno stimolo perelevare la qualità anche costruttiva delnostro Paese. Attendiamo che la ‘concor-renza’ raggiunga anche il mondo delleimprese, soprattutto quelle che affronta-no gli appalti di dimensione medio/pic-cola che sono oggi, ancora, uno deglianelli deboli della produzione architetto-nica in Italia. Il rischio esterofilo, per la

nostra generazione, è più sottile invece.In molti casi i modelli stranieri vengonopresi a prestito tout-court nelle soluzioniprogettuali. Tecnologiche soluzioni for-mali lontane da quella ricerca che abbia-mo individuato come orizzonte del pro-blema all’inizio di queste righe. AdolphLoos provocatoriamente indiceva concor-si per mobilieri ed artigiani e non per ar-chitetti. Dentro il mestiere e non fuori.Per cambiare le cose è necessario averne laconsuetudine. Lavorare anche dentro ilmercato, dentro i finanziamenti, dentro ilmondo della produzione tecnica per rida-re al progetto il suo ruolo di confronto emediazione con il mondo.

maria alessandrasegantini

concorsi / appunti.doc

Page 9: Arch 61

architetti verona - n° 6122

Il giorno 12 Dicembre 2002, si è svoltopresso la sala “Ettore Fagioli” dell’ Ordinedegli Architetti di Verona, il Seminario -Incontro, avente come tema l’illustrazionedei fenomeni inerenti alla emissione di on-de elettro magnetiche, meglio conosciutecome “Elettrosmog”.

Il convegno si è posto come obiettivo l’il-lustrazione delle problematiche concernen-ti alle normative vigenti, ai criteri di rileva-mento dei fenomeni, alle misure di tutelada attuarsi in presenza di emissioni scaturi-te da fonti in bassa ed alta frequenza.

Il Consigliere dell’Ordine, Arch. LorellaPolo, a nome del Presidente, nel porgere isaluti al Seminario, ha auspicato che tale oc-casione possa costituire il momento inizialedi una serie successiva di incontri, atti acoinvolgere gli iscritti sul piano della sensibi-lizzazione e dell’aggiornamento professiona-le, per questo tema quanto mai attuale.

Il dott. Giuseppe Castellarin - Igienista -Medico Legale, Amm.re della soc. Plan-ning s.r.l. di Verona, ha descritto gli aspettisanitari conseguenti alla esposizione dei fe-nomeni prodotti dalle radiazioni non io-nizzanti, soffermandosi alla citazione distudi internazionali che ne hanno valutatogli effetti deleteri sulla popolazione.

Tali elementi, suddivisibili in manifesta-zioni effettive e principi di tutela, sono allabase dei contenuti di cui alla L. 36/01 det-ta Legge Quadro.

I funzionari dell’ARPAV - Dott.ssa Poli eDott. Vassanelli - hanno illustrato le com-petenze dell’Ente, rapportandole alla nor-mativa regionale vigente, descrivendone l’o-peratività mediante mappatura cartograficaregionale delle fonti potenzialmente inqui-nanti, sviluppata con il Progetto Etere.

Particolare attenzione è stata dedicata al-la lettura dei fenomeni provocati dallaemissione delle radiazioni elettromagneti-che alla macro scala territoriale.

L’arch. Mauro Felice - Direttore Tecnicodella Soc. Planning ha illustrato le implica-zioni in materia urbanistica ed edilizia chescaturiscono dalla normativa vigente inmateria, illustrando delle esemplificazionedi misurazioni strumentali eseguite in bassafrequenza con gli stessi protocolli ARPAV.

Facendo riferimento all’entrata in vigoredella Circolare Regione Veneto del31.05.2002, sono state descritte le risultanzeche, superando i limiti tabellari imposti dal-le norme precedenti, tendono a legittimarel’individuazione puntuale del valore di 0,2microtesla quale “obiettivo di qualità.”

Il dott. Simone Ugo Urso della Soc.Sampling s.r.l. di Bologna - Società leadernazionale del settore - ha illustrato ulterioriesemplificazioni di rilevamenti e quantifi-cazione delle misure in regime di alta fre-quenza.

Sono stati illustrati graficamente i di-mensionamenti delle emissioni riferiti adun intorno urbanizzato, con specifico rife-rimento alle sagome degli edifici attigui alposizionamento della fonte.

Inoltre sono stati descritti gli specificistrumenti di rilevamento con stazioni per-manenti remotizzate, distribuiti dalla soc.Sampling s.r.l., che consentono un costantee puntuale monitoraggio dei fenomeni in-quinanti nei diversi siti, con possibilità dicontrollo e restituzione dei report indicantiquantità e qualità dei dati.

Il sig. Giorgio Apolloni della Soc. Indexdi S.Giovanni Lupatoto (VR), ha messo adisposizione dei convenuti una documen-tazione recentemente edita dalla stessa, sot-to forma di CD Rom contenente unsoftware di agevole consultazione atto allacompilazione di capitolati tecnici utilizzan-ti prodotti Index, nelle varie fenomenolo-gie edilizie.

Tra questi prodotti si sottolinea la pre-senza di particolari materiali recentementestudiati allo scopo di abbattere in modo ri-levante i fenomeni di inquinamento elet-tromagnetico in alta frequenza, medianteuna loro corretta applicazione costituendo-ne una reale barriera protettiva.

Il Convegno si è concluso con un dibat-tito per soddisfare alcune richieste di ap-profondimento tematico da parte dei con-venuti, rimandando ad una prossima occa-sione la riproposizione delle problematicheinerenti all”Elettrosmog” alla luce delloscenario normativo nazionale attualmente“fluido”, in attesa della emanazione dei De-creti Applicativi della L. 36/01.

giuseppegregorelli

“elettrosmog”: leggi, normative,rilevamenti e misure di tutela

Page 10: Arch 61

Committente: Concern Lusine - Restoration& Construction6/2 Ivarskoja St. Moscow103009 Russia

Progettista: ing. Lucio BonafedeRiv. A. Mussato 3335139 Padova

Fornitura vetro:Sunglass s.r.l. Villafranca Padovana,Padova

Fornitura Carpenteria Metallica: Torresin CarpenterieMetalliche s.r.l.Limena, Padova

Intervento:Copertura hall di un hotel in vetro curvo e acciaio superficie circa 740 mq

Località:Mosca - Russia

Cronologia:2000-2002

architetti verona - n° 6124

Seguendo gli sviluppi registrati nella tec-nologia del vetro strutturale, nelle sue mol-teplici varianti e possibilità applicative, sianel campo delle costruzioni che in altri set-tori, ci si accorge che tale materiale costi-tuisce uno dei riferimenti materici più fortiattorno al quale sono stati incentrati, ormaida tempo, gli orientamenti progettuali del-le principali architetture di riferimento.

Basta scorrere in rassegna una pubblica-zione di architettura contemporanea perrendersi conto di quanto caratterizzantesia diventato tale materiale, non solo dalpunto di vista formale ed espressivo, maanche nelle sue implicazioni tecnologiche-produttive.

Soprattutto nelle applicazioni di tipostrutturale, è possibile sfruttarne le sue do-ti intrinsiche, caratterizzate dall’elevata re-sistenza a trazione, per farne non più sem-plice elemento decorativo o trasparente al-la luce, ma addirittura nodo funzionale at-torno al quale far ruotare la concezione delfunzionamento statico di parti importantidell’edificio.

L’atteggiamento nei confronti del vetrosi sta sempre più allontanando dal concet-to di semplice semilavorato per sfociaredefinitivamente nell’idea di materialecomposito, in grado di offrire enormi pos-sibilità di elaborazione e trasformazione.

Si sviluppano studi sul materiale per ot-tenere sistemi complessi, oppure si ricerca-no modi di abbinare il vetro a materiali di-versi in una combinazione sinergica dellerispettive funzioni strutturali.

In particolare l’affinamento delle tecno-logie produttive ha progressivamente mes-so a disposizione dei progettisti, diverseopportunità di curvature e grosse possibi-lità di sviluppo superficiale.

Per quanto riguarda invece le modalitàdi abbinamento strutturale del vetro conaltri materiali, da segnalare sicuramente inotevoli traguardi in termini prestazionalie di affidabilità raggiunti in combinazionecon le strutture metalliche.

Essendo vasto e molteplice il tema datrattare, e quindi non esauribile in pochecolonne redazionali, si cercherà di offrireai lettori interessanti spunti di riflessione

tecnologica ed architettonica attraversol’illustrazione di un caso concreto.

Hotel Ararat-HyattNel 2000 la società Sunglass s.r.l. di Vil-

lafranca Padovana (PD) congiuntamenteallo Studio Bonafede di Padova, hanno ot-tenuto l’incarico di progettare e realizzareuna porzione della copertura di uno deipiù importanti alberghi di Mosca, ubicatonelle vicinanze del teatro Bolscioi e visibiledalla Piazza Rossa.

L’opera realizzata consiste nella copertu-ra in vetro curvo e acciaio di un grande ca-vedio che costituisce la hall dell’albergo enella realizzazione di un giardino d’inver-no al piano di copertura; successivamenteè stato progettato e realizzato anche partedell’arredo della hall (parapetti, scale e co-lonne) sempre in acciaio e vetro curvo.

L’operazione nasce da una richiesta di ri-disegno di una parte della copertura del-l’Hotel Ararat-Hyatt di Mosca, con unaserie di vincoli progettuali estremamenteprecisi. Si richiedeva principalmente che lacopertura dovesse essere trasparente, chegarantisse un adeguato isolamento termico(sbalzi di temperatura da -40° a +40°) esoprattutto che avesse delle caratteristichestrutturali tali da sopportare carichi di ne-ve molto elevati (almeno 500 kg al mq).

La copertura, inoltre, doveva esprimereun contenuto formale importante al finedi garantire sia un effetto scenico dall’in-terno, poiché di fatto risultava essere l’ele-mento di chiusura della hall, sia assumereun ruolo estremamente discreto dall’ester-no in quanto molto visibile dalla PiazzaRossa. Infine un fattore importante era le-gato ai tempi di ingegnerizzazione e di ese-cuzione, che dovevano essere estremamen-te ridotti.

Partendo da queste premesse sono stateelaborate diverse ipotesi progettuali, sotto-poste al team russo di architetti che hacoordinato il progetto generale dell’albergo.

La soluzione finale scelta consiste in unprogetto abbastanza semplice dal punto divista strutturale, ma più impegnativo dalpunto di vista costruttivo, soprattutto perquanto riguarda la definizione progettuale

laurascarsini

vetro strutturaleil caso dell’hotel ararat-hyatt a mosca

Vista interna hotel hararat-hyatt

In alto: lastra in vetro curvo

Page 11: Arch 61

architetti verona - n° 61

e tecnologica degli elementi in vetro cur-vo, adottati nella superficie interna.

L’idea di usare due diverse tipologie dilastre di vetro (piano per la parte esterna ecurvo per la parte interna) vede un cam-biamento della funzione inizialmente pre-vista: da semplice copertura a elementotecnologico, con funzioni di isolamentotermico, di arredo, quasi una sorta di gran-de “lampadario-coperchio”, con elementidi base apparentemente fuori scala.

La chiusura completa del volume com-preso tra la struttura reticolare in acciaioesterna e l’elemento interno in vetro cur-vo, attraverso l’ausilio di lastre in vetroca-mera, ha permesso di introdurre all’inter-no di questo spazio un sistema di tratta-mento dell’aria, finalizzato ad eliminareeventuali fenomeni di condensa ed haconsentito di ottenere un sensibile miglio-ramento delle prestazioni complessive delpacchetto copertura per quanto riguardal’isolamento termico.

La luce, sia naturale che artificiale, assu-me all’interno del progetto un ruolo rile-vante. La soluzione progettuale proposta,rende “viva” la copertura in ogni ora delgiorno attraverso il movimento ondulatodella superficie vetrata inferiore. Tale on-dulazione consente di catturare sia i segna-li luminosi provenienti dall’interno, siaquelli riflessi dallo spazio interno.

L’uso del vetro curvo ricorre anche nel-l’ideazione delle balaustre aggettanti ai vari

piani, sottolineando ulteriormente l’ideadel movimento che sta alla base del pro-getto della copertura e creando, attraversola dissoluzione delle limitazioni spazialiverticali, uno spazio centrale estremamen-te luminoso.

Il vetro diventa “il materiale prezioso” checonsente di enfatizzare lo spazio centraledella hall attraverso la diffusione, riflessioneo deviazione della luce. Lo sguardo del visi-tatore sia che si trovi all’entrata della hall oche si affacci dalle balaustre dei vari pianiviene guidato ad una lettura verticale unita-ria dello spazio, verso l’alto, in una ricercadi relazione tra esterno e interno.

In un clima estremamente rigido, comequello locale, la creazione di uno spazio in-terno accogliente e luminoso ha trovatosin da subito il gradimento della commit-tenza e dei primi ospiti della struttura ri-cettiva riuscendo anche a far percepire agliutilizzatori dell’hotel l’articolazione deglispazi, la complessità, la ricercatezza deiparticolari e infine la professionalità del la-voro italiano.

Caratteristiche tecnicheL’intervento ha interessato una superfi-

cie vetrata dell’intera copertura della hallpari a 740 mq.

La struttura principale di copertura dellahall è costituita da una struttura reticolarein elementi tubolari di acciaio che fungo-no anche da sostegno al sottostante con-trosoffitto in vetro curvo.

Il carico massimo atteso sulla copertu-ra, dovuto alla somma del peso proprio,dei carichi permanenti, del carico dellaneve e del vento è pari a 500 Kg/m2.Questo si traduce in un carico lineare su-gli elementi tubolari di 1.50 x 500 = 750Kg/m, avendo un interasse pari a 1.50 traquesti elementi.

Tali valori di sollecitazione sono impo-sti dal clima locale. La struttura, infatti,nel corso della sua vita sarà sottoposta acondizioni climatiche variabili da -40° Ca + 40° C, dovute proprio alla posizionegeografica.

Il carico gravante sulle travi di sostegnodegli elementi tubolari è variabile da pun-to a punto, poiché è in funzione del caricotrasferito dagli elementi tubolari stessi.

Le lastre di vetro curvo, ottenute daun’unica colata, hanno una dimensionedi 1.50 x 3.00 mt, con doppia curvatura,e sono state collocate in opera a 35 metridi altezza.

Essendo questi elementi non di pro-duzione standard, hanno richiesto unafase preventiva di sperimentazione in of-ficina per riuscire ad ottenere la qualitàdesiderata.

Didascalie:

1• Vista interna al piano sottotetto,in fase di costruzione

2• Prova in officina della lastracurvata

3• Vista interna del controsoffitto alastre in vetro curvo

4• Particolare del percorso esternosul tetto, in fase di costruzione

5• Sistema di aggancio della lastradi vetro alla struttura di acciaio

6• Sezione costruttiva dellacopertura

7• Particolare del sistema di fissaggiodella lastra

π

ª

º

Page 12: Arch 61

architetti verona - n° 61 29architetti verona - n° 6128

Basilica Palladiana,settembre/dicembre 2002L’appuntamento annuale presso la Basi-

lica Palladiana ha come protagonista unodei più originali protagonisti dell’architet-tura contemporanea. Steven Holl cogliecon entusiasmo l’invito e la sfida che l’as-sociazione culturale Abaco ormai da annipropone a grandi architetti contempora-nei. Infatti dopo Tadao Ando, Gambettied Isola, Sverre Fehn, Oswald M. Ungerse Toyo Ito anche Holl accetta di allestireuna propria mostra in questo grande spa-zio Palladiano. Questa è la caratteristica diqueste mostre, lasciare all’architetto liberoarbitrio sulla scelta dei progetti da esporree soprattutto progettare l’allestimento.Questa è la vera sfida, l’invitato si trova adialogare con lo spazio palladiano attra-verso la propria architettura e l’allestimen-to della mostra stessa.

L’architetto americano ha così selezio-nato venti delle sue opere più significati-ve, esposte su supporti da lui progettatiper questa occasione, che ricordano lastruttura della casa dello studente per ilcampus del Massachussets Institute ofTecnology, disegnando un percorso cheoccupa la metà circa della superficie dellaBasilica. Un ampio spazio vuoto, che ri-corda il deserto, la solitudine, la riflessio-ne, separa questi “tralicci” dalla costruzio-ne, in scala uno ad uno, della TurbolenceHouse. Tale edificio è la presenza di mag-gior richiamo della mostra, nella porzioneterminale della Basilica, progettato daHoll per l’artista Richard Tutle, sorgerà adUbique in una zona desertica nel NewMexico. La casa in alluminio e all’internodella quale, in quest’occasione, è stata ri-cavata una sala per la proiezione di un vi-deo, è prefabbricata ed è stata trasportataa Vicenza direttamente dagli Stati Unitied al termine della mostra verrà completa-ta presso un parco di una ditta a Schio.

Concepita come un’entità autonoma,capace di garantire condizioni di vita ac-cettabili in sito desertico, autosufficienteda un punto di vista energetico, dotata diun sistema di aperture che consentirà allaventilazione naturale di assicurarne l’im-

piego nonostante i rigori del clima, la Tur-bolence House rappresenta una sorta dimanifesto di quanto, con il suo lavoro,Holl ha tentato di realizzare nel corso del-la sua carriera e dei significati ideologiciche, attualmente, attribuisce alla praticadell’architettura.

Steven Holl nasce a Bremerton, nellostato di Washington nel 1947 e dopo glistudi superiori si iscrive alla facoltà di ar-chitettura di Seattle. Dopo un approccioiniziale piuttosto anonimo con l’Accade-mia, Holl segue le lezioni del professorHerman Pundt, autore del libroSchinkel’s Berlin. Pundt, sosteneva che lastoria dell’architettura doveva essere stu-diata solamente attraverso quattro grandifigure: Brunelleschi, Schinkel, Sullivan eWright. Questo tipo di preparazione,

schematica e stratiforme, fu senza dubbioapprofondita, ma decisamente incompletaal punto che, come lui stesso ama ricorda-re, sentì parlare di Le Corbusier solamen-te dopo la laurea. Fu così che per ovviare aqueste mancanze e per saziare una curio-sità irrimediabilmente destata, decise ditrasferirsi a Roma prendendo in affitto unappartamento, privo di finestre, dietro alPantheon. La sua nuova abitazione, glidiede la possibilità di alzarsi ogni mattino,per sei mesi consecutivi, e recarsi al tem-pio romano per guardare il cerchio di lucegenerato dal sole all’interno della cupola. Igiochi luce e i chiaroscuri capitolini, ri-marranno in maniera indelebile nella me-moria di Steven Holl ed è facile leggernela presenza in tutte le sue opere. Per Ste-ven Holl l’effetto di luce è una compo-nente estremamente interessante. Anchenelle rappresentazioni grafiche, tutte adacquerello, la ricerca del volume delineatodalla luce è un punto di partenza per isuoi progetti.

Dopo Roma, Holl, torna negli StatiUniti frequentando gli ambienti della EastCost. In Pennsilvanya incontrò LouisKahn e decise di iscriversi ad un masterper iniziare la pratica presso il suo studio.Purtroppo l’incredibile scomparsa nellaPenn Station del maggiore esponente del-l’architettura americana del momento, co-

strinse Holl a cambiare completamente leproprie aspettative. Decise di trasferirsi aSan Francisco dove intraprese, per un paiod’anni, alcune collaborazioni presso varistudi. La più significativa fu forse quellasvolta presso Lawrence Halprin, un pae-saggista che Holl ammirava per la tenaciae la convinzione delle proprie idee. “Hal-prin - ricorda Holl in una recente intervi-sta - ruppe gli schemi perché era più inte-ressato dall’Idea che dalla necessità di in-serirla in una corrente di pensiero”. Era il1975. È in questi anni che l’Idea, nellateoria di Steven Holl, diviene il fonda-mento del progetto. Secondo Holl, infat-ti, quando si dà inizio ad un progetto, siinizia in modo molto metodico: si stabili-sce un programma dei lavori, una pianifi-cazione delle necessità, si visita il sito fa-cendo continui sopralluoghi e si dà spazioalla creatività articolata in differenti formee prospettive. E tutto questo è finalizzatoa fissare nella mente un substrato indi-spensabile per articolare il proprio lavoro.Tuttavia, in questa fase non c’è solo unmero procedimento di acquisizione deidati. È proprio in questa fase che si dà ori-gine ad una idea. Anzi ad una serie diidee. Ed è infatti questo, per Steven Holl,l’atto creativo dell’architetto: “il senso diun lavoro progettuale emerge quando sitrova il modo di mettere in collegamentotutte le singole idee. Poi il progetto pren-de vita ed è questo il momento più ecci-tante: quando questa combinazione dipragmatismi e soggettivismi si fondonoinsieme, armonicamente”.

Per Steven Holl, ogni progetto è diffe-rente: alcuni possono impiegare un paiodi settimane per venire alla luce, altri- co-me nel caso della Stretto House a Dallas odella casa Berkowitz-Odgis a Martha’s Vi-neyard -, possono impiegare anche più disei mesi semplicemente per sviluppare unconcetto. Ma questo atto “ideativo” ini-ziale non può e non deve mai essere unaspetto da sottostimare. Nel caso dellaStretto House, ad esempio, Holl si trovavaa dover costruire una residenza per un ric-co collezionista d’arte cui serviva una di-mora all’altezza dei contenuti. Era pertan-to facile prendere il lotto e dividere varisettori per poi comporli, ma dov’è il signi-ficato dell’idea in tutto questo: “Se in unprogetto, c’è la possibilità di scorporarnealcune parti, che fine fa l’atto creativo ini-ziale, l’idea che lo ha generato. Significache non c’è un significato in quel proget-to. Può essere magari una composizioneinteressante, ma non è né più e né menointeressante di un puzzle”.

Alla luce di quanto descritto, l’opera diSteve Holl, che spesso è stata superficial-

federico nicolacastagna cacciatori

steven holl architettonote di visita alla mostra

Page 13: Arch 61

architetti verona - n° 6130

mente avvicinata alla ricerca decostruttivi-sta, diventa quasi un’esegesi illuminista,anche se è innegabile la reminiscenza dellesottrazioni di volumi, ricorrenti in quasitutte le sue opere.

In realtà Holl sostiene che è pur veroche si è tentato di decostruire, di fram-mentare ad infinitum e che la sua attivitànon si è estraniata da questa ricerca, tutta-via quello di cui ora sente il bisogno, èuna filosofia che aiuti a mettere le cose as-sieme, allontanandosi dagli stereotipi edalle esigenze di autopromozione, appan-naggio dello sviluppo dell’idea. Conti-nuando la lieson filosofica, si potrebbe di-re che l’architettura di Steven Holl si èevoluta in un processo Idealistico, legataal valore della totalità.

Ad oggi Steven Holl è docente dellaGraduate School of Architecture della Co-lumbia University e ha tenuto corsi pressovari altri istituti, fra cui l’università di Wa-shington a Seattle, il Pratt institute di NewYork e l’università della Pennsylvania.

I suoi lavori sono stati esposti, fra l’al-tro, al Museum of Modern Art e alWalker Art Center di Minneapolis. Nel1993, lo studio Steven Holl Architects havinto il primo premio al concorso per larealizzazione di un museo d’arte contem-poranea a Helsinki; l’edificio è stato inau-gurato nel maggio 1998. Un altro concor-so vinto da Holl è stato quello per l’am-pliamento del Cranbrook Institute ofScience a Bloomfield Hills, nel Michigan,ultimato nel 1999.

Fra gli altri progetti maggiori, figuranola villa Texas Sterro House a Dallas(1992), il complesso residenziale aMakuhari in Giappone (1995), la cappel-la di St. Ignatius dell’università di Seattle(1995), il Padiglione per conferenze diAmsterdam (2000), e l’art Museum diBellevue (2001).

Attualmente è impegnato nella realizza-zione del College of Architecture and Land-scape Architecture dell’università del Min-nesota, del museo Knut Hamsun di Hama-roy, in Norvegia, e del Mit 2000, una nuo-va casa dello studente per il campus delMassachusetts Institute of Technology.

Dalla Città al Deserto:densità nel paesaggioI fenomeni di dispersione, sviluppo in-

controllato e di conseguente entropia nelpaesaggio, nel clima e nell’habitat natura-le, sono analizzati in questa mostra attra-verso la contrapposizione tra una serie diprogetti urbani e una casa rurale nel de-serto. Tra la densità degli agglomerati ur-bani e l’isolamento della casa rurale pren-de forma la riformulazione di un paesag-

gio naturale protetto. La sfida posta allacittà, contenere la propria espansione in-controllata e ripristinare il verde nelle fa-scie adiacenti, è analoga a quella della casarurale, sorvegliare l’ambiente naturale chela circonda.

I progetti qui esposti, articolati a partireda un punto di vista fenomenologico,rappresentano quindici anni di lavoro vol-to a definire una nuova architettura urba-na e nuove concezioni per le città periferi-che ad alta densità abitativa. Le propostedella serie dedicata ai limiti della città -Edge of the City - sono sviluppate in pri-mo luogo dal punto di vista del paesaggio,che guarda verso la città; sono elaborate intermini interni e spaziali, prima che diproiezione planimetrica. Questi spazi so-no il frutto di una nuova posizione insitanello spessore - come lo definisce M.M.Ponty - che separa il soggetto percettoredal campo spaziale costruito. La permea-bilità stratificata delle pareti trasversalidella mostra, nel campo aperto, è con-trapposta alla casa solitaria. La cos truzio-ne, composta da 32 elementi prefabbricatimediante procedimento digitale - l’invo-lucro qui presentato è in scala 1:1 - saràinstallata in due giorni su una mesa di 50acri ad Abique, nel deserto del New Mexi-co (USA). La “Turbulence House” si svi-luppa attorno ad un vuoto, riparato dallaluce, che i venti del deserto possono attra-versare. L’abitazione, dotata di impianto aenergia solare per la produzione di elettri-cità e di una cisterna per la raccolta del-l’acqua piovana, ha un profilo che sbucadal terreno come se fosse la punta imma-ginaria di un iceberg che nasconde unamassa assai più consistente.

Tanto alla scala del paesaggio rurale,sorvegliato da una casa solitaria, che allascala urbana di densi frammenti di città,nell’architettura può essere concretizzatauna visione più ampia della società e delpianeta. Immaginiamo una nuova archi-tettura che affronti le questioni urgenti,provocando una risposta poetica. Ciò acui puntiamo, dunque, non è solo una so-luzione ai problemi ambientali.

Ogni luogo in cui si costruisce è unaporzione sacra della terra; l’architettura èl’arte che lega natura e società.

Page 14: Arch 61

architetti verona - n° 6132 architetti verona - n° 61 33

Il rinnovato interesse della città di Ve-rona manifestato attraverso una retro-spettiva, Futurismi a Verona e VeronaFuturista, su quei protagonisti veronesi everso quel momento della storia che haprodotto un movimento che, partendodalla tensione artistica del cubismo fran-cese, si è spinto a riconsiderare ogniaspetto del vivere quotidiano alla lucedella nuova estetica che nasceva dallapropulsione del mezzo meccanico e dellamacchina come simboli di una nuova emigliore società1.

Osservare questa stagione artistica miha stimolato a rileggere questo nostrotempo come la concretizzazione delleaspettative degli artisti del futurismo emi ha spinto a riflettere sulle posizionidi alcune tendenze artistiche contempo-ranee che vedono nella “macchina com-puter” il mezzo ed il fine creativo di unanuova operatività artistica.

Le moderne tecnologie di comunicazio-ne trasferiscono su un altro piano il nostrorapporto con la realtà. In questo contestoanche l’architettura si è preoccupata di ri-leggere la rivoluzione elettro-telematica alfine di generare una nuova estetica.

Nel suo agire l’architetto trova il suppor-to di tecnologie che gli permettano unmaggiore controllo dell’opera, dalla fasedell’atto creativo fino all’esecuzione, que-sto tipo di approccio tende a ibridare l’agi-re architettonico che avviene in una di-mensione che media il reale con il virtuale.

Non si tratta di una sostanziale modi-ficazione, ma piuttosto di un arricchi-mento del concetto di spazio fisico incui gli utenti per il momento si muovo-no, come se le strade e le piazze che finoal giorno prima essi stessi avevano per-corso e visitato fossero solo la proiezionetridimensionale di uno spazio pluridi-mensionale, che annovera fra le propriecoordinate quelle dimensionali e anchequelle concettuali.

Il procedimento è estensibile dal cuc-chiaio alla città e nel caso di quest’ulti-ma essa diviene l’immagine di quel rego-lare groviglio di linee metalliche e circui-ti integrati, resistenze, condensatori etransistor che si trova nella piastra ma-dre del computer che la ha generata.

Prendiamo ad esempio la considerazio-ne di A. Sant’ Elia sulla città futurista:

“[...] Noi dobbiamo inventare e fab-bricare la città futurista simile ad un im-menso cantiere tumulitante, agile, mo-bile, dinamico in ogni sua parte, la casafuturista simile ad una macchina gigan-tesca [...] “ e aggiorniamola all’oggi!

Ebbene: il Cyberspazio è oggi l’imma-gine della città futurista.

Il flusso elettronico, divenuto flussodelle informazioni, è alimentato dal mo-vimento degli utenti, in grado di modi-ficarlo nel suo divenire.

Il principio dell’interazione è resopossibile dall’interfaccia, cioè da quel-l’attività che permette di relazionare piùinsiemi genealogici differenti, non sitratta di semplice accoppiamento, madella trasformazione e della traduzione

dei significati iniziali in dati spaziali eviceversa.

In una rete socio-tecnica, come in unipertesto, ogni nuovo legame ricomponela configurazione semantica della zonadella rete in cui si annoda2.

Ma quanto più sconvolge è il princi-pio che accomuna il futurismo, di origi-ne cubista, alla moderna tecnologia dicodificazione degli impulsi elettrici checostituiscano i “dati” ovvero la materiadi cui è fatto il virtuale.

La lucida lettura della realtà dinamicaè ben espressa dalla differenzialità foto-grammica delle pitture futuriste tese aimpressionare il movimento, quindi ilconcetto dello scorrere del tempo comecoordinata dimensionale, su di un sup-porto che fino ad allora aveva al massi-mo accolto tre dimensioni.

Secondo Filippe Queau, l’immaginepuò essere generata per mezzo di opera-zioni linguistiche astratte3. Con il digi-tale ormai l’immagine è diventata unlinguaggio non in senso metaforico, manel senso stretto della parola. È questala rottura fondamentale in rapportocon le tecniche del passato. Una voltagenerato il codice sarà proprio l’utenteattraverso il suo rapporto con l’inter-faccia figurale, a modificare le manife-stazioni sensoriali che incontra sul suocammino4.

Il numerico è una materia, se voglia-mo, ma una materia pronta a subire tut-te le metamorfosi, tutti gli avvolgimenti,tutte le deformazioni5.

Miliardi di dati che viaggiano alla ve-locità della luce sotto forma di impulsiacceso/spento, 0/1, un flusso continuodi energia in transito da un nodo all’al-tro della rete apparentemente vicini mageodeticamente lontani. Il principioBooleano dalla sua valenza puramentelogica è diventato fondamento etico diuna umanità che ha fatto dell’informa-zione6 l’altra immagine della realtà.

In una società, come quella che ci ac-cingiamo a diventare, che produce7 for-me di organizzazione sociale dipendentiin larga misura dalla comunicazione, allaurbanizzazione viene a sostituirsi lacommutazione8 con le conseguenze spa-ziali che un’operazione del genere pro-duce: cioè l’annullamento delle distanzee la conseguente polverizzazione dei rife-rimenti e degli insediamenti.

Il conseguente rapporto tra città realee virtuale, prefigurato da Munford9, di-venta un problema di attualità che quin-di coinvolge gli insediamenti umani inambito spaziale con legami che vannooltre la tridimensionalità dello spazio fi-

gurativo a cui siamo abituati10. L’uomo non può che arricchirsi dalla

conoscenza di nuove dimensioni spazia-li, sempre che la conoscenza non sia pri-va della saggezza. Infatti la pressione me-diatica, attraverso il flusso delle informa-zioni, fornisce all’uomo solo la cono-scenza, ma non la capacità di discernere,quindi la saggezza, trasformandolo innovello Edipo.

Rendiamoci conto che questa stradaha insito in sè un pericolo, la riduzione ela semplificazione modellistica del realeverso la generazione di un concreto falsoillusorio, portando ad una standardizza-zione dei comportamenti, dovuto all’im-poverimento del sistema sensorio, sortadi automazione cerebrale, scaturita daun over-drive sensoriale al bombarda-mento di informazioni, all’eccesso di co-municazione ed alla loro forma caotica,non gerarchizzata.

Come doveva essere per l’epoca dellamacchina così nell’elettro-evo la tecno-logia deve essere dipendente dalle neces-sità dell’essere umano e non un mezzoper sottometterlo.

Gli inventori della rappresentazioneprospettica dello spazio sono creatorid’illusione e non imitatori, più o menoavveduti, del reale. Il nuovo spazio è unmisto di geometria e rappresentazionesimbolica, ove il sapere tecnico è al ser-vizio di idee individuali e collettive11.

Quindi diviene necessario conferireuna valenza simbolica al virtuale12, chenon dovrebbe essere solo l’immaginesbiadita del reale13, ma a sua volta do-vrebbe essere in grado di suscitare nel-l’essere umano il ricordo ancestrale delproprio cammino attraverso la storia14.Dopo che la società della macchina haracchiuso l’individuo in cellule semprepiù asettiche e impermeabili, dopo chegli ha dato l’illusione di poter dominarele grandi distanze sempre però a disca-pito dei suoi rapporti umani, le nuovetecnologie permettono ora di recuperarel’esperienza di tutti i giorni, soprattuttoquella urbana e metropolitana. Per Lui-gi Prestinenza Puglisi l’architettura nonè dunque astratta virtualità nè può esse-re ridotta a canone di bellezza ideale. Èpiuttosto un pendolo che oscilla tra lapurezza e il caos, tra spazio come co-struzione mentale e spazio come puraesperienza... pertanto rivalutiamo glieventi progettando in funzione di essi;incrociando le funzioni, lavorando suiprogrammi, liberando i movimenti, gio-cando sulla plurisensorialità, trasgre-dendo aspettative culturali e meccani-che ritualità15.

giovanni-eliaperbellini

l’eredità dei futuristiconsiderazioni a margine di una mostra

Bibliografia essenziale

• AA.VV., Biblioteca del Moderno.Arte e architettura nei libri, dalla Se-zession alla Pop Art, Fondazione Gal-leria Gottardo, Lugano, 1991.

• AA.VV., Dada l’arte della negazio-ne, De Luca, Roma, 1994.

• AA.VV., Dizionario universale del-la letteratura contemporanea, Arnol-do Mondadori, Milano,1959-1963.

• AA.VV., La rivoluzione editoriale etipografica del futurismo, Edizioni DeLuca, Roma, 1996.

• AA.VV., Futurismi a Verona a curadi G. Cortenova, C. Biasimi Selvag-gi, Skira editore, Milano 2002.

• AA.VV., Marinetti e il Futurismo aFirenze, De Luca, Roma, 1994.

• AA.VV. Verona Futurista, EdizioniVita Nova, Verona 2002.

• P. ANDERS, Envisioning Cyber-space, McGraw-Hill, New York1998.

• G. BALLO, Dottori aeropittore fu-turista, Editalia, Roma, 1970.

• E. BENEZIT, Dictionnaire desPeintres, Sculpteurs, Dessinateurs etGraveurs, Librairie Gründ, Paris,1976.

• R.BOSSAGLIA, Marinetti e il Fu-turismo a Roma, Fidia, Milano, 1993.

Antonio Sant’Elia, la cittàfuturista simile ad un immensocantiere tumulitante, agile, mobile,dinamico in ogni sua parte. Ilnodo di comunicazione comemodello tipologico evoluto earchetipo delle contemporaneerealizzazioni

Text-city, alla urbanizzazioneviene a sostituirsi lacommutazione.(Fotogramma tratto dal filmHackers, 1995, diretto da IainSoftley).

È l’electric-grid e non l’involucrodella pietra che ci dà la nuovaimmagine della città visibile...(Lewis Munford: la città nellastoria, 1962 - Fotogramma dalfilm “The matrix”,1999, di Andye Larry Wachoski)

Page 15: Arch 61

architetti verona - n° 6134

Note:

1• GIORGIO CORTENOVA, Futurismi a Verona, Skira editore, Milano 2002. “Oggi i manifesti che si ac-cavallarono uno sull’altro possono indurre al sorriso. Ma non altrettanto può essere detto nei riguardi di queldisperato desiderio di resistere sulla piattaforma traballante di una spiritualità accesa e infuocata, quanto im-probabile come un tizzone senza speranza. Non altrettanto si può pensare di quell’incubo che tormentavaun’epoca ormai insonne e condannata a nuovi e traumatici naufragi.”2• PIERRE LÉVY, Les technologies de l’intelligence. La Découverte, Paris 1990 (trad. it. di Franco Berardi,Le tecnologie dell’intelligenza. Synergon, Bologna 1992).3• Secondo Philippe Quéau - scrittore di analisi estetiche e filosofiche nel campo delle immagini computeriz-zate, della realtà virtuale e del cyberspazio - la numerizzazione, in quanto trattamento digitale dell’immagine, èla prima tappa di quella che lui definisce la rivoluzione virtuale.4• I calcolatori sono delle reti di interfacce aperte su connessioni nuove, imprevedibili, che possono trasforma-re radicalmente il loro significato ed il loro uso (PIERRE LÉVY, ibidem).5• PIERRE LÉVY, ibidem.6• La possibilità di registrazioni audiovisive di avvenimenti politici, militari, sportivi ecc. ha esaltato il sensodella contemporaneità e al tempo stesso quello della illusorietà dei dati storici… Si potrà discutere anche quid’una oggettivazione o d’una oggettualizzazione dello spazio? O forse si vorrà riconoscere al nostro spazio unatemporalizzazione; come al tempo abbiamo attribuito una sorta di spazializzazione? Credo che questa secondaipotesi sia la più giusta. Se il tempo è risultato nella sua registrabilità e nella sua spendibilità ridotto ad oggettoe addirittura ad oggetto spazializzato, ritengo che anche lo spazio si possa dire che è stato in un certo senso delpari oggettualizzato, anche in quei casi in cui andava riferito a elementi di dubbia spazializzazione, cosi dacreare una spazialità immaginaria… Un esempio di ciò si potrà trovare osservando alcuni aspetti delle più re-centi ricerche scientifiche. Anche senza avere una precisa conoscenza di tali esperimenti, credo di poter affer-mare che prove come quelle adottate nel caso di studi attorno alla costituzione dell’atomo, alla struttura e alpercorso delle singole particelle subatomiche ecc. appaiono sempre studiate attraverso una proiezione dellestesse che permette di leggerne i risultati non in quanto tali ma per le tracce da esse lasciate (GILLO DOR-FLES, Ibidem, pag. 134).7• Il concetto di produzione è da associarsi strettamente a quello di consumo, in generale si può dire che il fi-ne di razionalizzare la produzione è quello di massimizzarla in rapporto alle vendite e quindi al consumo.Playtime o la parodia dei servizi: superstruttura tentacolare che sorpassa lungamente la semplice funzionalitàdegli scambi sociali fino a costituire la filosofia ed il sistema dei valori della nostra società tecnocratica.Questoimmenso sistema vive nella più completa contraddizione. Non solamente non sa mascherare la ferrea leggedella società mercantili, la verità oggettiva dei rapporti sociali che è la concorrenza e la distanza sociale crescen-te con la promiscuità e la concentrazione dei rapporti urbani ed industriali, ma soprattutto la generalizzazionedell’astrazione del valore di scambio nella stessa quotidianità ed anche nelle relazioni più personali.Ma questosistema a dispetto delle apparenze è lui stesso un sistema di produzione - produzione di comunicazioni, di re-lazioni umane e di servizi. Esso produce la socialità. (J. BAUDRILLARD, La société de consommation. De-noël, Saint-Amand 1996, pag. 257-58).8• Programmate una mappa per mostrare la frequenza degli scambi dati, ogni mille megabyte un singolo pixelsu uno schermo molto grande. Manhattan e Atalanta ardono di un bianco compatto. Poi cominciano a pulsa-re, la velocità del traffico minaccia di sovraccaricare la vostra simulazione. La vostra mappa sta per diventareuna nova. Raffreddatela. Aumentate la scala. Ciascun pixel un milione di megabyte. A cento milioni di me-gabyte al secondo, cominciate a distinguere certi isolati al centro di Manhattan, i contorni dei complessi indu-striali vecchi cent’anni che cingono il vecchio cuore di Atalanta…(WILLIAM GISBON,, Neuromancer. DelNord, Milano1984. Ibidem, pag. 57).9• LEWIS MUNFORD, La città nella storia. Edizioni di Comunità, Vicenza 1962.10• In altri termini: l’incredibile accelerazione delle nostre possibilità motorie, l’aumento incessante del pano-rama cinetico che ci circonda, il verificarsi di esperienze fisiche che denotano la possibilità di superare la barrie-ra del tempo fisiologico e cronologico, ha fatto sì che questa stessa entità topo-cronologoca venisse a perdere lasua assolutezza e la sua stessa identità.Siamo disposti ad accettare il verificarsi di fenomeni extratemporali, eaddirittura ad ammettere un’inversione e una obliterazione del tempo e del movimento.Non è escluso che an-che di ciò si debba tenere conto in un futuro quadro dell’attività creativa, fantastica e percettiva dell’uomo enon è escluso che sin d’ora questi fenomeni rientrino nel novero di quelli che possono determinare una diver-sa Weltanschauung dell’umanità… (GILLO DORFLES, Ibidem, pag. 137).11• PIERRE FRANCASTEL, Lo spazio figurativo dal rinascimento ad oggi. Einaudi 1957, pag. 59.12• A differenza del mondo che normalmente ci circonda, lo spazio digitale e l’architettura sono delle realizza-zioni umane. Mentre la natura è data, lo spazio digitale e l’architettura sono costruiti per essere usati dall’uo-mo. Fino a tempi recenti lo spazio digitale è servito come un surrogato dell’informazione testuale e numerica.Tuttavia la tendenza verso la spazializzazione nei sistemi digitali implica il fatto che gli stessi ambienti elettroni-ci possano diventare oggetto di una progettazione. Ma nello spazio digitale niente è prestabilito. L’esperienzaspaziale è una scelta consapevole e richiede un investimento di forze e risorse (PETER ANDERS, EnvisioningCyberspace. McGraw-Hill, New York 1998).13• La vera natura degli ambienti on-line è ancora tutta da scoprire. Nel maturare, il cyberspace svilupperàdelle personali caratteristiche. Dobbiamo porre la massima attenzione nello scegliere i nostri modelli discipli-nari, altrimenti rischiamo di perdere la vera potenzialità del digitale. Ma se è nostra intenzione contaminareattraverso metafore - cercando nelle specificità appartenenti alle diverse discipline - potremo allora evitare glioneri che queste impongono nel legarsi ancora al passato. Ciascuna forma d’arte possiede delle caratteristicheche si possono applicare al progetto di uno spazio digitale antropico (PETER ANDERS ibidem).14• La funzione prima della città è di trasformare il potere in forma, l’energia in cultura, la materia morta insimboli viventi d’arte, la riproduzione biologica in creatività sociale (LEWIS MUNFORD, Ibidem, pag.706).15• LUIGI PRESTINENZA PUGLISI, This is tomorrow: avanguardie e architettura contemporanea. Tori-no 1999.

• J. BAUDRILLARD, La société deconsommation, Denoël, Saint-Amand 1996.

• S. DANESI, L. PATETTA, Il Ra-zionalismo e l’architettura in Italiadurante il Fascismo, La Biennale diVenezia, Venezia, 1976.

• G. DORFLES, Dal significato allescelte. Einaudi, Torino 1965; Nuovi Riti Nuovi Miti. Einaudi, To-rino 1973.

• P. FRANCASTEL, Lo spazio figu-rativo dal rinascimento ad oggi. Ei-naudi, Torino 1957.

• W. GISBON, Neuromancer. DelNord, Milano1984.

• J. GLUSBERG, L’ultimo museo:musei freddi e caldi, vecchi e nuovi,immaginari e integrati. Sellerio, Pa-lermo 1983.

• G. LISTA, Lo spettacolo futurista,Cantini, Firenze, 1989.

• AA.VV., Prampolini dal Futurismoall’Informale, Carte Segrete, Roma,1992.

• T. MALDONADO, Reale e vir-tuale. Feltrinelli, Milano 1992.

• E. MARCONI, Spazio e linguag-gio. Istituto Propaganda Libraria,Milano 1990.

• L. MUNFORD, La città nella sto-ria. Edizioni di Comunità, Vicenza1962.

• F. NANTOIS, Lo stile informa-zionale:http://lucente.www.media.mit.edu

• L. PIERRE, Les technologies del’intelligence. La Découverte, Paris1990; (trad. it. di Franco Berardi,Le tecnologie dell’intelligenza. Syner-gon, Bologna 1992).

• L. PRESTINENZA PUGLISI,This is tomorrow: avanguardie e ar-chitettura contemporanea, Testo&Im-magine, Torino 1999;Hyperchetcture. Spazi nell’età deglielettroni, Testo&Immagine, Torino1998.

• G. SCALIA, La cultura italianadel ‘900 attraverso le riviste. VolumeIV: “Lacerba” - “La Voce” (1914 -1916), Einaudi, Torino, 1961.

• M. VERDONE, Teatro del tempofuturista, Lerici, Roma, 1969.• F.A. YATES, L’arte della memoria,Einaudi, Torino 1972.

In un’epoca di relativismo culturale, as-sordante coacervo di linguaggi che nellariproducibilità hanno trovato alimentomortale per la loro stessa costituzione se-mantica, è naturale, quasi inevitabile, av-vertire l’esigenza di riscoprire il senso pri-mario di una scelta artistica che sappiaopporsi ad una debordante massificazioneculturale, chiaramente omologante nellapretesa di forgiare un sistema referenzialevalido ovunque.

E proprio questa istanza di recupero diun “sapere locale” da contrapporre all’in-ternazionale venne accolta alla fine deglianni Settanta da cinque artisti italianiche, riuniti in un movimento felicementebattezzato da Bonito Oliva come “Tran-savanguardia”, seppero opporre la ricercadi un nuovo che andasse oltre qualsiasiestemporanea feticizzazione o idealizza-zione, rivalutando il piacere di una ma-nualità esecutiva da tempo abbandonatain un angolo dello scenario artisticomondiale.

Senza assumere posizioni di rottura neiconfronti delle avanguardie storiche, in-fatti, le opere di Chia, Clemente, Cucchi,

De Maria e Paladino riscoprirono l’im-portanza di una soggettività espressiva ingrado di utilizzare tutti i suoi strumentiall’interno di una filosofia attenta a farcoincidere “centro e periferia”, “alto ebasso”, “maggiore e minore”.

Così, dopo l’epoca della “materializza-zione” dell’arte o della sua s/definizione,dopo il primato dei valori poetico-menta-li dell’Arte Concettuale, e dopo la speri-mentazione di molte altre tendenze pro-tagoniste degli anni Settanta, questi cin-que artisti proposero il messaggio aperto,e nello stesso tempo slittante, di un lavo-ro che, all’interno di un viaggio senza di-rezioni precostituite o standardizzati pun-ti di arrivo, sapesse creare un ancoraggiovolta per volta dettato dallo spostamentoprogressivo della propria sensibilità den-tro l’opera.

Naturalmente questa accidentalità figu-rativa non voleva porsi come momentounitario e totalizzante, solitamente avva-lorato da una presunta garanzia dettata dacanoni di continuità e stabilità, ma legaval’immagine ad una definizione esteticache nel suo frantumarsi trovava modo di

esprimere la propria, particolare visione.Si può scegliere di spaziare in una gam-

ma stilistica che accosta una raffinata pe-rizia tecnica ad una contaminazione pit-torica di estrema chiarezza, come Chia;cogliere le leggerezze di una figurazioneche nella sua irrefrenabile iterazione supe-ra qualsiasi apparente barlume di conven-zionalità, come in Clemente, favorendosospensioni temporali o slittamenti se-mantici; creare un incrocio tra materiapittorica ed extrapittorica come Cucchi;operare sulla frammentazione dei dati vi-sivi, sconfinando anche dalla delimitazio-ne concreta del quadro, come De Maria,o animare un’alternanza di segni geome-trici ed organici come Paladino.

Ma, alla fine, tutte queste diverse ma-nifestazioni di un’unica ricerca ribadisco-no, attraverso una libera associazione, ilsenso emblematico di un’imprevedibileaccidentalità linguistica, che nel partico-lare riscopre il valore figurativo di un di-segno atto a delineare, senza alcuna incer-tezza o contraddizione, intime individua-lità creative.

Transavanguardiaa cura di elena granuzzo

Mostra

Transavanguardia

Castello di RivoliMuseo d’Arte Contemporanea

Piazza Mafalda di SavoiaRivoli (To)

Orario: da mart. a ven. 10-17sab. e dom. 10-19

1° e 3° sab. del mese 10-22Tel. 011 9565220

www.castellodirivoli.orgFino al 23 marzo

35architetti verona - n° 61

Page 16: Arch 61

architetti verona - n° 61 architetti verona - n° 61 37

Il progetto riguarda la ristrutturazio-ne di alcune sale di Palazzo LavezzolaPompei, sede del Museo di Scienze Na-turali di Verona.

L’intervento, che rientra in un’opera-zione complessiva di rinnovamento edadeguamento alle normative vigenti inmateria di sicurezza del museo, coordi-nata dal Settore dei Lavori Pubblici delComune di Verona, ha interessato tresale della Sezione Zoologia del Museoche occupano gran parte del secondopiano di Palazzo Pompei (Palazzo stori-co veronese commissionato nei primidecenni del 1500 al Sanmicheli dallafamiglia Lavezzola e passato successiva-mente alla famiglia Pompei, in occasio-ne delle nozze di Olimpia Lavezzoli conAlessandro Pompei. In seguito ad unlascito testamentario del conte Pompeiil palazzo passò al Comune di Verona apatto che fosse adibito a Museo.)

L’arch. Valter Rossetto, sviluppandol’impostazione scientifica studiata dalprof. Alessandro Minelli, ha elaboratoun nuovo percorso incentrato su ununico salone, in cui si mostrano gliadattamenti degli animali nei diversiambienti che compongono il pianeta esi ripercorrono le vicende evolutive chehanno portato alla conquista delle ac-que, della terra e dell’aria.

Si tratta di una forma di esposizionemuseale assolutamente nuova in Italia,che propone una lettura della zoologianon sistematica ma per aree tematiche,senza vetrine e attraverso un contatto

diretto tra il pubblico e le collezioniesposte.

La sequenza espositiva sull’acqua, ter-ra e aria si sviluppa lungo un percorsocostituito prevalentemente da una ram-pa da percorrere in salita, che oltre adessere elemento funzionale per superarele barriere architettoniche, introduceun elemento innovativo e carico di ele-menti simbolici nello spazio del museo,la salita come evoluzione delle specie.

Entrando nella sala, lungo le pareti didestra, si diparte una grande struttura“a pentagramma”, costituita da cinquerighi su cui sono inseriti gli animali avista. Tale elemento espositivo, costi-tuito da pannelli modulari in lamierametallica, smontabili e agganciati aduna struttura retrostante, consente faci-li manutenzioni, modifiche periodicheo cambiamenti espositivi.

Dal punto di vista didattico-scientifi-co, l’esposizione “a pentagramma” per-mette di sviluppare una duplice letturain orizzontale ed in verticale. La se-quenza di informazioni in orizzontale(tema base o melodia) è individuabilefacilmente seguendo i colori dei righied indirizza ai principali ambienti;quella verticale, avviene attraverso col-legamenti incrociati (temi più comples-si o armonie) e consente di osservare ecomparare le strategie adattive deglianimali nei vari ambienti.

Nel nuovo allestimento assume unapeculiare importanza la scelta del siste-ma illuminante, sempre fondamentale

ai fini del successo di un’esposizione.Nel caso specifico, problemi com-

plessi di illuminazione sono connessi,da un lato alla specificità del luogo edall’altro alla natura degli oggetti daesporre. Si tratta di circa un centinaiodi animali di specie e dimensioni diver-sissime, a cui si aggiungono molti dise-gni e foto da esporre contemporanea-mente.

La soluzione adottata è stata l’utiliz-zo, in sinergia, di due tipologie d’illu-minazione:

la prima, costituita da faretti montati

CommittenteComune di Verona

Progetto di allestimento e D.L.Arch. Valter Rossetto - Verona

Collaboratore progettodi allestimentoArch. Antonio Mazzi - Verona

Coordinamento generalelavori di ristrutturazionee messa a normaUfficio Tecnico LL.PP.del Comune di Verona

Progetto scientifico*Prof. Alessandro Minelli- Univer-sità di Padova

TipologiaAllestimento museale

DestinazioneSala espositiva

Cronologia1998-2000

Dati dimensionaliSuperficie mq 280

Realizzazioni lavoriOpere edili:Costruzioni Bellè s.r.l. - VeronaImpianti elettrici:Reval s.n.c. - Arbizzano VeronaIlluminotecnica:Sime s.p.a. - VeronaAllestimento struttura:Vandelli Alessandro s.p.a. - VeronaEsecuzione pittura pentagramma: Antonio Molino - MilanoEsecuzione Diorami:Studio grafico naturalisticodi Uwe Thurnau - Verona

*Staff scientifico e didatticoMuseo Storia Naturale Verona:Coordinamento scientificoe didattico: Dr. Alessandra Aspes Direzione scientifica:dr. Leonardo Latella;Direzione didattica:dr. Angelo Brugnoli; Consulenza scientifica: prof. San-dro Ruffo, dr. Roberto Zorzin;Collaboratori scientifici e didattici:dr. Beatrice De Luca, dr. EnricoMezzanotte, dr. Allegra Panini, dr.Roberta Salmaso.

1° “piano”architetture contemporanee del territorio veronese

rubrica della redazionea cura di laura scarsini

sala acqua terra arial’evoluzione degli adattamentimuseo civico di storia naturalepalazzo pompei, lungadige porta vittoria, 9 - verona

su un binario elettrificato appeso, ingrado di fornire luce all’insieme e agliesemplari più voluminosi;

la seconda, costituita da fibre otticheche puntualizzano con efficacia i parti-colari più minuti e significativi del per-corso, creando nell’insieme un riuscitoeffetto di ambienti.

Il tutto, integrato da suoni e posta-zioni interattive si pone come valido edefficace strumento di coinvolgimentoper i visitatori che si avvicinano al mu-seo.

∂ ∑ ∏

π

ª

ºDidascalie:

1• Palazzo Lavezzola Pompei, diMichele Sanmicheli (1530-1550).Prospetto dal Trezza (BibliotecaCivica di Verona)

2• Particolare costruttivo pannelloespositivo

3 e 4• Foto allestimento temadell’acqua

5• Disegno pentagramma

6• Allestimento provvisorio delpannello pentagramma

7• Vista interna del museo

36

Page 17: Arch 61

Il percorso progettuale

L’idea principale attorno allaquale si è sviluppato il proget-to architettonico è stata quelladi accettare i vincoli fisici deidislivelli di quota, non comelimitazione ma come elemen-to compositivo essenziale.Il superamento del dislivello,di circa tre metri, non avvienecon l’ausilio di un impiantomeccanico, ma con l’inseri-mento di una rampa in legge-ra pendenza che diventa essastessa percorso espositivo daipiù forti connotati spaziali.Al fine di capire il funziona-mento dei percorsi, prima diprocedere alla realizzazione sisono eseguiti diversi modelliin varie scale, attraverso pla-stici, simulazioni grafiche tri-dimensionali e simulazioni alvero, con impalcature da can-tiere (vedi sequenza pag. 39).Grazie ad un approccio multi-disciplinare, frutto di una si-nergia di competenze (lo zoo-loogo, il museologo, il museo-grafo, l’architetto, i tecnici, gliimpiantisti) e soprattutto adun controllo di ogni fase delcantiere, dall’esecuzione delleopere architettoniche, a quelleimpiantistiche, al coordina-mento dei pannelli espositivi,si è raggiunto con efficace es-senzialità uno spazio espositi-vo sicuramente innovativo edapprezzabile.

Didascalie:

1• Rilievo architettonico

2• Progetto architettonico

3• Foto della rampa espositiva

4• Sezione longitudinale

5• Plastico in scala

6• Modello di prova al vero

7• Modello tridimensionaledell’allestimento

8• Modello tridimensionaledelle strutture

9• Allestimento delle strutture

10• Vista interna dell’allestimentodella sala

∏ π

ª

º

Ω

æ

ø

Page 18: Arch 61

architetti verona - n° 6144

a cura di federico castagna

biblioteca

Wassily KandinskyPunto linea superficie

Adelphi Edizioni

Kandinskji Vasilij Vasilevic - Pittore russo(Mosca, 1866 - Neuilly-sur-la Seine, 1944).Laureatosi in diritto ed economia, si specia-lizzò in studi etnografici, interessandosi an-che di letteratura e di musica, Nel 1896 ab-bandonò ogni attività per dedicarsi esclusiva-mente all’arte; fu a Monaco di Baviera, allie-vo di F. von Stuck, quindi viaggiò per l’Euro-pa e l’Oriente. In tempo conobbe il musicistae pittore lituano M. K. Ciurljonis che tentavadi esprimere con variazioni coloristiche lesinfonie musicali; tali tentativi avranno unagrande influenza sulla formazione artistica diVasilij Vasilevic Kandinskij che, in rapportocon gli espressionisti prima, quindi tra i fon-datori del gruppo tedesco “Der blaue Reiter”,si staccherà poi, verso il 1910, da ogni rap-porto col mondo figurativo per iniziare l’a-strattismo. In tale indirizzo è portato ancheda contemporanee correnti parapsicologicheed estetiche, in relazione ad un positivismoche aveva oramai fatto il suo tempo. Nel1912 diffonde la propria tecnica simbolisticain Uber das Geistige in der Kunst, esprimen-do nel contempo composizioni pittoriche chesono vere sinfonie coloristiche, di una forzache nel campo dell’arte astratta rimarrà insu-perata. Successivamente. verso il 1920 (e nelfrattempo era rientrato in Russia insegnandonell’università di Mosca), la sua pittura si in-dirizza verso un astrattismo architettonico,ulteriore modificazione di una pittura che, sepure espressa attraverso elementi diversi, sia-no essi geometrici o puramente decorativi,conserverà sempre un’impronta di altissima

poesia e di profonda sensibilità musicale. Nel1921, in urto con la cultura sovietica, lasciòla Russia per la Germania, ove insegnò nei“Bauhaus” di Weimar e di Dessau. Nel frat-tempo pubblicò un nuovo libro (nel 1915aveva anche scritta un’autobiografia, Ruck-blicke), il trattato Punkt und Linie zu Flache(Punto linea e Superficie), del quale ci occu-peremo in questo numero. Nel 1934, sop-presso dal regime nazista il “Bauhaus” di Des-sau (che nel frattempo era stato trasferito aBerlino), K. raggiunse la Francia, stabilendosia Parigi, ove le sue diverse esperienze perven-nero ad un pittura innegabilmente cerebraleed intellettualistica, sempre tuttavia elevantesia vette di alta poesia. Tra le sue opere più vali-de, dei diversi periodi, ricordiamo Le troikadel 1906, i Paesaggi visionari del 1908-09, laComposizione n. 4 del 1911, la Composizio-ne n. 7 del 1913, anno in cui dipinse anche ilPaesaggio con macchia rossa e La cime bian-ca, il Segmento blu del 1921, il Rosa-acutosilenzioso del 1924, l’Accompagnamento innero dello stesso anno, il Movimentato del1935, e le Composizioni degli ultimi anni.

La recensione di un testo come Punto LineaSuperficie risulta quantomai complessa siaper la nudità della sua essenza, sia per la prag-maticità dei contenuti. Alla base del libro cisono i corsi che Kandinskij teneva nel 1922al Bauhaus. In essi egli mirava soprattutto adindividuare la natura e le proprietà degli ele-menti fondamentali della forma, perciò in-nanzitutto del punto, quindi della linea e in-fine della superficie.

In analogia con questo radicalismo, ho pen-sato di proporre una schematizzazione deicontenuti del volume finalizzata alla com-prensione dei concetti che hanno caratteriz-zato in modo straordinario il modo di com-porre nel corso del secolo passato.

Punto Linea SuperficieOgni fenomeno può essere visto in due di-

verse maniere: Esterni - Interno; allo stessomodo, i movimenti avvolgono gli uomini, licircondano, un gioco di tratti e di linee oriz-zontali, verticali che attraverso il movimentosi volgono in direzioni diverse.

Bisogna distinguere gli elementi dell’arte:elementi primari ed elementi secondari. Nel-l’uno e nell’altro caso è necessario stabilireuna graduatoria organica.

L’ideale di ogni ricerca è:1. investigazione pedante su ogni singolo

fenomeno - considerato isolatamente,2. interazione dei fenomeni - composizioni

3. conclusioni generali che si debbono trar-re dalle prime due parti.

Il PuntoIl punto geometrico è il legame più alto fra

il silenzio e la parola. Nella realtà il punto as-sume una connotazione pratico-convenzio-nale (scrittura, musica ecc.); nella pittura ilpunto vive come entità autonoma.

Bisogna tenere conto:1. del rapporto fra il punto e la superficie

dei fondo per quanto riguarda la grandezza2. del rapporto di grandezza rispetto alle al-

tre forme.Il punto ha una sua forma esterna, deve es-

sere considerato come l’elemento originariodella pittura e della grafica ed è la forma piùconcisa nel tempo.

Nella plastica e nell’architettura, il punto èil risultato dell’intersezione di più superfici -rappresenta l’estremità di un angolo nellospazio e dall’altra parte, il nodo da cui nasco-no queste superfici. Le superfici debbono vol-gersi verso il punto e dal punto svilupparsi.

La linea è il punto stesso che perde la sua vi-ta a causa di una forza esterna e dà origine aduna nuova entità, che vive di vita nuova, au-tonoma e obbedisce, quindi, a leggi proprie.

LineaLa linea geometrica è una entità invisibile.

È la traccia del punto in movimento, dunqueil suo prodotto. Nasce dal movimento. Essa èquindi la massima antitesi dell’elemento pit-torico originario, ovvero il punto. La lineapuò essere definita precisamente come ele-mento secondario.

La retta rappresenta la forma più concisadell’infinita possibilità di movimento.

Gli elementi della pittura sono risultati realidel movimento, e precisamente nella forma:

1. della tensione2. della direzione.Esistono tre tipi fondamentali di rette:1. l’orizzontale: essa è una base portante

fredda, è la forma più concisa dell’infinitapossibilità di movimento freddo.

2. La verticale: essa è la forma più concisadell’infinita possibilità di movimento caldo.

3. La diagonale: essa è la forma più concisadell’infinita possibilità di movimento freddo-caldo.

Questi tre tipi sono le forme più pure dellerette, che si differenziano tra loro per la tem-peratura.

Tutte quante le altre rette sono solo devia-zioni, piccole o grandi, dalle diagonali. Le

architetti verona - n° 61 45

differenze nella maggiore o minore inclina-zione verso la freddezza o il calore determina-no i loro suoni interni.

Le rette che si organizzano attorno a puntodi contatto comune formano una nuova for-ma: una superficie, nella chiara forma di cer-chio.

La differenza fra le diagonali e le altre lineesimili alle diagonali, che a ragione, si potreb-bero chiamare rette libere, è anche una diffe-renza di temperature, a causa della quale lerette libere non possono mai giungere a unequilibrio fra caldo e freddo.

Le rette libere possono essere:1. centrali2. acentrali.Ciò che differenzia la diagonale dalle rette

libere è il suo modo di aderire stabilmente al-la superficie; ciò che la differenzia dalle oriz-zontali e verticali è una maggiore tensione in-terna. La linea spezzata nasce dalla pressionedi due forze. La linea spezzata porta già in sequalcosa che appartiene alla natura della su-perficie. La superficie sta nascendo e la lineaspezzata diventa un ponte.

Le linee spezzate concorrono alla formazio-ne di un angolo, il quale, quanto più è acuto,tanto più si avvicina al calore intenso e vice-versa si affievolisce a mano a mano che si pro-cede verso l’angolo retto (rosso) e la freddezzacresce sempre di più finché si forma l’angoloottuso, un tipico angolo azzurro, che prean-nuncia la curva e, nel suo ulteriore procedere,ha come fine ultimo il cerchio.

Ma poiché gli angoli tipici nel loro ulterioresviluppo, possono prendere la forma di su-perfici (triangolo, quadrato, cerchio), possia-mo trarre la seguente conclusione: i suoni e leproprietà delle componenti, producono neisingoli casi, una somma di proprietà che noncoincide con la proprietà di base.

La linea pluriangolare può essere compostacombinando angoli acuti, retti, ottusi, liberi eprendendo segmenti di lunghezza diversa. Sedue forze agiscono simultaneamente sul pun-to e cioè in modo che una forza eserciti conti-nuamente e sempre nella stessa misura unapressione maggiore dell’altra, ha origine unalinea curva, nel suo tipo fondamentale di li-nea curva semplice. La differenza interna conla retta è data dal numero e dal tipo delle ten-sioni. Nell’angolo c’è qualcosa di sconsidera-tamente giovanile, nella curva un’energia ma-tura, giustamente cosciente di se stessa.

La linea retta e la linea curva formano lacoppia di linee originarie antitetiche. Mentrela retta è una piena negazione della superficie,la curva contiene in sé un nucleo della super-ficie.

Da una parte abbiamo la totale assenza dilinee rette ed angoli, dall’altra tre rette conangoli - queste sono le caratteristiche delledue superfici primarie, che costituiscono lamassima antitesi. Così queste due superficisono contrapposte come coppia di superficioriginarie antitetiche.

Una linea curva complicata o ondulata puòessere costituita da:

1• parti geometriche del cerchio;2• parti libere;3• diverse combinazioni delle due.

Le linee geometrico ondulate differisconodalle curve libero ondulate per difformi forzespingenti - accentuazioni.

L’accentuazione della linea è un graduale ospontaneo accrescersi o decrescere della forza.Quindi si può sostenere che la fonte origina-ria di tutte le linee rimane la stessa: la forza.

La collaborazione della forza con il materia-le dato, introduce nel materiale l’elemento vi-tale, che si esprime in tensioni. Le tensioni, aloro volta, esprimono l’aspetto interno dell’e-lemento. L’elemento è i risultato reale del la-voro della forza sul materiale. Così la compo-sizione non è altro che un’organizzazioneesatto-normativa delle forze vive, racchiusenegli elemento sotto forma di tensioni.

Per quanto riguarda il ruolo e il significatodella linea nella plastica e nell’architettura,non c’è bisogno di dimostrazioni - la costru-zione nello spazio è, di per sé, una costruzio-ne lineare. Il principio di costruzione descrit-to deve essere designato come freddo -caldo ocaldo - freddo, secondo che sia accentuata laorizzontale o la verticale.

Le opere costruttivistiche degli ultimi annisono generalmente e soprattutto nella loroforma originaria, costruzioni pure o astrattenello spazio, non destinate a un uso praticofunzionale e ciò differenzia queste opere dal-l’ingegneria e ci costringe quindi a farle rien-trare nel campo dell’arte pura.

La linea si ritrova con estrema frequenzanella natura. Le leggi di composizione dellanatura aprono all’artista la possibilità di con-trapporre ad esse le leggi dell’arte. Noi sco-priamo quindi le leggi dell’accostamento edella contrapposizione, che stabilisce dueprincipi: il principio del parallelismo ed ilprincipio del contrasto, come si è mostratonelle combinazioni delle linee.

Punto - quiete. Linea - tensione mossa dal-l’interno, nata dal movimento. I due elemen-ti - incroci, combinazioni, che formano unlinguaggio proprio non raggiungibile con leparole. L’esclusione dell’accessorio che atte-nua e oscura il suono interiore di questo lin-guaggio, conferisce all’espressione pittorica lamassima concisione e la più alta precisione. Ela pura forma si mette a disposizione del con-tenuto vivente.

Superficie di fondoPer superficie di fondo s’intende la superfi-

cie materiale destinata ad accogliere il conte-nuto dell’opera. Essa è determinata da due li-nee orizzontali e due linee verticali.

Il prevalere di una o dell’altra coppia, cioè ilprevalere della larghezza o dell’altezza, deter-mina di volta in volta il prevalere del freddo odel caldo nel suono oggettivo. Così i singolielementi vengono messi fin dal principio inun’atmosfera più fredda o più calda.

La forma più oggettiva della superficie difondo schematica è il quadrato - le due cop-pie di linee delimitanti hanno una uguale for-za sonora. Freddo e caldo si compensano re-ciprocamente.

Ogni superficie di fondo schematica, chepuò essere prodotta da due linee orizzontali edue verticali, ha in conseguenza, quattro lati.E ciascuno di questi lati sviluppa un suono

proprio a lui solo, che va oltre i limiti dellaquiete calda e della quiete fredda.

Così la superficie di fondo, da organismoprimitivo e vivente, si trasforma, attraversoun giusto trattamento, in un altro organismovivente, che non è più primitivo, ma rivelatutte le proprietà di un organismo sviluppato.

Il sopra suscita l’immagine di una maggiorescioltezza, un senso di leggerezza, liberazione.

Il sotto ha un effetto del tutto opposto:condensazione, pesantezza vincolo.

Quanto più ci si avvicina al limite inferioredella superficie di fondo, tanto più densa di-venta l’atmosfera. La libertà del movimento èsempre più limitata. L’impedimento raggiun-ge il suo massimo.

La parte sinistra della superficie di fondo cidà una impressione di maggior scioltezza, unsenso di leggerezza, di liberazione, e infine dilibertà. Si ripete così la caratterizzazione del-l’alto. La sinistra viene per così dire contagia-ta dall’alto.

Così come la sinistra della superficie di fon-do è interamente affine al sopra, la destra è iun certo modo la continuazione del sotto -continuazione con lo stesso indebolimento.

Il movimento verso sinistra - andare fuori -è un movimento verso la lontananza.

Il movimento verso destra - rinchiudersi - èun movimento verso casa. Quanto più vaverso destra, tanto più questo movimento di-venta debole e lento.

Se si traccia una diagonale attraverso unasuperficie di fondo quadrata, questa diagona-le forma - rispetto all’orizzontale - un angolodi 45°. Passando dalla superficie di fondoquadrata ad altre superfici rettangolari, la dia-gonale tenderà sempre più verso la verticale ol’orizzontale.

Il punto di intersezione tra le due diagonalidetermina il centro della superficie di fondo.

La divisione della superficie di fondo inquattro piccole superfici determina la legge-rezza o la pesantezze delle medesime.:

I° quadrante: leggeroII° quadrante: medioII° quadrante: pesanteIV° quadrante medioLa combinazione di questi fatti è determi-

nante e ci consente di stabilire quale dellediagonali I-III o II-IV debba dirsi armonica equale disarmonica:

1. La diagonale I-III è armonica e rappre-senta una tensione lirica (o contrasto blando)

2. La diagonale II-IV è disarmonica e rap-presenta una tensione drammatica (o contra-sto estremo)

Nell’avvicinarsi al margine della superficiedi fondo una forma guadagna in tensione,finché questa tensione, nel momento del suocontatto col margine, improvvisamente cessa.E quanto più lontana dal margine della su-perficie di fondo si trova una forma, tantopiù diminuisce la tensione della forma versoil margine. Oppure: le forme che si trovanopiù vicine al margine della superficie di fon-do elevano il suono drammatico della costru-zione, mentre la forme che sono lontane dalmargine e che si raccolgono maggiormenteintorno al centro, danno alla costruzione unsuono lirico.

Page 19: Arch 61

AOSTA

“L’arte del gioco. Da Kleea Boetti”Museo Archeologico RegionalePiazza Roncas 1Fino al 13 maggioTutti i giorni 9-19Tel. 0165-31572

BRESCIA

“Impressionismo italiano”Palazzo MartinengoVia Musei 30Fino al 23 febbraioOrario 9.30-19.30Chiuso lunedìTel. 030-297551

CHIVASSO (TO)

“Fulvio Roiter - Fotografie1948-1978”Palazzo del Lavoro edell’Economia L.EinaudiFino al 9 marzoMar./ven. 16-20 - Sab./dom. 9-22Tel. 011-9115456

CREMONA

“Picasso, Mirò, Dalì tramodernismo e avanguardia”Museo Civico Ala PonzoneVia Ugolani Dati 4Fino al 4 maggioOrari 9-19 chiuso lunedìTel. 0372-31222

MILANO

“Dipinti e sculture dal MuseoJacquemart-Andrè di Parigi”Museo Poldi PezzoliVia Manzoni 12Fino al 16 marzoOrari 10-18 chiuso lunedìTel. 02-794889

“Le città In/Visibili”Triennale - Viale Alemagna 6Fino al 9 marzoOrari 10.30-20 chiuso lunedìTel. 02-724341

“Nuova architettura tedesca”Triennale - Viale Alemagna 6Fino al 14 marzoOrari 10.30-20 chiuso lunedìTel. 02-724341

“Brera mai vista. Tra Arcadia eIlluminismo in Lombardia”Pinacoteca di BreraVia Brera 28Fino al 6 aprileOrari 8.30-19.15 chiuso lunedìTel. 02-89421146

NAPOLI

“Francesco Clemente”Museo ArcheologicoPiazza Museo 19Fino al 31 marzoOrari 9-19 chiuso martedìTel. 848800288

PARMA

“Parmigianino e il manierismoeuropeo”Galleria nazionale di ParmaFino al 15 maggioTutti i giorni 9.30-19.30Tel. 199.199.100

RAVENNA

“Da Renoir a De Stael. RobertoLonghi e il Moderno”Museo d’Arte della CittàSoggetta LombardescaVia di Roma 13Dal 23 febbraio al 30 giugnoOrari 9-18 chiuso lunedìTel. 0544-482791

RIVOLI (TO)

“Transavanguardia”In mostra opere del movimentoartistico dal 1979 al 1985Museo d’Arte ContemporaneaPiazza Mafalda di SavoiaFino al 23 marzoMart./ven. 10-17 - Sab./dom. 10-19Chiuso lunedìTel. 011-9565222

ROMA

“Giacomo Manzù. L’uomo el’artista”- Esposte circa 150 opere trasculture, disegni e quadri delcelebre artistaPalazzo VeneziaVia del Plebiscito 118Fino al 2 marzoTutti i giorni 10-20Tel. 06-32650712

“Incontri”- Opere di Kounellis, Paladino,Accardi, Clemente ed altriGalleria BorgheseP.le Scipione Borghese, 5Fino al 9 marzoOrari 9-19.30Chiuso lunedìTel. 06-32810

“La Famiglia”- Momenti di storia e immaginidel XX sec.Museo del CorsoVia del Corso 320Fino al 9 marzoOrario 10-20 chiuso lunedìTel. 06-6786209

ROVERETO (TN)

“Le stanze dell’arte”Figure e immagini del XX sec.MART - Corso Bettini, 43Fino al 13 aprileTutti i giorni 10-18Mercoledì e venerdì 10-22.30Chiuso lunedìTel. 0464-438887

TREVISO

“L’Impressionismo e l’età diVan Gogh”Casa dei CarraresiVia Palestro 33/35Fino al 30 marzoLunedì/Giovedì 9-20Venerdì/Domenica 9-22Tel. 0438-21306

“Adolf Hohenstein (1854-1928)”- Mostra monografica al pionieredella grafica pubblicitaria.Palazzo GiacomelliFino al 30 marzo

Lun./sab. 10/12.30-14.30/19Domenica 15/19Tel. 0422-294449

TRIESTE

“Dudovich. Oltre il manifesto”- Un’ampia retrospettiva a 40 annidalla morte.Museo Rivoltella - Via Diaz, 27Fino al 30 aprileOrario 9/14-16/21Chiuso martedìTel. 040-300938

VENEZIA

“I Faraoni”Palazzo Grassi - San Samuele 3231Fino al 25 marzoTutti i giorni 10-19Tel. 199-139139

“Stanze di vetro”Palazzetto TitoSan Barnaba 2826Fino al 25 marzoOrari 14.30-19Chiuso martedìTel. 041-5807797

VERONA

“Futurismi a Verona”Officina d’ArteCorso Porta Corsari 17Fino al 30 marzoTutti i giorni 15.30-19.30Sab. 10.30/12.30-15.30/19.30Tel. 045-8031723

“Lucio Fontana”Palazzo FortiCorso S.AnastasiaFino al 9 marzoOrari 9.30-19 - chiuso lunedìTel. 045-8001903

“Stile di Caccia. Luigi CacciaDominioni. Case e cose daabitare”Museo di CastelvecchioCorso Calstelvecchio 2Fino al 9 marzoOrari 8.30-19.30Lunedì 13.30-19.30Tel. 045-8001903

a cura di morena alberghini

calendarioFEBBRAIO - MARZO

Page 20: Arch 61

61

Edit

ori

ale

• N

ext.

.. o

r n

ot.

.. n

ext?

•C

+S

Ass

oci

ati:

op

ere

e p

rog

etti

•C

on

cors

i / a

pp

un

ti.d

oc

•“E

lett

rosm

og

”: le

gg

i, n

orm

ativ

e, r

ileva

men

tie

mis

ure

di t

ute

la •

Vet

ro s

tru

ttu

rale

• S

teve

n H

oll

Arc

hit

etto

. No

te d

i vis

ita

alla

mo

stra

• L’

ered

ità

dei

fu

turi

sti•

Mo

stra

: Tra

nsa

van

gu

ard

ia •

1°“P

ian

o”

• Bi

blio

teca

• C

alen

dar

io