AQ19bis Speciale don Silvano

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SUPPLEMENTO AL NUMERO 19 EDIZIONE SPECIALE SILVANO COCOLIN 21/09/1938 - 13/04/2008

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EDIZIONE SPECIALE 21/09/1938 - 13/04/2008 SUPPLEMENTO AL NUMERO 19

Transcript of AQ19bis Speciale don Silvano

SUPPLEMENTO AL NUMERO 19

EDIZIONE SPECIALE

Silvano CoColin 21/09/1938 - 13/04/2008

LETTERA APERTA A TUTTE LE FAMIGLIE DI CERVIGNANO

E IN PARTICOLARE A 7 DI LORO

In seguito a gravi episodi verificatisi all’interno del Ricreatorio San Michele, ad opera di ragazzi indisciplinati, don Silvano e don Moris hanno chiesto ai genitori degli interessati un colloquio personale, in cui discutere le cause di tali comportamenti e avviare insieme un progetto educativo. In un primo momento, tutti hanno accettato l’invito; purtroppo, però, solo un ristretto numero di genitori si è presentato. La reazione di don Silvano non si è fatta attendere: il 14 marzo 2008, a nome anche di don Moris, ha scritto una lettera indirizzata alle sette famiglie cervignanesi che non hanno partecipato all’incontro. Sono righe molto dure, in cui la passione e il carattere di don Silvano emergono in tutta la loro forza: una riflessione sul tema dell’educazione, a lui così caro, il cui messaggio è in realtà rivolto a tutti.

Sono obbligato a scrivervi, per la mia dignità e, soprattutto, per rispetto alla dignità dei vostri figli. La mia vuole essere una lettera aperta, perché tutti possano conoscere ciò che succede, ma anche personale, per alcuni di voi, ai quali verrà inviata.Da qualche tempo i vostri figli non si comportano bene nel nostro Ricreatorio: hanno formato gruppo, sfidando gli adulti che li avvicinano, si comportano male con i loro amici. Se ne parla tanto in questi giorni a Cervignano del ‘bullismo’. I vostri figli lo esprimono molto bene. Don Moris me ne ha parlato e abbiamo deciso di fare un incontro con voi, proprio con i genitori, perché convinti che se i ragazzi presentano dei problemi, la causa massima di questo risiede nei genitori. Il desiderio era di trovare un piano comune di lavoro.E voi sapete che don Moris vi ha telefonato ed è venuto anche nelle vostre abitazioni per chiedervi un incontro assieme.A parole avete accettato di partecipare a questo incontro, ma il giorno dopo solo in 4 di voi su 11 vi siete presentati. L’incontro con questi 4 genitori è stato altamente positivo e di vera collaborazione e ci dà speranza per il futuro.

Ma voi, che non vi siete presentati, che uomini siete? Indubbiamente uomini senza parola, dei ‘quaqquaraquà’!E allora non mi è difficile capire da dove nasce il disagio dei vostri figli. È certamente causa vostra e solo vostra. Quando un genitore non si interessa neppure della crescita del proprio figlio, che adulto è?

Può avere un’automobile di grossa cilindrata, telefonini e televisori al plasma, o altre sciocchezze del genere, ma è un disgraziato, un nullatenente.

Quando ero ragazzo, i miei vecchi, quando volevano esprimere un loro giudizio positivo su una persona, dicevano: «È un uomo di parola». E questo bastava! Avevano ragione.Io vorrei che vi offendeste per quanto vi scrivo, ma soprattutto che questa fosse un’occasione per chiedervi cosa volete per i vostri figli.Io credo, e non sono pensieri miei soltanto, che i vostri figli hanno solo voi.Né la scuola, né la parrocchia, né altre istituzioni possono fare nulla, se voi non riprendete in mano un rapporto forte e cordiale con i vostri figli.E ora cosa potete fare?Se vi rimane un po’ di dignità, almeno una cosa dovete farla. Dite a vostro figlio: «Figlio, io vorrei che tu diventassi più maturo di me, che, come vedi, non ci sono riuscito per niente. Per questo abbi coraggio, presentati almeno tu da don Moris e chiedigli cosa potete fare assieme per crescere nella vita e nei rapporti con le altre persone. Ascolta ed esprimi le tue perplessità e i tuoi problemi!»

E Dio altissimo ci aiuti!Il nostro futuro può diventare molto oscuro e addirittura addensarsi di paure, se non riusciamo a proporre ai nostri figli il sorriso, la passione per la vita, il gusto del vivere, del fare festa e di comunicarci la vita nella fraternità. È vero: tutto rema contro questo progetto.Che almeno la famiglia li ami e li segua!

Oggi non riesco a salutarvi con affetto (e spero mi perdonerete), ma con qualche speranza, sì.

Cervignano, 14 marzo 2008

DON SILVANO, A NOME ANCHE DI DON MORIS

Nipote che imita il nonno: una foto che per don Silvano era il simbolo stesso dell’educazione e dei valori legati alla famiglia, temi che sono sempre stati al centro della sua missione pastorale.

Scrivere un pensiero su don Silvano in un momento come questo mi risulta davvero difficile. Ci sarebbero così tante cose belle da dire su di lui che non saprei neppure da dove cominciare.

Forse la cosa migliore è ripensare e condividere con voi le parole che più ho sentito rivolgermi in questi giorni: «Sei stato fortunato ad aver avuto don Silvano accanto a te in questi anni». Sì, è proprio vero, sono stato molto fortunato ad aver avuto accanto a me l’esempio di don Silvano nei primi anni del mio sacerdozio. Anche perché sono proprio gli anni in cui ogni giovane sacerdote ha bisogno di una guida esemplare per avviare bene il proprio ministero.

Ricordo don Silvano innanzitutto per essere stato un ‘uomo di relazione’. Aveva un carisma quasi unico nell’entrare in confidenza con le persone, nell’amarle, ascoltarle e, al tempo stesso, nel farsi rispettare. In poco tempo diventava un amico per tutti, un compagno di vita e per molti un autentico padre spirituale. Mi diceva spesso: «Per verificare la tua spiritualità, devi verificare i tuoi rapporti. Se le tue relazioni con le persone crescono e si fortificano, allora anche la tua fede cresce e si fortifica».

Don Silvano era anche un uomo libero. A molti, in questi giorni, ho confidato di non aver mai incontrato una persona libera come lui. Don Silvano era libero con se stesso, nel dire le cose, nel relazionarsi. Non l’ho mai

GRAZIE DON SILVANO!di don Moris

6 maggio 2005: Ersilio Tonini a Cervignano per Crossroads

visto condizionato da qualcuno, tantomeno dalle cose.

Don Silvano era ‘l’uomo del sì’, ma sapeva anche lanciare appelli forti e richiami autorevoli. Quando una persona veniva in canonica a chiedergli qualcosa, la sua prima risposta era sempre «sì». Ma al tempo stesso, chi di noi non ricorda il suo ultimo appello alle famiglie di Cervignano sull’educazione dei propri figli?

Ma don Silvano è stato anche e soprattutto un uomo di preghiera. Le sue omelie, soprattutto in quest’ultimo periodo della sua malattia, sono state una vera testimonianza dell’intimo rapporto che egli aveva col Signore. Lo ricordo ancora quando la sera, seduto nel suo ufficio, pregava il breviario dopo una giornata lunga e faticosa.

Don Silvano era anche l’uomo del sorriso, della battuta sempre pronta, della festa, del canto, della musica… Chissà se un giorno riuscirò a dare un ordine a tutte queste cose e a farle mie.

Grazie davvero, don Silvano, per tutto quello che sei stato e che hai dato a me, alla nostra comunità, a tutte le persone che hai incontrato sul tuo cammino. Spero solo di riuscire a mettere in pratica tutto quello che mi hai dato per poter diventare veramente un buon pastore. Un buon pastore come tu sei stato per tutti noi.

DON MORIS

Avremmo potuto fare ricorso ad una retorica strappalacrime, ma sono convinto che Silvano Cocolin da Saciletto non ne sarebbe stato contento. «Perché la parola è uno dei doni più grandi che l’uomo possieda. Purtroppo, spesso la usiamo in modo scriteriato, altre volte ci dimentichiamo proprio di utilizzarla». Ricordo ancora il giorno in cui, un paio di anni fa, seduti nel suo ufficio in canonica, don Silvano mi espresse questo concetto. Discutevamo di Alta Quota. Quello che lui, con orgoglio, definiva semplicemente ‘il giornale’. Senza bisogno di distinguo. Tanto che quando accennai alle difficoltà nel fronteggiare i costi tecnici di realizzazione, mi fulminò con lo sguardo: «Cervignano non ha mai avuto nulla di simile. Ti rendi conto di quante persone tra loro diverse, giovani e adulti, Alta Quota sta riuscendo ad avvicinare? A tutto questo non c’è prezzo». Don Silvano era fatto così. Niente compromessi. Mai un piede in due scarpe. Sempre deciso nel seguire quella che riteneva la strada giusta. Spesso la più impervia. Questo lo posso affermare senza paura di smentite: di fronte alle decisioni più gravi, lui non ha mai optato per soluzioni di comodo. Ha sempre seguito i propri principi, ascoltando senza vacillare la propria coscienza. Anche andando contro corrente. A volte, contro tutti.L’esempio più eclatante a riguardo mi riporta indietro nel tempo di due anni. Il 4 aprile del 2006. Eravamo nuovamente nel suo ufficio, ma questa volta in una circostanza più formale. Il giorno prima aveva dato ospitalità nel parcheggio dell’asilo parrocchiale ad una famiglia di nomadi accampata in una roulotte. Decisione che aveva scatenato il pandemonio. In quel periodo seguivo la vicenda per un quotidiano locale e, dopo le accuse rivoltegli da alcuni genitori dei piccoli allievi («ritiriamo i bambini se non sparisce la roulotte» era il ritornello più gettonato), mi trovavo lì per raccogliere la sua versione.«Mi sono messo contro tutto il paese», disse in tono sarcastico. Ma il suo tentativo di sdrammatizzare, quella volta, non convinse nemmeno lui. «C’è una famiglia con quattro figli in difficoltà e tutti pensano solo a dove non devono stare. Se dovesse essere necessario, li porterò qui in canonica». Scanso fin da subito tentazioni moralistiche: in quel momento non la pensavo come lui. Gli dissi che se avessi avuto un figlio all’asilo, probabilmente, avrei avuto la stessa reazione di quei genitori. Fece un grande sorriso e, candidamente, mi rispose: «E se invece tu avessi un figlio in quella roulotte?». Attese per qualche istante una mia replica. Spiazzato da quella lezione, non seppi proferire parola. Poco più tardi, prima di salutarci, sulla porta mi disse: «Ricordati, un uomo che non ha paura di lottare per ciò in cui crede è un uomo libero».E don Silvano ha sempre saputo lottare. Fino all’ultimo. Anzi, proprio nel momento più difficile, quello in cui la chemioterapia riduce le forze, i bollettini medici piegano l’umore e gli atteggiamenti di chi ti sta affianco rischiano di deragliare nella compassione, lui ha rilanciato. Dimostrando un amore sterminato per la sua Comunità. Perché prima che la malattia potesse averla vinta, don Silvano aveva bisogno di una convinzione: che certi semi non sarebbero andati dispersi. Anche per questo, quando nelle ultime settimane il male si era portato irrimediabilmente in vantaggio, lui aveva voluto chiudere a modo suo la partita. In un paio di giorni decise di invitare a pranzo volontari e amici che avevano dato il loro contributo durante la Settimana Santa di quest’anno. E sono convinto che la Comunità riunita, intenta a far festa insieme all’interno della rinnovata sala parrocchiale, probabilmente, è stata per lui l’istantanea più bella con cui chiudere l’album di una vita dedicata al prossimo.Esattamente come il suo progetto più ambizioso: la casa di accoglienza per le persone bisognose. Lo definiva il suo «sogno»; ora diviene la missione della Comunità. In una sorta di ideale passaggio del testimone: don Silvano ha tracciato la via, a noi il compito di seguirla. Con buona pace per gli immancabili detrattori, che mi obbligano ad aprire rapidamente una parentesi per rispondere a chi, nei giorni scorsi, non ha certo brillato per buon senso con commenti di questo genere: «Il parroco ha iniziato tante cose per poi lasciare agli altri la rogna di completarle». Rispondo senza sprecare troppo inchiostro: prima di commentare, entrate in duomo e contemplate in silenzio gli affreschi che lo decorano. Poi, prima di tornare a casa, passate un salto all’interno della nuova sala parrocchiale a disposizione di tutta la città. Se, infine, oltre che per chiacchierare, avete un po’ di fiato anche per camminare, allungate il tragitto fino in ricreatorio, per osservare l’inizio dei lavori del nuovo campo di calcio in erba sintetica per i giovani di Cervignano e non solo. Chiusa la parentesi. Punto. Attenzione, tuttavia, anche agli Osanna vuoti e puramente

L’ESEMPIO DI UN UOMO LIbEROdi Andrea Doncovio

di circostanza: modo peggiore per ricordare un uomo vero non credo si possa trovare. Perché come a don Silvano piaceva ripetere, «la ragione la si dà agli stupidi. Quello di cui abbiamo bisogno sono i fatti».Per questo motivo, nel momento della commemorazione, seguendo il suo esempio, voglio andare in controtendenza. Rilanciando. Perché, dopo la sua morte, non potremmo fargli affronto più grande che comportarci come dei «quaqquaraqquà». Ripenso alla lettera che, poche settimane or sono, don Silvano aveva indirizzato ad alcune famiglie cervignanesi (e che riportiamo in queste pagine). Dopo essere state invitate ad un confronto in ricreatorio a seguito di comportamenti poco educativi da parte dei loro figlioli, dopo aver dato la propria conferma di partecipazione e dopo aver pensato bene di non presentarsi all’incontro, scorsi nei suoi occhi un fiume in piena. Quella stessa sera in canonica - al termine di un appuntamento di cui parleremo fra qualche riga - per la prima volta lo vidi realmente offeso. Ma, anche, più determinato di sempre. Mi disse solo quattro parole: «Ora ci penso io». Quello che scrisse lo potete rileggere da soli. Le risposte che ricevette, invece, no. Semplicemente perché non ve ne furono. L’indifferenza più totale. «Ma in che razza di società malata viviamo?» ci chiese poche sere più tardi, tornando sull’argomento. Ad ascoltarlo eravamo in nove persone. Un gruppo nato dalla sua ultima idea. Quella di una politica nuova. Senza divisioni ideologiche o preconcetti di parte. Con l’uomo cristiano di nuovo protagonista attivo della vita cittadina, comunitaria e amministrativa. Due volte al mese ci ritrovavamo assieme studiando e discutendo la Dottrina sociale della Chiesa. «Perché la nostra Cervignano - ripeteva costantemente - ha bisogno di un progetto nuovo, in cui la Comunità torni a partecipare alla vita politica». Negli ultimi giorni, quando la fatica non voleva saperne di abbandonarlo, costringendolo a letto, il suo invito era stato imperterrito: «Continuate a trovarvi lo stesso, anche senza di me». Per la prima volta disobbedimmo. Non ci sembrava giusto proseguire senza aspettarlo. Ora, invece, tale

�scelta diventa un dovere. Perché anche questo seme non deve andare disperso. Anzi, deve coinvolgere sempre di più la Comunità. Quella che insisto a scrivere con la C maiuscola. E di cui, poco qui sopra, ho lasciato in sospeso un incontro importante. Per la precisione un appuntamento voluto da don Silvano con i rappresentanti delle diverse realtà che gravitano nel mondo parrocchiale e il Consiglio degli affari economici della parrocchia. Un mercoledì di marzo in cui ciò che fino a quel momento era sempre sembrato una chimera, di colpo è apparso piacevolmente semplice. La condivisione delle attività e, soprattutto, delle diverse problematiche da affrontare. «Così tutti possiamo darci una mano»: paradossalmente, una delle sue frasi più ripetute. Eppure, ebbe l’effetto di una rivelazione. Perché spesso impegnati a coltivare il proprio orticello, smaniosi di renderlo il più bello del reame, ancora oggi perdiamo di vista l’obiettivo comune: per l’appunto, il bene della Comunità. Un bene che non possiamo permetterci di delegare ad altri. Ma che dobbiamo quotidianamente ricercare rimboccandoci le maniche. Un concetto caro a don Silvano, che mi spinge a recuperare dalla memoria l’ultimo ricordo da condividere con i lettori: quello di un sabato pomeriggio in cui mi disse che le persone «dovrebbero smettere di chiedere cosa può fare la comunità per loro, pensando piuttosto a cosa potrebbero fare loro stessi per la comunità». Scherzando, gli risposi che prima di lui, usando altri termini, la frase l’aveva già pronunciata Kennedy quarant’anni fa. Sorrise. Ma capii subito che avrebbe avuto lui l’ultima parola: «In realtà, usando altri termini, la frase l’aveva già pronunciata Cristo duemila anni fa. Peccato che pochi ne seguano l’esempio».Fortunatamente per noi, invece, don Silvano ha saputo farlo. Tracciando una via inconfondibile, eppure non facile da percorrere. Fatta di principi, di amore e di umanità. Ecco perché ancora una volta, permettendomi di utilizzare un plurale in cui molti - credo - si riconosceranno, come quando suonavamo alla sua porta per un consiglio o un aiuto, ci rivolgiamo a lui nell’alto dei cieli, invocando la forza di seguire il suo esempio. L’esempio di un uomo libero.

� Don silvano: frammenti Di vitaPubblichiamo di seguito la testimonianza di don Renzo Boscarol, parroco di Ronchi dei Legionari: una breve biografia, con un affettuoso ricordo della vita umana e sacerdotale di don Silvano.

«... perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Con queste parole si concludeva il Vangelo della quarta domenica di Pasqua - dedicata, fra l’altro, alle vocazioni nella Chiesa - e si chiudeva la vita umana e sacerdotale di Monsignor Silvano Cocolin, conosciuto in tutta la diocesi per la sua personalità e la sua intensa opera pastorale: una perdita molto grave per la chiesa goriziana, per il presbiterio e per la gente di Cervignano che da dieci anni lo aveva come parroco. Don Silvano si è spento domenica 13 aprile, poco dopo le ore 8:00, all’ospedale di Udine, dove era stato ricoverato nella serata di venerdì 11: aveva sessantanove anni.

Nato a Ruda il 21 settembre 1938, compiuti gli studi umanistici e teologici al Seminario di Udine, il 29 giugno del 1962 ricevette l’ordinazione sacerdotale ad Aquileia - dov’era parroco lo zio, don Pietro, diventato poi arcivescovo di Gorizia (1967-1982) - per mano dell’arcivescovo Andrea Pancrazio, che lo chiamò ad essere suo segretario. Successivamente, assunse l’incarico di assistente dei gruppi diocesani di Gs e, poi, di Comunione e Liberazione. Dal 1969 e per tutti gli anni Settanta, assieme ad altri due sacerdoti, rivestì l’incarico di responsabile della pastorale giovanile diocesana. Contemporaneamente, don Silvano fu padre spirituale, insegnante di liturgia in seminario, insegnante di religione in diverse scuole superiori di Gorizia (Istituto per geometri e Liceo classico); fu anche a disposizione per il servizio nelle parrocchie e nell’Ufficio pastorale, con particolare riguardo all’animazione vocazionale della chiesa diocesana. Nel 1982, dopo la scomparsa dello zio arcivescovo, divenne parroco a S. Ignazio a Gorizia, dove affrontò con coraggio e intelligenza non solo la vita pastorale, ma anche il restauro completo della chiesa: un compito impegnativo che egli poté portare a termine con grande

determinazione e con intuizioni nuove, grazie alla risposta corale della parrocchia e della città. Alla fine degli anni Ottanta fu chiamato alla responsabilità di vicario generale della diocesi da parte dell’arcivescovo Mons. Antonio Vitale Bommarco: un incarico che tenne insieme con quello di parroco e che gli permise di mettere con impegno la sua esperienza a disposizione del clero.Collaborò per la realizzazione del Sinodo diocesano e fu il coordinatore della visita pastorale del Papa Giovanni Paolo II a Gorizia e nelle diocesi della regione (era il 1992).

Lasciato S. Ignazio, divenne direttore dell’Ufficio pastorale e in seguito parroco ad Aiello del Friuli, per poi passare a Cervignano nel 1998. La riconoscenza della diocesi nei suoi confronti fu manifestata anche con il titolo di Monsignore e Cappellano del Papa. Questi ultimi dieci anni a Cervignano sono stati altrettanto densi di apostolato e di attività innovative, soprattutto nella carità e nelle questioni educative, per le quali aveva un’innata sensibilità e attenzione. Dal momento della scoperta della malattia, la sua testimonianza è stata esemplare: un coraggio straordinario, accompagnato da una fede piena, nella quotidianità,

vissuta fino all’ultima settimana di vita.La sua è stata una vita intensa, con molteplici incarichi pastorali nella diocesi: ruoli e compiti che don Silvano ha onorato con disponibilità e partecipazione attiva, ma anche con distacco, senza alcuna ombra di autoritarismo, poiché fedele soprattutto al valore dell’incontro e del dialogo, del cuore messo al primo posto. Il volto sempre sereno, nascondeva le sue preoccupazioni e le ragioni di un realismo che sconfinava qualche volta nel pessimismo, per rientrare nell’alveo di un rapporto di fede sofferto e vissuto. Dal momento del suo inserimento nella vita diocesana, agli inizi degli anni Sessanta, partecipò attivamente nei gruppi giovanili e in Comunione e Liberazione, con una presenza fattiva e sempre disponibile e una dedizione totale. Sapeva instaurare relazioni profonde e stabilire rapporti umani consistenti, duraturi nel tempo, sempre aperti alla ripresa di attenzioni e alla ricerca di continuità. Con la cordialità e la grande attenzione verso le opinioni altrui che gli erano proprie, anche se non sempre ascoltato, sapeva assumersi le proprie responsabilità e portare i pesi degli altri. Il tema dell’educazione e della formazione - centrale nella missione sacerdotale e nella vita cristiana - sono stati il cuore della sua passione apostolica: per questo non aveva paura a dichiararsi e sapeva cogliere il nocciolo delle questioni, come del resto emerge dalle sue ultime prese di posizione, quando seppe chiedere alle famiglie ed alle istituzioni di non abdicare ai propri ruoli educativi.

Sempre partecipe della vita all’interno del presbiterio - una presenza attiva e puntuale - lascia una testimonianza di amicizia e fraternità, ma anche di consapevolezza e fedeltà: qualità quanto mai indispensabili per la vita sacerdotale. Un’esistenza che è stata indirizzata e compiuta sulle orme del passo evangelico con il quale tanti sacerdoti hanno enunciato la sua dipartita e la sua definitiva collocazione tra i viventi di quella «vita che egli ha cercato di vivere e di comunicare in abbondanza». La sua memoria resta in benedizione.

DON RENZO BOSCAROL

Il rIcordo dI doN PAolo NUTArEllIper anni al suo fianco a Cervignano

Le forti emozioni che la notizia della scomparsa di don Silvano ha suscitato in tutta la diocesi e in gran parte della regione ci sottolineano, se ne avevamo ancora bisogno, l’affetto che tantissime persone nutrivano per lui.Ognuno di noi porta nel suo cuore incontri, parole ed episodi che mostrano la grandezza d’animo di un uomo e di un prete che, con il suo modo di ‘essere’ e successivamente di ‘fare’, ha segnato la storia della Chiesa goriziana.Ho conosciuto don Silvano da giovane seminarista, prima come Vicario Generale e successivamente come Delegato vescovile per il Seminario. Le nostre strade, però, si sono incrociate profondamente nel settembre di dieci anni fa, quando venne nominato parroco di Cervignano.Si potrebbero dire tante cose: io desidero ricordarlo come ‘un prete semplice’… Ma non la semplicità ingenua a cui spesso pensiamo, bensì quella evangelica. Nel suo modo di relazionarsi, ciò che lo guidava erano sempre il Vangelo e la passione per l’uomo di oggi.Era semplice perché immediato nei suoi ragionamenti: andava dritto al cuore dei problemi senza porsi tanti ‘perché’ o ‘ma’. Talvolta qualcuno, me compreso, sul momento ci rimaneva male; poi però, riflettendo, conveniva con lui.Era semplice perché gli piaceva stare in mezzo alla gente, non come amicone, ma come un buon padre di famiglia, sapendo ridere, ma anche aiutando gli altri a sopportare il carico, a volte troppo pesante, della vita.

Era semplice perché il Vangelo è semplice: nelle sue omelie, avendo il dono dell’eloquenza, riusciva a scaldare il cuore e a provocare positivamente le scelte delle persone.Si potrebbero aggiungere tante altre cose, ma certi ricordi desidero rimangano intimi… A noi che lo abbiamo conosciuto spetta il compito di non dimenticare quanto è stato e quanto ha fatto, nonché di guardare avanti nella certezza di ritrovarci in Dio alla fine dei tempi.Con un po’ di fantasia immagino il paradiso come il corridoio della canonica, con una porta bianca che si apre e lui, con passo veloce e sorriso in bocca, che viene incontro e ci abbraccia.Mandi don Silvano e grazie.

Il rIcordo dI SErGIo BrESSANprofessore di Storia e filosofia

al Liceo classico ‘Dante Alighieri’ di Gorizia

Sono molti quelli che hanno conosciuto don Silvano anzitutto in veste di docente di religione. Per me, era il primo insegnante del Liceo Classico di Gorizia che incontravo, alla messa del primo giorno di scuola (allora era il primo ottobre!), nel lontano 1965, nella Chiesa di Piazzutta a Gorizia. Don Silvano aveva allora ventisette anni: vale a dire, oltre al resto, aveva il carisma della giovinezza, che lo avvicinava ai giovani studenti. Mi è rimasto vivo un pensiero che aveva espresso durante l’omelia: i filosofi colgono qualcosa della vita e attorno a quest’intuizione fondamentale legano tutto il resto. Vi era, in nuce, il senso della vita come esigenza di totalità di significato, che avrei appreso un poco alla volta negli anni trascorsi con lui in Gioventù Studentesca prima e in Comunione e Liberazione poi - gli anni di un imprinting cristiano che non si possono cancellare. In lui l’accoglienza e la serenità, oltre alla parola in grado di suscitare una speranza in ogni circostanza - tratti di cui ciascuno immediatamente si accorgeva - più che un ‘dono nativo’, erano una conquista, frutto di ascesi personale: non era facile, nemmeno allora, nella scuola, la vita del docente di religione, così esposta e fragile rispetto alla Parola che portava. Spesso prevalevano l’atteggiamento del rifiuto, l’opacità dell’incomprensione. Una volta, don Silvano non riuscì a reggere l’ostilità di una classe - la mia - e lo vedemmo piangere. E tuttavia, non sono poche le persone che, anche per il tramite del suo ‘fallimento’,

sono divenute credenti. La folla che lo ha accompagnato alla sua ultima dimora terrena lo ha testimoniato: era innegabile che a ciascuno don Silvano aveva dedicato tempo, ascolto, apertura, perdono, consiglio. Così ognuno che lo avvicinava si sentiva ‘preferito’, accolto in modo particolare, gratuitamente amato e quindi portato a sua volta a donare gratuitamente qualcosa di sé agli altri. Ricordo, inoltre, la sua grande sensibilità culturale, che lo portava a ‘leggere’ gli avvenimenti come segni, a far trasparire i significati al di là dell’immediatezza, a spingersi oltre le divisioni tra le persone, anche politiche, come quelle create dalla guerra fredda: quello che lo interessava era il contatto umano e questo bisogno lo spinse a incontrare e a condividere l’esperienza di fede e di compagnia con don Vinko Kobal, animatore del movimento Pot (‘Il cammino’) in Slovenia. Memorabile è rimasto per me un viaggio estivo compiuto con don Silvano ed una decina di altri studenti universitari nel 1975, in Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia, in tempi in cui le frontiere non erano una semplice ‘espressione geografica’: anche qui incontrammo persone con le quali sarebbe nata un’amicizia vera che avrebbe generato una storia di rapporti destinata a connotare a lungo la nostra vita. Non mi è possibile protrarre la serie dei ricordi che la dipartita di don Silvano affolla alla mia mente; voglio solo ricordare che il decennio degli Anni Settanta a Gorizia reca lo stigma di una presenza cristiana inconfondibile, legata a Comunione e Liberazione come ‘passione di vita’, che nessuna costrizione ideologica ha potuto estinguere. Nel cuore di questa esperienza, un testimone, che ha fatto volgere lo sguardo all’Origine incarnata di questa gratuità. Non mi è possibile concludere senza richiamare la grande lezione della sofferenza finale di don Silvano: chiamandoci attorno, negli ultimi mesi, ha come voluto condividere con tutti, anche con quelli che avevano intrapreso strade diverse, ciò che stava vivendo, mostrando che anche questo aveva un senso; perché il vero testimone insegna anche (o forse soprattutto) con la propria morte. Era questo, del resto, il tratto fondamentale della disarmante ‘ingenuità’ di don Silvano, ovvero la sua capacità di incarnare la Parola e di semplificare le questioni, andando all’essenziale (come ha sintetizzato, la mattina del giorno successivo al suo funerale, una frase che ho colto per strada, trovandomi per necessità a Cervignano, detta da una nonna al nipotino di età non ancora scolare: «È morto un giusto»).

�Don silvano: le immagini

Foto di Nicola Galluccio

�Ci mancherà Don Silvano. Ci mancherà nella stessa misura in cui manca, prima del tempo ed inaspettatamente, un buon padre in una qualsiasi delle nostre famiglie. Perché Don Silvano in questi anni è stato questo: un buon padre. Lo è stato rivolgendo le sue attenzioni, indistintamente, a tutti coloro che a lui si rivolgevano con generosità; ed abbracciando tutti, idealmente, ha abbracciato la comunità intera che lui riteneva la sua famiglia, da buon padre e da buon pastore. Ha fatto molto in questi dieci anni: è stato una persona generosa e buona, dicevo in precedenza, ma ha saputo essere, all’occorrenza, severo e giusto, facendo sentire alta la sua voce e richiamando le donne e gli uomini ad assumersi in pieno le proprie responsabilità, ciascuno nel proprio ruolo, pubblico o privato. Ha esortato i pubblici amministratori a fare bene il proprio lavoro; ha chiesto ai genitori di essere buoni genitori; ai cittadini di essere buoni cittadini. Ma ha saputo anche ricucire un tessuto sociale, ricercando sempre l’unità degli intenti nell’interesse generale della comunità. Da sindaco l’ho incontrato spesso: incontri brevi, non servivano troppe parole, era sempre facile con Lui trovare una soluzione positiva e condivisa. Un’ultima cosa importante ci ha insegnato: a vivere la malattia serenamente con una forza ed un coraggio che mi ha stupito. Frutto della fede profonda che aveva, ho pensato, ma che testimoniava una tempra particolare, di un uomo forte, potrei dire di un uomo d’altri tempi. Ci mancherà Don Silvano, ma abbiamo un solo modo per ricordarlo e rendergli omaggio e cioè continuando ad operare sul solco che Lui ha saputo tracciare in questi anni, adoperandoci per completare il lavoro e le diverse opere iniziate in questi anni, tenendo presenti e facendo tesoro dei suoi insegnamenti. Ai suoi familiari, ai fedeli, ai cervignanesi, ai tanti che lo hanno avuto come parroco, come insegnante, come amico, la partecipazione al dolore mia personale e di tutta l’amministrazione comunale di Cervignano del Friuli.

IL SINDACO PIETRO PAVIOTTI

il ricordo di...

Mi piace ricordare don Silvano per alcuni episodi che oggi, a distanza di tempo, mi ritornano alla mente… Come quando prima dei Consigli comunali, compatibilmente con i reciproci impegni, ci recavamo da lui per confrontarci su alcuni temi all’ordine del giorno, discutendo brevemente, chiedendo consigli, ricevendo conforto e pacche sulle spalle. Ai nostri toni severi, faceva seguito la sua pacatezza, il suo invito alla ragione, al confronto. Sempre, e dico sempre, seguivano la benedizione ed un’esortazione: «Amate questa città» e sottintendeva «al di là degli schieramenti». Invito non sempre facile da seguire, ma che mi sono sempre impegnato, specie in questa legislatura, ad osservare. Era, il suo, un appello autentico, sincero, in sintonia con la sua attività pastorale.Anche nei momenti più difficili, dove il dialogo tra le parti sembrava perduto, non ha mai smesso di incoraggiarci, ci ha sempre spronato a non rinunciare mai al confronto e alla condivisione. Fatta di piccoli gesti, ma pregnanti, significativi e coerenti. Don Silvano ha fatto propria l’emergenza educativa di una società (anche cervignanese) dove genitori, insegnanti e politici faticano a consegnare significati e valori autentici ai giovani, perché possano crescere ed impegnarsi responsabilmente nella vita. E non ha risparmiato critiche severe a quei genitori che si disinteressano dell’educazione dei propri figli, fino a rimproverarli pubblicamente; non le ha mai risparmiate nemmeno a noi.Ha lavorato molto per costruire una dimensione laica dell’uomo come ‘essere sociale’. Ha avuto il coraggio di investire là dove nessuno investiva più da molti anni, ha voluto seminare in un terreno ormai divenuto arido. Mentre tutti noi ci agitavamo, egli ha dato vita, con semplicità, senza clamore, con un gruppo di giovani, ad una scuola di politica per discutere dei grandi temi della società e del mondo alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Con questo percorso formativo, per certi versi rivoluzionario, fuori dagli schemi e dal tempo, ha voluto legittimare la presenza dei cristiani nella società, per valorizzare la dimensione personale ed istituzionale di un impegno troppe volte dimenticato.A suo modo, è stato anch’egli, oltre che Pastore, Amministratore di questa comunità che ha saputo incoraggiare, spronare, correggere, indirizzare. E, come ogni buon amministratore, ha amato la propria gente, senza chiedere nulla in cambio.

ALBERTO RIGOTTOA nome del Consiglio direttivo del Ricreatorio San Michele, dei giovani, dei volontari e collaboratori, ricordiamo la figura di Don Silvano, un uomo dai profondi valori umani che aveva tanto a cuore la vita dei giovani e delle loro famiglie.Ricordo il suo ingresso negli ambienti del Ricre. Aveva avuto subito nei nostri confronti una grande fiducia, ci aveva lasciato ‘carta bianca’ come si usa dire, tanto che ci sembrava di sentirlo distaccato. Invece, con il tempo, è stato di grande stimolo per noi. Ci spronava, ci diceva «siete bravi, fate tante cose, ma potete fare di più», e ci spronava in particolare nell’ambito culturale a lui tanto caro. Ci spronava per coltivare e lanciare i giovani, perché si assumessero le loro responsabilità. E da qui, negli ultimi due consigli, abbiamo rinnovato e aumentato la presenza dei giovani nel consiglio direttivo.L’educazione, la famiglia, la politica erano temi a lui molto cari. Diceva sempre che dobbiamo aiutare i giovani a crescere, che hanno smarrito troppi valori, che si disinteressano del loro futuro. Ed ecco che nascevano Crossroads, incontri a tema per capire il mondo, e il nostro giornale Alta Quota: due attività che sono diventate importanti e stimolanti per la nostra comunità e per cui ci ha ringraziato tanto.Proprio nell’ultimo periodo riflettevo assieme a lui e a Don Moris su come alcuni giovani si comportavano in Ricre; noi eravamo contenti che 4-5 famiglie da noi invitate si fossero presentate ad un incontro, invece lui era arrabbiato: «Non possono disinteressarsi così dei loro figli! Non possono mandarli in Ricreatorio e aspettare che qualcuno assolva il loro compito di educatori!». Sappiamo com’è andata a finire… Sì, è stato anche un grande provocatore, perché la sua passione per la vita era più importante di qualsiasi cosa: i suoi appelli alla responsabilità sicuramente non sono caduti nel vuoto.Lo ricordiamo dalle pagine di Alta Quota sempre profondo, tagliente, sostenitore dei valori della vita e del Vangelo, capace di tracciare linee precise in ogni ambito e su ogni tema. Lo ricordiamo nell’attenzione ai più deboli, alle famiglie in difficoltà, e da qui il suo ‘sogno’ di una casa di accoglienza. Era sempre comunque pronto e disponibile a sostenere le richieste e le necessità della struttura, non ultimo il campo di calcio di prossima realizzazione: riflettevamo anche sulla necessità di realizzare una stanza, uno spazio ampio di accoglienza.Lascia in noi una testimonianza di vita vera, di idee e valori tutt’altro che vecchi: idee e valori che tocchiamo ogni giorno con mano come educatori e genitori. Un ricordo indelebile per la nostra comunità.

LORENZO MARICCHIO, PRESIDENTE DEL RICREATORIO SAN MICHELE

Grazie

don

Silvano!

29/09/07: inaugurazione della Sala Parrocchiale

�Caro don Silvano,questo è un tempo di silenzio e di riflessione, di ricordi dei momenti trascorsi insieme e di messaggi trasmessi con il suo sguardo limpido e sincero.Sembra un’ovvietà dirle quanto la sua presenza, sempre discreta, ci manca ora e ci mancherà: ma è la verità, e lei ci ha insegnato che la verità va sempre detta.È entrato nella nostra opera di catechesi con molto riguardo, in punta di piedi. Ha dato importanza alla conoscenza personale, entrando nelle nostre case con il timore di essere di troppo, quasi invadente, ma tutti l’abbiamo accolta con tanta gioia, riconoscendole grande umiltà nel porsi agli altri. Ha voluto ascoltare ed invitarci ad ascoltare la Parola del Signore: la Parola che lei, don Silvano, attraverso la sua voce, ci riproponeva spiegandocela in modo nuovo, diverso. Siamo cresciuti tutti in questi anni con l’ascolto della Parola: ci ha aiutato a toglierci di dosso molte croste già vecchie di moralismo, ha rovesciato ed invertito tante nostre certezze, tanto che, alla fine di ogni incontro, ritornavamo a casa meditando, ponendoci domande nuove con qualche risposta costruttiva. Abbiamo camminato con lei come i discepoli con Gesù. La sua testimonianza di fede ci è sempre stata regalata senza essere invasiva. Durante le riunioni per le preparazioni degli incontri, non le interessava l’‘organizzazione’ (parola da lei quasi disprezzata!), ma ciò che noi avevamo nel cuore. Iniziava sempre o con la Parola o con uno scritto del Papa e da lì sviscerava i nostri dubbi e cercava di sostenerci nel nostro cammino di fede: «Perché solo così - ci diceva - voi potrete essere testimoni ai piccoli». E quante volte ci ha stimolato a non fermarci mai alla superficie, ma a scendere in profondità, perché è lì che sta l’acqua viva che dà la vita!Abbiamo nella nostra mente il bel ricordo di quando lei, a catechesi, sottovoce, parlava ai bambini e ai ragazzi raccontando la Parola: dal suo volto luminoso di gioia traspariva l’amore e la bellezza del messaggio che in quell’incontro il Signore ci voleva comunicare.La sua testimonianza che credere è bello e possibile è stata forte per tutti noi catechisti. E ciò che ci allieta è che lei, sui passi del Signore, ha camminato per un tratto di strada assieme a noi. Come ringraziarla? Tutto ciò che ci ha donato l’aveva ricevuto come dono del Signore. Per questo il ringraziamento di noi catechisti è di continuare a fare ciò che da lei abbiamo appreso con i figli che questa parrocchia vorrà affidarci: amarli senza chiedere nulla in cambio, trasmettere loro con infinita pazienza e misericordia la fede in Gesù Cristo, come lei ha fatto con noi.Il suo spirito ci resti sempre vicino e ci sostenga in questo compito: non ci manchi la sua presenza spirituale ed il ricordo di quanto ci ha insegnato.

I CATECHISTI

Caro don Silvano,sei arrivato ormai molti anni fa nella nostra comunità e sei giunto in punta di piedi.Con discrezione e rispetto hai osservato, ascoltato, cercato di capire cosa muovesse questa comunità e verso dove.Non sono mancati gli scontri e le incomprensioni come in ogni rapporto autentico.Molte tue scelte, a volta poco condivise, saranno capite con il tempo… quando tu non sarai più con noi; solo in quel momento capiremo e ti ringrazieremo.Hai donato a questa comunità la tua umanità e la tua semplicità. Hai saputo guardare nei cuori delle persone, esortandoci ad aprirci agli altri per costruire qualcosa di buono per la nostra comunità. Quante volte ci hai provocato e hai scosso le nostre coscienze! Hai fatto molto in questi anni e non solo cose materiali, visibili, tangibili, ma hai saputo riempire i cuori, con i tuoi sorrisi, la tua gioia ed il tuo amore per la vita.Quanto amavi la tua vita e il tuo servizio, caro parroco! Sino alla fine hai lottato con fermezza, perché ogni istante che ci viene donato dev’essere vissuto con autenticità. Da ‘buon pastore’, hai guidato la comunità di Cervignano e hai accolto noi, uomini e donne che si sono messi a servizio della comunità nella parrocchia. Ci hai stimati e ci hai saputo valorizzare per ciò che meglio sapevamo fare. Ci hai affidato compiti di responsabilità. In questi anni hai costruito molto, soprattutto hai saputo tessere relazioni.Negli ultimi mesi, quelli della malattia, hai continuato a seminare formando nuovi gruppi e dando vita a nuove iniziative. L’accoglienza dei bambini della Bielorussa, il gruppo delle ‘giovani famiglie’, il corso per genitori… queste e tante altre.

Vogliamo ricordarti festante con noi, nel pasto che hai voluto offrirci nel dopo Pasqua. Ricordiamo te e la tua fisarmonica. Eri stanco, ma non hai potuto sottrarti alla festa e hai suonato per noi. Così ti ricorderemo caro don Silvano, con il sorriso nel tuo volto, la gioia nel cuore e l’amore nelle mani.Grazie!

I VOLONTARI DELLA PARROCCHIA

il ricordo di...

«Buongiorno parona, cosa posso fare per voi?» era la risposta che molto spesso sentivamo dall’altro capo del telefono quando noi dell’UTE chiamavamo la Parrocchia: e subito si entrava nel calore del dialogo, e si avvertiva la grande e generosa disponibilità del sacerdote e dell’uomo.Oppure quando, offrendosi il nostro coro di cantare in chiesa in qualche occasione, ci sentivamo rispondere sorridendo: «Oh, se biel!». E noi eravamo gratificati e riconoscenti per essere accolti ed apprezzati. La musica e il canto erano per lui espressione di vita, di comunicazione, di meditazione e di gioia.Fin dal primo incontro abbiamo capito di avere in lui un amico al nostro fianco, un amico sincero, fraterno, solidale, nel quale eravamo sicuri di trovare sempre sostegno e guida.La sua profonda e vissuta spiritualità, che sapeva tradurre in forme semplici e concrete, il suo mettersi in dialogo con tutte le persone, quelle più vicine e quelle più lontane, diventeranno per noi preziosa eredità da trasferire nell’operare quotidiano della nostra associazione.Terremo come suo insegnamento la capacità di saper ridimensionare le difficoltà di un progetto, di non arrendersi, ma di operare ugualmente mettendoci tutti in condizione di offrire il nostro apporto, anche piccolo, consapevoli comunque del suo valore e della sua utilità.

Grazie, don Silvano !Serberemo in noi le tue parole e i tuoi insegnamenti, il tuo amore per la vita che tante volte e in momenti diversi ci hai fatto cogliere.Con affetto

LA UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ

«Non vi ho forse dato svariate volte segni di sollecitudine, allora di cosa avete paura? Sono sempre presente e sempre in mezzo a voi anche quando tutto sembra crollare, anche nel tragico momento della morte; allora vedrai cos’è il mio immenso amore e vedrai le mie braccia che ti stringeranno intorno al mio cuore».L’impegno, la fede e la tua buona volontà ci hanno illuminato immensamente il cuore. Hai dato lezioni di vita a tutti noi anche nei momenti più critici e oscuri, regalandoci un sorriso. Come il buon pastore chiama il suo gregge per nome, così tu l’hai chiamato a te. Anche se non sei presente in mezzo a noi, continua con il tuo amore a guidarci e a sostenerci dall’alto.Sii tu ricordo eterno dell’amore immenso di Cristo irradiato per mezzo della tua santissima presenza.Per questo noi ti preghiamo.

I CHIERICHETTI ALESSIA, TAMARA, DAVIDE, ALFIO, ANDREA, MICHELE E GABRIELE

Un mese è passato da quando, il 13 marzo, ci siamo trovati insieme a tutti gli amministratori delle varie realtà socio- ricreative parrocchiali, per verificare la possibilità di realizzare un’idea che Silvano da tempo meditava di portare a compimento: la messa a punto di un contenitore economico-finanziario a cui le diverse associazioni potessero appoggiarsi per le loro eventuali necessità. Alla base c’era il concetto del mutuo soccorso e di una gestione economico- finanziaria unitaria. Si tratta di una situazione abbastanza comune nel settore dei gruppi finanziari, ma completamente avulsa dalla mentalità delle nostre associazioni, che da sempre hanno brillato di luce propria senza di fatto rendere conto delle proprie cose, se non a livello puramente formale.Perché non cercare di unire le forze delle associazioni anche in un campo non strettamente pastorale, come quello finanziario? Perché al giorno d’oggi è necessario che ‘i conti siano a posto’ e che si sia in grado di recuperare al meglio le risorse finanziarie per le iniziative previste: cosa assolutamente necessaria per poter campare e tirare avanti senza sorprese di sorta.L’eccezionale iniziativa dell’annuale raccolta delle cose inutili, cui partecipano con entusiasmo e capacità gruppi giovani e meno giovani assieme a persone che, in altre occasioni, addirittura non varcano la porta della chiesa, è l’esempio guida che collaborare si può, anzi si deve, se lo scopo ultimo è quello della promozione sociale e dell’aiuto a chi ha di meno. Troppo facile per qualcuno tirare fuori dal portafoglio qualche decina di euro: più difficile è impegnarsi insieme agli altri per realizzare qualcosa.La realizzazione della casa di accoglienza sopra la sala parrocchiale è stata l’occasione per trovarsi insieme e coordinare i lavori. Alla convocazione tutti hanno risposto; la piccola saletta della canonica era piena, nessuno mancava.Quando, da giovane pensionato, incominciai a dedicare del tempo alla gestione degli affari parrocchiali, rimasi inorridito dalla difficoltà di relazioni con qualche associazione: non riuscivo a capacitarmi di come, lavorando tutti per uno scopo comune nel campo della promozione sociale e del sostegno agli altri, non si riuscisse a collaborare. Era anche il cruccio di Silvano, che più volte aveva espresso tutta la sua amarezza e questo sfogo era sentito quasi come una sconfitta personale per lui, uomo buono e generoso, incapace di prendere posizioni e iniziative ‘contro’. Ma lo sfogo terminava sempre con la speranza di riuscire a costruire una comunità compartecipata, non importa a quale credo o ceto si appartenesse: il fuoco dell’amore avrebbe sicuramente alimentato l’iniziativa.Intorno a quel tavolo erano presenti i rappresentanti della Parrocchia, dell’Asilo, del Ricreatorio, della casa di Nonta; diversamente da altre volte, non c’è stata alcuna difficoltà per convincere i presenti della validità dell’idea! Tutti erano già d’accordo, ancor prima di iniziare: che differenza rispetto a qualche anno prima! Il lavoro di Silvano in quest’ultimo periodo è stato sicuramente notevole, o forse non c’è proprio stato: spesso, infatti, gli bastava offrire il suo amore per convincere le persone. Un amore che riservava a tutti indistintamente, credendo, e trasmettendo questa fede agli altri, che tutte le cose si possono realizzare facilmente con la collaborazione e la dedizione personale.Anche in un campo ostico e poco amato come quello finanziario, Silvano aveva già convinto tutti, ancora prima di incominciare. Lo slogan di mettere tutte le risorse in un grande contenitore a cui, per quanto possibile, tutti possano accedere, aveva fatto effetto: le risorse sono della comunità ed è la comunità che deve averne la disponibilità. È assurdo che un’associazione debba andare a prestito presso le banche e un’altra abbia buona disponibilità finanziaria: il mutuo soccorso in questo caso è doveroso, oltre che finanziariamente conveniente.L’impegno è stato preso. Tutti insieme uniti pur nell’autonomia delle associazioni, senza contraddizioni di sorta.E che l’amore e l’esempio del nostro pastore don Silvano possano guidare tutti noi nel raggiungere le mete che lui ha con costanza e perseveranza indicato.

IL CONSIGLIO AFFARI ECONOMICI

il ricordo di...

Accogli e innalza a preghiera, o Signore, il nostro grazie per aver posto don Silvano sul cammino di questa comunità.In questi dieci anni si è speso per tenerla viva, unita e attiva, rispondendo con i suoi sì coraggiosi alle nostre richieste e chiedendoci di metterci in gioco per realizzare quei sì! Ci ha accolti, uno ad uno, come figli suoi e ci ha sostenuti con i suoi «Grazie!» allegri e fiduciosi, che erano un vero dono gratuito per il semplice fatto di essere presenti all’interno della comunità.Seppur senza incontrarci ogni domenica nella Santa Messa, don Silvano ha rappresentato in questi anni un punto di riferimento, colui che dà vigore ai piccoli progetti, interviene a sanare i dissapori che fanno inevitabilmente parte del lavorare insieme, mette le ali alle idee per renderle realizzabili.Come? Esprimendo ciò che era: uomo di Dio forte, coraggioso, alla ricerca della pace e della condivisione, sereno nel portare avanti ciò in cui credeva, capace di prestare ascolto a chiunque… e poi uomo di festa, di allegria, di musica!Uno dei segni del suo essere partecipe della vita della nostra comunità fu il canto dei vespri in occasione delle due feste principali, per il patrono San Marco e per la Madonna del Santo Rosario. È stato proprio don Silvano a proporci di aggiungere alle celebrazioni questo momento di preghiera. Il nostro piccolo coro è rimasto spiazzato: «Ma noi non li conosciamo, e poi non abbiamo nessuno che sappia suonare l’organo…». Detto fatto: ha dedicato un paio di sere a dirigere le prove del coro come maestro, è venuto a celebrare la Santa Messa domenicale per potersi fermare al termine ad insegnare i canti all’intera comunità e ci ha accompagnati suonando l’organo durante le feste… con un modo tutto suo! È stato un maestro di coro speciale, per il quale ciò che contava non era la melodia da seguire, ma piuttosto come il significato faceva ‘suonare’ le singole parole. Ha fatto in modo di condurci a sentire la bellezza delle parole da cantare: solo così, diceva, avremmo potuto cantarle bene!Quest’intensità che don Silvano aveva, e che trasmetteva nel suo vivere le cose, ci ha catturati nuovamente qualche anno fa, in occasione del pellegrinaggio della nostra comunità a Barbana. Gli iscritti erano così pochi da non riuscire a organizzare una corriera, ma don Silvano ha preso in mano la situazione in un modo tanto semplice quanto efficace. La domenica successiva è venuto a celebrare la Santa Messa e, prima del canto finale, ha chiesto a tutti di sedersi e fermarsi ancora per un attimo. «Tu vieni a Barbana? Perché no? E tu?»: si è rivolto a ciascuno e a tutti, giovani, adulti e anziani, ha sottolineato quanto si sarebbe rivelata importante la partecipazione al pellegrinaggio per la propria vita di fedeli e per la vita della comunità. È stato impossibile non accogliere il suo invito! E a Barbana, in mezzo ai giovani, ha delineato alcuni dei suoi progetti futuri, che avevano come obiettivo proprio i bambini, i ragazzi e quei giovani con cui, in quella giornata, si è confrontato in modo diretto, schietto, meravigliosamente ‘alla pari’.

LA COMUNITÀ DI SCODOVACCA

Don Silvano se n’è andato nel giorno del Signore.Anche nella nostra Comunità di Muscoli, riunita per la Messa domenicale, la notizia della sua dipartita ha provocato una grande commozione.Era una meraviglia ascoltare le sue omelie quando veniva a celebrare la messa nella nostra Chiesa: i discorsi andavano dall’italiano al friulano e viceversa, con riferimenti a vicende e cose che gli erano effettivamente accadute tanti anni fa.Ha amato la vita e ha amato la musica: ogni qualvolta c’era una festa di tutta la comunità, quali il patrono o la festa della Madonna, e ci si trovava a mangiare assieme, lui arrivava con la sua immancabile fisarmonica e le sue simpatiche battute, per passare qualche ora di vera gioia e spensieratezza, con la sua semplicità.Quando ti serviva qualcosa ed andavi da lui a chiedere se si poteva fare, la sua risposta era sempre «sì». Mai una volta ha dato una risposta negativa a nessuno, per lui tutto andava bene.Dodici anni fa, durante il funerale del predecessore don Giovanni Banelli, i giovani hanno letto una poesia che diceva: «Abbiamo perso un sacerdote, ma soprattutto un amico…». Ebbene, ora queste parole tornano ad echeggiare per una persona che era e sarà per sempre un amico di tutti, perché le grandi persone non si possono dimenticare mai.Mandi don Silvano!

BARBARA NALON A NOME DELLA COMUNITÀ DI MUSCOLI

�il ricordo di...

Grazie don Silvano, per la semplicità e la passione con cui ci hai trasmesso il valore dell’educazione. Hai creduto nella Scuola Materna, continuando l’opera educativa nell’intento di formare fin da piccoli «i buoni cittadini di domani».Hai coinvolto le famiglie sul significato dell’educazione, sull’importanza di ‘fare’, di ‘essere comunità’ per crescere insieme i nostri figli. Con un disegno e una preghiera ti salutano i bambini e il personale della scuola.

IL pERSONALE DELLA SCUOLA MATERNA

‘MARIA IMMACOLATA’

«Don Silvano era un uomo che rideva, che si immedesimava con i ragazzi, che li ascoltava e li aiutava. A lui non importava se i ragazzi erano malati o no: per lui eravamo tutti uguali. Era sempre rivolto a Dio quando era in ospedale. Quando ci faceva la predica, faceva capire a tutti il significato del Vangelo con episodi che aveva visto o che gli erano accaduti. Per questo ti dico grazie».Davide

«Don Silvano mi ha insegnato che, se uno ha peccato ma poi prega, il Signore lo perdona e che, se uno fa opere buone, non solo viene ringraziato dalle persone, ma rende felice il Signore. Don Silvano era una persona coraggiosa che, nonostante la malattia, veniva a fare le messe perché sapeva che qualcuno andava a pregare con amore. Mi dispiace tanto che don Silvano ci abbia lasciati, perché così un cuore puro ha smesso di battere. Addio don Silvano».Sara

«Anche in questi ultimi tempi è sempre stato vicino sia a noi bambini sia agli adulti; soprattutto mi è sembrato quasi strano vederlo prima di Pasqua a confessarci, perché sapevo che era malato, ma voleva bene a noi ragazzi e voleva aiutarci veramente nel nostro cammino verso l’incontro con il Signore. Della mia Comunione ricordo che don Silvano, quando mi diede la particola, aveva un’espressione sorridente: era molto contento, sembrava che volesse veramente bene a tutti quelli che quel giorno partecipavano al rito con me. Mi sarebbe veramente piaciuto averlo anche durante la mia Cresima».Claudia

«Don Silvano ci ha insegnato ad ascoltare la parola del Signore, ci ha accompagnato nel cammino verso il Padre. Io lo ricordo come un uomo buono che sapeva ascoltare e capire i problemi delle persone, e che sapeva diffondere la parola di Dio. Grazie don Silvano, ciao».Jacopo

ALCUNI RAGAZZI DELLE SCUOLE MEDIE

È stato sempre facile parlare con don Silvano, avere con lui un colloquio, chiedere un consiglio, fare una proposta, ottenere una risposta positiva. I responsabili dell’Azione Cattolica con lui hanno dovuto uscire dai soliti schemi, perché per lui dovevamo essere segno concreto del Vangelo nella comunità, essere presenti attivamente nelle iniziative parrocchiali. Aveva un rifiuto profondo delle contrapposizioni tra persone della stessa comunità e ricercava appassionatamente la collaborazione per raggiungere il grande obiettivo comune di essere testimoni autentici del Vangelo di Cristo. A volte ci sentivamo spiazzati dalla sua costante richiesta di accoglienza e apertura nei confronti di chiunque, perché rischiava di sgretolare i nostri programmi e ci costringeva ad un lavoro supplementare per mettere in discussione le nostre priorità. Ci ha insegnato la libertà di azione, che non considera come obiettivo principale la logica o la concretezza del risultato, ma piuttosto il vivere con entusiasmo e fede ogni attività a livello sia associativo sia personale o familiare. Ci ha trasmesso il suo grande impegno per l’educazione all’interno della famiglia. Abbiamo condiviso con lui l’obiettivo di coinvolgere i genitori in un dialogo continuo con gli educatori, al fine di far crescere in loro stessi il desiderio di diventare guide amorevoli e autorevoli per i propri figli, nonché di collaborare nel cammino di fede dei ragazzi. Ha riportato l’attenzione sulla spiritualità - sia personale sia nella ‘piccola chiesa domestica’ della famiglia - preoccupandosi di far partecipare a incontri formativi, anche brevissimi, il più gran numero possibile di genitori.I ragazzi dell’ACR lo ricordano con affetto per la sua semplicità nel dialogo, ed ognuno di essi ha percepito la grande passione con cui egli si dedicava a loro. Questo lo ha testimoniato fino agli ultimi giorni, con la sua presenza costante nelle celebrazioni e nelle attività della comunità e anche nei momenti di incontro e di festa. Finché ha avuto un briciolo di energia, è riuscito a valorizzare la sua sofferenza trasmettendo gioia di vivere, con un sorriso per tutti.Così ci ha detto una ragazzina: «Don Silvano era una persona fantastica, divertente. Aveva il cuore di un bambino; ci spronava ad inseguire i nostri sogni, le nostre speranze... Anche negli ultimi tempi era stato più forte che mai. Secondo me ha vissuto con gioia questa sofferenza, perché credeva che, così facendo, avrebbe capito davvero quello che Gesù ha vissuto sulla croce...»Tutti abbiamo percepito che si era sviluppata quasi un’armonia tra malattia e fede, che ha testimoniato quanto grande fosse la sua vocazione di pastore di anime. Lo ricordiamo con grande simpatia quando veniva a cercarci - con le angurie in macchina - ai campi estivi in montagna, per far festa con i ragazzi. Un anno è venuto fino a Tramonti di Sopra, assieme a don Giovanni, ma i nostri cellulari erano irraggiungibili e ha dovuto riportare le angurie a Cervignano, perché non è riuscito a trovarci. Gli chiediamo scusa per non essere riusciti a diventare come lui avrebbe voluto: azione concreta nella comunità per renderla accogliente e aperta verso tutti, senza distinzioni di appartenenze e schieramenti. Gli promettiamo di impegnarci ancora su questa strada, che lui ha tracciato con grande convinzione e determinazione.

L’AZIONE CATTOLICA

10Sono tanti i ricordi e le immagini che in questo momento fanno rivivere il tratto di strada che assieme a Lui abbiamo compiuto.Quello che ci mancherà sarà il suo sorriso e la dolcezza di padre che infondevano, in chi lo incontrava, un’inusuale sensazione di pace e serenità, dalle quali s’intuiva la sua convinzione che le cose importanti non sono di questo mondo. Pace e serenità che, nonostante l’aggravarsi di una malattia che non lascia scampo, non lo hanno mai abbandonato e lo hanno sorretto in questo inesorabile avvicinarsi al mistero della morte, o della Vita Nuova, rendendolo appassionato testimone. Questo per Lui era un punto fermo: ci credeva davvero alla Vita Nuova e per questo ha speso tutta la sua esistenza nel tentativo di far conoscere la bellezza della vita spesa per Gesù e per i fratelli cercando, nel rapporto con gli altri, le cose che uniscono e ritenendo ricchezze le diversità. Questa è l’eredità più grande che ci lascia.Da subito capimmo quali erano per lui le grandi priorità. Ci diceva: «Come possiamo essere i rappresentanti di una Comunità cristiana se non mettiamo al primo posto la Parola di Dio?»; «Come possiamo definirci cristiani se non accogliamo le persone lontane e quelle che, per diverse ragioni, vivono a Cervignano da immigrati o da stranieri? Come possiamo non prenderci cura di loro incontrandoli e tendendo loro una mano?» Grandi provocazioni queste per noi stantii operatori che, forse, per pura convenienza, avevamo altre priorità. Nella sua esperienza di parroco non era un grande organizzatore e per noi ‘burocrati’ delle cose da fare in parrocchia rappresentava un vero e proprio disorientamento. In Consiglio Pastorale facevamo difficoltà a capire che il problema non era il fare ma l’essere, ed essere prima di tutto una Comunità. Gli stava stretto un Consiglio quale somma di tanti gruppi e associazioni che avevano una vita propria, indipendenti dalla vita di Comunità, e il cui unico momento di sintesi fosse una sterile, seppur efficiente, riunione. Diceva: «Il lavoro che ognuno di noi svolge all’interno della Parrocchia o del singolo gruppo deve essere portato ad uno, altrimenti non siamo Chiesa». Ci diceva che non potevamo essere una vera Comunità se non c’era condivisione tra i gruppi e l’associazionismo e se non c’era una spinta missionaria che ci animasse.

Da questa necessità, una scelta coraggiosa fu quella di vivere l’esperienza del pellegrinaggio a Barbana come momento importante di sintesi di una Comunità intera. Riuscimmo, con il suo coraggio, a modificare la storica data del pellegrinaggio dal martedì alla domenica, affinché tutti potessero parteciparvi. Feconda a mio avviso fu la visita alle famiglie per la benedizione: un grosso impegno fisico che tuttavia lo rese veramente felice per l’incontro con tante persone, soprattutto quelle che noi definiamo lontane. Non fu capito quando propose l’esperienza di una scuola diversa, privata, in cui i genitori fossero protagonisti e primari collaboratori nell’educazione dei figli. Anche in quella circostanza il Consiglio - non avendo capito le vere motivazioni di quella scelta - rispose con poco entusiasmo, adducendo motivazioni che oggi, mio malgrado, definirei ideologiche. Eppure era assieme a noi, era vivo, ci parlava e ci indicava una strada, ci indicava LA STRADA. Poi, come un fulmine a ciel sereno, la malattia, lo sconcerto, l’improvvisa sensazione che si stava per perdere una guida, che stavamo per perdere un padre. E invece lui era più forte e più deciso di prima, maggiormente convinto di quelle priorità e sempre più amante della sua comunità e così ancora più amato.Mi disse, un giorno in cui la malattia e le cure (in cui tutti noi avevamo riposto una speranza) lo stavano tormentando, che mai come in quel momento si sentiva veramente Pastore della Comunità, e che in cambio mai prima la Comunità lo aveva veramente riconosciuto come tale. Diceva scherzando: «Era necessario che il parroco si ammalasse, perché la gente lo ascoltasse». Sentiva che la sua missione stava per giungere al termine ma che, nonostante tutto, aveva raggiunto l’obiettivo.Venne a Cervignano tanti anni fa in veste di Vicario generale a presiedere una Veglia Missionaria e, mentre parlava della sua vocazione sacerdotale, mi colpì il fatto che per la sua scelta di vita era stata determinante la figura di un prete che gli fece apprezzare la bellezza della vita cristiana. Io sono certo che tantissime persone a Cervignano hanno ricominciato ad amare Cristo grazie alla testimonianza della sua vita e della sua morte. Grazie don Silvano!

MASSIMO CANTARIN

il ricordo di...

Caro don Silvano, alla fine ci siamo dovuti salutare.La sensazione di questi giorni è di un’infinita tristezza, unita ad un senso di incompiutezza, quasi avessimo ancora qualcosa da dirci, ci fosse ancora qualcosa su cui confrontarci con lei. Ci ha lasciati nella domenica del Buon Pastore, perché lei è il nostro buon Pastore!Qualche tempo fa ci ha chiamati per collaborare più attivamente alla realizzazione di alcuni progetti o ‘sogni’, come li chiamava lei. Ci ha detto che, a causa della sua malattia, non avrebbe potuto seguire tutto e che aveva bisogno anche di noi. E noi abbiamo accettato il suo invito: abbiamo ascoltato, interiorizzato e concretizzato

per cominciare a «costruire insieme una città di uomini», come voleva lei.Don, ci mancheranno le sue provocazioni, quando, con la severità di un padre, esortava noi genitori a non perdere mai di vista quel dono meraviglioso che il Signore ci ha dato: i nostri figli. Ci diceva di stare insieme a loro, di mettere in secondo piano lavoro e carriera e di interessarci a loro, ai luoghi che frequentavano, alla scuola, ai loro amici. E quante volte ci siamo scontrati su questo, sulle difficoltà dei genitori di oggi, dai ritmi frenetici e dai consumi facili. Lei non aveva soluzioni facili. Alle nostre obiezioni rispondeva con un silenzio carico di riflessione, i suoi occhi chiusi accoglievano le nostre povertà. Allora ci spronava: siate unite Giovani Famiglie, camminate assieme, formatevi, condividete le difficoltà educative, gioite dello stare insieme.Ci ha insegnato che l’esempio che diamo ai nostri figli è molto più educativo di qualunque frase detta loro; che cantare con e per i nostri ragazzi è sinonimo di gioia di vivere e di allegria; che accogliere è imparare ad aprire le nostre porte, ma soprattutto il nostro cuore; che bisogna collaborare attivamente con le autorità locali per costruire insieme una città di uomini.È questo lo stile da comunicare ai nostri ragazzi, fondato sull’attenzione ai nostri cuori, al nostro essere persone sempre in crescita come adulti e genitori (che bello il suo corso per ‘genitori

efficaci’…), allo stare insieme, al fare comunità (che accogliente la sua Sala Parrocchiale...), ai luoghi dell’educazione, come l’asilo e la scuola (caro don… il suo sogno incompiuto), all’accoglienza del più povero e del diverso (quella roulotte dei rom davanti all’asilo…).Grazie, don Silvano, per questi ultimi mesi di intensa collaborazione, trascorsi a gioire con lei, ma anche a soffrire con lei per l’aggravarsi della sua malattia.In questi giorni, più volte ci siamo chiesti se saremo in grado di portare avanti quello stile che lei ha cercato di comunicarci. Ci proveremo a partire dalla Scuola Genitori, dall’accoglienza dei bimbi bielorussi, dalle Cene di Quaresima.Ha seminato un campo immenso e noi non faremo seccare nemmeno una piantina: il terreno è buono, l’acqua non mancherà e presto si vedranno i frutti di questo suo amorevole lavoro! I suoi insegnamenti resteranno impressi per sempre nei nostri cuori e saranno la nostra bandiera nella prosecuzione delle nostre attività e nella nostra vita.Ci piace ricordarla mentre va, con la sua fisarmonica in spalla (proprio come domenica 30 marzo scorso, dopo aver suonato e cantato con noi) verso la Casa del Padre.

FRANCESCA, ELISA E VALENTINA PER LE ‘GIOVANI FAMIGLIE’

In occasione degli spettacoli teatrali e dei musical, ogni volta che ha potuto, don Silvano è stato presente. Lo sguardo sereno, la risata limpida, le mani pronte ad applaudire bambini e ragazzi che per le prime volte calcavano il palco della nostra Sala Aurora. A prima vista, il teatro gli piaceva. Probabilmente perché, come la musica e le cantate in compagnia, si trattava di un altro momento segnato profondamente dalle relazioni umane, dal piacere di stare tutti assieme, spettatori e attori, dalla Vita che rinasce, come amava ripetere. È questo il messaggio più grande che ci lascia in dono. La Vita che rinasce passa attraverso la crescita di una comunità, che è tale solo quando esistono legami forti tra le parti che la compongono. La Vita che rinasce passa attraverso il rifiuto dell’indifferenza e lo stimolo a mettersi in gioco, proprio come su un palcoscenico, mettendo i talenti a disposizione, non mollando mai. La Vita che rinasce passa infine attraverso l’apertura e la disponibilità agli altri, accompagnata dal rifiuto di quella privacy contro la quale don Silvano si è scagliato fin dal suo arrivo a Cervignano. Ha compiuto scelte importanti, don Silvano, talvolta radicali. Alcune hanno trovato il pieno sostegno da parte di tutta la comunità. Altre sono state oggetto di dibattito e di critica. Forse le capiremo solo tra qualche anno, volgendo lo sguardo indietro a quello che è stato e a quello che sarà. Ma una cosa possiamo capirla già adesso: don Silvano ci ha invitato a mettere il cuore e l’amore per l’Uomo al primo posto. Se necessario, anche prima della ragione.

Ciao don Silvano, grazie.

LE BRICIOLE D’ARTE

11il ricordo di...

Caro don Silvano,vorremmo dirti molte cose e ricordare molti passi fatti insieme, ma in questo momento in cui i cuori sono tristi, i pensieri si intrecciano confusamente nella testa.Quindi permettici di dirti una sola parola: GRAZIE.Grazie per essere stato un compagno di strada presente, fedele, puntuale e sincero nel nostro cammino di educatori.Grazie per la tua testimonianza di piena fiducia nella Divina provvidenza, un affidamento totale al Signore, vera bussola del nostro sentiero.Grazie per aver mantenuto viva la nostra attenzione sulla preghiera, strumento principe per il dialogo con Dio e ingrediente fondamentale per la vita di una comunità cristiana.Grazie per avere supportato la nostra azione educativa volta a formare buoni cittadini del mondo, ricordandoci continuamente che dobbiamo amare la nostra città ed essere protagonisti nella vita della comunità.Grazie per la tua testimonianza forte e serena nell’affrontare la sofferenza, che hai voluto condividere con tutta la comunità. Ci hai mostrato come affidarci con speranza alla volontà del «Nostro Papa Buono che vive lassù».Ora che sei tornato alla casa del Padre, ti chiediamo di guidarci dall’alto, affinchè possiamo sempre fare del nostro meglio per compiere il nostro dovere verso Dio e il nostro Paese.Buona strada.

IL GRUPPO SCOUT

Attoniti e commossi alla notizia della scomparsa di Monsignor Silvano Cocolin, con le lacrime agli occhi, ci sforziamo in un sorriso di ricordo dei momenti trascorsi con lui in questi dieci anni di servizio pastorale.Ci mancherà la serenità del suo volto, il suo sorriso franco e sincero, la sua allegria e la battuta pronta.Fedele sostenitore della nostra piccola realtà corale, intenditore e appassionato di musica classica, non mancavano mai i suoi consigli nell’esecuzione dei brani, e non mancavano neanche le piccole tirate d’orecchie se si sbagliava qualche nota; ma quando ci diceva «Se ben che ves cjantat aue» e chiudeva gli occhi per farci comprendere che davvero avevamo cantato bene, la gioia era tale che tutti uscivamo dalla Chiesa commossi e felici, pronti ad imparare con impegno un nuovo canto.Ricordiamo con gioia i pellegrinaggi, le gite e le trasferte fatte insieme; ricordiamo i momenti conviviali, quando con la fisarmonica ci accompagnava nei canti; ricordiamo quelle sere in cui facevamo le prove e lui, in silenzio, entrava in chiesa, si sedeva sugli sgabelli dei chierichetti e ci ascoltava, e qualche volta cantava con noi.

Al termine della Santa Messa di Pasqua, mentre la gente si scambiava gli auguri e noi terminavamo il canto finale del «Gloria et Honore», Lei Monsignore, come era solito fare, si è appoggiato alla porta della Sacrestia, ha ascoltato la fine dell’esecuzione e con gli occhi chiusi, ma sorridendo, ci ha detto: «Se ben che ves cjantat aue». Questa sua frase la porteremo sempre nel cuore, assieme al ricordo di un Pastore speciale per noi, Coro Leo, e per tutta la comunità cervignanese.

Mandi Monsignor!

CORO PARROCChIALE LEO

Anche Don Silvano, come tutti i parroci delle Diocesi del mondo, aveva ‘l’elargizione facile’. Ma mi rendo conto che non potrebbero essere diversi i nostri pastori: qualcuno chiede, il parroco dà. Don Silvano, venendo a Cervignano, dieci anni fa, ha trovato il gruppetto della Caritas già operante (aveva perso qualche componente negli anni, ma succede in molti gruppi), e nell’incontrarlo le prime volte ci era sembrato un po’ ‘freddino’: eravamo abituate ad una catechesi mensile, ad una verifica e ad una programmazione in compagnia del parroco, a scambiare con lui tutto quanto accadeva e tutto quanto veniva posto in essere per arrivare a soluzioni. Avevamo anche vissuto l’esperienza dei profughi e ci sembrava di sapere tutto. Non conoscevamo ancora don Silvano. Lui non ci alitava sul collo, sembrava non ci fosse, o meglio che non si interessasse di quanto facevamo. Ma c’era, eccome! Me ne sono resa conto quando, parlando di questo aspetto di vita di gruppo con lui, mi sono accorta che stavamo facendo e operando come la Marta del Vangelo; bravissime, ma orgogliose ed anche bisognose di sentircelo dire. Con molta delicatezza mi ha fatto capire che lui sapeva tutto, era al corrente di quanto potenziale c’era in quel gruppo di donne, ma lui le voleva migliori; lui le voleva autonome, attente e protese verso i fratelli in un modo nuovo. Amore e attenzione sempre, ma nuovo stile. Mi ha detto chiaramente che non era necessaria la sua presenza fisica alle riunioni. Ma soprattutto: «La Caritas è espressione dell’amore della comunità; più saprete coinvolgere le persone, più frutti otterrete e non ci sarà bisogno di rendiconti o verifiche, perché il solo essersi dati da fare compenserà il cuore».A me era sembrato un ‘arrangiatevi’, ma ripensandoci ho capito che aveva ragione. Non ci stava abbandonando: per lui dovevamo crescere, organizzarci e fare il possibile per trovare le soluzioni. Quello che ci spingerà ad operare non sarà la ricompensa, ma il solo fatto di poterlo fare.

Ci ha insegnato, con il suo modo di accogliere, a leggere i volti delle persone, a comprendere, ad aiutare. Ci ha insegnato a fare in modo di vedere ‘oltre’. Quante volte ci siamo lamentate con lui per la sua ‘larghezza di manica’ (secondo i nostri giudizi, qualcuno ci stava prendendo per il naso); per lui il guardare oltre dava la giusta dimensione della situazione. Ecco perché abbiamo cominciato ad incontrare gli zingari - e vi assicuro che è stata un’esperienza indescrivibile -, ad amare le famiglie così come sono, nelle loro difficoltà, mettendo in evidenza il bisogno e non che cosa lo avesse creato, a porre in primo piano la presenza dei piccoli. Come il Signore ha detto «Sono venuto per perfezionare la legge», Don Silvano è venuto a perfezionarci nell’amore, per essere efficaci strumenti di carità.Chissà se nel perseverare e nel continuare a migliorarci riusciremo a realizzare, con l’aiuto di altri, magari più esperti di noi, il suo sogno: la casa di accoglienza.Di questo esserci stato accanto lo ringraziamo: il Signore lo abbia nella sua gloria.

ANNA B. A NOME dELLA CARITAS

Credere in ogni uomo e donna di questa comunità è stata la sua caratteristica. È stato ciò che, al di là delle umane incomprensioni, lo ha reso agli occhi di tutti, credenti e non, un uomo umile, sincero, positivo, pieno di speranza.Anni fa esortò alcuni di noi a formare un gruppo, un gruppo di giovani, motivati e speranzosi. Un gruppo che fosse attento alla missione, non solo quella del Terzo Mondo, ma alla missionarietà di cui ognuno di noi è chiamato ad essere protagonista per la costruzione di un mondo più giusto. Un gruppo che potesse essere per la comunità di Cervignano un punto d’incontro e d’ascolto per chiunque. Da qui nacque Corima (che significa ‘condividere’) che lui sostenne non solo attraverso gli spazi e i momenti d’intervento, ma soprattutto negli ultimi mesi, quelli della malattia, esortandolo a crescere ed ampliare i propri orizzonti, perché i bisogni a Cervignano sono molti!È lui che ci ha coinvolto in diverse iniziative, magari a volte senza comprendere appieno le difficoltà che un gruppo spontaneo può incontrare nel proprio cammino, ma sempre esortandoci ad andare oltre: perchè INSIEME avremmo potuto fare molto per la comunità.Ci ha insegnato che nella diversità c’è la vera ricchezza. Che nell’incontro con l’altro e nella collaborazione c’è l’amore per la vita. Che l’apparenza non conta nulla. Che per costruire qualcosa di buono a volte bisogna rischiare ed osare. Che … «uno diventa uomo solo quando impara a stare insieme».

Caro don Silvano,Corima sta facendo un bel percorso di crescita. Sta elaborando il proprio statuto ed una carta dei principi per ripartire verso nuovi orizzonti. Il tuo insegnamento ci aiuterà a costruire qualcosa di veramente buono, per noi, per tutti, per «costruire una città di uomini», di «uomini veri», come volevi tu! Questo sarà il nostro impegno, la nostra missione, la nostra speranza, la nostra forza!Grazie don Silvano!

IL GRUPPO CORIMA

12 i VoSTri MESSAGGi da www.altaquotaonline.org

«Tu eri il sole splendente per noi, adesso ci sentiamo tutti più soli. Eri la luce che illuminava il nostro cammino. Ti vedevamo spesso e adesso non ci sembra vero che non sei qui tra noi. Però ricordati una cosa: rimarrai per sempre nei nostri cuori».«Dio ti ha inviato sulla terra per insegnarci l’amore, l’umiltà, la speranza. Ora Dio ti ha richiamato a sé per continuare a essere un suo fedele servitore: nel nostro cuore ci sarà sempre un posto per te. Il grido che si alza oggi da questo duomo non è di dolore, ma di speranza e preghiera. Tutta la comunità, noi chierichetti e i ragazzi di Cervignano ti salutiamo, in modo semplice, come il tuo carattere. Ciao don Silvano, grazie di tutto e di averci seguito con il tuo modo di pregare!»«Non ti dimenticheremo mai don Silvano, perché tu sei un nostro amico!»«Anche se sei nell’alto dei cieli, non ti dimenticheremo mai per tutta la nostra vita, finché non ci uniremo a te e al Padre!»«Grazie, grazie di tutto, ci sei sempre stato vicino. Ci hai spronato a inseguire i nostri sogni, tutto quello in cui crediamo. Sei stato un pilastro importante della nostra vita. Ora che te ne sei andato, ci sentiamo mancare qualcosa di indispensabile».I chierichetti di Cervignano

«Con la tua forza e il tuo sorriso, anche nei momenti difficili, ci hai fatto conoscere il vero amore per la vita. Grazie don Silvano».Azzurra

«La gente nasce, cresce, muore. È il ciclo della vita, dal quale nessuno può scappare. Ma nel breve tempo che si ha, c’è chi si fa conoscere per avere la porta sempre aperta a tutte le persone in difficoltà, per avere un sorriso e una parola consolatoria per tutti, per testimoniare la sua fede o semplicemente per esserci. E sono queste le persone che se ne vanno prima. Padri, nonni, zii, e persino parroci.Laici o credenti, tutti hanno da imparare, sempre. E lui è stato una persona che ha veramente dato tanto, a tutti. Era sempre in prima linea per aiutare le persone. Aveva sempre un sorriso e qualche parola, anche solo di saluto, per tutti, e tutti possono dire di averci fatto una chiacchierata volentieri, almeno una volta. Ha dato tanto a questa comunità e sarà ricordato per ogni suo piccolo gesto. Mandi, Don Silvano».Francesca «Sei stato una persona importante, avevi un bel sorriso stampato sulla faccia che emanava felicità a tutti quanti. La notizia della tua morte mi ha reso triste. Mi mancherà il tuo sorriso e il tuo modo di prenderci in giro, quando noi bambini non cantavamo forte in chiesa; tu rendevi tutto gioioso. Ciao Don Silvano da Simone».Simone A.

«Don Silvano caro, ognuno di noi conserverà nel cuore un particolare ricordo di te e con te. Noi non dimenticheremo il giorno in cui siamo corsi da te, felici di volerti dire per primo che volevamo sposarci; hai celebrato la nostra unione, ci hai visti crescere come famiglia e abbiamo letto nei tuoi occhi la gioia di vederci felici con in braccio il nostro bambino. Continua a vegliare su di noi e su tutte le famiglie giovani di questa comunità, e quando saremo tristi, come in questi giorni di distacco, infila la tua fisarmonica e suona… Suona la tua passione per la musica anche per noi e facci sorridere. Arrivederci».Maddalena

«Quante volte la mia fede incerta, fatta di dubbi e domande, ha trovato nelle tue parole le risposte che cercava! Ascoltando la tua voce è rinata in me questa fede e la necessità di andare a messa... Quante volte hai detto: “Se non abbiamo uno scopo nella vita, se non amiamo gli altri, siamo proprio degli stupidi”. E quante volte mi hai indicato la via! Sembrava mi dicessi: “Sì, continua, un passo alla volta; non sei sola, il sentiero è quello giusto”. E ora, quanto mi pesa questo mio cuore! Quanto pesa la tristezza! Eppure, sono triste per me, perchè non potrò più godere del privilegio di ascoltarti, ma dovrei gioire per te, perchè tu, Don Silvano, hai ottenuto ciò per cui la tua vita è stata consacrata: un posto accanto a Nostro Signore. Lo stesso Cristo che mi hai di nuovo insegnato a seguire e ad amare.

Proteggici tutti dall’alto e mostraci la strada come solo tu hai saputo fare. Mandi».Michela

«Anche se stavi male ci rallegravi e, ora che non ci sei più, la tua allegria ci mancherà. Grazie anche per i bellissimi articoli pieni di saggezza che scrivevi su Alta Quota. Sarai sempre nei nostri cuori. CIAO DON SILVANO!»Francesco Carbonera

«Io credo: Don Silvano è risorto.Ho avuto tanta fortuna nella mia vita. Ho conosciuto due parroci fantastici. Stranamente tutti e due si chiamano Silvano: Silvano Fain e Silvano Cocolin. Ringrazio Iddio per avergli conosciuti, perché il primo mi ha dato la fede ed il secondo mi ha fatto riscoprire quanto ami Dio.Mi ero perso perché mi sentivo isolato, separato, diverso nella nuova comunità, ma Don Silvano con la sua Fede mi ha toccato il cuore, affinché potessi sentirmi comunque fratello in Cristo con Lui. Grazie a lui sono ritornato a frequentare la chiesa, contento di avere un pastore che mi ama. Nella sua malattia ho rivissuto il dolore che ho provato per mia zia. Come Lui aveva scelto la vita ecclesiastica e come Lui ha vissuto il suo dolore per il tumore nel pieno della fede, fino alla fine.Sono stato fortunato perché nella mia vita ho incontrato tanti angeli che adesso siedono alla destra del Padre. Dio, ti chiedo di farmi diventare degno del tuo amore come lo è stato il tuo servo Silvano».Luca

«“Buone notizie da Milano! Il mio male pare si possa più facilmente curare”. Così mi avevi accolta - perdonami, caro don Silvano, se mi permetto di darti del ‘tu’ quando per anni, in segno di rispetto (eri stato mio professore!), ti ho sempre e solo dato del ‘lei’... ma la morte accorcia le distanze... - non più tardi di dieci giorni fa. Ero venuta a sincerarmi che tu non mollassi, che continuassi a lottare: “Ma sono tanto stanco...” avevi continuato. Me n’ero tornata a casa con il cuore di poco più leggero: il “tuo male”, come lo chiamavi, ti si leggeva negli occhi quasi rassegnati, nel pallore del tuo volto, nelle mani. Però ci eravamo lasciati con un proposito: scrivere a quattro mani un libro sull’argomento a te più caro, l’educazione. “Butta giù due righe, una linea programmatica di lavoro, poi ne riparliamo”. Avevi detto e insieme avevamo scelto già il titolo. Poi, invece, ci hai salutati tutti e quel libro è rimasto in sospeso come sospeso resterà il ricordo di te e del dono che a tutti noi hai fatto, maestro di vita, in questi anni: la forza di non perdere mai la speranza. Ciao, don Silvano, in attesa di rivederci per scrivere il nostro libro. Alessandra R.

«Martedì sarà un giorno importante non solo per noi chierichetti, ma per tutta la comunità: sarà il giorno in cui il nostro parroco don Silvano si unirà al padre in cielo. Cerchiamo di essergli vicino con il cuore e con la mente. Questi sono i miei pensieri; cercate di farne tesoro: così don Silvano non si dimenticherà del nostro fantastico gruppo! T.V.B. don Silvano».Sofia

«Caro don Silvano, sei stato un ‘provocatore’, nel

senso più alto ed illuminato del temine. Perchè con la tua passione per la vita, il tuo richiamo all’importanza delle relazioni umane, i tuoi appelli alla responsabilità, hai saputo destare chi ti ascoltava dal torpore e dall’indifferenza. Hai proposto cose impegnative, ‘pazze’, a prima vista illogiche per la società in cui viviamo. Così facendo, hai tradotto in realtà quel Vangelo a cui hai dedicato tutta la tua vita. Ciao don, buon viaggio».Simone

«Don Silvano, nel 1997, mi ha accolto come un vero padre nella parocchia di Aiello, quando ero seminarista a Udine. Poi è rimasta la persona che mi è stata vicina quando ho avuto bisogno. Per me è stato un modello di vita, il vero buon pastore che non passa indifferente accanto alle necessità del prossimo. Per me, Don Silvano è stato il piu grande professore di teologia, perche mi ha insegnato tutto con il suo modo di vivere. Adesso la consolazione è che abbiamo un santo in cielo. Sarà sempre nel mio cuore, e lo ricorderò sempre nelle mie preghiere. Condoglianze a tutta la comunita di Cervignano».Cristian, Romania

«Grazie don Silvano per essere stato un grande parrocco, ci manchi già tantissimo».Cristina, Giuliano, Massimo

«Con gratitudine e commozione oggi penso all’incessante e infaticabile opera di don Silvano per edificare con noi una comunità a dimensione umana, come lui avrebbe detto. Fino all’ultimo respiro, e non è retorica, ha lavorato per il Vangelo e per gli uomini e le donne concreti. Penso che da quella dimensione che chiamiamo cielo continuerà ad assistere il nostro incerto cammino. Grazie, don Silvano».Gabriella Burba

«Don Silvano, tu ci hai insegnato che la fede è più forte del male, e che il male è una prova per essere degni di Cristo. Tu riuscivi a donare il tuo sorriso sempre, anche quando non stavi bene, le tue parole erano sempre parole d’amore. Ora che non ci sei più, penso che in tutti noi rimmarrà un po’ di vuoto nel nostro cuore, ma ci consoliamo vedendoti tra le numerose schiere di angeli celesti, nella vita eterna donatati da Dio. Ciao don Silvano!»Mikele

«Ricordo quando don Silvano è venuto a benedire mio padre sul letto di morte: per me è come se mio padre fosse morto due volte. Ciao don Silvano».Luisa e famiglia

«Ci manchi già tantissimo».Betty

«Caro don Silvano, grazie per tutto quello che hai fatto per noi in questi anni. Ti vogliamo bene».Michele

«Oggi in cielo c’è un angelo in più. Ciao don Silvano».Carolina

Ci sapevi ascoltare quando avevamo più bisogno e ti ricorderemo sempre col sorriso che ci donavi...Speriamo che anche dal cielo ci saprai ascoltare.Famiglia Gradito

Don Silvano aveva veramente parole di ‘vita eterna’: chi lo ascoltava attentamente non poteva che congedarsi trasformato dall’incontro con lui. Aveva il grandissimo dono di parlare al cuore delle persone e senza troppi artifici linguistici. Era diretto e diretto centrava quei tasti del nostro cuore ormai impolverati o addirittura dimenticati a causa di schemi frutto della nostra società contemporanea. Desiderava che l’uomo si riappropriasse della propria vita e non si lasciasse travolgere dagli eventi. Le sue tremende spallate morali per riportarci sui giusti binari della vita ci mancheranno e non poco.È sicuramente stato uno degli strumenti più travolgenti attraverso cui ascoltare la melodia dell’amore di Dio per l’uomo.Riccardo

AltA QuotA ringrazia

tutti coloro

che hanno collaborato

alla realizzazione

di questo numero

speciale in memoria

di don silvano.

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