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Si festeggiano i 150 anni del- l’Unità d’Italia. A restare fred- di di fronte a questo evento mediatico si rischia di passa- re per leghisti. Entusiasmar- si al canto dell’Inno di Mame- li e allo sventolare del tricolo- re si rischia di passare per fa- scisti. Tra le due, decisamen- te la prima! Infondo, a parte le sceneggiate populistiche dei leader iper-romanizzati e la stupidità bovina delle ron- de padane, il federalismo re- gionale e la difesa del ruolo fondamentale svolto dai Co- muni in una democrazia par- tecipata trovano fondamento proprio nella nostra Costitu- zione antifascista e repubbli- cana. Il progetto europeo, evoluto dalla Comunità Eco- nomica della fondazione de- gli anni ‘60, all’Unione Politi- ca degli anni ’80-’90, prefigu- rava un percorso di progres- siva dissoluzione degli Stati nazionali per realizzare un’u- nione di popoli, molto più numerosi degli esistenti Sta- ti unitari o federali, fondata sul riconoscimento delle in- numerevoli peculiarità regio- nali e sul ruolo di democrazia diretta svolto dalle autono- mie comunali. Quel progetto straordinariamente innovati- vo e persino antagonista a quelli sino ad allora realizza- ti con le forzate unificazioni stanzialmente militari (para- digmatica quella degli Stati Uniti del nord America), è stato travolto dall’infatuazio- ne della globalizzazione dei mercati e ciò è avvenuto pro- prio durante la presidenza italiana della Commissione Europea di Prodi. L’imprepa- rata (e sotto questo aspetto, insensata) improvvisa aper- tura ai nuovi Stati dell’orien- te europeo, non aveva infatti Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno III, n. 4 - Foligno, aprile 2011 paese per raggiungere l’Eu- ropa. Lo sappiamo, eccome se lo sappiamo; abbiamo anche finanziato, armato e addestrato la polizia libica a “trattenere” nel loro paese quei migranti perché non arrivassero sulle nostre co- ste. Ora lo riproponiamo: soldi purché se ne vadano; bella soluzione! Insorge però la Lega: soldi nostri ai negri? Tranquilli rispondo- no i nostri ministri, i soldi non sono nostri, ce li regala l’Europa per risarcirci dal danno di essere geografica- mente esposti al primo ap- prodo di quei disperati, dunque che ce ne importa? Sulle nostre coste. Emergen- za! Ma non emergenza uma- nitaria. Emergenza di sicu- rezza: terroristi, migliaia di terroristi camuffati da di- sperati, assetati, affamati, che vogliono entrare nel no- stro paese per far saltare treni, aeroporti, scuole e ospedali. In mare! Ributtia- moli in mare! Ovviamente dopo averli identificati e schedati in modo che le po- lizie dei paesi che, “soldi in bocca”, sono disposti a ri- prenderseli sappiano bene come “sistemarli” nelle loro prigioni; sì, in quelle stesse prigioni dove, orrore (giusta espressione, senza dubbio) abbiamo scoperto essere “sotterrati” i disperati della Libia. Accogliere i migranti? Non ce lo possiamo permet- tere! La nostra economia è in crisi, i teatri chiudono, la scuola taglia posti, la ricer- ca scientifica è azzerata. Ma siamo in grado di immagi- nare quanto sta costando la missione di pace (no! Di guerra!)? Cifre da capogiro sperperate per sostenere una opposizione al rais del- la quale, peraltro, non sap- piamo nulla, se non che ha armi e strutture di un vero e proprio esercito. Non è l’ “intifata” palestinese. I ri- belli sparano colpi di can- none e missili, non lanciano pietre; è una guerra civile, un colpo di stato, altro che ribellione democratica. E noi? Ci siamo dentro “con tutti i piedi”. Bell’Italia! Che vergogna! aveva sconfitto e cacciato l’ultimo re borbone. Ma Gari- baldi nulla sapeva e nulla aveva mai voluto sapere e comprendere delle realtà economiche, sociali e cultura- li di quei territori, anzi di quei popoli. Nobili, latifondi- sti, borghesi, mafiosi o ca- morristi da una parte e servi, “cafoni” (contadini), pescato- ri e operai delle industrie meccaniche napoletane dal- l’altra, e i rapporti economici, sociali e culturali che li con- trapponevano, non avevano avuto alcun interesse per il “liberatore”; quegli argomen- ti non erano parte del suo progetto che aveva, come eb- be, un solo obiettivo: spode- stare un re per sostituirlo con un altro. Il regno di Napoli era stato conquistato dal re- gno del Piemonte e la sua an- nessione agli altri territori conquistati dall’esercito pie- montese aveva dato vita a un aggregato geografico e politi- co più grande, chiamato Ita- lia, anzi Regno d’Italia. Per i popoli di quegli Stati conqui- stati e annessi non era cam- biato nulla, soprattutto non erano cambiati i rapporti e i sistemi di dominio. Scrisse Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: “tutto era stato cambiato perché nulla venis- se cambiato”. Qualcuno inor- ridirà nel leggere le parole che seguono, ma occorrerà dirle: se non vi sono informa- zioni certe sui rapporti che intercorsero tra Garibaldi e la mafia siciliana durante l’at- traversamento dell’Isola, è in- vece certo che l’Eroe dei due Mondi si compromise con la camorra napoletana per otte- nere il controllo della città e soldati “freschi” per l’ultima battaglia del Volturno. In quel tempo a Napoli c’era an- che Mazzini. Se c’è stato un “eroe positivo” in quelle vi- cende, paradossalmente, fu proprio l’ultimo re borbone, Francesco II detto “France- schiello”, che mostrò l’intel- ligenza di accettare la fine di un’epoca, quella del suo re- gno, e abbandonò Napoli senza combattere per evitare al “suo popolo” un tragico bagno di sangue oramai inu- tile. Il mercato del sud era stato “aperto” alle nascenti economie industriali del nord. Scriveva Gramsci nel 1920: “Lo stato italiano è sta- to una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squar- tando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di bri- ganti.” Sono passati 150 anni e il senso e lo scopo di quella “conquista” è ancora lo stes- so: importare manodopera compromettendosi con la cri- minalità organizzata locale. Un’ultima considerazione. La penisola italiana è stata ben- sì terra di conquista pratica- mente da parte di tutti gli im- peri o regni o bande corsare provenienti dalle coste del mediterraneo e dall’oltre Al- pi, ma proprio per questo è stata la fucina delle più gran- di, uniche, produzioni artisti- che, scientifiche e culturali dell’intero bacino del medi- terraneo e dell’Europa conti- nentale. Chiusa nei confini del piccolo regno sabaudo l’I- talia è stata marginalizzata dagli sviluppi della fine otto- cento e dell’intero novecento; è diventata a sua volta, per quasi un secolo, il “serbatoio” di mano d’opera a basso co- sto dell’Europa e dell’Ameri- ca. Ora si sta rifacendo a spe- se dei nuovi aggregati più po- veri dell’est europeo e del nord Africa. Per i comunisti che riconoscono nel Mondo intero un’unica patria abitata da un unico popolo c’è ben poco da festeggiare. Italiano a chi?! Che vergogna! Q uando è stato scritto l’articolo a fianco non era ancora scoppiata la guerra di Libia; sì, la “guerra di Libia” perché di questo si tratta! Questo ar- ticolo, così detto di “fondo”, nelle intenzioni avrebbe vo- luto essere dedicato ad al- tro argomento di ben altro tono di speranza e di fidu- cia per un evento che ha in- teressato un lontano orien- te (non il Giappone ovvia- mente); torneremo su quel- l’argomento nei prossimi numeri. Oggi, purtroppo, non possiamo evitare di parlare di ciò che sta acca- dendo nel Mediterraneo, nel “mare nostrum”, davanti al- la nostre coste e sulle no- stre coste. Se non fosse tra- gico, come ogni guerra e ogni migrazione di popoli in fuga comporta, tutto ciò sarebbe “ridicolo”. Sull’altra costa. Un “rais” (quanto pia- ce alla nostra stampa “gos- sip” usare questo termine che già da solo risolve il problema etico: il rais è il cattivo, contro necessaria- mente ci sono i buoni, cioè noi) che affama il suo popo- lo, reprime le libertà, tortu- ra e commette le più effera- te cattiverie. Ma non lo sa- pevamo già e da anni, per non dire da decenni? Lo scopriamo ora? Scopriamo ora che i tanti soldi che la Libia, pardon il rais, ricava dalla vendita del gas e del petrolio alla nostra ENI (la quinta compagnia petrolife- ra del mondo), li spendi in armi che gli fornisce la no- stra Finmeccanica (una del- le più gradi esportatrici di armi del mondo), li investe in azioni Fiat, in titoli del- l’Unicredit, in buoni del no- stro Stato, così sostenendo la nostra economia, tappan- do buchi di crack finanzia- ri, fino a finanziare squadre di calcio per il divertimento dei nostri tifosi? Scopriamo ora che le carceri della Libia sono piene di disperati te- nuti in condizioni disuma- ne? Eppure numerosissimi sono stati negli anni passa- ti i servizi televisivi sul trat- tamento disumano dei mi- granti in transito da quel più lo scopo di arricchire la grande poliedricità del “vec- chio” continente europeo, ma quello di aprire non già “a” nuovi mercati, bensì “da” nuovi mercati, dacché l’unica mercanzia che è transitata at- traverso le nuove frontiere aperte è stata la mano d’ope- ra a basso costo, sia in forma “fisica”, con l’importazione delle masse di badanti e di manovalanza per l’edilizia o l’industria, sia in forma di merci prodotte in quei paesi, molto meno costosi, in stabi- limenti opportunamente de- localizzati dalle industrie dell’occidente d’Europa. Que- sta considerazione ci riporta, per singolare specularità, al- la vicenda dell’unione anzi- tuttomilitare, poi politica e amministrativa della peniso- la italiana. Nel 1860 un mi- gliaio di giovani tra l’entusia- sta e il fanatico, infiltrati da agenti piemontesi, presero il mare dalla Liguria verso la Si- cilia strada facendo armati dallo stesso Regno piemonte- se e silenziosamente, ma at- tentamente protetti dalla po- tente marina inglese. Sbarca- rono in mille sulla punta ove- st della Sicilia e dopo averla attraversata sino al capo op- posto e avere poi risalito la Calabria e la Campania, giun- sero ancora in poche migliaia a Napoli, dove affrontarono l’ultima battaglia per la di- sfatta del regno di Napoli. Vinta questa battaglia, pochi giorni dopo toccò a loro ar- rendersi e deporre docilmen- te le armi ai piedi dell’assai più forte esercito piemonte- se, che nel frattempo era di- sceso dal nord sino ai confi- ni della Campania proprio per assicurarsi il bottino del- l’avventura garibaldina. Gari- baldi aveva percorso un inte- ro regno, combattendo e vin- cendo battaglie campali e conquistando città e alla fine DI ST RIB UZIONE GR A TUI T A SANDRO RIDOLFI

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Mensile d'informazione politica e cultura dell'Associazione comunista "Luciana Fittaioli" con sede a Foligno (PG)

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Si festeggiano i 150 anni del-l’Unità d’Italia. A restare fred-di di fronte a questo eventomediatico si rischia di passa-re per leghisti. Entusiasmar-si al canto dell’Inno di Mame-li e allo sventolare del tricolo-re si rischia di passare per fa-scisti. Tra le due, decisamen-te la prima! Infondo, a partele sceneggiate populistichedei leader iper-romanizzati ela stupidità bovina delle ron-de padane, il federalismo re-gionale e la difesa del ruolofondamentale svolto dai Co-muni in una democrazia par-tecipata trovano fondamentoproprio nella nostra Costitu-zione antifascista e repubbli-cana. Il progetto europeo,evoluto dalla Comunità Eco-nomica della fondazione de-gli anni ‘60, all’Unione Politi-ca degli anni ’80-’90, prefigu-rava un percorso di progres-siva dissoluzione degli Statinazionali per realizzare un’u-nione di popoli, molto piùnumerosi degli esistenti Sta-ti unitari o federali, fondatasul riconoscimento delle in-numerevoli peculiarità regio-nali e sul ruolo di democraziadiretta svolto dalle autono-mie comunali. Quel progettostraordinariamente innovati-vo e persino antagonista aquelli sino ad allora realizza-ti con le forzate unificazionistanzialmente militari (para-digmatica quella degli StatiUniti del nord America), èstato travolto dall’infatuazio-ne della globalizzazione deimercati e ciò è avvenuto pro-prio durante la presidenzaitaliana della CommissioneEuropea di Prodi. L’imprepa-rata (e sotto questo aspetto,insensata) improvvisa aper-tura ai nuovi Stati dell’orien-te europeo, non aveva infatti

Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno III, n. 4 - Foligno, aprile 2011

paese per raggiungere l’Eu-ropa. Lo sappiamo, eccomese lo sappiamo; abbiamoanche finanziato, armato eaddestrato la polizia libica a“trattenere” nel loro paesequei migranti perché nonarrivassero sulle nostre co-ste. Ora lo riproponiamo:soldi purché se ne vadano;bella soluzione! Insorgeperò la Lega: soldi nostri ainegri? Tranquilli rispondo-no i nostri ministri, i soldinon sono nostri, ce li regalal’Europa per risarcirci daldanno di essere geografica-mente esposti al primo ap-prodo di quei disperati,dunque che ce ne importa?Sulle nostre coste. Emergen-za! Ma non emergenza uma-nitaria. Emergenza di sicu-rezza: terroristi, migliaia diterroristi camuffati da di-sperati, assetati, affamati,che vogliono entrare nel no-stro paese per far saltaretreni, aeroporti, scuole eospedali. In mare! Ributtia-moli in mare! Ovviamentedopo averli identificati eschedati in modo che le po-lizie dei paesi che, “soldi inbocca”, sono disposti a ri-prenderseli sappiano benecome “sistemarli” nelle loroprigioni; sì, in quelle stesseprigioni dove, orrore (giustaespressione, senza dubbio)abbiamo scoperto essere“sotterrati” i disperati dellaLibia. Accogliere i migranti?Non ce lo possiamo permet-tere! La nostra economia èin crisi, i teatri chiudono, lascuola taglia posti, la ricer-ca scientifica è azzerata. Masiamo in grado di immagi-nare quanto sta costando lamissione di pace (no! Diguerra!)? Cifre da capogirosperperate per sostenereuna opposizione al rais del-la quale, peraltro, non sap-piamo nulla, se non che haarmi e strutture di un vero eproprio esercito. Non è l’“intifata” palestinese. I ri-belli sparano colpi di can-none e missili, non lancianopietre; è una guerra civile,un colpo di stato, altro cheribellione democratica. Enoi? Ci siamo dentro “contutti i piedi”. Bell’Italia! Chevergogna!

aveva sconfitto e cacciatol’ultimo re borbone. Ma Gari-baldi nulla sapeva e nullaaveva mai voluto sapere ecomprendere delle realtàeconomiche, sociali e cultura-li di quei territori, anzi diquei popoli. Nobili, latifondi-sti, borghesi, mafiosi o ca-morristi da una parte e servi,“cafoni” (contadini), pescato-ri e operai delle industriemeccaniche napoletane dal-l’altra, e i rapporti economici,sociali e culturali che li con-trapponevano, non avevanoavuto alcun interesse per il“liberatore”; quegli argomen-ti non erano parte del suoprogetto che aveva, come eb-be, un solo obiettivo: spode-stare un re per sostituirlo conun altro. Il regno di Napoliera stato conquistato dal re-gno del Piemonte e la sua an-nessione agli altri territoriconquistati dall’esercito pie-montese aveva dato vita a unaggregato geografico e politi-co più grande, chiamato Ita-lia, anzi Regno d’Italia. Per ipopoli di quegli Stati conqui-stati e annessi non era cam-biato nulla, soprattutto nonerano cambiati i rapporti e isistemi di dominio. ScrisseTomasi di Lampedusa nelGattopardo: “tutto era statocambiato perché nulla venis-se cambiato”. Qualcuno inor-ridirà nel leggere le paroleche seguono, ma occorreràdirle: se non vi sono informa-zioni certe sui rapporti cheintercorsero tra Garibaldi e lamafia siciliana durante l’at-traversamento dell’Isola, è in-vece certo che l’Eroe dei dueMondi si compromise con lacamorra napoletana per otte-nere il controllo della città esoldati “freschi” per l’ultimabattaglia del Volturno. Inquel tempo a Napoli c’era an-che Mazzini. Se c’è stato un“eroe positivo” in quelle vi-cende, paradossalmente, fu

proprio l’ultimo re borbone,Francesco II detto “France-schiello”, che mostrò l’intel-ligenza di accettare la fine diun’epoca, quella del suo re-gno, e abbandonò Napolisenza combattere per evitareal “suo popolo” un tragicobagno di sangue oramai inu-tile. Il mercato del sud erastato “aperto” alle nascentieconomie industriali delnord. Scriveva Gramsci nel1920: “Lo stato italiano è sta-to una dittatura feroce che hamesso a ferro e fuoco l'Italiameridionale e le isole, squar-tando, fucilando, seppellendovivi i contadini poveri chescrittori salariati tentaronod'infamare col marchio di bri-ganti.” Sono passati 150 annie il senso e lo scopo di quella“conquista” è ancora lo stes-so: importare manodoperacompromettendosi con la cri-minalità organizzata locale.Un’ultima considerazione. Lapenisola italiana è stata ben-sì terra di conquista pratica-mente da parte di tutti gli im-peri o regni o bande corsareprovenienti dalle coste delmediterraneo e dall’oltre Al-pi, ma proprio per questo èstata la fucina delle più gran-di, uniche, produzioni artisti-che, scientifiche e culturalidell’intero bacino del medi-terraneo e dell’Europa conti-nentale. Chiusa nei confinidel piccolo regno sabaudo l’I-talia è stata marginalizzatadagli sviluppi della fine otto-cento e dell’intero novecento;è diventata a sua volta, perquasi un secolo, il “serbatoio”di mano d’opera a basso co-sto dell’Europa e dell’Ameri-ca. Ora si sta rifacendo a spe-se dei nuovi aggregati più po-veri dell’est europeo e delnord Africa. Per i comunistiche riconoscono nel Mondointero un’unica patria abitatada un unico popolo c’è benpoco da festeggiare.

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uando è stato scrittol’articolo a fianco nonera ancora scoppiata

la guerra di Libia; sì, la“guerra di Libia” perché diquesto si tratta! Questo ar-ticolo, così detto di “fondo”,nelle intenzioni avrebbe vo-luto essere dedicato ad al-tro argomento di ben altrotono di speranza e di fidu-cia per un evento che ha in-teressato un lontano orien-te (non il Giappone ovvia-mente); torneremo su quel-l’argomento nei prossiminumeri. Oggi, purtroppo,non possiamo evitare diparlare di ciò che sta acca-dendo nel Mediterraneo, nel“mare nostrum”, davanti al-la nostre coste e sulle no-stre coste. Se non fosse tra-gico, come ogni guerra eogni migrazione di popoliin fuga comporta, tutto ciòsarebbe “ridicolo”. Sull’altracosta. Un “rais” (quanto pia-ce alla nostra stampa “gos-sip” usare questo termineche già da solo risolve ilproblema etico: il rais è ilcattivo, contro necessaria-mente ci sono i buoni, cioènoi) che affama il suo popo-lo, reprime le libertà, tortu-ra e commette le più effera-te cattiverie. Ma non lo sa-pevamo già e da anni, pernon dire da decenni? Loscopriamo ora? Scopriamoora che i tanti soldi che laLibia, pardon il rais, ricavadalla vendita del gas e delpetrolio alla nostra ENI (laquinta compagnia petrolife-ra del mondo), li spendi inarmi che gli fornisce la no-stra Finmeccanica (una del-le più gradi esportatrici diarmi del mondo), li investein azioni Fiat, in titoli del-l’Unicredit, in buoni del no-stro Stato, così sostenendola nostra economia, tappan-do buchi di crack finanzia-ri, fino a finanziare squadredi calcio per il divertimentodei nostri tifosi? Scopriamoora che le carceri della Libiasono piene di disperati te-nuti in condizioni disuma-ne? Eppure numerosissimisono stati negli anni passa-ti i servizi televisivi sul trat-tamento disumano dei mi-granti in transito da quel

più lo scopo di arricchire lagrande poliedricità del “vec-chio” continente europeo, maquello di aprire non già “a”nuovi mercati, bensì “da”nuovi mercati, dacché l’unicamercanzia che è transitata at-traverso le nuove frontiereaperte è stata la mano d’ope-ra a basso costo, sia in forma“fisica”, con l’importazionedelle masse di badanti e dimanovalanza per l’edilizia ol’industria, sia in forma dimerci prodotte in quei paesi,molto meno costosi, in stabi-limenti opportunamente de-localizzati dalle industriedell’occidente d’Europa. Que-sta considerazione ci riporta,per singolare specularità, al-la vicenda dell’unione anzi-tuttomilitare, poi politica eamministrativa della peniso-la italiana. Nel 1860 un mi-gliaio di giovani tra l’entusia-sta e il fanatico, infiltrati daagenti piemontesi, presero ilmare dalla Liguria verso la Si-cilia strada facendo armatidallo stesso Regno piemonte-se e silenziosamente, ma at-tentamente protetti dalla po-tente marina inglese. Sbarca-rono in mille sulla punta ove-st della Sicilia e dopo averlaattraversata sino al capo op-posto e avere poi risalito laCalabria e la Campania, giun-sero ancora in poche migliaiaa Napoli, dove affrontaronol’ultima battaglia per la di-sfatta del regno di Napoli.Vinta questa battaglia, pochigiorni dopo toccò a loro ar-rendersi e deporre docilmen-te le armi ai piedi dell’assaipiù forte esercito piemonte-se, che nel frattempo era di-sceso dal nord sino ai confi-ni della Campania proprioper assicurarsi il bottino del-l’avventura garibaldina. Gari-baldi aveva percorso un inte-ro regno, combattendo e vin-cendo battaglie campali econquistando città e alla fine

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SANDRO RIDOLFI

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Leggi e diritti21

Stop al “falso” televoto. E’quanto l’Autorità per le Ga-ranzie nelle Comunicazio-ni (AGCOM) ha deciso conla deliberazione n. 38 del 3febbraio 2011. L’interventodell’Autorità è finalizzatoa garantire il buon funzio-namento del servizio di te-levoto e così la qualità del-lo stesso che ha come sco-po quello di rilevare, inmodo veritiero e rappre-sentativo della base votan-te, le preferenze dei tele-spettatori. Da qui l’esigen-za di regolare anche alcunaspetti tecnici che possonoincidere sulla qualità, tra-sparenza ed efficacia delservizio. “Il riferimento –osserva la AGCOM – è anti-tutto alla necessaria esclu-sione di quei meccanismiche, permettendo un invioautomatizzato dei voti,possano completamentealterare lo scopo tipico delservizio di <<televoto>>,insito nel suo nome e inval-

NADIA FRANCESCHI

ELISA BEDORI

SALVATORE ZAITI

FOLIGNO

Televoto e democrazia simulata

Se il cane abbaia Ancora sull’usura

www.piazzadelgrano.org APRILE 2011

so nella percezione degliutenti, vale a dire quello dirilevare le preferenze tra ilpubblico”. Ne consegue lanecessità di contenere lemodalità operative del ser-vizio tramite la prescrizio-ne di limiti al suo utilizzo.In difetto di tale conteni-mento, lo scopo tipico delservizio risulterebbe alte-rato comportando la diffe-renza dei risultati del tele-voto non tanto dalle prefe-renze personali del pubbli-co, quanto dalla capacitàeconomica dei votanti.L’Autorità ha, infatti, accer-tato nel corso dell’istrutto-ria che in occasione di fis-sazione piuttosto alta (100)di tetti massimi di voti in-viabili in una singola ses-sione di voto, il 10% delleutenze votanti riesce a de-terminare il 90% dei votiespressi; “il ché, certamen-te, da un lato lascia per-plessi sulla reale efficaciadel servizio di voting per larestante base votante, cheha in pratica inutilmentepagato il servizio e, dall’al-tro, conferma che la limita-zione del tetto di voti è lo

strumento più indicato perassicurare la complessivaqualità del servizio”. L’o-biettivo principale dell’AG-COM è, quindi, rivolto aevitare che la rilevazionedel voto sia alterata me-diante la moltiplicazionedel voto espresso per un si-gnificativo numero di volteovvero per il tramite di si-stemi automatizzati o me-no che permettono l’invioda call center o da sistemidi invio multiplo di sms;“in questo caso è di tuttaevidenza ch ei voti non sa-rebbero collegati a una pre-ferenza del pubblico, ben-sì a una più o meno elevatacapacità organizzativa e deconomica nel creare o ac-quistare <<pacchetti di vo-ti>>”. Per questi motivil’Autorità ha apposto untetto massimo al numerodi voti inviabili da ciascunautenza in una determinatasessione (5/10 voti per sin-gola competizione con il li-mite massimo di 50 voti asettimana) e ha disposto ildivieto di esprimere votitramite sistemi che consen-tono l’invio massimo di

chiamate o sms. Inol-tre, al fine di raffor-zare ulteriormente iprincipi di uguaglian-za, trasparenza, im-parzialità e pari op-portunità il provvedi-mento AGCOM haprescritto: - che ognisingolo servizio di te-levoto deve essere di-sciplinato da apposi-to regolamento dapubblicarsi, almeno 7giorni prima della dif-fusione del program-ma cui è abbinato, sul sitoweb della emittente pubbli-ca interessata; - che agliutenti è addebitato esclusi-vamente il costo dei votivalidi, mentre i voti invali-di (quelli espressi oltre ilnumero massimo consenti-to) sono totalmente gratui-ti; - che gli utenti devono ri-cevere un’informazione ilpiù possibile completa sulfunzionamento del sistemanel corso del programma,prima dell’apertura del te-levoto; - che al termine del-le operazioni, sempre nelcorso del programma, è da-ta lettura dei risultati della

Riprendiamo l’articolo delnumero di marzo per par-lare delle principali inizia-tive contro l’usura in Italia. E’ stato istituito un Fondodi solidarietà per le vittimedelle richieste estorsive edell’usura alle quali il fon-do eroga mutui senza inte-ressi di durata non supe-riore al quinquennio (art.14 legge 108/1996). Per ac-cedervi è necessario pre-sentare una domanda cor-redata dall’elenco dei cre-ditori cui destinare le som-me erogate (corrisponden-ti al danno subito dalla vit-tima dell’usura) sulla qua-le il comitato di solidarietàdarà il proprio parere. Ladelibera spetta al Commis-sario per il coordinamentodelle iniziative antiracket eantiusura (Ministero del-l’interno). Oltre al sostegnodelle vittime, tale strumen-to intende incentivare ladenuncia dell’usuraio. E’stato inoltre istituito unFondo di prevenzione del-l’usura (art. 15 legge108/1996) che provvede aderogare contributi che con-sistono nella costituzionedi fondi a disposizione deiconsorzi fidi che garanti-scono prestiti bancari ero-gati ai soggetti più biso-gnosi o a soggetti che, purmeritevoli, hanno difficoltànell’accedere al credito. Il31 luglio 2007 è stato sti-pulato un Accordo Quadrotra banche, associazioni dicategoria, confidi e asso-ciazioni antiusura per mi-gliorare l’utilizzo dei fondi.A tal fine, sono stati creatidegli osservatori presso le

Prefetture (minipool anti-racket e antiusura) per laverifica delle convenzioni edell’effettivo utilizzo deifondi. Sono inoltre indivi-duati dei referenti, presso

gli Istituti di credito ade-renti, incaricati di seguirel’iter istruttorio dei finan-ziamenti. I confidi, da par-te loro, si obbligano ad as-sumere decisioni in tempirapidi. Infine, le bancheaderenti, si obbligano a“non considerare pregiudi-zievole la condizione diprotestato” e a “valutarecon particolare cura la so-spensione delle azioni re-vocatorie o esecutive” neiconfronti dei soggetti chehanno chiesto l’elargizionedel fondo di solidarietà. E’

previsto il sequestro deibeni dell’usuraio per risar-cire le vittime dell’usura. Inogni caso, confisca dei be-ni, accesso al fondo di soli-darietà, cancellazione diprotesti e ipoteche si appli-cano solo in caso di con-danna dell’usuraio. La leg-ge 44 del 1999 prevede lapossibilità di sospendere le

azioni esecutive quali pi-gnoramento o sfratto. Achi rivolgersi? Oltre allecompetenti autorità per lanecessaria denuncia, sonoormai numerose in Italia lefondazioni antiusura allequali fare riferimento. InUmbria la “FondazioneUmbra contro l’usura” ol-tre ai vari consorzi fidi chehanno aderito al protocol-lo d’intesa. Vediamo ora,per qualche tipologia di fi-nanziamento, i tassi soglia,su base annua, che vengo-no rilevati con cadenza tri-

votazione, per lo meno intermini percentuali, perciascun partecipante allavotazione, rinviando alle24 ore successive la pubbli-cazione puntuale dei risul-tati sulla pagina web dell’e-mittente dedicata alla tra-smissione; - che l’Autorità,nell’ambito dei poteri di vi-gilanza, in caso di accerta-te violazioni può pretende-re la rettifica dei regola-menti del servizio o dellecomunicazioni date nelcorso delle trasmissioni,nonché un nuovo conteg-gio dei voti pervenuti, larettifica dei risultati della

competizione o, nei casipiù gravi l’annullamentodei risultati della stessa.L’adeguamento completoda parte degli operatori delsettore alle nuove disposi-zioni deve avvenire entro il31 dicembre 2011 e l’Auto-rità si riserva di estendere,con successivo provvedi-mento, l’applicazione delregolamento anche allecompetizioni in program-mi radiotelevisivi a diffu-sione locale. Che la tensio-ne verso l’interattività atutti i costi sarà connotatada maggiore consapevolez-za? Auguriamocelo.

La Cassazione torna a parlaredel diritto al risarcimento neiconfronti di coloro che nonriescono a dormire a causadell’abbaiare dei cani

L’AGCOM detta le regole per la trasparenza del televoto

E’ quanto ha stabilito la pri-ma sezione penale dellaCorte di Cassazione, con lasentenza del 14 Gennaio2011, n. 715, secondo cui èpunibile con la contravven-zione ex articolo 659 c.p., ilproprietario dell’animaleche non ne impedisce i ru-mori notturni molesti, no-nostante le proteste reitera-te dei vicini di casa. In parti-colare, i Giudici di PiazzaCavour hanno respinto il ri-corso presentato dai pro-prietari di due cani pastoreche, in precedenza, eranostati condannati da una se-zione distaccata del Tribu-nale di Siracusa alla pena di 200,00 di ammenda per ilreato di cui all'art. 659 c.p.in quanto, non impedendo ilcontinuo abbaiare, soprat-tutto nelle ore notturne, de-gli animali di loro proprietà,impedivano il riposo e lenormali occupazioni dei vi-cini di casa e dei familiaricon essi conviventi.La Su-prema Corte ha di nuovo ri-badito che “elemento essen-ziale della fattispecie di rea-to in esame è l'idoneità delfatto ad arrecare disturboad un numero indetermina-to di persone e non già l'ef-fettivo disturbo alle stesse”.Infatti tale principio lo pos-siamo ritrovare in numeroseprecedenti sentenze della

Corte di Cassazione che, in-terrogata su vicende analo-ghe a quella in esame, haavuto modo di affermare co-me: “il rumore e gli schia-mazzi vietati, per essere pe-nalmente rilevanti, debbonoincidere sulla tranquillitàpubblica – essendo l’interes-se specificatamente tutelatodal legislatore quello dellapubblica tranquillità sottol’aspetto della pubblicaquiete – di guisa che gli stes-si debbono avere la poten-zialità di essere percepiti daun numero indeterminato dipersone, pur se, in concreto,soltanto alcune se ne posso-no lamentare” (Cass. sent. n.1406/1997).Ancora, nel2004, i Giudici di legittimitàrigettarono il ricorso del pa-drone di due cani, il qualecontestando l’accusa mos-sagli, sosteneva che il reatodi cui all’art. 659 c.p. si rea-lizza per l’effettivo raggiun-gimento di una nutrita cer-chia di persone da parte del-la fonte rumorosa. Contra-riamente a tale tesi, la Su-prema Corte ha confermatoche il penalmente rilevantecoincide con la potenzialitàdiffusiva della fonte stessa,che deve essere oggettiva-mente idonea a disturbarele occupazioni o il riposodelle persone, ovvero dellageneralità di soggetti chefossero attinti dai rumori(nella specie, dai latrati).

mestrale, per categoria dioperazione e per classi diimporto (applicazione dal1° gennaio al 31 marzo2011). Mutui a tasso fisso:tasso medio 4,19%, tassosoglia 6,285%. Mutui a tas-so variabile: tasso medio2,68%, tasso soglia 4,020%.Crediti personali: tasso me-dio 11,30%, tasso soglia16,950%. Altri finanzia-menti alle famiglie e alleimprese: tasso medio 11,98%, tasso soglia 17,970%.Prestiti contro cessione delquinto dello stipendio edella pensione: fino a 5.000, tasso medio 14,28%, tas-so soglia 21,420%; oltre5.000 , tasso medio11,40%, tasso soglia 17,10%.Credito finalizzato: fino a5.000 , tasso medio11,82%, tasso soglia17,730%; oltre 5.000 , tas-so medio 10,70%, tasso so-glia 16,050%. Viene sponta-neo domandarsi cosa acca-de se, ad esempio, dei mu-tui ipotecari stipulati a tas-so fisso, dovessero trovarsioltre la soglia usura per ef-fetto di una successiva ridu-zione dei tassi di interesse:i tassi applicati non posso-no essere considerati usura-ri se, al momento della pat-tuizione del tasso, non vie-ne superato il tasso soglia.Per una riduzione del tassoapplicato, al mutuatarionon resta dunque che tenta-re di richiedere una rinego-ziazione delle condizioni al-la propria banca o rivolger-si ad un altro Istituto di Cre-dito procedendo ad unaportabilità del mutuo me-diante surroga ai sensi del-la Legge Bersani n.40 del 2aprile 2007. Per la normati-va, le rilevazioni dei tassi diusura e le informazioni suifondi è possibile consultareil sito della Banca d’Italia,del Ministero dell’Interno edel Dipartimento del Teso-ro alle sezioni Antiracket eAntiusura.

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Politica ed Etica 31FOLIGNO

ve essere il bene degli am-ministrati. L’anelito di li-bertà ed il desiderio deipopoli che abitano la spon-da africana del Mediterra-neo, che si sono diffusi at-traverso i nuovi canali dicomunicazione telematica,hanno dimostrato quantoinfondate fossero le pauredi uno scontro tra religio-ni, evocate dai soliti disfat-tisti che, in maniera miope,non hanno saputo coglierei sentimenti di quelle gen-ti che con espressione sin-tetica, ma molto incisiva,sono stati definiti come gliautori della rivoluzione“Pane e Libertà”. E se, gra-zie alla presenza di istitu-zioni più o meno forti, inTunisia e sopra tutto inEgitto, dove l’esercito si èrifiutato di sparare sullafolla, si è potuto realizzareun cambiamento dei regi-mi che per tanti, troppi an-ni, hanno tenuto in unostato di sudditanza e po-vertà i popoli di quei paesi,è sotto gli occhi di tutti ildramma che sta vivendo laLibia. Qui, infatti, il ditta-

tore che da anni gestisce ilpotere, preoccupato solodi se stesso e dei suoi inte-ressi, non ha esitato a sca-tenare una guerra civile,bombardando le città chegli si sono rivoltate contro,seminando morte e terro-re. Non ho simpatia perquel regime, ma neancheritengo giusti interventi dialtre nazioni a sostegno diuna delle parti che si con-tendono il potere e, di fat-to, costituiscono una limi-tazione alla autodetermi-nazione. A tacere dellaconsiderazione che i mo-delli democratici, come di-mostrano l’Iraq e l’Afgha-nistan, non sono esporta-bili con la forza delle armie che, spesso, dietro que-sto nobile sentimento, nonmanifestato in circostanzeanaloghe, si nascondonointeressi neanche troppovelati. Altresì nella volontàpopolare va individuato unmutato atteggiamento dimolti governi, a partire dalnostro, verso l’energia nu-cleare a seguito del disa-stro ambientale provocato

dalla centrale nucleare col-pita dal terremoto che hafunestato il Giappone. Val-ga per tutti quello del go-verno tedesco che, in que-sto frangente, ha assuntouna posizione di grandeprudenza, per certi versiaddirittura revisionistaverso questa fonte energe-tica non controllabile e in-capace di evitare scorie,che lascia ai posteri ele-menti di inquinamento dicui non si conoscono le po-

(tratto da “La democraziacontro le oligarchie” di Gu-stavo Zagrebelsky, 5.3.2011)

Che sulla democrazia – co-me su ogni altra forma di go-verno – incomba il pericolodel disfacimento, è un datod’esperienza che non puòessere negato. Le forme digoverno sono vitali se sonoanimate da un principio, unressort, secondo l´espres-sione di Montesquieu. Il res-sort della democrazia è lavirtù repubblicana. Quandola molla è totalmente dispie-gata e dunque non ha piùforza da sprigionare, quelloè il momento d’inizio delladecadenza. La questione,gravida di conseguenze pra-tiche, è se l’esito finale delprocesso corruttivo sia onon sia inevitabile. Se non èevitabile, tanto vale rasse-gnarsi e, se mai, lavorare peril dopo. Se è evitabile, la de-mocrazia come ideale politi-co non perde di valore, purin presenza di difficoltà [...]Per secoli, democrazia è sta-ta la parola d´ordine degliesclusi dal potere per conte-stare l’autocrazia dei poten-ti; ora sembra diventare l’o-stentazione di questi ultimiper rivestire la propria su-premazia. Presso i cittadinicomuni, non c’è (ancora?) unrovesciamento a favore diconcezioni politiche antide-mocratiche. C’è piuttosto unaccantonamento, un fastidiodiffuso, un «lasciatemi in pa-ce» con riguardo ai panegiri-ci della democrazia che, sul-la bocca dei potenti, per lopiù trasmettono ideologia alservizio del potere e, nelleparole dei deboli, suonanospesso come vuote illusioni.

La volontà dei popolifilo conduttore della politica

LUIGI NAPOLITANO

[...] L’esito potrà essere l’a-stensione o l’adesione passi-va e routinaria: in entrambii casi, un distacco. Lo scetti-cismo a-democratico dalbasso fa da pendant alla re-torica democratica dall’alto.[...] Il paradosso sopra segna-lato si scioglie pensando al-le capacità mimetiche o ca-maleontiche della democra-zia, rispetto alle qua-li è imbattibile. Sottole sue spoglie ideolo-giche si può como-damente annidaremimetizzandosi ,cioè senza mettersiin mostra (questo è ilgrande vantaggio),perfino il più ristret-to e il meno presen-tabile potere oligar-chico. Le forme de-mocratiche del pote-re possono essereun’efficace masche-ra dissimulatoria. Èstato così in passatoe così è anche nelpresente. [...] Reali-sticamente o, comesi dice, "sperimental-mente", dobbiamoprendere atto che lademocrazia devesempre fare i conticon la sua naturaletendenza alla riduzione delpotere in poche mani, nellemani di élites. [...] Ma le cosecambiano quando dalle éli-tes si passa alle oligarchie,anzi a quella che è stata de-finita la "ferrea legge delleoligarchie": una legge cheesprime una tendenza ende-mica, cioè mossa da ragioniinterne ineliminabili, sia del-la democrazia sia delle stes-se élites. [...] La "ferrea legge"si basa sulla constatazione

che i grandi numeri, quandohanno conquistato l’ugua-glianza, cioè il livellamentonella sfera politica, cioèquando la democrazia è sta-ta proclamata, e tanto più èproclamata allo stato puro,cioè come democrazia im-mediata, senza delega, perragioni strutturali ha biso-gno di piccoli numeri, di

gruppi di potere ristretti.Non basta. L’oligarchia non èperò l´élite. L’oligarchia - sipotrebbe dire così - è l’éliteche si fa corpo separato edespropria i grandi numeri aproprio vantaggio. Trasfor-ma la res publica, in res pri-vatae. Poiché, poi, questa èuna patente contraddizionerispetto ai principi della de-mocrazia, occorre che que-ste oligarchie siano occulte eche esse, a loro volta, occul-

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tino il loro occultamento permezzo del massimo di esibi-zioni pubbliche. La demo-crazia allora si dimostra co-sì il regime dell’illusione. Ilpiù benigno dei regimi poli-tici, in apparenza, è il piùmaligno, in realtà. Il "princi-pio maggioritario", che è l’es-senza della democrazia, si

rovescia infatti nel "princi-pio minoritario", che è l’es-senza dell´autocrazia:un’autocrazia che si appog-gia su grandi numeri, mapur sempre un’autocrazia e,per questo, più pericolosa,non meno pericolosa, delpotere in mano a piccole cer-chie di persone che possonosostenersi solo su se stesse.[...] Le oligarchie nascoste dicui stiamo parlando, per ilsol fatto d’essere tali, tendo-

La democrazia contro le oligarchie

APRILE 2011

L’immobilismo nel quale ilmondo sembrava precipi-tato a seguito della crisieconomica che l’attanagliasembrava, fino a pochesettimane fa, caratterizza-to ideologicamente solo daun improbabile scontro trai seguaci dell’Islam e gli oc-cidentali. Sono bastati unaserie di eventi imprevedi-bili e sembra passato unsecolo da quando era ilgossip a dettare i tempidella nostra politica e l’u-nica preoccupazione deimedia il passaggio da ungruppo parlamentare al-l’altro di questo o quel de-putato, assurto per qual-che momento alla ribaltanazionale. Ho individuatonegli eventi di cui parleròuna volontà popolare che amio modo di vedere deveessere il filo conduttoredella politica, il cui compi-to, attraverso l’eserciziodell’attività di governo de-

tenzialità negative. Non es-sendo possibile, tuttavia,dall’oggi al domani rinun-ciare alla maggiore fontedi produzione dell’energia,è auspicabile che il mondodella scienza e le autoritàinternazionali sappiano in-dirizzare nel miglior modopossibile le scelte necessa-rie. Mi preme, infine, darrisalto al sentimento di ap-partenenza manifestatosicon il successo che il popo-lo ha attribuito ai festeg-

giamenti per i nostri primi150 anni come Nazione,ricca di differenze, talvol-ta profonde, ma unita. Lebandiere tricolori e l’innod’Italia intesi non come se-gno di appartenenza aduna parte politica ma adun popolo ricco di storiaartistica, politica, cultura-le, sembrano manifestarela consapevolezza di sestesso ed il bisogno di unaclasse politica alla sua al-tezza.

no naturalmente, anzi ne-cessariamente, all’illegalità ealla corruzione. Poiché le oli-garchie del nostro tempo so-no costruite e finalizzate al-l’accaparramento di ricchez-za - sempre questo: pecuniaregina mundi - il potere dicui si parla oggi è il potere il-legale e corruttivo del dena-ro di cui si occultano il pos-sesso e la gestione per potercorrompere ogni altro ambi-to della vita sociale. È unatendenza "naturale", perl’ovvia, antropologica leggedel potere che già Monte-squieu ha chiarito, nella suacrudezza: chi detiene il pote-re, se non incontra limiti, è

portato ad abusar-ne. [...] Le oligarchiehanno bisogno diprivilegi, cioè dileggi che valgonosolo per loro, diver-se da quelle chevalgono per tuttigli altri. O, quantomeno, hanno biso-gno che le leggi ge-nerali e astrattesiano interpretate eapplicate a loro inmodo tale da noncontraddire l´esi-stenza dell´oligar-chia stessa. Ciò cheoccorre loro è una"giustizia dei pari",diversa da quellacomune; un "forospeciale" non digiudici imparziali,ma di giudici amici.[...] Potremmo for-se dire così: la de-

mocrazia non è - nel sensoche non può essere – l’auto-governo del popolo che si af-ferma durevolmente. È inve-ce la possibilità istituziona-lizzata, dunque resa stabilesecondo procedure ricono-sciute e accettate, di combat-tere e distruggere sempre dinuovo le oligarchie ch’essastessa nutre dentro di sé.Una definizione in negativo,dunque: qualcosa che si qua-lifica per essere contro un’al-

tra. Da questo punto di vista,la democrazia è tutt’altroche un ideale impossibile. Èinvece una possibilità, cioèuna serie di strumenti chespetta a noi di utilizzare,per tradurre in pratica l’av-versione alle oligarchie. Segli strumenti esistono e nonsono utilizzati, non si puòdire che non c’è democra-zia, ma si deve dire che lademocrazia (come possibi-lità) c’è e ciò che manca è lapratica della democrazia.Allora, la responsabilità del-lo scacco non deve essereaddossata alla democraziacome tale, ma deve essereassunta da noi, incapaci diutilizzare le possibilitàch’essa ci offre. Se cediamoall’accidia della democra-zia, è perché prevale sullalibertà morale il richiamodel gregge e la tendenzagregaria, che sono il latobiologico profondo degli es-seri umani che l’avvicinanoagli altri esseri viventi, co-me ha messo in luce Sig-mund Freud nel suo studiosulla psicologia delle mas-se. Ma il gregge è una possi-bilità, non un destino. [...[Diciamo così, a costo di ca-dere nell’enfasi: la democra-zia vuole potenti gli inermie inermi i potenti; vuole for-ti i giusti e giusti i forti. Èper questo che i suoi nemi-ci mortali sono le concen-trazioni oligarchiche del po-tere. Contro le concezioniireniche della democrazia,non possiamo pensarech’essa sia il regime che de-finitivamente pone fine aiconflitti, eliminandone lecause. Il suo tempo non èquello in cui tutto è pacifica-to. Non è il regno dell’armo-nia, della giustizia e dellaconcordia. Finché ci sarà po-litica, ci saranno conflitto,ingiustizia e discordia. Laquestione non è come elimi-narli, ma come affrontarli.

La difesa costante delle regole democraticheè l’antidoto al prevalere della prepotenza dei forti

Roma, Circo Massimo, 23 marzo 2002

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dal Mondo41 FOLIGNO

“La cooperazione allo sviluppo è parteintegrante della politica estera dell’Italia”

Gli “squat”, il mondo sommerso della povertà estremae della emarginazione giovanile nel cuore della City

OSVALDO GUALTIERI

ROBERTO MATERAZZI

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La periferia di Londra èfredda e buia, grigia e spor-ca… Sembrerebbe comequella descritta da OscarWilde, ma la mancanza dicarrozze e la presenza dimacchine ci riportano con ilpensiero ad oggi, a questasera di marzo… Prendo ilbus per tornare a casa, sonole 23 passate, quando sulbus salgono due ragazziche conosco, che però nonvedevo da tempo. Parliamoqualche minuto ma dopopochissimo scendono, men-tre io resto lì, a pensare... Sichiamano Salvatore e Massi-mo e sono due “squat”. Tut-ti ora però si chiederannocosa significa il termine“squat”, o “squattare”. Per ildizionario italiano significaletteralmente sgamare ofarsi scoprire. Qui a Londraha un altro significato. Sal-vatore è siciliano, avrà circa26 anni, di professione fa illavapiatti in un fast-food.Mi raccontò la sua storia anovembre quando lo conob-bi, ma poi me ne dimenticai.Partì per Londra un anno fa

credendo di costruirsi unfuturo migliore, ma le cosenon andarono proprio co-me sperava e in pochi mesicausa il non lavorare, nonparlare bene la lingua e peraltre cause (sostanze...) finìin strada. Pochi giorni e in-contrò altri ragazzi (italiani)sempre in strada, e iniziò amantenersi con piccoli fur-ti e altre cose, e andò a vive-re con loro in case occupa-te. Bene, questi sono gli“squat”, persone che occu-pano case senza luce, senzagas, senza acqua, vivendocome bestie senza igiene enient’altro. Vidi casa di Sal-vatore una sola volta quan-do ero con la mia compa-gnia in centro, rimasi senzaparole. L'edificio da fuorisembrava bellissimo, a par-te le finestre e le porte com-pletamente bloccate da ta-vole di legno, una volta en-trati ci parve di essere inuna fogna. Ci saranno statealmeno 30 persone, i murierano completamenti spor-chi/disegnati, la cucina ine-sistente, la living room inva-sa da carte e cartoni e ovun-que fili con panni attaccati.Vedemmo anche la cameradi Salvatore, il suo armadioerano dei fili in alto con so-

pra i suoi vestiti, il suo let-to era un materasso sbattu-to in letto, aveva solo unportatile appoggiato a terrae un pacchetto di sigarette...E basta. Massimo, friulano,almeno dieci anni più gran-de di me (io ho 20 anni) euna vita abbastanza diffici-le alle spalle. Lo conobbi lostesso giorno di Salvatorenella “sua casa”, mi colpìsubito; un ragazzo basso egrassottello con però un'a-ria furbissima in faccia. Par-lammo e mi raccontò chegià alla mia età aveva seriproblemi con la droga, nonaveva famiglia e commette-va piccoli furti. Mi disse cheper parecchi anni fece den-tro e fuori dal carcere, e nonsempre subì trattamentiesemplari. Poi decise di tra-sferirsi, prima in Scozia epoi a Londra, dove dopo unbreve periodo finì in strada.E cominciò a “squattere” ca-se. Mi raccontò le sue tecni-che, lo faceva da almeno 6 o7 anni. Era considerato datutti un maestro per come“squattava”. Sorvegliava lecase per almeno 7 mesi (iltempo minimo dopo di cuiuna casa per legge può es-sere “squattata”) senza maifarsi notare da nessuno,

E qui inizia il problema. Sic-come la “politica estera” lafanno i politici di turno chesono al governo, il risultato èche la cooperazione ai cosìdetti “paesi in via di svilup-po” viene messa principal-mente al servizio dei interes-si politici e la diplomazia in-ternazionale; degli interessipolitici dentro l’Italia e dei go-vernanti corrotti dei paesi“beneficiari”. Per finanziareprogrammi di cooperazioneseri e indipendenti da questacostante affidati alle ONGsnon c’è quasi spazio né ci so-no finanziamenti. Si può direche la cooperazione fatta tra-mite le ONGs italiane negli ul-timi anni è quasi morta emolte di queste hanno chiu-so le loro attività per man-canza di finanziamenti. Unvero peccato perché, anchecon i loro limiti, a mio pareresono gli organismi più seri eimpegnati in questo settore,composte normalmente damolti giovani veramente bra-vi, onesti e che si sacrificanoper il prossimo senza ambi-zioni di un ritorno economi-co. La maggior parte dei fi-nanziamenti vanno ad in-grossare il contributo dell’Ita-lia alle innumerevole Agenziedelle Nazioni Unite con risul-tati, a dir poco, frustranti.Questa “holding” (secondo al-cune informazioni compostatra 88 e 95 Agenzie) li utiliz-za, in gran parte, per finanzia-re il proprio apparato buro-cratico, a cominciare dalla lo-ro sede centrale. Anni fa mi

sono “divertito” facendoun’inchiesta tra una decinadei funzionari dell’ONU pre-senti in Centro America, chie-dendo quante agenzie loroconoscessero, anche se fossesolo la sigla. Nessuno, diconessuno, è riuscito ad andareoltre la decina. Tutti si ferma-vano a FAO, UNICEF, OMS,ACNUR, UNDP,UNESCO… e qual-che altra sigla. Co-me prima accenna-to, la maggior partedei finanziamentiche ricevono questeAgenzie serve soloper mantenere l’ap-parato burocratico.Con il resto cosafanno? Il modo, adir poco “leggeri-no”, con cui gesti-scono il resto dellerisorse provoca, inmolti casi, solo nuo-vi danni alle popo-lazioni già dura-mente colpite dadrammi politici esociali terribili.Prendiamo comeesempio i così detti“aiuti d’emergen-za”. Questi, in mol-to casi, si riduconoquasi esclusivamente all’inviodi alimenti e beni di largoconsumo. Il risultato è che, ol-tre far arricchire le impreseche vendono questi beni, mol-te volte contribuiscono ad au-mentare la fame in quei pae-si. Il motivo è molto semplice:questi aiuti si distribuiscononelle città o villaggi, perciò lapopolazione si concentra lì eabbandona le campagne, fi-nendo per non produrreneanche il poco che produce-

va prima e sopravvivendo so-lo dalla “misericordia interna-zionale”. Quando questi aiutifiniscono, perché tutti gli aiu-ti un giorno si finiscono, rima-ne una grave situazione dinon sostenibilità. La soluzio-ne sarebbe finanziare e orga-nizzare programmi di svilup-po, però questo è più impe-

gnativo e non ha molta visibi-lità a breve termine. Rimaneanche il tema dei costi dellalogistica per la distribuzionedi questi aiuti che, in molti ca-si, sono notevolmente supe-riori al costo stesso di ciò chesi distribuisce. Se qualcunoha avuto la possibilità di co-noscere qualche zona dovesono presenti le agenzie del-l’ONU, avrà visto la quantitàdi aerei, elicotteri, fuoristrada,camion, macchine, edifici di

lusso, ecc. usano queste agen-zie. Uno sperpero di risorseda non credere! Gli esempiche ho visto nella mia lungaesperienza dentro la malchiamata “cooperazione allosviluppo” (?) sono infiniti e siarriva spessissimo a situazio-ni tragiche che, in alcuni casi,potrebbero essere comiche,

se non ci fossero di mezzo es-seri umani. Uno dei ultimiesempi è stato quello che hovisto recentemente a Bukavu,regione est della RepubblicaDemocratica del Congo. Inquesta martoriata città, la fa-mosissima e pubblicizzataUNICEF da tre anni a questaparte provvede a sommini-strare una bottiglia di acquaal giorno per ogni bambinoche frequenta le scuole delcentro città, all’incirca da

8.000 figli dalle classi socialepiù avvantaggiate. Questebottiglie le portano dal Rwan-da o Burundi con costi altissi-mi per ogni bottiglia, compre-so il costo del trasporto e di-stribuzione. Facendo duesemplici conti, si arriva che,con questa enorme spesa, sisarebbero potuto costruirevari pozzi e sistemi di distri-

buzione del-l’abbondanteacqua potabileche c’è nellefalde sotterra-nee. Ho chie-sto in giro enessuno mi hasaputo spiega-re il motivo ditale assurdità.Io penso che,come unicaspiegazione,c’è l’immanca-bile mazzettaad alcuni fun-zionari dell’U-NICEF. Impos-sibile trovarealtra giustifi-cazione. Nelf r a t t empo ,uscendo soloalcuni chilo-metri fuoriBukavu, ho in-

contrato migliaia di bimbi neivillaggi o accanto le stradeche, quando passavo in jeep,mi facevano dei gesti e chie-devano disperatamente nellaloro lingua qualcosa che nonriuscivo a capire. Ho chiestoal mio interprete e questo miha risposto che semplicemen-te chiedevano bottiglie di pla-stica vuote; hanno delle sor-genti di acqua ma non hannodove metterla per portarla al-le loro capanne. Da piangere!

Non parliamo poi delle chia-mate “missioni di pace” di-stribuite, purtroppo, in mol-tissime parti del mondo! Unvero e proprio scandalo il co-sto della impressionante evergognosa la logistica di cuidispongono, gli stipendi e lepensioni d’oro dei funziona-ri. Tutto per cosa? Per evita-re nuovi conflitti e conse-guenti morti ammazzati. Maquando mai! Al primo sparoscappano e tornano quandoormai non c’è più niente daevitare. A quel punto chiedo-no più soldi per rinforzare illoro apparato e cosi vannoavanti da sempre. Ossia, al-l’ONU conviene che nel mon-do ci siano molti conflitti per-ché in questo modo diventapiù potente e riceve più fi-nanziamenti che poi sperpe-ra a mano aperte, a comincia-re dalla sede centrale. C’è daaggiungere il fatto che, a cau-sa delle grandi disponibilitàfinanziarie dei componenti ditali “missioni di pace”, derivaun aumento brutale del costodella vita in quelle zone adanno del potere d’acquistodella maggior parte della po-polazione, ma anche l’au-mento della prostituzione,del degrado sociale e addirit-tura la comparsa di nuovemalattie, come recentementesuccesso in Haiti. Non voglioessere molto critico né pre-tendo di avere tutta la verità.Con questo breve articolovorrei solo stimolare una ri-flessione, una analisi e unadiscussione indirizzata a ri-vedere le attuali funzioni ecompiti delle innumerevoleAgenzie dell’ONU. Magari perchiuderne molte e fare diven-tare un po’ più efficienti le re-sidue. Del famoso consigliodi Confucio “meglio regalareun amo che un pesce”, credoche in questo momento nongliene frega quasi niente anessuno. Triste, pero cosi

APRILE 2011

usava tecnicheassurde, e poiorganizzava dinotte veri epropri traslochidi massa. Unavolta entratibollavano portee finestre contavole di legnoe attaccavanomanifesti fuorila porta con suscritto che lacasa era stataoccupata, e aquel punto lapolizia, per leg-ge, non potevafare nulla a par-te che staccareluce, gas ed ac-qua, mentre iveri padronipotevano solo vedere la lo-ro casa distruggersi lenta-mente, avendo la legge con-tro. Proprio cosi, perché inInghilterra la regina ha vo-luto questa legge per dareuna casa agli sfortunati chein poco tempo la distrugge-ranno e la cambieranno, la-sciando i veri proprietarisenza nulla in mano, oltre a4 muri disegnati e sporchi.Massimo, friulano, mi disseche ora per andare avanti

commetteva dei piccoli fur-ti di alcoolici nei market e lirivendeva a metà del prez-zo a china town; ma chemolto spesso viene beccatoe che la polizia qua non èsempre molto gentile comeda noi. Mi rimase in mente,mi ricordo le sue parolequando mi disse che non glipiaceva quello che faceva,che non sognava quella vita,ma oramai era così ed era

impossibile da cambiare.Quando incontrai Salvatoree gli chiesi di Massimo midisse che aveva avuto dinuovo problemi con la dro-ga e che ora era in carcere.Di nuovo. Bene. Cosa sonogli “squat”? e cosa fanno?Cosa penserebbe Oscar Wil-de della sua Londra un annoprima delle olimpiadi? may-be, good save the queen!

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dalla Città 5 1FOLIGNO

Le opere di pavimentazio-ne delle vie del centro sto-rico di Foligno sono statel’occasione per tornare adiscutere di “chiusura” deltraffico e a ripensare unmodo diverso di vivere ilcentro cittadino. Diversi gliinterventi registrati: l’op-posizione, con il consiglie-re Daniele Mantucci, ha ri-badito l’esigenza di aprireal traffico veicolare per ov-viare ai disagi dei lavori incorso e collegare così ViaXX settembre a Via CesareAgostini, oltre a quella dicreare parcheggi in PiazzaGaribaldi, piazza del Gra-no. Al contrario, il consi-gliere di Rifondazione Co-munista Alessandro Pacini,propone di cogliere l’occa-sione delle pavimentazioniper sperimentare e pro-muovere un centro storicoattraversabile a piedi o inbici, estendendo il “model-lo Corso Cavour” a tutto ilcentro storico, certi che laqualità dell’aria, il volumedi affari, la città tutta, negioverebbe e attrarrebbe vi-sitatori e clienti anche dafuori Foligno. Poiché il di-battito stava iniziando, ciha pensato l’assessore Sal-vatore Stella a comporre lasituazione: non chiudere ilcentro, mantenere la viabi-lità salvaguardando com-mercianti e residenti. Per il

Il tema della raccolta diffe-renziata, delle discariche, edella riduzione dei rifiuti èquanto mai attuale in questigiorni, sta interessando sem-pre più il dibattito cittadino eregionale, soprattutto in vistadei prossimi futurisviluppi della situa-zione discariche e ri-fiuti. Questa la con-dizione attuale: citroviamo ad un pun-to di svolta, in quan-to la discarica diSpoleto-Sant’Orsolaè ormai satura, tan-to che la chiusura èprevista entro Di-cembre 2011. Losmaltimento dell’at-tuale produzione di indiffe-renziato dovrebbe esserespostato ad Orvieto-Le Crete,facendo però lievitare i costisenza avere in cambio nes-sun miglioramento del servi-zio. Una soluzione valutatada tempo è la creazione di uninceneritore, ma visti i rischiper la salute e l’ambiente laRegione ha rimandato la co-struzione al 2016, subordi-nandola al raggiungimentodel 50% di Raccolta differen-ziata. Cosa si può fare dun-que per evitare questo ri-schio? La raccolta differen-ziata, soprattutto con la me-todologia del “porta a porta”sembra la scelta più coerenteper la salute e per l’ambiente.La questione è molto impor-tante, e l’amministrazionedella nostra città se ne è oc-

Bipolarismo e primarie

Questione rifiuti: qualefuturo ci attende?

Chiusura al traffico delcentro storico: un falsoproblema?

Da tempo il nostro paese haadottato il sistema elettoralemaggioritario in prospettivadi un auspicato, peraltro nonda tutti, bipolarismo. Tuttaviain questi quindici anni nulla èaccaduto che possa, neanchelontanamente, assomigliaread un bipolarismo. C’è allorada chiedersi: se il nostro siste-ma politico non è nato con lacultura del maggioritario e gliinnumerevoli tentativi di cam-biarlo sono falliti, perché con-tinuare ad ostinarsi? A miomodesto avviso il bipolarismoha ragion d’essere se a scon-trarsi sono due forze e quindici si trovi in una situazione dibipartitismo, che è poi quelloche si è tentato di fare costi-tuendo il PD e il PDL. Dopomolti anni è ragionevole so-stenere che questo progetto ènaufragato; dunque non è piùlogico pensare di apportare al-cuni indispensabili aggiusta-menti al sistema proporziona-le?Prendere a modello altredemocrazie, che con il siste-ma maggioritario sono nate etentare di esportare tali mo-delli nella nostra democraziaè come chiedere agli america-ni o agli inglesi di passare adun sistema proporzionale.Questo costume tutto e soloitaliano di pensare che quelloche abbiamo tanto faticosa-

mente costruito è da sostitui-re con altro, rende il nostropaese ancor più debole. Unconto è apportare i necessarie giusti correttivi ad un siste-ma, in relazione alle mutatecondizioni ed esigenze deltempo, un conto è stravolgerei principi che hanno retto lanostra democrazia per 65 an-ni, che non sono poi un’eter-nità. Se pensiamo all’assurdodi un sistema elettorale modi-ficato con legge ordinaria, cheè in contrasto con le normecostituzionali in materia dielezione e di nomina del capodel governo, ci rendiamo con-to di quanto, modifiche par-ziali di un tutto organico, co-stituiscono un ulteriore ele-mento di confusione e di in-stabilità. Da qui infatti la con-fusione che vede da una par-te il centro destra sostenereche non sia possibile formareun altro governo né nominareun altro capo del governo chenon sia quello eletto dal popo-lo e la Costituzione che inve-ce attribuisce al Capo delloStato il potere, se se ne verifi-cano le condizioni, di nomina-re un nuovo governo e unnuovo Presidente del Consi-glio, senza necessità di torna-re alle urne. Su questo argo-mento è inutile scontrasi, nonsiamo nel campo delle opinio-ni. Il PD poi è andato oltre nel-l’esportazione, ed ha introdot-to le primarie. Ora non vogliofar parte della categoria dei di-

sfattisti né voglio contri-buire alle tesi di quantisostengono che nel PDnon sono d’accordo suniente, voglio solo ragio-nare a voce alta e aprireun confronto su alcuniaspetti del tema e, sesarò in minoranza, poitacerò. Le primarie,neanche a dirlo, le fanno inAmerica e la prima domandaè: ma in America i partiti sonocome quelli italiani? hanno lastessa funzione e prerogative?Sostanzialmente a me sembradi no. La Costituzione italiana,all’art.49, recita che tutti i cit-tadini hanno diritto di asso-ciarsi liberamente in partitiper concorrere con metododemocratico a determinare lapolitica nazionale. Dunque laCostituzione individua neipartiti lo strumento attraver-so il quale i cittadini contribui-scono alle scelte politiche delpaese. I partiti a loro volta, at-traverso i propri atti costituti-vi e statuti, consentono ai cit-tadini di associarsi liberamen-te e, garantendo un libero edemocratico confronto, deter-minano la linea politica delpartito e contribuiscono a for-mare e selezionare le classi di-rigenti. Almeno dovrebbe es-sere così; se poi all’interno deipartiti prevalgono altre logi-che, questo non inficia la vali-dità del sistema, testimoniasemmai la sua distorsione.Dei partiti che non sono tali,

www.piazzadelgrano.orgAPRILE 2011

cupata negli ultimi mesi conmolta attenzione; a Foligno laraccolta differenziata è arri-vata al 31% circa nel 2010, lamedia regionale si attesta in-torno al 30%, quindi la stradada fare è ancora tanta, e deveriguardare non solo Folignoma tutti i Comuni dell’Ati3 ela stessa Vus, in quanto que-ste percentuali sono assolu-

tamente insufficienti, soprat-tutto rispetto agli obiettivifissati dalla stessa Regione: sideve cercare di elaborare unastrategia complessa e siste-matica che permetta di incen-tivare in maniera notevole laraccolta differenziata, fonda-mentale per un sistema chevuole tendere al superamen-to delle discariche. Una pro-posta è stata elaborata neigiorni scorsi dall’AssessorePiccolotti, e ruota intorno adalcuni punti-cardine: evitarela soluzione dell’inceneri-mento che comporterebbe laproduzione di nuove polverisottili e nuova Co2; il rag-giungimento del 65% di rac-colta differenziata, previstaper il 2014 dovrebbe essereanticipato almeno al 2013 ,usando il metodo del porta a

GIOIETTA VOLPI

VINCENZO LAZZARONI

LORENZO BATTISTI

resto se ne parlerà. Sta be-ne, rinviamo la decisione.Ma il dibattito è iniziato. Siparla di chiusura a fasceorarie, totale, parziale. Unafase di ascolto iniziale èinevitabile per poi passarealle proposte. L’obiettivodovrebbe essere quello difar ricominciare a dialoga-re persone che hanno spe-cificità differenti e cheesprimono interessi diver-si per capire dove si troval’elemento di sintesi e,quindi, intervenire nel ri-spetto di tutti. La madre ditutte le questioni, comun-que, continua ad esserel’accessibilità al centro sto-rico. Questa non va intesa edeclinata come la liberaliz-zazione del parcheggio sel-vaggio, ma come un atten-to e studiato piano di ac-cesso e mobilità. Il centrostorico di Foligno, in talsenso, non pone le proble-matiche che si incontrano,ad esempio, per l’acropoli

ma solo di un padrone, nean-che vale la pena di parlare, senon per dire che essi hannocontribuito a rendere “mala-to” il sistema democratico.Che senso ha proporre a tuttii cittadini, anche non iscritti,non aderenti e se del casoneanche simpatizzanti, di sce-gliere il candidato tra diversisoggetti appartenenti addirit-tura allo stesso partito? Misembra che ciò attesti che ipartiti hanno cessato di svol-gere il ruolo per cui sono statipensati. Passino le primarie dicoalizione, per scegliere il can-didato tra diversi partiti allea-ti, ma limitiamole almeno agliiscritti! E se chi non lo è vuolpartecipare, che si iscriva eavrà modo di dare il suo libe-ro contributo alle scelte delpaese. E per finire, non è forsequesto un altro elemento cheha favorito la personalizzazio-ne della politica? Contano or-mai più gli uomini che le ideee i programmi. E’ la storia diun paese che va sempre cer-cando capi carismatici comepanacea di tutti i mali, salvopoi ricredersi il giorno dopo.

In Italia si contano alGiugno 2010 circa 8.094comuni; ma è un dato ap-prossimativo e non im-mutabile. La motivazio-ne è semplice, ci sonocontinue fusioni e nasci-te e stranamente ci sonoanche decessi. Il consi-glio comunale di Morte-rone in provincia di Lec-co con i suoi 33 abitantiè stato sciolto, con pro-babile non ricostituzioneed accorpamento con co-muni limitrofi. Venivaclassificato il comunepiù piccolo d' Italia.L'Umbria ad oggi conta92 comuni ed è propriodi questi che mi vorreioccupare. Piccole sintesied alcuni dati, curiositàed altre cose ancora. Vor-rei iniziare da Poggiodo-mo che con i sui 147 abi-tanti (circa!) si attesta in-torno al centesimo postodei comuni più piccoli d'Italia. Le sue frazioni so-no Roccantamburo, Usi-gni e Mucciafora (soloper i nomi le località me-riterebbero una visita). E'raggiungibile da Folignopercorrendo la Flaminia,galleria di Eggi, direzio-ne Cascia, Cerreto diSpoleto, si prosegue per

Ponte e si arriva a Pog-giodomo 55km con untempo di percorrenza diun'ora. E' sito a 974m dialtitudine con una super-ficie totale di 40kmq. Co-mune a principale voca-zione agricola e alleva-mento di ovini il cui lat-te è lavorato da caseificilocali. Si realizza ancheun discreto reddito dallaraccolta e commercio deltartufo. Il Santo Patronoè S. Antonio Abate e si fe-steggia il 17 Gennaio. IlSindaco si chiama EgildoSpada (gli inviamo i no-stri saluti ed i miglioriauguri di buon lavoroper la comunità). Non mene vogliano i Poggiodo-mesi se il mio articolo ècosì breve e si è limitatoa poche cose (penso co-munque che vadano par-ticolarmente fieri delleloro ridotte dimensioni,pertanto voglio rispetta-re questa peculiarità).Sono certo che fra di loroci sono tradizioni fami-liari, culture e ricchezzeintellettuali che nullahanno da invidiare allepiù grandi città. A prestopertanto per una visita alnostro piccolo comuneumbro.

di Perugia, dove si deve ri-correre a orari prolungatidel Minimetrò, degli ascen-sori e delle scale mobili. Lacittà di Foligno, infatti, pre-senta una abbondanza diaree di sosta e le vie e gliesercizi commerciali sonotutti facilmente raggiungi-bili. Il problema, semmai, èun altro. Chi vuol veramen-te ancora vivere il centrocittadino, quando tutte leattrattive sono poste al difuori? A tal proposito ser-vono luoghi positivi, di in-trattenimento e produzio-ne della cultura, non solocommercio; occorre inver-tire la rotta e recuperare ildato culturale e dei rappor-ti sociali. Ecco perché nonserve parlare di chiusuradel traffico, ma di centrostorico come centro di vitaculturale. Poi se ci si arrivaa piedi, in bicicletta o inmacchina, in una cittadinacome Foligno, non credosia determinante.

porta completo, con totalescomparsa dei cassonetti dal-la strada (è statisticamenteprovato che la raccolta diffe-renziata con il metodo portaa porta raggiunge fisiologica-mente percentuali che tocca-no e a volte superano il 70%della mole complessiva di ri-fiuti prodotti dal territorio );investire nel potenziamento

degli impianti diCasone e realizzareun ampliamentodella discarica diSant’Orsola; infineridurre a monte laproduzione dei ri-fiuti e degli imbal-laggi, riprendendoil percorso degli Ac-quisti Verdi nellap.a e sensibilizzan-do cittadini e im-prese. Bisogna dare

avvio ad un progetto cheaspiri ad una progressiva ri-duzione dell'indifferenziato,fino ad arrivare alla prospet-tiva di abbattere totalmentei costi per lo smaltimento deirifiuti ed alla riduzione, nellungo periodo,della relativaimposta per ogni cittadino.Questa non è utopia, è untraguardo che ogni buonaamministrazione, ma so-prattutto ogni cittadino de-ve imporsi: il riciclo va per-seguito con forza perchèporta benefici per l’ambien-te, per le imprese che utiliz-zano il materiale riciclato eper la crescita dell’occupa-zione. E’ una questione nonsoltanto di scelte tecniche, èsoprattutto una questioneche riguarda il nostro futuroe quello dei nostri figli.

COMUNI DELLUMBRIA

Poggiodomo

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Potrebbe sorprendere sco-prire come, a ben guarda-re, la filosofia, la politica,la cultura, insomma tuttociò che ci definisce “occi-dentali”, nasca dal lavoroin senso ampio e come inesso poi si riverberi. Tutto:i canti, i sogni, le speranzedi progresso, il modo diguardare l’altro, il modo dipensare e rappresentare ilmondo che ci circonda, ilmodo d’intendere la reli-giosità, i legami interper-sonali e, non ultimo, il mo-do d’intendere noi stessi,la nostra individualità. Daitempi dell’antica Grecia(che sapeva quanto il lavo-ro, nella forma dell‘utiliz-zo degli schiavi, fosse in-dispensabile) in avantiperò, il lavoro è stato pro-gressivamente sottovalu-tato e, nella nostra Era po-st-capitalistica o quasi,trasformato in qualcosanon di necessario ma diumile, non di specializza-to e fondamentale ma dimediocre. Qualcosa diadatto più agli schiavi eagli stranieri che ai cittadi-ni, un peso simile a unaoscura colpa. Qualcosache può arrivare a detur-

Cultura/e61 FOLIGNO

Soltanto per interesse

“Giocosamente”: una laica accele-razione verso i sogni ritrovati

La Historiame absolverà!

MARIA SARA MIRTI

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pare la nostra immagine. Ilmodo che abbiamo di rap-portarci ad esso dipendesoltanto dal concetto an-cestrale, che ciascuno dinoi possiede e assimilasenza nemmeno saperlo,di interesse e quindi, in ul-tima analisi, di egoismo.Mi viene in mente un epi-gramma d’ispirazioneomerica che elenca, indivi-sibili, le caratteristichebiografiche e le capacitàlavorative di un tale Atota,“lavoratore metallurgico”(si è ipotizzato di trattas-se di uno dei tanti schiaviche aveva trovato lavoro inAttica meridionale): “Ilmagnanimo Atota, paflà-gone del Ponto Eusino, lon-tano dalla sua terra riposòil corpo dalle fatiche. Nel-l’arte non ebbe rivali: di-scendendo dalla stirpe diPilèmene, che morì domatodalla mano di Achille.” (S.Nicosia, Il segno e la me-moria, p. 137, Sellerio Edi-tore Palermo, 1992).Atota è un operaio, ma distirpe regale, così come re-gale è, secondo Platone, ilsuo particolare mestiere;eppure è palese l’esigenzada parte della cultura gre-ca di regolamentare il con-tatto con le popolazioni“altre” tramite una genea-logia mitica. Noi oggi, po-

APRILE 2011

co avvezzi a chiedere spie-gazioni alle storie raccon-tate dai miti, ci ritroviamosforniti di appigli cultura-li, consci e inconsci, che ciaiutino a spiegarci e ad ac-cettare la presenza dellostraniero, a “casa nostra”,a maggior ragione se delsuo lavoro abbiamo un di-sperato bisogno, se il co-siddetto straniero si faportatore, nella nostra so-cietà, di abilità e saperi untempo nostri e oggi di-menticati, se si trova, ma-lauguratamente, a colmarele nostre “lacune” econo-miche e sociali. Siamo deltutto impreparati a spie-garci le nostre stesse esi-genze, a colmare le distan-ze, fisiologiche, che ci so-no e sempre ci saranno trail semplice lavoro e il pro-fitto di cui il lavoro rap-presenta la parte più sco-moda. Si può dire che nel-le epigrafi le parole rinno-vino se stesse ad ognisguardo rappresentandoun bisogno di movimento,di nuova vita, e di confron-to; noi invece, almeno inapparenza, preferiremmodi gran lunga l’immobilitàa 360 gradi sia per i mortiche per i vivi; tutto prefe-riremmo fuorché ripren-dere in mano i nostri oriz-zonti e rimetterne in di-

scussione i con-fini. Cercando disoddisfare tantoTucidide (che ve-deva le convul-sioni delle bra-me di potere,inevitabili e de-vastanti come lapeste, trasferirsinella follia delleazioni e delle pa-role) quanto J.Adams (che con-fidava nella divi-sione dei poteriper equilibraresocietà e senti-menti), la follia èsì inevitabile, maessa, qui in occidente, con-tinua a preferire una vio-lenza culturale, che perònoi non consideriamo tale,da esercitare in modo indi-scriminato, alla violenzapropria di una Natura rive-latrice. Scrive Giorgio Cre-maschi nel suo recente li-bro:“Lavoratori migranti chestanno da una vita nellostesso posto di lavoro, sonosoggetti però al ricatto per-manente del rinnovo delpermesso di soggiorno e aquello dell’espulsione, cheriguarda loro e i familiari.Ed è proprio con i migran-ti che si manifesta tutta l’i-pocrisia autoritaria del li-

Finalmente!La mente ricorda quando le mie serate se ne andavano tristemente,

affannosamente …la mia estate magicamente era diventata un inverno, o un inferno?

La luce del sole trasmette desiderio, normalmente …ma guarda che facilmente la voglia può trasformarsi in noia, inspiegabilmente.

Il giorno rovente iniziava immediatamente … e non finiva mai,l’uscita era lontana, nonostante gridava il contrario la corrente … giustamente!

Però! Però la speranza latente improvvisamente si pentee si annulla come il gol marcato irregolarmente … che gioia ardente!Percorro la strada impervia ma gli eventi mi aiutano fortunatamente.

Mi riaccingo a vivere, tremante, ma l’amore vero è quello che ti circonda …il difficile è accorgersene immediatamente impedendo che ti colpisca l’infingardo fendente …

bugiardo, ma così bello che avrebbe ingannato ogni gente.Amati incondizionatamente, accetta la realtà vivente, non gioire inutilmente di un

preciso futuro inesistente, e arrogante!Aggiungi coraggio al presente, distogli celermente le energie da chinon le ha guadagnate meritatamente … ma solo apparentemente

in forza di un involucro splendente.Adesso!

Il giorno si dipana stimolante, mai scontatamente.Non è fortuna … è forza!

Vigore che si libera naturalmente, inaspettatamente … te ne accorgi,non procedi penosamente come un serpentema fiero e sorprendente come un aliante …

state attente!Umilmente e consapevolmente,

aderisco rispettosamente alla parola che vuoleche lo spasso diverta efficacemente

se si protrae concisamente, ma...finalmente, giocosamente!!!

propaga questa nuovaenergia … non importa,purché si liberi … fiera, ar-rogante! Una storia cometante, questa, innaffiata dalcoraggio di giocare, a poste-riori … Questo è quello chevorrò fare ed essere. Quan-do sei in apnea, inizia a cor-rere più veloce che puoi. Tifermerai ad un certo punto,affannato; ma probabil-mente, con la testa di nuo-vo fra le nuvole, riderai.Riderai … e ripartirai!

Cristiano Della Vedova

Tratto dalla autodifesa pr-nunciata da Fidel nel pro-cesso subito per il fatto as-salto alla Caserma Monca-da nel dicembre 1950

Rinunciare alla propria li-bertà è rinunciare alla qua-lità dell'uomo, ai diritti del-l'umanità, e anche ai dove-ri. [...] Tale rinuncia è in-compatibile con la naturadell'uomo; etogliere tuttala libertà allavolontà è to-gliere ognimoralità alleazioni. [...] Lafamosa Di-chiarazioneFrancese deiDiritti dell'Uo-mo lasciò allegenerazionifuture questop r i n c i p i o :"Quando ilgoverno violai diritti del po-polo, l'insur-rezione e' perquesto il più sacro dei dirit-ti e il più imperioso dei do-veri""Quando una persona siimpossessa della sovranitàdeve essere condannata amorte dagli uomini liberi". Credo di aver giustificatosufficientemente il miopunto di vista [...] Però c'èuna ragione che ci assistepiù potente di tutte le altre:siamo cubani ed essere cu-bano implica un dovere,non compierlo è un criminee un tradimento. Viviamoorgogliosi della storia dellanostra patria; la appren-

diamo a scuola e siamo cre-sciuti udendo parlare di li-bertà, di giustizia e di dirit-ti. [...] Tutto questo appren-demmo e non lo dimenti-cheremo [...] Nascemmo inun paese libero che ci la-sciarono i nostri padri, esprofonderà l'Isola nel ma-re prima che acconsentire-mo ad essere schiavi diqualcuno. [...] Termino la

mia difesa,però non lofarò comefanno sem-pre tutti gliavvoca t i ,chiedendola libertàdel difeso;non possoch ieder laquando imiei com-pagni stan-no soffren-do nell'Iso-la dei Piniuna prigio-nia ignobi-le. Inviate-

mi insieme a loro a condivi-dere la loro sorte, è conce-pibile che gli uomini chehanno onore siano morti oprigionieri in una repubbli-ca dove è presidente un cri-minale e un ladro [...] Inquanto a me so che il car-cere sarà duro come non loè mai stato per nessuno,pieno di minacce, di vile ecodardo rancore, però nonlo temo, così come non te-mo la furia del tiranno mi-serabile che ha preso la vi-ta a settanta fratelli miei. Condannatemi, non impor-ta, la storia mi assolverà!

Ho giocato con le parole,qualche tempo fa. Avverbi,participi presenti e terminiin movimento. Un amuleto.Un inno al risveglio, unoscatto di reni al di fuoridelle frustrazioni e dellepaure che incombono suglianimi più sensibili. Moltospesso è proprio la “male-detta” sensibilità ad impe-dirti di affrontare a visoaperto i pericoli e le soffe-renze. Ti ritrovi in una pa-lude di pensieri, quasi sem-pre malsani, putridi come

quelle acque. Tuttavia, saràproprio questo ristagno,costante, lento e continuo,dannatamente palese, chein lampo d’amore e razio-nalità ti condurrà fuori dal“riposo” forzato. Ed eccoallora: una laica accelera-zione verso la agognatemete; una vita semplicecondita da immagini e sa-pori antichi … le parole diun amico: quelle stesse pa-role che nel periodo di le-targo erano solo parole,mentre adesso ingenerano

desideri su desideri. Nelcontempo e per fortuna, simodifica l’interpretazionedei segni della natura: dal-l’indifferenza alla meravi-glia; dalla normalità allostupore; dal fastidio a nonpoterne fare a meno. È que-sto il mutamento che gene-ra forza e genialità, tantisorrisi e sana insofferenza.Si, insofferenza. Perchénell’”inferno” tutto va benee non riesci nemmeno adarrabbiarti. E allora nonimporta in che direzione si

Magritte, Il vestito di notte

berismo. I capitali sono li-beri di girare per tutto ilmondo, ricattando lavora-tori e popoli. Le personeno. Più cresce la libertà dimanovra dei capitali, piùle leggi mettono vincoli aquella delle persone. Il per-ché è chiaro. Se le personepotessero muoversi comele merci, dai paesi più po-veri affluirebbero in quellipiù ricchi in misura moltomaggiore del consentito.Nei paesi più poveri il mer-cato del lavoro si stabiliz-zerebbe e i salari comince-rebbero a crescere veloce-mente.” (G. Cremaschi, Ilregime dei padroni. DaBerlusconi a Marchionne,

p. 47, Editori Riuniti,2010)Ignorare l’importanza e ladignità del lavoro vuol di-re accettare della nostracultura solo la parte piùdistruttiva. Se l’alternativaalla violenza naturale deveessere la violenza cultura-le, organizzata ed esporta-ta come sistema, alloratanto vale rimanere in unostato egoistico di natura,perché la natura conosce,pur negli sconvolgimentipeggiori, i propri limiti; saessere tragica ma, almeno,mai sacrilega.

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In piena facoltà,Egregio Presidente,

le scrivo la presente,che spero leggerà.

La cartolina quimi dice terra terra

di andare a far la guerraquest'altro lunedì.Ma io non sono qui,Egregio Presidente,

per ammazzar la gentepiù o meno come me.Io non ce l'ho con Lei,sia detto per inciso,

ma sento che ho decisoe che diserterò.

Ho avuto solo guaida quando sono nato

e i figli che ho allevatohan pianto insieme a me.Ma mamma e mio papàormai son sotto terrae a loro della guerranon gliene fregherà.

Quand'ero in prigioniaqualcuno m'ha rubato

mia moglie e il mio passato,la mia migliore età.Domani mi alzerò

e chiuderò la portasulla stagione mortae mi incamminerò.

Vivrò di caritàsulle strade di Spagna,

di Francia e di Bretagnae a tutti griderò

di non partire piúe di non obbedire

per andare a morireper non importa chi.

Per cui se serviràdel sangue ad ogni costo,andate a dare il vostro,

se vi divertirà.E dica pure ai suoi,

se vengono a cercarmi,che possono spararmi,

io armi non ne ho.

Cultura/e 7 1FOLIGNO

Le DeserteurBoris Vian - 1954

L’amico ritrovato

Un venerdì mattina, comeal solito di buon ora, con gliocchi gonfi di sonno scesi aritirare la posta, pieno diquell’entusiasmo di chi sache ad aspettarlo non ci so-no che raccomandate, pub-blicità commerciali e forseun invito a comparire inquestura per disturbo dellaquiete pubblica. Infattiquella notte con tutti imembri della troupe erava-mo andati a festeggiare lafine delle riprese del mioultimo film e ne avevamocombinate di tutti i colori.Tutto come previsto, tran-ne che per due lettere finoall’ultimo incagliate in unsottile pertugio tra le deci-ne di fogli di pubblicità,raccomandate varie e invitia comparire. Una lettera erada parte dell’Accademia delCinema di Monaco, la qualemi invitava a ritirare unpremio prestigioso, un tri-buto alla mia, a loro dire,straordinaria carriera di re-gista cinematografico;glistessi che ai miei inizi miavevano bollato come un ri-dicolo pagliaccio. Come èstrana la vita!Ricordo chealla proiezione del mio pri-mo medio metraggio,l’aulamagna dell’Accademia (par-liamo di ventinove anni fa),si riempì in nemmeno cin-que minuti e si svuotò in

neanche quindici minuti,sebbene la mia opera (Ilcanto della tenebra) ne du-rasse sessantacinque. Dopoche sul mio viso si dipinseun sorriso beffardo di rival-sa, passai alla seconda let-

tera. Questa, aveva il fron-tespizio intonso, non vi erascritto né il nome del desti-natario con eventuale indi-rizzo, né quello del mitten-te; ma il fatto che mi inso-spettì di più era che in altoa destra non c’era nemme-no il francobollo, come sequesta lettera fosse stataportata dal vento da chissàdove. La busta era candidacome la prima neve dell’in-verno. Non sapendo nem-

meno se fosse stata desti-nata a me, mi adoperai su-bito per aprirla ormai vitti-ma del suo pallido mistero,ma le mie mani nude nonbastarono per strapparne lacarta. Era una carta moltoparticolare, incredibilmen-te elastica e resistente, ungenere che non avevo maivisto,allora presi un coltel-

lo e cominciai non senzadifficoltà a tagliarne l’e-stremità superiore. Lo stri-dere di quella carta sullaseghettature della lama miricordava in maniera in-quietante il suono discretodi un bisturi intento adaffondare nelle carni di uncadavere; una scena a cuiavevo assistito durantel’autopsia sul corpo di miopadre. Per un istante trasa-li, quel suono si faceva

sempre più prepotente nel-la mia testa e la vista mi siappannò. Tutto cominciò aperdere forma davanti aimiei occhi, tutto diventavacome liquido e quel rumo-re era ora un bombarda-mento insopportabile, co-me un perpetuo ringhiaredi un leone infuriato nellamia testa. Sentii la mia pel-le di colpo squarciarsi econ urlo di dolore strozza-to tutto si interruppe. Stre-mato e spaventato mi ac-corsi di essermi ferito a undito. Il mio sangue era goc-ciolato sul candido biancodella busta contente la let-tera, creando una sorta dipointillage rosso sangue al-la Seraut, che sembravauna S asimmetrica. Notaiquesto particolare, solo do-po essermi medicato e averpreso un tranquillante, manon gli diedi molto peso,essendo ancora turbato daquel terribile viaggio dellamente. Con la mano sini-stra dal dito fasciato,estrassi il contenuto dellabusta dal suo forziere e co-minciai a leggere:

Caro Buchenwald,ho visto il tuo ultimo film el’ho trovato davvero appas-sionante,come d’altrondetutti gli altri. Come sai, so-no molti anni che non ci ve-diamo, ho passato un pe-riodo davvero terribile. Miofiglio è morto sei anni fa emia moglie se ne è andata.I giorni spensierati dell’Ac-cademia sono ormai un ri-cordo lontano che appar-tiene a un’altra vita. Ti

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CARLO TRAMPETTI

IOLANDA TARZIA

“Raggiunsi la città più a suddel mondo. Ushuaia era sor-ta nel 1869, quando il reve-rendo W.H. Stirling avevafatto costruire, vicino allecapanne degli indios Ya-ghan, l'edificio prefabbrica-to della Missione. Per sedicianni anglicanesimo, orti eindios avevano prosperato.Poi arrivò la Marina milita-re argentina e gli indios mo-rirono di morbillo e di pol-monite. Col tempo il posto sitrasformò da base navale incolonia penale. Il sovrinten-dente alle carceri progettòun capolavoro di pietra e ce-mento più sicuro delle pri-gioni siberiane. I suoi squal-lidi muri grigi, forati dastrettissime feritoie, sorgononella parte orientale dellacittà. Oggi l'edificio è usatocome caserma. Le mattine, aUshuaia, cominciavano nel-la calma più piatta. Al di làdel Canale Beagle si vedevadi fronte il profilo frastaglia-to dell'Isola Hoste e lo Stret-to di Murray, che conducevaall'Arcipelago Horn. A mez-zogiorno l'acqua ribolliva espumeggiava e la riva lonta-na spariva dietro un murodi vapore. I malinconici abi-tanti di questa città in appa-renza senza bambini, guar-davano gli stranieri senzacortesia. Gli uomini lavora-vano in una fabbrica digranchi in scatola o nell'ar-senale, dove il lavoro nonmancava a causa di unapuntigliosa guerra freddacol Cile. L'ultima casa prima

della caserma era il bordel-lo. Nel giardino crescevanocavoli bianchi come teschi.Mentre passavo, una donnacon la faccia imbellettatastava vuotando la spazzatu-ra. Portava uno scialle cine-se nero, ricamato con peonierosa-anilina. Disse « Quital?» e sorrise: fu l'unico sin-cero e allegro sorriso che vi-di a Ushuaia. Evidentemen-te era contenta del suo stato.La guardia non mi permisedi entrare nella caserma.Volevo vedere il cortile dellavecchia prigione. Avevo let-to del più famoso reclusodella Colonia penale diUshuaia” (Bruce Chatwin, InPatagonia; Ed. Gli Adelphi)

Un detto popolare recita che“Partire è un po’ morire”. Mapartire per viaggiare forse èun po’ come rinascere. Deci-dere di lasciare il quotidianoper vivere una, sia pur picco-lissima, parte della propriaesistenza in luoghi scono-sciuti, a contatto con genteche è e rimarrà quasi certa-mente estranea, conoscendoculture, abitudini e lingue di-verse dalle proprie, presup-pone un desiderio/bisognodi “nuovo”. Ci sono dei viag-gi, poi, che più di altri ti la-sciano dentro un qualcosache prima non ti appartene-va. Giungere a Ushuaia, “lafin del mundo”, per esempio,non è solo un viaggio. E’un’esperienza emozionale.Ushuaia è una città cometante, con le sue case, le sueauto, i negozi, i ristoranti, ineon e i souvenir. Una cittànata intorno ad una prigio-ne, non bella anzi, a tratti,

anche un po’ piatta e squal-lida. Eppure, giungendovi, sipercepisce in quel postoqualcosa di unico. Ciò cherende speciale quel luogonon è solo il panorama che siapre senza fine oltre il CanalBeagle; non sono solo i colo-ri del mare e del cielo che sifondono e si confondono inun grigio/azzurro quasi in-naturale; non è solo l’aria ra-refatta che si respira; non èsolo la serenità che ti tra-smettono le persone che viincontri. E’ una sensazione.Quella che deriva dal trovar-si alla fine del mondo. Inqualunque altro posto dellaterra ci si trovi si ha la sensa-zione che la strada, il mare,il fiume che stai percorrendoti porterà in un altro luogo,in una realtà che conosci oche assomiglierà in qualchemodo alle altre realtà a te no-te. Ad Ushuaia no. Oltrequella città non ce ne è un’al-

tra. Non c’è l’uomo con le suecolonizzazioni e le sue con-traddizioni. C’è una realtà ir-reale rispetto al conosciutoquotidiano. Una realtà che ipiù possono solo provare adimmaginare, magari richia-mando qualche fotogrammache la mente ha registratocarpendolo da un documen-tario, nella speranza di po-terla un giorno conoscere. Edè forse proprio la consapevo-lezza di aver raggiunto neltuo viaggio il luogo in cui fi-nisce l’assoggettamento del-la natura ai bisogni dell’uo-mo ed inizia un mondo in cuila natura è ancora padrona esovrana di se stessa, che ren-de Ushuaia unica especiale.Forse è per questoche Ushuaia e il mondo notoed ignoto che la circondanoti entrano dentro e li riman-gono anche quando ormaimigliaia di chilometri ti sepa-rano da “la fin del mundo”.

Viaggio alla fine del mondo

chiederai che cosa ne hofatto della mia carriera? Ilmio ultimo film risale aquindici anni fa ed è statoun enorme fiasco. Tutti mihanno abbandonato, nessu-no aveva più fiducia in me,dicevano che i miei film erairrealizzabili e fuori merca-to…mi viene da ridere. Co-si niente più cinema. Inquesti anni di dolore im-menso mi sono dedicato al-la pittura, arte in cui ho tro-vato un caro riparo. Grazieall’affitto di varie case cheho a nord sono riuscito a vi-vere in modo più che decen-te, ma non vedo mai nessu-no, se non una cerchia diintimi amici che vengono atrovarmi raramente, a cuivendo i miei quadri. Questorifugio artistico non mi ba-sta più, ho fame di cinema.Oh Buchenwald, ho un desi-derio viscerale di fare unfilm, il film più straordina-

rio che sia mai stato fatto.Ho avuto un’intuizione dav-vero eccellente; ma nellemie condizioni mi è difficilelavorarci da solo, allora misono chiesto, chi è il registache stimo più al mondo?Senz’altro te! Voglio invitar-ti nel mio castello a Gegen-bach per qualche giorno sehai tempo, cosi oltre a ricor-dare i magnifici giorni del-la nostra gioventù, magaripotremmo lavorare a que-sta idea che, credimi, è dav-vero entusiasmante! Mi haridato la voglia di vivere! Mirendo conto che Berlino èmolto distante da qui, e chesei molto impegnato con illavoro, ma spero vivamen-te che tu possa venire e cor-rere in soccorso a un tuovecchio amico, nonché finoa prova contraria, colle-ga.Un abbraccio forte.Il tuo amico

Wilheim Stich

Page 8: Aprile 2011

Lavoro a cura di Andrea Tofi81 FOLIGNO

NON «ZAVORRA», MA RICCHEZZA PER IL PAESEINSERIRE PERSONE CON DISABILITÀ PSICHICHE NEL MONDO DEL LAVORO

IL17 MARZOÈGIORNATAFESTIVA: EFFETTI INBUSTAPAGAANNUNCIATI 240 LICENZIAMENTI ALLA MERAKLON

SI AGGRAVA LA VERTENZA DEL POLO CHIMICO TERNANO

Un'altra svolta drammaticanella crisi del polo chimicodi Terni. La Meraklon Yarn eSpa, azienda specializzatanella produzione di fibrasintetica, ha annunciato il15 Marzo la decisione dicessare la produzione neglistabilimenti della Polymer,avviando le procedure di li-cenziamen-to collettivoper i 240 la-voratori. Siaggrava cosìla vertenzasul sito pro-duttivo chegià aveva vi-sto la chiu-sura deglii m p i a n t idella Lyon-dell Basell.La rispostadei sindaca-ti alla Me-raklon è sta-ta immedia-ta. Filctem, Femca, Uilcem,Ugl e Orsa hanno indettoun'assemblea permanentepresso le portinerie del sitocon il blocco in entrata e inuscita delle merci di tutte leaziende del polo. Bloccato aintermittenza anche il traf-fico lungo la Flaminia, da-vanti ai cancelli dello stabi-limento. I rappresentanti deilavoratori, già protagonistidi una marcia a piedi da Ter-ni a Roma, hanno incontra-to, insieme alle istituzioniumbre (sindaco di Terni e

assessore regionale all'Indu-stria), i funzionari del mini-stero dello Sviluppo Econo-mico. Una riunione "neces-sariamente interlocutoria",vista l’assenza dell’azienda,ma che ha comunque porta-to alcuni elementi di novitàpositivi, scrive in una nota laCgil Umbria. "E' stato infatti

confermato l’impegno a con-vocare a breve un tavolospecifico per la chimica ter-nana, quindi per l’intero Po-lo, mettendo naturalmenterisorse sul piatto per garan-tire la continutà della produ-zione e dell’occupazione". "Siè trattato di un incontro checi fa ben sperare nell'impe-gno e nella volontà del Mini-stero di farsi carico operati-vamente e con la dovuta sol-lecitudine di una situazionecomplessiva del Polo chimicoternano che è andata pro-

gressivamente complicando-si, assumendo connotazionisempre più drammatiche -commenta l'assessore regio-nale umbro Gianluca Rossi -non ultima, per portataumana e sociale, quella del-l'avvio della procedure dimobilità per i 241 operai del-la Meraklon. Una situazione

che hava l enzanazionalee che ne-cessita dia z i o n istrategi-che etempesti-ve per ar-rivare asoluzioninon piùrinviabi-li". Presu-m i b i l -mente su-bito dopodopo l’in-

contro fissato per il 6 apriletra la multinazionale Baselle Novamont continua Rossi“ci sarà la convocazione deltavolo nazionale, annuncia-ta dal ministro Romani nelcorso dell’ incontro, la ver-tenza sembra così indirizza-ta verso la direzione di mar-cia richiesta dalle istituzionie da tutti gli altri soggetti chehanno a cuore il futuro diquest’area e della gente chequi vive e lavora”.

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Enaip e Ausl insieme nel2011 per facilitare l’inseri-mento nel mercato del la-voro di persone con disabi-lità psichica. Il progetto, fi-nanziato dalla RegioneEmilia-Romagna, consentela sperimenta-zione in tuttele Province delmetodo IPS,tecnica rivolu-zionaria chesupera la men-talità assisten-ziale e permet-te alla persona- non più pa-ziente - di rag-giungere posi-zioni che nes a n c i s c o n ol ’ i n c l u s i o n esociale, con in-negabili bene-fici per la suasalute menta-le, la famigliae la società. Larete di enti di formazioneprofessionale Enaip Emilia-Romagna nel 2011 si ap-presta ad affrontare unasfida: il superamento dellamentalità assistenzialenell’inserimento lavorativodelle persone con disabi-lità psichica. L’importanzadell’assunzione di una po-sizione lavorativa con lerelative responsabilità egratificazioni economicheè, per la persona con di-sturbi psichici, il segno piùtangibile di inclusione so-ciale e ha effetti notevoli

sull’autostima, sul benes-sere relazionale, sull’auto-nomia personale e sullastabilizzazione sintomato-logica. L’importanza, quin-di, di offrire un percorso diinserimento professionale

non tutelato, ma nel mer-cato competitivo, è chiarasia dal punto di vista sim-bolico - del paziente e del-la famiglia - ma anche dalpunto di vista del costo so-ciale. IPS (Individual Place-ment and Support) è unatecnica già consolidata ne-gli Stati Uniti, e sperimen-tata in Italia nella Provinciadi Rimini dal 2003 con ot-timi risultati: circa la metàdelle persone sostenutecon questo metodo ha rag-giunto entro tre mesiun’attività lavorativa nel li-

bero mercato e circa unterzo l’ha mantenuta peroltre un anno. A Rimini,nel 2011, grazie a un pro-getto presentato dalla Au-sl di Rimini in partneraria-to con la rete Enaip, sotto

la supervisio-ne del dottorAngelo Fioritti,direttore delDipartimentodi Salute Men-tale dell’Ausldi Bologna,sarà possibiletestarla in tut-ti i dipartimen-ti della Regio-ne. Il metodo èc o n c e t t u a l -mente rivolu-zionario: per-sone con di-sturbi mentaligravi (schizo-frenia e distur-bi bipolari inprimis) posso-

no accedere a un lavorocompetitivo, fuori dalla re-te di benefici sociali purgarantiti dallo Stato. Se ipercorsi protetti di inseri-mento lavorativo, dopouna lunga fase di forma-zione, raramente portanoa un’assunzione nel mer-cato competitivo, il pro-gramma IPS mira a ottene-re un’assunzione in tempirapidi (meno di sei mesi),basandosi sul sostegno in-dividuale e su una valuta-zione concreta delle abilitàdella persona.

In data 18 febbraio2011èstato dato il via libera delConsiglio dei Ministri all'in-troduzione della festivitàdel 17 marzo 2011, ricor-renza dell'anniversario dei150 anni dell'Unità d'Italia.Dopo svariate critiche mos-se da più parti relativamen-te ai maggiori costi che so-sterrebbero leimprese nel2011 a causadel pagamen-to di una festi-vità in più, ilGoverno hamediato le va-rie posizionigiungendo aun compro-messo che do-vrebbe soddi-sfare tutti eche trova ap-plicazione peril solo anno incorso: tale fe-stività produrrà gli effettieconomici, giuridici e con-trattuali previsti per la festi-vità del 4 novembre ovveroquelli riguardanti le festi-vità cadenti di domenica.Alla luce di ciò qual è il trat-tamento economico che i la-voratori si dovranno atten-dere nella busta paga diMarzo e Novembre 2011?Distinguiamo tra il tratta-mento economico previstoper i lavoratori privati equello per i lavoratori pub-

blici. Se i lavoratori privatinon effettueranno presta-zione lavorativa il 17 mar-zo, nella busta paga di Mar-zo 2011 gli sarà riconosciu-ta la retribuzione di unagiornata festiva; se il 17marzo il lavoratore effet-tuerà prestazione lavorati-va, avrà diritto alla maggio-razione contrattuale per la-voro prestato in giorno fe-stivo. Nella giornata del 4novembre i lavoratori effet-

tueranno la normale presta-zione lavorativa senza il ri-conoscimento di alcunamaggiorazione, poiché lafestività è stata spostata al-la prima domenica di no-vembre e non verrà neanchericonosciuta la retribuzioneper la festività cadente didomenica visto che, perquest’anno, è stata sostitui-ta dalla festività del 17 mar-zo (i cui effetti economici sisono già verificati). In so-stanza gli effetti economici

e gli istituti giuridici e con-trattuali previsti per la festi-vità soppressa del 4 novem-bre non si applicano a talericorrenza ma, in sostitu-zione, alla festività naziona-le del 17 marzo, quindi i la-voratori delle imprese priva-te manterranno costante lostipendio, perché riceveran-no in anticipo la giornata in-cassata in più, normalmen-te, a novembre. Per i lavora-tori pubblici il trattamento è

diverso: questinell’anno hannoa disposizione 4giorni di asten-sione dal lavoro(permessi) afronte di festi-vità soppresse,da godere facol-tativamente. L’i-stituzione dellafestività del 17marzo di fatto,a seguito delmeccanismo dicompensazionecon la festivitàdel 4 novembre,

non determina una giornatadi paga in più ma solo ungiorno di permesso retribui-to, quindi l’effetto più evi-dente è che i lavoratori del-le pubbliche amministrazio-ni non potranno disporre li-beramente di tutte e quattrole giornate di astensione madovranno obbligatoriamen-te fruirne una il 17 marzo,essendo ciò previsto per ob-bligo di legge.

SCIOPERO NAZIONALE DELL11 MARZOUSB: UNO SCIOPERO IMPORTANTE CHE CI CARICA DI RESPONSABILITÀ

La grande partecipazio-ne alla manifestazionenazionale di Roma, l’ade-sione diffusa in migliaiadi posti di lavoro allosciopero generale pro-mosso assieme allo SlaiCobas, all’Unicobas e al-lo Snater ci impongonouna attenta riflessionesulla situazione ed uncambio di passo. Lo scio-pero dell’11 marzo si ètenuto, ed è riuscito, no-nostante tutto dicesse chele condizioni per effet-tuarlo erano difficili senon impossibili, nono-stante sia stato convoca-to senza la condivisionedi tutto il sindacalismo dibase che questa volta hascelto strade diverse e percerti versi incomprensibili,nonostante la gran parte del“movimento” fosse tuttoproteso verso lo sciopero del6 maggio indetto dalla Cgil.Alla base del successo dellosciopero e della manifesta-zione non può evidentemen-te esserci stata solo la soli-dità organizzativa e la am-pia diffusione territoriale ecategoriale della USB, spinadorsale di questa mobilita-zione, cosa comunque asso-lutamente rilevante e senzala quale non ci sarebbe sta-ta una simile riuscita, ma c’èstata soprattutto l’esigenzareale e concreta di unire lelotte che ciascuno quotidia-namente mette in camponel proprio specifico perprovare a incidere davveronella realtà e nelle scelteeconomiche e politiche che

ci riguardano. E così centi-naia di maestre d’asilo e del-le materne sono arrivate datutta Italia contro la priva-tizzazione e la precarietà,così i lavoratori della Fiat adire un altro sonoro no aMarchionne e ai suoi edittiimperiali, i lavoratori pub-blici “incazzati”, i lavorato-ri dei trasporti, a spiegare ilperché le privatizzazioni e itagli fanno male al dirittoalla mobilità dei cittadini. Einsieme a loro migranti, pre-cari, studenti, disoccupati,senza casa, senza reddito esoprattutto senza diritti.Una disponibilità a mi-schiarsi e a pensarsi meticci,non solo da un punto di vi-sta etnico ma anche di espe-rienze e di lotte, che non erascontata e che invece si èrealizzata e ha fatto la for-

za della manifestazione.Ora è evidente che l’11 mar-zo non comincia e non fini-sce lì. Dobbiamo, senza au-toreferenzialità e senza sen-tirci autosufficienti, comin-ciare a pensarci come l’al-ternativa di massa possibile,confederale e quindi gene-rale, indipendente e conflit-tuale, ponendo con forza inostri obbiettivi e pratican-do con passione e determi-nazione quanto necessarioper realizzarli. Nessuna del-le confederazioni storichepuò oggi assumersi un simi-le compito, il loro DNA nonglielo permette, e nessunoha il diritto di sfiancare ilmovimento che si è espressoin questi mesi nello sterileinseguimento di una pro-spettiva che non c’è.

Unione Sindacale di Base

LORETTA OTTAVIANI

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Lavoro 91FOLIGNOwww.piazzadelgrano.orgAPRILE 2011

Merloni: riqualificazioneprofessionale, non propostadi lavoro congruo!

ASL 2, manager e dirigenti siautoaumentano i loro stipendi d’oro

Merloni: il 4 aprilescade il termine perle proposte di acquisto;incentivo Irap dallaRegione dell’Umbria

Il Comitato dei Lavoratoridella A. Merloni di Colle diNocera Umbra è purtroppocostretto a rinnovare leciteperplessità sul comporta-mento delle rappresentan-ze sindacali. In questi gior-ni, infatti, coloro che si so-no recati a ritirare il CUD al-l'Ufficio Personale della fab-brica, si sono trovati a do-ver firmare anche una "Di-chiarazione di immediatadisponibilità ad un percorsodi riqualificazione professio-nale e all'adesione di unaproposta di lavoro congruo".Ciò che ci meraviglia è chein questa dichiarazione,spiegata rapidamente comeun "pro forma che dovevagià essere firmato dal2008", sono state apportatesignificative modifiche almodulo predisposto dall’IN-PS. Infatti, mentre nel mo-dello facilmente scaricabiledal sito internet dell’INPS(vedi a lato), sono presentidue opzioni di scelta da po-ter barrare (il sottoscrittodichiara: OPZIONE 1: di es-sere immediatamente di-sponibile ad aderire ad unpercorso di riqualificazioneprofessionale; OPZIONE 2:di aderire ad una propostadi lavoro congruo), in quel-lo sottoposto dall’aziendanon c'è alcuna possibilità discelta tra le due alternativee la firma comprenderebbe

entrambe. Da quanto abbia-mo appreso da consulentidel lavoro interpellati, per-sone quindi competenti inmateria, il punto preoccu-pante è il secondo. L’OPZIO-NE di una “proposta di lavo-ro congruo", infatti, non ri-guarda la nostra azienda,ma i casi di cessazione defi-nitiva della attività che nonprevede il rientro in azien-da. La Merloni, al contrario,è in una procedura che pre-vede la riattivazione dell’a-zienda da parte di un po-tenziale acquirente e, quin-di, sottoscrivendo questaseconda OPZIONE rinunce-remmo a tornare al nostrolavoro una volta chiamatida un'altra ditta. Forse èuna anticipazione di quelloche succederà dal prossimoMaggio quando finiranno ibenefici della cassa integra-zione di cui a tutt'oggi nonabbiamo alcuna certezza diprolungamento? Quello checi chiediamo è dunque per-ché il testo della dichiara-zione è stato modificatoescludendo la possibilitàdella scelta della sola OP-ZIONE che ci riguarda? Unamodifica del modulo predi-sposto dall’INPS può essereapportata solo dalla Regio-ne ma comunque con l’ac-cordo dell’azienda e deisindacati. Perché le RSUstanno spingendo gli ope-

rai a firmare senza real-mente portarli a conoscen-za di tutto ciò? Il nostrodubbio è che questo sia ilprimo passo per far abban-donare in modo scorretto,ma consenziente, un postodi lavoro per un altro (nelcaso della OPZIONE della“proposta di lavoro con-gruo”) senza certezze, for-se soltanto per i due anniper i quali la ditta che assu-me il lavoratore in cassa in-tegrazione della A. Merlonigode di incentivi e sgravi fi-scali. La leggerezza su cuisi sta ponendo il sindacatosu questa dichiarazione cilascia ancora una volta conmille incertezze. Le RSU so-no tenute a dare spiegazio-ni su cosa stiamo accettan-do sottoscrivendo questomodulo, a cosa stiamo an-dando incontro e il perchédella seconda OPZIONE enon limitarsi a dire che "lafirma è necessaria per nonperdere l'erogazione dellacassa integrazione". Perquesto, visto che i lavorato-ri continuano a recarsi inazienda in questi giorni perritirare i CUD e firmare ladichiarazione, chiediamoche sia indetta al più prestoun'assemblea sindacale chefaccia chiarezza una voltaper tutte alle nostre per-plessità..il Comitato dei Lavoratori

20% di aumento del compensoper il raggiungimento degliobiettivi dei direttori ammini-strativo e sanitario, mentre èconfermato quello già lauto deldirettore generale. Tutto que-sto mentre imperversa unagrave crisi economica e i servi-zi sanitari pubblici vengono ri-dotti e dequalificati a vantag-gio dei privati. Ai lavoratoriniente: non vengono finanzia-ti i fondi per il pagamento perla produttività collettiva, per ilmiglioramento dei servizi aglioperatori sanitari, progressio-ni economiche solo a pochieletti, straordinari tagliati, par-cheggi a pagamento che annul-lano aumenti di stipendio. Mala politica che ormai si conti-nua a portare avanti già da di-versi anni è quella delle ester-nalizzazioni che di fatto tolgo-no pezzi di servizio sanitariopubblico, per consegnarlo acooperative e privati. Proprioin questi giorni i giornali anchein Umbria parlano di infiltra-zioni mafiose nella politica chetrovano naturalmente terrenofertile proprio in questo siste-ma di appalti e sub appalti, manon è da oggi che la torta dellasanità viene spartita per “meri-ti politici” (vedi sanitopoli Um-bria). Intanto, molti sono i pro-blemi legati al nuovo ospedaledi Pantalla, ad esempio la defi-nizione delle dotazione organi-che visto che non è stato indi-viduato il reale fabbisogno delpersonale sanitario. Mancano

infatti infermieri e OSS per co-prire tutti i servizi e i nuovi re-parti per raggiungere i para-metri di rispetto degli standardsanitari ottimali che garanti-scono l’efficienza dei servizisanitari. In tutti i servizi dellaUSL2 le liste d’attesa continua-no ad allungarsi causandogrossi disagi ai cittadini, nono-stante la libera professione,

ma invece di potenziare i l ser-vizio pubblico si lascia spazioagli studi privati “convenziona-ti”, cioè finanziati dal BilancioRegionale. Anche la libera pro-fessione intramoenia negliospedali è solo businnes sullapelle dei cittadini, la classicacommistione tra pubblico eprivato dove i costi sono delpubblico e i profitti dei privati.Si sta perseguendo un piano si-stematico di distruzione deiservizi sanitari, come ad esem-

pio l’Ospedale di Assisi per fa-vorire i grandi poli ospedalieriche non portano né aumentodi posti letto né miglioramen-to della qualità dei servizi, masicuramente un grosso giro disoldi! Contemporaneamenteabbiamo avuto un abnorme eingiustificato aumento di posi-zioni organizzative, coordina-tori infermieristici e di Unità

Semplici per i medici, frutto diun clientelismo ormai senzapiù limiti e freni, mentre gli in-fermieri e gli OSS non riesconoa prendere nemmeno le ferieche gli spettano per non lascia-re i turni scoperti. Una politicasanitaria che nemmeno l'estre-ma destra si sarebbe mai so-gnato di realizzare! [...] Ritenia-mo sia giunto il momento didire basta alla sistematica di-struzione del servizio pubbli-co, alle pratiche di clientelismo

e corruzione la priorità va da-ta alla salute dei cittadini e la si-curezza dei lavoratori! La sa-nità umbra si regge con i sacri-fici gli stipendi da fame di queidipendenti, veri attori del fun-zionamento e relativo gradi-mento del servizio sanitariopubblico. E’ questo modello dipubblico che contestiamo, ilmodello basato sull’aziendali-smo verticistico in mano ai ma-nager nominati direttamentedal Governo regionale, senzapossibilità per le istituzioni, ilavoratori e le popolazioni lo-cali di avere voce in capitolo.Contro questo potere oligar-chico serve un cambiamentoradicale. Per noi la sanità, i ser-vizi pubblici sono una casa divetro e tutti hanno diritto di ve-derci dentro. Questa logica lafacciamo nostra tutti i giornimentre lavoriamo nei reparti,nei servizi, mentre facciano ilnostro lavoro sindacale non di-sgiungendo mai le giuste e sa-crosante rivendicazioni dei di-pendenti con la qualità dei ser-vizi erogati. Una battaglia a di-fesa della sanità pubblica chenon sia di pura resistenza a di-fesa dell’esistente, non può chevedere schierata la nostra OSin una forte denuncia di questimeccanismi, con la proposta diripristino del rapporto di lavo-ro di esclusività nel pubblicoche è l’unico modo per cercaredi riempire di contenuti la ga-ranzia del diritto alla salute.

USB sanità Umbria

Il prossimo 4 aprile è fissato iltermine ultimo per la sotto-scrizione delle manifestazio-ni d'interesse vincolanti perl'acquisto e il rilancio delgruppo Merloni: una data im-portante oltre la quale è ragio-nevole non andare. La Regio-ne Umbria ha previsto, nelcollegato alla manovra di bi-lancio 2011, delle agevolazio-ni in materia di Irap tese a fa-vorire lo sviluppo economicoe l'occupazione a tempo inde-terminato. Nello specifico, so-no state previste deduzioni fi-no al 75% del costo del lavorodel personale in caso di acqui-sizione di aziende o rami diazienda da imprese in ammi-nistrazione straordinaria. Nelcaso della Merloni ciò com-porterebbe un investimentodi circa 1 milione di euro al-l’anno per quattro anni voltoa fornire una ulteriore spinta

per l'acquisizione degli stabi-limenti, la ripresa dell'attivitàe la piena occupazione. A bre-ve sia la cordata cinese chequella iraniana dovranno pas-sare dalle parole ai fatti e ilGoverno dovrà sollecitare lachiusura di questa fase perpoi passare all'analisi ap-profondita dei piani indu-striali e delle strategie per il ri-lancio degli stabilimenti delGruppo, primo fra tutti quel-lo di Colle di Nocera Umbra.In questo contesto occorreche la proroga della Cassa in-tegrazione per i lavoratori siadeliberata al più presto vistol'approssimarsi della scaden-za del prossimo 22 Maggio. E’necessario che la Regione Um-bria e le Istituzioni locali siimpegnino per la riapertura,nel più breve tempo possibile,di tutti gli stabilimenti delGruppo.

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Beni Comuni101 FOLIGNO

GREEN ECONOMYCOSÌ LA CINA MANTERRÀ IL PRIMATO ECONOMICO MONDIALE

MEMORIACOME ERAVAMO

VOTA SI AL REFERENDUM PER LACQUA BENE COMUNE

SONO ITALIANO!

SI' per fermare il nucleare,per la difesa dei beni comu-ni, dei diritti, della demo-craziaOltre un milione e quattro-centomila donne e uominihanno sottoscritto i refe-rendum per togliere la ge-stione del servizio idricodal mercato e i profittidall’acqua. Lo hanno fat-to attraverso una straor-dinaria esperienza dipartecipazione dal bas-so, senza sponsorizza-zioni politiche e grandifinanziatori, nel quasitotale silenzio dei prin-cipali mass-media. Gra-zie a queste donne equesti uomini, nellaprossima primavera l’in-tero popolo italiano saràchiamato a pronunciarsisu una grande battagliadi civiltà: decidere se l’ac-qua debba essere un benecomune, un diritto umanouniversale e quindi gestitain forma pubblica e parteci-pativa o una merce da met-tere a disposizione del mer-cato e dei grandi capitali fi-nanziari, anche stranieri.Noi che ci siamo impegnatinelle mobilitazioni del po-polo dell’acqua, nelle batta-glie per la riappropriazione

scelta sbagliata perché èuna fonte rischiosa, costo-sa, non sicura e nei fatti al-ternativa al risparmio ener-getico e all'utilizzo dellefonti rinnovabili. Siamoconvinti che una vittoria deiSI ai referendum della pros-

sima primavera possacostituire una prima efondamentale tappa,non solo per riconse-gnare il bene comuneacqua alla gestione par-tecipativa delle comu-nità locali, bensì per in-vertire la rotta e scon-figgere le politiche libe-riste e le privatizzazio-ni dei beni comuni chenegli ultimi trent’annihanno prodotto solol’impoverimento di lar-ga parte delle popola-zioni e dei territori e ar-

ricchito pochi gruppi finan-ziari con una drastica ridu-zione dei diritti conquistati,determinando la drammati-ca crisi economica, sociale,ecologica e di democrazianella quale siamo tuttoraimmersi. Cambiare si può epossiamo farlo tutte e tuttiassieme.Forum Italiano dei Movi-menti per l’Acqua

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SALVATORE NAPOLITANO

APRILE 2011

La dirigenza comunista loha presentato al mondo co-me il punto di partenza peril nuovo modello di svilup-po verde che la Cina inten-de abbracciare. Le aspettati-ve degli analisti e degliesperti nei suoi confrontisono unanimemente alte epositive. Per il momentotuttavia, l’unica cosa certadel piano quinquennale ci-nese per il periodo 2011-2015, in questi giorni in di-scussione davantiall’Assemblea na-zionale del popo-lo, sono gli im-pressionanti inve-stimenti per la tu-tela dell’ambiente,il risparmio ener-getico e le fonti al-ternative in essoprevisti. Ormaipienamente con-sapevole dell’inso-stenibilità del mo-dello di crescita eproduzione segui-to fino a questomomento, la Cinaha da tempo co-minciato la suatrasformazione verde, de-stinando negli ultimi annicrescenti quantità di fondialla ricerca di una via da se-guire per il green develop-ment. Stando alle analisicondotte da Ernst & Young,la Cina è diventata una veracalamita per gli investimen-ti in energie rinnovabili, riu-scendo ad attrarre capitalida ogni parte del mondo;nel 2009, ha sorpreso ilmondo intero spendendo ildoppio degli Usa in greenenergy; 34,6 miliardi di dol-lari, quasi 14 volte in più ri-spetto ai 2,5 di 5 anni pri-ma. Secondo le indiscrezio-ni finora trapelate, il nuovopiano quinquennale vorreb-

be ora trasformare que-st’onda verde in un ecotsu-nami, con un investimentocomplessivo per l’ambientedi 3.000 miliardi di yuan,circa 450 miliardi di dollari.La Cina sta tentando datempo di abbandonare ilmodello manifatturiero cuiè stata legata a partire daglianni Ottanta sostituendolocon uno incentrato sul set-tore dei servizi, in grado digarantire un maggior impie-

go di forza lavoro e dunqueun incremento del redditodei cittadini, utile ad au-mentare i consumi interni.Questa scelta è destinata adavere ripercussioni indiret-te ma comunque significati-ve sull’ambiente: i servizi ri-chiedono una quantità dimaterie prime e di energianettamente inferiore allaproduzione industriale. Ciòvuol dire che nei prossimianni il consumo di carbone,petrolio e altre fonti fossilida parte del Paese dellaGrande Muraglia dimi-nuirà. Tra le riforme cheverranno adottate ve ne sa-ranno alcune specificamen-te incentrate sull’incremen-

to del potere d’acquisto daparte degli agricoltori e l’in-troduzione di programmiper aumentare la produtti-vità agricola, misure an-ch’esse volte alla crescitadella domanda interna. È lo-gico supporre che gli inter-venti in questo settore por-teranno all’introduzione ditecnologie e metodi di colti-vazione e sfruttamento deiterreni all’avanguardia, a ri-dotto consumo di energia e

basso impattoambientale. Co-me espressa-mente annun-ciato dai leadercinesi, il consu-mo interno saràstimolato dagliinvest iment inei nuovi setto-ri strategici in-dividuati da Pe-chino, noti aglianalisti interna-zionali con ilnome di “newmagic 7”: mate-riali d’avan-guardia, biotec-nologia, infor-

matica di ultima generazio-ne, energie alternative, effi-cienza energetica, protezio-ne ambientale e hi-tech. Ri-spetto agli “old magic 7”(difesa, telecomunicazioni,energia elettrica, petrolio,carbone, aeronautica, mari-na) è evidente una virataverso il verde. La riduzionecomplessiva del 40-45 percento delle emissioni di ani-dride carbonica rispetto ailivelli del 2005 entro il2020, annunciata dai leadercinesi durante la conferen-za di Copenhagen, apparedunque un obiettivo teori-camente raggiungibile.(tratto da un articolo di Pao-lo Tosatti su “Terra”)Fra poco partiamo per Ter-

ni da zia Giuliana, hai presoil fiasco dell' acqua? E io ca-pivo senza bisogno di tantespiegazioni cosa dovevo fa-re. L'acqua era indispensabi-le; fiat seicento primo mo-dello affrontare la salitadella Somma significavafermarsi almenouna volta perrimboccare il ra-diatore dell'ac-qua che inco-minciava a bolli-re ed era una co-sa del tutto na-turale. Stesso di-scorso se si an-dava al mare aRiccione, ovvia-mente bagaglisul tetto dell'au-to (bisognava va-licare Nocera eGualdo). Dai sie-te pronti? Si va aPerugia allaStanda (era co-me andare ai grandi magaz-zini Harrold di Londra). Ilgelato da Cirillo era da tren-ta e cinquanta lire (ma su ri-chiesta anche da venti lire).Ed il caro Safwan (un nostroamico siriano) che in quat-tro con la cinquecento parti-va da Perugia per andare adAleppo (Siria). Poi il cinemaall'aperto, il pacchetto di si-garette solo da 10, le festestudentesche con elezionedella miss, le vespa o lam-bretta, stivaletti alla beatles(tornati di moda almeno al-tre 5 o 6 volte), pantalonistretti in fondo, larghi a

campana (anche loro piùvolte rivisitati), LA MINI-GONNA!!!!!!!!!!!! Sembranobarzellette, ma erano cosenormali. Eppure tanti di noi,che hanno pienamente vis-suto il ventesimo secolo evivono il ventunesimo, cisentiamo ancora assoluta-

mente in sintonia con iltempo passato e quello at-tuale. Non eé una dichiara-zione di "giovanilismo" osindrome di Peter Pan. Dacosa dipenda questa sensa-zione non lo so esattamen-te: forse dagli studi fatti,dall'educazione ricevuta e lavoglia di crescere, la curio-sità per le cose nuove, di mi-gliorare e di buttare un po'il cuore oltre l'ostacolo, è ri-masta. Certo tanti di noi sisono persi per strada e sonoquelli che io ora chiamo "aimiei tempi questo non acca-deva” o “le mezze stagioni

non ci sono più” o “più sicu-rezza” (ingaggiamo anche laPolizia Provinciale in asset-to da combattimento - notaattuale) ma bisogna avere fi-ducia, lo spazio per miglio-rarsi si può sempre trovare,PRIMA o POI. Purtroppotanti di noi oggi si dedicano

a tempo pienoa fare i censo-ri "sempre ec o m u n q u epreoccupatiper la derivademocratica"o per sottoli-neare quelloche non va oper censurarei comporta-menti degli al-tri. Probabil-mente seguardasserodentro sestessi trove-rebbero più diuna cosa da

censurare e se ognuno pen-sasse ai propri comporta-menti molte cose migliore-rebbero (purtroppo la mag-giore indulgenza si usa sem-pre con se stessi e difficil-mente si è inclini a valutarei propri difetti); mi sembradi averla già da tempo senti-ta "guarda la trave che hainel tuo occhio, piuttosto chela pagliuzza nell’occhio del-l’altro". Ed ora che si farà?Ma figurati se sappiamo co-sa si farà domani! Con leproprie certezze ed insicu-rezze.

f.o.

Grazie a Dio sono italiano!Qualche giorno fa ho sen-tito in televisione un par-lamentare (che, sincera-mente, tutto fa tranne rap-presentarmi) dire che nonc‘è nulla da festeggiarequest’oggi; sarebbe unafestività talmente inutileda essere considerata co-me giorno di ferie, per i la-voratori dipendenti. Mispiace, onorevole, devo(DEVO!) dissentire. Oggi sifesteggia - suo malgrado -una Nazione ed il suo po-polo... la nostra storia!Onorevole ma come fa adire che oggi non dovrem-mo festeggiare? Oggi è lafesta di tutti noi. Dovrem-mo farci gli auguri gli uniagli altri e ricordarci che,probabilmente, senzaquella firma del Re Vitto-rio Emanuele II, con cuiveniva proclamato lo Sta-to Italiano, noi oggi nonsaremmo neanche qui adiscutere… Ho letto moltevolte di persone che sivergognano di essere ita-liani e riescono sempre esolo a criticare questo oquell’altro aspetto del no-stro Paese. Forse questagente non ricorda che l’I-talia è l’impero romano,l’unico impero che tuttihanno cercato di emulare,senza mai riuscirci; l’Italiaè Leopardi, Petrarca e

Manzoni, i cui capolavorivengono studiati dai bam-bini di tutto il mondo; l’I-talia è Michelangelo e Leo-nardo Da Vinci... ognigiorno migliaia di turistiinvadono le nostre strade,per vedere le loro opere!Onorevole, mi spiace selei non è d’accordo, maper me oggi è un giorno difesta, LA FESTA DEL MIOPAESE! Come potrei nonfesteggiarlo? Oggi si fe-steggia l’Inno di Mameli ela nostra Bandiera (che di-scende - scusi se è poco -da Dante Alighieri e la suaBeatrice); si festeggia ladiligenza dei milanesi, l’e-leganza dei fiorentini, l’in-telligenza dei napoletani ela signorilità dei siciliani;oggi si festeggia il “CAM-PIONI DEL MONDO, CAM-

PIONI DEL MONDO, CAM-PIONI DEL MONDO” diMartellini ed il “IL CIELO E’AZZURRO, SOPRA BERLI-NO” di Caressa! Molti mipotrebbero accusare di es-sere troppo giovane e dinon vedere i veri problemidel nostro Paese. Be’, a lo-ro rispondo che io sonofiero di essere italiano. So-no fiero delle idee di Gio-litti e Cavour, delle batta-glie di Garibaldi e Mazzi-ni. Sono fiero del coraggiodi Aldo Moro e PierpaoloBorsellino, della bellezzadi Monica Bellucci e SofiaLoren! Onorevole, la pre-go, almeno oggi ci rispar-mi le sue idiozie. Ci lascigridare a tutto il mondo,che se ci critica è solo perinvidia: GRAZIE A DIO, SO-NO ITALIANO!

sociale dei beni comuni eper la difesa dei diritti pen-siamo che i referendum sia-no un’espressione sostan-ziale della democrazia at-traverso la quale i cittadiniesercitano la sovranità po-polare su scelte essenziali

della politica che riguarda-no l’esistenza collettiva. Perconsentire la massima par-tecipazione, chiediamo cheil voto referendario sia ac-corpato alle prossime ele-zioni amministrative e cheprima della celebrazionedei referendum si impongala moratoria ai processi diprivatizzazione. Crediamoanche che il ricorso all’ener-gia nucleare sia una una

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Salute 11 1FOLIGNO

Prima di tutto parliamo del“costo energetico”, una don-na che allatta ha bisogno dicirca 400/500 kcal in più algiorno questo per la neomamma, vuol dire fare unapiccola aggiunta di calorie,anche perché l’energia richie-sta deriva in parte dalle scor-te di grasso accumulate du-rante la gravidanza, è eviden-te quindi che l’allattamentonon fa ingrassare anzi, fa uti-lizzare le riserve di grassopermettendo alla madre diriacquistare il proprio peso e,se è necessario, dimagrire ul-teriormente, è bene però ri-cordare di rimandare qual-siasi proposito di controllodel peso almeno a dopo 6settimane dal parto! Un altropunto fondamentale a cui ladonna che allatta deve tenerconto è “l’equilibrio tra gli ali-menti”, in generale è neces-sario variare l’alimentazionecon cibi ricchi di Proteine adalto valore biologico comeuova, latte, carne, pesce, lat-te, formaggi; CarboidratiComplessi come pane, pasta,riso; Frutta e Verdura di ognitipo e colore; Olio di Oliva ex-tra vergine da utilizzare acrudo per il condimento deicibi; Acqua o succhi di fruttasenza dolcificanti artificiali econservanti, spremute e tisa-ne. E’ da sfatare anche la cre-denza che ”bere latte fa latte”il latte può essere assuntotranquillamente fatta ecce-zione per le madri con fortefamiliarità allergenica al lat-tosio. Lo stesso discorso del-la familiarità allergenica valeper altri alimenti allergizzan-ti quali noccioline americane,pesci e crostacei, che a mio

giudizio durante l’allatta-mento vanno comunque evi-tati, come devono essere as-solutamente vietati il fumo disigaretta e le bevande alcoli-che inclusa anche la birra. Poici sono i “cibi SI ed i cibi NO”a cui la nutrice deve prestareattenzione, questo perché l’a-limentazione materna condi-ziona il sapore del latte, perquesto la tradizione ha accu-mulato col tempo una lista dicibi da escludere dalla loro

dieta e altri da consumare li-mitatamente. In realtà da unpunto di vista nutrizionale,non vi sono motivi per esse-re così drastici, anche perchémolti di questi cibi hanno giàlasciato traccia nel liquidoamniotico che il piccolo hatranquillamente “assapora-to” durante la sua permanen-za in utero. Inoltre, non tuttii bambini reagiscono al cam-biamento di sapore del lattecon un rifiuto. Il consiglioquindi è quello di mangiaretutto con moderazione perverificare le eventuali reazio-ni del bambino. Ma vediamoinsieme quali sono questi ali-menti nello specifico. Gli ali-menti da evitare sono le car-ni conservate e gli insaccati,per evitare di assumere con-servanti; Mitili e molluschi

perché se provenienti da alle-vamenti poco controllati pos-sono veicolare i germi di infe-zioni gastro-intestinali; Pescespada, alcuni sgombri, tonnofresco e in scatola perché so-no potenzialmente inquinatidal mercurio; Vino, birra, su-peralcolici perché l’alcooldiffonde rapidamente al cer-vello dei lattanti; L’assunzio-ne di cavoli, broccoli e cipol-le, che sono alimenti ricchi dizolfo, comporta la produzio-ne di gas eccessivi nell’inte-stino dei lattanti, lungi dal-l’essere un problema per lamaggior parte, alcuni peròpotrebbero risentirne in mo-do marcato; Per l’aglio assun-to dalla mamma invece è sta-to dimostrato che aumentala frequenza delle suzionidel piccolo al seno, attenzio-ne anche ai peperoni edasparagi. Gli alimenti chepossono essere consumaticon moderazione invece so-no il caffè (massimo 1o2 taz-zine al giorno); coca-cola, the,cioccolato, quest’ultimo è unpotente modulatore dell’u-more, che può contribuirepositivamente alla riuscita diun allattamento, ma va con-sumato con parsimonia. Nelneonato in cui sono presenticoliche gassose queste pos-sono essere una manifesta-zione allergica alle proteinedel latte vaccino che sonocontenute nel latte artificialeo che sono presenti nel lattedella madre quando la mam-ma assume latte o latticininella dieta; Per questi casi èconsigliabile sotto consultodel pediatra prescrivere allamadre che allatta una dietapriva di latte, latticini, uova,oppure nel caso di allatta-mento artificiale utilizzarelatte con poco lattosio o conproteine idrolizzate.

L'erezione inizia dal cervelloe coinvolge sia il sistema ner-voso che quello vascolare.Quando nel sistema nervosoprevalgono gli impulsi a fa-vore dell'erezione, stimola-ti da sensazioni visive, ol-fattive, tattili o psicogene,i segnali che attraversospecifici nervi raggiungonoi corpi cavernosi, provoca-no il rilassamento dellamuscolatura liscia checompone le trabecole deltessuto cavernoso, facen-do si che gli spazi da essidelimitati si allarghino eaumenta la quantità di san-gue all'interno del pene. Inquesto modo il pene au-menta il suo volume e pereffetto della pressione alsuo interno anche la sua ri-gidità. Il deficit erettile ècaratterizzato dall'incapa-cità di ottenere o mantene-re l'erezione durante il rap-porto sessuale. In Italia unuomo su otto soffre di que-sto disturbo ma la sua inci-denza aumenta con l'età. E'un problema che interessa gliuomini già dall'età di ventianni (3-4% ). Sicuramente è unproblema che aumenta pro-porzionalmente con l'età finoad arrivare ad una percentua-le del (40-50% ) dopo l'età di60 anni. In ogni caso il DE vie-ne vissuto come un tabù, unapatologia di cui vergognarsi.Il problema quando si pre-

senta deve essere affrontatoperché molto spesso (77% deicasi) rappresenta la spia diimportanti patologie, iperten-sione, ictus, diabete, infartodel miocardio.Le lesioni neu-rologiche sono spesso re-sponsabili della disfunzioneerettile in quanto interrom-

pono il passaggio di messag-gi tra i centri nervosi che con-trollano l'erezione e il pene.Quando insieme al disturbosi associa il calo del desideriosessuale potrebbe essersi ve-rificato la riduzione dei livel-li di testosterone e l'aumentodella prolattina per cui si con-siglia di verificare il dosaggiodi entrambi gli ormoni. Nemi-

Disfunzione erettile Alimentarsi durantel’allattamento del neonato

Uso responsabile degliantibiotici

LEONARDO MERCURI

MARIO ZOCCO

SALVATORE MACRÌ

APRILE 2011

L'uso degli agenti antimicrobi-ci ha contribuito ampiamentea migliorare la salute. Da de-cenni per il trattamento dellemalattie trasmissibili si fa ri-corso agli"agenti antimicrobi-ci" Oltre a produrre benefici,il loro impiego ha tuttavia in-dotto alcune specie di micror-ganismi dapprima sensibili aquesti agenti a sviluppare unaresistenza, denominata "resi-stenza antimicrobica" Il cor-retto utilizzo degli antibiotici,oltre a prevenire la presenzadi residui negli alimenti , a li-mitare l’insorgenza di germiantibiotico-resistenti che po-trebbero in seguito contami-nare le derrate alimentari diorigine animale è indispensa-bile per garantire l’efficaciadelle terapie. Il veterinario cu-rante deve educare i proprie-tari degli animali alla correttagestione degli stessi o del re-lativo sistema di allevamentoal fine di prevenire le malattiecomuni. Deve, inoltre, assicu-rare che gli antibiotici e gli al-tri farmaci vengano utilizzatisolo come prescritto e limita-re la somministrazione di an-tibiotici solo agli animali ma-lati o a rischio concreto di am-malarsi e possibilmente solodopo aver fatto una diagnosicerta avvalendosi di idonee in-dagini di laboratorio disponi-bili. Sui medici veterinari libe-ri professionisti ricade la re-sponsabilità dell’idonea ge-stione delle scorte dei farma-

ci in allevamento edella registrazionedelle terapie nel re-gistro dei tratta-menti per gli ani-mali da reddito.Tutti i veterinari li-beri professionistidovrebbero per-tanto avere pienapadronanza deiconcetti basilariinerenti l’uso re-sponsabile degliantibiotici divulga-ti dai diversi organismi comu-nitari e internazionali (EMEA,CODEX, Commissione Euro-pea, WHO, FAO, OIE).Anche i proprietari degli ani-mali, siano essi d’affezione oda reddito, devono essereconsapevoli che spesso basta-no pochi e semplici accorgi-menti finalizzati al migliora-mento delle condizioni am-bientali, nutrizionali e igieni-co-sanitarie degli animali as-sistiti al fine di garantire lorole condizioni fisiche e il be-nessere necessari allo svilup-po di una solida immunitàche li protegga dagli agentipatogeni provenienti dall’am-biente esterno onde ridurrequanto più possibile l’uso de-gli antibiotici e dei farmaci ingenere. Anche nel caso in cuil’impiego di prodotti antimi-crobici si renda necessario èimportante che chi ha in cu-stodia l’animale sia adeguata-mente informato sulla corret-ta gestione della terapia pre-scritta dal veterinario curan-te. I concetti sopra menziona-ti possono essere schematica-mente tradotti nelle seguenti

pratiche di carattere generale:prevenire le malattie comunicon sistemi di allevamentoadeguati finalizzati a garanti-re: idonee condizioni igienicosanitarie; alta qualità deimangimi; protezione dagliagenti atmosferici; attuazionedi idonee misure di biosicu-rezza; utilizzo di vaccini; esa-mi clinici regolari; controllodei parassiti, collaborare atti-vamente con il veterinario cu-rante/aziendale per indivi-duare le opzioni terapeutichemigliori; utilizzare gli antibio-tici e gli altri farmaci solo co-me prescritto; stoccare ade-guatamente gli antibiotici egli altri farmaci e eliminare ifarmaci scaduti o inutilizzatisecondo le indicazioni del fo-glietto illustrativo/etichette oil parere di un veterinario; uti-lizzare i farmaci in modo daminimizzare la contamina-zione ambientale; registrare itrattamenti (laddove richiestodalla legge); avvisare tempe-stivamente il veterinario cu-rante in caso di mancata ri-sposta clinica a un trattamen-to terapeutico.

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ci indiretti ma sempre impor-tanti sono ilfumo,alcolici,droghe, obesità,sedentarietà, e colesterolo al-to. Quando si ipotizza unacausa organica è necessariolo studio funzionale della va-scolarizzazione del pene me-diante l'ecocolordoppler, do-

po puntura intracavernosadi prostaglandine. Nei casidubbi, tra deficit organicoo psichico, si ricorre al Ri-giscan, strumento in gradodi registrare la frequenza ela qualità delle erezioni du-rante il sonno, a domiciliodel paziente, per tre notticonsecutive. La presenzadi erezioni di buona qua-lità esclude la causa organi-ca. In questi casi e nei casidi modesta e media gra-vità, vengono consigliate lepillole dell'amore (Tadala-fil, vardenafil, sildenafil).Nonostante l'efficacia deifarmaci supera il 75% nontutti i pazienti si recano dalmedico. Oggi anche l'impo-tenza sessuale più difficilepuò essere risolta con l'im-pianto di protesi. Da un po’di tempo è disponibile laprotesi idraulica

(AMS700LGX), impiantatadentro i corpi cavernosi con-sente l'espansione del penesia in larghezza che in lun-ghezza con elevata soddisfa-zione della coppia. Purtroppoil costo non è modesto, all'in-circa 10.000 euro più il costodell'intervento, un lusso chenon tutti si possono permet-tere.

Cancro della prostataIl tumore della prostata è iltumore più frequente tra lepersone di sesso maschile.Secondo il National CancerIstitute a un uomo su seiverrà diagnosticata taleneoplasia durante la vita.In Italia il tumore della pro-stata ha una incidenza del12% e una sopravvivenza a5 anni dalla diagnosi del70%. Un recente studio,pubblicato su “Journal ofClinical Oncology”, sostie-ne che i malati di cancrodella prostata che pratica-no attività fisica per più ditre ore a settimana hanno il61% di probabilità in menodi morire di questa neopla-sia rispetto a chi, nell'arcodei sette giorni fa eserciziosolo per non più di un'ora.Perché questo avvenganon è del tutto chiaro. Unaspiegazione potrebbe esse-re che l'attività fisica au-menta la sensibilità all'in-sulina, e di conseguenza siavrebbe un'azione sugli al-tri ormoni correlati allaproliferazione cellulare ealla produzione di nuovivasi, fenomeni centrali nel-la crescita dei tumori. Poil'attività fisica aumenta larisposta immunitaria e di-minuisce la concentrazio-ne dei fattori dell'infiam-mazione.

Il Punto GIl punto G (zona erogenafemminile), punto Grafem-berg fu così chiamato per ri-cordare il ginecologo tede-sco Ernest Grafemberg, cheper primo lo descrisse oltre50 anni fa, situando lo sullaparente anteriore della vagi-na a un'altezza di 2.5 cm. Ri-cercatori del King's Collegedi Londra in un recente pas-sato avevano negato l'esi-stenza di tale punto. Adessouna ricercatrice francese,Odile Buisson, in seguito astudi ecografiaci, eseguitidurante il rapporto sessuale,avrebbe individuato talepunto sul clitoride, che simodifica durante il rapportosessuale. Anche ricercatoriitaliani, di recente, utilizzan-do scanner a ultrasuoniavrebbero localizzato talezona anatomica.EpilessiaL'improvvisa ricomparsa dicrisi anche dopo anni di be-nessere, in cui era stata addi-rittura sospesa la terapia an-tiepilettica, può provocaregravi lesioni o addirittura lamorte se il paziente si trovaad esempio alla guida diun'auto. Ma danni gravi sipossono avere anche se il pa-ziente si trova in casa e cadea terra battendo contro unmobile o un accessorio delbagno. Dalla di Divisione di

Epilessia Pediatrica del Sou-rasky Medical Center di TelAviv è arrivato un dispositi-vo simile ad un normaleorologio da polso capace diavvertire con un allarmesonoro il paziente dell'arri-vo della crisi, inviando con-temporaneamente l'allarmeanche ad un ricevitore inpossesso di un famigliare.Lo studio sull'argomentodenominato EPILERT è sta-to pubblicato sul giornaleJournal of Clinical Neu-rophysiology. Nel quadran-te dell'orologio è presenteun computer capace di av-vertire le vibrazioni tra-smesse da speciali sensoridel cinturino, che indicanol'imminenza della crisi.Questo avviso da il tempoal paziente di mettersi al si-curo da eventuali danni chela crisi possa determinare.Nello studio su 1692 ore diutilizzo l'apparecchio è sta-to capace di identificarecorrettamente il 91% di cri-si, con solo 2 falsi negativie 8 falsi positivi. Altri studisono in corso anche in Ita-lia. Anche se il prototipoandrà ancora migliorato insensibilità e riduzione deifalsi allarmi, l'idea apre lastrada a una svolta nella vi-ta di questi pazienti chenon saranno più soli con laloro malattia.

“MEDICINA IN PILLOLE”ACURADIPARIDETRAMPETTI

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Pensieri e Parole121 FOLIGNO

LAVITANON È UNO SCHERZOPAROLADI UN EROE DELLASINISTRARIVOLUZIONARIA TURCA

STORIECONTRO CONTROSTORIE

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SILVIA PALLARACCISIAMANTHA PASSERI

APRILE 2011

Nazim Hikmet è un poetacomunista. Un rivoluziona-rio che per le sue ideemarxiste si è autoesiliato aMosca e ha condizionatotutta la sua vita. Nasce a Sa-lonicco nel 1902, da una fa-miglia di artisti, quindi siaccosta giovane alla poesia,frequentando scrittori, poe-ti e circoli letterari. Nel ‘21,attratto dalla grandiosaguerra d’indipendenza pro-mossa da Kemal Atatürk, sireca in Anatolia insieme ainazionalisti: lo colpisce ilpersonaggio e il suo mes-saggio di rinnovamento delvecchio sistema ottomano,che tuttavia non si realiz-zerà. In Anatolia vive tra icontadini, parla con loro,conosce le arsure dellasteppa, la spaventosa mise-ria di un'umanità fuori del-la storia. Questa esperienzasegna definitivamente lasua esistenza. Presto infat-ti si distacca dal partito ke-malista che, incapace di ri-solvere il problema fonda-mentale della Turchia (lariforma agraria e l'inseri-mento nello Stato dellaclasse contadina), subisceuna rapida involuzione con-servatrice. In Anatolia cono-sce anche un gruppo dioperai reduci dalla Germa-nia, che gli descrivono entu-siasti le ideologie di Marx.Nel marxismo Hikmet intra-vede la soluzione dei pro-blemi che lo stato kemalistalascia insoluti. Atatürk in-tanto, profondamente anti-russo e antisovietico, tienele frontiere con l'URSS sbar-rate e non costruisce stradein Anatolia per impedireogni traffico e scambio tra idue paesi; non sente più ilbisogno dell'appoggio delgoverno di Mosca, che l'ave-va sostenuto nella sua lottaper l'indipendenza, e iniziauna dura persecuzione con-tro l'esiguo partito comuni-sta turco. Il suo estremo na-zionalismo sfocia in una ve-ra e propria dittatura, no-nostante le apparenze di unregime costituzionale. Hik-met, affascinato dalla rivo-luzione bolscevica e dallesue promesse di giustiziasociale, nel ‘22 si iscrive al-l’Università a Mosca. Quifrequenta Lenin, Majakov-skij, Esenin e si appassionaalle avanguardie sovietichee occidentali. Comincia ascrivere i suoi libri di idealicomunisti, libera la poesiadalle convenzioni letterarieottomane ed introduce ver-si liberi ed uno stile collo-quiale, con immagini ispira-te alla civiltà industriale, al-la tecnica e alla scienza: tut-to ciò non piace al governoturco. Inizia l’odissea diHikmet. Nel '28 rientraclandestinamente in Tur-chia, viene scoperto e arre-stato per le idee antinazistee contro la dittatura turca;da allora fino al '51 resta inpatria con continui passag-gi dalla clandestinità al car-cere. I suoi scritti sono con-siderati un incitamento allarivolta e si abbatte la censu-ra su ogni sua opera. I tri-bunali turchi lo condanna-no in tutto a 56 anni di pri-gione, di cui ne sconta 17.

Se nasci qui il primo sognoè quello di scappare. Indi-pendentemente da chi sei,che fai o come la pensi.L'Umbria è chiusa, buia, unpaese ogni quarto d'ora. Inmezzo solo le campagne, ilgrigio, il sudore dei mieinonni contadini, mezzadricome nel Medioevo. Lo stes-so Medioevo che sopravvivenel pensiero della gente. Senasci qui è ovvio il primosogno è quello di scappare.Almeno fino un po' soprav-vivi: due scelte al bivio ado-lescenziale: ti omologhi, oresisti. Diventi massa o seipronto a dare guerra. Dagrande puoi scopri-re la via della vergo-gna, allora ti spegnie la storia finiscequa. La mia sì. Manon quella di Giulia.(...)Stavo in un postodove tutto suonavauguale.Poi c'ho mes-so l'anima ed è di-ventato specialeNon lo faccio per lafama ma per darecalore Se sorridi aste parole tutto sem-brerà migliore (...)Mi sono semprechiesta se sia la mu-sica a far battere ilcuore o il cuore chein un certo sensodia il ritmo alla mu-sica. Per giorni hofissato il soffittoammuffito della so-lita camera ripeten-domi questa do-manda fino allo sfi-nimento. Che si tro-verà mai una rispo-sta? Nell'attesa che icosmici dubbi par-toriti da questamente inutilmente lamento-sa si tramutino in certezze,ecco che il giovane Holden eil buon vecchio Salinger so-no piovuti nuovamente, co-me gocce di colore sulle te-le di Pollock, nella mia vita.E precisamente sono torna-ti con questa citazione:“Quelli che mi lasciano pro-prio senza fiato sono i libriche quando li hai finiti dileggere e tutto quel che se-gue vorresti che l'autore fos-se tuo amico per la pelle epoterlo chiamare al telefonotutte le volte che ti gira. (ca-pitolo III)”. Io penso che nonsolo i libri facciano questoeffetto, ma pure le note, lecanzoni, i testi allucinanti esognanti di un brano chedura poco più di un sorrisoatteso da secoli. Che poiquando tutto questo vorticeemozionale ti capita all'im-provviso da qualcosa di ina-spettato è come se si spalan-casse una porta su un'eter-nità sconosciuta prima. Vi-brations. Tenetevi forti let-tori se vi dico che chi cono-sce la ricetta per amalgama-re questi ingredienti potreb-be essere la vostra vicina dicasa. O una ex compagna diclasse. O semplicementeun'amica che non vedete datanto tempo. O la figlia diamici. O una concittadinaprima schifata, odiata e oramagari riconosciuta con ipo-crisia. Se vi dico che Giulia,alias Mc Nill, è una delle più

grandi sorprese del rap ita-liano che vive fuori dai cli-chè, e proviene nientemenoche dalla nostra odiatissi-ma, apprezzatissima, san-tissima regione Umbria, sie-te disposti a crederci?“sono convinta che le cosepossano cambiare ma che inUmbria c'è troppa gente chesi lamenta ma alla fine si ac-contenta”I testi di Mc Nill la primavolta che li ascolti sono unsordo pugno alla bocca del-lo stomaco. Contengonoun'alta dose di realtà tal-mente condensata in pocheparole che quasi si riesce atoccare con mano. Impossi-bile pensare che ogni rimanon sia stata sudata, vissu-ta, sofferta, amata. “Ho trovato nella musica la

mia più grande amante”L'ascolto dell'Ep Rap daBlock forzatamente ti lasciaqualcosa dentro così comeparlare con l' “autrice” diquesto lavoro, Giulia. Giuliao Mc Nill non ho trovato dif-ferenze, come spesso moltiartisti di più ampia famac'abituano. Essere in un mo-do per la gente e esserlo inun altro nel privato, perchèsi recita una parte, un co-pione prescritto dalle divi-nità del mondo moderno,fama e soldi su tutte. Inquesto modo personale ediretto di vivere la musica ele sue sfumature da parte diGiulia, ho rivisto buona par-te di un certo Bukowski, ilpoeta scrittore che amavadire a proposito dell'arte “se non ti esce tutto da den-tro cosa lo fai a fare?”. “Non sono nessuno per im-pormi come giusta e/o per-fetta però, se riesci a sentirequello che sento quando ri-mo, quando sono su un pal-co, se riesci a percepire ilmio amore per l'hip hop al-lora magari mi sostieni”La nostra artista, come anti-cipato, è umbra doc. Questaè stata la seconda cosa chepiù mi ha colpito dopo lasua musica. Vi chiedereteperchè, e io vi dico che è dif-ficile e facile allo stessotempo rispondervi. L'Um-bria è una terra in cui ècomplicato crescere, perchèil futuro troppo spesso

La situazione politica peg-giora e la Turchia, pur sen-za entrare in guerra, appog-gia la Germania hitleriana.Le condizioni della prigio-nia sono ora durissime perHikmet, con mesi interi disegregazione, soprusi e laminaccia dell'impiccagionesospesa sulla testa; tuttaviaHikmet continua a scriveree a tentare di far uscire isuoi versi dalla prigione. Avolte gli negano anche discrivere, allora elabora lepoesie mentalmente e le faimparare a memoria a chi lova a visitare. Nel ‘49 un co-mitato internazionale com-posto, fra gli altri, da Picas-so, Tzara e Sartre chiede laliberazione di Hikmet. Nel’50 è rilasciato, abbandonala Turchia e ritorna a viverea Mosca, ma il governo tur-co impedisce alla moglie eal figlio di raggiungerlo e lopriva anche della cittadi-nanza. Muore il 3 giugno’63 a Mosca, folgorato daun infarto sulla soglia di ca-sa. In occasione del cente-nario della sua nascita, ilgoverno turco gli restitui-sce la cittadinanza. L’inizia-tiva fa seguito a una peti-zione di oltre mezzo milio-ne di persone. Ho voluto di-lungarmi sulla biografia diquest’uomo perché in Hik-met azione e parola sonolegate in modo così organi-co che, per comprendere isuoi scritti, non si può pre-scindere dalle sue vicende.Hikmet ha vissuto fino al-l’ultimo, scrivendo, viag-giando, discutendo, aman-do il mondo, fiducioso nel-l’avvenire, interessato acreare un legame con ciò

affoga nel passato, dove letradizioni di pensiero unitea ipocriti pregiudizi soprav-vivono alle generazioni. Do-ve ancora fa scandalo averemalattie mentali, problemidi tossicodipendenza, gra-vidanze senza matrimonioo essere omosessuali.“Parto dalla convinzione chela gente attacca spesso ciòche non conosce(...) Cerco difar capire che non ci si devefermare alle apparenze, lavita (esattamente come untesto scritto) se analizzatapuò svelare cose che non sinotano nella vita freneticadi tutti i giorni. La musicadal punto di vista personalepoi sicuramente è stato unmezzo per resistere allepressioni di un ambiente so-ciale che mi ha sempre rite-

nuta inadatta.”Giulia la sua omo-sessualità non lanasconde, manemmeno te lasbatte in faccia. Lavive come è nor-male che sia. Nien-te di cui stupirvidirete voi. Se seiumbra sì. Normal-mente i ragazziche vivono qui,quelli che cercanodi andare oltre, diaprirsi al mondodi darsi più diqualche squallidapossibilità, quanelle nostre picco-le città medievalinon hanno vita fa-cile e spesso per-dono i sogni perstrada o peggioancora se stessi enel tempo diventa-no bigotti e vendi-cativi più e megliodei loro avi. Chi ciriesce scappa enon torna più. Otorna giusto per le

feste, giusto per i saluti, giu-sto per i titoli di coda. Pochihanno il coraggio di restareo ritornare e cercare di cam-biare le cose. Giulia insiemealla sua musica credo siauna delle poche.“Tra me e questo ambientenon ho mai cercato di met-tere delle mura, ma di crea-re dei veri e propri ponti.Per me tornare in Umbriasignifica staccare dalla vitafrenetica e riabbracciare lepersone a cui tengo che so-no ancora qui ma è anchebrutto vedere che poco eniente è cambiato e chespesso se si erano fatti deipassi avanti poi qualcunone ha rifatti 100 indietro èbello vedere che ci sono gio-vani che seguono il mioesempio ma fa schifo vede-re chi ha mollato perché sì"che fico, facciamo i diver-si" ma se poi non hai le pal-le "fare i diversi" pesa”Parole da aggiungere ce nepotrebbero essere a centi-naia ma sarebbe solo unesercizio di stile. Piuttosto se vi è nata, conquesto articolo, un pò di cu-riosità vi invito, nient'altro,che ad un ascolto selvaggiodi Rap da Block. See yaNon dimenticate di visitare:www.extralad.com (per sca-ricare l'EP Rap Da Block),www.youtube.com/user/McNillOfficial, http://www.fa-cebook.com/pages/Mc-Nill/113502078708104

che lo circondava, curiosodell'uomo come prodotto diuna società. E poeta, sem-pre. La cronaca e la politicasono la sua materia poeticaed è personalmente impe-gnato nelle vicende che de-scrive: nella biografia indi-viduale si inscrive una bio-grafia universale. In una vi-ta di lotte, di esili, di carce-ri e di poesie, coagulano lelotte, gli esilii, i carceri e lepoesie di ognuno. La poesiadiviene "servizio" e la natu-ra profonda della sua ispi-razione è proprio questa“coscienza dell'utile”("Cre-do che la forma sia perfettaquando dà la possibilità dicreare il ponte più solido epiù comodo tra me e il let-tore. Detesto le celle dellaprigione ma anche quelledell'arte, dove si sta in po-chi o da soli. Sono per lachiarezza senza ombre delsole allo zenit, che non na-sconde nulla del bene e delmale. Se la poesia regge aquesta gran luce, allora èvera poesia"). Nelle ultimeopere emerge il pensierodella morte, della separa-zione dalla vita così immen-samente amata. Non si trat-ta più di una morte epica, diun rischio volontario qualeestremo atto di vita, comein carcere e durante la lottae l'azione. Si tratta di unamorte estranea e fatale, chesceglie il suo momento sen-za chiedere nulla all'inte-ressato, e perciò spiacevolee umiliante (“Non ho pauradi morire, ma morire misecca, è una questione diamor proprio. Non ci si puòsaziare del mondo. Non ci sipuò saziare!”)

Alla vita.

La vita non è uno scherzo.Prendila sul serio

Come fa lo scoiattolo, ad esempio,senza aspettarti nulla

dal di fuori o nell'al di là.Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non è uno scherzo.Prendila sul serio

Ma sul serio a tal puntoChe messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,

o dentro un laboratoriocol camice bianco e grandi occhiali,tu muoia affinché vivano gli uomini

di cui non conoscerai la faccia,e morrai sapendo

che nulla è più bello, più vero della vita.Prendila sul serio,

ma sul serio a tal puntoche a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi

non perché restino ai tuoi figlima perché non crederai alla morte

pur temendola,e la vita sulla bilancia peserà di più.

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Scuola a cura di Maura Donati

Se è vero che gli errori delpassato prima o poi si scon-tano nel futuro che attendecon pazienza, è altrettantovero che le errate previsionidi una scuola capace di assor-bire con dignità un esercito diragazzi laureati e pronti a in-segnare, si sono scontratecontro il muro di cemento diun presente scolastico cheboccheggia senza l’ossigenoe le riforme necessari per vi-vere. I professori, gli univer-sitari e gli studenti scesi nellepiazze d’Italia per protestaree far conoscere le ragioni ditanto malcontento, sono ilrisultato di una politica sco-lastica riduttiva, frettolosa,mediocre, superficiale. Inca-pace di seguire un iter coer-ente nel tempo. Una politicascolastica fatta di genericitagli e cambiamenti di rottaimprovvisi che non tengonoconto delle decisioni prese inprecedenza. Quelle stesse de-cisioni che hanno condizion-ato, nel bene e nel male, lescelte di vita di migliaia emigliaia di giovani illusi chefossero loro il punto di arrivodelle strategie politiche. Ig-nari di essere invece la stradacalpestata, graffiata e feritasu cui la politica è passatacon superficialità per andareoltre. Oggi, tanti giovanitrentenni che si sono laureatie hanno frequentato la Ssisnella previsione (fatta dainostri politici) di ottime sper-anze di immissioni in ruolo,si ritrovano a casa senza la-voro. O meglio, senza il la-voro di insegnante. La vita vaavanti e qualcosa bisogna purfare: ripetizioni private,servizio al ristorante o al bar,part time nei negozi di ab-bigliamento o di scarpe. In-somma, ci si arrangia. D’al-tronde, di questi tempi, so-prattutto con una laureaumanistica non ci si possonofare grandi cose oltre all’in-segnamento. Intanto, però,l’attesa di essere chiamati perqualche supplenza (dallescuole o dal provveditorato)si fa sempre più pressanteperché gli anni passano infretta e il desiderio di lavo-rare cammina di pari passo aquello di avere una famiglia,dei figli e un futuro sereno. Enonostante questo teneroquadretto di “vita normale”possa sembrare passato dimoda, tanti giovani e menogiovani continuano a creder-ci a costo di grandi sacrificivissuti anche nella consapev-olezza che un giornopotrebbe rendersi necessariocambiare percorso di vita pernuove prospettive lavorativee una serenità apparente-mente irraggiungibile. Aquesto proposito, racconti-amo la storia di una giovanedonna folignate laureata conil massimo dei voti, legata af-fettivamente all’uomo dellasua vita con cui ha costruitouna famiglia, impegnata a liv-ello sociale e politico e tenacenel perseguire il proprio sog-no di insegnante ma, con-sapevole delle difficoltà,pronta a rimettersi in giocose necessario. Lei ha 32 annie si chiama Gioietta Volpi.Dopo aver fatto il liceo lin-guistico ha conseguito ildiploma di laurea in letterecon una tesi di ricerca speri-mentale in antro-pologia: un

supplenze che, poi, dopo treo quattro anni avrebbero por-tato con tranquillità all’assun-zione – ha precisato Gioietta– era bella questa percezionedi un futuro possibile. Infatti,sono stata subito chiamataper supplenze alle scuole diCampello e Sellano. Sonostate esperienze magnifiche.Mi alzavo prestissimo e lavo-ravo con grande impegno maavevo un entusiasmo incredi-bile perché vedevo realizzarsiciò per cui avevo studiato tan-to. Le classi erano costituiteda 14/15 ragazzi, di con-seguenza era possibile gestiree seguire tutti allo stesso mo-do. Si poteva spiegare, appro-fondire, ripassare, interroga-re più volte e si aveva la nettasensazione che i ragazzi sisentissero coinvolti e parte-cipi. L’insegnate vedeva real-mente i progressi. Poteva farebene il suo mestiere e gli stu-denti imparavano vera-mente”. Ma il sogno è duratopoco. L’amaro risveglio è ar-rivato con la riforma Gelminiche ha ridotto le ore di inseg-namento e aumentato il nu-mero di alunni per classe. Hainferto un duro colpo allascuola pubblica prevedendotagli al corpo docenti, al per-sonale tecnico amministrati-vo, ai corsi serali, agli inseg-

nanti di sostegno, al materialedidattico, ai plessi scolastici ealle classi di concorso. “Primadella riforma Gelmini, allemedie chiamavano tranquilla-mente chi era in terza fascia(cioè nella graduatoria di col-oro che possono insegnarepur non avendo fatto la Ssis;queste persone devono co-munque avere quegli stessirequisiti che servono per es-sere ammessi alla Ssis, poipossono essere chiamati dallescuole). Oggi, dopo la riforma,non arrivano neanche a chia-mare chi è abilitato in primafascia come me – ci ha dettoGioietta - mi trovo in un’otti-ma posizione in graduatoriaeppure ho di fronte a me tan-ta gente che non lavoranonostante fino all’anno pri-ma della riforma veniva chia-mata puntualmente dalprovveditorato. Riflettendosu questa situazione mi vieneda pensare che, nonostantetutto, io ho un’età in cui pos-so ancora cavarmela e ricom-inciare se necessario. Purtrop-po, a vivere questa mia stessasituazione ci sono persone di40 o 50 anni con famiglia etante responsabilità sullespalle. Per loro è veramentedrammatico. Ma il dispiacerepiù grande è per i giovaniche, senza una scuola

traguardo ampiamente meri-tato dopo un anno di studi ericerca a Rio de Janeiro inBrasile sugli emigrati umbriche vivono in questa nota re-altà di vita al di là dell’oceano.Il primo scoglio made in Italyè arrivato quando si è resaconto di non poter intrapren-dere la carriera di ricercatricese non a rischio di fare quellastessa vita da precaria squat-trinata che appartiene a tantegiovani brillanti menti delnostro paese. Sarebbe potutaandare all’estero a speri-mentare questa passione magli affetti l’hanno trattenutanella sua terra. La scelta è sta-ta dura ma quasi obbligata.Da questo momento in poi ètrascorso un anno durante ilquale ha cercato lavoro senzarisultato. Così, spinta e moti-vata da tante belle speranze(viste le previsioni ministeri-ali favorevoli circa le immis-sioni in ruolo), si è messa astudiare un’estate intera persuperare il concorso dellaSsis, la scuola di specializ-zazione per l’insegnamento.Apparentemente, l’ultimo os-tacolo prima della profes-sione. “La sera lavoravo al ris-torante, di giorno studiavo –ci ha raccontato – con tantoimpegno e passione ho super-ato il concorso e ho iniziato i

miei due anni di Ssis: frequen-za obbligatoria, tante materieda studiare e molti soldi daspendere per le tasse nonos-tante si tratti a tutti gli effettidi un tirocinio che, ad esem-pio, a medicina viene addirit-tura pagato. Partendo dal pre-supposto (non trascurabile)che per accedere a questascuola di specializzazione ècondizione fondamentale di-mostrare di aver dato deter-minati esami universitari e diaver conseguito una determi-nata laurea (se non a rischiodi non poter neanche iniziarela Ssis), va detto che in base aquesti presupposti si pos-sono ottenere delle abili-tazioni all’insegnamento piut-tosto che altre”. Gioietta hatre abilitazioni: lei può inseg-nare alle scuole medie e agliistituti superiori ma è ancheinsegnante di sostegno. Comeprofessoressa di lettere puòinsegnare italiano, storia, ge-ografia, educazione civica. Matorniamo ai fatti: Gioietta haconcluso la Ssis e per lei siapre un anno indimenticabile,l’ultimo respiro prima dei“tagli” della riforma Gelmini.“Era l’anno scolastico 2007/2008 e si respirava ancoranell’aria la possibilità reale diessere chiamati dalle scuole odal provveditorato per fare

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adeguata, rischiano di com-promettere il proprio futuroe quello della nazione”. Lescuole non hanno soldi, il nu-mero di alunni per classe èaumentato incredibilmente el’insegnamento si è trasfor-mato in una corsa contro iltempo dove la qualità dell’ap-prendimento risulta essere laprima grande sconfitta. “Enoi che abbiamo fatto tantastrada e tanti sacrifici perpoter insegnare, siamo fermi,bloccati, congelati in gradua-torie infinite – ha precisatoGioietta – stiamo a casa nel-l’attesa di essere chiamati maè tutto immobile. Quando hofinito la Ssis ho scelto laprovincia in cui inserirmi inprima fascia in maniera de-finitiva con graduatoria aesaurimento: la scelta è ri-caduta su Perugia ma la situ-azione è bloccata. Inoltre, hoavuto la possibilità di inserir-mi nelle graduatorie di altretre province, ma solo “in co-da” nonostante il mio pun-teggio risultasse più alto dialtri davanti a me. A talproposito, alcuni miei col-leghi hanno fatto ricorso vin-cendolo. Io non l’ho fatto,forse ho sbagliato”. In ognicaso le attuali vicende politi-co-giudiziarie hanno dato ra-gione ai prof contro l’inseri-mento in coda: la Corte Cos-tituzionale ha dichiarato ille-gittima questa “soluzione”. IlGoverno era riuscito ad aggi-rare la sentenza imponendoil congelamento delle gradu-atorie per due anni fino al 31dicembre 2012 ma sembr-erebbe che le graduatoriepossano essere riaperte amaggio. Ritorna così un bar-lume di speranza anche se“ancora non si sa come ri-solveranno il problema del‘pettine’ nelle diverse provin-cie”. Tra l’altro, neanche la“riforma salva precari” del2010 ha aiutato Gioietta e al-tri precari come lei a esserechiamati a insegnare per sup-plenze brevi o progetti re-gionali: si tratta di una grad-uatoria prioritaria per coloroche l’anno precedente hannolavorato 180 giorni anchenon continuativi nello stessoistituto scolastico. “Io non cisono rientrata per tre giorniperché ho lavorato 177giorni in un istituto e circa 60in un altro – ha sottolineatoGioietta – a dire il vero, lascuola in cui ho lavorato per177 giorni mi aveva chiestodi rimanere ma io avevo giàdato la mia disponibilità al-l’altra. Se solo la notizia fos-se stata data in tempo perpoter raggiungere le ore pre-viste invece di essere strut-turata come retroattiva, oggiavrei finalmente una portaaperta davanti a me. Inveceno. Ho fatto ricorso ma sonoancora qui ad aspettare. Nonso quando finirà quest’odis-sea e se finirà. So soltantoche da parte mia come anchedi tanti altri colleghi c’è lavolontà di andare avanti madobbiamo anche guardare alnostro futuro con i piedi perterra. La necessità di fareuna riforma scolastica c’era,ma non in questo modo.Nonavvilendo la scuola pubblica,coloro che da sempre lot-tano per renderla migliore ei giovani che sono il futurodel paese”.

APRILE 2011

Sognando un posto di lavoro nella scuola pubblicaL’amaro risveglio di una giovane generazione di brillanti precari

Tratto dal sito internetwww.unionedeglistudenti.net

Non c’è momento in questoPaese in cui i poteri forti nonperdano occasione per co-struire un modello di societàfondato su sfruttamento, re-pressione, cancellazione deidiritti e precarietà. I tagli aldiritto allo studio e all’edili-zia scolastica hanno la stes-sa origine dei processi di pri-vatizzazione dei saperi e deibeni comuni. Ci mobilitiamoper pretendere autonomia elibertà di scelta dei nostripercorsi di vita, liberi dal fa-

milismo e dal precariato a cuici vogliono legare. Il 9 Aprilecontinua il nostro percorso dilotta per affermare che il no-stro tempo è adesso, che ci ri-prendiamo il presente per co-struire un futuro senza pre-carietà. Il 19 aprile abbiamointenzione di moltiplicare edestendere il percorso che dal9 Aprile arriverà allo sciope-ro generale del 6 Maggio. Lalotta contro la precarietà pas-sa dai percorsi di lotta e diproposte che come studentiporteremo nelle città per co-struire dal basso a partiredalle scuole un nuovo model-

lo di società. Costruire-mo quindi una giornatadi azioni e mobilitazio-ni sul tema del welfare,della precarietà e del-l'accesso ai saperi e allacultura. Vogliamo lapossibilità di costruire ilnostro futuro, partendodal nostro presente.Il 9e il 19 aprile grideremoLIBERI TUTTI anche perquei popoli del Mediter-raneo che si stanno ri-bellando ai regimi; per affer-mare che libertà, democrazia,giustizia e diritti umani sonodiritti inalienabili; per ribadi-

re anche il nostro no allaguerra di chi specula sulla li-bertà dei popoli per ottene-re interessi geopolitici.

9 e 19 aprile, LIBERI TUTTI verso lo sciopero generale

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Corrispondenze, Sport e Cucina141 FOLIGNO

Spuma di yogurt con fruttidi boscoIngredienti per 6 persone:gr 400 yogurt bianco intero,gr 500 panna liquida fresca,zucchero a velo gr 50, frut-ti di bosco (possono essereutilizzati anche i surgelati)gr 400, gr 50 zucchero, unmazzetto di menta.Procedimento: montare l apanna aggiungendo a piog-gia lo zucchero a velo sino ache non sia ben ferma, la-sciarla riposare in frigo.

Mettere lo yogurt in un con-tenitore e lavorare bene conun cucchiaio, aggiungerepoi la panna zuccherata,molto delicatamente per-ché non deve smontarsi, la-sciare il composto ottenutoi frigorifero. In una piccolacasseruola cuocere i fruttidi bosco con lo zucchero e,se necessario, un cucchiaiodi acqua, il tempo necessa-rio che si ammorbidiscanoe formino uno sciroppo.Questo dessert va servito incoppe mettendo alla basefrutti di bosco e sciroppo epoi la spuma di yogurt e in-fine una fogliolina di menta.

RICETTE DEL MESE: SPUMA DI YOGURT E ZEPPOLE DI CARNEVALE

Zeppole di carnevaleIngredienti per 8 persone: fa-rina gr 300, burro o margari-na per pasticceria gr 200, ac-qua mezzo litro, uova 8/9, unpizzico di sale,olio di semi di

XX FALOCI PULIGNANI - INVITO ALLA DISCUSSIONE

Redazione: Via della Piazza delGrano 1106034 Foligno (PG) tel. 0742510520Mail:[email protected] tribunale di Perugian° 29/2009Editore: Sandro RidolfiDirettore Editoriale: Sandro RidolfiDirettore Responsabile: GiorgioAuriziDirettore Sito Internet: Andrea TofiStampa: Del Gallo Editori, loc. S.Chiodo, SpoletoChiuso in redazione il 27/3/2011Tiratura: 3.000 copiePeriodico dell’Associazione “Luciana Fittaioli”

Il folignate monsignor Miche-le Faloci Pulignani (nato il 9 lu-glio 1856 e morto il 1 ottobre1940), Priore del Capitolo del-la Cattedrale di San Feliciano,Professore nel Seminario Dio-cesano, Cancelliere della CuriaVescovile e per molti anni Vi-cario Generale della Diocesi diFoligno - fu anche Vicario Ca-pitolare dal 22 dicembre 1894al 18 marzo 1895 -, è noto achiunque abbia anche una so-la volta prestato interesse allastoria - a quella francescana eangelana, in particolare -, e tut-tavia viene poco celebrato.Che pesi su di lui il fatto diaver operato per il bene dellaChiesa e della sua città in un’e-poca, che politicamente nonsuscita più simpatia? Sarebbe,questa, una forma di precon-cetto pericoloso, che potrebbegenerare ostracismi fuori del-la storia. La serenità dei giudi-zi è attualmente favorita daquanto in Italia è avvenuto inquesti ultimi anni e la capacitàdi distinguere, e quindi di ri-conoscere i meriti delle perso-ne in campo culturale e i limi-ti in quello politico, dovrebbecaratterizzare il dialogo cultu-rale. E i meriti di monsignorFaloci Pulignani non sono po-chi. Basterebbe scorrere l’elen-co della sua produzione lette-raria, per convincersi che nonè stato un qualsiasi erudito.Fu, infatti, uno studioso mol-to attento ai documenti e alla

fonti, per ricostruire le vicen-de delle istituzioni cittadine enon solo. In questa sede voglioricordare che nel 1932 favorìla trascrizione, la pubblicazio-ne e la traduzione di un mano-scritto riguardante la beataAngela da Foligno (4 gen-naio1309), conservato nella Bi-blioteca Statale del Monumen-to Nazionale di S. Scolastica, diSubiaco. Solo questa sua ini-ziativa sarebbe sufficiente percollocarlo tra i benemeriti del-la cultura. Ma tante altre sonostate quelle che egli ha porta-to a compimento e che lo ren-dono meritevole di attenzionemaggiore e di pubbliche cele-brazioni [...] Poiché, però, aFoligno, fu anche Assessorealla Cultura e di Direttore del-la Biblioteca Comunale, - po-chi anni fa è stata intitolata aDante Alighieri -, auspichereiqualche iniziativa da parte del-l’Amministrazione Comunale,per riportare l’attenzione deifolignati su uno dei suoi figlipiù illustri [...] Per questo saràpreziosissimo l’appuntamen-to dell’8-9aprile, quando siterrà il convegno promossodalla Gazzetta di Foligno, fon-data dal Faloci Pulignani nel1888 [...]Sorprendente quanto di mon-signor Michele Faloci Puligna-ni è stato scritto dal mensilemicropolis-segnocritico.it, al-l’inizio di marzo di quest’an-no; le riporto di seguito: “Revi-sionismo clericale. Siamo allesolite, il passato torna ad esse-re un terreno di battaglia. Ri-corre quest’anno il 70° anni-

versario della morte di mons.Michele Faloci Pulignani, uncolto quanto reazionario pretefolignate, che in vita fu feroceoppositore di ogni forma dimodernità, sanfedista e tempo-ralista, contrario ad ogni ane-lito di cambiamento all’internodella Chiesa [..] Fatto sta cheFaloci aderì al fascismo, fu con-sigliere e assessore della giun-ta che governò la città dal1923 al 1927, combatté i pretipopolari che riteneva pericolo-si seguaci del ‘modernismo’ edusurpatori del “suo” giornalela “Gazzetta”, che aveva diret-to per lunghi anni [...] Un suoestimatore, don Dante Cesari-ni, ha sostenuto che fu fascistaper “civilizzare” i fascisti, perreazione all’anticlericalismo ealla violenza massonica e so-cialista e per amore della suacittà. A noi sembra che la suaadesione al fascismo altro nonsia stata che la logica conclu-sione della sua coerente ideolo-gia reazionaria. Fabio Bettoni,opponendosi alla titolazionedella Sala di lettura a Faloci, haricordato che già ci sono suimuri della città e di palazzoTrinci cinque epigrafi dedica-te al monsignore e che a lui è ti-tolata una piazza centrale,mentre sulla sua attività sonostati scritti ben sette volumi.Anche a noi ci pare possa ba-stare”. Mi chiedo: L’estensoredella nota conosce veramentela vita e le opere di monsignorFaloci Pulignani? Invito i letto-ri a intervenire nella discussio-ne, scrivendo a questo indiriz-zo: [email protected].

mais l 1, zucchero gr 200.Procedimento: a fiamma bas-sa In una casseruola scioglie-re il burro nell’acqua con ilpizzico di sale, aggiungerepoi la farina e mescolare ve-locemente fino a ottenere uncomposto omogeneo che fa-cilmente si stacca dalle pare-ti della casseruola; toglieredalla fiamma e far raffredda-re il composto, aggiungerepoi le uova, una alla volta,sempre mescolando in modoche si amalgamino bene alcomposto. In una casseruolaa bordi medi far scaldare l’o-lio e in esso friggere il com-posto in piccoli quantitativi

www.piazzadelgrano.org APRILE 2011

Restano da disputare sola-mente 120 minuti per termi-nare la stagione regolare e ilcampionato di calcio a 7 UISPdeve ancora emettere moltidei suoi verdetti. Ed è la logi-ca e unica possibile conclusio-ne per un torneo che, fin dalleprime battute, ha palesato unequilibrio estremo, come nel-la migliore tradizione. Natu-ralmente la nostra disamina èrivolta alla fase successiva delcampionato, quella dei play-off, senz’altro più avvincenteed elettrizzante poiché nonconcede prove d’appello. Eproprio in questa fase finale lesquadre stanno cercando diottenere le migliori posizioninella graduatoria nell'intentodi facilitare il proprio cammi-no nella fase a eliminazionediretta. Dobbiamo ricordare, atal proposito, che per il parti-colare regolamento dei play-off, in caso di parità al termi-ne di una partita, accederà alturno successivo la squadrameglio classificata al terminedella stagione regolare. Inol-tre, poiché accedono alla fasedei play-off le prime dodiciclassificate, le squadre che oc-cupano le prime quattro piaz-ze della graduatoria verrannoesentate dal primo turno digare,qualificandosi diretta-mente per i quarti di finale. Lecompagini comprese tra ilquinto e il dodicesimo postodisputeranno gli ottavi di fina-le. E anche se i play-off spessoriescono nell'impresa di ri-mettere in discussione un in-tero campionato con una seriedi risultati a sorpresa, d'altraparte risulta evidente che po-ter scendere in campo con ilvantaggio di poter giocare perdue risultati-vittoria o pari, èun vantaggio considerevole.Esaminando la situazione piùda vicino, in vetta sembra de-linearsi il quartetto delle squa-dre che accederanno diretta-mente ai quarti di finale: AssoComputer, Beautyglobal, Ba-

caro sembrano già al sicuro,mentre per la quarta preten-dente dovremo attendere il ri-sultato del recupero MB Sy-stem - Old Stars, con il Silvy'sUnited spettatore interessato:per la MB System un risultatopositivo rappresenterebbe lamatematica certezza dellaquarta piazza, mentre una vit-toria rilancerebbe addiritturale ambizioni di un ritorno alprimato. Per l'Old Stars l'op-portunità di salire ancora ingraduatoria e riavvicinare sen-sibilmente Cecconi Impiantiche deve ancora osservare unturno di riposo. Per la vetta as-soluta, favorita rimane AssoComputer, in virtù anche diun calendario tutt'altro cheproibitivo nelle ultime dueuscite. Rischia di uscire dal"poker" della vetta il Silvy'sUnited, uscito sconfitto nel-l'incontro di cartello con AssoComputer, in un match domi-nato da tensione e nervosi-smo. Solo una inopinata scon-fitta di MB System potrebbe ri-mettere in gioco i nerocelestiper le posizioni di vertice as-soluto. In ogni caso, c'è la qua-si totale certezza di poter con-fermare lo stesso piazzamen-to della scorsa stagione, quin-to posto che fruttò la finale,sarà sufficiente battere PorcoAlegre o Planet Café, duesquadre che ormai non sem-brano più avere niente dachiedere al campionato. Nelleimmediate posizioni di rincal-zo, Forno Nocera Umbra, OldStars, Mojito F.C., Nuova Stel-la Rossa sono ormai matema-

PAOLO AZZARELLI

DON SERGIO ANDREOLI

ANTONIETTA STADERINI (circa mezzo cucchiaio di im-pasto da far scivolare nell’o-lio bollente dando una formaarrotondata). Scolare benedall’olio le zeppole appog-giandole su di un foglio dicarta assorbente e poi, utiliz-zando un sacco da pasticce-re, riempirle con crema pa-sticcera, crema al cioccolato,ricotta lavorata con zuccheroe scaglie di cioccolato, o qual-siasi altra crema si voglia, in-fine farle rotolare sullo zuc-chero semolato in modo chei granellini rimangano attac-cati a questi dolcetti famosinel periodo di carnevale maottimi da servire sempre.

CLASSIFICA

ASSO COMP.–MASSAGGIO 42BEAUTYGLOBAL 42BACARO PARRUCCHIERI 42SILVY'S UNITED 40M.B. SYSTEM 39CECCONI IMPIANTI 39FORNO NOCERA UMBRA 37OLD STARS 35MOJITO F.C. 34NUOVA STELLA ROSSA 32GUS TEAM 29BAR POLLY 28SPARTAK FOLIGNO 26ARCI BAHIA 26SAN MAGNO CAFFE' 21PORCO ALEGRE 21QUINTANELLA SCAFALI 17BORRONI 14PLANET CAFFE' 12EQUILIBRI ESTETICA 10A.D SERVICE 3ECOSUNTEK GUALDO T. 0PIZZERIA PIETRAROSSA 0

ticamente certe di accedere al-la seconda fase del torneo. Re-stano da attribuire gli ultimidue posti disponibili e le squa-dre in lizza sono 4: Gus Team,che è in vantaggio di punti esembra anche essere il com-plesso meglio attrezzata, BarPolly, compagine che sembranon riuscire ad uscire da unperiodo di profonda crisi do-po essere giunta ai marginidelle zone nobili della gradua-toria, mentre qualche spiccio-lo di speranza rimane ancheper Spartak Foligno e ArciBahia, anche se il calendarionon sembra essere particolar-mente benevolo per queste ul-time due compagini. Dobbia-mo ancora ricordare che lesquadre che si classificheran-no dalla tredicesima all'ulti-ma piazza disputeranno iplay-out, un torneo di conso-lazione che nella scorsa sta-gione ha premiato il PorcoAlegre. A proposito di cam-pioni uscenti, va segnalato ilmalinconico ritiro dal torneodella squadra vincitrice delcampionato 2009-10, PizzeriaPietrarossa, ex D.L.F., che nonsolo non difenderà il titoloconquistato la scorsa stagio-ne, ma non parteciperà nem-meno ai play-out. A questopunto non resta che attende-re emozioni e sorprese checertamente le ultime due ga-re sapranno riservarci.

Piazza del Grano giunge al 17° numero registrando un gradimento da parte dei lettori (chededuciamo dall’esaurimento i pochi giorni delle 3.000 copie distribuite in oltre 60 punti del-la nostra Città) che ci fa piacere e onore. Ciononostante ci sentiamo ancora insoddisfatti.Il progetto di questo giornale, infatti, non consiste solo nella diffusione di informazioni edelementi di conoscenza fortemente carenti nei “media” governativi e padronali; bensì so-prattutto nel mettere a disposizione di tutti i citadini, e per primi dei lavoratori, degli stu-denti, dei tutti gli esclusi dall’accesso attivo ai mezzi di comunicazione, uno strumento diespressione, di scambio e di confronto delle proprie opinioni, aspettative e legittime prete-se, per condividerle e farne patrimonio comune con tutti coloro che vivono le stesse condi-zioni di esclusione. Ogni mese riceviamo nuovi contributi e offerte di partecipazione (checi fanno piacere e alle quali diamo sempre spazio), ma assai poco riscontro riceviamo dacoloro ai quali è anzitutto dedicato questo giornale comunista. Insistiamo e ripetiamo l’in-vito ai lavoratori, ai giovani, ai disoccupati, ai pensionati a farsi avanti, a “prendere inmano” questo giornale, a farne un loro strumento di comunicazione. Non preoccupatevidella “forma”, se necessario la redazione Vi aiuterà a migliorarla. Se non siete pratici diinternet, Vi indichiamo un indirizzo postale al quale inviare liebramente i Vostri contribu-ti: Piazza del Grano c/o Sandro Ridolfi, via Cairoli 30, Foligno. Scriveteci, Vi aspettiamo.

Riceviamo un articolo sulla figura storica, politica e cultu-rale di Foloci Pulignani inviatoci da don Sergio Andreali re-dattore della Gazzetta di Foligno. Riteniamo corretto ricam-biare l’attenzione che don Andreoli ha riservato più volte alnostro giornale sulle pagine della Gazzetta e quindi pubbli-chiamo, per necessari stralci, il lungo articolo ricevuto, invi-tando anche per parte nostra i lettori di questo giornale avoler esprimere i propri giudizi in merito. Precisiamo che,ovviamente, questo giornale non condivide il tentativo di ri-valutazione della figura del sacerdote fascista, facendo pro-prie le valutazioni del giornale richiamato da don Andreoli.

INVITO AI LETTORI

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Spettacoli ed Eventi a cura di Piter Foglietta

L'antica Pesah, festa ebraicadel passaggio celebrata il 15di Nisan, strettamente vicinaall'Equinozio di Primavera, colCristianesimo si trasformanella celebrazione della resur-rezione di Gesù, celebrata dalIV secolo nella domenica suc-cessiva al 15 Nisan e, costitu-isce l'elemento chiave dellateologia cristiana. Ma la figu-ra di un dio che muore erisorge per salvare il mondonon è certamente un elemen-to nuovo nella mitologiamediterranea: possiamocitare, ad esempio, non solol'Osiride egizio, ma anche lafigura di Attis, divinità dell'A-sia Minore che nel mondo gre-co-romano veniva celebrato inconnessione con Cibele. Lamorte e resurrezione di Attis,generato da una vergine chelo aveva concepito poggiandosul suo seno una mandorla (enon a caso ritroviamo la man-dorla nella simbologia cristicadell'antico Cristianesimo),venivano celebrate con festeprimaverili con digiuni ritualie processioni che, assieme allefiaccolate e al rito della flagel-lazione, ritornano nelle cele-brazioni cristiane del Giovedìe Venerdì Santo. Il 22 marzoavveniva la celebrazionedell'«Albero Sacro», simboleg-giante il dio morto sotto un

dallo «Kneph» egizianoo dal drago cinese, rapp-resenta la realtà primor-diale che contiene in-germe tutti gli esseri etutte le possibilità: eccoperché dall'Uovo può us-cire, spesso, l'Uomo Pri-mordiale. E se il re LuigiVII di Francia lancerà l'u-so di regalare uova col-orate ai propri sudditti,Il Re Sole, amante dellusso sfrenato, avràl'idea di rivestirle conuno degli alimenti piùcostosi: il cioccolato.Nel-la nostra Valle è periododi purificazionie proces-sioni, rituali che affon-dano nella notte dei tem-pi e che simboleggiano ilrisveglio della naturalungo la traiettoria nasci-ta-rinascita cosmica, chel’uovo benedetto dellenostre colazioni diPasqua ben rappresenta.Questo periodo, la pri-mavera è ormai alleporte, è tempo di divinazioni,come le inchinate di Cannarae Bastia, dai sincronismi dellequali dipende l’esito della sta-gione agricola fino alle proces-sioni del Venerdì Santo, chetrova precedenti nelle proces-sioni in onore di Attis e Cibele,con pratiche flagellanti e au-

toinvalidanti. Nella nostratradizione popolare i Canta-passione girovagavano di ca-solare in casolare per le nostrecampagne durante i giorni fes-tivi e prefestivi del periodoquaresimale. Il ricordo delmartirio e della morte di Gesùaffonda le sue radici nella

pino, con il suo trasporto neltempio di Cibele da parte ditre portatori che avvolgevanoil corpo come se si trattasse diun cadavere. Sulle bende, era-no posate ghirlande di viole(sbocciate dal suo sangue),mentre sul tronco veniva fis-sata la sua immagine che, poi,finiva sepolta per simboleg-giarne la morte. Il 25 marzo,data fatta coincidere coll'e-quinozio di primavera, si cel-ebrava la sua resurrezione. Ri-ti analoghi, in fondo, a quellidel culto di Adone, i cui «giar-dini» (frumento, miglio elenticchie seminati e tenute albuio sino al loro germogliare)venivano posti sulle tombe aricordo della sua resur-rezione, influenzando, secolidopo, i riti pasquali di molteregioni europee.Benché nellateologia cristiana la resur-rezione di Gesù sia ovvia-mente vista come un fattostorico, irreversibile e ir-ripetibile, è innegabile come laChiesa sia riuscita a innestareil seme della nuova fede sul-l'antico ceppo del paganesi-mo. Negli stessi simboli quo-tidiani della Pasqua, del resto,ritroviamo antiche credenze.A cominciare dall'uso nordicodel «coniglietto pasquale»(Easter Buny), miti e simbolipagani persistono ancor oggi:

l'animale più fertile in assolu-to, legato al simbolismolunare della ciclicità e dellatrasformazione, figura non acaso dell'Osiride egiziano, di-viene ben presto il simbolodel rinnovamento della vita edella primavera. Ecco, allora,che la Germania lo eleggerà asimbolo pasquale sin dal XVsecolo e, dai primi dell'800, sene faranno dolci e biscotti: gliemigranti tedeschi e olandesilo porteranno poi in Americae da lì nascerà la tradizione diun coniglietto che, guarda ca-so, porta un cesto di uova col-orate ai bambini. Emblemati-ca, infatti, la comparsa dell'uo-vo di Pasqua: l'uovo, simboloantico dell'origine della vita, èda sempre associato alla pri-mavera ed alla rinascita. Lega-to al simbolismo del rinnova-mento periodico della natura,l'uovo rappresenta la ri-nasci-ta ripetuta secondo il model-lo cosmico e in questo sensolo troviamo, sotto forma diuova di argilla, nelle antichesepolture della Russia e dellaSvezia e, più vicino a noi, nel-l'antico scambio di uova dip-inte nelle feste propiziatoriedella fertilità, uso che risaleagli Egiziani ed ai Persiani.L'Uovo Cosmico delle antichetradizioni, fosse l'uovo di ser-pente celtico, l'uovo sputato

Pasqua, Pesah, Paque, Easter, Pacua, è un momentodi rinascita per il Mediterraneo?

151FOLIGNO

tradizione delle Laudi medio-evali non più in forma teatralesulle piazze, ma di aia in aia informa quasi privata. Latradizione dei canti di questuarappresentava un rito e unforte coinvolgimento emotivo,unendo la fede e la culturapopolare, alla letteratura.

APRILE 2011

La Scrittura e l'ImmagineIl primo libro stampato inItalia, che fornisca almenoindicazioni sull’epoca e luo-go di origine, è l’Opera delLattanzio. Fu stampato il 29ottobre 1465 nel Monasterodi Santa Scolastica di Subia-co, dove i due tedeschi Kon-rad Sweynheim e ArnoldPannartz avevano fondato,l’anno precedente, un’offici-na tipografica. Un cenno sto-rico senza dubbio di rilievoperché da quel 1465 è natala tradizione tipografica cheancora oggi va avanti imper-scrutabile.Foligno dal cantosuo rappresenta un viaticoletterario di alto livello inquanto nel lontano 11 apri-le 1472 venne data allestampe, per la prima volta inItalia e nel mondo, la “Come-dia di Dante Alighieri da Fi-renze”. Il clima umanisticosviluppatosi sotto la Signo-ria dei Trinci e consolidatoancor più negli anni del Pon-tificato di Sisto IV° (1471-1484) fece di Foligno un luo-go ideale per il tentativo por-tato a compimento da Emi-liano Orfini, zecchiere ponti-ficio, Giovanni Numeister diMagonza, allievo del Gutem-berg, sceso in Italia per dareconcretezza alla sua idea, edEvangelista Angelini di Tre-vi. Le grandi fabbriche dellazona e la grande manualitàdegli artigiani folignati sonostati degli elementi cardineper la diffusione del prodot-to cartaceo in larga scala na-zionale. Una delle punte didiamante per la diffusione

cartacea è senza dubbio laprestigiosa cartiera di Pale.Nello stesso anno venneroalla luce anche le edizioni diJesi e di Mantova, ma lapriorità di Foligno da anninon è stata più messa in di-scussione. Secondo uno sto-rico locale la prima tiraturafu di 300 copie e di questesolo 59 ne sono rimaste incircolazione (in Italia sol-tanto 11, nessuna in Um-bria). Basandosi sulla gran-diosa storia e tradizionecartacea della città di Foli-gno la scelta di fare unevento che potesse ricorda-re le prime stampe effettua-te in zona è stata quasi unascelta obbligata. Dal 1993difatti si è costituito un Co-mitato di Coordinamentoche tra le varie iniziative or-ganizza "La scrittura e l'Im-magine", mostra mercatodel libro antico alla qualepartecipano espositori datutt' Italia. Una mostra checon il passare degli anni èdivenuta una degli appunta-menti più seguiti sia per gliaddetti ai lavori che per iprivati, alla ricerca di rarità.Lo scambio di documentipiù o meno antichi rappre-senta senza dubbio una del-le giornate più ambite daicollezionisti e dai veri culto-ri del settore e che ha fattodivenire Foligno il polo cen-trale tra i più importanti perl’interscambio e la compra-vendita.Per celebrare i nata-li della prima edizione astampa della Divina Com-

7 aprile - passioniBright Star

di Jane CampionUk-Aus-Fr 2009 120’

14 aprile - famiglieAmore liquido

di Marco L. CattaneoItalia 2010 100’

21 aprile - altrove e quiUomini di Dio

di Xavier BeauvoisFrancia 2009 120’

28 aprile - passioniLa bocca del lupodi Pietro Marcello

Italia 2009 76’

Lo stato è in pericolo: nemicidella patria meditano in segre-to grandi rivoluzioni. Una cop-pia viene presa in ostaggio dadue sinistre figure che incar-nano il potere costituito, l’ordi-ne sociale. Chi è stato a fare ildisegno? Cosa c’è in questo di-segno? In nome del controllo,della “prevenzione”, viene da-to il via alla caccia alle streghe,inizia l’attività frenetica, ma-niacale di chi entra senza rite-gno nelle vite private, nelle no-stre case, cercando un segno,una condotta, che possa esse-re interpretata come prova diappartenenza al cosiddetto epresunto male. Partendo daltesto visionario, feroce e grot-tesco di Oliver Lansley “The In-fant”, ci siamo ritrovati dentroil teatrino degli inquisitori, illuogo del processo sommario,dell’inquisizione preventiva,della dittatura del pensiero,che ci fa venire in menteBeckett, Kafka, Orwell, autoriche proprio grazie alla visionee al paradosso indagano luci-damente la nostra realtà. “The Infant” di Oliver Lansleyè l'opera che ha successiva-mente ispirato gli Zoe Teatro,nella loro ultima produzione.Presenti il professore LorenzoMango che ha presieduto l'in-contro, l'autore del testo Oli-ver Lasley, Michele Bandini eEmiliano Pergolari della com-pagnia sopracitata. Lo scritto-re, regista e attore inglese, do-po le rituali presentazioni, hainizialmente spiegato il suometodo di lavoro base nella

produzione ditesti: da un'idead'ispirazioneoriginale, puòverificarsi unrepentino cam-biamento nonportandola atermine e sosti-tuendola conuna migliore.Nelle sue operela musica è pre-sente, è unaspetto pre-gnante che nondeve mai man-care, in un tempo stabilito, do-ve la durata di uno spettacolosi deve aggirare intorno ai ses-santa minuti, minutaggioideale per non lasciar far pen-sare lo spettatore e coinvol-gerlo a pieno, in un contestodi una strutturazione ben spe-cifica. “Io non scrivo esclusiva-mente per gli attori della miacompagnia, a volte ne cercoaltri che non ne fannoparte”ha sottolineato Lasley“nel momento di recitare ciòche ho scritto cercando di far-mi coinvolgere il meno possi-bile.”Si è proceduto conse-guentemente ad analizzare“The Infant” libro ispirato a unperiodo attuale dove i mediamanipolando alcuni terminigenerano pericoli di ogni ge-nere, tra cui minacce di atti diterrorismo. Ed estremizzare iltutto mettendo in dubbio ilbuon senso delle persone è lastrada guida utilizzata nelloscrivere il testo, usando la fi-

Teatro

Giovedìal Cinema

gura del clown, in un contestogrottesco. La sfida è quella dinon ripetersi, di utilizzare lin-guaggi differenti da quelli pre-cedenti, essendo anche attoreprotagonista di ciò che redige,con Beckett come modello daseguire. Michele Bandini eEmiliano Pergolari hanno deci-so di sposare “The Infant” pro-ducendo Zoe Teatro, vari i mo-tivi che hanno spinto i due au-tori a seguirne le orme: tema-tiche attuali avvertite anche inItalia che mette il dito nellapiaga nella società attuale, mo-dalità di scrittura con una for-te componente grottesca ,ele-mento musicale presente digrande rilevanza. Nello spetta-colo non ci sono cambiamentisignificativi rispetto al testo,solo piccole battute modifica-te, inoltre ci sono riferimenti acoloro che nelle società odier-ne vengono definiti “diversi”,che sono ai margini e quindi“insetti da schiacciare”.

THE INFANT dal 7 al 16 aprile,– TEATRO SAN CARLO Trend- ZoeTeatro -Teatro Stabile dell’Umbria di Oliver Lansley, tra-duzione Serenella Martufi, con Michele Bandini, Emiliano Per-golari, Francesco Ferri, Marianna Masciolini, diretto da Miche-le Bandini, Emiliano Pergolati

media, il Comitato organiz-za anche le CelebrazioniDantesche, con convegni,pubblicazioni di atti, letturedi brani dell'opera con atto-ri molto noti, ecc.

Contributi, informaioni, materiali scritti e fotograficirelativi a eventi di spettacolo, manifestazioni e mostre,possono essere inviati alla redazione di pagina all’in-dirizzo e-mail [email protected]

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16 FOLIGNOwww.piazzadelgrano.org

APRILE 2011

Venerdì 18 marzo, nella sededell’Associazione Luciana Fit-taioli in via della Piazza delGrano a Foligno, è stato pre-sentato il libro di Giorgio Cre-maschi “Il regime dei padro-ni, da Berlusconi a Marchion-ne”. L’incontro è stato volutoe organizzato dalla redazionedel mensile “Piazza del Gra-no” insieme al circolo cultura-le “Primomaggio” con l’inten-to di dare spazio a una delletematiche più discusse e sen-tite del momento a livello na-zionale. “La Fiat di SergioMarchionne è la cartina ditornasole dell’Italia del futu-ro – si legge nel retro del libro– Giorgio Cremaschi, presi-dente della Fiom, il più com-battivo sindacato italiano, de-

scrive lo snodarsi di una vi-cenda che sta segnando ilpaese col piglio ironico delgrande narratore e con la pas-sione di chi non è disposto arinunciare a dire la verità incambio di facili compromes-si. Il caso Melfi, Pomigliano, lospostamento delle linee pro-duttive di Mirafiori in Serbia,le fabbriche in Polonia, Brasi-le e Usa. Un impero fatto sul-la pelle di chi lavora e finan-ziato con i soldi pubblici, unterremoto che coinvolgeràtutto e tutti. Il libro snocciolafatti e cifre su cui Cremaschibasa una denuncia aperta espietata: l’Italia, da Berlusco-ni a Marchionne, si sta tramu-tando in un vero e proprio re-gime dei padroni”. A queste

parole che riassumono il con-tenuto del libro, precedonodelle domande poste sulla co-pertina: “L’Italia è una Repub-blica fondata sul lavoro? Vi-viamo ancora in una demo-crazia? Quale futuro attendemilioni di famiglie in tutto ilpaese?”. Interrogativi incolon-nati accanto a una storica im-magine di Charlie Chaplinnell’indimenticabile film“Tempi moderni” dove i gestiripetitivi, i ritmi disumani espersonalizzanti della catenadi montaggio minano la ra-gione del povero Charlot,operaio meccanico. Un forteed evidente richiamo allo sna-turarsi del lavoro a cui stiamoassistendo oggi. Ancora unavolta, uno sguardo ironico su

una società in crisi dove i va-lori enunciati dalla Costitu-zione andrebbero recuperati,analizzati in profondità e ri-proposti come base per unfuturo migliore. Su queste ba-si si è snodato anche il discor-so introduttivo alla presenta-zione del libro fatto dal presi-dente del circolo culturale“Primomaggio” Luigino Ciot-ti che poi ha lasciato la paro-la a Giorgio Cremaschi, sinda-calista dei metalmeccanicinella Cgil sin dal 1974, oggipresidente del comitato cen-trale della Fiom e portavocedell’ala più battagliera e tena-ce dei lavoratori disposti a sa-crificarsi se corrisposti dal ri-conoscimento dei diritti chespettano loro in Italia.

“Se vuoi lavorare devi rinun-ciare ai tuoi diritti ricono-sciuti dalla costituzione,quegli stessi diritti conqui-stati in anni e anni di batta-glie, trattative, compromes-si e sacrifici che hanno fattodell’Italia un paese democra-tico, una Repubblica fonda-ta sul lavoro. Se vuoi lavora-re devi diventare sudditodella Fiat e non più cittadinoitaliano. Questo è un ricatto”.Con queste parole e come unfiume in piena davanti a unpubblico numeroso e atten-to, Giorgio Cremaschi haaperto l’incontro per la pre-sentazione del suo libro. Se-rio ma con lo sguardo serenodi chi sa trovare il barlumedi luce nel buio della notte,di chi è entusiasta delle pro-prie idee ancorché oppostealle dinamiche socio politi-che dell’attualità, ha trattatotanti argomenti, storie, fatti,personaggi del vivere quoti-diano di un’Italia stretta nel-la morsa di “un modello la-vorativo fatto dai ricchi e peri ricchi, il modello Marchion-ne”. Forte delle proprie idee,disinvolto e battagliero, Cre-maschi si è presentato alpubblico folignate vestitocon giacca e abiti comodi egli occhiali rotondi di sem-pre, quasi a voler rassicura-re sulle proprie intenzioni diuomo deciso, scaltro, sicuro,ma al contempo gioviale, af-fabile ed estroverso. Lui haparlato del suo libro affron-tando anche le tematiche piùforti senza scrupoli né timo-ri, la gente lo ha ascoltato insilenzio per oltre un’ora. Aldi là della condivisione omeno delle sue idee, è statodi certo coinvolgente e inte-ressante. “Ho scritto questolibro perché volevo assoluta-mente dire che i lavoratoristanno subendo un violentoattacco e, inoltre, che è ne-cessario capire come è pos-sibile che siamo arrivati finoa questo punto – ha esorditoGiorgio Cremaschi – come èpossibile che nella più gran-de fabbrica italiana, finan-ziata dallo Stato e quindi danoi, si è potuto arrivare al ri-

catto chiamando gli stessi la-voratori ad esprimersi con ilvoto personale. Della serie:sei disposto a rinunciare aituoi diritti di lavoratore percontinuare a lavorare? Sei di-sposto a diventare sudditodella Fiat perdendola dignità di lavora-tore per come è ri-conosciuta nellaCostituzione italia-na?”. Silenzio. “So-lo la Fiom si è ac-corta di quanto sta-va accadendo,mentre gli altri era-no intenti a gettarefango addosso aglioperai costrettisotto un regimeautoritario a sce-gliere senza li-bertà”. Un punto sucui ha insistitomolto Cremaschi èl’uso generalizzatoche ormai si fa intutti i campi delmodello Marchion-ne: “la stessa Gel-mini ha detto di es-sersi ispirata a tale modellonella gestione dell’istruzionea livello nazionale. Ma haispirato anche il federalismopresentato apparentementecome elemento di libertà,quando in effetti è ciò che èavvenuto per il contratto na-zionale dei lavoratori: non èche partendo da una stessabase di diritti fondamentaliper ogni regione, oltre queidiritti, le regioni più riccheed efficienti possono averequalcosa in più. No, perchésopra al federalismo c’è ilpatto di stabilità fondato suitagli indiscriminati e genera-lizzati: per cui il federalismodiventa la libertà per ogni re-gione di decidere dove ta-gliare e cosa chiudere defini-tivamente. Potrà significareanche un insieme di accordi,compromessi e strategie tracittà e regioni per poter man-tenere i servizi essenziali.Così, tra tante cose tagliate ealtre rimaste, si aprirà lastrada a una vera e propria‘guerra tra poveri’, inducen-do le persone, le città e le re-gioni a sbranarsi per averequello che invece dovrebbeessere garantito ma non loè”. Voltando pagina senzaneanche dare respiro ai pre-

senti, Cremaschi ha viratoverso l’America per portarel’esempio degli Stati Unitidove è stato deciso recente-mente che per tutti i lavora-tori pubblici viene abolitoper legge il contratto nazio-

nale (cosa che in Italia fecesoltanto il Fascismo) mante-nendo soltanto la paga per-sonale decisa di volta in vol-ta. “Quello che ha propostoMarchionne è un modello divita che va evidentementeverso questa direzione, cheazzera tutti i diritti conqui-stati in anni e anni di batta-glie, che assicura ai ricchi etaglia ai poveri e che, inevi-tabilmente, sorregge la poli-tica di Berlusconi. Non è uncaso che in Italia Berlusconisia così forte: di certo ha imedia che lo sorreggono ma

c’è anche Marchionne. D’al-tronde, analizzando la cosaal rovescio, si potrebbe direche non si può essere controBerlusconi se si è a favore diMarchionne”. E qui, Crema-schi introduce l’articolo 41

della Costituzione: “L'inizia-tiva economica privata è li-bera. Non può svolgersi incontrasto con l'utilità socia-le o in modo da recare dannoalla sicurezza, alla libertà, al-la dignità umana. La leggedetermina i programmi e icontrolli opportuni perchél'attività economica pubblicae privata possa essere indi-rizzata e coordinata a fini so-ciali”. Di nuovo silenzio. Nonc’è nulla da aggiungere per-ché quello che sta succeden-do in Italia a livello politico,economico e sociale parla da

sé. “Sono stanco di manife-stazioni dove le parole piùforti e di sinistra sono quel-le enunciate dai cantanti – hacontinuato Cremaschi – lanostra Costituzione imponeil rispetto di diritti a prescin-

dere dal mercato, dal-la politica e dall’eco-nomia del paese. Manessuno si accorgeche questo non acca-de? Questa cecità av-valora inevitabilmen-te l’attuale governoperché nessuno si op-pone. Di conseguen-za, continua quest’o-pera di mortificazio-ne del lavoro e dei la-voratori trasformatiin merce”. Forte, duro,incisivo, Cremaschiha continuato su que-sto concetto ricordan-do quando una voltagli chiesero di imma-ginare un ipotetico la-voro del futuro sullebasi di questo presen-te: “feci l’esempio diun lavoro come una

sorta di Grande Fratello equello che mi sconvolge èche, oggi, in effetti, esistedavvero: si tratta di un rea-lity show (trasmesso in uncanale televisivo in questigiorni) dove il giovane in cer-ca di lavoro viene seguito eaccompagnato in ogni suopasso professionale fino almomento dell’assunzione(che riguarda solo il vincito-re e non tutti). Insomma: la-voro uguale merce per i me-dia. In tanti si mettono ingioco su una cosa seria e so-lo un’élite ci guadagna. Cosìfa anche Marchionne. I ricchidecidono gli interessi di tut-ti, spacciando quelli che so-no propri interessi per inte-ressi di tutti”. E a questopunto, Cremaschi snocciolale cifre che tutti si aspettano:“sapete quanto guadagnaMarchionne? In Italia aveva-mo notizia ‘soltanto’ di 5/6milioni di euro l’anno, madalla commissione degli Sta-ti Uniti che controlla le pa-ghe dei manager (siccome laChrysler ha preso soldi dal-lo stato Marchionne deve fa-re una relazione precisa sul-le sue entrate) sono arrivatele cifre precise riguardo tut-te le sue entrate così da chia-

rirci una volta per tutte cheil suo stipendio annuale è inmedia di 38/40 milioni. E’ fa-cilmente comprensibile chese Marchionne rinunciasseanche a una piccola percen-tuale della sua retribuzionepotrebbe contribuire al ripri-stino di tanti diritti spettan-ti ai lavoratori. Invece noperché i ricchi chiedono sa-crifici al popolo portando co-me scusa la crisi economicamondiale, ma loro non sonodisposti a fare sacrifici”. L’I-talia, secondo Cremaschi, ri-partirà quando riconosceràche gli interessi dei ricchinon sono anche quelli di tut-ti gli altri e , quando anche lepersone meno abbienti tor-neranno a fare la lotta diclasse che, per ora la fannosolo i ricchi per i propri inte-ressi e nessuno si oppone.“Viviamo in un mondo rove-sciato” e per riportarlo allanormalità c’è bisogno di ri-baltare la situazione: la paro-la d’ordine è “rivoluzione de-mocratica”. Nel mondo au-mentano sempre di più lemobilitazioni destinate a ri-pensare, rivedere, ricreare làdove non vi è più rispetto, li-bertà e senso civico. “Con-cludo il mio libro con il ter-mine ‘speranza’ perché cre-do che non debba mai man-care. Dobbiamo credere inun cambiamento possibileperché con le classi dirigen-ti che abbiamo oggi non si vada nessuna parte. Perché an-che le classi dirigenti di sini-stra non hanno né la forza,né la credibilità né la convin-zione per poter cambiaredavvero le cose. Dobbiamoriprendere in mano i nostridestini e credere nel fattoche possiamo cambiare il fu-turo attraverso una rivolu-zione intelligente, struttura-ta e ben organizzata fra tut-ti. Credo fermamente che,come sta già accadendo, inEuropa cresceranno sempredi più le lotte, le rivolte, lemobilitazioni democraticheper far riconquistare ai citta-dini la propria dignità. Dob-biamo ripensare il nostro fu-turo riconquistando una si-nistra che abbia la voglia dicambiare sul serio e che ri-metta la questione sociale elavorativa al primo posto ri-spetto a tutto il resto”.

Il lavoro rende liberi?

MAURA DONATI

Giorgio Cremaschi, presidente del ComitatoCentrale della FIOM e leader della sinistra CGIL,ne parla a Foligno presentando il suo ultimo libro

Page 17: Aprile 2011

I

supplemento al numero 4 - Anno III - aprile 2011 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org

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94

5)

Foligno, Piazza della RepubblicaComizio del primo maggio 1958

Camera del Lavoro di FolignoMurales cileno - 1971

CGILCGIL

Cera unavolta la

quando ceranoi Comunisti

Page 18: Aprile 2011

II III

Storia della CGIL ai tempi dei comunisti(Tratto da un opuscolo di BrunoRavasio per i 100 anni dellaCGIL)

1. Nascita di un sindacatoLa CGIL è nata a Milano nell’au-

tunno del 1906, ma la sua storia

inizia almeno mezzo secolo pri-

ma. Nella seconda metà del

1800, molto in ritardo su altri

paesi europei, anche nel Regno

d’Italia nascono le prime forme

di industria moderna. L’Italia è

un paese molto povero, preva-

lentemente agricolo, su circa 25

milioni di abitanti solo un milio-

ne sa leggere e scrivere, molti

meno quelli che hanno il diritto

di voto, solo in virtù del “ censo”

e riservato ai maschi. La nascita

delle fabbriche al nord provoca

un massiccio esodo di contadini

dalle campagne verso le città

dove si concentrano le industrie

e determina la formazione di

due classi sociali: la borghesia

industriale, che possiede i

“mezzi di produzione” con i

quali accumula capitale, e il pro-

letariato, che dispone solo della

propria “forza lavoro”. E’ la na-

scita del capitalismo che con la

“rivoluzione industriale” cam-

bia radicalmente il vecchio lavo-

ro su base artigianale. Agli albo-

ri del capitalismo, il prezzo della

merce-lavoro è davvero molto

basso: l’accumulazione di capi-

tali richiede il massimo dello

sfruttamento del lavoro ope-

raio. Salari che consentono la

pura sopravvivenza fisica, orari

di lavoro massacranti, disciplina

durissima, nessuna forma di tu-

tela per infortuni, malattie, gra-

vidanza, pensioni. Ancora peg-

gio va alle donne e ai fanciulli,

largamente sfruttati e sottopa-

gati. Nascono così le “società di

mutuo soccorso” che hanno lo

scopo di fornire sussidi ai pro-

pri aderenti. I soci si autotassa-

no per permettere a chi si am-

mala, o si infortuna, o alla fami-

glia di chi muore di poter attin-

gere a un fondo comune. Nel

1891 a Milano, Piacenza e Tori-

no nascono le prime “Camere

del Lavoro” e nel 1892 il Partito

Socialista Italiano, che dichiara

le Camere del lavoro strumento

di lotta sindacale dei lavoratori.

Nel 1901 si costituiscono le pri-

me federazioni sindacali: tipo-

grafi, ferrovieri, edili, lavoratori

agricoli e la FIOM. Nell’ultimo

decennio del secolo, tuttavia, le

classi dominanti tentano, con il

governo Crispi, di reprimere

con spietata durezza le mobili-

tazioni sociali che crescono in

ogni parte del paese. L’ultimo

grande tentativo di reprimere

con la forza le crescenti lotte per

il diritto all’organizzazione sin-

dacale, l’aumento dei salari e la

riduzione degli orari di lavoro

avviene nel dicembre 1900, con

lo scioglimento della Camera

del lavoro di Genova. Lo sciope-

ro di protesta, proclamato dai

lavoratori portuali, si estende

immediatamente agli operai

delle fabbriche e coinvolge tutta

la città. Il decreto di scioglimen-

to viene revocato. Il grande suc-

cesso del primo sciopero gene-

rale contribuisce a determinare

una profonda svolta politica in

Italia. Finalmente le classi domi-

nanti si accorgono che non è più

possibile solo reprimere le ri-

vendicazioni. Il 29 settembre

1906, a Milano, le Camere del la-

voro, le Leghe e le Federazioni

decidono di confluire in una

unica organizzazione e fondano

la Confederazione Generale del

Lavoro (CGdL). Sono presenti

all’atto di nascita delegati di

quasi 700 sindacati locali, in

rappresentanza di oltre 250.000

iscritti.

2. La CGdL - ConfederazioneGenerale del LavoroFin dall’inizio, la CGdL si confi-

gura come organizzazione ba-

sata sulla solidarietà generale

fra lavoratori e non soltanto sul-

la rappresentanza di mestiere.

Un ruolo importantissimo è

svolto dalle Camere del Lavoro

con funzioni di unificazione

della classe operaia e di coordi-

namento fra i sindacati, gesti-

scono il collocamento al lavoro

e la formazione, prestano assi-

stenza nelle controversie di la-

voro. Nelle Camere del Lavoro si

insegna a leggere e scrivere e si

organizzano biblioteche popo-

lari. La CGdL si caratterizza per

una struttura fortemente cen-

tralizzata e, a differenza delle

Trade Unions inglesi e dei sin-

dacati tedeschi, l’idea di confe-

derazione generale prevale su

quella delle singole federazioni

di categoria. Nel primo decennio

del nuovo secolo si realizzano

importanti conquiste nell’ambi-

to della legislazione sociale e si

affermano significative espe-

rienze di contrattazione territo-

riale e nazionale. Il governo Gio-

litti vara le prime leggi di tutela

del lavoro delle donne e dei fan-

ciulli, decreta l’assicurazione

obbligatoria contro gli infortuni

sul lavoro, regola il riposo setti-

manale e impone il divieto del

lavoro notturno in alcuni setto-

ri. Inoltre, riforma la Cassa na-

zionale invalidità e vecchiaia,

primo embrione del futuro Isti-

tuto Nazionale della Previdenza

Sociale. Si firmano i primi con-

tratti collettivi di lavoro e nasco-

no le prime forme di rappresen-

tanza sui luoghi di lavoro, le

Commissioni Interne, i contratti

aziendali alla Società Automobi-

listica Itala di Torino e alla Bor-

salino ne legittimano l’esisten-

za. Il cauto riformismo del go-

verno Giolitti subì una brusca

inversione di tendenza con la

guerra di Libia (1911-1912). Nel

segno di un nazionalismo ag-

gressivo e reazionario, ripren-

dono le repressioni poliziesche

contro il movimento operaio. La

CGdL, che si oppone alla guerra

coloniale, è indebolita dalla scis-

sione dei sindacalisti rivoluzio-

nari che formano la USI, che a

sua volta subirà una scissione

da parte dei sindacalisti “inter-

ventisti”, favorevoli all’entrata in

guerra dell’Italia. La situazione

peggiora con lo scoppio della

prima guerra mondiale. La

CGdL proclama manifestazioni

contro la guerra in tutto il paese.

Quando l’Italia entra in guerra,

viene decretata la “mobilitazio-

ne industriale”, le industrie di

importanza strategica sono sot-

toposte a disciplina militare e

viene abolito il diritto di sciope-

ro. Anche la legislazione sociale

introdotta nel periodo giolittia-

no è di fatto abrogata. Alla fine

della guerra, le tensioni accu-

mulate durante il conflitto, con

una l’inflazione spaventosa de-

terminata dalla mancanza dei

generi di prima necessità, inne-

scano una formidabile ripresa

della conflittualità sociale e del-

le rivendicazioni sindacali. La

forza organizzata dalla CGdL

cresce nel “biennio rosso”

(1920-1921), dai 250.000 iscritti

alla fine della guerra a oltre 1

milione nel 1919 e 2 milioni e

duecentomila nel 1920. Nel tu-

multuoso clima politico e socia-

le del dopoguerra, fortemente

influenzate dall’esempio della

rivoluzione sovietica, si ottengo-

no grandi conquiste. Nel feb-

braio del 1919 la FIOM realizza

la storica conquista della gior-

nata lavorativa di 8 ore. A Tori-

no, per impulso del movimento

Ordine Nuovo di Antonio Gram-

sci e Palmiro Togliatti, si impon-

gono nuovi strumenti di rappre-

sentanza operaia, sul modello

dei soviet bolscevichi: i consigli

di fabbrica. Nel 1920 la FIOM

presenta agli industriali un me-

moriale contenente rivendica-

zioni salariali e normative. Dopo

il rifiuto dei padroni a trattare, si

arriva rapidamente all’occupa-

zione delle fabbriche, che coin-

volge circa 400.000 operai. L’oc-

cupazione delle fabbriche del

settembre 1920 si chiude con

una dura sconfitta e la reazione

padronale non si fa attendere. I

grandi gruppi industriali deci-

dono di finanziare il movimento

e i fascisti si scatenano contro le

sedi delle camere del lavoro,

delle cooperative, del partito so-

cialista e dei Comuni ammini-

strati dai socialisti in un clima

continuo di aggressioni, incendi

e omicidi spesso protetti dalle

forze dell’ordine. La risposta al-

lo squadrismo fascista è debole.

Il partito socialista è lacerato da

contrasti interni, che culminano

con la scissione, al congresso di

Livorno, con la fondazione del

Partito Comunista d’Italia. Sia-

mo nel 1921. La vecchia classe

politica di orientamento monar-

chico e liberale apre di fatto le

porte ai fascisti, nell’illusione di

poterli controllare. Nell’ottobre

del 1922 la monarchia favorisce

l’avvento al potere del partito fa-

scista, ancora largamente mino-

ritario nel paese, chiamando

Mussolini a formare il governo.

Con il Patto di Palazzo Chigi

(1925) e con il Patto di Palazzo

Vidoni (1926) il regime fascista

e la Confindustria stabiliscono il

riconoscimento giuridico del so-

lo sindacato fascista. Contem-

poraneamente, viene pratica-

mente eliminata la libertà di

espressione, di associazione e di

sciopero. All’inizio del 1927, il

Comitato Direttivo della CGdL

decide l’autoscioglimento. Molti

dirigenti sindacali tuttavia deci-

dono di tenerne vivo il nome:

così Bruno Buozzi esule in Fran-

cia, così dirigenti sindacali co-

munisti clandestinamente in

Italia.

3. Breve la vita della CGIL uni-tariaNei primi mesi del 1943 la “lun-

ga notte” del fascismo si avvia

alla sua tragica conclusione. Lo

sbarco degli alleati anglo-ameri-

cani in Sicilia, praticamente sen-

za incontrare resistenza, preci-

pita il regime fascista nel pani-

co. Ma un grave colpo alla credi-

bilità del regime era già stato in-

ferto nel marzo del 1943, con i

massicci scioperi che gli operai

di Torino e delle grandi fabbri-

che del Nord effettuarono – co-

gliendo del tutto di sorpresa

l’apparato fascista - per prote-

stare contro la guerra e il carovi-

ta. Fu l’inizio della riscossa ope-

raia, preparata nei mesi prece-

denti dalla CGdL clandestina, le

cui due anime - quella all’estero

di Bruno Buozzi e quella ope-

rante in Italia - avevano supera-

to stretto dal 1935 un patto di

unità di azione. Il 9 giugno del

1944, in una capitale ancora oc-

cupata dall’esercito nazista, vie-

ne firmato il Patto di Roma fra i

tre principali partiti antifascisti.

Il patto sancisce l’unità sindaca-

le e la ricostituzione della Con-

federazione Generale Italiana

del Lavoro (CGIL) e viene siglato

da Giuseppe Di Vittorio per il

PCI, da Emilio Canevari per il

PSI, da Achille Grandi per la DC.

Bruno Buozzi, che con Di Vitto-

rio aveva lavorato intensamente

alla realizzazione del Patto, era

stato trucidato dai tedeschi po-

chi giorni prima della sigla. La

Chiesa non si oppone a una

CGIL unitaria fortemente voluta

dai comunisti e dai socialisti ma,

a ogni buon conto, favorisce la

costituzione, nel 1945, delle

ACLI. Fino alla fine della guerra

la CGIL si adopera nelle regioni

liberate per diffondere le Com-

missioni Interne e le Camere del

lavoro e stipula accordi salariali,

fra cui quello per l’indennità di

contingenza (che deve appunto

semblea in fabbrica, il controllo

sull’organizzazione del lavoro,

la parità normativa fra operai e

impiegati, le “150 ore” per il di-

ritto all’istruzione dei lavoratori.

Lo sciopero generale indetto il

19 novembre dalle tre confede-

razioni sindacali sulle riforme e

in particolare sul diritto alla ca-

sa, registra un’adesione presso-

ché totale. Soprattutto cresce un

nuovo protagonismo dei lavora-

tori, che vogliono decidere le

piattaforme, rivendicano il dirit-

to a nuove forme di lotta, im-

pongono nuove pratiche demo-

cratiche. E’ la nascita dei consigli

di fabbrica, che il nuovo sinda-

cato unitario degli anni 70 rico-

noscerà come propria struttura

di base.

6. Gli anni della crisiL’autunno caldo si dilata per

buona parte del decennio suc-

cessivo. Nel maggio del 1970 è

varata, sull’onda delle grandi

lotte di massa e per iniziativa

del Ministro socialista del Lavo-

ro, Giacomo Brodolini, la legge

300 nota come “Statuto dei la-

voratori” che riconosce ai lavo-

ratori: diritto all’opinione politi-

ca e sindacale, diritto all’assem-

blea nei luoghi di lavoro, diritto

di partecipazione e di organiz-

zazione sindacale in fabbrica,

diritto – con il famoso art. 18 – al

ripristino del rapporto di lavoro

in caso di licenziamento senza

giusta causa. Le piattaforme, le

lotte, gli accordi si svolgono

ovunque in modo unitario, sia a

livello nazionale che territoriale.

Dai luoghi di lavoro, la spinta in

senso unitario è fortissima, fa-

vorita anche da un forte ricam-

bio generazionale dei delegati e

dei rappresentanti sindacali.

Nell’ottobre del 1970 i consigli

generali delle tre confederazioni

si riuniscono a Firenze per esa-

minare la possibilità di avviare

un percorso di unificazione sin-

dacale. In particolare i sindacati

metalmeccanici FIOM, FIM e

UILM spingono sull’accelerato-

re, ma nella UIL e in larghi setto-

ri della CISL nascono forti resi-

stenze. Nel luglio 1972 i tre con-

sigli generali, in sessione unifi-

cata, siglano a Roma il Patto Fe-

derativo, eleggendo un direttivo

paritetico di 90 componenti e

una segreteria di 15 componen-

ti, ugualmente paritetica. La Fe-

derazione CGIL, CISL e UIL ga-

rantirà la gestione unitaria delle

principali vicende sindacali per

tutti gli anni 70 e sarà sciolta de-

finitivamente dal governo Craxi.

Nell’ottobre del 1972 l’assem-

blea nazionale dei delegati me-

talmeccanici fonda la Federazio-

ne Lavoratori Metalmeccanici

(FLM) con organismi e sedi uni-

tarie a ogni livello. I metalmec-

canici, nell’ottobre 1972, orga-

nizzano un grande manifesta-

zione a Reggio Calabria, epicen-

tro di una ribellione popolare,

guidata dalla destra neofascista.

L’approvazione della riforma

sanitaria e di quella scolastica,

dopo la riforma delle pensioni,

completano la struttura essen-

ziale del welfare italiano. Gli an-

ni settanta sono segnati anche

da grandi conquiste civili, grazie

soprattutto alle lotte di emanci-

pazione e liberazione femmini-

le. Nel 1970 è approvata la legge

898 sul divorzio, nel 1971 la

fondamentale legge 1204 di tu-

tela delle lavoratrici madri e

quella sugli asili nido. Nel 1975

è varata la legge 151 di riforma

del diritto di famiglia che intro-

duce la parità tra uomini e don-

ne nell’ambito familiare e nel

1976 la legge 903 di parità in

materia di lavoro. Infine, nel

1978 è approvata la legge 194 “

Norme per la tutela sociale della

maternità e sull’interruzione vo-

lontaria della gravidanza”. Que-

st’ ultima legge e, in precedenza,

quella sul divorzio hanno anche

registrato due grandi vittorie del

NO ai rispettivi referendum

abrogativi. Tuttavia, nella secon-

da metà degli anni settanta, l’a-

zione del sindacato inizia a in-

debolirsi. Gli industriali utilizza-

no la crisi economica per ribal-

tare a proprio favore i rapporti

di forza scaturiti dall’autunno

caldo. Quasi ovunque, nelle

aziende, si attuano intensi pro-

cessi di ristrutturazione, favoriti

dall’introduzione di nuove tec-

nologie di automazione dei pro-

cessi produttivi. Gli investimenti

in nuovi impianti, basati sulla

robotica e sull’informatica, ten-

dono soprattutto a risparmiare

forza lavoro, creando forti ecce-

denze di personale. Cresce a di-

smisura il ricorso alla cassa inte-

grazione a zero ore, alla fine del-

la quale scattano licenziamenti

collettivi. Contro l’accresciuto

potere del movimento sindaca-

le, vengono scatenate anche

oscure trame golpiste e lo stra-

gismo fascista. Il 28 maggio

1974, in Piazza della Loggia a

Brescia, esplode una bomba du-

rante una manifestazione sin-

dacale. Otto morti e più di cento

feriti è il tragico bilancio di

quell’attentato fascista. Un’altra

bomba fascista, pochi mesi do-

po, esplode sul treno Italicus

provocando 12 morti e 48 feriti.

Il 16 marzo 1978, il giorno in cui

fu rapito, Aldo Moro - presiden-

te della DC - si stava recando in

parlamento per il voto di fiducia

al governo Andreotti, che inclu-

deva, per la prima volta nella

storia della Repubblica, il PCI

nella maggioranza. Il 2 agosto

1980, quasi in un tragico con-

trappunto, un’altra strage fasci-

sta ferisce il paese: una bomba

esplode alla stazione di Bologna

causando 85 morti e 200 feriti.

Nel settembre del 1980 la Fiat

dichiara che procederà al licen-

ziamento di 14.000 lavoratori e

mette unilateralmente in cassa

integrazione 23.000 lavoratori.

E’ l’inizio di un drammatico

braccio di ferro. I metalmeccani-

ci - contro i licenziamenti – bloc-

cano la produzione e presidiano

per 35 giorni i cancelli della Fiat.

Enrico Berlinguer, segretario ge-

nerale del Partito Comunista Ita-

liano, con un comizio davanti ai

cancelli della Fiat di Mirafiori so-

stiene la lotta dei lavoratori.

Contro questa lotta, e contro il

sindacato che l’ha organizzata,

la Fiat stimola e ottiene la rea-

zione di quadri e impiegati, che

organizzano un corteo di prote-

sta, ricordato come la “marcia

dei 40.000” per le vie di Torino.

Le vicende della Fiat segnano

sempre, nel bene e nel male, la

storia sindacale e dopo la scon-

fitta si acuiscono i dissensi già

presenti all’interno della Federa-

zione Unitaria CGIL-CISL-UIL.

Dopo aver respinto unitaria-

mente, con una grande manife-

stazione a Roma nel giugno del

1982, la disdetta dell’accordo

sulla scala mobile da parte della

Confindustria, emergono posi-

zioni nettamente contrastanti. Il

problema viene risolto il 14

febbraio 1984 dal governo

Craxi, con il famoso “decreto di

San Valentino” che taglia per

legge 4 punti di scala mobile.

CISL e UIL esprimono il proprio

consenso al decreto, la CGIL si

oppone duramente e lancia una

imponente mobilitazione so-

ciale. La grave divisione fra le

organizzazioni sindacali pro-

voca la rottura definitiva della

Federazione Unitaria. Il Partito

comunista raccoglie le firme

per il referendum abrogativo

del decreto, che si svolge nel

1985, con la vittoria di misura

del Governo. Un anno prima

era morto Enrico Berlinguer. Al

Congresso di Rimini del feb-

braio 1991 muore il Partito Co-

munista Italiano.

il suo nome alla “contingenza”

della guerra). La CGIL contribuì

fortemente alla vittoria della Re-

pubblica nel referendum che

pose fine alla monarchia. Alle

elezioni del 2 giugno 1946, che

decisero la nascita della Repub-

blica e l’Assemblea Costituente

che avrebbe redatto la nuova

Costituzione, parteciparono per

la prima volta in Italia anche le

donne, ma l’eliminazione dai

contratti collettivi nazionali del-

le tabelle remunerative differen-

ti per maschi e femmine sarà

sancita solo nel 1960. L’Italia,

dopo la liberazione, è in condi-

zioni disastrose. La CGIL, di

fronte ai gravi problemi di rico-

struzione del paese, stipula gli

accordi nazionali che fissano sa-

lari, paga base, indennità di con-

tingenza e assegni familiari, pur

decidendo una “tregua salaria-

le” per favorire il rientro dell’in-

flazione. Al I congresso nazio-

nale, che si svolge a Firenze nel

giugno 1947, la CGIL registra

5.735.000 iscritti. Segretario ge-

nerale viene eletto Giuseppe Di

Vittorio. Ma già in quel congres-

so si avvertono i segni delle divi-

sioni fra la componente social-

comunista e quella cattolica. Il

fatto è che lo scenario politico è

rapidamente cambiato. A Yalta

le grandi potenze vincitrici del

nazismo si dividono il mondo in

due sfere contrapposte: l’est eu-

ropeo e asiatico a egemonia so-

vietica, l’occidente capitalistico

a influenza economica e milita-

re degli Stati Uniti d’America. E’

la “guerra fredda. L’Italia è un

paese strategicamente impor-

tante: collocato ai confini del

blocco dei paesi socialisti, rap-

presenta inoltre una sorta di

portaerei naturale per la sua

configurazione geografica nel-

anni ‘60 l’Italia è nel pieno del

boom economico e da Paese

prevalentemente agricolo nel

dopoguerra si è rapidamente

trasformata in una delle Nazioni

più industrializzate del mondo.

I bassi salari hanno favorito l’in-

sediamento di molti capitali

stranieri e la nascita di nuove in-

dustrie manifatturiere italiane. Il

tumultuoso processo di indu-

strializzazione produce costi

sociali enormi. In particolare si

rafforza lo squilibrio fra le re-

gioni del “triangolo industriale”,

Piemonte, Liguria e Lombardia,

e quelle del Mezzogiorno. Tra il

1951 e il 1961 ben 1.700.000 la-

voratori emigrano dalle regioni

del Sud verso il Nord industria-

lizzato: un vero e proprio esodo

di massa. Alla fine del 1964 le

correnti interne alla CGIL aveva-

no la seguente consistenza:

57,2% per i comunisti, 28% per i

socialisti, 14,8% per i socialpro-

letari. Il patto di governo della

CGIL fra le diverse componenti

manterrà l’unità interna fino al-

la fine degli anni 80, nonostante

la divaricazione dei relativi par-

titi di riferimento. Nel 1965 si

svolgono i congressi della CGIL

e della CISL, entrambi caratte-

rizzati da un forte dibattito sul-

la programmazione economica

e sull’autonomia del sindacato e

sono decise le prime regole per

l’incompatibilità fra cariche po-

litiche e sindacali. Il congresso

delle Acli rompe ogni colletara-

lismo con la DC e si pronuncia

per l’unità sindacale e contro

ogni forma di discriminazione

verso i comunisti. La FIM radica-

lizza in senso anticapitalistico le

proprie posizioni e si schiera

contro la politica imperialista

degli USA nel Vietnam. Il 1968 si

apre con un successo storico

per il movimento operaio: la

riforma delle pensioni, ottenuta

dopo che una forte protesta dei

luoghi di lavoro aveva indotto la

CGIL a ritirare il consenso di

massima che aveva espresso,

con CISL e UIL, su un precedente

accordo con il governo. Lo scio-

pero generale proclamato dalla

sola CGIL il 7 marzo registra

ovunque un’adesione massiccia

e unitaria. Nel frattempo è

esplosa la rivolta studentesca,

partita dalla università califor-

niana di Berkeley contro la chia-

mata alla guerra nel Vietnam, si

estende alla Francia, alla Germa-

nia e all’Italia. La contestazione

riguarda l’intero sistema forma-

tivo, il suo carattere selettivo e

mette in discussione l’intero

modello sociale. In Italia, le lotte

studentesche si intrecciano con

le lotte. Al Petrolchimico di Por-

to Marghera, alla Pirelli Bicocca

di Milano e in molte altre grandi

fabbriche si sperimentano nuo-

ve forme di rappresentanza, per

delega diretta del gruppo omo-

geneo di reparto e non per sigla

sindacale. Il Primo Maggio 1968

vede, per la prima volta dopo la

rottura del 1948, cortei unitari

di CGIL, CISL e UIL a celebrare

insieme la festa del lavoro. No-

nostante una forte repressione

poliziesca che reprime con di-

versi morti le lotte scopiate nel

sud Italia (Avola, Battipaglia),

all’inizio del 1969 si conclude

positivamente un’altra grande

vertenza sindacale, che assume

un valore emblematico della

spinta egualitaria che sale dalle

fabbriche: l’abolizione delle

“gabbie salariali” e cioè dei salari

differenziati a seconda dell’area

geografica di appartenenza. Pre-

ceduta da migliaia di vertenze e

accordi aziendali, la stagione dei

contratti nazionali in autunno si

avvia con un durissimo braccio

di ferro alla Fiat e esplode con

piattaforme rivendicative radi-

calmente innovative : aumenti

salariali uguali per tutti, le 40

ore settimanali, il diritto all’as-

l’area del mediterraneo. Fortissi-

ma è dunque la pressione ame-

ricana per ridurre e isolare la

presenza del Partito comunista,

che ha accresciuto notevolmen-

te la sua forza, soprattutto fra i

lavoratori, durante gli anni della

lotta al fascismo. I comunisti nel

maggio del 1947 sono estro-

messi dalla direzione del Paese

e la rottura del Governo di unità

nazionale si riverbera anche sul-

la CGIL. Il contributo ancora uni-

tario dei dirigenti della CGIL ai

lavori della Costituente permet-

te alla nuova Costituzione Italia-

na di assumere il lavoro quale

valore fondamentale della vita

civile e sociale e di sancire l’as-

soluta libertà e volontarietà

dell’organizzazione sindacale.

Alle elezioni del 18 aprile del

1948 la Democrazia Cristiana

conquista la maggioranza asso-

luta dei seggi in Parlamento, il

rischio di una rottura sindacale

è sempre più probabile nono-

stante l’impegno personale di Di

Vittorio a mantenere l’unità del-

la CGIL. Il pretesto che la corren-

te democristiana cercava per

scindersi dalla CGIL è fornito

dallo sciopero generale che la

Confederazione proclamò a se-

guito dell’attentato a Togliatti

avvenuto il 14 luglio del 1948.

Ma la decisione era già presa da

tempo, l’esistenza delle ACLI of-

friva una struttura su cui basar-

si e pochi giorni dopo lo sciope-

ro la componente democristia-

na decise la scissione dalla CGIL.

Il nuovo sindacato fu denomi-

nato inizialmente “Libera CGIL”

e poi, nel 1950, definitivamente

CISL. Contemporaneamente,

sempre nel 1950, escono dalla

CGIL anche i centristi laici e so-

cialdemocratici e fondano la

UIL.

4. La CGIL di Di VittorioGli anni 50 sono gli anni della

divisione - ma sarebbe meglio

dire della contrapposizione

frontale, fra i principali sindaca-

ti che subiscono il collaterali-

smo con i partiti politici di rife-

rimento. In particolare, la CISL

sostiene i governi centristi della

Democrazia Cristiana e cerca

l’insediamento nelle aziende

con una politica negoziale basa-

ta sulla moderazione e la colla-

borazione con l’impresa. La

CGIL è fortemente classista e

anticapitalista, legata a doppio

filo con i partiti di ispirazione

marxista e si impegna in grandi

lotte politiche generali come

quando, nel gennaio e nel mar-

zo del 1953, proclama lo sciope-

ro generale contro la “legge truf-

fa”, una legge elettorale maggio-

ritaria voluta dal governo per

rafforzare la propria maggio-

ranza. Ma la rottura non è sol-

tanto di natura ideologica.

Emergono differenze fonda-

mentali anche sulla concezione

della rappresentanza e della de-

mocrazia sindacale, differenze

le cui tracce permangono tutto-

ra e spiegano perché, nonostan-

te la caduta delle antiche barrie-

re ideologiche, sia ancora oggi

così difficile la strada dell’unità

sindacale. La CGIL ha una visio-

ne della rappresentanza di tipo

“universalistico”. In buona so-

stanza essa pensa che l’azione

negoziale, riguardando tutti i la-

voratori, iscritti e non iscritti al

sindacato, debba essere validata

appunto “dall’universo” dei la-

voratori. La CISL ritiene, al con-

trario, che fonte di legittimazio-

ne della propria azione siano

soltanto i propri “soci” e cioè co-

loro che hanno liberamente de-

ciso di associarsi al loro sinda-

cato. Da qui, la contrarietà all’i-

stituto del referendum e alla de-

finizione legislativa della rap-

presentanza, come pure è previ-

sto dall’art. 39 della Costituzio-

ne. In un clima di pesante anti-

comunismo, scatta - dopo la rot-

tura sindacale - una dura repres-

sione nei confronti dei militanti

della CGIL in fabbrica e nelle

campagne. Molti attivisti sono li-

cenziati, molti altri costretti - co-

me alla FIAT - nei reparti “confi-

no” dove vengono umiliati an-

che quadri di grande professio-

nalità. Sempre alla FIAT dal ‘49

al ‘53 sono licenziati 30 membri

di commissione interna iscritti

alla CGIL. L’ambasciatrice ame-

ricana in Italia, Clara Luce, di-

chiara che le imprese dove i sin-

dacalisti della CGIL avessero ot-

tenuto più del 50% dei voti alle

elezioni della Commissione In-

terna non avrebbero potuto ac-

cedere a contratti con gli USA.

Pio XII lancia la scomunica ai co-

munisti e favorisce l’alleanza

con il MSI per il Comune di Ro-

ma. Durissima è anche la re-

pressione poliziesca. Il Ministro

degli interni Scelba scatena i re-

parti della “celere” contro le ma-

nifestazioni operaie e non si esi-

ta a sparare sui lavoratori. La

CGIL, guidata dal comunista

Giuseppe di Vittorio, reagisce ai

durissimi attacchi di Governo e

Confindustria lanciando il “Pia-

no del lavoro”, una grande ini-

ziativa politica con al centro

un’altra idea di sviluppo econo-

mico e sociale. Il Piano del lavo-

ro prevede la nazionalizzazione

delle aziende elettriche, la rea-

lizzazione di un vasto program-

ma di opere pubbliche e di edili-

zia popolare, la costituzione di

un ente nazionale per la bonifi-

ca e l’irrigazione delle terre. Il

Piano del lavoro non fu recepito

dal Governo ma con esso la

CGIL riesce a rompere l’isola-

mento, a parlare a tutto il paese,

a tenere uniti lavoratori occupa-

ti e disoccupati, gli operai delle

fabbriche del Nord e i braccianti

delle campagne del Sud. Al III

congresso del 1952, la CGIL as-

sume l’obiettivo di far entrare la

Costituzione nei luoghi di lavo-

ro, con il riconoscimento dei di-

ritti dei lavoratori. Obiettivo che

si concretizzerà nel 1970, con

l’approvazione dello Statuto dei

lavoratori. Il contrasto con la CI-

SL e la UIL è all’apice e mentre la

CGIL si batte per le grandi que-

stioni nazionali, soprattutto la

CISL persegue il proprio radica-

mento nelle fabbriche siglando

numerosi accordi separati. Le

stesse elezioni delle Commis-

sioni interne, nei luoghi di lavo-

ro, si svolgono all’insegna della

più aspra contrapposizione

ideologica fra le organizzazioni

sindacali, riflettendo le scontro

frontale delle elezioni politiche.

E proprio alle elezioni per il rin-

novo della Commissione Inter-

na alla FIAT, nel marzo del

1955, la FIOM CGIL, che dalla Li-

berazione aveva sempre con-

quistato la maggioranza assolu-

ta con percentuali prossime al

65%, subisce un pesante ridi-

mensionamento diventando il

secondo sindacato con il 36%

dei voti, mentre alla FIM CISL va

il 41% e il 23% alla UILM. Ma la

CGIL reagisce con un’analisi ri-

gorosa delle ragioni della scon-

fitta: una vera e propria autocri-

tica. E’ la svolta: la CGIL accetta

la sfida di misurarsi con la realtà

dell’impresa e riorienta la pro-

pria politica contrattuale in dire-

zione di una più diffusa artico-

lazione. La contrattazione

aziendale, in questo senso, di-

venta uno strumento nuovo e

più elastico dello scontro di

classe. Questa scelta strategica

permetterà alla CGIL, nel giro di

pochi anni, di riconquistare po-

sizioni nelle fabbriche e di inne-

scare - a partire dai luoghi di la-

voro – l’inizio di un nuovo pro-

cesso unitario, favorito anche

da un ripensamento della CISL

delle proprie tesi collaborative.

5. Sessantotto e dintorniDopo gli anni della “guerra fred-

da” si apre, alla fine degli anni

‘50, la stagione del disgelo cui

seguirà una politica di disten-

sione internazionale, pur con

momenti di drammatica tensio-

ne come la crisi per i missili so-

vietici a Cuba, la costruzione del

Muro di Berlino e l’inizio della

“escalation” della guerra nel

Vietnam. In Italia, la mutata si-

tuazione internazionale favori-

sce l’inizio di una timida apertu-

ra a sinistra. Ma un primo gover-

no DC-PSDI presieduto da Fan-

fani è ben presto affondato e il

governo Tambroni, nel 1960, ot-

tiene la maggioranza in Parla-

mento grazie all’appoggio della

destra neofascista. Riconoscen-

te, Tambroni consente al MSI di

celebrare il proprio congresso a

Genova, città medaglia d’oro per

la Resistenza. Contro questa ve-

ra e propria provocazione, a

non molti anni dalla Liberazio-

ne, scoppiano a Genova e in tut-

to il Paese scioperi e imponenti

manifestazioni di massa, nel

corso delle quali la polizia spara

e uccide operai e giovani. Il go-

verno Tambroni è costretto a di-

mettersi il 19 luglio e si apre un

lungo periodo di mutamento

politico che porterà al governo

di centro-sinistra con la parteci-

pazione del PSI. All’inizio degli

Page 19: Aprile 2011

II III

Storia della CGIL ai tempi dei comunisti(Tratto da un opuscolo di BrunoRavasio per i 100 anni dellaCGIL)

1. Nascita di un sindacatoLa CGIL è nata a Milano nell’au-

tunno del 1906, ma la sua storia

inizia almeno mezzo secolo pri-

ma. Nella seconda metà del

1800, molto in ritardo su altri

paesi europei, anche nel Regno

d’Italia nascono le prime forme

di industria moderna. L’Italia è

un paese molto povero, preva-

lentemente agricolo, su circa 25

milioni di abitanti solo un milio-

ne sa leggere e scrivere, molti

meno quelli che hanno il diritto

di voto, solo in virtù del “ censo”

e riservato ai maschi. La nascita

delle fabbriche al nord provoca

un massiccio esodo di contadini

dalle campagne verso le città

dove si concentrano le industrie

e determina la formazione di

due classi sociali: la borghesia

industriale, che possiede i

“mezzi di produzione” con i

quali accumula capitale, e il pro-

letariato, che dispone solo della

propria “forza lavoro”. E’ la na-

scita del capitalismo che con la

“rivoluzione industriale” cam-

bia radicalmente il vecchio lavo-

ro su base artigianale. Agli albo-

ri del capitalismo, il prezzo della

merce-lavoro è davvero molto

basso: l’accumulazione di capi-

tali richiede il massimo dello

sfruttamento del lavoro ope-

raio. Salari che consentono la

pura sopravvivenza fisica, orari

di lavoro massacranti, disciplina

durissima, nessuna forma di tu-

tela per infortuni, malattie, gra-

vidanza, pensioni. Ancora peg-

gio va alle donne e ai fanciulli,

largamente sfruttati e sottopa-

gati. Nascono così le “società di

mutuo soccorso” che hanno lo

scopo di fornire sussidi ai pro-

pri aderenti. I soci si autotassa-

no per permettere a chi si am-

mala, o si infortuna, o alla fami-

glia di chi muore di poter attin-

gere a un fondo comune. Nel

1891 a Milano, Piacenza e Tori-

no nascono le prime “Camere

del Lavoro” e nel 1892 il Partito

Socialista Italiano, che dichiara

le Camere del lavoro strumento

di lotta sindacale dei lavoratori.

Nel 1901 si costituiscono le pri-

me federazioni sindacali: tipo-

grafi, ferrovieri, edili, lavoratori

agricoli e la FIOM. Nell’ultimo

decennio del secolo, tuttavia, le

classi dominanti tentano, con il

governo Crispi, di reprimere

con spietata durezza le mobili-

tazioni sociali che crescono in

ogni parte del paese. L’ultimo

grande tentativo di reprimere

con la forza le crescenti lotte per

il diritto all’organizzazione sin-

dacale, l’aumento dei salari e la

riduzione degli orari di lavoro

avviene nel dicembre 1900, con

lo scioglimento della Camera

del lavoro di Genova. Lo sciope-

ro di protesta, proclamato dai

lavoratori portuali, si estende

immediatamente agli operai

delle fabbriche e coinvolge tutta

la città. Il decreto di scioglimen-

to viene revocato. Il grande suc-

cesso del primo sciopero gene-

rale contribuisce a determinare

una profonda svolta politica in

Italia. Finalmente le classi domi-

nanti si accorgono che non è più

possibile solo reprimere le ri-

vendicazioni. Il 29 settembre

1906, a Milano, le Camere del la-

voro, le Leghe e le Federazioni

decidono di confluire in una

unica organizzazione e fondano

la Confederazione Generale del

Lavoro (CGdL). Sono presenti

all’atto di nascita delegati di

quasi 700 sindacati locali, in

rappresentanza di oltre 250.000

iscritti.

2. La CGdL - ConfederazioneGenerale del LavoroFin dall’inizio, la CGdL si confi-

gura come organizzazione ba-

sata sulla solidarietà generale

fra lavoratori e non soltanto sul-

la rappresentanza di mestiere.

Un ruolo importantissimo è

svolto dalle Camere del Lavoro

con funzioni di unificazione

della classe operaia e di coordi-

namento fra i sindacati, gesti-

scono il collocamento al lavoro

e la formazione, prestano assi-

stenza nelle controversie di la-

voro. Nelle Camere del Lavoro si

insegna a leggere e scrivere e si

organizzano biblioteche popo-

lari. La CGdL si caratterizza per

una struttura fortemente cen-

tralizzata e, a differenza delle

Trade Unions inglesi e dei sin-

dacati tedeschi, l’idea di confe-

derazione generale prevale su

quella delle singole federazioni

di categoria. Nel primo decennio

del nuovo secolo si realizzano

importanti conquiste nell’ambi-

to della legislazione sociale e si

affermano significative espe-

rienze di contrattazione territo-

riale e nazionale. Il governo Gio-

litti vara le prime leggi di tutela

del lavoro delle donne e dei fan-

ciulli, decreta l’assicurazione

obbligatoria contro gli infortuni

sul lavoro, regola il riposo setti-

manale e impone il divieto del

lavoro notturno in alcuni setto-

ri. Inoltre, riforma la Cassa na-

zionale invalidità e vecchiaia,

primo embrione del futuro Isti-

tuto Nazionale della Previdenza

Sociale. Si firmano i primi con-

tratti collettivi di lavoro e nasco-

no le prime forme di rappresen-

tanza sui luoghi di lavoro, le

Commissioni Interne, i contratti

aziendali alla Società Automobi-

listica Itala di Torino e alla Bor-

salino ne legittimano l’esisten-

za. Il cauto riformismo del go-

verno Giolitti subì una brusca

inversione di tendenza con la

guerra di Libia (1911-1912). Nel

segno di un nazionalismo ag-

gressivo e reazionario, ripren-

dono le repressioni poliziesche

contro il movimento operaio. La

CGdL, che si oppone alla guerra

coloniale, è indebolita dalla scis-

sione dei sindacalisti rivoluzio-

nari che formano la USI, che a

sua volta subirà una scissione

da parte dei sindacalisti “inter-

ventisti”, favorevoli all’entrata in

guerra dell’Italia. La situazione

peggiora con lo scoppio della

prima guerra mondiale. La

CGdL proclama manifestazioni

contro la guerra in tutto il paese.

Quando l’Italia entra in guerra,

viene decretata la “mobilitazio-

ne industriale”, le industrie di

importanza strategica sono sot-

toposte a disciplina militare e

viene abolito il diritto di sciope-

ro. Anche la legislazione sociale

introdotta nel periodo giolittia-

no è di fatto abrogata. Alla fine

della guerra, le tensioni accu-

mulate durante il conflitto, con

una l’inflazione spaventosa de-

terminata dalla mancanza dei

generi di prima necessità, inne-

scano una formidabile ripresa

della conflittualità sociale e del-

le rivendicazioni sindacali. La

forza organizzata dalla CGdL

cresce nel “biennio rosso”

(1920-1921), dai 250.000 iscritti

alla fine della guerra a oltre 1

milione nel 1919 e 2 milioni e

duecentomila nel 1920. Nel tu-

multuoso clima politico e socia-

le del dopoguerra, fortemente

influenzate dall’esempio della

rivoluzione sovietica, si ottengo-

no grandi conquiste. Nel feb-

braio del 1919 la FIOM realizza

la storica conquista della gior-

nata lavorativa di 8 ore. A Tori-

no, per impulso del movimento

Ordine Nuovo di Antonio Gram-

sci e Palmiro Togliatti, si impon-

gono nuovi strumenti di rappre-

sentanza operaia, sul modello

dei soviet bolscevichi: i consigli

di fabbrica. Nel 1920 la FIOM

presenta agli industriali un me-

moriale contenente rivendica-

zioni salariali e normative. Dopo

il rifiuto dei padroni a trattare, si

arriva rapidamente all’occupa-

zione delle fabbriche, che coin-

volge circa 400.000 operai. L’oc-

cupazione delle fabbriche del

settembre 1920 si chiude con

una dura sconfitta e la reazione

padronale non si fa attendere. I

grandi gruppi industriali deci-

dono di finanziare il movimento

e i fascisti si scatenano contro le

sedi delle camere del lavoro,

delle cooperative, del partito so-

cialista e dei Comuni ammini-

strati dai socialisti in un clima

continuo di aggressioni, incendi

e omicidi spesso protetti dalle

forze dell’ordine. La risposta al-

lo squadrismo fascista è debole.

Il partito socialista è lacerato da

contrasti interni, che culminano

con la scissione, al congresso di

Livorno, con la fondazione del

Partito Comunista d’Italia. Sia-

mo nel 1921. La vecchia classe

politica di orientamento monar-

chico e liberale apre di fatto le

porte ai fascisti, nell’illusione di

poterli controllare. Nell’ottobre

del 1922 la monarchia favorisce

l’avvento al potere del partito fa-

scista, ancora largamente mino-

ritario nel paese, chiamando

Mussolini a formare il governo.

Con il Patto di Palazzo Chigi

(1925) e con il Patto di Palazzo

Vidoni (1926) il regime fascista

e la Confindustria stabiliscono il

riconoscimento giuridico del so-

lo sindacato fascista. Contem-

poraneamente, viene pratica-

mente eliminata la libertà di

espressione, di associazione e di

sciopero. All’inizio del 1927, il

Comitato Direttivo della CGdL

decide l’autoscioglimento. Molti

dirigenti sindacali tuttavia deci-

dono di tenerne vivo il nome:

così Bruno Buozzi esule in Fran-

cia, così dirigenti sindacali co-

munisti clandestinamente in

Italia.

3. Breve la vita della CGIL uni-tariaNei primi mesi del 1943 la “lun-

ga notte” del fascismo si avvia

alla sua tragica conclusione. Lo

sbarco degli alleati anglo-ameri-

cani in Sicilia, praticamente sen-

za incontrare resistenza, preci-

pita il regime fascista nel pani-

co. Ma un grave colpo alla credi-

bilità del regime era già stato in-

ferto nel marzo del 1943, con i

massicci scioperi che gli operai

di Torino e delle grandi fabbri-

che del Nord effettuarono – co-

gliendo del tutto di sorpresa

l’apparato fascista - per prote-

stare contro la guerra e il carovi-

ta. Fu l’inizio della riscossa ope-

raia, preparata nei mesi prece-

denti dalla CGdL clandestina, le

cui due anime - quella all’estero

di Bruno Buozzi e quella ope-

rante in Italia - avevano supera-

to stretto dal 1935 un patto di

unità di azione. Il 9 giugno del

1944, in una capitale ancora oc-

cupata dall’esercito nazista, vie-

ne firmato il Patto di Roma fra i

tre principali partiti antifascisti.

Il patto sancisce l’unità sindaca-

le e la ricostituzione della Con-

federazione Generale Italiana

del Lavoro (CGIL) e viene siglato

da Giuseppe Di Vittorio per il

PCI, da Emilio Canevari per il

PSI, da Achille Grandi per la DC.

Bruno Buozzi, che con Di Vitto-

rio aveva lavorato intensamente

alla realizzazione del Patto, era

stato trucidato dai tedeschi po-

chi giorni prima della sigla. La

Chiesa non si oppone a una

CGIL unitaria fortemente voluta

dai comunisti e dai socialisti ma,

a ogni buon conto, favorisce la

costituzione, nel 1945, delle

ACLI. Fino alla fine della guerra

la CGIL si adopera nelle regioni

liberate per diffondere le Com-

missioni Interne e le Camere del

lavoro e stipula accordi salariali,

fra cui quello per l’indennità di

contingenza (che deve appunto

semblea in fabbrica, il controllo

sull’organizzazione del lavoro,

la parità normativa fra operai e

impiegati, le “150 ore” per il di-

ritto all’istruzione dei lavoratori.

Lo sciopero generale indetto il

19 novembre dalle tre confede-

razioni sindacali sulle riforme e

in particolare sul diritto alla ca-

sa, registra un’adesione presso-

ché totale. Soprattutto cresce un

nuovo protagonismo dei lavora-

tori, che vogliono decidere le

piattaforme, rivendicano il dirit-

to a nuove forme di lotta, im-

pongono nuove pratiche demo-

cratiche. E’ la nascita dei consigli

di fabbrica, che il nuovo sinda-

cato unitario degli anni 70 rico-

noscerà come propria struttura

di base.

6. Gli anni della crisiL’autunno caldo si dilata per

buona parte del decennio suc-

cessivo. Nel maggio del 1970 è

varata, sull’onda delle grandi

lotte di massa e per iniziativa

del Ministro socialista del Lavo-

ro, Giacomo Brodolini, la legge

300 nota come “Statuto dei la-

voratori” che riconosce ai lavo-

ratori: diritto all’opinione politi-

ca e sindacale, diritto all’assem-

blea nei luoghi di lavoro, diritto

di partecipazione e di organiz-

zazione sindacale in fabbrica,

diritto – con il famoso art. 18 – al

ripristino del rapporto di lavoro

in caso di licenziamento senza

giusta causa. Le piattaforme, le

lotte, gli accordi si svolgono

ovunque in modo unitario, sia a

livello nazionale che territoriale.

Dai luoghi di lavoro, la spinta in

senso unitario è fortissima, fa-

vorita anche da un forte ricam-

bio generazionale dei delegati e

dei rappresentanti sindacali.

Nell’ottobre del 1970 i consigli

generali delle tre confederazioni

si riuniscono a Firenze per esa-

minare la possibilità di avviare

un percorso di unificazione sin-

dacale. In particolare i sindacati

metalmeccanici FIOM, FIM e

UILM spingono sull’accelerato-

re, ma nella UIL e in larghi setto-

ri della CISL nascono forti resi-

stenze. Nel luglio 1972 i tre con-

sigli generali, in sessione unifi-

cata, siglano a Roma il Patto Fe-

derativo, eleggendo un direttivo

paritetico di 90 componenti e

una segreteria di 15 componen-

ti, ugualmente paritetica. La Fe-

derazione CGIL, CISL e UIL ga-

rantirà la gestione unitaria delle

principali vicende sindacali per

tutti gli anni 70 e sarà sciolta de-

finitivamente dal governo Craxi.

Nell’ottobre del 1972 l’assem-

blea nazionale dei delegati me-

talmeccanici fonda la Federazio-

ne Lavoratori Metalmeccanici

(FLM) con organismi e sedi uni-

tarie a ogni livello. I metalmec-

canici, nell’ottobre 1972, orga-

nizzano un grande manifesta-

zione a Reggio Calabria, epicen-

tro di una ribellione popolare,

guidata dalla destra neofascista.

L’approvazione della riforma

sanitaria e di quella scolastica,

dopo la riforma delle pensioni,

completano la struttura essen-

ziale del welfare italiano. Gli an-

ni settanta sono segnati anche

da grandi conquiste civili, grazie

soprattutto alle lotte di emanci-

pazione e liberazione femmini-

le. Nel 1970 è approvata la legge

898 sul divorzio, nel 1971 la

fondamentale legge 1204 di tu-

tela delle lavoratrici madri e

quella sugli asili nido. Nel 1975

è varata la legge 151 di riforma

del diritto di famiglia che intro-

duce la parità tra uomini e don-

ne nell’ambito familiare e nel

1976 la legge 903 di parità in

materia di lavoro. Infine, nel

1978 è approvata la legge 194 “

Norme per la tutela sociale della

maternità e sull’interruzione vo-

lontaria della gravidanza”. Que-

st’ ultima legge e, in precedenza,

quella sul divorzio hanno anche

registrato due grandi vittorie del

NO ai rispettivi referendum

abrogativi. Tuttavia, nella secon-

da metà degli anni settanta, l’a-

zione del sindacato inizia a in-

debolirsi. Gli industriali utilizza-

no la crisi economica per ribal-

tare a proprio favore i rapporti

di forza scaturiti dall’autunno

caldo. Quasi ovunque, nelle

aziende, si attuano intensi pro-

cessi di ristrutturazione, favoriti

dall’introduzione di nuove tec-

nologie di automazione dei pro-

cessi produttivi. Gli investimenti

in nuovi impianti, basati sulla

robotica e sull’informatica, ten-

dono soprattutto a risparmiare

forza lavoro, creando forti ecce-

denze di personale. Cresce a di-

smisura il ricorso alla cassa inte-

grazione a zero ore, alla fine del-

la quale scattano licenziamenti

collettivi. Contro l’accresciuto

potere del movimento sindaca-

le, vengono scatenate anche

oscure trame golpiste e lo stra-

gismo fascista. Il 28 maggio

1974, in Piazza della Loggia a

Brescia, esplode una bomba du-

rante una manifestazione sin-

dacale. Otto morti e più di cento

feriti è il tragico bilancio di

quell’attentato fascista. Un’altra

bomba fascista, pochi mesi do-

po, esplode sul treno Italicus

provocando 12 morti e 48 feriti.

Il 16 marzo 1978, il giorno in cui

fu rapito, Aldo Moro - presiden-

te della DC - si stava recando in

parlamento per il voto di fiducia

al governo Andreotti, che inclu-

deva, per la prima volta nella

storia della Repubblica, il PCI

nella maggioranza. Il 2 agosto

1980, quasi in un tragico con-

trappunto, un’altra strage fasci-

sta ferisce il paese: una bomba

esplode alla stazione di Bologna

causando 85 morti e 200 feriti.

Nel settembre del 1980 la Fiat

dichiara che procederà al licen-

ziamento di 14.000 lavoratori e

mette unilateralmente in cassa

integrazione 23.000 lavoratori.

E’ l’inizio di un drammatico

braccio di ferro. I metalmeccani-

ci - contro i licenziamenti – bloc-

cano la produzione e presidiano

per 35 giorni i cancelli della Fiat.

Enrico Berlinguer, segretario ge-

nerale del Partito Comunista Ita-

liano, con un comizio davanti ai

cancelli della Fiat di Mirafiori so-

stiene la lotta dei lavoratori.

Contro questa lotta, e contro il

sindacato che l’ha organizzata,

la Fiat stimola e ottiene la rea-

zione di quadri e impiegati, che

organizzano un corteo di prote-

sta, ricordato come la “marcia

dei 40.000” per le vie di Torino.

Le vicende della Fiat segnano

sempre, nel bene e nel male, la

storia sindacale e dopo la scon-

fitta si acuiscono i dissensi già

presenti all’interno della Federa-

zione Unitaria CGIL-CISL-UIL.

Dopo aver respinto unitaria-

mente, con una grande manife-

stazione a Roma nel giugno del

1982, la disdetta dell’accordo

sulla scala mobile da parte della

Confindustria, emergono posi-

zioni nettamente contrastanti. Il

problema viene risolto il 14

febbraio 1984 dal governo

Craxi, con il famoso “decreto di

San Valentino” che taglia per

legge 4 punti di scala mobile.

CISL e UIL esprimono il proprio

consenso al decreto, la CGIL si

oppone duramente e lancia una

imponente mobilitazione so-

ciale. La grave divisione fra le

organizzazioni sindacali pro-

voca la rottura definitiva della

Federazione Unitaria. Il Partito

comunista raccoglie le firme

per il referendum abrogativo

del decreto, che si svolge nel

1985, con la vittoria di misura

del Governo. Un anno prima

era morto Enrico Berlinguer. Al

Congresso di Rimini del feb-

braio 1991 muore il Partito Co-

munista Italiano.

il suo nome alla “contingenza”

della guerra). La CGIL contribuì

fortemente alla vittoria della Re-

pubblica nel referendum che

pose fine alla monarchia. Alle

elezioni del 2 giugno 1946, che

decisero la nascita della Repub-

blica e l’Assemblea Costituente

che avrebbe redatto la nuova

Costituzione, parteciparono per

la prima volta in Italia anche le

donne, ma l’eliminazione dai

contratti collettivi nazionali del-

le tabelle remunerative differen-

ti per maschi e femmine sarà

sancita solo nel 1960. L’Italia,

dopo la liberazione, è in condi-

zioni disastrose. La CGIL, di

fronte ai gravi problemi di rico-

struzione del paese, stipula gli

accordi nazionali che fissano sa-

lari, paga base, indennità di con-

tingenza e assegni familiari, pur

decidendo una “tregua salaria-

le” per favorire il rientro dell’in-

flazione. Al I congresso nazio-

nale, che si svolge a Firenze nel

giugno 1947, la CGIL registra

5.735.000 iscritti. Segretario ge-

nerale viene eletto Giuseppe Di

Vittorio. Ma già in quel congres-

so si avvertono i segni delle divi-

sioni fra la componente social-

comunista e quella cattolica. Il

fatto è che lo scenario politico è

rapidamente cambiato. A Yalta

le grandi potenze vincitrici del

nazismo si dividono il mondo in

due sfere contrapposte: l’est eu-

ropeo e asiatico a egemonia so-

vietica, l’occidente capitalistico

a influenza economica e milita-

re degli Stati Uniti d’America. E’

la “guerra fredda. L’Italia è un

paese strategicamente impor-

tante: collocato ai confini del

blocco dei paesi socialisti, rap-

presenta inoltre una sorta di

portaerei naturale per la sua

configurazione geografica nel-

anni ‘60 l’Italia è nel pieno del

boom economico e da Paese

prevalentemente agricolo nel

dopoguerra si è rapidamente

trasformata in una delle Nazioni

più industrializzate del mondo.

I bassi salari hanno favorito l’in-

sediamento di molti capitali

stranieri e la nascita di nuove in-

dustrie manifatturiere italiane. Il

tumultuoso processo di indu-

strializzazione produce costi

sociali enormi. In particolare si

rafforza lo squilibrio fra le re-

gioni del “triangolo industriale”,

Piemonte, Liguria e Lombardia,

e quelle del Mezzogiorno. Tra il

1951 e il 1961 ben 1.700.000 la-

voratori emigrano dalle regioni

del Sud verso il Nord industria-

lizzato: un vero e proprio esodo

di massa. Alla fine del 1964 le

correnti interne alla CGIL aveva-

no la seguente consistenza:

57,2% per i comunisti, 28% per i

socialisti, 14,8% per i socialpro-

letari. Il patto di governo della

CGIL fra le diverse componenti

manterrà l’unità interna fino al-

la fine degli anni 80, nonostante

la divaricazione dei relativi par-

titi di riferimento. Nel 1965 si

svolgono i congressi della CGIL

e della CISL, entrambi caratte-

rizzati da un forte dibattito sul-

la programmazione economica

e sull’autonomia del sindacato e

sono decise le prime regole per

l’incompatibilità fra cariche po-

litiche e sindacali. Il congresso

delle Acli rompe ogni colletara-

lismo con la DC e si pronuncia

per l’unità sindacale e contro

ogni forma di discriminazione

verso i comunisti. La FIM radica-

lizza in senso anticapitalistico le

proprie posizioni e si schiera

contro la politica imperialista

degli USA nel Vietnam. Il 1968 si

apre con un successo storico

per il movimento operaio: la

riforma delle pensioni, ottenuta

dopo che una forte protesta dei

luoghi di lavoro aveva indotto la

CGIL a ritirare il consenso di

massima che aveva espresso,

con CISL e UIL, su un precedente

accordo con il governo. Lo scio-

pero generale proclamato dalla

sola CGIL il 7 marzo registra

ovunque un’adesione massiccia

e unitaria. Nel frattempo è

esplosa la rivolta studentesca,

partita dalla università califor-

niana di Berkeley contro la chia-

mata alla guerra nel Vietnam, si

estende alla Francia, alla Germa-

nia e all’Italia. La contestazione

riguarda l’intero sistema forma-

tivo, il suo carattere selettivo e

mette in discussione l’intero

modello sociale. In Italia, le lotte

studentesche si intrecciano con

le lotte. Al Petrolchimico di Por-

to Marghera, alla Pirelli Bicocca

di Milano e in molte altre grandi

fabbriche si sperimentano nuo-

ve forme di rappresentanza, per

delega diretta del gruppo omo-

geneo di reparto e non per sigla

sindacale. Il Primo Maggio 1968

vede, per la prima volta dopo la

rottura del 1948, cortei unitari

di CGIL, CISL e UIL a celebrare

insieme la festa del lavoro. No-

nostante una forte repressione

poliziesca che reprime con di-

versi morti le lotte scopiate nel

sud Italia (Avola, Battipaglia),

all’inizio del 1969 si conclude

positivamente un’altra grande

vertenza sindacale, che assume

un valore emblematico della

spinta egualitaria che sale dalle

fabbriche: l’abolizione delle

“gabbie salariali” e cioè dei salari

differenziati a seconda dell’area

geografica di appartenenza. Pre-

ceduta da migliaia di vertenze e

accordi aziendali, la stagione dei

contratti nazionali in autunno si

avvia con un durissimo braccio

di ferro alla Fiat e esplode con

piattaforme rivendicative radi-

calmente innovative : aumenti

salariali uguali per tutti, le 40

ore settimanali, il diritto all’as-

l’area del mediterraneo. Fortissi-

ma è dunque la pressione ame-

ricana per ridurre e isolare la

presenza del Partito comunista,

che ha accresciuto notevolmen-

te la sua forza, soprattutto fra i

lavoratori, durante gli anni della

lotta al fascismo. I comunisti nel

maggio del 1947 sono estro-

messi dalla direzione del Paese

e la rottura del Governo di unità

nazionale si riverbera anche sul-

la CGIL. Il contributo ancora uni-

tario dei dirigenti della CGIL ai

lavori della Costituente permet-

te alla nuova Costituzione Italia-

na di assumere il lavoro quale

valore fondamentale della vita

civile e sociale e di sancire l’as-

soluta libertà e volontarietà

dell’organizzazione sindacale.

Alle elezioni del 18 aprile del

1948 la Democrazia Cristiana

conquista la maggioranza asso-

luta dei seggi in Parlamento, il

rischio di una rottura sindacale

è sempre più probabile nono-

stante l’impegno personale di Di

Vittorio a mantenere l’unità del-

la CGIL. Il pretesto che la corren-

te democristiana cercava per

scindersi dalla CGIL è fornito

dallo sciopero generale che la

Confederazione proclamò a se-

guito dell’attentato a Togliatti

avvenuto il 14 luglio del 1948.

Ma la decisione era già presa da

tempo, l’esistenza delle ACLI of-

friva una struttura su cui basar-

si e pochi giorni dopo lo sciope-

ro la componente democristia-

na decise la scissione dalla CGIL.

Il nuovo sindacato fu denomi-

nato inizialmente “Libera CGIL”

e poi, nel 1950, definitivamente

CISL. Contemporaneamente,

sempre nel 1950, escono dalla

CGIL anche i centristi laici e so-

cialdemocratici e fondano la

UIL.

4. La CGIL di Di VittorioGli anni 50 sono gli anni della

divisione - ma sarebbe meglio

dire della contrapposizione

frontale, fra i principali sindaca-

ti che subiscono il collaterali-

smo con i partiti politici di rife-

rimento. In particolare, la CISL

sostiene i governi centristi della

Democrazia Cristiana e cerca

l’insediamento nelle aziende

con una politica negoziale basa-

ta sulla moderazione e la colla-

borazione con l’impresa. La

CGIL è fortemente classista e

anticapitalista, legata a doppio

filo con i partiti di ispirazione

marxista e si impegna in grandi

lotte politiche generali come

quando, nel gennaio e nel mar-

zo del 1953, proclama lo sciope-

ro generale contro la “legge truf-

fa”, una legge elettorale maggio-

ritaria voluta dal governo per

rafforzare la propria maggio-

ranza. Ma la rottura non è sol-

tanto di natura ideologica.

Emergono differenze fonda-

mentali anche sulla concezione

della rappresentanza e della de-

mocrazia sindacale, differenze

le cui tracce permangono tutto-

ra e spiegano perché, nonostan-

te la caduta delle antiche barrie-

re ideologiche, sia ancora oggi

così difficile la strada dell’unità

sindacale. La CGIL ha una visio-

ne della rappresentanza di tipo

“universalistico”. In buona so-

stanza essa pensa che l’azione

negoziale, riguardando tutti i la-

voratori, iscritti e non iscritti al

sindacato, debba essere validata

appunto “dall’universo” dei la-

voratori. La CISL ritiene, al con-

trario, che fonte di legittimazio-

ne della propria azione siano

soltanto i propri “soci” e cioè co-

loro che hanno liberamente de-

ciso di associarsi al loro sinda-

cato. Da qui, la contrarietà all’i-

stituto del referendum e alla de-

finizione legislativa della rap-

presentanza, come pure è previ-

sto dall’art. 39 della Costituzio-

ne. In un clima di pesante anti-

comunismo, scatta - dopo la rot-

tura sindacale - una dura repres-

sione nei confronti dei militanti

della CGIL in fabbrica e nelle

campagne. Molti attivisti sono li-

cenziati, molti altri costretti - co-

me alla FIAT - nei reparti “confi-

no” dove vengono umiliati an-

che quadri di grande professio-

nalità. Sempre alla FIAT dal ‘49

al ‘53 sono licenziati 30 membri

di commissione interna iscritti

alla CGIL. L’ambasciatrice ame-

ricana in Italia, Clara Luce, di-

chiara che le imprese dove i sin-

dacalisti della CGIL avessero ot-

tenuto più del 50% dei voti alle

elezioni della Commissione In-

terna non avrebbero potuto ac-

cedere a contratti con gli USA.

Pio XII lancia la scomunica ai co-

munisti e favorisce l’alleanza

con il MSI per il Comune di Ro-

ma. Durissima è anche la re-

pressione poliziesca. Il Ministro

degli interni Scelba scatena i re-

parti della “celere” contro le ma-

nifestazioni operaie e non si esi-

ta a sparare sui lavoratori. La

CGIL, guidata dal comunista

Giuseppe di Vittorio, reagisce ai

durissimi attacchi di Governo e

Confindustria lanciando il “Pia-

no del lavoro”, una grande ini-

ziativa politica con al centro

un’altra idea di sviluppo econo-

mico e sociale. Il Piano del lavo-

ro prevede la nazionalizzazione

delle aziende elettriche, la rea-

lizzazione di un vasto program-

ma di opere pubbliche e di edili-

zia popolare, la costituzione di

un ente nazionale per la bonifi-

ca e l’irrigazione delle terre. Il

Piano del lavoro non fu recepito

dal Governo ma con esso la

CGIL riesce a rompere l’isola-

mento, a parlare a tutto il paese,

a tenere uniti lavoratori occupa-

ti e disoccupati, gli operai delle

fabbriche del Nord e i braccianti

delle campagne del Sud. Al III

congresso del 1952, la CGIL as-

sume l’obiettivo di far entrare la

Costituzione nei luoghi di lavo-

ro, con il riconoscimento dei di-

ritti dei lavoratori. Obiettivo che

si concretizzerà nel 1970, con

l’approvazione dello Statuto dei

lavoratori. Il contrasto con la CI-

SL e la UIL è all’apice e mentre la

CGIL si batte per le grandi que-

stioni nazionali, soprattutto la

CISL persegue il proprio radica-

mento nelle fabbriche siglando

numerosi accordi separati. Le

stesse elezioni delle Commis-

sioni interne, nei luoghi di lavo-

ro, si svolgono all’insegna della

più aspra contrapposizione

ideologica fra le organizzazioni

sindacali, riflettendo le scontro

frontale delle elezioni politiche.

E proprio alle elezioni per il rin-

novo della Commissione Inter-

na alla FIAT, nel marzo del

1955, la FIOM CGIL, che dalla Li-

berazione aveva sempre con-

quistato la maggioranza assolu-

ta con percentuali prossime al

65%, subisce un pesante ridi-

mensionamento diventando il

secondo sindacato con il 36%

dei voti, mentre alla FIM CISL va

il 41% e il 23% alla UILM. Ma la

CGIL reagisce con un’analisi ri-

gorosa delle ragioni della scon-

fitta: una vera e propria autocri-

tica. E’ la svolta: la CGIL accetta

la sfida di misurarsi con la realtà

dell’impresa e riorienta la pro-

pria politica contrattuale in dire-

zione di una più diffusa artico-

lazione. La contrattazione

aziendale, in questo senso, di-

venta uno strumento nuovo e

più elastico dello scontro di

classe. Questa scelta strategica

permetterà alla CGIL, nel giro di

pochi anni, di riconquistare po-

sizioni nelle fabbriche e di inne-

scare - a partire dai luoghi di la-

voro – l’inizio di un nuovo pro-

cesso unitario, favorito anche

da un ripensamento della CISL

delle proprie tesi collaborative.

5. Sessantotto e dintorniDopo gli anni della “guerra fred-

da” si apre, alla fine degli anni

‘50, la stagione del disgelo cui

seguirà una politica di disten-

sione internazionale, pur con

momenti di drammatica tensio-

ne come la crisi per i missili so-

vietici a Cuba, la costruzione del

Muro di Berlino e l’inizio della

“escalation” della guerra nel

Vietnam. In Italia, la mutata si-

tuazione internazionale favori-

sce l’inizio di una timida apertu-

ra a sinistra. Ma un primo gover-

no DC-PSDI presieduto da Fan-

fani è ben presto affondato e il

governo Tambroni, nel 1960, ot-

tiene la maggioranza in Parla-

mento grazie all’appoggio della

destra neofascista. Riconoscen-

te, Tambroni consente al MSI di

celebrare il proprio congresso a

Genova, città medaglia d’oro per

la Resistenza. Contro questa ve-

ra e propria provocazione, a

non molti anni dalla Liberazio-

ne, scoppiano a Genova e in tut-

to il Paese scioperi e imponenti

manifestazioni di massa, nel

corso delle quali la polizia spara

e uccide operai e giovani. Il go-

verno Tambroni è costretto a di-

mettersi il 19 luglio e si apre un

lungo periodo di mutamento

politico che porterà al governo

di centro-sinistra con la parteci-

pazione del PSI. All’inizio degli

Page 20: Aprile 2011

L’idea degli inserti di questogiornale poggia sul progettodi fornire elementi di cono-scenza, memoria, informa-zione che, senza pretesa nédi completezza né di qualitàscientifica, si propongonol’obiettivo di stimolare curio-sità, interessi e dibattito an-che, se necessario e comun-que sia il benvenuto, di scon-tro e confronto politico,ideologico e culturale. Alcuninumeri addietro abbiamorealizzato un inserto dedica-to alla storia dei comunistinella amministrazione co-munale di Foligno, specifica-mente nel suo periodo piùduro e difficile della ricostru-zione post bellica e della sot-tomissione del nostro paeseall’influenza interna dellaDemocrazia Cristiana edesterna degli Stati Unitid’America. Per questo nume-ro avevamo pensato di ripe-tere l’operazione appuntan-do l’attenzione sulla storiaparallela, ma fortemente in-terdipendente, dei comunistinell’azione sindacale e dun-que sulla storia del sindacatocomunista, la CGIL. Nella re-dazione del precedente in-serto avevamo avuto la for-tuna (guidata peraltro da una“memoria storica” della am-ministrazione comunale, Ro-berto Testa) di reperire negliarchivi della biblioteca co-munale una straordinaria(anche perché ma più ripetu-ta) pubblicazione del rendi-conto ai cittadini reso dallaprima amministrazione co-munale. Questa volta le ricer-che sono state straordinaria-mente (stesso termine insenso negativo) deludenti.Nonostante la preziosa e ge-nerosa collaborazione diun’altra “memoria storica”del sindacato, Feliciano Cer-

velli, e un’ulteriore collabora-zione documentale deglioperai della FIOM della OMA,che stanno ammirabilmentecercando di costruire una bi-blioteca sindacale, siamo riu-sciti a trovare solamente ma-teriali fotografici (anche seabbondantissimi), ma tuttiriferiti ai soli primi anni deldopo guerra. Ne è valsa a re-cuperare la memoria dellastoria della CGIL locale la ce-lebrazione del centenariodella nascita della Confede-razione (abbiamo acquisitoun’ottima pubblicazione,purtroppo però limitata alsolo periodo temporale dallanascita della Camera del La-voro di Foligno, primi del no-vecento, sino all’avvento del-la dittatura fascista che, percirca un ventennio, la ha con-dannata al silenzio). La delu-sione e il dispiacere sono no-tevoli, anche perché il mate-riale fotografico raccolto ciracconta con le immagini difenomeni di partecipazioneimpressionanti, non solo serapportati all’odierna (chia-miamola) disaffezione dimassa, ma anche in terminiassoluti per quei tempi equel territorio. Testimonian-ze di una realtà di lavoro, so-prattutto operaio e metal-meccanico di alto profiloprofessionale, unica nellanostra Regione e di rilevanzapersino nazionale (sorpren-dente indice in tal senso è lapresenza del sindaco di Bo-logna, il “sindaco” per anto-nomasia Dozza, in testa a uncorteo del 1 maggio a fiancodel sindaco di Foligno Fitta-ioli). Ringraziamo ovviamen-te la famiglia di uno dei prin-cipali artefici della Cameradel Lavoro di Foligno, Vin-cenzo Loreti, che ci ha alme-no consentito di ricordarne,

anche se per brevi cenni, lavita e l’azione. Questo inser-to si chiude quindi, delibera-tamente, con una quarta pa-gine “tronca”; bianca com’èbianca (sbiancata?) la memo-ria delle lotte sindacali dellanostra città. L’augurio chequesta “denuncia” provochiuna benefica reazione e chine ha il dovere, per memoriapersonale e per ruolo, perchési impegni a colmare questagravissima lacuna. Abbiamofesteggiato i 150 anni dal-l’Unità d’Italia celebrandoanche, con abbondanza dimateriali, ricerche e studi,importanti personaggi dellanostra città che hanno vissu-to e contribuito a queglieventi remotissimi. Cosa ne èdella nostra storia più recen-te, quella che realmente econcretamente ha creato ipresupposti del nostro oggi?Vengono in mente i tempidella scuola primaria e infe-riore quando gli scolari veni-vano tempestati dalla narra-zione delle gesta eroiche delrisorgimento sino all’irre-dentismo della prima guerramondiale, quella “grande”,quella vinta dall’Italia, men-tre veniva calata una cortinadi silenzio sul più recentepassato della dittatura fasci-sta, della resistenza e dellanascita della Repubblica.Stiamo forse tornando a queitempi di oscurantismo ideo-logico e culturale? Ci augu-riamo di no e, quindi, confi-diamo che coloro che posso-no e che debbono facciano illoro dovere. Ci impegniamoquindi a tornare sul temadelle lotte sindacali che han-no interessato il nostro terri-torio a partire dal secondodopoguerra non appena di-sporremo dei materiali oggimancanti.

IV

La storia “dimenticata” della CGIL di Foligno

lavoro, partì a piedida Capodacqua perparteciparvi e inter-venire portando ilsuo pensiero. Il Sin-daco Italo Fittaioli,presente all’Assem-blea, rimase colpitodal suo intervento,volle conoscere ilgiovane e, intuitoneil coraggio, l’entu-siasmo e le capacità,lo indirizzo allaScuola di Partitopassaggio allora ne-cessario per l’iscri-zione al Partito Co-munista (varrà di ricordareche la scuola di partito delPCI non era affatto un luogodi becero indottrinamento,ma una vera e propria “uni-versità” per la solida prepara-zione culturale e scientificadei futuri quadri politici, sin-dacali e amministrativi delPCI. A quella scuola insegna-vano i più qualificati docenti,anche di livello universitario edi fama internazionale. Al-l’epoca fare parte del PartitoComunista era una prerogati-va di tutti i maggiori espo-nenti della cultura, dellascienza e dell’arte italiani). Daquel momento in poi Loretilavorò nel PCI e nel 1952 en-trò a far parte della CGIL conl’incarico di seguire il patro-nato INCA, successivamentele vertenze e i contratti. Inquel periodo era segretariodella Camera del Lavoro diFoligno Paolo Ortolani (perchi ne ha ancora memoria,detto “Peppoletta”). Nel 1958Loreti assunse l’incarico di se-greteria della Camera del La-voro, della quale divenne se-gretario nel Congresso del1965 e vi rimase sino al 1975.Il Partito Comunista di Foli-gno iniziava allora un lungo

percorso di mutazione gene-tica con l’ingresso massicciodi “quasi” comunisti e il pro-gressivo depotenziamento eallontanamento dei quadristorici. In forte e aperto con-trasto con questa grave deri-va ideologica, che dal Partitoera ricaduta anche sul suosindacato, Loreti si dimisedalla carica di segretario dellaCamera del Lavoro e, senzapretese (né, va detto, minimeofferte di aiuto), tornò almondo del lavoro, anche con-correndo per un posto di“spazzino” nell’azienda mu-nicipalizzata. Emblematica laspecifica circostanza che por-tò alla rottura con la nuovadirigenza del Partito e del sin-dacato: l’occupazione da par-te di lavoratori a rischio diposto di lavoro della sala delConsiglio Comunale. L’Am-ministrazione “comunista”reagì con una denuncia pena-le e, come detto, con la so-stanziale cacciata dell’ “agita-tore” sindacalista responsabi-le. L’Amministrazione, cioèl’esercizio del “potere”, avevasopraffatto il Partito e lo stes-sa cosa si apprestava a fareanche con il sindacato dei la-voratori.

Vincenzo Loreti è nato a Foli-gno il 6 gennaio 1928. Rima-sto orfano di padre insiemead altri due fratelli (che com-plessivamente avevano 8 an-ni), a causa della povertà incui si era venuta a trovare lafamiglia, venne affidato aglizii paterni che abitavano aRoma. Nel 1937 tornò a Ca-podacqua con la madre, chenel frattempo si era risposa-ta, e completò gli studi fre-quentando la quinta elemen-tare. Iniziò quindi a lavorarenell’agricoltura e al taglio del-la legna per aiutare la fami-glia. Nel 1939 dotato di amo-re per il sapere e fornito diun’arguta intelligenza siiscrisse a Foligno alla scuoladi avviamento industrialeconseguendo ottimi risultati.Sopraggiunta la guerra, nel1940 fu costretto a sospende-re gli studi che riprese al ter-mine della guerra. Nel 1943,giovanissimo, iniziò l’attivitàdi partigiano portando viverie medicinali ai compagni na-scosti nei boschi. Tra il ’49 e il’51, tornato dal servizio mili-tare, riprese a lavorare nellacampagna per i “padroni”della zona, continuando aleggere ogni genere di librisul partito comunista. In que-sto periodo visse la sofferen-za del lavoratore della terra,del suo sfruttamento e sentìl’esigenza di lottare per laconquista dei diritti dei lavo-ratori. Già dal 1° maggio del1951 riuscì a far rispettare laFesta dei Lavoratori, coinvol-gendo tutti i suoi compagni anon lavorare e a farsi retribui-re la giornata come di diritto,pur sapendo che il giornosuccessivo sarebbero stati li-cenziati, e così accadde. Nel1951, venuto a conoscenzache a Foligno c’era una riu-nione sulle problematiche del

Senza memoria non c’è consapevolezza del presente e tanto menoci può essere progetto per il futuro