Applicazioni di idrogeli di peptidi...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA BIOMEDICA
Tesina
Applicazioni di idrogeli di peptidi
auto-assemblanti
Relatrice:
Prof.ssa MONICA DETTIN
(Dipartimento di Ingegneria Industriale)
Laureanda: FEDERICA GIRARDI
25 Luglio 2013
Anno Accademico: 2012/2013
Abstract
Argomento di questa tesi sono le applicazioni di nuovi biomateriali: gli idrogeli di
peptidi auto-assemblanti. Dopo un’introduzione sull’ingegneria tessutale e sui
biomateriali attualmente in uso, la tesi si focalizza sugli idrogeli auto-assemblanti e
sulle loro applicazioni in campo biomedico. La rigenerazione e il recupero dei tessuti
sono una grande sfida per la medicina in quanto sono in grado di influenzare in modo
incisivo la qualità della vita dei pazienti. Questo elaborato cerca di porre l’attenzione, in
particolar modo, sulla realizzazione di scaffold per la crescita di tessuto nervoso,
cartilagineo, osseo e cardiaco e sull’applicazione di idrogeli di peptidi auto-assemblanti
come vettori per la veicolazione di farmaci (drug delivery) e di cellule.
Indice
Prefazione.………....................................................................................... I
1. Capitolo 1: Ingegneria tissutale e utilizzo di peptidi
auto-assemblanti…………………...………………………………………
1
1.1 Ingegneria Tissutale……………………………………………………….. 1
1.2 Peptidi auto-assemblanti…………………………………………………... 2
1.3 Gli Scaffold e i materiali per la loro realizzazione………………………… 4
2. Capitolo 2: Applicazioni di Idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei
tessuti…………………………………………………………………….…
9
2.1 Tessuto Nervoso……………………………………………………………. 9
2.1.1 ECM e Scaffold neurali……………………………………………..... 11
2.1.2 Traumi, lesioni e problematiche nel sistema nervoso………………... 14
2.1.3 Idrogeli di peptidi auto-assemblanti per la rigenerazione neurale….... 16
2.1.3.1 Rigenerazione del nervo ottico…………………………….. 18
2.2 Tessuto Cartilagineo………………………………………………………. 20
2.2.1 Patologie della cartilagine articolare………………………………… 21
2.2.2 Riparazione della cartilagine con idrogeli di peptidi auto-assemblanti 23
2.3 Tessuto Osseo……………………………………………………………... 25
2.3.1 Malattie delle ossa…………………………………………………… 26
2.3.2 Rigenerazione del tessuto osseo con idrogeli di peptidi
auto-assemblanti…………………………………………………………...
28
2.4 Tessuto Cardiaco………………………………………………………….. 30
2.4.1 Problematiche cardiache…………………………………………….. 31
2.4.2 Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti………………... 34
3. Capitolo 3: Idrogeli come Drug delivery system…...…………………… 37
3.1
Drug delivery Sistems……………………………………………………... 37
3.2
Idrogeli in applicazioni di drug delivery………………………………… 38
3.3 Migliorare la fornitura di Idrogel………………………………………….. 39
3.4 Applicazioni in Drug delivery……………………………………………... 41
4. Capitolo 4: Idrogeli di peptidi auto-assemblanti utilizzati nel delivery
di cellule…..………………………………………………………………...
45
4.1 La terapia cellulare…………………………………………………………
45
4.2
Possibili applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nel delivery
di cellule……………………………………………………………………
46
Conclusioni………………………………………………………………...
51
Abbreviazioni………………………………………………………………
53
Bibliografia………………………………………………………………...
55
Elenco delle tabelle e delle figure………..……………………………….. 63
Prefazione
I traumi costituiscono una delle principali cause di morte della popolazione mondiale e
la principale causa di decessi nella popolazione giovanile dei paesi industrializzati.
L’alta incidenza dei traumatismi come causa di decesso o di danni fisici, cognitivi e
comportamentali permanenti costituisce un grave problema per la società e un pesante
onere economico, sociale e psicologico che coinvolge non solo le vittime, ma anche i
familiari e il sistema sanitario [1]. Nonostante i continui progressi tecnologici avvenuti
in campo biomedico da circa gli anni ottanta del secolo scorso, la sostituzione di organi
danneggiati a causa di traumi e/o malattie rimane un problema fondamentale per la
moderna medicina. Generalmente i problemi di fondo sono dovuti agli elevati costi e
troppo spesso all’inefficienza delle terapie applicate. Ad aggravare la situazione si
aggiunge il fatto che naturalmente il trapianto d’organi è limitato dall’insufficienza di
donatori e dai problemi di compatibilità, mentre l’uso di organi artificiali è limitato per
motivi tecnici ancora irrisolti.
In questo panorama, grandi aspettative vengono riposte nella medicina rigenerativa e
nell’ingegneria tissutale che mirano a riparare e rigenerare cellule, tessuti e organi
compromessi da malattia. Tra i biomateriali innovativi più promettenti vi sono gli
idrogeli di peptidi auto-assemblanti utilizzati come scaffold per i tessuti nervosi, come
nanofibre iniettabili per creare un ambiente intramiocardico per la crescita delle cellule
endoteliali, e come matrici per la riparazione dei tessuti cartilaginosi [2]. Inoltre tali
idrogeli sono stati proposti come vettori per drug delivery -somministrazione di
farmaci-. In particolare recentemente è stata ottimizzata la cinetica di rilascio di farmaci
da parte di idrogeli, ampliando le tipologia dei farmaci che possono esserne veicolati.
Un terzo campo in cui gli idrogeli di peptidi auto-assemblanti hanno trovato impiego è
il delivery di cellule nell’ambito delle terapie cellulari che rappresentano un approccio
alternativo e promettente rispetto alla somministrazione di farmaci.
Capitolo 1
Ingegneria tissutale e utilizzo di peptidi
auto-assemblanti
1.1 Ingegneria Tissutale
L’ingegneria tissutale è un campo di ricerca interdisciplinare che unisce le conoscenze
dell’ingegneria con quelle della chimica, della fisica, della matematica, della biologia e
della medicina al fine di capire le relazioni struttural-funzionali dei tessuti sani o malati
del corpo umano, nel tentativo di creare sostituti biologici in grado di ripristinare,
migliorare o mantenere il funzionamento dei tessuti viventi. A conferma di ciò, una
prima definizione di ingegneria tissutale è stata data dal Dr.Langer:
"an interdisciplinary field that applies the principles of engineering and life sciences
toward the development of biological substitutes that restore, maintain, or improve
tissue function or a whole organ" [3]
Negli ultimi trent’anni sono state sempre più numerose le pubblicazioni e le
argomentazioni riguardanti questo settore in evoluzione che si pone come obiettivo la
rigenerazione di tessuti del corpo (tessuto nervoso, cardiaco, epiteliale, cartilagineo)
attraverso la coltivazione di cellule su apposite strutture dette scaffold, per consentire la
produzione di nuovo tessuto conseguendo così il fine di eliminare la necessità
dell’utilizzo di protesi per ridare funzionalità ad organi e tessuti lesionati.
Una sfida nel campo dell’ingegneria tissutale è quella di seminare e coltivare cellule su
scaffold tridimensionali, biodegradabili e bioriassorbibili, nei quali la dimensione e
l'interconnettività dei pori sono parametri importanti; ciò dovrebbe consentire una
migliore migrazione delle cellule nei pori, l’apporto di elementi nutritivi e lo scambio di
gas. Il successo della penetrazione cellulare all’interno dello scaffold è spesso
2 Capitolo 1
determinato dall’efficienza della tecnica di semina e dalle condizioni di coltura che
svolgono un ruolo cruciale nell’ adesione e distribuzione cellulare sullo scaffold [4].
L’uso di biomateriali nell’ambito della Tissue engineering è in forte crescita. Recenti
studi hanno sottolineato quanto siano fondamentali le proprietà fisiche e le dimensioni
degli stessi biomateriali che devono essere capaci di imitare le naturali interazioni
cellula-ECM.
1.2 Peptidi auto-assemblanti
Negli ultimi anni è cresciuto sempre più l’interesse e l’utilizzo di peptidi auto-
assemblanti come scaffold per la crescita cellulare. L’interesse per questi peptidi è
maturato grazie alla loro caratteristica di auto-aggregazione e di capacità di formare
strutture 2D e 3D.
I peptidi auto-assemblanti sono una particolare classe di molecole caratterizzate dalla
capacità di organizzarsi spontaneamente in strutture ordinate e stabili, in condizioni di
equilibrio termodinamico, grazie alla formazione di legami non covalenti, come legami
a idrogeno e ionici, interazioni idrofobiche e le forze di Van der Waals.
Zhang negli anni ’90 ha classificato questi peptidi in cinque classi:
-Tipo I (“molecular Lego”): formano idrogeli che vengono utilizzati per creare
scaffolds;
-Tipo II (“molecular switch”);
-Tipo III (“molecular hook” e “molecular velcro”): utilizzati nei trattamenti superficiali;
- Tipo IV (“molecular capsule”): finalizzati al trasporto di geni e proteine;
- Tipo V (“molecular cavity”): per la biomineralizzazione.
I peptidi auto-assemblanti sintetici possono essere derivati da proteine naturali oppure
sintetizzati ad hoc. Sono comunque formati da una zona idrofilica e una idrofobica e
hanno la capacità di aggregarsi in soluzione acquosa. L’auto-assemblaggio è dovuto sia
alla natura dei singoli amminoacidi, sia alla loro posizione nella sequenza. È quindi
Ingegneria tissutale e utilizzo di peptidi auto-assemblanti 3
possibile ottenere una determinata struttura secondaria scegliendo e predisponendo
opportunamente gli amminoacidi. I peptidi auto-assemblanti, per aggregare, devono
possedere due caratteristiche fondamentali: la complementarietà (cioè la ripetizione di
una determinata distribuzione di carica all’interno della sequenza) e la compatibilità
strutturale. Queste esigenze sono perfettamente rispettate dai peptidi ionico
complementari, essi si distinguono infatti per l’alternanza di residui positivi e negativi.
Inoltre in conseguenza a questa sequenza ordinata di cariche, derivano particolari
interazioni elettrostatiche che i peptidi utilizzano, insieme alle forze di Van der Waals e
ai legami a idrogeno, per regolare l’auto-aggregazione molecolare (figura 1.1).
Fig.1.1 Schema di auto-assemblaggio del peptide attraverso interazioni
idrofobiche e ionico-complementari.
Argomento di questa tesi sono i peptidi di tipo I, in quanto specifici per la formazione di
scaffold. Essi assumono generalmente, in soluzione acquosa, una struttura secondaria di
tipo β-sheet, caratterizzata da una faccia a carattere ionico con catene laterali cariche
positivamente e negativamente e una faccia idrofobica. Proprio grazie a interazioni
elettrostatiche come già detto, i piani β-sheet possono assemblarsi in strutture
tridimensionali. Infine, fatto da non sottovalutare è che l’auto-assemblaggio dipende da
vari fattori quali il Ph, il tempo, la concentrazione, la sequenza peptidica e la presenza e
tipologia di sale per cui si ha maggior efficacia per la formazione di membrane con
l’utilizzo di (in ordine decrescente): Li+>Na+>K+>Cs+.
4 Capitolo 1
1.3 Gli Scaffold e i materiali per la loro realizzazione
Gli scaffold sono strutture che fungono da matrice extracellulare (ECM) e organizzano
le cellule in strutture tridimensionali rilasciando sostanze stimolanti, che dirigono la
crescita e la formazione del tessuto desiderato. Lo scaffold oltre a fornire una struttura
di supporto deve essere in grado di far accrescere e diversificare le cellule che vengono
fatte attecchire e deve rispondere a precise caratteristiche meccaniche a seconda del
tessuto che si vuole rigenerare.
Lo scaffold ideale biologicamente compatibile in grado di promuovere l’adesione e la
crescita cellulare, dovrebbe rispondere a vari criteri:
Le unità di base dovrebbero essere suscettibili di modifiche per rispondere a
specifiche esigenze;
Lo scaffold dovrebbe presentare una velocità controllata di biodegradazione;
Non dovrebbe essere citotossico;
Dovrebbe possedere proprietà che promuovono interazioni cellula-substrato;
Dovrebbe suscitare una minima risposta infiammatoria;
Dovrebbe essere chimicamente compatibile con soluzioni acquose e condizioni
fisiologiche. [5]
Nella progettazione degli scaffold nell’ingegneria tissutale bisogna tener conto non solo
dei diversi requisiti sopra citati ma anche del materiale utilizzato per produrli. In base al
tipo di tessuto da ricreare e alle sue specifiche applicazioni infatti, verranno utilizzati
materiali differenti.
Le caratteristiche principali dei materiali da utilizzare sono la biocompatibilità, non è
auspicabile infatti la creazione di una risposta indesiderata da parte dell’organismo, e la
biodegradabilità in modo da essere riassorbibili simultaneamente alla crescita dei nuovi
tessuti in un tempo ragionevole, senza rilasciare prodotti tossici per l’organismo.
Tra i materiali che possiedono queste caratteristiche e che sono potenzialmente
utilizzabili per la creazione di scaffold troviamo:
Ingegneria tissutale e utilizzo di peptidi auto-assemblanti 5
-metalli (acciai inossidabili, leghe di cobalto, leghe di titanio);
-ceramici (biovetri, alluminia, fosfato di calcio);
-polimeri naturali;
-polimeri sintetici;
-compositi;
-idrogel.
Metalli
In passato sono stati ampiamente utilizzati impianti in metallo in ambito chirurgico, in
particolare in ambito ortopedico costituendo grandi passi avanti per la medicina.
Nonostante tutto possiedono degli svantaggi per l’ingegneria tissutale in quanto non
sono biodegradabili e hanno una lavorabilità limitata.
Ceramici
Hanno buona resistenza meccanica, un’elevata durezza e buone proprietà tribologiche
ma hanno elevati costi di produzione e sono troppo fragili. Le bioceramiche come
l’idrossiapatite, i biovetri attivi, le ceramiche calcio-fosfato, hanno un buon
comportamento biocompatibile e bioattivo e per questo sono state utilizzate come
riempitivi per le ossa.
Polimeri
I polimeri naturali come il collagene, i glicosamminoglicani (GaGs), chitina e chitosano
sono stati utilizzati per riparare nervi, pelle, cartilagine ed ossa. I biomateriali naturali
possono simulare molto bene l’ambiente cellulare naturale, tuttavia la diversità e
complessità degli stimoli che producono non consentono di avere il pieno controllo
sullo sviluppo e sulla differenziazione cellulare, inoltre le loro scarse proprietà
meccaniche ne hanno limitato l’uso per la produzione degli scaffold. In soluzione a
questi problemi sono stati sviluppati molti polimeri sintetici come polianidridi, l’acido
poliglicolico (PGA), l’acido polilattico (PLA) e il policaprolattone (PCL).
6 Capitolo 1
Compositi
Costituiti da due o più elementi su scala microscopica o macroscopica. Qualora
vogliano essere utilizzati come biomateriali è necessario che ogni componente del
composito sia biocompatibile e che l’interfaccia tra i costituenti non costituisca un punto
particolarmente debole rispetto all’attacco da parte di fluidi biologici con i quali viene a
contatto. Vengono utilizzati come riempitivi per protesi odontoiatriche e ortopediche e,
uniti ai polimeri hanno grandi vantaggi vista l’enorme varietà di proprietà, composizioni
e morfologia.
Idrogel
Gli idrogel sono una classe di materiali polimerici idratati (il loro contenuto d’acqua è
maggiore del 30% del peso) che vengono utilizzati per varie applicazioni in campo
biomedico in particolare per la costruzione di scaffold.
Essi sono composti da catene polimeriche idrofile, che possono essere di origine
naturale o sintetica. L’integrità strutturale degli idrogel dipende da legami incrociati
(cross-linking) formati da catene polimeriche (covalenti) e da interazioni fisiche (non-
covalenti). Il processo di reticolazione del polimero in soluzione, che porta alla
formazione di compartimenti rigonfi d’acqua (pori) e quindi alla formazione
dell’idrogel vero e proprio, se non è spontaneo, può essere innescato da agenti esterni.
Esistono infatti due principali metodi di polimerizzazione: cross-linking fisico e cross-
linking chimico. Il cross-linking fisico prevede la regolazione di parametri quali la
pressione, la temperatura, il volume, al fine di innescare particolari processi grazie a cui
viene a formarsi una reticolazione senza aggiunta di agenti chimici (cross-linkers). Un
notevole svantaggio di questo metodo però è il fatto che gli idrogeli presentano delle
disomogeneità interne, dovute alla creazione di domini determinati da interazioni
idrofobiche o ioniche. Il cross-linking chimico invece prevede la formazione di legami
covalenti fra le catene del polimero. Per ottenere ciò vengono usate varie metodologie
quali le reazioni indotte da reagenti chimici, e ben più rilevanti, l’irraggiamento gamma
e l’irraggiamento ultravioletto che garantiscono brevi tempi di reticolazione e risultano
convenienti in quanto conferiscono all’idrogel ottime proprietà meccaniche. In breve, la
sostanziale differenza fra idrogeli chimici e fisici (comuni gel), sta nel diverso
Ingegneria tissutale e utilizzo di peptidi auto-assemblanti 7
comportamento assunto in soluzioni acquose: quelli fisici dal momento che sono
sprovvisti di forti legami tra le catene, in acqua diventano solubili, quelli chimici invece,
sono insolubili a causa dei legami covalenti.
Gli idrogel utilizzati negli scaffold sono tipicamente biodegradabili, hanno proprietà
strutturali e meccaniche simili all’ECM di molti tessuti e possono essere impiantati in
maniera poco invasiva. I materiali che possono essere usati per formare idrogel per
scaffold sono molto vari, alcuni di questi sono tra i polimeri sintetici: l’acido poliacrilico
(PAA), il polivinilpirrolidone (PVP), il polivinil alcol (PVA) e i polipeptidi.
Fig.1.2 Struttura chimica del monomero e del polimero di PVA. Carbonio (grigio),
ossigeno (rosso) idrogeno (bianco), azoto (azzurro). Il colore magenta indica la
continuazione della catena.
Fig.1.3 Struttura chimica del monomero e del polimero di PVP. Carbonio (grigio),
ossigeno (rosso) idrogeno (bianco), azoto (azzurro). Il colore magenta indica la
continuazione della catena.
8 Capitolo 1
Tra i polimeri naturali da cui si possono ricavare idrogel ci sono l’alginato, il chitosano,
il collagene, la fibrina, l’acido ialuronico (HA).
Gli idrogel sintetici sono molto utilizzati nell’ingegneria tissutale in quanto le loro
proprietà chimiche sono facilmente controllabili e riproducibili.
I polimeri sintetici possono essere prodotti con pesi molecolari specifici, strutture a
blocchi, legami degradabili e, proprio queste proprietà, determinano le dinamiche di
formazione del gel, la densità dei legami incrociati e le proprietà meccaniche e di
degradabilità del materiale.
Gli idrogel derivati da polimeri naturali sono spesso utilizzati in applicazioni di
ingegneria tissutale in quanto possiedono componenti o proprietà macromolecolari
simili all’ECM naturale. Il collagene ad esempio è la proteina più presente nei tessuti
delle ECM dei mammiferi. Si possono inoltre creare fibre di collagene e scaffold con
delle proprietà meccaniche migliorate dall’introduzione di vari reticolati chimici
(gluteraldeide, formaldeide), da trattamenti fisici e dal legame con altri polimeri.
Gli idrogel hanno differenti applicazioni nell’ambito dell’ingegneria tissutale tra i quali
scaffold più o meno complessi e trasportatori di molecole bioattive; inoltre, vengono
applicati alle cellule da trapiantare e in pratica possono venire utilizzati per la
formazione di praticamente ogni tessuto corporeo inclusi ossa, nervi, cartilagine e
muscoli lisci [6].
Capitolo 2
Applicazioni di Idrogeli di peptidi
auto-assemblanti nei tessuti
2.1 Tessuto Nervoso
Il tessuto nervoso è composto sostanzialmente da due tipi di cellule: i neuroni e le
cellule di sostegno che costituiscono a seconda della grandezza, la nevroglia e la micro
nevroglia. I neuroni (figura 2.1.1) sono le unità strutturali e funzionali del sistema
nervoso, ognuno di essi costituisce un centro di regolazione e integrazione degli impulsi
provenienti da diverse cellule nervose.
Fig.2.1.1 Rappresentazione della struttura di un neurone.
10 Capitolo 2
Ogni cellula sviluppa le proprietà di irritabilità (capacità di trasformare in impulsi
nervosi le informazioni provenienti dall’esterno) e conducibilità (capacità di trasmettere
i segnali nervosi ad altre parti della stessa cellula). Ci sono tre tipi di neuroni:
sensitivi o afferenti: portano gli impulsi dai recettori periferici al sistema
nervoso centrale (SNC);
motori o efferenti: portano gli impulsi dal SNC agli effettori periferici;
di connessione: trasmettono i segnali all’interno del SNC.
Sono formati da un corpo cellulare centrale (pirenoforo o soma) provvisto di nucleo e
citoplasma e di lunghi prolungamenti tra cui i dentriti e l’assone. L’assone ha funzione
centrifuga, serve infatti per trasportare i segnali in zone distanti dal corpo cellulare. I
dentriti invece hanno funzione centripeta, trasmettono infatti le informazioni provenienti
dall’ambiente esterno o da altri neuroni verso il corpo cellulare dove vengono
trasformati in impulsi nervosi. I dentriti sono più corti degli assoni e determinano il
collegamento tra cellule neurali. Il contatto tra cellule nervose non avviene in modo
diretto ma attraverso particolari strutture dette sinapsi, attraverso cui vengono trasmessi
gli impulsi nervosi. Le sinapsi sono particolari zone, delimitate dalla membrana
presinaptica del neurone trasmettitore e dalla membrana postsinaptica del neurone
ricevente, che assicurano il collegamento funzionale tra i neuroni e tra ogni neurone e le
cellule degli organi effettori, quali cellule epiteliali, cellule connettivali, cellule
muscolari, ecc. L’impulso elettrico in arrivo provoca il rilascio di un neurotrasmettitore,
generalmente di natura chimica, che si combina con i recettori di membrana
postsinaptica inducendo un segnale elettrico che viene trasmesso al neurone ricevente.
Una volta trasmesso il segnale, lo spazio sinaptico viene liberato e preparato a ricevere
l’impulso successivo [7]. Infine, il sistema nervoso non contiene solo neuroni ma anche
vasi sanguigni, tessuto connettivo di sostegno (sistema nervoso periferico -SNP-) e la
nevroglia composta da cellule gliali, che non fungono solo da isolante tra neuroni ma si
occupano anche di trasferire impulsi nervosi tra le cellule.
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 11
2.1.1 ECM e Scaffold neurali
Il sistema nervoso centrale è un tessuto molto complicato se messo a confronto con altri
organi del corpo umano, in quanto non solo ha una particolare struttura della ECM ma
ha anche molte proprietà fisiche particolari. Ad esempio, il tessuto nervoso cerebrale ha
un modulo elastico di circa 500 Pa, esiguo rispetto al modulo elastico dei muscoli di
circa 104 Pa o a quello delle ossa di circa 109-1010 Pa [8]. Queste differenze nelle
proprietà meccaniche, nella struttura e nella composizione dell’ECM hanno notevoli
effetti sulle funzioni cellulari. La composizione dell’ECM nel sistema nervoso centrale
è nettamente differente dalla composizione dell’ECM di altri organi, infatti solitamente
si ha una prevalenza di fibronettina e collagene ma in questo caso essi sono
praticamente assenti, al contrario si trova un’abbondanza di proteoglicani posti in spazi
intracellulari tra neuroni e cellule gliali. Nel cervello inoltre si trova una particolare
ECM detta rete perineurale (perineuronal net -PNN-) composta soprattutto da
proteoglicani, acido ialuronico, tenascina-C e tenascina-R. Questa matrice non ha solo il
compito di fungere da supporto fisico e biochimico ma permette anche le cruciali
funzioni omeostatiche per la sopravvivenza delle cellule. Sulla base di queste
conoscenze sono stati valutati vari tipi di idrogeli capaci di imitare le caratteristiche
biochimiche e meccaniche del sistema nervoso centrale al fine di essere applicati come
sostituti. Questi includono derivati di idrogeli come collagene, acido ialuronico (HA) e
idrogeli peptidici oltre a idrogeli sintetici, per esempio poliacrilammide e glicole
polietilenico (PEG) e altri elencati nella tabella 1.
12 Capitolo 2
Tabella.1 Idrogeli utilizzati per la rigenerazione neuronale [9].
Hydrogel Gelation mechanism Comments Polyacrylamide Chemical crosslinking + Adjustable mechanical properties
+ Easy control of architecture and chemical composition + Non-immunogenic - Non-biodegradable - Non-neuronal permissive - Neurontoxicity
PEG Photocrosslinking or Chemical crosslinking
+ Highly biocompatibile + Non-immunogenic + Neuro-protective - Too hydrophilic - Non-biodegradable
Collagen PH and temperature sensitive, Chemical crosslinking
+ Highly biocompatibile + Injectable - Possible immunogenic - Lower mechanical properties
HA Chemical crosslinking + Highly biocompatibile + Injectable + Non-immunogenic + Chemically modifiable - Highly hydrophilic
Agarose Thermosensitive + Injectable - Non-neuronal permissive - Lacking cell binding domain - Non-naturally enzymatically degradable
Arginate Ionic crosslinking + Easy to crosslink (Ca2+, Mg2+…) + Injectable - Net negative charge inhibiting protein adsorption - Non-naturally enzymatically degradable
Chitosan Ionic and/or Chemical crosslinking, Thermosensitive
+ Highly biocompatibile + Easy modification + Injectable - Only soluble in dilute acid - Inflammatory response
Fibrin Enzymatic crosslinking + Highly biocompatibile + Injectable + Chemically modifiable + Incorporation of bioactive signaling molecules + Enzymatic degradation
Methylcellulose Thermosensitive + Injectable - Limited protein adsorption - Non-naturally enzymatically degradable
Matrigel Thermosensitive + Injectable + Highly biocompatibile - From mouse tumor cells - Immunogenic - Not sure about exact composition
PolySia-based Hydrogels
Diepoxyoctane crosslinking
+ Bioresorbable + Immunological inertness + Highly specific degradation
Peptide hydrogel PH, temperature and ionic strength sensitive
+ Injectable + Highly biocompatibile - Low mechanical properties
Xyloglucan Thermosensitive + Injectable - Difficult to make
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 13
Le proprietà di questi idrogeli, quali la rigidezza, le caratteristiche morfologiche e
strutturali, influenzano il comportamento delle cellule per quanto concerne il loro
movimento, la loro differenziazione, migrazione e proliferazione e il loro attecchimento.
Gli idrogeli utilizzati per la rigenerazione del sistema nervoso dovrebbero essere in
grado di promuovere la sopravvivenza cellulare cercando allo stesso tempo di
mantenere le funzioni principali delle cellule. Essi dovrebbero permettere la
penetrazione cellulare e la crescita dei neuroni e naturalmente dovrebbero avere
proprietà meccaniche simili a quelle dell’ECM nativa così che le cellule all’interno
dell’idrogel riescano a ricevere appropriate informazioni durante la crescita. La figura
2.1.2 sottostante mostra le varie caratteristiche desiderate per uno scaffold ideale per la
rigenerazione neurale.
Fig. 2.1.2 Proprietà di uno scaffold ideale [10].
14 Capitolo 2
2.1.2 Traumi, lesioni e problematiche nel sistema nervoso
Le lesioni del sistema nervoso centrale che colpiscono circa 2 milioni di persone
all’anno [11], possono essere determinate da lesioni fisiche o interruzioni neurologiche,
spesso infatti si ha la perdita di corpi cellulari neurali, assoni e relativi supporti gliali. Le
lesioni fisiche non sono rare e comprendono lesioni dovute a resezione di tumori come
neuroma acustico e meningioma del nervo ottico, e altre tra cui lesioni traumatiche al
cervello (traumatic brain injury -TBI-) e lesioni alla spina dorsale (spinal cord injury -
SCI-). Non sono meno frequenti le malattie neurodegenerative come ictus cerebrale
(brain stroke), morbo di Parkinson (Parkinson’s disease -PD-), Alzheimer (Alzheimer’s
disease) e sclerosi multipla [12]. In tali patologie talvolta viene lesa significativamente
solo la sostanza grigia (insieme dei corpi neuronali presenti nel SNC), così che i disturbi
sensoriali e muscolari rimangono confinati ai tessuti che scambiano segnali con i
neuroni del livello colpito del midollo spinale senza alterare molto le funzioni al di sotto
di tale livello. In altri casi invece viene distrutta anche la sostanza bianca (assoni
neuronali riuniti in fasci e ricoperti dalla mielina) di un segmento midollare, la lesione
interrompe i segnali in verticale impedendo ai messaggi che hanno origine nel cervello
di propagarsi al di sotto dell’area danneggiata e impedendo altresì ai segnali sensoriali
che provengono da sotto la lesione di diffondersi al cervello. La lesione meccanica,
purtroppo non rimane in situ, ma conseguentemente ad essa avviene una propagazione
longitudinale attraverso la sostanza grigia fino poi alla sostanza bianca che porta una
progressiva situazione di malfunzionamento. Gli assoni danneggiati diventano monconi
privi di collegamenti e le loro estremità troncate iniziano a disintegrarsi. In molti casi gli
assoni rimangono intatti ma diventano inutilizzabili a causa della perdita del
rivestimento mielinico isolante. Al posto dei neuroni, degli assoni o delle cellule, si
forma una cavità piena di liquido, o cisti, e le cellule gliali proliferano in modo
anomalo, formando la cicatrice gliale. Insieme, cisti e cicatrici, rappresentano una
barriera impenetrabile per gli assoni recisi. Il deterioramento secondario del tessuto è
dovuto ad un rigonfiamento dei vasi sanguigni che lesionati, non apportano più sostanze
nutritive e ossigeno alle cellule, causando la morte di molte di esse. Inoltre le cellule, gli
assoni e i vasi sanguigni liberano sostanze chimiche tossiche che vanno a colpire le
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 15
cellule sane limitrofe. Per migliorare queste problematiche si è cercato di concentrarsi
sul processo di riparazione del tessuto cercando di stimolare la rigenerazione degli
assoni danneggiati, inducendo così il loro allungamento e la riconnessione con le
appropriate cellule bersaglio.
Fig.2.1.3 Processo di rigenerazione di un nervo lesionato nel SNC (A) con
formazione delle cicatrice gliale e processo di guarigione nel SNP (B) mediato da
cellule di Schwann, macrofagi e monociti [13].
16 Capitolo 2
È importante evidenziare comunque che dal punto di vista della riparazione delle
lesioni, il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema nervoso periferico (SNP)
rispondono diversamente; se infatti nel SNP gli assoni sono spesso in grado di
ricrescere, nel SNC raramente si è osservata un’autoriparazione del tessuto danneggiato
giustificando disfunzioni permanenti susseguite a lesioni e malattie (figura 2.1.3).
Inoltre è fondamentale la presenza di fattori estrinseci nel SNP che mancano invece nel
SNC come le cellule di Schwann che sono in grado di fornire nutrimento, provvedere
alla mielinizzazione degli assoni rigenerati; sintetizzano inoltre i fattori neurotrofici che
favoriscono la sopravvivenza neuronale e la crescita assonale e danno origine a strutture
indispensabili nel processo di rigenerazione: le bande di Bungner, che orientano la
crescita degli assoni. Tali cellule sono assenti nel SNC, dove vi è invece
sovrabbondanza di molecole, alcune delle quali presenti nella mielina, che inibiscono
attivamente la rigenerazione degli assoni [13].
2.1.3 Idrogeli di peptidi auto-assemblanti per la rigenerazione neurale
Per cercare di ridurre o comunque migliorare le problematiche citate nel paragrafo
precedente si sono utilizzati idrogeli di peptidi auto-assemblanti. Il più utilizzato nella
produzione di scaffolds di nano fibre auto-assemblate (SAPNs) per la coltura di cellule
neurali è il RAD 16-I (sequenza H-Ala–Arg-Ala-Arg-Ala-Asp-Ala-Asp-Ala-Arg-Ala-
Arg-Ala-Asp-Ala-Asp-NH2) coniugato ad una sequenza adesiva della laminina
(Isoleucina-Lisina-Valina-Alanina-Valina (IKVAV)), in grado di promuovere e dirigere
la crescita di neuriti.
Nella riparazione del sistema nervoso centrale, come precedentemente detto, la cicatrice
gliale è il principale ostacolo alla rigenerazione assonale dopo una lesione al midollo
spinale. Inibire la sua formazione è perciò cruciale per avere successo. Molti gruppi di
ricercatori si sono concentrati su questo problema: Tysseling-Mattiate [13] e i loro
collaboratori hanno dimostrato che utilizzando uno SAPNSs IKVAV è possibile inibire
la formazione della cicatrice gliale e al contempo promuovere l’allungamento assonale
dopo una lesione al midollo spinale. Un altro gruppo guidato da Silva [13], sviluppò una
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 17
struttura più complessa di idrogel proveniente dall’auto-assemblaggio di molecole
peptidiche che non contengono solo l’epitopo di germinazione neuronale IKVAV, ma
incorporano anche un residuo Glu (fornendo una carica negativa), quattro residui Ala,
tre residui Gly, e una coda di 16 carboni. Questo tipo di sequenza idrofila insieme a
cationi posti nel mezzo di coltura cellulare, promuove da un lato l’auto-assemblaggio di
questo idrogel mediante formazione di legami a idrogeno, dall’altro porta alla creazione
di una parte idrofoba che rende sfavorevole il contatto con le molecole d’acqua. Inoltre,
incorporando la sequenza IKVAV, queste nanofibre di idrogel hanno dimostrato di
essere in grado di inibire ancor più la formazione della cicatrice gliale, migliorare la
differenziazione delle cellule progenitrici neurali e promuovere l’allungamento
dell’assone. Promotore di studi finalizzati alla ricostruzione neuronale fu anche Zhang
che creò PuraMatrix, un particolare idrogel formato attraverso la spontanea
aggregazione di oligopeptidi ionici auto-complementari.
Fig.2.1.4 Neuroni dell'ippocampo di ratto formano sinapsi attive (A) sulla superficie
peptidica, (B) su Matrigel.
Questo tipo di idrogel ha dimostrato di supportare non solo l’attaccamento cellulare e il
processo di differenziazione neuronale, ma anche un’ampia crescita neuronale. Esso
risultò molto funzionale anche per la formazione di sinapsi dopo aver attaccato tra loro
18 Capitolo 2
neuroni di ratto PC12 e neuroni di topo. Studi approfonditi su cellule neurali di ratto
hanno dimostrato che l’utilizzo di idrogeli di peptidi auto-assemblanti non solo
promuove l’attecchimento delle cellule stesse sugli scaffold con una conseguente
crescita neuronale, ma promuovono anche la formazione di connessioni sinaptiche. A
conferma di ciò sono state paragonate l’attività neuronale sinaptica su Matrigel (gel
contenente collagene di tipo IV) e su peptidi auto-assemblanti (figura 2.1.4) ed esse
sono risultate praticamente indistinguibili, ciò implica che l’utilizzo di peptidi auto-
assemblanti è un ottimo substrato per la crescita neuronale.
2.1.3.1 Rigenerazione del nervo ottico
Il nervo ottico è una sorta di cavo ricoperto da mielina che connette l’occhio al cervello.
In esso confluiscono circa un milione di fibre (una per ogni singolo punto del campo
visivo) provenienti dalla retina, che convogliano le informazioni alle regioni cerebrali
della visione. La mielina che lo riveste è la guaina di rivestimento del tessuto nervoso
centrale e periferico; essa è fondamentale per la corretta conduzione di stimoli
neurologici compresi quelli visivi.
Le patologie più comuni che colpiscono il nervo ottico sono [14]:
Neurite ottica: colpisce soprattutto gli anziani, è un’infiammazione acuta causata
da patologie che inducono demielinizzazione (lesione della mielina) come:
malattie infettive (sifilide, tubercolosi, morbillo, epatite, HIV), infiammazioni
sistemiche (malattie auto-immuni) e microangiopatie (ischemie, diabete). La
neurite ottica inoltre è strettamente legata alla sclerosi multipla (SM); infatti nel
25% dei casi essa rappresenta l’esordio di questa patologia, mentre nel 75% dei
casi, dopo lo sviluppo di neurite si hanno ampie probabilità di contrarre la SM. I
sintomi più comuni di questa malattia sono: alterazione della percezione dei
colori (figura 2.1.5), riduzione improvvisa della vista, visione di lampi al buio,
accompagnati da cefalea, nausea, perdita dell’equilibrio ad occhi chiusi e febbre.
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 19
Fig.2.1.5 Simulazione dell'alterata percezione dei colori e della riduzione della
luminosità in corso di neurite ottica (a, b) e aspetto edematoso, con i bordi sfumati,
della testa del nervo ottico (c). Perdita della guaina mielinica (d).
Neuropatia ottica: patologia indolore, porta alla riduzione della vista con
conseguente sensazione di annebbiamento e riduzione della percezione dei
colori.
Malattie del cervello e del sistema nervoso centrale, come l’arterite cronica.
Non meno importanti sono le lesioni provocate da traumi dovuti ad incidenti o a
glaucoma. In questi casi il nervo ottico viene danneggiato arrecando una perdita della
vista dovuta alla mancanza di trasmissione delle informazioni visive. A differenza di
molti altri tessuti del corpo che si rinnovano continuamente e si rigenerano se feriti, le
cellule nervose o le loro fibre (assoni) nel SNC, una volta formate del tutto, perdono
questa capacità. Un gruppo di scienziati del Massachussetts Institute of Technology
(MIT), per riparare questa “tela di ragno”, così definita per la forma e le direzioni
tipiche degli assoni, ha iniettato in prossimità della zona lesionata (in criceti) una
soluzione di peptidi auto-assemblanti. In questo modo, i criceti, ciechi a causa del nervo
ottico danneggiato, hanno recuperato parzialmente la vista attraverso queste nanofibre
che hanno stimolato la ricrescita e l’autoriparazione del nervo. Infatti, già dopo 24 ore si
è potuto constatare un’attività cellulare e dopo 6 settimane dal trattamento i criceti
hanno recuperato parte della vista riuscendo così a trovare il cibo [15]. La sfida che ci si
propone per il futuro è quella di estendere l’uso di questi materiali a lesioni importanti
20 Capitolo 2
del tessuto nervoso come quelle del midollo spinale, nella speranza di riuscire a curare,
anche parzialmente, alcune forme di paralisi.
2.2 Tessuto Cartilagineo
Il tessuto cartilagineo è un tessuto connettivo di sostegno dotato di due proprietà
fondamentali: resistenza alla tensione ed elasticità. La cartilagine è formata da
condrociti o cellule cartilaginee e da un’abbondante sostanza intercellulare composta da
fibre immerse in una matrice amorfa. La cartilagine forma l’abbozzo per la maggior
parte delle ossa dello scheletro umano, nonché nelle metafisi durante l’accrescimento
corporeo, le quali successivamente verranno mineralizzate e sostituite da tessuto osseo.
Nell’adulto la cartilagine permane in corrispondenza delle superfici articolari, nei dischi
intervertebrali, nello scheletro del padiglione dell’orecchio esterno, partecipa alla
formazione della trachea e dei bronchi e nei menischi. Si forma inoltre in seguito a
fratture in qualsiasi fase della vita. In tutte le zone in cui è localizzata, fatta eccezione
per le superfici articolari, la cartilagine è rivestita da un involucro costituito da tessuto
connettivo denso fibroso detto pericondrio [16]. La cartilagine non è vascolarizzata e
non è innervata, la nutrizione cellulare avviene per diffusione attraverso la matrice
gelificata che la compone. Il nutrimento dei condrociti per diffusione è un processo
lento e molto meno efficace della circolazione sanguigna, per questo motivo le capacità
rigenerative di questo tessuto sono bassissime. L’ECM della cartilagine è solida, essa è
costituita da due componenti distinte: la sostanza intercellulare amorfa o fondamentale e
le fibre. È formata dal 40% da collagene, 35-37% da proteoglicani, 14% da altre
proteine tra cui le glicoproteine. Nel nostro corpo si distinguono tre tipi di tessuto
cartilagineo:
Cartilagine ialina (figura 2.2.1): di color bianco-bluastro, è la più abbondante
nel nostro corpo. Costituisce le cartilagini costali, tracheali, bronchiali, e nel
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 21
feto costituisce gran parte dello scheletro che sarà poi sostituito da tessuto
osseo.
Fig. 2.2.1 Cartilagine ialina, sezione di trachea
Cartilagine elastica: di color giallo opaco è particolarmente elastica.
Costituisce l’impalcatura del padiglione auricolare, dell’epiglottide e di
alcune cartilagini laringee
Cartilagine fibrosa: di color biancastro è particolarmente resistente alle
sollecitazioni meccaniche. È diffusa nei tendini, nei dischi
intervertebrali, nei menischi delle ginocchia.
2.2.1 Patologie della cartilagine articolare
I principali motivi di sofferenza che colpiscono la cartilagine sono dati da lesioni dovute
a traumi e ad artrosi.
22 Capitolo 2
Trauma: le lesioni della cartilagine articolare sono dovute a traumi da impatto ripetitivo
o da una progressiva degenerazione meccanica causata da una specifica attività. Queste
lesioni sono fonte di dolore e disturbi funzionali del singolo interessato. Le lesioni
articolari sono state classificate secondo la loro profondità dall’ICRS (International
Cartilage Repair Society) in 4 gradi (figura 2.2.2):
Fig.2.2.2 Classificazione internazionale delle lesioni articolari.
Una lesione di grado 0 corrisponde alla normale cartilagine sana. Il grado 1 in cui la
cartilagine è pressoché normale, può essere suddiviso in due: grado 1A dove la
superficie articolare ha un aspetto più compatto e grado 1B dove la superficie articolare
presenta rotture o incrinature superficiali. Il grado 2 è considerato anormale ed è
profondamente lesionato ma la lesione si mantiene ancora sotto il 50% dello spessore
della cartilagine. Nel grado 3A invece, la lesione supera il 50% dello spessore della
cartilagine articolare anche se non si estende allo strato calcificato inferiore. Infine nei
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 23
gradi 3B e 4, la lesione raggiunge in un primo momento lo strato calcificato e
successivamente arriva anche allo strato subcondrale attraversando l’osso.
Artrosi: malattia degenerativa della cartilagine articolare, è il disturbo reumatologico
più comunemente sviluppato tanto da essere annoverato come la seconda causa di
disabilità dopo le malattie cardiovascolari. Causa di limitazioni nel movimento e
impedimenti nel normale svolgimento delle attività quotidiane, colpisce pesantemente
soprattutto gli over 65.
Si possono distinguere due tipi di osteoartrite:
artrosi primaria o idiopatica che non ha cause note;
artrosi secondaria che è causata da lesioni traumatiche, ereditarietà,
infiammazione o disturbi del metabolismo.
L’osteoartrite porta ad un graduale aumento del dolore nel situ considerato e una
compromissione della motilità dell’articolazione, essa è il risultato di una degenerazione
del giunto che porta progressivamente ad una perdita di cartilagine articolare. Le
articolazione maggiormente colpite da osteoartrosi sono quelle dell’anca, delle vertebre
cervicali e lombari, delle ginocchia e del piede [17].
2.2.2 Riparazione della cartilagine con idrogeli di peptidi auto-
assemblanti
La cartilagine è un tessuto connettivo flessibile, in cui i condrociti sono distribuiti in una
ECM ricca di proteoglicani e fibre di collagene. Essa ha una limitata capacità di auto-
riparazione a causa della scarsa vascolarizzazione del tessuto e della bassa irrorazione
dei condrociti. Studi hanno dimostrato che i condrociti sottoposti ad un processo di
differenziazione durante un processo di coltura cellulare perdono il loro fenotipo,
quando invece vengono posti in idrogel mantengono la loro morfologia e sono in grado
di ri-differenziarsi. Da ciò si deduce che gli idrogeli sono materiali che possono
funzionare come supporto per la coltura di condrociti e per la rigenerazione della
24 Capitolo 2
cartilagine. Diversi fattori possono influenzare la rigenerazione della cartilagine e la sua
capacità di recuperare o mantenere il fenotipo dei condrociti [17].
Fig.2.2.3 (A) Modello molecolare di un singolo peptide auto-assemblante KLD-12. I residui
alternati idrofobi e idrofili sul backbone promuovono la creazione di piani β-sheet. La lisina
carica positivamente (K) e acido aspartico carico negativamente (D) sono sul lato inferiore del
β-sheet, mentre la leucina idrofoba (L) è sul lato superiore. Questa struttura molecolare
facilita l'auto-assemblaggio tramite interazioni intermolecolari. (B) Condrociti in idrogel di
peptide auto-assemblante (C) immagine al microscopio: condrociti incapsulati in idrogel.
L’uso di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nella creazione di scaffold destinati alla
riparazione della cartilagine ha evidenziato buoni risultati sia negli stimoli che hanno
portato alla divisione cellulare sia in quelli che hanno indotto una sintesi cellulare con
specifici fenotipi. In particolare è stato sviluppato un metodo per incapsulare i
condrociti all’interno di tali idrogeli. Dopo 4 settimane di coltura in vitro è stato
osservato che i condrociti seminati all’interno dell’idrogel non solo hanno mantenuto la
loro morfologia nativa ma hanno anche sviluppato una matrice extracellulare ricca di
proteoglicani e collagene di tipo II, indicativa del grado di salute dei condrociti stessi.
La formazione di questa nuova ECM, ovviamente influenzata dal tempo, si affianca ad
un aumento della rigidezza del materiale, indicativo di una buona funzionalità
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 25
meccanica del neo-tessuto. Da questi risultati si evidenzia il potenziale di idrogeli di
peptidi auto-assemblanti come scaffold per la sintesi di cartilagine funzionale come
supporto e di una coltura cellulare tridimensionale.
Ad esempio l’utilizzo del peptide KLD-12 con sequenza ACN-KLDLKLDLKLDL-
CNH2 (figura 2.2.3). Addizionato di fattori di crescita consente la formazione di neo
tessuto cartilagineo e l’integrazione con il tessuto circostante in vitro. È stato inoltre
dimostrato che l’applicazione di un carico meccanico all’idrogel in cui sono stati
incapsulati i condrociti, può stimolare lo sviluppo di una ECM ricca di proteine e
proteoglicani [18].
2.3 Tessuto Osseo
Il tessuto osseo insieme alla cartilagine fa parte dei tessuti connettivi specializzati per la
funzione di protezione e sostegno. L’ECM del tessuto osseo è mineralizzata, cioè
composta da minerali che conferiscono ad essa spiccate proprietà meccaniche come
durezza e resistenza al carico. Essa è composta da osteociti e da una matrice
intracellulare formata per lo più da materiale inorganico. La parte organica, invece,
costituita in prevalenza di una parte fibrosa (collagene di tipo I) e di una parte
interfibrillare (glicoproteine e proteoglicani), garantisce alla matrice proprietà di
elasticità e resistenza alla trazione. Dal punto di vista macroscopico si distinguono due
tipologie di osso:
spugnoso (o trabecolare): adatto a resistere a sollecitazioni di tipo compressivo,
per questo si trova soprattutto nelle ossa brevi, in quelle piatte e nelle epifisi
delle ossa lunghe. Ha una struttura alveolare e contiene il midollo osseo;
compatto: particolarmente rigido e resistente alla compressione, tensione e
torsione, si trova nelle diafisi delle ossa lunghe e riveste il tessuto spugnoso
delle ossa brevi e piatte. La sua unità principale è l’osteone, costituito da lamelle
26 Capitolo 2
concentriche disposte attorno al canale di Havers che contiene i vasi sanguigni.
Intorno vi sono canali più piccoli detti laterali che insieme ai canali haversiani
formano un sistema continuo di cavità che permette gli scambi tra sangue e
cellule ossee.
Le cellule che compongono il tessuto osseo e ne regolano il continuo rimodellamento, la
riparazione e la rigenerazione tissutale sono cellule osteoprogenitrici:
osteoblasti: responsabili della sintesi dell’ECM dell’osso e della sua
mineralizzazione, hanno forma sferoidale e tendono ad agglomerarsi attorno alle
superfici ossee in via di formazione;
osteociti: sono le cellule tipiche dell’osso maturo responsabili del suo
mantenimento e capaci di attivarne il rimodellamento. Hanno una forma stellata
con un corpo a forma di lente biconvessa dal quale si diramano numerosi
prolungamenti citoplasmatici ramificati;
osteoclasti: sono le cellule destinate al riassorbimento osseo, sono
macromolecole polinucleate che derivano da cellule staminali ematopoietiche
midollari. Esse sono trasportate dalla corrente circolatoria fino al sito in cui
dovranno agire con un processo di riassorbimento.
2.3.1 Malattie delle ossa
Un sistema scheletrico forte è essenziale per la salute generale e la qualità della vita.
Esso infatti non solo funge da sostegno ma protegge anche il cervello, il cuore e i
polmoni da eventuali infortuni. Le malattie ossee danneggiano lo scheletro rendendo le
ossa deboli e soggette a fratture. La malattia ossea più frequente è l’osteoporosi (figura
2.3.1), che è caratterizzata da un deterioramento degenerativo della struttura ossea.
Conseguentemente a ciò si ha un indebolimento delle ossa che diventano dunque
facilmente fratturabili. Altre malattie ossee non meno importanti sono il morbo di Paget
e l’osteogenesi imperfetta. Il morbo di Paget colpisce indistintamente donne e uomini
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 27
anziani e causa deformità e fratture ossee. L’osteogenesi imperfetta invece è una
malattia ereditaria che provoca fragilità ossea e fratture nei bambini.
Fig.2.3.1 Rappresentazione dell’osso dell’anca normale (a sinistra) e affetto da
osteoporosi (a destra).
Queste malattie nel loro insieme possono degenerare portando a fratture dolorose e
debilitanti fino alla perdita della capacità di camminare o di stare in piedi. Le fratture
più comuni si verificano alla spina dorsale e all’anca; queste ultime sono le più
devastanti e contano 300.000 ricoveri l’anno. Queste malattie inoltre, oltre ad essere
deterioranti comportano anche una spesa sanitaria elevata. Negli Stati Uniti infatti le
cure per il trattamento di fratture ossee da osteoporosi costano quasi 18 miliardi dollari
28 Capitolo 2
l’anno [19]. Riveste dunque estremo interesse la messa a punto di sostituti del tessuto
osseo. Una parte della ricerca avanzata di scaffold per la crescita di neotessuto osseo
riguarda l’utilizzo di matrici di peptidi auto-assemblanti.
2.3.2 Rigenerazione del tessuto osseo con idrogeli di peptidi auto-
assemblanti
L’osso è un tessuto altamente vascolarizzato che fornisce una struttura rigida al muscolo
col quale è a contatto. Sebbene il tessuto osseo abbia un alta capacità di auto-guarigione,
la riparazione di grandi difetti ossei resta una sfida. A questo proposito è stato
sperimentato l’uso di idrogeli di peptidi auto-assemblanti per incorporare cellule
progenitrici o cellule differenziate (osteoclasti) come sostituti per la rigenerazione
ossea. I peptidi auto-assemblanti sono stati utilizzati sia in applicazioni in vitro, sia nella
rigenerazione in vivo dell’osso. L’applicazione è promettente in quanto all’interno
dell’idrogel, possono essere inglobati non solo fattori di crescita per favorire il processo
di adesione e ripopolamento ma anche peptidi adesivi come le sequenze RGD che
facilitano l’adesione e la diffusione cellulare. È stato dimostrato infatti che l’utilizzo di
idrogeli di peptidi auto-assemblanti con sequenze RGD incorporate, porta una maggiore
adesione cellulare e una mineralizzazione della matrice. Nel contributo di Garreta et al.
[20] si dimostra che fibroblasti embrionali primari di topo (MEF), coltivati in
PuraMatrixTM (nome commerciale del peptide RAD16-I), si differenziano in cellule
dell’osso. Confrontando due strutture, una 2D, l’altra 3D, si trova che i risultati migliori,
in termini di mineralizzazione della matrice e sintesi di collagene I, sono dati dalla
struttura tridimensionale. Lo scaffold 3D inoltre è formato da una sequenza
amminoacidica (Arg-Ala-Asp, RAD), molto simile al motivo RGD. Si è infatti
dimostrato che un ulteriore arricchimento del peptide con motivi funzionali, non solo
incrementa l’adesione e il popolamento da parte delle cellule all’interno dello scaffold,
ma promuove anche una successiva formazione dell’osso [21]. Ad esempio, per
aumentare il potenziale di queste strutture di promuovere l’adesione cellulare, oltre alla
sequenza RGD, sono state utilizzate altre sequenze come la sequenza ALK che regola la
crescita osteogenica [22].
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 29
I peptidi auto-assemblanti sono stati utilizzati anche in saggi in vivo. Esperimenti in vivo
nei ratti hanno infatti dimostrato che la maturità e la mineralizzazione della matrice
dell’osso rigenerato sono significativamente migliori all’interno di un idrogel di peptidi
auto-assemblanti contenente anche il fattore di crescita BMP-2 [23]. Ulteriori
esperimenti in vivo sono stati condotti da Misawa et al. [24] che hanno iniettato
PuraMatrixTM nei piccoli difetti ossei nel cranio di topi. Alcuni autori si sono concentrati
sul tentativo di indurre la mineralizzazione del tessuto attraverso l’uso combinato di
peptidi auto-assemblanti e di polvere di idrossiapatite (HA) [25] che effettivamente,
incrementa la mineralizzazione della matrice da parte di cellule MESC. Gli autori di
[26] parlano della sinterizzazione di un peptide anfifilico che auto-assembla in soluzioni
acquose formando nanofibre e che promuove la nucleazione di cristalli di HA e
l’adesione cellulare. Il biomateriale progettato mima un processo di mineralizzazione
naturale, dove i cristalli di HA sono disposti parallelamente agli assi delle fibre.
Le strutture auto-assemblanti hanno però una notevole limitazione in questo settore.
Esse hanno un’architettura molto somigliante a quella della matrice extracellulare, ma
hanno la consistenza di gel e in quanto tali, non possono essere rilasciati. Essi possono
essere iniettati localmente per piccoli difetti, ma è molto difficile costruire patch in
grado di coprire aree più consistenti, così come la loro manipolazione in sala operatoria.
Un’ altra loro limitazione è la bassa resistenza meccanica che è almeno 3-4 ordini di
grandezza inferiore rispetto a quella nativa del tessuto osseo. Per affrontare questa
limitazione sono state progettate nuove matrici che uniscono un idrogel con un
materiale sintetico tridimensionale biodegradabile in grado di mantenere l’integrità
strutturale del tessuto osseo. Ad esempio, ad un gel di alginato è stato unito del fosfato
tricalcico (TCP) che ha contribuito a ridurre il tempo di gelificazione aumentandone la
rigidità [27].
In definitiva i peptidi auto-assemblanti sono stati studiati come biomateriali
potenzialmente utili nelle terapie di ripristino del tessuto osseo in quanto si è dimostrato
che forniscono risultati migliori del Matrigel TM nel promuovere la rigenerazione ossea
su difetti cronici prodotti in topi. Tuttavia, se per ovviare a piccoli difetti ossei, la
consistenza degli scaffold di peptidi auto-assemblanti può risultare adeguata, questa è
30 Capitolo 2
insufficiente per la rigenerazione di ossa sottoposte a carico e nel caso di difetti più
consistenti.
2.4 Tessuto Cardiaco
Il cuore (figura 2.4.1) è un organo cavo di natura muscolare, localizzato nella cavità
toracica in una zona centrale chiamata mediastino.
Fig.2.4.1 Struttura interna del cuore.
Il cuore è rivestito esteriormente da una membrana sierosa chiamata pericardio che lo
isola e lo protegge. All’interno è suddiviso in quattro cavità distinte, due atri superiori e
due ventricoli inferiori. All’esterno si possono riconoscere dei solchi che segnano il
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 31
confine tra atri e ventricoli (solco coronario e atrioventricolare), tra i due atri (solchi
interatriali) e tra i due ventricoli (solchi longitudinali).
Internamente si trovano il setto interatriale e interventricolare la cui funzione è quella di
impedire la comunicazione tra i due atri e i due ventricoli. Tra gli atri e i ventricoli sono
presenti due valvole, a destra la tricuspide e a sinistra la bicuspide o mitrale che
permettono il passaggio del sangue dagli atri ai ventricoli. Rispettivamente dal
ventricolo sinistro e dal ventricolo destro si dipartono l’arteria aorta e l’arteria
polmonare, dove due valvole, aortica e polmonare regolano il passaggio del sangue fra i
ventricoli e i suddetti vasi. Nell’atrio destro sboccano tre vene: la vena cava superiore,
la vena cava inferiore e il seno coronario, che porta il sangue refluo dalle arterie
coronarie. Nell’atrio sinistro confluiscono, invece, le vene polmonari che trasportano il
sangue ossigenato di ritorno dai polmoni [28].
Il sangue entra all’interno del cuore attraverso l’atrio destro, viene poi fatto passare al
ventricolo destro, successivamente, dopo essere stato ossigenato, attraverso la vena
polmonare passa nell’atrio sinistro e infine arriva al ventricolo sinistro dove viene
pompato nell’aorta per essere ridistribuito all’interno dell’organismo.
2.4.1 Problematiche cardiache
Il flusso sanguigno all’interno del cuore è regolato dalle valvole cardiache che si aprono
e chiudono in base alle sole variazioni di pressione intracardiache. Come già anticipato,
nel cuore si distinguono vari tipi di valvole: valvola bicuspide o mitrale, tricuspide,
aortica e polmonare; esse sono costituite da tessuto fibroso e rivestite da endocardio. Le
malattie delle valvole cardiache si definiscono valvulopatie e possono essere di due tipi:
stenosi: incompleta apertura, il sangue passa attraverso un orifizio più piccolo
della norma;
insufficienza: incompleta chiusura, parte del sangue torna indietro attraverso la
valvola che dovrebbe essere chiusa.
32 Capitolo 2
Molto spesso tuttavia stenosi e insufficienza coesistono in diversa misura nella stessa
valvola realizzando la cosiddetta stenoinsufficienza.
Le valvulopatie possono essere congenite, o acquisite (compaiono nel corso della vita).
Queste ultime possono essere di origine degenerativa (solitamente nei pazienti anziani,
causate dall’usura della valvola), infettiva (ad esempio endocardite causata solitamente
da immunodeficienza dovuta a malattie come diabete o elevato consumo di alcool),
ischemica (in caso di infarto miocardico acuto) o traumatica. Solitamente questa
malattia ha un decorso lento (anni) e asintomatico, qualora invece insorga rapidamente
su una valvola fino a quel momento sana (causa infarto miocardico o traumi), la
conseguenza clinica può essere drammatica. Le malattie delle valvole del settore destro
del cuore (tricuspide e polmonare) sono rare e in genere dovute a problemi congeniti,
mentre quelle che colpiscono le valvole del settore sinistro, in cui la pressione
sanguigna è maggiore, sono frequenti [29].
Fig.2.4.2 Esempio di valvola cardiaca affetta da endocardite. Particolarmente
grave è il caso in cui le vegetazioni batteriche o frammenti della valvola cardiaca
naturale vengono rimossi dal flusso sanguigno ed immessi nel circolo sistemico.
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 33
Solitamente per curare queste malattie si interviene chirurgicamente andando a porre
uno stent all’interno della valvola per dilatarla (nel caso di stenosi). In caso di
persistenza del problema però è necessario intervenire chirurgicamente con una
sostituzione della valvola utilizzando protesi valvolari. Le protesi valvolari si
differenziano per natura, profilo emodinamico e trombogenicità e possono essere
meccaniche (prodotte industrialmente) o biologiche (naturali di origine umana o
animale). Gli idrogeli di peptidi auto-assemblanti potrebbero essere utilizzati anche in
questo settore al fine di promuovere il ripopolamento cellulare e incrementare la durata
dei sostituti valvolari.
Tra le problematiche del tessuto cardiaco possiamo citare anche quelle dovute ad infarto
miocardico. Le principali conseguenze di un infarto, infatti, sono blocchi atriali o
ventricolari, la fibrillazione e la tachicardia. In alcuni casi di infarto, la porzione di
parete del muscolo cardiaco non più contrattile, si assottiglia e si cicatrizza dando vita
ad un aneurisma ventricolare. Infatti nei giorni successivi all’infarto inizia un processo
di fagocitosi dei cardiomiociti morti, con una successiva proliferazione di fibroblasti e
accumulo di collagene che formano un denso tessuto cicatriziale. Conseguenze meno
drastiche vedono comunque una necrosi del tessuto e un assottigliamento della zona
infartuata con un successivo deterioramento della funzione meccanica della pompa
cardiaca. In rimedio a questi problemi sono stati condotti studi sperimentali su scaffold
che, impiantati, non solo riescano a fermare o rallentare il rimodellamento del tessuto e
la formazione della cicatrice ma promuovano anche il ripopolamento cellulare. Le
proprietà di uno scaffold ideale sono riassunti nella Tabella 2.
Recenti studi di tissue engineering hanno dimostrato come, attraverso l’utilizzo di
idrogeli, siano stati ottenuti risultati incoraggianti dal punto di vista della medicina
rigenerativa per la riparazione cardiaca che offrono buone prospettive per una migliore e
duratura qualità della vita nei pazienti infartuati.
34 Capitolo 2
Tabella.2 Criteri per il successo dell’ingegneria del tessuto cardiaco: i requisiti per le
cellule e la matrice di supporto.
2.4.2 Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti
Le protesi valvolari biologiche attualmente impiegate vengono ottenute da valvole
porcine preventivamente decellularizzate e fissate con gluteraldeide.
Questo processo chimico stabilizza le proteine, ma porta anche ad una graduale
calcificazione della valvola che è destinata a durare in media solo dieci anni. Inoltre,
questi trattamenti non sono in grado di promuovere la ricolonizzazione delle matrici da
parte delle cellule del ricevente, fatto che, non solo permetterebbe una durata maggiore
dell’impianto ma garantirebbe alla valvola una capacità di modificarsi durante la
crescita, fondamentale soprattutto nel paziente pediatrico.
Al fine di promuovere la capacità di self-seeding è dunque auspicabile evitare il
trattamento con gluteraldeide e incentivare la ricolonizzazione della bioprotesi da parte
delle cellule del ricevente.
Applicazioni di idrogeli di peptidi auto-assemblanti nei tessuti 35
A questo proposito sono stati condotti studi sperimentali trattando tessuto pericardico
bovino e porcino decellularizzato con metodi detergente-enzimatici, non con
gluteraldeide ma con idrogeli di peptidi auto-assemblanti al fine di favorire l’adesione e
la proliferazione cellulare non solo superficiale ma anche interna allo scaffold.
Si è riusciti a creare degli scaffolds per bioprotesi valvolari graditi alle cellule,
consentendo un completo ripopolamento in vitro, apportando così, notevoli
miglioramenti nel campo della chirurgia valvolare [30].
Fig.2.4.3 Immagini microscopiche di tessuto cardiaco di maiali danneggiato da
infarto mostrano la crescita di nuovo tessuto muscolare cardiaco (indicato in rosso,
figura A) dopo il trattamento con un idrogel iniettabile rispetto ad un cuore non
trattato (Figura B, a destra).
Studi recenti fatti da bioingegneri alla University of California, hanno dimostrato in uno
studio condotto su maiali (Figura 2.4.3), che l’uso di idrogeli di peptidi auto-
assemblanti è in grado di riparare i danni subiti dopo un infarto migliorandone le
danneggiate funzioni cardiache. Il gel iniettato forma infatti uno scaffold nelle aree
danneggiate del cuore, favorendo la creazione di un ambiente miocardico favorevole
alla ricostruzione tessutale. Tuttavia, sempre più persone sopravvissute a infarti
miocardici finiscono per andare in insufficienza cardiaca. A tal proposito, si è
dimostrato come, questi idrogeli possano aumentare la funzionalità del muscolo
36 Capitolo 2
cardiaco riducendo il tessuto cicatriziale nella regione danneggiata. Gli animali trattati
con questo idrogel biocompatibile non hanno subito alcun effetto negativo come
infiammazioni, lesioni o aritmie cardiache. Inoltre, campioni di sangue umano hanno
mostrato che il gel non ha avuto effetto sulla capacità di coagulazione del sangue, che
sottolinea la biocompatibilità del trattamento per l'uso nell'uomo [31].
Capitolo 3
Idrogeli come Drug delivery system
3.1 Drug delivery System
Il drug delivery riguarda lo sviluppo di sistemi alternativi per l’indirizzamento dei
farmaci nell’organismo. Esso ha come obiettivo quello di circoscrivere l’effetto
biologico del farmaco su una data tipologia cellulare, migliorandone l’efficacia e
riducendo la tossicità della terapia. Il sistema per drug delivery che riguarda materiali
con dimensioni macro (>1mm), micro (100- 0.1 µm), nano (100 – 1 nm), può alterare la
distribuzione dei farmaci e la cinetica di rilascio e, in alcuni casi può offrire una riserva
di farmaco nel tessuto target che può così evitare continue nuove somministrazioni. Le
micro particelle di interesse biomedico hanno dimensioni comprese tra 5 nm e 2 µm e
sono realizzate in matrice polimerica di origine sintetica, semisintetica o naturale al cui
interno è presente il farmaco. I polimeri utilizzati si differenziano in:
non-degradabili: poliuretani, PMMA, PE, PVP, idrogeli;
bioerodibili: copolimeri di acido polilattico e poliglicolico, poliortoesteri,
polianidridi.
La velocità di rilascio del farmaco dalla particella dipende dalla diffusione del farmaco
attraverso le maglie del reticolo polimerico.
Per i materiali bioerodibili la cinetica di rilascio dipende dall’erosione (degradazione
chimica o biochimica) che avviene in massa per i polimeri idrofili o in superficie per
quelli idrofobi.
Un fronte di ricerca molto attivo è rappresentato dagli idrogeli che, sviluppati a partire
dagli anni ’60, sono strutture polimeriche reticolate capaci di assorbire acqua o
38 Capitolo 3
soluzioni saline fino a 10-10000 volte il loro peso. Con tali sistemi si può pensare ad un
rilascio “intelligente” legato alle diverse condizioni di rigonfiamento (PH, temperatura,
campi magnetici).
Le nano particelle infine hanno il vantaggio di passare nei capillari e poter penetrare
nelle cellule bersaglio.
3.2 Idrogeli in applicazioni di drug delivery
Grazie alla loro struttura tridimensionale e alle proprietà idrofiliche gli idrogeli vengono
comunemente utilizzati come “veicolatori” di farmaci. Essi possono presentarsi in varie
forme, come lastre, microparticelle, nanoparticelle, rivestimenti e pellicole. La loro
struttura altamente porosa può essere facilmente regolata controllando la densità dei
legami incrociati (crosslinking) nella matrice. I farmaci inglobati nella matrice, verranno
poi rilasciati con una cinetica dipendente dal coefficiente di diffusione della molecola
all’interno della matrice stessa. Infatti come già anticipato nel paragrafo precedente, i
benefici di idrogel per la somministrazione di farmaci sono dati dal fatto che riescono a
mantenere un’elevata concentrazione locale di farmaco nei tessuti circostanti per un
periodo prolungato.
I vantaggi dovuti all’utilizzo di questo biomateriale sono la biocompatibilità, promossa
dal notevole contenuto d’acqua all’interno dell’idrogel e dalla somiglianza fisico-
chimica, compositiva e meccanica con la matrice extracellulare nativa, e la
biodegradabilità che negli idrogel può avvenire per via enzimatica, idrolitica o
ambientale (per esempio può essere dovuta al PH, alla temperatura, al campo elettrico).
Gli idrogel sono anche piuttosto deformabili e possono conformarsi alla superficie cui
vengono applicati, inoltre in alcuni casi presentano proprietà “bioadesive”, vantaggiose
nel momento in cui si richiede una loro immobilizzazione al sito di applicazione.
Gli svantaggi degli idrogel sono dovuti principalmente alla bassa resistenza alla trazione
anche se in alcune applicazioni di drug delivery come nei casi di applicazione
sottocutanea, questo problema non è rilevante. Ben più importanti sono i problemi
Idrogeli come Drug delivery system 39
dovuti alla quantità e omogeneità di caricamento del farmaco nell’idrogel, in particolare
questo problema si presenta con farmaci idrofobi. L’alto contenuto d’acqua e le grandi
dimensioni dei pori spesso possono provocare un veloce rilascio del farmaco, di qualche
ora o qualche giorno. Infine, non tutti gli idrogel sono sufficientemente deformabili per
essere iniettati e necessitano dunque l’impianto chirurgico [32].
3.3 Migliorare la fornitura di Idrogel
Gli idrogel utilizzati in drug delivery vengono solitamente preparati all’esterno del
corpo per poi essere riempiti di farmaci e successivamente introdotti nel corpo. Il
principale svantaggio di questo approccio è che il materiale preformato deve essere
impiantato e vista l’elevata elasticità del materiale spesso si esclude la sua estrusione
attraverso un ago. Questo problema può tuttavia essere raggirato se si trasforma il gel in
micro o nano particelle. In alcune applicazioni gli idrogel possono anche essere formati
in situ anche se ovviamente questo porta a dover considerare altri problemi come ad
esempio l’esposizione a raggi UV necessaria per la polimerizzazione del materiale. In
alternativa, possono essere usati polimeri lineari non-reticolati come veicolo.
Generalmente la velocità di rilascio del farmaco da una matrice polimerica lineare è
inversamente proporzionale alla viscosità [33]. Tuttavia può essere difficile se non
impossibile sciogliere il polimero di interesse ad una concentrazione sufficientemente
elevata per controllare la velocità di rilascio del farmaco in misura desiderata. Anche se
ciò fosse possibile, la tensione di snervamento del materiale risultante potrebbe essere
così elevata da rendere impossibile l’iniezione, altresì la viscosità potrebbe essere
elevata a tal punto che la resistenza di scorrimento in un dispositivo di estrusione stretto
e/o lungo (ago ad esempio) sarebbe proibitiva. Inoltre, se le catene polimeriche
idrosolubili non sono disposte in un reticolo, il materiale, dopo essere stato iniettato in
vivo in ambiente acquoso, si gonfia e si scioglie in poche ore. Date queste
considerazioni, ci si è concentrati su soluzioni di polimeri che si presentano in forme
lineari all’esterno del corpo, e che sono quindi facilmente iniettabili, ma che, all’interno
del corpo si presentano in forma di gel, fornendo la capacità di un prolungato rilascio di
40 Capitolo 3
farmaci. In figura 3.1 è riportato uno schema in cui viene descritto il rilascio di un
farmaco da un gel. Una volta messo a contatto con un solvente esterno (le catene
polimeriche sono schematizzate dalle linee rosse) il gel si rigonfia. Mentre il volume del
gel aumenta (frecce gialle), il farmaco è rilasciato (frecce verdi). Durante il rilascio
esiste ancora una zona gel non rigonfiata che va restringendosi progressivamente (frecce
blu) fino a scomparire permettendo il completo rilascio del farmaco [34].
Fig.3.1 Rappresentazione schematica del rilascio di farmaco da un gel
Esistono inoltre due specifici sistemi di rilascio di farmaci tramite idrogeli:
Sistema a serbatoio: il farmaco è contenuto nel serbatoio e la membrana esterna
di idrogel rigonfiandosi apre le porosità e rilascia il farmaco (figura.3.2(a)).
Sistema a matrice: l'idrogel contiene il farmaco che viene rilasciato per
rigonfiamento dell'intero sistema grazie all'apertura dei canali delle porosità
(figura.3.2(b)).
Idrogeli come Drug delivery system 41
Fig.3.2 Rappresentazione del rilascio controllato di farmaci con sistema a serbatoio
(a) e sistema a matrice (b).
3.4 Applicazioni in Drug delivery
Le principali applicazioni di idrogeli in questo campo trovano realizzazione nella
somministrazione di farmaci per via orale, oculare, rettale, epidermica e sub cutanea.
Il drug delivery per via orale è stato il metodo più utilizzato nelle applicazioni
farmaceutiche degli idrogel. Solitamente il farmaco viene rilasciato nel momento in cui
si ha un cambiamento del PH, della temperatura, o di interazioni ioniche. Essi, nel tratto
orale, possono rilasciare farmaci in quattro regioni specifiche: la bocca, lo stomaco,
l’intestino tenue e il colon, incrementando localmente la concentrazione del farmaco e
di conseguenza aumentando l’assorbimento del farmaco nel sito di rilascio. Questi
idrogeli sono stati utilizzati per il trattamento di malattie periodontali, infezioni virali e
tumori al cavo orale.
42 Capitolo 3
Fig.3.3 Esempio di trattamento per via orale.
Il drug delivery oculare è solitamente limitato dagli impedimenti fisiologici quali
l’ammiccamento, la bassa permeabilità della cornea e la lacrimazione che inibiscono il
corretto rilascio di farmaco nell’occhio. Infatti, le convenzionali gocce oculari tendono
ad essere rapidamente eliminate dall’occhio e conseguentemente, l’assorbimento di
farmaco è limitato. Al contrario, sospensioni e pomate si trattengono nell’occhio ma
possono provocare sgradevoli sensazioni al paziente. Queste limitazioni hanno
promosso uno studio di sistemi di rilascio di farmaci a base di idrogeli capaci di offrire
un tempo di permanenza prolungato dei farmaci a livello oculare e una migliore
sopportabilità. I farmaci possono infatti essere rilasciati in un tempo più prolungato e ad
una velocità costante per via transdermica e favoriscono maggior confort grazie al loro
elevato contenuto d’acqua.
La via rettale è sfruttata per rilasciare tanti tipi di farmaci, anche se l’approvazione del
paziente è variabile a causa della scomodità dell’applicazione. Questa via è solitamente
Idrogeli come Drug delivery system 43
usata per trattare localmente malattie associate al retto come le emorroidi. Inoltre,
essendo i farmaci assorbiti nella parte inferiore del retto, il principio attivo arriva
direttamente nel circolo sistemico, evitando il primo passaggio epatico. Gli idrogel,
risolvono i problemi causati dalle convenzionali forme farmaceutiche rettali, garantendo
una buona bioadesività capace di far permanere a lungo il principio attivo nella zona
interessata [35].
La pelle umana è facilmente raggiungibile da una persona e la grande superficie di cui
dispone la rende un potenziale sito di somministrazione di farmaci, sia localmente che
sistemicamente. L’uso di idrogeli (che in questo caso inglobano soprattutto
nitroglicerina e idrocortisone [36]) induce un effetto calmante sulla pelle senza
eventuali effetti occlusivi/oleosi causati solitamente mediante l’applicazione di pomate.
Nell’orecchio, i farmaci somministrati sono solitamente acquosi o a base di oli. La
principale limitazione di questi composti è il loro scarso mantenimento in situ causato
ad esempio dalla posizione eretta del paziente. L’uso di idrogel garantirebbe una
distribuzione locale del farmaco con un’azione ad effetto prolungato [37].
Capitolo 4
Idrogeli di peptidi auto-assemblanti utilizzati nel
delivery di cellule
4.1 La terapia cellulare
La terapia cellulare è una forma di trattamento medico che si basa sulla
somministrazione di cellule nel corpo per scopi terapeutici, diagnostici e di profilassi.
Le cellule utilizzate possono essere autologhe (dello stesso paziente su cui si effettua la
terapia) od eterologhe (provenienti da un altro donatore). L’uso di cellule come prodotto
medicinale è in forte espansione, infatti negli ultimi anni, le conoscenze sulla biologia
della differenziazione cellulare e i progressi compiuti in campo immunologico ed
ematologico hanno permesso l’identificazione fenotipica e funzionale di cellule
staminali progenitrici e cellule differenziate e specializzate in funzioni immunologiche
distinte, in grado di essere isolate e manipolate in vitro per il successivo impiego
clinico. Inoltre, la caratteristica fondamentale che separa le nuove terapie cellulari da
procedure come le trasfusioni, i trapianti o le vaccinazioni, è la ricerca di un trattamento
specifico e selettivo, sia per un particolare tipo cellulare che per un singolo individuo.
La specificità delle cellule è stata infatti sfruttata per ottenere azioni selettive e
localizzate, evitando di interessare i tessuti sani adiacenti. In linea di principio possiamo
distinguere terapie cellulari che sono rivolte al reintegro di tessuti danneggiati, e terapie
cellulari che hanno come principale obiettivo quello di indurre una risposta
immunologica o di tipo protettivo nei confronti di malattie infettive o tumori. La terapia
cellulare, tuttavia, è notevolmente limitata dalla bassa sopravvivenza cellulare; a questo
proposito, interviene in aiuto l’ingegneria tessutale che offre una potenziale soluzione a
questo problema generando biomateriali innovativi che migliorano la sopravvivenza e
l’attecchimento delle cellule trapiantate. In questo panorama, alternativo rispetto alla
46 Capitolo 4
somministrazione di farmaci, hanno trovato impiego gli idrogeli di peptidi auto-
assemblanti che rappresentano una classe di biomateriali del tutto innovativi e
promettenti per il delivery di cellule.
4.2 Possibili applicazioni di idrogeli di peptidi auto-
assemblanti nel delivery di cellule
Negli ultimi anni, lo sviluppo di nuove tecnologie ha portato ad un fiorire di
sperimentazioni cliniche che hanno come oggetto la preparazione di cellule normali o
geneticamente modificate che verranno poi utilizzate nelle terapie cellulari. Qui di
seguito, si vuole fare una panoramica su quelle che sono le applicazioni di idrogeli di
peptidi auto-assemblanti più sviluppate nel campo del delivery di cellule per terapie
cellulari.
Riparazione di danni al sistema nervoso
Recentemente è stato riconosciuto anche al sistema nervoso la capacità di ripararsi e
proliferare in età adulta [38]. Questo ha sollecitato l’uso di cellule endoteliali o di
cellule staminali (cellule primitive non specializzate, riescono a trasformarsi in diversi
tipi di cellule del corpo grazie al processo di differenziazione) in grado di secernere
fattori di crescita capaci di indurre la proliferazione neuronale. I traumi alla spina
dorsale e al midollo spinale con conseguente formazione della cicatrice gliale
impediscono l’autoriparazione del danno neurale e la ricostruzione delle connessioni
nervose. Il possibile trapianto nel punto del trauma di cellule staminali neuronali
potrebbe essere un approccio efficace [39]. L’uso di idrogeli di peptidi auto-assemblanti
che isolano queste cellule e, una volta impiantate permettono loro una buona adesione in
situ, sta prendendo sempre più piede nelle terapie della medicina rigenerativa. Vacanti
et al. [40] hanno dimostrato che le cellule neurali all’interno di idrogel non solo
sopravvivono ma riescono anche a proliferare in vitro. Cheng et al. [40] inoltre sono
Idrogeli di peptidi auto-assemblanti utilizzati nel delivery di cellule 47
riusciti a recuperare parzialmente la funzione degli arti posteriori di ratti colpiti da
traumi alla spina dorsale, grazie ad innesti di cellule neurali rivestite con idrogeli di
peptidi auto-assemblanti. Questi nuovi biomateriali inoltre sono fondamentali in quanto
riescono a permettere la somministrazione di fattori di crescita all’interno del tessuto.
Ad esempio Sun et al. [41] utilizzarono idrogeli per somministrare fattori di crescita al
tessuto nervoso di ratti al fine di ristabilire le funzioni del nervo sciatico.
Riparazione di cartilagini e articolazioni
I danni alle articolazioni causati da traumi o da fenomeni degenerativi, sono una delle
principali cause di riduzione della qualità della vita. La coltivazione in vitro di
progenitori cellulari o di condrociti e il successivo impianto in vivo per la ricostruzione
del menisco danneggiato, sta diventando una possibile alternativa alla sostituzione con
articolazioni artificiali [42]. Benya e Shaffer hanno dimostrato che è possibile isolare
condrociti di ratto provenienti dalla cartilagine articolare ed espanderli in vitro. In
aggiunta Grande et al. [43] sono riusciti ad isolare condrociti autologhi e impiantarli in
conigli affetti da traumi articolari. Compton et al. e Green et al. [43] inoltre hanno
sviluppato metodi in grado di isolare cheratinociti da utilizzare successivamente per
innesti finalizzati alla rigenerazione di pelle ustionata.
Riparazione di danni al tessuto osseo
Spesso in seguito ad incidenti o alla presenza di masse tumorali consistenti, vengono
rimosse ampie porzioni di ossa. La terapia classica permetteva solo l’inserimento di
sostegni artificiali. La possibilità di coltivare in vitro i precursori degli osteociti e di
impiantarli successivamente nel tessuto osseo con l’ausilio di idrogeli, renderà, a breve,
possibile ottenere la ricrescita ossea in tempi più brevi. Per esempio dopo aver
impiantato osteoblasti rivestiti di idrogeli di peptidi auto-assemblanti all’interno di
tessuto osseo di topi, si è osservata una rigenerazione ossea con formazione di osso
spugnoso e osso del femore solo dopo 4 settimane [17]. Un ulteriore conferma è stata
48 Capitolo 4
data da studi su tessuto osseo di topi nei quali sono stati impiantati osteoblasti
incapsulati all’interno di idrogeli di peptidi auto-assemblanti. In questo caso è stato
confermato che questi biomateriali sono davvero fondamentali per la rigenerazione
ossea, infatti promuovono la proliferazione e la differenziazione cellulare [44].
Riparazione di danni al tessuto cardiaco
Dopo un infarto del miocardio, la zona in cui viene a mancare l’irrorazione sanguigna
da parte dei capillari ostruiti va incontro a un rapido processo degenerativo e il
miocardio viene sostituito da tessuto cicatriziale. Per evitare la formazione del tessuto
cicatriziale è necessaria una rapida rivascolarizzazione del tessuto e una proliferazione
delle cellule precursori per la ricostruzione del miocardio. Le cellule ideali per riparare
il tessuto cardiaco sono i cardiomiociti.
A questo proposito sono stati testati cardiomiociti di origine fetale e neonatale che
hanno però provocato aritmie. Sono stati sperimentati anche mioblasti scheletrici che
hanno dimostrato avere una buona tolleranza con l’ambiente circostante, tuttavia, anche
in questo caso, persiste l’insorgenza di aritmie. Una possibile soluzione per questo
problema è l’uso di cellule staminali che possono proliferare e differenziarsi in
cardiomiociti. Queste cellule vengono isolate e innestate all’interno del tessuto cardiaco
avvolte con idrogeli di peptidi auto-assemblanti che ne promuovono la sopravvivenza,
la crescita e la differenziazione [45]. Christman et al. [46] hanno isolato cellule
muscolari da cuore di maiale, e dopo averle poste all’interno di un idrogel auto-
assemblante, le hanno iniettate direttamente nelle regioni danneggiate del cuore suino.
Essi hanno dimostrato che questa metodologia è in grado di promuovere la
rigenerazione cellulare e migliorare la funzione cardiaca dopo un infarto.
Dopo tre mesi dal trattamento, gli animali hanno infatti registrato un miglioramento del
20% nel movimento della parete cardiaca e una riduzione del 10% della cicatrice del
tessuto cicatriziale.
Idrogeli di peptidi auto-assemblanti utilizzati nel delivery di cellule 49
Riparazione del tessuto muscolare
Le distrofie muscolari sono un gruppo di malattie che si manifestano con una perdita
progressiva del tessuto muscolare. Non esiste una cura farmacologica per questo tipo di
malattie degenerative che spesso portano alla morte del paziente. Negli ultimi anni sono
state studiate nuove tecniche per rigenerare e ricostruire muscoli colpiti da danni acuti o
malattie degenerative quali la distrofia muscolare. Numerose e diverse situazioni
possono portare a un danno o degenerazione del muscolo scheletrico e data la limitata
capacità di auto riparazione di quest’ultimo, spesso l’unica alternativa è una terapia di
ricostruzione. Cesare Gargioli et al. [47] sono riusciti ad incapsulare i mesoangioblasti
(Mabs), cellule staminali/precursori muscolari, in un idrogel di supporto. I Mabs
incapsulati nell’idrogel, sono stati successivamente impiantati in muscoli di topi con
infiammazione cronica e tessuto sclerotico (affetti quindi da distrofia muscolare a stadi
avanzati). Si è osservato che le cellule rivestite di idrogel che sono state impiantate,
aumentano la loro sopravvivenza e l’attecchimento rispetto alle stesse cellule iniettate in
soluzione salina. Questi studi gettano le basi per nuove sperimentazioni miranti ad
aumentare l’efficacia delle terapie cellulari per malati con forme localizzate di distrofia
muscolare o altri disturbi che portano a danni del tessuto muscolare scheletrico, come
ernie e rilassamento degli sfinteri.
Conclusioni
Tutti i giorni milioni di persone nel mondo subiscono traumi di ogni genere, molti dei
quali generano danni permanenti. Questi problemi, oltre che fisicamente, colpiscono
duramente le vittime anche dal punto di vista psicologico ed economico.
Conseguentemente, il bisogno di tessuti umani trapiantabili per sostituire, riparare o
migliorare la funzione di un organo era, e rimane, pressante. Negli Stati Uniti sono
quasi 50 milioni le persone che vivono grazie a terapie basate su organi artificiali,
inoltre, si stima che nei paesi industrializzati circa una persona su cinque con più di 65
anni necessiti di questi trattamenti. Tuttavia, benché le attuali tecnologie per sostituire
organi, come i trapianti e le apparecchiature per dialisi, abbiano salvato molte vite, si
tratta ancora di soluzioni imperfette, che comportano pesanti conseguenze per i pazienti.
A questo proposito, sono molte le speranze che la medicina rigenerativa e l’ingegneria
tessutale ripongono nella messa a punto di nuovi biomateriali capaci di contribuire alla
ricostruzione di tessuti danneggiati.
Questa tesina, ha cercato di mettere in luce, seppur brevemente, alcune delle più
interessanti applicazioni di nuovi biomateriali come gli idrogeli di peptidi auto-
assemblanti. Questi materiali, capaci di auto-assemblarsi in strutture tridimensionali
dopo essere stati iniettati nel tessuto, riescono per la maggior parte delle volte, ad
imitare le funzioni delle ECM proprie del tessuto stesso.
I risultati più promettenti sono stati ottenuti nelle applicazioni del tessuto nervoso, dove,
l’uso di idrogeli, ha consentito la creazione di scaffold che hanno favorito una crescita e
una proliferazione neuronale, consentendo anche il recupero dell’attività sinaptica.
Proprio in questo ambito, la ricostruzione del nervo ottico e il conseguente parziale
recupero della vista, sottolineano il ruolo straordinario di questi biomateriali. Scaffold di
idrogeli auto-assemblanti per la rigenerazione tessutale hanno dato buoni risultati
sperimentali anche nelle applicazioni per tessuto cartilagineo, osseo e cardiaco. Infatti le
proprietà intrinseche di questi biomateriali permettono, ancora una volta, di creare
all’interno del tessuto lesionato, un ottimo ambiente intracellulare capace di indurre una
52 Conclusioni
crescita e un ripopolamento cellulare e di conseguenza una ricostruzione del tessuto in
questione. Tuttavia, sebbene finora siano stati ottenuti notevoli risultati, gli studi e le
sperimentazioni nella creazione di scaffold sempre più simili all’ECM nativa, sia dal
punto di vista funzionale che strutturale, sono ancora numerosi.
L’uso di idrogeli di peptidi auto-assemblanti ha dato buoni risultati anche in
applicazioni di drug delivery e delivery cellulare. Il fatto che essi siano facilmente
iniettabili crea i presupposti per terapie più mirate e meno invasive, garantendo un
rilascio controllato del farmaco e migliorandone la cinetica. In aggiunta, la loro capacità
di inglobare cellule, comprese cellule staminali e progenitrici, in grado di differenziarsi
in cellule proprie di specifici tessuti e conseguentemente di riparare lesioni, risulta
essere alquanto promettente.
Abbreviazioni
Ala = Alanina
Arg = Arginina
Asp = Aspargina
ECM = Matrice extracellulare
Glu = Glutammato/ Acido glutammico
Gly = Glicina
PE = polietilene
PLA = acido polilattico
PMMA = polimetilmetacrilato
PVP = polivinilpirrolidone
RGD = Arginina- Glicina - Aspartato
SNC = Sistema nervoso centrale
SNP = Sistema nervoso periferico
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Elenco delle tabelle e delle figure
1.Tabella: Idrogeli utilizzati per la rigenerazione neurale
2. Tabella: Requisiti per le cellule e le matrici per rigenerazione tissutale cardiaca
1.1 Figura: Struttura di un peptide auto-assemblante
1.2 Figura: Struttura del monomero e del polimero di PVA
1.3 Figura: Struttura del monomero e del polimero PVP
2.1.1 Figura: Rappresentazione di un neurone
2.1.2 Figura: Proprietà di uno scaffold ideale
2.1.3 Figura: Processo di rigenerazione di un nervo lesionato nel SNC e nel SNP
2.1.4 Figura: Formazione di sinapsi attive di ratto
2.1.5 Figura: Nervo ottico lesionato e effetti sulla vista
2.2.1 Figura: Cartilagine ialina
2.2.2 Figura: Classificazione delle lesioni articolari
2.2.3 Figura: Peptide auto-assemblante KLD-12
2.3.1 Figura: Rappresentazione dell’osso dell’anca affetto da osteoporosi
2.4.1 Figura: Il cuore
2.4.2 Figura: Valvola cardiaca affetta da endocardite
2.4.3 Figura: Rigenerazione del tessuto cardiaco di maiale infaruato
3.1 Figura: Rappresentazione del rilascio di farmaco da un gel
3.2 Figura: Rilascio controllato di farmaci con sistema a serbatoio e a matrice
3.3 Figura: Esempio di trattamento per via orale
Ringraziamenti
Ringrazio: la professoressa Monica Dettin per la professionalità, la disponibilità e la
gentilezza costantemente dimostratemi.
Un ringraziamento speciale va ai miei genitori per il sostegno incondizionato, e per
aver sempre creduto fermamente nelle mie capacità guidandomi e incoraggiandomi.
Ringrazio: mio fratello Simone e Linda, per il sostegno morale non solo nello studio ma
anche nella vita; e Anna ed Emma perché sono semplicemente fantastiche.
Un ringraziamento particolare va ad Andrea che, da quando mi conosce, mi ha sempre
supportata e sopportata in ogni mia scelta, facendomi capire che niente è
insormontabile e che tutto diventa più bello se si fa con un sorriso.
Ringrazio in particolar modo Andrea per la bellissima amicizia maturata in questi anni
universitari; Matteo e Mary, per aver contribuito a rendere questi anni di studio
indimenticabili e meno faticosi.
Ringrazio tutti i “nemici” per avermi costantemente istigata a fissare nuovi obiettivi; e
tutti gli amici che mi hanno sostenuta nel raggiungere nuovi traguardi.